didattica e psicopedagogia dei disturbi...
Post on 15-Feb-2019
221 Views
Preview:
TRANSCRIPT
MASTER DI I LIVELLO
E
CORSO DI PERFEZIONAMENTO E AGGIORNAMENTO PROFESSIONALE
IN
”DIDATTICA E STRUMENTI INNOVATIVI PER IL SOSTEGNO DEI
BISOGNI EDUCATIVI SPECIALI”
Anno Accademico 2014/2015
edizione I – sessione I
Modulo "Didattica e psicopedagogia dei disturbi specifici
dell’apprendimento" 6 cfu
DOTT.SSA DANIELA GIORGETTI
2
INDICE
1. INTRODUZIONE AI DSA: DEFINIZIONI E DIRETTIVE DIAGNOSTICHE................. 3
2. EZIOLOGIA DEI DISTURBI......................................................... .......................10
3. L’APPRENDIMENTO DELLA LETTURA E DELLA SCRITTURA: MODELLI
ESPLICATIVI.................................................................................. ......................12
3.1 La dislessia evolutiva........................................................................................................16
3.2 Il disturbo specifico della scrittura (disortografia evolutiva)...........................................20
3.3 La discalculia e le difficoltà nel calcolo..........................................................................22
4. ATTIVITÀ DI SCREENING E IDENTIFICAZIONE DEI "SOGGETTI
RISCHIO"................................................................................................... ..........25
5. GESTIONE DELLA CLASSE IN PRESENZA DI DSA............................... ...............37
5.1 I DSA in classe.................................................................................................................41
6. LE STRATEGIE EDUCATIVO-DIDATTICHE ........................................................50
6.1 Forme e modalità di sostegno compensativo agli alunni con DSA..................................57
6.2 Strategie didattiche per la promozione della comprensione del testo...............................65
6.3 Il metodo di studio e la didattica metacognitiva...............................................................67
6.4 Supporti dispensativi alle azioni inclusive/integrative della scuola.................................71
BIBLIOGRAFIA E SITOGRAFIA........................................................... ........76
3
1. INTRODUZIONE AI DSA: DEFINIZIONI E DIRETTIVE DIAGNOSTICHE
La comparsa di una difficoltà inattesa, in quanto non preannunciata da alcun segnale premonitore,
genera sconcerto negli adulti e frustrazione e disorientamento nel bambino che fino a quel momento
non aveva mai ricevuto messaggi di inadeguatezza o di preoccupazione per le sue prestazioni. Un
bambino qualunque, qualsiasi bambino che alla
scuola del’infanzia non sembri avere particolari
difficoltà, può diventare aggressivo, picchiare a
scuola elementare, rifiutarsi di scrivere1.
Il cambiamento di comportamento può essere
dovuto a diverse motivi, uno dei quali sono i
disturbi specifici dell'apprendimento.
I Disturbi Specifici dell'Apprendimento (DSA),
che fanno parte di un'ampia gamma di Disordini chiamati Evolutivi, riguardano le difficoltà
riscontrate nell'aerea degli apprendimenti scolastici di base (lettura, scrittura e calcolo)
nonostante le buone competenze intellettive del bambino e nonostante un ambiente socio-
culturale adeguato.
Queste difficoltà sono relegate al mondo scolastico, poiché non è possibile evidenziare un DSA a
una persona senza chiedergli di leggere, scrivere o fare calcoli. Neanche un insegnamento
inadeguato può essere causa di un disturbo specifico dell'apprendimento. È per questo motivo che
non è possibile fare una diagnosi di DSA finché il bambino non ha raggiunto la scuola primaria.
Nonostante ciò, come vedremo, alcuni segnali d'allarme possono essere individuati all'inizio
dell'apprendimento del codice scritto come l'eccessiva stanchezza e impegno nell'eseguire compiti
scolastici.
La "specificità" del disturbo riguarda l'alterazione di una specifica funzione, il disturbo è
circoscritto a un determinato dominio di abilità. Inoltre, l'alterazione della funzione è indicata
secondo modalità dimensionali: "la discontinuità tra normalità e patologia viene identificata
all'interno della dimensione di sviluppo di una determinata abilità che va da assente, parzialmente
acquisita, acquisita ma non in modo del tutto adeguato in relazione all'età, a completamente
acquisita. L'assenza o la sua parziale acquisizione deve determinare la presenza di segni e sintomi
tali da definire il Disturbo, difficoltà di adattamento e nello svolgere le funzioni proprie all'età"2.
1 Giacomo Stella, La dislessia, Il Mulino, Bologna 2004.
2 C. Vio, P.E. Tressoldi, G. Lo Presti, Diagnosi dei disturbi specifici dell’apprendimento scolastico, Erikson, Trento
2012.
CARATTERISTICHE dei DSA
1. Il disturbo è innato, quindi è sempre presente nel percorso evolutivo
2. Gli adattamenti didattici non sono sufficienti a migliorare il quadro clinico
3. La prestazione è resistente all’automatizzazione
4. La modificabilità è modesta.
4
Quando il disturbo riguarda la lettura, si parla di dislessia, quando riguarda la scrittura si parla di
disortografia e/o disgrafia, se interessa la lettura e scrittura dei numeri e il calcolo, si parla di
discalculia.
Una caratteristica dei DSA è la loro manifestazione che cambia in relazione all'età (ad esempio
varia la tipologia degli errori nei disturbi della lettura, varia la lentezza nell'elaborazione dello
stimolo, ecc.).
L'ICD-10 (International Classification of Deaseas, decima versione 2007) e il DSM-5 (Manuale
diagnostico e statistico dei disturbi mentali) possono aiutare a dare una definizione dei DSA. I due
manuali internazionali di classificazione dei disturbi psichici, per quanto criticabili, concordano
abbastanza sulla definizione dei DSA e possono essere utili per adottare un linguaggio comune e,
pertanto, a confrontare dati e osservazioni a livello internazionale. Persistono ancora molte
incertezze, peraltro sottolineate anche dallo stesso ICD-10, sulla definizione di una diagnosi.
Di seguito le direttive diagnostiche dell'ICD-10 sui disturbi evolutivi specifici delle abilità
scolastiche.
a) Grado clinicamente significativo di compromissione dell’abilità scolastica specifica giudicata in
base:
1. alla compromissione che ci si aspetterebbe in meno del 3% della popolazione dei bambini
che frequentano la scuola (cioè uguale a -2 deviazioni standard dalla media);
2. ai precedenti disturbi dello sviluppo;
3. ai problemi associati (ad esempio disturbo della condotta);
4. alle manifestazioni cliniche;
5. alla risposta all’intervento le difficoltà non regrediscono rapidamente.
b) Compromissione specifica: non può essere attribuibile a ritardo mentale o compromissioni
minori del livello intellettivo generale. Dunque, il livello di apprendimento deve essere
sostanzialmente inferiore a quello atteso per un bambino della stessa età mentale.
c) Deve essere stata presente durante i primi anni di scolarizzazione.
d) Esclusione di fattori esterni (es. insegnamento scadente).
e) Esclusione di difetti della vista e dell'udito3.
Nel DSM-V troviamo:
3 C. Vio, P.E. Tressoldi, G. Lo Presti, cit.
Se si desidera consultare il manuale ICD online, con l'ultima versione del 2015, si veda http://apps.who.int/classifications/icd10/browse/2015/en#/F80-F89 e, per ciò che ci riguarda, i codici F81.0. F81.1, F81.2, F81.3, F81.8, F82 (quest'ultimo per i disturbi della disgrafia).
5
La disgrafia non è considerata mentre il disturbo specifico della comprensione del testo scritto
trova diversa collocazione dal disturbo della lettura che verrà indicato col termine dislessia.
La discalculia verrà meglio definita, intesa come difficoltà di produzione o di comprensione delle
quantità, dei simboli numerici o delle operazioni aritmetiche di base. Disturbo quindi che coinvolge
sia le componenti di cognizione numerica basale (ad es., sensibilità al numero, conte ggio,
comprensione e produzione delle quantità) sia quelle di tipo procedurale (es., esecuzione degli
algoritmi di calcolo).
È fondamentale ricordare il modello ICF (Classificazione Internazionale del Funzionamento,
Disabilità e Salute ), non parla mai di eziologie possibili (ne parla pochissimo anche l’ICD-10)
perché ci ricorda sempre che il funzionamento e la salute di una persona sono la complicata
risultante di complesse interconnessioni tra fattori di tipo biologico, strutturale, funzionale, delle
capacità, della partecipazione sociale, dei vari contesti e delle varie dimensioni psicologiche e
personali. L'ICF infatti, descrive lo stato di salute delle persone in relazione ai loro ambiti
esistenziali al fine di cogliere le difficoltà che nel contesto socio-culturale di riferimento possono
causare disabilità.
Dunque non ci saranno eziologie semplici, soltanto a livello fisiopatologico, neurologico,
anatomico, ecc., perché anche nei casi in cui la compromissione è certa e osservabile, questa realtà è
in continua interazione con tante altre variabili sia della persona che del suo contesto, e dunque non
può essere considerata da sola4.
Nel documento pubblicato dal Miur5 sulle indagini statistiche condotte negli AA.SS. 2010/11 e
2011/12, si rileva che gli alunni con certificazione di DSA nel sistema formativo italiano sono stati
65.219, pari allo 0,9% dell’intera popolazione scolastica.
La presenza maggiore si rileva nella scuola secondaria di I grado (27.630, pari all’1,5%), seguita
dalla scuola primaria (21.933, pari allo 0,8 %) e dalla secondaria di II grado (15.656, pari allo
0,6%). Il dato che emerge con evidenza è l’incremento del numero di alunni con DSA nella scuola
secondaria di II grado (+ 8.547 unità, pari a + 54 %) a fronte di un decremento complessivo degli
alunni iscritti pari a 7.817 unità. Anche nella scuola secondaria di I grado si registra un incremento
numerico consistente, con + 10.919 (+ 39 %) alunni con DSA, a fronte di un incremento
complessivo degli alunni iscritti pari a 4.912 unità.
4 Ianes D., La Diagnosi funzionale secondo l’ICF, Erickson, Trento 2004.
5 Fonte: MIUR - D.G. per gli Studi, la Statistica e i Sistemi Informativi - Servizio Statistico. Alunni con Disturbi
Specifici di Apprendimento. AA.SS. 2010/2011 e 2011/12 http://www.marche.istruzione.it/dsa/allegati/alunni_dsa.pdf
6
Il numero dei DSA aumenta tuttavia anche nella scuola primaria: + 5.345 unità (+ 24 %), a fronte di
un decremento del numero complessivo degli alunni iscritti di 9823 unità. Il dato è significativo,
specie tenendo conto del fatto che le diagnosi di DSA vengono elaborate a partire dalla seconda
classe.
Riassumendo, vi è un incremento di 10.919 unità (+ 39 %) nella scuola secondaria di I grado, a
fronte di quello di 5.345 unità (+ 24 %) nella scuola primaria, e di 8.547 (+ 54 %) nella scuola
secondaria di II grado. Il dato inferiore della scuola primaria, può essere spiegato anche dal fatto
che, fino alla fine della seconda classe, non è possibile determinare con esattezza l’esistenza di un
DSA. Inoltre, il numero delle certificazioni sembra essere aumentato: l’incremento totale è infatti di
24.811 unità, pari a circa il 37 %. Tale incremento è maggiormente indicativo se si considera il
decremento nel totale degli alunni iscritti.
Le conferenze di Consenso
L’Associazione Italiana Dislessia (AID) nel 2006 ha inteso promuovere una Conferenza di
Consenso sui Disturbi Specifici di Apprendimento allo scopo di condividere standard clinici nel
percorso diagnostico ed organizzare in modo coerente gli interventi riabilitativi. Al primo
documento di consenso parteciparono 10 associazioni e/o società scientifiche e, in qualità di uditori,
i comitati scuola e problematiche sociali dell’AID e la società di Audiologia e Foniatria. Il lavoro
prodotto, pubblicato nel 2009 descrive i criteri generali relativi a tutte le diagnosi della categoria
nosografica dei DSA: dislessia, disortografia, dicalculia, disgrafia. È stato preso in considerazione il
disturbo della comprensione del testo scritto per il quale non è stata trovata una precisa
categorizzazione diagnostica ma la possibilità della sua esistenza come Disturbo Specifico. È stato
ribadito, fra le altre cose, che il principale criterio per la diagnosi è quello della discrepanza6 (in
6 Il criterio della discrepanza cioè l’inattesa “scollatura” o “divario” tra livello intellettivo complessivo
(comunemente detto “intelligenza”) e la riuscita negli apprendimenti di base. Un bambino con un’intelligenza nella
media e un’abilità di lettura significativamente inferiore rispetto a quella dei coetanei, mostra appunto una discrepanza inattesa, che potrebbe indicare la presenza di un disturbo specifico dell’apprendimento. D’altra parte, non può essere diagnosticato chi ha un’abilità di lettura, scrittura o calcolo inferiore a quella dei coetanei ma anche un livello intellettivo sotto la media: non c’è alcuna discrepanza se i risultati negli apprendimenti sono in linea con le potenzialità intellettive generali. La valutazione del livello intellettivo costituisce quindi un punto fisso nella diagnosi dei DSA e si svolge attraverso
la somministrazione dei cosiddetti “test di intelligenza”. Tra questi i più noti e utilizzati test d’intelligenza globale sono le scale Wechsler. I risultati ottenuti dal ragazzo in prove standardizzate che valutano le abilità di lettura, di calcolo, di scrittura, sono significativamente al di sotto della prestazione che ci si potrebbe aspettare in base all’età, all’istruzione e al livello di intelligenza (criterio della discrepanza). Vio C., Tressoldi E. P., Lo Presti G., 2012.
7
relazione alle attese e all’intelligenza in generale) e il
carattere neurobiologico delle anomalie del Disturbo,
aspetto che interagisce con fattori ambientali.
Il secondo documento si riferisce al Panel di Revisione
del Documento di Consenso che è stato creato
successivamente (PARCC, 2011) per approfondire molte
questioni ancora rimaste aperte. Il documento d’intesa
finale riporta le raccomandazioni cliniche elaborate dal
gruppo di lavoro multidisciplinare. È il risultato di un
percorso di confronto tra gruppi di esperti e rappresenta
una sintesi condivisa allo stato attuale delle conoscenze scientifiche. Tutto il materiale prodotto è
disponibile in www.lineeguidadsa.it7.
Nella prima conferenza del 2007, nel documento pubblicato nel 2009, in sintesi, si dichiara in
comune accordo che:
si focalizza l’attenzione sul concetto di “specificità” (lettura, ortografia, grafia e calcolo),
con riferimento al fatto che il disturbo interessa uno specifico dominio di abilità in modo
significativo ma circoscritto, lasciando intatto il funzionamento intellettivo generale.
Viene ribadita la discrepanza tra abilità nel dominio specifico interessato e l’intelligenza
generale come criterio principale per la diagnosi.
Conseguenze sull’autonoma vita quotidiana e dell’adattamento scolastico.
Si ribadisce il carattere neurobiologico delle anomalie del disturbo che interagisce con
fattori ambientali.
L'esistenza di due profili del disturbo specifico del calcolo: uno relativo alle alterazioni nelle
componenti di cognizione numerica basale (es., subitizing, quantificazione, comparazione,
seriazione e strategie di calcolo a mente) e un'altro caratterizzato da debolezza nelle
procedure esecutive e del calcolo. I problemi relativi alla soluzione dei problemi matematici
sono esclusi dalla diagnosi di discalculia.
Metodologia: il clinico prima dovrà verificare la presenza di sintomi e solo dopo indagare la
presenza di criteri di esclusione.
Dopo la diagnosi di dsa II. livello di diagnosi, approfondimento clinico funzionale del
problema (per stabilire la natura del disturbo e la sua estensione).
2°, Panel di revisione del documento di consenso (PARCC) 2010, documento 2011
7 Vio C., Tressoldi E. P., Lo Presti G., 2012.
Il concetto di discrepanza Per discrepanza si intende la differenza tra il livello di apprendimento osservato in lettura e scrittura e il livello di prestazione in lettura e scrittura stimato in base al QI (mi aspetto che un bambino con un certo QI abbia un tipo di prestazione nell’apprendimento della letto scrittura). Qui ci riferiamo alla discrepanza tra prestazione osservata e prestazione attesa. (Fanini)
8
Raccomandazioni cliniche
Definire i criteri diagnostici per i dsa
Parametri per la formulazione della diagnosi
Prove e indici psicometrici
Fattori di rischio dei dsa e del loro sviluppo e strumenti per individuarli
Evoluzione Tre profili diagnostici:
i. Prognosi del disturbo
ii. Prognosi psicopatologica
iii. Prognosi scolastico-lavorativa.
Comorbidità:
i. DSA e ADHD
ii. Dislessia e disturbi specifici del linguaggio
iii. Dislessia e disturbo dello sviluppo della coordinazione [studi incerti]
Che cos'è una diagnosi differenziale: è fatta dal clinico e serve a distinguere tra disturbi evolutivi
specifici delle abilità scolastiche che insorgono in assenza di condizioni neurologiche clinicamente
diagnosticabili e quelli secondari a qualche condizione neurologica come la paralisi cerebrale (nel
primo caso si parla di dislessia evolutiva, nel secondo di dislessia acquisita).
Per avere una diagnosi di disturbo specifico dell’apprendimento, le difficoltà nell’apprendimento
non devono essere causate da normali variazioni del rendimento scolastico che possono essere
presenti in qualsiasi bambino. Infatti una caratteristica fondamentale per una diagnosi differenziale
rispetto ad altri problemi evolutivi riguarda il tempo in cui tali disturbi si manifestano; è da
rilevare se i disturbi siano presenti, in qualche forma, dagli anni iniziali dell’istruzione scolastica.
Può succedere che i bambini possano rimanere indietro nel loro rendimento scolastico (a causa della
mancanza di interesse, di un insegnamento scadente, di disturbi emotivi, di un aumento o di un
cambio nel tipo di prestazione richiesta, ecc.) ma tali problemi non entreranno a far parte del
concetto di disturbo evolutivo specifico delle abilità scolastiche.
Inoltre, il bambino ha ricevuto un’adeguata istruzione scolastica e non presenta disagi emotivi
primari che possono causare difficoltà nell’apprendimento. Per esempio, la separazione dei
genitori, la nascita di un fratellino, problemi di salute, la morte di un familiare o in generale
cambiamenti nello stile di vita che possono essere vissuti come esperienze che creano ansia e
9
preoccupazioni nel bambino. I disagi emotivi possono incidere negativamente sull’apprendimento
scolastico. Il bambino può infatti manifestare:
diminuzione dei tempi di attenzione;
diminuzione della motivazione;
reazioni comportamentali di passività o aggressività8.
Comorbilità. Nel caso in cui il DSA sia associato ad un disturbo psicopatologico, la comorbilità tra
le due affezioni può sottendere relazioni diverse, con diverse implicazioni teoriche e cliniche, anche
se non sempre chiaramente distinguibili nel singolo soggetto, soprattutto se la diagnosi viene posta
tardivamente. In alcuni casi il disturbo psicopatologico sembra essere una conseguenza del disturbo
di apprendimento e dell’insuccesso scolastico che esso comporta; in questi casi il disturbo
psicopatologico tende a ridursi spontaneamente in parallelo con la riduzione delle difficoltà
scolastiche; in altri casi il DSA appare agire come un fattore scatenante per la strutturazione di un
disturbo psicopatologico già presente, sia pur in forma mascherata, negli anni precedenti; in questo
caso l’andamento dei due disturbi appare relativamente indipendente.
Queste due situazioni non vanno in ogni caso confuse con il percorso inverso, quando cioè il
disturbo di apprendimento è aspecifico e rappresenta solo un sintomo del disturbo psicopatologico.
La comprensione della natura dei rapporti tra DSA e disturbi del comportamento richiede una
interpretazione esplicativa che a sua volta deve fare riferimento a una precisa teoria psicopatologica.
Per esempio se si adotta la chiave di lettura della Psicopatologia Cognitiva si può capire come il
DSA si inserisce lungo l’itinerario di sviluppo di un bambino determinando comportamenti ― per
esempio di chiusura depressiva (internalizzanti) oppure di oppositività (esternalizzanti) ―che
hanno significati diversi a seconda della qualità dei legami di attaccamento genitori -bambino. In
letteratura viene riportata comorbilità fra disturbi specifici di apprendimento e disturbi
psicopatologici appartenenti all’Asse I del DSM IV nel 50% dei casi. Molteplici sono le categorie
diagnostiche interessate9.
8 Istituto Watson, psicologia e psicoterapia cognitivo comportamentale, http://www.iwatson.com/
9Società Italiana di Neuropsichiatria dell’Infanzia e dell’adolescenza, Linee Guida per i DSA.
10
2. EZIOLOGIA DEI DISTURBI
Non è ancora possibile affermare, con certezza, quali siano le cause dei Disturbi Specifici
dell’Apprendimento. Tuttavia, studi recenti indicano che le difficoltà incontrate dalle persone con
DSA debbano essere attribuite a disfunzioni in alcuni meccanismi cerebrali. Le cause sarebbero da
ricercarsi in un diverso funzionamento di alcune aree del cervello e in modo più specifico, a una
difficoltà diffusa nel coordinare le informazioni provenienti dalle diverse aree cerebrali implicate
nei complessi processi di lettura, scrittura, calcolo e ragionamento matematico.
Ci possono essere problemi, ad esempio, nel ricevere informazioni sensoriali attraverso la vista o
l’udito, nel catturarle e strutturarle nel cervello, o nel recupero in un secondo momento, oppure ci
possono essere problemi con la velocità di elaborazione delle informazioni. Anche per questa
ragione dobbiamo ricordare che i soggetti con DSA non sono tutti uguali poiché ogni soggetto
presenta uno o più processi deficitari differenti per entità e tipologia che la diagnosi e il
profilo funzionale descriveranno in maniera dettagliata analizzando le componenti del sistema
mentale nella sua globalità e nelle specifiche aree di apprendimento 10. Ad ogni modo, nulla ha a che
vedere con l’intelligenza. Infatti, i soggetti con questi disturbi presentano un Q.I. nella norma e
adeguate capacità cognitive, visive e uditive.
