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Un modello semplificato del sistema economico
2. Un modello semplificato del sistema economico.
2.1 Il flusso circolare del reddito
Il flusso circolare del reddito è un semplice schema che permette di descrivere il funzionamento di un sistema economico a livello aggregato evidenziando i rapporti esistenti fra settori e mercati. I mercati sono rappresentati dal mercato dei beni, dove si scambiano beni e servizi diretti alla soddisfazione di bisogni ( beni di consumo) o alla produzione di altri beni (beni d’investimento), e dal mercato delle risorse dove si scambiano fattori come il lavoro, il capitale fisico, le risorse naturali che vengono utilizzati dalle imprese nel processo produttivo per realizzare beni e servizi. In una formulazione più schematica i settori sono costituiti dalle famiglie, che offrono fattori produttivi sul mercato delle risorse e domandano beni di consumo sul mercato delle merci, e dalle imprese che acquisiscono fattori produttivi e offrono beni e servizi. Questo scambio reale è evidenziato, nella parte sinistra dello schema, dal flusso che si muove in senso orario fra le famiglie e le imprese sui mercati dei beniPoiché in un’economia di mercato le merci non si scambiano fra di loro ma esclusivamente con moneta, a fronte di un flusso reale di beni e servizi si presenterà un flusso monetario che si muove al contrario da destra verso sinistra, in senso antiorario. Sul mercato dei beni le famiglie, che hanno l’obbiettivo di soddisfare bisogni, acquistano beni e servizi con moneta, la loro spesa per consumi, che affluisce alle imprese sotto forma di ricavi; sono le entrate che le imprese utilizzano per acquistare servizi sul mercato delle risorse , la spesa delle imprese che affluisce alle famiglie. Il flusso monetario dalle famiglie va dunque alle imprese che vendono prodotti sul mercato dei beni e ottengono redditi che usano per acquisire fattori produttivi sul mercato delle risorse, questi redditi ritornano alle famiglie che li spendono per acquistare i beni di cui necessitano. Questo è la formulazione più semplice del flusso circolare del reddito composto da un flusso reale che si muove in senso orario, e da un flusso monetario che si muove senso antiorario (parte sinistra dello schema) su quello delle risorse. L’insieme dei beni e servizi prodotti dalle imprese e offerto sul mercato rappresenta il prodotto del sistema economico, ad esempio il PIL, prodotto interno lordo, definito come l’insieme dei beni e servizi finali prodotti nel sistema economico in un determinato periodo di tempo, mentre i Redditi che le imprese pagano alle famiglie in cambio delle loro risorse rappresentano il Reddito Nazionale. Reddito e Prodotto sono valori identici, due aspetti della stessa medaglia: tutto ciò che è prodotto dà luogo, infatti, ad un reddito uguale e corrispondente perché ogni euro di produzione rappresenta reddito per qualcuno.
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Fig. 2.1.1. Flusso Circolare del reddito. Prelievi e ImmissioniMercato
deibeni
Immissioni
ProdottoNazionale
Spesa per consumi
Investimenti Spesa Pubblica
Export
Entrate
Imprese Famiglie Settore Finanziario
SettorePubblico
SettoreEstero
Fattori Spesa
RedditoNazionale
Risparmi Imposte Import
Prelievi
Mercatodelle risorse
.
Il valore del prodotto nazionale, misurato da prezzi per quantità, corrisponde esattamente ai costi sostenuti dalle imprese per pagare gli input di produzione, materie prime, prodotti intermedi e servizi esterni, risorse che contribuiscono alla realizzazione del prodotto finale , e ai redditi distribuiti ai fattori della produzione sotto forma di profitti, interessi e redditi da lavoro, che rappresentano il valore aggiunto. Mentre i costi sostenuti dalle imprese per acquisire gli input di produzione rimangono all'interno dello stesso settore e si compensano fra entrate e uscite, il valore aggiunto rappresenta un trasferimento netto di reddito dalle imprese al settore delle famiglie.Se le famiglie spendono interamente il loro Reddito per acquistare i beni e servizi finali prodotti, l’offerta trova sempre sul mercato una domanda in grado di assorbirla. Infatti tutto ciò che è prodotto da luogo a un reddito uguale e corrispondente, questo reddito è distribuito dalle imprese alle famiglie e le famiglie lo spendono per consumo: se tutto il reddito è speso la produzione dei beni finali trova sul mercato una domanda in grado di assorbirla.
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Fig . 2.1.2. Produzione e reddito
VALORE OUTPUT
Valore Aggiunto
costo del lavoro interessiprofitti
(valore aggiunto unitario * quantità)
Valore degli Input
materie primeprodotti intermedi
servizi esterni
(prezzo * quantità) (costo medio unitario * quantità)
Sul mercato delle merci si ha equilibrio quando il valore della produzione è uguale al valore della spesa , ovvero al valore della domanda aggregata.
