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Profili attualidel principio di non discriminazione

tra Unione europea e Regioni italiane

a cura di

Arianna Pitino

Contributi diArianna Pitino, Simona Rodriquez

Patrizia Palermo, Alessio Papa, Monica ParodiPamela Martino, Carmelo Danisi, Daniele Ferrari

Copyright © MMXIIARACNE editrice S.r.l.

[email protected]

via Raffaele Garofalo, /A–B Roma()

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I diritti di traduzione, di memorizzazione elettronica,di riproduzione e di adattamento anche parziale,

con qualsiasi mezzo, sono riservati per tutti i Paesi.

Non sono assolutamente consentite le fotocopiesenza il permesso scritto dell’Editore.

I edizione: novembre

Indice

Prefazione

Riflessioni sull’efficacia diretta dei principi generali di nondiscriminazione nei rapporti di tipo verticale e orizzontaleArianna Pitino

Disabilità e barriere architettoniche: Unione europea, Stato eRegioni a confrontoSimona Rodriquez

Disabilità e diritto all’istruzione. Il “timido” dialogo tra lefonti multilivelloPatrizia Palermo

Disabilità e lavoro: le Regioni alla prova del diritto antidiscri-minatorioAlessio Papa

I giovani, l’apprendistato e il divieto europeo di discrimina-zioni basate sull’etàMonica Parodi

La vexata quaestio della rappresentanza di genere: il percorsoevolutivo multilivello delle pari opportunitàPamela Martino

La discriminazione fondata su orientamento sessuale e iden-tità di genere: l’approccio delle Regioni italiane tra inputeuropei e sensibilità localiCarmelo Danisi

Indice

Lo status delle coppie same sex davanti alla discrezionalitàdel potere legislativo: scenari ricostruttivi, tra leggi, giudici eterritorio. Lo strano caso dell’ItaliaDaniele Ferrari

.

Profili attuali del principio di non discriminazioneISBN 978-88-548-5630-1DOI 10.4399/97888548563011pag. 7–?? (novembre 2012)

Prefazione

Il presente volume è il risultato delle ricerche condotte da un gruppo digiovani studiosi di diritto pubblico italiano, comparato e dell’Unioneeuropea, nell’ambito di un Progetto di ricerca di Ateneo sul principiodi non discriminazione (destinato ai ricercatori di età inferiore ai anni), proposto e coordinato dalla curatrice e finanziato dall’Universitàdegli di Genova. I ricercatori che hanno partecipato a questo progettocollaborano, alcuni fin dalla sua prima istituzione, alle attività delCentro di ricerca sui sistemi costituzionali comparati, oppure provengonodal Dottorato di ricerca in Democrazia e diritti umani di Genova.

Ciascun autore ha approfondito lo studio di un’applicazione speci-fica del principio generale di uguaglianza, dedicando un’attenzioneparticolare alle discriminazioni basate sull’età, sull’identità e sull’o-rientamento sessuale, e sulla disabilità. Tale interesse è nato dopoaver confrontato l’art. del Trattato sul funzionamento dell’Unioneeuropea (TFUE) del , con l’art. della Costituzione italiana del.

L’art. TFUE — nel quale si legge che « nella definizione e nel-l’attuazione delle sue politiche e azioni, l’Unione mira a combatterele discriminazioni fondate sul sesso, la razza o l’origine etnica, la reli-gione o le convinzioni personali, la disabilità, l’età e l’orientamentosessuale » — definisce l’atteggiamento antidiscriminatorio che devecaratterizzare tutte le politiche e le attività delle Istituzioni europee,al fine di promuovere il più possibile l’uguaglianza tra i cittadini del-l’Unione nell’ambito delle competenze che gli Stati membri hannoscelto di esercitare in comune.

L’art. , c. Cost. it., a sua volta, avendo disciplinato l’uguaglianzatra i principi fondamentali del nostro ordinamento costituzionale, in-dividua come particolarmente riprovevoli le distinzioni tra le personecollegate al sesso, alla razza, alla lingua, alla religione, alle opinionipolitiche e alle condizioni personali e sociali.

A circa sessant’anni di distanza l’uno dall’altro, rapportandosi alla

Profili attuali del principio di non discriminazione

sensibilità delle rispettive epoche, sia l’art. TFUE, che l’art. Cost.it., elencano quindi le caratteristiche personali dalle quali possono de-rivare le forme più gravi di discriminazione. Da un confronto letteralefra i due testi (che coincidono in larga misura) si nota immediatamen-te come il TFUE menzioni anche le discriminazioni collegate all’età,all’orientamento sessuale e alla disabilità, che risultano invece assentidall’art. Cost. it.

Ciò ha portato a ritenere che il richiamo a queste tre potenzialicause di discriminazione all’interno di uno dei più recenti documenti“costituzionali” europei, non possa che indicare le stesse come am-biti ai quali occorre dedicare oggi una particolare attenzione in vistadella realizzazione di un’effettiva parità di trattamento tra i cittadinidell’Unione europea.

Pochi giorni prima della pubblicazione di questo volume, è statoconferito all’Unione europea il premio Nobel per la pace . Questoavvenimento così importante ha contribuito a rendere ancora piùattuale l’idea di fondo che ha guidato ciascun autore nella stesuradel proprio saggio, e cioè che la realizzazione di una pace effettivatra le persone che vivono all’interno dell’Unione europea passa an-che attraverso la lotta e l’eliminazione di ogni forma irragionevole eingiustificata di discriminazione.

Tenuto conto della giovane età accademica del gruppo di ricercache si è confrontato con tematiche di così grande rilievo, ma altrettantodifficili da analizzare in maniera sistematica, ci si scusa fin da ora perle eventuali ingenuità nelle quali non si esclude di poter essere incorsi.

Arianna Pitino

Genova, ottobre

Profili attuali del principio di non discriminazioneISBN 978-88-548-5630-1DOI 10.4399/97888548563012pag. 9–32 (novembre 2012)

Riflessioni sull’efficacia direttadei principi generali di non discriminazione

nei rapporti di tipo verticale e orizzontale

A P

: . I principi generali e le altre fonti del diritto dell’Unione eu-ropea, – . La Corte di Giustizia dell’Unione europea e l’efficaciadiretta dei principi di non discriminazione nei rapporti di tipo oriz-zontale (con particolare riferimento ai casi Mangold e Kücükdeveci), – . Alcune conseguenze derivanti dall’efficacia diretta dei principi ge-nerali di non discriminazione dell’Unione europea nei rapporti di tipoorizzontale, – . Prime conclusioni riguardanti soprattutto il possibileimpatto dei principi generali di non discriminazione dell’Unione europeanell’ordinamento giuridico italiano dopo il Trattato di Lisbona , .

. I principi generali e le altre fonti del diritto dell’Unione euro-pea

I principi generali di diritto dell’Unione europea (UE) sono il risul-tato dell’attività interpretativa della Corte di Giustizia (C. Giust. UE)avente ad oggetto non soltanto le disposizioni dei Trattati, ma anche ildiritto costituzionale comune agli ordinamenti degli stati membri e ildiritto internazionale (generale e convenzionale). A parte i principiscritti direttamente nei Trattati, la maggior parte dei principi gene-

. F. C, Il diritto comunitario non scritto, in « Diritto comun. e degli scambiinternaz. », , p. ss., definisce appunto i principi generali “diritto comunitarionon scritto”. G. T, Eguaglianza e principio di legalità, in « Dir. Un. eur. », , p. ,sottolinea come sia stata la C. Giust. UE ad aver dato “cittadinanza ai principi generali didiritto e ai diritti fondamentali pur in assenza di norme scritte al riguardo nei Trattati”.

