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N. 263, SETTEMBRE 2014/ MENSILE, POSTE ITALIANE SPA, SPED. ABB. POST. - D.L. 353/2003 (CONV. IN L. 27/02/2004 N° 46) ART. 1 COMMA 1 - DCB ROMA ISSN 1974-2681 ACCADEMIA ITALIANA DELLA CUCINA ISTITUZIONE CULTURALE DELLA REPUBBLICA ITALIANA FONDATA NEL 1953 DA ORIO VERGANI www.accademia1953.it C IVILTÀ DELLA T AVOLA ACCADEMIA ITALIANA DELLA CUCINA

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    ACCADEMIA ITALIANA DELLA CUCINAISTITUZIONE CULTURALE DELLA REPUBBLICA ITALIANA

    FONDATA NEL 1953 DA ORIO VERGANI

    www.accademia1953.it

    CIVILTÀDELLATAVOLAACCADEMIA ITALIANA DELLA CUCINA

  • CARI ACCADEMICI...

    3 ricette da collezionare, sognare e usare (Giovanni Ballarini)

    FOCUS

    5 l’anno accademico del riso si chiude con gravi problemidi produzione

    (Paolo Petroni)

    CULTURA & RICERCA

    6 Conosciamo le nostre radici

    7 la panera (Fiammetta Fadda)

    8 un aroma ricercato da secoli (Renzo Pellati)

    10 Proprietà terapeutiche dell’uva (Publio Viola)

    12 il caviale di Crucoli (Adriana Liguori Proto) 14 Petronilla: una lezione di umanità e di cultura (Norberto Lombardi)

    24 due avventure culinarie di Walter Benjamin (Lucio Fino)

    26 Cum grano salis (Gianandrea Paladini)

    28 roma 1944 (Gabriele Gasparro)

    29 Cibo, vino e osterie secondo Manzoni (Riccardo Balbiani)

    31 la tagliatella accompagnata (Tito Trombacco)

    32 le nuove “cucine” (Donato Pasquariello)

    34 la valorizzazione del quinto quarto in romagna (Marisa Fontana)

    36 un frutto del genere Prunus (Amedeo Santarelli)

    38 Matrimonio con il farro (Lorenzo Franchini)

    I NOSTRI CONVEGNI

    16 infinite gocce d’oro (Maria Cristina Carbonelli di Letino)

    18 Come accostarsi ad un simbolo d’eccellenza (Luisa Polto)

    20 la cucina di bordo nei secoli (Mara Rondi)

    22 il riso è vita (Giovanni Canelli)

    SICUREZZA & QUALITÀ

    23 la bacca che dolcifica (Gabriele Gasparro)

    LE RUBRICHE

    9 Calendario accademico15 accademici in primo piano40 in libreria41 dalle delegazioni54 Vita dell’accademia76 Carnet degli accademici78 international summary

    L’ACCADEMIA ITALIANA DELLA CUCINAè stata fondata nel 1953 da orio Verganie da luigi Bertett, dino Buzzati traVerso,

    Cesare Chiodi, giannino Citterio, ernesto donàdalle rose, MiChele guido franCi, gianni MazzoCChi

    Bastoni, arnoldo Mondadori, attilio naVa, arturo orVieto, seVerino Pagani, aldo Passante,

    gian luigi Ponti, giò Ponti, dino Villani, edoardo VisConti di Modrone,

    Con MassiMo alBerini e VinCenzo Buonassisi.

    In copertina: “A colazione” di Laurits Andersen Ring(1854-1933) esposto al National Museum of Art, Copenhagen, Danimarca.

    In copertina appare un Codice QR o QR Code, cioè uno di quei codici a barre con la forma quadrata che possono essere letti tramite le fotocamere dei cellulari edegli smartphone Android e iPhone. Quando trovate un QR Code potrete usare un’applicazione del vostro iPhone o smartphone con la fotocamera per deco-dificarlo e vedere cosa nasconde. Per leggere i codici QR è necessaria anche un’applicazione per la scansione, da installare sullo smartphone Android o suiPhone, che permette, puntando la fotocamera sul codice, di estrarre e decodificare le informazioni. Su Android potrete utilizzare, per esempio, la app BarCo-de Scanner, mentre su iPhone e iPad potrete scegliere I-Nigma oppure QR Reader. Basta far leggere a tablet o smartphone il codice QR in copertina, e imme-diatamente il dispositivo si collega al sito dell’Accademia. Dai prossimi numeri della rivista poi, con i QR Code che verranno pubblicati, potrete accedere a nuovie interessanti contenuti interattivi del sito dell’Accademia.

    S OMM A R I O

    PAGINA 1

    S OMM A R I O

  • PAGINA 2

    I DELEGATI ALL’ESTEROARGENTINA alberto lisdero (Buenos Aires)AUSTRALIA francesca Portelli (Adelaide); raffaele iannizzotto (Canberra);

    Miro gjergja (Melbourne); Maria teresa Piccioli (Sydney)AUSTRIA franco Benussi (Vienna)BELGIO tanino dicorrado (Bruxelles)BRASILE fernanda Maranesi (Rio de Janeiro); gerardo landulfo (San Paolo);

    giancarlo affricano (San Paolo Sud)CANADA giorgio lombardi (Montreal-Quebec); Marisa Bergagnini (Toronto-Ontario)CILE tiberio dall’olio (Santiago del Cile)CINA Vinicio eminenti (Guangdong); savio Pesavento (Hong Kong);

    antonino laspina (Pechino); Claudio Pasqualucci (Shanghai)DANIMARCA Cristiano Mario rossi (Copenaghen)EMIRATI ARABI UNITI Victor Pablo dana (Dubai)FINLANDIA andreo larsen (Helsinki)FRANCIA luisa Branlard Polto (Parigi)GERMANIA Claudio Ciacci (Berlino); Maryann Palm (Colonia);

    giovanni Cariola (Düsseldorf); rodolfo dolce (Francoforte); Bernardo zanghi (Monaco di Baviera)

    GIAPPONE atsunori Matsumoto (Tokyo)GRANDUCATO DEL LUSSEMBURGO Maria Cristina Cogliati sansone (Lussemburgo)GUATEMALA aldo grazioso Bonetto (Guatemala)IRLANDA Paolo zanni (Dublino)ISRAELE ever Cohen (Tel Aviv)LIBANO Mario haddad (Beirut)MALTA Massimiliana affanni-tomaselli (Malta)MESSICO Marilena Moneta Caglio (Città del Messico)NORVEGIA Mauro Brecciaroli (Oslo)PAESI BASSI alberto gianolio (Amsterdam-Leiden); Ciro Pernice (Den Haag-Scheveningen);

    aristide spada (Utrecht)POLONIA Cristiano Pinzauti (Varsavia)PORTOGALLO José Manuel de sousa Buccellato (Lisbona)PRINCIPATO DI MONACO fernanda Casiraghi (Monaco)REGNO UNITO Maurizio fazzari (Londra)REPUBBLICA CECA giancarlo Bertacchini (Praga)REPUBBLICA DI SAN MARINO leo Marino Morganti (San Marino)REPUBBLICA DOMINICANA Mario Boeri (Santo Domingo)ROMANIA luigi zaccagnini (Bucarest)SINGAPORE-MALAYSIA-INDONESIA giorgio Maria rosica (Singapore-Malaysia-Indonesia)SLOVENIA Maria luisa Pegge (Lubiana)SPAGNA livia Paretti (Barcellona); Maurizio di ubaldo (Madrid)STATI UNITI D’AMERICA Paolo raugei (Atlanta); gianfranco zaccai (Boston); nicola fiordalisi (Chicago);

    Joseph deVay (Houston-Texas); francesca harrison (Los Angeles); antonio Pianta (Miami); Carlo Porcaro (New Jersey); Cristiana Baldeschi Balleani (New York); Berardo Paradiso (New York Soho);orietta gianjorio (Sacramento); Claudio tarchi (San Francisco); Carla anisman (Silicon Valley); Marino de Medici (Virginia)

    SUDAFRICA aurelio armando grech-Cumbo (Johannesburg)SVEZIA giovanni Pisano (Stoccolma)SVIZZERA dominique Bellomo (Losanna-Vennes); stefano arcidiacono (Rodano);

    sofia Cattani (Suisse Romande); Paolo r. grandi (Svizzera Italiana); Maria elisabetta odermatt Capei (Zurigo)

    TURCHIA aldo Kaslowski (Istanbul)UNGHERIA alberto tibaldi (Budapest)URUGUAY Manuel ascer (Montevideo)

  • C ari accademici, grande è il fa-scino che le ricette continuanoa suscitare, non solo quale do-cumento storico, ma anche come sicuroapprodo per la propria cucina e, non daultimo, come occasione per immaginare,se non sognare, cucine, ambienti e luoghi,soprattutto di un passato del quale sisente sempre più se non la mancanza,almeno la lontananza.Questo insieme di sensazioni divieneparticolarmente forte per ricette che ri-guardano alimenti, luoghi e tempi (sem-pre più ridotti) dei quali si teme unaperdita definitiva.la ricetta non è soltanto un supportoper la preparazione dei cibi, ma è ancheun’evocazione che suscita ricordi e di-viene cibo dell’anima, in modo partico-lare quando, come sempre più spessoavviene, il parlare di cibo e soprattuttodi cucina mantiene un’identità e rivelainconsci personali e collettivi, partico-

    larmente familiari. le ricette eranoun’importante, se non fondamentaleparte di un’immagine familiare e diappartenenza a una società soprattuttolocale che ora rischia di appannarsi,se non scomparire, e che pertanto deveessere per quanto possibile recuperata,non soltanto per i valori culturali ge-nerali, quanto per quelli sociali.Mai come oggi diviene quindi importanteil ruolo culturale delle ricette, custodidi una tradizione, anche se, giustamente,è stato detto che in una ricetta vi puòanche essere tutto, ma manca semprel’essenziale: l’interpretazione.la cucina è come la musica, nella qualevi può essere l’improvvisazione, ma que-sta deve basarsi o partire dal conosciuto,e anche per tale motivo gli spartiti sononecessari e da interpretare. le ricettesono gli spartiti della cucina.si è più volte ricordato che la ricettavera, come la favola vera, è quella dellamamma, o dell’anziana del paese, men-tre tutte le altre sono spurie, se non il-legittime, e questo non per gli aspettistrettamente gastronomici, ma per quelliumani di un’identità personale e fami-liare, della cui importanza ci accorgiamosolo quando temiamo di perderla.non vi può essere quindi alcuna storiadi vita vissuta, o biografia, che nel suoprofondo più o meno inconscio nonconsideri il cibo, preparato o comunicato,con tutte le sue sfumature di rimem-branze sensitive. non solo parole di de-scrizione, ma anche odori e aromi,aspetti visivi, sapori e sensazioni cheuna ricetta suscita in chi l’ha vissuta, eche in altri può suscitare ricordi similise non paralleli, dando avvio a un

    dialogo che, sulla trama del cibo, nonraramente conduce a più profonde co-noscenze interpersonali.Parlare di ricette è il veicolo di una co-municazione che supera gli stretti confinialimentari e affonda in un inconscio,tanto più importante quanto ancoraoggi poco esplorato.le ricette anche di un vicino passatoassomigliano alle carte geografiche piùo meno antiche, che disegnano paesaggidimenticati e in parte perduti, ma chepossono essere fatti rivivere nel nostroinconscio e spingerci in un viaggio a ri-troso nel tempo che parte da una loroesecuzione, nei limiti del possibile lapiù fedele. un viaggio che può restaresoltanto immaginato, e non per questomeno vero, perché emozionale, e nelquale si ricercano e si rinnovano le si-tuazioni delle famiglie dei nostri nonnie nonne, bisnonni e bisnonne, dei qualia volte conserviamo alcuni ritratti e re-liquie, ma che ci è difficile pensare acome vivessero, se non immaginandoche cosa trovavano sulla tavola.anche in una ricostruzione immaginaria,niente diviene più concreto di una ricettadel passato, che possiamo sognare siastata presentata in un’occasione di festao in un giorno feriale, in una stagioneinvece che in un’altra, in un invernocittadino o in un’estate in campagna.il valore simbolico, evocativo e spessorassicurante delle ricette, in un tempodi perdita delle tradizioni e d’insicurezzaalimentare, può (forse) spiegare la va-langa delle più disparate ricette offertesui libri, riviste, giornali, programmitelevisivi, siti internet e via dicendo.Che giudizio dare di queste ricette?