I disturbi specifici dell’apprendimento, infatti, non sono causati da disabilità neurologica o
sensoriale ma la loro origine neurobiologica è da intendersi in una diversa modalità di
funzionamento delle reti cerebrali coinvolte nel processo. Spesso, questi disturbi presentano anche
una componente ereditaria (è quindi presente una predisposizione genetica al disturbo), e possono
esprimersi diversamente anche in relazione all’influenza di fattori ambientali (in particolare
pedagogici) che ne determinano l’effettiva entità ed evoluzione nel tempo 11.
I dati raccolti in Italia evidenziano che, mediamente, dei 20 alunni su 100 che presentano una
difficoltà di apprendimento scolastico solo 3-5 presentano un DSA; tra gli altri alunni in difficoltà
1-2 presentano un disturbo cognitivo lieve e 2-3 presentano un problema psicopatologico
significativo. Il restante 12-13 per cento ha una difficoltà di apprendimento non legata a problemi di
natura clinica12.
10
Crescenzi F., Rossi S., Aurigemma F., Cammisa C., Dormi D., Lopez L., Penge R., I DSA a scuola,
Libriliberi, Firenze 2011. 11
Ibidem. 12
Simoneschi G., La dislessia e i disturbi specifici di apprendimento. Teoria e prassi in una prospettiva inclusiva, Rivista bimestrale del Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca, Le Monnier, 2 /2010.
11
Relativamente alla discalculia la Consensus Conference del 2011 (Q A3, raccomandazione 7)
afferma:
«Le due principali ipotesi eziologiche attualmente discusse nel panorama della letteratura
internazionale sono quella della discalculia basata sul deficit della cognizione numerica e quella
della discalculia procedurale. Nessuno però degli studi presi in esame affronta la questione
eziologica, nonostante che, a seconda del modello eziologico adottato come cornice teorica di
riferimento dai ricercatori, risulterà più pregnante indagare un’abilità piuttosto che un’altra e
dunque utilizzare un tipo di prova piuttosto che un altro. Secondo la prima ipotesi , i bambini
discalculici non hanno difficoltà a processare entità numeriche, ma piuttosto ad accedere ai numeri
come simboli (Rousselle, 2007) in contrasto con quanto atteso in base all’ipotesi di un deficit nella
elaborazione della quantità in sé e per sé (seconda ipotesi). Alcuni studi che hanno messo a
confronto gruppi di bambini con disturbo isolato e in comorbidità, hanno sollevato la questione che
esistano diversi sottotipi di discalculia (Swanson, 2006; Geary, 2000) senza però giungere a
conclusioni definitive».
Il dibattito scientifico su quale dei due modelli teorici della discalculia fornisca migliori spiegazioni
dell’eziologia del disturbo è ancora in corso.
Riguardo alla dislessia le Raccomandazioni per la ricerca (Q B59, Consensus Conference)
sottolineano la necessità di condurre ulteriori studi finalizzati ad approfondire le relazioni
eziologiche tra dislessia e disturbo specifico del linguaggio, partendo dai dati attualmente
disponibili che confermano uno stretto legame fra dislessia e deficit del processamento fonologico.
L’eziologia dei disturbi evolutivi specifici delle abilità scolastiche resta perciò ancora incerta;
tuttavia, si sospetta che a determinare queste difficoltà sia il concorso di più fattori che
interagiscono in modo complesso.
12
3. L’APPRENDIMENTO DELLA LETTURA E DELLA SCRITTURA: MODELLI
ESPLICATIVI
Il linguaggio parlato e il linguaggio scritto sono caratterizzati da due differenti modi di comunicare
e rappresentarsi la realtà e richiedono abilità diverse.
I modelli di scrittura e lettura che qui presenteremo sono formulazioni teoriche elaborate per
spiegare come avviene la traduzione di una parola stampata in suono, e viceversa.
Il modello di lettura a due vie , (a doppio accesso o modello standard) spiega come si arriva a
leggere una parola e riguarda sia la via visiva che quella uditiva (cioè fonologica).
Le vie di lettura a voce alta ipotizzate nel modello standard sono:
- Via fonologica prelessicale. Consente la lettura ad alta voce mediante l’assemblaggio dei
suoni ricavati dall’applicazione delle regole conversione grafema-fonema e la successiva
pronuncia. Ascolto il suono e dopo capisco. Lo faccio soprattutto quando non conosco il
vocabolo13).
- Via semantica. Accesso lessicale mediante il passaggio dal lessico visivo di input al sistema
semantico e dopo mediante accesso lessico fonologico di output.
- Via visiva diretta. La lettura a voce alta è consentita
grazie alla connessione diretta tra lessico visivo di
input e lessico fonologico di output, ma non l’accesso
semantico in quanto salta il sistema semantico
(questa via non ha nessuna giustificazione logica ma
l’esistenza è dimostrata da studi su cerebrolesi con
danni nelle capacità di lettura)14.
Molte teorie della dislessia (C. Vio, C. Toso, 2007; C.
Cornoldi, 2007) sottolineano il concorso nella lettura di
processi visivi e fonologici. Nel modello a due vie, si ritiene che il processo di lettura possa
13
Si vedano i test dell lettura di non-parole. 14
Teresa Gloria Scalisi, Daniela Pelagaggi, Simona Fanini, Apprendere la lingua scritta: le abilità di base , Carocci, Roma 2003.
Grafemi e fonemi I grafemi sono i simboli grafici che
rappresentano le unità più piccole in cui
può essere scomposto il suono di una
parola. Queste unità sono dette fonemi.
Le unità sublessicali sono strutture più piccole di una parola ma unità grandi del
singolo fonema (ad esempio le sillabe, le
doppie o i gruppi consonantici).
13
avvenire tramite due distinti percorsi di elaborazione dell’informazione: la “via fonologica”, che
funzionerebbe mediante la trasformazione di ogni segno grafico nel suono ad esso corrispondente; e
la “via diretta”, che porta al riconoscimento immediato della parola scritta sulla base del suo aspetto
visivo.
La prima “via” consente la lettura di parole regolari, nuove, rare o inesistenti, mentre la seconda
presiede alla lettura di parole note, irregolari, con ambiguità nell’accento (ancóra/àncora), la
comprensione del significato e la scrittura di quelle parole che hanno lo stesso suono ma si scrivono
in modo diverso (omofone ma non omografe: l’ago/lago).
In alcuni disturbi di lettura sarebbe compromesso il corretto funzionamento della via fonologica
(dislessia fonologica), in altri quello della via diretta (dislessia superficiale)15
Secondo il modello a due vie, abbiamo:
Dislessia superficiale: parole omofone. Spiegazione: deficit nella via visiva sia diretta che
semantica, per cui la lettura viene portata a termine utilizzando quasi esclusivamente la via
fonologica prelessicale. Per discriminare due parole omofone devo utilizzare la via visiva.
Disgrafia superficiale: errori di omofonia: il bambino può scrivere PIECE al posto di PEACE.
Utilizza prevalentemente la via fonologica basata sulle regole di conversione fonema-grafema. La
scrittura tiene conto solo del suono della parola,. Deficit della via visiva.
Dislessia fonologica : incapacità di leggere a voce alta parole inventate (non-parole) mentre la
capacità di leggere e comprendere le parole è relativamente intatta. Deficit della via fonologica.
Disgrafia fonologica incapacità di scrivere correttamente non-parole sotto dettatura ma normale
abilità di scrittura delle parole. Ipotesi: deficit della via fonologica e di un uso prevalente della via
di scrittura visivo-semantica.
Un altro modello del processo di lettura – che testimonia i tentativi di associare i problemi dei
dislessici alla attività di aree del cervello – era stato proposto dal neuropsicologo olandese D.
Bakker. Egli distingueva dislessie di “tipo L” – legate all’uso del linguaggio e dell’emisfero
cerebrale sinistro, per cui il bambino risulta soprattutto lento –, da dislessie di “tipo P” – legate
15
Cesare Cornoldi, Sara Zaccaria, In classe ho un bambino che...L'insegnate di fronte ai Disturbi Specifici dell'Apprendimento, Giunti, Milano 2011.
14
all’elaborazione dell’informazione visiva e all’attività dell’emisfero destro, per cui l’aspetto
maggiormente problematico è quello relativo alla correttezza nella lettura16.
La lettura di un brano a voce alta è infatti una prova che offre indicazioni particolarmente utili,
perché è un’attività estremamente vicina alle situazioni della vita quotidiana e alle richieste che
abitualmente vengono poste al bambino.
Le prove che prevedono invece la lettura di liste di parole (o pseudoparole) sono più adeguate ad
approfondire la valutazione del processo di lettura e individuare gli aspetti maggiormente carenti, ai
quali può essere attribuita la cattiva prestazione.
Per le lingue trasparenti il parametro di valutazione della lettura è la rapidità. Per le lingue non
trasparenti come l’inglese è la correttezza.
Le ricerche italiane hanno mostrato come, a tutte le età, i ragazzi dislessici presentino una velocità
di lettura pari a circa la metà rispetto ai bambini senza difficoltà.
Già a partire dai 4 o 5 anni è possibile intervenire sui prerequisiti per l’acquisizione delle capacità
di lettura, per esempio con lavori educativi finalizzati al potenziamento delle abilità fonologiche ,
riducendo la possibilità che si manifestino ostacoli a 6 - 7 anni17.
Come si sviluppano le abilità. Le abilità sottese alla lettura e scrittura sono in via di sviluppo nei
bambini; pertanto se si riscontrano difficoltà, forse, devono ancora completamente svilupparsi.
In letteratura, troviamo teorizzato un processo evolutivo che conduce alla strutturazione del sistema
di connessioni e meccanismi di elaborazione ed è descritto da Uta Frith (1986).
I concetti fondamentali nel modello di Frith sono:
- sequenzialità degli stadi e dipendenza dalle fasi dello sviluppo cognitivo;
-lettura e scrittura hanno un rapporto interattivo.
STADI DI ACQUISIZIONE DI ABILITÀ LETTURA: MODELLO EVOLUTIVO DI FRITH
• Pittografico (meno di 5 anni)
• Logografico (5-6 anni)
- Consapevolezza fonologica (prove di analisi e sintesi della parola)
- Abilità visive (prove: identificare una o più lettere, gruppi di lettere all’interno di un
insieme di altre lettere.)
• Alfabetico (6-7 anni)
- Lettura fonologica (prove: lettura di liste di non parole)
16
Ibidem. 17
Ibidem.
15
• Ortografico (8 anni in su)
- Lettura lessicale18 importante è la lettura del morfema per ottenere fluidità. Prove:
lettura di lista di parole e comprensione delle parole omofone non omografe19.
CRITICHE AL MODELLO DI FRITH: (Stuart e Coltheart): sebbene l’apprendimento della lettura
e scrittura sia una successione di stadi, non tutti i bambini attraversano tali stadi nello stesso ordine
perché ogni bambino preferisce usare certe strategie invece di altre soprattutto nelle prime fasi
dell’apprendimento. Infatti, la strategia di lettura è influenzata sia dalle particolari abilità del
bambino sia dal metodo con cui ha imparato a leggere.
Ad esempio, i bambini con buone capacità di sintesi e segmentazione fonetica apprendono più
facilmente a leggere utilizzando una strategia fonologica e non logografica.
In generale, in letteratura, vi sono dubbi sulla rigidità della successione delle fasi di apprendimento
della lettura soprattutto per le prime fasi.
Non bisogna dimenticare, inoltre, che il sistema ortografico di una lingua, che è diverso da un'altra,
influenza l'apprendimento della lingua scritta e, di conseguenza, i disturbi.
L’ortografia della lingua italiana è definita regolare o trasparente; al contrario l'ortografia della
lingua inglese, irregolare o opaca.
Le ortografie vengono dette regolari quando vi è una regolarità della corrispondenza tra
grafemi e fonemi. La maggiore regolarità dell’italiano facilita l’apprendimento della conversione
grafema-fonema per cui i disturbi della via fonologica risultano più rari.
Le caratteristiche dell'ortografia potrebbero influenzare anche lo sviluppo delle strategie di lettura
durante l’apprendimento.
Fattori che incidono sull’apprendimento della lettoscrittura: ortografia (regolare o irregolare),
strategia usata dal bambino (via visiva o fonologica), metodo.
18
Nel modello a due vie corrisponde alla via lessicale. 19
Vio C., Tressoldi E. P., Lo Presti G., 2012.
16
3.1 LA DISLESSIA EVOLUTIVA
Con il termine "Dislessia evolutiva" intendiamo uno specifico disturbo nell'automatizzazione
funzionale dell'abilità di lettura decifrativa (lettura di testi o parole ad alta voce). La mancata
automatizzazione si può osservare sia in una eccessiva lentezza nella lettura, che in un abbondante
numero di errori di lettura (di natura visiva, fonologica o lessicale).
Il disturbo della dislessia è relativo alla lettura strumentale e si manifesta come una difficoltà a
carico dell’automatizzazione della correttezza nella lettura.
La prima spiegazione che ciascuno di noi trova davanti a un problema di apprendimento di un
bambino è quella dello scarso impegno o dell’inadeguatezza dei metodi di insegnamento:
- Tolleranza alla semplificazione (frequente tra i medici di famiglia: “il bambino non ha
niente” se non ci sono gravi patologie, consiglio di aspettare". Risposta appropriata solo per
bambini alle prime fasi di scolarizzazione).
- I comportamenti inusuali del bambino ci insospettiscono di una malattia (ad es., se è sempre
vivace e invece lo troviamo troppo calmo, ecc.) se non sono causati da variabili chiare.
Concezione della malattia nel senso comune:
1. alterazione dello stato di benessere;
2. temporaneità dell’azione;
3. rimedi specifici che contribuiscono a riportare le condizioni di benessere;
4. guarigione, ovvero ripristino delle condizioni esistenti prima dell’alterazione.
Per quanto riguarda la dislessia, soltanto il primo punto è vero. Non vi è corrispondenza altamente
prevedibile tra la proposta rieducativa e il recupero della funzione. Inoltre, è inesatto usare il
termine “recupero”, il bambino con dislessia non può recuperare ciò che non ha mai acquisito. È
molto difficile stabilire una relazione tra incremento dell’esercizio e miglioramento della risposta.
Rischio: l'adulto perde la pazienza perché dopo molto allenamento non ottiene i risultati sperati (un
esempio è l'apprendimento delle tabelline).
Tutti gli studi dimostrano che anche il dislessico lieve mantiene per lunghi anni una differenza
significativa rispetto ai suoi compagni di classe. Non si può dire che egli non migliori in assoluto,
ma manterrà sempre una differenza di velocità e accuratezza di lettura rispetto ai suoi coetanei.
Dunque la dislessia evolutiva non è una malattia perché non è transitoria né ci sono rimedi
chiari e rapidi per eliminarla20
.
20
Giacomo Stella, La dislessia, cit.
17
Vi sono diverse interpretazioni sul disturbo specifico della dislessia che vedremo durante le
videolezioni. Per il momento, ci importa sapere che esistono le seguenti interpretazioni:
- ipotesi del nucleo fonologico: mancato sviluppo delle abilità di consapevolezza fonologica
rilevabili già all’età di 5 anni, ma persistono delle perplessità (come il fatto che il deficit fonologico
potrebbe essere una conseguenza non la causa);
- ipotesi del deficit della via visiva magnocellulare: difficoltà nell’elaborazione sensoriale di quasi
tutti gli stimoli;
- ipotesi del doppio deficit fonologico e un'inefficienza nel recupero rapido della pronuncia della
parola in prove di denominazione veloce (naming);
- ipotesi del deficit cerebellare: funzioni cerebellari deputate all’apprendimento e
all’automatizzazione di nuove abilità;
- inefficienza nel processo sublessicale o lessicale per riconoscere le parole facendo riferimento al
modello a due vie.
L’esame dei profili di prestazione individuati in lettura e scrittura (dettato, comprensione, velocità,
correttezza, narrazione) consente di ottenere un quadro più informativo rispetto all’uso del solo
criterio della discrepanza anche per un intervento riabilitativo mirato (ad es. sui processi di
comprensione, o sui processi di codifica e decodifica)21.
La dislessia è un disturbo che ostacola il normale processo di interpretazione dei segni grafici con
cui si rappresentano per iscritto le parole. È un disturbo della capacità di leggere.
La dislessia evolutiva inoltre, è diversa da quella acquisita22.
21
Teresa Gloria Scalisi, Daniela Pelagaggi, Simona Fanini, Apprendere la lingua scritta: le abilità di base, cit. 22
Quella acquisita è la conseguenza di qualche evento patologico che ha determinato lesioni nelle aree corticali che sono coinvolte nel processo di transcodifica. Il soggetto leggeva normalmente prima dell’evento. Il disturbo può essere circoscritto. Per la riabilitazione: recuperare una funzione che il soggetto possedeva già in modo integro. Il recupero
dipende dalla lesione, dal’età d’insorgenza e dalla vastità delle aree corticali interessate. Questa dislessia è meno frequente. Quella evolutiva si manifesta all’inizio del processo di apprendimento della lettura. La DE (dislessia evolutiva) ha cause diverse, di solito non lesionali, ma congenite, anche se comunque interessano sempre il substrato neurobiologico coinvolto nella realizzazione del processo. Inoltre il disturbo è molto più esteso. Non c’è nulla da riparare ma si tratta di
18
Processi sottesi alla lettura:
1. Riconoscimento dei segni dell’ortografia
2. Conoscenza delle regole di conversione dei segni grafici in suoni Attività di codifica
3. Ricostruzione delle stringhe di suoni in parole del lessico o transcodifica23
4. Comprensione del significato delle singole frasi e del testo.
La dislessia riguarda i primi tre processi.
La dislessia riguarda unicamente la trasformazione dei segni in suoni. Il soggetto legge male (sia
ad alta voce che a lettura silenziosa). Quindi il disturbo si riferisce al processo di interpretazione
dei segni dell’ortografia.
Inoltre, il processo di transcodifica dei segni grafici in suoni rimane un processo lento e faticoso per
molto tempo (anni o per sempre a volte), con errori frequenti.
Si parla di dislessia solo quando il disturbo di transcodifica è isolato e non può essere messo in
relazione con altri disturbi di cui la difficoltà di lettura è considerata una conseguenza indiretta (ad
es. sordità, ritardo mentale, deprivazione)24.
Comportamenti/situazioni eventuali:
- Attenzione a non scambiare le cause con gli effetti (problemi di comportamento o di relazione)
- Rifiuto di andare a scuola; spesso si attribuisce la causa a uno scarso impegno
- Pericolo quando il medico dice "si sistema col tempo”
- Aggressività
Come può fare il genitore a riconoscere le difficoltà del figlio?
- lo specialista ci descrive bene tutti i disturbi che lamentavamo nella vita di tutti i giorni,
sensazione di rassicurazione; allora stiamo percorrendo la strada giusta.
- Se il disturbo è evidente da più di 6 mesi, occorre rivolgersi a neuropsichiatra infantile, o a un
logopedista, o a uno psicologo che si occupano di DSA.
- contattare l'AID (Associazione Italiana Dislessia)
mettere in atto misure per aiutare l’acquisizione del processo di transcodifica e la sua automatizzazione. La DE si manifesta sempre in età evolutiva. 23
Consente di trasformare il codice scritto in codice orale. 24
Giacomo Stella, La dislessia, cit.
19
Gli insegnanti
Il modello utilizzato a scuola per l'apprendimento è l'allenamento. Allora, può succedere che
l'insegnante pensi che il bambino ottenga scarsi risultati nella lettura perché non si esercita
abbastanza (molto nocivo per l'alunno).
Questo problema è basato su un'ignoranza.
IDENTIFICARE I BAMBINI A RISCHIO DI DISLESSIA
OSSERVAZIONE con verifiche appropriate, sistematiche e periodiche.
Si può riscontrare una differenza nella lettura delle parole:
- quelle di uso comune sono più facili da leggere (ad alta frequenza e ad alta immaginabilità, es.
“cane”); lunghezza: più è lunga più è difficile leggerla;
- complessità ortografica: ad es., "matita" è più facile da leggere della parola "strada" perché sono
presenti più vocali.
Se il metodo di insegnamento non ha alcun effetto sull’origine della dislessia, il tipo di proposte
che vengono fatte ai bambini possono facilitarne il superamento o complicarla.
La severità di un deficit non dipende solo dalla gravità specifica del disturbo ma anche dall’impatto
con gli stimoli che vengono proposti (è l’ambiente che crea anche la disabilità ecco perché si
tengono conto anche delle differenze tra le lingue anche se il deficit ha natura neurobiologica).
La presentazione simultanea di diversi caratteri per rappresentare lo stesso suono, rende ancora più
difficile l’apprendimento per il dislessico. Egli incontra più facilità con lo STAMPATELLO
MAIUSCOLO perché è più stabile e più facile da discriminare dal punto di vista percettivo.
L’insegnante non causa la dislessia ma può aggravarne il deficit (per le stesse ragioni di cui sopra
riguardo all’ambiente).
20
3.2 IL DISTURBO SPECIFICO DELLA SCRITTURA (DISORTOGRAFIA
EVOLUTIVA)25
Il disturbo specifico della scrittura può insorgere anche in assenza di dislessia anche se è più
frequente in presenza del disturbo della lettura.
La scrittura è un'abilità complessa che si articola in diversi livelli di competenza. È un percorso
lungo in cui ogni tappa prevede l’acquisizione di abilità cognitive e competenze grafo-motorie
sempre più sofisticate. Richiede competenze di tipo ortografico e grafico-motorio.
Scrivere in lingua italiana significa memorizzare il rapporto tra i suoni di una parola e i
corrispondenti simboli grafici, e – in alcuni casi – la relazione tra determinati vocaboli e la loro
forma ortografica. Per sapere, ad esempio, quali parole contengono “cq” o “q” al posto di “c” (es.
“acqua”, “aquilone” ecc.) e quali semplicemente “c” (es. “cuore”), è indispensabile aver associato il
significato di una parola con la sua veste grafica, o meglio ortografica. Le parole omofone e no n
omografe (come l’ago/lago, c’ero/cero ecc.) non possono essere scritte correttamente solo
traducendo ogni suono nel simbolo grafico corrispondente, perché è anche necessario risalire dal
significato della parola alla sua rappresentazione ortografica. Non si può dire che egli non conosca
le regole, ma che ha delle difficoltà sottostanti, per esempio nell’analizzare e distinguere i suoni di
cui si compone una parola o nell’utilizzare il codice di simboli che lega i suoni agli elementi grafici
corrispondenti. Gli errori rilevati più spesso consistono in omissioni di lettere o parti di parola (es.