. G. G, Identifying the status of general principles in European community law, in Scrittiin onore di G.F. Mancini, vol. II, Giuffrè, Milano, , p. e p. , individua anche ic.d. principi impliciti nelle disposizioni dei Trattati, che la C. Giust. UE identificherebbeappunto come principi soltanto per enfatizzare regole comunque presenti nel dirittoprimario dell’Unione.

Arianna Pitino

rali appartiene al diritto non scritto dell’Ue e, dal punto di vista dellagerarchia delle fonti del diritto europeo, si situano immediatamenteal di sotto delle disposizioni dei Trattati in quanto regole di dirittorelative all’applicazione delle stesse (v. art. , par. TFUE e infra,par. ). I principi generali, indipendentemente dalla loro origine, pre-valgono sugli atti normativi secondari dell’Unione (art. TFUE)rispetto ai quali svolgono una funzione di ausilio interpretativo, oltre acostituire un parametro per la loro legittimità. Ogni autorità pubblicastatale preposta al recepimento, all’attuazione, all’esecuzione oppu-re all’applicazione del diritto sovranazionale è tenuta a rispettare iprincipi generali, ai quali devono conformarsi anche le norme nazio-nali comunque « suscettibili di incidere sull’applicazione di normecomunitarie ».

Il Trattato sull’Unione europea (art. , par. TUE) — codificandociò che la C. Giust. UE afferma fin dagli anni settanta del secolo scorso

. G. G e A. A, Introduzione al diritto dell’Unione europea, Laterza, Bari, ,p. e ; L. D, Diritto dell’Unione europea, Giuffrè, Milano, , p. ; A. C,L’efficacia delle fonti comunitarie nell’ordinamento italiano. Normativa, giurisprudenza e prassi,Utet, Torino, , p. .

. Cfr. C. Giust. UE, Grant, febbraio , C–/.. Cfr. C. Giust. UE, Wachauf, luglio , C–/.. Cfr. le sentenze Krücken, aprile , C–/, ERT, giugno , C–/,

Familiapress, giugno , C–/. Secondo O. D e C. G, Community Funda-mental Rights as part of National Law, in Scritti in onore di G.F. Mancini, cit., p. l’area in cuii diritti fondamentali dell’UE vincolano le autorità nazionali risulta ancora piuttosto incerta.Sui principi generali quale parametro di legittimità del diritto nazionale che dà attuazioneagli atti normativi europei nei rapporti di tipo verticale e sulla conseguente possibilità perle Corti nazionali di disapplicare il diritto interno a favore di quello sovranazionale si vedala sentenza Garage Molenheide et al., dicembre , cause riunite C–/, C–/,C–/ e C–/.

. Si vedano in particolare le sentenze Stauder, novembre , C–/ e Hauer, dicembre , C–/, dove la C. Giust. UE ha affermato che “i diritti fondamentalicostituiscono parte integrante dei principi generali del diritto” e che “nel garantire latutela di tali diritti, essa è tenuta ad ispirarsi alle tradizioni costituzionali comuni aglistati membri e non potrebbe, quindi, ammettere provvedimenti incompatibili con i dirittifondamentali riconosciuti e garantiti dalle costituzioni di tali stati”. Si veda anche la sentenzaNold, maggio , C– /, nella quale la C. Giust. UE ha citato, accanto alle tradizionicostituzionali comuni, anche i trattati internazionali che vincolano gli stati membri. Dallasentenza Rutili, ottobre , C–/ in poi, la CEDU è diventata la principale fonteinternazionale da cui trarre i principi generali (si veda anche la sentenza Johnson, maggio, C–/). Negli stessi anni anche le altre Istituzioni europee hanno preso posizionenei confronti della tutela dei diritti umani all’interno dell’Unione europea, come si evincedalla « Dichiarazione comune del Parlamento europeo, del Consiglio e della Commissione »

Riflessioni sull’efficacia diretta dei principi generali di non discriminazione

— fa espresso riferimento ai principi generali attinenti alla tutela deidiritti fondamentali dichiarando che « i diritti fondamentali, garantitidalla Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomoe delle libertà fondamentali e risultanti dalle tradizioni costituzionalicomuni agli stati membri, fanno parte del diritto dell’Unione in quantoprincipi generali ».

Tra questi, fino all’entrata in vigore del Trattato di Lisbona, il princi-pio generale della parità di trattamento è stato tutelato grazie ai singolidivieti di discriminazione previsti nei Trattati, i quali hanno fornito allaCGUE l’indispensabile base giuridica per riconoscere l’uguaglianzacome principio fondamentale del diritto “comunitario” che “imponedi non trattare in modo diverso situazioni analoghe, salvoché una dif-ferenza di trattamento sia obiettivamente giustificata”. Dal dicembre, invece, la Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea san-cisce e tutela, per la prima volta, il principio generale di uguaglianza(artt. e ss.) che è andato così ad aggiungersi agli specifici divieti didiscriminazione già presenti nei Trattati.

Pur nei limiti e alle condizioni che saranno approfondite meglioin seguito, il fatto che il principio generale di uguaglianza sia stato

del aprile nella quale tutti e tre gli organi hanno espresso il loro impegno nel garantireil rispetto dei diritti umani nell’esercizio delle loro funzioni. A questa hanno fatto seguitoaltre dichiarazioni solenni a livello sovranazionale per un’elencazione delle quali si rinvia aC. Z, Istituzioni di diritto dell’Unione europea, Torino, Giappichelli, Torino, , p. .

. Questa disposizione compare per la prima volta con il Trattato di Maastricht nell’art.F, par. TUE (poi art. , par. TUE con il Trattato di Amsterdam). L’attuale art. TUEprevede invece il rispetto dei diritti umani come condizione per aderire al Trattato.

. Così C. Giust. UE, Ruckdeschel, ottobre , cause riunite C–/ e C–/(punto ), Überschär, ottobre , C–/ (punto ), Brunnhofer, giugno ,C–/ (punto ) e Lawrence, settembre , C–/ (punto ) per un commentodelle quali si veda P. C, Uguaglianza e diritto comunitario, in Le ragioni dell’uguaglian-za, a cura di M. C e T. V, Giuffrè, Milano, p. . Secondo F. S,Eguaglianza, Giappichelli, Torino, , p. , l’elaborazione di un autonomo principiogenerale di eguaglianza, partendo da singoli divieti di discriminazione, è ciò che più diogni altra cosa indica la volontà dell’Unione europea di diventare un ordinamento a finigenerali, grazie soprattutto al contributo particolarmente rilevante offerto in tal senso dallaC. Giust. UE. Tra le pubblicazioni più recenti si veda anche F. S, Eguaglianza e nondiscriminazione nell’Unione europea, in Il principio di non discriminazione nell’Unione europea, acura di I. C e G. B, Editoriale Scientifica, Napoli, , p. ss.

. L’art. della Carta dei diritti UE sancisce ora espressamente che « tutte le personesono uguali davanti alla legge ». In merito all’assenza, prima del Trattato di Lisbona, delprincipio di eguaglianza nei Trattati europei si veda A. T, Eguaglianza e legalità neldiritto comunitario, in « Dir. Un. eur. », , p. ss.

Arianna Pitino

incorporato in una fonte primaria dell’Unione (mentre prima vi eranosoltanto i singoli divieti di discriminazione previsti nei Trattati), sem-bra aver introdotto già di per sé alcune novità di rilievo nei rapportitra l’Unione europea e gli Stati membri. In primo luogo è preve-dibile che, d’ora in poi, le leggi nazionali saranno chiamate semprepiù spesso a confrontarsi con l’uguaglianza così come interpretata alivello europeo (oltreché con le diverse declinazioni che la stessa riceveall’interno di ciascun ordinamento statale), grazie soprattutto allostrumento del rinvio pregiudiziale che, almeno per il momento, nelnostro ordinamento costituzionale sembra favorire di più il dialogotra la C. Giust. UE e i giudici comuni, piuttosto che quello con laCorte costituzionale (nonostante le aperture riguardanti i giudizi invia principale contenute nella sentenza n. /); secondariamente,poiché l’uguaglianza gode ormai di un autonomo riconoscimentogiuridico in quanto diritto fondamentale dell’Unione europea, ad essanon dovrebbe più spettare un ruolo ausiliario rispetto agli obiettivieconomici e di integrazione previsti nei Trattati.

