articolo "la lettura", corriere della sera 14/2/2016

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DOMENICA 14 FEBBRAIO 2016 CORRIERE DELLA SERA LA LETTURA 11 Orizzonti Nuovi linguaggi N uvole intelligenti all’orizzonte. Il cloud computing — l’utilizzo evoluto del cloud (nuvola), oggi generalmente usato per lo sto- rage, cioè per il semplice stoc- caggio dei nostri file — muove i suoi primi passi e in attesa di guadagnare il mercato delle aziende web oriented, quelle cioè che utilizzano la rete per fare affari, ha già con- quistato l’Europa delle istituzioni. L’Unio- ne europea ha recentemente assegnato al consorzio Cta (Cloud Team Alliance) un bando da 14 milioni di euro in quattro anni per l’erogazione del servizio di cloud com- puting. Ovvero: le 52 istituzioni e agenzie europee richiederanno alle quattro società del consorzio (tutte made in Ue), che ope- rano in ambito Iaas (Infrastructure as a service, infrastrutture come servizio), la disponibilità di server virtuali, storage e servizi di rete avanzati. Fra i membri della Cta c’è anche Enter, la prima, e per ora l’unica, realtà italiana (milanese) a muo- versi in questo settore. Che cosa siano esattamente il cloud computing e la virtualizzazione o come funziona l’outsourcing dei server è qualco- sa che sfugge a molti di noi, ignari utenti finali che sappiamo poco o nulla di proto- colli e di gestione dati, basta che il tutto funzioni e sia semplice da usare. In realtà capirne un po’ di più può essere utile per le conseguenze inevitabili che la tecnologia, in questo caso del web, comporta nel mondo di tutti i giorni, influenza i modelli di business e il «mercato» delle risorse umane. «Ci sentiamo degli innovatori, il cloud computing è ancora all’inizio — dichiara a “la Lettura” Ivan Botta, 46 anni, Ceo di En- ter —, ma ci sentiamo anche in un certo senso molto soli. Perché a livello di comu- nicazione, i nostri risultati arrivano sem- pre con una certa difficoltà al grande pub- blico». «E dire che l’innovazione tecnolo- gica oltre alla massimizzazione dell’effi- cienza comporta anche concetti filosoficamente affascinanti — aggiunge Mariano Cunietti, 42 anni, responsabile tecnico (Cto) della società —, per esempio la smaterializzazione della “macchina”». Ora, un server è un computer che, con- nesso perennemente al web, permette a un altro computer client di fare alcune co- se, fra le quali andare a sua volta in rete e gestire una grande quantità di informazio- ni. In molti casi i server non sono più ospi- tati nella sede aziendale — sono costosi in borare il risultato degli altri e insieme al proprio lavoro trasformarlo in un modello di business. Come ha fatto Enter. «Al con- trario dei grandi colossi, come Amazon, il primo a sviluppare la tecnologia cloud, o Ibm e British Telecom che come noi hanno partecipato al bando Ue, il codice del no- stro software è pubblico. Significa che pos- siamo contare su una rete enorme di risor- se con i notevoli vantaggi che ne derivano. Senza dimenticare il fatto fondamentale che il programma è analizzabile da chiun- que e chiunque può verificare non solo co- me sia fatto ma anche cosa fa». Per pura speculazione si potrebbe pen- sare che l’Unione europea ha deliberato in loro favore anche perché certa di poter ve- rificare che i propri dati non potessero es- sere trattati impropriamente; come acca- duto per lo scandalo Prism legato ai Big Data, le intercettazioni a tappeto da parte dell’Nsa, la National Security Agency statu- nitense. Ma è solo una supposizione, men- tre è una certezza che il corretto trattamen- to della privacy, in un contesto open sour- ce, sia sempre verificabile. Nel caso del cloud l’influenza sul mercato del lavoro è netta: «L’accendere, spegnere o potenziare un server è cosa che il software fa in auto- matico, mentre prima, con la sola virtua- lizzazione, si faceva a mano. Ci pensavano i sistemisti che ora possono dedicarsi ad al- tri obiettivi — continua Cunietti —. E non è detto che in un futuro molto prossimo anche altre figure professionali possano ri- valutarsi in tal senso». Supponiamo