10 - 11 luglio 1943, due giorni vissuti da eroi · di pantelleria. in questa stesura definitiva, il...

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D ue giorni di forsennati combattimenti che videro le esigue forze dell’Asse arrivare quasi a toccare con ma- no la vittoria e innumerevoli atti di valore compiuti da italiani e tede- schi. Solo lo strapotere di fuoco degli Alleati, dovuto all’indiscusso domi- nio dell’aria e di quello che solo pochi anni prima era stato il Mare Nostrum, rese possibile agli statu- nitensi, che stavano già quasi per reimbarcarsi, respingere l’attacco italo-tedesco e consolidare la te- sta di sbarco a premessa dell’inte- ra occupazione della Sicilia. Non mancò il valore, non man- cò la fortuna, mancarono i mezzi. LA PIANIFICAZIONE DELLO SBARCO IN SICILIA Tra l’11 e il 13 maggio, le truppe alleate sferrarono l’offensiva finale in Tunisia, che portò alla resa della 5 a Armata corazzata tedesca del Generale von Arnim e della 1 a Ar- mata italiana del Generale Messe. In totale, l’Asse aveva perso 250.000 soldati, ben addestrati e perfettamente equipaggiati (1). Soldati che con l’esperienza di combattimento maturata sul fronte africano avrebbero potuto attiva- mente contribuire alla difesa del territorio metropolitano e della Si- cilia in particolare. Quando ormai la campagna in Africa volgeva alla conclusione, la pianificazione dell’operazione «Husky» subì un’accelerazione e fu stilato il piano definitivo per l’in- vasione, che tra l’altro prevedeva, in fase preliminare, anche la con- quista delle isole di Lampedusa e di Pantelleria. In questa stesura definitiva, il piano prevedeva che i settori di sbarco dell’8 a Armata bri- tannica e della 7 a Armata statuni- tense si sviluppassero quasi senza soluzione di continuità sulla cuspi- de meridionale dell’isola, su un fronte quasi continuo di circa 170 chilometri; venne inoltre fissata la data e l’ora per lo sbarco: il 10 lu- glio alle ore 02.45. Secondo questo piano, compito dell’intera 8 a Armata, comandata dal Generale Montgomery, era quello di spingersi a nord occu- pando in successione, Siracusa, Augusta e Messina, per intrappo- lare nell’isola il maggior numero possibile di truppe dell’Asse. La 7 a Armata del Generale Patton avrebbe solamente svolto un compito di copertura del fianco si- nistro dell’8 a Armata. In totale gli Alleati, come scrive LA BATTAGLIA DI GELA LA BATTAGLIA DI GELA 10 - 11 LUGLIO 1943, DUE GIORNI VISSUTI DA EROI 10 - 11 LUGLIO 1943, DUE GIORNI VISSUTI DA EROI 36 del Tenente Colonnello Giovanni Iacono in servizio presso il Comando per la Formazione, Specializzazione e Dottrina dell’Esercito Rassegna dell’Esercito on line 6/2014 Storia Pianificazione dell’Operazione «Husky»

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Page 1: 10 - 11 LUGLIO 1943, DUE GIORNI VISSUTI DA EROI · di Pantelleria. In questa stesura definitiva, il piano prevedeva che i ... (XVIII Brigata costiera). Alle 02.55 il Co-mandante del

Due giorni di forsennaticombattimenti che viderole esigue forze dell’Asse

arrivare quasi a toccare con ma-no la vittoria e innumerevoli atti divalore compiuti da italiani e tede-schi.

Solo lo strapotere di fuoco degliAlleati, dovuto all’indiscusso domi-nio dell’aria e di quello che solopochi anni prima era stato il MareNostrum, rese possibile agli statu-nitensi, che stavano già quasi perreimbarcarsi, respingere l’attaccoitalo-tedesco e consolidare la te-sta di sbarco a premessa dell’inte-ra occupazione della Sicilia.

Non mancò il valore, non man-

cò la fortuna, mancarono i mezzi.

LA PIANIFICAZIONE DELLO SBARCOIN SICILIA

Tra l’11 e il 13 maggio, le truppealleate sferrarono l’offensiva finalein Tunisia, che portò alla resa della5a Armata corazzata tedesca delGenerale von Arnim e della 1a Ar-mata italiana del Generale Messe.In totale, l’Asse aveva perso250.000 soldati, ben addestrati eperfettamente equipaggiati (1).Soldati che con l’esperienza dicombattimento maturata sul fronteafricano avrebbero potuto attiva-

mente contribuire alla difesa delterritorio metropolitano e della Si-cilia in particolare.

Quando ormai la campagna inAfrica volgeva alla conclusione, lapianificazione dell’operazione«Husky» subì un’accelerazione efu stilato il piano definitivo per l’in-vasione, che tra l’altro prevedeva,in fase preliminare, anche la con-quista delle isole di Lampedusa edi Pantelleria. In questa stesuradefinitiva, il piano prevedeva che isettori di sbarco dell’8a Armata bri-tannica e della 7a Armata statuni-tense si sviluppassero quasi senzasoluzione di continuità sulla cuspi-de meridionale dell’isola, su unfronte quasi continuo di circa 170chilometri; venne inoltre fissata ladata e l’ora per lo sbarco: il 10 lu-glio alle ore 02.45.

Secondo questo piano, compitodell’intera 8a Armata, comandatadal Generale Montgomery, eraquello di spingersi a nord occu-pando in successione, Siracusa,Augusta e Messina, per intrappo-lare nell’isola il maggior numeropossibile di truppe dell’Asse. La 7a

Armata del Generale Pattonavrebbe solamente svolto uncompito di copertura del fianco si-nistro dell’8a Armata.

In totale gli Alleati, come scrive

LA BATTAGLIA DI GELALA BATTAGLIA DI GELA10 - 11 LUGLIO 1943, DUE GIORNI VISSUTI DA EROI10 - 11 LUGLIO 1943, DUE GIORNI VISSUTI DA EROI

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del Tenente Colonnello Giovanni Iaconoin servizio presso il Comando per la Formazione, Specializzazione e Dottrina dell’Esercito

Rassegna dell’Esercito on line 6/2014

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Pianificazione dell’Operazione «Husky»

Page 2: 10 - 11 LUGLIO 1943, DUE GIORNI VISSUTI DA EROI · di Pantelleria. In questa stesura definitiva, il piano prevedeva che i ... (XVIII Brigata costiera). Alle 02.55 il Co-mandante del

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Alberto Santoni, si accingevano a impiegare per l’in-vasione della Sicilia inizialmente 181.000 uomini, dicui 115 000 britannici e 66.000 americani, nonché600 carri armati, 14.000 automezzi, 1.800 cannoni e3.462 aerei, di cui solo 2.510 efficienti e impiegabilioperativamente; di questi furono impiegati soltanto670 velivoli per il supporto diretto alle operazioni ter-restri. In totale, nelle fasi finali dell’operazione «Hu-sky» furono impiegati circa 478.000 uomini, di cui250.000 inglesi e 228.000 americani (2).

LO SBARCO ALLEATO E LE PRIME REAZIONI DELL’ASSE

Nella notte tra il 9 e 10 luglio 1943 venne attuato ilpiù grande sbarco anfibio mai tentato fino ad allo-ra, impiegando nel solo settore di costa compresotra le città di Gela e Scoglitti (Sicilia sud-orientale),580 navi da guerra e da sbarco, oltre a 1.124 mezzianfibi, che sbarcarono due intere Divisioni (la 1a aGela e la 45a a Scoglitti, per un totale di circa 40.000uomini suddivisi in 27 battaglioni).

L’urto iniziale fu sostenuto da 5 battaglioni delleunità costiere (XVIII Brigata costiera). Alle 02.55 il Co-mandante del CDXXIX battaglione costiero, Mag-giore Rabellino, segnalava parecchie imbarcazioninemiche che muovevano in direzione di Senia Fer-rata; le artiglierie costiere, che fino ad allora nonavevano sparato a causa della loro gittata nonadeguata, aprirono il fuoco sulle imbarcazioni in av-

vicinamento, svelando così le proprie posizioni. Subi-to iniziò il bombardamento navale della costa a co-pertura delle operazioni di sbarco per annientare lebatterie costiere.

La reazione italiana fu immediata: il Generale Guz-zoni, ricevute le prime notizie di lanci di paracadutistialle 01.10 del 10 luglio, diede ordine di cambiare lo«stato di allerta» in «stato di allarme» e alle 01.50 ordi-nò il brillamento dei pontili di Gela e Licata (3).

