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LETTER 1/2007 Imprenditori per il Bene Comune EDITORIALE Famiglia oggi: la responsabilità delle imprese VALORI E IMPRESA Professionisti nella sfida della complessità IMPRENDITORI OGGI Attuare la speranza con la propria vita CONVEGNO ECCLESIALE

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UCID Letter n°1/2007

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L E T T E R

1/2007

Imprenditori per il Bene ComuneEDITORIALE

Famiglia oggi:la responsabilità delle imprese

VALORI E IMPRESA

Professionisti nella sfida della complessità

IMPRENDITORI OGGI

Attuare la speranza con la propria vitaCONVEGNO ECCLESIALE

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L E T T E R

Periodico quadrimestrale dell’UCIDUnione Cristiana Imprenditori Dirigenti

Anno X, 1/2007

Autorizzazione del Tribunale di Roma

N. 437/05 del 4/8/2005

UCID, Unione Cristiana Imprenditori e Dirigenti, èun’Associazione privata, nata nel 1947, che impe-gna i propri Soci alla realizzazione del Bene Comu-ne mediante comportamenti coerenti con lo spiritoevangelico e con gli indirizzi della Dottrina Socile del-la Chiesa Cattolica.Con questo impegno l’UCID pone al servizio dellacomunità civile le esperienze e le conoscenze che de-rivano ai propri Soci dalle loro attività imprendito-riali e professionali.I fondamentali princípi etici ispiratori e di riferimen-to che l’UCID ha adottato e che propone a tutti i pro-pri soci sono:• la centralità della persona, accolta e valorizza-ta nella sua globalità;• l’equilibrato utilizzo dei beni del Creato, nelpieno rispetto dell’ambiente, sia per le presenti cheper le future generazioni;• il sano e corretto esercizio dell’impresa e del-la professione come obbligo verso la società e co-me opportunità per moltiplicare i talenti ricevuti abeneficio di tutti;• la conoscenza e la diffusione del Vangelo,ap-plicando le indicazioni ideali e pratiche della Dottri-na Sociale della Chiesa;• un’efficace ed equa collaborazione fra i sogget-ti dell’impresa, promuovendo la solidarietà e svilup-pando la sussidiarietà.Da queste linee ideali e di impegno deriva una or-ganizzazione composta, a livello nazionale, di circa4.000 soci. UCID Nazionale è articolata a livello ter-ritoriale in 16 Gruppi Regionali e 74 Sezioni Provin-ciali e Diocesane. L’UCID Nazionale fa parte dell’U-NIAPAC, “International Christian Union of BusinessExecutives”.

U C I D

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1/2007 • UCID Letter

1/2007UCID LETTER

ATTIVITA’

Periodico quadrimestrale dell’UCIDUnione Cristiana Imprenditori Dirigenti

Direttore ResponsabileGiovanni Locatelli

RedazioneSegreteria UCID Nazionale

Via Di Trasone 56 - 00199 RomaTel. 06 86323058 - fax 06 86399535e.mail: [email protected]

site web: www.ucid.it

Anno X 1/2007

Autorizzazione del Tribunale di RomaN. 437/05 del 4/8/2005

Sped. in Abbon. Postale - D.L. 353/2003(conv. in l. 27/02/2004 n° 46)art. 1, comma 2, DCB Padova

Progetto grafico e impaginazioneGermano Bertin

TipografiaNuova Grafotecnica,Via L. da Vinci 835020 Casalserugo - PadovaTel.049 643195 - Fax 049 8740592site web: www.grafotecnica.it

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SOMMARIO

Parte PrimaEditoriale / Imprenditori per la costruzione del bene comune 5

Parte SecondaAttuare la speranza con la propria vita

di Franco Mosconi 11Le radici cristiane d’Europa

di Franco Nava 15La Bibbia, il cristiano e la ricchezza

di Patrizio Rota Scalabrini 18Professionisti nella sfida della complessità

di Angelo Ferro 28La separazione ricomposta dallo Spirito

di Mauro Boccuzzi 40Per uno sviluppo culturale, etico ed economico

di Emilio Iaboni 43Vocazione ed etica delle strutture dell’economia

di Giancarlo Picco 47Famiglia: la responsabilità delle imprese

di Ferdinando Cavalli 55Valori cristiani e impresa familiare

di Maurizio Magliola 57Quando i valori influiscono sui risultati aziendali

di Giuseppe Lovecchio 59Il volto e la cultura della “polis”

di Antonio Sanapo 61Cina: il problema del soft landing

di Carlo Simonetti 64Un esempio di istintività creativa

di Giovanni Scanagatta 70

Parte TerzaAttività Presidenza Nazionale 74

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1/2007 • UCID Letter

EDITORIALEATTIVITA’EDITORIALE

IMPRENDITORI PER

LA COSTRUZIONE

DEL BENE COMUNE

Proprio l’impresa può contribuire alla costruzione del nuovo umanesinodi cui oggi c’è tanto bisogno

Cresce sempre piú la partecipazione

dei soci delle sezioni alla vita di UCID Letter.

Si tratta di uno strumento importante di scambio, confronto

e condivisione per la formazione

ai valori in cui crediamo,

alla loro diffusione e testimonianza

Il primo numero di UCID Letter del 2007 si apre con una no-vità sul piano editoriale. La sua impostazione in tre parti rap-presentate dall’editoriale, dai contributi tematici di riflessio-

ne sulle diverse questioni di etica cristiana applicata, dalle atti-vità dei Gruppi e delle Sezioni, lascia il posto a una visione piúdi pensiero della nostra associazione. La terza parte di tipo co-municazionale delle attività dei Gruppi e delle Sezioni viene of-ferta non piú in forma cartacea come avvenuto finora, ma esclu-sivamente in formato elettronico attraverso il nostro sito internet.

Ciò risponde alla necessità di un utilizzo sempre piú esteso ecapillare delle enormi possibilità delle tecnologie dell’informa-zione e della comunicazione, con un aggiornamento continuo del-le attività che vengono svolte nelle diverse realtà regionali e dio-cesane. Sono stati predisposti un manuale e un vademecum perconsentire ai referenti tecnici dei Gruppi e delle Sezioni di inse-rire nel nostro sito internet tutte le informazioni riguardanti la vi-ta a livello locale e delle iniziative convegnistiche, seminariali eformative.

A cura dell’UCID Nazionale, con la stessa cadenza di UCIDLetter nella sua nuova forma, verrà predisposto un resoconto si-stematico, diviso per Gruppi e Sezioni, di tutte le attività svoltenell’ultimo quadrimestre. Il resoconto sarà disponibile sul sito inoccasione dell’uscita dei tre numeri annuali di UCID Letter in-viati a tutti i soci e simpatizzanti.

Un secondo aspetto che è opportuno sottolineare riguarda la cre-scente partecipazione dei soci delle sezioni alla vita di UCID Let-ter, con contributi sempre piú numerosi sui vari temi della nostravita economica e sociale alla luce degli insegnamenti del Vange-lo e della Dottrina Sociale della Chiesa. Si tratta di uno strumen-to importante di scambio, confronto e condivisione per la forma-zione ai valori in cui crediamo, alla loro diffusione e testimonianza.

Il presente numero si apre con un contributo di Franco Mosco-ni sull’impegno del Convegno Ecclesiale che si è svolto a Vero-na lo scorso mese di ottobre 2006, attuando la speranza di un mon-do migliore attraverso la testimonianza della propria vita.

Segue un intervento di Franco Nava, Presidente della SezioneUCID di Milano, sulle radici cristiane dell’Europa. Si tratta di uncammino che UCID Milano sta portando avanti con UCID Na-zionale e con l’UNIAPAC per realizzare un importante convegnoche si terrà nel capoluogo lombardo agli inizi del prossimo anno.

I successivi contributi di Angelo Ferro, Mauro Boccuzzi, Emi-lio Iaboni, Maurizio Magliola e Giuseppe Lovecchio affrontanotemi di Dottrina Sociale della Chiesa legati ai grandi cambia-menti che stiamo vivendo in questa epoca di globalizzazione, al-le strutture dell’economia, ai valori cristiani dell’impresa fami-liare e alla responsabilità etica dell’impresa. Segue un contribu-to di Antonio Sanapo sul volto della democrazia alla luce del Ma-

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Serve “piú famiglia” per la costruzione del futuro di tutti. E al motto “piú famiglia”, noi aggiungiamo “piú impresa”, in forza dell’intimo legame che esiste nel nostro sistema produttivo tra famiglie e imprese

gistero della Chiesa attraverso le grandi encicliche sociali deiPontefici, a partire dalla Rerum Novarum di Leone XIII.

Nell’àmbito di tali contributi, un’attenzione particolare vieneriservata all’impresa familiare e ai valori della famiglia per il fu-turo della nostra società, con contributi di Maurizio Magliola e diFerdinando Cavalli. Questi contributi si collegano idealmente al-l’adesione dell’UCID al Family Day del 12 maggio 2007 a Ro-ma. Il Manifesto, sottoscritto dal Presidente dell’UCID assiemeai rappresentanti dei movimenti e delle associazioni ecclesiali epubblicato sui principali organi di stampa nazionali, indica la ne-cessità di “piú famiglia” per la costruzione del futuro di tutti. Eal motto “piú famiglia”, noi aggiungiamo “piú impresa”, in for-za dell’intimo legame che esiste nel nostro sistema produttivo trafamiglie e imprese. Nel nostro Paese esistono 5 milioni di imprese,con un rapporto di un’impresa ogni 11 abitanti, molto piú eleva-to rispetto agli altri Paesi. Noi possiamo veramente dire che ciòche è bene per la famiglia è bene per l’impresa e per il Paese. L’in-vestimento nella persona in famiglia, secondo i nostri valori cri-stiani, è quello piú prezioso e che dà maggiori frutti rispetto a tut-te le successive fasi della scuola primaria, secondaria e dell’Uni-versità. La manifestazione si è svolta in Piazza S. Giovanni in La-terano con inizio alle ore 15.00 e termine alle ore 18.00. La pri-ma parte della manifestazione dalle 15.00 alle 17.00 ha compre-so una serie di messaggi interni con la partecipazione dei Presi-denti e dei rappresentanti delle associazioni e dei movimenti ec-clesiali che hanno sottoscritto il Manifesto sul valore della fami-glia per il futuro della società. La seconda parte si è svolta dalle17.00 alle 18.00 con messaggi al Paese per una politica a favoredella famiglia fondata sui valori che ne fanno la cellula della so-cietà, secondo i dettami della nostra Costituzione. È stato distri-buito materiale divulgativo per una partecipazione il piú possibi-le ampia all’importante manifestazione.