che nel momento di picco, il mio sito di e-commerce voglia modifica- re l’investimento pubblicitario online che si acquista tramite un’applicazione, per esempio su Google AdWords, e supponia- mo che possa essere il software in cloud a decidere in base al traffico che rileva e atti- vare l’app relativa. «In questo caso, il lavoro del marketing sarebbe svolto dal program- ma», conclude Botta. Non temano gli esperti del settore, la possibilità di una perfetta sostituzione macchina-uomo in ambito lavorativo di cui si parla spesso (an- che sulle pagine de «la Lettura») non è so- stenuta da chi sviluppa il cloud. «La tecno- logia è solo un supporto — chiosa Cunietti —, senza il contributo e la gestione umana può diventare anche dannosa. Parafrasan- do una citazione del comico Arthur Bloch, direi che errare è umano, ma per incasina- re davvero tutto ci vuole un computer». © RIPRODUZIONE RISERVATA Nuvole (intelligenti) sull’Europa le not pets, bestiame non cuccioli, è il mot- to bandiera del cloud computing. La «smaterializzazione del server» la- scia spazio all’evoluzione della mente, o delle menti. «Il nostro prodotto, Enter Cloud Suite, è fatto di ricerca — continua Botta —, non siamo dei semplici rivendi- tori di un servizio. Facciamo parte di Open- Stack, una delle più grandi comunità di programmatori open source del mondo. Più di 35 mila partecipanti, ognuno contri- buisce con il suo apporto per rendere il software cloud sempre più perfettibile». Non ci sono licenze, solo righe di codice free. Ognuno è libero di riprendere o ela- i Arriva la traduzione in latino dell’enciclica ecologica e finalmente uno può vedere come si dice in quella lingua che «il riscaldamento ha affetti sul ciclo del carbonio»: calefactio cyclum afficit carbonii. I latinisti del Vaticano non temono né lo «scioglimento dei ghiacci polari» — glacierum liquatio; né «l’inquinamento prodotto dall’anidrite carbonica» — contaminatio quam dioxydum carbonicum facit. Ma come facevamo a discutere di questi argomenti fino all’altro ieri? Lo scioglimento dei ghiacci? Glacierum liquatio { Due parole in croce di Luigi Accattoli Sfide Un consorzio partecipato da una società milanese ha vinto l’appalto per gestire i Big Data dell’Unione. Battendo anche l’Ibm termini di manutenzione e consumi (han- no bisogno di ambienti condizionati, per non surriscaldarsi) — ma sono in affitto presso i provider di servizi internet che in outsourcing si preoccupano di erogare, at- traverso la propria infrastruttura, il servi- zio necessario. E questo è un primo passo. «Il secondo è la virtualizzazione — conti- nua Cunietti —. Fino alla fine degli anni Novanta esisteva un rapporto 1:1 fra softwa- re e hardware, cioè fra il sistema operativo o server logico e la scatola che lo ospitava, il server fisico. Nei primi anni Duemila, la parte logica, il software, è diventata più so- fisticata, al punto da riuscire a “creare”, a sua volta, una pluralità di altre unità logi- che». Cioè, se prima serviva una macchina intera per ospitare un solo server, ora sulla stessa macchina se ne possono installare molti, con una notevole ottimizzazione di consumi e di costi sia per il provider sia per il cliente. E il cloud computing? «È il passo ancora successivo. Il software cloud orchestra, go- verna questa pluralità di server virtuali, creandoli, spostandoli, ridimensionandoli o spegnendoli in base al reale utilizzo, e lo fa in maniera automatica». Quindi, se per esempio io ho un sito di e-commerce basa- to su un’infrastruttura server cloud, que- st’ultima, in autonomia, regolerà la «po- tenza» necessaria a mantenere il sito attivo in base al traffico reale. Se di notte il sito ri- ceverà poche visite, avrà bisogno di poca «potenza», se in determinate ore registre- rà dei picchi, allora la aumenterà. Io, pro- prietario del sito e cliente di un service provider, pagherò in base al consumo ef- fettivo. «Internet, al contrario di quel che si crede, è un’entità estremamente fisica, tangibile — riprende Botta —, e richiede infrastrutture, cavi, macchine potenti che si traducono in