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U.O.C. di Ostetricia e Ginecologia P.O.C. Osp. Belcolle - Viterbo PROTOCOLLI OSTETRICI Assistenza al travaglio e parto fisiologico La sorveglianza del travaglio e parto fisiologico viene effettuata dall’Ostetrica. Il Medico interverrà, se interpellato, per un dubbio diagnostico o per l’insorgenza di una patologia. Il Medico di turno ha l’obbligo di sorvegliare l’andamento del travaglio, la corretta compilazione del partogramma, e l’andamento della registrazione del benessere fetale mediante la cardiotocografia attenendosi diligentemente ai protocolli della U.O. L’Ostetrica informerà esaurientemente la gestante prima di eseguire qualsiasi procedura, spiegherà la finalità e la modalità della stessa ed il suo esito. E’ importante garantire alla gestante condizioni di massima riservatezza e tranquillità, limitando il numero degli operatori sanitari presenti a quelli strettamente necessari. La gestante potrà farsi assistere durante il travaglio e il parto da una persona da lei scelta. Il partogramma Il partogramma consentirà di valutare il normale andamento del travaglio. Il suo uso facilita la trasmissione delle informazioni rendendo più omogeneo il linguaggio. Può essere utilizzato per il controllo di qualità dell’assistenza al parto. Criteri di arruolamento 1. Epoca di gestazione >37 settimane e < 42 settimane 2. Feto singolo con peso previsto > 2500 gr. e < 4000 gr. in presentazione cefalica 3. Assenza di patologia fetale nota (accrescimento ridotto, malformazioni ecc.) 4. Travaglio insorto spontaneamente 5. Liquido amniotico chiaro alla rottura delle membrane amniotiche 6. PROM < 12 ore 7. Placenta normalmente inserta 8. Assenza di patologia materna che rappresenti una controindicazione al travaglio e al parto (anamnesi positiva per distacco di retina, infezione da HIV in fase attiva). 9. Assenza di patologia materna che richieda una sorveglianza intensiva del travaglio (cardiopatia, preeclampsia, pregresse isterotomie, sospetto clinico di infezione amniotica).

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U.O.C. di Ostetricia e Ginecologia P.O.C.

Osp. Belcolle - Viterbo

PROTOCOLLI OSTETRICI

Assistenza al travaglio e parto fisiologico

La sorveglianza del travaglio e parto fisiologico viene effettuata dall’Ostetrica. Il Medico interverrà, se interpellato, per un dubbio diagnostico o per l’insorgenza di una patologia. Il Medico di turno ha l’obbligo di sorvegliare l’andamento del travaglio, la corretta compilazione del partogramma, e l’andamento della registrazione del benessere fetale mediante la cardiotocografia attenendosi diligentemente ai protocolli della U.O. L’Ostetrica informerà esaurientemente la gestante prima di eseguire qualsiasi procedura, spiegherà la finalità e la modalità della stessa ed il suo esito. E’ importante garantire alla gestante condizioni di massima riservatezza e tranquillità, limitando il numero degli operatori sanitari presenti a quelli strettamente necessari. La gestante potrà farsi assistere durante il travaglio e il parto da una persona da lei scelta. Il partogramma Il partogramma consentirà di valutare il normale andamento del travaglio. Il suo uso facilita la trasmissione delle informazioni rendendo più omogeneo il linguaggio. Può essere utilizzato per il controllo di qualità dell’assistenza al parto. Criteri di arruolamento 1. Epoca di gestazione >37 settimane e < 42 settimane 2. Feto singolo con peso previsto > 2500 gr. e < 4000 gr. in presentazione cefalica 3. Assenza di patologia fetale nota (accrescimento ridotto, malformazioni ecc.) 4. Travaglio insorto spontaneamente 5. Liquido amniotico chiaro alla rottura delle membrane amniotiche 6. PROM < 12 ore 7. Placenta normalmente inserta 8. Assenza di patologia materna che rappresenti una controindicazione al travaglio e

al parto (anamnesi positiva per distacco di retina, infezione da HIV in fase attiva). 9. Assenza di patologia materna che richieda una sorveglianza intensiva del travaglio

(cardiopatia, preeclampsia, pregresse isterotomie, sospetto clinico di infezione amniotica).

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Procedure di accettazione

1. L’esame obiettivo ostetrico viene effettuata dal Medico di guardia possibilmente

con la presenza di una Ostetrica di turno. 2. La raccolta dell’anamnesi prevede un’accurata valutazione del decorso

dell’attuale gravidanza, della storia ostetrica pregressa, di eventuali patologie materne concomitanti.

3. La visita di accettazione comprende, inoltre, le manovre di Leopold, la misurazione della pressione arteriosa, la rilevazione della frequenza cardiaca fetale.

4. Nel caso di PROM, se si prevede che il parto non si verifichi entro le 12 ore, è necessario eseguire un esame colturale vaginale.

Diagnosi di travaglio in fase attiva Si pone diagnosi di travaglio in presenza delle seguenti condizioni: 1. Contrazioni uterine regolari riferite dolorose dalla donna di durata superiore a

35” e ad intervalli inferiori a 10 minuti. 2. Cervice uterina appianata 3. Dilatazione cervicale di 2-3 cm. 4. L’inizio della compilazione del partogramma coincide con la diagnosi di

travaglio. Eventuali remissioni del travaglio verranno segnalate sul partogramma.

Assistenza al periodo dilatante 1. Posta la diagnosi di travaglio, la donna viene accompagnata a piedi nella sala

travaglio. Il trasporto in barella sarà riservato ai casi di PROM con parte presentata extrapelvica.

2. Il clistere è autogestito 3. La donna in travaglio, se lo desidera, può alimentarsi con bevande zuccherate,

miele e simili. L’uso della fleboclisi glucosata può essere utile nei casi nei quali la donna non desideri alimentarsi

4. E’ consigliabile invitare la donna ad urinare ogni 2 ore. 5. La posizione della donna in travaglio è libera. E’ compito dell’Ostetrica

suggerire le varie posizioni che possono aiutare la donna a sopportare meglio il dolore della contrazione uterina.

6. Nel caso che la donna preferisca stare sdraiata, deve essere evitata la posizione supina e raccomandato il decubito laterale.

7. L’esame obiettivo ostetrico, di regola, viene effettuato ogni 2 ore e registrato sul partogramma

8. Non è opportuno l’uso di amnioressi e ossitocina per accelerare la fase dilatante; tali procedure sono indicate esclusivamente per correggere un’ipocinesia uterina.

9. Il controllo del BCF è intermittente mediante trasduttore ad ultrasuoni. L’ascultazione si effettua ad intervalli di 15-20 min. , prima, durante e per un minuto dopo la contrazione. Se si presentano alterazioni del battito si passa al controllo in continua del BCF per 34-40 minuti.

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Assistenza al periodo espulsivo

1. Non è opportuno invitare la donna a spingere se non avverte spontaneamente

un premito incontrollabile 2. Se le condizioni materne e fetali sono buone non deve essere accelerata la

fase espulsiva con nessuna manovra prima che sia trascorsa 1 ora nella nullipara e 30 minuti nella pluripara

3. La manovra di Kristeller può essere presa in considerazione esclusivamente nel caso: a) di bradicardia fetale persistente con l’estremo cefalico fetale al piano perineale, nel caso di applicazione di ventosa ostetrica, nel caso di esaurimento dei muscoli ausiliari del parto materni con l’estremo cefalico fetale al piano perineale. Si raccomanda di effettuare al massimo 3 manovre di Kristeller sincrone con la contrazione uterina.