Alle 03.05 vennero segnalati i primi sbarchi a SeniaFerrata. Alle prime luci dell’alba del 10 luglio (ore03.37) il Maggiore Rabellino comunicò che il nemi-co cercava di sbarcare sulla destra del pontile diGela. Ma i soldati del CDXXIX battaglione costieronon avrebbero ceduto molto facilmente. I rangersinfatti dovettero battersi per conquistare ogni bun-ker e ogni trincea. Il fuoco incrociato delle mitraglia-trici sulla spiaggia era intenso, tanto che una com-pagnia di pionieri perse un intero plotone. La tena-cia dei difensori fu testimoniata dal numero di ca-duti del CDXXIX battaglione costiero che toccò lacifra di 197 tra morti e feriti, cioè il 45 per cento deglieffettivi (4). Alle 04.10 il Maggiore Rabellino comuni-cò che il nemico era riuscito a sbarcare e che vierano infiltrazioni dal lato del belvedere di Gela.

Infatti, sopraffatte le difese sulle spiagge, alcuniplotoni di rangers avanzarono rapidamente nellacittà, dove si accesero immediatamente aspri com-battimenti. Sul corso principale, un nucleo di Cara-binieri che vigilava sul centro della città (buona

Gli sbarchi nel settore del 134° reggimento

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parte della città era stata evacuata la mattina pre-cedente) sorprese i rangers. Iniziarono subito a spa-rare sui nemici, che colti di sorpresa ripiegaronotemporaneamente per riorganizzarsi e occupareposizioni più favorevoli. Nel frattempo sopraggiunse-ro altri americani, ma a dare man forte ai Carabi-nieri arrivarono alcuni giovani gelesi. Dopo circadue ore di combattimenti i Carabinieri, esaurite lemunizioni, vennero circondati e quindi sopraffatti,mentre i giovani gelesi accorsi in loro aiuto riusciro-no a rifugiarsi sul campanile della chiesa madre, dadove continuarono a resistere lanciando bombe amano.

In una viuzza nei pressi di piazza Umberto, il Tenen-te Lembo, del CDXXIX battaglione costiero, alla te-sta di un gruppo di soldati ostacolava l’avanzatadei rangers. Ma il nemico era troppo numeroso, euno dopo l’altro i suoi uomini caddero o fuggirono.Il Tenente, rimasto solo, uscì allo scoperto affrontan-do gli attaccanti con una pistola mitragliatrice, fin-chè non cadde ucciso.

Quando cominciò ad albeggiare, la resistenza siera di molto affievolita, ma dal campanile dellacattedrale e dal bunker dell’arco di Porta Marina sicontinuava a sparare.

Nel bunker dell’arco di Porta Marina, il CaporalMaggiore Cesare Pellegrini (Medaglia di Bronzo alValor Militare alla Memoria), rimasto da solo con la

mitragliatrice, continuava a resistereda quattro ore, inchiodando il nemi-co sulla battigia. Come ci raccontaNunzio Vicino nella sua opera, il ne-mico è costretto a sospendere leoperazioni di sbarco lungo il tratto dispiaggia in cui agisce il CaporalMaggiore Pellegrini con la sua mitra-gliatrice. Numerosi sono i corpi deinemici sulla spiaggia. Fino a quandouna pattuglia di rangers, guidata daun graduato di colore non lo circon-da, il Pellegrini rifiuta di arrendersi, fe-dele al giuramento di difendere finoall’estremo sacrificio il suolo patriodall’invasore, ma la pattuglia di ran-gers si è fatta ancora più sotto e ilgraduato di colore, penetrato all’in-terno del bunker, lo pugnala allespalle (5).

Già dalle 06.00 le poche sacche di resistenza era-no circondate e il Tenente Colonnello Darby, Co-mandante dei rangers, riferiva al Generale Pattonche il loro obiettivo era raggiunto; ma di lì a poco sisarebbe trovato ad affrontare gli intrepidi uominidel gruppo mobile «E», provenienti da Niscemi.

Intanto, in base agli ordini ricevuti, il Generale Con-rath, che dal 9 luglio si trovava con la sua Divisione«Hermann Göring» nell’area di Caltagirone, decisedi avanzare su due colonne. La colonna corazzatadi destra raggiunse Case Priolo alle 13.30, e impegnòin combattimento il II battaglione del 16th RegimentalCombat Team statunitense (1a Divisione). La colonnadi sinistra, in particolare la Compagnia carri «Tigre»,ebbe maggiori difficoltà, in quanto diverse volte icarri rimasero bloccati nelle strette stradine dei paesiattraversati (6). Superato il ponte sul Dirillo, questacolonna venne bloccata dall’attacco del I batta-glione del 180th Regimental Combat Team america-no (45a Divisione) e perse i contatti con la Divisione.A metà pomeriggio, questa colonna riprese i contat-ti col Comando di Divisione e rinnovò l’offensivacontro il I battaglione del 180th Regimental CombatTeam statunitense lungo la valle del Dirillo, riuscendoa catturare diversi prigionieri, tra cui il Comandantedel battaglione americano, Colonnello Schaefer.Ma grazie al provvidenziale intervento del III batta-glione del 180th Regimental Combat Team, che at-

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Reazione delle truppe dell’Asse il 10 luglio 1943 nel settore della XVIII Brigata Costiera

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taccò sul fianco la colonna di sini-stra, le sorti della battaglia furonosalvate e i tedeschi furono costrettia ritirarsi (7).

Il III battaglione del 33° reggi-mento fanteria della Divisione «Li-

vorno», dislocato nei pressi dellastazione di Butera, col compito difungere da riserva alla XVIII Briga-ta costiera, alle 04.37 ricevettel’ordine di muovere verso MontePoggio Lungo. Alle 08.10 circa,elementi nemici, stimati in circadue Compagnie, raggiunsero lependici sud di Monte Poggio Lun-go, mentre il III battaglione del 33°reggimento, comandato dal Te-nente Colonnello Bruni, raggiun-geva quasi contemporaneamen-te le pendici nord.

Alle 08.45 le posizioni del III bat-taglione del 33° venivano attac-cate incessantemente dal fuocodell’artiglieria nemica. Per tutta lamattinata, il Tenente ColonnelloBruni cercò di contrastare le duecompagnie di rangers americaniche si trovava di fronte e che ma-novravano tre cannoni italianicatturati, ma senza risultati ap-prezzabili.

Alle 11.30, dopo aver subito in-genti perdite, il Tenente Colonnel-lo Bruni si trovò a dover affrontarela contromanovra dell’avversarioe dovette quindi ripiegare sui ca-pisaldi di Poggio della Femmina edi Monte del Falcone.

Alle 05.40 il Generale Mariscal-co, Comandante della XVIII Briga-ta costiera, ordinava al gruppomobile «E», dislocato a Niscemi, dimuovere su Gela, per intervenirein aiuto del Comando del CDXXIXbattaglione costiero ormai circon-dato. Particolarmente significati-va è la testimonianza del SignorBruno Causin, allora Caporale ar-tigliere della 9a batteria del 54°reggimento artiglieria «Napoli», fa-cente parte del gruppo mobile«E» (8): «Arrivammo all’altezza del-l’aeroporto di Ponte Olivo che eragiorno. Gli americani erano giàsbarcati e avevano occupato ilpaese. Il Comandante della bat-teria era andato come al solitoavanti per vedere il posto doveschierarci coi cannoni. Aveva de-stinato il punto dove andare, maal di qua del paese di Gela, gliamericani avevano già sistematouna batteria da 105 mm. Tornòquindi indietro, ci diede i dati di ti-ro mentre eravamo ancora lungola strada e io li segnai sul gonio-metro, che essendo piccolo tene-vo sempre in tasca. Come siamoandati in posizione abbiamo spa-rato una salva di batteria, colpen-do la batteria americana col pri-mo colpo. Ricordo che l’aiutantemi raccontò che aveva visto l’in-ferno scatenarsi sulla batteria ne-mica, soldati morti, cannoni rove-sciati. Dopo continuammo a spa-rare per coprire l’avanzata dellafanteria. Ma non appena inter-venne la marina ... mammamia.... Ci arrivò addosso un infer-no di fuoco e acciaio. I colpi cipassavano sopra, però qualcunoarrivò anche a 40-50 metri dallanostra posizione, ricoprendoci let-teralmente di terra, ma noi conti-nuammo a sparare fino alle 10.30-

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SopraPostazioni a mare di un battaglionecostiero (Archivio privatoAvv. Primaverile)

SottoLapide posta sul Monte Castelluccio,nella piana di Gela

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11.00, e ricordo che il sole ci bru-ciava».