costo, se si pensa all’inve- stimento necessario e alla manutenzione». Quello che sta succedendo ora è che questa fisicità si sta gradualmente ridu- cendo, «quello che offriamo — continua Cunietti — è un utilizzo sempre minore della “macchina” a favore del software». Software is eating the world, dicono gli smanettoni, il software si mangerà il mon- do: «I server fisici diventano sempre più ferraglia indistinta, o commodity, perché ciò che conta sono i programmi che ospi- tano — chiarisce Cunietti —. La macchina non è più assegnata univocamente a un cliente e chiamata con nomignoli persona- li, come si fa con un gatto o un cane». Catt- Qui sotto: foto di gruppo di Enter nella sede milanese. In basso, da sinistra: Ivan Botta e Mariano Cunietti. A sinistra: una elaborazione del cloud computing realizzata da Pierpaolo Barresi durante una conferenza (www.thisisyobi.com) di ALESSANDRA SANTANGELO La commessa Il bando Ue «DIGIT Cloud I» è stato appena vinto dal consorzio Cta (Cloud Team Alliance, www.cloudteamalliance.com) composto dall’italiana Enter, dalla francese Numergy, dalla spagnola Gigas e da Portugal Telecom. Ha battuto grandi player come Ibm, British Telecom, Atos e Accenture. Il consorzio, attraverso le proprie infrastrutture dislocate sul territorio, utilizzerà proprio la piattaforma italiana Enter Cloud Suite (www.entercloudsuite.com), il software di archiviazione risultato dalla collaborazione open source con OpenStack (www.openstack.org) La società Ivan Botta (46 anni) e Mariano Cunietti (42) sono rispettivamente l’amministratore delegato (Ceo) e il responsabile tecnico (Cto) di Enter (www.enter.it). La sede milanese si sviluppa su oltre 1.500 metri quadrati, dove, oltre ai membri della società (35 in sede), trovano spazio anche realtà aziendali (e professionali) diverse, nella logica di coworking (www.coworkinglogin.it). Enter investe anche in start up come Wemake (www.wemake.cc), un laboratorio di arti & mestieri tecnologico (stampanti 3D, taglio laser, Arduino) e Produzioni dal Basso (www.produzionidalbasso. com), prima piattaforma di crowdfunding italiana L’open source delle «cose» Non solo software, la modalità collaborativa e free dell’open source si applica anche all’hardware: nella sede di Enter si lavora al RuggedPod (http://ruggedpod.qyshare. com), un server che può essere installato in esterno, al riparo da sole e pioggia, e può ospitare fino a otto computer collegati a una piattaforma di cloud computing. Il cubo in alluminio viene riempito con olio organico dielettrico (ed ecologico) che grazie a una pompa di ricircolo sposta, per convezione, il calore verso le pareti. Il rivestimento «a nido d’ape» (brevettato) consente di dissipare grandi quantità di calore senza l’ausilio di condizionatori, come invece avviene in tutti i datacenter (le «stanze» dove alloggiano i server fisici), consentendo un risparmio del 30-40% nel consumo di corrente complessivo L’evoluzione della spam I finti ascolti intasano Spotify N ata come flusso di mail truffaldine, la spam ha accompagnato gran parte della storia di internet. Con lo sbocciare di servizi come Spotify, che permettono di ascoltare in streaming la musica, queste comunicazioni malefiche si sono evolute per adattarsi al nuovo ambiente. Il sito paga agli artisti da 0,001 a 0,007 dollari per «stream», singolo ascolto di una traccia: la «truffa» verte sul generare ascolti dal nulla. È la forma «classica» di spam in Spotify: una serie di bot creano finti artisti che sviluppano finti brani in grado di simulare ascolti veri. Ci sono anche metodi più rozzi, come caricare negli archivi del servizio tracce piene di rumore bianco presentandole come hit di successo; oppure inserire delle cover mal riuscite di brani famosi sperando nell’effetto-traino del titolo. Tra la click fraud (truffa dei link) e la rincorsa agli ascoltatori meno attenti, Spotify è stata costretta a difendere il suo modello di business, e ha promesso di dare battaglia alla spam musicale. Lo deve agli artisti, ma soprattutto ai propri utenti. © RIPRODUZIONE RISERVATA di PIETRO MINTO