4. La donna è invitata a spingere assumendo liberamente le posizioni verticali; in particolare si suggerisce la posizione accovacciata nel caso di difficoltosa discesa della parte presentata.

5. E’ opportuno evitare le continue esplorazioni vaginali per valutare la discesa della parte presentata

6. In questa fase è indispensabile registrare la frequenza cardiaca fetale mediante cardiotocografia., ogni 2 contrazioni per un minuto immediatamente dopo la contrazione. Se presenti alterazioni del battito fetale si passa alla registrazione in continua.

Assistenza al perineo

E’ opportuno evitare l’episiotomia sistematizzata. Nel caso di effettuazione della epi siotomia tale procedura deve sempre essere preceduta dalla anestesia locale.

Clampaggio del funicolo

Il momento del clampaggio del funicolopuò essere scelto in base alla pulsabilità del funicolo. Effettuare sempre un prelievo dall’arteria ombelicale per valutare il PH fetale.

Assistenza al secondamento

1. E’ necessario valutare la perdita ematica utilizzando le sacche graduate. 2. Evitare l’uso sistematico del catetere vescicale invitando la donna ad urinare

spontaneamente. 3. E’ consigliabile attendere la fuoriuscita spontanea della placenta senza

eseguire manovre di spremitura (manovra di Credé) ma eventualmente esercitando una leggera trazione sul funicolo a meno che la perdita ematica sia superiore a 500 ml.

4. Dopo l’avvenuto secondamento si somministrano i farmaci uterotonici (metilergometrina eventualmente associata ad ossitocina).

5. Nel caso di emorragia post-partum da atonia uterina, si somministra una fiala di sulprostone in 250 ml di soluzione fisiologica. Nel caso di persistenza dell’ atonia uterina si effettua una seconda somministrazione di sulprostone dopo 30 minuti.

6. Si effettua uno scovolamento della cavità uterina con garze montate su pinze ad anelli solo nei casi strettamente necessari.

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Assistenza nel post-partum Dopo il parto la puerpera trascorre le prime 2 ore in osservazione nell’unità parto. Prima del trasferimento nella stanza dell’U.O. vengono rilevate: la pressione arteriosa e la fre quenza cardiaca, viene controllata la perdita ematica e la presenza del globo uterino di sicurezza. Non è consigliabile la somministrazione di uterotonici se la donna allatta e non esiste sub-involuzione uterina.

Durante questo periodo viene effettuato il contatto pelle a pelle madre neonato.

Monitoraggio della gravidanza a termine

1. Eseguire il Non Stress Test (NST) ambulatoriamente con cadenza decisa dal medico che legge la cardiotocografia dopo la 38a settimana nella gravidanza a basso rischio. 2. Oltre la 40a settimana si esegue con cadenza almeno bisettimanale il NST e il controllo ecografico della quantità del liquido amniotico (AFI). 3. Nel caso che l’AFI sia compreso tra 60 e 80 la successiva determinazione dovrà essere effettuata dopo 2 gg. 10. Se l’AFI risulta essere < 50 è previsto il ricovero per l’osservazione del

benessere fetale e l’eventuale maturazione cervicale e/o induzione del travaglio di parto.

11. A 41 settimane e 3 gg. la donna si ricovera per l’osservazione del benessere fetale e l’eventuale maturazione cervicale e/o induzione del travaglio di parto.

Rottura pre-travaglio a termine delle membrane amniotiche 1. Evitare gli esami obiettivi ostetrici fino all’insorgenza del travaglio di parto. 2. E’ indicato allettare la donna solo in presenza di un livello –3, -4 della parte

presentata o nel sospetto di una procidenza o prolasso del funicolo. 3. E’ necessario controllare la temperatura corporea ogni 6 ore verificando le

caratteristiche organolettiche del liquido amniotico. 4. E’ necessario eseguire almeno ogni 12 ore il monitoraggio cardiotocografico. 5. In presenza di sospetto clinico o di certezza di infezione del liquido amniotico

(temperatura corporea > 37,8 °C, tachicardia fetale, tachicardia materna, leucocitosi > 15.000 G.B.) si dovrà accelerare il parto ricorrendo eventualmente al taglio cesareo.

6. Dopo 12-24 ore dalla PROM si procederà all’induzione del travaglio di parto. E’ necessario iniziare l’induzione tra le 7 e le 8 del mattino.

7. Per stimolare l’attività contrattile in presenza di uno score di Bishop sfavorevole (<6), si farà ricorso alle prostaglandine vaginali. Se lo score di Bishop è > 6 si farà ricorso all’ossitocina.

8. A tutte le donne, dopo 6 ore dalla PROM, viene effettuata la profilassi

antibiotica (Amplital 1 gr.x 3 e.v.; nel caso di intolleranza all’ampicillina si somministrerà eritrocita o vancomicina).

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Rallentamento della progressione della dilatazione cervicale

1. E’ opportuno prendere in considerazione l’effettuazione dell’amnioressi dopo 2

ore dalla comparsa di un rallentamento nella velocità della dilatazione cervicale.

2. Qualora dopo 2 ore dalla amnioressi permanga l’ipocinesia uterina, è indicata

la somministrazione di ossitocina. 3. L’ossitocina viene così somministrata: 5 unità in 500 cc. di glucosata al 10%

(iniziare con 4 gtt/m’) raddoppiando il numero delle gtt/m’ ogni 30 minuti fino ad ottenere un’attività contrattile ottimale ( massimo 64 gtt. ).

Maturazione cervicale ed induzione del travaglio

Definizioni

Maturazione: induzione della trasformazione cervicale indipendentemente dall’attività con trattile. Induzione del travaglio: stimolazione dell’attività contrattile

Prerequisiti L’indicazione all’induzione deve essere discussa collegialmente. Devono essere attentamente valutate:

1. le condizione cervicali mediante lo score di Bishop 2. l’epoca di gestazione nei casi a datazione incerta 3. le condizioni di benessere fetale

Indicazioni assolute

1. Rottura pre-travaglio a termine delle membrane da oltre 12 ore. 2. Liquido amniotico tinto. 3. Oligo-anidramnios. 4. E.G.>41 W+3 gg. 5. Iposviluppo (in presenza di un arresto dell’accrescimento fetale)

Indicazione relative

1. Ipertensione e preeclampsia ( in relazione all’epoca di gravidanza, l’ipertensione lieve non è un’indicazione sufficiente)

2. Colestasi ( in relazione all’andamento delle transaminasi e ai disturbi soggettivi) 3. Diabete (in relazione al grado di compenso glicemico e alla presenza di poliidra- mnios)

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Induzione al travaglio con score di Bishop <4 Metodica:

1. Maturazione cervicale con prostaglandine cervicali da 0,5 mg / Propess 2. Valutare tracciato CTG 15 m prima dell’applicazione del gel e per la durata di 2

ore dopo l’applicazione 3. In assenza di attività contrattile, se dopo 6 ore lo score di Bishop è <4 ripetere

l’applicazione fino ad un massimo di 3 volte. Se lo score di Bishop è 5 o 6, applicare gel intravaginale fino ad un massimo di 2 volte. Se lo score è > 6 , a membrane integre, eseguire amnioressi e poi somministrare ossitocina e.v. Il Propess è attivo per 24 ore

4. In presenza di attività contrattile applicare CTG continuo 5. In caso di ripetizione della somministrazione delle prostaglandine, valutare se le

condizioni materne e fetali consentono di attendere Induzione al travaglio con score di Bishop 5-6

1. Utilizzare PGE2 intravaginale: 2mg nelle nullipare ed 1 mg nelle pluripare 2. Applicare cardiotocografo 15 m’ prima dell’applicazione del gel e per la durata di

2 ore dopo la somministrazione del farmaco 3. In assenza di attività contrattile, se dopo 8 ore lo score di Bishop è invariato,

somministrare una seconda dose di PGE2 da 1 o 2 mg in funzione della risposta ottenuta. Se lo score è >6 eseguire amnioressi e successivamente somministrare ossitocina e.v..