Alle ore 07.30 la 155a compa-gnia bersaglieri prendeva contat-to con il nemico all’altezza delpassaggio a livello sulla rotabileNiscemi-Gela (SS 117), e qui ven-ne bloccata dall’intenso fuocodell’artiglieria navale nemica.Contemporaneamente la 2a

compagnia del CII battaglionecontrocarri si schierava a daresupporto diretto alla compagniabersaglieri, ma avanzando si ritro-vò a meno di trecento metri daposizioni nemiche situate tra leabitazioni, che fino a quel mo-mento non si erano ancora svela-te. Fu quindi fatta segno a fuocoda parte dei mortai e delle arti-glierie leggere nemiche che di-strussero diversi pezzi e causaronoparecchie perdite, tra cui il Sotto-tenente Bazzoli Righini, che cad-de colpito a morte mentre, incu-rante del violento bombarda-mento, continuava imperterrito leoperazioni di preparazione del ti-ro. Il Tenente Colonnello Contidiede allora l’ordine alla compa-gnia carri di attaccare, in mododa sfondare la linea avversaria. Itre plotoni carri comandati dalCapitano Granieri attaccarono aondate successive. Il Tenente Co-lonnello Darby vedendo avanza-re i carri chiese l’intervento dell’ar-tiglieria navale, ma questa non fe-ce in tempo ad aggiustare il tiroche i carri erano già penetrati al-l’interno della città. Superati glisbarramenti anticarro e penetratiper le vie di Gela, i plotoni elimi-navano i centri di fuoco che simanifestavano lungo la strada,cercando di neutralizzare quelliche si erano annidati all’internodelle case (9).

Ecco come Hugh Pond descri-ve la scena nel suo libro: «I carrisparavano senza fermarsi, facen-do roteare le torrette e rovescian-do proiettili su tutti i bersagli possi-bili, con un’audacia che destòl’ammirazione persino degli speri-colati rangers» (10). La battagliadurò a lungo; il nemico, nono-stante avesse una superiorità nu-merica in uomini e mezzi, venne atrovarsi in seria difficoltà. Due carripenetrarono fin dentro l’abitato.Alle 08.30 uno dei carri, quello delTenente Navari che, incurantedel fuoco di cui era fatto ogget-to, era riuscito a penetrare fino apiazza Umberto I, dove aveva se-de il Comando americano. Lestrade, prima gremite di soldatiamericani, si fecero deserte e ilnemico credette che la presenzadi quel carro annunciasse l’immi-nente arrivo delle forze italianeche stavano contrattaccando.

Il Tenente Colonnello Darby,Comandante dei rangers, si tro-vò di fronte questo carro cheavanzava verso di lui sparandoall’impazzata, incurante dellareazione nemica. Afferrato unbazooka, gli sparò contro un raz-zo, ma mancò il bersaglio. Ricari-cò il bazooka e questa volta col-pì in pieno il carro, immobilizzan-dolo. Il Tenente Navari uscì dallatorretta del carro con la pistola inpugno, ma venne centrato daun colpo di fucile alla fronte (11)(sarà ricompensato con la me-daglia d’Argento al Valor Militarealla Memoria).

L’altro carro, con a bordo il Car-rista Antonio Ricci e il SergenteCannella, avanzò all’interno delcentro abitato. A un certo punto,vicino a Porta Caltagirone, vistoche l’abitacolo era pieno di fumo

per gli spari del cannoncino edella mitragliatrice, si fermò perorientarsi prima di procedere conla marcia. Il Sergente Cannellaera sotto shock, scese allora ilCarrista Ricci, ma non appenasaltò fuori dal carro venne uccisodalle schegge di alcune granatelanciate contro di loro. Il SergenteCannella ripartì rabbiosamenteverso il centro cittadino, ma, su-perata Porta Caltagirone, investi-to da un diluvio di fuoco, fu co-stretto a ritirarsi e tornò indietroverso la piana di Gela. Poco pri-ma di uscire dall’abitato vennecentrato da un cannone anticar-ro. Commovente è la scena de-scritta da Augello nel suo libro:«Le lamiere rimangono squassate,il carro fuma come una pentola avapore. Da quella ferraglia con-torta emerge stordito, ma vivo, ilSergente Cannella. Barcolla inmezzo alla strada, mentre qual-che gelese alla finestra gli battele mani commosso e una giova-ne donna esce di casa soccor-rendolo, abbracciandolo. Davan-ti a questa scena anche i militariamericani, che lo hanno colpito,dopo qualche esitazione gli van-no incontro e gli stringono la ma-no, prima di farlo prigioniero» (12).

Alle 11.00, constatata l’impossi-bilità materiale di mantenere leposizioni raggiunte, dopo aver su-bito pesanti perdite e trovandosiancora sotto l’incessante martel-lamento dell’artiglieria navale (trale 08.00 e le 12.55 le navi da guer-ra americane spararono 572 colpidi grosso calibro solo sul gruppomobile) (13), il Tenente ColonnelloConti dovette dare l’ordine di ar-retrare fino a Monte Castelluccio,nei pressi dell’aeroporto di PonteOlivo sulle posizioni della difesa fis-

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sa. Il gruppo mobile «E» parteci-perà comunque, come vedremoin seguito, anche alla controffen-siva del giorno successivo.

11 LUGLIO 1943: IL CONTRATTAC-CO DELL’ASSE

Già la mattina del 10 luglio ilGenerale Guzzoni, una volta de-lineatosi il quadro delle opera-zioni in corso, vedendo le zoneinteressate dagli sbarchi e le di-rettrici di attacco del nemico,fece una prima valutazione stra-

tegica della situazione. Conside-rato l’amplissimo tratto di costainteressato dagli sbarchi, e repu-tando impossibile reagire dovun-que con le forze a sua disposi-zione, decise di sferrare un mas-siccio contrattacco contro le treteste di sbarco da lui ritenute piùpericolose ai fini della tenuta delfronte: Gela, Licata e Augusta-Siracusa (14).

Diede, quindi, disposizioni affin-ché le due Divisioni eseguissero,alle ore 06.00 dell’indomani 11luglio, un attacco contempora-neo «a testa bassa», in concomi-

tanza con un attacco aereo chesarebbe stato effettuato aquell’ora. La Divisione «Livorno»,che avrebbe ricevuto in concor-so anche i resti del gruppo mobi-le «E», avrebbe attaccato adovest della statale 117, mentre la«Hermann Göring» a est di dettarotabile. Obiettivo del contrat-tacco era quello di isolare,agendo dai due lati con un’azio-ne a tenaglia, la testa di sbarcodalle spiagge. I movimenti perassumere lo schieramento dove-vano essere effettuati durante lanotte, in modo che prima dell’al-

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Contrattacco della Divisione «Livorno» dell’11 luglio 1943

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ba i reparti fossero già in posizio-ne (15).

In base agli ordini ricevuti, i dueComandanti di Divisione pianifi-carono nel dettaglio lo schiera-mento da assumere e le rispetti-ve direttrici d’attacco, nonché lemodalità di coordinamento.

Il Comandante della Divisione«Livorno», Generale Chirieleison,decise di assumere un dispositivod’attacco su tre colonne: la co-lonna di sinistra, costituita dai re-sti del gruppo mobile «E», un bat-taglione di fanteria e un gruppodi artiglieria, doveva muovere

lungo la piana di Gela, a ovestdella SS 117; la colonna centrale,composta da due battaglioni difanteria e un gruppo di artiglie-ria, doveva muovere a cavalieredella strada Butera-Gela; mentrela colonna di destra, compostada un battaglione di fanteria eun gruppo di artiglieria, dovevaproteggere il fianco destro dellaDivisione da eventuali minacceprovenienti da Licata.

Anche il Generale Conrath,Comandante della Divisione«Hermann Göring», decise di as-sumere un dispositivo su tre co-

lonne d’attacco, così suddivise:la colonna di sinistra, compostadal reggimento Panzergrenadiere dalla compagnia carri «Tigre»,doveva muovere lungo la valledel fiume Dirillo, Senia Ferrata-Gela; la colonna centrale, com-posta da un battaglione carri eun gruppo di artiglieria, dovevamuovere da Case Priolo versoCase Spinasanta-Gela; la colon-na di sinistra, composta da unbattaglione carri ed un batta-glione genio, doveva muoverelungo la piana di Gela a est del-la SS 117.