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DOMENICA 14 FEBBRAIO 2016 CORRIERE DELLA SERA LA LETTURA 11

Orizzonti Nuovi linguaggi

N uvole intelligenti all’orizzonte.Il cloud computing — l’utilizzoevoluto del cloud (nuvola), oggigeneralmente usato per lo sto-rage, cioè per il semplice stoc-

caggio dei nostri file — muove i suoi primipassi e in attesa di guadagnare il mercatodelle aziende web oriented, quelle cioè cheutilizzano la rete per fare affari, ha già con-quistato l’Europa delle istituzioni. L’Unio-ne europea ha recentemente assegnato alconsorzio Cta (Cloud Team Alliance) unbando da 14 milioni di euro in quattro anniper l’erogazione del servizio di cloud com-puting. Ovvero: le 52 istituzioni e agenzieeuropee richiederanno alle quattro societàdel consorzio (tutte made in Ue), che ope-rano in ambito Iaas (Infrastructure as aservice, infrastrutture come servizio), ladisponibilità di server virtuali, storage eservizi di rete avanzati. Fra i membri dellaCta c’è anche Enter, la prima, e per oral’unica, realtà italiana (milanese) a muo-versi in questo settore.

Che cosa siano esattamente il cloudcomputing e la virtualizzazione o comefunziona l’outsourcing dei server è qualco-sa che sfugge a molti di noi, ignari utentifinali che sappiamo poco o nulla di proto-colli e di gestione dati, basta che il tuttofunzioni e sia semplice da usare. In realtàcapirne un po’ di più può essere utile per leconseguenze inevitabili che la tecnologia,in questo caso del web, comporta nelmondo di tutti i giorni, influenza i modellidi business e il «mercato» delle risorse umane.

«Ci sentiamo degli innovatori, il cloudcomputing è ancora all’inizio — dichiara a“la Lettura” Ivan Botta, 46 anni, Ceo di En-ter —, ma ci sentiamo anche in un certosenso molto soli. Perché a livello di comu-nicazione, i nostri risultati arrivano sem-pre con una certa difficoltà al grande pub-blico». «E dire che l’innovazione tecnolo-gica oltre alla massimizzazione dell’effi-c i e n z a c o m p o r t a a n c h e c o n c e t t i filosoficamente affascinanti — aggiungeMariano Cunietti, 42 anni, responsabiletecnico (Cto) della società —, per esempiola smaterializzazione della “macchina”».

Ora, un server è un computer che, con-nesso perennemente al web, permette aun altro computer client di fare alcune co-se, fra le quali andare a sua volta in rete egestire una grande quantità di informazio-ni. In molti casi i server non sono più ospi-tati nella sede aziendale — sono costosi in

borare il risultato degli altri e insieme alproprio lavoro trasformarlo in un modellodi business. Come ha fatto Enter. «Al con-trario dei grandi colossi, come Amazon, ilprimo a sviluppare la tecnologia cloud, o Ibm e British Telecom che come noi hannopartecipato al bando Ue, il codice del no-stro software è pubblico. Significa che pos-siamo contare su una rete enorme di risor-se con i notevoli vantaggi che ne derivano.Senza dimenticare il fatto fondamentale che il programma è analizzabile da chiun-que e chiunque può verificare non solo co-me sia fatto ma anche cosa fa».

Per pura speculazione si potrebbe pen-sare che l’Unione europea ha deliberato inloro favore anche perché certa di poter ve-rificare che i propri dati non potessero es-sere trattati impropriamente; come acca-duto per lo scandalo Prism legato ai BigData, le intercettazioni a tappeto da partedell’Nsa, la National Security Agency statu-nitense. Ma è solo una supposizione, men-tre è una certezza che il corretto trattamen-to della privacy, in un contesto open sour-ce, sia sempre verificabile. Nel caso delcloud l’influenza sul mercato del lavoro ènetta: «L’accendere, spegnere o potenziareun server è cosa che il software fa in auto-matico, mentre prima, con la sola virtua-lizzazione, si faceva a mano. Ci pensavano isistemisti che ora possono dedicarsi ad al-tri obiettivi — continua Cunietti —. E nonè detto che in un futuro molto prossimoanche altre figure professionali possano ri-valutarsi in tal senso».

