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“L’ABBRACCIO CHE GUARISCE” (I parte) Si chiama HOLDING ed è un metodo riconosciuto in tutte le parti del mondo, fondato da Martha G. Welch in America nei primi anni 70. HOLDING (dall’inglese): “tenere”, “avere in pugno”, “ reggere”, “sorreggere”, “sostenere”, “tenere in braccio”, “trattenere”, “fermare”, “contenere”, “vincolare”, “persistere” “resistere” Sono tutte espressioni che hanno ognuna un ruolo e un significato ben precisi nel contesto di questa tecnica. Di che cosa si tratta? L’ ”holding” è un metodo pratico che, grazie ad una precisa dinamica di movimenti che consistono nell’ abbracciare il bambino, può aiutare i genitori, ed in particolare le mamme, ad instaurare una relazione più intima e soddisfacente con il loro bambino, si tratti di un lattante di pochi mesi, di un bambino che muove i suoi primi passi, o di un ragazzino che va già a scuola. Il metodo nacque casualmente dalle osservazioni dell’autrice, che, all’epoca, si occupava di bambini affetti da gravi forme di autismo. Erano bambini che vivevano costantemente in una sorta di ritiro affettivo e comunicativo, spesso in preda a violente crisi aggressive e distruttive che derivavano dall’impotenza di comunicare agli altri il proprio mondo interno con un linguaggio “noto” ed “efficace” . Propose a tutte le mamme dei bambini autistici che seguiva, di prendere in braccio i loro bambini, se necessario anche con la forza. I bambini non volevano essere presi e si difendevano con calci, pugni, sputi, morsi, urla e pianti. Matt, un bambino di 3 anni, che normalmente si rifiutava di comunicare, si oppose e si divincolò per più di un’ora, ma la mamma ebbe il coraggio e la forza di resistere e mantenere il “contenimento” di questo bambino così difficile. Molto tempo dopo, durante una seduta di terapia Matt disse alla mamma guardandola negli occhi (cosa che un bambino autistico NON fa): “grazie che mi hai preso in braccio”! Vi ho raccontato questo piccolo episodio per farvi “intuire” tutte le enormi potenzialità dell’ ”holding” che, grazie alle osservazioni successive di Martha

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Page 1: “L’ABBRACCIO CHE GUARISCE” · Svilupperemo delle riflessioni anche sul fatto che, attraverso l’uso dell’ “holding” per rafforzare il rapporto con i figli, i genitori,

“L’ABBRACCIO CHE GUARISCE”

(I parte)

Si chiama HOLDING ed è un metodo riconosciuto in tutte le parti del mondo, fondato da Martha G. Welch in America nei primi anni 70.

HOLDING (dall’inglese): “tenere”, “avere in pugno”, “ reggere”, “sorreggere”, “sostenere”, “tenere in braccio”, “trattenere”, “fermare”, “contenere”, “vincolare”, “persistere” “resistere”

Sono tutte espressioni che hanno ognuna un ruolo e un significato ben precisi nel contesto di questa tecnica.

Di che cosa si tratta? L’”holding” è un metodo pratico che, grazie ad una precisa dinamica di movimenti che consistono nell’ abbracciare il bambino, può aiutare i genitori, ed in particolare le mamme, ad instaurare una relazione più intima e soddisfacente con il loro bambino, si tratti di un lattante di pochi mesi, di un bambino che muove i suoi primi passi, o di un ragazzino che va già a scuola.

Il metodo nacque casualmente dalle osservazioni dell’autrice, che, all’epoca, si occupava di bambini affetti da gravi forme di autismo. Erano bambini che vivevano costantemente in una sorta di ritiro affettivo e comunicativo, spesso in preda a violente crisi aggressive e distruttive che derivavano dall’impotenza di comunicare agli altri il proprio mondo interno con un linguaggio “noto” ed “efficace” .

Propose a tutte le mamme dei bambini autistici che seguiva, di prendere in braccio i loro bambini, se necessario anche con la forza. I bambini non volevano essere presi e si difendevano con calci, pugni, sputi, morsi, urla e pianti.

Matt, un bambino di 3 anni, che normalmente si rifiutava di comunicare, si oppose e si divincolò per più di un’ora, ma la mamma ebbe il coraggio e la forza di resistere e mantenere il “contenimento” di questo bambino così difficile. Molto tempo dopo, durante una seduta di terapia Matt disse alla mamma guardandola negli occhi (cosa che un bambino autistico NON fa): “grazie che mi hai preso in braccio”!

Vi ho raccontato questo piccolo episodio per farvi “intuire” tutte le enormi potenzialità dell’ ”holding” che, grazie alle osservazioni successive di Martha

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G. Welch iniziò ad essere applicato con successo in moltissime altre situazioni di difficoltà più o meno importanti in bambini così detti “sani” di cui vi parlerò più avanti.