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Controffensiva della Divisione «Hermann Göring» dell’11 luglio 1943

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AZIONE DELLA COLONNA D’ATTACCO DI SINISTRA DELLA DIVISIONE «LIVORNO»

La colonna d’attacco di sinistraera composta dai resti del grup-po mobile «E», che si trovava giàschierato tra il Castelluccio e leposizioni della difesa fissa dell’ae-roporto di Ponte Olivo, da unaCompagnia mortai e dal III bat-taglione del 34° reggimento difanteria comandato dal TenenteColonnello Leonardi.

La linea avanzata della testa

di sbarco si snodava lungo unaserie di colline distanti circa 800metri da Monte Castelluccio, ei l terreno per raggiungerle sipresentava completamentescoperto e privo di appigli tatti-ci (16).

Al le 05.15 arr ivò l’ordined’operazione, che descriveval’azione delle due Divis ioni;l’orario previsto per l’attacco,che doveva essere simultaneo estrettamente coordinato, erastato fissato per le 06.00, prece-duto da dieci minuti di prepara-

zione di artiglieria e da un con-temporaneo attacco aereo. Pe-rò alle 05.50 il Colonnello Marti-ni, Comandante della colonna,non era ancora arrivato sul po-sto, e il Maggiore Artigiani, Co-mandante del I gruppo del 28°reggimento artiglieria, era arri-vato a Monte Castelluccio sola-mente alle 05.30 e non riuscivaad avere il collegamento radiocon le batterie. Il Tenente Co-lonnello Leonardi attese fino alle06.30, ora in cui nove bombar-dieri italiani «Cant Z. 1007 bis»attaccarono la flotta america-na alla fonda di fronte a Gela(17). Vedendo ciò, non avendocollegamenti radio e temendoche un ulteriore ritardo avrebbepregiudicato l’esito delle con-temporanee azioni delle duecolonne che dovevano operareai suoi lati e che costituivanol’asse principale del contrattac-co, decise d’iniziativa di dareinizio all’attacco senza attende-re oltre l’arrivo del Comandantedel reggimento e la preparazio-ne dell’artiglieria, cercando disfruttare al meglio le armi di ac-compagnamento a disposizio-ne. I reparti iniziarono il movi-mento, e subito furono investitidal fuoco di armi automatichee di artiglieria campale. Nono-stante tutto, la prima linea dellatesta di sbarco, situata tra Pog-gio Frumento e Poggio Mulinaz-zo, fu conquistata intorno alle08.00. Furono catturati circa uncentinaio di prigionieri che furo-no avviati verso Monte Castel-luccio, e da qui verso Niscemi.

Intanto il Maggiore Artigiani erariuscito a mettersi in contatto colsuo gruppo, che era entrato im-mediatamente in azione.

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Azione svolta dalla colonna Martini l’11 luglio 1943

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Emblematica sulla situazionedel momento e sullo stato d’ani-mo di quanti s i t rovarono acombattere l’11 luglio nella pia-na di Gela è la testimonianzadel Signor Cristani Raffaele, al-l’epoca Sottotenente del 28°reggimento di artiglieria: «Quan-do siamo arrivati quassù (MonteCastelluccio n.d.r.), la visione

del mare gremito di navi è statasconvolgente. Sconvolgenteper la sensazione precisa di unaguerra perduta che abbiamoavuto tutti. Il ricordo più ricor-rente di quel giorno è la neces-sità, allora io giovane Ufficiale,di convincere i miei uomini, an-che ultra quarantenni, a muo-versi perché erano quasi paraliz-zati dall’impressione. Io stessoero abbastanza impressionatoed emozionato da tutto questo,ma dovevamo badare a quelloche stavamo facendo, quindic’è voluto qualche grido e an-che qualche minaccia per riu-scire a smuoverli, ma in pochiminuti sono usciti da quella spe-cie di sbigottimento e torporeche li aveva presi» (18).

Subito dopo aver espugnatoquesta prima linea nemica, lacolonna iniziò l’attacco alla se-conda linea, svelatasi inaspetta-tamente a circa 500 metri dallaprima. Fu in questo preciso mo-mento, erano le 08.30, che l’arti-glieria navale, e più precisa-mente i cannoni dell’incrociato-re Savannah (armato con 15cannoni da 152 mm e otto da

127 mm) (19), aprì il fuoco con-tro la colonna di sinistra della«Livorno». Significativa è la testi-monianza del Tenente Messina,effettivo al III battaglione del34° reggimento, raccolta daJohn Follain nella sua opera:«Avanzava da circa un’ora eaveva ormai attraversato metàdella piana, quando udì soprala sua testa il sibilo di un proietti-le enorme, che gli scoppiò allespalle.[...]Si rotolò al suolo neltentativo di sfuggire alla valan-ga di fuoco. Sotto la violenzadei proiettili la terra intorno a luisembrava ribollire come l’ac-qua in una pentola. [...] Carnecontro acciaio, uomini contronavi, pensò mentre il suo corpocominciava a tremare senzacontrollo» (20).

Il fuoco dell’artiglieria navaleaprì larghi vuoti tra le fila del IIIbattaglione del 34°, che perraggiungere la seconda lineanemica, sotto la tempesta diferro e di fuoco scatenatasi, im-piegò ben tre ore. Alle 11.00 cir-ca anche la seconda linea fusfondata, ma i reparti erano du-ramente provati. A questo pun-to gl i americani r ipiegaronodentro Gela, e il III battaglionedel 34°, appena si fu riordinato,si spinse ancora in avanti, fino alposto di blocco di Gela, alloscopo di incalzare l’avversario ediminuire la distanza, in mododa conquistare una buona basedi partenza per il reparto che liavrebbe dovuti eventualmentescavalcare per proseguirel’azione in profondità e riconqui-stare l’abitato.

A questo punto il ColonnelloMartini, viste le precarie condi-zioni in cui versava il battaglio-

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SopraPiana di Gela,veduta del Castelluccio

SottoBunker situati sul Monte Zai(zona di attacco della colonnaMona)

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ne, ordinò al Tenente Colonnel-lo Leonardi di fermarsi e disporsia difesa, in modo da respingereun eventuale contrattacco ne-mico, in attesa di essere scaval-cati da altre unità già richiesteal Comando di Divisione.

Intanto il nemico continuavaa martellare le posizioni tenutedal battaglione. Alle 13.00, siseppe che la colonna di destraera stata distrutta da truppe co-razzate provenienti da Licata, eche i tedeschi stavano ripiegan-do su Caltagirone; il battaglionerimaneva quindi isolato nellapiana di Gela.

Alle 24.00 il Colonnello Martiniimpartì l’ordine di ripiegare suMonte Castelluccio col compitodi costituire un caposaldo peruna resistenza ad oltranza, percoprire il movimento di ripiega-mento degli altri reparti della Di-visione su nuove posizioni. Unacompagnia fu, quindi, lasciatasul posto per coprire il ripiega-mento del battaglione. Questaresistette per circa un’ora al se-condo contrattacco notturno,dopodiché venne sopraffatta esolamente una parte di essa riu-scì a ripiegare sul Monte Castel-luccio. I resti del battaglione,decimato dalle numerose perdi-te tra morti e feriti, con i restidella 155a compagnia bersa-glieri si organizzarono alla me-glio per la difesa sul Monte Ca-stelluccio. Gli americani man-darono allora avanti una colon-na corazzata per annientare leunità italiane in ritirata; ripren-diamo la testimonianza dell’arti-gl iere Causin: «Gli americaniavevano mandato avanti settecarri armati lungo la Strada Sta-tale 117. Io ero il quarto pezzo e

mi trovavo vicino alla strada. IlComandante chiamò tutt iquanti i puntatori e ci disse: “TuCausin prendi il primo (il primopezzo), e tu prendi l’ult imo,quell’altro lì il penultimo e l’altroil secondo”, sicchè erano quat-tro quell i che noi dovevamocolpire, però ce ne sarebberostati altri tre che non sarebberostati colpiti. Lui ci disse “Quandoio sparerò il colpo di pistola inaria voi sparate”. Li fece venireavanti fino a una distanza di 80metri, io sul cannocchiale li ve-devo come da qui a lei, e ricor-do che il primo colpo che spa-rai lo presi sotto, tra la terra ed ilcingolo ed il carro armato si fer-mò. Poi il secondo colpo lo pre-se in pieno e il carro s’incendiò.Subito sparai a un altro; alla finesolamente due r iuscirono ascappare. Ma poi dopo la mari-na ... mamma mia ... hanno tira-to tante di quelle bombe. Laterra sembrava ribollire; per for-tuna che avevamo una posizio-ne meravigliosa, cioè c’era unfosso fatto dal personale delcampo di aviazione, e noi ave-vamo quindi come protezioneuna specie di argine e la boccada fuoco era rasente. Però unagranata della marina ci preseproprio sul paraschegge, e ri-cordo che il cannone saltò peraria, ed io che ero seduto sul se-diolino, senza neanche accor-germene mi ritrovai per terra,tutti quanti pieni di terra, e ilcannone tornò giù di nuovo conun tonfo sordo, ed il Tenente gri-dava “Fuoco, fuoco”, e iniziam-mo a sparare a vista; c’eranotantissimi americani che veniva-no avanti di qua e di là, eranodappertutto e quando succe-

deva così, come avevamo im-parato durante le istruzioni sisparava un colpo qua un colpolà, in maniera da tenere il nemi-co sempre in allerta, che nonvenisse avanti, e allora si spara-va un colpo più vicino, un colpopiù lontano. Riuscimmo comun-que a respingerli» (21).