Y = AD Sino ad ora l'unica tipologia di domanda che abbiamo considerato è la spesa che le famiglie fanno per consumi: se tutto il reddito è distribuito alle famiglie e le famiglie lo spendono per consumi, tutta la produzione viene ad essere venduta dalle imprese, le imprese sono in equilibrio, il sistema economico è in equilibrio, tutto ciò che è prodotto è venduto sul mercato. Le imprese sono soddisfatte delle loro scelte e continuano a produrre agli stessi livelli o ad accrescere l’output.
2.2 Prelievi e immissioni
In realtà le famiglie non spendono interamente il loro reddito per acquistare beni di consumo: infatti una parte di questo reddito viene ad essere risparmiata. Come si vede nella parte destra dello schema, rappresentato nella fig.2.1.2, il risparmio (S) rappresenta un prelievo dal flusso circolare del reddito. In genere la quota del reddito
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non consumata tende a essere via via maggiore al crescere del reddito, nel senso che al crescere del reddito ne viene spesa in consumi una percentuale minore anche se crescente in valore assoluto. Ad esempio su un reddito mensile di euro 1000 la spesa in consumi è pari ad euro 900 corrispondente ad una percentuale del 90%, il risparmio è il 10%; su un reddito di 10.000 euro se ne spendono in consumi 7500, a livello assoluto il consumo è cresciuto ma in termini percentuali è sceso al 75%, e il risparmio è diventato il 25%. Quindi nella realtà una parte del reddito non è spesa in consumi perché è risparmiata. D’altra parte oltre che consumare e risparmiare le famiglie pagano anche le imposte e nella teoria economica, a differenza di quanto accade spesso nel mondo reale, le pagano prioritariamente, cioè prima di decidere quanto consumare e risparmiare del proprio reddito. Quindi, oltre che per risparmi, una parte del reddito viene sottratta alla spesa per consumo perché serve a pagare le imposte (T).Una parte della spesa delle famiglie, infine, si può rivolgere ad acquistare beni e servizi che sono prodotti dal resto del mondo, cioè i beni importati. Se si acquistano beni prodotti in Cina una parte del reddito prodotto in Italia non acquista beni che fanno parte della produzione nazionale ma beni che vengono dal resto del mondo. Si determina, quindi, un altro prelievo dal flusso circolare del reddito che riduce la spesa delle famiglie su prodotti interni: la domanda di prodotti esteri da parte di residenti che è definita importazioni (IM). Dato il reddito prodotto e distribuito alle famiglie , la domanda per beni di consumo prodotti nel sistema economico sarà inferiore, perché una parte di questo reddito non è spesa perché risparmiata, una parte non è spesa perché serve a pagare le imposte, una parte non è spesa perché è utilizzata per acquistare prodotti che vengono dal resto del mondo. Questi prelievi dal flusso circolare del reddito, per Risparmio Imposte e Importazioni, riducono l’ammontare della spesa rispetto alla quantità prodotta. Le imprese non trovano, quindi, sul mercato una domanda per consumi in grado di assorbire la produzione che rimarrebbe, in parte, invenduta: sarebbero costrette a rivedere le loro scelte e cercherebbero di ridurre i livelli di produzione.Alla spesa per consumi delle famiglie si deve però aggiungere la spesa effettuata dalle imprese per acquistare beni che servono a produrre altri beni , la spesa del Settore pubblico per acquistare beni e servizi sul mercato, la domanda di prodotti nazionali che proviene dal resto del modo. Si tratta di immissioni nel flusso circolare del reddito, Investimenti (I), Spesa Pubblica (G) ed Esportazioni (X), che vanno a compensare l’insieme dei prelievi. Chi fa questa spesa aggiuntiva sul mercato? Nella parte destra dello schema del flusso circolare del reddito sono evidenziati tre settori che rappresentano i destinatari dei prelievi e i promotori delle immissioni: si tratta del settore finanziario, del settore pubblico, del settore estero. Nel settore finanziario, che fa parte del settore privato, rientrano tutte le istituzioni finanziarie che raccolgono il risparmio delle famiglie ed erogano prestiti alle imprese per fare investimenti, come le banche, la borsa e gli altri intermediari finanziari. Il settore pubblico rappresenta l'amministrazione centrale e periferica dello Stato che preleva reddito dalle famiglie, le imposte, ed eroga beni e
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servizi, la spesa pubblica. Nel settore estero si includono gli scambi di beni e servizi di un paese con il resto del mondo, esportazioni ed importazioni. Perché vi sia equilibrio sui mercato delle merci occorre che l'insieme dei prelievi sia uguale all'insieme delle immissioni
S+T+IM=I+G+X
cioè che tutto il reddito non speso dalle famiglie per consumi, perché risparmiato, prelevato dal settore pubblico come imposte o destinato ad acquistare prodotti d'importazione, sia compensato dalla spesa delle imprese per investimenti, dalla spesa pubblica, dalla spesa del resto del mondo per acquistare le nostre esportazioni.
