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arté in questo numero Da Bowlby a Budda Un’iniziale esplorazione del significato di ‘attaccamento’ e ‘non-attaccamento’ e delle loro implicazioni per la Drammaterapia L’albero dei desideri: l’arte terapia con i bambini ricoverati in Ematoncologia pediatrica ed i loro genitori Applicazione della musicoterapia nei disturbi d’ansia Le artiterapie e la scientificità. Esiste un ponte che le unisce? ovvero Arteterapia, teatro di esperienze e di mutamenti profondi Il piccolo seme... conversazioni al confine Laboratorio di Danza e Arte Terapia dedicato a bambini in situazione di grave disabilità psicofisica in una ludoteca comunale Il suono dello stress: come percepire la sintomatologia del “Burn Out” A CURA DI COOPERATIVA SABA CENTRO DI RIABILITAZIONE GIOVANNI FERRERO ASSOCIAZIONE MUSICA E TERAPIA COOPERATIVA SOCIALE CIMAS COOPERATIVA SOCIALE LA LINEA DELL’ARCO COOP. SOC. CENTRO STUDI DANZA ANIMAZIONE ARTE TERAPIA COOPERATIVA IL CANTO DI LOS 03 ISSN 1971-811X ANNO_03_NUM_03_APRILE_2008 QUADERNI ITALIANI DELLE ARTITERAPIE

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artéin questo numero Da Bowlby a Budda

Un’iniziale esplorazione del significato di ‘attaccamento’ e ‘non-attaccamento’e delle loro implicazioni per la Drammaterapia

L’albero dei desideri:l’arte terapia con i bambini ricoverati in Ematoncologia pediatricaed i loro genitori

Applicazione della musicoterapianei disturbi d’ansia

Le artiterapie e la scientificità.Esiste un ponte che le unisce?ovvero Arteterapia, teatro di esperienze e di mutamenti profondi

Il piccolo seme... conversazioni al confineLaboratorio di Danza e Arte Terapia dedicato a bambini in situazionedi grave disabilità psicofisica in una ludoteca comunale

Il suono dello stress:come percepire la sintomatologia del “Burn Out”

A CURA DI COOPERATIVA SABA

CENTRO DI RIABILITAZIONE GIOVANNI FERREROASSOCIAZIONE MUSICA E TERAPIA

COOPERATIVA SOCIALE CIMASCOOPERATIVA SOCIALE LA LINEA DELL’ARCO

COOP. SOC. CENTRO STUDI DANZA ANIMAZIONE ARTE TERAPIACOOPERATIVA IL CANTO DI LOS

03

ISSN 1971-811X ANNO_03_NUM_03_APRILE_2008

QUADERNI ITALIANI DELLE ARTITERAPIE

arté_03 2012-12-13 16:15 Pagina 1

COSMOPOLIS SNCCorso Peschiera, 320 - 10139 Torino - tel/fax 011 71 02 09

www.edizionicosmopolis.it - [email protected]

ABBONAMENTOPer 2 numeri / 1 anno: 20,00 euro

Versamento su c.c.p. 47371257 intestato a Cosmopolis s.n.c.causale “abbonamento ar-té” e l’anno di riferimento

A CURA DI■ COOPERATIVA SABA

■ CENTRO DI RIABILITAZIONE GIOVANNI FERRERO■ ASSOCIAZIONE MUSICA E TERAPIA

■ COOPERATIVA SOCIALE CIMAS■ COOPERATIVA SOCIALE LA LINEA DELL’ARCO

■ COOP. SOC. CENTRO STUDI DANZA ANIMAZIONE ARTE TERAPIA■ COOPERATIVA IL CANTO DI LOS

DIRETTORE EDITORIALEGerardo Manarolo

COMITATO DI REDAZIONEClaudio Bonanomi - Coop. Soc. La Linea dell’Arco

Sabrina Borlengo - Centro Ferrero

Barbara Crescimanno - Coop. Soc. Il canto di Los

Ferruccio Demaestri - Ass. Musica e Terapia

Lorenzo Orlandi - Coop. Soc. CIMAS

Shaula Pellerano - Coop. Saba

COMITATO SCIENTIFICOGiorgio Bedoni - Psichiatra, Psicoterapeuta, Docente scuola di arteterapia di Lecco

Roberto Boccalon - Psichiatra, Arteterapeuta art-therapy, Ferrara

Claudio Bonanomi - Psicologo, Musicoterapista,Direttore Centro di Formazione nelle Artiterapie, Lecco

Giuseppe Castelli - Psicologo, Dirigente Asl MI 3, Coop. Soc. CIMAS

Roberto Caterina - Professore Associato, Cattedra di Psicologia della Musica, Dipartimento di Psicologia, Università di Bologna

Giovanni Chiavazza - Psicologo, Psicoterapeuta, Coordinatore servizi ambulatoriali,Centro di Riabilitazione Giovanni Ferrero, Alba

Giovanni Del Puente - Dipartimento di Neuroscienze Oftalmologia e Genetica,Scienze di Psichiatria, Università di Genova

Daniela Di Mauro - Psicologa, DMT, Palermo

Giovanna Ferrandes - Psicologa, Psicoterapeuta, Azienda Ospedaliera-UniversitariaSan Martino, Genova

Luigi Ferranini - Direttore Dsm Asl 3 Genovese, Professore a contrattoall’Università degli Studi, Dipartimento di Neuroscienze Oftalmologia e Genetica,Sezione di Psichiatria, Università di Genova

Pier Maria Furlan - Professore Ordinario di Psichiatria e Direttore del DipartimentoInteraziendale di salute Mentale ASO San Luigi Gonzaga - Asl 5 di Collegno - Università di Torino

Giuliana Gai - Direttore Sanitario, Coop. Saba, Genova

Maria Elena Garcia - Danzamovimentoterapeuta, Docente corso di musicoterapia di Assisi

Giovanni Giusto - Direttore Scientifico Gruppo Redancia, Genova

Daniele La Barbera - Direttore Cattedra di Psichiatria e Riabilitazione Psichiatrica,Università di Palermo

Claudio Lugo - Musicista, Compositore, Docente Conservatorio di Alessandria

Andrea Masotti - Musicista, musicoterapista, Centro Ars Nova, Genova

Donatella Mondino - Arteterapeuta, docente art-therapy, Torino

Deborah Nogaretti - Arteterapeuta, Coordinatrice Coop. Soc. CIMAS

Laura Panza - Psicologa, Danzamovimentoterapeuta DMT, APID, Milano

Maurizio Peciccia - Psichiatra, Psicoterapeuta, Università di Perugia, Presidente Apiart

Fausto Petrella - Professore Ordinario di Psichiatria, Università di Pavia,Membro ordinario con funzioni di training della Società psicoanalitica italiana

Salvo Petruzzella - Drammaterapeuta, Psicodrammista,Overseas Member della BADTh (British Association of Dramatherapy)

Rosa Porasso - Psicologa, Arteterapeuta, Docente scuola di arteterapia di Lecco

Pier Luigi Postacchini - Psichiatra, Neuropsichiatra,Coordinatore Corso quadriennale di musicoterapia di Assisi

Vincenzo Puxeddu - Medico fisiatra, Danzamovimentoterapeuta, Presidente Apid, Cagliari

Pio Enrico Ricci Bitti - Professore Ordinario di Psicologia Generale,Dipartimento di Psicologia, Università di Bologna

Alessandro Tamino - Psichiatra, Psicoterapeuta, Presidente Associazione Scuoladi Artiterapie e Psicoterapie Espressive, Roma

Laura Tonani - Arteterapeuta, Docente Accademia di Brera

Maria Assunta Vicini - Psicologa, Psicoterapeuta, Coop Soc. CIMAS

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ditoriaIl primo numero del 2008 di ar-té si apre con le rifles-sioni di Di Gammage, nella traduzione di MargheritaGalasso e con la revisione di Salvo Pitruzzella.L’articolo ci offre un stimolante tentativo di integrareconcezioni Buddiste, teorie psicologiche e pratichedrammaterapiche.A seguire “L’albero dei desideri” di Cinzia FavaroScacco e di Giovanna Baggione descrive un’esperienzadi arte terapia all’interno di un reparto di ematoncolo-gia pediatrica. Questo articolo congiuntamente al con-tributo di Wilma Cipriani e Attilia Cossio (“Le artite-rapie e la scientif icità”, suggestivo dialogo fra duearteterapeute che rileggono alla luce della loro espe-rienza e in relazione alle recenti scoperte neuroscienti-fiche la loro pratica professionale) e a quello di E. degliEsposti, A. Monteleone, F. Stolfi (“Il piccolo seme con-versazioni al confine”, riuscito tentativo di integrare

due pratiche espressive, l’arteterapia e la danzamovi-mentoterapia), è stato presentato nel corso del Conve-gno “Identità dinamica delle Artiterapie”, svoltosi inAssisi nell’ottobre 2007 (ar-té pubblicherà progressiva-mente tutte le relazioni presentate in quell’occasione).Completano il terzo numero di ar-té due lavori dedi-cati alla musicoterapia.“Applicazioni della musicoterapia nei disturbi d’ansia”(Roberto Poli, Laura Gamba, Amedeo Mainardi,Emilio Agrimi) presenta uno studio quantitativo sul-l’efficacia della musicoterapia nei disturbi dello spettroansioso-depressivo, mentre “Il suono dello stress” (Bru-no Foti) descrive un interessante e innovativa propostad’intervento nei confronti del burn out che spesso af-fligge gli operatori socio-sanitari.

Gerardo Manarolo

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m somm04 Da Bowlby a Budda

Un’iniziale esplorazione del significato di ‘attaccamento’ e ‘non-attaccamento’e delle loro implicazioni per la DrammaterapiaDI GAMMAGE

15 L’albero dei desideri:l’arte terapia con i bambini ricoverati in Ematoncologia pediatrica ed i loro genitoriCINZIA FAVARA SCACCO, GIOVANNA BAGGIONE

22 Applicazione della musicoterapia nei disturbi d’ansiaROBERTO POLI, LAURA GAMBA, AMEDEO MAINARDI, EMILIO AGRIMI

27 Le artiterapie e la scientificità. Esiste un ponte che le unisce?ovvero Arteterapia, teatro di esperienze e di mutamenti profondiWILMA CIPRIANI, ATTILIA COSSIO

38 Il piccolo seme... conversazioni al confineLaboratorio di Danza e Arte Terapia dedicato a bambini in situazionedi grave disabilità psicofisica in una ludoteca comunaleELVEZIA DEGLI ESPOSTI, ANTONELLA MONTELEONE, FRANCESCA STOLFI

44 Il suono dello stress:come percepire la sintomatologia del “Burn Out”BRUNO FOTI

52 Recensioni ar-té

60 Notiziario ar-té 03

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Da Bowlby a Budda*Un’iniziale esplorazione del significato di ‘attaccamento’ e ‘non-attaccamento’e delle loro implicazioni per la Drammaterapia

DI GAMMAGEQuesto essere umano.Questo essere umano è un albergo.Ogni mattina un nuovo arrivo.

Una gioia, una depressione, una meschinità, una momentanea consapevolezza arrivacome un visitatore inaspettato.

Dà il benvenuto ed accoglili tutti!Anche se si tratta di una moltitudinedi travagli che violentementespazzano via dalla tua casa ogni suppellettile,tratta ognuno di questi ospiticon gli onori del caso.Può darsi che ti preparia qualcosa di nuovo e di bello.

I pensieri cupi, la vergogna, la maliziaaccoglili sulla soglia sorridendoed invitali ad entrare.

Sii grato per ognuno che vieneperché è stato mandatocome guida dall’aldilà.

Rumi

Introduzione ■Sono trascorsi molti anni dal mio primo incon-tro con il Buddismo. Ho un ricordo molto in-tenso di quando mi trovai ad ascoltare un orato-re, in una fredda ventosa serata, che mi dicevache non siamo nulla, che bisogna aspirare aduno stato privo dell’ego e che finché non avre-mo raggiunto questo continueremo a soffrire.Rimasi sbigottita e quasi offesa! Io stavo diligen-

temente lavorando per sviluppare e raffinare ilmio ego, come pure l’ego dei miei pazienti, soloper sentirmi dire che quello era l’unico metodoper alleviare la sofferenza. Avvertii le parole del-l’oratore minacciose e aliene e, senza averne fat-to esperienza alcuna, ne provai un’immediataavversione. Quando rifletto su questo incontro,mi chiedo come gli altri ascoltatori possanoaverlo recepito. La mia amica, ad esempio, nonebbe una reazione così violenta alle sue affer-mazioni e francamente la mia rabbia la destabi-lizzò. Questo probabilmente ha contribuito inqualche modo alla fine della nostra amicizia.Durante questi ultimi tre anni, mi sono trovatapiù aperta e disponibile alla pratica del Buddi-smo. Ne è nata una curiosità sempre crescente.Vorrei poter credere che oggi nella mia anima cisia più luce e meno rabbia. Vorrei ritenere chela mia capacità di rispondere, piuttosto che rea-gire, sia diventata più profonda. Forse in quellafatale sera di tanti anni fa è stato piantato un se-me, che lentamente ha iniziato a germogliare.“Il frutto della consapevolezza è già maturo, e laporta non può essere chiusa ancora una volta”(Nhat Hanh, 1993).Come drammaterapista e playtherapist (e pri-ma ancora come operatore sociale residenziale),sono stata testimone di tanta sofferenza. Consi-dero un privilegio il lavoro che ho intrapreso, etuttavia la mia anima di terapeuta continua acovare un certo disagio. Sorgono domande: chesta accadendo? E che cosa è bene che accada?Come faccio a rendermene conto? Fino alla do-manda fondamentale: quale credo che sia l’es-senza della natura umana? Siamo innatamente‘buoni’ o innatamente ‘cattivi’?Man mano che vado scoprendo di più sulla pra-

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tica del Buddismo, la strada del Dharma, vadotrovando risposte al mio disagio. In particolare,mi sono trovata particolarmente coinvolta nel-l’argomento ‘attaccamento’. Ho trovato sia unriscontro sia una dissonanza con la conoscenzache ho acquisito, tanto nell’ambito della psicolo-gia occidentale, quanto in quello della filosofiaorientale. La teoria del-l’attaccamento propostada John Bowlby e MaryAinsworth e l’insegna-mento del Budda del non-attaccamento sembranorispecchiarsi e sfidarsi avicenda e servono ad illuminare la comprensio-ne dell’essenza di quanto si intende come essereumano. Quanto segue è - in effetti - un’indagineall’interno dello sviluppo dell’ego e del suo supe-ramento - dall’incarnazione del bambino allascoperta da parte dell’adulto di poter essere qual-che cosa oltre i condizionamenti dell’ego. Pre-sento qui la mia cauta esplorazione sul significa-to di attaccamento e non-attaccamento e lerelative implicazioni nell’ambito della terapia.

Chi è il Budda? ■Ho scoperto che quando i Buddisti parlano diBudda, fanno riferimento sia al Budda storicoche alla natura del Budda in ciascuno di noi. IlBudda, cioè il primo Budda, è Siddhartha Gau-tama, nato principe in India oltre 500 anni pri-ma di Cristo. Budda non era un dio, era un es-sere umano che ha sofferto come ogni altroessere umano. Siddhartha abbandonò la vita dipalazzo a 29 anni per cercare di trovare unaspiegazione della sofferenza che lo circondava eper tentare di porvi fine in qualche modo. Egli

vagabondò per circa sei anni, sperimentandovarie pratiche, quali l’auto-indulgenza e l’auto-tortura, la trance, lo yoga, l’introspezione pro-fonda e infine il digiuno. Così, indebolito e pro-strato dal digiuno, egli - come racconta laleggenda - si sedette sotto l’albero della ‘Bodhi’,dichiarando: “Non mi muoverò di qui fino a

quando la mia conoscenzanon sarà completa... o finoa quando morirò”. Restò lìseduto tutta la notte, equando la stella del matti-no fu alta nel cielo, si ma-nifestò in lui un profon-

dissimo cambiamento. Divenne un Budda,pieno di sapienza e d’amore. Fu illuminato. Daquel momento, fece voto di fare quanto era insuo potere per alleviare le sofferenze del mondoe per oltre quarant’anni questo è ciò che fece.La parola ‘Budda’ significa essenzialmente ‘sve-glio’ o ‘colui che è stato risvegliato’; in relazionea quella intima saggezza insita in ognuno, de-scritta come “crescere e trovarsi perfettamente aproprio agio nel mondo, non importa quanto dif-ficile possa essere la situazione in cui ci si trovi”(Chodron, 1994). Questo principio risuona nellavoro di Carl Rogers e costituisce la base delsuo approccio alla persona in psicoterapia. Egliriteneva che ogni essere umano possegga un’in-nata tendenza alla fiducia. Questo suo punto divista è condiviso da moltissimi psicoterapeuti epsicoanalisti di differenti origini. L’insegnamen-to del Budda si basa sulle “Quattro Nobili Veri-tà”. Queste verità offrono all’individuo la possi-bilità di abbracciare la propria sofferenza e dianalizzarla nel profondo. La prima nobile veritàè che la sofferenza (dukkha) esiste. Budda ha

L’INSEGNAMENTO DEL BUDDASI BASA SULLE “QUATTRO NOBILI VERITÀ”.QUESTE VERITÀ OFFRONO ALL’INDIVIDUOLA POSSIBILITÀ DI ABBRACCIARELA PROPRIA SOFFERENZAE DI ANALIZZARLA NEL PROFONDO

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DI GAMMAGE

puntualizzato nel suo insegnamento il bisogno diriconoscere la presenza della sofferenza, piuttostoche negarla o minimizzarla. La seconda nobileverità è l’origine o provenienza della sofferenza.Un’analisi profonda sul come questa sofferenzasia venuta ad essere. Che cos’è che facciamo, inche situazione ci troviamo sì da determinare talesofferenza? La terza nobile verità è cessare dicreare sofferenza trattenendosi dal fare ciò checausa la sofferenza. La sofferenza può essere tra-sformata. Il buddismo è fondamentalmente unapratica ed è la pratica di mettere fine alla soffe-renza. La seconda e la terza nobile verità hannogrande importanza per il terapeuta, poiché ine-quivocabilmente incanalano il potenziale per laguarigione attraverso la comprensione della sof-ferenza. La quarta nobile verità è il camminodharmico che porta a trattenersi dal fare tutto ciòche causa sofferenza e fa-vorire invece ciò che con-duce alla felicità e alla li-berazione. Il sentiero dellatrasformazione o muta-mento dell’anima. Lo psi-codrammatista e buddista zen David Brazier de-finisce così le quattro nobili verità:1. Riconoscere le sofferenze di questo mondo

come reali e veritiere.2. Riconoscere che collegate con queste soffe-

renze vi sono un’energia e una forza motivan-te che possono trasformarsi in bene o in male.

3. Utilizzare quell’energia.4. La vita nobile che scaturisce da tutto questo:

una vita guidata dalla visione.(Brazier, 2001)

Le quattro nobili verità sono una sorta di lentiattraverso le quali possiamo osservare le nostre

vite e che ci danno la possibilità di andare versola liberazione. Sebbene il Budda ritenesse che laliberazione personale fosse responsabilità del-l’individuo, c’è un forte accento sulla comunità(sangha) e sulla dipendenza dell’individuo daglialtri. Le quattro nobili verità sono anche una viaper comprendere il processo del cambiamentoterapeutico. La crescita personale del paziente èresponsabilità del paziente stesso, tuttavia è larelazione terapeutica che aiuta a facilitare talecrescita. La sfida del drammaterapista è sul co-me utilizzare l’energia del paziente e agevolarnel’impiego a beneficio del paziente stesso.

La teoria dell’attaccamentodi John Bowlby ■Alla fine degli anni 30 lo psicoanalista britanni-co John Bowlby ha allertato l’attenzione del

mondo della psicologiasul significato della rela-zione fra la salute menta-le e lo sviluppo del carat-tere del bambino da unlato e la sua esperienza

della presenza fisica della madre e l’atteggia-mento emotivo di quest’ultima nei confronti delsuo bambino dall’altro. Prima del lavoro diBowlby (con l’encomiabile eccezione dei contri-buti di Dorothy Burlingham e Anna Freud), leconnessioni erano vaghe e riflettevano i pregiu-dizi dei professionisti coinvolti. La teoria dell’at-taccamento cerca di comprendere la natura dellegame che si stabilisce fra gli esseri umani e cheha origine fondamentalmente dal bisogno diprotezione e sicurezza e conforto. Il cucciolodell’uomo, a differenza degli altri mammiferi,nasce disgraziatamente inerme ed è assoluta-

Da Bowlby a Budda*Un’iniziale esplorazione del significato di ‘attaccamento’ e ‘non-attaccamento’e delle loro implicazioni per la Drammaterapia

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LA SFIDA DEL DRAMMATERAPISTAÈ SUL COME UTILIZZARE L’ENERGIA DELPAZIENTE E AGEVOLARNE L’IMPIEGO ABENEFICIO DEL PAZIENTE STESSO

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mente dipendente da chi se ne prende cura nel-la primissima parte della sua vita (mi riferisco albambino maschio per distinguere fra lui e lamadre. Ma, naturalmente, questo vale ancheper le bambine).Mary Ainsworth, collega di Bowlby e importantepsicologa a suo buon diritto, ha portato avanti lateoria di Bowlby con una meticolosa documenta-zione delle sue osservazionisul rapporto madre-figlio(inizialmente in Uganda,successivamente negli StatiUniti). È stata la Ainswortha creare l’esperimento del-la “Strange Situation” (si-tuazione strana). Tale esperimento, uno dei metodidiagnostici più ampiamente usati e affidabili in psi-cologia, dà al professionista l’opportunità di accer-tare il modello di relazione fra madre e bambino(Ainsworth, 1988, 1994). Il significato del primo at-taccamento è profondo, perché fornisce al bambi-no uno schema della capacità dell’essere umano diamare ed essere amato e quindi di tutte le possibilifuture relazioni, compreso il rapporto che l’indivi-duo verrà a creare con il proprio bambino (Ain-sworth e Wittig, 1969; Ainsworth, 1985; Main etal., 1985).Nell’esperimento, il genitore (di solito la madre,sebbene anche i padri prendano parte all’esperi-mento) e un bambino di circa un anno vengonointrodotti in una stanza da gioco sconosciuta,con un estraneo nel ruolo di sperimentatore.Uno specchio unidirezionale consente di osser-vare la situazione: le reazioni, le risposte e ilcomportamento del bambino sono prese in con-siderazione nel momento in cui la mamma la-scia la stanza, durante la sua assenza, e al suo ri-

entro. Di particolare importanza per chi osservasono le modalità con cui il bambino si separadalla madre, si rapporta con l’operatore durantel’assenza di lei, manifesta la volontà di essereconfortato dall’operatore, riesce a rimanere solo,infine si riunisce alla mamma. Quando la mam-ma lascia la stanza per la seconda volta, anchel’operatore si allontana lasciando solo il bambi-

no. L’operatore rientrapoco dopo seguito dallamadre. L’esperimento siconclude così. La Ain-sworth e i suoi colleghihanno osservato attenta-mente e registrato un gran

numero di coppie madre-bambino e i risultatisono stati coerenti nonostante le diversità sia nelbackground che nell’esperienza dei soggetti. Daquesti risultati, i ricercatori hanno tratto l’oppor-tunità di catalogare gli schemi comportamentalidei bambini. La Ainsworth ha identificato tre ca-tegorie di attaccamento (una quarta è stata crea-ta in seguito). Queste categorie sono:

Attaccamento sicuroL’attaccamento sicuro è caratterizzato dal bam-bino che manifesta un certo grado di disagio,quando la mamma si allontana, e al tempo stes-so la voglia di rapportarsi con l’operatore, di es-sere da questi consolato e di giocare con i gio-cattoli. Al rientro della mamma, il bambinol’accoglie con sorrisi, gridolini, pianto o un in-sieme di questi. C’è il desiderio del conforto fisi-co da parte della mamma, e la mamma gli ri-sponde felice. Alla seconda uscita della mammaaccompagnata dall’operatore, lo stato di ansiadel bambino aumenta. Il ritrovarsi con la mam-

LA TEORIA DELL’ATTACCAMENTO CERCA DICOMPRENDERE LA NATURA DEL LEGAME CHESI STABILISCE FRA GLI ESSERI UMANI E CHE HAORIGINE FONDAMENTALMENTE DAL BISOGNODI PROTEZIONE E SICUREZZA E CONFORTO

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ma provoca le medesime risposte di prima macon una maggiore intensità. Questo bambino èsicuro che la mamma sia sensibile nei suoi con-fronti. È sicuro che ella sarà prontamente dispo-nibile nel caso in cui abbia bisogno del suo con-forto e della sua protezione.