Alle 02.30 la colonna Leonardidovette far fronte al terzo con-trattacco nemico opponendoun’accanita resistenza, riuscen-do a resistere fino alle 7 circa,quando i pochi superstiti venne-ro sopraffatti e catturati (22).Dopo essere stati catturati, i pri-gionieri vennero condotti allavolta di Gela. Per comprenderemeglio le emozioni dei soldatiitaliani e della popolazione diGela, è bene riportare la testi-monianza del Tenente Colon-nello Leonardi, dal suo «Diario diun battaglione», ripresa ancheda Nunzio Vicino nel suo libro«La battaglia di Gela»: «Il picco-lo drappello di prigionieri proce-deva lentamente verso Gela[...]. Era sfinito, lacero, insangui-nato [...]. Il drappello giunse aGela [...]. Ma ora vi entravamoda vinti e non da vincitori! Pas-sammo per le vie della città.Molta gente era commossa epiangeva anche. Non pochi cioffrirono pane, acqua, sigaret-te, e avrebbero dato chissà co-s’altro se i soldati di scorta loavessero permesso! Un piccolovecchietto, che si reggeva ap-pena sul bastone, si avvicinò eci strinse la mano. Forse avevavisto .. . forse sapeva! Ma gl iamericani lo allontanarono im-mediatamente. In mezzo a tan-to popolo buono non mancaro-no però gli apatici, gli indifferen-

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ti. Non mancarono anche colo-ro che ci derisero e persino insul-tarono perché avevamo osatocombattere.... Pochi, ma nonmancarono [...]. Fieri e superbiper il dovere compiuto, alzam-mo la testa stanca e ci avviam-mo silenziosamente verso la no-stra dura prigionia» (23).

AZIONE DELLA COLONNA D’ATTACCO DI DESTRA DELLA DIVISIONE «LIVORNO»

La colonna d’attacco di de-stra, comandata dal ColonnelloMona, Comandante del 33°Reggimento, era costituita dal Ibattaglione del 33° fanteria e

dal I battaglione del 34° fante-ria. Alle 05.00 circa ricevetterol’ordine di contrattaccare suGela. Alle 07.30, dopo aver as-sunto lo schieramento sui Montidell’Apa e Zai, iniziarono l’avan-zata verso Gela. Il I del 33° do-veva avanzare sulla destra dellarotabile Butera-Gela, mentre il Idel 34° sulla sinistra. All’inizio l’at-tacco si sviluppò senza una resi-stenza apprezzabile. Verso le09.00 le due unità vennero ber-sagliate dal fuoco delle artiglie-rie navali e terrestri, e ogni ten-tativo di agganciare le unità ne-miche fallì di fronte alle rapidemanovre elusive dei mobilissimireparti motocorazzati nemici. Al-le 10.30 circa il reparto esplora-tori aveva raggiunto il passag-gio a livello della rotabile Bute-ra-Gela, mentre le compagnieavanzate erano all’altezza delkm 28 della stessa rotabile. Fu aquesto punto che il nemico ef-fettuò delle puntate offensivecon mezzi blindati, ma i repartiavanzanti riuscirono a prosegui-re il loro movimento verso la cit-tadina facendo uso sia delle ar-mi controcarri a loro disposizio-ne, sia dell’appoggio dell’arti-glieria. Arrivati nei pressi del pas-saggio a livello di Casa Femmi-na Morta, nelle immediate vici-nanze dell’abitato, i mezzi nemi-ci si ritirarono, dando l’impressio-ne ai reparti attaccanti di nonavere più alcun ostacolo difronte, sennonché si scatenònuovamente un violentissimofuoco di repressione da partedelle artiglierie navali e degliaerei. Alle 11.30 una colonnacorazzata nemica provenienteda Licata attaccò l’ala destradella colonna Mona, minac-

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Azione della colonna Mona dell’11 luglio 1943

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ciando anche le posiz ioni diMonte dell’Apa e Monte Zai.

Se fossero state perse questeposizioni, le due colonne (la de-stra e la fiancheggiante) sareb-bero rimaste isolate. Nel primopomeriggio, la colonna Monasubì un violento contrattaccoda parte dei rangers americani,che dopo aver attraversato iltorrente Gattano si spinsero finoal km 28 della rotabile Butera-Gela, accerchiando i repartiavanzati (24).

I due battaglioni furono quindibersagliati nuovamente dall’arti-glieria e da attacchi aerei; cer-carono disperatamente di rom-pere l’accerchiamento, resisten-do fino alle 15.30 circa, ora in cuifurono sopraffatti e i superstiticatturati, compresi i due Coman-danti di Battaglione, mentre delColonnello Mona non si avevanonotizie (il Colonnello Mona riuscìa sfuggire alla cattura, e presen-tatosi al Comando Divisione,confermava l’accaduto). Quindi,il Generale Chirieleison diedel’ordine di ripiegamento sulle po-sizioni di partenza alle altre duecolonne (sinistra e fiancheggian-te), in quanto rimanevano sbilan-ciate in avanti nella piana di Ge-la (25).

AZIONE DELLA COLONNA FIAN-CHEGGIANTE DELLA DIVISIONE«LIVORNO»

Alle 05.40 dell’11 luglio, il bat-taglione ricevette l’ordine dicontrattaccare su Gela alle ore

06.00, con direttrice d’attaccoa cavallo della rotabile stazionedi Butera-Gela (26).

L’attacco però non poté inizia-re prima delle 07.25 (le tre com-pagnie infatti erano schierate suuna fronte di circa 3,5 chilometri,e i collegamenti avvenivano soloper mezzo di staffette).

Alle 16.30 circa durante il movi-mento di avvicinamento, arrivatoall’altezza di Manfria, il battaglio-ne veniva sottoposto a un violen-to fuoco di artiglieria navale eterrestre. Contemporaneamente,una colonna motocorazzata ne-mica, seguita da reparti di fante-ria provenienti da Licata, attac-cava il lato destro del battaglio-ne, ma grazie all’intervento deicannoni da 47/32 e delle batteriedel IV gruppo del 28° artiglieria,tre mezzi nemici venivano distrut-ti, mentre gli altri si ritiravano (27).Verso le 17.30 si profilava un se-condo attacco di mezzi blindatinemici sulla fronte e sul fianco si-nistro del battaglione, mentrel’artiglieria navale riprese a batte-

re il fianco destro di detta unitàper appoggiare una nuova pun-tata offensiva degli elementi pre-cedentemente respinti. Anchequesti contrattacchi furono con-tenuti grazie al fuoco dei canno-ni da 47/32 e delle batterie del IVe II gruppo del 28°. A questo pun-to però, per evitare di essere ac-cerchiato, il Tenente ColonnelloMastrangeli diede l’ordine alleunità superstiti di ripiegare sulleposizioni di partenza. A coperturadel movimento fece schierare la6a compagnia rinforzata da unplotone cannoni da 47/32 alloscopo di sbarrare la strada aeventuali puntate offensive nemi-che provenienti dalla strada sta-tale 115 in direzione della stazio-ne di Butera. Alle 20.00 i resti delbattaglione erano ripiegati sulleposizioni di partenza (28). Intanto,alla stessa ora, cessava la resi-stenza delle posizioni di MonteLungo e Manfria, che, accerchia-te già dal giorno 10, avevano re-sistito fino al pomeriggio inoltratodell’11.