    Agli italiani piace collezionare ricette.Parlare di ricette supera gli stretti confini alimentarie affonda in un inconscio, tanto più importante quanto poco esplorato.

    Ricette da collezionare, sognare e usare

    DI GIOVANNI BALLARINIPresidente dell’Accademia

    PAGINA 3

    C A R I A C C A D EM I C I . . .

  • gran parte di esse sono lo specchio diuna società basata sull’immagine, chepassa, e non di una realtà che resta. Visono anche le sempre più frequenti (eun tempo inesistenti) “ricette di propa-ganda”, funzionali alla diffusione di unprodotto piuttosto che di un altro. ab-bondano le ricette poco chiare, quelleerrate e che non sembrano provate dachi le propone. non tralasciando che vi

    sono anche “ricette spazzatura” da di-menticare, senza alcun rimpianto.in mezzo a questo mare magnum diricette, per fortuna, siamo tutti con-sapevoli che vi è ancora la necessitàdi libri e riviste serie, con buone ricette,per testimoniare che la cucina italiananon è morta e sa ancora proporreidee, scenari e soprattutto valori cherimarranno. Come è stato nel passato,

    del quale ci resta soltanto la parte mi-gliore.un dominio culturale, quello delle ri-cette, di stretta pertinenza di una ri-cerca accademica seria e consapevole,per questo non esente da difficoltà,che richiede sapienza, equilibrio e so-prattutto senso critico.

    GIOVANNI BALLARINISee English text page 78

    C A R I A C C A D EM I C I . . .

    PAGINA 4

    EXPO 2015RICOSTRUIRE I SISTEMI ALIMENTARI LOCALI

    Expo 2015 ha come obiettivo “Nutrire il Pianeta”, un tema che vede tra loro correlati l’accesso alle risorse, la disponi-bilità degli alimenti per l’uomo, la sostenibilità delle produzioni e la salvaguardia ambientale. Un insieme di necessitàche ha bisogno di profonde modifiche non solo delle produzioni, ma anche dei consumi e degli stili alimentari, comerileva Olivier De Schutter nel suo intervento del 24 gennaio 2014, al Consiglio dei Diritti Umani delle Nazioni Unite,dal titolo “Relazione sul Diritto all’alimentazione” e consultabile in Internet.Di particolare interesse - sostiene De Schutter - è la Ricostruzione dei Sistemi Alimentari Locali, per sostenere lo svi-luppo rurale ecocompatibile e sostenibile, la riduzione della povertà degli agricoltori e per rallentare la migrazionedalle campagne alle città, che nel 2050 potranno ospitare più di sei miliardi di persone.I Sistemi Alimentari Locali sono di vitale importanza per gli abitanti delle città che, ben al di là di poco chiari e gene-rici “chilometri zero”, devono essere collegati con i produttori locali e soprattutto con le loro produzioni, riducendoallo stesso tempo la povertà rurale e l’insicurezza alimentare.Promuovendo circuiti e collegamenti diretti tra produttori e consumatori, si rafforza l’agricoltura su piccola scala lo-cale, si valorizzano i prodotti tipici del territorio, si riduce la dipendenza dalle importazioni, si salvaguardano anchele tradizioni alimentari e della cucina locale, legate ai prodotti territoriali e frutto di antiche tradizioni.I Sistemi Alimentari Locali riducono anche i consumi energetici e gli impatti ambientali dei trasporti e quindi favori-scono la sostenibilità del sistema alimentare globale e, al tempo stesso, migliorano le conoscenze ambientali degli abi-tanti delle città. Ai Sistemi Alimentari Locali si collegano strettamente gli stili e le cucine tradizionali dei quali l’Italia è tanto ricca e altempo stesso differenziata, con le sue tradizioni che devono essere tutelate, favorendone il miglioramento, iniziandoda una loro conoscenza, argomenti ai quali la nostra Accademia si dedica fin dalla sua fondazione.

    PROTOCOLLO D’INTESA TRA ACCADEMIA E CONFAGRICOLTURA

    Accademia Italiana della Cucina e Confagricoltura hanno siglato un protocollo d’intesa con l’obiettivo comu-ne di valorizzare il patrimonio gastronomico tradizionale italiano in vista dell’Esposizione Universale di Mila-no Expo 2015.I due Enti contribuiranno a sviluppare il tema dell’Expo “Nutrire il pianeta, Energia per la vita” cooperando perla riuscita di questo grande evento, sia durante la fase di preparazione, sia durante il suo svolgimento.Confagricoltura ha voluto l’Accademia Italiana della Cucina come partner, per il patrimonio di conoscenze,studi e professionalità che la caratterizzano nella salvaguardia del patrimonio culturale quale è quello gastrono-mico italiano, con la varietà delle cucine regionali e delle produzioni tipiche. Il protocollo prevede l’attivazione di una serie di iniziative dirette allo studio dei problemi della gastronomia edella civiltà della tavola.

  • F O C U S

    PAGINA 5

    Mancando l’obbligo di specificare in etichetta sia la qualità sia la provenienza, nel nostroPaese arriva ogni tipo di riso, che non ha niente a che vedere con le eccellenze italiane.

    L’anno accademico del riso si chiudecon gravi problemi di produzione

    DI PAOLO PETRONISegretario Generale dell’Accademia

    T ra breve, il 16 ottobre prossimo, con la cena ecu-menica dell’accademia, si festeggerà la chiusuradell’anno del riso. la cucina del riso è infatti il te-ma che il Centro studi “franco Marenghi” ha svolto nelcorso del 2014. Purtroppo questo evento non coincidecon buone notizie sul fronte della produzione nazionaledel prodotto. Come è noto, il nostro riso, prevalente-mente della varietà “japonica”, è ideale per le ricette ita-liane di risotti, minestre e dolci. è quindi evidente che ilmaggior consumo si ha in italia. i risi “lunghi” della va-rietà “indica”, invece, sono adatti ad insalate e contorni,oggi molto di moda anche nel nostro Paese, e alcuni pro-duttori si sono adattati, coltivando, anche in italia, que-sti risi (tipo Basmati). il grosso della produzione, tutta-via, è in oriente e le importazioni (dopo l’azzeramentodei dazi) da Paesi quali la Cambogia e la Birmania, visti iprezzi bassissimi, hanno subito incrementi di oltre il

    700%, con conseguenti chiusure di aziende italiane. ilproblema, gravissimo, della mancanza dell’obbligo di scri-vere in etichetta la provenienza del riso, oggi emerge inmodo clamoroso. non solo: non c’è nemmeno l’obbligo discrivere la varietà del prodotto. e questo è ancora più gra-ve se si tiene conto che ora c’è un consumo enorme di risiin buste, già pronti con gli ingredienti (alla milanese, aifunghi, agli asparagi ecc.) e dove l’etichetta riporta solo:riso parboiled. adesso si scopre, dopo petizioni varie, chenei sacchetti e sulle confezioni si può mettere di tutto, sen-za alcuna specificazione: ma fino ad ora andava bene? l’italia è il primo produttore di riso in europa e producerisi di qualità eccellente: si cerchi di educare il consuma-tore a scegliere quelli giusti, perché finora non pare siastato fatto. Come al solito, le etichette tutelano più ilproduttore che il consumatore.

    See English text page 78

    P.s. nel numero di giugno avevamo messo in luce come la tutela della nostra salute fosse affidata a troppi enti senza alcuncoordinamento. Ciò può portare, si diceva, ad un inutile accanimento dovuto a troppe norme, spesso contraddittorie. di re-cente, un articolo di fondo sul “Quotidiano nazionale”, a firma del noto giornalista economico giuseppe turani, intitolato“La giungla dei controlli”, ha affrontato il medesimo argomento a livello più generale. scrive turani: “una delle fabbriche dellacorruzione in Italia sta proprio nella straordinaria abbondanza di regole e di persone e di istituzioni delegate ai controlli… bastache aprano una istruttoria per creare un sacco di fastidi alle persone o alle società inquisite”. Comunque una soluzione prima opoi verrà trovata: vuoi vedere che alla fine, per il controllo della salute, nomineranno una Commissione paritetica di indagi-ne e poi nascerà una bella authority?

  • Continuando la ricerca sullenostre radici, dopo la fonda-zione nel 1953, perché ci chia-miamo accademia?dino Villani racconta di un suo viaggioa suzzara, dove Vergani gli parla perla prima volta della sua idea. scartanoil nome di club “perché in italia essonon ha quel prestigio di cui gode al-l’estero, mentre quello di accademiapare troppo impegnativo e addiritturaiperbolico”. Qualche tempo dopo, però,in un nuovo incontro al “Continental”di Milano, dove interviene anchel’industriale ernesto donàdalle rose, concordanodi fermarsi proprio sudi esso.indubbiamente è unascelta felice, perchéaccademia designaun’istituzione desti-nata ad alti studi e al-l’approfondimento delleconoscenze di elevato li-vello e connota società scien-tifiche e delle belle arti, e non vi èdubbio che cucina e gastronomia sianoscienza e arte.il termine accademia deriva dal greco,e indica la scuola filosofica di Platone,fondata nel 387 a.C., e situata appenafuori le mura di atene, chiamata cosìdal nome dell’eroe academo che ave-va donato agli ateniesi un terrenoche divenne un giardino aperto alpubblico. Qui Platone scrive i suoidialoghi e aristotele segue le lezionidel maestro.Per quest’origine, gli umanisti deno-minano accademie le istituzioni per illoro nuovo modello di cultura, e dalla

    metà del XVii secolo, molti stati europeisi dotano di accademie sull’esempioitaliano, colmando importanti lacunenell’organizzazione culturale. le ac-cademie divengono decisive nel pro-muovere la nascita della scienza spe-rimentale, nello studio delle lingue,nell’insegnamento artistico.anche la cucina e la gastronomia sonoarti, per le quali anthèlme Brillat sa-varin, nella sua Fisiologia del Gusto(1825), individua una decima musa,gasterea.

    Per quanto riguarda la denomi-nazione di accademia, è in-

    teressante ricordare cheacademo, eroe mitico

    dell’attica, svela a Ca-store e Polluce il luo-go (afidne) dove ènascosta la loro so-rella elena, allora ap-

    pena bambina, rapitada teseo. elena, figlia

    di zeus, è simbolo dellabellezza e non è forse un caso

    che quando academo porta allasua scoperta, l’accademia che da luiprende nome sia il luogo indirizzatoalla scoperta della bellezza in tutte leattività umane, tra queste anche quelledella cucina e della gastronomia.accademia, una denominazione alta,da salvaguardare e proteggere, e perla quale ben s’addice, come simbolo,il tempio greco, come quello che si ri-tiene fosse in atene dedicato all’eroeacademo, e del quale si fregia la nostraaccademia.un simbolo certamente più qualificantedi quello assunto in origine.