“pote” per “ponte” o “camica” per “camicia”), sostituzioni (es. “vaccia” per “faccia”; “parde” per
“parte”), o inversioni (es. “il” per “li”; “spicologia” per “psicologia”), assenza di doppie o accenti.
È sorprendente che i bambini disortografici possano commettere errori tanto con parole che
prevedono eccezioni nel rapporto tra suono e ortografia quanto in quelle che non celano nessun
tranello particolare.
Spesso la disortografia si associa a una diagnosi di dislessia, perché gli apprendimenti della lettura e
della competenza ortografica risultano strettamente legati26.
CARATTERISTICHE:
• Lentezza esecutiva nella realizzazione dei grafemi (di solito non è dovuta a
problemi di motricità ma a una carente abilità nella conversione
25
Vio C., Tressoldi E. P., Lo Presti G., 2012, cit. 26
Cesare Cornoldi, Sara Zaccaria, In classe ho un bambino che, cit.
21
fonema/grafema o a un deficitario richiamo della forma ortografica della
parola dal lessico mentale).
• ERRORI: - fonologici: “fare” invece di “vane”.
- fonetici: doppie, accenti, lessicali ad es. cu invece di qu
- può interessare vari livelli di competenza: motoria (disgrafia),
linguistica (disortografia) espressione scritta (realizzazione di frase e
testi).
- Considerare la componente evolutiva: all’inizio, errori di inesatta
corrispondenza fonema/grafema, omissioni di lettere; infine, inesatta
scrittura di parole omofone non omografe (es., hanno/anno, è/e)
Consensus Conference 2009, due componenti del disturbo:
- Disortografica, di natura linguistica (deficit nei processi di decifratura27)
- Motoria, la disgrafia (deficit nei processi di realizzazione dei grafemi)
CRITERI DIAGNOSTICI
1. Parametro di valutazione della correttezza, costituito dal n. di errori.
2. Uso dell’indicatore statistico della distribuzione percentilare, un valore al di sotto del 5°
centile, statisticamente significativo.
Età minima per diagnosi: dopo la fine della 2 primaria.
PROVE PER L'IDENTIFICAZIONE DEL DISTURBO
- Consensus conference: dettato del testo e composizioni di frasi attraverso le quali
valutare gli errori.
- Vio, Tressoldi e Lo Presti consigliano due prove di scrittura (dettato di parole e di
non parole)
PERCORSO DIAGNOSTICO
Prendere in esame le componenti della scrittura: calligrafia, velocità di produzione, ortografia,
sintassi, ecc.,
27
Del codice ortografico. Ad es., su base fonologica come “dado” e “dato”, oppure su base visivo ortografica come “cinque” e “cincue”.
22
3.3 LA DISCALCULIA E LE DIFFICOLTÀ NEL CALCOLO
Gli esperti concordano nell’affermare che i disturbi specifici gravi e selettivi nell’uso dei
numeri e nel calcolo sono decisamente poco frequenti nella popolazione scolastica. La
discalculia evolutiva si definisce come un disturbo a carico delle abilità numeriche e
aritmetiche, che si manifesta in bambini di intelligenza normale. Può presentarsi con una
certa frequenza in associazione alla dislessia, o a difficoltà di tipo visuo-spaziale.
In ricerca si tende a differenziare le difficoltà specifiche del calcolo, distinguendo i disturbi
che riguardano la conoscenza numerica da quelli relativi al calcolo vero e proprio e alle
procedure correlate.
È importante sottolineare che la discalculia non si riferisce in modo generico a tutta la
matematica, ma solo ad alcune abilità di base, che corrispondono all’elaborazione del
numero (lettura e scrittura di numeri, giudizio di numerosità o di grandezza ecc.) e alle
procedure necessarie al calcolo, sia a mente che per iscritto.
LE STRATEGIE DI CALCOLO A MENTE
Alcune ricerche hanno dimostrato che, di fronte a un compito che richiede di calcolare a
mente il risultato di un’operazione, i bambini meno competenti usano le dita, cercano
d’immaginarsi il calcolo scritto o cercano d’indovinare la risposta.
Al contrario, i bambini più competenti tendono a utilizzare in prevalenza due strategie,
basate sulla decina. La prima, definita “1010”, consiste nella scomposizione in decine e
unità di entrambi gli addendi, che vengono ricomposti in un secondo momento, cioè dopo
aver svolto l’operazione richiesta, per esempio: 43 + 25 = (40 + 20) + (3 + 5). La seconda
strategia, definita “N10”, scompone in decine e unità solo il secondo addendo, che viene poi
sommato o sottratto al primo, per esempio: 52 + 27 = (52 + 20) + 7. La strategia N10 è la
più evoluta, oltre che la più efficace, e dunque quella maggiormente utilizzata dai bambini
più esperti.
Una distinzione ulteriore riguarda poi le procedure utilizzabili per il calcolo a mente e per
quello scritto. Nel primo caso è possibile operare scomposizioni sui numeri per ottenere
operazioni intermedie più semplici, mentre il calcolo scritto consente di “organizzare” la
forma grafica dell’operazione (l’incolonnamento dei numeri), la sequenza spazio-temporale
delle azioni (l’ordine in cui le operazioni parziali vanno recuperate in memoria) e il modo di
utilizzarle tramite le regole vere e proprie. Dunque, mentre il calcolo a mente utilizza ed
23
esercita prevalentemente le strategie che richiedono elaborazione, nel calcolo scritto si
ricorre soprattutto all’applicazione di procedure più o meno automatizzate 28.
Riportiamo qui una descrizione di un caso, tratto dal volume "In classe ho un bambino che"
di Cesare Cornoldi e Sara Zaccaria:
IL CASO DI CAMILLA
Camilla è una bambina minuta, bionda, all’apparenza un po’ più piccola dei suoi 10 anni, si dimostra
subito socievole e aperta. È lei a raccontare dei suoi interessi e della sua passione per la danza, ma,
quando si arriva a parlare della scuola, si fa seria. Racconta che in classe seconda «non leggeva
bene», ma che, nel corso dell’anno, si era così impegnata a casa, leggendo tanti libri, che alla fine
aveva risolto il problema. I genitori confermano che attualmente, anche se Camilla è meno veloce
delle sue compagne, legge senza errori e comprende bene il testo.
Le difficoltà restano invece in matematica. La bambina dice che «tanto è inutile, perché non è
portata» e confessa «che ha provato a fare tanto esercizio, a impegnarsi di più come aveva fatto per
la lettura, ma non è servito!». I genitori affermano che già dalla classe terza della scuola primaria le
maestre avevano segnalato qualche difficoltà, attribuendola tuttavia alla distrazione e allo scarso
impegno, dato che la bambina andava male soltanto in certi compiti e bene in altri. Anche i genitori
pensavano che prima o poi Camilla avrebbe recuperato; per questo si sono rivolti soltanto ora a uno
specialista.
Procedendo nella valutazione, si osserva una leggera lentezza nella lettura del testo, ma buone
prestazioni nell’ambito della scrittura e della comprensione. La prova standardizzata sulle varie
competenze aritmetiche ha evidenziato invece le difficoltà già segnalate dalla famiglia e dalle
insegnanti, mettendo in luce un quadro non omogeneo. Camilla dimostra una buona padronanza
delle procedure e delle strategie di calcolo a mente e scritto, probabilmente potenziate anche
dall’esercizio domestico. Incontra invece maggiori difficoltà in compiti apparentemente più
semplici, che sondano la conoscenza e la comprensione del sistema dei numeri.
Nell’esercizio che richiede di trasformare in cifre numeri scritti a lettere, Camilla sbaglia la
posizione delle cifre all’interno del numero (2 centinaia, 6 migliaia, 7 unità, 3 decine = 2673). Anche
se in altri casi la relazione tra le singole cifre è corretta, la bambina sbaglia l’ordine, scrivendo il
numero a partire dalle unità (3 unità, 4 centinaia, 0 decine = 304). Errori simili sono presenti anche
nella prova di ordinamento dei numeri dal più grande al più piccolo, dove Camilla sbaglia negli
esercizi che richiedono di considerare il valore posizionale dello 0 o della virgola. I dati a
disposizione consentono di ipotizzare la presenza di una difficoltà nel calcolo, legata più agli aspetti
di conoscenza numerica che a quelli relativi alle procedure di r isoluzione.
28
Cesare Cornoldi, Sara Zaccaria, In classe ho un bambino che.., cit.
24
LA VALUTAZIONE DELL’APPRENDIMENTO
L’apprendimento della matematica implica aspetti diversi; perciò la valutazione delle
competenze in quest’ambito deve essere condotta su più livelli. A partire dall’impiego di
scale standardizzate di valutazione generale, è opportuno prevedere sia un approfondimento
delle competenze di base del calcolo sia un’analisi qualitativa degli errori. La valutazione
delle abilità aritmetiche deve necessariamente prevedere prove diverse, che indagano le
componenti fondamentali del sistema numerico: calcolo a mente e scritto, conoscenza dei
fatti aritmetici, giudizio di numerosità e di grandezza, ordinamento di serie di numeri,
scrittura e lettura di numeri 29.
29
Cesare Cornoldi, Sara Zaccaria, In classe ho un bambino che, cit.
25
4. ATTIVITÀ DI SCREENING E IDENTIFICAZIONE DEI “SOGGETTI RISCHIO”
Come è noto, la diagnosi di DSA può essere formulata con certezza alla fine della seconda classe
della scuola primaria mentre per la discalculia occorre attendere la terza classe. Questo perché i
DSA sono strettamente legati alle attività scolastiche e per avere una diagnosi certa il bambino deve
aver acquisito le prime capacità di letto-scrittura e di calcolo nel caso di discalculia. Dunque, il
disturbo di apprendimento è conclamato quando già il bambino ha superato il periodo di
insegnamento della letto-scrittura e dei primi elementi del calcolo. Questo perché non è possibile
diagnosticare un DSA nei bambini non ancora alfabetizzati.
I primi anni di scuola primaria sono i più cruciali e più delicati per il bambino. È da qui che inizia il
suo percorso formativo, e se avremmo fatto uso di metodologie e strategie sbagliate, se non
avremmo fatto attenzione alle esigenze del soggetto e alla fragilità di alcuni bambini con DSA,
avremo perso un’occasione per far sviluppare le migliori potenzialità di quel bambino e
probabilmente avremo anche minato il suo percorso formativo.
Per questo assume importanza fondamentale che sin dalla scuola dell’infanzia si possano rilevare
casi a rischio di DSA e porre in atto tutti gli interventi conseguenti, ossia – in primis – tutte le
strategie didattiche adatte.
Riportiamo qui le Linee guida al decreto ministeriale 12 luglio 2011:
L’individuazione tempestiva permette la messa in atto di provvedimenti didattici, abilitativi e di
supporto che possono modificare notevolmente il percorso scolastico e il destino personale di
alunni e studenti con DSA. Il maggior interesse è rivolto alla scuola dell’infanzia e alla scuola
primaria, nelle quali è necessaria una maggior e più diffusa conoscenza degli indicatori di rischio
e una impostazione del lavoro didattico orientata alla prevenzione. L’attività di identificazione si
deve esplicare comunque in tutti gli ordini e gradi di scuola; infatti, sappiamo che tuttora molti
ragazzi con DSA sfuggono alla individuazione nei primi anni di scuola, mentre manifestano in
maniera più evidente le loro difficoltà allorché aumenta il carico di studio, cioè durante la scuola
secondaria e all’università.
Fin dall’ultimo anno della scuola dell’infanzia possono essere individuati quei fattori che
costituiscono un rischio di sviluppare un disturbo specifico dell’apprendimento.
Per fattori di rischio intendiamo «quegli elementi personali o sociali la cui presenza aumenta la
probabilità che un individuo manifesti nel tempo un dato disturbo. Tali fattori devono pre-esistere
alla comparsa del disturbo stesso» [Simoneschi G.,]. Siamo quindi alla ricerca di caratteristiche
26
presenti in età prescolare, o all’inizio dell’età scolare, che aumentano il rischio della comparsa di
difficoltà di lettura/scrittura/calcolo negli anni successivi. È importante chiarire che
l’identificazione di eventuali fattori di rischio attraverso attività di screening o altre attività che
vedremo in seguito non costituisce diagnosi di DSA poiché questa non può essere eseguita se non
nella scuola primaria per le ragioni che abbiamo precedentemente espresso. Infatti, capita che alcuni
soggetti per i quali vengono individuati fattori di rischio durante la scuola dell’infanzia e poi, negli
anni successivi vengono sottoposti a diagnosi, non presentino Disturbi Specifici
dell’Apprendimento. Questi bambini sono chiamati falsi positivi1. I falsi negativi, invece, sono
coloro che riescono a superare lo screening nonostante la presenza di una difficoltà specifica che, in
questo caso non è emersa.
Inoltre, occorrerà essere particolarmente attenti e cauti nel considerare il rischio di sviluppare un
DSA soprattutto nei casi che presentano molteplici variabili come ad esempio, situazioni socio-
culturali particolari derivanti da immigrazione, adozione, ecc.,. Infatti, in questi casi, il rischio di
ottenere dei falsi negativi e dei falsi positivi è più elevato proprio a causa delle diverse variabili che
possono influire sulle attività di individuazione di questi fattori.
A maggior ragione, la presenza di un numero significativo di falsi positivi e di falsi negativi30
conferma la necessità di definire il rischio di DSA come un’aumentata probabilità di sviluppare i l
disturbo nelle epoche successive piuttosto che come un riconoscimento certo dei singoli soggetti
destinati a presentare un DSA. In termini operativi questo significa che i progetti di screening da
avviare in questa fascia d’età devono essere mirati al riconoscimento di gruppi/aree problematiche
piuttosto che singoli soggetti e dare luogo a interventi pedagogici sull’intero gruppo classe e non sui
singoli31.
Per individuare i fattori di rischio, le raccomandazioni cliniche sui DSA32 consigliano di utilizzare
contemporaneamente più fonti di informazioni:
- Anamnesi;
- questionari ai genitori;
- valutazioni, previsioni degli insegnanti;
- batterie di screening33
.
30
I falsi positivi sono quei bambini che vanno male allo screening ma una volta fatta la valutazione completa risultano “sani”. Al contrario, falsi negativi sono chiamati quei bambini che riescono a superare lo screening nonostante la presenza di una difficoltà specifica che, in questo caso non è emersa. 31
G. Simoneschi (a cura), La dislessia e i disturbi specifici di apprendimento. Teoria e prassi in una prospettiva inclusiva, Annali della pubblica istruzione, 2/2010. 32
Documento d'intesa elaborato da parte del PARCC DSA (2011) in risposta ai quesiti sui disturbi evolutivi specifici dell’apprendimento.
27
Anamnesi. Con l’anamnesi si accerta l’esposizione ai seguenti fattori di rischio per cui è stata
riscontrata un’associazione positiva con lo sviluppo di DSA:
▪ Esposizione a più di 2 anestesie generali entro il quarto anno di vita.
I soggetti esposti sono coloro che hanno effettuato qualunque tipo di intervento chirurgico o
diagnostico per cui sono stati sottoposti a anestesia generale prima dei 4 anni di età. Il rischio di
sviluppare DSA non è risultato aumentato per i bambini che erano stati esposti ad una singola
anestesia, mentre è risultato incrementato per i bambini che avevano ricevuto 2 o ≥ 3 anestesie
generali.
Ricerche mostrano che un’anestesia generale o locale durante il parto cesareo non costituisce fattore
di rischio per lo sviluppo di DSA a confronto con il parto per via naturale. Questo secondo studio
conferma il primo nel risultato che una singola esposizione all’anestesia non costituisce fattore di
rischio per lo sviluppo di DSA.
▪ Presenza di disturbo del linguaggio, così definito: bambini che all’età di 5 anni cadono sotto il
10° centile a più di una prova di sviluppo del linguaggio e che mantengono questo livello di
prestazione a 8 anni.
▪ Sesso maschile.
▪ Storia genitoriale di alcolismo o disturbo da uso di sostanze (soprattutto in preadolescenti
maschi).
▪ Familiarità (un genitore affetto da dislessia).
▪ Esposizione prenatale alla cocaina.
I seguenti fattori di rischio sono implicati nello sviluppo di ritardi nelle abilità di lettura, scrittura,
calcolo, non DSA:
∞ Basso peso alla nascita e prematurità
∞ Madre fumatrice durante la gravidanza
∞ Esposizione a fattori traumatizzanti durante l’infanzia
∞ Familiarità 34.
Al momento i dati sembrano indicare che gli interventi preventivi rivolti a soggetti in condizione di
rischio di DSA non siano in grado di modificare la storia naturale del disturbo, ossia ottenendo una
riduzione del rischio stesso di sviluppare DSA. Tuttavia, viene comunque suggerito il tentativo di
33
Vio C., Tressoldi E.P.e Lo Presti G., Diagnosi dei disturbi specifici dell'apprendimento, cit. p. 27. 34
Documento allegato raccomandazioni ISS 2011.
28
minimizzare i rischi. Fin già dalla fine della scuola dell’infanzia, primo anno della scuola primaria,
infatti, si possono attuare interventi volti alla riduzione del rischio di difficoltà di lettura (velocità e
correttezza) e ortografia35.
Questionari ai genitori. Gli elementi a supporto dell’utilizzo dei questionari ai genitori
provengono sia dal giudizio degli esperti sia dai dati sperimentali prodotti da uno studio (Fowler,
1986) in cui gli autori esaminano l’importanza delle variabili mediche, comportamentali, sociali e
familiari per prevedere le potenzialità di apprendimento dei bambini nelle prime classi. I questionari
ai genitori sono stati somministrati 6 mesi prima dell’ingresso alla scuola materna del bambino; i
dati di follow-up sono stati raccolti due anni dopo. I punteggi dell’acquisizione della lettura sono
stati positivamente correlati al livello di scolarizzazione della madre e all’assenza nella anamnesi
familiare di disabilità di apprendimento. I punteggi alle prove di calcolo sono positivamente
correlati alla scolarizzazione delle madri, mentre c’è mancanza di correlazione tra i rendimenti
scolastici e i fattori medici. In conclusione i risultati evidenziano l’utilità della considerazione delle
variabili familiari nella previsione delle difficoltà di apprendimento (QUESITO B2,
Raccomandazioni ISS 2011).
Un esempio è il questionario RSR-DSA, che serve a Rilevare situazioni Sospette o a Rischio di
Disturbo Specifico di Apprendimento, disponibile nel portale Dislessia in rete36. Il questionario
raccoglie informazioni indirettamente tramite domande poste ai genitori e agli insegnanti.
Descrive le capacità scolastiche del soggetto con particolare riferimento alle abilità di lettura,
scrittura e calcolo e fornisce informazioni generiche sulle abilità neuropsicologiche di base
(linguaggio ed organizzazione visuo-spaziale e prassica), sul comportamento e sull’esperienza
affettiva correlata all’apprendimento scolastico. Richiede solo l’osservazione.
Lo strumento ideato è diversificato per fasce di scolarità ed è organizzato in 2 checklist
(genitori/insegnanti) di 50 domande formulate con un linguaggio non specialistico. Alcuni item
compaiono con formulazione identica in entrambe le liste per sondare caratteristiche rilevabili in
differenti contesti di vita. Inoltre alcuni hanno una formulazione simile perché osservano i bambini
da prospettive differenti, mentre altri compaiono solo in una delle checklist perché esplorano realtà
che si manifestano o si sono manifestate solo in alcuni ambiti. Da questa duplice osservazione è
emerso come tale strumento offra un’ampia visione della vita del bambino perché, interrogando gli
insegnanti, indaga il livello di apprendimento e di adattamento al contesto scolastico, mentre,
interrogando i genitori fornisce informazioni più generali sul comportamento, sul le tappe evolutive
35
Vio C.,Tressoldi E.P.e Lo Presti G., cit. p.27. 36
Dislessia in rete, http://www.dislessiainrete.org/
29
e sulla sfera emotiva ed affettiva. Inoltre gli insegnanti, che hanno un costante raffronto con i
coetanei, possono capire se l’alunno in questione ha raggiunto gli obiettivi didattici prefissati,
mentre i genitori, conoscendo l’evoluzione del loro figlio, possono arricchire l’osservazione con
indicazioni sullo sviluppo.
Il questionario è strutturato in modo da descrivere le capacità scolastiche del soggetto con
particolare riferimento alle abilità di lettura, scrittura e calcolo e di fornire informazioni generali
sulle abilità neuropsicologiche di base, sul comportamento e sull’esperienza affettiva correlata
all’apprendimento scolastico. Il questionario informatizzato consente una rapida elaborazione dei
dati e la restituzione di un punteggio complessivo che viene scomposto in nove sub-punteggi
rappresentati graficamente che descrivono le diverse aree di competenza (area comportamentale,
emotivo-affettiva, attentivo mnestica, del linguaggio, della lettura, della scrittura, del calcolo,
motorio-prassica e visuopercettiva).
Previsioni degli insegnanti (scuola dell’infanzia). Sulla base dei dati prodotti dalla letteratura la
valutazione degli insegnanti costituisce il miglior indicatore per individuare quegli studenti che non
svilupperanno le difficoltà di apprendimento. Infatti da uno studio (Teisl, 2001) che ha misurato il
valore predittivo della valutazione degli insegnanti di scuola d’infanzia relativa al rendimento
scolastico (nel calcolo e nella lettura) in prima classe elementare dei loro alunni, è risultato che la
specificità delle valutazioni degli insegnanti era molto elevata, ma la sensibilità era bassa.
Batterie di screening. Gli screenings sono strumenti di indagine utili ad evidenziare alcuni fattori
di rischio di una determinata patologia. Con il termine “screening” si vuole indicare un insieme di
indagini generalizzate effettuate sulla popolazione che mirano ad individuare precocemente la
presenza di possibili disturbi di origine diversa. Ribadiamo ancora una volta che i risultati ottenuti
non hanno mai valore di diagnosi, ma solo di previsione.
Generalmente, vengono somministrate nell’ultimo anno della scuola dell’infanzia quando, accanto
alle attività di tipo ludico e “informale”, è possibile proporre ai bambini attività di pre-lettura, pre-
scrittura e pre-calcolo, in preparazione alla istruzione successiva.
30
Nei primi anni della scuola primaria, quando i bambini iniziano il loro percorso di alfabetizzazione
possono manifestarsi alcune difficoltà, causate da diversi fattori.
