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AGGIORNAMENTO CONTINUO PER LA PRATICA CLINICA Volume 12 - n. 1/2013 Gennaio - Aprile 2013 Direttore Scientifico: Ercole Concia - Direttore Editoriale: Matteo Bassetti Reg. Trib. di Roma n. 238 del 23/05/2002 - Poste Italiane S.p.A. - Spedizione in A.P. 70% c/Roma/Aut. 72/2010 - Periodicità quadrimestrale - © 2013 MEDIPRINT S.r.l. a socio unico

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A G G I O R N A M E N T O C O N T I N U O P E R L A P R A T I C A C L I N I C A

Volume 12 - n. 1/2013

Gennaio - Aprile 2013

Direttore Scientifico: Ercole Concia - Direttore Editoriale: Matteo Bassetti

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Acitretina in dermatologia 3P.G. Calzavara Pinton

Le piante medicinali come fonte di nuovi farmaci 11M. Laudato, L. Pescitelli, R. Capasso

Il ruolo dei radicali liberi e degli enzimi antiossidantinella patogenesi e nella prevenzione delle lesioni precancerose e del carcinomasquamocellulare del cavo orale 16E. Röggla

Indice

Pubblicazione quadrimestrale - Volume 12 - n. 1 - gennaio-aprile 2013

AGG IORNAMENTO CONT INUO PER LA PRAT ICA CL IN ICA

COMITATO SCIENTIFICO EDITORIALE

Prof. CLAUDIO ALLEGRAPrimario Divisione Angiologia, Ospedale S. Giovanni Addolorata,Roma

Prof. ALFREDO CARLO ALTAMURADirettore Cattedra di Psichiatria, Università di Milano

Prof. ETTORE AMBROSIONIDirettore Divisione e Cattedra di Medicina Interna, Policlinico S. Or-sola, Bologna

Dott. MATTEO BASSETTIDirettore Clinica Malattie Infettive, A.O.U. Santa Maria della Mise-ricordia, Udine

Prof. VINCENZO BELLIATitolare della Cattedra di Malattie dell’Apparato Respiratorionell’Università di Palermo

Prof. GABRIELE BIANCHI PORRODirettore Cattedra di Gastroenterologia, Polo Universitario “L. Sac-co”, Milano

Prof. FEDERICO CACCIAPUOTICattedra di Medicina Interna, Facoltà di Medicina e Chirurgia, IIUniversità, Napoli

Prof. FRANCO CAMANNIDirettore Cattedra di Endocrinologia, Università, Torino

Prof. LUIGI CARRATÙDirettore I Cattedra Malattie dell’Apparato Respiratorio, Università“Federico II”, Napoli

Prof. ENZO CHIESARADipartimento di Farmacologia, Chemioterapia e Tossicologia Medi-ca, Università di Milano

Prof. ERCOLE CONCIAUnità Operativa di Malattie Infettive, Azienda Ospedaliera di Vero-na, Università degli Studi di Verona

Prof. LUCIO CRINÒDipartimento Oncologia, Primario Unità Operativa di OncologiaOspedale Bellaria, Bologna

Prof. CESARE DAL PALÙDipartimento di Medicina e Clinica Sperimentale, Università diPadova

Prof. DOMENICO DE GRANDISPrimario Divisione Neurologica, Ospedale Santa Maria della Mise-ricordia, Rovigo

Prof. ANTONIO DI BIAGIO Clinica Malattie Infettive Ospedale San Martino, Genova

Prof. SILVANO ESPOSITODipartimento di Malattie Infettive, Seconda Università degli Studi diNapoli

Prof. PIETRO FERRARA Dipartimento di Scienze Pediatriche, Università Cattolica delS. Cuore, Policlinico Universitario “A. Gemelli”, Roma e Università Campus Bio-Medico, Roma

Prof. FRANCO FRASCHINIDirettore Cattedra di Chemioterapia, Dipartimento di TossicologiaMedica, Università di Milano

Dott. MAURIZIO LUISETTIClinica Malattie dell’Apparato Respiratorio, IRCCS, Policlinico SanMatteo, Pavia

Dott. MARIO MALERBAFacoltà di Medicina e Chirurgia, Università, Brescia

Prof. MARIO MANCINIDirettore Dipartimento di Medicina Clinica Sperimentale, Univer-sità “Federico II”, Napoli

Prof. DARIO OLIVIERIDirettore Istituto di Clinica delle Malattie dell’ApparatoRespiratorio, Università di Parma

Prof. PAOLO PUDDUServizio di Medicina Interna, Policlinico S. Orsola, Bologna

Prof. CESARE SIRTORIDirettore di Cattedra di Farmacologia Clinica, Dipartimento diScienze Farmacologiche, Università di Milano.

Prof. EMILIO STERNIERIProfessore Ordinario di Tossicologia, Università di Modena e Reg-gio Emilia

Prof. SILVANO TODESCOCattedra e Divisione di Reumatologia, Università di Padova

Prof. CLAUDIO VISCOLI Istituto Nazionale per la Ricerca sul Cancro, Università diGenova, Genova

Abstract

This article discusses the role of acitetrin and other retinoids, namelythe group of substances that includes vitamin A and its synthetic deri-vatives, in our body, their absorption and their distribution, their meta-bolism and their excretion, their pharmacological properties and theirmechanism of action; it also exposes their safety and their tolerability,their teratogenicity, their mucocutaneous toxicity, their effects on lipidmetabolism and their hepatotoxicity, their musculoskeletal effects onCNS and other side effects, as well as the interaction drugs and thetherapeutic indications (severe plaque psoriasis, erythrodermic psoria-sis, pustular psoriasis, generalized or localized), besides the “off-la-bel” indication for the treatment of various dermatoses characterizedby keratinization disorders, of some inflammatory pathologies such aslupus erythematosus, Lichen planus and sclero-atrophic lichen and ofthe chemoprevention of non melanoma skin tumors.

Riassunto

In questo articolo vengono illustrati il ruolo dell’acitetrina e degli altri reti-noidi, ossia il gruppo di sostanze che include la vitamina A e i suoi deri-vati sintetici, nel nostro organismo, il loro assorbimento e la loro distribu-zione, il metabolismo e l’escrezione, le loro caratteristiche farmacologi-che e il loro meccanismo d’azione; inoltre vengono esposte la sicurezzae la tollerabilità, la teratogenicità, la tossicità muco-cutanea, gli effetti sulmetabolismo lipidico e l’epatotossicità, gli effetti muscolo-scheletrici sulsistema nervoso centrale e altri effetti collaterali, oltre ai farmaci di inte-razione e le indicazioni terapeutiche (psoriasi a placche severa, psoriasieritrodermica, psoriasi pustolosa, generalizzata o localizzata, oltre all’in-dicazione “off-label” per il trattamento di numerose dermatosi caratteriz-zate da disturbi della cheratinizzazione, di alcune patologie infiammatoriequali il lupus eritematoso, il Lichen planus e il lichen sclero-atrofico e nel-la chemio-prevenzione dei tumori cutanei non melanocitari.

Acitretina in dermatologia

Acitretin in dermatology

Prof. P.G. Calzavara PintonDirettore Clinica Dermatologica, Università di Brescia

FARMACI 2013;12(1):3-10 3

BackgroundLa vitamina A è un composto liposolubile che si trova in naturain tre forme principali: alcolica (retinolo), aldeidica (retinaldeide)e acida (acido retinoico). Questi, come altri 1500 analoghi pre-senti in natura o sintetizzati chimicamente, sono noti come reti-noidi. I carotenoidi, come α- e β-carotene, luteina, zeaxantina, elicopene, sono invece composti che, oltre ad avere un’intrinse-ca attività antiossidante, possono essere considerati delle provi-tamine A. Il fabbisogno di vitamina A viene soddisfatto con la dieta: gli ali-menti di origine animale, come uovo, latte, carne e fegato, con-tengono soprattutto retinolo e suoi esteri (specie retinolo palmita-to), mentre i vegetali, soprattutto quelli di colore rosso arancio equelli a foglia larga, contengono carotenoidi. L’assorbimento delretinolo e dei suoi esteri dipende dalla presenza di lipidi e di sali bi-liari e prima di essere assorbiti, vengono idrolizzati da lipasi, car-

bossilestere-lipasi pancreatica e retinilestere-idrolasi intestinale. I carotenoidi vengono assorbiti per trasporto passivo negli ente-rociti dove il β-carotene viene trasformato in retinaldeide, acidoretinoico o retinolo. Il retinolo e i suoi metaboliti vengono poi le-gati ad una specifica proteina, la proteina legante il retinolo cel-lulare (Cellular Retinol Binding Protein, CRBP) e quindi coniuga-ti con palmitato, stearato o oleato.Gli esteri del retinolo così formati e i carotenoidi ancora non me-tabolizzati vengono incorporati nei chilomicroni e da essi vengo-no trasportati nel fegato dove sono trasformati in retinolo, legatia una “retinol binding protein” (RBP) e quindi immagazzinati nel-le cellule stellate epatiche.La concentrazione plasmatica di vitamina A viene mantenuta tra40 e 80 µg/dl.Una volta entrato nella cellula bersaglio, il retinolo si lega allaproteina CRBP e parte di esso viene esterificata, al fine d’imma-

gazzinarlo o convertita nelle due forme attive: acido retinoico eretinaldeide.La vitamina A nell’organismo presenta numerose funzioni biolo-giche, prima fra tutte la visione, in quanto contribuisce alla for-mazione della rodopsina; partecipa inoltre alla maturazione em-brionale e alla differenziazione di alcune linee cellulari, tra cuicheratinociti e linfociti. I recettori per l’acido retinoico fanno par-te di una famiglia di recettori nucleari che comprende anchequelli per la vitamina D. L’acido retinoico penetrato nella cellulaviene portato al recettore tramite specifiche proteine cellulari ditrasporto e, una volta legatosi, determina la regolazione del l’e -spressione di alcuni geni (Fig. 1).L’importante ruolo della vitamina A, nella differenziazione epite-liale, è noto sin dagli inizi del 1900, quando fu evidenziato cheuna sua carenza è causa di ipercheratosi cutanea e metaplasiasquamosa delle mucose, con conseguente insorgenza di pato-logie infiammatorie e tumori cutanei e delle mucose. Fino agli anni Settanta alte dosi di vitamina A sono state impie-gate nel trattamento di numerose dermatosi, in particolare perquelle associate ad alterazioni della cheratinizzazione, ma il loroutilizzo era limitato dal rischio di ipertensione endocranica e altrisegni cutanei, oculari e sistemici di ipervitaminosi A. Successi-vamente sono stati impiegati derivati sintetici con una maggioreselettività per la cute e minore tossicità sistemica (1).