    See International Summary page 78

    PAGINA 6

    C U LT U R A & R I C E R C A

    Noterelle sull’Accademia delle origini (terza parte).

    Conosciamo le nostre radici

  • C U LT U R A & R I C E R C A

    PAGINA 7

    S i pronuncia pàne-ra o panéra? sipuò scommettereche pochi, anche tra i mi-lanesi, lo sappiano. Cosìcome si può scommettereche pochi sappiano dicosa si tratti. Per cui si puòdedurre che sia con una sottile venadi perfidia che dino Betti van der noot,delegato di Milano, nel titolo del ri-cettario Riso rane grana e panera, trattodai quaderni di cucina di un’importantefamiglia milanese, e da lui curato percelebrare i sessant’anni più uno di vitadella delegazione, abbia trascurato dimettere l’accento su questo oscuro ter-mine.Comunque, per la cronaca: pànera,cioè panna, come certifica Carlo emiliogadda.è una delle 59 parole dialettali, idio-matiche o in disuso che costellavano i

    quaderni di ricette vergati, tra la metàdel 1800 e il 1927, dalle padrone dicasa e dalle cuoche degli stabilini,rappresentanti di quell’alta borghesiamilanese, operosa e illuminata, cheha fatto guadagnare a Milano il titolo

    di capitale moraled’italia.da quei ricettarisono state distilla-te, illustrate ededitate, le 133 ri-cette di questo di-lettevole manua-letto. è una sfi-lata di piatti dellavecchia Milano,solidi, abbon-danti, ricchi.tali da giustifi-care il fatto chefino all’iniziodel novecentola gotta fosseil pregevolestatus symbol

    di chi poteva mangiare carnedue volte al giorno, e che nella villa lalongora (l’accento è sulla “o”) gli sta-bilini servissero cene su tovaglie difiandra lunghe venti metri, con marbré,tacchini glacé, aspic e altre finezzemutuate dalla cucina francese. il ri-cettario abbonda, però, soprattutto dirisparmiosi piatti di ripasso come lafocaccia di vitello, le polpette di pescepersico (il pesce di mare era ferma-mente ignorato), il brodo “fatto senzacarne”, i biscotti di patate per il tè. edi un commovente spaccato di mani-caretti tramandati con il nome di chine deteneva il copywright casalingo:

    il pâté di dionigi, la frittura croqué dipatate di giulia, lo sgonfiotto di apol-lonia, i busecchini di Mimì.Per lo più, come si usava, senza legrammature e il numero dei commen-sali, ma con un linguaggio piano e ac-cattivante che trasmette certezze sullabuona riuscita dei manicaretti. Comeha confermato la prova d’assaggio ese-guita dagli accademici, durante la cenadi presentazione del ricettario, al Cir-colo della stampa di Milano: insalatamontata, risotto con la gallina, manzouso lepre, picciopaccio melengiano,budino dolce di semolino con zaba-glione. finale con meritato applauso,perché chi sa di cucina sa anche checosa vuol dire eseguire le ricette messegiù dai professionisti del mestiere oda eccellenti ma semianalfabeti cuochidi campagna: passaggi saltati, terminioscuri, ingredienti oggi estinti. Perciòsi può immaginare l’imponente lavorodi decrittazione eseguito sui quadernidi famiglia da antonella riva albertario,fin da piccola eletta aiutante nella pre-parazione del tè delle cinque dalla suaelegante mamma, ma anche istruitadalla cuoca Maria a “disossare il polloper la galantina, partendo dal collo,senza tagliarlo a metà”. Brava, tosta esanguinaria il giusto. difatti i 79 ac-querelli di titti fabiani che illustranoil ricettario, ironicamente raffiguranogalline, conigli, rane e porcelli sacrifi-candi alla gola, mentre si danno allafuga. sono solo 500 copie fuori com-mercio, ma visto che oggi i piatti piùnuovi sono i più vecchi, non è dettoche un editore non se ne innamori ene faccia un piccolo best seller.

    See International Summary page 78

    DI FIAMMETTA FADDAAccademica di Milano

    “Le storie familiari, la cultura e le ricette danno un’immagine viva di un’epoca nonmolto lontana, ma che sta insensibilmente sbiadendo nella memoria collettiva”.

    La panera

  • F ra i vari obiettivi che si era postoCristoforo Colombo, nella sco-perta del nuovo Mondo, c’eraanche la ricerca di spezie pregiatecome il pepe che, a quei tempi, costi-tuiva un vero business: serviva infattiper rallentare il deperimento dei cibie migliorarne il gusto. nei secoli passatinon c’era il frigorifero, non si conoscevala sterilizzazione provocata dal calore:c’erano soltanto il sale, l’aceto, l’olio ela conservazione dei cibi creava enormiproblemi, per cui bisognava ricorrerealle spezie per confondere sapore ge-nuino e gusto rivoltante. alcuni storicisostengono che le spezie erano ancheuna specie di status symbol della ga-stronomia ricca per le classi alte dellasocietà: servivano per preparare piatticostosi e ricette non comuni. tanto èvero che alarico, re dei goti, si fececonsegnare dai romani sconfitti, oltrel’oro e l’argento, anche un sacco dipepe.la storia registra anche un episodiosconcertante avvenuto il 18 maggio del1498. il portoghese Vasco de gama ol-trepassa il Capo di Buona speranza esbarca in india, con quattro navi, nelporto di Calcutta, sulla costa del Mala-bar, al grido di “Christos e espiciaras!”(per Cristo e per le spezie). i marinaierano perfettamente consapevoli dellericchezze che avrebbero accumulatoconquistando il commercio delle spezie,tuttavia gli abitanti e i commerciantidel posto avanzarono inaspettatamentedelle pretese assurde: oro in cambio dispezie e pepe in particolare!Vasco de gama dovette fare “dietro-front”, ma quattro anni dopo ritorna inindia con 21 navi armate e 800 uomini

    decisi a portar via, con le buone o conle cattive maniere, quante più spezie(soprattutto pepe) potevano contenerele stive. iniziava così il monopolio por-toghese delle spezie, che durò alcunianni.Questi episodi spiegano la delusioneche i reali spagnoli ebbero quandoCristoforo Colombo invece del pepetrovò nel nuovo Mondo il peperoncinoche, in un primo tempo, fu confusocon il pepe. il flop dipese proprio dalfatto che in europa e in altri Paesi(italia compresa) il peperoncino trovòimmediatamente un habitat quantomai adatto per attecchire, per cui isuoi frutti incontrarono presto il favoredell’ampia fascia di popolazione chenon poteva permettersi di acquistarespezie molto costose. e il prezzo delpepe subì un calo non indifferente.Come mai il sapore piccante è semprestato ricercato e gradito dall’uomo?l’attività piccante, nell’organismo uma-no, fu sempre molto discussa perché,in realtà, non se ne conosceva con esat-tezza il meccanismo d’azione e si con-fondevano credenze popolari (attivitàafrodisiaca) con indicazioni medichecontrastanti, non suffragate da espe-rienze farmacologiche obiettive.fino a poco tempo fa, si conoscevanole strutture cellulari (papille o bottonigustativi) responsabili dei quattro gustiprincipali: dolce (localizzate nella parteanteriore della lingua), salato (parti la-terali), acido (parti laterali e mediali),amaro (fondo della lingua). successi-vamente, i neurobiologi giapponesi han-no scoperto anche il recettore del gusto“umami” (significa delizioso), caratte-ristico del glutammato, un aminoacido

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    C U LT U R A & R I C E R C A

    DI RENZO PELLATIAccademico di Torino

    Centro Studi “F. Marenghi”

    Come mai il sapore piccante è sempre stato richiesto e gradito dall’uomo?

    Un aroma ricercato da secoli

  • C U LT U R A & R I C E R C A

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    aggiunto a forti dosi nei piatti orientaliper renderli saporiti e presente anchenei nostri dadi da brodo.oggi un altro passo avanti è stato fattoe riguarda la percezione del sapore pic-cante, un sapore che piace a milioni dipersone. si è visto che la “piccantezza”è una sensazione gustativa secondaria,non dovuta alla specifica interazionedi una molecola con il proprio recettore(come avviene per il dolce e l’amaro),ma alla risposta fisica aspecifica di re-cettori termici (detti vanilloidi), in pre-senza di una particolare classe di com-posti, detti capsaicinoidi.gli alcaloidi capsaicinoidi sono carat-terizzati da una parte della molecolasimile alla vanillina (detta perciò va-nilloide) e da una parte classificatacome alchilamide.

    i capsaicinoidi più importanti sono lacapsaicina (presente nel peperoncino),la piperina (nel pepe), il gingerolo(nello zenzero).Queste molecole possono entrare incontatto con i recettori vanilloidi pre-senti nel cavo orale e nella lingua, dettiVr1 e Vrl-1. a loro volta essi sono ingrado di riconoscere stimoli termici(avvertono il sistema nervoso centralequando il cibo è troppo caldo), peròpossono essere attivati anche dai cap-saicinoidi provocando sensazioni dibruciore, a volte anche piacevoli.Contrariamente alle molecole respon-sabili dei sapori primari (dolce, amaro,salato, acido, umami) che possono es-sere riconosciute solo dagli specificirecettori presenti all’interno della bocca(epitelio linguale, palato molle, faringe),

    la sensazione di piccante può esserericonosciuta anche in altre parti delcorpo, ed ecco perché gli alcaloidi cap-saicinoidi sono impiegati anche comerevulsivi (pomate antireumatiche).Quello che generalmente chiamiamogusto è in realtà il flavour, l’aroma,che è un insieme di sostanze chimichemolto diverse, odore, consistenza, tem-peratura. Va affermato anche che lepreferenze per i cibi dipendono dal-l’interazione di molti fattori: l’80% diciò che percepiamo come sapore, inrealtà è odore. l’organismo umanopuò distinguere circa 20.000 odori di-versi (grazie ai recettori olfattivi situatinella cavità nasale e nel retro dellacavità orale) e almeno 10 livelli di in-tensità per ognuno.

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    SETTEMBRE

    20 settembre - PineroloCinquantennale della Delegazione Convegno “Dalla cucina del Medioevo al cibo postmoderno”

    26-27 settembre - FoggiaCinquantennale della Delegazione Convegno “Transumanar m’è dolce:la transumanza in Capitanata”

    27 settembre - Delegazioni del Comprensorio DolomiticoConvegno “Dolomiti Unesco a tavola” a Longarone (BL)

    OTTOBRE

    2 ottobre - CivitavecchiaTrentennale della Delegazione

    4-5 ottobre - TigullioCinquantennale della DelegazioneConvegno “Il Tigullio: tavole nobi-liari, organizzazione rurale e pro-dotti del territorio”

    11 ottobre - Maremma-PresidiConvegno “Italia-Francia: affinità e differenze tra le due grandi cucine”

    16 ottobre - Cena ecumenica“La Cucina del riso”

    16 ottobre - La Spezia2a edizione “Premio Delegazione della Spezia” per Istituto Alberghiero Ipssar “G. Casini”

    16 ottobre - Pisa7a edizione “Premio Delegazione di Pisa” per Istituto Alberghiero Ipssar “G. Matteotti”

    18-25 ottobre - San PaoloIII Settimana della cucina regionaleitaliana: un viaggio attraverso i saperi e i sapori dell’Italia.