Il successivo intervento è stato curato da Carlo Simonetti sul-l’aggiustamento in atto nell’economia cinese per favorire lo svi-luppo fondato non solo sugli investimenti e sulle esportazioni masu modelli di consumo piú consistenti e diffusi per un migliora-mento della qualità della vita della popolazione cinese.

Seguono due testimonianze di Antonella Freno e Giovanni Sca-nagatta sulla necessità di gettare un ponte tra il Nord e il Sud peruno sviluppo solidale fondato soprattutto sulla creatività dei gio-vani del Mezzogiorno, sulla scia del genio creativo di Gianni Ver-sace che ha lasciato la propria terra per dare il meglio di sé stes-so a Milano e al mondo, testimoniando il suo grande amore peril bello nelle sue molteplici forme artistiche che spaziano moltoal di là della moda. L’espressione piú alta del lavoro creativo dàsostanza alla visione del grande papa Giovanni Paolo II che nel-la Laborem Exercens reclama la supremazia del lavoro inteso in

ATTIVITA’EDITORIALE

L’espressione piú altadel lavoro creativo dà sostanza alla visione che il grande Papa Giovanni Paolo II, nella Laborem Exercens,reclama alla supremazia del lavoro.Perché è l’uomo il grande artefice che può continuare l’opera del Creatore

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senso soggettivo rispetto a quello oggettivo, perché è l’uomo ilgrande artefice che può continuare l’opera del Creatore.

Chiude il numero di UCID Letter un’intervista di Rai utile aGiovanni Scanagatta sul significato odierno della regola di SanBenedetto “Ora et Labora”.

Si ricordano infine tre importanti appuntamenti. Il primo si ègià svolto a Matera il 14 aprile 2007 per la presentazione del se-condo Rapporto UCID sul microcredito e la microfinanza, in col-laborazione con la Onlus Le Valli del Sapere della Basilicata. Han-no partecipato all’iniziativa il Presidente della Conferenza Epi-scopale della Basilicata, Mons. Agostino Superbo, l’Arcivesco-vo di Matera, Mons. Salvatore Logorio, il Presidente dell’UCIDNazionale Angelo Ferro, il Presidente di Valle del Sapere, Tom-maso Sorrentino. Il secondo progetto dell’UCID, Microfinanza egiovani imprenditori nel Mezzogiorno, sperimenta vie nuove conil sostegno della creazione di microimprese nei settori ad eleva-ta tecnologia e dei servizi innovativi secondo il modello del se-nior partner. Si realizza in questo modo una solidarietà interge-nerazionale tra i giovani del Sud con elevato profilo di prepara-zione e alta propensione a intraprendere e gli imprenditori cristianigià affermati, soprattutto del Nord. Accanto a una solidarietà in-tergenerazionale si realizza pertanto una solidarietà di tipo terri-toriale tra il Nord e il Sud del Paese, con un’importante azione diintegrazione e coesione sociale.

Queste iniziative intendono dare un contributo per sconfigge-re i mali riguardanti in modo particolare il Mezzogiorno. Purtroppotutto questo è conseguenza di una concezione della politica noncome servizio per il bene comune della società, come diceva donSturzo, ma come mero esercizio del potere.

Chi paga i prezzi piú alti di questa situazione sono i giovani che,pur provvisti di elevati standard di preparazione e istruzione, so-no costretti a lasciare la loro terra per trovare un’occupazione. Ab-biamo cercato di metterlo in evidenza con il nostro secondo Rap-porto: su 100 laureati dell’Università della Basilicata, solo 30 tro-vano lavoro nella loro Regione; 60 vanno in gran parte al Nord e10 all’estero. In questo modo il territorio si priva delle risorse mi-gliori per il suo sviluppo, sulle quali ha investito risorse prove-nienti soprattutto dalle famiglie con grandi sacrifici.

Dobbiamo invertire questa tendenza, puntando non sull’assi-stenzialismo che crea dipendenza ma sulla creazione di nuove im-prese giovanili nel Mezzogiorno, soprattutto nei settori nuovi del-la manifattura e dei servizi in cui contano molto la preparazionedel capitale umano, la ricerca e l’innovazione.

Il modello che abbiamo individuato è quello del senior part-ner, con un lavoro di accompagnamento, tutoraggio e monitoraggiodi queste nuove microimprese giovanili del Sud da parte degli im-

Il modello “senior partner”

realizza una solidarietàintergenerazionale

tra i giovani del Sud con elevato profilo di

preparazione e alta propensione

a intraprendere e imprenditori già affermati.

Si realizza cosí anche una solidarietà

di tipo territoriale

EDITORIALE

ATTIVITA’

Si realizza pertanto una solidarietà

di tipo territoriale tra il Nord e il Sud

del Paese, con un’importante

azione di integrazione e di coesione sociale.

Ciò contribuisce anchea rafforzare

una concezione della politica intesa

come servizio al bene comune e non piú mero

esercizio di potere

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Il 16 giugno 2007 verrà presentato a Milano pressola Fondazione Cariplo il Rapporto dell’UCID“La coscienza imprendi-toriale nella costruzionedel bene comune”. L’iniziativa è dedicataalla cara memoria di Alberto Falck, checon la sua testimonianzacristiana ha segnato la storia di noi Ucidini

prenditori dell’UCID o di altri imprenditori esterni.Per partire abbiamo individuato due settori: il primo delle tec-

nologie dell’informazione e della comunicazione; il secondo del-le tecnologie avanzate per l’autonomia dei disabili. Nella primainiziativa coinvolgeremo due giovani laureati in ingegneria ( o al-tra facoltà scientifica) dell’Università della Basilicata, con otti-mo profilo e con voglia di mettersi in gioco con un’attività im-prenditoriale, con senior partner la società Linfa di Roma. Per laseconda iniziativa coinvolgeremo sempre un paio di ingegneri lau-reati nella stessa Università che hanno manifestato il forte inte-resse a creare una nuova attività in Basilicata, con una partner-ship con la Tiflosystem di Padova.

Si tratta di due primi granelli di senape, ma come ci ricorda ilVangelo questi potranno diventare grandi piante da ospitare gliuccelli del cielo. La parte che mettiamo noi uomini è piccola, mase abbiamo fede il Signore la sviluppa grandemente, come è av-venuto con la moltiplicazione dei pani e dei pesci saziando unagrande moltitudine di persone.

Le iniziative dell’UCID Nazionale che seguiranno a giugno aMilano e a ottobre a Torino sono di vitale importanza per la no-stra associazione, come lo è stata la memorabile udienza del San-to Padre Benedetto XVI il 4 marzo 2006 nell’aula Paolo VI in Va-ticano.

Il 16 giugno 2007 verrà presentato a Milano presso la Fonda-zione Cariplo il Rapporto dell’UCID “La coscienza imprendito-riale nella costruzione del bene comune”. L’iniziativa è dedicataalla cara memoria di Alberto Falck, che con la sua vita di testi-monianza cristiana ha segnato la storia di noi Ucidini.

Si tratta di un Rapporto corale costruito con il contributo di tut-te le componenti territoriali dell’UCID sui vari temi che interpellanola nostra coscienza di imprenditori, dirigenti, professionisti cri-stiani per rispondere alla chiamata di Gesú: «Sono io che ho scel-to voi e non voi che avete scelto me». Si tratta di una testimo-nianza di risposta alla chiamata del Salvatore, in autentico spiri-to di “cultura dell’offerta” come indicato nell’appello degli im-prenditori cristiani dell’UCID di settembre del 2005.

I temi trattati vanno dalla responsabilità etica dell’imprendito-re, ai processi di internazionalizzazione e di delocalizzazione del-le imprese nell’era della globalizzazione, alle buone pratiche del-l’etica imprenditoriale, ai risultati di una ricca indagine sul cam-po con questionari sui valori che ispirano l’attività dei nostri im-prenditori cristiani, al significato del lavoro come dono, al nostroimpegno per il futuro dell’Europa che non può esistere senza lamemoria e l’identità delle radici cristiane. Alla presentazione delRapporto farà seguito una tavola rotonda a cui parteciperanno gior-nalisti dei principali organi di stampa nazionali.

ATTIVITA’EDITORIALE

Si tratta di un Rapportocorale costruito con il contributo di tutte le componenti territoriali dell’UCID sui vari temi che interpellano la nostra coscienza diimprenditori, dirigenti,professionisti cristianiper rispondere alla chiamata di Gesú: «Sono io che ho scelto voi e non voi che avete scelto me»

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Nel pomeriggio del 16 giugno si terrà l’Assemblea Ordinaria eStraordinaria con importanti punti all’ordine del giorno, tra cuiuno riguardante il nostro Statuto di Federazione Nazionale.

Il secondo importante appuntamento si svolgerà a Torino il 5,6e 7 ottobre 2007 per celebrare il sessantesimo anniversario dellanascita dell’UCID, con la partecipazione conclusiva del Cardi-nale Bertone e lo svolgimento di una riunione del Consiglio Di-rettivo.

La scelta di Torino per la celebrazione del nostro sessantesimoanniversario riveste un significato particolare alla luce della straor-dinaria capacità che ha mostrato questa città di trasformarsi dacentro della manifattura a centro di servizi innovativi, propri del-la nuova società della conoscenza che si è aperta davanti a noi. Èla capacità di lasciare l’uomo vecchio per creare l’uomo nuovo,di cui parla il Vangelo e che costituisce la base di un nuovo svi-luppo fondato sull’ordine morale.

La celebrazione di questo evento spinge la nostra memoria alricordo del Cardinale di Milano, Ildefonso Schuster, e del Cardi-nale di Genova, Giuseppe Siri, che hanno ispirato la nascita del-l’UCID all’indomani del secondo conflitto mondiale.

Era l’anno 1945 e a Milano e a Genova, in modo provviden-zialmente contemporaneo, partirono le prime iniziative per la co-stituzione dell’UCID, Unione Cristiana Imprenditori, divenutapoi negli atti fondativi UCID con la presenza dei Dirigenti.

L’UCID Nazionale nascerà due anni dopo, il 31 gennaio del 1947a Milano, per dare forza e incisività all’azione di un’Unione chedoveva avere respiro Nazionale e collegamenti internazionali.

Erano anni in cui era difficile parlare del ruolo dell’impresa edegli imprenditori come attori fondamentali dello sviluppo eco-nomico e sociale, ma che la visione profetica di guide illumina-te dalla fede in Cristo faceva prevedere. Si trattava di inquadrarel’azione dell’impresa, degli imprenditori e dei dirigenti nell’or-dine morale e, in particolare, della morale cristiana. Sono princí-pi che troveranno la massima espressione nell’Enciclica di Gio-vanni Paolo II, Centesimus Annus.

Le grandi sfide della globalizzazione che stiamo vivendo, chehanno una valenza non solo economica ma anche sociale e uma-na, devono aumentare in noi l’amore per il bene comune univer-sale, rifuggendo le diffuse tentazioni del riduzionismo economi-co e del relativismo etico indicate dal Santo Padre BenedettoXVI.