(fine prima parte)

“L’ABBRACCIO CHE GUARISCE”

(II parte)

I genitori di bambini in difficoltà, spesso si sentono RIFIUTATI dai loro bambini, provano un senso di frustrazione, quando questi reagiscono sfuggendo il loro sguardo, le loro carezze o sono in preda a violente crisi di aggressività.

L’esperienza di chi ha bambini, tuttavia, porta a constatare che almeno “qualche volta” TUTTI i bambini rifiutano la loro madre, TUTTI i bambini “qualche volta” reagiscono negativamente nella loro quotidianità.

Applicare l’holding anche su bambini considerati normali, può quindi non solo consentire lo svilupparsi di un gratificante rapporto di intimità con la madre, ma anche influire positivamente sull’intero sviluppo neuro-psichico del bambino.

Comportamenti cosi detti “evolutivi” del bambino, come per esempio nella fase impegnativa dei 2 anni, o la gelosia quando nasce un fratellino o la rivalità tra fratelli oppure la fase dell’adolescenza in cui il ragazzo diventa difficilmente gestibile perché in profondo cambiamento e differenziazione dai genitori, alla ricerca della propria identità, POSSONO trarre grandissimo vantaggio dal’applicazione della tecnica dell’ holding.

L’holding tuttavia è solo uno strumento, un metodo diretto, grazie al quale si può rendere tangibile il profondo affetto che lega la madre al proprio figlio, anche quando questo non si esprime con il linguaggio e attraverso i canali più efficaci e comprensibili.

Nelle riflessioni di queste puntate, cercherò di portarvi a riflettere sul fatto che, indipendentemente dalle tecniche psicologiche applicate, in realtà l’educazione dei figli avviene basandosi su una sorta di “imprinting” di educazione che i genitori stessi hanno ricevuto a loro volta dai propri genitori.

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Svilupperemo delle riflessioni anche sul fatto che, attraverso l’uso dell’ “holding” per rafforzare il rapporto con i figli, i genitori, le madri in particolare, possono arrivare ad avere uno stile proprio di genitorialità, diverso dallo schema sperimentato dalla propria madre e messo in atto perché unico strumento noto, che le portano ad avere un nuovo atteggiamento positivo verso i bambini, avendo un contatto diverso e più gratificante con loro.

I bambini a loro volta diventano più affettuosi, più sicuri e più realizzati.

Grazie alla nuova intimità creatasi attraverso l’holding si può instaurare un nuovo rapporto di fiducia che consente ai bambini di potersi fidare e confidare con i genitori, arrivando a sentirsi così meno soli ed isolati nel gestire il difficile processo di “diventare grandi”

(fine II parte)

“L’ABBRACCIO CHE GUARISCE”

“Il contatto cercato”

(III parte)

E veniamo alla tecnica dell’holding.

Di per sé è molto semplice: il bambino viene tenuto in una posizione che consente al genitore di stabilire un contatto diretto con lo sguardo e di controllare i tentativi del bambino di protestare , di lottare, di fuggire.

In questa posizione, in realtà viene anticipato e poi risolto il confronto che avviene tra madre e figlio e favorisce la soluzione dei problemi.

E’ stato visto nell’ ”holding” che LE REAZIONI del GENITORE come del FIGLIO, siano sempre le stesse ed avvengano in una sequenza ben precisa e specifica: CONFRONTO – RIFIUTO – RISOLUZIONE

E’ un passaggio fondamentale da tenere a mente perché consente di non interpretare erroneamente i propri sentimenti e quelli del bambino e non interrompere la tecnica nel momento in cui si pensa che non possa più andare avanti (quando il bambino inizia a dimostrare di volersi divincolare).

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La madre si siede comoda, il bambino è a cavalcioni sulle sue gambe: sono uno di fronte all’altra in modo che OGNUNO abbia LA CONSAPEVOLEZZA dell’ALTRO. Le gambe del bambino sono attorno al corpo materno, le sue braccia sono sotto a quelle di lei e passano dietro la schiena.

Può essere che il bambino protesti subito, oppure possono esserci, al contrario, lunghi minuti di effusioni affettuose.

Quando le EMOZIONI si fanno PIU’ FORTI il bambino LOTTA per FUGGIRE.

La madre allora esprime “a cuore aperto” i suoi sentimenti al bambino, parlando di preoccupazioni, di frustrazioni, di rabbia, ma anche di speranza, di affetto e di amore verso di lui.

La madre usa la forza e la decisione per INTENSIFICARE il contatto ed EVITARE che il figlio FUGGA.

La lotta può farsi a volte molto serrata per entrambi, poi, se la madre insiste, opponendosi senza sosta al rifiuto del bambino, “il rifiuto di lui si dissolverà trasformandosi in una intimità tenera, con scambio intenso di sguardi, generalmente accompagnato dall’esplorazione tattile del viso della madre e da una amabile conversazione altamente gratificante sia per lei che per lui”

Per meglio comprendere tutti questi passaggi, vi rimando alla lettura della definizione di holding che ho dato all’inizio.