Retinoidi sinteticiA oggi sono state prodotte 3 generazioni di retinoidi sintetici (Fig.2): i primi furono introdotti alla fine degli anni Sessanta grazie allamanipolazione della molecola di vitamina A a livello del gruppo po-lare e ciclico terminali e del poliene centrale; da tali modificazioninacquero la tretinoina (acido retinoico tutto-trans), l’isotretinoina(13-cis-acido retinoico) e l’alitretinoina (9-cis-acido retinoico). Laseconda generazione di retinoidi comprende composti aromaticiottenuti sostituendo, con diversi anelli ciclici, la porzione ciclica ter-minale della vitamina A: appartengono a questo gruppo l’etretina-to e il suo metabolita attivo, l’acitretina, oggi indicati nel trattamen-to della psoriasi e di altri disordini della cheratinizzazione (Fig. 3).

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Figura 3. Struttura chimica dell’etretinato e dell’acitretina.

Figura 1. Differenti forme di vitamina A presenti nei mammiferi e il suoprecursore β-carotene.

Figura 2. Differenti generazioni di retinoidi sintetici.

Tazarotene, adapalene e bexarotene appartengono, invece,alla terza generazione di retinoidi, formati grazie alla ciclizza-zione della catena polienica della vitamina A. I primi sono sta-ti approvati dall’FDA per il trattamento topico della psoriasi edell’acne, mentre il bexarotene è indicato nel trattamento si-stemico dei linfomi cutanei T-cellulari dell’adulto (2).

Assorbimento e distribuzioneLe differenze nella struttura chimica, tra le diverse genera-zioni di retinoidi, condizionano non solo la loro attività biolo-gica, ma anche la loro farmacocinetica: ad esempio tra i re-tinoidi di II generazione le differenze sono principalmente at-tribuibili alla differente struttura chimica: polare nel casodell’acitretina, apolare nel caso dell’etretinato. Nel siero i re-tinoidi sono legati a proteine plasmatiche per il 99% (albu-mina per i retinoidi di prima generazione e per l’acitretina ealtre lipoproteine plasmatiche per l’etretinato e il bexarote-ne); analogamente alla vitamina A i retinoidi sintetici si accu-mulano a livello epatico, ma hanno minore affinità per gliepatociti, i fibroblasti e la retina (3). L’etretinato, la cui emivita è di 120 giorni, è stato ritirato dalcommercio negli USA e in Europa alla fine degli anni Novan-ta dopo l’introduzione dell’acitretina, il suo principale meta-bolita attivo che possiede un’emivita di 2 giorni. Quest’ulti-mo, come l’isotretinoina, è relativamente idrosolubile e hauna breve emivita, mentre l’etretinato è estremamente lipofi-lo e tende ad accumularsi nel tessuto adiposo da cui è len-tamente rilasciato nel siero, dove può essere rintracciato an-che 2 anni dopo la sospensione del trattamento, soprattuttonei soggetti obesi. Tale caratteristica condiziona il prolunga-to rischio di eventi avversi, di cui è particolarmente preoccu-pante il rischio di teratogenicità nelle pazienti di sesso fem-minile in età fertile. Tuttavia è stato successivamente evi-denziato che l’acitretina viene a sua volta metabolizzata aetretinato, per cui per entrambi il rischio di eventi avversi simantiene per anni.La dieta può influire sul metabolismo dell’acitretina: la con-temporanea assunzione di alcool ne incrementa la transe-sterificazione a etretinato, mentre la contemporanea assun-zione di cibo ne aumenta l’assorbimento e la biodisponibi-lità di 5 volte (4).

Metabolismo ed escrezioneIl metabolismo dei retinoidi è principalmente epatico e preve-de l’ossidazione e la conversione a forme biologicamente inat-tive e idrosolubili: tale processo è indotto dagli stessi retinoidie da altri composti in grado di indurre l’attività dell’isoforma3A4 del citocromo P450; tutti i retinoidi sono escreti sia con leurine che con le feci (3).

Caratteristiche farmacologiche e meccanismod’azioneA livello cellulare l’acitretina e gli altri retinoidi si legano a speci-fiche proteine citoplasmatiche e recettori nucleari, regolandonumerosi meccanismi coinvolti nella crescita e differenziazionecellulare. Nel citoplasma è presente una specifica proteina(CRABP - Cytosolic Retinoic Acid Binding Protein), che fungeda trasportatore dell’acido retinoico verso il nucleo; tale protei-na è molto rappresentata nei cheratinociti della cute normale eancor più nella cute affetta da psoriasi, ittiosi, malattia di Dariere Pitiriasi rubra pilaris. Valori elevati di CRABP permettono unamaggiore sensibilità della cute ai retinoidi che competono conl’acido retinoico per il legame con tale proteina (3).I recettori nucleari dei retinoidi appartengono alla superfamiglia direcettori per i glucocorticoidi, ormoni tiroidei e vitamina D e sonodistinti in due classi: recettori dell’acido retinoico tutto-trans(RAR) e recettori dell’acido retinoico 9-cis (RXR). Ogni famigliapossiede 3 isoforme (α, β, γ) codificate da geni distinti e, nella cu-te, i recettori RXR sono 5 volte più rappresentati di quelli RAR.Mentre i recettori RAR formano solo etero-dimeri con i recetto-ri RXR, i recettori RXR possono formare anche omodimeri conaltri recettori RXR o etero-dimeri, con i recettori per la vitaminaD3 o gli ormoni tiroidei (Fig. 4). Tali dimeri agiscono come fatto-ri di trascrizione ligando-dipendenti per più di 500 geni, conte-nenti, al loro interno, sequenze di risposta all’acido retinoico(RARE) (Fig. 5). I retinoidi modulano l’espressione di differenti fattori di crescitaepidermici, promuovendo la differenziazione cellulare nell’epi-dermide sana e inibendola negli epiteli iperproliferanti. Lo sti-molo alla proliferazione dei cheratinociti è mediato dall’induzio-ne dell’adenosina ciclica monofostafo (cAMP), dei recettori peril fattore di crescita epidermico (EGF), della proteina C chinasi(PKC) e del TGF-α. L’inibizione della crescita cellulare è invece

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secondaria all’inibizione di fattori di crescita epidermici, media-ta dal TGF-β2.I retinoidi hanno dimostrato la capacità di indirizzare la differen-ziazione cellulare verso un epitelio non cheratinizzato, metapla-stico e simile a quello delle mucose; inoltre inducono una ridu-zione dei tono-filamenti citoplasmatici, determinando una ridu-zione dell’adesione cellulare e della funzione cutanea di barrie-ra, con conseguente aumento della perdita trans-epidermica diacqua. Questi effetti biologici spiegano l’azione cheratolitica deiretinoidi nelle dermatosi ipercheratosiche. L’acitretina e gli altri derivati della vitamina A esercitano, inoltre,un’azione immunomodulatoria e antinfiammatoria: essi stimola-no l’attività linfocitaria T e NK e inibiscono la migrazione di po-limorfonucleati (PMN), inibendone il rilascio di radicali liberidell’ossigeno che hanno una rilevante azione citotossica (1,2,5).

Sicurezza e tollerabilitàL’incidenza del rischio di eventi avversi ad acitretina, con l’esclu-sione del rischio di teratogenicità, cresce in relazione al dosag-gio somministrato e se questo è inferiore a 25 mg/die, il suo uso,anche se prolungato, è considerato relativamente sicuro.

1. TeratogenicitàTutti i retinoidi sistemici sono teratogeni (ma non mutageni) esono controindicati in gravidanza e durante l’allattamento; ta-le effetto è indipendente dalla durata e dal dosaggio del trat-tamento; l’esposizione del feto ai retinoidi, durante il primo tri-mestre di gestazione, determina gravi alterazioni nello svilup-po del sistema nervoso centrale (SNC): dimorfismi cranio-fac-ciali (palato-ogivale, anoftalmia), sindattilia o mancanza di fa-langi terminali, meningoencefalocele, meningomielocele e si-nostosi multiple.La sua somministrazione, in donne di età fertile, richiede per-tanto la massima cautela. Il test di gravidanza va eseguito pri-ma della terapia e deve essere essere ripetuto ogni mese nel-le donne in età fertile, anche se utilizzano metodi anticonce-zionali efficaci. Per migliorare la compliance a questa disposi-zione è opportuno che il farmaco sia prescritto mensilmente.Durante il trattamento la paziente deve impegnarsi a sceglieree a utilizzare simultaneamente due metodi anticoncezionali ef-ficaci, di cui almeno uno con efficacia primaria, a meno che ilmetodo scelto non sia l’astinenza assoluta o la paziente siastata sottoposta a isterectomia o sia chiaramente in età post-

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Figura 5. Attività dell’acitretina a livello citoplasmatico e nucleare.

