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B70b (parte 1) GIOVANNI ASTENGO BERGAMO, GLI STUDI PER IL NUOVO P.R.G. 1965-1969 1 La città storica Dalle Muraine alla via Ferdinandea (XV-XIX sec.) La città di Bergamo, contenuta per secoli nella ristretta cerchia della parte Alta, dove era stata costruita la città romana e dove si erano poi insediate le istituzioni medie- vali tanto ecclesiastiche quanto civili, iniziò nel secolo XIII il suo sviluppo verso la zona bassa del territorio. La cinta difensiva medievale della città non era molto discosta dal presumibile percorso delle fortificazioni romane e racchiudeva perciò un’area relativamente modesta. Lo sviluppo edilizio vi si verificò anch’esso in termini modesti, mentre più vivace e intenso si manifestò nei Borghi e più spiccatamente lungo le strade che dalla Città Alta conducevano alla pianura. Due ramificazioni principali si for- marono, l’una da nord a sud lungo la via S. Alessandro fino alle odierne piazza Pontida e via S. Bernardino, l’altra da nordovest a sudest, cioè da S. Agostino a Pignolo a Borgo Palazzo. Dalla vecchia città si partivano queste due ramificazio- ni a guisa di tentacoli; nell’area compresa fra di esse si stendevano terreni coltiva- ti, in gran parte di proprietà di enti religiosi o monastici che tendevano a costrui- re nei Borghi e nelle adiacenze le loro nuove sedi. L’inizio della dominazione vene- ta nel 1428 è quasi subito contrassegnato da un rilevante provvedimento urbani- stico-militare, dalla costruzione cioè di un ampio circuito di mura - le Muraine - che parte dalla cintura medievale di Città Alta e si estende nel piano per compren- dere anche le espansioni edilizie che nei due secoli, dal sec XIII al sec. XV, si erano così fortemente pronunciate lungo le strade dei Borghi. Queste Muraine collega- vano Porta S. Giacomo, Porta Broseta, Porta S. Bernardino, Porta di Cologno, Porta di Colognola, Porta di Osio, Porta Nuova, Torre del Galgario, Borgo di Fig. 2 La città storica vista dal prato di S. Domenico fuori porta S. Giacomo (da una stampa del XVIII sec.): in primo piano il terrapieno di raccordo tra la porta ed il borgo di S. Leonardo, oggi S. Alessandro. Da questo angolo visuale l’intero impianto è rimasto sostanzialmente inalterato. B70b Bergamo, gli studi per il nuovo P.R.G. 1965-1969 B70b/1

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B70b (parte 1)GIOVANNI ASTENGO

BERGAMO, GLI STUDI PER IL NUOVO P.R.G. 1965-1969 1

La città storica

Dalle Muraine alla via Ferdinandea (XV-XIX sec.)La città di Bergamo, contenuta per secoli nella ristretta cerchia della parte Alta, doveera stata costruita la città romana e dove si erano poi insediate le istituzioni medie-vali tanto ecclesiastiche quanto civili, iniziò nel secolo XIII il suo sviluppo verso lazona bassa del territorio.La cinta difensiva medievale della città non era molto discosta dal presumibilepercorso delle fortificazioni romane e racchiudeva perciò un’area relativamentemodesta. Lo sviluppo edilizio vi si verificò anch’esso in termini modesti, mentrepiù vivace e intenso si manifestò nei Borghi e più spiccatamente lungo le stradeche dalla Città Alta conducevano alla pianura. Due ramificazioni principali si for-marono, l’una da nord a sud lungo la via S. Alessandro fino alle odierne piazzaPontida e via S. Bernardino, l’altra da nordovest a sudest, cioè da S. Agostino aPignolo a Borgo Palazzo. Dalla vecchia città si partivano queste due ramificazio-ni a guisa di tentacoli; nell’area compresa fra di esse si stendevano terreni coltiva-ti, in gran parte di proprietà di enti religiosi o monastici che tendevano a costrui-re nei Borghi e nelle adiacenze le loro nuove sedi. L’inizio della dominazione vene-ta nel 1428 è quasi subito contrassegnato da un rilevante provvedimento urbani-stico-militare, dalla costruzione cioè di un ampio circuito di mura - le Muraine -che parte dalla cintura medievale di Città Alta e si estende nel piano per compren-dere anche le espansioni edilizie che nei due secoli, dal sec XIII al sec. XV, si eranocosì fortemente pronunciate lungo le strade dei Borghi. Queste Muraine collega-vano Porta S. Giacomo, Porta Broseta, Porta S. Bernardino, Porta di Cologno,Porta di Colognola, Porta di Osio, Porta Nuova, Torre del Galgario, Borgo di

Fig. 2

La città storica vista dal prato

di S. Domenico fuori porta S.

Giacomo (da una stampa del

XVIII sec.): in primo piano il

terrapieno di raccordo tra la

porta ed il borgo di S.

Leonardo, oggi S. Alessandro.

Da questo angolo visuale

l’intero impianto è rimasto

sostanzialmente inalterato.

B70b

Bergamo, gli studi per il nuovo P.R.G. 1965-1969

B70b/1 �

Fig. 1

Iconografica descrizione

dell’antica magnifica città di

Bergamo, e suoi borghi come

era avanti la fabrica delle

presenti mura. Copia

fedelmente tratta da un quadro

antico che si conserva nel

convento del Rr. Cherici

Regolari Teatini di sant’Agata,

l’anno MDCCXXXV, nelli mesi di

luglio e agosto in Bergamo da

D. Gio. Alberici e Gio. Pavesi.

Santa Caterina, il bastione di S. Agostino. Rimasero in piedi, trasformate poi incinte daziarie, fino al principio del nostro secolo.Nella seconda metà del Cinquecento la Repubblica di Venezia, ritenendo necessariodover rinforzare la capacità difensiva del grande bastione bergamasco, elementoestremo dei suoi possessi di terraferma, diede mano, attorno alla Città Alta, allacostruzione di quelle superbe mura, che sono pervenute intatte sino a noi, con i lorosedici baluardi e le quattro porte monumentali di S. Alessandro, di S. Giacomo, diSant’Agostino, di S. Lorenzo. La costruzione delle mura, che comportò, fra l’altro, lademolizione di numerosi edifici religiosi e civili della Città Alta, provocò un ulterio-re addensamento edilizio all’interno del recinto fortificato e fu un’altra delle causedella maggiore intensificazione di abitanti e di edifici nei Borghi, dove le miglioratecondizioni economiche, derivanti dai traffici commerciali con Venezia, consentivanoa non poche famiglie di erigere nuove sontuose residenze e a svariati enti di dar corsoa nuove iniziative.I rapporti fra Venezia e la terra bergamasca sono, come è noto, assai rigogliosi in tuttii campi; in quello dell’arte non meno che in quello della cultura, del lavoro e degliscambi produttivi. Bergamo è uno degli empori più importanti della terraferma; èsicuramente l’emporio più importante di questa estrema propaggine occidentale deldominio veneto.È proprio in relazione all’accentuata affermazione di potenzialità economica chesorge sul cosiddetto Prato di S. Alessandro negli anni 1732-1738 la Fiera, grandequadrato di circa 148 metri di lato, costituito da serie di edifici con botteghe, inter-vallati da strade pedonali e ravvivati, al centro, da una piazza quadrata con albera-ture e fontana monumentale. Si noti che la Fiera viene collocata adiacente al cosid-detto Sentierone, luogo di transito già sistemato fin dal Seicento quale collegamentodella via ai Prati con il Borgo di Santo Spirito; esso acquista con le nuove attrazionifieristiche, una più importante funzione per il pubblico passeggio, per lo sviluppo diattività commerciali, per il convegno e la sosta dei cittadini.Gli interessi della città tendono ad identificarsi sempre più, tra il XVIII ed il XIX seco-lo, con quelli della parte bassa del territorio. Nella prima metà del sec. XIX e precisa-mente nel 1837 si costruiscono i due propilei di Porta Nuova; quasi contemporaneo è iltracciato della via Ferdinandea (in onore dell’imperatore austriaco) che unisce la PortaNuova con la Porta S. Agostino e assumerà poi il nome di viale Vittorio Emanuele.

Gli interventi nella seconda metà dell’OttocentoA metà del secolo (1857) viene inaugurata la stazione ferroviaria (Milano-Bergamo-Brescia) e vien tracciato il viale della Stazione (oggi viale Papa Giovanni) con visioneindubbiamente lungimirante.Una considerevole serie di opere pubbliche contrassegna la seconda metà dell’Ottocentoe i primi anni del nostro secolo: la costruzione di svariati edifici pubblici e l’entrata inesercizio delle ferrovie della Val Seriana (1882) e quella elettrica della Val Brembana(1905), l’apertura di strade (Paleocapa, Tasca, Garibaldi, Verdi, ecc.), la formulazione diun primo piano regolatore (ing. Caccia, 1900) che si limita però a prevedere alcuni trac-ciati stradali, tendenti a mettere in valore terreni ancora inedificati o a funzionare comesussidiari di tratti o incroci di vie.Diversi avvenimenti però maturano nei primi anni del Novecento per la sorte urba-nistica di Bergamo. In primo luogo è il problema del nuovo centro cittadino. Che

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(Segue a pagina 6)

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Fig. 3

Fig. 4

Fig. 6

Fig. 5

La chose la plus remarquable de Bergame est le bâtiment de la foire qui l’on a construir vers 1740, en

pierres de taille; il renferme plus de 600 boutiques: il y a une grande place au-devant, et une au-dedans

avec une grande fontaine. Ce bâtiment est au-bas de la montagne, entre les bourgs S. Antonio et S.

Leonardo. Le temps le plus agréable pour Bergame est celui où l’on y tient la foire, dans les huit derniers

jours du mois d’août, et le commencement de septembre. On construit alors un théatre aux environs de la

foire. En hiver, quand il y a spectacle, c’est dans le palais du Capitanio grande. «Description de Bergame»,

dal «Viaggio di un francese in Italia negli anni 1765 e 1766» di Joseph Jerôme Le François de La Lande.

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L’impianto della fiera

Ai piedi della Città Alta tra i borghi S. leonardo e S. Antonio, da secoli era in funzione il «Prato della Fiera» (fig. 1) su cui viene costruito verso

il 1740 la «Fabbrica della Fiera» (figg. 4 e 5). L’unico sentiero che congiungeva i due borghi S. leonardo e S. Antonio, viene trasformato in

strada alberata nel 1763, prendendo il nome di «Nuova strada di Prato», ma restando nella denominazione corrente «il Sentierone» (fig. 3).

Sul fronte a sud della Fiera è aperta nelle mura la Porta Nuova, con sistemazione architettonica a propilei verso l’interno (figg. 6 e 8). La città

storica, i borghi, la fiera e Piorta Nuova caratterizzano la città agli inizi del 1800 (planimetria dell’arch. Mancini, fig. 7).

Fig. 7

Fig. 8

gran parte delle attività e degli interessi della città di Bergamo si siano trasferiti dallaCittà Alta alla città bassa è oramai assodato e pacificamente accettato e incoraggia-to. Gli uffici comunali, il tribunale, le preture, i teatri, gli istituti di credito e le sediamministrative di enti commerciali o industriali hanno già fissato o stanno per fissa-re i loro nuovi insediamenti nella città bassa. Lungo il grande asse ovest-est di via XXSettembre-via Torquato Tasso e lungo l’asse nord-sud da Porta Nuova alla stazioneferroviaria si concentrano numerosi e attivissimi i negozi di ogni tipo. La Fiera, chein antico era aperta soltanto durante il mese di agosto, è oramai aperta tutto l’anno,ma mostra evidenti i segni dell’invecchiamento e della decadenza. Proposte di demo-lizione dei suoi edifici settecenteschi e di costruzione di nuovi edifici vengono affac-ciate e discusse fra la fine dell’Ottocento e i primi del Novecento. Progetto dell’arch.Frizzoni, dell’ing. Crespi servono a mettere a fuoco il problema, che si riassume, giànel 1892, nell’impostazione che, grosso modo, verrà data alla ristrutturazione dellazona, con la formazione della piazza verso Porta Nuova, della piazza Dante internae con la limitazione delle altezze di edificazione per rispettare le visioni panoramiche.

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Fig. 9

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La via Ferdinandea (poi viale Vittorio Emanuele) di congiungimento tra la Fiera e Porta S. Agostino e la brutale maglia di strade di

collegamento tra i borghi che su di essa si attesta secondo il piano di ampliamento del 1880 (fig. 9), aprono all’edificazione i piedi

del colle sotto la Città Alta (fig. 10). Gli ampi spazi liberi ancora esistenti all’inizio del secolo attorno all’insediamento storico e oltre

la ferrovia evidenti nel piano regolatore d’ampiamento della città esterna del 1880 (fig. 12) sono via via erosi da una episodica

successione di aperture stradali.

Fig. 10

Fig. 12 Fig. 11

Il nuovo centro cittadinoNel 1906 viene bandito un primo concorso nazionale; ad esso partecipano dodiciconcorrenti. Nel 1907 viene bandito un nuovo concorso a doppio grado: al primogrado partecipano 27 concorrenti, fra i quali la commissione giudicatrice ne scegliequattro. Dal secondo grado esce prescelto il progetto dell’architetto MarcelloPiacentini e dell’ing. Giuseppe Quaroni. Ha inizio in tal modo l’operazione del vec-chio centro della Fiera e della nuova sistemazione del centro cittadino, operazioneche si concluderà nel primo dopoguerra (1926) mercé l’azione concorde del Comune,di altri enti pubblici (Ministero di Grazia e Giustizia, Camera di Commercio), di isti-tuti di credito, di una società appositamente costituita per «la riedificazione dellaFiera». Il nuovo centro cittadino di Bergamo costituisce indiscutibilmente una pagi-na di enorme interesse non soltanto per la città, ma per l’urbanistica in genere chepuò trovarvi e vi trova, infatti, un chiaro ed esemplare riferimento.Nei primi quarant’anni del Novecento si assiste a un continuo sviluppo e potenziamen-to della economia bergamasca, con il progredire dell’attività industriale in svariatissimicampi e con il moltiplicarsi delle iniziative edilizie entro il comune di Bergamo e nel ter-ritorio circostante. Purtroppo questo incremento edilizio si è manifestato senza precisiindirizzi, così da estendersi indiscriminatamente in ogni direzione e secondo traccia-menti di nuove strade, molto spesso casuali e prive di coordinamento. Piú volte, fra lafine del sec. XIX e i primi anni del nostro secolo, si lamenta la scarsezza di spazio entrocui Bergamo è costretta a dibattersi per affrontare i suoi problemi fondamentali di svi-luppo e si invoca quell’allargamento della circoscrizione comunale che infatti verrà poiconseguito nel 1927 con l’aggregazione dei comuni di Redona, Valtesse, Grumello delPiano, Colognola. La cosiddetta «Grande Bergamo», la cui popolazione si avvicina inquel tempo agli 80.000 abitanti, acquista, sì, qualche possibilità di maggior respiro, ma

Fig. 13

Piazza «della Legna», oggi

piazza Pontida, centro

comunitario di borgo S.

Leonardo, oggi S. Alessandro,

in una stampa di fine secolo.

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Giusto criterio nella distribuzione dei fabbricati, giudiziosa

soluzione dei problemi inerenti la sistemazione dell’antica Fiera,

scelta felice dello stile che pur essendo liberamente moderno

traeva la sua principale ispirazione dai migliori esempi di quella

architettura dei secoli XIV e XV che furono per Bergamo i secoli

della sua gloria più fiorente.

(Dalla relazione della commissione giudicatrice del concorso)

14. i vincoli del bando di concorso per «non ferire il panorama

della città superiore» (1906). 15-16-17. il progetto Piacentini, nei

disegni originali (1907-1908, archivio comunale). 18. il nuovo

centro, realizzato tra il 1914 ed il 1926. pur avvolto a monte da

costruzioni massicce, il complesso piacentiniano, unitariamente

realizzato, trae respiro verso mezzogiorno dagli spazi liberi ed

alberati del Sentierone, dove accortamente non sono stati realizzati

i progettati edifici in aderenza ai propilei.

Fig. 15

Fig. 14

Fig. 16

Fig. 18

Fig. 17

vede nondimeno aumentate ogni giorno le esigenze di ordine urbanistico, acuite per dipiù dalla comparsa dell’autostrada e dall’incessante moltiplicarsi dell’edilizia, tantoindustriale quanto residenziale.Negli anni 1926 e 1927 vengono banditi due concorsi urbanistici, l’uno per il pianoregolatore della città bassa, promosso dal Rotary Club (vincitore l’ing. Colleoni), l’al-tro per il piano di risanamento della Città Alta, promosso da un Comitato apposita-mente costituito (vincitore il gruppo Aresi, Dodi, Invernizzi). Del primo concorsoviene tenuto parzialmente conto dal comune di Bergamo nel tracciamento di talunestrade. Del secondo concorso si ha un seguito con l’opera svolta negli anni trenta dal-l’ing. Angelini per una serie di trasformazioni e di miglioramenti igienici apportatialla vecchia città.

Il risanamento di città altaIl piano di risanamento dell’ing. Luigi Angelini (1934), approvato dal ministro dei LL.PP.e reso esecutivo con decreto-legge il 23-2-1935 di proponeva i seguenti obiettivi:a conservazione al massimo grado del carattere ambientale della città e pertanto

delle due arterie centrali Via Gombino – Via Colleoni;b conservazione di massima degli edifici formanti i perimetri fronteggianti le vie,

provvedendo al diradamento interno con demolizioni parziali da destinarsi acortili;

c demolizioni di «gruppi di case» nel solo caso di edifici veramente in stato diabbandono e pressoché irrecuperabili, quando tale demolizione consentisse lamessa in vista di una configurazione urbanistica di gradevole effetto;

Fig. 19

Lo stato di abitabilità

nella città storica degli edifici,

al 1930.

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d formazione di una strada interna («proposta questa dal Ministero in un primogiudizio») che avesse i requisiti di essere molto vicina all’arteria longitudinaleVia Gombino-Via Colleoni per facili immediati collegamenti (rendendo così apassaggio pedonale le due vie allineate Via Gombino e Via Colleoni), stradatracciata con attraversamenti di aree libere con la demolizione di pochissimecostruzioni e queste inabitabili, collegando così senza interruzione di continuitàil Mercato delle Scarpe e il Colle Aperto;

e raggiungimento del risanamento delle abitazioni col minimo delle demolizioni;f formazione di nuove comodità cittadine con passaggi pedonali, allacciamenti di

strade con scalinate, bagni pubblici, mercato rionale, lavatoi, spazi a giardino;g miglioramento interno di tutte le case risanabili con opere varie e consolidamen-

to statico di parecchi edifici.Erano inoltre contemplati, oltre alla nuova fognatura, primo elemento del risana-mento, la soppressione di zone umide, abbassamento di appezzamenti di terreno,tagli di fabbricati verso sud, giardini e zone verdi pubbliche su aree di edifici distrut-ti, abbassamento di parti alte di case – sopralzate quando per l’erosione delle muravenete (1561-1590) vennero demolite più di 700 abitazioni – e questo per portarearia e sole a fronteggianti edifici.E poiché si mirava ad ottenere che le opere edilizie di riforme o di nuove facciate man-tenessero il carattere del luogo, si era steso un «Regolamento riguardante particolariedilizi tecnici e costruttivi» che ebbe il benestare della Soprintendenza, ed in cui, richia-mando il contributo che il comune era disposto a dare, si indicavano norme esecutivesu scrostamenti di intonaci sovrapposti ad antiche ossature di pietra, e ripristini di strut-ture preesistenti, sulla natura dei materiali per nuove luci, degli intonaci e rivestimenti eformazione di balconi di tipo tradizionale, degli antini a vetri e gelosie a ventola o anteescludendo le serrande avvolgibili, sull’impiego del ferro in parapetti e cancellate conso-no al carattere degli esistenti, sui torrini da camino, gronde con coperture dei tetti secon-

Fig. 20

Piano di risanamento del

centro monumentale (1939):

progetto di viabilità interna

fortunatamente non realizzato.

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do gli usi secolari, su eventuale costruzio-ne di nuove altane già frequanti in città.Il lavoro iniziale fu dedicato al rilievoparticolareggiato delle case inabitabili,quando le riforme avrebbero potuto ren-derle sane, rilevando i muri maestriinterni che consentivano le parzialidemolizioni o modifiche senza turbarel’equilibrio statico della costruzione.Si studiò così, zona per zona, il risanamen-to esaminando in posto i punti ove condemolizione di nuclei di fabbricati rac-chiusi entro altri fabbricati e creando spaziinterni si poteva ottenere che le costruzio-ni residue avessero tutti i requisiti di abita-zioni decorose e sane eventualmenteabbassando in talune case un piano o dueper recare aria e luce.Di volta in volta l’ufficio tecnico municipa-le predisponeva con rilievi i piani partico-lareggiati in scala 1:100 sui quali il proget-tista concretava le soluzioni. Si stesero cosìnell’anno 1936 quattro piani particolareg-giati di zone ove furono segnate demolizio-ni, abbassamenti di terreni e case, forma-zione di aree pubbliche, ampliamenti dicortili privati: piani particolareggiati chefurono approvati dal Ministero dei LL.PP.altri quattro piani furono svolti negli anniseguenti 1937-1939, contemporaneamen-te disponendosi i preventivi di spesa suiquali il comune concretava su percentualivariabili il contributo di concorso oscillan-te tra un quarto ed un terzo. (I locali dademolirsi, computati nell’accordo globaledella somma di concorso, furono fissatisulle basi – col valore della moneta di quel

tempo – di cifre oscillanti fra Lit. 1.800 e Lit. 2.500 a seconda dello stato di consistenza)compiute le opere, seguite durante la costruzione dell’ing. Angelini, che preparò i parti-colari, e dallo stesso ufficio tecnico, vennero controllati i lavori effettuati, collaudati econseguentemente venne versato al proprietario della cassa comunale la somma pattuitaper il cumulo degli espropri e dei contributi.Da notare che, essendo stato concesso preventivamente un contributo dello Stato nellamisura di circa un terzo del preventivo generale di massima, il comune aveva a suavolta concretato in un regolamento il concorso finanziario ai privati che assumevanoil restauro delle case, nella misura dal 25 al 40 per cento, norma questa che veniva perla prima volta applicata in Italia, preceduta però da esempi di città germaniche.

Fig. 21

la città murata,

in una stampa del XVII sec.

Fig. 22

la città storica

(foto G. Astengo).

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(Segue a pagina 15)

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Fig. 25

Intervento su un isolato con

classificazione degli edifici

inabitabili, sani e risanabili su

rilievi in scala 1:100.

Fig. 23

Piano di risanamento di

Bergamo Alta (in colore sono

indicati gli interventi

realizzati). Gli interventi sono

stati condotti con il metodo

del «diradamento» per

risanamento igienico, avendo

di mira, in alcuni casi, anche la

valorizzazione di particolari

elementi architettonici; con

l’intervento n. 7 è stato

realizzato un nuovo passaggio

pedonale dal mercato delle

scarpe alla Piazza Vecchia.

Fig. 24

L’intervento, indicato con il n. 5 nella figura 23, è

stato realizzato per isolare il tempietto di S.

Croce del sec. XI, aprendo anche una veduta su

una delle absidi di S. Maria Maggiore.