. Secondo F. S, Eguaglianza, cit., p. la menzione esplicita di tali divieticonserva tutt’ora un’importanza non trascurabile considerato che essi hanno la capacità difar sorgere immediatamente il sospetto circa la legittimità di qualsiasi atto normativo chepretendesse di violarli, mentre la loro assenza lascerebbe presumere la conformità con ilprincipio di eguaglianza (salvo poi provare l’irragionevolezza della distinzione in oggetto).

. G. G, Identifying the status of general principles in European community law, cit., p. ritiene che il principio generale di eguaglianza, come affermato dalla C. Giust. UE, erauna fonte non scritta subordinata ai Trattati.

. Così F. S, Eguaglianza, cit., p. . Come già evidenziato da M. C,Principi inviolabili e integrazione europea, Giuffrè, Milano, , p. e da F. D, Principiofondamentale di uguaglianza e diritto comunitario, in « Giur. it. », , p. , ciò potrebbe darvita a contrasti sull’interpretazione dell’uguaglianza in sede nazionale e sovranazionale. Piùin generale, a proposito delle c.d. « discriminazioni a rovescio », cioè delle discriminazioniintrodotte negli ordinamenti interni in seguito all’applicazione del diritto comunitario, siveda E. C, Esercizio di competenze comunitarie e discriminazioni « a rovescio », in« Dir. Un. eur. », , p. e G. G, Introduzione al diritto comunitario, Laterza, Roma–Bari,, p. .

. G. T, Eguaglianza e legalità, cit., p. e Id., Ancora sui rapporti tra Corti europee:principi comunitari e c.d. controlimiti costituzionali, in « Dir. Un. eur. », , p. ; M. C-, ivi, p. ; F. G, Il principio di eguaglianza nella Costituzione italiana e nel dirittocomunitario, Cedam, Padova, , p. ; S. S, Divieto comunitario di discriminazione inbase alla nazionalità e principio costituzionale di eguaglianza, in « Dir. pubbl. », , p. . L.R, I due volti dell’Europa: il principio di non discriminazione tra libertà e uguaglianza.A proposito delle sentenze Maruko e Rüffert della Corte di Giustizia, in « Giur. it. », , p. ,individua la sentenza Rüffert come esempio di una discriminazione tra lavoratori basata

Riflessioni sull’efficacia diretta dei principi generali di non discriminazione

Negli anni passati, le modifiche apportate al TCE dal Trattato diAmsterdam del avevano affidato al Consiglio il compito di adotta-re i provvedimenti più opportuni per « combattere le discriminazionifondate sul sesso, la razza o l’origine etnica, la religione o le convin-zioni personali, gli handicap, l’età o le tendenze sessuali » (art. TCE,ora art. TFUE). A tal fine era stato anche previsto un apposito iterlegislativo (proposta della Commissione e deliberazione all’unanimitàdel Consiglio, previa consultazione del Parlamento europeo) che haportato dapprima all’approvazione della direttiva //CE sull’u-guaglianza rispetto alla razza e all’origine etnica e, da lì a poco, delladirettiva //CE che contiene le disposizioni generali relativealla parità di trattamento in materia di occupazione e di condizionidi lavoro, che viene definita come « assenza di qualsiasi discrimina-zione diretta o indiretta » fondata sulla religione o sulle convinzionipersonali, sugli handicap, sull’età o sulle tendenze sessuali.

Da ultimo il Trattato di Lisbona sembra aver dato una centralitàancora maggiore al principio di non discriminazione che, oltre a com-parire tra i presupposti essenziali “della stessa civilizzazione europea”

sulla nazionalità in cui la Corte ha adottato un’impostazione assolutamente economicista,orientata dal principio di concorrenza e di libera prestazione dei servizi a discapito dellatutela dei diritti dei cittadini europei che pesa sulla « credibilità della Corte come giudicedei diritti ». Un eco delle potenzialità insite nel principio di uguaglianza dopo Lisbona sipuò invece trovare nella sentenza Chatzi, settembre , C–/ (punto ), nellaquale la C. Giust. UE afferma che « secondo un principio ermeneutico generale, un attocomunitario dev’essere interpretato, nei limiti del possibile, in modo da non rimettere indiscussione la sua validità e in conformità con l’insieme del diritto primario, nonché inparticolare con il principio della parità di trattamento ».

. Già prima v. C. Giust. Ue, Perfili, febbraio , C–/ e Phil Collins c. Handelsge-sellschaft (cause riunite C–/ e C–/). C. Favilli, La non discriminazione nell’Unioneeuropea, Il Mulino, Bologna, , p. ricorda come già nella Conferenza intergovernativache ha approvato il Trattato di Amsterdam tutti gli stati, tranne il Regno Unito, fossero giàd’accordo nell’inserire nei Trattati un divieto generale di discriminazione. Per un’elencazio-ne più completa del diritto antidiscriminatorio europeo si veda P. S, Il principio di nondiscriminazione nella giurisprudenza della Corte di Giustizia: i criteri applicativi, in Il principiodi non discriminazione, op. cit., p. ss.

. Direttiva //CE del novembre , in GUUE, , L . Il medesi-mo procedimento legislativo è stato adottato per approvare la direttiva //CE (ora//CE) in materia di discriminazioni connesse al genere.

. Si è in presenza di una discriminazione diretta quando una persona è trattata inmodo meno favorevole di un’altra in una situazione analoga. A questo proposito si vedanoanche le sentenze della Corte di Giustizia Age Concern England, marzo , C–/ ePalacios de la Villa, ottobre , C–/.

Arianna Pitino

(art. TUE), viene menzionato anche nel titolo della parte secondadel TFUE dedicato appunto alla « non discriminazione e cittadinan-za dell’Unione » (si vedano soprattutto gli artt. e TFUE). A suavolta la Carta dei diritti fondamentali UE si occupa anch’essa dellanon discriminazione soprattutto nell’art. affermando che “è vietataqualsiasi forma di discriminazione fondata, in particolare, sul sesso, larazza, il colore della pelle e l’origine etnica o sociale, le caratteristichegenetiche, la lingua, la religione o le convinzioni personali, le opinionipolitiche o di qualsiasi altra natura, l’appartenenza ad una minoranzanazionale, il patrimonio, la nascita, la disabilità, l’età o l’orientamentosessuale”.

Al pari di quanto già accade negli ordinamenti costituzionali degliStati membri, il principio di non discriminazione, richiamato oggiin tutte e tre le fonti primarie del diritto sovranazionale, può quindiessere ragionevolmente considerato uno dei principi cardine attornoal quale ruotano la tutela e la protezione sociale dei cittadini ancheall’interno dell’Unione europea.

. La Corte di Giustizia dell’Unione europea e l’efficacia direttadei principi di non discriminazione nei rapporti di tipo oriz-zontale (con particolare riferimento ai casi Mangold e Kücükde-veci)

La tutela dei diritti fondamentali è intimamente connessa con il pri-mato del diritto dell’Unione europea, visto che la C. Giust. UE nonpotrebbe pretendere dagli Stati il pieno rispetto del diritto sovranazio-nale se esso si ponesse in contrasto con i diritti delle persone tutelatinelle costituzioni nazionali. La tutela dei diritti nel sistema giuridicodell’UE incontra però il proprio limite nel principio di attribuzione,

. L’espressione è di C. Z, op. cit., p. .. A proposito delle tensioni che circondano il principio di eguaglianza, con particolare

riferimento all’ordinamento italiano, si veda F. S, Il principio di eguaglianza, oggi,in Annuario DRASD, Giuffrè, Milano, , p. ss.

