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7/29/2019 IL MUSEO DEL MONDO 5 - Santissimo Salvatore Di Autore Sconosciuto (V-VII Sec.) - Repubblica 27.01.2013
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RCULT■ 52
DOMENICA 27 GENNAIO 2013
la Repubblica
IL MUSEODELMONDOMELANIA MAZZUCCO
FOTODIBASSO CANNARSA
L’ACHEROPITA
Il dipinto a cera dellaCappella del SanctaSanctorum a Romarappresenta il volto diCristo. L’opera èantichissima, databiletra il V e il VII secolo.Secondo la tradizionecristiana orientale, èun’icona non dipintada mano umana, mada Dio stesso
BEATO
ANGELICO
“Annunciazione”1438-40, Firenze(13 gennaio)
L’OPERA
Acheropìta: “SantissimoSalvatore”, Roma, CappellaSancta Sanctorum
piazza San Giovanni, a Roma, in unelegante edificio rinascimentale —spesso quinta di manifestazioni sin-dacali e concerti — c’è uno degli og-getti artistici più enigmatici e im-pressionanti che siano mai staticreati. Più che vederlo, lo si intuisce:da lontano, per pochi istanti, comeun lampo nella penombra. Non lo sidimentica più.
L’oggetto — un dipinto a cera sutela di lino incollata su tavola — si
trova su un altare, incapsulato in unalastra d’argento che emette bagliorilunari. Ma non possiamo avvicinar-ci: una spessa grata ci tiene a distan-
za. Stiamo sbirciando infatti nellacappella privata del Papa, che con-tiene i tesori più inestimabili dellacristianità: per questo è nota comeSancta Sanctorum. I pellegrini vigiungono doloranti, dopo aver salitosulle ginocchia i 28 gradini della Sca-la Santa — quella del palazzo preto-rio di Ponzio Pilato a Gerusalemme,che Gesù salì il venerdì della Passio-ne e che Elena, madre di Costantino,avrebbe portato a Roma. I curiosi sa-liti sui loro piedi vi giungono inden-ni, tuttavia intimiditi dalla scrittasull’architrave: NON C’E’ IN TUTTOIL MONDO LUOGO PIU’ SACRO. Al-la fine, quando si viene sospinti via,
resta la strabiliante sensazione di es-sere stati guardati. Ma da chi?
La tavola in realtà è un’icona a nti-chissima, che rappresenta il Santis-simo Salvatore, cioè Gesù CristoPantocratore. Molte altre icone rap-presentano lo stesso soggetto, e nel-lo stesso modo, perché sono imma-gini del sacro, dunque identiche a sestesse, e non conoscono il tempo.Ma l’icona del Sancta Sanctorum èdiversa. Non perché sia miracolosa,
accechi i superbi, esaudisca desiderio guarisca malattie, benché pare fac-cia anche questo. Né perché è il t ali-smano protettore di Roma, senza il
quale la cittàstessa perirebbe.Le cronache rac-contano che nel753 al papa Stefa-no II bastò mo-strarla perché ilre longobardo Astolfo togliessel’assedio. Cosìper secoli i papi
la ostentarono in una processionenotturna che attraversava tutta lacittà. Il popolo si accodava in massa,invocando pietà e protezione controla peste, la morte, la guerra — il ma-le, insomma. L’icona del SantissimoSalvatore in qualche modo funzio-nava. Neanche i lanzichenecchi lu-terani del 1527 riuscirono a rubarla oa darle fuoco. Si salvò da terremoti,invasioni, incendi. Però si consumò,quasi si estinse. I balsami con cui ipiedi del Santissimo Salvatore veni-vano unti durante le ostensioni cor-rosero le membra; poi sparirono l’a-bito e il trono su cui sedeva il Panto-cratore. Alla fine del 1100 l’immagi-
ne originale non si vedeva quasi più,e fu ridipinta. Con fedeltà. Però il cor-po era svanito, e non fu ripristinato.L’assenza fu coperta con un vestitod’argento, tempestato di gioielli epietre preziose, un sudario da cui ilvolto di Cristo emerge perentorio espettrale, con l’allucinata intensitàdi una visione.
Si è cercato di stabilire dove è sta-ta dipinta l’icona. A Bisanzio, secon-do alcuni studiosi: sarebbe stata
strappata dal palazzo imperiale altempo dell’iconoclastia. Altri so-stengono che essendo la tavola dinoce, e non di cedro o altro legnoorientale, deve essere latina, italia-na, romana. In realtà, come semprequando un’opera appare all’im-provviso, il Santissimo Salvatore èun oggetto misterioso, come un me-teorite.
Ma ha un autore: Dio stesso. Ciòsignifica l’enigmatica parola di origi-ne greca, Acheropìta(non fatta con lamano), che figura in luogo della pa-ternità dell’opera. Dunque è Dio ilpittore di questo ritratto. Insomma,è un autoritratto.
Poiché non è un calco del volto diGesù (come il Mandilion di Edessa, oil sudario della Veronica), sarebbe ilprimo autoritratto della storia del-l’arte. I pittori italiani e stranieri loconoscevano. Venivano tutti a Ro-ma. Si sarebbero ricordati della fron-talità ieratica e degli occhi immensidi questo uomo-Dio.
Oggi è difficile crederci. Le ricer-che scientifiche hanno dimostratoche la pittura è fragile, fatta con nor-malissimi colori, e databile, comeogni manufatto umano. Al V secolo,non oltre l’inizio del VII. Le ricerche
artistiche hanno analizzato la formae la tipologia dell’immagine — a suavolta diventata modello per altre, ri-producendosi all’infinito. Più chemostrare come Dio vede se stesso,l’icona acheropìta ci dice come gliuomini dei secoli bui vedevano Cri-sto: sovrano onnipotente incorona-to da un’aureola d’oro, ma anche do-lorosamente umano. Forse non imi-ta l’aspetto del Cristo storico, ma ilsenso della sua presenza sulla terra.
Nel congiungersi alla barba, i baffi gliconferiscono un’espressione nontrionfante, anzi immensamente tri-ste. Ha gli occhi enormi e vicini, spa-lancati, assenti eppure penetranti,fissi nella contemplazione di qual-cosa al di là del visibile e della mate-ria. Eppure è impossibile sottrarsi al-la sensazione che quel dipinto rac-chiuso in un sarcofago d’argentodella misura di un uomo non sia unpezzo di legno inerte. Non siamo noiche guardiamo l’opera, ma è l’operache guarda noi . Ci segue con losguardo, ci giudica. Ci legge dentro.Ed evidentemente è una sensazionediffusa, se un papa del Medioevopreferì coprirla con un velo di seta,perché guardandola le persone veni-vano colte da tremori, terrore, verti-gine come di fronte all’infinito, o a unabisso.
Ogni volta che torno a visitare l’A-cheropìta, mi chiedo se il SantissimoSalvatore mi guarda perché è Dio, operché è una magnifica opera d’arte.E mi ripeto che se un’opera d’artenon diventa presenza — specchio diun pensiero, indelebile emozione,scintilla di un significato del mondo— non è niente.
PAUL KLEE
Olio, “AdParnassum”1932, Berna(6 gennaio)
KOKOSCHKA
“La sposadel vento”1914, Basilea(20 gennaio)
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L’enigma dell’Acheropita Autoritratto di Dio
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