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Fig. 26

Fig. 27

Nel periodo che precede la seconda guerra mondiale non si registrano iniziative generali e valide di

coordinamento urbanistico su vasta scala. Degno di nota, il tracciato dell’autostrada Milano-Brescia

aperta nel 1927 nel tratto Milano-Bergamo e nel 1931 nel tratto successivo.

Il P.R.G. del 1951

Dopo la seconda guerra mondiale viene avviato lo studio del primo piano regolatoregenerale basato sulla legge urbanistica 17 agosto 1942. n. 1150. Il piano, studiato conla consulenza del prof. Muzio e redatto dall’arch. Morini con la collaborazione del-l’arch. Nestorio Sacchi, viene adottato dal Consiglio comunale di Bergamo con deli-berazione del 10 febbraio 1951 e approvato dal Capo dello stato il 23 gennaio 1956.Caratteristiche principali del piano sono: lo sblocco della città verso oriente (valli),verso ponente (Ponte San Pietro), verso mezzogiorno oltre la ferrovia.Un asse fondamentale, in prosecuzione del viale Roma, sovrappassa la ferrovia incorrispondenza della stazione viaggiatori e costituisce la spina dorsale di una nuovasistemazione residenziale a sud, fra la ferrovia e l’aeroporto di Orio al Serio.Altri assi fondamentali, con direzione invece ovest-est, sono: a) un’arteria dalla provin-ciale Valle San Martino in località Crocette per le vie Zambonate, Gerolamo Tiraboschi,Gabriele Camozzi; b) il collettore, a sud della ferrovia, che congiunge le provenienze daLecco, Milano, Treviglio con quelle dalle Valli Brembana e Seriana e da Brescia. Il pianoprevede altri tracciati stradali di varia importanza, fra i quali il collegamento fra la pro-vinciale della Valle Seriana presso Torre Boldone con la provinciale della ValleBrembana; prevede altresì il miglioramento delle arterie di penetrazione alla città e con-tiene inoltre, sebbene al di fuori dell’ambito comunale, il tracciato della Dalmine-Villad’Almè, con ciò dimostrando ancora una volta la stretta necessità che molti problemi diBergamo debbano essere affrontati in sede intercomunale e comprensoriale.Il piano determina l’azzonamento, basando le zone residenziali sulla previsione trenten-nale di 180.000 abitanti nel 1981 e distribuendo i nuovi quartieri principalmente a suddella ferrovia, a ponente lungo la via San Martino (Loreto), a levante verso Seriate.

Colloca le zone industriali a nord in località Petosino, a Valtesse,a sud-est di Redona, a ovest di Seriate, a sud di Colognola, a ovestdella provinciale per Milano verso Lallio. Senza indugiare su altreprevisioni del piano in relazione alle zone verdi pubbliche e priva-te, alle zone speciali, alle zone rurali, alle zone di interesse civicoe commerciale assegnate ad ogni quartiere, si ricorderà che gliindici di fabbricabilità fissano per le varie zone edificabili rappor-ti di copertura di 1/2, di 1/3, di 1/5 e limitano a 1/20 il rapportoper le zone esterne e a 1/50 per la zona collinosa meritevole diessere salvaguardata.Si invoca infine l’applicazione degli articoli 18, 19, 28 dellalegge urbanistica allo scopo, non solo di disciplinare lo svilup-po urbanistico, ma di incamerare altresì gli utili emergenti dalletrasformazioni fondiarie. Un particolare problema è rappresen-tato dal superamento della cintura ferroviaria. Nella relazioneal piano si legge:

«Lo spostamento a sud della ferrovia fu sempre proposto nei vari precedenti

progetti di piano regolatore, ma un esame profondo vieta di poterne contemplare

la realizzazione, che avverrebbe troppo tardi per le necessità contingenti e

porterebbe con sé i gravi inconvenienti di spostare il problema senza risolverlo e

di allontanare la stazione, che è già al limite della città e serve soprattutto per

brevi percorsi. Di conseguenza, rimanendo la cintura ferroviaria dove si trova, è

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Fig. 28, 29

Studio di sistemazione

della zona ferroviaria allegato

al PRG.

B70b/2 �

stato previsto il sovrapassaggio sull’asse di corso Roma, che potrà essere opportunamente realizzato in

occasione del rifacimento della stazione viaggiatori e un sottopassaggio sull’asse via Giorgio Paglia, avente la

funzione di collegare la città con lo sclo merci.

La proposta di sistemazione della zona ferroviaria non fu inserita nelle tavole del piano regolatore generale,

per non ritardare l’approvazione, tenuto conto dlle difficoltà di un accordo con le F.S.; fu però allegata come

studio complementare. Vengono qui messi a frutto i risultati di un concorso bandito dal comune di Bergamo

nel 1947. la Commissione giudicatrice, presieduta dall’avv. Francesco Speranza, segretario l’ing. Ezio Motta,

fissò una graduatoria di merito fra i dieci progetti concorrenti, assegnando il primo premio al progetto degli

architetti Pino Pizzigoni e Sandro Angelici, definendolo come soluzione molto ingegnosa; porta un’idea nuova

con la doppia sede stradale a Y che si raccorda nell’unico sovrapassaggio».

TAV. 1

Comune di Bergamo:

Piano Regolatore Generale

Adottato dal C.C. di Bergamo

il 10-2-1951, approvato con

Dpr 23-1-1956.

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Comune di Bergamo

Piano Regolatore GeneraleAdottato dal Consiglio comunale di Bergamo nella seduta del 10 febbraio 1951,

approvato con D.P.R. in data 23 gennaio 1956

Norme tecniche di attuazioneAvvertenza generale – Le lettere indicate nelle presenti norme riguardano la differen-ziazione dell’azzonamento e si riferiscono alle risultanze della “legenda” inserita sulletavole del Piano Regolatore in scala 1: 5.000 e 1: 2.000.

Titolo I – Parte generaleArt. 1 – Tutto il territorio comunale, ad esclusione della zona di Bergamo Alta rac-chiusa entro le mura venete, che è regolata da un apposito Piano di risanamento, siintende interessato, o per allineamento o per azzonamento, dal Piano regolatore, neimodi indicati nelle corrispondenti planimetrie in scala 1: 10.000, 1: 5.000 e 1: 2.000.Art. 2 – L’esecuzione del Piano Regolatore avverrà:a mediante piani particolareggiati, il cui ordine di successione verrà stabilito dal

Comune di Bergamo (tenendo conto delle eventuali richieste avanzate da priva-ti e fatta sempre salva l’applicazione degli artt. 23 e 28 della Legge Urbanistica17-8-1942 n. 1150) per tutte le zone contrassegnate con i segni grafici corri-spondenti alle lettere B C D E F G H I L M N O Q nella “legenda” riportatasulle planimetrie del Piano Regolatore in scala 1: 5.000 e 1: 2.000.

b secondo gli allineamenti stradali e le prescrizioni di zona indicati nelle planime-trie su accennate o stabilite dai Piani particolareggiati per tutte le altre zone. Intutte le zone la fabbricazione non potrà essere consentita se i relativi progettinon saranno redatti in conformità alle prescrizioni di zona (comprese quelleindicate nei Piani particolareggiati eventualmente in vigore al momento dellapresentazione della domanda di nulla osta edilizio) ed alle disposizioni delRegolamento edilizio e delle altre leggi o regolamenti vigenti in materia che nonsiano in contrasto con le disposizioni di Piano Regolatore.

Art. 3 – Il Comune potrà adottare norme edilizie speciali per quanto riguarda ladisposizione planimetrica, la volumetria ed il carattere architettonico degli edificiprospicienti piazze, slarghi di strade a calibro non costante e per edifici che dovesse-ro sorgere in vicinanza di particolare pregio artistico o di interesse storico.Art. 4 – In caso di costruzione, ricostruzione o di notevole trasformazione di edifici ilComune potrà, senza ricorrere alla adozione di un Piano particolareggiato, imporrela rettifica di allineamenti tortuosi.Art. 5 – Quando per effetto dell’esecuzione del Piano Regolatore, anche una solaparte di edificio venga ad essere esposta alla pubblica vista e ne derivi, ad insindaca-bile giudizio del Comune, un deturpamento dell’ambiente urbano, sarà in facoltà delComune d’imporre ai proprietari di variare le facciate esposte alla pubblica vista,secondo progetto da approvarsi dal Comune stesso a termini di legge o dei regola-menti municipali. Il Comune potrà, ingiungendo l’esecuzione del rifacimento, fissarei termini di inizio ed ultimazione dei lavori. In caso di rifiuto o di mancato inizio odi mancata esecuzione entro il tempo prescritto, il Comune avrà la facoltà di proce-dere allo esproprio dell’intero edificio a norma di legge.

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Titolo II – Parte specialeArt. 6 – Le zone residenziali devono essere destinate prevalentemente ad abitazioni.In esse potranno essere consentiti:negozi e botteghe; studi professionali e commerciali; magazzini e depositi; laborato-ri artigianali o piccole industrie; autorimesse pubbliche e private; grandi magazzini divendita; banche; tipografie; alberghi, teatri e cinematografi; luoghi di divertimento edi svago.Dalle zone residenziali sono escluse: le industrie insalubri e comunque quelle di note-vole entità; i macelli; gli ospedali; i sanatori; le stalle e le scuderie; e tutte quelle atti-vità che, a giudizio dell’Amministrazione, sarebbero in contrasto con il carattere resi-denziale della zona.Art. 7 – Densità di fabbricazione – Per le zone residenziali vengono stabilite le seguen-ti densità di fabbricazione:a per gli isolati da completare con tipi di edifici residenziali simili a quelli esisten-

ti e non compresi in zone contrassegnate con notazione grafica speciale nelletavole del Piano, la densità edilizia è quella risultante dal Regolamento edilizio.

b per gli isolati compresi entro zone residenziali contrassegnate con particolarenotazione grafica, le densità di fabbricazione sono le seguenti:1 zone indicate con segno grafico corrispondente alla lettera B:

– rapporto tra superficie coperta e superficie a disposizione 1/2, altezzamassima di fabbricazione m. 21, piani 6.

2 zone indicate con segno grafico corrispondente alla lettera C:– rapporto tra superficie coperta e superficie a disposizione 1/3, altezza

massima di fabbricazione m. 18, piani 5.3 zone contrassegnate con segno grafico corrispondente alla lettera D:

– rapporto tra superficie coperta e superficie a disposizione 1/5, altezzamassima di fabbricazione m. 8, piani 2.

4 zone contrassegnate con segno grafico corrispondente alla lettera E:– rapporto tra superficie coperta e superficie a disposizione 1/20, altez-

za massima di fabbricazione m. 8, piani 2.Per il computo dei rapporti tra area coperta e area a disposizione consentibili secon-do la casistica predetta, dovrà considerarsi area utile, ai fini del computo stesso, quel-la del comparto edilizio, aumentata della superficie di metà delle strade e spazi pub-blici a margine del comparto per una lunghezza non superiore a m. 15; sono esclusedal computo le zone vincolate a verde.Le altezze degli edifici saranno misurate dal piano spiccato alla quota corrisponden-te del marciapiede stradale, fino alla quota di copertura del più alto piano abitabile.Nel caso di costruzioni in zone di terreno inclinato l’altezza verrà riferita al piano dipavimento dei locali abitabili.Gli indici di edificabilità delle zone residenziali e commerciali sono da ritenersi neiloro limiti di superficie e di altezza degli edifici come indicativi e potranno esserevariati nelle redazioni dei piani particolareggiati, pur conservando le caratteristichedei singoli quartieri ed in conformità del regolamento edilizio vigente.Art. 8 – Zone industriali – Le zone industriali devono essere destinate ad edifici acarattere industriali, con esclusione di quelli che, a giudizio dell’Amministrazionecomunella, dovessero per qualsiasi motivo recare molestia o essere pregiudizievolialle zone residenziali vicine.Nelle zone industriali saranno ammesse, oltre alle costruzioni inerenti al processo

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BERGAMO, GLI STUDI PER IL NUOVO P.R.G. 1965-1969 18

produttivo, anche costruzioni destinate ad attività connesse con l’industria, quali sog-giorno di persone che per necessità di lavoro devono risiedere entro i limiti del com-plesso industriale.Art. 9 – Zone di rispetto panoramico – Le zone di rispetto a carattere panoramicocomprendono tutte le colline, le pendici e gli spalti delle Mura veneziane, i pendii col-linosi della Conca d’Oro e la zona della Benaglia.Si distinguono:a zona contraddistinta con il segno grafico corrispondente alla lettera I che è vin-

colata a servitù “non aedificandi”.b zona contraddistinta con il segno grafico corrispondente alla lettera H. in que-

sta zona le eventuali costruzioni non potranno coprire più di 1/50 dell’area adisposizione per una altezza di piani 2. i progetti di costruzione nella zona Hdovranno essere tuttavia oggetto di particolare esame agli effetti panoramici enon potranno sorgere che a monte delle strade di collina.

Art. 10 – Verde pubblico – Nelle zone a verde pubblico, contraddistinte nelle plani-metrie con segno grafico corrispondente alla lettera O, sono ammesse le sole costru-zioni di attrezzature che a giudizio dell’Amministrazione siano strettamente inerentialla destinazione d’uso dell’area stessa.Art. 11 – Verde pubblico vincolato – Le prescrizioni d’uso delle aree costituenti giar-dini privati vincolati a verde, contraddistinti nelle planimetrie con segno grafico cor-rispondente alla lettera P, devono essere date caso per caso dalla Sovrintendenza aiMonumenti per la Lombardia.Art. 12 – Verde agricolo – Nelle zone destinate a verde agricolo, riconoscibili nelleplanimetrie come zone libere interposte tra le varie zone residenziali e industriali,sono consentite solo costruzioni al servizio dell’agricoltura, cioè edifici delle azienderurali e ortofrutticole, nonché costruzioni di edifici per abitazioni degli addetti alleaziende stesse o comunque costruzioni che non superino in densità quella delle zoneresidenziali contraddistinte con la lettera E, senza nessun obbligo del Comune diprovvedere integralmente o parzialmente ai pubblici servizi.La zona di rispetto laterale alle arterie di grande traffico potrà essere destinata nellaredazione dei piani particolareggiati, da 5 a 20 metri secondo le caratteristiche ditraffico dei vari tronchi stradali.Art. 13 – Centri di vita residenziali – Sulle aree destinate a centri di vita residenzialidovranno avere sede prevalentemente:raggruppamenti di negozi, chiese, uffici pubblici e sedi istituzionali ed associazionivarie.Art. 14 – Entro le nuove zone residenziali sono destinate le seguenti zone esclusiva-mente a:R Nuovi asili e scuole elementari;T Impianti sportivi;V Campi ricreazionali.

L’attuazione del P.R.G. ’51: formazione delle variantiQuale sorte ha avuto il piano 1951-56? Non è stata realizzata la prosecuzione delviale Roma verso sud oltre la ferrovia e quindi non è stato realizzato lo sviluppodell’abitato verso Orio al Serio. È stato in parte realizzato il collettore a suddella ferrovia, dall’ingresso autostradale sino a settentrione del cimitero urbano.In parte realizzate sono le zone residenziali di Loreto, di Valesse, di Monterosso

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(quartiere C.E.P.) e la zona industriale a sud di Colognola. Per contro, notevolis-sime aliquote dell’espansione cittadina si sono indirizzate, se non proprio in aper-to contrasto col piano, almeno al di là delle previsioni del piano. È il caso delleespansioni nelle zone di Languelo e di Valesse che hanno resa necessaria l’elabo-razione di successive varianti al piano.La situazione di quel periodo è così descritta in “Bergamo, 8 anni”

Nei cinque anni trascorsi fra l’adozione e l’approvazione del piano l’iniziativa priva-ta si trovò ad operare senza il freno di una disciplina urbanistica; la stessa ediliziasovvenzionata fondò i criteri di scelta delle aree su concetti economici più che urba-nistici. Dal 1951 al 1956 la città continuò ad espandersi a semicerchio intorno ai collimentre restavano inutilizzate le zone residenziali che il piano regolatore indicava.L’Amministrazione comunale si trovò quindi nella necessità di adottare provvedi-menti per l’attuazione del piano regolatore generale adottandolo alla mutata situa-zione della città. La necessità di alcune precisazioni si era in parte dimostrata eviden-te anche per altri motivi, non appena si era iniziata una più rigida applicazione delpiano regolatore. In esso infatti sono chiaramente individuabili le nuove zone resi-denziali con relative densità di fabbricazione; non altrettanto chiara risulta invece ladelimitazione fra le zone di completamento e le zone libere che, secondo l’art. 12delle stesse norme, dovrebbero essere classificate come verde agricolo.In altri casi si è poi rivelato urgente un intervento inteso a bloccare alcune aree perla realizzazione di scuole, asili, centri civici indispensabili nei nuovi quartieri.

Per l’esecuzione del piano regolatore sono stati studiati vari piani particolareggiati lacui situazione giuridica a fine 1969 è la seguente:1 Piano particolareggiato della zona compresa fra la via A. Maj, il torrente Morla

e la via Cappuccini: approvato con D.P. 22-3-1960 registrato alla Corte dei contiil 17-8-1960 Reg. 44 LL.PP. foglio 400.

2 Piano particolareggiato di via Lazzaretto: approvato con modifiche con D.P. 19-11-1962 registrato alla Corte dei Conti il 13-12-1962 Reg. 43 LL.PP. foglio 355.

3 Piano particolareggiato di via G. d’Alzano: approvato con D.P. 3-12-1962 regi-strato alla Corte dei Conti il 7-3-1963 Reg. 10 LL.PP. foglio 350.

4 Piano particolareggiato di via Nullo angolo via Broseta: approvato con D.P. 7-6-1962 registrato alla Corte dei Conti il 22-8-1962 Reg. 33 LL.PP. foglio 185.

5 Piano particolareggiato del quartiere C.E.P.: approvato con D.P.R. 10-11-1964.6 Piano particolareggiato di via Borfuro: adottato il 4-8-1960. Restituito dal

Ministro LL.PP. con lettera 1-6-1963, n. 902, Div. 23a . Per lo studio di massi-ma di questo piano viene indetto un concorso interregionale. Ai due vincitori exaequo venne affidato l’incarico della redazione del piano particolareggiato,adottato dal Consiglio comunale il 4 agosto 1960 e quindi inoltrato per l’appro-vazione. Il piano venne però restituito dal Ministero dei LL.PP. con lettera 1-6-1963: l’approvazione venne negata in quanto essendo stata fissata una densitàdi circa 75.000 mc/ha (inferiore cioè a quanto ammesso dal regolamento edili-zio), il piano particolareggiato avrebbe dovuto essere preceduto da una varian-te al piano regolatore generale.

7 Piano delle zone per l’edilizia economica e popolare(legge 18 aprile 1962, n.167): approvato con D.M. 18-3-1964, n. 1108; D.M. 12-6-1965, n. 16; D.M.4-8-1969, n. 503.

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8 Piani particolareggiati di Città Alta e dei borghi storici.La civica amministrazione degli anno 1960-64 ha posto allo studio numerosipiani particolareggiati che hanno interessato: Città alta, Borgo Canale, S.Alessandro, via Moroni – S. Bernardino, via Pelabrocco – S. Tomaso, viaPignolo, Borgo palazzo, Borgo S. caterina.

Gli studi per tali piani particolareggiati predisposti in quel periodo non hanno tutta-via avuto seguito amministrativo.

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Fig. 30

Fig. 31

Fig. 32

Fig. 33

Fig. 30, 31, 32

Studi del piano

particolareggiato della zona

compresa fra le vie Borfuro,

XX Settembre e S. Alessandro.

Fig. 33

Il piano particolareggiato

di S. Tommaso, Pelabrocco e

Pignolo Alto

(studio dell’arch. Andrea Tosi).

(Segue a pagina 26)

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TAV. 2

Comune di Bergamo

P.R.G. 1956 integrato con:

a le varianti adottate

b i piani di zona per l’edilizia economica e popolare in attuazione alla legge 167

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BERGAMO, GLI STUDI PER IL NUOVO P.R.G. 1965-1969 24

Fig. 35 Fig. 37

Fig. 36 Fig. 38

Fig. 40

Pagina precedente Fig. 34

L’ingresso in città da Val Seriana, sull’asse di via Corridoni e Suadi.

Fig. 35

Panoramica della città dal colle di S. Vigilio.

Fig. 36

La città bassa, tra borgo S. Alessandro e borgo Palazzo

con il nuovo centro cittadino degli anni 30.

Fig. 37

Valtesse: a destra lo stadio comunale e l’ex lazzareto,

di fronte il quartiere CEP.

Fig. 38

Il quartiere CEP.

Pagina successiva Fig. 39

L’espansione urbana verso occidente: in primo piano

l’abitato di Longuelo.

Verso la revisione del piano

La constatazione che le previsioni quantitative del piano erano state in gran partenettamente raggiunte o superate o disattese, e che la ritardata approvazione del pianoe la mancata realizzazione di talune previsioni fondamentali si erano risolte in effet-ti decisamente negativi, ha indotto l’Amministrazione comunale a procedere nel 1961a una revisione globale del piano. Un’apposita commissione tecnica (presidente l’as-sessore Ezio Motta, segretario l’ing. Giuseppe Canavotto) condusse i lavori e pre-sentò nel 1964 uno schema di piano e una serie di proposte.

Dalla relazione introduttiva sui criteri dell’aggiornamento si legge:La comparazione fra le previsioni del Piano 1951 e l’insediamento urbano che siè venuto conformando nell’ultimo decennio consente di valutare gli effetti dellaritardata approvazione del piano e dei conseguenti interventi di adattamento nel-l’attuazione; alla mancata realizzazione di alcune previsioni fondamentali, qualiad esempio lo sviluppo lungo il prolungamento dell’asse di via Roma a sud dellaferrovia; si è contrapposta una non prevista espansione edilizia nelle zone diLonguelo e di Valtesse che ha reso necessaria l’elaborazione di successive variantial Piano.Le previsioni quantitative del piano, risalente a poco più di un decennio, sono statenettamente raggiunte ed anche superate, il nucleo urbano che si è venuto conforman-do ha però in sé scarsissime tracce di quel piano, la dinamica insediativa ha seguitoindirizzi a volte divergenti.Bergamo accentua la sua caratterizzazione terziaria, pertanto la destinazione diuso delle aree comprese nel suo limite amministrativo non potrà assolvere esclu-sivamente funzioni di ordine locale ma rispondere, in alcuni casi, ad interessi ter-ritoriali ben più vasti.È nello spirito di questa premessa che si è condotto lo studio di revisione del piano rego-latore generale della città, i cui criteri informativi possono così essere sintetizzati:a adattamento degli indirizzi insediativi generali alla naturale localizzazione lungo

le fasce pedecollinari, accertata la idoneità delle aree; b accentuazione delle funzioni residenziali e terziarie e conseguente individuazio-

ne nelle maglie del piano di ampie aree destinate ad accogliere vasti complessidirezionali, commerciali, culturali di interesse territoriale;

c limitate previsioni di nuovi insediamenti industriali nel perimetro del comuneconservando quegli impianti produttivi recentemente aggiornati compresi nellamaglia urbana;

d affermazione della necessità di salvaguardia non solo di Città Alta ma anche deiborghi antichi provvedendo immediatamente per mezzo di piani particolareg-giati a disciplinare la bonifica edilizia e individuandone una precisa funzione inrapporto alla città;

e riconoscimento della funzione pubblica dei colli alle spalle di Città Alta salva-guardandone l’integrità;

f riorganizzazione globale della viabilità e dei trasporti razionalizzando, per mezzodi un sistema articolato su tre assi viari fondamentali, la circolazione interna e ditangenza e considerando esigenza fondamentale la stretta interrelazione delle trereti ferroviarie: le F.S., quelle delle Valli e le future celeri dell’Adda.