ResponsoATRA

CompletoCRABP-H-ATRA

CRABP-H ATRA

+

Citoplasma

Nucleo

RXR RAR RXR RAR

Figura 4. Classi recettoriali dell’acitretina e loro isoforme.

menopausale. I due metodi contraccettivi efficaci devono es-sere iniziati almeno 1 mese prima dell’inizio della terapia conacitretina, durante la stessa e per almeno 3 anni dopo la suasospensione. Il test di gravidanza deve essere ripetuto ogni 3mesi nei 3 anni successivi alla sospensione di acitretina. Datala possibilità di aumentata conversione dell’acitretina a etreti-nato dopo l’assunzione di alcool, le pazienti in età fertile nondovrebbero assumere alcolici non solo durante il trattamento,ma anche fino a 2 mesi dopo la sua sospensione.Non esistono, in letteratura, dati conclusivi circa l’effetto dell’aci-tretina sul liquido seminale e attualmente l’FDA non ha dispostoparticolari restrizioni circa le esposizioni di donne in età fertile alseme di pazienti maschi in terapia con tale farmaco (3,4).

2. Tossicità muco-cutaneaLa tossicità muco-cutanea è uno dei più comuni effetti av-versi correlati all’assunzione di qualsiasi retinoide. Le mani-festazioni cliniche più frequenti sono rappresentate da chei-lite, xerosi e desquamazione cutanea, alopecia, distrofia un-gueale e comparsa di granulomi periungueali. La secchezzadelle mucose può determinare la comparsa di rinite atroficacon epistassi e xeroftalmia che puà portare a intolleranza al-le lenti a contatto. Questi effetti sono reversibili e dose-di-pendenti, con una maggiore incidenza in caso di assunzionedi acitretina a dosi superiori a 50-75 mg/die; la riduzione deldosaggio del farmaco e l’uso di emollienti topici e di lacrimeartificiali migliorano la sintomatologia nella maggior parte deipazienti (2).

3. Effetti sul metabolismo lipidico ed epatotossicitàL’aumento dei valori sierici di trigliceridi e colesterolo com-paiono, rispettivamente, nel 66 e 33% dei pazienti. L’incre-mento di tali valori è dose-dipendente e reversibile dopo 4-8settimane dopo la sospensione della terapia con acitretina (2).L’aumento dei trigliceridi è legato a un incremento, nel san-gue, della frazione VLDL (Very Low Density Lipoprotein), men-tre l’aumento del colesterolo è secondario all’innalzamento siadelle VLDL che delle LDL (Low Density Lipoproteins) e alla ri-duzione delle HDL (High Density Lipoprotein). Una dieta controllata, la riduzione o la sospensione dell’assun-zione di alcool, oltre alla riduzione del dosaggio dell’acitretina,

sono efficaci nel controllare i valori lipidici sierici. In caso diipertrigliceridemia elevata è indicata l’assunzione di gemfibro-zil, mentre per l’ipercolesterolemia può essere consigliata lasomministrazione di statine o acidi grassi mono- o poliinsaturi.A differenza del retinolo i retinoidi non si accumulano, ma so-no metabolizzati a livello epatico; per tale motivo reazioni epa-tiche tossiche possono insorgere in pazienti in terapia con aci-tretina. Un transitorio rialzo degli enzimi epatici si osserva incirca il 15% dei pazienti, mentre epatiti acute colestasiche,evolventi in cirrosi o altre reazioni epatiche severe indotte daretinoidi, sono rare e descritte, prevalentemente, in pazienticon ridotta funzionalità renale (6).

4. Effetti muscolo-scheletriciGli effetti dell’acitretina, sul sistema muscolo-scheletrico,non sono ancora ben documentati, anche se numerose ricer-che suggeriscono la comparsa di effetti simili a quelli osser-vati con l’etretinato. Artralgie e mialgie sono descritte nel16% dei pazienti e sono normalmente responsive alla som-ministrazione di analgesici non steroidei; tali sintomi non so-no strettamente associati a un incremento dei livelli sierici dicreatin-fosfokinasi.Un trattamento a lungo termine (2-4 anni) con etretinato èstato associato alla comparsa di calcificazioni tendinee e deilegamenti, mentre l’iperostosi idiopatica diffusa (DISH) è sta-ta descritta come possibile effetto collaterale dei retinoidi, inparticolare dell’isotretinoina, senza una certa e definita corre-lazione con la dose e la durata della terapia.Data la rarità di tali effetti muscolo-scheletrici, l’uso di scree-ning, radiografico ed ecografico, nel follow-up di pazienti intrattamento con acitretina, non è raccomandato a meno cheessi non lamentino dolori muscolari, articolari o ossei o altrisintomi suggestivi per tali complicanze (7). La somministra-zione di acitretina in età pediatrica espone al rischio di chiu-sura epifisaria prematura, iperostosi scheletrica e calcifica-zioni extra-ossee; per tale motivo l’uso del farmaco nei bam-bini è consigliato solo in caso di condizioni cliniche gravi do-po attenta valutazione del rapporto rischio-beneficio. Il do-saggio appropriato dell’acitretina in pazienti <12 anni è di 0,5mg/kg/die, che occasionalmente può essere aumentato finoa 1 mg/kg/die (6).

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5. Effetti sul sistema nervoso centraleGli effetti dei retinoidi sul SNC sono rari e comprendono cefa-lea, disturbi del visus, papilledema o pseudotumor cerebri.I retinoidi non dovrebbero essere assunti in associazione conle tetracicline, specialmente la minociclina, a causa di un pos-sibile incremento del rischio di pseudotumor cerebri seconda-rio all’interferenza con l’adenosina ciclica monofosfato dei vil-li aracnoidei e conseguente riduzione del riassorbimento di li-quido cefalorachidiano (2).

6. Altri effetti collateraliEffetti collaterali meno frequenti, secondari all’assunzione diacitretina, sono rappresentati da emeralopia, nausea e cefa-lea; è stata inoltre riportata un’aumentata incidenza di vulvo-vaginiti da Candida albicans.I retinoidi sono associati a un marcato incremento della sensi-bilità all’insulina, inducendo quindi ipoglicemia in pazienti cheassumono farmaci antidiabetici; tali pazienti dovrebbero quin-di essere adeguatamente informati circa tale rischio ed edu-cati all’autocontrollo della glicemia capillare.L’acitretina non ha mostrato alcun effetto significativo sui pro-cessi di riparazione tessutale e cicatrizzazione se non in isolatistudi in vivo su animale: non è quindi necessario interromperel’assunzione di acitretina in occasione di interventi chirurgici (6).

SovradosaggioI segni e i sintomi da sovradosaggio di acitretina sono sovrap-ponibili a quelli dell’ipervitaminosi A e includono cefalea seve-ra, nausea, vomito, vertigini e letargia (6).

Farmaci che interagiscono con l’acitretinaDiversi farmaci interagiscono con l’acitretina e devono esserequindi somministrati con cautela durante l’assunzione di tale far-maco. Tra gli altri ricordiamo quelli di seguito indicati.• MetotrexatoL’associazione con acitretina può aumentare il rischio di incre-mento degli indici di laboratorio di danno epatico (8).• TetraciclineL’uso di tetracicline è sconsigliato in corso di terapia con acitre-tina e degli altri retinoidi a causa di un elevato rischio di iperten-sione intracranica (7).

• Anticoncezionali oraliL’acitretina riduce l’efficacia contraccettiva delle pillole conte-nenti esclusivamente progestinici, mentre non altera l’azionecontraccettiva delle pillole combinate estro-progestiniche (9). • Antidiabetici oraliL’assunzione di acitretina aumenta il rischio di ipoglicemia.• CorticosteroidiLa concomitante assunzione di acitretina può determinare iper-lipidemia.• Vitamina ALa supplementazione di vitamina A, in corso di assunzione diacitretina, non dovrebbe superare le dosi di 2400-3000 UI/die.

Indicazioni terapeutiche dell’acitretinaL’acitretina è approvata dall’FDA per il trattamento dellapsoriasi in placche severa, della psoriasi eritrodermica edella psoriasi pustolosa, generalizzata o localizzata. Questeultime due forme sono maggiormente responsive al farmacorispetto alla variante in placche.Sebbene sia spesso utilizzata in associazione con altre te-rapie, l’acitretina è risultata essere efficace anche in mo-noterapia, dove dosi elevate (50-75 mg/die) hanno dimo-strato una maggiore efficacia rispetto alle basse dosi (10-25 mg/die). Generalmente l’acitretina è in grado di ridurre ilgrado di infiltrazione e la desquamazione delle placche pso-riasiche e migliorare la sintomatologia pruriginosa, tuttaviaspesso non riduce l’estensione e la componente eritematosadelle lesioni e il miglioramento clinico si riscontra più lenta-mente (da 6 settimane fino a 3 mesi) rispetto ad altri farmacisistemici comunemente usati nel trattamento della psoriasi,quali ciclosporina e metotrexato.La psoriasi pustolosa è particolarmente responsiva all’aci-tretina sia nelle forme generalizzate sia nelle forme palmo-plantari: un’analisi di 385 pazienti, affetti da psoriasi pusto-losa generalizzata, ha mostrato un certo miglioramentonell’84% dei pazienti trattati con acitretina, nel 76% con me-totrexato, nel 71% con ciclosporina e nel 46% con foto-che-mioterapia (PUVA) (10).La dose iniziale di acitretina, consigliata nella terapia dellapsoriasi pustolosa, è di 25 mg/die; tuttavia nelle forme più ag-gressive è consigliato l’utilizzo di dosi maggiori (50-75

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mg/die). Il miglioramento clinico si osserva, generalmente, do-po 10 giorni dall’inizio della terapia e dopo la risoluzione dellapustolazione la dose di farmaco può essere ridotta progressi-vamente fino a 10 mg/die.Per i pazienti affetti da psoriasi eritrodermica, il dosaggio gior-naliero consigliato di acitretina, nelle fasi iniziali di terapia, è di25 mg/die, da aumentare di 10-25 mg/die ogni 2-4 settimanefino a raggiungere la massima dose di 1 mg/kg di peso cor-poreo. Nelle forme più aggressive, al fine di accelerare la ri-sposta clinica, la terapia sequenziale con ciclosporina può es-sere consigliata; in questo caso i pazienti assumono inizial-mente ciclosporina alla dose massima di 5 mg/kg/die in 2somministrazioni alla quale, dopo 3-4 settimane, viene asso-ciata acitretina alla dose di 25 mg/kg/die; una volta ottenuti larisoluzione o il massimo miglioramento clinico della dermato-si, la ciclosporina viene gradualmente interrotta mantenendo ilretinoide al dosaggio minimo efficace (4).