4. Prima di procedere alla ripetizione della somministrazione di PGE2, rivalutare se le condizioni materne e fetali consentono di attendere.

Controindicazione assoluta all’induzione è rappresentata da un tracciato CTG non rassicurante

Controindicazioni relative sono rappresentate da perdite ematiche anomale nel secondo e terzo trimestre, epoca gestazionale <34 settimane, peso stimato <2000 gr.

Complicanze

1. In caso di ipertono uterino con o senza bradicardia, somministrare ritrodina cloridrato (Miolene) alla seguente posologia: 2 fiale in 500 ml. di soluzione fisiologica) alla veloci

tà di 20-30 gtt/min. Se il fenomeno si risolve continuare la perfusione con tocolitico ridu cendo il dosaggio per altri 15-30 m’. Se persiste bradicardia eseguire Taglio Cesareo.

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2. In caso di tachisistolia (>7 contrazioni in 10 m’) in presenza di sofferenza fetale o se la paziente è molto provata, somministrare ritrodina cloridrato secondo lo schema sopra descritto.

Induzione con score di Bishop >7

1. Effettuare amnioressi a membrane integre o somministrare ossitocina a membrane rotte

2. Applicare monitoraggio elettronico continuo 3. Non sospendere la per fusione ossitocica, in assenza di sofferenza fetale, prima

che siano trascorse almeno 3 ore 4. In caso di mancata risposta all’ossitocina, valutare la possibilità di sospendere la

perfusione per riapplicarla dopo 8-12 ore 5. Le donne con pregresso taglio cesareo o intervento sull’utero, e score di

Bishop >6, possono essere sottoposte al trattamento previsto dal protocollo, utilizzando sempre PGE2 (1 mg. per via vaginale)

6. Le donne con rottura pretravaglio delle membrane saranno indotte utilizzando solo le prostaglandine intravaginali

7. Alle donne con poliidramnios e parte presentata –4, per il rischio di prolasso di funicolo, far precedere l’amnioressi all’applicazione di una perfusione ossitocica.

Iperpiressia pre-travaglio a termine

Definizione:T.C. >38° oppure 37.5 persistente dopo 4 ore Accertamenti diagnostici: prelevare esami urgenti, valutare il tampone vaginale se precedentemente eseguito, eseguire Non Stress Test ogni 4 ore.

Terapia:

1. Iniziare o proseguire terapia antibiotica (amplital 2 gr.x 3 ev., in caso di intolleranza all’ampicillina usare eritromicina)

2. In presenza di ipertermia <38° e membrane rotte indurre il travaglio 3. In presenza di ipertermia >38° o tachicardia fetale il parto deve essere accelerato

al massimo allertando gli anestesisti, il personale della sala operatoria ed il Pediatra/Neonatologo per un probabile taglio cesareo d’urgenza.

Condizioni permettenti il parto vaginale

1. Possibilità di espletare il parto entro 12 ore 2. Presenza di un tracciato CTG rassicurante 3. Assenza di controindicazioni relative al parto vaginale

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Iperpiressia in travaglio a termine

Definizione: 2 rilievi di T.C. >38° a distanza di un’ora oppure un rilievo <38° con tachicardia fetale e L.A. maleodorante Accertamenti: esami urgenti (emocoltura,conta dei G.B., PCR) e tampone vaginale Terapia:

1. Iniziare antibiotico-terapia in vena 2. Praticare amnioressi per valutare le caratteristiche organoelettiche del liquido

amniotico 3. In assenza di sofferenza fetale accelerare il travaglio con ossitocina

Profilassi antibiotica nella procedura di taglio cesareo Nel caso di taglio cesareo elettivo somministrare Amplital (2 gr. e.v.) dopo il clampaggio del funicolo. Nel caso di taglio cesareo effettuato in condizione d’urgenza valutare l’opportunità di proseguire la terapia in funzione dei parametri clinici. Prevenzione infezione neonatale da Streptococco di gruppo B Praticare la chemioprofilassi in tutte le gravide POSITIVE allo screening dello S.G.B e nelle gravide che non hanno eseguito il tampone vaginale e rettale. Somministrare Ampicillina 2gr e.v. all’ammissione in travaglio o al ricovero per pPROM fuori travaglio e successivamente la somministrazione di 1 gr e.v. ogni 4 ore fino al parto ( almeno 3 dosi ). In caso di T.C. elettivo somministrare Ampicillina 2gr ,4 ore prima dell’intervento

Parto vaginale dopo taglio cesareo

Le gestanti che sono state sottoposte ad un precedente taglio cesareo possono essere ammesse ad una prova di travaglio nella gravidanza successiva, fatta eccezione per le seguenti condizioni:

Criteri di esclusione dalla prova di travaglio 1. Condizioni patologiche materne e/o fetali che rappresentino per sé una

indicazione al taglio cesareo elettivo. 2. Pregressi interventi isterotomici quali: metroplastiche, miomectomie

intramurali/sottomucose, incisione corporale o a T nel precedente taglio cesareo

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3. Inserzione placentare previa marginale anteriore (possibile placenta accreta) 4. Iperpiressia nel periodo post-operatorio della precedente procedura di taglio

cesareo. Non viene considerata una controindicazione alla prova di travaglio una distocia dinamica o meccanica (ad es.: sproporzione feto-pelvica) nella indicazione al precedente taglio cesareo.

Conduzione clinica della prova di travaglio 1. Non è opportuna una ospedalizzazione preventiva 2. Per una accurata valutazione è necessario analizzare la fotocopia della cartella

clinica relativa al precedente taglio cesareo al fine di escludere che sia stata effettuata una incisione corporale o longitudinale sul segmento uterino inferiore e per valutare i decorso post-operatorio (iperpiressia).

3. Al momento del ricovero è necessario allertare l’equipe operatoria all’eventualità di un taglio cesareo d’urgenza.

4. non vi sono particolari controindicazioni all’induzione del travaglio di parto. Per l’induzione con prostaglandine per via vaginale è indicato somministrare la dose da 1 mg vaginale.

Procedure del periodo espulsivo

1. La durata del periodo espulsivo deve rispettare i tempi fisiologici. 2. La registrazione cardiotocografica e la valutazione clinica dell’attività contrattile

deve proseguire per l’intero periodo espulsivo 3. In presenza di una durata ritenuta eccessiva della fase espulsiva, dopo aver

valutata la progressione della testa fetale, non vi è controindicazione all’utilizzo della perfusione ossitocica, anche se in tali casi è consigliabile ricorrere all’aiuto della ventosa.