(fine III parte)

“L’ABBRACCIO CHE GUARISCE”

(IV parte)

L’ holding può, a tutta prima, sembrare una tecnica molto faticosa e a tratti anche molto ferma e decisa, MA con il ripetersi delle sedute si forma un legame tra madre e figlio molto profondo e rassicurante tale da diventare un punto fermo ed una “base sicura” per il bambino che gli consentirà di percorrere tutte le varie tappe evolutive in serenità e sicurezza.

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L’effetto sulla madre è altrettanto profondo.

Si sentirà meno rifiutata ed impotente di fronte alle rabbie e ai sentimenti negativi che TUTTI i bambini “a volte” possono provare.

Sentirà di provare per il proprio bambino un sentimento di amore profondo ed intenso, apprezzando sempre più il suo rapporto con lui, e si sentirà più sicura nell’affrontare i problemi, trasmettendo al figlio quella sicurezza e pacatezza che consentono al bambino di RICORRERE a lei anziché RIFUGGIRE la lei perché avvertita TROPPO FRAGILE per contenere le sue ansie e le sue emozioni.

Anche questo è un passaggio fondamentale che cercherò di sviluppare in un capitolo successivo.

Il crescente benessere del bambino, INFLUENZERA’ POSITIVAMENTE ANCHE IL PADRE il cui appoggio e la cui partecipazione attiva, sono particolarmente importanti per migliorare ulteriormente e consolidare i risultati.

Si è visto infatti che, se il bambino è particolarmente dipendente, poco autonomo ed insicuro, diventerà meno esigente e meno ansioso, avrà più curiosità e voglia di imparare anche (e soprattutto) staccandosi dalla mamma.

Se invece il bambino è molto irrequieto, dispettoso, violento diventerà più collaborativo e comprensivo delle esigenze della mamma e sarà quindi meno necessario richiamarlo, punirlo, minacciarlo o controllarlo.

In ogni caso la mamma (come il bambino) si sentirà molto più circondata di affetto e le lotte e i problemi quotidiani, assumono un peso ed una rilevanza più sopportabili e facilmente risolvibili.

(fine IV parte)

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“L’ABBRACCIO CHE GUARISCE”

“L’ATTACCAMENTO”

(V parte)

L’holding è un procedimento pratico che può realmente aiutare la madre, il figlio e il loro rapporto, MA non è facile praticarlo bene.

In questa sezione cercherò brevemente di parlarvi di un aspetto fondamentale nella interazione madre bambino e nella integrità dello sviluppo psichico del bambino: “L’ATTACCAMENTO”

Lo sviluppo psichico del bambino, comincia in un contesto sociale: il rapporto con la madre. Il suo sviluppo ottimale, ha maggiori possibilità di verificarsi se tra madre e figlio esiste quel rapporto speciale che viene definito “attaccamento”

ATTACCAMENTO è quel “particolare legame che si instaura tra la donna e il bambino appena nato” …. Che si sviluppa SE la madre è capace di rispondere CON SENSIBILITA’ alle esigenze del bambino.

Il bambino “percepisce” che i suoi bisogni sono colti e soddisfatti dalla madre, che rappresenta tutto il suo intero universo, e “avverte” quindi che “il mondo E’ benevolo.

La capacità di risposta da parte della madre è essenziale per l’equilibrio del legame.

In questo momento molto particolare nella relazione madre/bambino POSSONO entrare in gioco MOLTI ASPETTI che riguardano NON SOLO la PERSONALITA’ della madre o quella del bambino, MA anche ASPETTI di TENSIONE esterna di ordine fisico o psicologico che si venga a creare nell’evolversi del loro rapporto.

La mancanza di un “attaccamento ottimale” NON E’ quindi COLPA di uno dei due, ma piuttosto il RISULTATO di una serie di circostanze: un ricovero in ospedale di madre o bambino, oppure tensioni tra genitori, oppure ancora un lutto in famiglia.

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Questi aspetti sono piuttosto comuni e possono verificarsi in qualsiasi momento dello sviluppo del bambino, non solo nella prima infanzia.

Fortunatamente le difficoltà nella relazione possono essere risolte, almeno in parte, in qualsiasi momento.

(fine V parte)

“ABBRACCIO CHE GUARISCE”

(VI parte)

Come abbiamo visto l”attaccamento” può avvenire in maniera più o meno ottimale in relazione alla qualità del sentire materno e alle condizioni ambientali fisiche o psicologiche in cui questo avviene.

Una cosa è assolutamente certa: il CONTATTO FISICO con il bambino è un elemento essenziale affinchè ciò avvenga.

Si è visto infatti che lattanti o bambini, se privati di carezze o coccole avevano molta più difficoltà ad avere uno sviluppo neuro-psichico armonioso rispetto ad altri che invece avevano la fortuna di riceverli.

Se mamma e bambino hanno la possibilità di passare molto tempo insieme, le probabilità di stabilire un buon attaccamento sono maggiori.