Indicazioni “off-label”L’acitretina è stata utilizzata “off-label” per il trattamento di nu-merose dermatosi caratterizzate da disturbi della cheratinizza-zione, di alcune patologie infiammatorie cutanee e nella chemo-prevenzione dei carcinomi cutanei.• Disturbi della cheratinizzazioneL’acitretina è risultata efficace nel trattamento delle ittiosi con-genite e della malattia di Darier, con un’evidenza nella riduzio-ne della componente desquamativa e del numero delle lesioniin diversi studi (6). Uno studio retrospettivo del 1999, condot-to su 14 pazienti affetti da Pitiriasi rubra pilaris, ha mostratouna risoluzione del quadro clinico cutaneo in 7 pazienti dopoassunzione di acitretina 0,5 mg/kg/die per 18,8 mesi (11). • Patologie infiammatorieAgli inizi degli anni Novanta è stata confrontata l’efficaciadell’acitretina, rispetto all’idrossiclorochina, nel trattamento dellupus eritematoso discoide: dopo 8 settimane di terapia è statoriscontrato un miglioramento clinico nel 46% dei pazienti tratta-ti con retinoide (50 mg/die) e nel 50% dei pazienti trattati con an-timalarici (400 mg/die); tali dati sono stati però ottenuti conside-rando un piccolo campione di pazienti e il gruppo in terapia conacitretina ha mostrato maggiori effetti collaterali (12).Laurberg et al. hanno valutato l’efficacia dell’acitretina nel Li-

chen planus in uno studio multicentrico, in doppio-cieco, con-trollato vs placebo: dopo 8 settimane di terapia con 30 mg/die il64% dei pazienti in terapia con acitretina ha mostrato un miglio-ramento clinico rispetto a quelli trattati con placebo (13%) (13).Solamente casi aneddotici sono stati riportati circa l’efficaciadell’acitretina nel lichen sclero-atrofico (6).• Chemoprevenzione dei tumori cutanei non melanocitariI retinoidi sono stati impiegati, nella prevenzione dei tumori cu-tanei non melanocitari, in pazienti affetti da genodermatosi (xe-roderma pigmentoso, epidermodisplasia verruciforme ecc.) enei pazienti trapiantati e immunodepressi; l’utilizzo dell’acitretinaè risultato efficace anche nella prevenzione di carcinomi spino-cellulari indotti da PUVA-terapia e nel trattamento delle cherato-si arsenicali e della malattia di Bowen.La dose efficace di acitretina, nelle genodermatosi, è risultataessere di 25 mg/die, successivamente aumentata a 35-50mg/die sulla base della risposta clinica (2); nei pazienti tra-piantati la dose consigliata è di 0,18-0,5 mg/kg/die (14). Inquesti pazienti è frequentemente osservabile un effetto re-bound alla sospensione del farmaco, con ritorno al rischio ini-ziale di cancerogenesi: per tale motivo è spesso necessariauna terapia continuativa a lungo termine.

Terapie di associazioneL’associazione di altre forme terapeutiche all’acitretina, in parti-colare della fototerapia UVB e della foto-chemioterapia, ha di-mostrato una maggiore efficacia rispetto all’utilizzo del farmacoin monoterapia. Le terapie di associazione permettono, inoltre,di ridurre le dosi di acitretina utilizzate minimizzandone gli effet-ti collaterali.• Acitretina e calcipotrioloL’associazione di calcipotriolo all’acitretina migliora la rispostaclinica nei pazienti psoriasici.• Acitretina e foto-chemioterapia (PUVA)L’uso dei retinoidi, in combinazione con la foto-chemioterapia(Re-PUVA), aumenta l’efficacia di entrambi i singoli trattamentinella psoriasi con una più rapida ed efficace scomparsa delle le-sioni cutanee a parità di un numero inferiore di sedute e dose cu-mulativa di UVA. La terapia di associazione è altresì utile per ri-durre i rischi carcinogenetici e di foto-invecchiamento correlatiall’esposizione ai raggi ultravioletti.

Acitretina in dermatologia

FARMACI 2013;12(1):3-10 9

L’acitretina viene comunemente associata sia a oral- che bal-neo-PUVA, alla dose di 25 mg/die; la sua somministrazione puòessere iniziata 2 settimane prima o in concomitanza con la foto-terapia (3).• Acitretina e NB-UVB fototerapiaL’associazione di acitretina e fototerapia NB-UVB (ReUVB) èstata valutata in diversi studi randomizzati e controllati, conevidenze di una maggiore efficacia nella cura della psoriasi ri-spetto alla terapia singola. La dose consigliata di acitretina èdi 25 mg/die, da assumere 2 settimane prima dell’inizio dellafototerapia (4).• Acitretina e altri farmaci sistemiciL’uso dell’acitretina, in combinazione con ciclosporina e meto-trexato, è possibile nelle forme di psoriasi meno responsive allasingola terapia con retinoide; tuttavia è consigliato limitare la du-rata di tale associazione a causa del potenziale rischio di epato-tossicità legato all’associazione con metotrexato e all’incremen-to dei livelli sierici dei trigliceridi e colesterolo indotto sia dall’aci-

tretina che dalla ciclosporina.La terapia sequenziale con ciclosporina è già stata menzio-nata in questo articolo: secondo tale schema l’iniziale som-ministrazione di ciclosporina, raggiunta la risposta terapeu-tica, viene ridotta nel giro di 3-4 mesi introducendo l’acitre-tina. Questo schema mira a sfruttare la rapidità d’azionedella ciclosporina e il migliore profilo di sicurezza a lungotermine del retinoide (3).• Farmaci biologiciPochi dati sono disponibili circa l’efficacia e la sicurezza dell’as-sociazione dei farmaci biologici con l’acitretina. Dal momentoche i retinoidi non sono considerati farmaci immunosoppresso-ri, essi possono essere considerati come i candidati ideali peruna terapia combinata con i biologici. In due studi l’associazio-ne con acitretina alla dose di 0,4 mg/kg peso corporeo ha con-sentito di ridurre del 50% la dose di etanercept ed efalizumabcon riduzione del rischio di effetti collaterali da biologici e dei co-sti complessivi del trattamento (15,16).

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P.G. Calzavara Pinton

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Abstract

For many centuries plants have been the main source of crude drugsused to alleviate human sickness. Today, in the era of medicine engi-neering, plants remain any important source new drugs. Their use fortreatment of cancer, infectious CNS related disturbances and other di-sease is certainly exciting.

Riassunto

Per molti secoli le piante sono state la principale fonte di farmaci grezziusati per alleviare le malattie umane. Oggi, nell’era dell’ingegneria me-dica, le piante rimangono un’importante fonte di nuovi farmaci: il lorouso per il trattamento del cancro, di disturbi correlati al SNC e di altrepatologie è certamente emozionante.

Le piante medicinali come fonte di nuovi farmaci

From plants the discovery of new drugs

M. Laudato, L. Pescitelli, R. CapassoDipartimento di Farmacia, Università degli Studi di Napoli Federico II

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BackgroundLa fitoterapia, ossia l’impiego delle piante medicinali per lacura delle malattie, ha origini molto remote ed è, tra le scien-ze mediche e farmaceutiche, la più antica. Non è infatti diffi-cile immaginare come l’uomo primitivo, spinto dal bisogno dialleviare in qualche modo la sofferenza causata dalle malattiee dalle insidie dell’ambiente in cui viveva (belve, insetti, cli-ma), abbia imparato ben presto a conoscere l’azione curativadi alcune piante: una foglia raccolta casualmente per ricopri-re una ferita, esplicando un’azione cicatrizzante, avrà fatto in-tuire, all’ominide, che quella foglia, e non altre, possedevadelle virtù misteriose; così pure la morte di un suo simile, cau-sata dall’ingestione di un seme (o di un frutto), avrà insegna-to allo spettatore di quella fatalità che in quel seme (o frutto)era presente una potenza pericolosa. Il prato e il bosco furo-no quindi le prime farmacie dell’uomo primitivo, che imparò

ben presto a distinguere le piante velenose da quelle curati-ve e queste arcaiche conoscenze terapeutiche furono tra-mandate di padre in figlio. Non è comunque facile precisarequando l’arte del guarire iniziò a svilupparsi e a progredire li-beramente e quando, in tale evoluzione, l’uomo abbia realiz-zato che una stessa pianta, o una sua parte, poteva riuscireora dannosa ora utile in senso terapeutico a seconda delladose o delle condizioni individuali del paziente; sta di fatto,però, che già i Greci del periodo omerico indicavano, con iltermine phàrmakon, sia un veleno sia un medicamento e cheil dio Giano bifronte rappresentasse, in modo figurativo, que-sto dualismo. Con il passare dei secoli si intuì, sempre di più, l’importanzadelle piante medicinali e si svilupparono, con il diffondersi del-le scuole monastiche, gli “orti dei semplici”, orti situati all’in-terno dei monasteri (spesso nei pressi dell'infermeria) e pre-