Riordinando i termini si può scrivere:
S =I + (GT) + (XIM)
in tal modo si evidenzia la condizione di equilibrio del sistema economico, data dall'eguaglianza fra risparmi e investimenti, mentre (GT) rappresenta il bilancio del settore pubblico, la differenza fra uscite ed entrate del settore pubblico, e (XIM) rappresenta il conto degli scambi fra il paese e il resto del mondo, la parte commerciale della bilancia dei pagamenti. L’eguaglianza fra risparmi e investimenti rappresenta la condizione di equilibrio del sistema economico quando si considera solo il settore privato dell’economia e si ignorano i rapporti con il resto del mondo. Con queste ipotesi restrittive il reddito nazionale, distribuito alle famiglie, è in parte usato per acquistare beni di consumo e,in parte risparmiato; affinché il prodotto nazionale possa essere venduto sul mercato è necessario che la parte di reddito non spesa dalle famiglie per acquistare beni di consumo sia utilizzato dalle imprese per acquistare beni d’investimento, cioè che il risparmio sia uguale all’investimento. Se il risparmio supera l’investimento( S >I) una parte della produzione rimane invenduta sul mercato e le imprese sono costrette a rivedere verso il basso i livelli di produzione; viceversa se si determina un eccesso di investimenti sul risparmio( I >S) le imprese si troveranno di fronte una domanda maggiore rispetto a quella che si aspettavano e cercheranno di fronteggiarla accrescendo l’offerta o aumentando i prezzi.
Includendo nell’analisi anche il settore pubblico e quello estero la condizione di equilibrio del reddito nazionale deve tener conto dei bilanci dei due settori. Se il bilancio del settore pubblico è in pareggio e se la bilancia dei pagamenti è in pareggio, l’equilibrio dipende esclusivamente dall'eguaglianza fra risparmi e investimenti ( I = S) . Se invece il settore pubblico presenta un bilancio in deficit, la spesa pubblica supera le entrate (G > T), il risparmio delle famiglie deve sostenere sia gli investimenti privati che la spesa pubblica in deficit, il risparmio supera gli investimenti ( S > I). Al contrario se
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vi fosse un attivo nel bilancio pubblico (T >G) gli investimenti privati potrebbero essere anche superiori al risparmio( I >S). Analogamente nei rapporti con il resto del mondo: se la spesa per investimenti supera il risparmio nazionale, si determina un deficit della bilancia dei pagamenti, cioè un eccesso di importazioni sulle esportazioni. Infatti se nel sistema economico si vogliono acquistare più beni di quanto non se ne produca, (I > S), si devono importare prodotti dal resto del mondo determinando un deficit della bilancia dei pagamenti; al contrario se nel sistema economico si domanda meno di quanto si produce, cioè c’è un eccesso di risparmio (S > I) , vuol dire che una parte della produzione nazionale può essere esportata, determinando un attivo della bilancia dei pagamenti.
2.3 Settore pubblico.
Quando si fa riferimento al settore pubblico si considera l'incidenza dell’amministrazione centrale e periferica dello Stato sull'andamento del sistema economico. Come abbiamo visto il settore pubblico influenza l'andamento del sistema economico con dei prelievi, le imposte, e delle immissioni, la spesa pubblica, che rappresentano le voci principali del Bilancio del settore pubblico. Le entrate del settore pubblico sono rappresentate dalle imposte che si dividono in due grandi categorie; imposte dirette e indirette. Imposte dirette sono quelle che colpiscono la capacità contributiva, cioè i redditi; le imposte indirette sono quelle che colpiscono gli impieghi del reddito, cioè la spesa. Altre entrate sono rappresentate dai contributi sociali effettivi e figurativi, che comprendono i versamenti effettuati agli organismi che erogano prestazioni sociali (sanità pensioni etc.) , dai redditi da capitale, e da altre voci. Per l’anno 2005 il totale delle entrate delle Amministrazioni pubbliche è stato in Italia pari a 629.117,00 milioni di euro, che rappresentano il 44% del PIL.Le uscite del settore pubblico sono costituite da redditi da lavoro dipendente, consumi intermedi, prestazioni sociali in natura e in denaro, che rappresentano trasferimenti alle famiglie senza contropartite come le pensioni sociali e i sussidi di disoccupazione , i contributi alla produzione , che sono trasferimenti di reddito alle imprese, senza contropartite come i contributi ai settori in crisi. Una voce interessante è rappresentata dagli interessi pagati sul debito pubblico. 1 Alle spese correnti, 630.241,00 milioni di euro nel 2005, si aggiungono le spese in conto capitale, cioè gli investimenti che il settore pubblico effettua direttamente o attraverso contributi alle imprese. Il totale delle spese, era nel del 2005 pari al 48,5% del PIL. A fronte di un ammontare totale delle
1 Il settore pubblico finanzia la spesa in deficit indebitandosi sul mercato, facendosi cioè prestare la liquidità necessaria con l'emissione di titoli, come i BTP o i CCT, sui quali deve pagare un tasso di interesse. Quanto maggiore è il costo del denaro, e l’ammontare del debito pubblico, tanto più elevato diventa l’onere per interessi; quando i tassi d'interesse erano elevati la spesa per interessi era una parte consistente e rilevante della spesa pubblica, mentre con l’entrata nell’Unione Economica e Monetaria e la conseguente riduzione dei, tassi d'interesse, l’onere del debito pubblico si è sostanzialmente ridotto. Infatti, la spesa per interessi che era pari a 78.764 milioni di euro nel 2001 è scesa a 64 milioni di euro nel 2005.