    24-26 ottobre - NapoliConsulta Accademica

    NOVEMBRE

    8 novembre - Pisa ValderaConvegno “Le spezie e gli aromi in cucina”

    15 novembre - CaltagironeConvegno “La salute nel piatto”

    22 novembre - Milano NavigliDecennale della DelegazioneConvegno “Filosofia della cucina, estetica della tavola: un unico mondo, in divenire”

    CALENDARIO DELLE MANIFESTAZIONI ACCADEMICHE 2014

  • Come attestano i reperti fossili,la vite cresceva in europa findall’epoca terziaria, anche sele prime notizie sulla sua coltivazionerisalgono al quinto millennio avantiCristo, legate agli assiri e ai sumeri. ineuropa sarebbe giunta nel 600 a.C.grazie ai fenici che la portarono dap-prima in francia e successivamente an-che negli altri Paesi tra cui l’italia, mainteressanti notizie sulla sua coltivazionesi hanno anche dalla Bibbia (che fissatra l’altro l’origine delle bevande alco-liche nel 3000 a.C.). ne esistono notizienella letteratura latina, come si puòleggere dalle opere di Columella, diCatone e di Virgilio, che descrivono lacoltivazione della vite e soprattutto ilconsumo dell’uva, considerata comeun frutto utile e gradevole. infatti, findall’antichità, indipendentemente dallapossibilità di trasformarsi in vino, ilprodotto della vite, ossia l’uva, era ri-tenuto dagli studiosi un componenteimportante dell’alimentazione, dotatodi grande valore non solo alimentare,ma anche terapeutico.su questo secondo aspetto parlaronoinfatti, nel passato, noti studiosi comeaulo Celso, che la consigliava nel trat-tamento delle malattie viscerali, Plinioil Vecchio che la considerava utile inmolte forme morbose, anche se ritenevapoco consigliabile il suo uso nei processifebbrili. altre notizie le abbiamo da me-dici e naturalisti greci e romani comegaleno e dioscoride, che consideravanoil succo d’uva ricco di elementi curativioltreché nutritivi, consigliandolo nonsolo nelle malattie viscerali, ma anchenelle forme che causavano deperimento.non possiamo inoltre dimenticare che

    a roma, nell’epoca imperiale, partico-larmente nell’epoca di tiberio e di ne-rone, la pianta della vite fu elevata asimbolo di benessere, ma anche di pre-stigio e di autorità, tanto che ai centurioniveniva assegnato un “bastone” di vitecome insegna di potere e come arma dicomando. Più tardi, un grande contributo sulvalore nutrizionale e curativo, fu portatodai medici arabi che ne raccomandavanol’assunzione nelle più svariate manife-stazioni morbose, e, nel XVi secolo,comparvero alcune pubblicazioni tede-sche che ponevano i risalto le proprietàalimentari e curative dell’uva, dettandoil suo impiego sistematico in varie formedella patologia. non possono inoltreessere taciute le asserzioni di Castoredurante da gualdo tadino, medico diPapa sisto V, che nella sua opera Iltesoro della Sanità afferma: “l’uva, spe-cialmente quella bianca matura, dolcee di scorza sottile, che non ha granelli,rinfresca il fegato infiammato, provocal’urina, accresce gli appetiti amorosi,giova al petto, al polmone, alle reni ealla vescica”.arrivando ai giorni nostri, esiste tutt’ora,in particolare in italia, una lunga tradi-zione della coltivazione della vite, cheha portato alla produzione di nuove epregiate varietà di uva da tavola, e ilnostro Paese rappresenta oggi il primoproduttore in europa, con un media diquindici milioni di quintali, di cui unquarto viene esportato.sorge ora la domanda se le virtù cura-tive, tanto decantate dai medici delpassato, esistano veramente. Certa-mente non possiamo concordare sullenumerose indicazioni terapeutiche a

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    C U LT U R A & R I C E R C A

    DI PUBLIO VIOLADelegato di Roma Appia

    Un piacevole frutto autunnale, gradito sicuramente al palato, ma anche all’organismo.

    Proprietà terapeutiche dell’uva

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    suo tempo considerate, manon possiamo neppure esclu-dere l’esistenza di alcune pro-prietà favorevoli.Premesso che esistono nume-rose varietà di uva da tavola,il cui numero è fortementeaumentato negli ultimi annigrazie anche alle tecniche dicoltivazione sempre più raf-finate, possiamo affermareche sostanzialmente il valorenutritivo delle diverse varietànon presenta significative dif-ferenze. attualmente, la maggiore innovazioneè costituita dalle cultivar con acini senzasemi (apirene), peraltro del tutto para-gonabili agli acini tradizionali. nel com-plesso, infatti, le diverse varietà possonodifferire nella forma, nel colore, nel-l’aroma e nel sapore, ma da un puntodi vista nutrizionale, e favorevole perla salute, non esistono grandi differenze.Va comunque rilevato che alcuni poli-fenoli, come le antocianine, sono presentiprevalentemente nell’uva nera. a questo proposito, di notevole rilievoè la presenza nell’uva di un elevato con-tenuto in agenti antiossidanti (che puòarrivare fino a 100 mg%), ossia di queifattori che agiscono contro i radicali li-beri, agenti patogeni ai quali siamo co-stantemente esposti per cause esternee interne. tali antiossidanti sono rap-presentati, nell’uva, dai polifenoli, comela quercetina e il resveratrolo, e, comesi è detto, anche dalle antocianine (cia-nidina e delfinidina) presenti soprattuttonell’uva nera. i polifenoli sono moltoimportanti perché, tramite la loro azione

    antiossidante, agiscono come protettivicontro le neoplasie, le malattie cardio-vascolari e il processo d’invecchiamento,senza escludere anche un’attività anti-batterica. importante, infine, è ricordareanche la presenza dell’acido ellagico alquale viene attribuita un’azione protet-tiva contro i danni del fumo. Va però rilevato che i composti polife-nolici sono presenti in maggiore quantitànella buccia rispetto alla polpa. inoltre,nella buccia dell’uva nera, secondo ri-cerche condotte nell’università di Mi-lano, è presente anche la melatonina,una sostanza che aiuta a regolare ilritmo sonno/veglia. non possiamo non rilevare, a propositodell’attività antinvecchiamento, che que-sta attività protettrice si svolge sull’or-ganismo in generale, ma in particolarenei confronti della cute, in quanto i po-lifenoli presenti nell’uva proteggono lefibre di collagene di elastina dell’epi-dermide rallentando la formazione dellerughe e la fragilità capillare, tanto cheè stata consigliata una preparazione di

    acini sbucciati e schiacciati performare una “maschera” da ap-plicare per alcuni minuti sul viso.infine, accanto alle descritte pro-prietà curative, non va dimenti-cato che l’uva possiede un buonvalore alimentare, in quanto haun discreto contenuto di zuc-cheri, quali glucosio e fruttosio(15-18%), un contenuto moltomodesto di proteine e quasi ine-sistente di grassi, con un rendi-mento energetico di 60-65 ca-lorie per 100 grammi. Possiedeinoltre un buon contenuto di

    minerali (principalmente potassio, maanche calcio, sodio, magnesio, manga-nese e ferro) e un contenuto, anche senon elevato, di vitamine del gruppo B,provitamina a (beta-carotene) e vita-mina C.nel complesso l’uva, esaltata e glorificatadalle leggende, dai miti, dalle religioni,dalla storia, ma anche dalla scienza, èpiacevole alla vista, aromatica e gustosaal sapore.in conclusione, in natura esistono nu-merose varietà di uva da tavola, ma seescludiamo le differenze tra l’uva biancae l’uva nera, quanto al contenuto in an-tocianine, possiamo affermare che leproprietà nutrizionali e protettive perla salute sono presenti in misura pres-soché identica in tutte le varietà. Cipossiamo perciò rivolgere con piacerea questo frutto autunnale, certi di as-sumere un prodotto gradito sicuramenteal palato, ma anche all’organismo perla presenza di sostanze che svolgonoun’efficace azione protettiva.

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    IL PIATTO D’ARGENTO DELL’ACCADEMIAÈ in silver plate, in formato grande ed elegante e reca inciso, sul fondo, il logodell’Accademia. Questo oggetto simbolico è consigliato come omaggio da con-segnare ai ristoranti visitati, in cui l’accoglienza, il servizio e la cucina si sianodimostrati particolarmente meritevoli. Per ogni ulteriore notizia in merito e

    per le eventuali richieste, i Delegati possono rivolgersi alla Segreteria di Milano([email protected]).

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    C U LT U R A & R I C E R C A

    DI ADRIANA LIGUORI PROTODelegata di Crotone

    Il segreto del gusto inconfondibile della sardella crucolese sta nel sapiente dosaggiodegli ingredienti, nel loro trattamento e nella conservazione in luoghi non umidi e al riparo dalla luce.

    Il caviale di Crucoli

    Crucoli, piccolo paese in pro-vincia di Crotone, di circa quat-tromila anime, il cui insedia-mento risale al tempo dei normanni,sorge su un colle (da qui, probabilmente,il suo nome, che deriverebbe da curu-culum = posto sul cocuzzolo), anchese successivamente si è molto estesosulla costa, tanto che attualmente vantauna spiaggia e un mare bellissimi.Questo piccolo paese è diventato fa-moso, non solo in Calabria, per la pre-parazione della “sardella” (novellamedi sardine).in questo luogo di notevole bellezzapaesaggistica, vige il culto del sanovivere e il rispetto delle tradizioni nelgusto primitivo di odori e sapori: unmiscuglio di umori e di essenze aro-matiche di terra e di mare. la cucinacrucolese, sapida ma semplice e sana,si basa esclusivamente sui prodotti ge-nuini che offre il territorio. imperantee immancabile nelle pietanze è il “pu-taparò” (peperoncino rosso piccantis-simo) che ha reso celebre la sardella,di cui vogliamo tracciare un breve pro-filo storico.le origini di questa rinomata conservaittica sono riconducibili alle usanze cheavevano gli antichi popoli del Mediter-raneo di consumare molto pesce, so-prattutto quello azzurro, che venivaseccato al sole e conservato sotto sale.apuleio, in una sua trattazione di scienzenaturali sui pesci, usa il termine qui-squiliae per indicare la minutaglia dipesci con cui all’epoca i romani prepa-ravano una specie di salsa. si deve,però, ai greci l’invenzione di una salsettaa base di interiora di vari pesci, mesco-late a sostanze piccanti e aromatiche,

    meglio conosciuta con il nome di garon,e ribattezzata in seguito dai romanicon il nome di garum. Questa specialitàittica, conservata in grosse anfore diceramica per favorirne il trasporto, di-venne un prodotto di grande diffusionenella roma imperiale. è presumibileche la tradizione alimentare del garumsia giunta fino a noi dal tempo in cui igreci e i romani hanno abitato questeterre, lasciando tracce della loro pre-senza anche attraverso usi e consuetu-dini alimentari. la pesca del novellamedi sardine, abbondantissima lungo lecoste dello ionio, ha certamente influitosulla preparazione della sardella, che,per il suo eccellente sapore, non è as-solutamente paragonabile al garum, ri-tenuto da Plinio il Vecchio una sorta dipoltiglia di pesce marcio. le prime no-tizie riguardo alla preparazione e con-servazione della sardella risalgono al-l’inizio del XV secolo, quando dall’ame-rica venne importato il peperoncinorosso piccante, che, essiccato e ridottoin finissima polvere, costituisce l’ingre-diente primario di questa rinomataconserva ottenuta con il novellame disardine. il professor giuseppe Virardi,studioso di storia e cultura popolare efonte inesauribile di notizie storico-let-terarie sull’argomento in oggetto, de-finisce il garum di Crucoli, ossia la sar-della, un armonioso connubio di pro-fumi e sapori, frutto dei doni della terrae del mare, e lo paragona a un gioiellodi grande valore con queste testualiparole: “una collana di rubini (pepe-roncini), impreziosita da piccole goccedi smeraldi (finocchio selvatico), farebbeben scarsa figura su un bel petto didonna se le singole pietre non fossero