Attaccamento insicuroL’attaccamento insicuro viene suddiviso in treulteriori categorie:- Attaccamento ansioso-resistente

o ambivalenteQuesto bambino è incerto della disponibilità edella sensibilità della sua mamma. Non può con-fidare sul fatto che lei lo proteggerà o lo conforte-rà quando avrà paura o soffrirà. Questo bambi-no è sempre incline all’ansia da separazione, siaggrappa e non ha fiducia né nell’ambiente chelo circonda, né in se stesso. Spesso la mammautilizza minacce di abbandono come strumentidi controllo. Questa madre è incoerente nellacura del suo bambino: talvolta è disponibile, al-tre volte non lo è. Nella “strange situation” ilbambino con attaccamento ambivalente mostre-rà livelli di disagio più alti rispetto al bambinocon attaccamento sicuro. Sarà meno disponibilea rapportarsi con l’operatore e meno capace ditrarre conforto da quest’ultimo. Al ritorno dellamamma la saluterà proprio come il bambinocon attaccamento sicuro, ma manifesterà incer-tezza nei confronti della mamma (rispecchiandol’esperienza di lei nei suoi confronti), e ciò si vedenell’allontanarla da sé, ma al tempo stesso neldesiderio di averla vicina. Gli impulsi contrad-dittori possono manifestarsi nel picchiare, scal-ciare o schiaffeggiare e contemporaneamentenel cercare conforto in lei.

- Attaccamento ansioso-evitanteMentre il bambino con attaccamento ambiva-lente è incerto se fidarsi della madre, il bambinocon attaccamento evitante sa senza alcun dub-bio di non potersi fidare della disponibilità dellamadre. Ha imparato molto presto a non potercontare su di lei e quindi sull’ambiente che locirconda. In fin dei conti egli ha solo se stesso equesto suo sé nato dall’isolamento e dalla dispe-razione è fragile e frammentario. Nella “strangesituation”, il bambino con attaccamento ansio-so-evitante evidenzia un basso livello di soffe-renza all’allontanamento della madre. Ha fami-liarità con la situazione ed ha imparato asopravvivere come meglio può. Sembra distac-cato dall’ambiente che lo circonda e in granparte anche da se stesso. La sua capacità di gio-care con i giocattoli e di rapportarsi con l’opera-tore è notevolmente impedita. Si tratta di unbambino che non manifesta la propria sofferen-za perché nessuno comunque la considera.- Attaccamento disorganizzatoQuesta terza categoria dell’attaccamento insicu-ro è stata inclusa dalla Ainsworth e dai suoi colle-ghi quando hanno notato un numero ristretto,tuttavia significativo, di bambini che non rientra-vano nell’una o nell’altra delle categorie in quan-to il loro comportamento appariva disorientato eimprevedibile. Il bambino con uno schema di at-taccamento disorganizzato può manifestare ca-ratteristiche simili a quelle dei bambini con attac-camento ambivalente, tuttavia questo bambinoattiva anche comportamenti stereotipati, comeimmobilità, movimenti ripetitivi, dondolando osbattendo violentemente la testa. Nella “strangesituation”, il bambino inquadrato nello schemadell’attaccamento disorganizzato tende a mostra-

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arté_03 2012-12-13 16:15 Pagina 10

re livelli estremi di sofferenza nel momento dell’al-lontanamento della madre, controbilanciati daicomportamenti di auto-consolazione che abbia-mo evidenziato sopra. La sua capacità di giocarecon i giocattoli o di rapportarsi con l’operatore èsensibilmente deteriorata.

Il contesto più ampioSecondo me, è assolutamente necessario inseri-re l’altro genitore (di solito il padre) nel campio-namento sistematico dell’attaccamento del bam-bino, se questo genitore è presente nella sua vita.Questo non solo perché il padre sviluppa con ilbambino una relazione diversa, che ha la poten-zialità di essere tanto significativa quanto quellacon la madre. È importante includere l’altro ge-nitore perché la disponibilità della mamma e lasua capacità di rispondere sensitivamente albambino ha una diretta corrispondenza con lacapacità del padre di essere disponibile e sensi-bile nei suoi confronti. Se la madre sperimentaun attaccamento sicuro nei confronti del suopartner, è più probabile che lei faccia altrettantocon il suo bambino.La mamma stessa un tempo è stata bambina, edha fatto dell’esperienzadel suo primo attacca-mento con la propria ma-dre. Come detto prima,tutte le relazioni future,comprese quelle con ipropri bambini, avranno come fondamentoquesto primo attaccamento.Non è comunque una conclusione scontata chel’individuo con attaccamento insicuro automati-camente continui a ricreare analoghe relazioniin futuro. Mary Main, collega della Ainsworth,

è stata in prima linea nella ricerca degli effettilongitudinali dell’attaccamento infantile e delloro rilievo nel corso del ciclo vitale (Main,1991). Ha stabilito che al bambino con attacca-mento insicuro è ancora aperta la possibilità diattaccamento sicuro con altre persone. In altritermini, la trasformazione è possibile.Una persona che può diventare estremamentesignificativa nella vita di un bambino (o di unadulto) con attaccamento insicuro è il terapista.All’interno del rapporto terapeutico, quella par-te del sé, benché modesta, quella che è rimastaintrinsecamente saggia e in attesa di un’oppor-tunità di relazionarsi in una sana modalità, puòvenire risvegliata e coltivata.

IlluminazioneSotto l’albero, il Budda fu illuminato. Il buddi-smo utilizza il concetto di “illuminazione” come“realizzazione definitiva e liberazione”. L’illumi-nazione è la comprensione completa di come sicrea la sofferenza e di come si possa vivere unavita libera dalla sofferenza. Vivere una vita inamore, libertà, apertura mentale e senza paure.Van Morrison mi sollecita: “svegliati”; mi dice

che l’illuminazione è ilnon attaccamento (1990).Io ho chiesto alla mia te-rapeuta che cosa signifi-casse “illuminazione”, esenza esitare lei mi ha ri-

sposto: “è il vivere senza paura”. Paura è sospet-to e diffidenza. Quindi l’illuminazione compor-ta il vivere con fiducia. Fiducia in me stessa e nelmondo in cui vivo. Prendere coscienza della miaaffidabilità in termini reali significa non preoc-cuparmi del denaro, delle mie relazioni, di come

L’ILLUMINAZIONE È LA COMPRENSIONECOMPLETA DI COME SI CREA LA SOFFERENZAE DI COME SI POSSA VIVERE UNA VITA LIBERADALLA SOFFERENZA

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DI GAMMAGE

le persone mi vedono e di ciò che esse pensano dime, della mia salute, della salute e del benesseredei miei figli, del mio partner, della mia famiglia,dei miei amici, dei miei clienti, del mio paese, delmondo, della mancanza d’acqua, del crescere del-l’inquinamento, del buco nell’ozono, dell’esauri-mento delle risorse naturali mondiali, dello sciogli-mento dei ghiacciai, dell’estinzione dell’orso polare,della prostituzione dei minori, dei genocidi, dellealluvioni, dell’insaziabile avidità dell’uomo e dellacorruzione, della mancanza di senso nella vitaumana, della solitudine, della violenza, dell’alcoli-smo, dell’HIV, della povertà, del cancro, della vec-chiaia, della malattia... della morte. Capisco che c’èuna differenza fra preoccupazione e coinvolgimen-to. Non è che io manchi di coinvolgimento rispetto aquanto elencato, piuttosto sono alla ricerca di una li-bertà dall’inutile auto-ossessione che fa capo soltantoa me stessa e al mio ego. Questa liberazione consenteun coinvolgimento moltopiù aperto e autentico perquanto c’è di veramenteprezioso nella vita. Vivereuna vita così “illumina-ta”? Chi l’ha rifiuterebbe?Così, nel buddismo, se “il-luminazione” significa vivere senza paure, senza sof-ferenza, e “illuminazione” è non-attaccamento, cosasignifica non-attaccamento?

Non-attaccamentoIl buddismo nel suo complesso ha come anima lapratica del non-attaccamento, del lasciar andare.Qui però il concetto di attaccamento ha un signifi-cato che va al di là delle nostre relazioni con gli al-tri. Noi possiamo attaccarci praticamente a tutto:per esempio al nostro corpo (la nostra bellezza, la

nostra gioventù, il nostro vigore, la nostra cecità, inostri limiti), ai nostri sentimenti (sono una personairascibile, sono sempre ansioso), alle nostre convin-zioni (io ho ragione, tu hai torto, c’è un solo modo,ed è il mio), al ruolo che giochiamo nelle nostre vite(vittima, aggressore, martire, salvatore, eroe/eroina,protettore, saggio), alle nostre ricchezze materiali, ilbenessere e l’illusione di sicurezza che frequente-mente le accompagna. Spesso implicita in questi“attaccamenti” è la mancanza di scelta, libertà ecapacità di cambiamento (io sono questo... geloso,perfezionista, spaventato dalle responsabilità, inca-pace di vedere i piatti sporchi impilati nel lavello, in-troverso). Quando ci abbarbichiamo così forte-mente a qualcosa, ci chiudiamo alla possibilità diqualcos’altro.Si può pensare che il non-attaccamento comportiseparazione, distacco o avversione verso qualcosa.Si tratta di un modo di vedere inaccurato. L’evita-

re (allontanarsi), l’ambi-valenza (andare verso eallontanarsi) e l’attaccar-si (spingersi verso) sonotutte forme di attacca-mento (nel senso buddi-sta del concetto) e tutte

comportano sofferenza. Qui sono presenti riso-nanze con gli schemi dell’attaccamento insicuroidentificati da Ainsworth. Diversamente dalle si-tuazioni di evitamento, ambivalenza e stretto at-taccamento, ciascuna delle quali ha un fonda-mento di paura e di una sorta di chiusura, il“non-attaccamento” presenta una virtù del cuoreed una qualità di apertura. È possibile sentire ilcuore che letteralmente si apre e si chiude quandosi è commossi o quando ci si sente minacciati oumiliati. Quest’esperienza è reale e avvertita a li-

Da Bowlby a Budda*Un’iniziale esplorazione del significato di ‘attaccamento’ e ‘non-attaccamento’e delle loro implicazioni per la Drammaterapia

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L’EVITARE (ALLONTANARSI), L’AMBIVALENZA(ANDARE VERSO E ALLONTANARSI) E L’ATTACCARSI(SPINGERSI VERSO) SONO TUTTE FORME DIATTACCAMENTO (NEL SENSO BUDDISTA DELCONCETTO) E TUTTE COMPORTANO SOFFERENZA

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vello fisico. Lasciar andare non è lo stesso di sba-razzarsi, piuttosto è una sorta di rilassamento, tro-vare uno spazio tra noi e l’oggetto o il soggetto concui entriamo in relazione.

EgoChi o che cosa è coinvolto nell’attaccamento?Chi sono io? Lo psicoterapeuta a mediazionecorporea Ron Kurtz, fondatore del metodo Ha-komi, sostiene che lo sforzo, funzione dell’ego,fondamentalmente ostacola il processo di guari-gione perché crea un “Io”,e un qualcosa con cui que-sto “Io” è in lotta. In que-sta lotta si viene a creareun sé separato: un “ego”.Quando non c’è lotta, losforzo cade nel nulla e l’egosi libera; è questo alleggerimento dell’ego cheKurtz ritiene essenziale per la trasformazione.Questa distensione dell’ego non è una rinunciapassiva bensì un cedere al processo di cambia-mento, una fede in qualcosa di più profondodentro se stessi. È oltre l’ego (Kurtz, 1990). Lasofferenza sorge per l’attaccamento dell’ego adun oggetto o soggetto, non tanto agli avvenimen-ti della nostra vita quanto per la relazione chenoi stessi creiamo con tali avvenimenti.

CoproduzioneChe cosa avviene quando l’ego è fragile eframmentato, come è possibile alleggerirlo?Molti dei bambini con cui ho lavorato hannosicuramente relazioni oggettuali estremamenteframmentarie. Certamente, prima di liberarel’ego devo averne uno “sufficientemente buo-no”, e questo può essere ottenuto attraverso l’e-

sperienza dell’attaccamento sicuro. Il terapeutapuò diventare figura cruciale nella creazione diquesto attaccamento sicuro. Nel buddismo c’èun concetto chiamato “coproduzione” che si-gnifica “accadere insieme”. Il paradosso dell’at-taccamento è il fatto che si è contemporanea-mente legati ad altri e separati da loro. Taleparadosso era familiare allo psicoanalista Do-nald Winnicott, secondo il quale noi impariamoa tollerare la nostra separazione attraverso le re-lazioni con gli altri (1971). L’attaccamento sicuro

e il non-attaccamento han-no la capacità di coprodur-si. Quando il paziente di-venta più sicuro in se stessosimultaneamente sviluppala capacità di distaccarsida se stesso. Il sé cristalliz-

zato si scioglie in qualcosa di molto più fluido ereattivo.Una volta raggiunta una sufficiente capacità direcupero dell’essere, quando si sarà venuto a de-terminare un attaccamento abbastanza sicuro,allora paziente e terapeuta gradatamente comin-ciano ad esplorare gli schemi di attaccamento delpaziente. Con compassione e senza giudicare essicompiono l’indagine - chi si attacca a che cosa? Ilterapeuta incoraggia e supporta il paziente inquesta scoperta, nello sviluppare le capacità diconsapevolezza, nel prender nota di quanto vaavvenendo in ogni situazione, e nel vivere il mo-mento. Il terapeuta aiuta il paziente a constatarese il cuore si irrigidisce o si apre, se il respiro èbloccato o profondo. Il corpo è un barometrosensibile dei nostri stati emotivi, e il terapeutapuò aiutare il paziente a ritrovarsi in maggioresintonia con il suo sé fisico. “Maggiore è il grado di

LASCIAR ANDARE NON È LO STESSO DISBARAZZARSI, PIUTTOSTO È UNA SORTA DIRILASSAMENTO, TROVARE UNO SPAZIOTRA NOI E L’OGGETTO O IL SOGGETTOCON CUI ENTRIAMO IN RELAZIONE

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consapevolezza, minore sarà il grado dello statod’ansia. È la fisica della psicologia” (Levine, 1994).Come suggerisce il poeta sufi Rumi, il terapeutarassicura il paziente nell’accogliere ogni situazio-ne emotiva. Molto si può imparare invitando a“sedere al proprio tavolo” la tristezza o la dispe-razione. Accogliere, essereospite compassionevole edire addio a qualsiasi situa-zione emotiva è un’espe-rienza forte e liberatoria.“Sento rabbia” ha un signi-ficato molto più vasto che “sono arrabbiato”.“C’è rabbia” ha anche una maggiore ampiezzain quanto manca totalmente qualsiasi riferimen-to al sé. Il drammaterapista dispone degli stru-menti necessari per agevolare il paziente a visua-lizzare, personificare e dialogare con le emozioni.Frequentemente durante le sedute i miei pazien-ti invitano frustrazione, rabbia, lussuria o un’al-tra emozione a un dinner-party così da poterconversare con i propri ospiti. Come drammate-rapisti noi possediamo un prezioso strumentoper sostenere i nostri pazienti nel mettersi in rela-zione creativamente con la loro sofferenza senzapaura di restarne sopraffatti.

Attaccamento sanoQuesti attaccamenti sono quelli che non creanosofferenza all’individuo, agli altri o all’ambiente.“Quando il motivo della sofferenza è stato eviden-ziato, la guarigione è possibile” (Nhat Hanh, 1998).Con una consapevolezza sempre più profonda,il paziente impara a distinguere gli attaccamentisalutari da quelli dannosi al proprio benessere.Quando penso questo, dico quest’altro o agiscoin quest’altro modo la mia sofferenza aumenta.

Spessissimo le nostre percezioni sono offuscateda stati emotivi come brama, rabbia, ignoranzae pregiudizi che determinano una grande soffe-renza. Tali stati emotivi sono descritti nel buddi-smo come afflizioni (i semi delle quali sono le tre“klesha”: cupidigia, odio ed errore).

È importante facilitare alpaziente il compito di ana-lizzare in profondità questepercezioni e di farlo congentilezza e compassione. Èquando il paziente conosce

l’origine di queste percezioni negative che si potràavere un’opportunità di scelta: continuare adusarle o creare delle alternative. Dalla scelta vie-ne fuori un’autentica responsabilità (capacità dirispondere).

Scelta ed empowerment ■Quando il paziente va diventando più autenti-camente responsabile, è possibile fare scelte piùconsapevoli nella vita. Che cosa vuoi/di che cosahai bisogno, e come puoi prenderti le tue re-sponsabilità nella creazione di questa vita? È unmomento per risvegliare la gioia e capire quan-do ne stai facendo esperienza. Thich NhatHanh descrive questo come “innaffiare i semidella gioia” (1998). È la cessazione della soffe-renza e la presenza del benessere. Pema Cho-dron identifica la fonte della saggezza in “qua-lunque cosa accadrà quest’oggi e la tua rispostaad essa, creando così il futuro” (1994).

Il corrente insegnamento occidentaledel buddismo ■All’interno dell’insegnamento occidentale delbuddismo sembra esserci un vasto raggio di idee

Da Bowlby a Budda*Un’iniziale esplorazione del significato di ‘attaccamento’ e ‘non-attaccamento’e delle loro implicazioni per la Drammaterapia

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IL DRAMMATERAPISTA DISPONEDEGLI STRUMENTI NECESSARI PERAGEVOLARE IL PAZIENTE A VISUALIZZARE,PERSONIFICARE E DIALOGARECON LE EMOZIONI

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riguardo al non-attaccamento. Alcuni aspiranoal completo distacco ed a uno stato privo di ego.Mi rendo conto di quello che diceva l’oratore ci-tato nell’introduzione era dello stesso tipo. Sefosse nel giusto o no sul processo di comprensio-ne del percorso dharmico, non posso giudicare.Quello che so, comunque, è stata la mia reazio-ne contraria alle sue parole, che ho percepitoviolente e minacciose.Sono fortunata di essermi imbattuta in un’inter-pretazione più compassionevole dei concetti bud-disti. Un’interpretazione che mantiene ferma laposizione che l’essere non-attaccato non significaautomaticamente gettare via qualsiasi cosa, masignifica avere un sano attaccamento a qualcosache non causa o crea sofferenze. Il non-attacca-mento, nella pratica dhar-mica è il metter su una riser-va d’amore, compassione,chiarezza, saggezza e pa-zienza e rimanervi sana-mente attaccati. Il Budda aveva un sano attacca-mento per la meditazione. Aveva un sanoattaccamento per l’insegnamento. Aveva perfinoun sano attaccamento per l’essere il Budda (NhatHanh, 1998). Per quanto mi riguarda, il mioviaggio è guardare a dove e a che cosa sono attac-cata, e investigare con delicatezza e compassionese si tratta di attaccamenti sani. Questo, io credo,è anche il compito del terapeuta.

