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Page 1: VOLUME 2 DALLA CRISI DELLA REPUBBLICA ROMANA AL X … · DALLA CRISI DELLA REPUBBLICA ROMANA AL X SECOLO 124 VOLUME2 ... Gioco con le noci e con la trottola. Mosaico Piazza Armerina,

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VOLUME

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Il gioco e l’educazione

Il gioco con i carretti era molto prati-cato: in questo mosaico di Piazza Ar-merina si vedono quattro bighe traina-te da oche, fenicotteri, trampolieri ecolombi e guidate da quattro bambini.I ragazzi usavano i carretti, costruitiin legno o in avorio e trainati da ani-mali, per girare per le strade.

Osserva le immagini del documento L’importanza del gioco, che puoi scaricare dal sito, e queste riportate qui. Leggi inoltre i testie infine componi un elaborato che contenga i seguenti punti:

• la descrizione dettagliata degli oggetti rappresentati con particolare riguardo alla tipologia del gioco raffigurata;

• la concezione che nel mondo antico si aveva del gioco come strumento educativo;

• una riflessione personale che paragoni i giochi antichi con quelli attuali per valutarne le differenze e le caratteristiche.

Scrittura documentata

Gioco con le noci econ la trottola.Mosaico PiazzaArmerina, CubicoloPiccolo Circo.

Villa Casale diPiazza Armerina,Mosaico corsa di

bighe nel circoguidate da bambini,

primo quarto delIV sec. d.C.

Bimbo su carro cir-cense trainato dauna capra. Sarcofa-go di Cornelio Sta-zio, II secolo d.C.Parigi, Museo delLouvre.

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L’IMPERO ROMANO-CRISTIANO

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PlatoneLeggi, libro I (643d): «Il nocciolo del-l’educazione consiste in una retta for-mazione che, tramite il gioco, sappiacondurre quanto più è possibile il gio-vane alla passione per ciò in cui, di-ventato adulto, dovrà mostrarsi per-fettamente competente in relazione airequisiti della singola professione».Leggi, libro VII (793e; 794a): «L’indoledi un bambino di tre, di quattro, di cin-que, e di sei anni ha bisogno di giochi[…]. Per bambini di questa età vi sonogiochi spontanei che essi stessi sco-prono quando si riuniscono insieme.Bisogna allora che tutti i bambini diquesta età, dai tre sino ai sei anni, siradunino nei luoghi sacri di ogni vil-laggio, e quelli di ciascun villaggiopresso lo stesso luogo: inoltre le nutri-ci si devono occupare di loro perché ri-spettino l’ordine e non siano indiscipli-nati, mentre a capo delle nutrici stes-se e di tutto il loro gruppo sarà stabili-ta, al fine di mantenere l’ordine, unadelle dodici donne di cui prima si par-lava, una per ogni villaggio, e la stabi-liranno ogni anno i custodi delle leggi[…] e ancora: le donne sorveglierannoi giochi e la formazione dei bambini,gli uomini vigileranno sull’apprendi-mento delle varie discipline […]».Leggi,VII (803c): «L’uomo è fatto peressere un giocattolo, strumento di dio,e questa è veramente la sua parte mi-gliore. Egli deve, dunque, seguendoquella natura e giocando i giochi piùbelli, vivere la sua vita, pensando pro-prio l’inverso di ciò che oggi si pensa».

Catone (234 a.C.-149 a.C.): consi-gliava al figlio Marco: «Gioca alla trot-tola, fuggi il gioco dei dadi».

Virgilio (70-19 a.C.) nell’Eneide (VII,378/384): «Come sotto l’ambigua fru-stata volò una trottola, che i bambini,in gran giro, intorno al vuoto cortile,intenti al gioco affaticano, quella, gui-

data, dal laccio, corre intorno, si chi-na sopra, stupendo l’ignara schierainfantile guardando il bosso volubile».

Marziale (40-104) nei suoi Epigrammi:«Era triste lo scolaro perché aveva la-sciato le noci». Nella lingua quotidianaquesta espressione significava “lascia-re l’infanzia”, una svolta di passaggioverso il mondo adulto.

Augusto scrisse: «Diedi 250 denari amia figlia Giulia nel caso che durantela cena giocassero a pari e dispari».

Seneca (4 a.C. 65 d.C.) nel De ira (IV,21): «Sarà utilissimo, direi, che vengasubito avviata una salutare educazio-ne dei fanciulli; guidarli, però, è diffi-cile, perché si deve far in modo di nonnutrire in loro l’ira e insieme di nonsmussarne il carattere [...] Anche i di-vertimenti saranno utili: un modicopiacere infatti rilassa gli animi e li di-spone convenientemente».Nel De tranquillitate animi (IX, 17,4-5):«Né d’altra parte la mente deve esseresempre tenuta nella medesima tensio-ne con ugual ritmo, ma occorre chia-marla al divertimento. Socrate non ar-rossiva di giocare con i figlioletti e Ca-tone rilassava con il vino l’animo affa-ticato dalle pubbliche cure; Scipionequel suo corpo che conosceva i trionfie il servizio militare lo muoveva se-condo il ritmo, non spezzandosi conmovimenti molli, come ora è costumeper coloro che anche con la studiataandatura sono snervati al di là dellafemminile mollezza, ma come soleva-no quegli uomini antichi nel diverti-mento dei giorni di festa, danzare intre tempi in modo virile, senza correreil rischio di perdere la dignità, anchese fossero stati visti dai nemici. Biso-gna concedere agli animi una tregua:migliori e più pronti si alzeranno unavolta che si saranno riposati. Come aifertili campi non bisogna dare coman-

di duri (presto esaurirà una feconditàmai sospesa) così una fatica continuaromperà gli impeti dell’animo; ripren-deranno le forze se sono per un po’ la-sciati liberi e a riposo: nasce dall’assi-duità delle fatiche un certo ottundi-mento e languore dell’animo».

Quintiliano (35-95 circa), maestro dieloquenza, nell’Institutio oratoria (1.3. 8-12) osserva: «Bisogna concederea tutti (gli allievi) qualche pausa, nonsolo perché non c’è nessun essere chepossa reggere una fatica continua – epure le cose prive di sensibilità e ina-nimate, per poter conservare la loroefficienza, si rilassano per così direcon intervalli di riposo, ma anche per-ché lo studio si basa sul desiderio diimparare, che non può subire costri-zioni. E così, rinvigoriti e freschi, glistudenti mettono nell’imparare piùforze e un’attenzione più viva, che ge-neralmente si ribella alle imposizioni.Neppure il gioco mi dispiacerebbe neifanciulli – anche questo è segno di vi-vacità –, e non potrei sperare che unotriste e sempre a testa bassa sarà diintelligenza sveglia negli studi, dalmomento che dorme anche in questoslancio che è perfettamente naturalealla sua età. Le pause tuttavia abbia-no un limite, perché non generino oodio verso gli studi, se negate, o abi-tudine all’ozio, se eccessive. Vi sonoanche alcuni giochi non inutili ad affi-nare le menti dei fanciulli, ad esempioquando gareggiano, ponendosi vicen-devolmente piccoli quesiti di ogni ge-nere. Nel gioco si rivela più facilmenteanche il carattere: a patto che nessu-na età sembri così debole da non po-ter apprendere subito che cosa siagiusto e che cosa no, e più di ogni al-tra deve essere formata proprio quellache non sa fingere e assai docilmenteobbedisce a coloro che insegnano; po-tresti infatti più facilmente spezzareche correggere i difetti incalliti».