Come abbiamo precedentemente affermato, alcune di queste difficoltà, nel corso del primo ciclo di
scuola, possono scomparire totalmente mentre altre possono peggiorare e persistere per tutto il
percorso scolastico.
La scuola deve quindi essere in grado di riconoscere precocemente le difficoltà al fine di prevenire
la comparsa e il consolidamento di strategie o meccanismi errati, inefficaci o poco economici e di
limitare i danni derivati dalla frustrazione dell’insuccesso, quali il disadattamento o la perdita di
motivazione dell’apprendimento (Stella, Apolito, 2004).
Da un punto di vista riabilitativo l’intervento precoce, cioè quello effettuato durante le prime fasi di
acquisizione della lettura della scrittura al primo insorgere delle difficoltà, è giudicato l’intervento
che apporta maggiori benefici. Di conseguenza, somministrare un test di screening precoce, a
carattere preventivo, nel corso della prima classe, consente di non individuare il bambino con
disturbo, ma quello che presenta un ritardo o delle difficoltà di acquisizione che possono evolvere in
un disturbo di tipo dislessico. Il tempestivo riconoscimento permette un intervento immediato nella
scuola, con attivazione di percorsi educativi mirati 37.
IL RUOLO DEGLI INSEGNANTI
Nel documento della Consensus Conference (2011) si
sottolinea la necessità di utilizzare più strumenti di
rilevazione e l’importanza di coinvolgere attivamente gli
insegnanti nel percorso di identificazione. Infatti:
La eventuale presenza all’interno dell’Istituto
scolastico di un docente esperto, con compiti di
referente, non deve sollevare il Collegio dei docenti ed i
Consigli di classe interessati dall’impegno educativo di
condividere le scelte.
Risulta, infatti, indispensabile che sia l’intera
comunità educante a possedere gli strumenti di
conoscenza e competenza, affinché tutti siano
37
http://dsanotizie.it
Screening Gli screenings sono strumenti
di indagine utili ad evidenziare
alcuni fattori di rischio di una
determinata patologia. Con il
termine “screening” si vuole
indicare un insieme di indagini
generalizzate effettuate sulla
popolazione che mirano ad
individuare precocemente la
presenza di possibili disturbi di
origine diversa. Lo screening
dei DSA non costituisce
diagnosi di DSA ma individua
la presenza o meno di fattori
che possono indicare la
possibilità di sviluppo di DSA.
31
corresponsabili del progetto formativo elaborato e realizzato per gli alunni con DSA.
In particolare, ogni docente, per sé e collegialmente:
- durante le prime fasi degli apprendimenti scolastici cura con attenzione
l’acquisizione dei prerequisiti fondamentali e la stabilizzazione delle prime abilità
relative alla scrittura, alla lettura e al calcolo, ponendo contestualmente attenzione ai
segnali di rischio in un’ottica di prevenzione ed ai fini di una segnalazione….” [Linee
guida, allegate al decreto ministeriale 12 luglio 2011].
La collaborazione tra il personale docente e gli specialisti dei DSA resta fondamentale per
l’individuazione precoce dei soggetti a rischio di sviluppare un DSA. A tale proposito le
Raccomandazioni per la pratica clinica dei Disturbi Evolutivi Specifici di Apprendimento
precisano:
«Gli screening per l’individuazione degli indicatori di rischio vanno condotti dagli
insegnanti con la consulenza di professionisti della salute. Il metodo preferibile per gli
screening è quello della ricerca-azione, dove professioni diverse accettano di affrontare
un problema condividendo le evidenze scientifiche e le azioni, verificandone gli effetti
nel tempo. Le attività di screening condotte con questo metodo richiedono un’attività di
formazione e di costruzione condivisa di strumenti con gli operatori sanitari, al fine di
mettere gli insegnanti in condizioni di riconoscere gli indicatori di rischio e di favorire
in modo ottimale lo sviluppo delle competenze implicate nell’apprendimento della letto-
scrittura e del calcolo… onde evitare un elevato numero di falsi positivi è necessario che
essi facciano parte di una programmazione didattica e di una collaborazione con gli
operatori sanitari, come previsto dal metodo della ricerca-azione».
La complessità dei DSA, fa sì che spesso l’insegnante segnali il problema ad anno
scolastico inoltrato quando la scuola cerca dallo specialista risposte a un insuccesso
ingiustificato dalla globale maturità del bambino e dall’investimento dell’insegnante nel
provare diverse strategie di insegnamento.
Di solito avviene che con soggetti a rischio di DSA, l’insegnante non riesce a spiegarsi
perché il bambino non apprende; spesso infatti, la scuola o la famiglia hanno già cercato una
possibile spiegazione e hanno attuato un intervento sul problema da loro rilevato; tuttavia
questi primi interventi non sono stati sufficienti a modificare la situazione di partenza né
hanno allontanato le preoccupazioni sullo sviluppo del bambino.
32
Una delle difficoltà che l’insegnante incontra nell’identificare i soggetti a rischio è la
confusione nel definire cause ed effetti, diversi possibili livelli di richiesta, coerenza nelle
risposte didattiche e sociali. È come se l’insegnante avesse più immagini conflittuali di uno
stesso bambino che appunto non riesce a far convergere. Accade che il bambino venga
descritto contemporaneamente intelligente, e con vuoti di ragionamento, acuto e mancante di
strategie, interessato e all’improvviso demotivato.
Alcune delle più comuni frasi pronunciate dagli insegnanti ci possono far comprendere
come vengano percepite le manifestazioni incongrue del bambino Nella scuola media,
possiamo sentire: “perché continua a fare sempre gli stessi errori e a non cercare in nessun
modo di evitarli?”.
Nel primo ciclo: “Quando prende la penna in mano, diventa un altro bambino”, oppure,
“mi rendo conto che si impegna, ma perché non c’è verso di fargli collegare una lettera con
un’altra?”. “Ormai riconosce quasi tutti i grafemi, perché non ricorda il suono letto un
attimo prima?”38.
“È ignorante o malato?” Questa è, purtroppo, una domanda che viene fatta spesso al
clinico che si occupa di diagnosi. L’insegnante percepisce spesso, più o meno
consapevolmente, il timore di scindere il bambino in immagini conflittuali (sano/malato, che
impara e sa socializzare/che non impara e non sa socializzare), e ciò rende complesso
distinguere subito su che cosa è importante lavorare, e che cosa è possibile modificare o non
modificare per lui, rispetto alla diversità dei compiti e dei contesti. Il disorientamento di
questa fase trova la sua espressione più evidente nel frequente rifiuto, sia del bambino che
dell’insegnante, di proporre o fare una cosa differenziata, come se concretizzasse tutta l’ansia
dell’essere riconosciuto diverso dagli altri.
Il non apprendimento del bambino suscita grande sorpresa da parte dell’insegnante poiché,
oltre ad aver attuato diverse strategie di insegnamento senza successo, il bambino non
manifesta deficit di intelligenza. Ma non riuscire a possedere l’immagine interiore di un
processo integro può portare l’insegnante a vivere come non integra e continuamente
attaccabile dal disturbo tutta la relazione educativa.
Gli insegnanti devono perciò essere molto preparati su questi disturbi per poterli
indentificare e, di conseguenza, progettare attività didattiche funzionali al tipo di disturbo e
adatte alla persona.
38
Mazzoncini B., Musatti L., La strada maestra. I disturbi dell’apprendimento e la formazione degli insegnanti, Carocci, Roma 2008.
33
Purtroppo l’identificazione di un soggetto a rischio di DSA non è semplice; la difficoltà,
come abbiamo visto, risiede nell’incongruità delle caratteristiche del soggetto che possono
essere confuse con altri problemi, come la svogliatezza. Ecco perché si parla di complessità
dei DSA. Questi sono associati a un profilo di compromissione eterogeneo dal punto di vista
neuropsicologico e a deficit cognitivi differenti in individui diversi. Inoltre, essendo disturbi
evolutivi, i DSA presentano sintomi diversi a seconda dell’età vale a dire che l’espressività
del disturbo si modifica in relazione al livello di compromissione della funzione e all’età ad
es., il controllo fonologico nel Disturbo specifico del Linguaggio di tipo fonetico-fonologico,
la tipologia degli errori nei disturbi della lettura, ecc., ma anche la lentezza nell’elaborazione
dello stimolo e un ritmo lento di apprendimento.39 Di conseguenza, l’emergere e l’evolvere
dei DSA pone alla scuola problemi molto specifici in ogni fase.
La rilevazione preventiva consente un intervento precoce e una consapevolezza maggiore
nella programmazione delle attività didattiche al fine di agevolare l’acquisizione della letto-
scrittura e dek calcolo nel rispetto delle fasi evolutive di ciascun bambino.
Ad ogni modo, proprio per la complessità di questo disturbo, spesso non tutti i bambini con
DSA vengono identificati nella scuola primaria. Non a caso molti DSA sono rilevati soltanto
nella scuola secondaria di I grado. Ecco perché resta importante che anche nei periodi
successivi alla scuola primaria vengano condotte attività di identificazione dei “soggetti a
rischio”.
IL COLLOQUIO CON I GENITORI
Un momento molto delicato è rappresentato dalla segnalazione dei bambini “a rischio” ai
genitori. Innanzitutto, si dovrà fare in modo che il genitore accolga la segnalazione non come
una critica ma come un suggerimento. Affinché ciò avvenga, il docente deve prestare
attenzione alla sua modalità di comunicazione. Infatti, con gentilezza, l’insegnante dovrebbe
informare il genitore evitando qualsiasi ipotesi diagnostica ma suggerendo di rivolgersi al
personale competente. Ciò che è importante è dare informazioni dettagliate alla famiglia. È
auspicabile fissare un colloquio con i genitori in un luogo tranquillo e riservato in modo da
creare un clima di dialogo.
La comunicazione delle caratteristiche delle difficoltà del bambino non deve nascondere
messaggi d’accusa ma fornire informazioni dettagliate e concrete a sostegno della propria
rilevazione.
39
Vio C.,Tressoldi E.P.e Lo Presti G., cit. p. 15.
34
Resta importante saper coinvolgere i genitori sollecitandoli ad osservare con attenzione il
bambino in alcune attività in modo da poter confrontare le informazioni per fare il punto della
situazione. Si può, quindi, invitare la famiglia a rivolgersi a un centro specializzato presso il
servizio Sanitario Nazionale.
INDICATORI DI RISCHIO
Nei bambini più piccoli (5 anni) i pre-requisiti per il disturbo sono:
• Linguistici (fonologici, metafonologici, vocabolario, comprensione lessicale e sintattica);
• Visivi-Motori (coordinazione occhio mano);
• Spazio – tempo (destra/sinistra, storie in sequenza etc.);
• Attenzione (sostenuta, distribuita).
Nella prima classe della Scuola primaria:
Lettura
-Lenta decifrazione delle lettere singole
- Accesso incerto alla sillaba
- Controllo del significato delle parole non stabile.
Scrittura
-Scrittura solo di parole isolate con sostituzioni/omissioni di suoni.
- Difficoltà nello spelling.
-Difficoltà grafo-motorie.
-Lenta evocazione dello schema grafo-motorio per le lettere.
Calcolo
- Numerazione da 0a 20 nei due sensi lenta e con errori.
- Errori nel passaggio dal codice orale a quello arabo.
- Difficoltà di controllo della linea dei numeri40.
Nella seconda classe della Scuola primaria
Lettura
- Lettura sillabica lenta, senza prosodia e con molti errori incongrui, ovvero le parole globalizzate
sono “non parole” o parole non attinenti al testo.
- Scarsa comprensione del testo
40
Crescenzi F., Rossi S., Aurigemma F., Cammisa C., Dormi D., Lopez L., Penge R., I DSA a scuola, Libriliberi, Firenze 2011.
35
Scrittura
- Scarsa padronanza di una frase con sostituzioni o omissioni di lettere e incerta segmentazione
delle parole.
- Scarso controllo grafo-motorio.
Calcolo
- Difficoltà nel controllo della posizione delle cifre e nelle operazioni in colonna.
- Difficoltà nel controllo della linea dei numeri41.
Costrutti concettuali utilizzati per predire le difficoltà nell’ortografia:
- consapevolezza fonologica;
- conoscenza delle lettere.
Nonostante il consenso su quali siano i costrutti da utilizzare, non è univoco l’accordo su come
misurarli. Per esempio a riguardo del costrutto consapevolezza fonologica, fattore di rischio che ha
ricevuto più conferme dalla letteratura, rimangono disaccordi su quali siano i compiti che lo
traducono nella migliore prassi di valutazione.
Altre competenze (memoria verbale, ampiezza del vocabolario o altre variabili linguistiche),
assieme alle variabili ambientali, sembrano assumere un ruolo secondario, aumentando o riducendo
la probabilità che un processamento fonologico immaturo porti alla strutturazione di un vero DSA.
Nelle linee guida per il diritto allo studio degli alunni e degli studenti con DSA, allegate al decreto
ministeriale 12 luglio 2011 si afferma:
«Per individuare un alunno con un potenziale Disturbo Specifico di Apprendimento, non
necessariamente si deve ricorrere a strumenti appositi, ma può bastare, almeno in una prima fase,
far riferimento all’osservazione delle prestazioni nei vari ambiti di apprendimento interessati dal
disturbo: lettura, scrittura, calcolo.
Ad esempio, per ciò che riguarda la scrittura, è possibile osservare la presenza di errori ricorrenti,
che possono apparire comuni ed essere frequenti in una fase di apprendimento o in una classe
precedente, ma che si presentano a lungo ed in modo non occasionale. Nei ragazzi più grandi è
possibile notare l’estrema difficoltà a controllare le regole ortografiche o la punteggiatura.
41
Vio C.,Tressoldi E.P.e Lo Presti G., cit.
36
Per quanto concerne la lettura, possono essere indicativi il permanere di una lettura sillabica ben
oltre la metà della prima classe primaria; la tendenza a leggere la stessa parola in modi diversi nel
medesimo brano; il perdere frequentemente il segno o la riga.
Quando un docente osserva tali caratteristiche nelle prestazioni scolastiche di un alunno, predispone
specifiche attività di recupero e potenziamento. Se, anche a seguito di tali interventi, l’atipia
permane, sarà necessario comunicare alla famiglia quanto riscontrato, consigliandola di ricorrere ad
uno specialista per accertare la presenza o meno di un disturbo specifico di apprendimento.
È bene precisare che le ricerche in tale ambito rilevano che circa il 20% degli alunni (soprattutto nel
primo biennio della scuola primaria), manifestano difficoltà nelle abilità di base coinvolte dai
Disturbi Specifici di Apprendimento. Di questo 20%, tuttavia, solo il tre o quattro per cento
presenteranno un DSA. Ciò vuol dire che una prestazione atipica solo in alcuni casi implica un
disturbo».
La maggior parte degli studi condotti in Italia è stata rivolta all’individuazione del DSA nel primo
anno della scuola primaria: anche in questo caso, gli studi longitudinali hanno messo in luce l’ampia
variabilità dell’evoluzione dei soggetti identificati come a rischio nei primi mesi di apprendimento
del codice scritto.
Tutti gli studi condotti negli ultimi 5 anni (su oltre 10.000 bambini) hanno mostrato come a gennaio
del primo anno della scuola primaria dal 20 al 25% degli alunni viene definito a rischio per DSA; a
maggio dello stesso anno tale percentuale si aggira tra il 14 e il 7% per scendere ancora al 5% circa
a gennaio del secondo anno della scuola primaria.
L’attuazione di un intervento didattico mirato riduce la percentuale di soggetti positivi già al
termine del primo anno, confermando l’utilità di questo tipo di progetti nel garantire una attività
didattica più mirata ed efficace sulla popolazione generale.
Nelle realtà dove questi progetti hanno consentito la segnalazione dei soggetti a rischio è stato però
possibile determinare come solo poco più della metà dei soggetti arrivati a una definizione
diagnostica ricevesse una diagnosi di DSA, mentre gli altri presentavano disturbi di sviluppo o
psicopatologici di altro tipo.
Questo dato ci porta a riflettere anche sul ruolo delle difficoltà di lettura e scrittura come
campanello di allarme per quei disturbi cognitivi e affettivi dell’età evolutiva (si pensi per esempio
alla disabilità intellettiva lieve, alle forme frustre dei disturbi dello spettro autistico o alle sindromi
ansioso-depressive) che, pur esistendo indipendentemente dalla scuola, trovano al suo interno la
loro maggiore espressione42.
42
Simoneschi G., cit.
37
5. GESTIONE DELLA CLASSE IN PRESENZA DI DSA
La classe costituisce un ambiente fisico e sociale dove si realizza l’apprendimento, dove si
sviluppano competenze sociali, relazionali e dove avvengono cambiamenti intellettivi. È un luogo
fondamentale per la crescita del bambino. Per questo motivo essa deve essere costituita da un clima
accogliente e positivo con punti di riferimento precisi. Un clima sereno è fondamentale per favorire
lo sviluppo delle competenze cognitive, emotive e sociali dell’alunno.
Il documento “Linee guida per il diritto allo studio degli alunni e degli studenti con disturbi
specifici dell’apprendimento” pubblicato dal Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della
Ricerca, allegato al decreto ministeriale 12 luglio 2011, afferma:
Come si è detto, è importante infatti predisporre un ambiente stimolante e creare un clima sereno e
favorevole ad una relazione positiva tra i membri del gruppo classe, tenendo conto dei livelli
raggiunti da tutti gli alunni a proposito dei processi di costruzione e concettualizzazione della
lingua scritta, per promuovere la ricerca e la scoperta personale, che stanno alla base della
motivazione ad apprendere. È importante, quindi, che il docente rispetti i ritmi e gli stili di
apprendimento degli alunni e permetta a ciascuno nel gruppo classe di procedere autonomamente
all’acquisizione delle competenze di letto-scrittura, dando ampio spazio alle attività di gruppo e
assumendo il ruolo di regista, sollecitando, inserendo di volta in volta elementi conoscitivi utili per
andare avanti ed evitando di trasmettere ansia.
È importante che nella classe vi sia un clima positivo, un atteggiamento di aiuto reciproco che
l’insegnante deve saper sollecitare negli alunni. Un atteggiamento collaborativo condiziona
positivamente il clima della classe e l’apprendimento e si rende ancora più necessario con alunni
con DSA.
Per incoraggiare la collaborazione è possibile costituire dei piccoli gruppi di lavoro in classe. Può
capitare, infatti, che in una stessa classe siano presenti bambini che abbiano una scarsa padronanza
generale in alcune abilità. Ci riferiamo ad ambiti di apprendimento complessi che possono mettere
in difficoltà diversi bambini seppur a diversi livelli. Ad esempio, abilità come il problem solving, il
metodo di studio o la comprensione di un testo, per essere acquisite, richiedono un certo numero di
sotto-abilità nonché la capacità di riflettere, controllare e monitorare la propria prestazione e il
proprio livello di apprendimento. Lavorare a piccoli gruppi e condividere le difficoltà possono
attenuare il senso di ansia del bambino nei confronti delle sue difficoltà. La comunicazione che
38
avviene nel gruppo e l’insegnamento reciproco, inoltre, portano ad una ricchezza di stimoli
impossibile con il lavoro individuale.
Le competenze relazionali possono essere favorite anche durante le attività di recupero attraverso,
ad esempio, il tutoraggio. Un compagno verrà affiancato da un altro compagno nel percorso di
acquisizione delle competenze, mediando l’intervento diretto dell’insegnante. Sarà utile, pertanto,
formare coppie in cui il ruolo di tutoring sia interscambiabile. Il bambino così si sente valorizzato e
impara anche facendo da tutor.
L’ambiente di apprendimento deve essere un ambiente che stimola la curiosità ad apprendere e
quindi la motivazione. Più specificatamente, per quanto riguarda la scuola dell’infanzia e le attività
di rinforzo cognitivo, le Linee guida dichiarano:
Queste attività dovrebbero essere proposte all’interno di un clima sereno, tenendo conto di tempi
di attenzione rapportati all’età dei bambini e senza togliere spazio alle attività precipuamente
ludiche e di esplorazione. Solamente in questo modo diventa possibile garantire la piena
partecipazione di tutti i bambini, nel rispetto dei tempi e delle modalità interattive di ciascuno. Al
tempo stesso i docenti devono intraprendere insieme agli alunni un percorso di insegnamento-
apprendimento all’interno del quale l’osservazione sistematica offra costantemente la possibilità di
conoscere, in ogni momento, la situazione socio-affettiva e cognitiva di ciascun alunno[….] Resta
ferma, infine, la necessità di creare un clima della classe accogliente, praticare una gestione
inclusiva della stessa, tenendo conto degli specifici bisogni educativi degli alunni e studenti con
DSA.
È bene precisare che la risposta per un alunno con DSA non è incrementare la sua motivazione; il
bambino ha difficoltà nell’apprendimento non a causa di una scarsa motivazione ma a causa del
disturbo stesso. Pertanto le difficoltà non saranno superate con un intervento sulla motivazione ma
attraverso un ambiente favorevole dove sia possibile progettare attività didattiche adeguate alle
esigenze di ciascuno. La didattica va progettata in modo attento, conoscendo le specificità del
disturbo e del bambino.
Se l’alunno con DSA è demotivato a scuola è a causa del grande divario che ottiene tra impegno di
tempo nello studio e risultati ottenuti. Molti alunni si demotivano perché non riescono ad ottenere
risultati proporzionati al tempo impiegato studiando.
Di conseguenza possono insinuarsi nella mente dell’alunno false convinzioni (convincersi che
l’intelligenza sia qualcosa che si ha o non si ha, ovvero che sia una dote naturale) che non
favoriscono un approccio positivo allo studio. Per di più, i continui insuccessi scolastici producono
39
una bassa autostima e uno scarso interesse per attività che consentono di scoprire cose nuove cose,
attività quest’ultime che favoriscono una motivazione intrinseca al sapere.
Anche la mancanza di un repertorio di strategie da usare per studi diversi possono vanificare il
lavoro di studio e costringere l’alunno a passare molto del suo tempo sui libri.
In questi casi l’atteggiamento dell’insegnante è essenziale per la costruzione di un clima positivo in
classe e per migliorare la fiducia nelle proprie capacità. Dimostrare stima ai ragazzi e avere fiducia
nelle loro capacità di crescita infatti favorisce un clima positivo dove gli alunni apprendono dai
propri errori. Ma per un alunno con DSA tutto ciò è importante ma non basta. Occorre sapere
adottare strategie di insegnamento adeguate alle peculiarità del disturbo oltre che saper riconoscere
indicatori di rischio di un potenziale DSA.