Conclusione ■Come psicoterapeuta naïf ed entusiasta, un tem-po ritenevo che fosse mio compito favorire ilcambiamento nei miei pazienti. Ero notevolmen-te influenzata dalle situazioni in cui esercitavo(principalmente nell’ambito della salute mentale

e della educazione), in cui ci si aspettava che diri-gessi i miei pazienti nel loro percorso di guarigio-ne. La loro “guarigione” contemplava la realizza-zione di un programma o piano d’azione chespecificava quello che il paziente avrebbe dovutofare e quando doveva farlo. La mia credibilità eprofessionalità come terapeuta dipendeva dalsuccesso con i pazienti, e se i pazienti non avesse-ro collaborato con il “progetto” sarebbero staticonsiderati resistenti o sfidanti. Molti drammate-rapeuti poco esperti subiscono questa velata (o avolte palese) pressione nell’ambito del loro luogodi lavoro. A volte questa pressione è esercitata an-che dai pazienti stessi, i quali sono abituati ad af-fidare la responsabilità del loro benessere a qual-cun altro (e naturalmente, quando qualcosa non

va, qualcun altro può sem-pre meritare il biasimo). Lapsicoterapia buddista è non-violenta nel suo approccio.Essa offre al paziente un’op-

portunità di cambiamento in armonia con la suainnata saggezza e affidabilità.Non è del terapeuta provocare il cambiamentodel paziente, ne è del terapeuta il merito dei cam-biamenti raggiunti dal paziente. Ogni guarigioneè frutto della collaborazione fra paziente e tera-peuta. Considero compito del terapeuta aiutare ilpaziente a rimuovere gli ostacoli che impedisco-no la crescita e il divenire ciò che può divenire.Jung diceva che i pazienti non sono curati, essisemplicemente progrediscono (Kurtz, 1990). Ir-vin Yalom commenta che l’unico concetto validoda lui appreso da psicoterapeuta era che tutti gliesseri umani hanno un’innata tendenza all’auto-realizzazione (Horney, 1950). Egli comprese cheil ruolo del terapeuta era quindi aiutare il pazien-

OGNI GUARIGIONEÈ FRUTTO DELLA COLLABORAZIONEFRA PAZIENTE E TERAPEUTA

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te a identificare e liberarsi di quegli ostacoli che fi-no a quel momento hanno limitato la crescita psi-cologica del paziente stesso (Yalom, 2001).Durante vari anni di esperienza ho acquisito sem-pre più la consapevolezza di un’inquietudine den-tro di me. A volte tale inquietudine si manifestavacome ribellione vera e propria. Eppure quandotentavo di dare voce a questo mio disagio, mi in-contravo con espressioni vuote, con qualcosa di si-mile: “bene, è così che va”. Rari, preziosi incontricon qualcuno più illuminato mi hanno persuasoche non era necessariamente quello il modo.Sembra che non sia mai troppo tardi per trovarevie alternative per andare incontro al mondo. Lafiducia che queste persone hanno avuto in me enelle mie stesse capacità mi incoraggiano ad averfiducia in me stessa, e questa dote è importante seil terapeuta deve effettivamente far capire ai suoipazienti che ha fiducia in loro e nelle loro capacitàdi recuperare salute e di crescere.Il buddismo insegna che la vita cambia continua-mente in modo dinamico, dipendente da processie condizioni sia interni che esterni. Il buddismo

ha molto da offrire alla drammaterapia e ladrammaterapia si presta facilmente e generosa-mente alla indagine e alla trasformazione deglischemi di attaccamento del paziente; gli ostacoliche possono essere risultati utili qualche volta orapossono impedire al paziente di crescere e di au-to-realizzarsi.Da psicoterapeuta buddista la mia intenzione ècreare e mantenere un’accettazione incondizio-nata dei miei pazienti basata sulla pratica con-templativa buddista. Il profondo rispetto chenutro per i miei pazienti, per la loro innata sag-gezza e per la loro capacità di lavorare all’orga-nizzazione delle loro esperienze personali è rac-chiuso tutto nel poema di Rumi “Questo essereumano”. Insieme noi creiamo le condizioni checonsentono al paziente di rafforzare la propriaenergia e di raggiungere cambiamenti profondinella sua vita. ■

* Traduzione di Margherita GalassoRevisione e adattamento a cura diSalvo Pitruzzella

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BIBLIOGRAFIA

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Introduzione ■La malattia oncologica del bambino e la conse-guente ospedalizzazione determina una violentairruzione nella continuità della propria esistenzama anche dell’intero nucleo familiare. Al fine dicontenerne l’effetto traumatico e dare l’opportu-nità al senso d’identità profondo di continuaread evolversi, abbiamo seguito i principi dell’ArtTherapy (AT) per definire uno spazio creativodi supporto protetto e rassicurante all’internodel quale stabilire una buona relazione con ibambini e con i genitori attraverso interventi in-dividuali e di gruppo.Esso intende facilitare l’espressione emotivasimbolica non traumatica e la scarica delle ten-sioni accumulate; attraverso il mezzo artisticosia i bambini che i genitori possono esprimerein forma non verbale il proprio vissuto ed ipropri nuclei ansiogeni e paurosi in modo na-turale e non traumatico.

Pazienti e Metodi ■Il progetto ha inizio nel gennaio 2006 con ca-denza settimanale. È rivolto ai bambini ricove-rati e ai loro genitori. La caratteristica del labo-ratorio è quella di utilizzare l’espressionesimbolica per:- Stimolare la creatività dei bambini e dei geni-

tori mantenendo attiva una dinamicità dipensiero insieme ad una posizione attiva nellungo percorso di terapia.

- Favorire l’acquisizione di abilità di problemsolving e il miglioramento delle capacità disocializzazione attraverso il lavoro in grup-po al quale a volte partecipa anche il perso-nale ospedaliero coinvolto nel percorso dicura del bambino.

- Favorire la rielaborazione dei vissuti inconsciattraverso la creazione.

I diversi materiali di belle arti e da recupero so-no messi a disposizione di bambini e genitori ecostituiscono un invito ad utilizzarli per dar“forma” ai loro desideri. Il desiderio così espres-so sarà motivo di crescita per l’albero dato e necostituirà una nuova “foglia”.Il progetto prevede le seguenti attività da svol-gersi in reparto:- Presentazione dell’attività ai bambini ed ai

genitori, attraverso inviti personalizzati.- Laboratorio espressivo creativo che com-

prende l’installazione dell’albero dei desideri.

- Valorizzazione dei desideri/bisogni dei bam-bini e dei genitori.

Il laboratorio, proposto nel reparto, è di volta involta modulato in base all’età dei bambini ed aibisogni dei partecipanti.Riportiamo alcune delle attività di Art Therapysvolte durante i laboratori:

Creazione dell’albero dei desideriInizialmente il conduttore facilita l’organizzazio-

L’albero dei desideri:l’arte terapia con i bambini ricoverati in Ematoncologia pediatrica ed i loro genitori

Cinzia Favara Scacco - Psicologo, Policlinico Universitario di Catania; Giovanna Baggione - Psicologa CINZIA FAVARA SCACCO, GIOVANNA BAGGIONE 17

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CINZIA FAVARA SCACCO E GIOVANNA BAGGIONE

ne di due gruppi: uno dei genitori impegnati nel-l’allestimento dell’albero dei desideri, ed uno coni bambini che sono inizialmente impegnati nellapittura; successivamente si attiva una forma diself help nel gruppo dei genitori che si incorag-giano a vicenda nella creazione dell’albero e nel-la condivisione di momenti di spensieratezza, edi due gruppi si integrano in modo naturale.

Partecipano al laboratorio:F. (5 anni): il bambino, affetto da rabdomiosar-coma, che partecipa ad un’attività di pitturasul foglio, utilizza il pennello per prendere mol-to colore rosso che poi distende sul foglio che sibuca, in un secondo momento si avvicina algruppo dei genitori che dipingono sul lenzuolol’albero dei desideri; è aiutato dalla mammanella pittura ed inizia a distribuire il colorearancione in modo uniforme.Mamma di F.: dopo una fase iniziale di tituban-za rispetto a come organizzare il lavoro, si mettein gioco nell’attività creativa, collaborando congli altri genitori e con F.Mamma di M.: dopo una fase iniziale in cui os-serva l’attività di pittura degli altri genitori, scegliedi partecipare, lasciandosi coinvolgere dalla crea-zione dell’albero e dalla condivisione dello spaziocreativo con gli altri partecipanti al gruppo.M. (5 anni): affetto da leucemia linfoblasticaacuta, è silenzioso, non partecipa all’attività digruppo, gli viene rivolto più volte l’invito, conti-nua a giocare con la psicologa tirocinante con laquale aveva già iniziato un’attività nella mattina.A. (4 anni): affetto da leucemia linfoblasticaacuta, utilizza il pennello per stabilire un con-tatto con l’elemento acqua, con il quale deside-ra interagire, infatti passa dall’uso del pennello

al contatto delle mani con l’acqua, i passaggisono naturali per il bambino che si diverte asperimentare, gli viene proposto di esplorare ilfoglio con le mani bagnate, il bambino conti-nua concentrato a fare questa esperienza e suc-cessivamente strappa il foglio e butta i pezzi dicarta in terra, gli diamo l’opzione di mettere ipezzi in un contenitore, ed il bambino sceglie ilcontenitore.Mamma di A.: nonostante le difficoltà inizialinella comunicazione, poiché non parla l’italia-no, riesce a trovare nell’attività creativa un ca-nale privilegiato attraverso cui esprimersi.Papà di A.: dopo un momento iniziale di incer-tezza rispetto alla partecipazione al gruppo, simette in gioco attraverso la pittura collaborandocon gli altri.

Alla fine dell’attività, per dare una conclusioneal laboratorio, si invitano i partecipanti a fare undisegno o a scrivere un’emozione sperimentatadurante l’incontro su un foglio di gruppo.La mamma di M. scrive sul foglio: pace ed uti-lizza il pennarello azzurro.La mamma ed il papà di A. scrivono sul foglio inomi dei partecipanti al gruppo in arabo, scel-gono anche loro il pennarello azzurro.La mamma di F. scrive: “Siamo insieme nellagioia e nel dolore. Grazie!”, utilizza il pennarelloazzurro.A. fa dei piccoli scarabocchi sul foglio di gruppoed utilizza i pennarelli rosso e viola.F. fa uno scarabocchio con il pennarello rosso.

Il gruppo dei genitori è nato pian piano e si ènutrito attraverso il sostegno reciproco dei par-tecipanti che si sono messi in gioco nell’attività

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creativa sino a creare un clima di serenità all’in-terno del quale i bambini sono stati coinvolti inmodo naturale.L’attività di gruppo ha contribuito a facilitare lacomunicazione tra i genitori dei bambini, e tragenitori e bambini.Attraverso la comunicazione non verbale, favori-ta dalla pittura, è stato possibile per i genitori delbambino iracheno integrarsi con gli altri genitori.Attraverso l’attività creativa si costruisce unponte tra le persone che nonostante parlino lin-gue diverse sono accomunate dal linguaggiodella creatività. La comunicazione non verbale è stata l’elemen-to caratterizzante questo gruppo.La mamma di F. ha comunicato la sua attenzio-ne e dedizione al figlio, guidandolo nell’uso delpennello inizialmente e successivamente lascian-dogli la possibilità di esprimersi. La mamma edil papà di A. partecipavano all’attività di gruppoe spesso si giravano a guardare il figlio con il qua-le comunicavano attraverso il sorriso. La mam-ma di M. ha lasciato che il bambino continuassead interagire con la tirocinante, spesso si allonta-nava dal gruppo per guardare il figlio.

L’albero dei desideri in sala trapiantiB. 12 anni, affetta da sarcoma di Ewing, è inattesa di fare il trapianto di midollo con le cel-lule staminali. Ha già fatto un trapianto di mi-dollo ed è piuttosto spaventata. Dice che le dàmolto fastidio l’odore forte che si sente duranteil trapianto, che è causato dalle staminali trat-tate chimicamente. Le chiedo se possiamo tro-vare insieme un modo per trascorrere serena-mente il tempo in attesa del trapianto, ma leinon sembra interessata a voler far nulla; la

bambina ha già partecipato ai laboratori del-l’albero dei desideri durante i ricoveri. Quan-do le propongo se può essere un suo desiderioquello di costruire una busta per metterci den-tro il ‘brutto odore’ che si sente durante il tra-pianto lei accetta ed inizia a costruire la suabusta: piega con molta attenzione il foglio dicarta che chiude ai lati utilizzando con forza lapinzatrice, poi decora la busta disegnando unpaesaggio di montagna con i colori a spirito,dice che la montagna le piace molto, finisce ilsuo lavoro e con l’espressione di soddisfazionesul volto dice: ecco fatto.Rimango con lei durante il trapianto che duracirca venti minuti; B. lo affronta serenamenteed esegue alcuni esercizi di respirazione duran-te i momenti più difficili, alla fine prendiamo labusta che simbolicamente era stata designata acontenitore della puzza e la facciamo aprire alcaposala che partecipa allo scherzo insieme aimedici presenti.L’attività di AT ha facilitato in B., attraverso l’e-spressione simbolica, la scarica della tensioneaccumulata.

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CINZIA FAVARA SCACCO E GIOVANNA BAGGIONE

Attività creativa a quattro mani- D. 8 anni, affetto da leucemia linfoblastica, siadatta con difficoltà all’ospedalizzazione: esceraramente dalla stanza. Quando la mattina ar-rivo in reparto per invitare bambini e genitoriall’attività del pomeriggio, la mamma di D. diceche il figlio sarà dimesso tra poche ore perchéha terminato il primo ciclo di terapia, quindinon saranno presenti all’attività; mi accorgo cheD. è triste e la madre che gli siede accanto haun’espressione preoccupata, pertanto li coinvol-go nella preparazione dei biglietti di inviti perl’attività del pomeriggio.Mamma e figlio vengono nella sala giochi delreparto ed iniziano a preparare gli inviti, utiliz-zano colori a spirito, sono interessati all’idea del-l’albero dei desideri e D. inizia a parlare del Na-tale, anche la madre condivide l’idea del Natalecon il figlio, chiedono se possono disegnare unalbero di Natale sull’invito, gli rispondo che l’at-tività prevista dal laboratorio è quella di dar vo-ce ai propri desideri e ricordo loro che se nelracconto di ‘Alice nel paese delle meraviglie’ si

festeggia il ‘non compleanno’, noi possiamopensare al ‘non Natale’.Madre e figlio si dedicano alla preparazione deibiglietti, D. disegna le palline che servono perdecorare l’albero di natale e mentre disegnaparla con la madre del Natale che arriverà e dicome festeggeranno.In questo laboratorio D. ha proiettato, attraver-so l’espressione creativa, la sua vita in avanti inmodo progettuale. Il laboratorio è stato fatto asettembre, D. è morto prima di dicembre.

- A. (5 anni) è ricoverato nel reparto di oncoe-matologia per una ricaduta della malattia, neu-roblastoma, che si è verificata a poca distanza ditempo; aveva da poco superato il trapianto delmidollo. Durante i ricoveri precedenti la ricaduta, sia ilbambino che la madre avevano manifestato dif-ficoltà di adattamento alla malattia, il bambinoera spesso irrequieto.La diagnosi della ricaduta della malattia, conprevisioni non favorevoli rispetto alle possibilità

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Invito di D. Invito della mamma di D.

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di guarigione, è stata comunicata da pochi gior-ni alla madre.Il bambino attendeva l’incontro con me per l’atti-vità che ogni martedì svolgo in reparto con i bam-bini ed i genitori; quando mi vede da lontano, nelcorridoio del reparto, mi chiama ad alta voce,chiedendomi di preparare insieme la pasta di sale.La madre si avvicina a me e dice: “Siamo dinuovo qua, ma questa volta...”Lo sguardo della madre è triste ed ha un’espres-sione di sconforto negli occhi, è come se chie-desse aiuto...La guardo negli occhie le dico: “Mamma for-te, ci vediamo più tar-di in sala giochi.”All’inizio dell’attività,il bambino chiede aiu-to per prendere i materiali, che sono disposti sultavolo ed avvicinarli a sé, man mano che procedenell’attività li prende da sé; il bambino dosa dasolo la quantità di materiale: farina e sale, e li ver-sa in una ciotola di plastica, eccedendo con laquantità dei materiali, mette poca acqua nell’im-pasto che assume una consistenza piuttosto soli-da, sceglie il colore arancione per colorarlo, e ini-zia con forza a prenderlo a pugni; osservando ledifficoltà del bambino nella manipolazione glichiedo se desidera aggiungere dell’acqua, il bam-bino fa cenno di no con il capo e continua a faticaad impastare; nell’osservarlo vedo il suo voltocontratto per lo sforzo ed anche il respiro è affan-nato, provo quasi una sensazione di soffocamen-to, come se a me mancasse l’aria, e penso che an-che ad A. potrebbe mancare l’aria rispetto alsentirsi schiacciato nella morsa di una secondadiagnosi con tutte le difficoltà sia fisiche che emo-

tive che comporta, poi mi giro alla mia destra evedo la madre distesa sul divano, quasi addor-mentata; mi sento impotente, schiacciata, comequell’impasto troppo solido che A. fa fatica a la-vorare, mi viene naturale provare a verbalizzarecon A. quella sensazione di soffocamento chesto provando, attraverso il dar voce al suo lavo-ro; pertanto gli dico che mi sembra che a quellapasta di sale manca l’aria, forse si potrebbe tro-vare il modo per farla respirare, gli chiedo co-me, il bambino inizialmente sembra non ascol-

tare quello che dico,poi rivolge lo sguardoverso di me chieden-domi aiuto, aggiun-giamo insieme un po’d’acqua ed il bambi-no inizia a provare

meno fatica nella manipolazione, ed a me passala sensazione di soffocamento rispetto al suo la-vorare con un impasto troppo duro.A. è intento nella manipolazione, e l’espressionedel suo volto è rilassata, crea delle forme che poiimpasta di nuovo, nel frattempo la mamma sisiede vicino a noi e guarda A. mentre lavora;durante l’attività di manipolazione, il bambinofatica nel creare delle forme, che poi vengonofuori spontaneamente quando inizia a manipo-lare l’impasto reso più morbido.I pezzetti di pasta di sale che A. ha creato inizial-mente vengono impastati di nuovo; mi viene dapensare a delle piccole parte di sé frantumateche riescono a prender forma con una presenzadi sostegno vicina, la mamma e me.Durante l’attività con A. la mia presenza è sta-ta da ponte tra la madre ed il bambino, infattianche la disposizione era caratterizzata da me

I PEZZETTI DI PASTA DI SALE CHE A. HA CREATOINIZIALMENTE VENGONO IMPASTATI DI NUOVO;MI VIENE DA PENSARE A DELLE PICCOLE PARTE DI SÉFRANTUMATE CHE RIESCONO A PRENDER FORMACON UNA PRESENZA DI SOSTEGNO VICINA,LA MAMMA E ME

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CINZIA FAVARA SCACCO E GIOVANNA BAGGIONE

seduta al centro tra la madre, prima distesa suldivano alla mia destra e poi seduta sulla sediaalla mia destra, ed A. che era seduto alla miasinistra.La mia risposta emotiva è stata caratterizzatada un’iniziale sensazione di impotenza che pianpiano ho percepito come l’impotenza dellamamma e del bambino rispetto al ritrovarsi adaffrontare un percorso terapeutico difficile conla consapevolezza della madre di avere pochepossibilità di guarigione per il figlio e con lapercezione del bambino di qualcosa realmentedifficile da affrontare.Pertanto la mia sensazione di impotenza rispec-chiava la reale impotenza della madre e di A. neiconfronti di ciò che non potevano far altro chesubire: la malattia.Ho dato quindi ad A. la possibilità di cercareinsieme una soluzione per rendere meno duro

l’impasto e man mano il bambino è passatoda una fase iniziale in cui manipolava con fa-tica ad un progressivo provare rilassamentonella manipolazione creando spontaneamen-te delle forme con l’impasto reso più morbi-do; la madre si è pian piano interessata all’at-tività rivolgendo inizialmente degli sguardi albambino, in un secondo tempo ha partecipa-to all’attività di manipolazione ed ha verbaliz-zato una progettualità rispetto all’imminentecompleanno di A., infatti ha raccontato deipreparativi per la festa.A., durante l’attività, ha fatto fatica a dar formaall’informe, la sua stessa fatica rispetto al nonsenso di una ricaduta della malattia, amplifica-ta dallo stesso disagio della madre di dover af-frontare ancora una volta un percorso di curedolorose, con una prognosi non favorevole.L’attività creativa ha favorito nel bambino la

L’albero dei desideri:l’arte terapia con i bambini ricoverati in Ematoncologia pediatrica ed i loro genitori

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possibilità di scaricare l’ansia collegata all’impo-tenza di una nuova ospedalizzazione.Attraverso l’attività creativa di A., ho riflettutosu come le angosce del paziente possono mani-festarsi nella sua modalità di usare i materiali epossono risuonare empaticamente nel terapeutaattraverso la sua risposta controtransferale, chein questo caso era la mia sensazione di soffoca-mento rispetto alla modalità iniziale di A. di ma-nipolare con evidenti sforzi.A. durante la seduta ha avuto la possibilità disentire che la mia presenza accanto a lui aveva lafunzione di contenitore dell’angoscia, ciò è statofavorito dal rispecchiamento del suo bisogno diallentare la tensione.L’attività creativa ha facilitato un processo dielaborazione di quel senso di impotenza chela diagnosi di ricaduta della malattia avevadeterminato.

Risultati ■Bambini e genitori hanno saputo utilizzare ilmezzo non verbale per esprimere i propri vissu-ti, nuclei ansiogeni e paurosi, in modo naturalee non traumatico. L’involucro simbolico del“desiderio” da attaccare all’albero sembra costi-tuire una fonte di protezione importante. Qualeeffetto dell’attività, i genitori definiscono l’ATcome rilassante; i bambini, attraverso l’attivitàcreativa, riportano nel mondo esterno vissuti in-consci altrimenti inesprimibili. ■

BIBLIOGRAFIA

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Favara-Scacco C., Schilirò G., Restituire il Senso di “Normalità” al Bambino con Neoplasia, Rivista Pediatrica Siciliana, vol. 59, n. 1, 2004.

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Milner M., Il ruolo del mezzo espressivo, in “Disegno e creatività”, Ed. La Nuova Italia, Firenze, 1975.

Winnicott D.W., Gioco e realtà, Armando Ed.,1995.

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Applicazione della musicoterapianei disturbi d’ansia

ROBERTO POLI, LAURA GAMBA, AMEDEO MAINARDI, EMILIO AGRIMI24Introduzione ■La musicoterapia è attualmente utilizzata in di-versi ambiti clinici, in via prevalente quale trat-tamento add-on, in particolare per le proprietàmiorilassanti-analgesiche: in letteratura sonodocumentate applicazioni efficaci nel decorsopost-operatorio (Brunges M.J., Avigne G.,2003), nelle patologie dolorose croniche (Lepa-ge c. Drolet P., Girare M., Grenier Y., De Ga-gne R., 2001), in gravidanza e nel parto, nellariabilitazione post-stroke e nei trattamenti dirallentamento del decadimento in patologiecronico-degenerative (Parkinson, Alzheimer)(Kydd P., 2001).Anche in ambito psichia-trico la musicoterapia hatrovato applicazioni in di-versi disturbi: secondouna recentissima reviewCochrane (Gold C., Hel-dal T.O., Dahle T., Wigram T., 2005) la musico-terapia come trattamento addizionale risulta mi-gliorare il funzionamento globale dei pazientischizofrenici. Nei disturbi d’ansia e nei disturbidepressivi alcuni trial hanno dimostrato risultatisoddisfacenti nel controllo della sintomatologia(Mok E., Wong K.Y., 2003).