L’Europa deve ritrovare sé stessa e deve farlo puntando soprattuttosui giovani, fondamento di una società aperta e piú giusta.

L’integrazione con le popolazioni che vengono a noi alla ricercadi una vita dignitosa non ci deve fare paura. Ci deve animare lostesso spirito di San Benedetto che ha saputo dare una luce a un’Eu-

Si svolgerà a Torino il 5, 6 e 7 ottobre 2007

un Convegno per celebrare il sessantesimo

anniversario della nascita dell’UCID.

Torino, allora, seppe trasformarsi da centro

della manifattura a centro di servizi innovativi, propri

della nuova società della conoscenza

EDITORIALE

ATTIVITA’

Le grandi sfide della globalizzazione,

che hanno una valenza non solo economica

ma anche sociale e umana, devono

aumentare in noi l’amore

per il bene comune universale, rifuggendo

le diffuse tentazioni del riduzionismo

economico e del relativismo etico

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L’Europa deve ritrovare sé stessa puntando soprattutto sui giovani,fondamento di una società aperta e piú giusta. L’integrazione con le popolazioni che vengono a noi alla ricerca di una vita dignitosanon ci deve fare paura. È questo lo spirito che anima il Rapportoche verrà presentato a Milano il 16 giugno

ropa che sembrava senza futuro dopo la caduta dell’impero ro-mano e il minaccioso avanzare di popoli molto diversi.

Il monachesimo ha costituito la minoranza creativa che ha sa-puto preservare e tramandare il grande patrimonio di cultura e distoria ereditato dal mondo greco e romano e contemporaneamentesvolgere la funzione di propulsione di un nuovo sviluppo scien-tifico e tecnico.

Abbiamo per questo bisogno di un nuovo umanesimo con il ruo-lo fondamentale dell’impresa per la sua costruzione, come ha in-dicato il IV Simposio Europeo promosso dalla Pastorale Univer-sitaria del Vicariato di Roma il mese di giugno 2006 a Roma.

Nell’inaugurazione del Simposio, il Cardinale Camillo Ruiniha parlato di un nuovo umanesimo cristiano, tracciando i contor-ni della visione cristiana dello sviluppo per il bene comune uni-versale. È in fondo l’attuazione del grande insegnamento della Po-pulorum Progressio di Paolo VI, indicando nello sviluppo la nuo-va dimensione della pace nel mondo. È questo lo spirito che ani-ma il nostro Rapporto che presenteremo a Milano su “La co-scienza imprenditoriale nella costruzione del bene comune”.

Preghiamo vivamente tutti i Soci di segnare in agenda questidue importanti appuntamenti dell’UCID che terremo a Milanoe a Torino.

Gli amici della Presidenza Nazionale

Maggio 2007

ATTIVITA’EDITORIALE

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gnifica solo e semplicemente at-tendere dal futuro il compi-mento di una salvezza non an-cora posseduta, ma vivere giàora secondo uno stile di vitache anticipi il futuro.

La speranza cristiana è dun-que una vita nuova motivatadall’esperienza e dalla sceltabattesimale. Il testo che abbia-mo davanti ci presenta la novitàdella vita cristiana: la speran-za cristiana è la chiave dell’e-sistenza, perché apre alla pie-nezza che ci sarà data e di cuiabbiamo la caparra (cfr. Rom 8,e 2 Cor 1,22).

Spesso la comunità cristianamanca di un orizzonte escato-logico. L’aldilà è sostituito conl’aldiqua. E una comunità cri-stiana che non spera piú è mor-ta, annuncia forse ancora il Van-gelo, ma con un tono stanco,rassegnato, già con la convin-zione che tanto serve a niente!

Una comunità cristiana chenon spera, piano piano arriva aconvincersi che la via tracciatadal Vangelo non è piú percorri-bile oggi, che bisogna trovaredunque altre strade; arriva pia-no piano ad ammettere che i va-lori essenziali del Vangelo qua-li la gratuità, l’amore, la povertà,la piccolezza sono cose d’altritempi: oggi conta la potenza, ilsuccesso, la ricchezza, la forzadei numeri e dei mezzi. Il pri-mo appello che fa l’autore del-la lettera è: continuate a spera-re fino a quando sarà esauritaogni possibilità di speranza; ilcompimento definitivo non vamai messo in discussione. Que-sta capacità di speranza è un’ar-te, perché chiede di saper orien-

ATTUARE

LA SPERANZA CON

LA PROPRIA VITA

Significa vivere già ora secondo uno stile di vitache anticipi il futuro

tare tutte le attese della vita nel-la “grande speranza”. Ponetecompletamente la vostra spe-ranza sul compimento che è lamanifestazione di Gesú, ossiala salvezza. Puntate sempre dipiú le vostre energie sul Cristoche vi è dato e sta crescendo invoi. «Perciò dopo aver preparatola vostra mente all’azione, sia-te vigilanti …»; il testo greco ad-dirittura dice: «cingendovi i fian-chi della vostra intelligenza, sia-te sobri e ponete ogni speranza».

UNA PAROLA

CHE GENERA SPERANZA

La prima cosa che fa la Pa-rola in noi è quella di donarci

VERONA:CONVEGNO ECCLESIALE

ATTIVITA’

di Dom Franco MosconiOSB. Cam. Priore dell’Eremo di S. Giorgio

«Fratelli, tenendovipronti nello spirito erestando sobri, pone-

te tutta la vostra speranza inquella grazia che vi sarà dataquando Gesú Cristo si manife-sterà. Come figli obbedienti, nonconformatevi ai desideri di untempo, quando eravate nell’i-gnoranza, ma, come il Santo chevi ha chiamati, diventate santianche voi in tutta la vostra con-dotta. Poiché sta scritto: Saretesanti, perché io sono santo.

E se chiamate Padre coluiche, senza fare preferenze, giu-dica ciascuno secondo le proprieopere, comportatevi con timo-re di Dio nel tempo in cui vive-te quaggiú come stranieri. Voisapete che non a prezzo di co-se effimere, come argento e oro,foste liberati dalla vostra vuo-ta condotta, ereditata dai pa-dri, ma con il sangue preziosodi Cristo, agnello senza difettie senza macchia. Egli fu prede-stinato già prima della fonda-zione del mondo, ma negli ulti-mi tempi si è manifestato pervoi; e voi per opera sua crede-te in Dio, che lo ha risuscitatodai morti e gli ha dato gloria,in modo che la vostra fede e lavostra speranza siano rivolte aDio» (1 Pietro 1,13-21) (*).

Questa lettera di Pietro è pro-babilmente un’antica omeliabattesimale che prevedeva, do-po l’annuncio della Parola,l’immersione nel fonte battesi-male, quasi a dire: un’immer-sione nella Parola per poi uscir-ne rigenerati. Per l’autore diquesta lettera, l’esistenza cri-stiana è contrassegnata dallasperanza. Ma “sperare” non si-

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Spesso siamo bloccatidalle nostre paure e dalle nostre angosce; siamo spesso legati da tanti condizionamenti.La prima cosa che fa la Parola è cingerci i fianchi della mente, per renderci piú agili,piú aperti, piú disponibili al nuovo.Essa genera alla speranza

Sappiamo cosa vuol dire cin-gere i fianchi: anticamente gliuomini portavano lunghe vestie allora, per camminare spedi-ti, si cingevano i fianchi.

Noi spesso siamo bloccatidai paludamenti delle nostrementi che sono le nostre pau-re, le nostre angosce, i nostri so-spetti; siamo spesso impaccia-ti nelle decisioni da assumere,siamo legati da tanti condizio-namenti.

La prima cosa che fa la Pa-rola è cingerci i fianchi dellamente, renderci piú agili, piúaperti, piú disponibili al nuovo,appunto pieni di speranza, per-ché se l’uomo non spera, nonvive, soffoca. È la conversio-ne della nostra mente (Rom12,1-2). È il superamento deinostri vani ragionamenti (Fil4,7). Dunque, la prima azionedella Parola è generarci allasperanza. Quella speranza chepoi diventerà completa alla fi-ne, quella speranza che susci-ta la nostra operatività, che fasí che non ci conformiamo aidesideri disperati che avevamoprima, quando eravamo nell’i-gnoranza.

Quando si è nell’ignoranzadelle cose positive, cosa si fa?Si vive nella paura. Che cosa fauno quando vive nella paura?Realizza le sue paure! Ecco al-lora che la speranza cambia ilnostro comportamento: non rea-lizziamo piú quegli schemi dipaura che avevamo dentro, madiventiamo capaci di attuaredei progetti nuovi, positivi,emersi attraverso il raccontodel Vangelo, che abbiamo con-statato corrispondere ai nostri

bisogni profondi fino a farcidire: guarda che bello cosí!

Quindi questa è la prima co-sa che ci dona la Parola: ci ge-nera alla speranza. Ravvivatesempre esistenzialmente la me-ta; non vivete di rendita, lotta-te per approfondire, per incideredentro di voi l’affascinante im-magine della meta sperata. È unlavoro sapienziale; è la libertàdai sogni consumistici e inuti-li che ci consente di cogliere ilfascino della Karis, offertacicon la Rivelazione di Gesú;sperare non è un valore margi-nale; occorre essere documen-tati e conoscere e dire che co-sa attendiamo: una eredità chenon tramonta.

Come Dio ha risuscitato Ge-sú, cosí sappiamo che avverràin noi questa vita nuova (1, 21).Per Paolo (Rom 8), è lo Spiri-to Santo il legame fra ciò cheè germinale o caparra, e il com-pimento.

Il cristiano non è tale se nonè uomo di speranza e cosí di-venta grazie all’opera dello Spi-rito che abita in lui che, primaancora di renderlo capace dicompiere un gesto di speranza,lo fa speranza, depositando nelsuo cuore un germe di vita nuo-va che, secondo il progetto diDio riceverà un compimento.

Diventato speranza, il cri-stiano vive e testimonia nellasua vita la speranza. Ed eglinon spera soltanto per sé maanche per il mondo, afferman-do che, anche nelle situazionipiú disperate c’è una via d’u-scita, c’è un riferimento cheporta a una meta che è al di làdell’apparente vuoto e del non

speranza («… Ora, tutto ciòche è stato scritto prima di noi,èstato scritto per nostra istru-zione, perché in virtú della per-severanza, e della consolazio-ne che vengono dalle Scrittu-re, teniamo viva la nostra spe-ranza» Rom 15,4).

Cosa fa il Vangelo? Ci pre-senta la nostra verità profonda,ciò che siamo secondo il dise-gno di Dio, ciò che tutti vor-remmo essere e non riusciamoa essere. La prima cosa che do-vrebbe avvenire, leggendo ilVangelo, è questa: un’aperturadel cuore alla speranza; il testogreco dice: «cingendovi i fian-chi della vostra intelligenza»!