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Tab. 2.3.1 Conto consolidato delle Amministrazioni Pubbliche
(Italia 2005 milioni di euro)Entrate SpeseImposte dirette 189.0
52Redditi da lavoro dipendente
155.533
Imposte indirette 201.859
Consumi intermedi 77.317
Contributi sociali effettivi 179.059
Prestaz. Sociali in natura..
39.819
Contributi sociali figurativi
3.357
Prestaz. Sociali in denaro
241.692
Redditi da capitale 8.118
Contributi alla produzione
13.201
Altre entrate 41.708
Interessi 64.549
Totale Entrate Correnti 623.153
Altre spese 38.130
Imposte in conto capitale 1.808
Totale spese correnti 630.241
Altre entrate 4.156
Investimenti fissi lordi 33.499
Totale entrate in conto Cap.
5.964
Contributi agli investimenti
18.909
Totale entrate 629.117
Altre spese 4.642
In % del PIL 44,4
Totale spese in conto capit.
57.050
Totale spese 687.291
In % del PIL 48,5
Disavanzo di parte corrente (avanzo ) 7.088
Indebitamento netto 58.174
In % del PIL 4,1
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entrate pari al 44,4% del PIL si evidenzia un eccesso di spesa del 4,1% del PIL, pari a 58.174 milioni di euro, che rappresenta il deficit pubblico.
Com'è noto i paesi aderenti all'Unione Economica e Monetaria hanno sottoscritto un patto di stabilità che obbliga i paesi aderenti a mantenere il deficit della spesa pubblica entro il 3% del PIL, tranne che in periodi di particolare crisi. Questo vincolo del 3% è diventato, in questi anni, un argomento centrale del dibattito economico e politico. In effetti già dal 1992, se si considera la spesa pubblica al netto della spesa per interessi sul debito pubblico, si ha un ammontare di entrate superiore al valore della spesa , si è cioè verificato un avanzo primario. La spesa per interessi è andata progressivamente diminuendo a partire dal 1993 e si è stabilizzata con l'adesione all'Unione Economica e Monetaria del 1997, mentre la spesa pubblica al netto degli interessi è cresciuta dopo il 2000, in coincidenza con la congiuntura economica sfavorevole; di conseguenza l'avanzo primario, che ha raggiunto il massimo nel 1997, si è progressivamente ridotto negli anni seguenti sino al 2005. Ovviamente poiché la spesa per interessi è una componente della spesa pubblica e non può essere scorporata , il settore pubblico continua a presentare in Italia un deficit di bilancio che , sceso al minimo dell' 1,7% del PIL nel 1999, è cresciuto fino al 4,1% del PIL nel 2005. L'esistenza di un deficit di bilancio implica la necessità di fare debiti sul mercato per finanziare l'eccesso di spesa: si determina un debito pubblico crescente. Il debito pubblico era pari nel 1995 al 121% del PIL, cioè il debito era maggiore del 21% del prodotto del sistema economico di quell'anno. Questo debito è andato progressivamente diminuendo, grazie alla riduzione della spesa in deficit e alla vendita di varie attività finanziarie e patrimoniali dello Stato, ed è arrivato nel 2005 al 106% del PIL, quindi solo il 6% in più rispetto al PIL. Il debito pubblico è costituito da moneta e depositi, titoli a breve termine, come ad esempio i BOT (buoni ordinari del Tesoro) , e titoli a medio e lungo termine, come ad esempio i BTP( buoni del Tesoro poliennali) che rappresentano il 75% di tutte le passività. I titoli del debito pubblico sono detenuti per la gran maggioranza, (43%), da operatori non residenti e (20,57%) da operatori residenti, cioè dal mercato, la parte rimanente è posseduta dal Fondo Monetario Internazionale, (14,25%), e da altre istituzioni finanziarie come le banche commerciali, (18,27%).
Tabella 2.3.2. Debito delle Amministrazioni Pubbliche
(Italia 2005 . Milioni di euro)Debito Pubblico 1.508176,00 100%
In % del PIL 106,40
Detenuto da:Banca d’Italia 59.110,00 3,92%FMI 214.864,00 14,25%Altre Istituzioni finanziarie 275.531,00 18,27%Altri Operatori residenti 310.193,00 20,57%Operatori non residenti 648.479,00 43,00%
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2.4 Settore estero e Bilancia dei pagamenti .
Il settore estero raggruppa l’insieme dei rapporti di un paese con il resto del mondo: si tratta di scambi di beni e servizi e di movimenti di capitali finanziari che sono evidenziati nella Bilancia dei pagamenti.