Il nostro studio ■La proposta di un progetto sperimentale pro-posto dall’U.O. di Psichiatria di Cremona diapplicazione terapeutica della musicoterapianei disturbi d’ansia, nei disturbi somatoformi enei quadri misti ansioso-depressivi è stata ap-provata dalla Direzione Generale Sanità dellaRegione Lombardia, all’interno del “Pro-gramma quadriennale di collaborazione con

l’OMS sulla valutazione e sull’utilizzo dellamedicina complementare, in attuazione delPSSR 2002 - 2004”.Il disegno di ricerca prevedeva uno studio pro-spettico, non controllato con i seguenti criteri diinclusione:1) diagnosi secondo i criteri dell’ICD-10 di

disturbo d’ansia o disturbo somatoforme odisturbo misto ansioso-depressivo;

2) età compresa tra i 18 e i 70 anni.Tutti i pazienti che hanno espresso interesse pertale iniziativa sono stati sottoposti ad una preli-minare visita psichiatrica per una valutazione o

rivalutazione diagnosti-ca. Con queste modalitàsono stati reclutati i pri-mi 8 pazienti che rispon-devano ai criteri di in-clusione, di cui 2 maschie 6 femmine, con età

media pari a 39.7 con range di età 27-60.I pazienti che hanno aderito allo studio hannosottoscritto il consenso informato.I pazienti reclutati nello studio erano già in trat-tamento psicofarmacologico da almeno 6 mesi:3 erano in trattamento con SSRI (inibitori selet-tivi della ricaptazione della serotonina) o SNRI(inibitore combinato selettivo della ricaptazionedella serotonina e della noradrenalina) associatoa benzodiazepine, mentre gli altri 3 erano intrattamento con solo benzodiazepine. Durantela durata dello studio non vi è stata alcuna varia-zione delle terapie farmacologiche in corso.Ai soggetti reclutati sono state somministrate daun valutatore esterno al tempo T0 (baseline) e altempo T1 (al termine del trattamento musicote-rapico) le seguenti scale di valutazione:

TUTTI I PAZIENTI CHE HANNO ESPRESSOINTERESSE PER TALE INIZIATIVASONO STATI SOTTOPOSTI AD UNA PRELIMINAREVISITA PSICHIATRICA PER UNA VALUTAZIONE ORIVALUTAZIONE DIAGNOSTICA.

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- ASI (Anxiety Status Inventory) per la valuta-zione quantitativa dei sintomi ansiosi.

- HAM-D (Hamilton Rating Scale for Depres-sion) nella versione a 21 item per la valutazio-ne quantitativa dei sintomi depressivi.

Oltre alle scale sopracitate, sono state utiliz-zate all’inizio, a metà e alla fine dell’esperien-za delle griglie di osservazione appositamentepredisposte dalla musicoterapista. Tali griglieprevedono un punteggio su una scala da 0 a 4per vari item distribuiti in quattro aree: usodello spazio - motricità spontanea e involon-taria; relazione - atteggiamento nel gruppo;comunicazione ed espressione e verbalizza-zioni relative all’esperienza dell’ascolto; fun-zioni cognitive.Le sedute di musicoterapia sono state condotte afrequenza settimanale, per un totale di 17 sedute,della durata di novanta minuti ciascuna. Le se-dute sono state condotte dalla musicoterapista eda un coterapeuta.Durante la prima seduta sono state inoltre distri-buite ai partecipanti dueschede da compilare, uti-li a comprendere l’ap-proccio nei confronti del-la musica e le aspettativeriguardo il trattamento.Sono state utilizzate tan-to la tecnica della musi-coterapia recettiva quanto quella della musicote-rapia attiva, con una progressiva preponderanzadella seconda; le sedute si sono infatti articolateprevalentemente intorno all’esperienza dell’im-provvisazione, in coppia e in gruppo, tenendopresente come obiettivo, oltre che il benessere el’integrazione dei singoli pazienti, anche il gra-

duale progressivo costituirsi di una identità digruppo. L’ascolto di brevi brani (3’ 30’’ in media)è stato utilizzato principalmente come stimoloper favorire la concentrazione e per sollecitare lafantasia, l’immaginazione, la presa di contattocon la dimensione emotiva e per poter giungereall’espressione e alla condivisione dei contenutiemersi tanto nel contesto della verbalizzazione,quanto e soprattutto nel contesto non verbale so-noro - musicale.Durante la seconda metà dell’esperienza, quan-do il gruppo si era ormai consolidato e si eracreato un buon clima di fiducia, sono state pro-poste alcune attività centrate sulla consapevolez-za del corpo, del respiro e della voce. Ai pazien-ti è stato proposto di suonare individualmente,in coppia e in gruppo con gli occhi bendati, tan-to all’interno della stanza quanto all’esterno,muovendosi nel giardino.Durante le ultime due sedute è stato propostol’utilizzo del colore (tempera e pastelli su grandifogli disposti sul pavimento da utilizzare in

gruppo) per esprimere erappresentare i conte-nuti emotivi e di imma-ginazione suggeriti dal-l’ascolto della musica. Inoccasione dell’ultima se-duta, al termine dell’at-tività è stata chiesta ai

partecipanti una valutazione scritta conclusivadell’esperienza.Nel corso dello studio si sono verificati 2 casi didrop-out dovuti a riferite difficoltà organizzati-ve nel mantenere l’impegno settimanale previstodal setting dell’intervento. Non sono stati osser-vati eventi avversi di alcun genere.

LE SEDUTE DI MUSICOTERAPIA SONO STATECONDOTTE A FREQUENZA SETTIMANALE,PER UN TOTALE DI 17 SEDUTE, DELLA DURATADI NOVANTA MINUTI CIASCUNA. LE SEDUTE SONOSTATE CONDOTTE DALLA MUSICOTERAPISTA E DAUN COTERAPEUTA

Unità Operativa di Psichiatria di Cremona, Azienda Osp.: Roberto Poli - Psichiatra; Laura Gamba - Musicoterapista; Amedeo Mainardi - Psicologo; Emilio Agrimi - Psichiatra

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I risultati sotto riportati sono quindi relativi ai 6pazienti che hanno concluso l’intero ciclo di se-dute musicoterapiche.Al tempo T0 tutti i soggetti presentavano allascala di valutazione HAM-D una condizione didepressione lieve o moderata (HAM-D ≥ 8 conpunteggio medio pari a 10.6). Al tempo T1 vi èstata una remissione del quadro depressivo (os-sia HAM-D ≤ 7) di 5 pazienti su 6 (p< 0.05) euna riduzione del punteggio medio della HAM-D del 50% rispetto al punteggio iniziale.Per quanto riguarda lamisurazione quantitativadei sintomi ansiosi allascala ASI, al tempo T0 5pazienti su 6 presentava-no valori al di sopra dellasoglia considerata pato-logica (ASI ≥ 45). Al tem-po T1 tutti i pazienti hanno ottenuto un punteg-gio al di sotto della soglia con una riduzionemedia di oltre 14 punti rispetto alla media inizia-le. In termini percentuali vi è stata una riduzionedel punteggio medio alla ASI di oltre il 30%.Le rilevazioni delle griglie di osservazione dellamusicoterapista in ordine alle quattro aree con-siderate hanno dato i seguenti risultati alla finedel trattamento:- Area motricità spontanea e uso dello spazio:

maggiore mobilità e disinvoltura all’internodel setting unita a una riduzione delle mani-festazioni di irrequietezza e ansia.

- Area integrazione-relazione: all’interno delgruppo il clima emotivo è gradualmente eprogressivamente migliorato. L’inibizione èdiminuita a favore dell’intraprendenza, dellapropositività e dell’attenzione nei confronti

degli interventi dei compagni. Le persone piùirrequiete e dirette, e allo stesso modo quellepiù timide e riservate, hanno ovviamentemantenuto le loro caratteristiche all’internodella relazione, ma hanno sicuramente mi-gliorato le loro modalità di approccio all’in-terno del gruppo, avvalendosi in modo sem-pre più adeguato della mediazione del suonoe degli strumenti.

- Area comunicazione-espressione: il ricorsoalla comunicazione verbale è progressiva-

mente diminuito a favo-re di quella non verbale.Parallelamente il conte-nuto del verbale è pro-gressivamente divenutopiù mirato e centratosulla consapevolezza re-lativa ai vissuti e alle

emozioni suscitate e richiamate dall’espe-rienza nel gruppo.

- Area cognitiva: non si sono riscontrate signifi-cative variazioni nell’ambito delle funzioni co-gnitive che peraltro non presentavano deficitspecifici al tempo T0.

Infine la soggettiva valutazione dei partecipantirispetto al beneficio del trattamento ha fatto regi-strare giudizi fortemente positivi così come ele-vato è risultato il livello di gradimento della mo-dalità terapeutica utilizzata.Dunque il nostro studio, pur con i limiti evi-denziati nella parte metodologica, legati al nu-mero limitato di pazienti reclutati e all’assenzadi un gruppo di controllo, ha comunque pro-dotto risultati interessanti, confermando peral-tro quanto riportato in precedenti studi analo-ghi (Mok E., Wong K.Y., 2003). Dunque

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L’APPLICAZIONE DELLE TECNICHE DIMUSICOTERAPIA IN AMBITO PSICHIATRICOMOSTRA PROMETTENTI SVILUPPIANCHE IN ALTRI AMBITI OLTRE A QUELLORIABILITATIVO PER PAZIENTI PSICOTICIDOVE L’EFFICACIA È STATA DOCUMENTATADALLO STUDIO COCHRANE

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l’applicazione delle tecniche di musicoterapiain ambito psichiatrico mostra promettenti svi-luppi anche in altri ambiti oltre a quello riabili-tativo per pazienti psicotici dove l’efficacia èstata documentata dallo studio Cochrane(Gold C., Heldal T.O., Dahle T., Wigram T.,2005). Peraltro è verosimile ipotizzare che lasua applicazione possa essere ancora più utileed efficace in patologie con indicazione al trat-tamento psicoterapico. Infatti la musicoterapiaè in qualche misura da considerarsi un tipoparticolare di psicoterapia, in quanto l’elemen-to centrale di questo trattamento rimane la re-lazione terapeutica che viene però facilitata emediata dal suono più che dalle parole. Per al-tri versi la musicoterapia si pone a ponte trapsicoterapia e arteterapia.Il nostro studio ha dunque potuto dimostrarel’eff icacia dell’intervento musicoterapico inpazienti con disturbi dello spettro ansioso-de-pressivo, con effetti sia sui sintomi ansiosi chesu quelli depressivi. Siè verificato di fatto cheper i sintomi depressivivi è stata una remissio-ne nella totalità dei ca-si con valori alla scalaHAM-D ≤ 7 e, in 5 ca-si su 6, di remissioneanche alla scala ASI di valutazione dei sinto-mi ansiosi. I pazienti dunque che pur conti-nuavano trattamenti psicofarmacologici e/opsicoterapeutici hanno risposto in modoestremamente soddisfacente al trattamento.Vi è da sottolineare che alla valutazione ba-sale non si sono rilevati valori molto elevatialle scale di valutazione, trattandosi di qua-

dri clinici di lieve-media gravità. Questo datoappare confermare che il trattamento musi-coterapico risulta particolarmente adatto aquadri caratterizzati comunque da una buo-na capacità di insight e da un livello di sinto-mi ansiosi e depressivi non grave, in quantoquesto potrebbe interferire, così come in psi-coterapia, con la capacità di entrare in rela-zione terapeutica e di compiere attività edesperienze terapeutiche di gruppo. Le tecni-che di musicoterapia infatti non sono adatteper una sorta di ricezione passiva, in quantonon si tratta di una attività distensiva e rilas-sante tout court; anzi il setting richiede unforte coinvolgimento attivo e non è il passivoascolto della musica dotata di una sorta dipotere taumaturgico l’elemento fondante del-la musicoterapia.Da sottolineare inoltre che i partecipanti al no-stro studio presentavano un’elevata istruzione (4erano laureati). I partecipanti non avevano me-

diamente una particola-re competenza in ambitomusicale, confermandoche per tale approccio te-rapeutico tale requisitonon rappresenta una va-riabile importante.Risultano invece varia-

bili importanti, oltre a quelle già citate, la mo-tivazione da un lato e l’omogeneità del grup-po, sia rispetto al quadro diagnostico siarispetto alle caratteristiche socio-culturali. Lanostra esperienza ha avuto infatti tra i suoipunti di forza la creazione di un gruppo cheha stabilito da subito un clima empatico, unacondivisione e comprensione dei simili sintomi

IL NOSTRO STUDIO HA DUNQUE POTUTODIMOSTRARE L’EFFICACIA DELL’INTERVENTOMUSICOTERAPICO IN PAZIENTI CON DISTURBIDELLO SPETTRO ANSIOSO-DEPRESSIVO,CON EFFETTI SIA SUI SINTOMI ANSIOSI CHESU QUELLI DEPRESSIVI

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Applicazione della musicoterapianei disturbi d’ansia

28dello spettro ansioso-depressivo e un buon li-vello intellettivo.Un altro elemento di rif lessione deriva dalforte gradimento registrato tra i partecipantiper tale trattamento. Vi è stata infatti unareiterata richiesta del gruppo di poter prose-guire l’esperienza. Tale aspetto non è affattosecondario, posto che vi è oggi anche in psi-chiatria sempre maggiore attenzione al dirit-to da parte dell’utenza di codeterminare lescelte terapeutiche: dunque anche in un’otti-ca di empowerment è certamente di grandeinteresse l’opportunità di un’offerta terapeu-tica differenziata.

In conclusione, per i risultati ottenuti e per il ra-zionale dell’intervento, riteniamo particolar-mente promettente l’utilizzo della musicoterapianei disturbi dello spettro ansioso-depressivo e ri-teniamo necessario esplorarne ulteriormentel’efficacia con ulteriori studi clinici controllati esu campioni più numerosi. ■

BIBLIOGRAFIA

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Gold C., Heldal T.O., Dahle T., Wigram T., Music therapy for schizophrenia or schizophrenia-like illnesses, The Cochrane Database of Systematic Reviews 2, 2005

Mok E, Wong K.Y., Effects of music on patient anxiety, AORN J 77(2):401-406, 2003.

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* “IDENTITÀ DINAMICA DELLE ARTITERAPIE”

ASSISI, CITTADELLA, 5-6-7 OTTOBRE 2007.

Dialogo tra due arteterapeute ■

Wilma: Avremmo voluto presentare una ricer-ca approfondita ed ampia. Il titolo che avevamostilato per il nostro intervento può indicare i no-stri propositi. Che ne dici?

Attilia: Presenteremo alcuni punti della ricercache conduciamo insieme, cercando di definire inostri propositi e verificando i risultati sui qualiabbiamo riflettuto.Ma dunque, Wilma, dimmi perché siamo qui...

Wilma: Per interagire con chi ci ascolta. Per di-re che stiamo cercando di rielaborare le basiteoriche che sostengono l’efficacia degli inter-venti di Arteterapia, qualsiasi sia l’approccio dacui essi provengano.

Attilia: Intendi quindi anche nei vari linguaggi enelle varie tecniche? E vogliamo parlare della lo-ro “bellezza” e della bellezza dell’unità e della in-terscambiabilità dei diversi linguaggi e tecniche?

Wilma: Certo! Come stiamo constatando inquesto convegno*, l’interazione dinamica dei va-ri metodi amplifica enormemente il campo del-l’efficacia terapeutica.

Attilia: Penso che sia indispensabile che ognunosia portato ad approfondire non solo l’efficaciadel proprio intervento, ma il perché profondo ditale efficacia. Potremmo inoltre parlare dell’ar-teterapia come teatro dell’intersoggettività...

Wilma: È per questo stesso motivo che siamoqui insieme! Per questo e non a caso ci viene inmente di presentare questa comunicazione sottoforma di dialogo, così come tante volte tra di noici siamo interrogate ed abbiamo riflettuto contanta passione, sui casi di pazienti in rapporto aquanto andavamo acquisendo di conoscenzeteoriche. Così ora ti ripropongo una domanda:“Perché abbiamo bisogno di confrontarci percapire? Perché traiamo tanta soddisfazione daquesta esperienza riflessiva in comune?”

Attilia: Perché siamo unite da una relazione af-fettiva che, nella riflessione, diventa mentalizza-zione e quindi cognitività! Perché cerchiamo dicapire insieme...

Wilma: Allora è la relazione che favorisce lo svi-luppo della conoscenza, proprio come avvienenella relazione con il paziente, quando assiemesi scoprono e si cocreano le possibilità di cam-biamento e di identificazione. Quando il pa-ziente, nel calore del rapporto terapeutico, siplasma, attraverso la creazione delle sue opere,riflettendosi nei nostri occhi esterefatti. Ma... co-sa sta accadendo a noi oggi?

Attilia: Oggi sentiamo la necessità di capire, quied ora, cosa era accaduto dieci o quindici anni fa,con i nostri pazienti, in quelle relazioni che stia-mo riconsiderando e ci appaiono con i contornipiù definiti, dettagliate e ricche di nuove rivela-zioni.Abbiamo gli elementi di una ricerca che abbia-mo svolto in questi anni e che ci ha portato aguardare a quanto era accaduto nei nostri ate-lier cercando di verificare nell’area delle scienze

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Le artiterapie e la scientificità.Esiste un ponte che le unisce?

ovvero Arteterapia, teatro di esperienze e di mutamenti profondi

Wilma Cipriani - Arteterapeuta; Attilia Cossio - Arteterapeuta WILMA CIPRIANI, ATTILIA COSSIO

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WILMA CIPRIANI, ATTILIA COSSIO

psicologiche, sia dello sviluppo che psicoanaliti-che e ora delle neuroscienze, il motivo dei suc-cessi terapeutici, in un quadro di riferimentoteorico sempre più completo e attuale. Abbia-mo sempre creduto nel nostro lavoro e nei pro-cessi che si svolgevano nel compiersi dell’attocreativo. Oggi tentiamo di inquadrarlo in unacornice teorica che si fonda sul riconoscimentoprioritario dell’area relazionale intersoggettiva,con ulteriori possibilità di approfondimento.Vorremmo proprio unire la teoria all’esperien-za, in una verifica continua che ci consenta diaumentare l’efficacia dei nostri interventi.

Wilma: Sono d’accordo, perché per me si èaperta una finestra nel 2002, quando con il mioanalista, Paolo Roccato, ho assistito al convegnodell’ISIPSÈ a Roma “Canto, dunque sono”. Hovisto come ciò che accade in terapia nella rela-zione “mamma - bambino” corrisponda, am-pliato, a ciò che si definisce, in psicoanalisi, “rela-zione oggettuale”. Ho potuto unire l’esperienzadegli autori dell’Infant Research (Beebe e Lach-mann che erano presenti) al lungo lavoro che ab-biamo compiuto in arteterapia, nella convinzio-ne che la relazione non verbale assorba unaindispensabile porzione delle possibilità di svi-luppo psicofisico e cognitivo della persona.Non ti dico dell’emozione che ho provato nel ri-conoscere la fonte della terapia nell’intersogget-tività presente nelle cure tra madre e bambino!In questo percorso mi ha meravigliosamente ac-compagnata la lettura dell’opera di Stern che,dalla teoria dei neuroni specchio e dalle esecu-zioni intenzionali cooperative, vede verificato ilsuo principale argomento: “Coscienza e inter-soggettività coevolvono”.

Attilia: Nella mia pratica professionale, fin dalleprime esperienze, mi sono chiesta dove iniziassee dove finisse il valore terapeutico insito nell’attocreativo e quale importanza avesse, in sostanza,la relazione paziente/terapeuta/gruppo, tutti si-mili e cooperanti nella condivisione dell’inten-zionalità; cioè, come direi ora, nel campo “noi-centrico”.Ora mi rispondo chiaramente che l’atto creati-vo, nel manifestarsi dell’opera, consente la ma-nifestazione delle varie parti del sé, la sua molte-plicità espressa nelle sue varie componenti, divittoria, di sconfitta, di conflitto, di recupero divissuti, di paure, di speranze, di intenzioni, edinfine di corporeità (E questa è la rappresenta-zione come in un’opera teatrale cui facevamo ri-ferimento nel titolo del nostro intervento).Contemporaneamente il terapeuta ( spettatore -compagno) condivide, riconosce e dà corpo alleintenzioni espresse, alla potenzialità dell’altro eai suoi desideri, mentre entrambi sono uniti nel-l’intento cooperativo di perseguire il cambia-mento: l’uno di esprimerne il bisogno, l’altro diaccoglierne le profonde ragioni.

Wilma: Mi piace tanto questo tuo riferimentoalla molteplicità del sé, alla sua possibilità distrutturarsi e ristrutturarsi nell’arco della vita.A questo proposito è giunto allora il momentodi verificare quanto stiamo dicendo nel mostra-re ciò che è successo, per esempio, tra me ed Al-ba, un caso di circa dieci anni fa, e che ora vadoconsiderando sotto nuova luce.La paziente che presento era affetta da schizo-frenia ebefrenica: aerei spaziali, con emissioni dionde sincronizzate sul suo organismo, la sovra-stavano costantemente per colpirla.