Tuttavia non sempre questo è consentito, mettendo in condizioni il bambino di non ricevere al momento giusto la risposta giusta al proprio bisogno.

Se tale situazione si ripete molte volte, crea nel bambino una sorta di sfiducia nei confronti di chi si prende cura di lui, inducendolo a sviluppare dei meccanismi di difesa che lo inducono ad isolarsi e a percepire l’ambiente intorno come un “mondo malevolo” non in grado di soddisfare i suoi più elementari bisogni.

Nel caso di bambini di 1 anno o più, infatti, una reazione molto frequente alla mancata risposta ai bisogni è la RINUNCIA ad esprimerli o la CHIUSURA IN SE STESSI.

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Tutto questo comporta non solo una naturale sfiducia verso la madre e gli adulti in generali (come abbiamo appena visto) ma soprattutto a SOTTOVALUTARE i propri sentimenti, pensando che ESSI NON SIANO IMPORTANTI con inevitabili importanti ripercussioni sulla serenità di una vita affettiva quando diventeranno adulti.

Ci si aspetta a volte che i bambini superino le proprie emozioni di dolore, paura e nostalgia legati alla separazione, ma, per far ciò essi sono costretti ad allentare il proprio legame con la madre.

Se questo avviene, avviene a discapito della qualità e dell’intensità del rapporto con al madre.

Ci sono studi che hanno dimostrato che i bambini, prima dei 4 anni, non sono capaci di sopportare la separazione dalla madre senza danneggiare la loro capacità di attaccamento con lei.

Purtroppo molte separazioni sono inevitabili: il ritorno al lavoro della madre, l’ingresso al nido, l’affidamento temporaneo a nonni o baby sitter. E’ importante quindi avere la consapevolezza del prezzo minimo o enorme a seconda dell’importanza della separazione e del modo in cui essa viene affrontata.

Talvolta la sola consapevolezza delle possibili conseguenze aiuta la madre a prevenirle.

L’ HOLDING E’ una di queste: DIRETTA ed EFFICACE se praticato con regolarità.

(fine VI parte)

“L’ABBRACCIO CHE GUARISCE”

(VII parte)

La comunicazione tra madre e figlio avviene attraverso lo sguardo, la voce e il contatto fisico.

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Nel neonato il contatto fisico diventa la chiave comunicativa più efficace per relazionarsi con lui. Il tatto infatti è quello, tra i 5 sensi che garantisce la sopravvivenza di tutti gli esseri viventi e dell’uomo in particolare.

Bambini privati del contatto fisico hanno gravissime alterazioni nello sviluppo neuropsichico e possono arrivare anche fino alla morte.

La pelle, organo attraverso il quale il tatto si esprime e si manifesta, origina dallo stesso foglietto embrionale da cui prende origine il sistema nervoso. Si forma precocemente nel feto ed è la sede di numerosissime e complicate terminazioni nervose, grazie alle quali numerosi stimoli (piacevoli e non), arrivano al cervello creando delle situazioni di attivazioni delle varie parti coinvolte.

Una semplice carezza o un semplice sfioramento, comporta una sorta di attivazione di vaste aree cerebrali.

Provate a pensare cosa succede durante un abbraccio …

Naturalmente la risposta sarà di gran lunga maggiore, non solo, ma l’abbraccio attiva anche una serie di processi intellettivi come per esempio le associazioni mentali che a loro volta rivestono un ruolo di grande importanza nello sviluppo psico - affettivo del bambino.

Ci sono osservazioni che riportano come il tatto rivesti un ruolo molto importante anche nelle fasi successive della vita.

Si è visto infatti che la richiesta di un semplice favore risulti soddisfatta in una percentuale di casi nettamente superiore se alla domanda si accompagna un lieve contatto fisico subliminale percepito dall’altro solo in maniera inconsapevole.

L’ holding è molto di più di un semplice abbraccio: è una intensa esperienza FISICA ed EMOTIVA che è necessario intraprendere e portare a termine secondo delle procedure e delle regole ben precise …

(fine VII parte)

“L’ABBRACCIO CHE GUARISCE”

(VIII parte)

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A questo punto può sorgere la curiosità di capire se e chi di noi può trarre beneficio dalla pratica dell’ holding.

In genere questa è una pratica che fa bene a tutti, sempre.

Tuttavia esistono alcune domande le cui risposte, secondo l’esperienza di chi pratica l’ holding sono molto significative e potrebbero essere la spia che questa pratica potrebbe essere particolarmente utile.

Ad esempio:

- Quando ci si allontana da casa, si desidera rimanere fuori più a lungo?

- Con i figli, si ricorre spesso alle minacce o alla perdita della pazienza per farsi obbedire?

- Ci sembra di dare dare dare … senza avere mai tempo per se stessi?

- I propri figli disobbediscono o creano disagio in presenza di altri?

- Oppure i figli rifiutano le manifestazioni di affetto se non alle proprie condizioni?