ATTIVITA’VERONA:CONVEGNO ECCLESIALE

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La santità non è qualcosa di strano!

È quel comportamentoperfettamente umano

che diventa divino; è la pienezza di vita,

di gioia e d’amore che c’è in Dio:

questo siamo chiamati a vivere!

Nella quotidianità!

senso. Il cristiano spera per sée per il mondo anche quando larealtà che lo circonda sembraopporre tutto il contrario.

Ma tale speranza è possibilesoltanto se si rimane uniti a Cri-sto e si riceve il suo Spirito ca-pace di ribaltare le nostre tom-be nelle quali ci siamo rifugia-ti pieni di paura e di sospetti.

Per questo si può sperare.«Essere Chiesa - scriveva unmio confratello che non è piútra noi (P. Calati) - significaimmergersi nella Parola, la-sciandosi compenetrare dalloSpirito.

La crescita nella carità delsingolo fedele si sviluppa inproporzione all’approfondi-mento della Parola di Dio, gra-zie all’identico Spirito che ani-ma le Scritture e che dirige ognicredente verso la pienezza del-l’amore» (Cfr. B. Calati, SanGregorio Magno, maestro diformazione spirituale, pg. 256).

Ho appreso con grande gioial’annuncio da Papa BenedettoXVI sull’indizione della dodi-cesima Assemblea generale Or-dinaria del Sinodo dei Vescovisul tema: La Parola di Dio nel-la vita e nella missione dellaChiesa (5-26 Ott. 2008).

UNA SPERANZA

CHE APRE ALLA SANTITÀ

La seconda caratteristica del-la Parola la troviamo al verset-to 15: qui ci viene aperta unavia: «diventate santi». Propriocosí! Santo è solo Dio ed è unattributo senza analogie perchésolo Lui è santo. Ma è proprioLui che ci dice: sii come me!Perché sei mio figlio! Siamo

tutti chiamati alla santità, per-ché lí è la realizzazione pienadell’uomo. Poter arrivare a di-re: mi sento cosí realizzato nel-le mie aspirazioni piú profon-de da non desiderare altro.

Questa Parola ci propone didiventare ciò che ora poten-zialmente già siamo: come Dio!Un invito a vivere come Luiperché abbiamo la Sua stessavita; essa circola in noi, dona-ta da Lui; possiamo appuntoessere santi, separati da sche-mi mondani, perché siamo co-me Lui.

E la nostra santità non è qual-cosa di strano, anche se attor-no a noi troviamo spesso im-magini di santi poco appetibi-li! … La santità è quel com-portamento perfettamente uma-no che è divino; è la pienezzadi vita, di gioia e d’amore chec’è in Dio: siamo chiamati aviverla! Nella quotidianità!

Il “diventate santi”, pensoproprio che implichi un certo di-namismo, una certa crescitagraduale e costante, non a strap-pi, cosí come avviene per lamaturazione di un frutto. Ac-cogliendo il Vangelo, giornodopo giorno, aiutati dallo Spi-rito Santo, noi rendiamo con-creta, nel comportamento per-sonale e sociale, la vita di Cri-sto e la manifestiamo nel vis-suto piú feriale. Vivere la san-tità significa costruire la propriamaturità umana come Dio lasogna, guardando il suo Figlio.

E poi “santo”, non vuol direperfetto, perché abbiamo le no-stre miserie, i nostri peccati, senon altro i nostri limiti.

La santità allora in cosa con-

siste? Nel vivere il limite e ilpeccato in modo diverso: comeluogo di perdono invece cheluogo di colpa e di espiazione,come luogo di comunione enon di divisione. Si può vive-re la realtà quotidiana o in mo-do divino o in modo diabolico.

Se i nostri limiti diventanoluogo di conflitto con tutti econ noi stessi, e i nostri pecca-ti luoghi di autoflagellazione,tutto è finito. Invece la Parolaci chiama alla santità, alla san-tità di Dio che è amore, tene-rezza, misericordia, comunio-ne, dono di perché, anche se ilmio limite e i miei difetti quo-tidiani mi diranno che ho sem-

VERONA:CONVEGNO ECCLESIALE

ATTIVITA’

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Lo Spirito Santo che guida la Chiesa, la renda piú attenta all’ascolto della Parola di Gesú, l’assimili a Lui, per essere nella nostra storia, vivo strumento di speranza e di pace

traverso l’inserimento in Cristoe l’inabitazione del suo Spiri-to, sarebbe un controsenso ac-contentarsi di una vita medio-cre, vissuta all’insegna di un’e-tica minimalista e di una reli-giosità superficiale. Chiederea un battezzando: “Vuoi rice-vere il battesimo?” significa altempo stesso dirgli: “Vuoi di-ventare santo”?» (Novo Mil-lennium Ineunte, 31).

QUALE POSTO PER LA PAROLA

NELLA NOSTRA VITA?

Ora sarebbe il caso di do-mandarci a quarant’anni dallaDei Verbum: cosa ne abbiamofatto della Parola? Da molti pe-nitenti che ancora si confessa-no, se provate a chiedere qua-le primato abbia l’ascolto del-la Parola nella loro vita, senti-reste, purtroppo, una rispostadesolante!!! Ma non abbiamodetto che la speranza è fruttodell’ascolto del Vangelo?

Uno diventa la Parola cheascolta. Uno si assimila alla Pa-rola che medita quotidiana-mente, e diventa narratore disperanza. Il mondo e la nostravita nascono dal Dio della lu-ce e della bellezza: spesso cisorprendono le tenebre e idrammi; ma essi non possonocancellare la bellezza del mon-do e l’armoniosa crescita cheDio, Onnipotente nell’Amore,va costruendo in noi, grazie aCristo Gesú e allo Spirito San-to.

Ricordiamo tutti il n. 39 del-la Novo Millennium Ineunte diGiovanni Paolo II: Non c’è dub-bio che questo primato dellasantità e della preghiera non è

concepibile che a partire da unrinnovato ascolto della Paroladi Dio.

Occorre - continua il Papa -consolidare e approfondire que-sta linea … in particolare è ne-cessario che l’ascolto della Pa-rola diventi un incontro vitale,nell’antica e sempre valida tra-dizione della lectio divina, chefa cogliere nel testo biblico laparola viva che interpella,orienta, plasma l’esistenza.

E, all’inizio del numero se-guente, aggiungeva: nutrircidella Parola, per essere “servidella Parola” nell’impegno del-l’evangelizzazione: questa è si-curamente una priorità per laChiesa all’inizio del nuovo mil-lennio (n. 40).

CONCLUSIONE

È la Parola assimilata chetraccia il nostro stile di vita.

Quale conclusione vorrei pro-porre una breve pagina di unfratello presbitero che ci ha la-sciato alcuni mesi fa e che sin-tetizza molto bene, almeno perme, i frutti dell’ascolto e dellaParola assimilata come latte.

È una pagina di d. Divo Bar-sotti, unanimemente ricono-sciuto come mistico e comeuno degli scrittori di spiritua-lità piú importanti del secolo ap-pena trascorso. Egli commen-ta quel versetto degli Atti diquando Paolo, a Corinto, si tro-va in difficoltà nel suo ministerodi evangelizzatore.

A Paolo scoraggiato e delu-so, il Signore dice: «Non ave-re paura, ma continua a parla-re e non tacere, perché io sonocon te … io ho un popolo nu-

pre bisogno di misericordia e diperdono. Questa è la santità cri-stiana.

D’altra parte, in continuitàcon l’insegnamento di Pietro,il Concilio Ecumenico Vatica-no II, nella Costituzione Lu-men Gentium, ci ha ricordatoche la vocazione alla santitàappartiene di diritto a tutti i bat-tezzati. Non solo alcuni cri-stiani, ma «tutti i fedeli di qual-siasi stato o grado, sono chia-mati alla pienezza della vitacristiana» (LG, 40).

Giovanni Paolo II attualizzal’imperativo in questi termini:«Se il battesimo è un vero in-gresso nella santità di Dio at-

ATTIVITA’VERONA:CONVEGNO ECCLESIALE

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meroso in questa città» (Atti18,9-10).

Sentite come commenta donBarsotti: «Queste parole ci sug-geriscono che il Cristo vive conPaolo. L’esperienza spiritualedi Paolo è di una grande ric-chezza e profondità. Il suo rap-porto col Cristo è un rapporto vi-vo, concreto. Egli vive una di-pendenza continua dal Signo-re. La vita di Paolo, cosí pienadi opere e di travagli, cosí riccadi rapporti umani, è ben poco inconfronto al suo rapporto colCristo. La realtà piú vera nellavita di Paolo è la presenza diCristo Gesú. Essere a Corinto oad Atene è secondario; quelloche conta per lui e determinaogni suo atto è la sua unione colCristo. La sua vera vita non è inquello che fa, nei suoi viaggicontinui, nelle tribolazioni e per-secuzioni che soffre; la vita diPaolo ha il suo contenuto piúvero nel suo rapporto vivo colCristo; in questo rapporto pos-siede una stabilità, una unità mi-rabili. Gli avvenimenti esterio-ri possono manifestare qualco-sa soltanto di quella vita profon-da che Paolo vive nella sua co-munione personale col Cristo.Questa è la vita vera di Paolo».Cosí conclude Barsotti. Non ag-giungo altro. Lo Spirito Santoche guida la Chiesa, la rendapiú attenta all’ascolto della Pa-rola di Gesú, l’assimili a Lui, peressere nella nostra storia, vivostrumento di speranza e di pa-ce.

(*) Lectio Divina di Dom Franco Mo-sconi OSB. Cam., Priore dell’Eremo diS. Giorgio all’incontro con i Soci dellaSezione di Mantova.

LE RADICI

CRISTIANE

D’EUROPA

I legami tra i Paesi d’Europainiziaronocon la caduta dell’Impero romano

solo teorica, in quanto l’origi-ne culturale di un itinerario ditanta rilevanza nella storia del-le civiltà, ne prefigura il profi-lo di sviluppo e l’orientamen-to. In fondo, tale interrogativodi fondo equivale al problemaesistenziale dei filosofi «da do-ve veniamo e dove andiamo»,cioè al senso della vita.

La risposta sembra incontro-vertibile: l’onda di fondo che hacontrassegnato, a partire dalSacro Romano Impero - primaesperienza storica di unità delContinente, nell’equilibrio trafede e amministrazione politi-ca - sono stati i valori cristia-ni. Certo, il succedersi dei fat-

UNITÀ EUROPEAATTIVITA’

di Franco NavaPresidente UCID Sezione Milano

Nell’opinione piú diffu-sa, il concetto di Euro-pa coincide con quello

attuale di Unione Europea, con-siderata comunque come realtàrelativamente lontana, conno-tata soprattutto dalla regola-zione degli scambi economici,dall’unione doganale e, in mi-nor misura, dai tentativi di ar-monizzazione dei rapporti so-ciali; solo pochi “eletti” la con-siderano come vero àmbito del-le nostre tradizioni culturali,nonché dell’orizzonte delle at-tività economiche e professio-nali.