Le artiterapie e la scientificità.Esiste un ponte che le unisce?ovvero Arteterapia, teatro di esperienze e di mutamenti profondi

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Le opere che era andata producendo, nel corsodegli anni della sua terapia d’arte, avevano già ri-velato l’efficacia della terapia, visto il mutamentoradicale da lei conseguito. Come nel corso dell’o-pera agli aerei si era sostituita nel cielo una co-lomba di pace, così nel suo quotidiano irrompevail bisogno di “normalità”: dalla solitudine deli-rante approdava alla calda relazione di amiciziache la portava a dismettere il delirio, ad essere ingrado di entrare ed uscire dall’ospedale, a con-quistarsi uno spazio costante di relazione affettivanella comunità alloggio allestita a seguito dellalegge 180. Il teatro di questa vicenda furono glianni ricchissimi tra il 1987 e il 1997, al PresidioPsichiatrico Fatebenefratelli di San Maurizio Ca-navese, così come in tutto il resto dell’Italia.Per portare all’esperienza i concetti espressiprecedentemente, vorrei che ci soffermassimosolo su tre momenti assai importanti del pro-cesso terapeutico di Alba. Faccio una proposta:prima racconto come li vedevo allora, nel dia-logo di riflessione serrata che facevo continua-mente con il mio collega e l’équipe dopo le se-dute in atelier. Poi dirò quante cose ho scopertoin quelle opere, che allora non vedevo, alla lucedelle nuove acquisizioni teoriche a seguito delvalore concreto delle relazioni interpersonali eintersoggettive.

Nel 1989 arrivavo nell’atelier F.B.F. condotto daC. Bardini, dove Alba, già da qualche tempo,aveva accettato di compiere l’esperienza di Arte-terapia con il gruppo di lungodegenza. Era giàricoverata da circa trent’anni.Il gruppo mi venne affidato quando Alba giàaveva fatto due anni di esperienza di disegno,usando le matite colorate, soprattutto nella co-

pia di cartoline rappresentanti visioni urbane(Venezia è l’ultima veduta eseguita prima dicambiare terapeuta, fig. 1).

Fin dalla prima seduta, avvenne che A. presen-tasse una variazione operativa importante.Dopo l’inizio, in cui avevo esortato il gruppo adisegnare o scolpire o comunque ad esprimerepensieri, sentimenti, ricordi, desideri (con qual-siasi materiale fosse ritenuto idoneo, oltre adispirarsi nell’usare le immagini già in atelier, onel contenitore da me portato), A. mi chiese didarle carta e pennarelli. Gli altri si servivano dasoli, con famigliarità. Lei invece restava immo-bile, mentre vedevo il suo sguardo intelligentissi-mo brillare di sfida sotto la visiera del suo ber-retto bianco da ufficiale di marina, sovrastatoda un grande velo verde che le avvolgeva il colloe le spalle, mentre indossava due “tute” sovrap-poste: sotto, fuoriuscente dal bordo dei calzoni edallo scollo, appariva quella da notte; sopra,quella sportiva.Percepivo che tastava il nuovo terreno: misura-va l’intensità del nostro incontro.Quello che è certo, ma allora non lo mettevo inconto, era che io avevo una attesa interessataverso di lei, poiché conoscevo la sua provenien-

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za culturale essendo lei figlia di uno dei massimiesponenti della cultura italiana del ‘900.Oggi mi rendo conto che io, laureata in filosofiae legata alla disciplina delle Artiterapie soprat-tutto dopo il mio interessamento alla psicoanali-si, operavo implicitamente in un campo sintoni-co (o per lo meno, cosi mi sembra che fosse).Aggiungo due note anamnestiche che oggi miparlano, ben più di allora, dell’importanza dellesue relazioni interpersonali e dei livelli di attac-camento infantili: la madre psicotica (a lungo ri-coverata) e il padre, malgrado (o a causa de) il li-vello culturale, emotivamente assente.

Oggi mi chiedo: nasceva dal nostro incontro unprocesso intersoggettivo scaturito dal reciprocoriconoscerci in un’area di appartenenza?È possibile: l’area comune era quella della laici-tà e della libertà di pensiero.Forse ne era derivata una intesa intenzionale in-tersoggettiva, da cui posso oggi constatare loscaturire delle fase espressive di A., della catenadelle sue associazioni, della ricerca selettiva delledirezioni da intraprendere per rispondere aduna forma, accettabile per lei, di rappresenta-zione del desiderio e del bisogno.Nella fig. 2, osserviamo che A. propone unarappresentazione-racconto: seduta sola in unapoltrona collocata in una stanza, vestita normal-mente, mentre ascolta la radio. Si manifesta unSé grandioso, isolato, collegato alla realtà solotramite la radio.Nella immagine della fig. 3, A. focalizza una rap-presentazione del Sé adolescenziale, dove appareall’interno di una complessa struttura chiusa, for-mata da elementi vegetali e da componenti elet-tromeccaniche che si congiungono a scongiurare“le onde letali che le vengono inviate da aerei sin-tonizzati sulle sue stesse onde corporee”. Questoè quello che lei dice di sé ed è una grande imma-gine dove convivono un’idea del Sé legata ad unsenso corporeo (Sé corporeo e nucleare integri),circondata da un delirio paranoico.

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La fig. 4 corrisponde a questo stato di duplicità:la scrittura scientifica da lei inventata per descri-vere la natura e che io sento come un’identifica-zione col padre nel bisogno di emularlo.Nell’immagine n. 5, A. sente di dover uscire daquesta duplicità: la figura rivela il travaglio chela indirizzerà per trovare la direzione giusta: è illabirinto di una corolla di rosa. In mezzo ai pe-tali è custodito un suonatore di violino.Il segreto della fig. 5 si svincola nella libera asso-

ciazione della fig. 6, dove la rosa si rivela essereun apparato del suo corpo: l’apparato digerente.È una parte per il tutto: A. ha scelto il corpoumano, il suo corpo, la percezione del Sé corpo-reo, al quale si può accostare liberandosi dallaproiezioni deliranti.Al centro dell’intestino, A. pone un elemento dicontrollo: un’automobile che, caricata di feci, raggiunge l’esterno guidata attraverso il percor-so viscerale che porta alla fuoriuscita dell’ano.

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Definirei l’immagine n. 7: il momento “KAY-ROS”. È un passaggio non improvviso, magiunto al suo culmine proprio in questa rappre-sentazione: una bambina, aiutandosi con unosgabello (A. è molto bassa di statura), si affacciaad una grande finestra a contemplare un pae-saggio composto da alberi e da una casa familia-re. Il cielo, illuminato dal sole a sinistra, a destraè occupato dall’arrivo di un grande volatile.Commento: per molti anni, ormai più di dieci,leggevo quel profilo di uccello senza rendermiconto che fosse una colomba, come un simbolo,un’analogia del padre. Mi fermavo lì. Mi parevagià importante che lei si avvicinasse al padre, purnei difficili sentimenti provati per lui che, neglianni, l’aveva in larga misura dimenticata co-struendosi altre vite.Improvvisamente, riferendomi alla nuova cor-nice di riferimento, volta alla relazione più moti-vante per il paziente, ho visto e sentito ciò chelei, di fatto, era arrivata a rappresentare: la sualiberazione dal pensiero persecutorio e la con-quista di una relazione di fiducia.Al posto dell’aereo nemico, sintonizzato per col-

pirla, compare la colomba di pace. È a lei cheA. rivolge lo sguardo. Ritengo che si sia struttu-rato un campo noi-centrico, dove la terapia si ri-vela salvifica.La strada che le si apre davanti continua nella di-rezione di esplorare la corporeità del vivere. Celo testimonia l’immagine n. 8 (la lotta tra Veneree il Marte) squisitamente appropriata al conflittoche le si presenta: che fare del mio desiderio?Nelle immagini n. 9 e seguenti vi sono le rispo-ste, ricercate in un periodo abbastanza lungo,che si manifestano con le rappresentazioni dellecoppie uomo-donna.L’evoluzione associativa è evidente ed efficace:dalla coppia sovrapposta che danza, dove il bal-lerino sta dietro e la ballerina (Madonna) da-vanti non guardandosi, fino a quella finale dovecompaiono due amiche che, guardandosi in fac-cia e conversando, camminano per la strada diuna città (fig. 10).In questi ultimi anni di terapia, A. ha dismessoogni abbigliamento strampalato.Ha chiesto ed ottenuto di recarsi, accompagna-ta da una suora, in una città vicina dove lei ha

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una lontana parente e dove si è recata dicendoche andava a rinnovare il suo guardaroba.Conclusione: A. ha potuto riconnettersi ad unarealtà che ha rappresentato il suo massimo livel-lo di normalità. Non ha scelto, dopo l’attuazionedella la legge 180, di lasciare l’ospedale. Si è peròambientata in una comunità alloggio apprestatadall’ospedale stesso, dove ha potuto vivere fino almomento della sua recente dipartita, una strettarelazione affettiva con un paziente più giovane dilei, al quale e dal quale ha ricevuto e scambiatoun’alimentazione finalmente affettiva.

Attilia: Mi hai profondamente coinvolta, neparli come se tutto fosse accaduto da poco. Inve-ce è trascorso un lungo tempo durante il qualel’esperienza ha continuato a stupirti e ti ha rive-lato nuove e più complesse letture di un percor-

so in cui una relazione si è trasformata in un at-to di crescita per entrambi, il malato e il tera-peuta coinvolti in uno scenario affascinante emisterioso che andava trasformandosi per aprir-si in nuovi orizzonti di emozioni per l’uno e dicomprensioni per l’altro.A mia volta ti sottoporrò un caso, il caso di unpaziente che seguo da dodici anni. Il nostro per-corso non è finito perché egli è afflitto da unamalattia neurologica inguaribile che lo accom-pagna fin dal 1990 quando aveva poco più diquarant’anni, malattia lunga, senza via d’uscita:la malattia di Parkinson. È questa una patologiache inibisce, nella persona che ne è colpita, la ca-pacità di movimento, è progressiva e invalidante;non se ne sono trovate le cause, né la cura. Vienetrattata farmacologicamente e in alcuni casi chi-rurgicamente, ma senza portare a guarigione.

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Non a caso Alas (così chiameremo la personadi cui narro) ha pensato e dipinto decinedi labirinti: per esprimere la sua difficoltà adindirizzarsi nel suo cammino di vita, così di-verso da come se lo era immaginato prima,quando si percepiva come persona sana, atti-va, capace di progettare e realizzare, così di-versamente da come si ritrova ad essere ora:chiuso in una corazza che gli impedisce dimuoversi come vorrebbe (fig. 11).E il suo Sé? Il suo nuovo Sé gli è apparso manmano sempre più estraneo, non aderente ai suoiprogetti, ostile nelle collere che lo invadono e impotente di fronte ad un destino oscuro, di cuifatica a percepire il senso.Nella fig. 12 possiamo osservare il passaggio

successivo: la rappresentazione dei bersagli: ilcentro da colpire, la malattia da sconfiggere, l’i-dea fissa che non lo abbandona mai. Tutte que-ste reiterazioni dei temi dominanti sono alterna-te a momenti diversi: qualcuno di gioco e dievasione, qualche altro poetico, altri su temi so-ciali, secondo l’impostazione che il gruppo di la-voro favorisce in apertura di seduta, quando siesordisce con lo scambio dei pensieri e delleesperienze di ognuno.Energico nel gesto, ma rallentato, lo sguardosorridente mentre scuote il capo con ostinataimpazienza, Alas si presenta attivo e collaborati-vo. Attorno alla sua presenza silenziosa ruota unclima empatico e produttivo.A questo proposito le mie riflessioni tornano altema dell’intersoggettività e all’importanza delloscambio di pensieri in un gruppo che, condivi-dendo una esperienza di malattia, vede il dram-ma di ognuno riflettersi nel dramma degli altri:quanti sono i pensieri e le emozioni manifesti,quanti quelli taciuti e nascosti nelle pieghe diogni esperienza e di ogni coscienza?Così come abbiamo considerato simile ad unteatro ciò che avviene nella molteplicità del Sé(paragonando la mente umana ad un teatro,

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con la scena, il proscenio, le quinte, gli attori,gli spettatori, i camerini, i servizi, le parti visibi-li e le parti nascoste e inaccessibili), anche nellarelazione, in arteterapia e non solo, si sviluppaqualcosa di conseguente: c’è l’espresso e il nonespresso, c’è l’emergere di impulsi spesso inconflitto tra di loro, mentre noi siamo alla ricer-ca di una interattività equilibrante tra questeparti, tale che tra attori e spettatori avvengaquella intesa speculare che scatena l’applauso.Ovvero la nostra azione terapeutica tende arendere manifesto il riconoscimento delle espe-rienze che ognuno, nel considerare l’altro, ri-specchia e riconosce in sé.Alas, nell’opera della fig. 13, ha proprio rappre-sentato un momento di spettacolo in cui un can-tante rock (che lo rappresenta) copre con la vocee i suoni ogni possibilità di abbandono all’emo-zione. Lo aveva proprio verbalizzato come tale.Osserviamo la rappresentazione di questo per-sonaggio per capirne il messaggio: con i piediben piantati a terra egli sfida la vita e guarda alsuo bersaglio e, in questo momento, solo a quel-lo: la sconfitta della malattia.Intanto nel suo profondo va cercando di dareun senso a quello che considera il suo sacrificio e

che corrisponde al sacrif icio di vita dei suoicompagni, malati come lui. Va cercando di ca-pire e ha bisogno di luce, una luce che lo guidinella notte dei suoi pensieri oscuri. Ce lo comu-nica con la comparsa, nella sequenza dei suoielaborati, del “faro” (fig. 14), espressione del suovolgersi alla ricerca di guide sicure.Sono certa che vi siano figure famigliari di riferi-mento molto importanti, ma sono certa che unafigura di riferimento sia pure quella dell’artetera-peuta, che sa raccogliere i suoi tragici pensieri, chegli rimanda un’immagine di sé forte nonostantetutto: il fatto stesso di trovarsi in una situazionetanto difficile da portare avanti, può mettere inpiena luce la sua forza interiore, la sua capacità diessere comunque presente, con i suoi momenti didisperazione che mettono in moto le risorse pro-fonde e le potenzialità che non avrebbe forse potu-to attivare in situazione diverse...Vediamo i suoi tragici pensieri rappresentati inuno dei momenti in cui lo sconforto prende ilsopravvento (ed egli sa che può esprimerlo): conpochi tratti a carboncino è delineato un grandeuccello che vola sopra un campo di tombe con-trassegnate da croci (fig. 15). L’immagine è vistadall’alto per cui l’uccello è enorme rispetto alle

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38dimensioni di ciò che lo circonda. Come nonleggere una capacità di levarsi al di sopra delcontingente? Nello stesso tempo questo uccellorappresenta l’evenienza tragica incombente, dicui è troppo difficile eliminare la paura.A questo punto è veramente consolante osservare il manifestarsi di uno di quei momenti KAYROS (usiamo la definizione di Stern), quello che haportato Alas a riconoscersi, in tutta la sua com-plessità di persona, nell’immagine della fig. 16.

Nel grande sasso lanciato verso il cielo vi è la colle-ra potente di Alas, per le limitazioni che la sua vitava subendo sempre più, per le emarginazioni eper le sofferenze sue e della sua famiglia. Egli è ilsasso, con la sua forza e le sue ansie di separazionedal mondo. Il manifestarsi della collera ha messoin luce una energia potente che gli ha dato un

grande senso di sollievo. Nella bellezza dell’operaè racchiuso questo segreto che noi abbiamo capitoe condiviso, che esige un dialogo di riflessione mo-rale e necessita di interlocutori attenti.

Wilma: Dunque qui ci riferiamo al quadro delleneuroscienze, per cui l’esperienza dell’altro è il canale da cui scaturisce la conoscenza di ciò cheaccade in lui e in noi stessi.“Specularità come esperienza-conoscenza”: ciriferiamo quindi alle teorie e alle esperienze piùrecenti sulle attività neurali della mente.

Attilia: Siamo arrivati al punto in cui possiamodedurre, seguendo l’Infant Recerche, che ognicura che ha successo è una cocreazione di svi-luppo reciproco per cui, senza il rinnovarsi con-tinuo del nostro entusiasmo e della nostra in-tenzionalità, il paziente si ripiegherebbe su sestesso, come il bambino che quando ha bisognodi sentirsi visto dalla mamma, nel momento incui sente la necessità di un rinforzo o di un rico-noscimento, ne esige la presenza.Questo si rinnova nel nostro lavoro quando ri-conosciamo ed accettiamo la persona in ognimomento, così com’è, sempre sapendosi reci-procamente accettati.

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Wilma: Hai detto “ogni momento”! Ogni mo-mento nella terapia può quindi diventare un“momento Kayros” in cui l’altro cresce nel sen-tirsi e riconoscersi come sempre accettato.Il riconoscimento deve ovviamente essere au-tentico, quale atto assimilativo e incondizionato dell’altro. Questo non significa che il conduttorenon mantenga il suo essere vigile su ciò che ac-cade, sia nel suo sapere implicito che nella capa-cità di mentalizzare l’esperienza.Il fatto è che maturiamo attraverso gli anni lacomprensione di un’immagine e che continuia-mo a ripensarla, inesausti di confrontarci e didarci conferma ed arricchire di significati ognimomento vissuto, ogni volta riscoprendo nel

nostro dialogo la presenzialità continua del va-lore emotivo di quell’opera che rende semprepresente ed attuale quell’autore in quelle imma-gini, continuiamo ad amarlo e a interrogarci sudi lui. Perché?Perché abbiamo condiviso con l’autore proprioquel momento Kayros che è diventato un “mo-mento Kayros noicentrico”. Percepiamo il suosignificato come una crescita e un successo dientrambi.

Attilia: Qui ci fermiamo mostrando due tra lepiù recenti opere di Alas, con la sua raggiuntacapacità di autoregolazione delle emozioni e disapersi e saperci consolare... (figure 17 e 18) ■

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Il piccolo seme... conversazioni al confinelaboratorio di Danza e Arte Terapia dedicato a bambiniin situazione di grave disabilità psicofisica in una ludoteca comunale

ELVEZIA DEGLI ESPOSTI, ANTONELLA MONTELEONE, FRANCESCA STOLFIUno dei problemi maggiormente avvertiti dallefamiglie con figli disabili, specie nella prima in-fanzia e nella preadolescenza di questi ultimi, èquello della partecipazione attiva e dell’integra-zione nei diversi ambiti e spazi sociali che carat-terizzano la quotidianità e accompagnano lacrescita di un figlio. Come dare opportunità,possibilità e sostegno al proprio figlio nel percor-so di inserimento: nella scuola, nel tempo libero,in oratorio, nello sport? Come garantire questipassaggi da un “dentro” a un “fuori” ed al tem-po stesso proteggerli?Le preoccupazioni e le insicurezze che nor-malmente caratterizzano le fasi di crescita e imomenti di passaggio del ciclo di vita, nel ca-so di famiglie con figli disabili si accentuano esi amplificano. La presenza di un figlio disabi-le, specie se con danno neuropsicologico, ge-nera delle ansie profonde, che molto raramen-te si riesce a condividere e confrontare anchecon chi sta vivendo una esperienza analoga eche ha radici nelle fra-gilità psicologiche di ge-nitori alle prese con unaesperienza a valenza so-litamente traumaticache si è presentata ina-spettata nel loro percor-so di vita. L’handicap del proprio figlio mettein crisi: cambiano gli assetti organizzativi delnucleo familiare, cambiano i pensieri e le pro-prie visioni della “realtà” e il modo di fareesperienza, cambiano i sentimenti. I senti-menti che si provano stando vicino al propriofiglio sono molteplici: si vive l’isolamento, l’im-potenza, la distanza e la frattura con la realtàcondivisa, la mortificazione dell’autostima e la

perdita della sicurezza. Tutto questo influenzaspesso la relazione tra genitore e figlio e la pro-pria funzione genitoriale ferita fatica a trovarele risorse per accompagnare il proprio figliolungo il percorso della sua individuazione eautonomizzazione. La tendenza del genitoreferito è la chiusura al mondo, restringendo enegando la propria e altrui complessità, incre-mentando ad oltranza il bisogno di protezionee difesa ed il bisogno di accudimento. Ma lescelte comportamentali spesso denuncianouna situazione di ambivalenza estrema e perlo più inconsapevole nel genitore: se da un la-to nutre il desiderio di vedere il proprio figlioraggiungere una propria autonomia e integra-zione nella società, dall’altro mette in atto lepiù varie resistenze nello staccarsi da lui e ve-derlo come un essere indipendente, con unasua specifica ed unica identità.Questi sentimenti si rispecchiano e riverberanonei figli che aspettano spesso impotenti di poter

integrare una altra visio-ne di sé, pur tenendoconto del loro passato,presente e futuro reale.La famiglia, con tutti isuoi bisogni e complessi-tà, è quindi il nucleo cen-

trale intorno a cui sviluppare azioni di sostegnoche accolgano le esigenze, valorizzino le capacità,potenzino le risorse, sopperiscano alle carenze.Da tutte queste premesse motivazionali e nelcontesto che andiamo a descrivere scaturisce ilprogetto “Il piccolo seme”.Una Associazione di Solidarietà (NOTA 1) tragenitori con figli disabili dell’hinterland milane-se ha focalizzato la sua attenzione nella ricerca,

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LE PREOCCUPAZIONI E LE INSICUREZZECHE NORMALMENTE CARATTERIZZANO LE FASIDI CRESCITA E I MOMENTI DI PASSAGGIODEL CICLO DI VITA, NEL CASO DI FAMIGLIE CONFIGLI DISABILI SI ACCENTUANO E SI AMPLIFICANO