Oltre a un clima positivo in classe, anche lo spazio fisico deve essere curato e predisposto per
rispondere ai bisogni dei bambini. Lo spazio dovrà essere ben strutturato in modo da risultare un
aiuto per gli alunni con DSA e deve essere organizzato in modo che sia possibile sperimentare
attività individuali e di gruppo.
Riguardo alla scuola dell’infanzia, le pareti dovranno essere predisposte in modo da “parlare”. I
simboli presenti sugli attaccapanni, sugli armadi e sugli altri materiali e spazi dovranno essere
chiari.
Nella scuola primaria le pareti per la scrittura avranno lettere chiare mentre la parete per i numeri
ospiterà numeri chiari e la linea dei numeri.
Anche negli anni successivi è importante che le pareti siano ben curate dal punto di vista della
chiarezza e della “comunicazione”. Infatti, i riferimenti visivi delle diverse materie curricolari sono
fondamentali per gli alunni con DSA. Ricordiamo inoltre che in ogni ambiente scolastico non
dovranno mai mancare i calendari, le carte geografiche e un orologio grande e ben leggibile.
Il DSA è un disturbo che, più di altri, si caratterizza per la sua trasformabilità e per la diversa
espressività che assume durante lo svolgersi dell’esperienza scolastica. Le difficoltà di un bambino
con DSA non sono mai collocabili e definibili in modo stabile, il suo comportamento non consente
mai la costruzione di un’immagine sociale completamente non conflittuale e quindi rassicurante, o
completamente patologica e quindi ansiogena. Tutto ciò fa sì che, all'interno di un gruppo che sta
sperimentando l’apprendere insieme, si creino delle dinamiche differenziate e mobili, proprio in
rapporto alla trasformabilità del disturbo e del bambino. Dal canto suo l’insegnante percepisce
costantemente l’incertezza del “chi sarà” il bambino con DSA in ogni particolare situazione
didattica e affettiva. Quale aspetto del compito o della relazione potrà configurarsi per lui
conflittuale? Da chi e come il bambino potrebbe accettare di essere aiutato? Se il gruppo trova una
40
coesione soprattutto nella messa in comune di contenuti, è possibile intervenire su un disturbo
specifico senza che ciò coincida con un isolamento? Potremmo dire che per il bambino con DSA,
per l’insegnante e per il gruppo, si tratta di affrontare le difficoltà di apprendimento anche attraverso
l’elaborazione dei conflitti che queste suscitano nelle relazioni interpersonali e nella condivisione di
un’esperienza collettiva di crescita cognitiva e affettiva. Il gruppo scolastico presenta sempre due
aspetti costitutivi, l’essere un gruppo centrato sul compito e l’essere un gruppo di relazione; ma
quando al suo interno è presente un bambino con DSA è possibile una scissione dei due aspetti, a
seconda del peso e del significato che le difficoltà del bambino assumono per lui e per gli altri. In
altre parole, se il bambino ogni volta non sa quali parti del compito sono controllabili e quali no,
riesce con fatica a fare previsioni sia sul compito sia sulle relazioni, e a scegliere un ruolo sociale
accettabile. I sentimenti di onnipotenza e di impotenza, che accompagnano lo svolgersi di qualsiasi
esperienza conoscitiva, possono allora tradursi nel continuo conflitto «a che cosa e a chi serve
questa attività?». Serve a tutti per acquisire nuove competenze? Serve in particolare al bambino con
DSA per rafforzare le sue capacità integre, o per lavorare sulle sue competenze danneggiate? Serve
all’insegnante per insegnare a tutti, per ricevere dal bambino con DSA delle risposte didattiche
normalizzanti, o per intervenire sul suo disturbo? Serve al gruppo per prendere in carico anche gli
elementi più conflittuali di uno dei suoi componenti, o per sentire che la propria coesione non è
vulnerabile al disturbo? Sembra comunque che al bambino con DSA, sia spesso negata la
condivisione di uno spontaneo piacere epistemico, e l’apprendimento diventi accettabile solo
“dopo” averne verificato, attraverso l’esperienza degli altri, il possibile investimento emotivo.
Pensiamo al bambino che inizia un compito solo quando gli altri lo stanno terminando; o al
bambino che non vuole proposte diverse, per annullare qualsiasi differenziazione; o al bambino che
fa finta di eseguire la stessa attività dei compagni, come tentativo di massima fusione con il gruppo.
In tutte queste situazioni, la fantasia implicita del bambino con DSA è quella di non poter mai, di
fronte alla conoscenza, pensare ed essere come gli altri, nemmeno e soprattutto se si tratta di
percorsi o contenuti nuovi.
I conflitti finora analizzati emergono con particolare evidenza nei momenti in cui il gruppo
scolastico è impegnato nell’apprendimento, mentre si instaurano dinamiche diverse durante il gioco
o nello scambio interpersonale libero. In questi momenti, infatti, i vissuti emotivi sono determinati
piuttosto dal livello di conflittualità con cui il bambino sta elaborando nel gruppo il proprio disturbo
e costruendo la propria immagine sociale. Se la rappresentazione che il bambino ha di se stesso è
continuamente attaccata da meccanismi autovalutativi e invasa da contenuti depressivi, questo
comporta inevitabilmente una difficoltà ad agire e condividere sentimenti e affetti integri. Se il
bambino sente di dover scindere tutte le esperienze in aspetti controllabili e in aspetti
41
potenzialmente non controllabili, sia lui che il gruppo si trovano a dover sempre scegliere tra
investimenti parziali e tra ruoli che devono ogni volta essere ridefiniti e scoperti43.
5.1 I DSA IN CLASSE
Le Nuove norme in materia di disturbi specifici di apprendimento in ambito scolastico sollecitano
ancora una volta la scuola ― nel contesto di flessibilità e di autonomia avviato dalla legge 59/99 ―
a porre al centro delle proprie attività e della propria cura la persona, sulla base dei principi sanciti
dalla legge 53/2003 e dai successivi decreti applicativi: «la definizione e la realizzazione delle
strategie educative e didattiche devono sempre tener conto della singolarità e complessità di ogni
persona, della sua articolata identità, delle sue aspirazioni, capacità e del le sue fragilità, nelle varie
fasi di sviluppo e di formazione».
In tale contesto, si inserisce la legge 170/2010, rivolta ad alunni che necessitano, oltre ai prioritari
interventi di didattica individualizzata e personalizzata, anche di specifici strumenti e misure che
derogano da alcune prestazioni richieste dalla scuola. Per consentire, pertanto, agli alunni con DSA
di raggiungere gli obiettivi di apprendimento, devono essere riarticolate le modalità didattiche e
le strategie di insegnamento sulla base dei bisogni educativi specifici, in tutti gli ordini e gradi di
scuola […]. Si dovrebbe infatti effettuare una parte di lavoro comune alla classe e una parte di
didattica individualizzata che risponde ai bisogni specifici dei singoli, dando tempo agli alunni per
lavorare individualmente e differenziando i tempi quando ce n’è bisogno (Linee guida, allegate al
decreto ministeriale 12 luglio 2011).
In maniera specifica, la Legge 170/2010 richiama le istituzioni scolastiche all’obbligo di garantire
«l’introduzione di strumenti compensativi, compresi i mezzi di apprendimento alternativi e le
tecnologie informatiche, nonché misure dispensative da alcune prestazioni non essenziali ai fini
della qualità dei concetti da apprendere». Non utilizzare questi strumenti significa mettere l’alunno
in una condizione di inferiorità rispetto alla classe.
Far usare ai bambini con DSA, gli strumenti compensativi per sopperire alle loro difficoltà,
incoraggiarli ad usare il computer (con il correttore automatico) sia nello svolgimento dei compiti a
casa e se possibile anche a scuola, permettere ai bambini di registrare le lezioni, aiuta a mettere
l’alunno in una situazione di parità dell’alunno con DSA rispetto al resto della classe. Ovviamente,
l’uso degli strumenti compensativi e delle misure dispensative dovranno essere programmati,
condivisi e parte della didattica.
43
Mazzoncini B., Musatti L., cit.
42
Ad esempio, le difficoltà che caratterizzano i bambini con DSA ci inducono a differenziare
l’attività di lettura in due momenti: leggere per imparare a leggere e leggo per capire. Sarà
indispensabile inoltre, per non far perdere al bambino particolari forme di apprendimento rese
possibili dal testo scritto, utilizzare sin da subito programmi di sintesi vocale che gli permettano di
accedere agli stessi contenuti dei compagni e che gli forniscano quel modello linguistico che è
proprio del testo scritto. Introdurre precocemente questi strumenti, aiuta l’alunno con DSA ad
accettare un’impostazione di lavoro basata su uno strumento compensativo. Per non smettere si
stimolare la sua capacità di lettura si potrà alternare a questo strumenti il testo stampato in
maiuscolo, breve e semplici dal punto di vista morfo-sintattico.
Un problema che accomuna spesso gli insegnanti riguarda le modalità di inserimento di un lavoro
mirato all’incremento delle abilità di lettura nei bambini con DSA all’interno di un lavoro di classe.
A questo proposito, molto importante è non richiedere la lettura ad alta voce dell'alunno con DSA,
se non magari di brani su cui possa essersi già esercitato in precedenza. L’acquisizione graduale
dei contenuti è senza dubbio più proficua di un’esecuzione frettolosa e scarsamente interiorizzata.
Nei confronti degli alunni con DSA si dovrebbe procedere con attività di rinforzo contestualmente
alla proposta di nuovi contenuti e si devono fornire strategie di studio personalizzate, facendo
sempre attenzione ad assumere atteggiamenti incoraggianti, evitando di incrementare l’ansia e
gratificando anche i minimi risultati degli alunni con difficoltà, che non dovrebbero mai essere
allontanati dai compagni e dalle attività del gruppo classe (Linee guida allegate al decreto
ministeriale 12 luglio 2011).
A causa della particolarità del disturbo, spesso ci si trova in situazioni in cui il bambino con DSA
deve ancora imparare a leggere bene quando gli obiettivi curricolari della classe sono già rivolti
all’uso del testo, o quantomeno agli aspetti “soprasegmentali” della lettura (prosodia, punteggiatura,
fluidità e velocità). Pertanto un problema che molti insegnanti segnalano è quello dell’inserimento
di un lavoro mirato all’incremento delle abilità di lettura con bambini con DSA all’interno di un
lavoro di classe. Pensiamo ad esempio alla lettura in classe.
L’indicazione generale è quella di non far leggere il bambino con DSA ad alta voce in classe
proprio per evitare umiliazioni e senso di frustrazione da parte del bambino.
Analogamente, dispensare l’alunno o lo studente con DSA da alcune prestazioni, oltre a non avere
rilevanza sul piano dell’apprendimento – come la lettura ad alta voce in classe – evita la
43
frustrazione collegata alla dimostrazione della propria difficoltà (Linee guida, allegato alla nuova
normativa sui DSA).
Cominciare la giornata con la lettura di un testo è un modo per infondere nella classe il piacere della
lettura, che sia un racconto, una favola, una filastrocca. Dobbiamo ricordarci che l’importante non è
quanto siamo bravi a leggere ma è il piacere che se ne ricava da quel momento.
In base alle situazioni che l’insegnante saprà valutare è possibile allora escogitare delle strategie
che consentono al bambino di essere partecipe a questa attività. Il giorno prima, l’insegnante
sceglierà per ognuno il testo “giusto”. Esistono libri che vanno incontro alle esigenze del bambino
con DSA, ad esempio, libri che presentano un’impostazione grafica (distanza tra le lettere,
spaziatura, scelta del carattere) e una forma sintattica che facilitano la lettura stessa. A seconda della
tipologia di caratteristiche del DSA si sceglierà una lettura adeguata. Ad esempio, con bambini che
tendono ad indovinare le parole e cercano di leggere velocemente si possono scegliere filastrocche o
testi come quelli di Rodari in cui ritornino parole con le stesse difficoltà ortografiche. Il ritmo della
filastrocca permette di leggere in modo scandito e di limitare la corsa nella lettura.
I fumetti sono utili per la lettura in coppia; i testi e le didascalie devono essere brevi e scritti in
stampato.
Durante le attività di lettura quotidiana ad alta voce, è possibile, secondo i casi, non “saltare” i
bambini con DSA. Ci si può organizzare per fare in modo che abbiano del tempo per poter leggere
autonomamente prima della lettura ad alta voce. Possiamo proporre di leggere per primi (devono
però avere avuto il tempo di leggere autonomamente il primo periodo) o per ultimi così da avere il
tempo per prepararsi. Mentre tutti stanno leggendo, l’insegnante può indicare al bambino con DSA
la sua parte. Naturalmente le parti più brevi, più evidenti, sopra o a latere saranno riservate a loro44.
A volte, possono capitare situazioni in cui il resto della classe lamenti un trattamento di favore
verso il compagno con DSA che utilizza strumenti compensativi e supporti dispensativi.
È necessario sottolineare la delicatezza delle problematiche psicologiche che s’innestano
nell’alunno o nello studente con DSA per l’utilizzo degli strumenti compensativi e delle misure
dispensative. Infatti, ai compagni di classe gli strumenti compensativi e le misure dispensative
possono risultare incomprensibili facilitazioni. A questo riguardo, il coordinatore di classe, sentita
la famiglia interessata, può avviare adeguate iniziative per condividere con i compagni di classe le
44
Crescenzi F., Rossi S., Aurigemma F., Cammisa C., Dormi D., Lopez L., Penge R., cit.
44
ragioni dell’applicazione degli strumenti e delle misure citate, anche per evitare la stigmatizzazione
e le ricadute psicologiche negative [Linee guida allegate al decreto ministeriale 12 luglio 2011].
In questo caso sarà utile spiegare alla classe cosa sono i DSA in maniera scientifica senza fare alcun
riferimento ai compagni di classe con DSA.
Una volta definiti i Disturbi Specifici dell’Apprendimento, sarà opportuno far capire la necessità
dell’uso degli strumenti compensativi (come un miope necessita degli occhiali) evitando inutili
polemiche.
La Legge 170/2010 insiste più volte sul tema della didattica individualizzata e personalizzata
come strumento di garanzia del diritto allo studio, con ciò lasciando intendere la centralità delle
metodologie didattiche, e non solo degli strumenti compensativi e delle misure dispensative, per il
raggiungimento del successo formativo degli alunni con DSA.
Il documento allegato alla normativa fornisce una spiegazione dei concetti di didattica
individualizzata e personalizzata:
“Individualizzato” è l’intervento calibrato sul singolo, anziché sull’intera classe o sul piccolo
gruppo, che diviene “personalizzato” quando è rivolto ad un particolare discente.
Più in generale - contestualizzandola nella situazione didattica dell’insegnamento in classe -l’azione
formativa individualizzata pone obiettivi comuni per tutti i componenti del gruppo-classe, ma è
concepita adattando le metodologie in funzione delle caratteristiche individuali dei discenti, con
l’obiettivo di assicurare a tutti il conseguimento delle competenze fondamentali del curricolo,
comportando quindi attenzione alle differenze individuali in rapporto ad una pluralità di dimensioni.
L’azione formativa personalizzata ha, in più, l’obiettivo di dare a ciascun alunno l’opportunità di
sviluppare al meglio le proprie potenzialità e, quindi, può porsi obiettivi diversi per ciascun
discente, essendo strettamente legata a quella specifica ed unica persona dello studente a cui ci
rivolgiamo. Si possono quindi proporre le seguenti definizioni:
La didattica individualizzata consiste nelle attività di recupero individuale che può svolgere
l’alunno per potenziare determinate abilità o per acquisire specifiche competenze, anche nell’ambito
delle strategie compensative e del metodo di studio; tali attività individualizzate possono essere
realizzate nelle fasi di lavoro individuale in classe o in momenti ad esse dedicati, secondo tutte le
forme di flessibilità del lavoro scolastico consentite dalla normativa vigente.
La didattica personalizzata, invece, anche sulla base di quanto indicato nella Legge 53/2003 e nel
Decreto legislativo 59/2004, calibra l’offerta didattica, e le modalità relazionali, sulla specificità ed
unicità a livello personale dei bisogni educativi che caratterizzano gli alunni della classe,
45
considerando le differenze individuali soprattutto sotto il profilo qualitativo; si può favorire, così,
l’accrescimento dei punti di forza di ciascun alunno, lo sviluppo consapevole delle sue ‘preferenze’
e del suo talento. Nel rispetto degli obiettivi generali e specifici di apprendimento, la didattica
personalizzata si sostanzia attraverso l’impiego di una varietà di metodologie e strategie didattiche,
tali da promuovere le potenzialità e il successo formativo in ogni alunno: l’uso dei mediatori
didattici (schemi, mappe concettuali, etc.), l’attenzione agli stili di apprendimento, la calibrazione
degli interventi sulla base dei livelli raggiunti, nell’ottica di promuovere un apprendimento
significativo.
La sinergia fra didattica individualizzata e personalizzata determina dunque, per l’alunno e lo
studente con DSA, le condizioni più favorevoli per il raggiungimento degli obiettivi di
apprendimento.
Inoltre, i docenti devono porre attenzione alle ricadute psicologiche delle scelte educative e
didattiche, ricordando che nell’apprendimento un ruolo di grande rilievo è rappresentato dagli
aspetti emotivi, motivazionali e relazionali. La formazione, in tale ambito, ha l’obiettivo di
sviluppare competenze per creare ambienti di apprendimento capaci di sviluppare autostima, stile
di attribuzione positivo, senso di autoefficacia negli alunni e negli studenti con DSA.
Questo disturbo, seppur emergendo come selettivo, rischia di compromettere aspetti diversi
dell’intelligenza e dell’affettività. Sappiamo infatti che il Disturbo specifico dell’Apprendimento è
un disturbo che compromette in modo persistente alcune competenze, che può diffondersi e
estendersi su altre aree, che può alterare a valanga alcuni equilibri cognitivi ed emotivi. Il problema
prioritario è quello di salvaguardare l’integrità cognitiva ed emotiva del ragazzo con DSA,
costantemente messa alla prova dall’insuccesso scolastico. Se, da un lato, una difficoltà persistente
nell’apprendere comporta sempre il rischio di un impoverimento di un disinvestimento delle
potenzialità, dall’altro in questa fase l’immagine che l’alunno ha di sé appare particolarmente
vulnerabile agli attacchi di una faticosa realtà esterna e interna. La collusione tra problemi di
comprensione orale e quelli di comprensione della lettura, tra problemi di formulazione dei concetti
e problemi di organizzazione e trasmissione del pensiero scritto crea una situazione di continua
incertezza su quali aree si siano mantenute integre e utilizzabili. Scoprire che è possibile continuare
a pensare al di là del potere che la lettura e la scrittura esercitano, conservare la curiosità del
conoscere, riuscire a usare in modo socialmente significativo anche uno strumento parziale
diventano così gli obiettivi primari dell’intervento educativo.
46
Essendo un disturbo in itinere, ogni nuovo apprendimento è potenzialmente attaccabile dal deficit e
spesso in misura e valore imprevedibili; ogni nuova richiesta può evidenziare un’incapacità già nota
o una di cui prendere coscienza. Il bambino si trova, quindi, ad affrontare tutti i compiti con la
fantasia costante che possano rivelarsi pericolosi: ciò finisce per ridurre il suo investimento
epistemico, rischia di impoverire le sue operazioni cognitive e induce un abbassamento del livello
di aspettative interne. Ma di fronte a un bambino che ha paura di conoscere, l’insegnante può
temere di diventare pericoloso nel proporre oggetti di apprendimento sconosciuti, non cercati dal
bambino, trasformabili dall’emergere delle sue difficoltà. Nella scelta dei compiti, questo si traduce
nell’oscillare tra contenuti vecchi e nuovi, tra contenuti spontanei e strutturati, tra contenuti
invariabili per poter intervenire sulla forma, e forme ripetitive per salvaguardare il contenuto.
L’insegnante può rischiare così, come il bambino, di ridurre il significato delle richieste, di
sottoutilizzare le potenzialità, di abbassare anche il livello delle aspettative esterne 45.
Il DSA viene connotato, nel tempo, sia dalle sue caratteristiche neuropsicologiche, sia dai significati
che esse acquistano nello svolgersi dell’esperienza scolastica.
La conoscenza della correlazione tra aspetti neuropsicologici e aspetti emotivi nell’evoluzione del
disturbo a scuola permette di individuare l’entità e la trasformabilità dei conflitti, di incidere sulle
difficoltà specifiche e di prevenire il rischio di problemi psicopatologici secondari. Se l’insegnante
osserva il bambino mentre esegue un compito, se analizza con lui quanto controlla ciò che ha fatto
(pensiamo al bambino che non sa perché ha letto quella parola, o al bambino che si rende conto che
alla parola che ha scritto manca un pezzo ma non sa collocarlo), è possibile intervenire "dentro" il
suo disturbo e modificare le sue modalità di risoluzione. Per esempio, insegnare al bambino a
riconoscere i propri errori e a controllare le operazioni che attua significa insegnargli ad
autocorreggersi e anche a riconoscersi in ciò che fa. Il bambino con dislessia evolutiva ad esempio,
presenta spesso un’incapacità a vedere gli errori linguistici che compie mentre scrive, a rileggere
quello che ha scritto con l’intenzione di correggerlo, a usare regole del linguaggio scritto come la
punteggiatura, che garantiscono la comprensibilità e la trasmissibilità del messaggio. Può non saper
integrare il significato di un testo letto pur avendolo decodificato correttamente, o non saper
decodificare tutte le parole pur comprendendo il testo, o ancora più spesso compie previsioni
semantiche incongrue e non sa leggere con intonazione. Questa difficoltà a ricontrollare e
modificare il codice, dovuta alla compromissione specifica, è spesso amplificata da fantasie
distruttive sul contenuto: come se, per il bambino, vedere-toccare lo strumento danneggiato possa
voler dire danneggiare anche ciò che lo strumento contiene ed esplicita. È importante sottolineare
45
Mazzoncini B., Musatti L., cit.
47
ancora una volta quanto la profonda correlazione tra disturbo neuropsicologico ed elaborazione
emotiva emerga nei comportamenti attuati dal bambino di fronte a determinate richieste, e coincida
con la fatica dell’insegnante a motivare l’insuccesso scolastico e a riconoscere, dentro il compito, il
peso dei diversi problemi presentati.