posti alla coltivazione delle erbe e delle piante medicinali. Pa-racelso (1493-1541), detto il Lutero della medicina, sarà il pri-mo a presagire che i medicamenti vegetali non erano entità te-rapeutiche inscindibili, ma agivano per una “quinta essenza”che poteva essere estratta e usata meglio dei medicamentivegetali stessi. Le intuizioni di Paracelso trovarono una validazione scientificasolo agli inizi del 1800, quando furono scoperti, e isolati, i co-stituenti attivi delle piante medicinali: la morfina nel 1803 permerito di Friedrich Wilhelm Serturner, un giovane farmacista diMonaco, la stricnina (1817); la cinconina, la chinina e la col-chicina (1820) grazie a Pierre Joseph Pelletier e Jean Bienai-me Caventou; la nicotina nel 1829 per opera dei chimici Pos-selt e Reiman; l’atropina fu scoperta nel 1833 da Mein 1833,l’ergotanina nel 1838 da Wiggers; la cocaina nel 1860 da Nei-man, la pilocarpina nel 1875 da Hardy. Nel 1889 accade poi unfatto importante: in un laboratorio chimico venne determinata,da Albert Ladenburg, la struttura chimica della coniina e si ot-tenne, per sintesi, il primo alcaloide. Attraverso l’isolamento e la caratterizzazione di molti principiattivi delle piante medicinali prese origine lo sviluppo dell’indu-stria farmaceutica, che produsse, su scala industriale, diversitipi di medicine che andarono a sostituire le piante medicinali ele droghe vegetali in farmacia. Per questi rimedi iniziò pertantoun periodo di oblio, a cui contribuirono i medici, incapaci di sti-lare una preparazione magistrale, ma anche di verifica e di ap-profondimento del loro potenziale terapeutico: si studiaronol’azione farmacologica, il meccanismo d’azione e la tossicitàdegli estratti vegetali titolati e standardizzati (ossia definiti daun punto di vista chimico) e dei componenti più importanti. Conl’avvento dei farmaci di sintesi e delle specialità medicinali sipensò, inoltre, che qualsiasi malattia potesse essere debellatae che l’uomo avesse facilmente trovato un rimedio per ogni ma-le; in realtà non era tutto “oro colato” e ai benefici furono spes-so associati anche seri danni: è sufficiente ricordare la nascitadi circa 10.000 bambini focomelici da madri che avevano as-sunto un farmaco antidolorifico, la talidomide. Questi eventi generarono, con il passare del tempo, una certadiffidenza verso i farmaci di sintesi e una tendenza a riconsi-derare, da parte dell’industria farmaceutica, l’impiego delledroghe vegetali in diversi settori.

Un primo impiego possibile, anche se molto remunerativo perl’industria farmaceutica, consiste nell’utilizzazione delle dro-ghe vegetali così come sì trovano in natura (dopo mondaturae appropriato essiccamento, oppure snaturate, ossia decorti-cate, raschiate, sbucciate, spezzettate, polverizzate, da sole,in mescolanza con altre droghe oppure sottoforma di estrattigrezzi, purificati o concentrati) per combattere disturbi lievi epasseggeri o per migliorare lo stato di salute. Secondo l’OMS,infatti, circa il 65% della popolazione mondiale ricorre, per cu-rarsi, alle piante medicinali e alle droghe vegetali, ossia alleparti della pianta particolarmente ricche di principi attivi. L’efficacia della droga vegetale viene oggi direttamente cor-relata alle sue diverse componenti: questo pool di sostanze(fitocomplesso), e non solo i principi attivi “tradizionali”, con-ferisce, al rimedio naturale, una particolare fisionomia tera-peutica, difficilmente riproducibile in laboratorio con unasemplice mescolanza delle singole parti; inoltre il fitocom-plesso agisce sinergicamente, e quindi è più efficace, dellasemplice somma degli effetti attribuibili ai singoli componen-ti e garantisce una minore tossicità dei principi attivi isolati(effetto buffering). La droga vegetale rappresenta, di fatto, un complesso siner-gico di sostanze cui competono azioni e applicazioni partico-lari, difficilmente sostituibili e riproducibili. Un settore di utilizzazione molto interessante è invece rappre-sentato dall’estrazione e dall’isolamento di principi attivi daadoperare per la sintesi di molecole analoghe e omologhe: èquesto il caso del nabilone, un cannabinoide di sintesi circa 10volte più potente del suo capostipite (tetraidrocannabinolo)come antiemetico; del cromoglicato, un composto scopertonel corso di studi su analoghi della kellina (un composto natu-rale isolato dai frutti di una pianta egiziana, Ammi visnaga) eutilizzato nel trattamento delle allergie; della diidroergotamina,che deriva dalla trasformazione dell’ergotamina, per eliminarel’effetto ossitocico a vantaggio di quello simpaticolitico (im-piego contro l’emicrania, azione ipotensiva); degli ormoni ses-suali (progesterone) e degli ormoni corticosurrenali (cortisone,idrocortisone) a partire dalla diosgenina. Recente è poi l’interesse per i farmaci ottenuti dal tetraidro-cannabinolo, dalla camptotecina e dall’artemisina (Tab. I). In Cannabis sativa var. indica (Cannabidaceae) sono presenti

M. Laudato, L. Pescitelli, R. Capasso

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cannabinoidi non psicoattivi (Tab. II), che agiscono su alcunitarget farmacologici. Di questi il più interessante è risultato ilCBD (cannabidiolo), che oggi viene utilizzato in terapia in as-sociazione con il THC (tetraidrocannabinolo) (nome commer-ciale Sativex®). Il preparato, sviluppato dalla Ditta GW Phar-maceutical, viene prodotto per il trattamento del dolore neu-ropatico, degli spasmi muscolari e di altri sintomi associati al-la sclerosi multipla; si prepara a partire da materiale di originevegetale, ossia da 2 estratti standardizzati in composizione,

formulazione e dosaggio: l’uno ad alto contenuto di THC e l’al-tro ad alto contenuto di CBD in un rapporto 1:1. Questo preparato è stato formulato per migliorare l’efficaciae la sicurezza del THC, il quale, somministrato come tale,causa effetti psicotropi spiacevoli e tachicardia. Il preparatoè formulato come spray oromucosale da somministrareall’interno della cavità buccale: questa via di somministra-zione facilita da un lato l’assorbimento dei cannabinoidi edall’altro riduce gli effetti psicotropi indesiderati. Il farmaco è

Le piante medicinali come fonte di nuovi farmaci

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Diosgenina Dioscorea spp. Tuberi (4,5%) Progesterone, testosterone,(composita, mexicana, floribunda, nipponica ecc.) cortisone, contraccettivi oraliCactus speciosus Rizomi (2-3%)

Ecogenina Agave sisalana Foglie (circa 2%) Glucocorticoidi, mineralcorticoidiSmilagenina, Smilax spp. Radici (0,5-1,8%) Steroidisarsasapogenina (officinalis, medica, febbrifuga ecc.)

Yucca spp. Fusti, foglie e semi (0,2-1%) SteroidiSolasodina Solanum laciniatum Frutti immaturi (2-3%) SteroidiStigmasterolo, Glycine max Olio dei semi (12-25%) Ormoni sessuali (progesterone),sitosterolo spironolattone

Genina Piante Parte usata (contenuto %) Ormoni

Tabella I. Genine di saponine steroidiche ed emisintesi di ormoni steroidei.

Cannabidiolo (CBD) TRPA1 (agonista, EC50: 96 nM) Antipsicotico, antiepilettico, ansiolitico, TRPV1 (agonista, EC50: 1-3 µM) neuroprotettivo, antinfiammatorio, analgesico, TRPM8 (antagonista, EC50: 80-140 nM) immunosoppressore, antitumorale, antischemico, GPR55 (antagonista, EC50: 445 nM) antiemetico, antibatterico, stimolante osteogenesiAdenosina (inibitore dell’uptake, IC50: 120 nM)

Δ9-tetraidrocannabidivarina (Δ9-THCV) CB1 (antagonista, pA2: 7,44-7,62) Anoressizzante, antiepiletticoCB2 (agonista parziale)

Cannabigerolo (CBG) TRPM8 (antagonista, EC50: 140-160 nM Antibatterico, stimolante osteogenesi, Recettore α2 adrenergico (agonista, EC50: 0,2 nM) antiproliferativo5-HT1A (antagonista, Kb: 59 nM)

Cannabicromene (CBC) TRP1A (agonista, EC50: 60 nM) Antinifiammatorio, analgesico, antibatterico, stimolante osteogenesi, antiproliferativo

Cannabidivarina (CBDV) Non riportati Stimolante osteogenesiAcido Δ9-tetraidrocannabinolico (Δ9-THCA) TRPM8 (antagonista, EC50: 70-140 nM) Antiproliferativo, antispasmodico

TRPA1 (agonista parziale, EC50: 240 nM)Acido cannabidiolico (CBDA) TRPM8 (antagonista, EC50: 0.9-1,9 µM) Antiproliferativo*Sono riportati i principali target farmacologici attivati a concentrazioni submicromolari

Fitocannabinoide Principali target farmacologici* Principali azioni farmacologiche riportate

Tabella II. Principali target ed effetti farmacologici dei fitocannabinoidi.

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Formulazioni per uso orale (Paese produttore)Artemisinina compresse (Vietnam) 250 mgArtesunato compresse (Cina e Vietnam) 50 mgArtesunato compresse (Svizzera) 200 mgArtesunato compresse (Francia) 50 mgArtemetere capsule (Cina) 40 mgArtemetere composto compresse (Cina) 50 mgDiidroartemisinina compresse (Cina) 20, 60, 80 mg

Formulazioni per uso parenterale (paese produttore)Artemetere fiale da 1 ml i.m. (Cina, Francia) 80 mg/1mlArtemetere fiale da 2 ml i.m. (India) 150 mg/2 mlArtesunato fiale da 1 ml i.m. o e.v. (Cina e Vietnam) 60 mg/1 ml

a=fiale per uso pediatrico 40 mg/fiala; b=approvato in campo pediatrico fino all’età di 16 anni; c=associazione di artemetere più lumefantrina (Riamet®). i.m.= intramuscolo; e.v.= endovena

Formulazioni per uso rettale (Paese produttore)Artemisinina (Vietnam) 100-500 mgArtesunato (Cina) 100 mgArtesunato (Svizzera) 200 mgDiidroartemisinina (Cina) 80 mg

Nuove formulazioni Arteetere fiale i.m.b (Olanda) 50 e 150 mg/fialaCo-artemeterec compresse (Svizzera)Diidroartemisinina compresse (Olanda)Artelinato fiale e.v. (USA)

Tabella III. Formulazioni di artemisinina e derivati disponibili (approvate dall’OMS).