4. E’ assolutamente inaccettabile il ricorso alla manovra di Kristeller 5. Il controllo transvaginale della cicatrice uterina nel post-partum è indicato solo in

presenza di elementi che possono far sospettare una patologia della cicatrice quali l’emorragia, l’atonia uterina, il dolore uterino persistente.

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GRAVIDANZA PATOLOGICA

CONDUZIONE DELLA SOFFERENZA FETALE IN TRAVAGLIO

Ammnioinfusione transvaginale: immissione di soluzione salina attraverso un catetere transcervicale per ripristinare un’adeguata quantità di liquido

Indicazioni:

1. Presenza di decelerazioni variabili ripetitive che non si risolvono con le normali procedure conservative (cambio di decubito, sospensione della perfusione ossitocica)

2. Presenza di liquido amniotico tinto Controindicazioni:

1. Attività contrattile assente 2. Gravidanza gemellare 3. Presentazione non di vertice 4. Parte presentata extrapelvica o impegnata 5. Emorragia del II – III trimestre 6. Placenta previa

Metodica 1. Posizionare un catetere di Foley a tre vie n.° 24 tra le ore 3 e 6, respingendo

delicatamente l’estremo cefalico tra un intervallo delle le contrazioni. 2. Introdurre il catetere per 2/3 della lunghezza senza gonfiare il palloncino 3. Raccordare un normale deflussore 4. Infondere soluzione fisiologica a 37° pre-riscaldata 5. Iniziare l’infusione ad una velocità di 200-300 gtt/m’. durante le contrazioni la

velocità dell’infusione diminuisce segno di un buon funzionamento del catetere. 6. Terminata l’infusione dei primi 500 ml controllare l’Amniotic Fluid Index 7. Sospendere l’infusione con AFI>80 o dopo scomparsa delle decelerazioni 8. Mantenere l’infusione di mantenimento alla velocità di 40-100 gtt/m’ fino

all’espletamento del parto. Applicazione di ventosa morbida (Mityvac/Kiwi) Indicazioni: sofferenza fetale acuta al piano perianale Metodica di applicazione: usare comunemente una depressione di 0.6 Kg/cm2. Arrivare a 0.8 Kg/cm2. solo nei casi più impegnativi. In caso di distacco valutare la possibilità, come ultimo tentativo, di applicare la ventosa di Malmstrom.

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CONDUZIONEDELL’OLIGOIDRAMNIOS A TERMINE Definizione Presenza di un AFI < a 50 mm.

Conduzione clinica

1. Ricoverare la gestante e prelevare gli esami ematochimici urgenti oltre all’ECG. 2. Effettuare all’ingresso un NST; nel caso di FCF non rassicurante procedere al

taglio cesareo 3. Se il NST appare rassicurante e la falda massima di liquido amniotico è < 20 mm

nella nullipara con score di Bishop < 5 praticare amnioinfusione con 500 ml di soluzione fisiologica pre-riscaldata a 37°C e quindi indurre il travaglio di parto secondo gli schemi previsti. Prima di questa procedura si rende necessaria la conferma dell’oligoidramnios mediante l’esecuzione della determinazione ecografica della quantità del liquido amniotico effettuata da un secondo operatore.

4. Qualora possibile è opportuno misurare la quantità di liquido amniotico mediante sacca graduata per una verifica diagnostica.

CRITERI PER DEFINIRE LA SOFFERENZA FETALE

La frequenza cardiaca fetale viene caratterizzata in base a quattro elementi: linea di base, variabilità e presenza di accelerazioni e decelerazioni. Vengono distinti quattro tipi di tracciato:

1) normale (grado 0): linea di base normale ( o lieve bradicardia: 100/120 b/m) e normale variabilità

2) non rassicurante (grado 1): tachicardia lieve ( 160-180 b/m ) e variabilità

normale oppure decelerazioni variabili lievi 3) pre-allarme (grado 2): tachicardia grave (>180b/m) e variabilità normale,

oppure tachicardia e bradicardia lieve e variabilità ridotta, oppure decelerazioni variabili medie.

4) di allarme (grado 3): variabilità assente oppure tachicardia grave con variabilità

ridotta oppure decelerazioni tardive,oppure variabili gravi oppure bradicardia grave (<100 b/m )

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Il riscontro di un tracciato di grado 1 richiede solo una cardiotocografia continua.Il tracciato di grado 2, oltre una registrazione in continua, prevede, ma non necessariamente, un intervento per accelerare l’espletamento del parto, se si protrae per oltre 1 ora. Il rilievo di un tracciato di grado 3 indica la necessità di un intervento per accelerare il parto se si protrae per oltre 30 m (10 per una bradicardia grave). La presenza di liquido amniotico tinto fluido (grado 1-2) viene attribuita una scarsa rilevanza clinica. Si consiglia solo la cardiotocografia continua. La presenza, al contrario, di un liquido amniotico denso, poltaceo (grado 3) è un importante fattore di rischio perinatale e deve essere considerato alla stregua di un tracciato patologico e quindi richiede un intervento per l’espletamento del parto, valutando l’opportunità di tentare di prevenire una sindrome da aspirazione di meconio. In questi casi può essere indicata l’esecuzione di una amnioinfusione.

Decelerazioni variabili

Mentre è relativamente facile identificare le decelerazioni precoci e tardive e dare ad esse il giusto valore clinico, molto più complicato è attribuire il giusto significato alle decelerazioni variabili. In primo obiettivo è riconoscere 3 tipi di variabili:

1) variabili lievi: durata <30 sec. indipendentemente dal nadir, durata > 30 < 60 secondi con nadir inferiore a 50. La decelerazione variabile lieve tipicamente mantiene una forma a V a tratti frastagliata, preceduta e seguita da un’accelerazio ne con una successiva linea di base immodificata

2) variabili medie: durata tra 30-60 sec. con nadir superiore a 50 oppure con durata > 60 sec. e nadir inferiore a 50. La forma classica mantiene un tratto dentellato con una accelerazione che la precede e una che la segue

3) variabili gravi: durata >60 sec. e nadir superiore a 50. Nella forma tipica mantiene il tratto frastagliato e una accelerazione precedente e successiva ( Classificazione in uso al San Gerardo di Monza )

Segni prognostici negativi:

1. perdita dell’accelerazione che precede la decelerazione 2. perdita dell’accelerazione che segue la decelerazione 3. prolungamento dell’accelerazione che segue la decelerazione

lento ritorno alla linea di base (rallentamento della branca ascen dente)

4. mancato ritorno alla linea di base con successivo assestamento su valori inferiori

5. perdita della variabilità durante la decelerazione 6. decelerazione bifasica (W)

7. morfologia atipica (a U e a S)

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LINEE GUIDA PER IL PARTO PREMATURO

Criteri diagnostici

Per parlare di parto prematuro occorre che si realizzi la presenza di un’attività contrattile rappresentata da almeno 3 contrazioni in 20m oppure 6 in 60 m. con una durata di almeno 40 sec. A tale attività deve far seguito una progressiva trasformazione o dilatazione del collo uterino. A tale proposito, per rendere più obiettivabile la modificazione cervicale, il ricorso all’ecografia con sonda vaginale è un metodo sicuramente valido potendo tra l’altro dare informazioni anche sull’orifizio uterino interno. Una cervice uterina al di sotto dei 3 cm di lunghezza rappresenta un fattore di allarme. Anche il ricorso al dosaggio della fibronectina sulle secrezioni cervico-vaginali appare un metodo dotato di buona sensibilità ed efficacia. PROTOCOLLO TERAPEUTICO Al ricovero segue una valutazione strumentale per 1 h. in assenza di attività contrattile significativa si provvederà al controllo clinico e strumentale entro le 12 h successive. In assenza di modificazioni, si provvederà alla dimissione consigliando riposo per ancora una settimana prima di un successivo esame obiettivo ostetrico ambulatoriale.