Tab. 2. 4.1 Italia. Bilancia dei Pagamenti
(Anno 2005 miliardi di euro)Voci SaldoConto corrente 22,1 Export Impor
t Merci 299,6 299,5 0,1 Servizi 72,5 72,9 0,4 Redditi 13,6 Trasferimenti unilaterali (UE)
8,2
Conto Capitale 1,8 Attività intangibili 0,7 Trasferimenti unilaterali 1,7
Conto Finanziario 19,0Investimenti diretti All’este
roIn Italia
33,6 16,0 17,6Investimenti di portafoglio attività passiv
ità43,4
azioni 20,0 4,1 16,0 titoli di debito 67,0 126,4 59
,3Derivati 2,3Altri investimenti 9,9Variazioni delle riserva ufficiali 0,8Errori o omissioni 1,2
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Nella Bilancia dei Pagamenti sono evidenziate innanzitutto le voci di Conto Corrente che comprendono lo scambio di merci, lo scambio di servizi e lo scambio di redditi. Lo scambio di merci è costituito dalla vendita all’estero di prodotti nazionali (Esportazioni), che rappresenta una voce in attivo poiché corrisponde ad un afflusso di valuta, e dall’acquisto di prodotti provenienti dal resto del mondo (Importazioni) che rappresenta ,invece, una passività poiché corrisponde ad un deflusso di valuta. Poi abbiamo lo scambio di servizi come, ad esempio, le spese che i turisti stranieri fanno nel nostro paese, che rappresentano una voce di attivo per l’afflusso di valuta, e le spese che i cittadini italiani fanno nel resto del mondo per turismo e che rappresentano una voce in passivo per il deflusso di valuta. Altri servizi sono rappresentati ad esempio dai noli pagati nei porti. I movimenti di reddito sono costituiti, ad esempio, dal pagamento degli interessi maturati su prestiti che dal resto del mondo sono stati erogati ad imprese, istituzioni finanziarie o anche al settore pubblico del nostro paese; questi interessi che rappresentano una fuoruscita di valuta sono una voce passiva delle partite correnti della bilancia dei pagamenti. Viceversa gli interessi pagati su titoli emessi nel resto del mondo e sottoscritti da operatori italiani rappresentano afflusso di valuta per il nostro paese e, quindi, una voce attiva della bilancia dei pagamenti, partite correnti. Anche le rimesse degli emigranti rappresentano trasferimenti di reddito fra il nostro paese e il resto del mondo. In particolare i redditi guadagnati in Italia dai lavoratori stranieri e trasferiti nei loro paesi d’origine rappresentano una voce in uscita, cioè un passivo , mentre i redditi guadagnati dai lavoratori italiani nel resto del mondo e trasferiti nel nostro paese rappresentano un afflusso di valuta e ,quindi, una voce in attivo. Va ricordato che ancora negli anni settanta le rimesse degli emigranti italiani dal resto del mondo rappresentavano una voce consistente che contribuiva a mantenere l’attivo della Bilancia dei pagamenti; negli anni seguenti l’Italia è diventato un paese di immigrazione e la voce rimesse degli emigranti fa segnare costantemente un passivo. Nel conto finanziario sono compresi gli investimenti diretti e lo scambio di attività finanziarie di un paese con il resto del mondo. La possibilità di scambiare attività finanziarie dipende dal regime valutario internazionale: il sistema di Bretton Woods ad esempio vietava la libera circolazione dei capitali. Ancora sino alla fine degli anni ottanta non era possibile portare fuori dall’Italia somme di denaro superiori ad un determinato ammontare, determinando fenomeni come la c.d. fuga dei capitali. Con la progressiva liberalizzazione del movimento dei capitali vi è stata una grande integrazione dei mercati internazionali dei capitali ed oggi si può dire che i mercati finanziari sono estesi a livello mondiale ed è possibile operare liberamente 24 ore al giorno da Tokio a Londra a New York. Gli investimenti diretti rappresentano la realizzazione di attività produttive , come ad esempio un impresa o uno stabilimento, in un paese diverso da quello di origine: pertanto gli investimenti diretti degli italiani all’estero sono una voce di passivo poiché rappresentano deflusso di valuta, mentre gli investimenti esteri in Italia sono una voce in attivo. Gli investimenti di portafoglio rappresentano l’acquisto di azioni, cioè di titoli di proprietà di un’impresa, o di sottoscrizione di titoli di debito, come le obbligazioni emesse da un impresa o dal settore
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pubblico. Anche in questo caso avremo una passività quando gli operatori residenti acquistano strumenti finanziari emessi dal resto del mondo e un’attività quando gli operatori esteri acquistano strumenti finanziari emessi nel nostro paese.