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    incastonate nella preziosità dell’oro(l’olio) e dell’argento (la sardellina),che le incorniciano, le sostengono e lelegano sinergicamente”. Metafora aparte, Virardi sostiene che la sardellacrucolese sia una specialità unica almondo: il segreto del suo gusto incon-fondibile sta nel sapiente dosaggio degliingredienti utilizzati, nel loro tratta-mento e nella conservazione in luoghinon umidi, e al riparo dalla luce. lasua fragranza e il suo profumo intensoe persistente vengono esaltati da unperiodo di sei, sette mesi di maturazionein contenitori di argilla (“terzaluri”) odi legno (“tineddri”). Questa conservaviene detta anche “mustica”, un termineche potrebbe derivare dal greco, e in-dicare il recipiente di terracotta doveviene custodita, o dall’arabo mustika,che ha significato di salsa piccante. unaltro termine con il quale è indicata laconserva di sardine è “rosamarina”, pa-rola questa che richiama la locuzionelatina ros marinus, nel senso di rugiadadi mare. la sardella, per la grana finee piuttosto cremosa, per l’eccellenzadel sapore, è paragonabile al rinomatocaviale, tanto da essersi meritata l’epitetodi “caviale di Crucoli”.Questa “crema della passione”, cosìdefinita dai fisiologi del gusto, per ilfuoco che sprigiona nelle vene, nel se-colo scorso veniva impiegata come po-zione magica e filtro d’amore. al di làdi queste credenze, è stato scientifi-camente provato che tale conserva èun elisir di lunga vita: ciò è dovutoalla felice combinazione del pesce az-zurro con il peperoncino rosso piccante,due elementi dalle riconosciute pro-prietà benefiche, che attribuiscono aquesto magnifico prodotto il valorealchemico di un farmaco.

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    IL CETRIOLO DELLA GUSTATIOIl cetriolo (Cucumis sativus) appartiene alla famiglia delle cucur-bitacee, come l’anguria e la zucca.Secondo i fitogeografi l’antenato del cetriolo viveva alle pendicidell’Himalaia dove, appunto, ancora oggi si riscontrano numero-si esemplari spontanei della pianta.Il cetriolo è una bacca di color verde intenso o, in alcune varietà,assai chiaro con polpa bianco verde, ricchissima di semi; ha for-ma oblunga e varia. Si consuma crudo o cotto, fresco o conserva-to, anche se per questo uso si ricorre a varietà nane e a frutti rac-colti non ancora maturi.La conservazione tipica è sotto olio o sotto aceto o, come in altriPaesi europei, con senape o aceto balsamico, con sapore ancorapiù acidulo.Si ricorda che il cetriolo contiene acido ossalico nella quantità di25 mg% per cui è da sconsigliare a chi soffre di calcolosi renali oepatiche. Oltre a proteine, lipidi e glucidi, contiene vitamine B1,B2 , PP, provitamina A, sali minerali di potassio, cloro, fosforo,calcio, sodio, magnesio, manganese, ferro, fluoro, iodio e zinco.Ricchezza salina di tutto rispetto, ma che rende più difficile la di-gestione del frutto al punto da sconsigliarne l’uso a chi soffre didisturbi gastrici.Il cetriolo era conosciuto e coltivato dagli antichi Egizi ed Ebrei,dai Greci e Romani. I Greci lo chiamavano “sikyos”, da cui trasseil nome la città di Sicione (sikyon = campo di cetrioli). Nel Pelo-ponneso settentrionale, le virtù terapeutiche del “sikyos omòs”(cetriolo selvatico) le descrisse Ippocrate, quelle del “sikyos éme-nos” (cetriolo coltivato) Dioscoride. Della coltura trattò Columel-la, mentre Plinio incluse la pianta tra le “aquatiles”. Il cetrioloera il frutto preferito dai Romani per i loro “salgama”, conservatiin aceto e sale (murìa = salamoia). Allo scopo si usavano vasi dimedia grandezza, di terracotta o vetro, di larga apertura, ugualealla base e alla sommità, affinché i frutticini, cetrioli delle varie-tà nane, fossero sempre ben ricoperti di liquido. Tali recipienti ve-nivano collocati in luoghi freschi e asciutti, al riparo dal sole. Ivenditori di questi cetriolini erano i salgamarii o salgamentarii.Si consumavano allo stato fresco e conditi con aceto pepato oppu-re cotti con olio e vino nella “gustatio” o “frigida mensa”. Nelleantiche bettole (thermopolia) si trovavano sempre, a disposizio-ne dei viaggiatori che mangiavano volentieri la cosiddetta salga-ma, per bere con maggior piacere.Il cetriolo ha diverse proprietà medicinali, è rinfrescante, depu-rativo, dissolvente dell’acido urico e degli urati. Perciò contrastala gotta ed è anche indicato negli stati febbrili e nelle coliche inte-stinali.Cotto è tale da contrastare le irritazioni intestinali. Crudo puòdare una pomata per curare dermatiti superficiali, screpolaturedi labbra e per la cura del viso. (A. S.)

  • Una spia rivelatrice, una car-tina di tornasole: questo èPetronilla per la gastronomiamolisana. un reagente che spinge insuperficie ed evidenzia la ricerca dinovità e di raffinatezza, il desideriodi confronto e di arricchimento, il bi-sogno di apertura e di dinamismo chepure covava in una tradizione forte-mente ancorata ai prodotti della terra,alla stagionalità e ai modelli di vita diceti ristretti e abitudinari. l’influenza di Petronilla ha riguardato,infatti, gruppi sociali che si distingue-vano dalle fasce popolari per condizionidi vita, disponibilità di risorse e so-prattutto per alfabetizzazione, vale adire per la capacità di leggere e usarela scrittura come forma di comunica-zione. Parliamo, in realtà, dei pochis-simi altolocati, dei ceti possidenti edella piccola e media borghesia natadalla terra e che con la terra mantenevacomunque un rapporto, sia pure ab-bastanza precario. si dovrà arrivareallo snodo del novecento per assisteread un’evoluzione sempre più diffusa,dalla borghesia agraria a quella delleprofessioni. Con indiscutibile beneficiodi cultura e di stile nelle relazioni in-terpersonali e interfamiliari. in questo ambiente, la regolarità del-l’alimentazione, e più ancora la varietàdelle pietanze, il decoro della tavola,la ricercatezza dei dolci e dei rosolierano elementi non solo di distinzionesociale rispetto ai modi di vivere deimeno abbienti, ma anche di distinzionee di riguardo tra le famiglie dello stessoceto. alla base di questi rapporti, però,oltre alle dinamiche sociali della co-munque ristretta borghesia molisana,

    vi erano anche percorsi di formazionepersonale. in particolare delle donne. la loro educazione aveva seguito perlungo tempo i canoni della tradizionefamiliare ispirata dall’idea di formare,oltre che buone mogli e buone madri,padrone di casa capaci di governarnela vita interna e di “comparire” nellerelazioni esterne. i livelli di alfabetiz-zazione sono stati a lungo incerti. nel-l’apprezzamento sociale e nelle funzioniche la donna era chiamata ad assolverenon era quello l’elemento più impor-tante. anche le ragazze messe nei col-legi femminili, ancora nei primi decennidel secolo, erano chiamate a conciliarel’apprendimento formale con l’educa-zione domestica, che comportava ildisegno e il ricamo, il decoro del rice-vere, la qualità dei cibi e alcune regolefondamentali di civiltà della tavola.l’educazione delle padrone di casadella piccola borghesia era la risultante,dunque, di pratiche familiari, di for-mazione nei collegi di napoli e delsuo hinterland, di comunicazione tra-sversale che avveniva con gli esempidi altre donne, con la comunicazioneorale e con le lettere in bella grafiache si scambiavano con i parenti, conamiche e conoscenti o semplicementecon fornitrici di ricette che avevanoavuto successo nel giro delle comuniconoscenze.Quando Petronilla irruppe in questomondo provinciale un po’ in penombra,attraverso le ricette pubblicate su “ladomenica del Corriere”, si aprironofinestre di conoscenza di un altro stiledi vita, di un diverso modo di comu-nicare, di possibilità di arricchire ladotazione tradizionale di soluzioni cu-

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    C U LT U R A & R I C E R C A

    DI NORBERTO LOMBARDIAccademico di Isernia

    Amalia Foggia Moretti, dalle colonne de “La Domenica del Corriere”, propone ricette in cui la creatività va a braccetto con le ridotte disponibilità economiche.

    Petronilla: una lezione di umanitàe di cultura

  • C U LT U R A & R I C E R C A

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    cinarie. Per la verità, non fu proprioPetronilla a scostare le cortine culturalidelle donne molisane di famiglie pos-sidenti e borghesi. fu “la domenicadel Corriere”, uno straordinario setti-manale che, con i disegni a tutta paginadi Beltrame e di Walter Molino, supe-rava le stesse barriere dell’analfabeti-smo e catturava l’immaginazione e lostupore non solo dei ceti medi, maanche di quegli autentici mediatoriculturali che nei paesi meridionalisono stati gli artigiani “colti”, come ibarbieri e i sarti. entrata nelle botteghee nelle case, “la domenica del Corriere”ne aveva per tutti. anche per le donne,che incominciarono a ritagliare i “piz-zini” delle ricette e a incollarli sui loroquadernoni neri o sulle agende carto-nate convertite in ricettari. il successo, sempre più ampio, di Pe-tronilla era legato a molteplici ragioni,ma ad alcune in particolare. il tonodella scrittura. Prima che ricette, quellidi Petronilla erano consigli, ammic-camenti, sorrisi, bonarie prese in girodei mariti, espressioni affettuose versoi figli e le persone care, confidenze,preoccupazioni per i soldi che non ba-stavano mai, incoraggiamenti a rispar-miare in tempi difficili come per gliitaliani sono stati gli anni trenta equelli della guerra. erano, insomma,confidenze che la “signora forestiera”faceva alla sua nuova amica, lì, nel ti-nello di casa, al riparo da orecchie in-discrete, mentre sorbiva con natura-lezza il caffè che la padrona le avevapreparato.Poi le ricette non erano descritte conparole difficili, e facevano riferimentoa ingredienti alla portata di molti, che,combinati tra loro con originalità, ri-velavano ricchezze gastronomiche in-sospettate. in fondo in fondo, nel nuovoc’era anche qualche sussurro d’antico,qualcosa che le donne molisane senti-vano familiare. forse perché - dirannoi competenti di gastronomia - Petronillaaveva letto Corrado e Cavalcanti, ar-chetipi della gastronomia meridionaledi scuola napoletana, e aveva viaggiatoparecchio, anche al sud, incorporandoalcune soluzioni e riproponendole con

    semplicità. tutt’altra cosa rispetto al-l’artusi, che poche possedevano e ancormeno avevano letto, quel libro che usa-va parole forse belle e sonore, ma in-solite e, soprattutto, proponeva piattiche sembravano appartenere a tradi-zioni e modi di cucinare lontani. tut-tavia anche se descritte in modo lineare,le ricette di Petronilla erano comunqueuna novità nell’ambiente molisano, unesempio di apertura culturale e di di-stinzione per la donna che le ripropo-neva in occasione di feste e di ricevi-menti. tanto più che Petronilla davaanche consigli sull’apparecchiatura, sucome distribuire i posti a tavola, sulla

    preparazione dei piatti e come servirli,sulle gaffe da evitare. Più raffinatezza,insomma, e più sicurezza e disinvolturaper la padrona di casa.Certo, il passaggio di Petronilla nellacucina molisana non va enfatizzatooltre misura. Pur con le cautele delcaso, tuttavia, alcune sue ricette sonostate incorporate nella tradizione lo-cale. a prova che l’italianizzazione deimeridionali, così drammatica durantele vicende unitarie e così difficile esospettosa nei tempi successivi, ha tro-vato nella gastronomia un canale forsepoco noto ma penetrante.