La proposta variante del piano fa perno sulla strutturazione di un sistema agile e di

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massima efficienza di celeri trasporti territoriali ipotizzando pure la sistemazione,nell’ambito urbano, degli impianti ferroviari per i quali si prevede l’interramento.Le zone residenziali previste non sono pensate a densità e tipologia decrescenti rispet-to all’insediamento attuale, ma la duplice operazione di contenere l’eccesso e limita-re la densità nelle maglie interne e di evitare la dispersione in piccole unità ai margi-ni dovrebbe permettere il riequilibrarsi dell’intera struttura urbana, attenuandoprima e annullando poi i termini e caratteri antitetici di centro e periferia.La densità edilizia risultante sarà notevolmente più ridotta di quella consentita dal-l’attuale disciplina.Nelle maglie interne avranno speciali norme conservative le zone ad unitaria tipo-logia edilizia; per le zone storiche dei borghi sono già in corso di studio i pianiparticolareggiati.Nelle zone residenziali sono previste con ampiezza infrastrutture sociali primarie esecondarie destinando ad esse una notevole disponibilità di aree, e così pure la cittàdisporrà di una larga dotazione di zone verdi articolate in modo da ricavarne unsistema continuo che penetri profondamente nel cuore delle maglie urbane.Una zona gravitante sul prolungamento di via Roma oltre la ferrovia, compresa fral’asse principale interno e l’anulare di scorrimento, potrà ospitare strutture relativealla direzionalità interessante soprattutto il comprensorio.Città Alta e i colli offrono al dibattito forse i motivi più accesi e contrastanti. Èfuor di dubbio che Città Alta e i colli, e questi in misura certamente più accentua-ta, siano in fase di trasformazione: la popolazione decresce, sui colli è addiritturaemorragico l’abbandono, sopravvive un’agricoltura economicamente assurda edecadono le strutture edilizie.Città Alta ha già iniziato il riscatto, si tratta di accentuarne la caratterizzazione con ilpotenziamento di commisurati centri educativi e culturali, di attrezzature ricettive per

un turismo di particolari esigenze qualita-tive, di favorire il riflusso residenzialeriqualificando le strutture edilizie.I colli: qui il discorso si fa più confuso,naturale il riconoscere ad essi una premi-nente funzione pubblica; la natura, iboschi, il clima, il paesaggio, il contattoe la integrazione con il complesso monu-mentale della città antica, il comprenso-rio urbano che ad essi si sta serrando allabase, la possibilità di raggiungere la zonacon efficienti mezzi di trasporti pubblici(si pensi al possibile ed auspicabile colle-gamento fra le ferrovie delle Valli e leceleri dell’Adda), tutto concorre a rico-noscere alla zona la naturale idoneità atrasformarsi in parco territoriale.

La relazione così concludeva:Il piano regolatore generale propone delleipotesi che devono essere sostenute davalidità economica oltre che da interessi

Fig 41

Schema di Piano predisposto

dalla Commissione nel 1964.

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sociali e da una volontà politica; ovvio, per esempio, che ove non si verificasse la ipo-tesi, condizionante, dell’interramento delle F.S. e dell’assetto generale delle linee ferro-viarie minori, gran parte della validità del piano sarebbe compromessa.Nei contatti avuti con l’Amministrazione delle Ferrovie dello stato la proposta di inter-ramento delle F.S. fu respinta. Lo schema di piano, che da questo presupposto traevaispirazione, venne accantonato e non fu neppure presentato al Consiglio comunale.

Gli studi per il piano intercomunale

Il problema, da tempo avvertito, di estendere il coordinamento urbanistico oltre ilimiti della circoscrizione comunale di Bergamo, trova finalmente un avviamento allasoluzione nella costituzione di un Consorzio per il coordinamento urbanistico inter-comunale nell’area d’influenza della città di Bergamo. Detto consorzio, al quale ade-riscono 34 comuni, è retto da un apposito statuto del 1959, che fissa la composizio-ne e gli scopi del consorzio, la sua articolazione in settori, gli organi rappresentatividel consorzio (organi amministrativi, comprendenti l’assemblea consorziale, il consi-glio direttivo, il presidente, il segretario e gli organi tecnici, comprendenti la commis-sione tecnica e il centro di coordinamento); fissa infine le modalità relative al funzio-namento del consorzio e al suo finanziamento e allo studio e approvazione dei pro-getti urbanistici. Lo statuto, con l’introduzione di alcune modifiche, viene approvatodal Prefetto di Bergamo con decreto del 14 luglio 1959, seguito da decreti di modifi-ca nel ‘60, ‘62, ‘63 e ‘64 e da altro ancora in data 24 ottobre 1968, quest’ultimo rela-tivo all’entrata della provincia di Bergamo a far parte del consorzio.La costituzione del consorzio è un fatto di rilevante importanza per la storia dell’ur-banistica bergamasca; ancorché le difficoltà non siano poche sul cammino di prati-che realizzazioni, devesi tuttavia considerare come un grande successo questo primo

Fig. 42

Il comprensorio intercomunale

formato dai comuni di:

Albano Sant’Alessandro, Almè,

Almeno San Bartolomeo,

Almeno San salvatore,

Alzano Lombardo,

Azzano San Paolo,

Brembate Sopra, Curno,

Dalmine, Gorle, Grassobio,

lallio, Mozzo, Nembro,

Orio al Serio, Paladina,

Pedrengo, Ponteranica,

Ponte San Pietro, Presezzo,

ranica, Scanzorosciate, Seriate,

Sorrisole, Stezzano,

Torre Bordone, Torre de’ Roveri,

Treviolo, Valbrembo,

Villa d’Almè, Villa di Serio,

Zanica.

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B70b/4 �

tentativo di coordinare secondo una visione unitaria le disparate e non di rado con-trastanti attività dei diversi comuni e soprattutto di comuni, come questi della fasciabergamasca, presi tutti da una fervida attività e in fase di incessante sviluppo.Non sarà inopportuno ricordare che per l’approvazione di qualunque programma dipianificazione di carattere intercomunale che il consorzio o i comuni intendano inoltra-re ai sensi di legge, per la superiore approvazione, è necessario (art. 8 dello statuto) chesi pronunci l’assemblea consorziale a maggioranza dei presenti, con la presenza di alme-no 2/3 dei componenti e rimanendo stabiliti i voti a disposizione nel seguente modo:a per ogni rappresentante dei comuni consorziati (escluso Bergamo): un voto ogni

2000 (o frazione di 2000 superiore a 500) abitanti del comune rappresentato;b per il rappresentante del comune di Bergamo: un voto ogni 4000 (o frazione

di 4000 superiore a 1000) abitanti della città;c per i due rappresentanti della pro-

vincia congiuntamente: un votoogni 4000 (o frazione di 4000 supe-riore a 1000) del totale degli abitan-ti dei comuni consorziati, esclusoBergamo.

Non sarà neppure fuori luogo ricordareun altro punto, riguardante lo studio deiprogetti urbanistici. L’articolo 19 dellostatuto dice testualmente: «Le ammini-strazioni comunali conservano la piùampia libertà di procedere a studi urba-nistici; questi studi verranno svolti diret-tamente dalle amministrazioni interessa-te, che sono però tenute a richiedere pre-ventivamente al consorzio le direttive diinteresse intercomunale da tenere a basedegli studi stessi».Come si è conclusa la prima fase deilavori del consorzio? Dopo lunghediscussioni, è stato presentato nel 1963all’approvazione dell’assemblea il pianoregolatore intercomunale nella scala 1:10.000, contenente le seguenti designa-zioni di massima: le zone rurali e le zoneboschive; le zone di protezione panora-mica intorno a Città Alta, a monte del-l’autostrada e lungo i fiumi Brembo eSerio; le zone di interesse geologicosopra Almenno; le zone a verde per par-chi e impianti sportivi; le zone lasciatealla possibile espansione urbana dei varicentri abitati; i nuovi insediamenti indu-striali, a sud di Ponte San Pietro, a sud ead est di Dalmine, a est di Zanica, a estdi Grassobbio.

Fig. 43

Densità territoriale della

popolazione al 1960.

Fig. 44

Distribuzione territoriale della

popolazione nei centri, frazioni

e nuclei al 1960.

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BERGAMO, GLI STUDI PER IL NUOVO P.R.G. 1965-1969 29

A grandi linee la viabilità principale comprende: la Dalmine - Villa d’Almé e la suaprosecuzione fino alla statale a sud di Stezzano; la sussidiaria per la Val Brembana eper la Val Seriana; una nuova arteria in sponda sinistra del Serio da nord a sud (daAlzano a Villa di Serio e Scanzorosciate a Pedrendo e oltre); il completamento del col-lettore di Bergamo a sud della ferrovia con un ramo a ponente che si congiunge conla via Briantea e una diramazione per l’Isola, ed un ramo a levante che si collega conla statale del Tonale oltre Albano Sant’Alessandro; una strada infine che parte dallastatale a sud di Stezzano per raccordarsi con l’arteria già segnata a sud di Seriate.L’assemblea consorziale ha adottato il piano con apposita deliberazione del 19dicembre 1962 n. 23; a sua volta il comune di Bergamo ha preso analoga delibera-zione il 27 febbraio 1963 n. 6423.I vari comuni aderenti al consorzio hanno tenuto presenti le direttive emergenti dalpiano di cui sopra? Sembra che, almeno in parte, le linee fondamentali degli assi stra-dali previsti dal piano siano state osservate. Ma, detto questo, deve aggiungersi chel’art. 19 dello statuto sembra aver funzionato prevalentemente per la sua prima parte,quella cioè che riconosce alle amministrazioni comunali la più ampia libertà di pro-cedere a studi urbanistici. E ciò è dimostrato dal fatto che molti comuni hanno impo-stato previsioni di sviluppo della popolazione e di sviluppo edilizio assolutamentefuori della realtà e tali, se venissero sommate insieme, da far scaturire cifre addirittu-ra iperboliche per la provincia di Bergamo e per lo stesso comprensorio intercomu-nale. Questo va detto per richiamare ancora una volta la estrema già riconosciutanecessità di un coordinamento e per sollecitare in seno al consorzio una valida azio-ne per dare a quel coordinamento adeguate e razionali dimensioni.

Tra le numerose indagini effettuate nel 1960-61 per gli studi del piano intercomunale sono da

segnalare quelle relative alla mobilità intena sul territorio considerato.

Tra esse, la rilevazione delle affluenze del traffico esterno e di attraversamento (fig. 45) affettuate nei

giorni 9 agosto, 23 agosto, 15 novembre del 1961 e 5 giugno 1962 e le indagini sulle migrazioni

giornaliere (fig. 46) e sulle provenienze degli allievi delle scuole medie (fig. 47).

Queste indagini tendono ad evidenziare il ruolo di centro direzionale avolto dal capoluogo rispetto al

complesso degli insediamenti circostanti.

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Fig. 45 Fig. 46

Fig. 47

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TAV. 3

Consorzio urbanistico intercomunale di Bergamo: progetto di piano intercomunale adottato dal C.C. di Bergamo il 27-2-1963.

1965: il nuovo programma di revisione del P.R.G.

L’amministrazione comunale di Bergamo, uscita dalle elezioni del novembre ‘64, rico-nosciuta la necessità di aggiornare il piano regolatore vigente, demandò immediata-mente ad una commissione di tre professionisti, nelle persone degli architettiSonzogni, Spini e Tosi sotto la presidenza dell’assessore all’urbanistica, il compito diesaminare i documenti approntati dalla precedente amministrazione e formularealcuni principi informatori della revisione del piano.Questi principi vennero quindi esposti dalla Giunta comunale al Consiglio nella sedu-ta 24 giugno ‘65 come programma amministrativo per il quinquennio 1965-1969.Qui di seguito si riportano i passi più significativi del programma in ordine alla revi-sione del piano.

L’Amministrazione ha piena coscienza della necessità di procedere sollecitamente ad un organico riordinamen-

to in materia urbanistica. L’aggiornamento del piano regolatore generale che essa si accinge ad attuare, costi-

tuisce un atto amministrativo di rilevante significato, dal quale conseguono scelte di impegni per la realizzazio-

ne di importanti opere pubbliche, indilazionabili per un armonico programmato sviluppo della città.

L’espansione edilizia manifestatasi negli anni trascorsi, non sempre interamente controllata - anche per l’inade-

guatezza dei mezzi di regolamentazione - ha determinato premesse allarmanti, di squilibrio e di disordine nello

sviluppo del tessuto urbano. Da tale situazione consegue l’urgenza di interventi equilibratori e normalizzatori.

L’Amministrazione ha previsto al riguardo un programma di tempi e d’azione attraverso i quali attuare quello

che viene fin da ora definito «piano regolatore d’aggiornamento».

Come primo atto venne designata, dalla Giunta, una Commissione di tre professionisti nelle persone degli

arch. Sonzogni, Spini e Tosi, che sotto la presidenza dell’Assessore all’urbanistica, ha già provveduto al sol-

lecito riesame dei documenti approntati dalla precedente Amministrazione nell’ambito degli studi d’aggior-

namento del piano.

La Commissione ha formulato succintamente le sue conclusioni in una relazione contenente i principi informa-

tori del piano regolatore di aggiornamento.

I problemi urbanistici cittadini vanno inseriti in una visione il più possibile globale, dei fenomeni di trasforma-

zione del territorio interpretando cioè la dimensione urbanistica come parte integrante dei problemi di sviluppo

economico e sociale a tutti i livelli realisticamente e criticamente valutati. Perciò le scelte di pianificazione vanno

individuate attraverso una valutazione obiettiva della situazione nella sua reale dimensione di ordine demogra-

fico, economico, psicologico, sociale e giuridico; non già accettando passivamente il tipo di sviluppo in atto, ma

correggendone i processi evolutivi ritenuti non accettabili nella loro proiezione futura.

La Regione, attraverso le sue articolazioni giuridiche ed amministrative, deve venire riconosciuta come la dimen-

sione necessaria alla pianificazione territoriale.

Questa sarà in definitiva la sede opportuna, in quanto politicamente dotata di strumenti idonei, per sviluppare

le affermazioni culturali intese a sanare il dissidio del rapporto città e campagna e concretare il concetto di città

territorio, grazie appunto alla nuova mobilità territoriale che dovrà garantire il superamento di storici squilibri

con alternative di lavoro ed occasioni differenziate di cultura e di tempo libero. Nella formulazione dei contenu-

ti della pianificazione regionale l’Ente comunale di Bergamo ha concrete prospettive da proporre.

La struttura regionale lombarda deve alla presenza della struttura metropolitana milanese i suoi squilibri più evi-

denti quali le difficoltà di fornire al territorio un più democratico svilupparsi dell’«effetto città» ed uno spirito

regionale indispensabile per l’arricchimento reciproco delle comunità lombarde.

Il sistema attuale così configurato fornisce evidenti inconvenienti nella esasperazione della pressione insediati-

va e delle esigenze infrastrutturali ed organizzative, impoverendo la regione e sottraendo possibilità di qualifi-

cazione agli insediamenti già esistenti.

In questa situazione appare di importanza decisiva, ai fini di un auspicato riequilibrio, la creazione tra i qua-

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dranti settentrionali al capoluogo della regione (ai quali il nostro territorio è particolarmente interessato) di un

sistema chiaramente competitivo dell’attuale sistema accentratore con forma fisica del tipo radiocentrica

metropolitana.

Questo nuovo sistema dovrebbe avere come supporto una linea di forma con andamento essenziale est-ovest

che si concretizza sul piano pratico in un asse di grandi comunicazioni che sia in grado di stabilire una efficien-

te gravitazione dei grossi centri di Varese-Como-Lecco-Bergamo-Brescia, che dovrebbero fornire nel tempo al

sistema la necessaria pressione capace di determinare un processo di ridistribuzione territoriale dello sviluppo

economico, industriale e residenziale. E’ ovvio che un siffatto sistema di tipo policentrico tendente ad equipo-

tenziare tutto il territorio, sia pure ovviamente in senso selettivo in relazione alle vocazioni del territorio e non

diffusivo di un «continuum urbanizzato» al fine di provocare un processo di sviluppo rispondente ad una cultu-

ra a più alto senso democratico, non può proporsi di ignorare o di scardinare ipso facto l’assetto insediativo

attuale, di cui Milano ne è il congestionato e disumano epicentro.

E’ evidente che la realizzazione dei fondamenti infrastrutturali del sistema proposto (ed in premessa i relativi

impegni di investimenti) dovrebbe essere anteposta a quella serie di opere, che nel tentativo di migliorare le

condizioni dell’attuale struttura insediativa lombarda, non tendono che a consolidare le basi negative dell’at-

tuale impianto.

Nei riflessi del piano regolatore di Bergamo, indicazioni siffatte determinano importanti conseguenze anche

sulle nuove strutture da assegnare all’aggregato urbano.

E’ auspicabile che nuove infrastrutture viarie realizzate dalle competenti amministrazioni possano qualificare la

fascia settentrionale della regione e rendere via via sempre più evidente la nuova linea di sviluppo che può con-

siderarsi «antipolare nord Milano».

Come per la regione la visione urbanistica generale è di contestazione dell’univoca attrazione polare determi-

nata dalla città di Milano, così anche per la città di Bergamo (pur considerando la diversità di scala) la nuova

realtà comprensoriale va considerata in una visione di pluralità di interessi che trova il suo assetto urbanistico

in uno spazio più articolato e vitalizzato. Infatti il comprensorio individuato nel piano intercomunale come area

di attrazione della città, contribuisce a riconoscere alla stessa l’unico centro del sistema ed a conferire a questo

centro tradizionale il vertice degli interessi che si stemperano nel territorio in ragione diretta con la distanza dal

polo di attrazione.

Di contro, la nuova struttura subregionale proposta può determinare anche una nuova struttura comprensoriale

ed urbana, così da permettere al nuovo P.R.G. della città di essere formulato con un impianto aperto e lineare,

capace in tal modo di accogliere, con il maggior numero di gradi di libertà. questo nuovo disegno territoriale.

Nella relazione della bozza di revisione del P.R.G. formulata dalla Commissione d’aggiornamento costituita

dalla precedente Amministrazione è contenuta una analisi ed una critica alle ragioni, agli avvenimenti ed alle

discordanze tra previsioni formulate nel P.R.G. del 1951 e l’insediamento urbano cosí come si è configurato

nella realtà.

Alla luce delle premesse dichiarate, la revisione del P.R.G., deve avvenire tenendo presente i problemi di strut-

tura di dimensione regionale e comprensoriale.

Sulla base di queste osservazioni si evidenzia la ragione di evitare la prefigurazione di uno schema strutturale

chiuso, consentendo di contro alla città un più libero svilupparsi secondo una maglia aperta e ricettiva che sia

adatta all’accoglimento delle istanze della regione, del comprensorio, del territorio.

Ad una previsione siffatta si oppone evidentemente il disegno della città espresso nel sistema di urbanizza-

zione a mezzaluna, previsto dallo schema di aggiornamento posto allo studio dalla precedente

Amministrazione, che ha risentito in modo determinante del sistema radio centrico impostato dalla circon-

vallazione di cui lo stesso asse urbano primario attrezzato asseconda l’impianto accerchiando le colline e

proponendo per lo sviluppo della città quell’arco pedecollinare che costituisce la continuità naturale e

insopprimibile della collina, presupposto necessario all’apprezzamento paesistico di quanto rappresenta

risorsa cardine della nostra città.

Appare determinante contrapporre, nelle indicazioni per il disegno della nuova città, una configurazione linea-

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re di sviluppo per sbloccare il sistema d’avvolgimento descritto, che si presenta nella sua rigidezza sprovvisto

dei necessari gradi di libertà che siano sufficienti ad assicurare un’articolata crescita nel tempo e nello spazio.

La giacitura di un nuovo organismo a sviluppo lineare che ammetta come spina dorsale della composizione

urbanistica l’andamento della linea ferroviaria Lecco-Brescia, sembra la più idonea a recepire quelle indicazioni

di carattere regionale, comprensoriale, territoriale, già citate e a svincolare la città dalla tenaglia dell’accerchia-

mento di un sistema di viabilità principale e secondario che l’avvolge.

Il problema proposto del totale interramento della linea ferrata non appare nella situazione attuale commisura-

to al reale potenziale economico della città, né appare, d’altra parte, realisticamente fondata la previsione di

pareggiare l’equazione riqualificando a funzioni direzionali le aree evacuate al parco merci della sede ferrovia-

ria stessa, con previsioni dimensionali dilatate rispetto alle reali necessità che tengano pur conto di lungimiran-

ti ipotesi di sviluppo.

L’impostazione del problema del superamento della ferrovia che abbia per vincolo un intervento economico non

realizzabile se non nelle previsioni di un arco di tempo di dimensioni imprevedibilmente dilatate, renderà ino-

perante il piano stesso proprio nella ipotesi individuata come condizionante della sua validità.

L’indirizzo per uno sviluppo urbano lineare piuttosto che radiocentrico, dovrebbe realizzarsi con la previsione di

strade complanari adiacenti alla linea ferroviaria Lecco-Brescia e costituenti la linea di appoggio e di tribuzione

per la vecchia e la nuova struttura urbana. In armonia con queste indicazioni si prevede la localizzazione di atti-

vità terziarie direzionali, commerciali, culturali e di attrezzature a livello urbano a valle della ferrovia e comun-

que nella zona delimitata dal tracciato della circonvallazione nel suo settore centrale. A mezzogiorno di detta

zona dovrebbero articolarsi i nuovi nuclei di espansione della città, secondo previdenti criteri conservativi delle

possibilità attuali di facile penetrazione viaria e ferroviaria.

Lo schema di revisione del P.R.G. trasmessoci dalla precedente Amministrazione formula una previsione di vali-

dità trentennale che corrisponde ad una capacità di ospitare i 185 mila abitanti che l’indagine di sviluppo demo-

grafico assegna come raggiungibile nel territorio comunale all’anno 1994; una previsione a così lungo termine

appare sconsigliabile sotto vari punti di vista, anzi appare opportuno evitare che il piano superi previsioni di vali-

dità decennale.

Accanto a queste indicazioni di breve termine, ed in coerenza con esse, il comune fisserà i tempi di previsio-

ne per la urbanizzazione dei vari nuclei insediativi da organizzarsi e ciò sia per le aree di ristrutturazione, sia

per le aree di completamento, sia per quelle di nuova espansione preferibilmente a mezzo di piani particola-

reggiati, così che sia garantito il preventivo impianto delle opere di urbanizzazione rispetto alla concessione

delle licenze edilizie.

Riteniamo sia questo un modo di inquadrare organicamente a priori gli interventi sia dell’Ente pubblico che del

privato imprenditore, conseguendo in tale maniera indubbia economia di spese rispetto al modo tradizionale di

aderire a posteriori all’occasionale disperdersi in tutte le direzioni degli interventi edilizi.

La superficie residenziale che deriva dalla previsione decennale per il P.R.G., sarà dimensionata in questi limiti

previsionali includendo nei computi le zone di espansione previste dal piano stesso.