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Sbarco sulla spiaggia di Torre di Gaffe,denominata “Red Beach” - Gela, 10luglio 1943

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AZIONE DELLA DIVISIONE «HER-MANN GÖRING»

Alle 06.00 la colonna di sinistradella «Hermann Göring», com-posta dal reggimento Panzer-grenadier e dalla compagnia dicarri «Tigre», iniziava l’attaccoraggiungendo facilmente la fo-ce del Dirillo e da lì Senia Ferra-ta, seguendo la linea ferroviariacostiera che da Vittoria portavaa Gela (29). Per comprenderemeglio quei momenti convulsi

della battaglia, risulta significati-va la testimonianza del Capora-le Werner Hahn, cannoniere suun carro armato «Tigre», raccol-ta dall’autore John Follain: «Alle11.00 del mattino, a quasi 13chilometri da Gela, udì il Co-mandante del suo Panzer grida-re: “carro armato nemico a sini-stra. [...]”. Hahn ruotò la torrettaa sinistra, più in fretta che potè.Valutò approssimativamente in600 metri la distanza dal carroarmato[...]. Il proiettile colpì lo

Sherman, che si incendiò. [...]Hahn fece fuoco di nuovo, que-sta volta contro uno Shermanche si trovava a 1 500 metri. [...]Di tanto in tanto le nuvole difiamme e polvere provocatedall’artiglieria nemica, dai mor-tai e dalle armi anticarro gl ioscuravano la visuale[...]. Erauno sbarramento peggiore diquelli che si era trovato ad af-frontare in Russia. [...] Con il pro-trarsi della battaglia la tempera-tura dentro il carro salì vertigino-

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Azione del II/33° dell’11 luglio 1943

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samente. All’esterno c’eranocirca 35 gradi all’ombra, maall’interno del carro Hahn valutòche dovevano essere tra i 50° ei 60°» (30).

La colonna di destra partì daPonte Olivo solo alle 07.45. Alle08.00 partì la colonna centrale,che, superata la resistenza op-posta dalle truppe alleate a Ca-se Priolo, si diresse su Case Spi-nasanta, per poi ricongiungersicon la colonna di destra nellapiana del Signore, arrivando acirca 1 000 metri dalla spiaggia.

Tutte e tre le colonne avanza-rono quasi indisturbate, in quan-to gli americani non avevano adisposizione carri armati perchè,non trovando posto sui mezzi dasbarco più piccoli, dovevano es-sere sbarcati tramite dei pontiligalleggianti proprio quella mat-tina intorno alle 11.00; inoltreavevano penuria di armi contro-carri in quanto tutta la dotazio-ne del 26th Regimental CombatTeam statunitense (1a Divisione)era trasportata sulla nave dasbarco LST-313 che era affonda-ta il giorno prima durante un at-tacco aereo da parte della Luft-waffe.

Alle 08.29 l’incrociatore Sa-vannah iniziò a far fuoco sullacolonna corazzata di destra,mentre alle 08.47 il cacciatorpe-diniere Glennon apriva il fuocosulla colonna centrale che daCase Priolo si stava già dirigen-do verso Spinasanta (31). Nono-stante l’infernale sbarramentoscatenato dalle unità navaliamericane, l’avanzata della Di-visione «Hermann Göring» nonfu arrestata.

Alle 11.00 la Divisione avevasuperato a sinistra Senia Ferrata,

al centro Case Spinasanta e adestra Case Aliotta; i carri arma-ti sembravano inarrestabili. Trale fila nemiche si vissero attimi didisperazione; molti ormai pensa-vano che la testa di sbarco fos-se perduta. Fu proprio a quel-l’ora, alle 11.00 circa, che il Co-mando della VI Armata inter-cettò un messaggio in chiaro,attribuito al Generale Patton, incui si diceva di sotterrare i ma-teriali sulle spiagge e prepararsial reimbarco. Gli americanihanno sempre smentito tale co-municazione radio, che peraltronon trova riscontro nei loro ar-chivi. Piuttosto, come scrive lostorico Hugh Pond, l’episodiosarebbe da attribuire a qualcheUfficiale superiore che, vista lasituazione disperata in cui si tro-vava il proprio reparto, avevapreso l’iniziativa di trasmetterequel messaggio (32).

Tuttavia proprio quando la si-tuazione sembrava ormai volge-

re totalmente a favore delletruppe dell’Asse, ecco che fe-cero la loro comparsa aerei tat-tici americani che attaccaronole immediate retrovie italo-tede-sche. Contemporaneamenteuna colonna corazzata con 250paracadutisti dell’82a Divisioneaerotrasportata statunitense,comandati dal Colonnello Ga-vin e provenienti dal settore diScoglitti, attaccò sul fianco e al-le spalle la colonna di sinistradella «Hermann Göring».

Alle 14.00 le colonne di destrae centrale, dopo essere statedecimate dal fuoco delle arti-glierie navali, e sotto la crescen-te minaccia dei reparti prove-nienti da Scoglitti e dai mezzicorazzati che gli americani era-no riusciti a far sbarcare su Ge-la, dovettero iniziare il ripiega-mento sulle basi di partenza.

Solo la colonna di sinistra con-tinuò a combattere lungo la li-nea ferrata Vittoria-Gela fino asera, ma alle 21.30, su ordinedel Generale Rossi (Comandan-te del XVI Corpo d’Armata, re-sponsabile per la condotta delcontrattacco dell’11 luglio), do-vette ripiegare, in quanto era ri-masta l’unica colonna protesasu Gela.

A fine giornata le perdite delleforze italo-tedesche furono no-tevol i . La Divis ione «Livorno»aveva perso la sua capacità of-fensiva a causa delle ingentiperdite subite; infatti al terminedella giornata tra morti, feriti,prigionieri e dispersi aveva per-so 214 Ufficiali e 7.000 tra Sottuf-ficiali e truppa su un totale di 11400 uomini.

La Divisione «Hermann Göring»aveva perso 30 Ufficiali e 600 tra

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Monumento ai caduti della battagliadi Gela

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Sottufficiali e truppa su un totaledi 8 739, mentre dei 99 carri im-piegati ne furono messi fuoricombattimento 43 (33).

Buona parte di tali perdite fu-rono dovute all’efficacia del tirodelle artiglierie navali, che ave-vano potuto operare quasi indi-sturbate, senza essere contro-battute né da mezzi navali néda significativi attacchi aerei.La battaglia di Gela, che avevavisto i soldati dell’Asse sul punto

di occupare l’abitato e ricac-ciare in mare il nemico, era or-mai persa e il XVI Corpo d’Ar-mata, a meno di ricevere even-tuali rinforzi, aveva esaurito buo-na parte delle riserve mobili asua disposizione.

LE STRAGI DELL’AEROPORTO DISANTO PIETRO

L’aeroporto 504, denominato

dagli Alleati aeroporto di Biscari,ma dislocato sull’altopiano diSanto Pietro (territorio di Calta-girone), era gestito dai tedeschie aveva soprattutto la funzionedi pista ausiliaria per i caccia.Qui non erano dislocati repartifissi dell’aviazione, ma solo la di-fesa controaerea, costituita datre batterie della Milizia (34), e ireparti del Regio Esercito facen-ti parte della difesa fissa. Questireparti erano comandati dalMaggiore Quinto ed erano co-stituiti dall’11a compagnia del IVbattaglione del 120° reggimen-to fanteria, una compagnia del153° battaglione mitraglieri edue batterie da 149/12, disloca-ti come da piantina riportatanella tavola n° 19, per un totaledi 500 uomini circa (35).

Alla difesa dell’aeroporto con-correva anche il gruppo mobile«H» del Tenente Colonnello Cixi,dislocato a Caltagirone. Il suoorientamento d’impiego eraquello di intervenire in rinforzoalla difesa fissa dell’aeroporto diSanto Pietro, ed era così com-posto:• 9a compagnia del 76° reggi-

mento fanteria, rinforzata daun plotone mitraglieri;

• 1 plotone mortai da 45, 1 plo-tone mortai da 81 del 76° reg-gimento fanteria;

• 3a compagnia del CIII batta-glione controcarri;

• 7a batteria del 54° reggimentoartiglieria;

• 2a compagnia carr i «Fiat3000».Fin dal 10 luglio i reparti della

difesa fissa e del gruppo mobilesi erano trovati ad affrontare re-parti di paracadutisti statuniten-si scesi nella zona. Il 13 l’aero-

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Tavola n. 19

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porto fu sottoposto a un intensofuoco d’artiglieria nemica. Alle15.00 l’artiglieria dell’aeroportoapriva il fuoco su elementi del180th Regimental Combat Teamamericano che si trovavano suPiano Stella. Nella compagnia«A» di questa unità americanavi era il Sergente West, il qualeracconta che mentre salivanosulla collina dove era situatol’aeroporto, la mattina del 14,furono attaccati da cecchini edal fuoco di mortai.