Il bambino che dimentica le parole appena lette, o addirittura i pezzi che compongono le parole
mentre legge, perché non controlla la sequenza fonologica, sembra essere costretto a "dimenticare"
troppo; il bambino che guarda male o troppo rapidamente le parole e tenta di collegare la prima
lettera a un significato decontestualizzato, perché non controlla la comprensione, sembra essere
costretto a "inventare" troppo. In ambedue i casi l’attenzione da parte dell’insegnante, sia
sull’aspetto didattico che sul vissuto di incapacità, permette una modifica strutturale delle strategie
di risoluzione del compito46.
I bambini dislessici infatti presentano sia alcune strategie tipiche, legate alla specificità del loro
disturbo, sia alcune strategie individuali, che li connotano singolarmente.
Intervenire sulle funzioni compromesse nella lettura e scrittura e sulle strategie che caratterizzano
lo stile di apprendimento e il comportamento cognitivo e affettivo del singolo bambino significa
quindi prendere in carico anche i conflitti inerenti al significato che il bambino attribuisce
all’apprendimento e al non apprendere. È a scuola infatti che si “impara ad imparare”, e si scopre
di dover accettare emotivamente sia le regole del rapporto con chi insegna, sia i tempi con cui è
possibile appropriarsi dell’oggetto di apprendimento. Pensiamo ai bambini che cercano di escludere
ciò che già sanno, che chiedono continua conferma di ciò che credono di sapere, che accettano di
ascoltare solo le parole dell’insegnante. All’inizio dell’esperienza scolastica, l’incapacità del
bambino con DSA ad acquisire il nuovo strumento può coincidere con la paura, non soltanto di non
saper imparare nulla di ciò che gli viene offerto in questa fase, ma anche di non saper riconoscere
come acquisite e attuali le conoscenze precedenti al suo ingresso a scuola.
È utile riflettere su quale uso possa fare il bambino di tutte quelle competenze (per esempio,
grafismo e linguaggio orale) che, se vengono ritenute solo dei prerequisiti al leggere e scrivere,
perdono valore in quanto potenzialità cognitive e affettive. E quale equilibrio è possibile tra
funzioni già controllate e funzioni emergenti, non immediatamente o non prevedibilmente
controllabili? Negli anni successivi, il linguaggio scritto non è più un nuovo apprendimento: non
solo deve essere utilizzato per apprendere altre cose, ma ha acquistato anche un potere
trasformativo su tutte le future conoscenze, poiché il possesso di un nuovo codice simbolico
stabilisce una rete di funzioni e di usi diversi per tutte le capacità del bambino. Il bambino con
dislessia evolutiva che non impara a leggere e scrivere in un certo stadio del suo sviluppo sarà
46
Ibidem.
48
sempre influenzato da non avere acquisito quella funzione in quel preciso momento, e rischierà dì
pensare, ragionare, conoscere in modo diverso. Inoltre, se da un lato le difficoltà di lettura e
scrittura impediscono al bambino di sfruttare tutte le potenzialità del codice e di utilizzarlo come
mezzo per altri fini epistemici, dall’altro, l’impossibilità di escludere mentalmente l’oggetto
danneggiato dal disturbo, sia nella realtà esterna che nella realtà interna, finisce per incidere su tutti
i rapporti del bambino con l’apprendimento.
Dunque, le caratteristiche della dislessia definiscono i problemi del bambino in termini di continuo
conflitto tra scelte parziali: ogni richiesta didattica può contenere un aspetto non controllabile che
gli impedirà di risolvere il compito in modo integrato ma soprattutto di appropriarsi
consapevolmente dell’intero oggetto del suo investimento. Il bambino con dislessia evolutiva
sembra continuamente dover "scegliere" se decodificare correttamente tutte le parole lette, o cercare
la comprensione profonda del testo; se riflettere ancora faticosamente sullo spelling delle parole che
scrive, o lavorare su costruzioni sintattiche più elaborate. Ancora, sembra dover "scegliere" se e
come esprimere i contenuti attraverso il linguaggio orale, o tentare di accettare le limitazioni d’uso
di un linguaggio scritto deficitario; se la sua partecipazione a un’attività è resa significativa solo
dall’uso di competenze strumentali, o dalla condivisione di contenuti cognitivi e affettivi. Un altro
conflitto è relativo al fatto che in generale il DSA non appare localizzabile altro che "nella testa" e
quindi nella mente del bambino, dove tutto il pensiero rischia di venir pervaso dal danno. Non
apprendere alcune cose è una realtà per il bambino con DSA, ma ciò finisce per colludere con la
fantasia del non saper pensare nulla. Quale presa di coscienza del proprio insuccesso scolastico è
allora possibile, se il timore è quello che la testa non funzioni? Quale strategia è isolabile per
fronteggiare una difficoltà specifica, se il timore è quello che il pensiero in toto sia danneggiato?
Quali operazioni mentali sono attivabili per l’apprendimento di contenuti nuovi, se l’immagine di sé
è quella di un bambino non intelligente? Molti comportamenti di passività, rifiuto, disinvestimento
che il bambino con dislessia agisce, anche in contesti in cui non gli viene richiesto di leggere e
scrivere, sono il segno più coerente e più frequente dello strutturarsi di un importante nucleo
depressivo sulla base di un disturbo neuropsicologico. Peraltro, se scrivere equivale a rendere
tangibili e trasmissibili dei contenuti propri, e se leggere equivale a prendere dentro di sé parti di
altri, il bambino con dislessia evolutiva elabora sempre drammaticamente la sua difficoltà a lasciare
tracce del proprio pensiero attraverso uno strumento danneggiato, e il suo costante vissuto di perdita
nel processo di conoscenza47.
47
Mazzoncini B., Musatti L., cit.
49
Insomma, il percorso di formazione, se non adeguatamente progettato e sostenuto, rischia di essere
causa di grave frustrazione per il bambino. Frustrazione che sentirà probabilmente anche
l’insegnante, quando, dopo aver adottato diverse strategie didattiche, non avrà ottenuto nessun
miglioramento nell’apprendimento, anzi, il bambino, a causa della grande frustrazione, inizia a
demotivarsi e a nutrire sentimenti di sfiducia nelle sue capacità con conseguenze, come abbiamo
visto, disastrose per la costruzione di una positiva immagine di sé.
Infine, non sono da escludere i sentimenti di colpevolizzazione da parte della scuola e quindi da
parte degli insegnanti. Spesso, i bambini che sono a rischio di DSA non vengono adeguatamente
identificati fino alla scuola primaria quando le difficoltà si rendono evidenti in corrispondenza di
risposte didattiche. Questo fa sì che la scuola si configuri come immediata parte in causa per
l’insuccesso dell’apprendimento del bambino. L’attivazione di diverse strategie didattiche da parte
dell’insegnante non migliorano l’apprendimento del bambino e questo provoca una sensazione di
colpevolizzazione da parte dell’insegnante sia nell’insuccesso delle sue pratiche didattiche sia, una
volta riconosciuto il disturbo, nel non aver identificato tempestivamente il DSA dell’alunno . Questi
sentimenti possono provocare delle reazioni diverse. La scuola può sentire la responsabilità di aver
creato il disturbo e di doverlo risolvere oppure può attribuire ad altri i motivi del non apprendere del
bambino.
6. LE STRATEGIE EDUCATIVO - DIDATTICHE
50
L’apprendimento è un processo intellettivo attraverso il quale l’individuo acquisisce
conoscenze sul mondo che, successivamente, utilizza per strutturare e orientare il proprio
comportamento in modo duraturo (Ernest Hilgarde1971); in generale, viene definito come un
cambiamento che si manifesta in un individuo per effetto dell’esperienza; il cambiamento può
riguardare il comportamento o la conoscenza ed esso si manifesta in molti modi, solo alcuni
dei quali sono intenzionali.
Secondo Bruner, l’attività cognitiva consiste nella rielaborazione delle informazioni, nell’uso
delle strategie di pensiero, nella postulazione e nella verifica di ipotesi; l’individuo usa
modelli e concetti provenienti dalla sua cultura di appartenenza. Affinché un apprendimento
sia efficace, esso deve essere attivo e costruttivo, cumulativo, autoregolato, orientato a
obiettivi, situato e collaborativo e variabile a seconda delle differenze individuali.
Un sistema inclusivo considera l’alunno protagonista dell’apprendimento qualunque siano le
sue capacità, le sue potenzialità e i suoi limiti. Una didattica inclusiva prevede una riflessione
sulla gestione della classe, sulla modalità della lezione, sul metodo di studio e sulla
modalità di verifica e valutazione. Il processo di insegnamento- apprendimento, allora, pone
il discente, quale costruttore delle sue conoscenze, al centro dell’attività dida ttica. Infatti, la
conoscenza umana, l’esperienza e l’adattamento sono caratterizzati da una partecipazione
attiva dell’individuo. La realtà non viene considerata come qualcosa di oggettivo,
indipendente dal soggetto che ne fa esperienza, perché è il soggetto stesso che la crea,
partecipando in maniera attiva alla sua costruzione; il sapere è, dunque, il risultato delle azioni
di un soggetto attivo.
L’ambiente cessa di essere luogo denso di informazioni da dare all’uomo e diviene luogo
d’incontro, di sperimentazione, di diverse possibilità e opportunità. Proprio perché il sapere
non è fisso, ma è in continua trasformazione, occorre stimolare negli alunni capacità critiche e
di interpretazione della realtà sollecitando la ricerca personale. Non possiamo perme tterci di
parlare più di unità didattica o di programmazione curricolare perché più che di conoscenze
lineari dobbiamo fare riferimento a un reticolo di conoscenze. La progettualità didattica
comporta allora l’adozione di strategie e metodologie favorenti, quali l’apprendimento
cooperativo, il lavoro di gruppo e/o a coppie, il tutoring, l’apprendimento per scoperta,
l’utilizzo di mediatori didattici, di attrezzature e ausili informatici, di software e sussidi
specifici per tutta la classe.
Nel caso della presenza di alunni con DSA in classe si rende ancora più necessaria una
didattica che favorisca la partecipazione, la ricerca, l’azione anziché la didattica tradizionale
che consiste essenzialmente in lezioni frontali e studio autonomo a casa. Una didattica
51
inclusiva è inclusiva per tutti i bambini cioè rende partecipe ogni allievo del proprio
apprendimento. Favorire il brainstorming, la discussione su testi, facilitarne l’appropriazione,
incoraggiare i laboratori sono attività che permettono un potenziamento degli apprendimenti
per ciascun allievo.
La presa in carico dell’alunno con DSA dovrà avvenire dalla collegialità del personale
docente. Ciò comporta la condivisione della cultura dell’inclusione da parte del Collegio dei
docenti, ma anche di competenze specifiche e modalità unitarie e coordinate di tutela del
diritto allo studio degli alunni in questione. I bisogni educativi speciali chiamano in causa una
responsabilità diffusa del team dei docenti, in tutti gli ordini e gradi di scuola. La figura
professionale specializzata assume con gli alunni con DSA un ruolo di orientamento, di
formazione di competenze, di organizzazione e coordinamento ed è rinvenibile nel profilo che
nell’ambito dell’Azione 7 del Progetto Nuove Tecnologie e Disabilità è stato definito
«Referente per la dislessia».
All’interno delle procedure per la presa in carico dell’alunno con DSA, uno strumento per
pianificare, e dunque per garantire, gli adeguati interventi metodologici e l’applicazione degli
strumenti compensativi e dispensativi può essere individuato nel Piano Didattico
Personalizzato48.
Per il bambino dislessico, l’impatto iniziale con la lingua scritta è molto difficile, poiché la
semplice lettura di una parola, in realtà, è la risultante di tante singole attività che devono
essere affrontate simultaneamente, che vanno dall’identificazione delle lettere, al
riconoscimento del loro valore sonoro, al mantenimento della sequenza di prestazione, alla
rappresentazione fonologica delle parole, al coinvolgimento del lessico per il riconoscimento
del significato. È importante che il bambino si senta protagonista di piccoli successi,
soprattutto all’inizio, per non provocare frustrazioni che possono inibire il suo futuro
apprendimento; tutto ciò può essere possibile ponendosi piccoli obiettivi realizzabili. Se ogni
volta che un bambino si avvicina alla lettura o alla scrittura deve affrontare compiti troppo
difficili per lui, molto probabilmente inizierà a rifiutare qualsiasi tipo di compito gli venga
proposto a scuola. Per questo l’esercizio quotidiano va sviluppato in piccole attività che il
bambino può svolgere almeno in parte; anche un minimo successo favorirà l’impegno per le
attività future.
48
G. Simoneschi (a cura), La dislessia e i disturbi specifici di apprendimento. Teoria e prassi in una prospettiva inclusiva, cit.
52
Per rendere l’inizio della vita scolastica accettabile per un bambino con DSA sono quindi
necessari la flessibilità nelle proposte didattiche , il successo e le gratificazioni, la
finalizzazione delle attività. Nelle prime fasi dell’apprendimento è poi importante poter
sempre contare sulla disponibilità di un adulto preparato, competente, che sappia lavorare con
i disturbi di apprendimento, che sappia evitare sia un eccesso di frustrazioni, sia un eccesso di
tolleranza.
Nella scuola elementare è importate predisporre un ambiente stimolante e creare un clima
sereno e favorevole a una relazione positiva tra i membri del gruppo classe, tenendo conto dei
livelli raggiunti dai bambini a proposito dei processi di costruzione e concettualizzazione
della lingua scritta, per promuovere la ricerca e la scoperta personale , che stanno alla base
della motivazione ad apprendere. Sarebbe importante, quindi, evitare di proporre un metodo
di insegnamento che non rispetti i ritmi e gli stili cognitivi degli alunni, e permettere a
ciascuno di procedere autonomamente all’acquisizione delle regole della letto-scrittura, dando
ampio spazio alle attività di gruppo e assumendo il ruolo di regista, sollecitando, inserendo di
volta in volta elementi conoscitivi utili per andare avanti ed evitando di trasmettere ansia.
Quando in classe, poi, sono presenti alunni con disturbi di apprendimento i docenti, come
abbiamo rilevato in precedenza, dovrebbero formulare obiettivi minimi raggiungibili in
tempi prevedibili con le difficoltà degli alunni, procedere con attività di rinforzo
parallelamente alla proposta di nuovi contenuti e fornire strategie di semplificazione, facendo
però sempre attenzione ad assumere atteggiamenti sereni, evitando di incrementare l’ansia e
gratificando anche i minimi risultati degli alunni con difficoltà, che non dovrebbero mai
essere allontanati troppo dai compagni e, dalle loro attività49.
La legge 8 ottobre 2010 n. 170 “Nuove norme in materia di disturbi specifici di
apprendimento in ambito scolastico” afferma il diritto degli studenti con DSA di fruire di
appositi provvedimenti dispensativi e compensativi di flessibilità didattica nel corso dei cicli
di istruzione e formazione e negli studi universitari. È richiesta inoltre, l'uso di una didattica
individualizzata e personalizzata, con forme efficaci e flessibili di lavoro scolastico che
tengano conto anche di caratteristiche peculiari dei soggetti, quali il bilinguismo, adottando
una metodologia e una strategia educativa adeguate; (art.5)
49
Ibidem.
53
Individualizzare significa porre obiettivi comuni per tutti i componenti del gruppo classe,
adattando altresì le metodologie in funzione delle caratteristiche individuali degli alunni, al
fine di assicurare a tutti il conseguimento delle competenze fondamentali del curricolo.
Pertanto una didattica individualizzata si focalizzerà su attività specifiche di recupero
(potenziare/ acquisire abilità) e su una organizzazione didattica flessibile.
Per didattica personalizzata si intende una didattica che pone obiettivi diversi che devono
essere adatti e significativi per ciascun discente per offrirgli l’opportunità di sviluppare al
meglio le proprie potenzialità. Una didattica personalizzata va ad accrescere i punti di forza di
ciascun alunno e mira a uno sviluppo consapevole delle sue “preferenze” e del suo talento.
Essa calibra l’offerta didattica e le modalità relazionali sulla specificità ed unicità a livello
personale dei bisogni educativi. Si utilizzeranno così una varietà di metodologie e strategie
didattiche, i mediatori didattici (schemi, mappe concettuali, etc.), si porrà attenzione agli stili
di apprendimento e gli interventi verranno calibrati sulla base dei livelli raggiunti
(promozione di un apprendimento significativo).
La didattica per i DSA, anche se necessita di una progettazione personalizzata e mirata può
e deve essere svolta come un lavoro all'interno dell'intera classe perché sono tutti gli studenti
a beneficiarne.
La personalizzazione dell’intervento è capace di rispondere all’esigenza di costruire percorsi
formativi e di apprendimento degli allievi; è rispettosa inoltre delle differenze individuali in
rapporto agli interessi, alle capacità, al ritmo di apprendimento, agli stili cognitivi, alle
attitudini, alle inclinazioni, alle esperienze di vita, al contesto in cui maturano le diverse
personalità.
L’insegnante dovrebbe usare mappe e presentazioni in PowerPoint per le lezioni. L’ambiente
educativo deve tener conto delle difficoltà di ciascuno e deve organizzarsi in modo da
agevolare i diversi stili di apprendimento personali.
La creazione di itinerari differenziati, personalizzati, può favorire, da un lato, la riduzione
degli insuccessi scolastici e, dall’altro, la promozione delle eccellenze che rappresenta l’altro
estremo della popolazione studentesca, al centro della quale si colloca il gran numero degli
studenti, la cui vicenda scolastica si svolge senza grosse difficoltà, ma ai quali bisogna
rivolgersi per spingerli a potenziare la qualità dei loro percorsi.
54
In G. Simoneschi (a cura), La dislessia e i disturbi specifici di apprendimento, vengono
sintetizzati i punti fondamentali della teoria della programmazione curriculare50:
• razionalizzazione degli obiettivi degli apprendimenti;
• costruzione di unità didattiche come sviluppo sequenziale rispetto agli obiettivi e alle finalità
del processo educativo;
• indicazione dei parametri valutativi con i relativi criteri;
• definizione di meccanismi di autocontrollo per garantire il successo delle procedure.
Per la definizione del piano si esplorano le diverse dimensioni attraverso un’attenzione
specifica ai livelli evolutivi (psicobiologici e sociointerattivi) raggiunti dalla mente del
soggetto. Un rispetto adeguato nei confronti delle «differenze» (linguistiche, cognitive,
personologiche, etniche) di cui ciascun soggetto è portatore.
Una precisa intenzionalità nel farsi carico della dimensione affettiva del rapporto educativo.
Il referente dei DSA predispone i Piani Educativi, cioè la documentazione prevista che
raccoglie la programmazione degli interventi. In particolare l’organizzazione scolastica dovrà
essere sensibile, nell’individuare gli alunni, e soprattutto fare in modo che non si sentano a
disagio, differenti rispetto agli altri compagni.
Il supporto emotivo, nella prima fase, è fondamentale per far aumentare innanzitutto il grado
di consapevolezza delle proprie difficoltà ma anche il riconoscimento delle proprie
potenzialità e quindi far maturare un livello di autostima e di autoefficacia necessario per
proseguire, con maggiore serenità, il percorso scolastico. Gli strumenti fondamentali sono
l’ascolto, la definizione condivisa di obiettivi e lo sviluppo dell’intelligenza emotiva, non
solo del singolo elemento, ma di tutto il gruppo classe, in modo da supportare adeguatamente
le eventuali difficoltà che dovessero verificarsi in itinere. L’aspetto determinante, che spesso
manca nei docenti e nella scuola in generale, è che si puntualizza in modo ripetitivo quali
sono le mancanze e le carenze non colmate, invece di spostare l’attenzione su quelle che sono
le potenzialità che determinano il miglioramento della padronanza delle abilità strumentali.
Essa sarà condotta nei limiti apprenditivi mentre l’immodificabilità di un’abilità andrà
aggirata attraverso l’adozione di strumenti e misure di tipo compensativo e dispensativo,
quali i mediatori didattici che facilitano i processi di insegnamento-apprendimento51.
Nelle Linee guida allegate al decreto ministeriale 12 luglio 2011, si legge:
50
Ivi, cit. 51
Ivi, cit.
55
Strategie educativo-didattiche di potenziamento e di aiuto compensativo.
È necessario che i docenti acquisiscano chiare e complete conoscenze in merito agli
strumenti compensativi e alle misure dispensative, con riferimento alla disciplina di
loro competenza, al fine di effettuare scelte consapevoli ed appropriate.
Inoltre, gli insegnanti devono essere in grado di utilizzare le nuove tecnologie e
realizzare una integrazione tra queste e le metodologie didattiche per l’apprendimento,
dato che le ricerche dimostrano che ambienti didattici supportati dall’uso delle nuove
tecnologie risultano maggiormente efficaci.
Molto spesso l’individuazione dei mediatori didattici si effettua con la collaborazione della
famiglia,
degli specialisti e attraverso l’ascolto dello stesso studente che può avere una predilezione per
un determinato strumento.
Il referente dei DSA chiarisce alla famiglia e ai consigli di classe i principi da considerare
come prerequisiti sia dell’intervento che della programmazione didattica:
• porre attenzione alle informazioni sensoriali che gli pervengono;
• rispondere al compito richiesto con accuratezza, e quindi il compito non sarà reso difficile;
• rinforzare il comportamento in modo gratificante per sostenere la motivazione e dirigere
l’apprendimento attraverso i feedback correttivi;
• aumentare gradualmente le difficoltà in funzione del miglioramento della prestazione. Da
qui la necessità di pensare a modalità di lavoro diverse a seconda delle caratteristiche del
ragazzo, della famiglia e del contesto nel quale è inserito52.
Una diagnosi approfondita e particolareggiata è il punto di partenza perché gli insegnanti,
formati nella didattica per DSA, in consiglio di classe individuino gli strumenti
compensativi (es. uso del computer, della calcolatrice, delle mappe mentali...)
e dispensativi (es. evitare di far leggere ad alta voce, interrogazioni programmate, verifiche
più brevi o maggior tempo a disposizione...) più adatti alle specificità di ogni allievo.
Le strategie metodologiche e didattiche costituiscono quelle forme didattiche che facilitino
l’apprendimento e semplifichino il compito di lettura senza per altro ridurre sostanzialmente
la complessità degli obiettivi e delle conoscenze richieste. È il caso per esempio delle mappe
concettuali, delle immagini, degli schemi e di altri mediatori didattici. Sulla base anche delle
52
Ivi, cit.