Se invece viene posta la diagnosi di minaccia di parto prematuro, con membrane integre, si inizierà il trattamento specifico, preceduto obbligatoriamente dall’E.C.G., consistente in:

TRATTAMENTO TOCOLITICO

� 2 f. di ritrodina cloridrato ( Miolene f. 100 mg ) in 500 cc di fisiologica alla velocità di 10 gtt/m’ ed aumentando di 5 gocce ogni 10 minuti fino alla sedazione o ad un massimo di 35 gtt. Durante l’infusione va controllata la frequenza cardiaca in relazione anche al fatto che se non si raggiunge una frequenza di 110-120 b.m., si deve ritenere che non sia ottenuta una saturazione dei recettori e quindi una sufficiente azione terapeutica. Vale la pena ricordare le controindicazioni dei tocolitici: ipertensione cardiaca, insufficienza coronarica, valvulopatie gravi, ipertiroidismo, associazione con I-MAO. Da sottolineare che il farmaco comporta assuefazione (fenomeno della tachifilassi). Una volta che si sia ottenuta e sia stabilizzata la sedazione, la terapia infusionale con ritrodina va sospesa entro 48 ore e si continua con la terapia idratante.

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� In caso di mancata risposta alla ritodrina cloridrato, si farà ricorso all’antiossitocina (Tractocile) sec. schema , ed eventualmente al solfato di magnesio (4 mg. in bolo con somministrazione lenta in circa 15 m’, poi infusione venosa:1-2 gr./ora con controllo del riflesso rotuleo e magnesiemia. In presenza di effetti tossici va iniettato calcio gluconato 1 gr. ev).

TRATTAMENTO PROFILATTICO PER L’RDS: 12 mg. di betametasone ( Bentelan ) da ripetere dopo 24 h oppure desametazone 10mg x2 al dì x 2gg. Una volta effettuata la profilassi per RDS non deve essere ripetuta la somministrazione di cortisonici. Il cortisone sembrerebbe efficace anche delle emorragie cerebrali per cui va somministrato anche in epoche molto precoci ( dalla 24a alla 34a sett. ).

In caso di sacco amniotico rotto oltre la 34 W. si procede all’induzione del parto. Se sotto tale epoca si procede al trattamento previsto per la minaccia di parto prematuro con l’aggiunta di una terapia antibiotica (ampicillina e.v. 1 gr. X 3 al dì o eritrocina 1c. X3) con un controllo della Temp. Corporea ogni 6 h e degli indici ematologici per individuare precocemente una corionamnionite. I parametri più importanti sono rappresentati dalla conta dei globuli bianchi, proteina C reattiva che vanno monitorizzati di frequente (ogni 2-3 gg.). Importante è anche il controllo della situazione microbiologica cervico-vaginale. Al di sotto della 30 W, in caso di sacco amniotico rotto, si deve provvedere alla amnioinfusione che, secondo i dati concordi della letteratura, determina un evidente vantaggio in termini di mortalità e morbilità. L’amnioinfusione, che può essere seguita sia per via transaddominale che transcervicale, prevede l’introduzione di 100-300 cc di fisiologica preriscaldata, in un tempo di 15-20 m’. il procedimento va ripetuto settimanalmente o comunque in rapporto alla determinazione dell’AFI da eseguirsi ogni 24-48 ore. MODALITA’ DEL PARTO PREMATURO Tra la 23 settimana e la 27 è consigliabile il parto vaginale, anche nei parti gemellari, in relazione ad una mortalità del 50% per non parlare della morbilità a breve e lungo termine, non modificabile con il ricorso al taglio cesareo. Tra la 28a e la 32a settimana il taglio cesareo viene considerato utile solo per la presentazione podalica, anche se le casistiche più ampie non riescono a documentare un reale vantaggio. Tra la 33a e 36a settimana è migliore il parto programmato per via vaginale in assenza ovviamente di altre indicazioni. Per quanto concerne il parto gemellare, in relazione alla particolare patologia a cui va incontro il secondo gemello, prescindendo dal tipo delle presentazioni, è consigliabile effettuare il taglio cesareo nei periodo 28a - 34a settimana.

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Parto pre-termine < 32 settimane: modalità del parto

Criteri di ammissione al parto per via vaginale

1. Presentazione cefalica 2. Assenza di sofferenza fetale

Conduzione clinica

1. Monitoraggio CTG continuo 2. In presenza di un tracciato CTG rassicurante non è indicato ridurre i tempi del

periodo espulsivo 3. L’uso della ventosa ostetrica è controindicato

Criteri di ammissione al taglio cesareo

1. Presentazione podalica 2. Necessità di induzione con score di Bishop-< 6 e peso stimato < 1500 gr. 3. FCF non rassicurante

Conduzione clinica

1. L’intervento deve essere eseguito da un Ostetrico esperto 2. In presenza di anidramnios e presentazione podalica, valutare l’opportunità di

incidere l’utero longitudinalmente.

RITARDO DI CRESCITA INTRAUTERINO

Definizione: si può parlare di ritardo di accrescimento allorché, in un feto con datazione certa, si realizza un accrescimento < 10° percentile. Va anche detto che anche un feto, il cui peso stimato, superi il 10° percentile, deve rientrare nello IUGR, se in due controlli biometrici il suo peso stimato, a distanza di 15 gg. si riduca di almeno 20 percentili. Da un punto di vista pratico appare utile distinguere il FGR, in due tipi: simmetrico ed asimetrico. Nel primo caso la noxa patogena agirebbe in una fase precoce della gravidanza (primo trimestre ed inizio del secondo). Esso costituisce circa il 20-30% di tutti gli FGR ed ovviamente non si giovano di un’anticipazione del parto, anzi ne ricevono un danno aggiuntivo. Le cause di questo iposviluppo simmetrico sono rappresentate da cromosomopatie, da anomalie congenite, specie a carico del sistema cardiovascolare, da infezioni intrauterine. Nel FGR asimmetrico la noxa patogena agisce in una fase avanzata della gravidanza. In questa epoca il feto mette in funzione un meccanismo emodinamico di compenso tendente a privilegiare i tessuti più nobili. Il 70-805 degli IUGR sono di tipo asimmetrico.