Se molte di queste risposte risultano affermative, allora la pratica dell’ holding potrebbe essere davvero di grandissimo aiuto.

I risultati che si ottengono sono molto diversi, tuttavia si è visto che il vantaggio maggiore è la profonda intimità che si stabilisce con il bambino.

La mamma si sente più sicura e maggiormente in grado di prevenire e soddisfare i suoi bisogni in modo più completo, oltre a saper cogliere se ci sono dei segnali di disagio o di frattura con il proprio bambino.

(fine VIII parte)

L’ABBRACCIO CHE GUARISCE”

(IX parte)

Il contenimento che l’ holding riesce a dare ai vari membri di una famiglia può comportare un miglioramento di vari aspetti disfunzionali.

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Può per esempio far diminuire moltissimo la gelosia o la rivalità fra fratelli che diventano meno litigiosi, a volte più generosi e più in grado di prendersi cura l’uno dell’altro.

In pratica è come se la comunicazione più profonda avesse aperto i suoi canali, consentendo a madre e figlio (o figli) una piena libertà di espressione.

Ognuno entra in contatto con i propri sentimenti più profondi, è in grado di manifestarli all’altro arrivando a superare quelle distanze che spesso tengono separate le persone, in particolare le mamme dai propri bambini e viceversa.

La pratica costante, regolare e quotidiana dell’ holding può diventare per il bambino la valvola di sfogo sicura e certa per le proprie tensioni emotive, per cui non avvertirà più il bisogno di manifestare il proprio disagio con accessi d’ira o con atteggiamenti di sfida.

Ci sono molti segnali di tensione che possono migliorare dalla pratica dell’ holding: abbiamo già riportato

- la rivalità fra fratelli ma anche

- l’eccessivo attaccamento

- la timidezza,

- i disturbi del sonno

- la pipì a letto

- la balbuzie

- il ritardo della parola

- atteggiamenti distruttivi

- pianto

- accessi d’ira

Tutto questo può tradursi concretamente nel miglioramento della qualità della vita quotidiana in momenti di grande tensione come il momento di andare a letto, il lavarsi i denti, oppure il portare a termini piccoli o grandi compiti quotidiani.

Il contenimento insegna alla mamma a porre limiti corretti, non reagendo più in maniera nervosa e frustrata stabilendo delle regole irragionevoli, non

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solo, ma la aiuta ad essere più focalizzata sul bambino quando, per esempio, gioca o svolge delle attività con lui, non rivelandosi più necessario ricorrere alla televisione ad una terza persona o altri diversivi, apprezzando e desiderando sempre più stare da sola con il proprio bambino.

Lui, dal canto suo imparerà un nuovo modo di comportarsi che metterà in pratica anche con altre persone dentro e fuori la famiglia.

Imparerà ad essere un buon genitore.

(fine IX parte)

“L'ABBRACCIO CHE GUARISCE”

L’Holding nella pratica

(X parte)

Tutti sono d’accordo nell’affermare che il contatto fisico fa bene ai bambini come alle madri.

L’abbraccio è la naturale conseguenza del SIMULTANEO desiderio di intimità tra madre e figlio: può essere breve, può essere esteso e prolungato oppure può essere UNILATERALE: quest’ultimo cioè derivante dal desiderio di contatto della madre verso il figlio.

Da un abbraccio come questo inizia quello che viene chiamato ”holding”.

Nell’holding si abbraccia il figlio INDIPENDENTEMENTE dal fatto che la madre o il bambino provino le emozioni che normalmente portano ad abbracciarsi.

L’intimità quindi può non esserci all’inizio, ma sarà l’obiettivo da realizzare durante l’esperienza. Il contenimento utilizza il solido contatto fisico con il figlio per migliorare l’intensità e la qualità del rapporto con lo stesso.

Come abbiamo già accennato in un precedente capitolo, la pratica dell’holding si articola in 3 fasi:

CONFRONTO

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RIFIUTO

RISOLUZIONE

Analizziamoli uno per uno.

IL CONFRONTO

Il confronto è una frase breve, è il momento in cui madre e figlio decidono di iniziare l’holding, cioè quando si prende in braccio il bambino.

Può essere un momento di tranquillo rilassamento e intimità, oppure, se si tratta di una seduta non prevista, alla quale si ricorre dopo un’azione violenta o un capriccio, può evolversi con rapidità anche istantanea alla fase successiva del rifiuto.

Nel primo caso, quando cioè l’holding è “programmato”, madre e figlio sono ben sintonizzati sui propri pensieri e stati d’animo. Entrambi si muovono per entrare in contatto con l’altro, entrambi iniziano a sperimentare sentimenti ambivalenti di pena o di rabbia derivanti dalle barriere che si creano o da scontri più specifici che ci sono stati nelle ore o nei giorni precedenti.

Può verificarsi la possibilità che il bambino inizi ad esprimere irritazione o dispiacere per episodi che sono successi a scuola o con gli amici o con i fratelli o con gli insegnanti.