56
informazioni diagnostiche sarà quindi necessario che il Piano Didattico Personalizzato riporti
per le singole materie la necessità dell’impiego di mappe concettuali e altri mediatori .
L’importanza dei mediatori didattici possono dividersi in attivi, iconici, analogici e
simbolici. Il processo di mentalizzazione procede dal primo verso l’ultimo della serie,
coinvolgendo in primo luogo l’esperienza diretta della realtà, poi tale processo consente la
configurazione di immagini e schemi (mediatori iconici), in seguito si realizza nei giochi di
simulazione fino alla mentalizzazione piena dei concetti e delle teorie53.
È possibile notare che i mediatori rappresentano il passaggio intermedio nel processo di
mentalizzazione fra la realtà e la rappresentazione simbolica di concetti e teorie, di cui la
letto-scrittura è un momento determinante. La facilitazione offerta dai mediatori si colloca
proprio nella loro posizione intermedia nel processo di mentalizzazione o denaturalizzazione.
A questo riguardo possono risultare utili le nuovo tecnologie, non solo perché consentono di
realizzare mappe concettuali agevolmente, ma soprattutto perché le mappe concettuali
diventano così facilmente archiviabili e utilizzabili per altri alunni. Nell’ottica di un sapere
dell’organizzazione e della non dispersione delle energie impiegate per la rea lizzazione di
appositi strumenti didattici, l’archiviazione e la documentazione risultano essenziali. Esistono
inoltre archivi di mappe on line dove sono depositati tali documenti riguardanti moltissimi
contenuti per ogni ordine e grado di scuola.
Fra le strategie in questione rientra anche l’impiego dei tempi a disposizione per lo
svolgimento dei compiti assegnati. I criteri per definire i tempi di elaborazione delle prove
dovranno essere individuati per materia, sulla base delle indicazioni diagnostiche,
dell’esperienza diretta e della ridefinizione periodica del Piano Didattico Personalizzato.
Alternativamente, è possibile ridurre gli obiettivi di apprendimento richiesti in ogni prova. Va
da sé che le prove svolte secondo quanto individuato nel Piano in questione hanno piena
validità ai fini delle valutazione di fine anno scolastico. In questo stesso ambito rientra la
definizione di criteri per la eventuale riduzione dei compiti da assegnare a casa54.
Per poter progettare una didattica adeguata, non è solo necessario conoscere la natura e le
caratteristiche dei DSA ma occorre conoscere anche il diverso funzionamento del disturbo in
ogni bambino. Infatti, si useranno strategie didattiche diverse a seconda del tipo di
funzionamento.
53
Ivi, cit. 54
Ivi, cit.
57
Ad esempio un bambino che ha difficoltà ad associare rapidamente in sequenza due simboli o
segni diversi e non presenta difficoltà nella memoria a breve termine e, pertanto, riesce a
globalizzare la parola, verrà aiutato a cambiare modalità per una lettura più efficiente.
Ricordiamo che l'allenamento alla lettura è inutile.
I testi semplificati in questi casi vanno esclusi perché la comprensione della lettura è buona
per evitare problemi di comprensione. Sarebbe utile alternare momenti di impegno alla lettura
con altri momenti (alternando qualcuno che può leggere per lui), poiché i bambini con DSA
fanno più fatica degli altri nell’esecuzione dei compiti.
Nel caso di bambini che leggono velocemente e con molti errori, gli insegnanti spesso hanno
molti dubbi sul da farsi. Spesso si pensa che se si interviene correggendo il bambino e
facendolo rileggere, i tempi di lettura potrebbero essere infiniti, ma allo stesso tempo, lasciar
continuare la lettura impedirebbe al bambino di capire gli errori.
Anche in questo caso, la lettura ripetuta è inutile. Il bambino va sollecitato ad utilizzare le
previsioni di significato per controllare se ha letto bene. In compiti di comprensione del testo,
la lettura più economica sarà quella silenziosa.
Si possono usare testi di filastrocche o testi come quelli di Rodari, in cui ritornino parole con
le stesse difficoltà ortografiche, per far leggere il bambino lentamente.
6.1 FORME E MODALITÀ DI SOSTEGNO COMPENSATIVO AGLI ALUNNI CON DSA
Gli strumenti compensativi, permettono di compensare le difficoltà di esecuzione dei compiti
automatici derivanti da una disabilità specifica, mettendo il soggetto in condizione di operare più
agevolmente (Stella G.). Questi strumenti sono così importanti per l’alunno con DSA tanto che il
ministero dell’istruzione dichiara che non utilizzare questi strumenti significa mettere l’alunno in
una condizione di inferiorità rispetto alla classe.
Gli strumenti compensativi devono essere utilizzati per consentire all’alunno di portare a termine
un compito, supportandolo nei passaggi per lui più impegnativi perché bisognosi di
automatizzazione (ad es. la tavola pitagorica, la calcolatrice, gli schemi, i formulari). Per questo
motivo l’utilizzo di questi strumenti permette il raggiungimento di obiettivi curriculari comuni.
Infatti, le risorse cognitive dedicate a sopperire alle carenze di automatismi in alcune attività non
permettono all’alunno con DSA di affrontare poi adeguatamente l’apprendimento dei contenuti.
58
Gli strumenti verranno utilizzati dall’alunno in relazione ai tempi didattici. Ad esempio, la tavola
pitagorica verrà introdotta stabilmente solo quando il resto della classe ha già memorizzato e
automatizzato l’uso delle tabelline55.
Le linee guida allegate al decreto ministeriale 12 luglio 2011 chiariscono l’uso di questi strumenti:
Per uno studente con dislessia, gli strumenti compensativi sono primariamente quelli che possono
trasformare un compito di lettura (reso difficoltoso dal disturbo) in un compito di ascolto.
A tal fine è necessario fare acquisire allo studente competenze adeguate nell’uso degli strumenti
compensativi.
Si può fare qui riferimento:
alla presenza di una persona che legga gli items dei test, le consegne dei compiti,
le tracce dei temi o i questionari con risposta a scelta multipla;
alla sintesi vocale, con i relativi software, anche per la lettura di testi più ampi e
per una maggiore autonomia;
all’utilizzo di libri o vocabolari digitali.
Studiare con la sintesi vocale è cosa diversa che studiare mediante la lettura diretta del libro di
testo; sarebbe pertanto utile che i docenti o l’eventuale referente per la dislessia acquisiscano
competenze in materia e che i materiali didattici prodotti dai docenti siano in formato digitale.
Si rammenta che l’Azione 6 del Progetto “Nuove Tecnologie e Disabilità” ha finanziato la
realizzazione di software di sintesi vocale scaricabili gratuitamente dal sito del MIUR.
Per lo studente dislessico è inoltre più appropriata la proposta di nuovi contenuti attraverso il
canale orale piuttosto che attraverso lo scritto, consentendo anche la registrazione delle lezioni.
Disturbo di scrittura
In merito agli strumenti compensativi, gli studenti con disortografia o disgrafia possono avere
necessità di compiere una doppia lettura del testo che hanno scritto: la prima per l’autocorrezione
degli errori ortografici, la seconda per la correzione degli aspetti sintattici e di organizzazione
complessiva del testo. Di conseguenza, tali studenti avranno bisogno di maggior tempo nella
realizzazione dei compiti scritti. In via generale, comunque, la valutazione si soffermerà soprattutto
sul contenuto disciplinare piuttosto che sulla forma ortografica e sintattica.
Gli studenti in questione potranno inoltre avvalersi:
55
Crescenzi F., Rossi S., Aurigemma F., Cammisa C., Dormi D., Lopez L., Penge R., cit., p. 104.
59
o di mappe o di schemi nell’attività di produzione per la costruzione del testo;
o del computer (con correttore ortografico e sintesi vocale per la rilettura) per
velocizzare i tempi di scrittura e ottenere testi più corretti;
o del registratore per prendere appunti.
Area del calcolo
Riguardo agli strumenti compensativi e alle misure dispensative, valgono i principi generali
secondo cui la calcolatrice, la tabella pitagorica, il formulario personalizzato, etc. sono di
supporto ma non di potenziamento, in quanto riducono il carico ma non aumentano le competenze.
La seguente tabella56 mostra l’utilizzo degli strumenti indicati nelle Circolari e dalla Legge 170
(Crescenzi F., Rossi S., Aurigemma F., Cammisa C., Dormi D., Lopez L., Penge R.)
Strumento
Difficoltà da compensare Vantaggi/risultati
Tabella dell’alfabeto e dei vari
caratteri. Tabella dei mesi.
Linea dei numeri e tavola
pitagorica.
Tabelle della memoria di ogni
tipo
Difficoltà nel recupero rapido
(automatico) delle
informazioni dalla memoria a
lungo termine.
Possibilità di utilizzare tutte le
energie attentive, mnestiche e
cognitive nello svolgimento
del compito. Incremento della
consapevolezza e dell’uso
“strategico” delle
informazioni.
Tabelle delle misure, delle
formule, delle regole.
Calcolatrice.
Non automatizzazione di
procedure o difficoltà nel loro
recupero rapido.
Esecuzione più rapida delle
procedure e quindi possibilità
di utilizzarle all’interno di
compiti più complessi.
Registrazioni delle spiegazioni
Difficoltà nel prendere appunti
Maggiore attenzione alla
56
Crescenzi F. et al. cit.
60
dell’insegnante. (e contemporaneamente
ascoltare).
spiegazione. Possibilità di
riascoltare la spiegazione per
compensare la difficoltà di
lettura del testo.
Cartine geografiche e storiche.
Mappe mentali e concettuali.
Difficoltà nell’organizzare e
nel riorganizzare le
informazioni studiate.
Difficoltà nell’individuazione
rapida delle informazioni nel
testo scritto.
Difficoltà nel recupero di
etichette verbali specifiche
Riduzione dell’apprendimento
mnemonico a favore di una
rielaborazione personale.
Possibilità di “ripassare” gli
argomenti studiati senza dover
rileggere l’intero testo.
Supporto al recupero delle
informazioni e
all’organizzazione
dell’esposizione nel corso
delle verifiche orali.
Cassette registrate o CD audio
dei libri di testo.
Strumenti multimediali.
Sintesi vocale.
Testi scolastici in PDF aperto.
Difficoltà nell’utilizzo del
testo scritto quale unico canale
di apprendimento.
Possibilità di accedere a tutti i
contenuti curriculari,
indipendentemente dal livello
di lettura raggiunto. Possibilità
di lavorare fisicamente sul
testo per renderlo più
accessibile.
Computer con programmi di
videoscrittura, correttore
ortografico e sintesi vocale
Supporto alla scrittura
(disgrafia e disortografia) e
alla pianificazione del testo.
Possibilità di controllare
maggiormente il testo scritto
in termini di correttezza, ma
anche di contenuti e forma
linguistica.
61
Dizionari computerizzati
Difficoltà nel controllo della
sequenza alfabetica; lettura
lenta e scorretta (parole isolate
dal contesto o sconosciute)
Ricerca rapida e più accurata
delle parole (soprattutto nelle
lingue straniere) e maggior
possibilità di fruire delle
informazioni.
La scuola, oltre a fornire tali strumenti dovrà progettare una didattica compensativa che risponda
alle esigenze dell’alunno.
Allo stesso modo lo studente si impegnerà ad acquisire competenze compensative e i docenti ad
organizzare e sostenere la formazione dell’alunno nella fase di avviamento. L’utilizzo degli
strumenti dovrà essere ragionevole e mirato; non avrà alcun senso farne un uso indiscriminato.
Gli strumenti devono far parte di vere e proprie strategie, non devono in alcun modo costituire un
ostacolo all’apprendimento. Chiamiamo, infatti, strategie compensative l’insieme di procedimenti,
espedienti, stili di lavoro o apprendimento che possono ridurre, se non superare, i limiti della
disabilità o del disturbo.
L’introduzione del computer può anche essere graduale, del resto è uno strumento che in qualche
modo, tra casa e scuola, entra nella vita di tutti i ragazzini, dislessici compresi, come strumento
didattico o ludico.
Il discorso cambia quando si decide che il computer diventerà il loro strumento compensativo, ossia
che rappresenterà il modo abituale, quotidiano e generale, di leggere e scrivere. A quel punto, come
abbiamo visto, le normali conoscenze informatiche dei compagni non bastano più e dobbiamo
predisporre un percorso di autonomia che porti all’acquisizione delle necessarie competenze
compensative.
Il concetto di competenza è oggi diffuso nella nostra scuola e sta ad indicare, in estrema sintesi, la
capacità di generalizzare e usare in modo funzionale, in risposta ai diversi bisogni, le conoscenze e
le capacità sviluppate nei processi di apprendimento.
Nel nostro ambito, parliamo di competenza prima di tutto per richiamare i concetti di funzionalità
ed efficacia: per compensare i DSA con le tecnologie non basta sapere come si usa il computer e
62
neppure saperlo in qualche modo far funzionare (conoscenze e abilità), ma bisogna essere in grado
di servirsene per risolvere, o ridurre, i problemi che derivano dal disturbo.
Da notare che le competenze d’uso delle tecnologie finalizzate a un ruolo compensativo dovranno
essere sensibilmente superiori rispetto ai compagni.57
Può capitare che gli alunni possano mostrarsi poco interessati all’utilizzo di questi strumenti
poiché, da una parte, li percepiscono come mezzi che incrementano la loro percezione di “diversità”
rispetto alla classe e dall’altra non sanno come utilizzarli in modo appropriato. Nel primo caso, un
ambiente positivo, accogliente, dove si fa uso di metodologie educative e didattiche appropriate che
sappia dare importanza all’ascolto, spazio alla riflessione e alla condivisione, può favorire il
superamento della percezione appena descritta. Nel secondo caso, l’alunno dovrà essere
accompagnato sia a casa che a scuola, soprattutto nella fase iniziale, ad utilizzare correttamente lo
strumento.
Attualmente, altre criticità che sono state segnalate e che condizionano pesantemente l’efficacia
delle soluzioni compensative sono principalmente tre:
• un’inadeguata valutazione dei prerequisiti per cui le tecnologie vengono proposte anche a chi,
per motivi personali o di contesto, non è in grado di trarne reali vantaggi;
• un errore di metodo che porta a riproporre ai dislessici soluzioni audio analoghe a quelle dei
ciechi, ignorando sostanzialmente le potenzialità, enormi per loro, dell’accesso alle informazioni
anche attraverso il canale visivo;
• un’insufficiente presa in carico nel momento, indispensabile e fondamentale, del primo
addestramento.
Come è noto, i dislessici – come pure tutti gli alunni con DSA – non rappresentano assolutamente
una popolazione omogenea: li accomuna la difficoltà di lettura, ma le differenze soggettive possono
essere molto consistenti e questo diventa estremamente importante quando si introducono i sistemi
compensativi.
Nel caso della sintesi vocale un fondamentale prerequisito è la sufficiente comprensione da ascolto,
ossia la capacità di cogliere adeguatamente il contenuto del testo quando viene letto ad alta voce da
un’altra persona o quando viene ascoltato attraverso una registrazione audio. Spesso le diagnosi di
dislessia non considerano questo aspetto (che non è neppure inserito nel protocollo della Consens us
57
Simoneschi G., La dislessia e i disturbi specifici di apprendimento. Teoria e prassi in una prospettiva inclusiva, Rivista bimestrale del Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca, Le Monnier, 2 /2010.
63
Conference) e non sono rari gli alunni con diagnosi di DSA che incontrano grosse difficoltà nella
comprensione dei libri di testo, indipendentemente dalla decodifica. In questi casi è difficile che la
sintesi vocale possa diventare un efficace strumento compensativo e probabilmente bisognerà
prevedere altre strategie puntando, per esempio, sulle mappe concettuali o intervenendo sui testi,
con un’azione di adattamento o semplificazione, prima di farli leggere con la sintesi.
In passato, quando le attuali tecnologie non erano presenti, gli alunni con DSA inventavano
strategie, espedienti, atteggiamenti, rimedi che tutt’oggi possono essere ancora molto utili.
Ad esempio, integrare o mediare la comunicazione scritta attraverso altri codici, in particolare
di tipo grafico-visivo. Ossia usare schemi, grafici, mappe, diagrammi e ogni altra forma di
comunicazione di tipo visivo per integrare e, finché è possibile, anche sostituire quella scritta.
• Strumenti, metodi, espedienti per facilitare la memorizzazione e l’organizzazione delle
informazioni. La famosa tabella dei mesi, primo degli strumenti compensativi nell’elenco del
ministero dell’istruzione, in fondo non è altro che una strategia compensativa di tipo mnemonico
che, ci si augura, l’alunno arriverà presto a estendere e utilizzare anche in altri ambiti: più avanti
sarà l’elenco delle regioni, dei pianeti, dei composti chimici ecc.
• Potenziare la capacità di ascolto e concentrazione. L’alunno dislessico, che sa bene che a casa
farà fatica a studiare, si sforza di seguire la lezione a scuola in modo da ricordare e organizzare le
informazioni nel modo più efficace possibile, per aver poi meno bisogno di leggere il libro a casa.
• Rafforzare le relazioni sociali. Quel che non si sa fare da soli, si può fare con l’aiuto degli altri. Le
competenze sociali sono fondamentali per le persone che vivono un problema o una disabilità
perché un progetto di autonomia non può significare far tutto da soli, arrangiarsi (cosa spesso
assolutamente impossibile), ma fornire tutti gli strumenti che possono consentire, anche in modo
indiretto, una qualità di vita decorosa. Tra questi c’è senza dubbio anche la capacità di saper
chiedere aiuto e mantenere nel tempo un corretto rapporto di collaborazione, e anche quella, per
nulla banale, di saper riconoscere e gratificare il supporto ricevuto, ossia in senso lato di saper
ringraziare58.
È importante definire con attenzione il momento in cui inizia l’avventura della compensazione
attraverso il computer e, anche se non esistono regole rigide e generali, qualche indicazione si può
dare. È bene ripeterlo: questo non significa che prima di questa «ora X» l’alunno dislessico non
userà il computer, ma solo che lo farà in modo diverso, assai più simile a quello dei compagni, per
esempio per realizzare dei lavori o per svolgere alcune attività. Saranno attività utili a lui come ai
58
Ibidem.
64
compagni, e certamente saranno più utili se imparerà a usare bene lo strumento (e pure questo vale
anche per i compagni, ovviamente).
Dopo l’ora X cambierà nettamente il suo modo di utilizzare il computer: comincerà a servirsene
tutti i giorni, anche per fare cose che i compagni svolgono più agevolmente con carta e penna, e
inizierà la sua sfida quotidiana per fare le stesse cose che fanno loro assieme a loro e negli stessi
tempi, e dovrà quindi saper davvero dominare il suo strumento.
La compensazione tecnologica, così intesa, inizia certamente dopo che si è conclusa l’eventuale
abilitazione logopedica. Finché questo trattamento è in corso abbiamo la speranza che il disturbo
possa essere ridotto e che non sia necessario intraprendere il percorso per la compensazione
tecnologica.
In caso di dislessia lieve può non essere necessario o conveniente usare il computer in questo modo:
i vantaggi sono modesti se l’alunno può conseguire anche per altre vie una sufficiente efficacia
nello studio, considerando che l’uso sistematico del computer può anche complicare la vita. La
scelta dipende molto anche dall’atteggiamento dell’alunno e in caso di dubbio si può eventualmente
rinviare la decisione agli anni successivi.
Ma nelle forme severe di dislessia la compensazione con il computer è una scelta praticamente
obbligata ed eventuali difficoltà di percorso (soggetto demotivato, scarsa collaborazione familiare,
nessun supporto tecnologico a casa…) andrebbero considerate più come degli ostacoli da superare
che come degli impedimenti.
In questi casi, un ottimo momento per iniziare il percorso di compensazione (la nostra ora X) è
verso il quarto-quinto anno della scuola primaria. L’abilitazione logopedica in genere è conclusa e
la diagnosi (dislessia o eventuale altro DSA) è ormai ben accertata; cominciano a farsi sentire i
problemi di studio individuale ma con esiti ancora in qualche modo gestibili.
È il momento propizio per iniziare il percorso di autonomia con il computer, anche per essere pronti
per gli impegni, assai maggiori, della scuola media.
Innanzitutto è necessario procurarsi i libri di testo in PDF rivolgendosi al servizio AID:
www.libroaid.it. Certamente all’inizio non si potrà pretendere che l’alunno li usi da solo in modo
autonomo e, tanto meno, che sostituiscano quelli di carta59.
Possiamo concludere che la didattica compensativa va oltre il semplice impiego personale di
strumenti e strategie ma l’attività di insegnamento in un ambiente educativo deve tener conto delle
59
Ibidem.
65
difficoltà di ciascuno e deve organizzarsi in modo da agevolare i diversi stili di apprendimento degli
alunni.
La compensazione funziona quando è parte di un progetto, ovvero quando vi è una serena
accettazione di una difficoltà con cui convivere, quando la famiglia è attenta e collaborativa e i
servizi presenti e efficienti, l’ambiente scolastico sereno e responsabile.
Il possesso di competenze compensative non si ferma alla sicura padronanza che il ragazzo ha dello
strumento ma si estende fino alle componenti emotivo-motivazionali, ossia agli atteggiamenti che
fanno in modo che lo strumento venga vissuto come una opportunità di riscatto, una risorsa sulla
quale il ragazzo sa di dover investire tempo ed energie per poter raggiungere validi traguardi.
6.2 STRATEGIE DIDATTICHE PER LA PROMOZIONE DELLA COMPRENSIONE
DEL TESTO
Con gli alunni con DSA è necessario scindere gli obiettivi della lettura: leggere per comprendere
e leggere per imparare.
Per quanto riguarda lo sviluppo delle capacità e le abilità di comprensione, è confermato
dall'esperienza didattica che l'alunno con DSA, con difficoltà di decodifica, tende a utilizzare
poche modalità di lettura; occorre, perciò, insegnargliene altre per poter ampliare le opportunità
che un testo scritto offre. D'altronde tali capacità e abilità, spesso non si sviluppano in modo
spontaneo, cioè leggendo semplicemente, anche in molti alunni normolettori; i risultati delle
prove INVALSI, ad esempio, lo documentano ogni anno, perciò è opportuno prevedere per tutti
attività scolastiche che promuovano l'acquisizione di tecniche e di strategie di lettura. Ma quali
sono le tecniche di lettura che possono essere conosciute e acquisite già nella Scuola primaria?