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sul territorio, di attività per il tempo libero chepotessero consentire anche a bambini con pato-logie importanti di inserirsi in contesti ludici.Non trovando riscontri positivi e luoghi già esi-stenti usufruibili da tale utenza, l’Associazione hapensato di realizzare in proprio un progetto chepotesse garantire uno spazio di condivisione e digioco protetto, attivandosi con risorse interne edesterne. È nato così il progetto “Il sabato del vil-laggio” che ha garantito, all’interno di una Lu-doteca messa a disposi-zione dal Comune oveha sede l’Associazione,un luogo ove le famiglie(genitori, bambini, vo-lontari ed esperti ) si so-no potute incontrare conoscere ed arricchire at-traverso attività a carattere prevalentementeludico espressivo creativo.Il nostro intervento di DMT e AT ha fornito lanecessaria competenza specialistica che ha datosupporto alla realizzazione di questo progettopermettendo di raggiungere l’obbiettivo fonda-mentale che è stato quello di sostenere ed ac-compagnare il gruppo di bambini nel ricono-scere e nell’investire la “Ludoteca” come luogoper un incontro ludico e creativo.I laboratori, condotti con le modalità integra-te dell’arte e della danza movimento terapia,hanno offerto uno spazio per l’espressione el'elaborazione dei vissuti e delle emozioni dif-ficili che questa nuova esperienza ha compor-tato: il distacco dalla figura famigliare, l'inte-razione con un ambiente estraneo, la relazionecon nuove figure di riferimento adulte e concompagni di gioco.Tramite il lavoro in piccoli gruppi, creati op-

portunamente dopo una fase di osservazionepreliminare, ogni bambino ha però potuto so-prattutto trovare uno spazio di ascolto dellapropria soggettività, scoprendo proprie risorsee potenzialità. Ha potuto altresì contribuire inmodo originale e unico allo sviluppo di un sen-so di appartenenza al nuovo luogo che si è an-dato a costruire.I bambini quindi, divisi in gruppi di 4/6, hannopotuto lavorare con cadenza settimanale per

cinque mesi intorno adun tema comune che dàil titolo del progetto.“Il piccolo seme” sta asimboleggiare il proces-so che si è inteso attiva-

re. Rappresenta la storia che i bambini sonostati invitati a partecipare: la storia di tanti pic-coli semi, diversi tra loro, che piantati in un ter-reno comune hanno dato vita ad un giardinofiorito. La metafora del seme che mette radici ciha permesso di lavorare sia sul piano individua-le che sul piano di gruppo; ha permesso a noiterapeute di agire una funzione di aiuto e soste-gno come giardinieri che, con allegria e compe-tenza, si rendono pronti ad accogliere ed aiuta-re nella crescita i piccoli semi. Gli “elementinaturali”, la luce, l’acqua, la terra e l’aria, di cuiil seme ha bisogno per farsi germoglio e diveni-re una pianta, hanno rappresentato metafori-camente il contenitore dell’esperienza. Essihanno fornito lo stimolo per andare ad esplora-re insieme, attraverso il corpo, il movimento edil gesto, le qualità espressive associate o evocateda ogni singolo elemento naturale.Le riflessioni che seguono riguardano il valoreed il contributo specifico dato dall’approccio in-

LA METAFORA DEL SEME CHE METTE RADICICI HA PERMESSO DI LAVORARE SIA SUL PIANOINDIVIDUALE CHE SUL PIANO DI GRUPPO

Elvezia degli Esposti - Danzamovimentoterapeuta (DMT); Antonella Monteleone - Psicologo, Psicoterapeuta (DMT); Francesca Stolfi - Arteterapeuta (AT)

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ELVEZIA DEGLI ESPOSTI, ANTONELLA MONTELEONE, FRANCESCA STOLFI

tegrato di DMT e AT, il cui significato è stato danoi riconosciuto a conclusione e al momentodella verifica dell’esperienza.Il progetto potremmo definirlo un esperienza diconvergenze verso “una conversazione” ai con-fini dell’arte, della danza, della terapia, del gio-co, della creatività, del pensiero, della rêverie,della parola, della comunicazione.Il termine conversazione come lo interpreta Og-den nelle prime pagine del suo libro “Conversa-zioni ai confini del sogno” risuona con le molteconversazioni, spesso nonverbali, che sono scaturi-te da brevi tracce pittori-che o da piccoli gesti natinel percorso progettuale.Ci sono state le conversa-zioni fra le conduttriciognuna con le sue specifiche modalità, le conver-sazioni con i genitori, le conversazioni con i bam-bini, quelle tra le conduttrici e il supervisore, e an-cora quelle fra sé e sé.La parola conversazione è poesia fossile, affer-ma Ogden, e deriva dal latino cum-con, e ver-sus-riga o solco di terra; è il movimento dell’ara-tro che segna il solco sulla terra da seminare efecondare così come rappresenta il verso, la rigadi prosa, l’accesso al linguaggio per comunicarecon se stessi e con gli altri.Condividendo, noi arte e danza movimento te-rapeute, il bisogno di creare un ambiente che fa-cilitasse e contenesse contemporaneamente ogniaspetto comunicativo, verbale e non, abbiamoscelto, metaforicamente, di creare un terrenocomune di nutrimento e di contenimento.È stato necessario, da parte nostra, sintonizzar-si sulle paure, sulle difese, sulle ansie dei genito-

ri, scaturite dalla separazione dai propri bam-bini in un luogo ancora poco conosciuto, qualela ludoteca.A questo scopo è apparso ancora più necessariala preparazione di un terreno fertile su cui l’ara-tro andasse a creare un solco dove il piccolo se-me si impiantasse e ben nutrito potesse dare isuoi piccoli germogli.Accompagnare i bambini nella fruttuosa acquisi-zione di un senso di appartenenza al nuovo luogoche incominciavano a frequentare è stato un lun-

go percorso che ha mes-so in gioco vari livelli direlazione, con i famiglia-ri, i pari, e le due nuovefigure (l’arte e la danzamovimento terapeuta).Fin dal primo incontro è

sorto, in noi, il bisogno di una coconduzione incui il movimento corporeo completasse quelloartistico, e viceversa.L’esperienza di percepirsi, e di essere percepiti,accettati e tenuti è stata fondamentale per i pic-coli fruitori del progetto.Il corpo, con la propria memoria cinestesica, èdivenuto il luogo dal quale attingere fantasie,movimenti, gesti da trasformare in semi, germo-gli fiori appena sbocciati... Ai bambini è statadata l’opportunità ad ogni incontro di ripercor-re l’esperienza pregressa attraverso un libro cheè divenuto la memoria del gruppo. Attraversol’utilizzo del libro-memoria e la suggestione deicapitoli abbiamo stimolato i loro vissuti per faremergere emozioni, potenzialità e risorse versouna intenzionalità creativa.La co-conduzione ha permesso al gesto creativodei partecipanti, nato da un movimento, da una

Il piccolo seme... conversazioni al confinelaboratorio di Danza e Arte Terapia dedicato a bambiniin situazione di grave disabilità psicofisica in una ludoteca comunale

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L’ESPERIENZA DI PERCEPIRSI,E DI ESSERE PERCEPITI, ACCETTATI E TENUTIÈ STATA FONDAMENTALE PERI PICCOLI FRUITORI DEL PROGETTO

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corsetta fluida come l’acqua che sgocciola, dauna graffiata su una parete rivestita di cartabianca, da una traccia lasciata di colore, di esse-re investito del giusto valore senza dar giudizio.Per noi è stato importante il creare uno spaziopotenziale, usando un termine caro a Winni-cott, in cui un corpo profondamente ferito, unvolto che perfora oltre il confine dello sguardo,un essere in fuga, uno profondamente immobi-le, hanno l’opportunità di vivere la propria espe-rienza in un rapporto di profonda fiducia.La dialettica scaturita dalle due differenti disci-pline, lo scambio costante, non hanno determi-nato una perdita di confini ma l’opportunità diuna maggiore esplorazione e sperimentazionecorporea e artistica per ogni componente delgruppo e per le conduttrici.Le “con-versazioni”, ad un livello non verbale,che sono avvenute all’in-terno del setting con que-sti piccoli gruppi di bam-bini molto compromessidal punto di vista psicofi-sico, hanno lasciato unatraccia tangibile nel ter-reno di comuni conversazioni fatte di gesti, movi-menti e materiali grezzi verso, laddove è statopossibile, la trasformazione dell’esperienza piùprimitiva in parola o gesto comunicativo con sé econ l’altro.In una dimensione ludica molto primaria (che sirifà a livelli arcaici e primitivi), è stato sperimen-tato il piano orizzontale attraverso piccoli gesti ebrevi frasi coreografiche che attraverso il rispec-chiamento corporeo portassero i bambini a in-teragire, accettarsi e dialogare con i pari e gliadulti di riferimento.

La sperimentazione e l’esplorazione dei mate-riali ha fatto emergere nei bambini modalità co-municative ed esperienziali sensoriali, in parti-colare l’utilizzo della superficie epidermica, haofferto il tramite principale per la creazione delsignificato psicologico e per i rudimenti di un’e-sperienza del sé. Ogden afferma che il contattosensoriale attraverso la superficie epidermica,oltre all’elemento di ritmicità, è requisito essen-ziale per l’assetto di base delle relazioni ogget-tuali infantili: l’esperienza di essere tenuti, cullatie apostrofati dalla madre.Il corpo, oggetto di interesse primario per ilbambino, è descritto da Freud come il primogioco e la ludoteca è diventata il luogo ideale,l’ambiente metafora, per proporre loro, attra-verso la storia di un piccolo seme e la conver-genze fra due professionalità diverse, l’opportu-

nità di giocare.La struttura di spaziotemporale è stata deter-minata dall’offerta re-lazionale delle Arte te-rapeute ognuna con leproprie specifiche mo-

dalità e dalla ritualità con cui veniva presen-tata la storia in ogni suo capitolo.I confini e la struttura dell’ambiente che si so-no venuti a creare attorno al bambino si sonocaratterizzati di elementi più estetici che dicontenuti, laddove si è costruito un ambienteteso ad attivare un processo creativo. La mag-gior parte di loro non è stato in grado di coglie-re il senso intellettuale del racconto, dell’espe-rienza che andava facendo ma si facevacoinvolgere dal ritmo della narrazione, dallaforza o dalla leggerezza del timbro della voce

LA SPERIMENTAZIONE E L’ESPLORAZIONEDEI MATERIALI HA FATTO EMERGERENEI BAMBINI MODALITÀ COMUNICATIVEED ESPERIENZIALI SENSORIALI

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della conduttrice che raccontava, dai movi-menti che suggeriva, dai materiali artistici eespressivi corporei che proponeva.La modalità con cui abbiamo lavorato maggior-mente è stata il rispecchiamento e da lì abbiamocercato di amplificare e sviluppare. Abbiamoscelto, con i piccoli, di porci nella relazione co-me oggetti trasformazio-nali andando a prendereil materiale grezzo cheveniva riversato e dan-dogli una forma; nonchécogliendo il bisogno pri-mario e andandolo a soddisfare, in una dimen-sione fondamentalmente legata all’oralità equindi al nutrimento.Questo territorio prima connotato di caos, in-

formità e confusione è divenuto, nel corso deltempo, una fonte sorgiva di esperienze e di re-lazioni. I bambini vi entravano o ve ne usciva-no proponendo di sè aspetti non solo passivima anche più attivi di intenzionalità creativa.Nel corso del tempo l’idea del caos sembravaprendere sempre più l’aspetto di un cosmos

primordiale dove sorge-va vitale la dimensionedel piacere e del gioco,primo obiettivo del no-stro progetto.In questo fluire magma-

tico di entrata ed uscita, in cui tanto colore sispargeva, molto materiale si sparpagliava, fino atrovare il luogo in cui cadere o il confine in cuiimpattarsi, ognuno ha proposto la propria danza.

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LA MODALITÀ CON CUI ABBIAMOLAVORATO MAGGIORMENTEÈ STATA IL RISPECCHIAMENTO E DA LÌ ABBIAMOCERCATO DI AMPLIFICARE E SVILUPPARE

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Qualcuno, forse, per un attimo si è visto ricono-sciuto, qualcuno, scappando, è caduto e si è sof-fermato, qualcuno ha dato l’avvio al proprioviaggio creativo.Qualcuno ha scoperto che in un fiocco annoda-to prende vita un uccello che spicca il volo. ■

NOTA 1Il progetto si è svolto in collaborazionee con il contributo attento, prezioso, e sensibiledell’Associazione Raggio di Luce e del Comunedi Cassina dé Pecchi, Assessorato Servizi Sociali.

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Il suono dello stress:come percepire la sintomatologia del “Burn Out”

BRUNO FOTI Psicologo clinico, Musicoterapista, Musicista, artem, Udine

Introduzione ■La sindrome del burn-out è stata identificatacome specifica malattia professionale degli ope-ratori dell’aiuto da C. Maslach (1975). In questiventi anni molti ricercatori hanno dato alla sin-drome diversi significati che tuttavia possono es-sere sintetizzati come segue: la burn-out syndro-me è un insieme di sintomi che testimoniano laevenienza di una patologia comportamentale acarico di tutte le professioni ad elevata implica-zione relazionale.Allo stadio conclamato essa si manifesta attraver-so tre categorie di sintomi a volte sequenziali avolte combinati tra loro:1) comportamenti che testimoniano un forte

disinvestimento sul lavoro;2) eventi autodistruttivi (disturbi di carattere psi-

cosomatico o del comportamento, diminu-zione delle difese immunitarie, aumento del-la propensione agli incidenti, ecc.);

3) comportamenti eterodistruttivi diretti all’u-tente (indifferenza, violenza, crudeltà, sperso-nalizzazione, ecc.).

La sindrome si presenta in significativa corre-lazione con la esposizio-ne a utenti con maggiordisagio, ruoli di bassoprestigio e scarsa for-mazione professionale.Le cause principali dellasindrome indicata sonoessenzialmente riconducibili a tre variabili prin-cipali, spesso fra loro intrecciate:1) eccessiva idealizzazione della professione

d’aiuto precedente all’entrata nel lavoro;2) mansione frustrante o inadeguata alle aspet-

tative;

3) organizzazione del lavoro disfunzionale o pa-tologica.

Attualmente non esiste una definizione univer-salmente condivisa del termine burn-out. Freu-denberger (1973) è stato il primo studioso a usareil termine “burn-out” per indicare un comples-so di sintomi, quali logoramento, esaurimento edepressione riscontrati in operatori sociali ame-ricani.Secondo Maslach (1980), il burn-out è un insie-me di manifestazioni psicologiche e comporta-mentali che può insorgere in operatori che lavo-rano a contatto con la gente e che possono essereraggruppate in tre componenti: esaurimentoemotivo, depersonalizzazione e ridotta realizza-zione personale. L’esaurimento emotivo consistenel sentimento di essere emotivamente svuotato eannullato dal proprio lavoro, per effetto di uninaridimento emotivo del rapporto con gli altri.La depersonalizzazione si presenta come un at-teggiamento di allontanamento e di rifiuto (rispo-ste comportamentali negative e sgarbate) nei con-fronti di coloro che richiedono o ricevono laprestazione professionale, il servizio o la cura. La

ridotta realizzazione per-sonale riguarda la perce-zione della propria ina-deguatezza al lavoro, lacaduta dell'’autostima edil sentimento di insucces-so nel proprio lavoro.

Successivamente Cherniss (1983) con “burn-outsyndrome” definiva la risposta individuale aduna situazione lavorativa percepita come stres-sante e nella quale l’individuo non dispone di ri-sorse e di strategie comportamentali o cognitiveadeguate a fronteggiarla.

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LA SINDROME SI PRESENTAIN SIGNIFICATIVA CORRELAZIONE CON LAESPOSIZIONE A UTENTI CON MAGGIOR DISAGIO,RUOLI DI BASSO PRESTIGIOE SCARSA FORMAZIONE PROFESSIONALE

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Dal punto di vista psicofisico è una rispostadisfunzionale allo stress (Rossati, Magro, 1999).Il soggetto colpito da burn-out manifesta sintomiaspecifici (irrequietezza, senso di stanchezza edesaurimento, apatia, nervosismo, insonnia), sin-tomi somatici (tachicardia, cefalee, nausea, ecc.),sintomi psicologici (depressione, bassa stima di sé,senso di colpa, sensazione di fallimento, rabbia erisentimento, alta resistenza ad andare al lavoroogni giorno, indifferenza, negativismo, isolamen-to, sensazione di immobilismo, sospetto e para-noia, rigidità di pensiero e resistenza al cambia-mento, difficoltà nelle relazioni con gli utenti,cinismo, atteggiamento colpevolizzante nei con-fronti degli utenti). Tale situazione di disagio mol-to spesso induce il soggetto ad abuso di alcool o difarmaci.Gli effetti negativi del burn out non coinvolgonosolo il singolo lavoratore ma anche l’utenza, a cuiviene offerto un servizio inadeguato ed un tratta-mento meno umano.Dagli studi presenti in letteratura e da analisimultifattoriali a determinare la sindrome con-corrono: variabili individuali, fattori socio-am-bientali e lavorativi.Per l’insorgenza del burnout possono avere im-portanza fattori socio-organizzativi quali leaspettative connesse al ruolo, le relazioni inter-personali, le caratteristiche dell’ambiente di la-voro, l’organizzazione stessa del lavoro.

L’esperienza formativa ■L’esperienza nasce in ambito formativo nell’am-bito di un primo incarico (2007) ottenuto dall’A-zienda per i servizi sanitari n. 4 del Friuli VeneziaGiulia tramite l’U.O. Formazione e Aggiorna-mento. Il corso di formazione si inserisce nelle at-

tività formative rivolte agli educatori e referentidei Csre (Centro socio educativi e riabilitativi)dei servizi delegati per l’handicap con l’obiettivodi perseguire: maggiore consapevolezza, poten-ziamento socio-cognitivo, migliore qualità dellavita, creatività ed emozionalità nella relazioned’aiuto. Tale proposta sperimentale sta assumen-do carattere di continuità ed è in corso in altridue ambiti formativi a favore di operatori dellarelazione d’aiuto.La frequenza è stata di sei incontri della duratadi due ore ciascuno. Gli operatori coinvolti era-no in tutto 17 e sono nella quasi totalità educa-tori referenti di Csre ove l’utenza è costituita dasoggetti disabili psicointellettivi, da medio-lievi agravissimi adulti. Dall’analisi dell’invio, fattacon il responsabile della formazione di questoservizio aziendale, sono emerse alcune criticità:stanchezza di alcuni operatori; carenza di stru-menti metodologici operativi di alcuni operato-ri, non c’è piacere di apprendere - conoscere;“solito tram-tram”; gli educatori non comunica-no con la dirigenza; staticità professionale; per-dita della motivazione.La scelta degli operatori è stata operata in funzio-ne di una ritenuta stanchezza professionale (edu-catori “scoppiati”); ad alcuni è stata fatta richiestadi adesione volontaria, ad altri operatori no.Questa proposta formativa sarà offerta a tutte lefigure in forza presso i servizi delegati per l’han-dicap dell’Azienda e pertanto sarà ripropostaancora due volte nell’anno in corso.

Metodologia ■È stata inizialmente introdotta una metodologiadi lavoro che attraverso l’apprendimento coope-rativo (Cooperative Learning) e tecniche ineren-

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BRUNO FOTI

ti l’apprendimento interpersonale (Yalom,1997) includeva:- Utilizzo di momenti e spazi di silenzio (Be-

nenzon, 2006)- Ascolti musicali significativi per i diversi sog-

getti (emozionalità)- Giochi didattici di gruppo (Comunicazione

non verbale)- Role Playing e Tecniche mutuate dallo Psico-

dramma (messa in scene di situazioni conflit-tuali)

- Uso intensivo della comunicazione non ver-bale (utilizzo di strumenti musicali in gruppo,corpo, voce)

- Feed-back a ogni incontro e narrazione delcorso

- Il “foglio bianco”.La presentazione del gruppo è avvenuta focaliz-zando una serie di elementi importanti per il te-ma in oggetto ovvero gli anni di lavoro con ladisabilità, e la richiesta di ricordare un suonodefinito stressante in ambito lavorativo.Tramite un lavoro di gruppo in cerchio, il corsoha previsto:- cornice teorica introduttiva che evidenziava

le caratteristiche della sindrome di Burn Out,le principali sintomatologie e una richiesta diriconoscimento eventuale da parte degli ope-ratori dei sintomi caratterizzanti;

- esperienze in gruppo di comunicazione nonverbale per la creazione del climax;

- utilizzo della Musicoterapia intesa quale ri-sorsa non verbale per il lavoro sulla compo-nente emozionale tramite l’ascolto delle mu-siche del cuore degli operatori (Manarolo,2006; Postacchini, 2006; Le Doux, 2003;Ricci Bitti, 1998; Goleman, 1997);

- esperienze di improvvisazione di gruppo conutilizzo di strumenti musicali (Circle Drum),esperienze più strutturate di rotazione delleader, passarsi un ritmo, sostenere un ritmodi gruppo, disturbare il gruppo;

- messa in scene di conflitti;- ogni incontro ha contemplato la verbalizza-

zione dei vissuti.Il formatore ha fatto molta attenzione alla nar-razione del corso restituendo passo dopo passoquanto accadeva. Ciascun componente infineaveva la consegna di poter scrivere sul suo “fo-glio bianco”, per tutta la durata dei 10 incontri,impressioni, sensazioni, emozioni e collegamen-ti con il proprio mondo percettivo, affettivo e re-lazionale soprattutto in riferimento all’attivitàlavorativa con l’obiettivo infine di comprendereil proprio stile di coping ovvero di come l’opera-tore reagisce di fronte allo stress.Dal punto di vista strettamente musicoterapico siè fatto riferimento all’approccio psicodinamico(Benenzon, Manarolo, Postacchini) con frequen-ti riferimenti agli apporti teorici dell’indirizzoneurobiologico (Siegel, Trevarthen, Goleman,Lavelli, Le Doux) e dal punto di vista della con-duzione ai principi di psicoterapia di gruppo se-condo l’apprendimento interpersonale (Yalom).È stata infine fatta la scelta volontaria di non som-ministrare il test MBI (Maslach Burn out Inven-tory, 1993) sostituito con un questionario a do-mande aperte che consentisse un auto report dellapercezione interna di affaticamento o meno.