I principali partner commerciali del nostro paese sono evidenziati nella tabella 2.4.2, che indica i valori dell’interscambio commerciale dell’Italia con il resto del mondo. Si nota immediatamente che quasi il 60% delle nostre esportazioni e delle nostre importazioni sono dirette ai paesi dell’Unione Europea, che è composta sia dai paesi che hanno aderito all’Unione Economica e Monetaria, area dell’Euro, sia dai paesi che fanno parte dalla Unione Europea ma non adottano l’euro, come il Regno Unito, la Danimarca, la Svezia, e i paesi che hanno aderito di recente. La maggior parte degli scambi avvengono quindi nell’ambito dell’Unione Europea: si tratta di un mercato nel quale non risentiamo più dell’andamento del tasso di cambio della lira perché l’euro è la valuta di riferimento, come valuta unica per i paesi dell’UEM, e come unità di conto per gli altri paesi europei che fanno parte dello SME 2, il sistema di cambi manovrati dei paesi aderenti all’Unione Europea. La possibilità di imporci su questi mercati non è più legata alle manovre valutarie, come ad esempio la svalutazione del tasso di cambio, ma deve basarsi esclusivamente sulla competitività dei nostri prodotti. Per quanto riguarda i paesi aderenti all’UEM ci muoviamo praticamente nell’ambito di un mercato interno nel quale la Germania e la Francia rappresentano i nostri partner principali. Nello scambio con il resto del mondo, che ammonta a poco più del 40% sia delle esportazioni che delle importazioni , gli Stati Uniti rappresentano il nostro principale mercato di esportazione ( 7,8%) mentre hanno un peso molto minore in termini di importazioni ((3,2%), sono perciò un punto di forza per il saldo attivo della nostra Bilancia dei Pagamenti. Rimane rilevante il peso dei paesi OPEC che assorbono l’8,7% delle nostre importazioni con un saldo negativo pari a 13,8 miliardi di euro.
Tabella 2.4.2 Italia. Interscambio commerciale per paese o area.
(Anno 2005 Valori in miliardi di euro)
EXPORT IMPORT SALDO
Valori % Valori % Valori
Paesi della UE 178,2 59,5 177,3 59,2 0,9 Area Euro 135,4 45,2 145,8 48,7 10,4di cui: Francia 37,2 12,4 30,9 10,3 6,3 Germania 39,9 13,3 53,2 17,8 13,4 Spagna 22,6 7,5 12,9 4,3 9,7
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Altri paesi UE 42,8 14,3 31,5 10,5 11,3di cui:Danimarca 2,6 0,9 2,2 0,7 0,5 Regno UNito 19,6 6,5 12,5 4,2 7,2 Resto del mondo 121,4 40,5 122,2 40,8 0,8Giappone 4,5 1,5 4,8 1,6 0,3Stati Uniti 23,4 7,8 9,6 3,2 13,8
OPEC 12,2 4,1 26,0 8,7 13,8
Cina 4,6 1,5 13,3 4,4 8,7Totale 299,6 100 299,5 100 0,1
2.5 Elementi di contabilità nazionale
Come si è detto il prodotto interno lordo misura l’insieme dei beni e servizi finali, prodotti in un sistema economico in un determinato periodo di tempo. Quando ci riferiamo al tempo di solito ci riferiamo all’anno, e sistema economico in genere si riferisce a un paese, ad esempio il prodotto realizzato in Italia nel 2006. Si tratta di una misura di flusso, cioè una quantità che si ha in un certo periodo di tempo, ad esempio dal 1 gennaio al 31 dicembre 2006. Il concetto di flusso indica una variazione in un determinato periodo, mentre il concetto di stock, o fondo, indica una quantità esistente a una certa data: il flusso rappresenta la variazione dello stock esistente. L’investimento rappresenta un flusso mentre gli impianti e i macchinari, il capitale dell’impresa, rappresentano uno stock; l’impresa ha al 31 dicembre 2005 un certo valore di beni capitali, ad esempio € 2 miliardi di capitale fisici. Se fra il 31 dicembre 2005 e il 31 dicembre del 2006 fa investimenti per € 100 milioni, lo stock di capitale alla fine del periodo sarà pari allo stock iniziale più l’investimento, 2 miliardi e 100 milioni €. Per evitare sopravvalutazioni il valore del PIL è misurato considerando soltanto il valore dei beni finali prodotti cioè dei beni che vengono offerti sul mercato mentre quelli che servono per produrre altri beni, i c.d. beni intermedi, devono essere esclusi. Ad esempio, il frumento rappresenta un bene che ha un valore di produzione ma poi entra nella produzione di farina, la farina a sua volta entra nella produzione di pane, se noi sommiamo frumento, farina e pane avremo una sopravvalutazione del reddito nazionale. In realtà il bene che alla fine si vende sul mercato, il prodotto finale, è il pane, non possiamo calcolare anche il valore dei prodotti intermedi farina e frumento. Ipotizziamo che il valore del frumento sia pari a 100, il valore della farina sia pari a 200, il valore del pane sia uguale a 300, se sommiamo frumento farina e pane avremo un valore complessivo di 600, superiore al valore del bene finale offerto sul mercato, il pane, che è pari a 300. Oltre che attraverso il valore dei beni finali, il PIL può essere misurato
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Un modello semplificato del sistema economico
considerando il valore aggiunto, cioè il di più che ciascuna fase di produzione aggiunge al prodotto finale. Nel nostro esempio il valore aggiunto della prima fase di lavorazione, frumento, è pari a 100, 100 è il valore aggiunto nella seconda fase di lavorazione, farina, e 100 il valore aggiunto nella fase finale di lavorazione, il pane. Sommando il valore aggiunto nelle singole fasi di lavorazione si ha un valore esattamente pari a 300, uguale al valore del bene finale. Perché il prodotto interno è considerato lordo? La produzione dell’insieme di beni e servizi comporta un certo logorio, un consumo, dei capitali esistenti; per mantenere invariato lo stock di capitale occorre che una parte della produzione finale sia destinata a ricostituire il capitale esistente, cioè una parte della produzione venga ad essere utilizzata come ammortamenti, cioè vada a compensare il capitale consumato nel processo produttivo. Se al lordo togliamo gli ammortamenti otteniamo il prodotto interno netto, o reddito nazionale netto.Il PIL può essere misurato ai prezzi di mercato e al costo dei fattori. Il valore al prezzo di mercato rappresenta ciò che i consumatori pagano per un certo bene, il valore al costo dei fattoria indica l’incasso dei produttori per lo stesso bene. La differenza fra i due valori dello stesso bene è costituita dal prelievo del settore pubblico, le imposte indirette. Ad esempio il consumatore paga la benzina che acquista ai prezzi di mercato, ma il produttore riceve un valore inferiore perché una parte del suo incasso lo deve versare come imposta indiretta.