Secondo Lugarini (2010) "colui che apprende acquisirà un corretto metodo di studio se,
nell'affrontare un testo per scopi curriculari e di studio, applicherà varie modalità di lettura in
relazione allo scopo e alla tipologia del testo".
Le modalità individuate sono le seguenti:
- Lettura orientativa (o skimming)
È una lettura a balzi, veloce, che serve a individuare, a grandi linee, l’argomento e la struttura
di un testo, che ne facilita una successiva lettura approfondita.
- Lettura globale (o estensiva)
66
È una lettura a grandi tratti, in genere lineare e veloce, che permette una comprensione
immediata del contenuto del testo e una memorizzazione di alcuni elementi essenziali per
il lettore. l’attenzione è rivolta solo al contenuto. L’uso esclusivo di questo tipo di lettura
è sconsigliato con alunni con DSA.
- Lettura per la ricerca di specifiche informazioni (scanning).
È una lettura veloce, con fissazioni maggiori su brevi parti del testo che il lettore suppone
possano contenere l'informazione ricercata.
- Lettura analitica (o approfondita, intensiva).
È una lettura più lenta, con fissazioni e regressioni. È una strategia di lettura che prevede
un'attività cooperativa e ricostruttiva che il lettore compie (non sempre in modo
consapevole) a partire dalle proprie conoscenze generali e testuali; può essere seguita da
forme di rielaborazione esplicita e personale come la sottolineatura o la sintesi.
- Lettura per l'apprendimento.
È la tipica lettura per lo studio e, in un certo senso, è la somma e l'integrazione delle
modalità di lettura sopra descritte: a una prima lettura orientativa devono far seguito una
lettura analitica e una fase, qui fondamentale, di rielaborazione personale.
Allora come insegnare queste modalità? Per rendere l'alunno consapevole delle modalità che
mette in atto quando legge, occorre fargli sperimentare le varie strategie di comprensione della
lettura fino alla loro completa acquisizione, attraverso un apprendi mento cooperativo, impostato
sulla didattica laboratoriale. Il lavoro sull'acquisizione delle strategie di comprensione deve
essere preparato con estrema cura dall'insegnante, a partire dal reperimento dei testi da leggere.
Qualora fosse necessario, si deve prevedere la semplificazione del testo rendendolo più chiaro e
facile da leggere (successione temporale, frasi brevi che rispettino l'ordine Soggetto-Verbo-
Oggetto, assenza di sinonimi, pochi pronomi, utilizzo dei connettivi più comuni). Inoltre, esso
deve essere corredato di immagini, fotografie, disegni, schemi, grafici, parolechiave che l'allievo
imparerà a "leggere" e a porre in relazione con il testo stesso60.
60
Crescenzi F., Rossi S., Aurigemma F., Cammisa C., Dormi D., Lopez L., Penge R., I DSA a scuola, Libriliberi, Firenze 2011.
67
6.3 IL METODO DI STUDIO E LA DIDATTICA METACOGNITIVA
L’insegnante dovrebbe promuovere un efficace metodo di studio e idonee competenze
metacognitive.
Molte volte i termini "apprendimento" e "studio" vengono utilizzati erroneamente come
sinonimi. L'apprendimento avviene con modalità diverse a seconda che i contenuti da
assimilare siano relativi a comportamenti, abitudini, conoscenze e reazioni emotive. Spesso
l'apprendimento avviene per imitazione e ripetizione e in modo poco consapevole. Studiare è
invece una forma particolare di apprendimento che implica leggere attentamente e in modo
selettivo con lo scopo di comprendere il testo e ricavarne delle informazioni, memorizzandole
per poterle usare quando è necessario. Si riconoscono tre fasi fondamentali nello studio:
• organizzazione e pianificazione in base agli obiettivi;
• lettura ed elaborazione del testo;
• memorizzazione e rievocazione.
Per ognuna di queste fasi verranno implicate diverse abilità cognitive come l'attenzione, la
memoria, la lettura e la comprensione in lettura. Anche con abilità di base uguali, diversi
soggetti potranno utilizzare strategie diverse per affrontare lo stesso compito. Ci sono ragazzi
che adoperano in modo costante strategie verbali, oppure altri quelle immaginative-visive, in
base a un proprio stile cognitivo. In sintesi possiamo considerare lo studio come un sistema
complesso formato da diverse componenti, che interagiscono tra loro:
• cognitiva (cosa so);
• metacognitiva-strategica (cosa so di sapere sull'argomento, su me come studente e sul testo
che ho davanti);
• motivazionale-attributiva (da cosa penso dipenda il risultato che raggiungerò);
• motivazionale (quanto ci tengo a imparare)61.
È importante che soprattutto i ragazzi con DSA sviluppino un adeguato metodo di studio e
idonee competenze metacognitive perché non possono servirsi dei sistemi abitualmente usati
dagli altri studenti (leggere e rileggere un testo tante volte quanto necessario). Occorre
“imparare ad imparare” che richiede:
61
Ivi, cit.
68
— la consapevolezza delle proprie abilità e conoscenze, che nel caso di un alunno con DSA
significa anche consapevolezza dei propri limiti (si evidenzia «anche»: guai a considerare solo
gli aspetti negativi);
— un modo di pensare in maniera strategica;
— l'abilità nel cooperare, perché quello che non si riesce a fare da soli spesso si può fare
assieme agli altri;
— la gestione efficace delle tecniche e delle risorse di lavoro, in cui ovviamente rientrano a
pieno diritto le tecnologie compensative.
Ogni studente ha bisogno di una modalità di studio autonomamente gestibile e personalizzata,
in relazione alle proprie caratteristiche di apprendimento e alle conoscenze sul funzionamento
cognitivo in generale;
Imparare a imparare per un dislessico significa pertanto, prima di tutto, saper individuare e
sfruttare tutte le strategie che gli consentono di superare il disturbo, ossia, in altre parole, di
saperlo «compensare». Quello che qui va sottolineato è la necessità di integrarle in un quadro
complessivo in cui la compensazione si fonde, di fatto, con il metodo di studio 62.
Indicazioni importanti sulle metodologie per l’insegnamento della lettura, vengono dal Ministero
dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca, Nuove tecnologie e disabilità Azione 7. Intervento
per gli alunni con dislessia (a cura di Giacomo Stella):
DA COSA PARTIRE
Partire sempre dalle conoscenze del bambino:
Rispettare le conoscenze che il bambino ha già per assimilarle ad un percorso in cui insegnargli a
passare da un ‘utilizzazione quasi esclusiva di indici extra-linguistici ad un uso prevalente degli
indici linguistici, attraverso un progressivo inserimento di questi ultimi nel processo di
anticipazione.
Se l’insegnante accetta l’attività spontanea del bambino può notare come in tale processo si
mescolino strategie d’anticipazione e di decifrazione. Partendo da ciò l’insegnante è indotta ad
assumere un ruolo diverso a seconda delle strategie mostrate dai singoli alunni.
Se il bambino presenta un utilizzo eccessivo degli indici linguistici, l’insegnante lo solleciterà a
considerare i corrispondenti grafemici (meccanismo della decifrazione).
62
Fogarolo F. e Scapin C., Competenze compensative, Erikson, Trento 2010.
69
Viceversa nel caso in cui il bambino si attenga esclusivamente alle strategie di decifrazione, senza
riuscire a riconoscere la parola, l’insegnante cercherà di stimolare il processo di anticipazione ad
esempio attraverso il mascheramento di parte della parola unito alla sollecitazione a fare delle
ipotesi considerando altri elementi (ad esempio le immagini).
COME INDAGARE LE STRATEGIE DEL BAMBINO
Per indagare le strategie del bambino è possibile utilizzare oggetti reperibili nell’ambiente (scatole
per alimenti, materiale pubblicitario…). Le domande che vengono rivolte al bambino mirano ad
identificare quali strategie usa per interpretare i segni scritti.
LE DOMANDE CHE VENGONO POSTE AL BAMBINO SONO DI DUE TIPI:
1) Con le domande "dove c’è scritto" l’adulto chiede al bambino di localizzare una parola che è già
stata identificata attraverso altri criteri.
In questo caso ciò che emerge dalla risposta non è specificamente una strategia d’interpretazione,
ma sono piuttosto gli indici che il bambino utilizza per ritrovare nel testo scritto il corrispondente
del significato che è già stato individuato.
Questo tipo di domande che contengono richieste localizzatorie, ci danno un’ informazione
importante, ma ancora parziale, sulla strategia del bambino per l’interpretazione del testo scritto.
Nello stesso bambino è talvolta possibile rintracciare strategie diverse. La contraddittorietà dell’ uso
contemporaneo di strategie di localizzazione basate sul criterio della massima evidenza
(extralinguistici) e su un criterio di corrispondenza fonografica (linguistico) è solo apparente, in
quanto si manifesta di frequente in bambini che stanno passando da una strategia ad un’ altra.
2) Con le domande “ cosa c’è scritto qui” si chiede al bambino di interpretare la parola
specificamente indicata dall’adulto. Il compito richiede la considerazione degli indici grafici e in
particolare verifica:
- Se il bambino è in grado di riconoscere i segni grafici nel loro valore sonoro convenzionale, quindi
di decifrare.
- Se a partire da quelli è in grado di ricostruire un significato congruente con l’immagine o con il
contesto coordinando decifrazione e rappresentazioni mentali.
- Se il bambino, pur non sapendo fare nessuna delle due operazioni sopra descritte, è almeno in
grado di differenziare le parole di fronte a stimoli diversi.
COME FARE CON I BAMBINI IN DIFFICOLTÀ
È necessario aiutare il bambino a spostarsi verso indici linguistici, cioè insegnargli ad utilizzare in
modo proficuo la decifrazione.
70
Per fare questo si deve innanzi tutto verificare la sua capacità di compiere un’analisi fonologica sia
pure parziale della parola.
È dunque bene proporre attività che permettano una coordinazione tra anticipazione, vincolata
all’interno di un universo limitato di parole conosciute, e decifrazione che permetta di riconoscere
le parole dalle prime lettere.
In tutti gli esercizi proposti è di primaria importanza porre il bambino di fronte a delle scelte in
modo da ridurre il rischio di un’attività puramente procedurale che produce apprendimenti rigidi.
71
6.4 Supporti dispensativi alle azioni inclusive/integrative della scuola
La scuola ha l’obbligo di provvedere all'introduzione di strumenti compensativi, compresi i mezzi
di apprendimento alternativi e le tecnologie informatiche, nonché misure dispensative da alcune
prestazioni non essenziali ai fini della qualità dei concetti da apprendere.
Le misure dispensative riguardano la dispensa da alcune prestazioni (lettura ad alta voce, prendere
appunti,ecc.…), i tempi personalizzati di realizzazione delle attività, la valutazione (ad esempio,
non viene valutata la forma ma solo il contenuto)
Hanno lo scopo di evitare che il disturbo possa comportare un generale insuccesso scolastico con
ricadute personali anche gravi. Infatti esse permettono all'allievo di evitare l'esecuzione di
operazioni inificiate dal disturbo e acquisire la competenza richiesta attraverso modalità a lui più
consone.
Le misure dispensative sono necessarie ma occorre chiarire che queste non rappresentano mai una
soluzione ai problemi degli alunni con DSA, ma semplicemente il riconoscimento e l’accettazione,
da parte della scuola, dei loro limiti 63.
Nelle Linee guida leggiamo:
Le misure dispensative sono invece interventi che consentono all’alunno o allo studente
di non svolgere alcune prestazioni che, a causa del disturbo, risultano particolarmente
difficoltose e che non migliorano l’apprendimento. Per esempio, non è utile far leggere
a un alunno con dislessia un lungo brano, in quanto l’esercizio, per via del disturbo,
non migliora la sua prestazione nella lettura.
D’altra parte, consentire all’alunno o allo studente con DSA di usufruire di maggior
tempo per lo svolgimento di una prova, o di poter svolgere la stessa su un contenuto
comunque disciplinarmente significativo ma ridotto, trova la sua ragion d’essere nel
fatto che il disturbo li impegna per più tempo dei propri compagni nella fase di
decodifica degli items della prova. A questo riguardo, gli studi disponibili in materia
consigliano di stimare, tenendo conto degli indici di prestazione dell’allievo, in che
63
Fogarolo F. e Scapin C., cit.
72
misura la specifica difficoltà lo penalizzi di fronte ai compagni e di calibrare di
conseguenza un tempo aggiuntivo o la riduzione del materiale di lavoro. In assenza di
indici più precisi, una quota del 30% in più appare un ragionevole tempo aggiuntivo.
L’adozione delle misure dispensative, al fine di non creare percorsi immotivatamente
facilitati, che non mirano al successo formativo degli alunni e degli studenti con DSA,
dovrà essere sempre valutata sulla base dell’effettiva incidenza del disturbo sulle
prestazioni richieste, in modo tale, comunque, da non differenziare, in ordine agli
obiettivi, il percorso di apprendimento dell’alunno o dello studente in questione.
Le misure dispensative sono forme di tutela per gli alunni con Disturbi Specifici di Apprendimento.
Esse infatti dispensano dallo svolgere alcune prestazioni davanti ai compagni di classe, le cui
difficoltà costringono gli alunni con DSA a esperienze umilianti.
Il loro profilo riguarda quindi essenzialmente gli aspetti emotivi e affettivi dell’alunno, evitandogli
di vivere la scuola come il luogo in cui è costantemente sottoposto a prestazioni che ne mettono in
luce le difficoltà.
Non serve soffermarsi in questa sede sulle problematiche ormai note relative alla scarsa autostima
degli alunni con DSA; può tuttavia essere opportuno rammentare che le misure dispensative
consentono di costruire un clima per gli alunni in questione più sereno e sicuro, nel quale possa
avvenire un apprendimento più efficace.
Inoltre, gli strumenti in questione dispensano l’alunno con DSA da quelle attività didattiche che
implicano prestazioni difficoltose sulle quali poi è espressa una valutazione o che possono essere
utili per lo studio. È il caso, per esempio, della dettatura di testi e degli appunti per lo studio, oppure
della copiatura
dalla lavagna di testi, problemi, consegne, ecc64.
L’obiettivo con cui devono essere utilizzate è quello di eliminare appena possibile quegli elementi
non indispensabili all'apprendimento che costituiscono per i bambini con DSA un aggravio di
sforzo e uno spreco di energie.
La scelta delle dispense da utilizzare varierà a seconda dell'alunno, della classe frequentata, degli
obiettivi curricolari e della modalità didattica utilizzata dall'insegnante. Inoltre, l'adozione di
qualsiasi accorgimento didattico deve essere prima spiegata al bambino (già dal primo anno di
scuola) e con le modalità opportune che valuterà l'insegnante, anche all'intera classe. Se l'adozione
64
G. Simoneschi (a cura), cit.
73
di queste misure avviene all'inizio dell'anno scolastico, tutti i bambini saranno più disponibili ad
accettare le differenze di percorso e a comprenderne le ragioni.
L’uso di mappe concettuali e schemi disegnati alla lavagna durante la spiegazione può essere utile,
per tutti.
La quantità di esercizi e il materiale di studio a casa e a scuola non potrà essere lo stesso del resto
della classe, ma deve essere ridotto;
Ricordiamo che i bambini dislessici hanno bisogno di più tempo per l’esecuzione dei compiti e non
devono essere penalizzati per questo;
La dispensa da alcune prestazioni riguardano:
- lettura a voce alta, scrittura veloce sotto dettatura, lettura di consegne, uso del vocabolario, studio
mnemonico delle tabelline;
- dispensa dallo studio delle lingue straniere in forma scritta, a causa delle difficoltà rappresentate
dalla differenza tra scrittura e pronuncia;
- tempi più lunghi per prove scritte e per lo studio, mediante una adeguata organizzazione degli
spazi ed un flessibile raccordo tra gli insegnanti;
- organizzazione di interrogazioni programmate
- assegnazione di compiti a casa in misura ridotta
- possibilità d'uso di testi ridotti non per contenuto, ma per quantità di pagine.
Peculiarità dei processi cognitivi Interventi di compenso/dispensa
lentezza ed errori nella lettura con
conseguente
difficoltà nella comprensione del testo
- evitare di far leggere a voce alta
- incentivare l’utilizzo di computer con
sintesi vocale, di cassette con testi
registrati, di dizionari digitali,…
- sintetizzare i concetti con l’uso di mappe
concettuali e/o mentali
- favorire l’uso di software specifici dotati
di sintesi vocale in grado di leggere
anche le lingue straniere
- leggere le consegne degli esercizi e/o
fornire, durante le verifiche, prove su
supporto audio e/o digitale
74
- ridurre nelle verifiche scritte il numero
degli esercizi senza modificare gli
obiettivi
- evitare le verifiche scritte in tutte le
materie tradizionalmente orali,
consentendo l’uso di mappe o ipertesti
(PPT) durante l’interrogazione
difficoltà nei processi di automatizzazione
della letto-scrittura: impossibilità di eseguire
nello stesso tempo due “procedimenti” come
ascoltare e scrivere, ascoltare e seguire un testo
scritto, …
- evitare di far prendere appunti, ricopiare
testi o espressioni matematiche, ecc.
- fornire appunti su supporto digitale o
cartaceo stampato preferibilmente con
carattere Arial, Comic Sans, Trebuchet
(di dimensione 12-14 pt)
- in caso di necessità di integrazione dei
libri di testo
- consentire l’uso del registratore
- evitare la scrittura sotto dettatura
- evitare la copiatura dalla lavagna
difficoltà nel ricordare le categorizzazioni: i
nomi dei tempi verbali e delle strutture
grammaticali italiane e straniere, dei
complementi
- favorire l’uso di schemi
- privilegiare l’utilizzo corretto delle
forme grammaticali sulle acquisizioni
teoriche delle stesse.
- utilizzare per le verifiche domande a
scelta multipla.
disortografia e/o disgrafia
- favorire l’utilizzo di programmi di
videoscrittura con correttore ortografico
per l’italiano e le lingue straniere
discalculia, difficoltà nel memorizzare:
tabelline, formule, sequenze arbitrarie e
procedure
- consentire l’uso di tavola pitagorica,
calcolatrice, tabelle e formulari, mappe
procedurali, sia nelle verifiche che nelle
interrogazioni
- utilizzare prove a scelta multipla
difficoltà nel recuperare rapidamente nella - incentivare l’utilizzo di mappe, schemi e
75
memoria nozioni già acquisite e comprese con
conseguente difficoltà e lentezza nell’
esposizione orale
ipertesti (PPT) durante l’interrogazione,
come previsto anche nel colloquio per
l’esame di Stato, per facilitare il
recupero delle informazioni e migliorare
l’espressione verbale orale
- evitare di richiedere lo studio
mnemonico e nozionistico in genere,
tenere presente che vi è una notevole
difficoltà nel ricordare nomi, termini
tecnici e definizioni (ad es. per le
materie scientifiche, diritto, filosofia,…)
facile stanchezza e tempi di recupero troppo
lunghi
- fissare interrogazioni e compiti
programmati
- evitare la sovrapposizione di compiti e
interrogazioni di più materie
- evitare di richiedere prestazioni nelle
ultime ore
- ridurre le richieste di compiti per casa
- istituire un produttivo rapporto scuola e
famiglia/tutor
- controllare la gestione del diario
Inoltre, come abbiamo evidenziato, è necessario indirizzare l’intervento didattico verso attività
metacognitive, come potenziare i processi “alti” legati all’anticipazione e alle rappresentazioni
mentali e le mnemotecniche visive; indurre abilità di studio personalizzate e preferire una
valutazione formativa che punti più sul contenuto che sulla forma; favorire l’instaurarsi di
meccanismi di autoverifica e di controllo; potenziare l’autostima evitando di sottolineare solo le
difficoltà65.
65
www.dislessiainrete.org
76
BIBLIOGRAFIA E SITOGRAFIA
Cornoldi. C. (a cura di), Difficoltà e disturbi dell’apprendimento, Il Mulino, Bologna, 2007.
Cornoldi Cesare, Zaccaria Sara, In classe ho un bambino che...L'insegnante di fronte ai Disturbi
Specifici dell'Apprendimento, Giunti, Milano 2011.
Crescenzi F., Rossi S., Aurigemma F., Cammisa C., Dormi D., Lopez L., Penge R., I DSA a scuola,
Libriliberi, Firenze 2011.
Fogarolo F. e Scapin C., Competenze compensative, Erikson, Trento 2010.
Ianes D., Cramerotti S., Tait M., Facciamo il punto su... La dislessia, Ed. Erickson, Gardolo (TN),
2007.
Mazzoncini B., Musatti L., La strada maestra. I disturbi dell’apprendimento e la formazione degli
insegnanti, Carocci, Roma 2008.
Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca, Linee guida per il diritto allo studio degli
alunni e degli studenti con disturbi specifici dell’apprendimento”, allegato al decreto ministeriale
12 luglio 2011.
Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca, Nuove tecnologie e disabilità Azione 7.
Intervento per gli alunni con dislessia, 2007.
Scalisi Teresa Gloria, Pelagaggi Daniela, Fanini Simona, Apprendere la lingua scritta: le abilità di
base, Carocci, Roma 2003.
Simoneschi G. (a cura), La dislessia e i disturbi specifici di apprendimento. Teoria e prassi in una
prospettiva inclusiva, Annali della pubblica istruzione, 2/2010.
Vio C., Tressoldi P. E., Lo Presti G., Diagnosi dei disturbi specifici dell’apprendimento scolastico,
Erikson, Trento 2012.
77
Riviste
Child Development & Disabilities, Franco Angeli, Milano.
Dislessia, Ed. Erickson, Trento.
Difficoltà di apprendimento, Ed. Erickson, Trento.
Logopedia e comunicazione, Ed. Erickson, Trento.
Psicologia clinica dello sviluppo, Ed. Il Mulino, Bologna.
SITOGRAFIA
http://www.lineeguidadsa.it
http://www.dislessiainrete.org/
http://dsanotizie.it
http://www.libroparlato.org/
http://www.lulu.com/
Associazione Italiana Dislessia- www.aiditalia.org
www.dislessia.it
http://www.neuropsy.it
Associazione Italiana per la Ricerca e l'Intervento nella Psicopatologia
dell'Apprendimento, (AIRIPA)- http://www.airipa.it/
Manuale ICD http://apps.who.int/classifications/icd10/browse/2015/en#/F80-F89
MIUR http://www.istruzione.it/
top related