Eppure i legami tra i Paesid’Europa iniziarono con la ca-duta dell’impero romano e sirafforzarono nel Medioevo enelle epoche successive con re-ciproci arricchimenti “globa-li”, si pensi soltanto al rinasci-mento italiano, all’illuminismoe al romanticismo.

Questi reciproci influssi cul-turali hanno configurato la co-siddetta civiltà occidentale, chesi estende oltre la “vecchia”Europa, ma ancor oggi rive-stono nel nostro Continente pre-cise caratteristiche, che distin-guono sotto molti aspetti il mo-dello europeo dalle interpreta-zioni che se ne sono date neicontesti oltremare nei quali es-so è stato trasmesso, e in par-ticolare in America del Nord ein America Latina.

La domanda da porsi è allo-ra, su quali basi l’accennatoprocesso di interrelazioni cul-turali poggiasse all’origine, ov-vero da quali premesse fon-danti esso avesse preso avvio.

È questa una domanda non

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Nel Continente europeo, la gestione dei sistemi economici e delle impreserivolge crescente attenzione alle implicazioni sociali e alla promozione del bene comune.Tutto ciò è frutto dellaformazione culturale maturata dai semi dell’etica e della morale cristiana

dell’identità cristiana d’Europasi ebbe in tre occasioni stori-che e sempre in situazioni di“estrema” difesa rispetto a mi-nacciose aggressioni esterne: aPoitiers, con Carlo Martello evari secoli dopo a Lepanto epoi a Vienna, con Eugenio diSavoia e il re polacco Sobieski.

Quanto alle alterne vicendee ai travagli all’interno dellacristianità europea, citiamo, inestrema sintesi, l’inquisizionee il processo a Galileo, la Rifor-ma protestante, la rottura degliAnglicani ai tempi di EnricoVIII, la Controriforma, le mol-te lotte e confronti tra cristianie il lungo e perdurante con-fronto con l’Ortodossia, tuttecrepe e ferite all’unità dei cri-stiani, pur sempre iscrivibili al-l’interno della matrice origina-ria.

Dopo tanto volgere di seco-li sembrano oggi avvicinarsitempi piú sereni, nei quali le di-verse componenti del cristia-nesimo e gli Stati nazionali ten-tano di meglio conoscersi e dia-logare, riconoscendo in alcunicasi i torti del passato.

Ricordiamo la richiesta evan-gelica di perdono di Papa Gio-vanni Paolo II, nella superioreprospettiva e speranza della ri-composizione dell’unità, estre-mo voto di Gesú nell’Orto delGetzemani.

Se si volesse infine conside-rare quale sia il lascito di tan-ta tradizione nei tratti attualidel modello politico e socioe-conomico europeo, e ciò siapure a livello dei singoli prin-cipali Paesi dell’Unione - e nondell’insieme di essi - non man-

cherebbero a mio avviso, mo-tivi di ragionata speranza.

Nel nostro Continente, conparticolare riferimento ai Pae-si dell’area geografica occi-dentale, si sono generalizzati iregimi politici democratici, ba-sati sulla libertà di pensiero eopinione; la gestione dei siste-mi economici e delle impreserivolge crescente attenzione al-le implicazioni sociali e allapromozione del bene comune;si sono infittite le interrelazio-ni e le collaborazioni nel cam-po culturale; ha assunto rile-vante importanza la salvaguar-dia dell’ambiente e la gestioneequilibrata delle risorse naturali.

Tutto ciò è frutto della for-mazione culturale maturata inEuropa dai semi dell’etica edella morale cristiana.

Anche gli influssi tuttora pre-senti e operanti dell’illumini-smo, con la rivalutazione delruolo di primo piano della ra-gione nelle scelte, si riallac-ciano alla piena valorizzazionecristiana della persona umana,libera di spingersi fino agliestremi limiti delle possibilitàcognitive e libera altresí di de-terminare il proprio destino nel-la vita e oltre.

In un simile contesto che hadi fatto consentito di superarela dimensione nazionale versoaggregazioni regionali piú am-pie, l’impegno di tutti gli uo-mini di buona volontà e in par-ticolare dei cristiani, dovrebbeconsistere nel collegare le ma-glie del discorso tra i diversiPaesi e in primo luogo nel cam-po sociale, promuovendo undialogo costruttivo tra le di-

ti e delle vicende non è stato ret-tilineo, ma zigzagante, con fa-si di pausa, talvolta addiritturadi arretramento e altre di svi-luppo, secondo i limiti del-l’imperfezione della naturaumana … ma in ogni caso l’al-terna dialettica degli eventi èsempre evoluta in senso so-stanzialmente positivo, supe-rando peraltro prove dramma-tiche, come le due nefaste espe-rienze nel Novecento del na-zionalsocialismo e del comu-nismo, con il loro seguito dimorti, persecuzioni e sofferen-ze di ogni genere.

L’affermazione particolar-mente determinata e condivisa

ATTIVITA’UNITÀ EUROPEA

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UCID - UNIAPAC sono impegnati

a costruire un appelloche manifesti

il comune punto di vista degli operatori economici

cristiani europei sulle tematiche dello sviluppo,

della formazione,del lavoro,

della solidarietà,della sussidiarietà

e del sostegno all’Africa

verse componenti professiona-li, al fine di raggiungere posi-zioni comuni.

Da questo punto di vista, leopportunità di confronto cul-turale sembrano numerose, co-me dimostra l’iniziativa UCID- UNIAPAC di costruire un ap-pello che manifesti il comunepunto di vista degli operatorieconomici cristiani europei sul-le tematiche dello sviluppo, del-la formazione e lavoro, dellasolidarietà e sussidiarietà e delsostegno all’Africa.

UNIAPAC è la federazioneche raggruppa le diverse asso-ciazioni degli imprenditori edirigenti cristiani d’Europa edel mondo; in questo àmbitol’UCID italiana propose alConsiglio Direttivo UNIAPACEuropa di fine maggio 2006 diavviare un dibattito e di assu-mere un’iniziativa “forte” nelsettore altamente critico dellosviluppo e della convivenza so-ciali. Dopo gli approfondimentisuccessivi e la ripresa dell’ar-gomento sia con il Presidentefrancese UNIAPAC Europa chein altre riunioni del Direttivo eu-ropeo, il progetto si trova orain fase di realizzazione, conl’obiettivo di raggiungere ilconsenso tra i Partners d’Eu-ropa per la fine del corrente an-no.

I temi sui quali gli operatorieconomici cristiani europei so-no invitati a pronunciarsi sonoin particolare: 1) le risorse del-la crescita: famiglia, emigran-ti, pari opportunità; 2) armo-nizzazione europea della for-mazione professionale; 3) spe-ciale impegno dell’Europa per

lo sviluppo sociale ed econo-mico dell’Africa; 4) organiz-zazioni non profit; 5) dialogo trafede, scienza e industria.

Numerosi contatti sono giàstati intrapresi in Italia e all’e-stero per dissodare il terreno echiarire i fondamenti del di-scorso: oltre agli imprenditori,dirigenti e professionisti, l’U-CID si è rivolta a professori didifferenti università italiane perl’inquadramento generale del-l’iniziativa, come anche a espo-nenti ecclesiastici di rilievo, trai quali il Presidente del Ponti-ficio Consilium Iustitia et PaxS. E. Cardinale Raffaele Mar-tino e il Rappresentante italia-no presso la COMECE (Con-ferenza Episcopale Europea)S. Ecc. Monsignor GiuseppeMerisi, Vescovo di Lodi.

Iniziative di base come que-sta contribuirebbero a costrui-re quell’Europa dei valori e deicittadini che è nelle speranze ditutti, riallacciandosi alle tradi-zioni piú luminose del nostroContinente, di offrire al mon-do, come in passato, il propriooriginale contributo di civiltà ecultura, arricchito dalle pluri-secolari esperienze storiche di-versificate dei grandi Paesi chelo compongono.

Questi alcuni dei temi sui quali pronunciarsi:

1) le risorse della crescita: famiglia, emigranti,

pari opportunità; 2) l’armonizzazione

della formazione professionale;

3) lo speciale impegno per lo sviluppo sociale

ed economico dell’Africa; 4) le organizzazioni

non profit; 5) il dialogo tra fede,

scienza e industria

UNITÀ EUROPEA

ATTIVITA’

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LA BIBBIA, IL CRISTIANO

E LA RICCHEZZA

La ricchezza deve diventare possibilità concretadi aiuto fraterno, e non strumento di dominio sugli altri

bra preferibile alla ricerca diun ipotetico sviluppo geneticodelle varie posizioni culturali eteologiche.

Bisogna riconoscere che leopinioni espresse dal Primo Te-stamento sul tema della ric-chezza appaiono tra loro in ten-sione dialettica. Per intenderci:la Tôrah privilegia la conside-razione della ricchezza qualebenedizione divina, ma nel con-tempo limita tale affermazionericordando che bisogna custo-dire il senso del dono (cioè chele ricchezze non sono solo ilfrutto dell’ingegno umano),l’antecedenza della persona suibeni economici e la vigilanzasulla tentazione delle ricchez-ze, che sfocia nella loro idola-tria. Perciò la Tôrah, nel mo-mento stesso in cui vede neibeni economici un segno dellaberakah, ricorda il paradossodell’elezione divina che si ma-nifesta nella condizione di po-vertà, in cui si trova Israele,soggiogato dal faraone.

La voce dei profeti vuole farentrare nel presente dell’ascol-tatore la forza del messaggiopresente nella Tôrah; bisognaallora innanzitutto valutare que-sto presente circa la sua lonta-nanza o vicinanza al progettodivino di liberazione, che ha ilsuo culmine nell’alleanza. Ec-co allora i profeti levare la lo-ro voce contro l’accumulo del-le ricchezze che in una societàa sviluppo pressoché zero com-porta necessariamente l’impo-verimento di molti e l’arric-chimento di alcuni. In questosenso i profeti sono la voce cri-tica, che addita nelle ricchezze

La Tôrah privilegia la considerazione della ricchezza qualebenedizione divina, ma nel contempo ricorda che bisogna custodire il senso del donoe anteporrela persona sui beni economici

ATTIVITA’IL CRISTIANO E LA RICCHEZZA

di Patrizio Rota Scalabrini, Teologo (*)

Prima di inoltrarci in unariflessione sul rapportodella chiesa delle origini

con i beni economici, è impor-tante ricordare che l’atteggia-mento nei confronti della ric-chezza tenuto dai primi cri-stiani, va innanzitutto compre-so alla luce dell’insegnamentodelle Scritture d’Israele, che,per la comunità primitiva, eraal momento la sola Scritturaesistente.