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Prima quindi di decidere il timing del parto, è fondamentale tentare di stabilire a quali delle seguenti cause sia riconducibile lo IUGR: 1. Fattori genetici. Sembrano avere un’incidenza intorno al 10% e si associano molto spesso a disturbi neurologici. 2. Infezioni. Il rapporto di causalità è certo per le infezioni da rosolia e citomegalovirus; molto probabile l’infezione da toxoplasmosi. 3. Anomalie cardiovascolari del feto: ad esempio circa il 25% dei neonati con arteria ombelicale unica pesano meno di 2500 gr. 4. Inadeguata nutrizione materna, grave anemia o malattia cardiaca materna con stasi . 5. Fattori tossici come fumo, alcool e stupefacenti. 7. Alterazione della perfusione utero-placentare come si ha tipicamente nella

ipertensione gravidanza-indotta, nella pre-eclampsia, nelle malattie con positività agli anticorpi antifosfolipidi.

EPIDEMIOLOGIA L’incidenza dello IUGR nella letteratura oscilla tra il 3 e il 7%. In questi feti viene riportato uno sviluppo neurocomportamentale lievemente inferiore alla norma, specie se sono nati anche prima del termine. CONDOTTA CLINICA NELLO IUGR L’elemento più importante da determinare è rappresentato dal trend di crescita da valutare ecograficamente con biometrie distanziate di almeno 15 gg. in caso di riduzione del trend di accrescimento (FGR vero) l’associazione del NST con la valutazione dell’AFI appare il metodo più efficace per ridurre i tassi di mortalità nel FGR. Un AFI ridotto rappresenta anche un significativo predittivo per la successiva comparsa del FGR. Se il valore diagnostico del NST e dell’AFI è universalmente riconosciuto, un discorso più approfondito merita la valutazione dei flussi ematici utero-placentari e fetali non tanto ai fini della diagnosi, quanto ai fini della programmazione del timing del parto. Se la sensibilità per valutare l’ipossia fetale appare soddisfacente, la specificità non è particolarmente elevata per l’alto numero di falsi positivi. Allo stato attuale appare prudente considerare tale diagnostica molto utile ma non decisiva per decidere il timing del parto. Nella pratica la condotta clinica dovrà tener conto dell’epoca gestazionale considrando tre ipotesi:

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<28 settimane, tra 28 e 32, >32 settimane

1. nella prima ( < 28 w ) ipotesi si procederà ad una valutazione longitudinale (ogni 15gg) della crescita fetale. Nel caso in cui il feto non sia più in grado di mettere in atto meccanismo di compenso, in caso cioè di arresto dell’accrescimento, oligoanidramnios, peggioramento al doppler o al CTG, si deciderà il timing del parto dopo un adeguato counseling con la paziente informandola della drammatica mortalità e morbilità alla quale si andrebbe comunque incontro. Considerando tra l’altro le premesse etiopatogenetiche del FGR, molti di questi feti rientrano nella categoria del FGR simmetrico. 2. nella seconda ( 28 – 32 w ) ipotesi si procederà anche all’induzione della maturità respiratoria e alla profilassi dell’emorragia endocranica. Nel caso che si realizzino i segni sopracitati di scompenso si programmerà il parto generalmente con taglio cesareo in quanto in questa condizione il feto non sopporterebbe lo stress di un travaglio. 3. nella terza (> 32 w ) ipotesi, dopo induzione della maturazione polmonare, si potrà programmare il parto anche senza aspettare i segni dello scompenso, in pratica si interviene ogni volta che esiste un ragionevole dubbio che la situazione si stia deteriorando.

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IPERTENSIONE E GRAVIDANZA

In riferimento alla gravidanza possiamo distinguere: • ipertensione indotta dalla gravidanza. In questo caso si può avere una

ipertensione semplice oppure una forma in cui l’ipertensione si associa a compromissione di vari apparati (specie reni, fegato, S.N.C.) e che viene denominata pre-eclampsia.

• Ipertensione cronica. In questo caso si distinguono due possibilità: avviene una normale colonizzazione trofoblastica (dimostrata per es. dalla flussimetria Doppler) oppure questa non si realizza. Si definisce ipertensione cronica l’ipertensione arteriosa comparsa prima della 20a settimana Nel primo caso la gravidanza decorre senza aggravamento del quadro clinico, anzi spesso si assiste ad un abbassamento specie della diastolica a partire dal secondo trimestre. Nel caso invece che venga a mancare la colonizzazione, allora si avrà un’ipertensione gestazionale sovrapposta a quella cronica, cioè si avrà una pre-eclampsia sovrapposta. Appare utile sottolineare che se consideriamo tutte le forme di ipertensione, secondo alcuni lavori, vengono diagnosticate nel 25% delle gravidanze, mentre se consideriamo la pre-eclampsia, essa non supera il 5% di incidenza. IPERTENSIONE GESTAZIONALE SEMPLICE ( P.H.I. ) Il rialzo pressorio, confermato dopo 6 ore di osservazione, deve essere 140/90 o superiore che compare dopo la 20 settimana (a meno che non ci si trovi in presenza di un Lupus o di una mola vescicolare) e che scompare entro 10 giorni dal parto. Spesso si tratta di un’ipertensione labile che scompare con il riposo a letto. Se non intervengono complicanze ha una prognosi relativamente buona. Dal punto di vista clinico la differenziazione tra ipertensione gestazionale e cronica non ha alcuna rilevanza in quanto la condotta da tenere è identica. Per poter parlare di P.H.I. non deve esistere il danno endoteliale responsabile di una patologia d’organo (maggiormente il rene) e quindi deve mancare la proteinuria. Per tale forma il trattamento antiipertensivo è necessario solo nelle ipertensioni severe (diastolica uguale o superiore a 100 mmHg confermata in due controlli intervallati di 6 ore). FARMACI IPOTENSIVI Il trattamento ipotensivo è indicato solo quando la minima supera il valore di 100 . Il riposo a letto spesso determina una normalizzazione della P.A. Nel trattamento della ipertensione il farmaco sperimentato è l’alfametildopa ( aldomet ) che agisce inibendo la produzione di catecolamine. Il farmaco di seconda scelta è rappresentato dal labetalolo (trandate) che appartiene alla classe degli alfa beta bloccanti. La loro azione si dovrebbe esercitare sia attraverso una vasodilatazione sia attraverso una riduzione della massa circolante. In realtà è questa seconda azione che predomina, per cui, se si pensa che entrambi i meccanismo siano in gioco, è bene associare un vasodilatatore tipo idralazina (nepresol) in compresse da 25 mg (una c. 2-4 volte al dì).