In certi contesti può essere utile che anche la madre esprima i suoi sentimenti di rabbia o di dispiacere per qualcosa che l’ha contrariata nella sua vita al di fuori di casa, in modo da non caricare troppo il bambino con la convinzione di essere sempre lui la causa delle contrarietà con la madre.

L’holding consente a ognuno di scaricare in modo sicuro la propria aggressività nascosta.

(fine X parte)

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“L’ABBRACCIO CHE GUARISCE”

(XI parte)

La seconda fase dell’holding è il RIFIUTO.

Continuando con la seduta, il confronto porta più o meno gradualmente al rifiuto: il bambino inizia ad opporre resistenza fisicamente, verbalmente oppure in entrambi i modi, può anche lottare.

Inizierà a chiedere di lasciarlo andare e la mamma a mantenere il contenimento. Inizierà a manifestare allora i suoi sentimenti in tutte le sfumature, generalmente sarà la rabbia a comparire e manifestarsi ma a volte anche la paura o la tristezza.

Possono seguire poi delle esplosioni molto angosciate di questi sentimenti, alternate a momenti più tranquilli durante i quali il bambino risulta più calmo e il suo rifiuto sembra scomparire.

Tuttavia la seduta non sarà completa finchè il momento di calma non si trasforma in autentica risoluzione.

La RISOLUZIONE

E’ la fase finale. E’ caratterizzata da una dolce fusione fisica ed emotiva tra madre e figlio. Entrambi si rilassano, si guardano negli occhi e il bambino in genere inizia ad esplorare il volto della madre. I due sentono un’intimità che supera quella del semplice abbraccio o della tenerezza.

Per quanto lungo sia questo momento, madre e figlio vorrebbero prolungarlo al’’infinito: nessuno ha fretta di interromperlo.

La seduta si conclude con il ritorno della coppia alle proprie faccende.

Se la madre si mette a giocare col figlio dopo la seduta, il gioco apparirà diverso dai soliti schemi: il bambino trabocca di entusiasmo e di gioia e desidera trasmettere il proprio piacere alla madre.

(fine XI parte)

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“L’ABBRACCIO CHE GUARISCE”

(XII parte)

Prima di analizzare nei dettagli le 3 fasi, possiamo dire che:

Non esiste una seduta uguale all’altra, ciò in relazione agli umori della coppia e ai contenuti che via via possono emergere.

Anche la durata è diversa di seduta in seduta e questo in relazione non solo ai contenuti e agli umori della coppia ma all’allenamento che questa, col tempo acquisisce e con alla maggiore o minore difficoltà ad affrontare le varie fasi.

Ogni coppia madre bambino, traccia e costruisce la propria storia a sé, sia nel confronto tra coppie con problelmi simili, sia nell’holding che riguarda vari figli di una stessa madre.

Detto questo, possiamo analizzare i singoli momenti.

PRIMA fase: il CONFRONTO

Quando si decide di fare l’Holding si sceglie un momento della giornata in cui sia possibile poter disporre almeno di 1 ora.

Si cerca un luogo tranquillo riservato e confortevole, possibilmente lontano da dove vive il resto della famiglia affinchè la mamma non si debba preoccupare se, durante il rifiuto il bambino inizia ad avere comportamenti aggressivi o rumorosi, limitando il più possibile interferenze da parte dell’ambiente esterno, in modo da consentire al bambino di manifestare liberamente i propri sentimenti di rabbia in un setting sicuro e protetto.

Una volta scelto il posto, mamma e bambino indossano indumenti comodi e confortevoli, vanno a fare la pipì e staccano il telefono.

Quando il bambino raggiunge la mamma nel posto scelto, la mamma lo siede in braccio con le gambe che avvolgono la propria vita e le braccia sotto quelle della mamma, spiegando che lei desidera essergli vicino per un po’ affinchè ognuno parli di sé all’altro.

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Se questa non fosse una posizione confortevole, si può tenere il bambino come lo si teneva da neonato mentre gli si dava da mangiare. Questo per potersi guardare negli occhi dalla giusta distanza.

Se i bambini sono più grandi si può stare seduti di fianco sul divano o sdraiati sul letto.

A questo punto il bambino può fare il tenero e il sottomesso, ma la mamma non deve mollare la presa: se lo continua a tenere, egli inizierà a divincolarsi e a desiderare di essere lasciato andare

(fine XII parte)

“L’ABBRACCIO CHE GUARISCE”

(XIII parte)

SECONDA fase: IL RIFIUTO

Come abbiamo visto più volte, in questa fase il bambino per prima cosa tenta di fuggire all’abbraccio, agli sguardi, o alle parole.

Poi inizia ad opporsi adducendo scuse per allontanarsi, oppure via via in modo più violento esprimendo la propria rabbia con urla, calci, insulti, provocazioni, pianto rabbioso oppure disperato.