. O. D e C. G, op. cit., p. . Il mancato rispetto dei diritti fondamentaliattiverebbe inoltre i c.d. controlimiti a proposito dei quali si vedano le sentenze della Cortecostituzionale italiana (n. /, Frontini) e del Tribunale costituzionale tedesco (SolangeI).

Riflessioni sull’efficacia diretta dei principi generali di non discriminazione

visto che può riguardare soltanto le materie che i Trattati affidanoalla competenza degli organi europei, compresa la fase attuativa eapplicativa degli atti normativi dell’Unione da parte degli Stati.

Rispetto al principio della parità di trattamento ciò significa chei singoli divieti di discriminazione non possono essere invocati toutcourt nei settori che non hanno alcuna attinenza con il diritto dell’UE,a meno che non si riesca a dimostrare che una certa disciplina nazio-nale interferisce a tal punto con la sfera del diritto sovranazionale dapregiudicarne la corretta applicazione. In circostanze simili non èallora escluso che i principi europei di non discriminazione possanodiventare un limite anche per il diritto statale « residuale » perfinonelle materie più tipiche della competenza esclusiva nazionale quali,per esempio, lo stato civile e l’organizzazione delle forze armate.Ciò, tuttavia, a condizione che sussistano elementi sufficienti per giu-stificare una siffatta intromissione del diritto sovranazionale in materiecomunque riservate alla competenza esclusiva degli Stati. A questo

. A proposito del principio di attribuzione delle competenze come « principio ordi-natore del sistema giuridico europeo » si veda P. B, La ripartizione di competenzetra Unione europea e Stati membri, in La nuova Europa dopo il Trattato di Lisbona, a cura di P.B e M. D’A, Giuffrè, Milano, p. ss.

. Si vedano le recenti sentenze Bartsch, settembre , C–/ e Römer, maggio , C–/ nelle quali la C. Giust. UE ha dichiarato l’impossibilità di applicareil principio della parità di trattamento se le fattispecie oggetto dei ricorsi non rientranonell’ambito di applicazione del diritto europeo.

. Ciò infatti contrasterebbe con la c.d. « lealtà comunitaria » secondo cui gli Statidevono astenersi da qualsiasi misura che rischi di compromettere la realizzazione degliobbiettivi previsti e facilitare all’Unione l’adempimento dei propri compiti, P. B, op.cit., p. . A proposito dell’audacia mostrata dalla C. Giust. UE nell’assoggettare gli attinazionali ai principi generali da essa elaborati si veda M. C, Principi inviolabili, cit., p..

. A. P, A che serve la Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea? Appuntipreliminari, in « Giur. cost. », , p. definisce così il diritto interno « estraneo al dirittodell’Unione ». V. anche B. N, Le discriminazioni all’inverso: Corte di Giustizia eCorte costituzionale a confronto, in « Dir. Un. eur. », , p. .

. In materia di stato civile si veda la sentenza della C. Giust. UE Richards, aprile, C–/ sul diritto dei transessuali alla registrazione del cambiamento di sesso nellostato civile ai fini dell’ottenimento della pensione di anzianità. Sullo status giuridico deitransessuali si veda invece la sentenza K.B., gennaio , C–/. Per quanto riguardala disciplina delle forze armate si veda invece la sentenza Tanja Kreil, gennaio ,C–/.

. Sullo stato civile delle coppie omosessuali si vedano le sentenze Maruko, aprile, C–/ e Römer, maggio , C–/ e il commento di S. N, Il caso

Arianna Pitino

proposito l’art. , par. TUE, nel ribadire che i diritti presenti nellaCarta dei diritti fondamentali dell’Unione europea « non estendonoin alcun modo le competenze dell’Unione definite nei trattati », dàl’impressione di voler porre anch’esso un freno al possibile proliferaredi decisioni di questo tipo.

D’altra parte, se si consentisse sempre alla C. Giust. UE di estendereil proprio controllo giurisdizionale anche al di là delle competenze chei Trattati affidano all’Unione, ciò significherebbe chiedere agli Stati —in aggiunta ai diritti presenti nelle rispettive costituzioni e a quelli dellaCEDU — di rispettare anche i diritti fondamentali prima elaborati invia giurisprudenziale e poi codificati per consentire l’evoluzione di unordinamento giuridico diverso dal proprio.

Nel corso del processo di integrazione europea il principio dellaparità di trattamento e i singoli divieti di discriminazione presenti neiTrattati sono stati utilizzati dalla C. Giust. UE per definire alcuneregole fondanti del rapporto tra l’ordinamento dell’Unione europeae gli ordinamenti nazionali. Per cominciare è noto come dalle dispo-sizioni dei Trattati, che formalmente si rivolgono agli stati membri,

Römer: limiti di materia, principio di eguaglianza o tutela di diritti, in « Quad. cost. », ,p. . S. G e C. F, Divieto di discriminazione in ragione dell’età ed efficaciadiretta orizzontale dei principi generali dell’ordinamento europeo, in « Massimario giurispr. lav. »,, p. osservano come sentenze di questo tipo alterino la struttura del riparto dicompetenze tra Unione e Stati membri. In alcuni casi la C. Giust. UE ha invece ritenutoche i casi sottoposti al suo giudizio ricadessero al di fuori degli scopi dell’Unione (Maurin, giugno , C–/), mentre M. C, I diritti fondamentali e la cittadinanzadell’Unione, cit., p. definisce eccezionali i casi in cui la C. Giust. UE ha annullato un attocomunitario per questioni di competenza.

. L. S. R, La Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea alla luce del Trattato diLisbona, in Lo strumento costituzionale dell’ordine pubblico europeo, a cura di L. M e A.M, Giappichelli, Torino, p. , giudica questa precisazione « sovrabbondante » vistoche la stessa cosa viene ripetuta anche nell’art. , par. della Carta dei diritti fondamentalidell’Ue e in una delle Dichiarazioni allegate al Trattato di Lisbona concernente la Cartastessa. V. S, Rapporti tra Corti e rapporti tra Carte: le “clausole orizzontali” dellaCarta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, in Le Corti dell’integrazione europea e laCorte costituzionale italiana, a cura di N. Z, Napoli–Roma, Ed. Scientifiche It., p. evidenzia invece l’incapacità di tali disposizioni di restringere la portata della Carta deidiritti dell’Ue, considerata l’ampiezza con la quale sono definite le competenze dell’Unioneeuropea. A quest’ultimo proposito si veda anche P. B, op. cit., p. ss.

. O. D e C. G, op. cit., p. .. I principali divieti di discriminazione erano quelli basati sulla nazionalità e sul sesso,

insieme alla tutela prevista dal TCE nei confronti della libertà di circolazione dei lavoratori,la libertà di stabilimento e la libertà di prestazione dei servizi.

Riflessioni sull’efficacia diretta dei principi generali di non discriminazione

discendano di regola effetti diretti in senso verticale, che interessanocioè i rapporti tra persone fisiche (o giuridiche) da un lato e gli Stati (oaltri soggetti pubblici) dall’altro. In alcune sentenze della metà deglianni settanta del secolo scorso riguardanti la cittadinanza (Walrave eKoch, ) e il sesso (Defrenne II, , v. Martino, infra, par. ), laC. Giust. UE ha invece esteso l’efficacia diretta dei corrispondentiprincipi di non discriminazione anche ai rapporti di tipo orizzontale(vale a dire a quelli in cui entrambe le parti risultano essere soggettiprivati), senza però chiarire in modo esaustivo — secondo l’opinionedi un’autorevole dottrina — i presupposti che consentono al dirittoprimario dell’Unione europea di creare diritti e obblighi direttamentein capo ai privati.