Un'altra differenza da evidenziare è quella fra prodotto interno e reddito nazionale.Il prodotto interno si riferisce all’insieme dei beni e servizi prodotti in un paese, quindi, una delimitazione geografica della produzione, indipendentemente dal fatto che vengono ad essere prodotti da cittadini del paese o da stranieri. Il reddito nazionale si riferisce, invece, all’insieme dei beni e servizi prodotti da cittadini di un paese indipendentemente dal fatto che si trovino nel paese o all’estero. Gli extracomunitari producono beni e servizi in Italia, ma non è detto che il reddito che guadagnano resti in Italia, perché può darsi che una parte di questo reddito lo trasferiscono ai loro paesi: il reddito che producono in Italia fa parte del Prodotto Interno italiano ma non fa parte del Reddito Nazionale . Così il reddito prodotto da cittadini italiani che lavorano all’estero non entra nel Prodotto Interno italiano, ma entra nel reddito nazionale italiano, perché sono redditi di cittadini italiani. La differenza fra prodotto interno e reddito nazionale, sta nel fatto che il prodotto interno è l’insieme dei beni e servizi prodotti in Italia, mentre il reddito nazionale è l’insieme dei redditi prodotti dai cittadini italiani, indipendentemente dal fatto che siano in Italia. Contabilmente la differenza fra le due voci sta nel saldo netto fra i redditi prodotti all’estero, che i cittadini italiani trasferiscono nel nostro paese, e i redditi prodotti in Italia che i cittadini stranieri trasferiscono nel resto del mondo.
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2.6 Come si misura il reddito nazionale?
Ci sono tre metodi per misurare il reddito: innanzitutto si può misurare il valore di mercato dei beni e servizi prodotti, considerando il valore dei beni e servizi finali ovvero il valore aggiunto (Metodo della produzione). Si può poi misurare il valore dei redditi distribuiti ai fattori della produzione, ad esempio redditi da lavoro e redditi da capitale (Metodo del reddito). Infine si può misurare il valore della spesa a livello aggregato, quindi la spesa per consumi, la spesa per investimenti, la variazione delle scorte e le esportazioni nette (Metodo della spesa). Con il metodo della produzione si considera il valore prodotto dai singoli settori che per semplicità consideriamo a livello di grandi aggregati: agricoltura, silvicoltura e pesca; industria in senso stretto; il settore delle costruzioni che pur facendo parte del settore industriale si misura separatamente; il settore dei servizi che comprende commercio, alberghi e ristoranti, trasporti, comunicazioni ; l'intermediazione finanziaria attività immobiliari e imprenditoriali; altre attività di servizi che include la pubblica amministrazione e altri servizi domestici. Sottraendo alla somma totale dei beni e servizi prodotti il valore dei servizi intermedi finanziari, indirettamente misurati, si ottiene il valore aggiunto al costo dei fattori, che , tanto per avere un’idea di grandezza, nel 2003 ammontava a 922,00 milioni di euro, misurati a prezzi costanti del 1995. Aggiungendo a questo valore le imposte indirette nette si ottiene il PIL ai prezzi di mercato, pari a 1.039.367,00 milioni di euro.Considerando i valori percentuali, si evidenzia che il valore della produzione agricola è il 2,7%, cioè meno del 3%, della produzione complessiva. Quindi produzione agricola, silvicoltura e pesca incidono per meno del 3% sul prodotto nazionale, l’industria in senso stretto incide per il 21,06%, e con le costruzioni, 4,9%, raggiunge circa un quarto del prodotto nazionale, il resto è costituito dal settore dei servizi. Commercio e alberghi 23,6%; intermediazione finanziaria 23,5%; altre attività di servizi compresa la pubblica amministrazione 17,4%. Questi dati evidenziano il fatto che viviamo in un’economia di servizi, quella industriale non è più l'attività principale.