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    ACCADEMICI IN PRIMO PIANO

    L’Accademico di Alessandria, Giuseppe Baccalario, ha ricevuto il pre-mio “Melvin Jones Fellow” dal Lions Club di Acqui Terme Host.

    L’Accademico di Lucca, Giorgio Bartoli, è stato eletto Presidente dellaCamera di Commercio di Lucca.

    L’Accademico di Roma, Giampaolo Chiappini Carpena, è stato nomi-nato Presidente del Rotary Club La Spezia per l’anno 2014/2015.

    L’Accademico di Teramo, Claudio D’Archivio, è stata nominato VicePresidente del Lions Club di Giulianova.

    L’Accademica di Teramo, Valeria Nina Franceschini, è stata nominataPresidente del Lions Club di Giulianova.

    L’Accademico onorario di Genova Est, Roberto Iovino, è il nuovo Diret-tore del Conservatorio di Stato di Genova “Nicolò Paganini”.

    L’Accademico di Napoli-Capri, Stefano Laux, è stato nominato Presi-dente del Lions Club Napoli Host per l’anno 2014/2015.

    L’Accademica di Teramo, Agnes Lyet Mazzitti, è stata nominata a Pari-gi “Chevalier dans l’ordre des Palmes Academiques” per la diffusione del-la lingua francese all’estero.

  • V enafro è stata designata cittàguida per la partecipazione delMolise all’expo 2015. il sin-daco, professor antonio sorbo, hachiesto l’intervento culturale dell’ac-cademia nella settimana dedicata pro-prio all’expo. un convegno, ricco e articolato, è statoquindi realizzato per quei giorni dalladelegazione di isernia, la delegazionedi hong Kong e l’accademia dei geor-gofili, sezione sud est, con la presenzadi numerosi relatori, esperti e compe-tenti. l’evento ha coinvolto i partecipanti indue giornate dedicate agli oli molisanidi qualità, in un momento culturaledi grande spessore, seguito da tutticon vivo interesse.il primo incontro prevede una passeg-giata nel “Parco dell’olivo”, che a Ve-nafro offre uno splendido percorsoguidato per ammirare e scoprire que-

    st’albero, dalla chioma mutevole, verdenella tarda primavera per poi maturarenell’esclusivo grigio azzurro delle suefoglie. i tronchi contorti, nessuno ugua-le all’altro, raccontano la storia di ognipianta e ne svelano la ricchezza e ilpregio antico già riconosciuto nell’an-tica roma e citato da ovidio, titolivio, svetonio, tacito, orazio, Mar-ziale. Purtroppo la pioggia impediscela passeggiata ma non la disponibilitàdi emilio Pesino, Presidente del Parco,della dottoressa emanuela Martone,di sebastiano delfine dell’universitàdel Molise che danno, al riparo nelMuseo di santa Chiara, il benvenutoagli ospiti. spiegano il significato del-l’istituzione del Parco e descrivono ac-curatamente il perché dell’ottima qua-lità dell’olio di Venafro, soprattuttol’antico aurino, che deve il suo profumoalla tipologia del terreno, al clima emolto alle erbe, che vi crescono intornospontanee e che cedono alla linfa laricchezza del loro humus.la grande sala del Castello Pandoneospita, la mattina dopo, il convegno“infinite gocce d’oro”; lo schermo per-mette il collegamento in videoconfe-renza con la delegazione di hongKong, guidata da savio Pesavento. laparte tecnica e le riprese sono curate,con disponibile sapiente competenza,dall’editore fotografo tobia Paolone.Coordina l’accademica ida di ianniche, con scioltezza e brio, presenta leautorità comunali e regionali per i sa-luti istituzionali, gli accademici deigeorgofili, la delegazione di hongKong, mentre la delegata giovannaMaria Maj sottolinea il piacere dell’in-contro.

    si inizia con la proiezione di un videosu Venafro, realizzato da salvatore ric-ciardi, che mette in evidenza le ric-chezze archeologiche della città, le suesplendide chiese, i palazzi, il caratte-ristico centro storico, il paesaggio… gli interventi dei relatori, esperti, bril-lanti, appassionati, perché l’olivo è ap-passionante, vivacizzano il convegnocon il loro sapere e la loro competenza.dalle parole di laura dell’erba, di Ma-rio stasi, di Pasquale di lena si sco-prono e si approfondiscono le infor-mazioni sulle proprietà nutrizionali esalutistiche dell’olio extravergine d’olivaprodotto da Paesi ricchi di storia, dasempre alimento principe della dietamediterranea, considerato fin dall’an-tichità un vero e proprio medicamentoche stimola gli anticorpi, è antinfiam-matorio, antiossidante, ricco di vita-mine e di serotonina che smorza lafame, anche nervosa. le varietà di olivo si adattano al terri-torio e le biodiversità ne studiano lecaratteristiche legate agli aspetti agro-nomici che cambiano da un anno al-l’altro, influenzati dall’ambiente, dalclima, dalla potatura. Viene fatta unabreve riflessione sull’andamento eco-nomico della famiglia contadina, dovei ruoli erano ben divisi: all’uomo lagestione delle coltivazioni, alla donnaquello della cucina, e l’olio, ingredienteprezioso, deve raccontare quello cheha dato nel corso dei millenni e quantoha ancora da dare e da dire. Con ilcompiaciuto ascolto degli accademicidi hong Kong, che manifestano conpartecipe attenzione il loro interesse,intervengono ancora anna Maria lom-bardi, delegata di Campobasso, Pa-

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    I N O S T R I C ON V E GN I

    DI MARIA CRISTINA CARBONELLI DI LETINOAccademica di Isernia

    Un convegno, organizzato dalla Delegazione di Isernia insieme a quella di Hong Konge all’Accademia dei Georgofili, per scoprire l’olio più adatto a valorizzare il gusto di una pietanza.

    Infinite gocce d’oro

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    squale Montemurro e renato Moriscodell’accademia dei georgofili e, dalloro brillante raccontare, l’olio vienevisto nella cosmesi, nei semplici antichipiatti che seguono la vita umana, dallosvezzamento alla vecchiaia. Presentenelle merende, nelle gustose pietanze,nei pancotti, l’olio, al contrario delvino, non è fine a se stesso ma è un in-grediente della cucina e il suo equilibriofra dolce, salato, amaro, piccante, ri-sulta un fattore importante del valoredi un piatto.da hong Kong, il general Managerstefano Bassanese e andrea spagoni,executive chef, cui a suo tempo furonoconsegnati tre tra i migliori oli molisanimonovarietali: gentile di larino, au-rino di Venafro e Paesana bianca dellecolline del Volturno, per dar loro il

    tempo e la possibilità di assaggiarli, licommentano con entusiasmo e parte-cipazione. salutando, ringraziano diaverli potuti apprezzare, complimen-tandosi per il loro gusto eccellente ecompiacendosi, infine, per l’opportu-nità avuta di partecipare a questo in-teressante e originale convegno. il Presidente della sezione sud est del-l’accademia dei georgofili, professorVittorio Marzi, ricorda il protocollod’intesa con l’accademia, rafforzatoda una collaborazione fattiva e stimo-lante fatta anche di piacevoli incontriculturali come quello che si è appenasvolto e che ha un coinvolgente seguitoall’“hotel dora” dove, durante la riu-nione conviviale, viene proposta lascelta fra le tre eccellenti qualità diolio citate, con cui condire studiate

    pietanze. l’accademico dei georgofili,renato Morisco, aiuta, consiglia eguida queste scelte, avvicinandosi aicommensali e illustrando compiuta-mente come un olio più di un altropossa essere adatto a valorizzare ilgusto di una pietanza. Questa parte-cipazione attiva, la scelta personaledel giusto olio, rende tutti un po’ pro-tagonisti, generando interesse e sod-disfazione che, se possibile, rendonoancora più ricco il successo di questoincontro.

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    RICERCA E INNOVAZIONE PER IL RECUPERO DI ANTICHI PATRIMONI AGROALIMENTARI

    Nella Sala delle Capriate, accolti dal Sindaco dottor La Punzina e dal Presidente del Consiglio Comunale dottorFranco, gli Accademici di Cefalù, con l’adesione della Delegazione di Alcamo-Castellammare del Golfo, guidata daLiborio Cruciata, hanno organizzato un convegno sulla produzione cerealicola, sulle farine e sui pani che, dopo unlungo oblio, ritornano a far parte del patrimonio agroalimentare siciliano. Dopo la presentazione dell’Accademiada parte del Delegato Nicola Nocilla, il dottor Pogna del CRA ha parlato della filogenesi del genere Triticum, dellacoltivazione del grano dal Neolitico ad oggi e delle sue proprietà nutrizionali. Ha illustrato l’importanza della ve-getazione perenne con un apparato fotosintetico sempre attivo e apparati radicali profondi. Proprietà simili caratterizzerebbero il Thinopyrum intermedium, specie cerealicola perenne, oggetto di ricerche cuisi è riferito il Delegato Nocilla illustrando le conseguenze dell’abbandono delle campagne con l’insorgere di diffusifenomeni di instabilità; l’utilità del ritorno alla coltivazione degli antichi grani siciliani e l’influenza della vegeta-zione sul paesaggio e sulla stabilità dei territori. Delle tematiche della molitura e dei pregi di quella con i mulini apietra, ha parlato (mentre venivano offerti i pani prodotti con le sue farine) Filippo Drago dei Molini del Ponte,promotore del recupero delle antiche tecniche di molitura come la “rabbigliatura”, tecnica manuale che consente dimantenere più nutrienti al cereale molito e sostenitore dei grani siciliani (Tumminia, Russello, Perciasacchi, Bidi,Maiorca), digeribili, privi di micotossine, ricchi di vitamine, minerali e proteine. Dopo l’intervento dell’Assessore Leonardis sulla promozione agroalimentare nel comprensorio di Cefalù e delle Ma-donie, ha concluso i lavori l’avvocato Giada Lupo illustrando il progetto “Sicily Tasting Journey-Le vie del Gusto inSicilia” di Federturismo nazionale, operativamente demandato a Confindustria Sicilia Alberghi e Turismo ed EBITSicilia, in vista di Expo 2015. Il progetto prevede il riuso di vecchi immobili incastonati lungo le vie del Gusto, “ago-rà” della porzione di territorio rappresentato e dei suoi prodotti. Nel racconto appassionato di Giada, si visualizzaplasticamente l’immagine di una Sicilia dalla forte vocazione mediterranea. Sostiene Giada, concludendo, chel’isola ha il patrimonio storico e umano per riprendere coscienza del proprio antico ruolo centrale nel Mediterra-neo. Al convegno erano presenti anche il Coordinatore Territoriale Cinzia Militello e il Delegato di Palermo LucioMessina. (Maddalena Ficano)