Saranno pertanto lasciate libere da dette previsioni, con funzioni di «valvola» per soddisfare alcuni gradi di

libertà le aree cosiddette di «saturazione», cioè quelle appartenenti a zone quasi totalmente costruite e nelle

quali mancano soltanto rari episodi a completamento delle urbanizzazioni in atto, oltre naturalmente le zone

soggette a piano particolareggiato di risanamento conservativo, nelle quali dovrà comunque essere assicurata

la conservazione volumetrica e delle superfici abitabili.

Onde evitare che la spinta edilizia si indirizzi in modo preferenziale anziché nelle aree di espansione organizza-

te, verso aree già edificate, da ristrutturare, tenendo conto che quivi le dotazioni infrastrutturali e di aree per ser-

vizi sociali sono esigue e senza possibilità di sensibile incremento a costi accessibili per l’Ente pubblico, sarà cura

degli estensori del piano evitare un sovraccarico edilizio su queste aree ormai compromesse, assegnadovi indi-

ci di densità decisamente più contenuti rispetto a quelli delle zone di nuova urbanizzazione ove risulterà ammis-

sibile il costo delle aree per i servizi e ove la situazione non compromessa garantirà un opportuno dimensiona-

mento delle infrastrutture in genere.

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Va sottolineata inoltre l’esigenza di sospendere l’erogazione delle licenze di lottizzazione in zone di non previ-

sta destinazione residenziale del P.R.G. del 1951 e successive varianti, fino all’adozione del P.R.G., operando nel

periodo intercorrente tra l’adozione del piano stesso e la formazione dei piani particolareggiati, mediante piani

normativi convenzionati su basi unificate circa gli oneri a carico delle iniziative, e ciò agli effetti di annullare la

pressione sulle strutture urbane preesistenti.

Si conferma a titolo congiunturale, in attesa delle definizioni del nuovo P.R.G., secondo i limiti esposti, l’oppor-

tunità di attenersi ad una limitazione della densità edilizia a 60.000 mc/ha.

La ristrutturazione della città fa emergere il problema di Città Alta, dei borghi storici e dei colli.

Anche in questa sede va riaffermata la necessità della progettazione definitiva dei piani particolareggiati che

dovrà procedere parallelamente alla stesura del piano regolatore con il quale dovranno essere coordinati.

Il problema della salvaguardia di Città Alta e dei borghi storici, dal momento attuale fino all’adozione dei piani

particolareggiati, va posta in particolare evidenza ricercando tutte le misure opportune in sede amministrativa

che abbiano particolare efficacia nella tutela delle vecchie strutture.

Mentre per Città Alta, l’art. 68 del vigente regolamento edilizio unitamente all’art. 94 già fornisce i mezzi ido-

nei per la regolamentazione edilizia nel geloso rispetto del patrimonio artistico, per i vecchi borghi, limitatamen-

te a via S. Alessandro, via Pignolo, via S. Tomaso e Borgo Canale ci si avvarrà, quando richiesto, della legge di

salvaguardia. Per i borghi restanti si fa rilevare che le esigenze di risanamento possono diventare in taluni casi

prevalenti in rapporto ai criteri conservativi. In ogni caso i piani particolareggiati, che rimangono affidati allo stu-

dio di professionisti cittadini, forniranno le indicazioni discrezionali del caso.

Si riafferma la necessità di integrale tutela dei colli, confermando quanto meno gli strumenti attuali in sede

normativa (vincolo del cinquantesimo). Si sottolinea la necessità di affermare la funzione sociale sia sotto il

profilo della godibilità paesistica, sia della sua funzione come risorsa naturale. L’accessibilità pubblica potrà

realizzarsi accentuando. per quanto riguarda la destinazione, la possibilità di trasformare (ove le condizio-

ni lo richiedono) alcune strutture insediative attuali in termini di attrezzature turistiche, centrali, e per il

tempo libero.

In attuazione del programma e secondo i principi esposti, l’Amministrazione comu-nale di Bergamo affidava, nel 1965, la revisione del PRG agli architetti prof.Giovanni Astengo e prof. Luigi Dodi. I due progettisti incaricati hanno a loro voltae rispettivamente chiamato come collaboratori gli architetti Giovanni Spalla eAntonio Faranda e, per quanto riguarda gli studi socio-economici, si sono avvalsidelle prestazioni della somea.Alle varie fasi di svolgimento del lavoro hanno validamente contribuito l’ing. capoG. B. Rossi e l’arch. Vittorio Gandolfi e, con particolare competenza ed ausilio, l’ing.Giuseppe Canavotto, capo dell’ufficio urbanistico del comune di Bergamo.Gli studi hanno occupato l’intervallo 1966-68 per la formazione dei due piani-qua-dro territoriali presentati in C. C. nel luglio 1968 e sui quali l’opzione è stata pro-nunciata in data 21-12-1968. La redazione del P.R.G. alla scala 1: 5.000 e 1: 2.000è stata completata nei mesi successivi; il piano, presentato in Consiglio comunale il26 settembre 1969, è stato adottato l’undici novembre 1969.

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Primo schema

di organizzazione degli studi

urbanistici ed economici

del PRG di Bergamo

Gli studi per la revisione del P.R.G.

Nota introduttiva

A. Il programma1 L’impostazione inizialeSin dai primi contatti, intercorsi tra la fine del 1965 e l’inizio del 1966, fra ammini-stratori comunali e professionisti designati, gli studi per il nuovo PRG di Bergamosono stati concepiti ed impostati non come un unico atto di progettazione, da presen-tare compiuto agli amministratori e tale quindi da essere da questi accettato o respin-to, o manipolato, ma come una successione di fasi di progettazione, intercalate a fasidi verifica economica e di decisione politica.Si è cioè ritenuto necessario, fin dall’inizio, che il discorso sul PRG si svolgesse su trecanali paralleli, autonomi ma strettamente interrelati, attraverso i quali il processoprogettuale potesse svilupparsi consapevolmente e maturare progressivamente fino aprodurre risultati scientificamente validi e politicamente orientati. Scelto questo indi-rizzo, si è configurato un processo logico di passaggi tra loro concatenati, per fasi disuccessive approssimazioni e comparazioni, ognuna delle quali articolata secondo unpercorso obbligato, temporalmente ordinate in modo che la conclusione della primadiventasse il punto di partenza della successiva. Si è voluto così istituire un processoiterativo di sempre maggiore approfondimento, atto a garantire uno sviluppo dedut-tivo sufficientemente rigoroso per l’intero percorso, tanto sul piano scientifico quan-to su quello dell’esplicitazione e del controllo dei contenuti politici.Così concepito il processo logico nel suo meccanismo interno e per l’intera operazio-ne, si ritenne, in un primo tempo, che tutto lo sforzo concettuale fosse da concentra-re nella soluzione dei problemi urbanistici di Bergamo, che costituivano peraltro iltema centrale del nuovo programma amministrativo.Con questi intendimenti fu quindi impostato un piano di lavoro a tappe che preve-deva la successione seguente:Prima fase:1 raccolta e rappresentazione grafica dei dati di indagine; 2 computi relativi alle previsioni di sviluppo della popolazione e dell’economia nel

comune di Bergamo e nel territorio circostante; 3 formazione di schemi urbanistici alternativi; 4 verifica di coerenza degli schemi urbanistici; 5 redazione di due schemi urbanistici coerenti; 6 calcolo economico globale; 7 relazione sulle ipotesi formulate per la scelta dello sviluppo urbanistico;Seconda fase, previa decisione dell’Amministrazione: 8 redazione del PRG alla scala 1: 5.000, con eventuali sviluppi alla scala 1: 2.000.Questo percorso, in cui il processo iterativo era già ben presente ed il ricorso allacomparazione di schemi alternativi costituiva l’essenza stessa del metodo di scelta, fuconsacrato negli atti ufficiali di conferimento dell’incarico (prima stesura: 24-6-66,stesura definitiva: 2-12-1966). Nel contratto, i compiti relativi alle tappe 2), 4) e 6), relative rispettivamente ai com-puti previsionali, alle verifiche di coerenza ed al calcolo economico globale, veniva-no affidati alla somea (Società per la Matematica e l’Economia applicate) associataal gruppo internazionale sema-metra.

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La somea, con successive note metodologiche, dell’aprile e maggio ‘66, metteva apunto il programma dei lavori, secondo lo schema generale di organizzazione (vedi alato) e gli schemi specifici delle prime fasi di studio riportati nei grafici della pagina afronte. In un primo tempo, e precisamente per tutto il primo anno di lavoro dedicatoessenzialmente alla sistematizzazione dei dati di informazione ed alla loro ripartizionein zone territoriali, i problemi del «territorio circostante» erano unicamente confinatia far da cornice nelle «previsioni di sviluppo della popolazione e dell’economia».Si riteneva infatti, in partenza, che l’intelaiatura del piano intercomunale di recenteformazione costituisse una base strutturale sufficientemente solida, da verificare forseanche parzialmente da modificare, ma sostanzialmente da accettare come valida.

2 Il salto dimensionaleFurono le prime verifiche territoriali condotte per la costruzione di una prima cartadell’uso del suolo a porre in forse la solidità di questa intelaiatura generale. Ben pre-sto fu evidente che l’esplosione urbana, verificatasi nel primo lustro degli anni ‘60sull’intera area bergamasca, aveva fatto saltare le previsioni di piano non solo inBergamo, ma anche nel territorio circostante.D’altra parte diventava sempre più chiaramente irrinunciabile una preventiva opzionesul modello di sviluppo dell’area bergamasca e sulle linee principali di assetto del ter-ritorio gravitante attorno alla città capoluogo. Per Bergamo, poi, la interrelazione frai problemi di strutturazione dell’area di stretta competenza comunale e quelli di asset-to del territorio esterno e finitimo al capoluogo non solo non poteva più essere messain dubbio per ovvie ragioni di concatenazione e di coerenza, ma si trovava ad essereesaltata per le limitate dimensioni dell’area di pianura appartenente al territorio comu-nale, in cui ed ai cui margini con maggiore evidenza si sono manifestati in modo mas-siccio e disordinato gli sviluppi edilizi ed industriali in questi ultimi anni, determinan-do effetti di conurbazione e di crescente congestione sul territorio circostante.Un’attenta ricognizione di questo più ampio ambiente ed una esplorazione in profon-dità della sua dinamica interna si sono quindi imposti come necessaria premessa aglistudi del nuovo piano regolatore, facilitati in questo dall’esistenza degli studi preli-minari e successivi al piano intercomunale e dall’esistenza del Consorzio dei relativicomuni, i cui organi sono statutariamente presieduti dal Sindaco di Bergamo.Questa realtà ha grandemente agevolato l’approccio.Ma se in sede locale l’attività esplicata dall’ufficio tecnico del Consorzio ed il conti-nuo e diligente aggiornamento dei dati, esemplarmente operato dall’ufficio urbanisti-co comunale, consentivano di giungere rapidamente alla puntuale conoscenza dellesituazioni di fatto dell’area bergamasca, per contro scarseggiavano le indicazioni e lescelte programmatiche a livello superiore. Le prime linee di sviluppo contenute nelPiano territoriale lombardo, redatto negli anni ‘50 dal Centro studi presso ilProvveditorato regionale alle OO.PP. della Lombardia, apparivano ormai inattuali,mentre gli studi promossi dal Comitato regionale per la programmazione economicadella Lombardia, erano, nel 1965, appena agli inizi e quindi necessariamente ancoratroppo tenui e generiche apparivano le indicazioni utilizzabili per l’area bergamasca.In questo stato di cose, non potendosi per altro rinunciare ad un inquadramento territo-riale sol perché gli studi esistenti, sia per il piano intercomunale che per quello territoria-le lombardo, erano in larga misura superati dai fatti e quelli regionali del CRPE ancoratroppo impalpabili per fornire una base d’appoggio agli studi per la revisione del PRGdi Bergamo, si è dovuto necessariamente agire localmente e far precedere la compilazio-

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ne di un autonomo quadro di riferimento territoriale alla redazione vera e propria delpiano regolatore comunale. Ciò comportava la sostanziale modifica del piano di studi.Diventava cosí necessario ipotizzare una prima fase di lavoro che comprendesse anzitut-to l’individuazione di un comprensorio di pianificazione interessante l’intera area berga-masca, da esplorare e definire nei nuovi limiti territoriali, nella sua dinamica socio-eco-nomica interna e nei suoi fondamentali rapporti col territorio esterno, e si proponesse,come obiettivo, di definire correttamente le essenziali e più opportune linee di svilupposocio-economico e di assetto territoriale di questo comprensorio, per poter disporre, peril piano regolatore di Bergamo, almeno di un attendibile e chiaro quadro di riferimento.

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Schema d’organizzazione

generale della prima fase di

studio relativa alle previsioni

socio-economiche.

Schema dello studio sul traffico.

Questa imprevista elaborazione, pur dilatando i compiti definiti contrattualmente, hacostituito senza dubbio la fase più interessante, sotto il profilo metodologico, dell’in-tero studio perché ha sollecitato una più precisa messa a punto del processo iterati-vo inizialmente concepito, ha richiesto l’uso di nuove tecniche ed ha consentito disperimentare, su di un più lungo arco di tempo, la stretta concatenazione fra studieconomici e progettazione urbanistica.

3 Il piano di lavoro definitivoConseguenze immediate della dilatazione di campo e di obiettivi sono stati il sensibi-le aumento delle tappe di lavoro necessarie, sia nelle previsioni e verifiche economi-che che nella progettazione urbanistica, e conseguentemente l’arricchimento nell’ar-ticolazione e nell’intreccio dell’intero percorso logico, con una più chiara individua-zione delle grandi fasi del processo iterativo. In definitiva, il piano di lavoro effetti-vamente svolto è stato il seguente:Prima fase:1 individuazione del comprensorio bergamasco; 2 raccolta e rappresentazione grafica dei dati di indagine per zone (di particolare

interesse l’analisi dell’uso del suolo, svolta alla scala 1: 10.000 per l’intero ter-ritorio comprensoriale, come sintesi di ricerche alla scala 1: 2.000 ed 1: 5.000dei vari comuni, ed alla scala 1: 2.000 per il territorio comunale di Bergamo);

3 analisi demografiche, sull’occupazione, sullo stato delle abitazioni e delle attrez-zature e sulle finanze del comune di Bergamo;

4 formazione di due ipotesi di sviluppo socio-economico (alta e bassa) per il com-prensorio ed il comune di Bergamo per un orizzonte temporale di 20 anni (contappa intermedia a 10 anni) e conseguenti previsioni sullo sviluppo demografi-co ed occupazionale, sul fabbisogno di abitazioni, attrezzature e servizi e sulladisponibilità finanziaria, tanto per il comune di Bergamo quanto per l’interocomprensorio;

5 revisioni delle ipotesi di sviluppo e scelta delle ipotesi di base;Seconda fase:6 formulazione di 4 ipotesi alternative di organizzazione territoriale per l’intero

comprensorio, alla scala 1: 25.000; 7 verifiche di coerenza delle 4 ipotesi; 8 formazione di 4 schemi urbanistici di sviluppo socio-economico e di organizza-

zione territoriale per l’intero comprensorio; 9 stime di costo, studi di traffico, verifiche di coerenza per i 4 schemi; 10 confronto economico ed urbanistico fra i 4 schemi;11 scelta di due fra i 4 schemi;Terza fase:12 redazione di due schemi strutturali urbanistici alternativi, alla scala 1: 10.000; 13 stima dei costi, studi di traffico e verifica di coerenza per i 2 schemi strutturali; 14 confronto economico fra i due schemi; 15 relazione urbanistica sui due schemi; 16 stesura definitiva dei due piani-quadro territoriali, previa verifica degli stan-

dards urbanistici su tutto il territorio; 17 elenco e computo delle operazioni dei due piani-quadro alternativi; 18 illustrazione in Consiglio comunale dei due piani-quadro: dibattito ed opzione

per uno dei due piani-quadro;

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Quarta fase:19 redazione del PRG di Bergamo alla scala 1: 2.000 per l’intero territorio comu-

nale e sua rappresentazione sintetica alla scala 1: 5.000.

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Organigramma definitivo

degli studi urbanistici

ed economici per la revisione

del PRG di Bergamo.

Con questa estensione, pur restando nell’ambito della formula contrattuale, si èavuta, di fatto, la duplicazione complessiva nel numero delle fasi e delle tappe delprocesso e la estensione a livello comprensoriale di tutti gli studi che hanno precedu-to la redazione vera e propria del piano regolatore comunale, con una rilevante mol-tiplicazione di connessioni e di intrecci nei vari passaggi, come si rileva nell’organi-gramma effettivo degli studi rappresentato in forma semplificata nel grafico quisopra riportato.Questa dilatazione di contenuti e di procedure si è ovviamente riflessa in una corri-spettiva dilatazione di tempi tecnici, comunque contenuta in termini assai ristretti,senza eccessivo debordamento dalle previsioni iniziali, se si considera che, ad esem-pio, la fase più complessa e tormentata di lavoro, corrispondente ai punti dal 3°) al7°) del programma iniziale, amplificata nei punti dal 6°) al 17°) del programma defi-nitivo, si è svolta, in tutto, in 15 mesi effettivi di lavoro (aprile ‘67 - luglio ‘68) con-tro i 10 mesi previsti dal contratto per i punti dal 3°) al 7°).

4 La partecipazione politicaBen oltre alle previsioni iniziali, è pure andata amplificandosi la partecipazione degliorgani politici alla formazione del piano, e ciò non solo per il concomitante genera-le sviluppo dell’interesse e della partecipazione politica ai problemi urbanistici, maanche per effetto intrinseco dell’avvenuta dilatazione del campo e dei contenuti delpiano. La partecipazione ha incominciato a prendere corpo nell’aprile ‘67 con laesposizione delle 4 ipotesi di sviluppo ad un ristretto comitato interassessoriale (for-mato dal Sindaco avv. Pezzotta, eletto il 20-10-66, dall’assessore all’urbanistica prof.Fumagalli e dall’assessore ai LL.PP. ing. Parigi), che a partire da quel momento haseguito ininterrottamente l’iter degli studi, e si è allargata successivamente a riunionidi Giunta e, a partire dai primi del 1968, a riunioni della Commissione consiliareurbanistica formata da membri di tutti i partiti politici presenti in Consiglio.A partire dal marzo ‘68 in poi gli studi in corso sono stati a più riprese illustrati eportati in discussione prima alla Commissione tecnica del Consorzio intercomunale,cui hanno preso parte anche rappresentanti dell’Amministrazione provinciale, delProvveditorato regionale alle opere pubbliche e della Soprintendenza ai monumenti,quindi al Consiglio direttivo del Consorzio stesso.Con l’illustrazione dei due piani-quadro in Consiglio comunale, avvenuta nel luglio‘68, si apre un ampio dibattito esterno: i progettisti sono invitati ad illustrare i pianialla Assemblea dei sindaci del Consorzio e dei comuni del comprensorio esterni alConsorzio stesso ed a partecipare alla discussione sui due piani-quadro da parte deirappresentanti dei comuni dei vari settori di Consorzio; con e senza la partecipazio-ne dei progettisti si sviluppa la discussione presso gli ordini professionali, pressoassociazioni, con ampio rilievo sulla stampa locale, mentre si svolgono riunioni sepa-rate dei vari gruppi consiliari. Sei riunioni del Consiglio comunale sono dedicate, nelmese di dicembre 1968, alla discussione dei due piani-quadro, fino al voto di opzio-ne che consacra la scelta, a grande maggioranza, del piano-quadro territoriale n. 2.I due piani sono quindi esposti al pubblico per un mese nel quadriportico, sulSentierone. Anche la partecipazione politica alla fase finale della redazione del pianoregolatore vero e proprio si svolge dapprima in forma necessariamente riservata alivello di comitato interassessorile, con verifiche interne operate dagli uffici tecnici, esuccessivamente mediante incontri, sempre più allargati, con la Commissione consi-liare urbanistica e con i rappresentanti dell’Amministrazione provinciale. Presentato

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il piano in Consiglio comunale il 26 settembre ‘69, si apre un lungo periodo di discus-sioni consiliari, intercalate da riunioni dei gruppi consiliari, di associazioni culturalie professionali e della Commissione tecnica del Consorzio, fino all’11 novembre ‘69,quando, dopo 7 sedute, il Consiglio comunale adotta il nuovo PRG.Anche dopo l’adozione continua ad esser desto l’interesse dei partiti, dei sindacati edelle associazioni sul piano regolatore adottato.