Nella più recente sentenza Roman Angonese la C. Giust. UE haulteriormente ribadito che il principio di non discriminazione in basealla cittadinanza « è formulato in termini generali e non è rivolto inmodo particolare agli Stati membri » (punto ) ma « si applica ancheai privati » (punto ). Infine, ancora pochi mesi fa, nella sentenzaGeorges Erny, la C. Giust. UE ha di nuovo ricordato che il divieto didiscriminazioni fondate sulla nazionalità enunciato nell’art. , par. TFUE in materia di impiego, retribuzione e altre condizioni di lavoro

. A. C, L’efficacia delle fonti comunitarie, cit., p. osserva come le disposizionidei Trattati sono apparentemente dirette agli stati membri, ma creano situazioni giuridichesoggettive anche in capo a persone fisiche e giuridiche. L’espressione « effetti diretti »non compare nel testo dei Trattati ma è stata coniata per la prima volta dalla C. Giust.UE nella sentenza Van Gend en Loos, febbraio , C–/ e successivamente chiaritanella sentenza International Fruit Company, dicembre , cause riunite –/, v. D.E, Direct Effect and enforcement of obligations, in Studi in onore di G.F. Mancini, cit., pp.–.

. Così G. G e A. A, Introduzione al diritto dell’Unione europea, cit., p. citando le sentenze Walrave e Koch, dicembre , C–/, sul divieto di discriminazionibasate sulla cittadinanza (« Il principio di non discriminazione, in ragione del suo carattereimperativo, costituisce un parametro inderogabile per qualsiasi rapporto giuridico purchéquesto, in considerazione sia del luogo in cui sorge, sia del luogo in cui dispiega i suoi effetti,possa essere ricondotto al territorio della comunità », punti e ) e Defrenne II, aprile, C–/, sul divieto di discriminazioni tra uomini e donne in materia di retribuzioni(« la circostanza che determinate disposizioni del Trattato si rivolgano formalmente agliStati membri non esclude affatto che, al tempo stesso, vengano attribuiti dei diritti ai singoliinteressati all’osservanza degli obblighi così precisati », punti –). Già prima si vedaanche G. G, Fonti comunitarie, in « Digesto Pubbl. », VI, , p. . Invece, per quel cheriguarda l’efficacia diretta verticale del principio di non discriminazione, sembra che né laC. Giust. UE, né la dottrina abbiano mai espresso dubbi in proposito, v. F. S, op. cit.,p. .

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« riguarda non soltanto gli atti delle autorità pubbliche, ma anche tuttii contratti che disciplinano in modo collettivo il lavoro subordinato,come pure i contratti fra privati ».

Sempre a proposito di effetti diretti di tipo orizzontale derivanti daprincipi generali del diritto dell’UE, risultano particolarmente interes-santi due recenti sentenze della C. Giust. UE relative ai casi Mangold eKücükdeveci, entrambe sul divieto di discriminazioni basate sull’età.

Nella sentenza Mangold la C. Giust. UE si era pronunciata sullacompatibilità con il diritto dell’Ue di una normativa tedesca che impo-neva ai datori di lavoro di concludere contratti a tempo determinatocon tutti i lavoratori che avessero compiuto anni, senza specificarenessun’altra ragione obiettiva che giustificasse la temporaneità delrapporto di lavoro se non il requisito dell’età. La C. Giust. UE hadichiarato tale disciplina non conforme al principio generale di nondiscriminazione in base all’età, riconoscendo a quest’ultimo la facoltàdi produrre effetti diretti di tipo orizzontale (le parti in causa eranoinfatti due privati, vale a dire il signor Mangold e il proprio datore dilavoro).

Prima di giungere a questa conclusione, la C. Giust. UE sembraperò aver cercato un collegamento tra la discriminazione in base all’etàdenunciata dal ricorrente e una fonte primaria dell’UE. A questo scopoessa non avrebbe certo potuto richiamare l’art. TCE, formulatosoltanto per attribuire al Consiglio una competenza in materia dinon discriminazione e non anche per offrire alla stessa una tuteladiretta nell’ordinamento comunitario (infatti, sulla base dell’art. TCE, è stata adottata la direttiva //CE, v. supra par. ). La C.

. Roman Angonese, giugno , C–/ e Georges Erny, giugno , C–/.Si veda anche la sent. Raccanelli, luglio , C–/, con particolare riferimento alpunto .

. Werner Mangold c. Rüdiger Helm, novembre , C–/.. G. G e A. A, Introduzione al diritto dell’Unione europea, cit., p. e A.

D’A, Il principio di non discriminazione e l’Unione europea “attraverso” la Corte di Giustizia:riflessi del caso Mangold, in Dieci casi sui diritti in Europa, a cura di M. Cartabia, Il Mulino,Bologna, , p. evidenziano l’effetto diretto riconosciuto dalla C. Giust. UE al principiogenerale (a prescindere dall’interposizione di qualsiasi altra fonte del diritto UE), mentrealtri autori si soffermano sul presunto legame tra il principio generale e la direttiva Così,per esempio, M. P, Il principio generale europeo di non discriminazione, in « Giorn.dir. amm. », , p. .

. C. F, La non discriminazione nell’Unione europea, cit., p. .

Riflessioni sull’efficacia diretta dei principi generali di non discriminazione

Giust. UE ha così argomentato che il divieto di discriminazioni basatesull’età, trovando la propria fonte di legittimazione in « vari strumentiinternazionali » e nelle « tradizioni costituzionali comuni agli statimembri », appartiene ai principi generali dell’Ue e può quindi essereapplicato direttamente anche nei rapporti tra privati.

Il ragionamento proposto nella sentenza Mangold sembra contene-re un interessante elemento di novità, considerato che nelle precedentioccasioni in cui la C. Giust. UE aveva già avuto modo di pronunciarsisull’efficacia immediata – anche tra privati – dei principi di non di-scriminazione in base al sesso e alla nazionalità, essa aveva semprepotuto fare affidamento sulla lettera dei Trattati (l’art. TCE, oraart. TFUE, nella sentenza Defrenne II) oppure sull’interpretazionedi disposizioni comunque presenti in essi e specificamente connessecon i principi in questione (l’art. TCE, poi art. TCE e ora art. TFUE, nelle sentenze Walrave, Angonese e Raccanelli).

Nella sentenza Mangold, invece, la C. Giust. UE ha consentito aun principio generale ricavato da fonti esterne ai Trattati di produrreeffetti diretti orizzontali, richiamando anche i considerando e della direttiva //CE (che all’epoca non aveva ancora esaurito iltermine per il suo recepimento) per provare che il principio di nondiscriminazione in base all’età era appunto tutelato sia da documentiinternazionali, sia dal diritto costituzionale degli stati membri.

Inoltre, leggendo con attenzione il punto della sentenza Man-gold, sembra quasi che la C. Giust. UE si sia spinta al di là di quantostrettamente richiesto, affermando che la direttiva //CE « nonsancisce essa stessa il principio della parità di trattamento in materiadi occupazione e di lavoro » ma ha soltanto l’obiettivo di

« stabilire un quadro generale per la lotta alle discriminazioni fondate sullareligione o le convinzioni personali, gli handicap, l’età o le tendenze sessuali,dal momento che il principio stesso del divieto di siffatte forme di discrimi-nazione, come risulta dai considerando e della detta direttiva, trova lasua fonte in vari strumenti internazionali e nelle tradizioni costituzionalicomuni agli stati membri. ».