Ebbene, a proposito dell’at-teggiamento d’Israele circa lericchezze, è necessaria cauteladi fronte all’accettazione di luo-ghi comuni, non fondati nellarealtà dei testi. Detto in altre pa-role, una trattazione sinteticadell’atteggiamento testimonia-to nelle Scritture di Israele sultema della ricchezza deve pren-dere le distanze dalla diffusaconvinzione che ci troveremmodavanti a due opposte valuta-zioni: da una parte il Primo Te-stamento, con la sua valoriz-zazione delle ricchezze (fattaeccezione per la critica profe-tica), dall’altra, il Nuovo Te-stamento con una prevalenzadel sospetto e della condannaverso i beni materiali. In realtàtra i rispettivi punti di vista deidue Testamenti vi è forse mol-ta piú consonanza di quanto sipossa supporre di primo ac-chito.

Si impone piuttosto la ne-cessità di individuare un piúarticolato giudizio sul tema del-la ricchezza, che prenda in con-siderazione i grandi raggrup-pamenti canonici del Primo Te-stamento: Legge, Profezia, Sa-pienza. Questo approccio sem-

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La ricchezza, come le altre realtà

umane, resta comunque ambigua

e bisognosa di discernimento.

Tale discernimento dovrà portare

il credente a transitaredall’insidia

della cupidigia alla scoperta

dell’unum necessarium

il rischio di ingiustizia e di ido-latria; infatti l’uomo può illu-dersi di avere una vita pienaperché abbonda di beni. Con-tro tale tentazione la voce pro-fetica è assolutamente severa.

Peraltro la loro critica allericchezze non sono un sognopauperista, dal momento chele escatologie profetiche, cioèi testi di promessa riguardantiun futuro diverso e salvifico,configurano l’attesa di un mon-do prospero anche sul pianomateriale (ovviamente nella pa-ce e nella giustizia, specie ver-so i poveri).

La terza sezione del corpocanonico d’Israele raccoglie ilpensiero sapienziale, che è alie-no da ogni dogmatismo e dagiudizi sommari e affrettati.Cosí, di fronte alla ricchezza,si afferma il suo essere bene-dizione di Dio, ma anche frut-to del lavoro e della responsa-bilità umana.

D’altra parte, la persona nonpuò pensare che sia la ricchez-za a decidere della sua felicitàe della realizzazione di un sen-sato progetto di vita. In altritermini, la ricchezza, come lealtre realtà umane, resta realtàcomunque ambigua, bisogno-sa di discernimento. Tale di-scernimento dovrà portare ilcredente a transitare dall’insi-dia della cupidigia alla scoper-ta dell’unum necessarium, cioèdi Dio come il senso di ogni be-ne e l’unico capace di incontrarepienamente il desiderio umano:«Temete il Signore, suoi santi,nulla manca a coloro che lo te-mono. I ricchi impoverisconoe hanno fame, ma chi cerca il

Signore non manca di nulla»(Sal 34,10-11).

I BENI ECONOMICI

E L’INSEGNAMENTO DI LUCA

Come ben si sa, il libro de-gli Atti degli Apostoli è un’o-pera che va letta in parallelocon la sua prima parte, cioè ilvangelo di Luca. Pertanto, pri-ma di valutare il messaggio diAtti circa l’atteggiamento del-la comunità cristiana verso ibeni economici, è bene averepresente l’orizzonte piú ampiodel messaggio lucano. Sinteti-camente possiamo affermareche la problematica della ric-chezza e della povertà, comemotivo di disuguaglianza al-l’interno della comunità cri-stiana, è un aspetto che sta par-ticolarmente a cuore a Luca, ilquale vi ravvisa una questioneseria, attinente l’intera vita cri-stiana. Allora, mediante i dettie le parabole di Gesú, mette in-nanzitutto in evidenza i pericoliche la ricchezza comporta percolui che vuole seguire Cristo.

Ricordiamo qui, a tale pro-posito, i “guai” che si succe-dono immediatamente alle bea-titudini, e primo di questi “guai”è esattamente rivolto ai ricchi:«Ma guai a voi, ricchi, perchéavete già la vostra consolazio-ne» (Lc 6,24).

Il “guai” non è una minaccia(cosa che puzzerebbe di “ri-sentimento”), ma il pianto fu-nebre che Gesú intona su queiricchi che pensano di avere as-sicurata la vita e la salvezzagrazie alle ricchezze. Ecco al-lora l’insistenza di Luca sullanecessità della rinuncia totale,

dell’abbandono di tutti i beni(cfr., ad esempio, Lc 5,11.28;11,41; 12,21; 14,33; ecc.). Leg-gendo tali testi, si ha addirittu-ra l’impressione che Luca pen-si alla Chiesa come a una co-munità pauperistica, in cui lasalvezza è concepita come in-compatibile con qualsiasi pos-sesso di beni materiali. In realtà,tale impressione va temperata,valutando il senso pragmaticoche Luca dà ai detti di Gesú dalui raccolti, circa i rapporti conle ricchezze. Non si tratta diun’affermazione di principioche demonizzi le ricchezze, madi una messa in guardia di fron-te al rischio della cupidigia e

IL CRISTIANO E LA RICCHEZZA

ATTIVITA’

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Sarà allora necessario che le ricchezze e il loro uso, da ostacoloall’accoglienza del Vangelo, possano divenire occasione di benedizione resa a Dio e di comunione con le persone piú svantaggiate

decisa e capace, quale è Lidia(16,13-15). Di lei comunquenon si dice che abbia abban-donato il suo lavoro, i suoi af-fari di dimensione internazio-nale. Se si rilegge poi il cele-bre episodio di Anania e Saffi-ra, si vede che Pietro rimpro-vera la coppia non di disporredi denaro, ma di aver mentitosulla donazione e di aver cosíinquinato i rapporti di comu-nione fraterna (cfr. At 5,1-11).

Possiamo quindi dire che Lu-ca, sia nel vangelo che negliAtti, non vuole promuovere unprogramma di riforma sociale,e tanto meno avanza una pro-posta di programma circa leleggi economiche che dovreb-be adottare uno Stato. Se la co-munità cristiana dovrà essere inqualche modo alternativa ri-spetto a un modo “mondano”di concepire la produzione e lagestione delle ricchezze, lo saràin nome di esigenze religiose.

E l’esigenza principale è ap-punto quella della conversionedel cuore; sarà allora necessa-rio che le ricchezze e il lorouso, da ostacolo all’accoglien-za del Vangelo, possano dive-nire occasione di benedizioneresa a Dio e di comunione conle persone piú svantaggiate.

Questa è la preoccupazioneche caratterizza Luca, e che sivede bene in varie sezioni delsuo Vangelo. Ne segnaliamotre. La prima è in Lc 12, doveal centro sta la parabola del ric-co stupido, che pensa di esser-si assicurato la vita con la ric-chezza; la seconda sezione è inLc 16, con la parabola del fat-tore infedele, dove vengono poi

illustrate delle applicazioni con-crete circa il buono e il cattivouso della ricchezza; infine vi èla sezione di Lc 18, con la gran-de domanda sorta attorno al-l’episodio del cosiddetto “gio-vane ricco”: può un ricco sal-varsi ed entrare nel Regno diDio?

Certo il Vangelo mostra inprevalenza una certa diffiden-za verso la ricchezza, di cui sidenuncia la pericolosità, do-vuta al fatto che la persona fa-cilmente se ne innamora. PerLuca essa fa correre il rischiodi compromettere l’evangelo;infatti si impadronisce del cuo-re dell’uomo, gli dà un illuso-rio senso di sicurezza, lo acce-ca facendogli dimenticare il ve-ro esito dell’esistenza, e atten-ta ai rapporti fraterni, renden-do cosí non credibile la testi-monianza.

Le esigenze radicali dell’e-vangelo certamente si rivolgo-no in primo luogo alla perso-na, ma devono poi avere un in-flusso sulla vita concreta, co-munitaria; ecco allora il ritrat-to degli Atti degli Apostoli aproposito della traduzione co-munitaria di questo atteggia-mento evangelico circa le ric-chezze.

LA COMUNITÀ DI GERUSALEMME

E LA COMUNIONE DEI BENI

Affrontiamo ora piú analiti-camente i testi degli Atti degliApostoli rilevanti per il nostrotema. Anzitutto bisogna consi-derare i due grandi sommarisulla vita della comunità cri-stiana delle origini.

Il primo è At 2,42-47, e ac-

dell’idolatria di esse.Che questa impressione va-

da concretamente corretta ne èprova il fatto che lo stesso Lu-ca presenta, sia nel suo Vange-lo che negli Atti, figure di ric-chi che incontrano realmenteGesú e la salvezza da lui por-tata. È il caso di Zaccheo, peril quale Gesú afferma che lasalvezza è entrata nella sua ca-sa, ma che non si priva di tuttii suoi beni (dà solo la metà aipoveri - cfr. Lc 19,8-9). La stes-sa cosa avviene nell’episodio diAtti in cui la prima convertitaal cristianesimo in terra d’Eu-ropa è una ricca commercian-te di stoffe, un’imprenditrice

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Negli Atti si esplicita il significato

della koinônía, cioè della comunione

esistente nella comunità, dove si afferma che i credenti avevano

ogni cosa in comune; tale pratica

non è presentata come assolutamente

nuova o sconcertante

cenna solo brevemente al te-ma:

«42Erano assidui nell’ascol-tare l’insegnamento degli apo-stoli e nell’unione fraterna, nel-la frazione del pane e nelle pre-ghiere. 43Un senso di timore erain tutti e prodigi e segni avve-nivano per opera degli aposto-li. 44Tutti coloro che erano di-ventati credenti stavano insie-me e tenevano ogni cosa in co-mune; 45chi aveva proprietà esostanze le vendeva e ne face-va parte a tutti, secondo il bi-sogno di ciascuno. 46Ogni gior-no tutti insieme frequentavanoil tempio e spezzavano il panea casa prendendo i pasti con le-tizia e semplicità di cuore, 47lo-dando Dio e godendo la sim-patia di tutto il popolo».

Il secondo sommario è inve-ce esplicitamente dedicato altema dei beni economici nellavita della comunità delle ori-gini:

«32La moltitudine di coloroche erano venuti alla fede ave-va un cuore solo e un’animasola e nessuno diceva sua pro-prietà quello che gli apparte-neva, ma ogni cosa era fra lo-ro comune. 33Con grande forzagli apostoli rendevano testi-monianza della risurrezione delSignore Gesú e tutti essi gode-vano di grande simpatia. 34Nes-suno infatti tra loro era biso-gnoso, perché quanti possede-vano campi o case li vendeva-no, portavano l’importo di ciòche era stato venduto 35e lo de-ponevano ai piedi degli apo-stoli; e poi veniva distribuito aciascuno secondo il bisogno».