5 I tempiL’intero processo formativo del nuovo PRG è stato contenuto nel ciclo ammini-strativo novembre ‘64-giugno ‘70: esso ha coperto in tutto 53 mesi, di cui 14 dedi-cati alla fase preliminare di raccolta dei dati e di messa in moto del meccanismo,6,5 per le due discussioni consiliari (5 per l’opzione sui due quadri-piano ed 1,5per l’adozione del PRG) con un periodo netto di circa 31 mesi dedicati agli studieconomici ed urbanistici.In sintesi, la successione delle fasi e lo sviluppo parallelo sui vari canali sono rappre-sentati nella tavola sinottica riportata a lato.Sinossi dei tempi

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B. Il metodo1 L’impostazione concettualeDurante l’intero iter degli studi, a partire dalla stesura iniziale del programma, allasua successiva dilatazione e durante tutta la sua attuazione, costante è stato l’inten-dimento di basare studi ed opzioni su di un metodo scientifico, che permettesse nonsolo ai progettisti, ma anche agli amministratori, designati a decidere, ed agli utenti,interessati ai problemi della vita comunitaria, di evitare, da un lato, atteggiamenti dimiope razionalizzazione, identificabile al limite con l’acquiescente registrazione e conla legalizzazione di tendenze in atto, e, dall’altro, errori ed arbitri propri dei procedi-menti intuitivi e delle scelte discrezionali, fondati su ipotesi ed affermazioni essenzial-mente apodittiche, o su impegni finanziari non verificati.Si era ben convinti, fin dall’inizio, dei limiti di questo intendimento, sia per quantoriguarda l’uso di procedimenti scientifici nel campo della progettazione urbanistica,sia dei limiti proprii di questa nei confronti della possibile modificazione del reale.Se non esiste certamente oggi, e difficilmente potrà essere messo in piedi in un pros-simo futuro, un metodo sintetico e semplice di automatica ottimizzazione dell’insie-me dei problemi urbanistici, tanto numerose e differenti per natura sono le variabi-li in gioco e tanto complesse le loro interdipendenze, ancor meno è pensabile chepossa essere anche in futuro automatizzato il processo progettuale dei problemiurbanistici, basato sulla insopprimibile invenzione delle grandi scelte spaziali, sullapercezione del senso dei luoghi e sulla costruzione, tutta mentale, di una nuovarealtà spaziale, caricata di particolari significati ed alternativa a quella esistente. Maè certamente possibile oggi la verifica scientifica, con l’uso di tecniche avanzate,delle possibili conseguenze delle decisioni contenute nei progetti urbanistici e la veri-fica di coerenza fra ipotesi di sviluppo urbanistico ed attendibili ipotesi di svilupposocio-economico.In questa direzione quindi ci si è orientati, alla costruzione di un processo logico,mediante il quale, accertato il campo di variazione delle principali quantità di svilup-po, potesse essere obiettivamente individuata la soluzione ottimale dell’organizzazio-ne spaziale di questo sviluppo, mediante la comparazione di soluzioni tecniche intrin-secamente coerenti e tra loro omogenee.Questo processo logico implica, ovviamente, l’evidente impossibilità di operare unasostanziale modificazione nei rapporti strutturali fra capitale e lavoro, che sono allabase del sistema economico e politico vigente, per mezzo di scelte essenzialmente spa-ziali, e pertanto accetta di assumere come dati di partenza, per le ipotesi di sviluppo,le proiezioni neutrali dello sviluppo in atto, sia pure parzialmente corrette, non soloper effetto di verifica di coerenza interna, ma anche per tener conto di parziali modi-ficazioni volontarie conseguenti all’offerta di certi fattori di localizzazione.Ma presuppone, per contro, la possibilità di operare modificazioni profonde nell’in-sieme dei rapporti sociali in conseguenza di scelte di fondo sulla quantità e qualità diattrezzature, servizi e infrastrutture, sulla combinazione delle parti e sulla efficienzae qualità complessive del prodotto urbano; senza contare che un rigoroso controllopubblico dell’uso del suolo, presupposto essenziale in questo processo, apre il discor-so ad un’attiva e vigile programmazione dell’intervento pubblico, capace quindi dioperare, nei tempi lunghi, reali inversioni di tendenza nel processo di sviluppo e dicreare le condizioni per nuovi rapporti fra le forze in gioco.In quest’ottica, obiettivo principale della pianificazione urbanistica diventa lamassimizzazione dei benefici sociali e del rendimento economico globale per l’in-

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tera agglomerazione comprensoriale, a parità di sopportabili costi pro-capite peri cittadini.Ne consegue che l’agglomerazione comprensoriale deve essere considerata, in termi-ni urbanistici, come una unica articolata «regione urbana», dotata di propria strut-tura interna (attività economiche e residenze), di propria ossatura portante (reti perle comunicazioni) e di adeguata dotazione urbana (attrezzature e servizi); in terminieconomici globali, come un unico macrosistema, l’azienda-città, produttrice, per tuttii cittadini, dei servizi resi dalla propria dotazione urbana e dalla propria ossaturaportante.A parità di sviluppo socio-economico e di costi d’impianto e di gestione sarà certa-mente da preferire quella regione urbana capace di offrire ai propri cittadini il mas-simo di benefici sociali e di rendimento economico per la collettività.Fissata quindi, per un determinato orizzonte temporale, la prevedibile quantità disviluppo socio-economico compatibile con il sistema generale, regionale e nazio-nale, si tratta di individuare, fra le varie possibili combinazioni e distribuzionispaziali degli elementi strutturali ed infrastrutturali, che realizzano, secondo pre-scelti standards urbani e nel prefissato orizzonte temporale, lo sviluppo ipotizza-to, quella combinazione che, a parità di costi, massimizzi i benefici sociali ed ilrendimento economico, oppure quello che, a parità di rendimento economico e dibenefici sociali, minimizzi i costi. La comparazione fra differenti, ma omogenei ecoerenti, modelli di sviluppo per la regione urbana considerata diventa, in questalogica, l’unico mezzo corretto per la valutazione della minimizzazione dei costid’impianto e di gestione.I modelli di sviluppo, o ecostrutture, inventati e presi in esame, si presentano quindicome altrettante varianti globali delle stesse quantità di elementi di sviluppo socio-economico, ragionevolmente ipotizzate per la stessa area, e pertanto come differentitipi di organizzazione strutturale delle stesse quantità: la comparazione di modelliomogenei assume quindi le caratteristiche specifiche di un’analisi strutturale.

Schema ideale

di un ciclo di studi

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2 Il metodo in forma compiutaNella sua più chiara espressione, il metodo iterativo di verifica adottato, dopo effet-tuate le previsioni neutrali corrette, si articola, in ogni ciclo compiuto, nei seguentipassaggi essenziali:1 progettazione di modelli alternativi2 verifica di coerenza interna3 comparazione economico-funzionale4 scelta del modello ottimale,dove:a La fase progettuale procede secondo varie scale e gradi di approssimazione, da

primi schemi astratti a progetti sempre più precisamente definiti per struttura,ossatura portante e dotazione di servizi, passando, dopo ogni ciclo, da schemipiù generali a progetti sempre più particolareggiati, con una disaggregazionesempre maggiore delle quantità di sviluppo ed una loro sempre più specificalocalizzazione;

b La fase delle verifiche di coerenza interna e la comparazione economico-funzio-nale costituisce un nuovo capitolo nella progettazione urbanistica, ampiamenteaperto all’uso di tecniche avanzate;

c La fase delle scelte risulta, per questo nuovo modo di procedere e ragionare,profondamente avvantaggiata in obiettività.

Con l’applicazione sistematica di questo procedimento, che nella sua più completaespressione è esplicato nel presente organigramma, si ottengono alcuni essenzialirisultati.1 Il processo di progettazione urbanistica ne resta sostanzialmente irrobustito:infatti esso non solo è obbligato a percorrere in forma compiuta ed accelerata l’inte-ro arco «dal generale al particolare», arco che troppo spesso nella progettazione tra-dizionale è spezzato in tronchi tra loro sconnessi e quasi mai completi, ma lo percor-re in modo scientificamente corretto, con le garanzie della verifica operata compiu-tamente ex ante in fase progettuale, prima ancora, cioè, del passaggio al ciclo proget-tuale successivo. In quest’ottica, la stessa esigenza di definire con esattezza le singoletappe progettuali stimola una sempre maggior precisione e caratterizzazione del rela-tivo contenuto specifico e del relativo linguaggio.2 Ogni fase progettuale è, in tal modo, sistematicamente soggetta a verifiche dicoerenza interna, fra cui essenziali: a) quelle fra le varie quantità di sviluppo, ter-ritorialmente attribuite, e lo sviluppo socio-economico globale ipotizzato, b)quelle fra pesi insediativi e reti infrastrutturali portanti, oltrechè a verifiche dicompatibilità finanziaria fra costi e investimenti. Ne consegue che i modelli, glischemi ed i piani ai vari livelli ed alle varie scale sono, via via, resi omogenei fraloro, coerenti con le ipotesi di sviluppo e compatibili con le possibilità di investi-mento. In tal modo, a parità di standards urbanistici adottati, possono emergerechiaramente, per ognuno dei modelli, schemi o piani messi a confronto, le quan-tità e qualità differenziali, economiche ed extraeconomiche, condizione essenzia-le per una scelta obiettiva.3 In ogni fase di progettazione, di verifica, di comparazione e di scelta, il discorso èsempre necessariamente globale: ne consegue che la struttura della regione urbana con-siderata emerge in tutta la sua chiarezza ed assumono precisa individuazione e caratte-rizzazione l’ossatura portante e la dotazione urbana in rapporto al sistema generaleprogettato. Con questa sollecitazione, anche i problemi tecnici particolari o settoriali

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sono necessariamente rapportati alla strutturazione generale del sistema: il discorsourbanistico risulta, così, ulteriormente rafforzato, senza cedimenti o evasioni.4 La progettazione urbanistica così condotta comporta, anche sul piano ammi-nistrativo, immediate conseguenze. La verifica di compatibilità finanziaria,costringendo la progettazione in termini realistici, stimola per ciò stesso l’inventi-va non solo progettuale, ma anche amministrativa e finanziaria, ponendo in lucecome gli obiettivi di civiltà urbana, che ci si prefigge di raggiungere, siano conse-guibili mediante atti politici tra di loro coordinati ed orientati a dette finalità, coni relativi vincoli e sacrifici.In particolare, in questo quadro, emerge con la massima chiarezza l’esigenza dellasistematica programmazione degli interventi, come mezzo per eliminare dispersioni eper attribuire, con precisione ed equità, gli oneri degli interventi, esigenza questa che,a sua volta, impone precise scelte politiche sui destinatari dei benefici e dei costi dellosviluppo urbano; ne deriva un ulteriore stimolo all’esame delle proposte sotto il pro-filo politico ed alla impostazione di nuovi metodi di gestione urbanistica, a livellotanto comunale, quanto comprensoriale.

3 L’applicazione a BergamoNell’applicazione, sperimentata a Bergamo per la prima volta in un ampio ciclo pro-gettuale, non si può affermare certo che il metodo illustrato sia stato, anche dopol’avvenuta dilatazione programmatica, compiutamente applicato, in ogni sua fase.Così, ad esempio, le verifiche economiche, l’impiego delle tecniche avanzate e l’usodei calcolatori sono intervenuti solo in determinati momenti, per specifici problemi eper qualche fase: un loro più sistematico impiego e l’estensione delle verifiche anchealla fase di progettazione del piano-quadro territoriale e del piano regolatore comu-nale vero e proprio sarebbero stati augurabili e benefici, se la tirannia dei tempi, lelimitazioni contrattuali e soprattutto le spiegabili incertezze, sorgenti in una speri-mentazione senza precedenti, non avessero creato ostacoli insormontabili.Anche l’applicazione pratica della teoria del calcolo economico di Lesourne, per laprima volta utilizzata a livello di regione urbana, ha risentito necessariamente deilimiti di una prima sperimentazione, nella scelta e nel numero dei termini di confron-to, nel grado di approfondimento del calcolo e nel procedimento comparativo.Tuttavia, pur con questi limiti, la stretta integrazione fra progettazione e verifiche duran-te l’intero svolgimento degli studi a livello comprensoriale ha rappresentato, anche conle inevitabili lacune e le pesantezze dovute alla prima sperimentazione, un modo nuovodi ragionare, sia all’interno del gruppo di progettazione sia fra progettisti ed amministra-tori, portando ogni discorso su basi obiettive e chiaramente trasmissibili.In definitiva, il metodo posto in essere ha dispiegato, in ogni fase e passaggio inter-ni, una forza chiarificatrice ed unificante, che di per sè sola varrebbe a giustificarnel’adozione: non è questo un risultato trascurabile.

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Fig. 1

Bergamo 1966

Su 3900 ha del territorio

comunale, 400 ha sono

destinati alle residenze, 210

ha all’industria, 45 ha

all’istruzione primaria e

secondaria, 51 ha ai servizi

sanitari e 30 ha a parchi

pubblici e impianti sportivi

(in verde pieno il territorio

comunale vincolato, in verde

chiaro retinato il territorio

agricolo). In nero è indicata

la suddivisione in zone

statistico-urbanistiche.

Parte I degli Studi

Capitolo I – Analisi e dimensionamento dello sviluppo socio-economicoe urbanistico del bergamasco

La successione degli studi che ha condotto al dimensionamento dello sviluppo socio-economico del bergamasco è iniziata con l’analisi dell’evoluzione fra il 1951 e il 1966della popolazione, dell’occupazione e degli alloggi nel comune di Bergamo e nel ter-ritorio con esso interagente e delle disponibilità finanziarie del comune di Bergamo,e si è conclusa con la proiezione al 1986 delle grandezze socio-economiche conside-rate, secondo le tendenze in atto. Il procedimento previsionale schematizzato nell’or-ganigramma di seguito riportato si basa sugli studi della dinamica demografica edoccupazionale e sulle loro relazioni. Dalle previsioni di popolazione si è passati alleprevisioni di occupazione tramite un modello che consente di verificare la coerenzafra le ipotesi di evoluzione delle grandezze socio-economiche considerate e la dimen-sione demografica prevista.

1 Bergamo: evoluzione della popolazione e dell’occupazione dal 1951 al 1966Anche da una lettura a prima vista della forma urbana (vedasi fig. 1), così come essasi è venuta strutturando in questi ultimi decenni, e dall’esame sommario del funzio-namento del traffico urbano emerge con immediatezza come lo sviluppo urbanisticodi Bergamo in questi anni sia stato fortemente condizionato dalla carenza di aree dimanovra, mentre sempre più evidenti diventano le difficoltà di penetrazione e di tran-sito nell’area centrale della città, oltre che di collegamento tra la fascia periferica e icomuni contermini, e sempre più gravi si presentano le condizioni generali di abita-bilità per la commistione di residenze e di industrie e per la distribuzione squilibratadelle attrezzature.Tra il 1951 e il 1966 l’incremento complessivo della popolazione è stato di circa19.000 unità (da 103 a 122 mila) con un incremento medio annuo dell’ordinedell’1%, dovuto per il 60% circa al saldo positivo del movimento naturale (su tutto

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il periodo la differenza fra nati e morti è di circa 11.000 unità), e per il 40% al saldodel movimento migratorio.La natalità e la mortalità sono aumentate progressivamente con ritmi diversi: il quo-ziente grezzo di natalità è passato da valori vicini al 15% nei primi anni al 17,519%.negli ultimi; quello di mortalità dal 10 al 15,5%. Il movimento migratorio, che hainteressato un volume crescente di persone, fra il 1951 e il 1966, con saldo tuttaviapressoché costante e positivo, ha avuto come origine/destinazione, per il 50-60% deitrasferimenti, gli altri comuni della provincia; l’età prevalente degli immigrati e degliemigrati, nello stesso periodo, si è concentrata nella fascia centrale, fra 25 e 44 anni.

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Tabelle numeriche :

Tab. 1 Popolazione residente e movimento naturale dal 1951 al 1966

Tab. 2 Composizione della popolazione residente per classi di età, al 1951, al 1961 e al 1966.

Tab. 3 Emigrazione secondo la destinazione ed immigrazione secondo le provenienze dal 1951 al 1965.

Tab. 4 Struttura dell’occupazione secondo i settori di attività al 1951 e 1961.

Tab. 1

Tab. 2

Tab. 3

Tab. 4

Per effetto combinato del basso incremento della mortalità e dell’immissione di aliquo-te rilevanti di persone in età media, come conseguenza del movimento migratorio, lapopolazione è andata progressivamente invecchiando: l’età media è aumentata dai 33,7anni nel 1951 ai 36,1 nel 1966 e il peso delle classi anziane è passato dal 7,5 al 10,5%,contro una riduzione della percentuale delle classi giovani, dal 23,6 al 21,5%.Contemporaneamente il tasso di attività della popolazione ha subito un gradualedecremento, dal 40,7% al 37,8%, a causa dell’invecchiamento della popolazione e inconcomitanza all’innalzamento del tenore di vita.La distribuzione degli attivi è molto mutata: nel settore terziario, gli attivi sonoaumentati dal 46,9% al 51,1%, nel settore secondario sono leggermente diminuitidal 48,6% al 47,2%, come anche nel settore primario (dal 4,5% all’1,7%).La struttura dell’occupazione ha subito un’analoga trasformazione: nel periodo con-siderato i posti di lavoro in Bergamo sono aumentati sia nel settore terziario (da12.000 a 21.400 unità), che nel secondario (da 22.800 a 27.500 unità), mentre nelprimario si sono ridotti da 1900 a 800 unità; l’occupazione complessiva è aumenta-ta di circa 13.000 unità.In termini percentuali, il peso degli addetti nel settore terziario è aumentato dal 33%al 43%, nel secondario è diminuito dal 62% al 55% e nel primario dal 5% al 2%.La differenza fra il numero di posti di lavoro e di attivi indica l’esistenza di unsaldo di proporzioni notevoli dei movimenti pendolari da e per l’esterno. Per il

Fig. 2

Le 10 zone

del comprensorio bergamasco

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1966, tenuto anche conto della disoccupazione in Bergamo, (circa 1500 persone,comprese quelle in attesa di prima occupazione) tale saldo è positivo e ammontaa circa 5000 unità al giorno.Anche solo dall’esame sintetico di questi elementi emerge l’impossibilità di cogliere,analizzare e quantificare correttamente i problemi di Bergamo nel ristretto ambito delsuo territorio. Da un lato, le residue aree di manovra in relazione alla sua dinamicadi sviluppo sono oggi palesemente inadeguate, come è confermato dal fenomeno inatto del trasferimento di industrie dal capoluogo ai comuni contermini, dall’altro sievidenziano strette interrelazioni demografico-economiche con il territorio circostan-te, come dimostrano i forti flussi pendolari verso e da Bergamo. Se a questi fatti siaggiungono la concentrazione di destinazioni e di provenienze dei flussi migratori inuna fascia limitata ai comuni intorno a Bergamo, la marcata terziarizzazione in attonel capoluogo, la presenza in esso di attrezzature e servizi di ordine superiore e la ten-denza centrifuga dell’espansione urbana lungo le principali direttrici di sviluppo delterritorio, diventa indispensabile, per una seria base di studio, l’apertura ad un terri-torio più ampio di quello compreso nei limiti comunali. Di qui, in assenza di un qua-dro regionale di riferimento, la necessità di ricercare anzitutto l’ampiezza del territo-rio interagente, quale limite del minimo territorio entro il quale si possano coglieresenza deformazioni le relazioni con il capoluogo e definirne i rispettivi ruoli.

2 Il comprensorio bergamasco:evoluzione della popolazione e dell’occupazione dal 1951 al 1965Il processo di definizione del territorio interagente è iniziato con l’esame della distri-buzione, nei comuni dell’intera provincia, della densità territoriale, della percentualedi attivi secondo i vari settori di attività, dei movimenti pendolari distinti secondoorigini e destinazioni, e con l’analisi dell’offerta di trasporti pubblici lungo gli assiprincipali. Ciò ha permesso di evidenziare in prima approssimazione una fascia cen-trale della provincia - comprendente 126 comuni, limitata a nord dai primi comunidelle Prealpi orobiche, ad est e ad ovest dall’Oglio e dall’Adda, e a sud dalla linea fer-roviaria Milano-Treviglio-Brescia - nella quale si è verificata nel periodo ‘61-’66 lamaggiore densità territoriale, una relativa omogeneità nella struttura dell’attività eco-nomica della popolazione, la prevalenza delle gravitazioni pendolari verso Bergamoe la maggiore offerta di trasporto pubblico lungo le principali direttrici.Successivamente gli studi sono stati limitati a questa fascia. Attraverso l’analisi del-l’evoluzione, fra il ‘51 e il ‘61, dei tassi di attività, della variazione degli attivi-resi-denti, della popolazione, delle percentuali di attivi per settore e soprattutto median-te l’approfondimento dei flussi pendolari, l’area di interazione è stata ulteriormenteridotta giungendo, così, a definire un comprensorio. Esso è composto di 49 comuni,con un’area di circa 33.600 ha (di cui 3.900 in Bergamo e 29.700 negli altri comu-ni) ed una popolazione di 312.500 abitanti al 1966 (di cui 122.500 in Bergamo e190.000 negli altri comuni).Il comprensorio è caratterizzato da un indifferenziato sistema di urbanizzazionearticolato su direttrici di sviluppo in atto, sia radiali che trasversali: le prime siirraggiano, quasi con continuità, dall’agglomerazione del capoluogo lungo i cinqueassi principali, verso Dalmine, Ponte S. Pietro, Almé in Val Brembana, Alzano inVal Seriana e verso Seriate; le seconde hanno andamento nord-sud, parallelamenteai due fiumi Brembo e Serio, in corrispondenza dei quali esse intersecano gli assi disviluppo radiali.

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In questo contesto gli impianti industriali sono localizzati prevalentemente lungo ledirettrici di Dalmine, di Ponte S. Pietro e di Seriate.Il comprensorio così definito è stato quindi suddiviso in bacini o zone relativamenteomogenee, incentrate prevalentemente sugli assi di maggior sviluppo.Da notare, tuttavia, che i confini del comprensorio non sono nettamente definiti: sualcuni lati i suoi margini risultano sfumati per diluizione di fenomeni e di scambi, sualtri, soprattutto verso sud, si avverte la contemporanea esistenza di altri bacini adia-centi che in qualche modo si sovrappongono al bacino bergamasco, soprattutto incorrispondenza delle principali direttrici. Il comprensorio così individuato va quindiinteso, non tanto come un sistema rigido, quanto piuttosto come una corretta ipote-si di campo di applicazione per le successive rilevazioni, analisi e previsioni; deveessere considerato, cioè, come il quadro di riferimento territoriale più attendibile perlo sviluppo bergamasco, in assenza di altri studi e conterminazioni allo stesso livelloo a livello regionale. Il procedimento usato per successive approssimazioni ha porta-to a suddividere il comprensorio in 10 zone, di cui una è costituita dal territoriocomunale di Bergamo, e le altre da aggregazioni di singoli comuni.

Struttura e caratteri del comprensorioLo studio del territorio esterno a Bergamo è avvenuto secondo gli stessi criteri segui-ti per il capoluogo. La dinamica demografica nel periodo ‘51-’65 è stata molto piùsostenuta che in Bergamo; il tasso medio annuo di incremento della popolazionecomplessiva è stato, infatti, di circa l’1,7%, contro l’1,2% registrato nel capoluogo.Tale incremento non si è verificato, tuttavia, in modo uniforme per tutte le zone: inquelle con il più marcato sviluppo industriale, come ad esempio i bacini di Dalmine,Seriate ed, in parte, di Almé, la popolazione si è accresciuta con un tasso medioannuo superiore al 2% nel decennio 1951-’61, che si è leggermente smorzato nelquinquennio successivo (soprattutto in Dalmine).Questa diversa dinamica fra Bergamo e il territorio esterno si giustifica soprattutto infunzione del più vivace movimento naturale: il quoziente grezzo di natalità, infatti,all’esterno si è mantenuto intorno al 20‰ contro un valore medio prossimo al 18‰in Bergamo; il quoziente di mortalità si è mantenuto all’esterno costantemente a livel-li più bassi che a Bergamo (9‰ contro 10-10,5%). Espresso in termini percentuali, ilsaldo del movimento naturale del territorio esterno è nettamente più elevato di quellodel capoluogo: 11‰ contro 7,5-8‰ circa, mediamente per il periodo ‘51-’66.Il saldo del movimento migratorio nel territorio esterno è positivo, ma il suo peso nella

Tab. 5

Evoluzione della popolazione

residente nelle 10 zone

e sua composizione per età

al 1951 e al 1961.

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dinamica demografica è più basso che a Bergamo; l’andamento del saldo migratorio neltempo è crescente, sia pure in modo irregolare, e relativamente diverso da zona a zona.Anche nel territorio esterno l’età media della popolazione è aumentata e il peso delleclassi giovani diminuito. Rispetto a Bergamo, tuttavia, le classi giovani conservano(almeno nel decennio considerato) un’importanza percentuale nettamente maggiore:

Territorio esterno: popolazione per classi di età 1951 19610 - 14 anni 28,8% 26,2% 15 - 64 anni 65,9% 67,4% 65 - oltre 5,3% 6,4%

Il tasso di attività della popolazione, pur mantenendosi ad un livello più alto che inBergamo, è diminuito, dal 1951 al 1966, dal 41,3% al 39,1%.

Territorio esterno: attivi nei settori 1951 1961 1966primario 11.400 5.900 5.800secondari 39.400 49.200 51.400terziario 9.600 15.200 7.100totale 60.400 70.300 74.300

La distribuzione degli attivi è mutata in maniera ben diversa rispetto al capoluogo:nel settore secondario gli attivi sono aumentati dal 65,3% al 68,1%, e nel settore ter-ziario dal 15,9% al 23,1% a scapito, ovviamente, dell’attività nel primario (dal18,8% al 7,8%). L’attività nell’industria accentua la sua importanza nel territorioesterno contrariamente a quanto avviene in Bergamo, mentre il peso degli attivi nelsettore terziario del capoluogo resta, comunque, più elevato (circa 2 volte) rispetto alcomplesso dei comuni esterni.La struttura dell’occupazione sul territorio esterno si è modificata nel periodo inmodo leggermente diverso da quella delle attività economiche e, in generale, gli spo-stamenti di peso sono meno accentuati di quelli della popolazione attiva:

Territorio esterno: *posti di lavoro nei settori 1951 1961 1966primario 11.400 5.900 5.800secondario 26.500 34.500 35.500terziario 4.400 8.900 10.500totale 42.300 49.300 51.800

* I dati relativi al 1966 sono stati stimati sulla base di rilevazioni indirette

La percentuale degli addetti nel settore secondario, fra il ‘51 e il ‘66, è leggermentediminuita dal 70% al 67,1%, anche se, in valore assoluto, il loro numero è aumenta-to di circa 9000 unità; nel settore terziario aumenta sia il numero assoluto di addetti,di circa 6000 unità, che il loro peso percentuale (dal 18,1% al 22,6%), mentre nel set-tore primario è diminuito sia il numero sia il peso. Nel territorio esterno l’incrementodei posti di lavoro nel settore terziario è stato quindi inferiore, di circa il 50% rispet-to a Bergamo, mentre in quello secondario esso è stato superiore di circa due volte.