Sintesi dei materiali emersi ■Durante la presentazione dei partecipanti sonostati evidenziati i suoni ritenuti stressanti. I temiricorrenti ovvero i raggruppamenti dei suoni

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descritti ruotano sostanzialmente intorno a duetipologie: suoni ripetitivi prodotti dagli utenti(urla, stridori, masticazioni, toni e timbri di vo-ce) e suoni prodotti da colleghi o operatori O.s.s.percepiti come fonti di stress. L’unica eccezioneè quella riferita ad un centro ove sono presentidisabilità gravissime nel quale lo stress, forseconfuso con l’angoscia, è prodotto da non suoni.Le esperienze in gruppo di comunicazionenon verbale hanno favorito un climax di grup-po. La sospensione della verbalità, avvenuta inmodo più marcato nel terzo incontro, ha atte-nuato le dinamiche conflittuali osservate neiprimi due incontri. Il malessere di taluni è rav-visabile nella sintomatologia del Burn Out e laverbalità riconduce immediatamente a dina-miche consuete e conflittuali di comunicazio-ne. Il passaggio alla non verbalità ottenibilecon un grosso lavoro di contenimento da partedel formatore consente il trasferimento da po-sizioni cognitive di controllo a posizioni diemozionalità e empatia che determinano unabbassamento di modalità difensive. Le espe-rienze di comunicazio-ne non verbale mediatedall’olfatto e dal tatto(contatto olfattivo e tat-tile cinestesico a occhichiusi), hanno favoritol’apertura di nuovi ca-nali e determinato una nuova esperienza co-municazionale tra gli operatori.Durante lo svolgimento del corso il formatoreregistrava eventi e verbalizzazioni significativeper il gruppo; tale materiale è stato riportato nelfoglio bianco di gruppo e consegnato a ciascunoalla fine del corso. Si riporta a titolo esemplifica-

tivo parte di questo materiale costituito daespressioni verbali frutto di personali riflessionida parte degli educatori che è stato loro restitui-to e suddiviso in tre ambiti tematici:Criticità-Conflittualità: “nell’urgenza del farele cose non ci ascoltiamo, abbiamo solo delleimmagini dei nostri ragazzi che sono visionianacronistiche, perdiamo dinamicità della vita”.“Bisogna fare”, invece sarebbe importante lavo-rare sulla relazione.Il programma fatto sballa ogni giorno.La frustrazione nel lavoro con i gravi è elevata.Senso di ansia personale, ipercontrollo: risposteallo stress quotidiano.“Sentire che non sei tutelato” (paura della soli-tudine).“Viviamo nella precarietà” (gli utenti intanto liincontriamo ogni giorno).Il silenzio è assordante nel Csre di gravissimiutenti.Strategie: È importante nella vita di ogni giornoavere una “via d’uscita”. “Trasformare in riso (ri-dere) e in modo positivo, divertente il quotidiano

è una buona strategia”.“Il suono stressante cheho descritto della voce diuna utente mi ha fattorendere pubblica questacosa a tutti voi e ciò misembra importante.”

“Questa musica del cuore la uso anche sul lavoroè un sottofondo che non irrompe nella scena maneanche disturba”. Creatività: utile nell’educa-zione, nella vita di tutti i giorni, nella soluzione diimpasse relazionali, risoluzione di problemi.Tecniche, Metodologia: Strutturazione/nonstrutturazione: “non abbiamo sensazione del

LE ESPERIENZE DI COMUNICAZIONENON VERBALE MEDIATE DALL’OLFATTO E DALTATTO, HANNO FAVORITO L’APERTURA DI NUOVICANALI E DETERMINATO UNA NUOVA ESPERIENZACOMUNICAZIONALE TRA OPERATORI

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tempo libero: sarebbe importante lasciare iltempo alle persone per stimolarsi fra loro inmodo spontaneo; sarebbe più importante unospazio di condivisione (molto più che troppastrutturazione delle attività o della giornata) ecomunque non orientato”. Alcune musichepossono rappresentarci, rappresentare la nostrastoria, essere un’autobiografia, la narrazionedella propria vita. Vari tipi di silenzio che co-municano: silenzio di attesa, il silenzio della sof-ferenza, il silenzio vuoto... Ascolto dell’altro,delle musiche dell’altro, dei suoni dell’altro co-me ascolto di sé.

L’esperienze di gruppo nelle quali è stato fattouso intensivo di tecniche musicoterapiche han-no avuto un grande successo di partecipazioneemotiva come testimoniato da quasi tutti i par-tecipanti nel questionario somministrato a finecorso. La carenza di strumenti metodologici ri-manda frequentemente ad un deficit nell’areadel sapere ovvero le conoscenze teoriche. Nelcaso di operatori di “lungo corso” sembra chesia maggiormente ac-centuato il deficit perce-pito nell’area del saperfare e essere, ovvero delcambiamento persona-le, della presa di co-scienza dello spirito del tempo (centri diurnisanitarizzati, disabilità sempre più gravi), diapprendimento di modalità nuove di reagireallo stress, di conferma delle proprie compe-tenze. Il coinvolgimento personale nello sforzodi comprensione e di affinamento di tecnichenon verbali, di riconoscimento delle emozioni,di comunicazione empatica all’interno di rela-

zioni quotidiane problematiche, stressogene,sembra rispondere ai bisogni formativi in ambi-to di aggiornamento.Sono state condotte esperienze con l’utilizzo deltamburo a cornice “Circle Drum” costruito dauna ditta tedesca per scopi didattici e terapeuti-ci. Lo strumento evoca per caratteristiche orga-nologiche il tamburo sciamanico, possiede nu-merosissimi armonici è facilmente fruibile pernon musicisti e non favorisce facili virtuosismi.Utilizzato in set gruppali consente di focalizzarel’attenzione all’interno di una gamma timbrica.Il gruppo è stato invitato a fare sintonizzazionidi gruppo ovvero entrare in un ritmo sponta-neo di gruppo, passarsi un ritmo, ruotare il lea-der (improvvisazione), disturbare il ritmo digruppo. Tali esperienze sono state vissute connotevole coinvolgimento corporale ed emotivoe dalle verbalizzazioni è emerso il desiderio digiocare con il gruppo e di attivare processicreativi ed espressivi.La condivisione di un momento d’ascolto dedi-cato alle musiche preferite (le musiche del cuore)

ha favorito un lavoro diriconoscimento delleemozioni. Successiva-mente all’ascolto il for-matore conduceva unaverbalizzazione tesa alla

definizione verbale delle componenti cognitive,comportamentali, affettive e psicofisiologichedelle emozioni vissute da ciascun membro delgruppo. Ciascuna verbalizzazione veniva ripor-tata su di un cartellone. Sono emerse difficoltànella identificazione, dare il nome all’emozionepercepita, e confusione tra immagine e associa-zione cognitiva derivata dall’ascolto e emozione

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LA CONDIVISIONE DI ASCOLTI DELLEMUSICHE DEL CUORE HA FAVORITO IL LAVORODI RICONOSCIMENTO DELLE EMOZIONI

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corrispondente. All’interno delle polarità emoti-ve (es. dalla rabbia alla felicità) è stata operatauna collocazione quanto più possibile corretta etesa a dare una giusta definizione di quantochiamiamo emozione. L’esperienza di condivi-sione di ascolti di musiche proprie è stata inno-vativa per quasi tutti gli operatori e ha apertonuove connessioni comunicazionali: alcuni han-no anche verbalizzato che la musica del collegaha aggiunto elementi di novità alle conoscenzepregresse o presunte.Una strutturazione del corso non rigida e mo-dellata attimo per attimo sui bisogni del gruppoha favorito l’emergere dimodalità comunicativenon conflittuali, di mo-menti di pensiero, di ri-lassamento globale e diatteggiamenti non giudi-canti. Il questionario che sostituiva il MBI (testMaslach Burn out Inventory) era teso a racco-gliere lo stato dell’arte di ciascun operatore pre-sente al corso ovvero la sua percezione di: even-tuale sintomatologia in atto, eventuale percezionedi esaurimento emotivo, percezione dell’eventoformativo, ricaduta del medesimo sulla propriaprofessione. Per quanto attiene la percezione del-la sintomatologia emerge dalla sintesi dei questio-nari: ridotta realizzazione personale, decadimen-to della motivazione, tendenza a drammatizzaregli eventi, eccesso di responsabilità dei problemi,mal di testa, stanchezza, rigidità mentale, insod-disfazione di fondo, inadeguatezza, perdita di au-tostima, sensi di colpa. Sette operatori affermanodi non soffrire di nessuno dei sintomi o di averlisubiti in periodi limitati della loro vita.Grazie al lavoro esperienziale ciascun operatore

riferisce di avere avuto durante il corso la sensazio-ne di una maggiore chiarezza del proprio stile ope-rativo, di alcuni aspetti inerenti il proprio stile dicoping, del funzionamento della propria emozio-nalità e di un affinamento di modalità sensoriali dicomunicazione non verbale. Si sono verificati nuo-vi apprendimenti confermati dalle loro verbalizza-zioni soprattutto grazie al confronto non giudican-te con altri colleghi e rispetto al concetto di qualitàdella vita. L’idea di occuparsi del miglioramentodella qualità della vita grazie a modificazioni ap-portabili al sistema ambientale e comunicazionaleha modificato in molti l’atteggiamento di staticità e

l’idea depressiva di impo-tenza nell’agire quotidia-no “perché tanto noncambia niente”. Si è os-servato a fine corso unamaggiore sensibilità al

paesaggio sonoro del Csre e una maggiore attribu-zione di senso ai suoni prodotti dagli utenti conconseguente consapevolezza che anche il suono,soprattutto se ripetitivo e non codificato, possa as-sumere un ruolo e un significato in senso comuni-cativo.

Conclusioni ■Rispetto agli obbiettivi iniziali è stata raggiun-ta una maggiore consapevolezza del propriostile operativo soprattutto in riferimento allacomunicazione non verbale; la consapevolez-za che nello stile professionale l’empatia conl’utente è raggiunta senza pericoli di esauri-mento mentre utilizzando lo stile soggettivo ilrischio aumenta notevolmente. Una presa dicoscienza delle proprie peculiari modalità direagire allo stress, alle contaminazioni emoti-

GRAZIE AL LAVORO ESPERIENZIALECIASCUN OPERATORE RIFERISCEDI AVERE AVUTO DURANTE IL CORSOLA SENSAZIONE DI UNA MAGGIORECHIAREZZA DEL PROPRIO STILE OPERATIVO

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BRUNO FOTI

ve, alla ripetitività nella relazione con talunepersone. Una consapevolezza della propriogrado di stanchezza professionale nel con-fronto con la sintomatologia del burn out edinfine l’esperienza di poter sciogliere alcunedimensioni conflittuali, presenti nel rapportocon altri colleghi, soprattutto nei momenti dinon verbalità dove vi era l’attivazione di com-ponenti creative intese come modalità favo-renti l’uscita da situazioni quotidiane difficilie conf littuali o da impasse comunicazionali(Stern, 2005).Oltre al perseguimento degli obbiettivi formativiè stata infine raggiunta una maggiore sensibiliz-zazione alla musicoterapia da parte degli educa-tori che da sei anni, grazie ad una convenzionetra l’ Artem e l’Azienda, è presente in molti Csredei servizi delegati per l’Handicap.La prevenzione del burn out può avvenire tra-mite alcuni suggerimenti che in misura diversa

vengono adottati spontaneamente dagli opera-tori della relazione d’aiuto e sono nel contempoottimo suggerimento nei termini di strategie po-litiche e di gestione delle risorse umane:- Equilibrata distribuzione degli impegni tra

famiglia e lavoro.- Fiducia in sé e nella propria capacità di tra-

sformare positivamente le situazioni.- Flessibilità e disponiblità al cambiamento.- Facilitare la rotazione dei compiti ritenuti più

stressanti.- Consentire un orario flessibile.- Favorire la rete di aiuto tra pari.- Avere un modello gerarchico chiaro.- Assicurare una supervisione e gruppi di soste-

gno reciproco.- Avere una immagine realistica del carico di

lavoro effettivo.- Stimolare l’attività di ricerca.- Incentivare il personale esperto e competente.

Il suono dello stress:come percepire la sintomatologia del “Burn Out”

52

AA.VV, L’operatore cortocircuitato. Strumenti per la rilevazione del burn-out fra gli operatori sociali, Ed. CLUP, 1987.

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BIBLIOGRAFIA

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- Offrire possibilità di formazione su bisognireali e sul lavoro di equipe.

Oltre ad essere terapeutico, un cambiamentoradicale può essere un modo per evolvere pro-fessionalmente rimanendo nel campo del socia-le. Bernstein e Halaszyn propongono dieci dire-zioni verso cui può evolvere una professionesociale: Cambiare il tipo di utenza; Svilupparele proprie abilità professionali iscrivendosi a unascuola di formazione; Diventare amministratorio manager nel campo dei servizi sociali; Diven-tare formatori nel campo dei servizi sociali; De-dicarsi all’organizzazione dei servizi sociali; Im-pegnarsi politicamente per i servizi sociali;Dedicarsi agli aspetti giuridici, economici o me-dici dei servizi sociali; Diventare supervisori nelcampo dei servizi sociali; Dedicarsi alla ricercaapplicata al sociale; Scrivere testi. Come si puòvedere, non sempre la possibilità di realizzarequesti cambiamenti è realistica. Per questa ra-

gione, tutti gli studiosi della sindrome di burn-out raccomandano agli operatori e ai coordina-tori dei servizi di fare grossi investimenti sullaprevenzione.Per dirlo con le parole di Christina Maslach:“un grammo di prevenzione vale quanto mezzochilo di cura”. ■

BIBLIOGRAFIA

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Yalom I.D., Teoria e pratica della psicoterapia di gruppo, Bollati Boringhieri,Torino, 1997.

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INTRODUZIONE

Le letture di cui ci occuperemo in questo nu-mero di Arté sono legate da un preciso leit-motiv molto ben espresso nel titolo scelto daAngelo Malinconico e Maurizio Peciccia peril loro ultimo lavoro: “Aldilà della parola”.Tutte le artiterapie si contraddistinguono dal-le altre discipline proprio per la dimensioneda cui traggono il loro senso e le loro poten-zialità creative: quella preverbale.I libri che offriamo quest’oggi all’attenzionedei nostri lettori, toccano le corde di questodelicato tema di cui si fanno carico tutte le te-rapie espressive. ■

54 RECENSIONI AR-TÉ

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ALDILÀ DELLA PAROLAVie nuove per la terapia analitica delle psicosi

Angelo Malinconico - Maurizio Peciccia

Edizioni Magi, Roma, 2006

“(...) La parola simbolo in Jung non ha un an-damento tranquillo, il suo incedere è mosso,variegato, oscillato fino alle soglie dell’equivo-co, dove un senso si ribalta in un altro senso,generando scenari inaspettati che risulta diffi-cile comporre (...)”.

Il gioco della sabbia, di Angelo Melanconico,ed il Disegno speculare progressivo terapeuti-co, di Maurizio Peciccia, sembrano poter ri-comporre alcuni dei quadri imprevedibili del-la psicosi e le parole di Umberto Galimbertisembra che ben si prestino ad avvalorare l’ef-f icacia di cui si pregiano questi due metodipsicoanalitici così similari e distanti nel mede-simo tempo.Il punto di partenza ed il filo rosso che tesso-no le nuove proposte psicoterapiche offerteda Melanconico e Peciccia in “Aldilà dellaparola”, si nutrono di quelle immagini-cor-po (bene evidenziate da Eugenio Borna) ingrado di veicolare i f ili emotivi trasversali -gli intrecci emotivi - che trapelano tra gliscenari psicotici sondati e colti dai coraggiosiarteterapeuti.Credo che sia corretto ricordare come que-st’opera si rivolga ad un lettore coscienziosoed attento non solo desideroso di addentrarsinel cuore della psicosi ma anche benevolmen-

te predisposto a rif lettere sul senso del doloree della malattia mentale.Sarebbe ipocrita onubilare la precisione e lacrudezza con cui vengono esposti i casi clinicidescritti dagli autori di questo libro illuminante.Il motivo? L’immagine. La sola ad arrivare làdove le parole si arrestano.Basta interiorizzare per un solo istante undisegno partorito dal malessere del suo crea-tore e dalla risposta speculare del terapeutaper capire che si sta assistendo ad un quided ora fenomenologico dove la forza dina-mica dell’inquietudine e del disagio trapas-sano nella forza e nell’apertura salvifica delgesto creativo.Il contributo prezioso di Gaetano Benedetti,Paolo Aite, Antonio Lo Cascio e GiuseppeMaffei, interpreti dello junghismo italiano,che da anni si confrontano con sapienza epassione con le psicoterapie delle psicosi, ren-de quest’opera ancora più singolare, una per-la da raccoglier nel profondo mare della pras-si e della teoria della psicologia analitica. ■

a cura di Luca Zoccolan RECENSIONI AR-TÉ

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TEATROOpere per attori, solisti e burattini

Sandro Gindro

Edizioni SEB 27, Torino, 2002

Se la musicoterapia e la danzamovimentote-rapia oggi possono vantare di manuali, saggi,articoli che cercano di consolidarne la validi-tà sul piano clinico e teorico, la teatroterapia,invece, non gode ancora di tali benefici.Una delle cause di questa mancanza è sicura-mente da attribuire alla carenza bibliograficarelativa all’argomento.La lettura offerta dalla collana “Linea teatra-le” che, con l’appoggio dell’Istituto per i benimarionettistici ed il teatro popolare, intende“valorizzare e tutelare un patrimonio storicoed etnografico quasi interamente da riconsi-derare”, potrebbe essere colta in veste teatro-terapeutica e contribuire ad arrichire l’inter-scambio tra le artiterapie.L’ars combinatoria tra testo poetico, musica,movimento corporeo e cultura psicoanalitica,si prestano magistralmente alle opere di San-dro Gindro che, negli anni torinesi del “Tea-tro delle dieci” prima e della Compagnia deiburattini di Torino dopo, ha rivelato all’artele sue 3 P: Passione per la musica, Propensio-ne per la creazione drammaturgica, Propositipsicoanalitici.“Questo è il teatro: un momento della vitadell’uomo che racconta il passato dell’uomo,ma un passato che vive adesso nella rappre-sentazione, nel gesto, nella comunicazione”.

Questo ci rammenta l’autore di opere singolaricome “I papaveri nel grano” o “Storia del prin-cipe Amaranto che cambia misura ogni tanto”rivolte ad un nuovo teatro per ragazzi capace divalorizzare e raccontare quel bisogno di comu-nicare che emerge quando “due esseri viventi,anche non umani, si incontrano”.Come Benenzon stesso suggerì anche il burat-tino può divenire un oggetto intermediario ingrado di facilitare il livello relazionale cometestimonia lo psicodramma di R. Bermudez.Prima della parola, del testo e della narrazio-ne, vengono il gesto ed il corpo persino quelloapparentemente inanimato di una marionetta.Anche nella forma rigida ma dinamica delburattino si celano i temi dell’esistenza benindividuati da Giovanni Moretti, acuto inter-prete dell’opera di Gindro: “il mistero dellanascita, la generosità dell’amore, il rischiodella follia”. ■

56 RECENSIONI AR-TÉ a cura di Luca Zoccolan

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A PIÙ VOCI.Filosofia dell’espressione vocale

Adriana Cavarero

Feltrinelli “Campi del sapere”, Milano, 2003

Il sottotitolo che accompagna l’opera di Adria-na Cavarero, “Filosofia dell’espressione voca-le”, potrebbe indurre erroneamente il lettore acredere che l’argomento trattato dall’Autriceripercorra la storia della linguistica intesa co-me quella disciplina autonoma, scientifica ingrado di indagare “le lingue storicamente at-testate” e le loro strutture fonetiche, morfosin-tattiche, lessicali e semantiche.In realtà, in questo saggio, la parola sta allavoce come la mente sta al corpo e la vocalità,perno su cui ruotano le riflessioni della nota fi-losofa, è completamente “radicata nella car-nalità dei corpi”, assumendo un ruolo che fada contro altare ai “codici disciplinanti del lin-guaggio”.La potenza musicale e deduttiva della voce,che tanto avevano osteggiato Platone e la me-tafisica tradizionale, divengono ora oggetto distudio della musicologia e della psicoanalisi.Lo sanno bene le terapie espressive che hannosaputo orientare il senso della comunicazioneoltre la parola in quella sfera intersoggettivacapace di aprirsi ad un autentico ascolto.Come il terapeuta, anche il re emerso dal rac-conto di Italo Calvino, citato nell’introduzio-ne dalla scrittrice, fra i rumori assordanti ed imoti vibrazionali artefatti di corte sa ricono-scere una voce capace di “mettere in gioco

l’ugola e la saliva” perché quando vibra la vo-ce umana, come sottolinea la Cavarero, “c’èqualcuno in carne ed ossa che la emette”.Tuttavia, l’Autrice non si limita a cogliere lacorporeità della voce umana nella sua naturafisico-acustica ma le attribuisce un senso esi-stenziale e fenomenologico che ne fanno unevento unico ed irripetibile. Nell’emissionevocale, anche se celata, risiede già in potenza“l’intenzione all’ascolto” e quindi il seme diogni vera comunicazione.Adriana Cavarero citando la complessa operadi Julia Kristeva ci parla della chora semioti-ca, quella traccia vocalica neonatale capacedi risvegliare l’inconscio e di renderci più sen-sibili e propensi verso l’apertura relazionale.Guidati dalla prosodia della parola svuotatadelle sue implicazioni fonico-strutturali ritor-niamo ad una dimensione preverbale, luogoprivilegiato delle arti-terapie.Quest’opera tutta da scoprire e da ponderaresembra ricalcare - ma in modo più analitico -le teorie di Spaccazzocchi che nei suoi studiha sempre sottolineato il senso dell’espressio-ne vocale accendendo l’ambigua dicotomiasuggerita da Levinas negli anni ottanta fra “ilDire ed il Detto”. ■

a cura di Luca Zoccolan RECENSIONI AR-TÉ

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■ Le artiterapie, o terapie espressive, hanno conosciuto negli ultimi anni una costante dif-fusione accompagnata da un sempre maggiore riconoscimento in ambito accademico escientifico. La constatazione di tale processo ha maturato l’esigenza di mettere a disposizio-ne della disciplina e dei colleghi, che a vario titolo si accostano ad essa, uno strumento di ri-flessione, di confronto, di approfondimento.Il primo numero di ar-té si apre con l’articolo di Roberto Caterina che pur privilegiando atratti l’ambito musicoterapico ci propone una puntuale descrizione degli aspetti storico-cul-turali e scientifici che contrassegnano le terapie espressive nel loro insieme.L’articolo di Salvo Pitruzzella introduce uno specifico ambito applicativo presentando ilcontesto drammaterapico e gli eventi ‘trasformativi’ che si possono realizzare al suo inter-no. I contributi di Rosa Porasso e dell’équipe del Centro Arcipelago sono rivolti all’artete-rapia. Rosa Porasso descrive il processo creativo che sottostà all’intervento arteterapico ri-cordandoci come si tratti di un divenire, che necessita un contenitore, capace di trasformareattraverso una fitta rete di relazioni un’energia per configurare un esito, un prodotto. I col-

leghi del Centro Arcipelago presentano daparte loro un’esperienza clinica condotta congli ospiti di un centro diurno riabilitativo perpazienti affetti da gravi disabilità psicofisiche.Anna Lagomaggiore, danzamovimentotera-peuta, approfondisce, attraverso coinvolgentiesemplificazioni cliniche, le fasi iniziali del pro-cesso terapeutico sottolineando come si tratti diun momento estremamente delicato, da cuispesso può dipendere il buon esito del nostrointervento, dove il terapeuta sperimenta la suamaggiore o minore capacità empatica e conte-nitiva. L’approccio musicoterapico ritorna nelcontributo di Giovanna Artale, Fabio Albano,Cristian Grassilli; gli autori, traendo spunto daun’esperienza clinica, presentano le possibiliapplicazioni al contesto musicoterapico del si-stema di decodifica relazionale di Alan Fogel.Il primo numero di ar-té si chiude con lapreziosa intervista gentilmente concessa daGillo Dorfles e redatta da Giorgio Bedoni eLucia Perfetti. ■

artéin questo numero

QUADERNI ITALIANI DELLE ARTITERAPIE

Arti-terapie e musicoterapiatra impegno sociale e verifica scientifica

Stati di graziaEventi trasformativi in Drammaterapia

Il Grembo della CreazioneCreazione artistica e autocreazione della mente

Dieci anni di martedì mattina con l’arteterapiaIl processo creativo come strumento per contrastare il burn out