Nel riferirsi, utilizzando la forma plurale, al « principio stesso deldivieto di siffatte forme di discriminazione » la C. Giust. UE ha lasciatointendere tra le righe che anche i divieti concernenti le discriminazio-ni basate sulla religione, sulle convinzioni personali, sugli handicap

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e sulle tendenze sessuali, essendo tutelati sul piano internazionalee appartenendo alle tradizioni costituzionali comuni degli stati, po-trebbero essere parimenti considerati dei principi generali del dirittodell’Unione.

Cinque anni più tardi, la C. Giust. UE si è pronunciata di nuovo sulprincipio di non discriminazione in base all’età in seguito a un rinviopregiudiziale sollevato nell’ambito di una controversia dove la signoraKücükdeveci chiamava in causa il suo ex datore di lavoro per averlalicenziata dandole soltanto un mese di preavviso.

La legge tedesca permetteva infatti di licenziare con tale preavvisoi dipendenti che avevano maturato un’anzianità lavorativa inferiorea dieci anni, prevedendo che nella durata del rapporto di lavoro nonandassero conteggiati i periodi lavorativi anteriori al compimento delventicinquesimo anno di età. Perciò alla signora Kücükdeveci, che pureera stata impiegata presso la stessa ditta per dieci anni (situazione chele avrebbe dato diritto a un preavviso di quattro mesi), non eranostati calcolati i sette anni di lavoro svolti prima del suo venticinque-simo anno di età, facendola così risultare impiegata da soli tre anni.La ricorrente contestava pertanto la compatibilità della disciplina te-desca con il divieto di discriminazione in base all’età sancito a livellosovranazionale.

Nel pronunciarsi su questo caso la C. Giust. UE sembra aver coltol’occasione per rimettere ordine nel ragionamento che nella preceden-

. Ciò a maggior ragione se si considera che per rinvenire l’esistenza di un principiogenerale corrispondente a una tradizione costituzionale comune agli stati membri non è ne-cessario che il medesimo principio sia tutelato in tutte e ventisette le Costituzioni degli statimembri, dato che, come osserva A. T, Ancora sui rapporti tra Corti europee: principicomunitari e c.d. controlimiti costituzionali, in « Dir. Un. eur. », , p. è sufficiente che ivalori e le tradizioni costituzionali siano conformi « alla natura del sistema comunitario ». A.A, I principi generali nella giurisprudenza comunitaria e la loro influenza sugli ordinamen-ti degli Stati membri, in « Riv. it. dir. pubbl. comun. », , p. ss. osserva come « la Cortenon si propone di individuare un principio effettivamente comune, né un principio minimoche possa ritenersi un denominatore comune degli ordinamenti nazionali, né il principioin assoluto più garantista, ma piuttosto quello che meglio corrisponda alle esigenze delsistema comunitario » (si veda, per es., la sent. Wachauf, luglio , C–/). In tal sensoil caso del principio generale di non discriminazione sulla base dell’età è particolarmenteesemplificativo visto che, oltre a essere espressamente tutelato soltanto nelle Costituzionidi Finlandia e Portogallo, non compare neppure nelle principali Convenzioni internazionaliin materia di lavoro.

. Kücükdeveci c. Swedex GmbH, gennaio , C–/ e nota di G. Grasso in Foroit., , IV, –.

Riflessioni sull’efficacia diretta dei principi generali di non discriminazione

te sentenza Mangold l’aveva già portata a riconoscere l’applicazionediretta del principio di non discriminazione in base all’età nei rapportidi tipo orizzontale. In questa sentenza, infatti, la C. Giust. UE, purribadendo che il giudice ordinario deve disapplicare le disposizioninazionali contrastanti con il principio generale di non discriminazionein base all’età anche nei rapporti tra privati, ha però messo in relazio-ne l’efficacia di questo principio sia con l’art. della Carta dei dirittifondamentali UE, sia con la direttiva //CE.

La dottrina che ha commentato la sentenza Kücükdeveci ha dato ingenerale poco rilievo alla Carta dei diritti fondamentali dell’UE (se nonper il fatto che essa è stata qui citata per la prima volta dalla sua entratain vigore nel dicembre ), mostrandosi invece più interessata aindagare, per esempio, la natura del rapporto tra il principio generalee la direttiva oppure i presunti effetti diretti delle direttive anche neirapporti di tipo orizzontale.

Proprio il richiamo alla Carta dei diritti UE sembra invece costituireun passaggio (oltreché un precedente) molto interessante per quanto

. La C. Giust. UE ha sempre escluso che le direttive non attuate potessero produrreeffetti diretti di tipo orizzontale (M.H. Marshall, febbraio , C–/ e Faccini Dori, luglio , C–/), ammessi invece per le disposizioni dei Trattati e per i regolamenti,tranne quelli che necessitano di misure applicative (Orsolina Leonesio, maggio , C–/). Le direttive, invece, una volta scaduto il termine di recepimento, possono produrreeffetti diretti di tipo verticale quando attribuiscono dei diritti ai singoli, soltanto se provvistedi norme chiare, precise, complete e prive di qualsiasi condizione per la loro efficacia (ElCorte Inglés, marzo , C–/). Nel nostro ordinamento sia i giudici di merito, siala Corte di Cassazione (Cass. civ., sez. I, sent. n. /) hanno condiviso il divietoposto alle direttive non attuate di produrre effetti nei rapporti privatistici. La C. Giust. UEha però esortato i giudici a formulare interpretazioni conformi alle direttive in attesa diattuazione e ha sancito la responsabilità patrimoniale dello Stato nei confronti dei singoliper mancata o cattiva attuazione delle direttive comunitarie (cause riunite Francovich eBonifaci, novembre , C–/ e C–/). Sugli effetti diretti delle fonti del dirittodell’Unione europea si veda A. C, La prevalenza del diritto comunitario sul diritto degliStati: ambito e portata della disapplicazione, in p. ss. e L. Cappuccio, Il caso Mangold el’evoluzione della giurisprudenza comunitaria sul principio di non discriminazione, in Dieci casisui diritti, cit., p. . Vi è poi la cd. giurisprudenza degli effetti indiretti delineati a partiredalla sentenza Marleasing S.A. c. La Comercial Internacional alimentaciòn, novembre ,C–/ con nota di L. D, Novità in tema di efficacia delle direttive comunitarie nonattuate, in « Foro It. », , IV, ss.

. Si veda, tra gli altri, V. S, Dopo Mangold la Corte di Giustizia torna sul rapportotra principi generali, direttive e norme interne, in « Dir. pubbl. comp. eur. », , p. ss.; F.F, I principi generali dell’ordinamento UE dopo Kücükdeveci. Riflessioni sull’efficaciaindiretta orizzontale e sul principio di solidarietà, in « Riv. it. dir. pubbl. comun. », , p. ;M. P, op. cit., p. ; F. S, op. cit., p. ss.; G. B, op. cit., p. ss.

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riguarda gli effetti diretti dei principi generali di non discriminazionenei rapporti tra i privati che prova, allo stesso tempo, l’inesistenza diqualsiasi apertura della C. Giust. UE nei confronti degli effetti direttidelle direttive.

Partendo proprio dalla sentenza Kücükdeveci ci si può infatti doman-dare se le disposizioni che tutelano il principio di non discriminazionepresenti nella Carta dei diritti UE, risultando ormai parificate a quelledei Trattati, possono produrre anch’esse degli effetti diretti di tipoorizzontale nelle materie di competenza dell’Unione europea. L’art. della Carta dei diritti UE, stabilendo che le proprie disposizioni« si applicano alle istituzioni e agli organi dell’Unione nel rispetto delprincipio di sussidiarietà come pure agli stati membri esclusivamentenell’attuazione del diritto dell’Unione » sembra escludere questa ipote-si, limitando espressamente l’efficacia dei diritti sanciti al suo internoai soli rapporti di tipo verticale.