  • In occasione dell’importante anni-versario, sono intervenuti molti il-lustri ospiti, tra i quali il Presidentegiovanni Ballarini, il segretario gene-rale Paolo Petroni, numerosi delegatie accademici italiani ed europei, tantiamici dell’accademia e della delega-zione. l’ambasciatore Carlo oliva, rap-presentante permanente dell’italia pres-so l’ocse, il Console generale d’italiaandrea Cavallari e il segretario generaledell’académie internationale de la ga-stronomie, M. heim de Balsac, hannoonorato la manifestazione della loropresenza.la delegata di Parigi, luisa Polto, haintrodotto la tavola rotonda sul tema:“la sfida della cucina italiana a Parigi -Come accostarsi ad un simbolo d’ec-cellenza”. ha sottolineato come il pe-riodo attuale sia fecondo per la gastro-nomia e l’arte cucinaria italiane, chesono molto apprezzate e sono entrate

    nelle consuetudini alimentari di co-loro che riconoscono il valore dellagenuinità, dei sapori autentici, deiprofumi dei prodotti naturali, dellavarietà dei piatti regionali che ri-spettano la tradizione senza rigi-dità, ma evolvendo con gli stili divita. sono questi prodotti non in-dustrializzati che attraggono par-ticolarmente i gourmet parigini,sia negli esercizi al dettaglio, sianei ristoranti, dai più semplici aquelli che propongono rare pre-libatezze. a Parigi si possonocontare circa 500 ristoranti ita-liani o detti italiani, ed è qui

    che il dente duole, perché la ristorazione“simil-italiana”, che prende scorciatoiee sfrutta l’immagine di regionalità egenuinità, non ha domani, donde ilfrequente succedersi di nuove insegne.i ristoratori seri e impegnati a proporreuna cucina genuina, nella qualità e nel-l’elaborazione, che nella proposta ga-stronomica italiana mirano all’auten-ticità e non al folclore, riescono ingenere ad affermarsi con buona duratanel tempo.situazione ben diversa da quella pre-sentata dalla delegata onoraria ledaVigliardi Paravia, che, riferendosi alledifficoltà degli anni novanta per gliapprovvigionamenti dall’italia, ha evo-cato i problemi dell’epoca per unacucina italiana sincera, anche quandoben intenzionata.oggi l’italia resiste meglio di altri Paesiall’incalzare dell’industrializzazione ali-mentare che appiattisce e uniformizzagli alimenti. l’italia vanta ancora un’agri-cultura tradizionale, che risponde anorme qualitative ben definite. Vi sono

    poi i prodotti d’eccellenza, detti di nic-chia, che sono il vanto di tanti appas-sionati agricoltori e allevatori che as-sociano competenza ed esperienza allequalità proprie della loro zona di attività.Questi piccoli imprenditori trasformanola natura in cultura, perché le loro pro-duzioni parlano della regione d’origine,dei metodi di coltivazione, degli usitramandati da generazioni e sviluppatiper rispondere alle esigenze contem-poranee. sempre di più, i buoni risto-ratori costituiscono una rete di fornitori,scelti personalmente sui luoghi di pro-duzione degli alimenti. naturalmentequesto implica dei costi aggiuntivi ditrasporto: sta al ristoratore trovare igiusti equilibri.Come sottolinea il Presidente Ballarini,se si vogliono definire i confini dellagastronomia, si può affermare che essiarrivano sin dove arriva la loro comu-nicazione, poiché la cucina è espressionedi un’identità. l’italia arriva sin dovearriva la sua cucina. è vero che l’appa-rente semplicità di alcune preparazionipuò condurre ad imitazioni grossolane,che nulla hanno in comune con i piattioriginali. è uno scotto al quale ci sideve rassegnare, proprio perché si imitaciò che vale. sempre di più, tuttavia,le scuole alberghiere italiane preparanogiovani cuochi intraprendenti e capaci,che arricchiscono le conoscenze teorichecon periodi di apprendistato presso igrandi chef in italia, ma anche soventeall’estero, divenendo così degli eccellentiambasciatori della cucina del loro ter-ritorio, componente del variegato mo-saico della cucina regionale in italia.un capitolo molto importante della ga-stronomia italiana riguarda la produ-

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    La Delegazione di Parigi ha festeggiato il suo venticinquesimo anniversario con unatavola rotonda sulla cucina italiana nella capitale francese.

    Come accostarsi ad un simbolod’eccellenza

    DI LUISA POLTODelegata di Parigi

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    zione enologica. Come afferma gianlucatelloli, enologo, poche nazioni al mondopossono vantare una varietà di vitignie una qualità di vini come l’italia. nelcorso degli ultimi decenni, le aziendevinicole si sono dotate di enologi com-petenti che hanno dato un impulsoqualitativo alle produzioni, correggendogli aspetti troppo artigianali della vini-ficazione. grazie a questi importantimiglioramenti tecnologici e di marke-ting, il vino italiano è oggi esportato intutto il mondo, con percentuali moltoelevate, talvolta nettamente superioririspetto alla distribuzione nazionale.i vini italiani sono molto apprezzati aParigi e nel mondo, e non temono con-fronti. stefano Palombari, autore di un’ap-prezzata guida gastronomica sui risto-ranti italiani a Parigi, sottolinea unodegli aspetti peculiari della cucina ita-liana: la cucina familiare. se la cucinadel quotidiano, nei suoi aspetti più sem-plici, resta sempre e comunque unabuona cucina, schietta e genuina, lacucina familiare, quella che riunisce lafamiglia attorno al pasto festivo, è unacucina che riflette le consuetudini delnucleo familiare e in essa si ritrovanole origini e la tradizione. ne consegue che in italia, se si cucinaitaliano, si mangia bene tutti i giorni.Per tornare alla cucina dei ristorantiitaliani a Parigi, la sua qualità, affermaPalombari, è enormemente miglioratanell’ultimo decennio ed è ormai per-fettamente comparabile alla cucina chesi trova in italia. di riflesso, l’immaginedella gastronomia italiana si è nobilitataagli occhi dei parigini, che ne apprez-zano a fondo profumi, sapori e varietà.un neo ancora persiste: la banalità deidessert, troppo spesso ridotti al sempi-terno binomio tiramisù-panna cotta,talvolta molto buoni, ma estremamentepiù ricca potrebbe essere la proposta.Contro questa limitante monotonia sista creando un’associazione che intendecoinvolgere i ristoratori italiani a Parigiin un’azione di promozione e divulga-zione delle specialità dolci delle varieregioni italiane.è questa filosofia del cibo ben fatto,

    sia esso semplice o più ricercato, chelaura zavan presenta nei suoi libri dicucina che conoscono un bel successoproprio perché illustrano una cucinavaria, autentica, abbordabile da chi cu-cina solo occasionalmente, come dachi vuole cimentarsi in più impegnativepreparazioni.a proposito dell’aspetto: “come acco-starsi ad un simbolo d’eccellenza”, ilsegretario generale Paolo Petroni hafatto notare che non è stato facile allacucina italiana affermarsi rispetto alsimbolo di eccellenza rappresentatodalla cucina francese. la corte sabauda,nei primi decenni del regno d’italia,portò con sé cuochi e abitudini gastro-nomiche francesi che prevalsero sulleconsuetudini nobiliari toscane, dappri-ma, e romane poi. rimase viva la cucinapopolare. fu l’artusi che, alla fine del1800, riportò il timone gastronomicosulla cucina regionale borghese. l’in-fluenza francese restò comunque forte,prova ne siano le guide ai ristoranti: laMichelin prima, nel 1956, e la gault etMillau poi. fu l’accademia, sul lungi-mirante stimolo del suo fondatore, che,nel 1961, diede alle stampe la primaguida ai ristoranti italiana. Ma, più omeno negli stessi anni, l’affermarsi tra-volgente della nouvelle cuisine rimisela cucina italiana nell’ombra, col fascinodei suoi principi innovanti, in coerenzacon lo stile di vita moderno che richiedeun’alimentazione leggera, sorprendente,libera dalla pomposità.un binomio da sfatare è quello tracucina tradizionale e cucina innovativa.difficile situare nel tempo la cucinatradizionale e in realtà qualunque piattoha subito delle trasformazioni, più spes-so dei miglioramenti, dovuti alla facilitàdi reperimento di prodotti freschi tuttol’anno, a più precisi metodi di cottura,a più efficaci sistemi di conservazione,per cui l’innovazione ha generato unafelice evoluzione della cucina tradizio-nale di un tempo. di tutto ciò sono ar-tefici i grandi cuochi italiani, che hannoportato nel mondo la nuova immaginedella cucina italiana: una cucina di ec-cellenza, frutto di alta professionalitàe di rigore nella scelta dei prodotti.

    è così che ormai, in tutto il mondo, ilristorante, sempre stellato, è spessocondotto da chef italiani ed è così chela cucina italiana si accosta ad un sim-bolo d’eccellenza e bisogna precisare,a lato di questa espressione apparen-temente modesta, che ci si accosta soloquando si è allo stesso livello.la discussione si è successivamentespostata sull’elaborazione delle dieteper gli astronauti dei voli spaziali,programma illustrato giuseppe rei-baldi, delegato onorario di amster-dam-leiden, nel quale l’accademiasi è da tempo attivamente impegnataper promuovore la cucina del futuro.l’alimentazione umana nello spaziodeve tener conto di un certo numerodi leggi fisiche legate alla gravità: icibi devono di conseguenza risponderea requisiti ben precisi. i primi esperi-menti di alimentazione italiana nellospazio risalgono al 1987, quando, nelcorso di voli di simulazione nella basespaziale di huston, la delegazione dihuston dell’accademia fornì il sup-porto logistico per servire un piattodi spaghetti olio e parmigiano a quat-tro astronauti. l’esercizio di assun-zione degli spaghetti non fu facile,ogni astronauta utilizzò una tecnicadiversa, ma tutti li apprezzarono una-nimamente. dopo questa prima espe-rienza, nel 2007, il delegato di Miami,emanuele Viscuso, con la nasa el’esa, creò il primo convivio spazialein occasione dell’inaugurazione di unmodulo italiano nodo 2. durante taleconvivio, fu servito il primo pastospaziale completo. attualmente alcuneaziende italiane sviluppano i cibi de-stinati all’alimentazione nello spazio.le prospettive per il futuro sono pro-mettenti per l’italia che ha acquisitole tecnologie necessarie a produrre ilcibo spaziale, che possono essere ap-plicate anche in altri ambiti, in parti-colare per gli sportivi e per coloroche desiderano un’alimentazione nu-triente e salutare. è questo un settorein cui l’accademia può svolgere unruolo importante per sviluppare nuovenicchie.