Verso la relazione terapeuticanella Danza Movimento Terapia

L’approccio storico-relazionale in musicoterapia:analisi di un frame

Arte e PsichiatriaConversazione con Gillo Dorfles

NUMERO ZEROANNO_00_NUM_00_GIUGNO_2006

A CURA DI COOPERATIVA SABA

REDANCIA SRLCENTRO DI RIABILITAZIONE GIOVANNI FERRERO

ASSOCIAZIONE MUSICA E TERAPIAARS NOVA

COOPERATIVA CIMASCOOPERATIVA SOCIALE LA LINEA DELL’ARCO

edito

riale

di Ge

rardo

Man

arolo

58 NUMERI PUBBLICATI AR-TÉ 00

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■ I quaderni italiani delle artiterapie, dopo il numero “00” del Giugno 2006, avviano con icontributi ospitati in questo volume la loro periodicità semestrale. Il primo numero del 2007 diar-té si apre con l’articolo di Maurizio Peciccia e Gaetano Benedetti; gli autori affrontano laproblematicità del trattamento psicoterapeutico delle sindromi psicotiche e descrivono il pro-cesso terapeutico che può essere avviato, quando il medium verbale risulta non percorribile, at-traverso la tecnica del disegno speculare progressivo.Salvo Pitruzzella a seguire ci introduce nel magico mondo di “Giufà”; le storie di Giufà, rin-tracciabili sotto diverse spoglie in tutto il bacino del mediterraneo, testimoniano una dimensio-ne creativa, infantile, uno sguardo naïf e sincero sul mondo. Giufà, nel lavoro drammaterapeu-tico di Pitruzzella, diviene una convincente metafora al cui interno trattare i temi della follia,della trasgressione, della verità. Guido Antoniotti nell’articolo successivo affronta un tema cen-trale nell’ambito delle terapie espressive, vale a dire il ruolo svolto dalla dimensione estetica edal concetto di “bellezza” nella pratica e negli aspetti teorico-metodologici propri della discipli-na. Gli ultimi contributi si spostano su di un piano più strettamente applicativo e metodologico. L’èquipe dell’Unità Operativa di Psichiatria(Gamba, Mainardi, Poli, Agrimi) presentaun’esperienza di musicoterapia (attiva e re-cettiva) condotta con pazienti sofferenti perdisturbi d’ansia, somatoformi, e per quadrimisti ansioso-depressivi.Vincenzo Puxeddu descrive il ruolo svoltodall’osservazione all’interno della Danza Mo-vimento Terapia Integrata, precisando comesi tratti di un’esperienza globale corporea checoinvolge non solo la vista e non solo la perce-zione esterna.La sezione di musicoterapia dell’Università diGenova (Del Puente, Manarolo, Zanelli, For-naro), infine, presenta una particolare espe-rienza di musicoterapia recettiva di gruppo,rivolta a pazienti ricoverati presso la ClinicaPsichiatrica dell’Università di Genova, chetrova per l’appunto la sua peculiarità nellafrequenza e nella durata del trattamento.Nel concludere, essendo evidente a tutti i col-leghi quanto sia importante per la nostra di-sciplina avvalersi di uno strumento di con-fronto e sensibilizzazione, rinnovo l’invito asostenere ar-té inviando contributi e sottoscri-vendone l’abbonamento. ■

artéin questo numero Riparazione del processo primario

nella psicoterapia verbale e non verbale delle psicosi

Creatività e potere nello spirito siciliano:le storie di Giufà, il Saggio e lo Stolto

La bellezza che sanariflessioni sul ruolo dell’estetica in musicoterapia

Un’esperienza di musicoterapia pressol’U.O. di Psichiatria di Cremona:la musicoterapia nel trattamento dei disturbi d’ansia,somatoformi e nei quadri misti ansioso-depressivi

L’arte di accompagnare:l’osservazione in Danza Movimento Terapia Integrata

Variazioni del linguaggio simbolicoin un gruppo di musicoterapia

A CURA DI COOPERATIVA SABA

REDANCIA SRLCENTRO DI RIABILITAZIONE GIOVANNI FERRERO

ASSOCIAZIONE MUSICA E TERAPIAARS NOVA

COOPERATIVA CIMASCOOPERATIVA SOCIALE LA LINEA DELL’ARCO

ISSN 1971-811X ANNO_01_NUM_01_APRILE_2007

QUADERNI ITALIANI DELLE ARTITERAPIE

editorialedi Gerardo Manarolo

59NUMERI PUBBLICATI AR-TÉ 01

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■ Il secondo numero del 2007 è dedicato all’arteterapia e alla danzamovimento terapia. I contributi di Boccalon, Rosenberg, Bedoni si soffermano sulle valenze simbolopoietiche epsicoterapiche dell’arteterapia, cosi come l’articolo di Flavia Russillo, per quanto attiene ladanzamovimento terapia, mentre Elena Rovagnati tratta di quest’ultima in una prospettivariabilitativa.Roberto Boccalon, nello scritto che apre ar-té, descrive le valenze simbolopoietiche del-l’esperienza espressiva e creativa propria delle artiterapie. Le terapie espressive nelle lorodiverse declinazioni offrono al paziente un contesto dove comunicare, rappresentareesperienze interiori e questo soprattutto dove la parola è assente, lontana, insufficiente.Flavia Russillo sposta la nostra attenzione sul corpo, sul movimento, sul linguaggio riba-dendo quanto già affermato da Roberto Boccalon. Il suo contributo precisa la specificitàdella danzamovimento terapia nel trattamento della psicosi in ragione della possibilità dioffrire spazio e senso all’informe, in virtù “della possibilità d’incontrare l’altro al livellodegli elementi primari della relazione con se stesso e con l’ambiente”. La specificità psi-

coterapica delle terapie espressive ed in parti-colare dell’arteterapia viene sottolineata daMargherita Levo Rosenberg che descrive lapeculiare e preziosa esperienza condotta pres-so l’atelier di arteterapia collocato nell’ambitodel Centro Diurno F. Basaglia del Diparti-mento di Salute Mentale dell’Asl di Genova.Elena Rovagnati nel contributo successivoapprofondisce le possibili applicazioni delladanzamovimento terapia in ambito riabilita-tivo, tale angolazione sottolinea la possibilitàdi “favorire l’integrazione psicorporea... affi-nare le funzioni psicomotorie, la simbolizza-zione corporea e l’immagine corporea e la sti-ma di sé”.ar-té si chiude con l’articolo di Giorgio Bedo-ni dedicato all’artista Carlo Zinelli e dove Be-doni propone un’applicazione del “modelloiconologico integrato” “strumento di approc-cio all’immagine orientato a valorizzare lanatura polisemica del linguaggio visivo”. ■

60 NUMERI PUBBLICATI AR-TÉNUMERI PUBBLICATI AR-TÉ 02

artéin questo numero Dall’Agire al Pensare:

esperienze creative e percorsi psicoterapeutici

Corpo, Movimento, Linguaggio:specificità della Danza-Movimento Terapia

Atelier ideale - Atelier realeArteterapia in un servizio pubblico:contratto terapeutico, setting e prima accoglienza

Riabilitazione inDanzamovimento Terapia

La forma e lo sguardo:Polisemia dell’immagine in arte terapia,Carlo Zinelli e i mondi visionariA CURA DI

COOPERATIVA SABACENTRO DI RIABILITAZIONE GIOVANNI FERRERO

ASSOCIAZIONE MUSICA E TERAPIAARS NOVA

COOPERATIVA SOCIALE CIMASCOOPERATIVA SOCIALE LA LINEA DELL’ARCO

COOP. SOC. CENTRO STUDI DANZA ANIMAZIONE ARTE TERAPIACOOPERATIVA IL CANTO DI LOS

ISSN 1971-811X ANNO_02_NUM_02_DICEMBRE_2007

QUADERNI ITALIANI DELLE ARTITERAPIE

edito

riale

di Ge

rardo

Man

arolo

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Fare arteterapiadi Elena Giordano - Cosmopolis, Torino, 2008

in libreria 61

Che si possa curare con l’arte è un’acquisizione

ormai diffusa, che ha dato impulso ad una

molteplicità di esperienze in vari campi, dai più

dichiaratamente terapeutici a quelli che si pongono

su territori di confine (dai centri diurni per malati

psichiatrici, ai laboratori per disabili, agli ateliers

per anziani o per bambini).

Un panorama così variopinto, non solo per quanto

riguarda i destinatari, ma anche relativamente

ai conduttori (psicologi, artisti o educatori) e agli

obiettivi (terapia integrata, produzione artistica,

crescita personale) finisce talvolta per determinare

qualche confusione e indurre a sottovalutare

le possibilità insite in questo strumento,

utilizzabile a vari livelli, tutti ugualmente degni,

purché ne siano chiaramente esplicitati gli obiettivi.

Elena Giordano, psicoterapeuta si occupa diarteterapia dai primi anni ‘70, essendosi formataalla scuola francese di Anne Denner ed avendo lavoratosoprattutto nel campo della terapia degli psicotici.Da circa vent’anni svolge attività di formazione esupervisione per arteterapeuti che lavorano con malatipsichici e disabili in ambiente istituzionale.

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■ 4° SIMPOSIO INTERNAZIONALE SU PSICOANALISI E ARTE“LIGHT AND SHADOW IN PSYCHOANALYSIS AND ART”da venerdi 16 a domenica 18 maggio 2008Palazzo Vecchio - Salone dei Cinquecento - FirenzeVilla La Pietra - Via Bolognese 120 - Firenze

Lingua ufficiale del Simposio: Inglese - È previsto un gruppo di discussione in italianoIscrizione a pagamento.

Per informazioni ed iscrizioni:sito: www.florencepsyart.com/home.html

■ ABIO BRIANZA ONLUS (Associazione per il Bambino In Ospedale)CONVEGNO “METTIAMOCI... IN GIOCO”I MATERIALI ARTISTICI E LA SORPRESA DELL'AZIONE CREATIVA CONDIVISAsabato 17 maggio 2008Università degli Studi di Milano Bicocca - Facoltà di medicina e chirurgia - Aula MagnaVia Cadore 48 - Monza (MI)Iscrizione gratuita ed obbligatoria (entro il 10 maggio)

Al convegno sono previsti gli interventi di Wilma Cipriani e Attilia Cossio Bellia, docenti della FormazioneTriennale in Arteterapia Clinica.

Per informazioni ed iscrizioni:ABIO BRIANZA ONLUS (Associazione per il Bambino In Ospedale)c/o Ospedale Nuovo S. GerardoVia Pergolesi 33 - Monza (MI) / Tel.: 039 2333653 - Fax: 039 2332450e-mail: [email protected] / sito: www.abiobrianza.org

■ ART THERAPY ITALIANAPRIMO CONVEGNO SICILIANO ART THERAPY ITALIANA“TEORIA DELLA TECNICA E APPLICAZIONI CLINICHE”6/7 giugno 2008 Palazzo Pantelleria - Via G. Meli 5 - PalermoPalazzo delle Aquile - Sala delle Lapidi - Piazza Pretoria 1 - Palermo

SEMINARI

ARTE

- 30-31/05/2008 - Torino / Docente: Barbara Fiore- 5-6/07/2008 - Bisceglie (BA) / Docente: Rosaria Mignone- 26-27/09/2008 - Bologna / Docente: Gloria Tazzari

NOTIZIARIO AR-TÉ a cura di Sabrina Borlengo 62

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a cura di Sabrina Borlengo NOTIZIARIO AR-TÉ 63- 18-19/10/2008 - Roma / Docente: Carla Carlevaris- 28-29/11/2008 - Bologna / Docente: Rosaria Mignone

DANZA

- 17-18/05/2008 - Genova / Docente: Anna Lagomaggiore- 24-25/05/2008 - Roma / Docente: Marcia Plevin- 25-26/10/2008 - Firenze / Docente: Piera Pieraccini- 28-29/11/2008 - Bologna / Docente: Roberta Sorti

Per informazioni:ART THERAPY ITALIANAVia Barberia 13 - 40123 Bologna - Italy / Tel. fax +39.051.6440451 e-mail: [email protected] / sito: www.arttherapyit.org

■ CENTROSTUDI DANZA ANIMAZIONE ARTE TERAPIASEMINARIO INTRODUTTIVO IN “DANZA MOVIMENTO TERAPIA INTEGRATA”®

Metodo Dr. Vincenzo Puxeddu21 giugno 2008 - Studio “Violarancio” - Via del Gonfalone, 2 - MilanoOrario Seminario: 9.30- 17.30 / Costo del Seminario € 50,00 (I.V.A. esclusa)

Il seminario si rivolge a tutti coloro che desiderano fare esperienza o approfondire la conoscenza della Danza-MovimentoTerapia e a chi vuole incontrare questa metodologia con un interesse professionale, operatori nelcampo della relazione di aiuto in ambito sanitario, educativo, sociale e della danza (educatori, insegnanti, pe-dagogisti, psicomotricisti, fisiocinesiterapisti, operatori sanitari e sociali, psicologi, assistenti sociali, medici,professionisti della danza). È richiesto un abbigliamento che permetta libertà di movimento.Verrà rilasciato attestato di partecipazione, che sarà accettato come pre-requisito per l’iscrizione alla Scuola diFormazione Professionale in DanzaMovimentoTerapia Integrata® con sede a Milano, Palermo, Roma e Ca-gliari, Direttore Dr. Vincenzo Puxeddu, Presidente Apid.

UNIVERSITÀ ESTIVA DI DANZATERAPIAGIORNATE INTERNAZIONALI DI STUDIO21/27 luglio 2008 - Centro Congressi Tanka Village - Villasimius (CA)

Il programma prevede un momento formativo-esperienziale dal 21 al 26 luglio euna giornata di studio prevista per il giorno 26/27 luglio.

L’Università Estiva di Danzaterapia si propone come un momento di incontro, studio, approfondimento e con-fronto fra quanti lavorano nel settore della Danza movimento Terapia. In particolare saranno messe a con-fronto le diverse scuole attraverso l’esperienza di differenti tecniche e metodologie, attraverso workshops, semi-nari, video sections, comunicazioni a cura di operatori italiani e stranieri.In particolare si indirizza:

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- a coloro che operano professionalmente attraverso la DanzaMovimento Terapia in ambito educativo, socia-le e riabilitativo;

- agli studenti delle differenti formazioni di DanzaMovimento terapia;- a differenti figure professionali che operano nel campo della salute, dell’educazione, del sociale e della

danza;- a tutti coloro che desiderano fare esperienza o approfondire la conoscenza della DanzaMovimentoTerapia.

Gli attestati verranno rilasciati al termine dei lavori, a tutti i partecipanti regolarmente iscritti, che ne faccianorichiesta alla Segreteria presso la sede del convegno.L’Università estiva di Danzaterapia è riconosciuta nell’ambito della formazione professionale in DanzaMovi-mento Terapia Integrata® - Direttore: Dr. Vincenzo Puxeddu - Sede: Cagliari - Milano - Palermo - Roma

Per informazioni ed iscrizioni:CENTROSTUDI DANZA ANIMAZIONE ARTE TERAPIAVia Principe Amedeo 13 - 09124 Cagliari / Tel.: 070 650349 - 070 665967 - Fax: 070 655779e-mail: [email protected] / sito: www.danzamovimentoterapia.it

■ SACRO CUORE Gruppo Health Care ItaliaALZHEIMER UNITI Roma OnlusEDUCAZIONE CONTINUA IN MEDICINAMUSICA MEMORIE E IDENTITÀ: MUSICOTERAPIA PER L’ALZHEIMER24 e 25 giugno 2008Sacro Cuore - Via Alessandro Poerio, 100 - Roma - Tel. 06 58899.1 - Fax. 06 5818619e-mail: [email protected]

In corso di accreditamento per l’attribuzione dei crediti formativi ECM per:Psicologi / Infermieri / Fisioterapisti / Terapisti Occupazionali

Docenti:Prof. Luisa Bartorelli - Geriatra e PsicogeriatraDott. Silvia Ragni - Psicologa, psicoterapeuta e musicoterapeutaCristina Bernard - FisioterapistaAlessandro Borghi - Infermiere e musicistaRenata Matteelli - Infermiera dell’equipe multidisciplinare

Obiettivi:Obiettivo primario del corso, articolato in 2 giornate per un totale di 16 ore di formazione complessive,è quello di sviluppare competenze sia teoriche che pratiche necessarie al miglioramento del lavoro multidisci-plinare di équipe nell’ambito dell’assistenza dei malati di Alzheimer attraverso la terapia della musica.L’approccio è focalizzato:- al coinvolgimento diretto dei partecipanti;- alla sinergica integrazione di momenti di trasmissione del sapere, con una sperimentazione diretta;

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a cura di Sabrina Borlengo NOTIZIARIO AR-TÉ 65- all’utilizzazione di metodologie pratiche ed esperienziali.

Costo del corso: 80,00 euro + Iva

Per informazioni:SEGRETERIA ORGANIZZATIVA: Sig.ra Marina ColasantiSEGRETERIA SCIENTIFICA: D.ssa Silvia Ragni / D.ssa Federica Vilellae-mail: [email protected]

■ APIMCorso di Musicoterapia Apim, sedi di Torino e di Genova.Sono aperte le iscrizioni per il corso triennale di musicoterapia, il corso sarà avviato nell'ottobre 2008.

Per informazioni:Dott. Manarolo - cell. 3393678572 - e-mail: [email protected]

■ CENTRO DI RIABILITAZIONE GIOVANNI E OTTAVIA FERRERODEMENZE E MUSICOTERAPIA: UN NUOVO APPROCCIO TERAPEUTICOvenerdì 7 novembre 2008Centro di riabilitazione Giovanni e Ottavia Ferrero - Via de Amicis 16 - Alba (CN)

- Programma mattino (dalle 8.45 alle 13.00)Registrazioni partecipanti / Saluto delle AutoritàModeratore: Giovanni Brezzi, Direttore Sanitario “Fondazione Giovanni e Ottavia Ferrero” OnlusLezione magistrale: Invecchiamento e demenza: fragilità e malattiaG. Asteggiano, Direttore SOC di Neurologia ASL CN2 Alba-BraMusica e cervello: recenti acquisizioni in ambito neuroscientifico e prospettive musicoterapicheG. Nuti, Ricercatore universitario, Università della Valle d’AostaLa consolazione della musica tra perdite e ricordi: valenze psicoterapiche dell’approccio musicoterapicoG. Manarolo, Professore a contratto Università di GenovaLa musicoterapia nel trattamento delle demenze senili: lo stato dell’arte e scenari di ricercaA. Raglio, Ricercatore Fondazione Sospiro (CR), membro INTERDEM (Psycho-Social Interventions in Dementia)

- Programma pomeriggio (dalle 14.00 alle 17.00)Presentazione di esperienze applicative e discussione in piccolo gruppoRoberto Principe, musicoterapista, Istituto Brignole, GenovaPaola Bonomi, musicoterapista,Istituto Sospiro, CremonaMarta Gianotti, musicoterapista,RSA Salò, BresciaQuestionario ECM

Per informazioni: tel. 0173 363821 Sig.ra Borlengo

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NORME REDAZIONALI1) I colleghi interessati a pubblicare articoli ori-ginali sulla presente pubblicazione sono pregatidi inviarne una copia redatta secondo il pro-gramma Word per Windows (tipo RTF) al se-guente indirizzo email: [email protected]) L’accettazione dei lavori è subordinata allarevisione critica del comitato di redazione.3) La comunicazione di accettazione verrà in-viata non appena il comitato di redazione avràespresso parere favorevole alla pubblicazione.4) Il testo degli articoli dovrà essere redatto inlingua italiana e accompagnato dal nome e co-gnome dell’autore (o degli autori) completo diqualifica professionale, ente di appartenenza,recapito postale e telefonico.5) Per la stesura della bibliografia ci si dovrà at-tenere ai seguenti esempi:

a) LIBRO: Cordero G.F., Etologia della co-municazione, Omega edizioni, Torino,1986.

b) ARTICOLO DI RIVISTA: Cima E., Psi-cosi secondarie e psicosi reattive nel ritar-do mentale, Abilitazione e Riabilitazione,II (1), 1993.

c) CAPITOLO DI UN LIBRO: MorettiG., Cannao M., Stati psicotici nell’infan-zia. In M. Groppo, E. Confalonieri (a cu-ra di), L’Autismo in età scolare, MariettiScuola, Casale M. (Al), 1990.

d) ATTI DI CONVEGNI: Neumayr A.,Musica ed humanitas. In A. Willeit (a cu-ra di), Atti del Convegno: Puer, Musica etMedicina, Merano, 1991.

6) Gli articoli pubblicati impegnano esclusiva-mente la responsabilità degli Autori. La pro-prietà letteraria spetta all’Editore, che puòautorizzare la riproduzione parziale o totaledei lavori pubblicati.

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