Un’ora dopo gl i americanimettevano piede al l’ internodell’aeroporto, catturando i di-fesori. A questo punto il Maggio-re Denman, Comandante del-l’unità appartenente al 180th Re-gimental Combat Team, conse-gnò al Sergente West un gruppodi 46 prigionieri, col compito discortarli nelle retrovie (36). Que-sti gli fece togliere le camicie ele scarpe, per impedire chescappassero, e li fece incammi-nare lungo la strada per Biscari.Poco dopo nove prigionieri ven-nero prelevati dall’Ufficiale S2del reggimento (l’addetto alleinformazioni) che li portò via.Ma vediamo la testimonianza,raccolta da Gianluca di Feo eripresa dal Prof. Bartolone nellasua opera, dell’unico superstitedella imminente strage, l’aviereGiannola: «[...] Dopo quattrogiorni di combattimento aveva-mo alzato le braccia[...] Mentregli americani ci spogliavano iopensavo alla festa, pensavo acasa. Poi abbiamo camminatosotto il sole; saremo stati in cin-quanta, tutti senza scarpe, atorso nudo, in mutande o con ipantaloni corti. Dopo qualcheora ci hanno fatto fare una so-

sta, stavamo seduti in un cam-po al l’ombra degli ul ivi . [ . . .]Tempo un quarto d’ora e ci sia-mo alzati di nuovo: ci hanno fat-to mettere su tre file. [...] A quelpunto gli americani hanno co-minciato a sparare. Sono statocolpito subito: un proiettile miha spezzato il polso e mi sonobuttato a terra. Ho fatto solo intempo a fissare l’immagine diquel Sergente gigantesco, con iltatuaggio sul braccio, che im-pugnava il mitra. Poi i corpi de-gli altri mi sono caduti addosso.[...] Sono rimasto immobile perun paio d’ore, finché il silenzionon è diventato totale. Lenta-mente, quasi paralizzato dallapaura, ho spostato i corpi e misono alzato. Ho fatto solo intempo a guardarmi attorno edè arrivata la fucilata. Ricordo ilbotto e il calore che mi brucia-va la testa. Sono caduto, sor-preso d’essere ancora vivo. Ilproiettile mi ha preso di striscio[...]. Con la faccia a terra cre-devo di non avere più scampo,invece nul la. Non so quantotempo sia passato. Mi dicevo:non muoverti. Ma avevo sete. Ilpolso spezzato e la ferita alla te-sta mi bruciavano. Il dolore hasuperato la paura. Mi sono mos-so carponi, temendo un altrosparo. Ho camminato così finoad una strada sterrata. [...] Èpassata un’ambulanza e si èfermata. Si sono resi conto cheero un italiano, ma mi hannodato da bere e bendato le feri-te con attenzione. Poi a gesti mihanno fatto capire di restare vi-cino alla strada: “verranno aprenderti”. [...] È arrivata una je-ep con tre soldati. Quelli sonoscesi, penso mi avessero scam-

biato per uno di loro. Mi parla-vano sorridendo, poi si sono ac-corti che non capivo. Li ho vistiguardarsi in faccia, quello con ilfucile ha indicato all’altro la je-ep, lo ha mandato via. È rima-sto solo, in piedi, di fronte a me.Io ero seduto, lui mi fissava. Poiha imbracciato la carabina. Hamirato al cuore e ha sparato(37)». Incredibilmente, Giannolasopravvisse anche alla terza fu-cilata. Fu trovato e raccolto daun’ambulanza americana chelo trasportò in un ospedale dacampo. Da lì iniziò la sua lungaodissea per gli ospedali alleatinel Nord Africa. Per il Regio Eser-cito, Giannola risultò disperso eaddirittura sospetto di diserzio-ne. Rientrato dalla prigionia, an-dò a denunciare l’accaduto al-le autorità militari, ma non fucreduto da nessuno.

Il giorno dopo, il cappellanomilitare, Luogotenente Colon-nello King, mentre era in viaggiosulla strada che da Biscari por-tava al l’aeroporto, notò ungruppo di corpi, e poiché stavalavorando per il servizio di sepol-tura, scese per verificare. Notòche quei corpi presentavano fe-rite all’altezza del cuore, e chealcuni presentavano chiari se-gni di colpi sparati a bruciapeloalla testa (38).

Poche ore dopo l’assassinio dei37 prigionieri da parte del Ser-gente West, il Capitano Com-pton ordinò l’esecuzione di altri36 prigionieri di guerra italiani.

Per tutto il pomeriggio questisoldati italiani avevano tenuto inscacco la sua unità con un nutri-to fuoco di mitragliatrici. Sennon-ché, quando i suoi uomini si avvi-cinarono al bunker da dove spa-

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rava la mitragliatrice, viderouscire due uomini, di cui uno inborghese, con uno stracciobianco attaccato al fucile. Subi-to dopo uscirono da quel fortino40 persone delle quali una partein abiti borghesi. Subito questiprigionieri furono accompagnatidal Capitano Compton, che im-mediatamente li fece allineare efucilare da un plotone d’esecu-zione costituito dai suoi uomini(39). Il Generale Bradley, venutoa conoscenza dei due episodi,ne parlò col Generale Patton, ilquale gli disse di far dire dai re-sponsabili di quegli atti che queiprigionieri erano cecchini irrego-lari e che avevano tentato discappare (40).

Il Generale Bradley però nongli credette e fece aprire un’in-chiesta, alla fine della quale idue responsabili furono proces-sati da una Corte Marziale in to-tale segreto.

Dagli atti del processo risultache entrambi gli imputati addus-sero come giustificazione che ilGenerale Patton, in un discorsotenuto alle truppe prima dellapartenza dall’Africa, aveva det-

to che se i nemici continuavanoa sparare fino a quando si trova-vano ad una distanza di 100-200metri, allora, anche se si fossero

arresi, quei bastardi dovevanoessere uccisi (41). Molti interpre-tarono queste parole come l’in-tendimento dei Comandanti dinon fare prigionieri.

Il Sergente West venne con-dannato all’ergastolo, poiché ilsuo crimine non fu perpetratodurante uno scontro a fuoco,per cui era immotivato e fu attri-buito esclusivamente alla sua

efferatezza (42).Il Capitano Compton fu invece

assolto, poiché secondo la CorteMarziale aveva agito conforme-mente agli ordini ricevuti.

Di tutto ciò, in Italia non vi ènessuna traccia nei resoconti uf-ficiali, in quanto gli Stati Unitimantennero il più stretto riserbosull’accaduto per non pregiudi-care i rapporti tra le due Nazio-ni. Solo grazie all’opera merito-ria di ricerca del Senatore Au-

gello, dopo circa settant’anni èstato possibile rendere noti i no-mi di questi soldati, sottraendolicosì a un immeritato oblio.

Gli Eserciti alleati, a causa an-che della manovra di ripiega-mento per linee successive at-tuata dal Generale Guzzoni, perconquistare l’isola impiegaronoaltri 31 giorni in cui continuaronoa susseguirsi aspri combattimen-

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A sinistraL’inarrestabile flusso di truppe

e rifornimenti statunitensi

SottoUn idrovolante italiano «Cant Z 506»

sorvola la costa siciliana

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ti. Infatti, solamente la sera del16 agosto 1943 fu occupata l’ul-tima linea di ripiegamento sul-l’all ineamento Divieto-MonteAntennamare-Moleti. Durante lanotte furono traghettati gli ultimireparti tedeschi e i reparti co-stieri presenti ancora sull’isola(«Operazione Lehrgang») (43).Tale operazione si dimostrò unvero successo, al pari di quelloconseguito dagli inglesi a Dun-kerque. Infatti, nonostante il ne-mico avesse il pieno dominiodel cielo e del mare, i tedeschi,utilizzando circa ottanta moto-zattere (44), riuscirono a far pas-sare in Calabria 39.569 militari,compresi 4 444 feriti, 9.605 auto-veicoli, 47 carri armati, 94 pezzidi artiglieria, 1 100 tonnellate dimunizioni, 970 tonnellate di car-buranti e 15.700 tonnellate di al-tro materiale (45).

Gli italiani, invece, utilizzandosolo 4 motozattere riuscirono atraghettare in Calabria circa75.000 soldati, 42 pezzi d’arti-glieria, 38 cannoni anticarro e500 automezzi (46).

All’alba del 17 agosto le avan-guardie della 3a Divisione statu-nitense entravano a Messina.

Qualche ora dopo fecero il lo-ro ingresso nella città le avan-guardie inglesi. Dopo 38 giornidi combattimenti la campagnadi Sicilia era terminata.