Artemotil® Artemisina Artemisia annua Antimalarico (Brocacef)Calanolide A Cumarine Calophyllum lanigerum Anti-HIV

var. anstracoriaceum (Sarwak Medichem Pharmaceutical)Campto® Camptotecina Camptotheca acuminata Antitumorale (Pfizer)Topotecan Camptotecina Camptotheca acuminata Antitumorale (Actavis)Crofelemer Proantocianidina Croton lecheri Antidiarroico (diarrea da AIDS) (Trine Pharmaceuticals) Celgosivir Castanospermina Castanospermum australe Epatite C cronica (MIGENIX)Detox Umbelliferone Diverse piante Epatite C (Regiflor Natura)Silimarina Miscela di più flavonoidi Silybum marianum EpatoprotettoreBevirimat Acido betulinico Syzygium claviflorum Antivirale (Panacos Pharmaceutical)Ceflatonin® Omoarringtone Cephalotaxus harringtonia Inibizione sintesi proteica (ChemGenex)Avinzaa Morfina Papaver somniferum Dolore post-operatorio (Elan)Flavocoxid Estratto Scutellaria baicalensis e Osteoartrite (Primus Pharmaceutical)

Acacia catechuGrazax Estratto Phleum pratense Rinocongiuntivite (ALK-Abello)Reminyl® Galantemina Lycoris squamigera Demenza-Alzheimer (Janssen Pharmaceutical)Orfadin® Leptospermone Callistemon citrinus Antitirosinemia (Orphan Pharmaceutical)Sativex® THC, CBD Cannabis sativa Sclerosi multipla (GW Pharmaceuticals)Exalonb Fisostigmina Physostigma venenosum Demenza-Parkinson (Novartis)a=nuova formulazione di un farmaco esistente; b=nuova indicazione di un farmaco esistente

Farmaco o Precursore Fonte Effetto/Uso (Compagnie farmaceutiche)potenziale farmaco

Tabella IV. Esempi di prodotti studiati in clinica in questi ultimi anni.

commercializzato in alcuni Paesi europei, tra cui Inghilterra eGermania. In Italia si attende, per la distribuzione del farma-co, il parere dell’AIFA.Un altro esempio ci viene offerto dalla pianta Camptothecaacuminata (Cornaceae), nella quale è presente la camptoteci-na, un alcaloide a struttura pentaciclica. La camptotecina hauna notevole azione citotossica e antitumorale nei confronti didiversi tumori solidi. Il suo uso clinico è però impedito dalla li-mitata biodisponibilità e dall’elevata tossicità (mielosoppres-sione, diarrea, cistite emorragica). Oggi si utilizza un derivatosemisintetico della camptotecina, più biodisponibile e menotossico, l’irinotecano (Campto®); questo farmaco viene utiliz-zato per il trattamento del carcinoma del colon-retto, da solo,nelle forme refrattarie al 5-fluorouracile e al cetuximab, o inassociazione con altri antitumorali etici; è un inibitore specifi-co della DNA-topoisomerasi I e inibisce inoltre l’acetilcoline-sterasi. Il preparato è formulato in soluzione concentrata con-tenente 17,33 mg/ml di irinotecano. L’artemisina è un'altra sostanza naturale che merita partico-lare attenzione perché ha generato nuovi farmaci antimalari-ci; isolata per la prima volta, nel 1971, da Artemisia annua, èstata utilizzata per il trattamento delle infezioni da Plasmo-dium falciparum: agisce inibendo il calcio del reticolo sarco-plasmatico che trasporta l’ATPasi (SERCAs), in modo speci-

fico il SERCA del parassita malarico (pfATP6) e, in aggiunta, iradicali liberi. Partendo dall’artemisina si è ottenuto l’arteete-re, un composto ad azione più rapida perché più biodisponi-bile: esso è, in generale, somministrato 1-2 volte al giorno per5-7 giorni; è stato inoltre osservato che l’uso di un’associa-zione con un antimalarico classico (meflochina, tetraciclina odoxiciclina) consente di ridurre la durata del trattamento (2-3giorni vs 5-7 giorni) e di migliorare la compliance del pazien-te. Nella tabella III sono riportati altri omologhi e analoghidell’artemisina. Questi esempi, e altri riportati nella tabella IV,rappresentano delle tappe significative nell’acquisizione dinuovi farmaci. Per molti secoli le piante sono state la principale sorgente difarmaci “grezzi”, usati per curare o alleviare le malattie uma-ne. Oggi, nell’era dell’ingegneria medica, svolgono ugualmen-te un importante ruolo nella scoperta di nuovi farmaci grazieall’ampia diversità strutturale dei prodotti presenti in natura;ovviamente le tecniche raffinate per la separazione e la defini-zione delle molecole naturali e poi lo screening e la sintesicombinatoria, aiutano a sviluppare farmaci innovativi. Per tut-ti quelli che, nonostante queste evidenze, sono ancoradell’idea che le piante medicinali sono obsolete e da ignorareSantayana, nel 1992, scriveva “those who cannot rememberthe past are condemned to repeat it”.

Le piante medicinali come fonte di nuovi farmaci

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Abstract

This article explains the importance of using food supplements withantioxidant activity in the treatment of precancerous lesions of the oralcavity and of the squamous cell carcinoma. Malignant tumors of theoral cavity (85% squamous cell carcinomas) have recently increasedworldwide (30,000 in the U.S., 25,000 in Europe, 2,000 in the UK and6,000 in Italy) with an overall incidence and mortality rates in constantgrowth. Several epidemiological studies point out the preventive effectof diets based on fruit and vegetables, especially in populations expo-sed to smoking and alcohol; as for leucoplasia (hyperkeratosis) an-tioxidants used as food supplementation combined with the elimina-tion of discretionary risk factors and /or the treatment of local causes(mucosal microtrauma induced by incongruous dentures and /or da-maged teeth) have been proved effective as well as an accurate andcontinuous follow-up of the patient.

Riassunto

In questo articolo viene illustrata l’importanza dell’uso degli integrato-ri alimentari ad attività antiossidante nel trattamento delle lesioni pre-cancerose del cavo orale e del carcinoma squamocellulare. I tumorimaligni del cavo orale (85% carcinomi squamocellulari) sono recente-mente aumentati a livello mondiale (30.000 negli USA, 25.000 in Eu-ropa, 2.000 nel Regno Unito e 6.000 in Italia) con un’incidenza com-plessiva e un tasso di mortalità in costante crescita. Molti sudi epide-miologici indicano l’effetto preventivo delle diete a base di frutta e ver-dura, soprattutto nelle popolazioni esposte al fumo e all’alcool; per leleucoplasie (ipercheratosi) sono efficaci gli antiossidanti come supple-mentazione alimentare unitamente all’eliminazione dei fattori di rischiovoluttuari e/o al trattamento della cause locali (microtraumatismi dellamucosa indotti da protesi dentarie incongrue e/o da denti danneggia-ti) e a un attento e costante follow-up del paziente.

Il ruolo dei radicali liberi e degli enzimi antiossidanti nellapatogenesi e nella prevenzione delle lesioni precancerosee del carcinoma squamocellulare del cavo orale

The role of free radicals and antioxidant enzymes in thepathogenesis and prevention of precancerous lesions andsquamous cell carcinoma of the oral cavity

E. RögglaMedico Chirurgo, Specialista in Odontoiatria e Protesi Dentale, Libero Professionista

Introduzione

I tumori maligni del cavo orale sono perlopiù rappresentati dalcarcinoma squamocellulare (85%); annualmente i nuovi casi dicancro del cavo orale sono circa 30.000 negli USA, 25.000 in Eu-ropa, 2.000 nel Regno Unito e 6.000 in Italia. Nel nostro paese questa patologia rappresenta il 7% dei tumorinell’uomo e l’1% nella donna e la sua incidenza complessiva èin aumento, così come il tasso di mortalità, stimato attualmentein oltre il 70% a 5 anni di distanza dalla diagnosi. Le sedi inte-

ressate dall’insorgenza del cancro del cavo orale sono:• il pavimento orale anteriore e laterale;• il labbro inferiore e superiore (prolabio e mucosa vestibolare);• la gengiva inferiore e superiore (bordi alveolari);• la mucosa geniena, compresa quella di rivestimento del trigo-no retromolare;

• la lingua mobile (2/3 anteriori, sia sui margini laterali sia suldorso);

• la mucosa di rivestimento del palato duro e molle, dell’ugola inparticolare.

Il ruolo dei radicali liberi e degli enzimi antiossidanti nella patogenesi e nella prevenzione delle lesioni precancerose e del carcinoma squamocellulare del cavo orale