Tabella 2.6.1 Valore Aggiunto per Settori Produttivi(Italia Anno 2003 Valori a prezzi 1995 milioni di euro)
SettoreV.A.
costo fattori %V.A.
prezzi mercato %Agricoltura Silvicoltura pesca 28.191
2,7% 25.452 2,4%
Industria in senso stretto 224.678
21,6% 262.097 25,2%
Costruzioni51.125
4,9% 52.852 5,1%
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Un modello semplificato del sistema economico
Commercio Alberghi e ristoranti trasporti Comunicazioni 245.704
23,6% 241.212 23,2%
Intermediazione finanziaria; attività immobiliari e imprenditoriali 244.339
23,5% 263.038 25,3%
Altre attività di servizi (P.A. Altri servizi servizi domestici) 180.574
17,4% 185.413 17,8%
Totale 974.611
93,8% 1.030.064 99,1%
servizi intermedi finanziari indirettamente misurati. 52.083
5,0% 52.083 5,0%
Totale 922.527
88,8% 977.880 94,1%
imposte indirette nette 116.839
11,2% 61386 ** 5,9%
PIL ai prezzi di mercato 1.039.367
100,0% 1.039.367
100,0%
** Imposte ind.nette su import
Il secondo metodo, quello del reddito, può essere evidenziato attraverso il Conto della generazione dei redditi primari, che ci permette di vedere come il valore del Prodotto Interno Netto, 1.124.911,00 milioni di euro nel 2003, è ripartito fra redditi da lavoro dipendente, interni al paese, 543.000 milioni di euro, risultato di gestione più reddito misto, cioè il reddito delle imprese, 408.418 milioni di euro, più imposte sulla produzione e sulle importazioni al netto dei contributi dello Stato, 172.677,00 milioni di euro.
Tabella 2 6.2. Conto della generazione dei redditi primariRisorse 2003
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Prodotto interno netto 1.124.911
Impieghi
Redditi da lavoro dipendente (interni) 543.817
Imposte sulla prod. e sulle import. 192.563
Contributi () 19.886Risultato di gestione + reddito misto(netto) 408.418
Il terzo metodo di misurazione del PIL, quello della spesa sul mercato,può essere evidenziato con il Conto economico delle risorse e degli impieghi. Le risorse non sono altro che l’insieme delle merci disponibili sul mercato interno, il prodotto interno lordo, cioè l’insieme dei beni e servizi finali prodotti nel sistema economico, e le importazioni, cioè beni e servizi che vengono ad essere acquistati dal resto del mondo. Queste risorse permettono di soddisfare la domanda di beni e servizi che si presenta sul mercato ( gli impieghi). I beni sono innanzitutto utilizzati per soddisfare la domanda di consumi nazionali, effettuata dalle famiglie residenti e dalle amministrazioni pubbliche e dalle istituzioni senza fine di lucro, che rappresenta la spesa prevalente. Occorre poi aggiungere la spesa per investimenti e quella per esportazioni: gli investimenti fissi lordi effettuati dalle imprese, sono costituiti dagli investimenti fissi netti e dagli ammortamenti, necessari a ricostituire lo stock di capitale logorato nel processo produttivo. Le esportazioni di beni e servizi misurano la domanda di prodotti nazionali acquistati dal resto del mondo. Infine la variazione delle scorte indica la quantità di beni che le imprese hanno prodotto ma non sono state vendute, sia per insufficienza di domanda sul mercato sia per il fatto che le stesse imprese hanno scelto di accumulare scorte di semilavorati o di prodotti finiti.Quindi l’insieme dei beni prodotti nel sistema economico o importati dal resto del mondo viene richiesta dalle famiglie e dall’amministrazione pubblica per soddisfare bisogni (spesa per consumi), dalle imprese per produrre altri beni ( spesa per investimenti), dal resto del mondo per soddisfare bisogni o per produrre altri beni (esportazioni), ovvero rimane alle imprese sotto forma di variazione delle scorte.
Tabella 2. 6.3 Conto economico delle risorse e degli impieghi
(Valori a prezzi 1995 – milioni di euro)
Aggregati 2003
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Un modello semplificato del sistema economico
Risorse V.A. %
Prodotto interno lordo ai prezzi di mercato 1.039.367 0,78
Importazioni di beni e servizi 285.302 0,22
Totale 1.324.668 1
Impieghi
Consumi nazionali 818.725 0,62
Spesa delle famiglie residenti 627.092 0,47 Spesa delle Amministrazioni pubbliche e delle Isp 191.633 0,14
Investimenti fissi lordi 211.126 0,16
Investimenti fissi netti 60.723 0,05
Ammortamenti 150.403 0,11
Variazione delle scorte 8.673 0,01
Esportazioni di beni e servizi 286.144 0,22
Totale 1.324.668 1
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