B70b (parte 1)GIOVANNI ASTENGO

BERGAMO, GLI STUDI PER IL NUOVO P.R.G. 1965-1969 54

In complesso, la distribuzione dei posti di lavoro del settore secondario nell’interocomprensorio trova i più importanti addensamenti nei bacini di Dalmine, di Ponte S.Pietro, di Alzano, di Seriate e, naturalmente, di Bergamo.

Movimento pendolareIl confronto fra popolazione attiva e posti di lavoro al 1966 nel territorio esternopone in evidenza una differenza di 22.500 unità; ipotizzando la disoccupazione al3% del totale degli attivi, come per Bergamo, si ottiene un saldo di movimenti pen-dolari negativo e di circa 20 mila unità al giorno.

TAV. 4

Comprensorio bergamasco

Situazione al 31-12-1965

B70b (parte 1)GIOVANNI ASTENGO

BERGAMO, GLI STUDI PER IL NUOVO P.R.G. 1965-1969 55

La mancanza di una sufficiente offerta di lavoro in situ implica quindi la necessità,per un elevato numero di persone, di recarsi a lavorare all’esterno del proprio comu-ne. A Bergamo, per contro, il saldo dei movimenti pendolari al 1966 è positivo dicirca 5000 unità, per cui in tutto il comprensorio il saldo dei movimenti pendolari ènegativo e dell’ordine di 15 mila unità (120.500 attivi - 4000 disoccupati - 101.500posti di lavoro). All’interno del comprensorio, le zone di prevalente destinazione diquesti moti pendolari sono principalmente Bergamo e Dalmine; all’esterno del com-prensorio, sono Milano ed i comuni a forte livello di industrializzazione, localizzatinella fascia a nord di Milano (Monza, Sesto S. Giovanni). Dall’insieme delle analisisvolte su tutto il comprensorio si è avuta così la conferma dell’esistenza di stretteinterrelazioni tra Bergamo e gli altri comuni del comprensorio; queste, misurate intermini fisici e socio-economici, definiscono il ruolo attuale di Bergamo, come centrodi gravitazioni da un ampio territorio circostante, soprattutto per attività terziarie(direzionali, amministrative, culturali, commerciali) generate dalla presenza di servi-zi e di attrezzature a livello comprensoriale e sorrette da una fitta rete di infrastrut-ture di trasporto convergente nel capoluogo.In sintesi, le principali grandezze socio-economiche che caratterizzano le 10 zone delcomprensorio al 1966 risultano dal seguente quadro:

Tabelle numeriche:

Tab. 6

Movimento naturale

e migratorio nelle dieci zone

al 1955 e 1965

Tab. 7

Popolazione attiva e posti

di lavoro per settori di attività

al 1951 e al 1961 nelle dieci

zone.

Tab. 8

Popolazione ed occupazione

nelle dieci zone al 1966.

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BERGAMO, GLI STUDI PER IL NUOVO P.R.G. 1965-1969 56

* Compreso il settore primario

3 Dinamica della popolazione nel comprensorio: ipotesiLe previsioni per la popolazione del capoluogo sono fondate sulle ipotesi relative allaevoluzione della natalità, della mortalità e soprattutto del saldo migratorio.Per quanto riguarda la mortalità, si è assunta l’ipotesi che essa vada leggermente cre-scendo con un tasso medio annuo di aumento del quoziente grezzo complessivo pariallo 0,15%; in relazione al metodo adottato, che consiste essenzialmente nel trasferi-mento di cinque in cinque anni delle piramidi di età, le ipotesi sulla mortalità si tra-ducono in ipotesi sulla variazione dei coefficienti di sopravvivenza per classi di età.Per quanto riguarda la natalità, si è assunta l’ipotesi di un incremento del quozientegrezzo progressivamente decrescente: del 4‰ tra il ‘67 e il ‘71, del 2‰ dal ‘72 al ‘76,dell’1‰ per l’ultimo decennio.Circa l’ammontare del saldo migratorio quinquennale, sono stati assunti due diversivalori: 1.500 unità per l’ipotesi bassa, 3.600 per l’ipotesi alta. Il primo livello corri-sponde all’ipotesi di stabilizzazione del movimento migratorio su volumi dell’ordinedi quelli verificatisi negli ultimi tre anni; il secondo alla stabilizzazione del saldo sulvolume medio verificato nell’intervallo ‘51-’56. In merito, invece, alle previsioni peril territorio esterno, ci si è basati sulla semplice estrapolazione delle tendenze in attoanche perché le analisi dell’evoluzione recente hanno messo in luce andamenti linea-ri, sia per le leggi di variazione della composizione percentuale, ai vari livelli di disag-gregazione, sia per lo sviluppo della popolazione delle singole zone.Trattandosi di previsioni da usare per un piano urbanistico, che comporta tempi diattuazione piuttosto lunghi, si è scelto come orizzonte temporale più lontano il perio-do di vent’anni, periodo eccezionalmente lungo per proiezioni socio-economiche, conun orizzonte temporale intermedio di maggior precisione previsionale a dieci anni.Data l’ampiezza del periodo considerato si sono individuate due diverse previsioni,una alta e una bassa, in relazione al rischio del divaricarsi dei dati, insito nelle proie-zioni a lungo termine.Il metodo previsionale applicato si basa sui seguenti procedimenti:

a Per Bergamo il metodo utilizzato nelle previsioni consiste essenzialmente neltrasferimento, di cinque in cinque anni, delle classi di età della popolazione: il datodi partenza è costituito dalla popolazione dell’anno t, suddivisa in 9 classi di età;quello d’arrivo, dalla popolazione all’anno t +5, suddivisa nelle stesse classi di età.Il meccanismo di calcolo effettua il trasferimento delle varie classi di età dall’anno tall’anno t +5 sottraendo i morti nel periodo considerato, sommando i sopravvissuti dellaclasse che, all’inizio del periodo, aveva in media 5 anni in meno, ed infine sommando laparte del saldo migratorio corrispondente per età, sopravvissuta nel periodo.A questo fine sono utilizzati dei coefficienti di sopravvivenza, che sono calcolati apartire dai quozienti specifici di mortalità. Se si indica con Pm il coefficiente disopravvivenza, con Qm il valore medio del quoziente specifico di mortalità, saràovviamente:

Pm = 1,0 – Qm

Per quanto concerne le classi decennali, si è assunta l’ipotesi che all’interno di unastessa classe la distribuzione sia uniforme, e che pertanto metà della popolazionesopravvissuta nel quinquennio appartenga alla stessa classe e l’altra metà passi allaclasse successiva.

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BERGAMO, GLI STUDI PER IL NUOVO P.R.G. 1965-1969 57

Le principali difficoltà che si presentano nell’applicazione di metodi di questo tiposono:– il calcolo e la messa a punto dei coeffcienti di sopravvivenza:– la scelta di ipotesi relative al variare nel tempo di questi coefficienti;– la formulazione di ipotesi sull’andamento del saldo migratorio.Si è proceduto dapprima a ricostruire l’andamento della popolazione nel periodo1951-1966 applicando il metodo prima descritto.I vari coefficienti (coefficiente di sopravvivenza, quoziente di natalità) sono stati valu-tati, inizialmente, sulla base del valore medio di ciascun quinquennio (1952-1956;1957-1961; 1962-1966) calcolati mediante interpolazione della serie storica osservata.È stato così possibile confrontare le piramidi d’età ottenute dal calcolo per il 1961e il 1966 con quelle reali. Gli aggiustamenti dei coefficienti riguardano soprattuttoquelli relativi ai saldi migratori, per i quali si disponeva di una serie storica soltan-to per gli ultimi 4 anni (1962-1965). L’accostamento ottenuto è stato particolarmen-te buono; gli scarti fra valori teorici e reali, per singola classe di età, sono sempreinferiori al 5%.b Per il territorio esterno del comprensorio, invece, si è fatto ricorso a due proce-dimenti diversi. Si sono ricercate le leggi di variazione della composizione percentua-le della popolazione residente nella provincia di Bergamo rispetto alla Lombardia, diquella nel territorio esterno rispetto alla provincia. Queste leggi sono state proietta-te nel tempo, assumendo come base le previsioni di popolazione della Lombardia cal-colate dal Livi Bacci1. Si sono quindi eseguite previsioni sulle singole zone, mediantel’estrapolazione delle tendenze di sviluppo in atto.Ciò è stato possibile a causa delle notevoli regolarità verificatesi in un periodo anchepiù lungo di quello considerato per le principali variabili demografiche, il che con-sente di effettuare ragionevoli previsioni basandosi sulla semplice proiezione delletendenze in atto.

Risultati delle previsioni di popolazione: ipotesi bassa e ipotesi altaL’incremento complessivo di popolazione per tutto il comprensorio, che risulta dal-l’applicazione dei metodi finora descritti, è di circa 80 mila persone nell’ipotesi bassae 100 mila in quella alta, per il ventennio 1966-86:

anni Bergamo territorio esterno comprensorio1966 122.500 186.000 308.5001986, ipotesi:a) bassa 144.500 239.600 384.100b) alta 153.300 256.500 409.800

L’ipotesi bassa corrisponde, in sintesi, alla riduzione del tasso medio annuo di incre-mento della popolazione, da 1,6% nel ‘61-’66, a 1,1% nel ventennio successivo;quella alta ad una riduzione meno marcata: (da 1,6% nel ‘66-’71, a 1,4% nei quin-dici anni successivi).Il tasso medio annuo previsto è costantemente più elevato nel territorio esterno

rispetto a quello nel capoluogo, cosìcome era avvenuto nel passato.L’incremento di popolazione previstonelle due ipotesi ammonta per Bergamo

1 Massimo Livi Bacci, «La dinamica demografica delle regioni italiane - Previsioni al

1981».

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BERGAMO, GLI STUDI PER IL NUOVO P.R.G. 1965-1969 58

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Le tabelle sono suddivise in due parti: dalla colonna 1 alla colonna 5 si tiene conto

del movimento migratorio; moltiplicando i contingenti di popolazione secondo le

classi di età per i coefficienti di sopravvivenza espressi in millesimi, si ottiene una

stima della popolazione sopravissuta nel quinquennio.

Per i contingenti corrispondenti alle classi decennali, si è ipotizzata una distribuzione

uniforme all’interno della classe; perciò metà del contingente sopravvissuto rimane

nella stessa classe, metà passa a quella successiva (colonne 2, 3, 4). Si è ipotizzato,

inoltre, che i saldi migratori si ripartiscono in valori uguali in ciascuno dei cinque

anni; il trasferimento dei contingenti è avvenuto secondo le proporzioni indicate alle

colonne 8 e 9.

Intervalli 1966-1971 1971-1976 1976-1981 1981-1986

Coefficiente di natalità 930‰ 940‰ 945‰ 950‰

Nuovi nati 11400 12200 12900 13700

Coeff. di sopravvivenza 960‰ 965‰ 970‰ 975‰

Intervallo 1961-1966

Intervallo 1966-1971 Intervallo 1971-1976

Intervallo 1976-1981 Intervallo 1981-1986

Tab. 9

Procedimento previsionale della popolazione di Bergamo ottenuto con il trasferimento di 5 anni in 5 anni delle classi di età (ipotesi alta).

a 20-30 mila persone e per il territorio esterno a 60-70 mila. Inoltre, con riferimen-to alla composizione della popolazione prevista per classi di età, i giovani fino a 14anni d’età passerebbero a Bergamo dal 22% del 1961 al 25% del 1986 e nel territo-rio esterno dal 26% al 28% circa.Queste caratteristiche dell’evoluzione prevista implicano un notevole incrementodella domanda di impianti scolastici e di attrezzature sportive e ricreative per la gio-ventù; tale incremento dipenderà anche dall’aumento del tasso di scolarità.All’aumento del peso delle classi giovanili, si accompagna un contemporaneo aumen-to di quello delle classi anziane: dal 9,2% al 12,4% per Bergamo fra il 1961 e il 1986,dal 6,4% all’8,8% per il territorio esterno.Come conseguenza, si riduce sensibilmente la percentuale delle classi in età lavorativa(15-64 anni); questa modificazione nella struttura per età della popolazione previstaimplica conseguentemente una probabile riduzione del tasso di attività complessiva.

4 Previsioni di occupazioneIl tasso di attività è una delle variabili principali per il passaggio dalle previsioni dipopolazione a quelle di occupazione, effettuate utilizzando, diversamente da quantoè avvenuto per le previsioni di popolazione, uno stesso metodo sia per Bergamo cheper il territorio esterno. Si è adottato infatti un modello nel quale intervengono comevariabili: la popolazione totale, la popolazione attiva, il livello di disoccupazione, ilsaldo dei movimenti pendolari ed il prodotto per unità di lavoro2 nei vari settori diattività economica. La variabile dipendente è l’incremento del reddito totale prodot-to; il modello considera periodi quinquennali e permette di calcolare l’incremento direddito alla fine del periodo a partire da alcuni dati riferiti all’inizio del periodo e daalcuni altri indicanti l’evoluzione media nel corso dello stesso.Il modello è stato verificato ricostruendo l’evoluzione avvenuta, sia per Bergamo cheper il territorio esterno fra il ‘61 e il ‘66.Per tutti gli altri periodi si è proceduto a numerosi tentativi variando di volta in volta lacombinazione di varie ipotesi evolutive fino ad ottenere risultati complessivi coerenti.Gli elementi necessari per l’utilizzazione del modello sono la variazione del redditoprodotto, e la variazione dell’occupazione totale, del prodotto medio per unità dilavoro (p.u.l.) nei singoli settori. La variazione dell’occupazione totale dipende dalleipotesi svolte in merito al tasso di attività della popolazione, al saldo dei movimentipendolari, al livello di disoccupazione.

a Per Bergamo è stata assunta come ipotesi-obiettivo una variazione di redditocorrispondente ad un tasso medio annuo del 5% ÷ 4,5% per l’ipotesi bassa, e del5,8% ÷ 5% per quella alta. Il tasso di attività è stato previsto decrescente; il saldo deimovimenti pendolari fortemente crescente (da 5000 persone al 1966 a 11-15.000rispettivamente nelle ipotesi bassa e alta al 1986); in merito alla disoccupazione si èaccettata l’ipotesi-obiettivo del pieno impiego. La variazione del p.u.l. è stata stima-ta a partire dai dati retrospettivi relativi alla Lombardia e interpretati alla luce deirisultati di una analisi di dettaglio - cioè con il massimo grado di disaggregazione pertipo di attività - sull’evoluzione della occupazione in Bergamo e nel territorio esternodal ‘51 al ‘61, basata sui dati dei censimenti ISTAT. Infine per quanto riguarda i set-

tori di attività se ne sono considerati duesoltanto: il secondario e il terziario, datoil peso trascurabile dell’agricoltura.

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2 Il prodotto medio per unità di lavoro è detto anche, impropriamente, produttività.

b Per il territorio esterno il procedimento seguito è del tutto analogo, ma si è tenu-to conto anche dell’occupazione nel settore primario.La variazione di reddito prevista corrisponde, per l’ipotesi bassa, alla costanza deltasso verificato nel periodo ‘61-’66 (4,2% ÷ 4,3% l’anno), e per l’ipotesi alta, ad unincremento, secondo il quale il tasso raggiunto nel quinquennio ‘81-’86 sia dello stes-so ordine di quello di Bergamo (5% circa).L’elemento più diversificante rispetto a Bergamo è il volume del saldo dei movi-menti pendolari: si è infatti ipotizzato che detto volume si mantenga intorno al30% della popolazione attiva totale, passando così da circa 20 mila persone nel1966 a 27 mila nel 1986.

Verifica di coerenza degli elementi del modello previsivoIl modello utilizzato per le previsioni di occupazione può essere costruito a partire dasemplici osservazioni sulle principali relazioni che legano:– il reddito prodotto = Y– l’occupazione totale = L– il prodotto medio per unità di lavoro (p.u.l.) = P (detto anche produttività).

B70b (parte 1)GIOVANNI ASTENGO

BERGAMO, GLI STUDI PER IL NUOVO P.R.G. 1965-1969 61

Tab. 10

Previsioni di sviluppo

dell’occupazione al 1966:

ipotesi alta. Controllo della

compatibilità dei dati

del modello.

Una prima relazione è immediata:1 Y = LPsi fa notare che l’occupazione totale è data dal numero di posti di lavoro nei vari set-tori considerati, e che il reddito prodotto è relativo anch’esso ai soli settori conside-rati. Pertanto è possibile che esso non coincida né con il reddito disponibile nellazona (perché calcolato con riferimento al momento produttivo e non distributivo eperché non tiene conto di trasferimenti da e per l’esterno), né con il valore aggiunto(nella misura in cui i settori considerati possono con coprire l’intera gamma dellastruttura produttiva, ma soprattutto per l’assenza di profitti e rendite, cioè in quellaparte del reddito che viene distribuito al capitale, inteso come fattore di produzione).Dalla (1) discende:2 Δ/Y = ΔP/P + ΔL/L + ΔP/P • ΔL/L Se è valida l’ipotesi che nell’intervallo di tempo considerato la struttura dell’occupa-zione, cioè la quota di lavoratori in ciascun settore, resta invariata, allora può adot-tarsi un modello semplice come quello indicato.Per i nostri scopi è necessario introdurre i settori di produzione; se con l’indice i indi-chiamo i vari settori è:3 L = ΣiLi

4 Y = ΣiYi

5 Y = ΣiPiLi

Dalla (5) si ha:6 Y = LΣiPiLi/L

da cui si deduce che la produttività media, in termini di p.u.l., è data da una mediaponderata:7 P = ΣiPiLi/L

Conviene porre.8 li = Li/L

e cioè indicare con li la quota di occupazione del settore i. Allora si può scrivere:9 P = ΣiPili

Sostituendo nella (2) si ottiene infine:10 ΔP/P = 1/ΣiPili • ΣiPili (ΔPi/Pi + Δli/li + ΔPi/Pi • Δli/li)

A questo punto è conveniente semplificare la scrittura:11 λi = Pili/ΣiPili

cioè indicare con λi il “peso” da attribuire a ciascun settore. Con alcune sostituzionisi ottiene infine l’espressione della variazione del reddito:12 ΔY/Y = ΔL/L Σλi (ΔPi/Pi + Δli/li + ΔPi/Pi . Δli/li) (1 + ΔL/L)

In questo modello, dunque, la variazione del reddito in un dato periodo è funzionedella variazione di p.u.l. e delle variazioni delle quote di occupazione in ogni settore,nonché delle variazioni dell’occupazione totale.Se si considerano note le variazioni del reddito prodotto (ΔY/Y), dell’occupazione

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BERGAMO, GLI STUDI PER IL NUOVO P.R.G. 1965-1969 62

totale (ΔL/L) e del p.u.l. (ΔPi/Pi) per settore, le incognite sono costruite dai tassi divariazione delle quote di occupazione per settore (Δli/li).Nel caso di Bergamo sono stati considerati due soli settori, l’industria e le “altre atti-vità”, dato lo scarsissimo peso dell’occupazione nell’agricoltura.Il modello illustrato, come d’altra parte tutti i modelli, è solo uno schema della realtà,molto semplificato, e quindi soffre di alcune limitazioni.Quella più grave, forse, discende dalla necessità di misurare con un solo valore sin-tetico (la variazione del p.u.l. nel quinquennio) la trasformazione della produttivitàper un aggregato complesso come l’industria o come le “altre attività”.Quanto all’errore che si compie tralasciando il computo dell’agricoltura, delle rendi-te dei fabbricati, del frutto del capitale a risparmio, è da segnalare che nel 19613 laquota dell’agricoltura e dei fabbricati non superava l’8%. L’errore dovuto alla impos-sibilità di tener conto di questi due fattori non è dunque molto elevato.

I risultati delle previsioni di occupazioneL’incremento complessivo previsto per l’occupazione in tutto il comprensorio fra il 1966e il 1986 è di circa 18.000 posti di lavoro nell’ipotesi bassa e di 31.000 in quella alta:

Posti di lavoro per Bergamo territorio comprensoriosettori di attività esterno

1966 primario 800 5.800 6.600secondario 27.500 35.500 63.000terziario 21.400 10.500 31.900totale 49.700 51.800 101.500

1986 Ipotesi:bassa primario — 4.800 4.800

secondario 25.300 38.400 63.700terziario 32.600 18.300 50.900totale 57.900 61.500 119.400

alta primario — 5.300 5.300secondario 27.800 44.000 71.800terziario 37.400 17.800 55.200totale 65.200 67.100 132.300

L’incremento previsto a Bergamo nell’ipotesi alta è dello stesso ordine di grandezzadi quello previsto nel territorio esterno (circa 15 ÷ 16 mila nuovi posti di lavoro); tut-tavia mentre per Bergamo tale incremento si concentrerebbe praticamente nel solosettore terziario, nel territorio esterno l’incremento maggiore avverrebbe nel secon-dario (9 mila nuovi posti di lavoro) e l’aumento nel terziario (circa 7 mila nuovi postidi lavoro) corrisponderebbe a meno della metà di quello di Bergamo.Questi risultati confermano la concreta possibilità che Bergamo svolga nel futuro il ruolodi centro terziario per l’intero comprensorio, nel quadro di uno sviluppo economico

sostenuto nel territorio esterno.L’esplicitazione dei calcoli previsionaliper la popolazione e l’occupazione edelle varie verifiche di compatibilità e

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BERGAMO, GLI STUDI PER IL NUOVO P.R.G. 1965-1969 63

3 Cfr. Studio Ilses, Primo tentativo di valutazione del reddito prodotto del comune di

Bergamo nel 1961, novembre 1966.

coerenza è stata svolta diffusamente nei rapporti n. 1, 2, 5, predisposti dalla SOMEA.I risultati sono indicati nella tabella di sintesi n. 11.