Supponiamo che nel momento di picco,il mio sito di e-commerce voglia modifica-re l’investimento pubblicitario online chesi acquista tramite un’applicazione, peresempio su Google AdWords, e supponia-mo che possa essere il software in cloud adecidere in base al traffico che rileva e atti-vare l’app relativa. «In questo caso, il lavorodel marketing sarebbe svolto dal program-ma», conclude Botta. Non temano gliesperti del settore, la possibilità di una perfetta sostituzione macchina-uomo inambito lavorativo di cui si parla spesso (an-che sulle pagine de «la Lettura») non è so-stenuta da chi sviluppa il cloud. «La tecno-logia è solo un supporto — chiosa Cunietti—, senza il contributo e la gestione umanapuò diventare anche dannosa. Parafrasan-do una citazione del comico Arthur Bloch,direi che errare è umano, ma per incasina-re davvero tutto ci vuole un computer».

© RIPRODUZIONE RISERVATA

Nuvole (intelligenti) sull’Europale not pets, bestiame non cuccioli, è il mot-to bandiera del cloud computing.

La «smaterializzazione del server» la-scia spazio all’evoluzione della mente, odelle menti. «Il nostro prodotto, Enter Cloud Suite, è fatto di ricerca — continuaBotta —, non siamo dei semplici rivendi-tori di un servizio. Facciamo parte di Open-Stack, una delle più grandi comunità diprogrammatori open source del mondo.Più di 35 mila partecipanti, ognuno contri-buisce con il suo apporto per rendere ilsoftware cloud sempre più perfettibile».

Non ci sono licenze, solo righe di codicefree. Ognuno è libero di riprendere o ela-

i

Arriva la traduzione in latino dell’enciclica ecologica e finalmente uno può vedere come si dice in quella lingua che «il riscaldamento ha affetti sul ciclo del carbonio»: calefactio cyclum afficit carbonii. I latinisti del Vaticano non temono

né lo «scioglimento dei ghiacci polari» — glacierum liquatio; né «l’inquinamento prodotto dall’anidrite carbonica» — contaminatio quam dioxydum carbonicum facit. Ma come facevamo a discutere di questi argomenti fino all’altro ieri?

Lo scioglimento dei ghiacci? Glacierum liquatio

{Due parole in crocedi Luigi Accattoli

Sfide Un consorzio partecipato da una società milanese ha vinto l’appalto per gestire i Big Data dell’Unione. Battendo anche l’Ibm

termini di manutenzione e consumi (han-no bisogno di ambienti condizionati, pernon surriscaldarsi) — ma sono in affittopresso i provider di servizi internet che inoutsourcing si preoccupano di erogare, at-traverso la propria infrastruttura, il servi-zio necessario. E questo è un primo passo.«Il secondo è la virtualizzazione — conti-nua Cunietti —. Fino alla fine degli anniNovanta esisteva un rapporto 1:1 fra softwa-re e hardware, cioè fra il sistema operativoo server logico e la scatola che lo ospitava,il server fisico. Nei primi anni Duemila, laparte logica, il software, è diventata più so-fisticata, al punto da riuscire a “creare”, asua volta, una pluralità di altre unità logi-che». Cioè, se prima serviva una macchinaintera per ospitare un solo server, ora sullastessa macchina se ne possono installaremolti, con una notevole ottimizzazione diconsumi e di costi sia per il provider sia peril cliente.

E il cloud computing? «È il passo ancorasuccessivo. Il software cloud orchestra, go-verna questa pluralità di server virtuali,creandoli, spostandoli, ridimensionandolio spegnendoli in base al reale utilizzo, e lofa in maniera automatica». Quindi, se peresempio io ho un sito di e-commerce basa-to su un’infrastruttura server cloud, que-st’ultima, in autonomia, regolerà la «po-tenza» necessaria a mantenere il sito attivoin base al traffico reale. Se di notte il sito ri-ceverà poche visite, avrà bisogno di poca«potenza», se in determinate ore registre-rà dei picchi, allora la aumenterà. Io, pro-prietario del sito e cliente di un serviceprovider, pagherò in base al consumo ef-fettivo. «Internet, al contrario di quel chesi crede, è un’entità estremamente fisica,tangibile — riprende Botta —, e richiedeinfrastrutture, cavi, macchine potenti che si traducono in costo, se si pensa all’inve-stimento necessario e alla manutenzione».