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La frequenza di localizzazione dei carcinomi, nelle diverse sot-tosedi, varia notevolmente in funzione delle diverse aree geo-grafiche analizzate, soprattutto in relazione a determinate abi-tudini voluttuarie: in India, dove la loro incidenza è molto ele-vata per l’abitudine a masticare tabacco e betel in varie forme,si localizzano più frequentemente nella mucosa geniena, nellegengive e nei fornici; in Europa, e specificatamente in Italia, lesottosedi più colpite, dopo il labbro inferiore, sono invece lalingua (30%) e il pavimento orale (16%) (nel 75% dei casi, in-fatti, il tumore del cavo orale è legato a un abuso di alcol e fu-mo e la loro combinazione, in particolare, aumenta la probabi-lità di sviluppare la malattia di ben 15 volte). I microtraumi con-tinui, causati da protesi dentarie incongrue, da elementi den-tari scheggiati o fratturati, sono inoltre spesso associati all’in-sorgenza di questo tumore; vengono poi considerate, comeulteriori fattori di rischio, la presenza di alcune infezioni, spe-cie quelle causate dal Human Papilloma Virus (HPV), che col-pisce prevalentemente i giovani, e l’eccessiva esposizione airaggi solari, responsabili, in particolare, della comparsa di car-cinomi alle labbra; poiché la mucosa orale perde poi col tem-po alcune proprietà difensive nei confronti di alcuni stimoliesterni nocivi (come l’eccessiva esposizione solare), l’età è, atutti gli effetti, un fattore di rischio, specie per chi ha già su-perato i 40 anni. Infine, come per altre sedi di insorgenza delcarcinoma squamocellulare (laringe, bronchi), anche la pato-logia neoplastica del cavo orale è stata analizzata sotto il pro-filo dell’interazione tra fattori ambientali, abitudini voluttuarie efattori genetici (1): in particolare i polimorfismi relativi alla sin-tesi dei citocromi P450, CYP2D6, CYP1A1, CYP2E1 e delleglutatione S-transferasi, GSTM1, GSTM3, GSTT1, per quantopotenzialmente implicati nei processi di detossificazione delleN-nitrosoamine (abuso di alcool) e del benzopirene (tabagi-smo) quali agenti oncogentici, non risultano associati al can-cro del cavo orale in modo inequivocabile (2,3). All’opposto è stato rilevato che le alterazioni dell’antigene tu-morale cellulare (p53), un fattore di trascrizione che regola ilciclo cellulare e ricopre la funzione di soppressore tumorale(attraverso la riparazione del DNA danneggiato, l’induzionedell’apoptosi qualora il DNA sia irreparabile con l’inibizionedell’angiogenesi nel tessuto tumorale), nonché un’eccessivaespressione dell’MDM2 (la ligasi che inibisce la p53 e la dele-

zione del CDKN2A-un gene oncosoppressore) sono spessoassociate al carcinoma del cavo orale (Fig. 1) (4,5); allo stessomodo le alterazioni a carico di altri due geni oncosoppressoridi recente identificazione, l’RB (Retinoblastoma SusceptibilityGene) e il DCC (Deleted in Colon-rectal Cancer) sono state as-sociate alla presenza del carcinoma del cavo orale. L’apporto di alcuni micronutrienti e/o le diete comunque ric-che di frutta e verdure (6) sono stati invece associati a un’inci-denza minore del cancro del cavo orale e molti studi hannoper questo investigato il ruolo di alcuni antiossidanti nella pre-venzione e nel trattamento delle lesioni precancerose e della

Figura 1. Raffigurazione della struttura cristallina del complesso conte-nente il nucleo della p53 umana e il sito di legame del DNA, basata sullecoordinate anatomiche di PPB 1 TUP, rese con lo strumento di visualizza-zione molecolare PyMol “fonte aperta” (da: Cho Y 1994; mod.).

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loro evoluzione in carcinoma squamocellulare; d’altra parte ènoto da tempo l’uso del tabacco come elemento oncogeneti-co attraverso l’aumento dei radicali liberi e delle specie reatti-ve dell’ossigeno (ROS-Reactive Oxygen Species) (7,8). In particolare l’anione superossido (O2-), i radicali idrossilici(OH) e l’ossido nitrico (NO) danneggiano, se in eccesso, ilDNA, producendo mutazioni negli oncogeni e nei geni onco-soppressori implicati nella carcinogenesi del cavo orale (9,10);questa revisione della letteratura scientifica si propone quindidi analizzare le teorie eziopatogenetiche delle lesioni precan-cerose del cavo orale e del carcinoma squamocellulare di taledistretto alla luce del potenziale impiego dei micronutrienticon attività antiossidante.

Gli antiossidanti e le lesioni precancerose delcavo orale

La leucoplachia (ipercheratosi o acantosi) è da considerarsiuna lesione precancerosa rispetto all’insorgenza del carcino-ma a cellule squamose del cavo orale, la cui incidenza è sti-mata di 300.000 nuovi casi all’anno nel mondo (11).In una percentuale variabile di casi (fino al 15%) la lesione leu-coplasica può contenere uno o molteplici foci di displasia, cheè ritenuta il vero precursore della trasformazione in carcinomasquamocellulare (12); tuttavia almeno due considerazioni prin-cipali emergono in merito all’importanza della displasia epite-liale nel predire lo sviluppo di una lesione maligna:1) non tutte le lesioni leucoplasiche con focolai displasici di-

ventano lesioni maligne e alcune possono anche regredire(in genere con la sospensione del tabagismo e del consu-mo di alcool);

2) alcune leucoplachie sono in grado di sviluppare il carcino-ma a cellule squamose, laddove i prelievi bioptici non han-no rilevato la presenza di displasia.

Dall’insieme delle due argomentazioni sono nati diversi studi(finalizzati a esplorare il ruolo dei fattori genetici e ambientaliidonei a favorire il meccanismo della trasformazione maligna),che sottolineano la rilevanza della perdita dell’eterozigosi nel-le lesioni precancerose e nella progressione della carcinoge-nesi: uno studio condotto nella Columbia britannica ha infatti

confrontato i dati ricavati da un unico database relativo a 116pazienti con lesioni precancerose del cavo orale e suddivisi in2 gruppi in funzione del fatto che le leucoplachie si fosserosuccessivamente evolute in carcinomi o meno (13). La perdita di eterozigosi, la cui identificazione è stata estesa a19 loci (microsatelliti su 7 braccia, cromosomi 3p, 4q, 8p, 9p,11q, 13q e 17p), ha dimostrato percentuali drammaticamentediverse, nei 2 sottogruppi, di più perdite alleliche e un passofondamentale, per la progressione, sembra coinvolgere la per-dita di eterozigosi in 3p e 9p, anche se tale perdita non indicain modo esclusivo la carcinogenesi. I risultati di un altro studio, condotto presso l’Anderson Can-cer Center di Huston, Texas (USA), hanno fornito indicazioni-simili (14): nel caso specifico 84 biopsie di leucoplachia delcavo orale, in 37 pazienti selezionati da uno studio di preven-zione neoplastica, sono state analizzate tramite 2 marcatorimicrosatelliti situati nei cromosomi 9p21 e 3p14; la perdita dieterozigosi, in uno o in entrambi i loci, è stata identificata in 19dei 37 soggetti (51%); 7 di loro (37%) hanno sviluppato uncarcinoma squamoso della testa e del collo, mentre solo 1 su18 (6%), di quelli senza perdita di eterozigosi, è andato incon-tro a evoluzione maligna. Le alterazioni genetiche delle lesioni precancerose possonofungere da indicatori nella valutazione del rischio di cancroma, allo stesso tempo, lasciano ancora aperto il problemadell’interazione tra fattori genetici e ambientali, pochè non ènoto con chiarezza il loro ruolo patogenetico; l’attenzionedei ricercatori si è concentrata quindi sul ruolo dei ROS che,se prodotti in eccesso, possono partecipare alla carcinoge-nesi in relazione ai processi di ossidazione del DNA, soprat-tutto a carico della guanina. Da uno studio condotto inGiappone, sulla specificità dello stress ossidativo su fram-menti di DNA ottenuti dai geni umani c-Ha-ras e p53-1, èstato infatti rilevato che tanto le radiazioni UVA, soprattuttose utilizzate insieme alla somministrazione di sostanze foto-sensibilizzanti, che alcuni ROS causano danni ossidativi si-to-specifici nel legame guanina-guanina (15). Un ruolo im-portante del danno ossidativo sul DNA delle lesioni leuco-plasiche in senso neoplastico, è stato attribuito ancheall’NO: in effetti diversi studi hanno documentato che i mec-canismi infiammatori possono indurre la trasformazione del-

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la leucoplachia in cancro del cavo orale, tramite un’iperatti-vazione dell’NO-sintetasi (iNOS) e che le specie reattivedell’azoto, dette RNS, sono direttamente coinvolte nelle le-sioni ossidative del DNA umano (16): in particolare si è os-servato che i processi flogistici attivano una varietà di cellu-le infiammatorie che sono responsabili della produzione dienzimi come NADPH (Nicotinammide Adenina DinucleotideFosfato), NOS e perossidasi. Questi enzimi producono con-centrazioni elevate di diversi radicali liberi e ossidanti, tracui O2-, NO, biossido di azoto e perossido di idrogeno, alta-mente reagenti, in senso ossidativo, con numerosi altri sub-strati e molecole; tali specie possono di fatto danneggiare ilDNA, l’RNA, i lipidi e le proteine e portare a un aumento de-gli eventi mutageni (ad esempio attivazione dei prodotti on-cogenetici e/o inibizione delle proteine con funzione onco-soppressiva) e contribuire così, in modo determinante, alprocesso multistadio della carcinogenesi (17); diversi studihanno quindi riportato l’effetto positivo del beta-carotene,come mononutriente e in associazione con altri antiossidan-ti, nel trattamento delle leucoplachie. Il primo integratore alimentare, sottoposto ad analisi siasull’animale che nell’uomo in qualità di antiossidante efficacenel trattamento della leucoplachia, è stato il beta-carotene, uncarotenoide presente sia nelle verdure (sia gialle che verdi –spinaci, carote), sia nei succhi d’arancia, nelle albicocche,nella papaia e nel mango; una volta ingerito viene assimilatodal sistema linfatico intestinale e trasferito al fegato, dove vie-ne in parte immagazzinato, in parte convertito in retinolo e inparte incorporato nelle lipoproteine a bassa densità. Il tasso plasmatico del retinolo è direttamente proporzionale al-la sua assunzione alimentare e inversamente proporzionale alfumo di sigarette e all’assunzione di bevande alcoliche (18). Trale diverse funzioni dei carotenoidi nel plasma l’aumento deilinfociti circolanti (in particolare dei linfociti T-killer ed helper el’aumento del fattore di necrosi tumorale) sembrano assumereun significato rilevante anche nell’ambito del trattamento dellelesioni precancerose del cavo orale, anche se le evidenze spe-rimentali sull’impiego del solo beta-carotene in studi controlla-ti verso placebo, non sono ancora disponibili (19) e le ulteriorievidenze sperimentali sull’impiego combinato di beta-carote-ne e vitamina A, pur suggestivi di un possibile effetto terapeu-

tico, hanno adottato metodi di monitoraggio delle lesioni (co-me ad esempio la citologia esfoliativa), che non trovano unconsenso generalizzato (20); similmente poche evidenze spe-rimentali depongono per un trattamento realmente efficacedel Lichen planus con la vitamina A (21) e dell’eritroplasia conuna miscellanea di micronutrienti (vitamina A, riboflavina, zin-co e selenio) (22).