5 Patrimonio e fabbisogno edilizioIl patrimonio edilizio esistente nel comprensorio bergamasco al 1951, 1961 e 1966 èsintetizzato nella tabella n. 12. Si tratta per Bergamo di circa 37.000 abitazioni concirca 137 mila stanze, di cui circa 7 mila non occupate, mentre nel territorio esternoil parco alloggi al ‘66 era di circa 48 mila abitazioni con 163.000 stanze. L’indice diaffollamento (persone per stanza occupata) è progressivamente passato, a Bergamo,dall’1,19 nel ‘51 allo 0,90 nel ‘66, mentre, nel territorio esterno è passato dall’1,45nel ‘51 all’1,25 nel ‘61.Il calcolo previsionale è stato basato sulle probabili variazioni degli indici diaffollamento nel tempo e sulla loro applicazione alle previsioni di popolazione.In particolare:a Per Bergamo si è cercato di tenere conto separatamente di tre tipi di domandaper abitazioni: quella dipendente dall’aumento della popolazione, quella dovuta all’e-liminazione del sovraffollamento e quella derivante dalla sostituzione. Sono state fis-sate, come obiettivo, due misure concernenti il numero medio persone/stanza e quel-lo famiglia/abitazione. Ciò ha permesso un controllo di coerenza, perché le ipotesi dievoluzione del primo sono state definite in modo diverso dal secondo: il numeromedio di persone per stanza è derivato dalla proiezione delle tendenze in atto e dalconfronto con livelli raggiunti in altri paesi; il numero medio di famiglie per abitazio-ne è stato fissato, a priori, non inferiore all’unità: il legame tra i due è dunque costi-tuito dalla dimensione media della famiglia - cioè da una variabile tipicamente demo-grafica - e dalla dimensione media dell’abitazione - cioè da una variabile dipendentedallo sviluppo economico-tecnologico.b Per il territorio esterno si è seguito un procedimento semplificato utilizzando il

Tab. 11

Popolazione ed occupazione

previste al 1986 nelle dieci

zone del comprensorio: ipotesi

bassa e alta.

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BERGAMO, GLI STUDI PER IL NUOVO P.R.G. 1965-1969 64

tasso di affollamento. L’incremento totale quindi è stato ripartito per le 9 zone inrelazione alle tendenze verificate nel periodo 1951-61.Dall’applicazione dei metodi descritti si sono ottenute due previsioni - bassa e alta -corrispondenti a quelle per la popolazione; nel 1986 a Bergamo sono state previste193-207 mila stanze, rispettivamente corrispondenti a circa 50-53 mila abitazioni;per il territorio esterno 266-285 mila stanze e 76-81 mila abitazioni. Si rileva che l’in-cremento del numero di stanze, previsto nell’ipotesi alta fra 1966 e 1986 per tutto ilcomprensorio, raggiunge circa 200 mila unità, contro un parallelo aumento di popo-lazione di circa 100 mila persone. Ciò dà la misura dell’impegno tecnico e finanzia-rio necessario per soddisfare i fabbisogni dei nuovi residenti e per adeguare i livelliabitativi esistenti, rispetto agli obiettivi prefissati.

Tabelle numeriche:

Tab. 12 Il patrimonio edilizio in Bergamo e nel territorio esterno al 1951, al 1961 e al 1966 (la stima delle abitazioni nel territorio esterno al

1966 è stata ottenuta con metodi meno analitici di quelli impiegati per la valutazione del patrimonio edilizio di Bergamo alla stessa data).

Tab. 13 Indici abitativi ipotizzati per le previsioni al ’71, ’76, ’81, ’86, secondo le ipotesi bassa e alta, del fabbisogno di alloggi per Bergamo.

Tab. 14 Previsioni al ’71, ’76, ’81, ’86, del fabbisogno di alloggi, secondo le ipotesi bassa ed alta, per Bergamo.

Tab.15 Previsioni al ’76 e all’86 del fabbisogno di alloggi, secondo le ipotesi bassa e alta, nel territorio esterno.

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Tab. 12 Tab. 13

Tab. 14 Tab. 15

Capitolo II – Ideazione e confronto delle ipotesi alternative di assetto territoriale (1965-1967)

1 Formulazione delle prime ipotesiRifiutato il modello di conurbazione in atto nel comprensorio dei 49 comuni,assunto come ipotesi di area di piano, si è trattato di formulare attendibili ipote-si di diverso assetto, che fossero tra di loro confrontabili per identiche quantità disviluppo. Si è immaginato inizialmente di poter agire sulle due caratteristiche fon-damentali dello sviluppo: a) sul sistema di urbanizzazione, articolato lungo gli assiviari principali e i fiumi Serio e Brembo e sotteso dalle infrastrutture autostrada-li, che delimitano a valle un territorio agricolo non ancora intaccato da insedia-menti industriali e residenziali, e b) sull’offerta di lavoro, che al 1966 era inferio-re alla popolazione attiva, per cui si registrava un elevato volume di movimentipendolari, con un saldo negativo dell’ordine di 15 mila unità (+ 5.000 versoBergamo, - 20.000 verso il territorio esterno).Per il dimensionamento delle ipotesi di assetto si è pertanto inizialmente tentata unamodifica della distribuzione per zone della popolazione prevista (senza cambiarnel’ammontare totale) e del previsto livello di offerta di lavoro, in quanto la sempliceproiezione delle tendenze in atto avrebbe comportato, da un lato, l’accentuazionedegli aspetti negativi della conurbazione e, dall’altro, un notevole incremento delvolume dei movimenti pendolari.Si è scelta, inoltre, fra le due previsioni, quella alta, ritenuta la più plausibile in rela-zione alla forte dinamica dello sviluppo urbanistico e socio-economico bergamasconegli ultimi anni.A tal fine, sono stati assunti i seguenti dati:a incremento di popolazione residente pari a circa 100.000 unità (da 312.500 al1966 a 409.700 al 1986);b incremento di posti di lavoro nei tre settori di attività economica di circa45.000 unità (da 100.700 posti di lavoro al 1966 a 145.800 al 1986), nell’ipotesi diannullamento del saldo dei moti pendolari, cioè, di eguaglianza fra popolazione atti-va e posti di lavoro. Il maggior numero di posti di lavoro rispetto alla previsioneneutrale risulta in tal caso di 13.500 unità che sono state attribuite, per semplicità,esclusivamente al settore secondario.I computi di fabbisogno di aree sono stati eseguiti secondo i seguenti standards diprima approssimazione:– densità territoriale per gli incrementi residenziali pari a 125 ab/ha;– aree industriali in ragione di 100 addetti/ha;– aree per attività direzionali in ragione di 300 addetti/ha.Per ospitare gli incrementi assunti al 1986 per l’intero comprensorio, espressi sinteti-camente in 100.000 abitanti aggiuntivi ed in 45.000 nuovi posti di lavoro, si rendo-no così necessari, in prima approssimazione, 800 ha di aree residenziali, circa 200 hadi aree industriali e da 80 a 120 ha di aree per attività direzionali, per un totale di1.100 ha di aree da urbanizzare.Tale ammontare complessivo di aree urbanizzate può evidentemente essere variamen-te distribuito sul territorio per un diverso assetto. Fra le infinite possibilità, si sonoinizialmente individuate quattro essenziali ipotesi di distribuzione spaziale, corri-spondenti a quattro diverse idee di assetto territoriale, e precisamente:

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B70b/9 �

a l’ipotesi della massima concentrazione, ovviamente nel capoluogo, congruenteall’idea della città accentrata; b l’ipotesi della equa distribuzione degli incrementi sul territorio, lungo le natura-li direttrici di sviluppo, assumendo come principio l’idea della città lineare per lacreazione di un sistema di assi;c l’ipotesi della distribuzione volontaria degli incrementi in poche, distinte loca-lità, secondo un modello di sviluppo per poli, associato quindi all’idea della crescitaper gemmazione di nuove città;d l’ipotesi della distribuzione lineare su di un asse preferenziale, con accentuazio-ne dell’andamento lineare dell’intero sistema.Le quattro ipotesi di assetto, rappresentate inizialmente in forma quasi ideogram-matica, volutamente semplificata, hanno comunque avuto in comune, fin dall’origi-ne, non solo le quantità complessive di sviluppo, ma anche l’assunto di proporre,per l’intero comprensorio bergamasco, il tema della realizzazione di un unico siste-ma territoriale, che possa realizzare al 1986 un’organica area metropolitana di400.000 abitanti, inserita nel più ampio contesto dell’area regionale lombarda.

Con l’ipotesi “A” si realizza la massima concentrazione di residenze e di serviziattorno al capoluogo. Nel settore di levante, tra Bergamo e il Serio, dove piùampie sono le disponibilità di aree, si immagina di concentrare lo sviluppo resi-denziale, che si articola in due grandi quartieri urbani, separati da un centro diattrezzature e servizi a livello urbano, per un totale di circa 60.000 abitanti.

I rimanenti incrementi residenziali sonodistribuiti, prevalentemente, lungo gliassi radiali negli insediamenti esistentidel comprensorio e minimamente nell’in-sediamento del capoluogo.Gli incrementi di aree industriali per untotale di 300 ha sono localizzati nelle zonedi Dalmine, di Ponte S. Pietro, di Almè, inVal Seriana nella zona di Seriate, lungo gliassi di sviluppo.Tra i nuovi quartieri e la città attuale diBergamo è individuata una fascia, chesi prolunga verso ovest, per attrezzatu-re, servizi e parchi, a livello urbano ecomprensoriale.La nuova configurazione urbana pren-de origine, concettualmente, dal ribal-tamento della città attuale su quellanuova, avendo come asse la fascia diattrezzature e servizi.

Ipotesi A

Espansione accentrata

nel capoluogo

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L’area metropolitana bergamasco è strutturata, nell’ipotesi B, da un insieme di cittàlineari, come distribuzione degli sviluppi secondo alcuni assi, sia di irraggiamento delcapoluogo, sia trasversali, lungo il Serio e il Bembo.La fascia di verde, attrezzature e servizi a livello urbano e comprensoriale, con fun-

zione direzionale e terziaria, avvolge l’at-tuale struttura urbana di Bergamo costi-tuendo elemento di innesto delle direttri-ci radiali di sviluppo.Attribuite al territorio capoluogo dueespansioni residenziali a Languelo e inValtesse, e completamenti per un totaledi circa 200 ha, tutto il restante e preva-lente sviluppo residenziale e tutto quelloindustriale è immaginato distribuitosecondo le direttrici di sviluppo.In ognuna di queste, i nuovi insediamen-ti residenziali e industriali sono indivi-duati in funzione di equilibramento deglisviluppi in atto, in modo da costituire unsistema lineare continuo, come un insie-me di città lineare continuo, come uninsieme di città lineari radiali e trasversa-li, con Bergamo al baricentro.Il sistema infrastrutturale generale è succes-sivamente adeguato alla distribuzione terri-toriale degli sviluppi, con soluzioni di alleg-gerimento e raddoppio degli assi esistenti.

Nell’ipotesi C l’area metropolitana èstrutturata in raggruppamenti a poli traloro arieggiati da vasti parchi e da areeagricole.Gli incrementi residenziali principalisono proiettati in tre distanti poli esterni:1 a levante, è prevista la formazione diuna nuova città per circa 45 mila abitanti;2 a nord-ovest, sulle colline a monte diAlmè, è localizzato un grande quartierein funzione di integrazione e di riqualifi-cazione degli insediamenti esistenti;3 a sud-ovest, nella zona di congiun-zione tra il comprensorio e il milanese, èpotenziato il polo di sviluppo industrialedi Dalmine.Gli sviluppi industriali sono distribuiti conprevalente peso fra la nuova città e Seriate,all’inizio della Val Brembana, nelle zone diPonte San Pietro e di Dalmine.

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Ipotesi B

Sviluppo lineare su assi

radiali e trasversali

Ipotesi C

Sviluppo a poli distanziati

La distribuzione a poli porta necessaria-mente all’accentuazione di assi preferen-ziali, con andamento est-ovest, tra cui èfondamentale l’asse Ponte S. Pietro-Seriate, che diventa asse di sostegno delsistema.Su tale asse che sottende quasi tutta lanuova strutturazione dell’area metropo-litana si appoggia sia il centro direziona-le a servizio di tutto il comprensorio,previsto a sud dell’abitato di Bergamo,sia la fascia di attrezzature, servizi e par-chi a livello urbano e comprensoriale.I restanti incrementi residenziali sonodistribuiti nel territorio per contenuticompletamenti degli sviluppi in atto.

L’ipotesi D concreta la distribuzionelineare con andamento est-ovest. Ladistribuzione dei pesi è contenuta inuna fascia di sviluppo che, dall’estremolimite ovest prevede nuovi sviluppi aPonte S. Pietro e a Curno, ingloba l’e-spansione residenziale di Languelo el’area per attività terziarie a sud del ter-ritorio di Bergamo, distribuisce altrisviluppi residenziali e industriali lungo

la direttrice di Seriate, fino all’estremo limite est del comprensorio.Gli incrementi industriali sono distribuiti prevalentemente nelle zone di Almè, fraDalmine e Ponte S. Pietro, ad est di Seriate, e nella Valle Seriana.Acquistano importanza in questa ipotesi gli assi paralleli con andamento est-ovest, inquanto assi di sostegno della città lineare unidirezionale.

2 Verifiche di coerenzaAl fine di poter avviare la scelta fra le quattro ipotesi spaziali si è reso necessario unpreliminare processo di successivi approfondimenti attraverso una serie di verifichedi coerenza interna, relative tanto alla compatibilità dimensionale fra gli incrementiproposti di popolazione e di occupazione che al funzionamento in termini di traffi-co, e attraverso continue verifiche territoriali; queste ultime hanno coinciso con ilpassaggio dalla prima rappresentazione ideogrammatica in scala 1: 25.000 a quellain scala 1: 10.000.Tale processo si è articolato secondo la seguente successione: 1ª fase, revisione deidati assunti con l’applicazione del modello di compatibilità; 2ª fase, ricerca delle pos-sibilità localizzative e controllo della intelaiatura infrastrutturale rispetto alle condi-zioni dell’urbanizzazione ed ai vincoli del territorio; 3ª fase, esame dell’adeguatezzadella rete infrastrutturale rispetto alla distribuzione spaziale dei pesi, attraverso laprevisione dei flussi di traffico da essi generati.

Ipotesi D

Distribuzione lungo assi

preferenziali

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1ª fase: verifiche di compatibilità tra popolazione ed occupazioneLa proposta di riduzione dei moti pendolari con un maggiore aumento dei posti dilavoro rispetto a quello derivante dalla proiezione delle tendenze in atto ha condot-to all’assunzione di valori che dovevano essere sottoposti a verifica. Si è proceduto,quindi, a vagliare diverse ipotesi di incremento degli addetti, intermedie fra il valoredella previsione neutrale (30.000 nuovi posti di lavoro) e il valore proposto nellaprima formulazione delle ipotesi (45.000 nuovi posti di lavoro), mantenendo fermol’aumento della popolazione complessiva, del reddito e del prodotto medio per unitàdi lavoro. Anche in questo caso, la scelta fra le diverse ipotesi dimensionali dell’oc-cupazione si è basata sulla compatibilità fra i caratteri dello sviluppo dell’economiaconseguenti a queste ipotesi e i caratteri dello sviluppo dell’economia assunti comeragionevole base di previsione, utilizzando un modello del tutto analogo a quelloadottato per la coerenza delle previsioni neutrali di popolazione e di occupazione(vedasi pag. 56).I risultati dell’applicazione del modello sono riassunti, per le quattro ipotesi, nelletabelle nn. 16, 17, 18 e 19, riportate nell’inserto a lato.Ne è conseguito un riassetto generale dei dati per ogni zona ed in complesso. In tota-le, si è verificato non essere compatibile con i caratteri dello sviluppo economico unaprevisione di posti di lavoro superiore a 3.000 rispetto a quelli delle previsioni neu-trali (con forte riduzione, quindi, rispetto alla formulazione delle prime ipotesi, maanche con diversificazione rispetto allo sviluppo neutrale). Inoltre, dall’utilizzazionedel modello è emerso con chiarezza che un incremento di posti di lavoro può essereottenuto solo a condizione che ad un aumento dell’occupazione nel secondario cor-risponda una riduzione della occupazione nel terziario. Si è così avuta conferma cheal potenziamento delle attività terziarie in Bergamo deve corrispondere il potenzia-mento delle attività secondarie nel territorio esterno. L’incremento maggiore dei postidi lavoro è stato attribuito alle zone est del comprensorio e in particolare a quella diSeriate con l’obiettivo di ridurre i moti pendolari all’interno del comprensorio stesso:si è introdotto, cos, un fattore di equilibrio, distanziando il più possibile dall’area diattrazione milanese i nuovi impianti industriali. L’applicazione del modello di com-patibilità tra popolazione e occupazione ha consentito, quindi, di raggiungere unacoerenza interna nella distribuzione dei pesi di residenti e di addetti e di conseguen-za ha assicurato la possibilità di passare alla corretta traduzione dei pesi in aree perciascuna delle quattro ipotesi.

2ª fase: verifiche dimensionali e territorialiDopo la verifica di coerenza interna dei pesi, a livello di distribuzione e di quantità,si è proceduto alla verifica di coerenza interna tra localizzazioni dei pesi e tracciatiinfrastrutturali corrispondenti. Ciò ha comportato un maggiore approfondimento indettaglio e il passaggio, nella utilizzazione delle carte, dalla scala 1: 25.000 alla scala 1: 10.000. Per il computo dei fabbisogni di aree residenzialidi nuovo impianto si è disaggregata la densità territoriale residenziale stabilita(125 ab/ha = 80 mq/ab) in: a densità fondiaria 200 ab/ha = 46 mq/ab; b superficie per attrezzature e per strade a livello di quartiere e/o urbano = 34 mq/ab.Per il computo dei fabbisogni di aree per le nuove attrezzature a livello comprensoria-le (parchi, scuole, ospedali) si è stabilita una superficie di 17,50 mq/ab. Per il computodei fabbisogni non soddisfatti al 1967 di aree per attrezzature sono stati attribuiti:

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BERGAMO, GLI STUDI PER IL NUOVO P.R.G. 1965-1969 70

a per l’urbanizzazione primaria e secondaria:– in Bergamo 12 mq/ab; – nel territorio esterno 16,5 mq/ab;

b per l’urbanizzazione secondaria a livello comprensoriale in Bergamo e nel terri-torio esterno: 15 mq/ab.Nella verifica territoriale sul campo si è tenuto conto:

– dei vincoli geomorfologici e di occupazione del suolo;– della ricerca delle aree libere e liberabili; – dei caratteri delle strutture urbane e dei nuclei storici; – delle aree di valore naturale e paesaggistico; – dell’esame dei varchi possibili per il tracciamento della rete viaria e per il

disegno dei relativi svincoli.Annotazioni sono state prese per tutto quanto potesse risultare utile ai fini dell’atten-dibilità delle soluzioni tecniche ed alla loro valutazione funzionale e di costo. I risul-tati delle verifiche eseguite si sono tradotti in quattro schemi urbanistici disegnati allascala 1: 10.000 e riprodotti nella tavola n. 6.Il significato di questi disegni consiste nell’aver disaggregato, nel processo didimensionamento, l’insieme delle quantità di aree in singole operazioni di inter-vento, ciascuna delle quali localizzata sul territorio e approssimativamente quan-tificata e numerata per il riferimento alle varie zone secondo cui è stato ripartitoil comprensorio. Le operazioni sono state distinte, a questa fase, secondo leseguenti classi di intervento:E espansione residenziale comprensiva delle aree per le attrezzature, aree verdi edaree per strade e parcheggi;Ca completamento residenziale in insediamenti esistenti;Cb integrazione di attrezzature e servizi per sopperire alle attuali carenze secondogli standards.Sono state inoltre disegnate, ma non quantificate, le operazioni relative all’espansio-ne industriale, alle aree per attività direzionali e per parchi urbani e comprensoriali.

3ª fase: verifiche di funzionamentoa) Previsioni di trafficoLa distribuzione articolata dei pesi sul territorio e la definizione dei tracciati e dellagerarchia delle infrastrutture viarie hanno consentito di iniziare gli studi necessari perla verifica di funzionamento interno da operare su ogni schema urbanistico.Tale verifica si basa sulla stima dei flussi di traffico ragionando su uno schema sem-plificato della intelaiatura infrastrutturale viaria portante.Per le previsioni di traffico si è proceduto, come di consueto, al calcolo della genera-zione e della distribuzione spaziale dei flussi origine-destinazione e all’attribuzionedegli stessi sulla rete viaria. Il calcolo degli spostamenti di persone fra le dieci zonecorrisponde appunto alle prime due tappe, cioè alla stima della generazione e delladistribuzione spaziale delle correnti O-D (linee di desiderio).In questa fase di lavoro si sono esaminati soltanto gli spostamenti domicilio-lavoro,escludendo, in prima approssimazione, il traffico di transito e di penetrazione nelcomprensorio, considerato come un sistema chiuso.Infatti il traffico per motivo domicilio-lavoro costituisce solitamente una quota moltoelevata (pari circa all’80%) di quello all’ora di punta, sulla base del quale è corretto

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(Segue a pagina 74)

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Tav. 6

Schemi urbanistici del comprensorio

Riduzione del rapporto 1: 10.000

Rappresentazione nel rapporto 1: 100.000

A B

C D

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A B

C D

Tav. 6

Tabelle numeriche

Distribuzione della popolazione e dei posti di lavoro nel comprensorio secondo gli schemi A, B, C e D.

dimensionare, in prima istanza, gli assi della rete viaria. Per ottenere l’obiettivo fina-le del calcolo, consistente nello stimare il numero di vetture che si spostano all’ora dipunta, si è proceduto per operazioni successive:1 stima del numero di persone che si spostano in un giorno, utilizzando una forma

semplificata del modello di equilibrio preferenziale (MEP, vedasi appendice II);2 sulla base di una previsione dell’evoluzione della motorizzazione, si è valutato

in 3,5 il numero medio di percorsi motorizzati giornalieri per persona per moti-vo di lavoro;

3 dalle operazioni 1) e 2) di cui sopra si è ottenuta la matrice degli spostamenti;4 a questi spostamenti fra zone per motivo di lavoro sono stati sommati gli spo-

stamenti per altri motivi;5 è stato stimato nel 70% l’incidenza dell’uso di vetture proprie sul totale, in fun-

zione del tasso di motorizzazione stimato e del livello di reddito prevedibile;6 dai conteggi effettuati al 1967 sul cordone interno di Bergamo la percentuale del

traffico all’ora di punta, rispetto al valore totale giornaliero assunto per le pre-visioni, è risultato essere del 10%, pari cioè a città di analoghe dimensioni, macon un più elevato tasso di motorizzazione.

b) Gerarchizzazione della reteLa rete viaria considerata corrisponde ad una semplificazione del sistema infrastrut-turale viario disegnato nei 4 schemi urbanistici A, B, C, D, alla scala 1: 10.000, inquanto soltanto i collegamenti viari ritenuti fondamentali sono stati classificatisecondo un ordine gerarchico, come segue:– autostrade (trascurate nel calcolo perché ritenute poco utilizzate per percorsi

all’interno del comprensorio);– strade di 1ª categoria con caratteristiche di «autostrade urbane»: svincoli a più

livelli, distanziati almeno di 1000 metri, ampio spartitraffico centrale e ampispazi laterali di servizio;

– strade di 2ª categoria di tipo «a scorrimento veloce» senza alcun innesto diret-to da insediamenti, incroci a livello, regolati, distanziati di 400/500 metri,ampio spartitraffico centrale;

– strade di 3ª categoria definite per differenza in confronto ai tipi precedenti e cor-rispondenti al sistema delle strade di adduzione ai quartieri.