NOTE

(1) L. Hart, «Storia militare della Secon-da guerra mondiale», Mondadori, Mi-lano, 2000, pag. 609 e segg.(2) A. Santoni, «Le Operazioni in Siciliae Calabria (luglio-settembre 1943)»,USSME, Roma, 1989, pag. 100(3) E. Faldella, «Lo sbarco e la difesa

della Sicilia», L’Aniene, Roma, 1956,pag. 111(4) A. Santoni, op. cit., pag. 146(5) N. Vicino, «La battaglia di Gela»,La Moderna, Modica (RG), 1976, pag.205(6) F. Kurowski, «The history of the Fal-lschirm Panzerkorps Hermann Göring»,Fedorowicz Publishing Inc., Canada,1995, pag. 153(7) A. Santoni, op. cit., pag. 158(8) Intervista rilasciata dal Signor BrunoCausin in data 19 gennaio 2009(9) A.U.S.S.M.E., cartella 1506, «Relazio-ne del Capitano Granieri, Coman-dante della 1a compagnia del 131°reggimento carri»(10) H. Pond, «Sicilia», Longanesi, Mila-no, 1971, pag. 130(11) A. Augello, «Uccidi gli Italiani. Ge-la 1943, la battaglia dimenticata»,Mursia, Milano, 2009, pag. 88(12) A. Augello, op. cit., pagg. 86-87(13) E. Faldella, op. cit., pag. 301(14) E. Faldella, op. cit., pag. 121(15) E. Faldella, op. cit., pag. 145(16) A.U.S.S.M.E., cartella 2124/A, «Re-lazione sul combattimento della pia-na di Gela al quale prese parte ilIII/34°», pag. 2(17) A. Santoni, op. cit., pag. 187(18) Periodico «Limen», n° I,gennaio/giugno 2005, Testimonianzadi Raffaele Cristani, ultimo testimonedella battaglia di Gela(19) A. Santoni, op. cit., pag. 203, nota43(20) J. Follain, «L’isola di Mussolini», LeScie Mondadori, Cles (TN), 2007, pag.127(21) Intervista rilasciata dal Signor Bru-no Causin in data 19 gennaio 2009(22) A.U.S.S.M.E., cartella 2124/A, «Re-lazione sul combattimento della pia-na di Gela al quale prese parte ilIII/34°», pagg. 8-9(23) N. Vicino, op. cit., pagg. 158-159(24) A. Santoni, op. cit., pag. 205-207

(25) A.U.S.S.M.E., cartella 1506, «Rela-zione del Comando Divisione “Livor-no” sul fatto d’arme di Gela; fono-gramma n° 15 delle 15.30 diretto alComando XVI Corpo d’Armata»(26) A.U.S.S.M.E., cartella 1506, «Rela-zione sull’attività svolta dal II/33° du-rante il ciclo operativo di Sicilia dal 10al 28 luglio 1943», pag. 1(27) A.U.S.S.M.E., cartella 1506, «Rela-zione sull’attività svolta dal II/33° du-rante il ciclo operativo di Sicilia dal 10al 28 luglio 1943», pag. 1(28) A.U.S.S.M.E., cartella 1506, «Rela-zione del Comandante interinale del33° reggimento sul fatto d’arme diGela (I e II/ 33°)», pag. 2(29) A. Santoni, op. cit., pag. 200(30) J. Follain, op. cit., pag. 143(31) A. Santoni, op. cit., pagg. 202-203(32) H. Pond, op. cit., pag. 142(33) A. Santoni, op. cit., pagg. 207-210(34) A. Santoni, op. cit., pag. 515(35) A.U.S.S.M.E., cartella 1207, «Diariostorico del Comando difesa fissadell’aeroporto 504, bimestre marzo-aprile 1943»(36) G. Ciriacono, «Le stragi dimenti-cate», Catania, 2003, pagg. 27-28(37) G. Bartolone, «Le altre stragi», Offi-cine Tipografiche Aiello & Provenza-no, Bagheria (PA), 2005, pagg. 45-46(38) G. Ciriacono, op. cit., pagg. 32-33(39) Ivi, pag. 43 e segg.(40) Ivi, pag. 21(41) Ivi, pag. 45(42) Ivi, pagg. 41-48(43) E. Faldella, op. cit., pag. 275(44) A. Santoni, op. cit., pag. 389(45) Ivi, pag. 398(46) E. Faldella, op. cit., pag. 276

BIBLIOGRAFIA

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FONTI D’ARCHIVIO

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testo dattiloscritto di 24 pagine«Diario storico difesa fissa aeroporto504 (Santo Pietro, ovvero Biscari) delbimestre marzo-aprile 1943», AUSSME,cartella 1207; testo manoscritto di 29pagine, 6 allegati«Ordine di Operazione n° 1 dell’11 lu-glio 1943 ore 01.00 del Comandantedella Divisione “Livorno” GeneraleChirieleison», AUSSME, cartella 1506;testo dattiloscritto di 3 pagine«Ordine di operazione n° 2 dell’11 lu-glio 1943 del Comandante della Divi-sione “Livorno”, Generale Chirielei-son», AUSSME, cartella 1506; testo dat-tiloscritto di 2 pagine«Relazione del Comandante della Di-visione “Livorno”, Generale Chirielei-son, sul combattimento dell’11 luglio1943 (attacco di Gela), con relativi fo-nogrammi allegati», AUSSME, cartella1506; testo dattiloscritto di 9 pagine«Relazione del Comandante della Di-visione “Livorno” Generale Chirielei-son sugli avvenimenti dal 12 luglio al15 luglio 1943», AUSSME, cartella 1506;testo dattiloscritto di 11 pagine«Relazione del Comandante interina-le del 33° reggimento fanteria dellaDivisione “Livorno”, Tenente Colonnel-lo Carta, sul fatto d’arme di Gela (I eII/33° fanteria)», AUSSME, cartella1506; testo dattiloscritto di 2 pagine«Relazione del Comandante del 34°reggimento fanteria della Divisione“Livorno” sul fatto d’arme di Castelluz-zo del giorno 11/07/1943 (settore diGela)», AUSSME, cartella 1506; testodattiloscritto di 4 pagine«Relazione del Comandante delIII/34° reggimento fanteria della Divi-sione “Livorno” sul combattimentodella piana di Gela (11-12 luglio1943)», AUSSME, cartella 2124/A; testodattiloscritto di 11 pagine«Relazione del Comandante delgruppo tattico «Coco» del 34° reggi-mento fanteria della Divisione “Livor-

no” sulle operazioni svolte dal 10 al 31luglio 1943», AUSSME, cartella 1506; te-sto dattiloscritto di 7 pagine«Relazione del Comandante del IIbattaglione e del gruppo tattico «Ma-strangeli», del 33° reggimento fanteriadella Divisione “Livorno”, sulle opera-zioni svolte dal 10 al 28 luglio 1943»,AUSSME, cartella 1506; testo dattilo-scritto di 10 pagine«Dichiarazione del Caporal MaggioreLipari e del Fante Munafò del 384°battaglione costiero sugli avvenimentiaccaduti a Monte Zai dal 9 al 12 luglio1943», AUSSME, cartella 1506; testodattiloscritto di 3 pagine.«Relazione del Comandante della206a Divisione costiera, Generale D’-Havet, sulle operazioni svolte dal 9 al12 luglio 1943», AUSSME, cartella 1427;testo dattiloscritto di 10 pagine (All. n°59/6 al «Diario storico del XVI Corpod’Armata»)«Relazione cronologica degli avveni-menti della XVIII batteria costiera, dal9 all’11 luglio 1943», AUSSME, cartella1427; testo dattiloscritto di 10 pagine«Relazione del Comandante delgruppo mobile “H” (aeroporto di San-to Pietro), Tenente Colonnello Cixi, sul-le operazioni svolte dal 10 al 14 luglio1943», AUSSME, cartella 1506; testodattiloscritto di 5 pagine«Relazione del Comandante dellacompagnia carri R/35 del gruppo mo-bile “E” (Niscemi-aeroporto Ponte Oli-vo), Capitano Granieri, sulle operazio-ni svolte dal 10 al 13 luglio 1943», AUS-SME, cartella 1506; testo dattiloscrittodi 2 pagine«Relazione del Comandante della2a compagnia controcarri del grup-po mobile “E” (Niscemi-aeroportoPonte Olivo), Capitano Ferrari, sulleoperazioni svolte dalla compagniadal 10 luglio 1943 in poi», AUSSME,cartella 2124/A; testo dattiloscrittodi 3 pagine.