Se però si esamina la questione alla luce della giurisprudenza dellaC. Giust. UE in materia di non discriminazione, il limite appena evi-denziato può risultare meno rigido di quanto non appaia a prima vista.Infatti, stando alla lettera dell’art. della Carta dei diritti Ue, le dispo-sizioni presenti al suo interno — pur codificando i diritti provenientidalle tradizioni costituzionali comuni e dagli obblighi internazionalisottoscritti dagli stati membri — non potrebbero trovare un’applica-zione immediata nei rapporti di tipo orizzontale. Tuttavia, qualorala C. Giust. UE dovesse trovarsi nuovamente di fronte a un rinviopregiudiziale sollevato nell’ambito di una controversia tra privati, nul-la le impedirebbe di verificare l’eventuale violazione di un principiogenerale dell’UE da parte della normativa statale oggetto del rinvio,potendo contare sia sull’art. , par. TUE, sia sulla Carta dei diritti UE,proprio com’è in parte accaduto nella sentenza Kücükdeveci.

Infatti, confermando quanto aveva già detto in Mangold, la C. Giust.UE ha ribadito anche nella sentenza Kücükdeveci che la non discrimina-zione in base all’età è un principio generale del diritto dell’UE. Questavolta, però, diversamente dal caso Mangold, la C. Giust. UE non ha piùavuto bisogno della direttiva //CE per dimostrare l’esistenza di

. Secondo J. Z, Il nuovo Trattato europeo, Il Mulino, Bologna, p. , se la Carta deidiritti UE ha lo stesso valore giuridico dei Trattati « diventa anch’essa un Trattato tra Statimembri dell’Unione », di modo che dovrebbe valere anche per essa ciò che la C. Giust. UEha affermato in anni passati riferendosi ai Trattati.

Riflessioni sull’efficacia diretta dei principi generali di non discriminazione

una tradizione costituzionale comune agli stati membri concernenteil principio di non discriminazione in base all’età, dato che nel frat-tempo era entrata in vigore la Carta dei diritti UE (nel punto dellasentenza è stato infatti richiamato l’art. della stessa). La direttiva//CE è invece servita, in modo più appropriato, per provare lacompetenza dell’UE rispetto alle condizioni di licenziamento oggettodel rinvio (nella sentenza Mangold la competenza dell’UE era statainvece collegata alla direttiva //CE).

Integrando il ragionamento proposto nel caso Kücükdeveci con laprecedente giurisprudenza della C. Giust. UE, sembra dunque che ilriconoscimento dell’efficacia diretta dei principi generali di non discri-minazione nei rapporti tra privati debba soddisfare i seguenti passaggi:. per prima cosa occorre verificare se la normativa statale giunta al-l’attenzione della C. Giust. UE viola o meno un principio generaledell’UE; . un principio generale può essere ricavato direttamente daiTrattati (come nel caso dei principi di non discriminazione in base alsesso e alla nazionalità), oppure dalle tradizioni costituzionali comuniagli stati membri o dai diritti tutelati dalla CEDU (art. , par. TUE);. visto che la Carta dei diritti Ue, così come si legge nel suo Preambo-lo,

« riafferma, nel rispetto delle competenze e dei compiti dell’Unione e delprincipio di sussidiarietà, i diritti derivanti in particolare dalle tradizionicostituzionali e dagli obblighi internazionali comuni agli stati membri, dallaConvenzione europea di salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertàfondamentali, dalle carte sociali adottate dall’Unione e dal Consiglio d’Euro-pa, nonché dalla giurisprudenza della Corte di Giustizia europea e da quelladella Corte europea dei diritti dell’uomo »,

essa non può che essere la fonte per eccellenza da cui trarre iprincipi generali corrispondenti alle tradizioni costituzionali comuniagli stati membri e alla CEDU (cioè quelli cui fa riferimento l’art. , par. TUE); . una volta accertate sia l’esistenza di un principio generale,

. La stessa Corte costituzionale, ancor prima che la Carta dei diritti fondamentaliUE assumesse efficacia giuridica, nella sentenza n. / l’aveva definita un testo utile« per il suo carattere espressivo di principi comuni agli ordinamenti europei ». Quantoaffermato nel testo assume maggior valore se si considera che nella Carta « compaionoimportanti diritti che non trovano traccia né nella giurisprudenza comunitaria pregressa,né nelle Costituzioni nazionali degli stati membri, né nella CEDU », così M. C, I

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sia la violazione dello stesso da parte della disciplina statale, il primopotrà produrre effetti diretti anche nei rapporti di tipo orizzontale acondizione che la normativa nazionale rientri nelle materie assegnatealla competenza dell’UE (verificando, per es., se esiste una direttivache disciplina la fattispecie oggetto del ricorso).

Alla luce della ricostruzione proposta non sembra quindi azzar-dato concludere individuando nella sentenza Kücükdeveci un primotentativo da parte della C. Giust. UE di estendere anche ai rapporti ditipo orizzontale l’efficacia diretta delle disposizioni contenute nellaCarta dei diritti UE dopo aver trasformato le stesse in principi generali,circostanza che finirebbe per attenuare di fatto il limite previsto nell’art. della Carta stessa.

. Alcune conseguenze derivanti dall’efficacia diretta dei principigenerali di non discriminazione dell’Unione europea nei rap-porti di tipo orizzontale

L’aver riconosciuto, anche nei rapporti di tipo orizzontale, l’effica-cia diretta di un principio generale che vede la propria fonte nelletradizioni costituzionali comuni agli stati membri e nel diritto interna-zionale, sembra portare con sé almeno due ordini di conseguenze: laprima per quanto concerne la gerarchia e i rapporti reciproci tra lefonti del diritto dell’Unione europea; la seconda relativa al ruolo deiprincipi generali nell’ordinamento dell’Unione europea dopo l’entratain vigore della Carta dei diritti UE. Oltre a queste, vi è poi una terzaquestione riguardante le possibili ricadute dei recenti orientamentigiurisprudenziali nell’ordinamento giuridico italiano, che verrà inveceapprofondita nel paragrafo conclusivo.

Partendo dal primo punto individuato poco sopra, bisogna innanzi-tutto ricordare come la più nota dottrina che si è occupata dei principi

diritti fondamentali e la cittadinanza dell’Unione, in Le nuove istituzioni europee. Commento alTrattato di Lisbona, a cura di F. B e G. T, Bologna, Il Mulino, , p. . Aquesto proposito si veda anche P. R, La Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europeae lo sviluppo storico del costituzionalismo europeo, in La Carta europea dei diritti, a cura di P.C, De Ferrari, Genova, p. .

. M. C, ivi, p. , sottolinea come ciò rappresenti uno degli aspetti piùproblematici visto che l’UE non ha competenze in tutti i settori toccati dai dirittifondamentali.

Riflessioni sull’efficacia diretta dei principi generali di non discriminazione

generali dell’Unione europea abbia in genere fatto rientrare nelle fontipiù alte del diritto europeo soltanto quelli espressamente previsti neiTrattati, mentre i principi generali attinenti alla tutela dei diritti fonda-mentali venivano collocati in una posizione intermedia fra i Trattati ele fonti secondarie. Tuttavia, dal momento in cui la C. Giust. UE haconsentito a un principio generale ricavato da fonti esterne rispetto al-le disposizioni dei Trattati di produrre effetti diretti anche nei rapportitra privati, quest’ultimo sembra appartenere in modo implicito allefonti primarie del diritto sovranazionale. L’entrata in vigore del Tratta-to di Lisbona avrebbe quindi riunito al vertice del diritto dell’Unioneeuropea tutti i principi generali (anche se provenienti da fonti diverserispetto ai Trattati), grazie soprattutto all’interposizione dell’art. ,par. TUE che ha offerto la base legale per elevare al grado di fonteprimaria i principi generali attinenti alla tutela dei diritti fondamentaliche traggono la loro origine dalle tradizioni costituzionali comuni aglistati membri e dalla CEDU.