In base a questa classificazione sono stati evidenziati quattro schemi di reti viariegerarchizzate, sulle quali sono stati indicati gli inserimenti dei carichi di traffico sullabase della distribuzione spaziale delle operazioni.c) Attribuzione dei flussi alla reteLe quattro ipotesi di viabilità sono state sottoposte a due tipi di verifica: la primaquantitativa (flussi, capacità), la seconda qualitativa (coerenza tra gerarchizzazione eflussi e funzionamento delle maglie). La successione dei passaggi è stata la seguente:1 la quantità degli spostamenti motorizzati tra ogni zona e le altre è stata suddi-

visa attribuendone una quota ad ogni innesto proporzionalmente al peso delleoperazioni;

2 conoscendo origini e destinazioni e quantità degli spostamenti per gruppi di ope-razioni, è stata esaminata una serie di itinerari alternativi sui tracciati proposti;

3 la scelta della successione continua degli itinerari è stata eseguita tenendo conto,in primo luogo, dei percorsi più brevi e soprattutto mirando ad ottenere unacondizione soddisfacente di scorrevolezza.

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BERGAMO, GLI STUDI PER IL NUOVO P.R.G. 1965-1969 74

I vantaggi di questo procedimento empirico, adottato in questa fase, sono stati quel-li di una grande flessibilità di scelte basate su criteri anche qualitativi, di cui unmodello di attribuzione del traffico - almeno quelli disponibili attualmente su elabo-ratore - non può tenere conto. In tale ottica, il funzionamento del sistema infrastrut-turale viario a livello comprensoriale è misurabile correttamente con un numeroridotto di zone ed una rete viaria semplificata.Il passaggio, quindi, dalle linee di desiderio ai flussi di traffico ha portato alla misu-ra delle capacità degli assi viari previsti, tradotta in numero di corsie, oltre a permet-tere un ulteriore giudizio sull’adeguatezza della rete alla distribuzione spaziale deipesi. Il flusso dei veicoli, riferiti all’ora di punta, si traduce in numero di corsiemediante la misura della capacità massima per corsia.Sulla base dell’esperienza degli studi di traffico effettuati dal gruppo METRA inEuropa, sono stati assunti i seguenti valori: 1500 u.v./h per le strade di prima catego-ria e 600 u.v./h per quelle di seconda. Nel calcolo dell’unità-veicolo si è attribuito

Tav. 7a

Classificazione della rete

secondo la categoria

ed il numero delle tratte

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BERGAMO, GLI STUDI PER IL NUOVO P.R.G. 1965-1969 75

peso 1 alle vetture, peso 3 ai camion di grandi dimensioni e agli autobus e peso 0,5ai veicoli a due ruote.La differenza, quindi, fra il numero di corsie calcolate e il numero di corsie esistenti,misura l’incremento di capacità da realizzare nelle varie tratte, elemento questo checonsente il calcolo del costo della rete viaria e mette in evidenza alcune delle difficoltàdi realizzazione.Il giudizio complessivo sul funzionamento della viabilità, sottoposta alla verifica di traf-fico si è tradotto conseguentemente in una serie di suggerimenti operativi riguardanti,soprattutto, le modifiche di categoria da introdurre all’interno della gerarchizzazionedella intelaiatura infrastrutturale viaria portante, il grado di coerenza interna del dise-gno delle maglie in rapporto alla posizione degli svincoli e, in particolare, le propostedi eliminazione o di aggiunta di assi e di svincoli.

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Tav. 7b

Verifica di dimensionamento

della rete stradale

(Segue a pagina 85)

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Tav. 8

Schema A – Rete viaria

portante ed operazioni di

intervento

Computo del valore delle aree

necessarie per l’urbanizzazione

e dei costi di realizzazione

della rete viaria portante

A1 – Costo complessivo

delle opere di urbanizzazione

primaria e secondaria

3 Analisi delle quattro ipotesi

B70b (parte 1)GIOVANNI ASTENGO

BERGAMO, GLI STUDI PER IL NUOVO P.R.G. 1965-1969 78

A2 – Costo di costruzione della rete viaria portante A3 – Costo di costruzione degli svincoli

* Incrocio a 6 rami, il costo unitario dovuto alla costruzione della

rotonda dovrebbe essere inferiore a 2,1 milioni; tuttavia, a causa

delle difficoltà di costruzione, si preferisce adottare un costo

unitario più elevato.

A4 – Valore del terreno

per le singole operazioni

N.B. Nella tabella è indicata

la tipologia delle operazioni

di intervento, secondo

la seguente simbologia:

x/y z indica:

x = numero d’ordine

dell’operazione; y = numero

della zona o delle zone in cui

ricade l’operazione;

z = classe d’intervento.

Le classi di intervento

considerato riguardano:

E = espansione residenziale;

Ca = completamento

residenziale in insediamenti

esistenti; Cb = integrazione

di attrezzature e servizi per

sopperire alle attuali carenze

secondo gli standards assunti.

La colonna A/E indica le aree

per attrezzature, relative ad

operazioni di espansione ed

individuate nello schema.

B70b (parte 1)GIOVANNI ASTENGO

BERGAMO, GLI STUDI PER IL NUOVO P.R.G. 1965-1969 79

Tav. 9

Schema B – Rete viaria

portante ed operazioni

di intervento

Computo del valore delle aree

necessarie per l’urbanizzazione

e dei costi di realizzazione

della rete viaria portante

B1 – Costo complessivo delle

opere di urbanizzazione

primaria e secondaria

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BERGAMO, GLI STUDI PER IL NUOVO P.R.G. 1965-1969 80

B2 – Costo di costruzione della rete viaria portante B3 – Costo di costruzione degli svincoli

B4 – Valore del terreno

per le singole operazioni

(per la tipologia delle

operazioni di intervento, vedi

nota relativa alla Tav. 8)

* Valori medi per Ca e A - Ca

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Tav. 10

Schema C – Rete viaria

portante ed operazioni

di intervento

Computo del valore delle aree

necessarie per l’urbanizzazione

e dei costi di realizzazione

della rete viaria portante

C1 – Costo complessivo

delle opere di urbanizzazione

primaria e secondaria

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BERGAMO, GLI STUDI PER IL NUOVO P.R.G. 1965-1969 82

C2 – Costo di costruzione della rete viaria portante C3 – Costo di costruzione degli svincoli

* Incroci a 5 rami, il costo unitario per la costruzione della rotonda

dovrebbe essere inferiore a 2,1 milioni; tuttavia, a causa delle

difficoltà di costruzione, si preferisce adottare un costo unitario più

elevato.

C4 – Valore del terreno

per le singole operazioni

(per la tipologia delle

operazioni di intervento, vedi

nota relativa alla Tav. 8)

* Valori medi per Ca e A/E

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Tav. 11

Schema D – Rete viaria

portante ed operazioni

di intervento

Computo del valore delle aree

necessarie per l’urbanizzazione

e dei costi di realizzazione

della rete viaria portante

D1 – Costo complessivo delle

opere di urbanizzazione

primaria e secondaria

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BERGAMO, GLI STUDI PER IL NUOVO P.R.G. 1965-1969 84

D2 – Costo di costruzione della rete viaria portante D3 – Costo di costruzione degli svincoli

D4 – Valore del terreno per le

singole operazioni (per la

tipologia delle operazioni di

intervento, vedi nota relativa

alla Tav. 8)

* Valori medi per Ca e A - Ca

** Valore riferito all’intero

comune di Bergamo

per operazioni Cb

4 Computo dei costi dei quattro schemi: elementi di confrontoLa scelta motivata del modello di sviluppo urbanistico più vantaggioso per la collet-tività bergamasca è avvenuta per successive approssimazioni mediante il metodo delconfronto tra le alternative proposte. In questa fase si sono assunti i seguenti elemen-ti di differenziazione, valutati secondo criteri omogenei:1 stima del valore delle aree e di una parte dei costi di realizzazione delle opere diurbanizzazione; 2 stima dei costi di costruzione della maglia infrastrutturale e viaria e dei servizi a rete;3 valutazione del funzionamento complessivo e del grado di realizzabilità delsistema viario portante; 4 esame della logica globale delle proposte di strutturazione dell’area metropoli-tana bergamasca, alla luce di ragionamenti di strategia politica e urbanistica.Il computo estimativo è stato limitato: 1 alla stima del valore delle aree (prezzi al 1966-67) per le residenze e per le operedi urbanizzazione; 2 alla stima del costo di realizzazione delle opere di urbanizzazione primaria esecondaria a livello di quartiere e/o urbano, e a livello comprensoriale per i fabbisognidei nuovi abitanti e per i fabbisogni non soddisfatti dei residenti al 1966, e al costo direalizzazione della rete stradale portante (assi di 1ª e di 2ª categoria). Non si è tenutoconto, in questa fase, dei costi relativi alle reti principali dei servizi tecnologici, agliinsediamenti industriali e direzionali ed alla costruzione degli edifici residenziali.In particolare, le stime si sono basate sui seguenti criteri:a Per quanto concerne il valore delle aree utilizzate si è computata anzitutto lasuperficie per ogni operazione di intervento applicando gli standards stabiliti; succes-sivamente si è attribuito un valore monetario alle aree delle operazioni sulla basedella stima dei valori venali delle aree, predisposta dagli uffici comunali medianteindagini presso esperti di estimo e operatori economici (vedasi tavola n. 12).b Per quanto riguarda la stima delle opere di urbanizzazione primaria e seconda-ria a livello di quartiere e/o urbano, il costo medio ad abitante insediabile in tutto ilcomprensorio è stato valutato in base a consuntivi di realizzazione e di preventivi dipiani di zona; esso ammonta complessivamente a 260 mila lire (130 mila per l’urba-nizzazione primaria e 130 mila per la secondaria); per la realizzazione delle opere diurbanizzazione secondaria a livello comprensoriale, è stato computato il valore di 50mila lire ad abitante. Il costo medio, per abitante insediato al 1966, occorrente per soddisfare le attualicarenze di attrezzature è stato valutato percentualmente in modo analogo a quelloadottato per i nuovi insediamenti; esso ammonta: – a livello di quartiere e/o urbano, per la realizzazione delle opere di urbanizza-

zione primaria e secondaria, in Bergamo, a 75 mila lire (33 mila per la primariae 42 mila per la secondaria), nel territorio esterno a 91 mila lire (33 mila per laprimaria e 58 mila per la secondaria);

– a livello comprensoriale, per la realizzazione delle opere di urbanizzazione secon-daria, ammonta a 37 mila lire tanto in Bergamo quanto nel territorio esterno.

c Per quanto riguarda il costo di realizzazione della rete viaria portante ci si èbasati sul numero di corsie aggiuntive da costruire, che risulta dalla differenza tra ilnumero teorico di corsie previste al 1966 e il numero di corsie esistenti, individuatotratta per tratta.I costi unitari sono stati determinati sulla base dei consuntivi di numerose realizzazioni

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e di preventivi di strade in tutto il territorio esaminato, dai quali si è desunta una classi-ficazione che tiene conto di due serie di criteri: geometrici (larghezza, numero delle cor-sie, a raso o in rilevato, ecc.) e qualitativi (caratteristiche orografiche e geologiche del ter-reno, all’interno o all’esterno della città). Le combinazioni di tali criteri hanno portatoa definire quattro categorie di costi per chilometro di corsia; essi variano da 10 a 44milioni per le strade previste al di fuori del centro urbano di Bergamo e raggiungonoi 240 milioni km/corsia per alcuni assi di scorrimento all’interno. Anche gli svincolisono stati classificati secondo il tipo e il numero di strade (di lª e 2ª categoria) e ilnumero di livelli all’incrocio.Dopo il calcolo dettagliato del costo di costruzione di numerosi tipi di svincolo, si è per-venuti a individuare sette tipi di svincoli, per ciascuno dei quali si è studiato il costoimputabile ad ogni corsia, dividendo il costo dello svincolo per il numero di corsie dif-ferenziate per categoria. L’aliquota di costo dello svincolo attribuita alle corsie di stradedi 2ª categoria è risultato dell’ordine di 2 milioni, mentre l’aliquota relativa alle corsie dilª categoria varia tra 30-40 milioni. Il costo totale di uno svincolo si ottiene, perciò,riconducendolo ad uno svincolo tipo e moltiplicando il numero di corsie, distinte in cate-gorie per il costo unitario corrispondente all’aliquota del costo totale. L’analisi dei costiunitari per le varie categorie di strade e per gli svincoli è riassunta nella tavola n. 13; adessa si rinvia per un più dettagliato esame del metodo e dei singoli prezzi.È da rilevare, infine, che per quanto riguarda sia l’acquisizione dei terreni per le resi-denze e per l’urbanizzazione primaria e secondaria a livello urbano e comprensoria-le, sia la realizzazione delle opere di urbanizzazione primaria e secondaria ai varilivelli, sia la costruzione della rete viaria portante, sono stati assunti, per il confron-to tra i quattro schemi, i costi teorici al 1967.I risultati del computo dei valori delle aree e dei costi delle opere per ognuno dei quat-tro schemi sono riportati, in forma analitica e globale, nella tabella n. 20.

5 Confronto dei costi e del funzionamento dei quattro schemiCosto di costruzione delle opere di urbanizzazioneIl costo totale di realizzazione delle opere di urbanizzazione per i nuovi interventi nelcomprensorio (68 miliardi), essendo imputato alla popolazione totale, risulta ugualenei 4 schemi; non dà quindi alcuna indicazione per il confronto se non quella dell’or-dine di grandezza. Inoltre, la ripartizione di tale costo totale per Bergamo e per il ter-ritorio esterno, mette solamente in evidenza il differente carico finanziario per leamministrazioni locali del territorio.Lo schema A, sviluppo accentrato e lo schema D, sviluppo lungo un asse prevalente,impongono costi maggiori al capoluogo per le opere di urbanizzazione (circa 23miliardi), rispetto agli schemi B e C (circa 18 miliardi).1

Valore dei terreniDal confronto fra i risultati relativi al valore del terreno per ogni schema urbanisticorisulta evidente il vantaggio delle alternative che prevedono la localizzazione degliincrementi in uno o più insediamenti residenziali accentrati, di particolare dimensio-

ne, al di fuori di aree già urbanizzate(come C, il cui costo è valutato in 41miliardi e A il cui costo è valutato in 44miliardi), rispetto a quelle caratterizzate

1 È da notare che nel computo delle opere di urbanizzazione, mancano i valori differen-

ziali delle integrazioni dei servizi nei quattro schemi; ad essi si è dovuto rinunciare per mancan-

za di dati particolareggiati, ricorrendo quindi alla omogeneizzazione del grado di carenza.

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(Segue a pagina 92)

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Tav. 12

Comune di Bergamo

Stima approssimativa del valore venale dei terreni al 15-10-1967

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Tav. 13

Costi delle infrastrutture viarie

A – Costi al 1966 dei vari tipi di nodo stradale

Ogni nodo si caratterizza per i seguenti elementi:

S = sezione stradale

R = raggio interno

P = luce del ponte

c = sezione svincolo di raccordo

p = 2,5% pendenza considerata, uguale per tutti i nodi

I costi delle singole parti del nodo (raccordo, rampa, rilevato,

svincolo, rondò, ponte, sotto passo) sono unitari e vanno

moltiplicati per il numero corrispondente in ogni nodo.

Il costo si riferisce alle sole opere, escluso il prezzo dell’area

occupata.

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B – Costi al 1966 per singoli elementi viari al km

1: strade in progetto:

di I e II categoria con tracciato a raso

Costi unitari

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di I e II categoria con tracciato in rilievo

di I e II categoria con tracciati in collina a mezza costa

(con pendenza del 15%)

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di I e II categoria con tracciati in collina a mezza costa

(con pendenza superiore al 15%)

2: ampliamento di strade esistenti

da operazioni residenziali di più modeste dimensioni, ma distribuite all’interno diaree in via di urbanizzazione (come B e D, di circa 46 miliardi ciascuno). I maggioricosti del terreno, dovuti alla vicinanza a direttrici di sviluppo in atto, si rilevano chia-ramente per lo schema A.I risultati del calcolo dei costi sono riportati nella tabella n. 20 che rappresenta il qua-dro d’insieme della ripartizione dei costi distinti per voce nei quattro schemi urbani-stici alternativi.

Costo di costruzione della rete viariaIl confronto tra i costi di realizzazione della rete viaria portante (acquisizione dellearee esclusa) permette di rilevare che gli schemi A e D prevedono costi dello stessoordine di grandezza (intorno ai 28 miliardi) inferiori a quelli degli schemi B e C,anch’essi dello stesso ordine di grandezza (intorno ai 31 miliardi). Questi risultaticonfermano che l’aggregazione spaziale per concentrazione dei pesi comporta mino-ri lunghezze di strade, che non la distribuzione decentrata in poli o lungo assi.Dalla somma di tutti gli elementi di costo considerati per ogni schema risulta che pergli schemi A e C si ottengono i valori più bassi (circa 139 miliardi).Si rileva che la differenza tra i valori di costo ottenuti per ogni schema è più marca-ta tra quelli parziali relativi all’acquisizione delle aree residenziali che tra quelli tota-li. Infatti la differenza fra i costi per gli schemi A e C è della misura del 5-6%, se sifa riferimento ai valori totali, mentre raggiunge il 23% se si fa riferimento ai solivalori del terreno residenziale.Ciò è dovuto, da una parte, al ruolo preminente del costo del terreno, dall’altra, siaal fatto che l’ipotesi di partenza comportava di mantenere costanti i pesi, i flussi ditraffico e i limiti del comprensorio per ciascuno schema, sia al fatto che la semplifi-cazione operata nel calcolo dei costi unitari della rete e degli svincoli e nella loroapplicazione uniforme sul suolo non poteva mettere in evidenza le differenze impu-tabili al diverso grado di difficoltà attuative per le varie situazioni del territorio.

Funzionamento della rete viariaL’analisi del funzionamento della intelaiatura viaria portante dei quattro schemiurbanistici ha anche offerto altri elementi di giudizio atti a facilitare la scelta e, inol-tre, ha individuato alcune direttive utili per i successivi sviluppi. Ovviamente le mag-giori difficoltà tecniche si trovano nel capoluogo.Rispetto all’attraversamento ed alla penetrazione dell’area centrale la rete viaria delloschema C, prevedendo la minore capacità addizionale, è la più agevole da realizzare.Per contro, lo schema C, ed anche lo schema B, richiedono un’attenta progettazionedella maglia alla confluenza delle valli, in cui si inserisce anche un nuovo asse versoest con tracciato a monte di Seriate.Per gli schemi B e D, il flusso di traffico incanalato all’incrocio della nuova strada perDalmine, con il prolungamento verso est della circonvallazione, comporta difficoltàdi scorrimento maggiori che per gli schemi A e C.Inoltre l’ampliamento della «circonvallazione» si presenta con particolare difficoltàper lo schema D (8 corsie). Per quanto concerne i grandi assi esterni, l’asse nord-sudparallelo al Brembo sopporta un carico di traffico maggiore sullo schema C rispettoagli altri, in relazione al nuovo insediamento previsto a Villa d’Almé.L’asse che appare fondamentale nella struttura viaria principale è quello ad andamen-to est-ovest, a sud della città di Bergamo e della linea ferroviaria Lecco-Brescia; il suo

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carattere di supporto del territorio si evidenzia e si giustifica con più chiarezza, perla logica di tracciato, negli schemi A e C.Per contro, la cosiddetta tangenziale sud appare sovradimensionata rispetto alla esi-gua quantità di flussi di traffico previsti.Nel complesso, risulta evidenziata una maglia viaria portante comune, parzialmente,ai quattro schemi.

*Il valore del terreno e il costo di produzione delle opere di urbanizzazione sono riferiti sia alle carenze dello stato attuale che ai nuovi fabbisogni.

**Dal computo sono esclusi alcuni svincoli perché non sufficientemente definiti nella mappa.

Impegni finanziari per le amministrazioni comunaliQuesti risultati emersi dal confronto in funzione dei costi sono significativi, sia perchéforniscono elementi per determinare il grado di differenziazione esistente tra i quattroschemi, cosa che non poteva essere prevista a priori, sia perché indicano su quali vocidi costo sia opportuno operare le scelte strategiche da parte degli enti locali.L’entità globale dell’impegno attribuibile agli enti locali del comprensorio è dell’ordi-ne di 90 miliardi sui 140 calcolati per le voci esaminate. A queste, per avere una stimarealistica dell’impegno totale finanziario, dovrebbero essere aggiunte quelle riguar-danti l’acquisto delle aree per le infrastrutture viarie e la costruzione delle reti tecno-logiche principali e delle opere per alcune attrezzature a livello comprensoriale, comegli ospedali e le scuole superiori.Va rilevato che circa 50 dei 90 miliardi di oneri per gli enti locali sono destinati al sod-disfacimento dei fabbisogni non soddisfatti al 1967 rispetto agli standards assunti,mentre per le nuove attrezzature di urbanizzazione secondaria a livello urbano e com-prensoriale è previsto un carico di circa 11 miliardi. Da tener presente, inoltre, che nelcomputo si è ipotizzato che i comuni, in forza della legge n. 765 del 31-8-1967, si

Tab. 20

Sintesi del valore del terreno,

costo di costruzione delle

opere di urbanizzazione e

della rete viaria principale nei

quattro schemi*

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assumano solo più una parte delle spese delle opere di urbanizzazione secondaria alivello urbano (ipotizzata nel 50%) e la totalità delle spese per aree e opere a livellocomprensoriale.Le spese per la costruzione delle opere viarie sono anch’esse di impegno rilevante,pari a circa 30 miliardi. In complesso, gli impegni finanziari, valutati in miliardi dilire, per gli enti locali del comprensorio sono sintetizzati nella seguente tabella:

6 ConclusioniSulla base di questi primi elementi di confronto economico si è proceduto alla scelta frai quattro schemi urbanistici tenendo presenti anche considerazioni extraeconomiche.Così, l’ipotesi A, pur risultando la più economica, in quanto ad investimenti, pereffetto dell’accentuata concentrazione, è stata deliberatamente scartata per il suocontenuto socio-politico di scelta a favore di un capoluogo con funzioni egemoni.Inoltre, constatato che le ipotesi B e D, assai vicine come costi e come struttura spa-ziale, non rappresentavano, in realtà, due ipotesi tra loro sostanzialmente differenti,queste sono state unificate in una sola che tenesse conto dei vantaggi di entrambe.Ultimata questa fase di studio sul finire del 1967, gli urbanisti hanno raccomandatoalla Giunta di scegliere due fra le quattro ipotesi di sviluppo come modelli alternativipreferenziali: a questo scopo sono state indicate le ipotesi B-D associate e l’ipotesi C,l’una rappresentante il modello di assetto territoriale a sviluppi assiali, con accentua-zione, come asse preferenziale, dell’andamento est-ovest, l’altra rappresentante ilmodello di assetto territoriale articolato in poli. Entrambi i modelli di assetto territo-riale si impostano su di una quasi comune ossatura viaria portante, di grande sempli-cità e chiarezza (vedasi fig. 3), risultata tale a seguito del lungo processo di verifiche.Conclusione, infine, estremamente importante di questa fase è stata l’acquisizione,attraverso a questo procedimento, di una più matura convinzione della solidarietà fratutte le parti del comprensorio che verrebbe a formare, in complesso, al traguardo del1986, un’unica città metropolitana di 400.000 abitanti.Le raccomandazioni formulate dagli urbanisti sono state accolte dalla Giunta, che haautorizzato la prosecuzione degli studi in tal senso.

Tab. 21

Sintesi degli

impegni finanziari per le

amministrazioni comunali

relativi ai quattro schemi

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Fig. 3

schema ideale dell’ossatura

infrastrutturale portante,

comune ai due schemi B+D

associati e C.

Il testo continua nella seconda parte ���