Nel primo sommario, il v. 44

esplicita un significato dellakoinônía, cioè della comunio-ne esistente nella comunità e af-ferma che i credenti avevanoogni cosa in comune; tale pra-tica non è presentata come as-solutamente nuova o sconcer-tante, poiché nell’ambiente giu-daico esistevano già gruppi chemettevano in comune le loroenergie e le loro ricchezze perrealizzare la comunità di Dio.

Cosí avviene ad esempio aQumran: «Per formare una co-munità nella Tôrah e negli ave-ri» (1QS 1,11); «Per essere unacomunità nell’àmbito della Tô-rah e della proprietà» (1QS5,2). Peraltro lo stesso Giu-seppe Flavio, descrivendo gliesseni, ci dice che praticavanola comunione dei beni; «Noncurano la ricchezza ed è mira-bile il modo in cui attuano la co-munione dei beni; … La leggeè che chi entra metta il suo pa-trimonio a disposizione dellacomunità, sicché in mezzo aloro non si vede né lo squallo-re della miseria, né il fasto del-la ricchezza, ed essendo gli ave-ri di ciascuno uniti insieme, tut-ti abbiano un unico patrimoniocome tanti fratelli» (De BelloJudaico, II 122).

La comunità cristiana di Ge-rusalemme, quando pratica lacomunione dei beni, ha giàquindi sotto gli occhi degliesempi. Ecco allora i com-mentatori discutere attorno al-la possibilità che la presenta-zione di Luca sia influenzatadalle usanze degli esseni o deipitagorici, o semplicemente dal-l’idea greca sull’amicizia, chesi esprime in note massime,

esaltanti tale comunione (cfr.Cicerone, Off. I,16,51: «Ut inGraecorum proverbio est: ami-corum esse omnia communia»).

In ogni caso, dal testo non sipuò dedurre alcuna indicazio-ne circa un modello di riferi-mento. La cosa piú importan-te - ancora prima che la misu-ra reale di tale comunione deibeni - è individuarne la moti-vazione. Anche qui le opinio-ni divergono: alcuni esegeti cre-dono che tale pratica sia il ri-sultato delle convinzioni esca-tologiche circa l’imminente fi-ne del mondo presente, che ren-de irrilevanti le ricchezze e leordinarie preoccupazioni circa

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Mettendo in comune i beni, la comunità mostra di comprendersi come “famiglia di Dio”.Ma Luca non vuole imporre tale idealizzazione, perchénon afferma mai esplicitamente che i membri della Chiesa devono obbligatoriamente mettere a disposizione i loro beni

Bisogna peraltro dire che va-ri commentatori vedono quisemplicemente un’idealizza-zione della comunità cristiana,in cui Luca si sarebbe spinto an-che troppo avanti nel dedurreun quadro generale da singoliepisodi, come quelli di Barna-ba (At 4,36ss) che vende tuttii suoi beni, o quello di Ananiae Saffira (At 5,1-11). A nostroavviso, Luca non ha fatto un’o-perazione arbitraria ma, sullabase di indizi presenti nella tra-dizione, ha ricostruito un ri-tratto della comunità in cui ri-tiene verosimile che i primi cri-stiani abbiano adottato la pra-tica della comunione dei beni,tanto ammirata nell’antichità.

At 2,45 esplicita quanto ac-cennato al v. 44: avere tutto incomune comporta che i pro-prietari abbiano venduto i lorobeni. Nuovamente non è chia-ro in quale misura questa pras-si di vendita dei beni sia stataper un certo periodo obbliga-toria oppure facoltativa; va no-tato che Luca usa i verbi al-l’imperfetto, ad indicare chequesta situazione comunquedeve essersi protratta per uncerto tempo, e non deve esser-si trattato solo di alcune deci-sioni estemporanee, limitate aqualche episodio. I termini uti-lizzati da Luca sono ktêmata eypárxeis; il primo indica la pro-prietà terriera, il secondo i be-ni personali, mobili. La vendi-ta consentiva di ricavare deldenaro che veniva spartito trai bisognosi. È evidente come ta-le provvedimento non possaprotrarsi a lungo nel tempo,poiché a un certo punto i beni

finiscono e rimane il problemadei mezzi di sostentamento deisingoli e della comunità; peralcuni esegeti questa praticadeve aver prodotto, a un certopunto, anche una situazione dipovertà generalizzata, che harichiesto l’aiuto di altre comu-nità, come avviene nel caso del-la colletta promossa da Paoloper i poveri della chiesa di Ge-rusalemme.

Di fatto, in questa pratica divendere i beni, emerge co-munque un’indicazione positi-va: la comunità affronta fatti-vamente le situazioni di biso-gno perché interpellano con-cretamente la fraternità.

Il secondo sommario mag-giore di At 4,32-35 è specifi-camente dedicato alla Chiesadelle origini quale comunità dicondivisione e di testimonian-za. Compito di questo somma-rio è ribadire sostanzialmentei punti del precedente, metten-do però l’accento sulla testi-monianza del Risorto, sullacondivisione dei beni, e sul ser-vizio ai poveri. Luca è consa-pevole di tratteggiare una ge-neralizzazione e un’idealizza-zione, anche solo per il fattoche immediatamente dopo pro-pone l’episodio di Anania e Saf-fira, che è una contro testimo-nianza, e che mostra come lacondivisione dei beni non fos-se una pratica pienamente re-cepita. Bisogna però notare cheLuca non vuole imporre taleidealizzazione, perché non af-ferma mai esplicitamente che imembri della Chiesa devonoobbligatoriamente mettere a di-sposizione i loro beni. Inoltre,

il futuro prossimo. Altri vedo-no un richiamo all’ideale sug-gerito da Gesú, come quello at-testato in Mt 6,19-21, con unasorta di “comunismo” ispiratodall’amore. A parte questa ri-lettura anacronistica, il motivoispiratore sembra non un’eticainterinale, un’etica cioè che va-le solo per un breve tempo inattesa della fine, ma l’espe-rienza dell’amore di Dio in Cri-sto che suscita nuove relazio-ni di prossimità, nella frater-nità derivante dalla comune fi-gliolanza. Mettendo in comu-ne i beni, la comunità mostra dicomprendersi come “famigliadi Dio”.

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Per quanto riguardal’impiego concreto delricavato dalle vendite,

si precisa che esso veniva distribuito

a ciascuno secondo le proprie necessità.

In questo particolare non appare un ingenuo

egualitarismo, ma si insinua

la necessità di un discernimento

nel corso del libro, avrebbe po-tuto riprodurre tale idealizza-zione della Chiesa delle origi-ni, ma non lo fa, perché mostracomunità in cui questo non av-viene. Concordiamo con quan-to afferma C. K. Barrett: «Sot-to questo aspetto, il raccontodi Luca differisce ampiamentedalla regola di Qumran».

Entrando nel dettaglio delnostro sommario si vede benecome il v. 32b non sia drasticocome il v. 34, secondo il qualeinvece tutti coloro che posse-devano beni li vendevano. Al-cuni commentatori spieganoquesta tensione come prove-niente dall’uso di fonti diver-se, ma forse la tensione è vo-luta da Luca stesso, che pre-senta quindi una sorta di oscil-lazione nell’idealizzazione del-la comunità delle origini circail rapporto con i beni econo-mici.

Quanto sia davvero una va-riazione rispetto al primo som-mario è espresso dal v. 33, conla testimonianza resa al Cristorisorto. Perciò la comunionedei beni è concepita come unaforma di tale testimonianza.Ecco allora il v. 34, nel qualela fraseologia lucana riprendei termini di Dt 15,4.11 (LXX);tale ripresa vuol far capire chel’ideale affermato dallo scrittobiblico trova una sua realizza-zione concreta nella vita deicristiani di Gerusalemme. Il fat-to che il ricavato dei beni dicui le persone si spogliano siadeposto ai piedi degli aposto-li, mostra una figura di comu-nità in cui vi è un’autorità chedeve rispondere dell’utilizzo

dei beni comunitari. Questo perevitare quello spontaneismodella carità che a volte crea piúproblemi di quanti ne risolva.

Bisogna però anche aggiun-gere che Luca non idealizza lefasi organizzative ma, al con-trario, non esita a dichiararne leincrinature, come ben si vedein At 6,1, quando, nella distri-buzione dei beni, vengono tra-scurate le vedove dei cristiani-ellenisti. Per quanto poi ri-guarda l’impiego concreto delricavato dalle vendite, si precisache esso veniva distribuito aciascuno secondo le sue ne-cessità. Anche in questo parti-colare non appare un ingenuoegualitarismo, ma si insinua lanecessità di un discernimento,perché i bisogni non sono ugua-li in tutti.

Infine rileviamo ancora unavolta l’uso dei verbi all’imper-fetto, per indicare come questaprassi di condivisione fosse cor-rente, abitudinaria.

Al sommario Luca fa segui-re due esempi opposti di con-dotta cristiana nei confronti deibeni economici: quello positi-vo di Barnaba (At 4,36-37) equello piú volte citato di Ana-nia e Saffira. Proprio l’esem-plificazione fa pensare che laprassi della condivisione deibeni non fosse cosí capillar-mente diffusa, come invecesembrerebbe dai due sommari.Non si capirebbe altrimenti per-ché raccontare un esempio edi-ficante se fosse solo un episo-dio tra tantissimi altri. D’altraparte ci fa comprendere anchecome, nella comunità, accantoalle luci esistano gravi ombre,

e si insinuino l’inganno e il li-tigio. Questo impedisce di pro-seguire oltre nel cammino diidealizzazione, giungendo a unmodello di comunità che risul-terebbe alla fine assolutamen-te impraticabile, inimitabile peri lettori.

Peraltro l’episodio di Ana-nia e Saffira, in cui i due ven-gono castigati da Dio per averpeccato contro lo Spirito, ci faapprezzare l’insegnamento diLuca, che ha di mira la salva-guardia della gratuità del donocontro i travestimenti del tor-naconto. Luca individua unaminaccia seria alla comunioneecclesiale proprio nell’ingan-

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La condivisione ela generosità devono essere libere e leali. L’esempio e l’insegnamento di Paolocostituiscono una base imprescindibileper un’adeguata considerazione teologicadel tema dei beni materiali e non solo per una idealizzazioneecclesiologica

munità da lui fondate. Per ad-dentrarci in tale ricerca, bisognaincrociare i dati offertici dagliAtti degli Apostoli con quelliprovenienti dall’epistolario pao-lino. L’esempio e l’insegna-mento di Paolo costituisconouna base imprescindibile perun’adeguata considerazione teo-logica del tema dei beni mate-riali e non solo per una idealiz-zazione ecclesiologica.