Tutto questo avviene, da un punto di vista della dinamica della psiche, perché il bambino ha la necessità di mettere alla prova la mamma, di verificarne la forza, la resistenza e l’affidabilità, ma anche la disponibilità a sentire cosa c’è dentro di lui, per quanto terribile e spaventoso possa sembrare al bambino.

Può essere che il bambino provochi la madre dicendole che non le vuole più bene e che preferisce il padre a lei … In questi casi è bene che la mamma non raccolga la provocazione dichiarando il suo grande amore per lui e la sua necessità che anche lui gli voglia bene.

A volte il bambino può esprimere i suoi sentimenti di collera o di tristezza solo urlando o con pianto lamentoso. E’ importante che la mamma, anche se con la morte nel cuore, gli consenta di esprimerli.

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Alcuni bambini che manifestano sentimenti di aperta e violenta opposizione hanno bisogno di fare tutto ciò perché questo aiuta loro a buttare fuori la rabbia.

Altri bambini, mettendo così duramente alla prova la madre, si sentono più sicuri perché sanno che qualunque cosa succeda, possono sfogarsi con lei.

Quando la collera del bambino raggiungerà il massimo, la mamma gli dirà: “ perché non mi guardi? Che cosa ho fatto per farti così arrabbiare al punto che non vuoi nemmeno vedermi?”

Quando la lotta finirà e alla fine madre e figlio torneranno a guardarsi negli occhi ancora con amore, allora la fase sarà superata, anche se la mamma non avrà ancora ricevuto la risposta alla domanda

(fine XIII parte)

“L’ABBRACCIO CHE GUARISCE”

(XIV parte)

La TERZA fase: LA RISOLUZIONE

Quando madre e figlio hanno davvero tirato fuori tutti i loro sentimenti negativi, avviene uno stato di purificazione ed avviene la risoluzione.

Gli atteggiamenti oppositivi, le grida, il rifiuto dello sguardo, lasciano ora il passo ad una intensa intimità fisica e verbale, generalmente il bambino si scioglie nell’abbraccio con la mamma ed inizia ad accarezzarla e ad esplorare il suo viso, lo sguardo diventa tenero e diretto ed entrambi iniziano a dichiarare il loro reciproco amore: “mamma sei bella”... “ti voglio bene” e così via.

Se anche la mamma ha esternato le proprie emozioni, magari anche piangendo, il bambino le asciugherà gli occhi e inizierà a consolarla, facendolo in maniera estremamente efficace e sorprendente.

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Quando il bambino capisce che la mamma ha davvero accettato tutto quello che c’era dentro di lui, avrà una immensa espressione di sollievo e sarà molto affettuoso indulgendo a lungo nell’abbraccio.

Per madre e figlio questo è un momento di autentica e profonda gioia

La risoluzione parziale

A volte la risoluzione si realizza solo parzialmente.

E’ possibile infatti che siano emersi nella seduta molti sentimenti a lungo repressi, ma che non siano state affrontate altre cause di disagio.

Se la mamma ha il tempo e la forza, dovrebbe continuare la seduta finchè non si saranno esplorati tutti gli aspetti nascosti.

Si riprenderà quindi con un nuovo rifiuto, un contenimento molto marcato e poi la risoluzione

Un segnale indiretto per capire che c’è ancora dell’altro da tirare fuori, si può cogliere vedendo che il bambino appare sì sollevato, ma è ansioso di andare via e di fare qualcos’altro.

Quando c’è stata la vera risoluzione, nessuno dei due vorrebbe allontanarsi dall’altro.

A volte può essere sufficiente una risoluzione anche parziale (quando non c’è tempo o la mamma non ce la fa ad affrontare una nuova lotta) e questo soprattutto quando si sono affrontati sentimenti che comunque avrebbero richiesto un tempo lungo e più sedute, come per esempio una paura specifica, o accessi violenti di rabbia e così via.

E’ importante però che la volta successiva si arrivi alla risoluzione vera.

(fine XIV parte)

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“L’ABBRACCIO CHE GUARISCE”

(XV parte)

Perché il “gioco” funziona?

Cerchiamo di capire in questo capitolo quali siano i meccanismi neuro-endocrini che portano a far sì che la lotta che si intraprende dall’una e dall’altra parte durante l’holding, possano realmente portare ad effetti benefici.

Analizziamo alcuni fattori, noti da tempo, della “fisiologia della collera”.

Quando una persona si arrabbia, l’organismo inizia a produrre una serie di ormoni che stimolano verso reazioni di fuga o di combattimento e sono utili per sopravvivere in caso di pericolo.

Per effetto di tali ormoni, abbiamo un aumento della pressione arteriosa, si intensifica la tensione muscolare, si osserva un’accelerazione del battito cardiaco e un aumento della frequenza respiratoria.

Tutte queste manifestazioni fanno parte dello stato fisico detto “di eccitazione”.

Ma l’eccitazione è alla base di molti sentimenti, non solo della collera.