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  • L a delegazione di trieste ha fe-steggiato il sessantennale dellasua fondazione con un convegnoche si è svolto al Museo Civico revol-tella, grazie all’ospitalità della direttriceMaria Masau dan, e che ha visto lapartecipazione di ben 18 delegazioniprovenienti da tutta italia. un foltopubblico, che per due giorni, ha degu-stato le specialità triestine legate allatradizione marinara del territorio, tracui la calandraca, il baccalà alla trie-stina, i sardoni barcolani impanati efritti, il salmone della Valrosandra.

    trieste ha una storia di molteplici in-flussi gastronomici, apportati da popolidiversi, ma è soprattutto vocata almondo del mare. ecco perché è statoscelto un tema dedicato alla cucina dibordo, dai tempi degli antichi naviga-tori del remo e della vela fino ai giorninostri, con un occhio di riguardo allastorica compagnia di navigazione dellloyd triestino, diventata famosa nonsolo per le sue rotte, ma anche per isuoi cuochi, l’eccellente cucina e laraffinata ospitalità.giuliano relja, delegato di trieste, haaperto il convegno dal titolo: “nelnome della galletta: appunti sulla cu-cina di bordo nei secoli”, presentandole iniziative, le pubblicazioni e i con-gressi organizzati in questi primi ses-santa anni. l’accademico giulio stagni ha presen-tato un excursus storico dell’alimen-tazione di bordo, dai romani ai Vi-chinghi, ai viaggi di Colombo versonuovi continenti, a Piero Querini che,dopo il naufragio nei mari del nord(1431), “scoprì” lo stoccafisso, all’ane-dotto del “sangue” di nelson, sino adarrivare a Chichester, Cook e ai mo-derni navigatori quali tabarly, slocume Moitessier. l’accademica Michela dal Borgo, nellasua veste di archivista di stato e vene-

    ziana doc, ha parlato dei codici e deglistatuti veneziani (dal 1200 al 1700),che regolamentavano l’approvvigio-namento delle antiche galee veneziane,dal misero rancio dei detenuti adibitialla voga, al gustoso e ricco pasto degliammiragli della serenissima, che in-cludeva anche il brodo di tartaruga,salmone e caviale.Mirella Pipan, figlia di Virgilio Pipan,triestino, capo cuoco dell’italia di na-vigazione, ha ricordato la carriera delpadre, attraverso la proiezione di un’in-tervista degli anni Cinquanta, che haemotivamente coinvolto la platea. Con sergio Vatta e Maurizio eliseo, ilconvegno è entrato nel mondo crocie-ristico, quel mondo fatto di lusso, ele-ganza e vip che hanno visto ancorauna volta trieste in prima linea, nonsolo in virtù dei suoi cantieri navali ecompagnie di navigazione, ma anche,e soprattutto, in virtù dei suoi cuochi.Vatta, curatore del patrimonio storicoe culturale del lloyd triestino, si è sof-fermato sui trattati di cucina del capocuoco ettore giraldi, mentre Maurizioeliseo, storico navale, colto collezionistae cultore del mondo legato ai transa-tlantici, ha parlato di ospitalità italianasulle grandi navi da crociera del 1900. eliseo ha portato una viva testimo-nianza del tenore di civiltà del nostro

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    DI MARA RONDIAccademica di Trieste

    “Una nave è uno dei più perfetti concentrati, per dir così, del nostro Paese, una sintesidelle sue qualità più nobili, una delle più probanti testimonianze della nostra civiltàeffettiva” (Dino Buzzati).

    La cucina di bordo nei secoli

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    Paese, che sulla nave era espresso dal-l’ospitalità: funzione rappresentativaaltissima dalla quale derivano prestigio,autorità e anche responsabilità.l’italia, all’inizio del 1900, aveva unadelle maggiori e più apprezzate flottedi linea del mondo e una buona partedel loro successo era senza dubbio le-gata alla buona cucina di bordo che,in prima classe, proponeva anche settemenu diversi al giorno. il motto “Man-gia-Bevi-dormi-e-godi”, dipinto all’in-gresso del salone da pranzo del tran-satlantico saturnia, è, infatti, la summadella filosofia che regnava durante igrandi viaggi, dove le navi non eranosoltanto un mezzo di trasporto versocontinenti lontani, ma rappresentavanoanche un “bel vivere”, tra tavole im-bandite di ogni ben di dio.il segretario generale Paolo Petroniha sottolineato l’importanza della tuteladelle tradizioni ma anche di una ri-spettosa innovazione. ha evidenziato,inoltre, la ricchezza delle molteplici“cucine” del territorio, su cui si fondala tradizione italiana soffermandosi an-che sulla storia dei menu e sulla lorocorretta ed equilibrata composizione.

    il Presidente giovanni Ballarini, infine,ha concluso con una relazione dall’in-trigante titolo “gastrodissea”, in cui,rifacendosi al primo famoso navigatoredella mitologia, ulisse, e passando at-traverso antropologia e semiotica, ha“navigato” tra gli elementi culturali pri-mordiali, tra problemi etici e morali,che hanno trasformato il “barbaro” in“uomo”, attraverso uno stretto legameche ha profondamente segnato il rap-porto dell’uomo con il cibo.le riunioni conviviali sono state al-l’altezza del convegno: interpretazionedi prodotti del golfo, la sera del venerdì,

    nella splendida cornice di Piazza unitàd’italia, affacciata sul mare, e prepa-razioni legate alla cucina di bordo (ilsavor, il salato, l’essiccato, l’affumicatoe il pescato) e del territorio, nel pranzoin onore del Presidente Ballarini, ilsabato.il convegno è stato un utile strumentoper conoscere e salvaguardare, conorgoglio, il nostro passato marinaro,consapevoli che la conoscenza dellaciviltà della tavola è uno dei principalistrumenti per ottenere un futuro mi-gliore.

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    CONSIDERAZIONI SULLA SITUAZIONE ATTUALE DELLA CUCINA ITALIANAUn quadro di valore richiede una cornice importante. Di grande valore il quadro rappresentato dai 110 ospiti intervenu-ti alla celebrazione del sessantesimo anniversario della fondazione della Delegazione di Treviso. Per citarne solo alcuni: ilPresidente Giovanni Ballarini, il Vice Presidente Vicario Severino Sani, il Segretario del Centro Studi “F. Marenghi” Al-fredo Pelle, Renzo Rizzi C.T. Veneto, il Direttore CST Veneto Roberto Robazza, i Delegati di Vienna, Venezia, Gorizia eTreviso-Alta Marca e ancora Isabella Panfido critica d’arte, Giorgio Baldo Direttore del Museo del Paesaggio di Torre diMosto, Consultori e Accademici, oltre alla Delegata di Treviso, Teresa Perissinotto. Il valore del quadro è stato vieppiù incrementato dalla successione degli interventi svolti dai tre relatori, Giovanni Balla-rini, Alfredo Pelle e Isabella Panfido. Sono stati sviluppati quei temi che maggiormente rappresentano la situazione at-tuale della “cucina italiana”. L’esame della situazione socio-economico-culturale, in cui si evolve (o involve) oggi la gastronomia nel nostro Paese, hafatto emergere considerazioni originali che spiegano, magari non giustificano, alcune “disfunzioni” tendenti a meravi-gliare, e sfatano luoghi comuni che stentano a sparire dal nostro immaginario. Si è riaffermato che il grande numero ditrasmissioni televisive sull’argomento è solo spettacolo e che nessuna “casalinga” diventerà “cuoca” seguendo (magariall’ora in cui dovrebbe cucinare) una di queste trasmissioni. Si è constatato che, ormai, il luogo in cui si può ritrovare,perché viene conservata, la “tradizione” è la trattoria e non più la casa, mentre il luogo dove seguire l’innovazione è il ri-storante (anche qui la cucina familiare non ha nulla da dire). Si è sfatato il “mito” del “km 0” che, come tutti i “fenome-ni”, va gestito col giusto equilibrio affinché non diventi dannoso, quindi controproducente. È stato affrontato l’aspettoetico del cibo e sono state lanciate molte provocazioni sull’argomento, volutamente lasciate in sospeso per dare spazioagli approfondimenti di ciascuno. (Teresa Perissinotto Vendramel e Roberto Robazza)

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    DI GIOVANNI CANELLIDelegato di Vigevano e della Lomellina

    Nel 2013 la superficie coltivataa riso è stata di 216.019 et-tari, di cui 32.564 in provin-cia di novara, 73.870 in provincia diPavia, compresa la lomellina, e 69.391in provincia di Vercelli. le tre provinciesono da considerarsi il triangolo d’orodella risicoltura non solo italiana, maanche europea. in concomitanza conil tema ecumenico dell’anno accade-mico, l’idea dei delegati di novaraMario tuccillo, di Pavia danilo fraticellie di Vigevano e lomellina giovanniCanelli, di dedicare una giornata alriso, si è dimostrata davvero felice,potendo anche fregiarsi del simbolodella regione lombardia come segnodi riconoscimento del patrocinio del-l’assessorato all’agricoltura.dopo il saluto al segretario generalePaolo Petroni, alle autorità, ai delegaticonvenuti dal Piemonte, dalla lom-bardia e da altre regioni, Canelli ha

    presentato i tre elementi qualificantidel convegno: “il riso è vita, ilpaesaggio rurale, l’uomo” mentrefraticelli ha richiamato l’atten-zione sul film “riso amaro”(1948), modello culturale delmiracolo economico e del con-sumismo. gianni fossati, Consigliere diPresidenza, dopo aver portatoil saluto del Presidente giovanniBallarini, ha presentato il filoconduttore del convegno cheunisce le tematiche colturali,

    economiche e di mercato alle tradizionigastronomiche.l’architetto Claudia Baratti, dell’asso-ciazione irrigazione est sesia, con unampio intervento completato da dia-positive, ha illustrato il rapporto traacqua e territorio rurale, ricco di unafitta rete di cavi e di rogge, la cui co-struzione ebbe inizio nell’età comunaleper concludersi con la grande realiz-zazione del canale Cavour. l’acqua fa-vorì il diffondersi della risicoltura chetrasformò il paesaggio rurale delleprovincie.“dal paesaggio all’economia” il temadella relazione del dottor Carlo Carrà,Presidente dell’ente nazionale risi, cheha illustrato nei dettagli la produzionedel riso nelle provincie di novara,Pavia e Vercelli, territori principi dellarisicoltura, che può annoverare la dopper il riso di Baraggia del Biellese edel Vercellese, e le igp per il riso nanoVialone veronese e il riso del deltadel Po.ancora di economia, ma dalla partedel consumatore, ha trattato l’inter-vento del dottor roberto Carriere, di-

    rettore dell’associazione industrie ri-siere italiane, che ha specificato che ilriso va classificato in tre categorie:riso lungo di tipo “japonica” per lapreparazione del risotto; riso lungo ditipo “indica” per l’esportazione; riso“tondo” per la preparazione di timballie di derivati dal riso. Certamente lavarietà da risotto deve essere mag-giormente valorizzata in italia ma so-prattutto all’estero. Per questa ragioneoccorre una normativa comune del-l’unione europea a tutela dei nomivarietali classici per la preparazionedel risotto.“riso e sorriso” il titolo curioso del-l’intervento del professor luigi Colla-rini, primario cardiologo all’ospedalefatebenefratelli di erba. una bella ri-sata svolge una benefica funzione sulsistema immunitario e un’alimenta-zione a base di riso ritarda i processidi invecchiamento cerebrale: il rap-porto tra sorriso e riso diventa piùstretto creando un continuum tra ciboe stato dell’essere.Per natalia Bobba, imprenditrice agri-cola e Presidente dell’associazionedonne&riso, la donna deve usare fan-tasia per rendere i piatti più gustosi, ealla domenica dedicarsi con cura allapreparazione di un piatto di riso se-condo tradizione. allora la “fatica” di-venta soddisfazione e piacere. guaiperdere questi piaceri e privilegi, caredonne, è stato l’invito appassionato dinatalia.alle relazioni si sono aggiunti due in-terventi che riguardano il territorio.il dottor alessandro Mazzoli, direttoredell’agenzia per lo sviluppo territoriale,ha anticipato un percorso verso expo

    Le tre Delegazioni del “triangolo d’oro” della risicultura hanno voluto mettere in evidenza l’intreccio dinamico tra natura, storia, economia, arte, cibo e umanità,che costituiscono gli elementi della filiera del riso.

    Il riso è vita

  • I N O S T R I C ON V E GN I

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    2015 dell’iniziativa “rice i sapori delriso italiano”, che rappresenta un’oc-casione per valorizzare le eccellenzeproduttive del “pianeta” riso. il dottor Mauro Maregatti, componentedel Comitato di gestione, ha presentatoil distretto agricolo delle risaie lomel-line, accreditato dalla regione lom-bardia