Quello che sta succedendo ora è chequesta fisicità si sta gradualmente ridu-cendo, «quello che offriamo — continuaCunietti — è un utilizzo sempre minoredella “macchina” a favore del software».Software is eating the world, dicono glismanettoni, il software si mangerà il mon-do: «I server fisici diventano sempre piùferraglia indistinta, o commodity, perchéciò che conta sono i programmi che ospi-tano — chiarisce Cunietti —. La macchinanon è più assegnata univocamente a uncliente e chiamata con nomignoli persona-li, come si fa con un gatto o un cane». Catt-

Qui sotto: foto di gruppo di Enter nella sede milanese. In basso, da sinistra: Ivan Botta e Mariano Cunietti. A sinistra: una elaborazione delcloud computing realizzata da Pierpaolo Barresi durante una conferenza (www.thisisyobi.com)

di ALESSANDRA SANTANGELO

La commessaIl bando Ue «DIGIT Cloud I»

è stato appena vintodal consorzio Cta

(Cloud Team Alliance,www.cloudteamalliance.com)

composto dall’italiana Enter,dalla francese Numergy,

dalla spagnola Gigas e daPortugal Telecom. Ha battuto

grandi player come Ibm,British Telecom, Atos

e Accenture. Il consorzio,attraverso le proprie

infrastrutture dislocatesul territorio, utilizzeràproprio la piattaforma

italiana Enter Cloud Suite(www.entercloudsuite.com),

il software di archiviazionerisultato dalla collaborazione

open source con OpenStack(www.openstack.org)

La societàIvan Botta (46 anni)

e Mariano Cunietti (42)sono rispettivamente

l’amministratore delegato(Ceo) e il responsabile

tecnico (Cto) di Enter(www.enter.it). La sede

milanese si sviluppa su oltre1.500 metri quadrati, dove,

oltre ai membri della società(35 in sede), trovano spazio

anche realtà aziendali(e professionali) diverse,nella logica di coworking(www.coworkinglogin.it).

Enter investe anchein start up come Wemake

(www.wemake.cc), unlaboratorio di arti & mestieri

tecnologico (stampanti 3D,taglio laser, Arduino)

e Produzioni dal Basso(www.produzionidalbasso.

com), prima piattaformadi crowdfunding italiana

L’open source delle «cose»Non solo software,

la modalità collaborativae free dell’open source si

applica anche all’hardware:nella sede di Enter

si lavora al RuggedPod(http://ruggedpod.qyshare.

com), un server che puòessere installato in esterno,

al riparo da sole e pioggia,e può ospitare fino a otto

computer collegatia una piattaforma

di cloud computing. Il cubo inalluminio viene riempito con

olio organico dielettrico (edecologico) che grazie a una

pompa di ricircolo sposta, perconvezione, il calore verso le

pareti. Il rivestimento «a nidod’ape» (brevettato) consente

di dissipare grandi quantitàdi calore senza l’ausilio di

condizionatori, come inveceavviene in tutti i datacenter

(le «stanze» dovealloggiano i server fisici),

consentendo un risparmiodel 30-40% nel consumo

di corrente complessivo

L’evoluzione della spam

I finti ascoltiintasano Spotify

Nata come flusso di mail truffaldine, la spam ha accompagnato gran parte della

storia di internet. Con lo sbocciare di servizi come Spotify, che permettonodi ascoltare in streaming la musica, queste comunicazioni malefiche si sono evolute per adattarsi al nuovo ambiente. Il sito paga agli artisti da 0,001 a 0,007 dollari per «stream», singolo ascolto di una traccia: la «truffa» verte sul generare ascolti dal nulla. È la forma «classica» di spam in Spotify: una serie di bot creano finti artisti che sviluppano finti brani in grado di simulare ascolti veri. Ci sono anche metodi più rozzi, come caricare negli archivi del servizio tracce piene di rumore bianco presentandole come hit di successo; oppure inserire delle cover mal riuscite di brani famosi sperando nell’effetto-traino del titolo. Tra la click fraud (truffa dei link) e la rincorsa agli ascoltatori meno attenti, Spotify è stata costretta a difendere il suo modello di business, e ha promesso di dare battaglia alla spam musicale. Lo deve agli artisti, ma soprattutto ai propri utenti.

© RIPRODUZIONE RISERVATA

di PIETRO MINTO