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Il trandate richiede un dosaggio max di 1000-1200 mg/die. E può essere somministrato e.v. in caso di crisi ipertensive ( boli da 40 mg,poi 400 mg in 120 ml di glucosata al 5% alla velocità di 20-40 ml/h). I calcio-antagonisti( Adalat ) sono proponibili nel trattamento delle ipertensioni in gravidanza in considerazione che il loro uso potrebbe non solo essere un intervento sintomatico in quanto le alterazioni dei cationi intracellulari sono una prerogativa della sindrome. La loro azione si esplica sulla muscolatura vasale, riducendone il tono, per cui si realizza una vasodilatazione attiva. Il dosaggio è di 1-2 c. al dì per la forma ritardo. In caso di crisi ipertensiva 1 c. sublinguale. La loro diffusione trova dei limiti per il rischio di alterazione della perfusione utero-placentare documentata negli animali da esperimento anche se non osservata nell’uomo. Nelle forme severe il farmaco più utile è rappresentato dal solfato di magnesio (5 g in bolo in 15 m’ e proseguendo in infusione al dosaggio di 1-2 gr/ora). La sua tossicità impone un attento monitoraggio. I valori di tossicità sono rappresentati da valori oltre gli 8-10 mg/dl di magnesiemia che corrispondono alla perdita del riflesso rotuleo, mentre a valori più altri compaiono difficoltà respiratoria e paralisi muscolari fino all’arresto cardiaco. In presenza di valori tossici è consigliabile iniettare calcio gluconato (1 gr. ev.). Per preeclampsia severa si intende quella caratterizzata dal P.A. superiore a 160 per la sistolica e 110 per la diastolica verificata dopo 6 ore con la paziente distesa a letto, con proteinuria di almeno 300 mg/ml. Segni di gravità sono anche la presenza di oliguria (diuresi inferiore a 400cc/24 ore o la riduzione di piastrine sotto valori di 100000, o in presenza di alterazioni degli enzimi epatici o di dolore epigastrico. In casi preeclampsia severa è anche indicata l’induzione del parto dopo eventualmente indotta la maturazione respiratoria. Quando le condizioni materne lo consentono, in attesa che si raggiunga la 32a-34a settimana o comunque una ragionevole vitalità del feto, si può far ricorso all’aspirina (75 mg/die anche se la sua utilità nella patologia in atto, per interrompere il processo di coagulazione intravasale, non è ancora stata dimostrata. TRATTAMENTO DELLA CRISI ECLAMPTICA Il trattamento farmacologico è identico a quello della pre-eclampsia severa. Necessario ovviamente l’abbassalingua e l’ossigeno terapia in caso di ipossia fetale. In caso di eclampsia non prevenuta dal solfato di magnesio, è necessaria la somministrazione di un barbiturico in vena. Appare fondamentale rimarcare come la vera ed unica terapia nelle PHI e nella pre-eclampsia sia rappresentata dal parto; tutti i presidi conosciuti sono tentativi per evitare gravi complicanze materne cercando di raggiungere un’epoca gestazionale che consenta la vitalità del feto. Per quanto concerne il Luminale, esso ha effetti anticonvulsivanti solo dopo aver raggiunto una sufficiente barbituremia (10-15gg.). il suo uso però è proponibile

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quindi solo come sedativo, infatti nelle pre-eclampsie severe è previsto il ricorso al solfato di magnesio. Alla luce di queste considerazioni, per il nostro protocollo terapeutico , si è deciso di adottare il seguente schema terapeutico: Aldomet fino ad 2 gr die. In seconda linea trandate fino a 400 mg/die (c. da 100 e 200) mg associato eventualmente ad idralaziona per os (25mg x 3) In caso di crisi ipertensiva il trandate può essere somministrato per via edovenosa (boli da 40 mg poi 400 mg in flebo :20-40 mg / h ). Nella preeclampsia severa si deve usare il solfato di magnesio: 5 g. in bolo in 15 m’ e prosecuzione con infusione lenta (1-2 g./ora)

DIABETE IN GRAVIDANZA

Diagnosi Il diabete preconcezionale ha un’incidenza intorno allo 0.1-0.4%, il diabete gestazionale quella dell’1-2% (almeno in Italia). Per quanto concerne il diabete gestazionale il problema molto importante è rappresentato da una diagnosi precoce, prima cioè che si siano realizzate alterazioni metaboliche evidenti. Un tempo lo screening veniva indirizzato alle pazienti che presentavano vari fattori di rischio, in realtà con tale criterio sfuggirebbero all’identificazione circa il 50% delle gravide con diabete gestazionale. È quindi necessario sottoporre tutte le gravide ad uno screening: il più diffuso è quello di O’ Sullivan che prevede tra,la 24 e la 28 w, la determinazione glicemica dopo ingestione di 50 gr. di glucosio. La glicemia dopo un’ora non deve superare 140 mg./dl.. Al di sopra di tali valori è necessario eseguire una curva da carico di glucosio secondo il metodo più diffuso 100 gr. di curvosio). In questo caso si procede a 4 prelievi (a digiuno e dopo ogni ora per tre volte). I valori di riferimento sono rispettivamente: 95-180-155-140. Per parlare di diabete gestazionale almeno due valori debbono risultare patologici. Il test di screening può essere evitato per le gravide normopeso, senza fattori di rischio e che non abbiano superato i 25 anni di età. Secondo vari autori (anche l’OMS) deve essere prevista una forma intermedia tra la normalità ed il diabete gestazionale franco: intolleranza glicidica (IGT) anche se non appare chiaro il significato clinico. Diabete preconcezionale Le donne con diabete di tipo 1 sono insulino-deficienti. Nella prima fase della gravidanza per l’aumentata sensibilità tessutale all’insulina, il fabbisogno di quest’ultima generalmente diminuisce. Successivamente il fabbisogno aumenta di circa il 30-40% al termine della gestazione.

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Nelle gravide con diabete tipo 2 alla insulino-resistenza di questa forma si aggiunge quella della gravidanza per cui il fabbisogno insulinico aumenta, a termine, anche del 100%. Le gravide con diabete di tipo 2 hanno valori di trigliceridi a digiuno più elevati rispetto al tipo 1. Diabete gestazionale Può comprendere forme che dal punto di vista metabolico sono riferibili sia al diabete tipo 1 che al tipo 2. Il comune denominatore è rappresentato all’insufficienza relativa di insulina che determina livelli glicemici sia basali che postprandiali più elevati rispetto alla gravidica normale. La selezione insulinica, nei soggetti normopeso, è normale mentre nelle obese è notevolmente aumentata. Inoltre i livelli di trigliceridi ed acidi grassi sono più elevati rispetto alle gravide normali. Terapia L’equilibrio del diabete in fase preconcezionale è fondamentale per ridurre la patologia ostetrica tipica di tale patologia (malformazioni, aborto spontaneo). Andrebbe sconsigliata la gravidanza nelle forme con nefropatia severa e in quelle con ischemia cardiaca. La terapia insulinica è necessaria quando la glicemia a digiuno supera i 100 mg/dl e i 120 post-prandiali. È ritenuto ottimale il controllo metabolico in presenza dei seguenti valori glicemici plasmatici: <95 a digiuno, 60-105 prima di pranzo e cena, <120 a due ore dai pasti principali, 60-90 dalle ore 2 alle ore 6 del mattino. Ciò si può ottenere con tre somministrazioni di insulina pronta prima dei pasti principali ed eventualmente una insulina ad azione intermedia prima di coricarsi. Durante il travaglio e parto la glicemia deve essere mantenuta intorno a valori di 90 mg/dl per evitare ipoglicemie fetali. I valori di Hb glicosilata e fruttosamina dovrebbero essere nella norma al momento del concepimento rispettivamente sotto il 7% e sotto i 300 micromoli/l Nel diabete di tipo 1, in cui non esiste più una funzione pancreatica, è consigliabile l’uso di insulina intermedia o lenta. Appare molto utile eseguire mensilmente una urinocoltura, un controllo del fondo dell’occhio ogni 1-2 mesi, una flussimetria dell’arteria uterina verso la 22a settimana e, a partire dalla 28a, una flussimetria dell’arteria ombelicale ogni mese, monitoraggio dell’AFI a partire dalla 36a settimana con frequenza settimanale, monitoraggio CTG a partire dalla 32a settimana con frequenza settimanale. Nel diabete gestazionale la terapia insulinica diventa tassativa quando ripetutamente, in due o più occasioni, il profilo glicemico mostra valori sopra 120 mg/dl nonostante l’istituzione di una dietoterapia specifica. In altri casi sarebbe possibile un solo trattamento dietetico; tuttavia la letteratura ha evidenziato un alto tasso di macrosomia, per cui la maggior parte degli autori ritiene utile un trattamento insulinico. Secondo recenti studi si gioverebbero i casi in cui viene documentato nel liquido amniotico un valore più elevato della norma, per l’epoca, di insulina (indicazione fetale). L’efficacia del trattamento è maggiore quanto più precoce è l’inizio dello stesso; dopo la 35 settimana è molto aleatorio.