Gli antiossidanti e il cancro del cavo orale

Già nel 1984 un studio caso-controllo, condotto in North Caro-lina (USA), aveva coinvolto 227 donne affette da cancro dellacavità orale e/o del faringe e 405 controlli non affetti sovrap-ponibili per età, sesso e altri fattori socio-economici: da talestudio è emerso come una dieta con un cospicuo consumo difrutta e verdura fosse associata a un rischio statisticamentepiù basso di insorgenza della malattia; tale differenza statisti-ca rimaneva comunque significativa dopo che si era procedu-to a correggere in dati le possibili variabili confondenti (le ca-ratteristiche demografiche, l’uso di tabacco e alcool, il peso re-lativo e l’assunzione di altri gruppi di alimenti) e i rischi eranopiù bassi, con una maggiore assunzione di pane e cereali. Le associazioni inverse tra tumore del cavo orale e della farin-ge e l’assunzione di frutta e verdura e l’assunzione di pane ecereali non correlavano lo stesso rischio alla nutrizione in ge-nerale, poiché il consumo di carne, pesce, uova e latticini eracomunque legato a un aumento del rischio di tumore del cavoorale e della faringe. In conclusione possiamo affermare che la riduzione del ri-schio attraverso un maggiore consumo di frutta e verdura ècoerente con l’ipotesi che la vitamina C e/o il β-carotene so-no associati a un minor pericolo di sviluppare un cancro ora-le e della faringe (23). In un altro studio caso-controllo, condotto a New York (USA),290 pazienti affetti da cancro del cavo orale e 133 casi di can-cro esofageo sono stati sottoposti a un’attenta valutazioneanamnestica mirata all’abitudine al fumo, al consumo di alcol edi abitudini alimentari, tra cui l’assunzione di integratori ali-mentari contenenti vitamine. Nei casi di cancro orale la vitami-na A sembrava esercitare un effetto protettivo, mentre sia la

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stessa che la vitamina C non mostravano effetti protettivi sulcancro esofageo; la riduzione del rischio di cancro orale è sta-ta inoltre correlata all’uso di multivitaminici e di diete partico-larmente ricche di frutta e verdura (24). Questi studi di natura epidemiologica sono caratterizzati ne-gativamente da alcuni fattori di incertezza, tra cui la difficoltàdi quantificare esattamente le dosi dei micronutrienti (assun-ti sia nella dieta che nella supplementazione) e di non quan-tificare (con la stessa precisione desiderata per i fattori po-tenzialmente protettivi), i fattori di rischio come il fumo, il ti-po di tabacco, l’assunzione di alcool e/o di altre abitudini vo-luttuarie come il masticare foglie di betel. La stessa incertez-za, sull’impiego dei micronutrienti nella prevenzione del can-cro del cavo orale, è presente in letteratura riguardo alle ba-si molecolari e ai meccanismi biologici con cui agirebbero ifattori di rischio; nelle ultime due decadi, infatti, numerosistudi hanno messo in relazione il ruolo dell’NO rispetto alcancro del cavo orale. L’NO è una molecola con un elettrone spaiato, altamente reat-tiva, presente sia negli spazi intracellulari che extracellulari, adesempio nella saliva; viene prodotto nell’organismo umanodall’ossido nitrico-sintetasi (NOS) a partire dalla L-arginina co-me substrato ed è coinvolto in diversi processi fisiologici, cheincludono la vasodilatazione, la respirazione, la migrazione del-le cellule, la risposta immunitaria e l’apoptosi; una sintesi ec-cessiva di NO è considerata un fattore determinante nei con-fronti di diverse patologie, incluso il carcinoma. L’alta inciden-za del cancro orale e delle lesioni precancerose nei fumatori èconsiderata “mediata” dall’eccesso di tale gas nelle vie aereo-digestive; inoltre l’NO sembra essere responsabile non solodella crescita, ma anche della metastatizzazione di diversi tu-mori solidi (25,26) esercitando quindi un ruolo determinante sianella carcinogenesi che nella sua progressione (tuttavia l’insor-genza del tumore in oggetto sembra dipendere molto dalleconcentrazioni del gas, poichè altri studi hanno dimostrato cheesso possiede anche capacità terapeutiche e attività antitumo-rali): ad esempio uno studio realizzato in Cina ha preso in con-siderazione l’effetto in vitro dell’NO esogeno, rilasciato da nitro-prussiato di sodio, su culture di cellule carcinomatose preleva-te da pazienti affetti da carcinoma squamocellulare del cavoorale e della lingua (linea cellulare TSCCa) per 48 ore (27); suc-

cessivamente sono stati analizzati i livelli dei nitriti/nitrati nel su-pernatante della coltura come espressione indiretta dell’attivitàdell’NO.Le modifiche morfologiche e ultrastrutturali sono state valu-tate in microscopia elettronica e il DNA è stato raccolto dal-le cellule TSCCa, sia trattate che non trattate, e valutato me-diante elettroforesi su gel di agarosio: i risultati indicano chel’NO determina una citotossicità dose-dipendente contro lecellule TSCCa e che l’apotosi si verifica per un’incompletez-za della membrana nucleare (lisi), la scomparsa/rarefazionedel nucleo, e per la “marginalizzaione” e/o omogeneizzazio-ne della cromatina. In un ulteriore studio la sintetasi dell’ossido di zinco, ovve-ro dell’enzima che catalizza la formazione di quest’ultimodai substrati, sembra ottenere un drammatica riduzionedella crescita delle cellule neoplastiche (linea cellulare B88tprelevate da carcinoma squamo-cellulare della lingua noninfiltrante il piano muscolare e da metastasi latero-cervica-li) sia in vivo che in vitro (28); pertanto il rapporto tra NO ecancro del cavo orale non è ancora stato chiarito comple-tamente, né è ipotizzabile, anche alla luce di alcune speri-mentazioni di fase II, identificare attualmente un suo ruoloterapeutico (29). Molto più interessante è uno studio del 2012 in cui il tratta-mento con glucosamina-idrocloridrato (GHCL) ha fortemen-te inibito la proliferazione e indotto l’apoptosi nella linea cel-lulare YD-8 del carcinoma squamo-cellulare umano, comedeterminato dall’analisi di frammentazione del DNA (30); iltrattamento con GHCL ha, inoltre, comportato l’attivazionedella caspasi. Ulteriori analisi di colture cellulari hanno rivelato che la GHCL agisce con effetto soppressivo sulla crescita non solosulle cellule YD-8, ma anche sulle cellule YD-10B e YD-38 delcarcinoma umano; i risultati hanno complessivamente indi-cato che la GHCL ha un effetto anti-proliferativo e pro-apop-totico e che i suoi effetti sembrano essere mediati dall’attiva-zione mitocondriale delle caspasi. Si deve infine ricordare che la glucosamina è un amino-mo-nosaccaride già ampiamente utilizzato nel trattamentodell’osteoartrite dell’uomo (31) e disponibile in commercio indiverse formulazioni.

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Conclusioni

L’uso degli integratori alimentari ad attività antiossidante haprocurato diverse aspettative rispetto al trattamento sia dellelesioni precancerose del cavo orale che del carcinoma squa-mo-cellulare dell’essere umano, ma la prevedibilità del suc-cesso nel secondo caso rimane a tutt’oggi molto incerta sia amedio che a lungo termine. All’opposto la molteplicità deglistudi di tipo epidemiologico suggerisce, con maggiore deci-sione, un effetto preventivo delle diete ricche di frutta e ver-dura rispetto all’incidenza del cancro del cavo orale, soprat-tutto nelle popolazioni dove maggiore è l’esposizione ai duefattori di rischio principali, il fumo e l’assunzione di alcool.Prima di utilizzare qualsiasi antiossidante è fondamentaleeffettuare una diagnosi istopatologica della lesione: se sitratta di una lesione da leucoplasia (ipercheratosi) può es-sere opportuno scegliere un antiossidante come supple-mentazione alimentare che, pur richiedendo un certo perio-

do di tempo per il miglioramento clinico, è di documentataefficacia. In ogni caso la supplementazione antiossidante non può pre-scindere dall’eliminazione dei fattori di rischio voluttuari e/odal trattamento della cause locali quali i microtraumatismidella mucosa indotti da protesi dentarie incongrue e/o dadenti danneggiati; poiché il grado di displasia epiteliale, pre-sente in alta percentuale nelle lesioni leucoplasiche, non èsempre di facile identificazione, è necessario un attento fol-low-up del paziente durante il trattamento antiossidante ne-cessariamente prolungato. Si sconsiglia, infine, l’uso di sup-plementi antiossidanti nel trattamento di un carcinoma poi-chè non è ancora disponibile una letteratura scientifica ingrado di documentarne con certezza l’efficacia. L’impiegopiù recente di molecole, non dotate di attività antiossidanti,quali la glucosamina-dicloridrato e l’utilizzo di miscele di an-tiossidanti comprendenti l’acido lipoico (31) apre comunquenuove prospettive.

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Comitato Scientifico Editoriale:

ALLEGRA C.ALTAMURA C.AMBROSIONI E.BASSETTI M.BELLIA V.BIANCHI PORRO G.CACCIAPUOTI F.

CAMANNI F.CARRATÙ L.CHIESARA E.CONCIA E.CRINÒ L.DAL PALÙ C.DE GRANDIS D.

DI BIAGIO A.ESPOSITO S.FERRARA P.FRASCHINI F.LUISETTI M.MALERBA M.MANCINI M.

OLIVIERI D.PUDDU P.SIRTORI C.STERNIERI E.TODESCO S.VISCOLI C.

AGGIORNAMENTO CONTINUO PER LA PRATICA CLINICA

Direttore Responsabile: Antonio Guastella

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