La collera presenta gli stessi segni fisici della gioia, dell’esaltazione, ma anche della paura, dell’ansia, della frustrazione, della gelosia.

Nell’ holding quando inizia la lotta fisica del contenimento si scatenerebbe un flusso di ormoni adrenalinici, quale risposta dell’apparato cardio-vascolare al movimento muscolare.

Quando la madre intensifica lo sforzo per mantenere la presa sul bambino contro la sua volontà, generalmente l’eccitazione della lotta cede il passo all’eccitazione causata dalla collera.

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Continuando a lottare il bambino vive tutta una serie di emozioni anche molto forti, ma lo fa al sicuro tra le braccia della mamma che lo abbraccia risolutamente ma affettuosamente.

Se il bambino sente questa sicurezza e la madre non cede, l’eccitazione va crescendo.

Dopo aver raggiunto l’apice l’eccitazione si trasforma in gioia e diventa piacere: i due si abbracciano e si dichiarano il loro reciproco amore.

La “neurobiologia dell’affetto” fa pensare che nel cervello ci siano due gruppi di sostanze chimiche che si bilanciano reciprocamente producendo un adeguato stato di eccitazione durante il quale il bambino ha un comportamento meno dipendente, è più portato verso il gioco e l’esplorazione e un altro gruppo (che produce sostanze dette endorfine) che fa diminuire l’ansia da separazione e che vengono secrete quando il bambino stabilisce il contatto intimo con la madre.

Pare inoltre che nell’holding questa alternanza di eccitazione e rilassamento e soprattutto la fase dell’abbandono totale che avviene alla fine, porti il bambino a ristabilire delle connessioni a livello cerebrale che difficilmente si stabilirebbero in altre circostanze e questo con chiarissime ed evidenti ripercussioni sul suo corretto sviluppo psico-affettivo

(fine XV parte)

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“L’ABBRACCIO CHE GUARISCE”

(XVI parte)

CONCLUSIONI

Come abbiamo potuto a lungo analizzare nel corso dei capitoli precedenti, grazie alla tecnica dell’ holding è possibile creare delle condizioni estremamente favorenti un rapporto di intimità profonda con il proprio bambino.

Se si abbattono le barriere, un rapporto più stretto e gratificante diventa possibile.

Se esiste comunicazione ed intimità fisica il bambino non si sente trascurato. A volte anche le mamme, se hanno sperimentato un rapporto superficiale con i propri genitori o comunque non improntato a profonda intimità si sentono trascurate.

Se mamma o bambino si sentono o si sono sentiti trascurati, vivono un grande sentimento di rabbia e di risentimento. Tale negatività a sua volta si ripercuote nella quotidianità della famiglia creando tensioni, malesseri e disagi in tutti i componenti.

Nell’holding tali sentimenti possono trovare uno sfogo sicuro e “guidato”. Il semplice atto del comunicare è già di per sé sostegno e conforto, inoltre madre e bambino imparano ad esprimere le proprie esigenze in modo da sollecitare dall’altro una risposta positiva.

Se manca tale scambio il bambino impara a reprimere o a negare i propri sentimenti più autentici.

Dal momento che i suoi sentimenti sembrano essere inaccettabili, il bambino svilupperà una scarsa autostima e, durante la crescita, questo impedirà un’evoluzione psico-affettiva piena e positiva.

L’holding trasmette al bambino la sensazione di essere completamente accettato con tutti i suoi sentimenti, non importa se negativi o distruttivi.

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Il vantaggio è che queste emozioni possono essere espresse in gran parte durante l’esperienza del contenimento e quindi la loro manifestazione attraverso un comportamento scontroso (i capricci per esempio) in qualunque momento della giornata e in qualsiasi luogo, diventa superfluo.

Al contrario: le emozioni sono rese manifeste, discusse, provate e condivise.

Il fatto poi che sia la madre stessa a chiedergli di esprimere tutte le sue emozioni concede al bambino il permesso di provarle senza sentirsi colpevole e doversi vergognare.

Se la madre accetta l’espressione di tutti i suoi sentimenti, il bambino non sarà costretto ad auto svalutarsi e imparerà che non deve aver paura delle proprie emozioni e di avere contatto con il proprio “mondo interno”

Qualsiasi stato d’animo può essere elaborato, in quest’ottica: paura, rabbia, senso di colpa, vergogna, dolore invidia, gelosia, esattamente come tutta la gamma dei sentimenti positivi.

Quante persone sono in grado di dire liberamente e senza provare imbarazzo ai propri genitori o al coniuge o ai propri figli: “ti voglio bene” ?

Reprimendo i sentimenti negativi, viene impoverita la capacità di esprimere anche quelli positivi.

Se una serie di emozioni viene bloccata, anche l’altra è inibita.

L’”holding” può essere una grandissima risorsa per adulti e bambini affinchè tutti i sentimenti possano essere vissuti intensamente senza censure e in un contesto “sicuro” e rassicurante.

(fine)