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Dieta La dieta è importante quanto la terapia insulinica. L’apporto calorico oscilla tra le 1800 e le 2000 kcal. Con un contenuto di carboidrati di circa il 55%. È importante conoscere l’indice glicemico dei vari alimenti. Il riso è l’alimento ideale in quanto il riassobimento è protratto e l’aumento della glicemia è lieve. Le fibre assorbiili (cereali e legumi) migliorano il controllo glicemico riducendo il fabbisogno di insulina. Nella gestanti è opportuna una modesta restrizione dietetica. Vengono ridotta l’energia che deriva dai grassi dal 30% al 25% al fine di evitare la chetogenesi e viene aumentata l’energia che deriva dalle proteine dal 15 al 20%. Complicanze ostetriche Mentre la mortalità perinatale praticamente viene annullata da un ottimale controllo metabolico, la morbilità materna rimane abbastanza elevata; in particolare nel diabete tipo 1 la pre-eclampsia presnta un tasso di incidenza casi che nella letteratura si attesta tra il 10 e il 15%. Anche se un buon controllo metabolico è fondamentale per ridurre tale patologia, esso non è tuttavia sempre sufficiente. La presenza di anticorpi antifosfolipidi, anticardiolipina e dell’anticoagulante lupico sono fattori prognostici negativi sia per la pre-eclampsia che per l’ipertensione gravidanza indotta; appare così utile andare a dosare tali anticorpi con due controlli a distanza di circa un mese in tutte le gestanti con diabete tipo 1. In tali donne si riscontra un’alta incidenza di positività per tali anticorpi rispetto alla normale popolazione. Tali pazienti potrebbero giovarsi di una terapia con bassi dosi di aspirina o con eparina in caso di aumento.

Indicazioni per l’esame istologico della placenta e del cordone ombelicale.

E’ buona norma esaminare macroscopicamente tutte le placente in sala parto o addirittura allo stesso tavolo operatorio in corso di taglio cesareo per evidenziare le più grossolane anomalie della placenta. Per ulteriore comodità di esposizione, riportiamo le indicazioni materne, feto-neonatali e placentari dell’esame macroscopico e istopatologico della placenta, così come sono state elaborate dal College of American Pathologists.

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Indicazioni materne Feto-neonatali Placentari Raccomandate Raccomandate Raccomandate

Malattie sistemiche(diabete, ipertensione, vasculopatie e malattie del collageno, severa anemia con Hb < 9 gr/ml)

Trasferimento del neonato verso reparto di terapia intensiva

Ogni grossolano anomalia che sia rilevabile all’esame macroscopico della placenta, delle membrane e del cordone ombelicale.

Parto prematuro prima di 34 settimane

Morte fetale o perinatale placente piccole o grandi, con peso inferiore ai 350 gr. o superiore ai 750 grammi a termine

febbre o infezioni in prossimità del parto

Condizioni alla nascita con uno dei seguenti parametri : pH sul cordone < 7.0 ; Apgar score <6 al quinto minuto ; assistenza ventilatoria oltre i 10 minuti ; severa anemia (ematocrito < 35%)

un cordone con lunghezza a termine di gravidanza inferiore ai 32 c.

metrorragie del terzo trimestre idrope fetale Segni di infezioni in gravidanza con riguardo a HIV, sifilide, CMV, Herpes primario, toxoplasma o rosolia

Peso inferiore al 10° percentile (IUGR)

Severo oligoidramnios Anomalie congenite maggiori, fenotipo dismorfico o cariotipo anormale

Patologie ricorrenti o inspiegate della gravidanza :IUGR, morte fetale, aborto spontaneo, parto prematuro

Gemelli con crescita discordante (differenza di peso > 20%)

Procedure diagnostiche invasive con sospetto di lesioni placentari.

Gravidanza multipla con fusione placentare

Abruptio placentare Emissione di meconio denso intrapartum.

Altre Altre Altre parto prematuro fra 34 e 37 settimane

peso fetale superiore al 95° percentile

Inserzione marginale o velamentosa del cordone

severo inspiegato polidramnios crescita asimmetrica Cordone molto lungo(>100 cm) uso di droghe gravidanza multipla senza altre

indicazioni Anormalità della superficie placentare.

età materna oltre i 42 anni riassorbimento di un gemello nel corso del primo trimestre

Grave trauma materno dopo interventi diagnostici o terapeutici in utero.

rottura delle membrane prolungata(oltre 24 ore)

Indicazioni per l’esame anatomopatologico della placenta (da Practice Guideline for examination of the Placenta developed by The Placental Pathology Practice Guideline Development Task Force of the College of American Pathologists,1998)

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Evidentemente le indicazioni contenute in queste Linee Guida non escludono la necessità che l’Ostetrico o il Ginecologo possano far ricorso all’esame istopatologico della placenta tutte le volte che ritiengono di aver assistito un parto in condizioni suscettibili di sequele medico-legali. E’ però importante che si fornisca all’anatomopatologo dettagliate e precise informazioni riguardanti la gravidanza, l’epoca gestazionale e il tipo di parto, il sesso e il peso del feto, l’Apgar score al 1° e 5° minuto. Su placenta e membrane possono inoltre essere eseguiti in casi particolari, oltre agli esami colturali, anche studi di citogenetica. Esistono infatti importanti correlazioni fra anomalie cromosomiche e alterazioni strutturali placento-funicolari.

MODIFICHE PROTOCOLLO: 19 febbraio 2009

1. Riduzione dell’emorragia del terzo stadio Questo protocollo, ripreso dalle Linee Guida nazionali di riferimento per l’Assistenza alla gravidanza e al parto fisiologico a cura dell’Agenzia dei Servizi Sanitari Regionali (2004), consiste nella somministrazione di ossitocina (Syntocinon) alla dose di 5 U.I. per via endovenosa oppure di 10 U.I. per via intramuscolare effettuata all’espulsione del feto. La somministrazione di altri uterotonici è in funzione delle necessità cliniche. 2. Riduzione della procedura di estrazione manuale della placenta Passati 30 minuti dall’espulsione del feto senza che si sia verificato spontaneamente il secondamento il protocollo del NICE prevede il seguente trattamento attivo: 20 U.I. di Syntocinon diluite con 20 ml di soluzione fisiologica vengono iniettati direttamente nella vena ombelicale. Si otterrà il secondamento spontaneo in oltre il 90% dei casi senza ricorrere a manovre del tipo spremitura dell’utero con la manovra di Credé o trazione del funicolo e innalzamento dell’utero con la manovra di Brand-Andrews. Questa procedura è finalizzata alla riduzione del tasso di incidenza dell’emorragia del terzo stadio

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