Se così non fosse, infatti, bisognerebbe concludere che la C. Giu-st. UE, pronunciandosi sui casi Mangold e Kücükdeveci, avrebbe datoautonomamente vita a una fonte subprimaria del diritto europeo (ul-teriore rispetto a quelle previste nell’art. TFUE) dotata di effettisostanzialmente identici a quelli delle disposizioni dei Trattati.

Qual è dunque il ruolo spettante ai principi generali dopo l’entratain vigore della Carta dei diritti UE? In caso di controversie tra uno o

. Cfr. gli autori citati nel par. in nota . Inoltre G. G, Identifying the status ofgeneral principles in European community law, in Studi in onore di G.F. Mancini, p. e evidenzia come la C. Giust. UE abbia trascurato la differenza tra i principi derivantidai Trattati e i principi di diversa provenienza e non abbia mai qualificato lo status dellaprotezione dei diritti umani. In effetti ciò può essere poco importante ai fini della validitàdell’interpretazione di norme secondarie o quando si applicano i principi generali neiconfronti degli stati, mentre dovrebbe averne di più quando si tratta di applicare i principigenerali ai rapporti intersoggettivi di natura privata.

. G. G, ivi, p. , già prima dell’entrata in vigore del Trattato di Lisbona, osservavacome l’art. TUE non esaurisse le fonti dalle quali la C. Giust. UE poteva trarre i principigenerali. Riprendendo oggi tale ragionamento si potrebbe dire che al di fuori dei principigenerali che scaturiscono dalla CEDU o dalle tradizioni costituzionali comuni degli statimembri, gli altri continuerebbero a essere fonti non scritte di natura subprimaria. L.D, La protezione dei diritti fondamentali nell’Unione europea dopo il Trattato di Lisbona:un quadro d’insieme, in « Dir. UE », , p. sottolinea invece come l’insieme deglistrumenti oggi preposti alla tutela dei diritti fondamentali avrebbe dato vita a un concorsodi fonti regolate non da un ordine gerarchico, ma dal principio dello standard massimo diprotezione.

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più soggetti privati e lo Stato (rapporto di tipo verticale) le disposizionidella Carta dei diritti UE, insieme ai principi ricavabili dalla stessa(già presenti in molti casi nella giurisprudenza della C. Giust. UE),dovrebbero avere un’efficacia diretta pari a quella delle disposizioni deiTrattati. Ciò nonostante, anche alla luce dei casi Mangold e Kücükdeveci,si ritiene che i principi generali potrebbero svolgere oggi, forse ancorpiù che in passato, un importante ruolo di tramite per la tutela deidiritti fondamentali soprattutto in tre casi: rispetto a diritti che, nonessendo stati inseriti nella Carta dei diritti UE, potrebbero comunquericevere in quanto principi generali del diritto sovranazionale (a); neirapporti di tipo verticale in presenza di leggi statali che, pur estraneeal diritto dell’Unione europea strettamente inteso, rientrano però latosensu nella cornice del diritto sovranazionale poiché ne influenzanola corretta applicazione oppure ostacolano in qualche modo la suaefficacia (b); nei rapporti di tipo orizzontale laddove, come si è visto,l’art. esclude che la Carta dei diritti UE possa produrre effetti diretti(c).

L’utilizzo dei principi generali per la tutela dei diritti fondamentalinell’ordinamento dell’UE nei termini appena esposti presenta degliaspetti positivi, ma pone anche alcuni problemi collegati soprattuttoalla certezza del diritto negli Stati membri dell’Unione.

Tra gli effetti positivi si può senza dubbio riscontrare il fatto cheanche diritti attualmente non previsti nella Carta dei diritti UE, unavolta dichiarati principi generali del diritto sovranazionale, godrebberodi fatto di una tutela analoga a quella derivante da un loro riconosci-mento all’interno della Carta stessa. In questo modo, tra l’altro, laC. Giust. UE potrebbe continuare a far evolvere la tutela dei dirittifondamentali nell’ordinamento sovranazionale anche al di là dei diritticodificati nella Carta dei diritti Ue (si pensi, per esempio, all’identità digenere, come osservato infra da C. Danisi, par. ). L’individuazione dinuovi principi generali potrebbe quindi contribuire a far crescere pro-gressivamente il livello complessivo di tutela dei diritti fondamentaliall’interno dell’Unione europea.

. In dottrina non manca però chi ritiene comunque applicabili anche nei casi (b) e (c)le disposizioni della Carta dei diritti Ue. Al proposito si veda, per esempio, V. S,Rapporti tra Corti, cit., p. e . L. D, ivi, p. sottolinea come il richiamo aiprincipi fondamentali sia giustificato anche dall’incompleta accettazione della Carta deidiritti UE da parte della Polonia e del Regno Unito.

Riflessioni sull’efficacia diretta dei principi generali di non discriminazione

Non mancano, però, alcune potenziali conseguenze negative legatesoprattutto all’efficacia diretta, anche nei rapporti di tipo orizzontale,dei principi generali di non discriminazione autonomamente rinve-nuti dalla C. Giust. UE in fonti esterne rispetto ai Trattati. Infatti, dalmomento in cui si riconosce l’autosufficienza del principio generalenel produrre effetti diretti di tipo orizzontale, esso cessa di essere sol-tanto un ausilio per l’interpretazione del diritto positivo e diventa unostrumento, secondo alcuni fin troppo pervasivo nelle mani della C.Giust. UE e dei giudici ordinari, che rischia di far ricadere sui privatila responsabilità dell’obbligo che grava invece sugli stati di attuare ildiritto europeo rispettando i principi generali di derivazione sovra-nazionale. Ciò avrebbe inevitabilmente delle ricadute poco positivesulla certezza del diritto che consegue al legittimo affidamento daparte dei singoli sulla disciplina statale i quali, tuttavia, potrebberosempre rivalersi sullo Stato chiamandone in giudizio la responsabilitàpatrimoniale per i danni subiti a causa della violazione di un principiogenerale dell’Unione europea da parte di una normativa nazionale.

Si ritiene, tuttavia, che questa situazione di incertezza resterebbecomunque limitata nel tempo, nell’attesa che le competenti autori-tà statali intervengano per rimuovere o per modificare la disciplinainterna contrastante con il principio generale tutelato dalla C. Giust.UE. Pertanto, pur non negando l’esistenza di alcune criticità connessecon l’applicazione diretta dei principi generali nei rapporti di tipoorizzontale, esse appaiono comunque sopportabili in vista della cre-scita complessiva della tutela dei diritti fondamentali delle personeall’interno dell’Unione europea.

. J. K, The Basic Law at – From to : the Basic Law and Supranationalintegration, in « German Law Journal », , vol. , p. e ss. e L. D, Dirittodell’Unione europea, cit., p. , secondo il quale il modo in cui la C. Giust. UE rinvienel’esistenza dei principi generali riguardanti i diritti fondamentali « accresce l’imprevedibilitàdei risultati cui la Corte perviene di volta in volta e rende perciò poco trasparente il sistema ».

. F. F, I principi generali dell’ordinamento UE dopo Kücükdeveci, cit., p. .. Secondo il noto orientamento inaugurato con la sent. Francovich e Bonifaci, cit.,

nota .