Povertà e ricchezza nella vi-ta di Paolo (1). Come punto dipartenza vorrei prendere unasorta di “confessione” di Pao-lo, cioè quello che egli dice nel-la lettera ai Filippesi. Ringra-ziando questi cristiani che era-no venuti incontro alle sue ne-cessità con generose offerte,Paolo si compiace per la loropartecipazione ai suoi proble-mi, che di riflesso è partecipa-zione ai problemi del Vangelo.

Per sottrarsi però all’impres-sione di volerli sollecitare adargli qualcosa, fa delle affer-mazioni colme di grande di-gnità umana, oltre che aposto-lica: in fin dei conti, per lui po-vertà e ricchezza sono indiffe-renti, poiché è la dimensionedello spirito quella che conta.

Fil 4: «10Ho provato grandegioia nel Signore, perché fi-nalmente avete fatto rifiorire ivostri sentimenti nei miei ri-guardi: in realtà li avevate an-che prima, ma non ne aveteavuta l’occasione. 11Non dicoquesto per bisogno, poiché hoimparato a bastare a me stessoin ogni occasione; 12ho imparatoa essere povero e ho imparatoa essere ricco; sono iniziato atutto, in ogni maniera: alla sa-

zietà e alla fame, all’abbon-danza e all’indigenza. 13Tuttoposso in colui che mi dá la for-za. 14Avete fatto bene tuttavia aprendere parte alla mia tribo-lazione. 15Ben sapete propriovoi, Filippesi, che all’inizio del-la predicazione del Vangelo,quando partii dalla Macedonia,nessuna Chiesa aprí con me unconto di dare o di avere, se nonvoi soli; 16 e anche a Tessaloni-ca mi avete inviato per due vol-te il necessario. 17Non è però ilvostro dono che io ricerco, mail frutto che ridonda a vostrovantaggio. 18Adesso ho il ne-cessario e anche il superfluo;sono ricolmo dei vostri doni ri-cevuti da Epafrodíto, che sonoun profumo di soave odore, unsacrificio accetto e gradito aDio. 19Il mio Dio, a sua volta,colmerà ogni vostro bisognosecondo la sua ricchezza conmagnificenza in Cristo Gesú.20Al Dio e Padre nostro sia glo-ria nei secoli dei secoli. Amen».

Paolo vuole prospettare ai Fi-lippesi un esempio da imitare:la sua volontaria accettazionedi posizioni umili, fraintese dal-la gente, segnate talora anchedalla povertà, ma tutto vissutoper amore di Cristo. Il contra-rio dell’essere umiliato è qui il“traboccare” per l’abbondanza(cosí, letteralmente, in grecoperisseuein), che indica una vi-ta prospera, dignitosa, senza al-cuna indigenza. Il vertice delbrano sta certamente in quel«Tutto posso in colui che mi dàla forza». A dispetto dell’ap-parenza e di quanto si potreb-be dedurre dalle frasi prece-denti, Paolo non giunge a

no con cui si traveste di gene-rosità e di gratuità una serie discelte dettate dalla ossessivitàe dal desiderio di apparire. Ilmessaggio è perciò molto chia-ro: la condivisione, la genero-sità, deve essere libera e leale,e solo cosí potrà essere effica-ce e credibile testimonianza.

I BENI ECONOMICI E

LE COMUNITÀ CRISTIANE PAOLINE

Seguendo il racconti di Atti,si giunge alla figura di Sau-lo/Paolo, il grande edificatoredi comunità. Sarà utile indaga-re allora il preciso atteggia-mento circa i beni economici ri-chiesto dall’Apostolo alle co-

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La ricchezza va usata come sacrificio gradito

a Dio, cioè come un “sacrificio

di comunione”.Dio benedice

coloro che sanno partecipare

la loro ricchezza alle persone bisognose

un’autosufficienza, a un auto-dominio che lo rende imper-turbabile, ma esperimenta laforza della grazia che lo rag-giunge e lo sostiene. L’Apo-stolo non si presenta come uneroe che tutto può, ma comeuno che tutto può perché tuttoriceve!

Paolo ricorda poi con rico-noscenza tutta la premura chela Chiesa di Filippi ha manife-stato verso di lui, soccorren-dolo nelle sue catene, con l’aiu-to della preghiera e anche condoni e denaro necessari alla suasopravvivenza in quel periodo.In tale soccorso essi hanno mi-steriosamente condiviso le pe-ne dell’Apostolo e hanno par-tecipato alle sofferenze del suoministero (v. 14).

Infine egli rivolge un augu-rio ai Filippesi, intrecciato conuna preghiera a Dio, affinché liricambi per la loro generositàverso l’apostolo e faccia lorosperimentare la ricchezza del-la sua misericordia e provvi-denza. Paolo non precisa conquali beni Dio provvederà allaricompensa, ma il fatto che par-li di “ogni bisogno” lascia in-tendere che essi sperimente-ranno la generosità di Dio inogni sorta di necessità, da quel-le spirituali a quelle materiali.

In sintesi, appare l’immagi-ne di una persona che deve im-parare a badare a sé stessa, an-che dal punto di vista econo-mico, non per autosufficienzaorgogliosa, ma perché il lavo-ro è un aspetto del comandodivino sulla vita dell’uomo. Siricordi che Paolo, da solerte la-voratore quale era, esorta piú

volte i cristiani a non rimane-re oziosi, ma a lavorare. Si leg-ga il testo di 1Ts 4,10-12: «Mavi esortiamo, fratelli, a farloancora di piú e a farvi un pun-to di onore: vivere in pace, at-tendere alle cose vostre e la-vorare con le vostre mani, co-me vi abbiamo ordinato, al fi-ne di condurre una vita deco-rosa di fronte agli estranei e dinon aver bisogno di nessuno».A questo testo si affianchi an-che 2 Ts 3,10: «E infatti quan-do eravamo presso di voi, videmmo questa regola: chi nonvuol lavorare neppure mangi».Il lavoro è necessario per unadignità di vita, per dare la di-sciplina all’esistenza e per vi-vere nell’obbedienza al co-mando di Dio.

Sempre dal passo sopra cita-to di Filippesi, possiamo indi-viduare un’altra idea, e cioèche la ricchezza va usata comesacrificio gradito a Dio, cioècome un “sacrificio di comu-nione”, cioè quel sacrificio nelquale la vittima veniva condi-visa tra i partecipanti, e alla cuiconsumazione bisognava invi-tare i poveri, i bisognosi.

Un ulteriore insegnamento,strettamente conseguente a ciò,è che Dio benedice coloro chesanno partecipare la loro ric-chezza alle persone bisognose:«Il mio Dio, a sua volta, col-merà …» (Fil 4,19).

IL MINISTERO ECCLESIALE

E I BENI ECONOMICI: L’ESEMPIO DI PAOLO

Ritorniamo ora al testo di At-ti, e in particolare al testamen-to spirituale di Paolo, che egli

propone nel suo discorso ai pre-sbiteri di Efeso, tenuto nellacittà di Mileto (At 20,17-36).Emerge un profilo dell’Apo-stolo davvero affascinante, an-che in riferimento al rapportocon i beni materiali. Infatti aipresbiteri di Efeso Paolo ri-corda una delle caratteristicheessenziali del ministero, dellaquale egli per primo ha dato unconvincente esempio: un com-portamento irreprensibile nel-la rinuncia alla ricerca del pro-prio interesse. Il ministro deveinfatti operare in assoluta tra-sparenza e non essere in alcunmodo sospettabile della ricer-ca di un interesse personale,

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Paolo stima il lavoronon solo come obbedienza al comando del Creatore e come condizione per una vita dignitosae disciplinata (cfr. 2 Ts 3,6ss), ma anche come possibilità di esprimere ed esercitare la carità

Certamente Paolo non fa undogma di questa sua linea dicondotta per quanto riguardal’aspetto economico (non intutte le comunità lavora mate-rialmente come a Corinto), mavuole evidenziare un aspettoche non deve mai mancare alministero: la libertà dall’inte-resse privato, la generosità sen-za calcoli, la disponibilità aspendersi e a giocarsi con tut-to quello che si ha, perché in talmodo si rende visibile lo stiledel servizio di Cristo.

Per questo, con molta deci-sione, afferma di non aver «de-siderato né oro, né argento, néla veste di nessuno» (At 20,33);anzi, a tal proposito offre alcu-ne preziose indicazioni sul sen-so spirituale del lavoro.

Esso non deve semplice-mente servire a soddisfare leproprie necessità, ma deve di-ventare una risorsa per l’aiutoad altri piú bisognosi, a soc-correre i deboli.

Paolo stima dunque il lavo-ro non solo come obbedienzaal comando del Creatore e co-me condizione per una vita di-gnitosa e disciplinata (cfr. 2 Ts3,6ss), ma anche come possi-bilità di esprimere ed esercita-re la carità. E poiché sa bene chel’insidia dell’avidità non è maisopita, e si è portati a conside-rare il frutto legittimo del pro-prio lavoro come un bene per-sonale, da usare a proprio van-taggio, l’Apostolo ricorda lanecessità di educarsi alla gra-tuità, alla generosità.

E lo fa citando un agraphon,cioè un detto del Signore Ge-sú, che non si trova scritto nei

vangeli canonici: «C’è piú gioianel dare che nel ricevere» (v.35).

ASPETTI

DELL’INSEGNAMENTO DI PAOLO

CIRCA I BENI ECONOMICI

Vediamo ora di proporre ve-locemente alcuni aspetti del-l’insegnamento paolino sullarelazione che il cristiano deveavere con i beni economici.

Paolo è erede del Primo Te-stamento, e non considera unmale la ricchezza come tale; èpiuttosto l’atteggiamento dellalibertà umana a decidere dellaqualità positiva o negativa cheessa può assumere nell’esi-stenza del credente.

Nel suo insegnamento, poi,Paolo segue la linea sapienzia-le e cioè indica la necessità disaper discernere, nella propriarelazione con le ricchezze.

Un primo principio, che ilcristiano deve fare proprio nel-la sua vita personale, è quellodel sapersi accontentare diquanto si possiede, vigilandocosí contro la tentazione dellacupidigia e dell’orgoglio inge-nerato dalla ricchezza.

Ecco quanto si legge in 1 Tm6,6-10: «6 Certo, la pietà è ungrande guadagno, congiuntaperò a moderazione! 7 Infattinon abbiamo portato nulla inquesto mondo e nulla possiamoportarne via. 8 Quando dunqueabbiamo di che mangiare e diche coprirci, contentiamoci diquesto. 9 Al contrario coloroche vogliono arricchire, cado-no nella tentazione, nel laccioe in molte bramosie insensatee funeste, che fanno affogare gli

specie economico o affettivo. Per Paolo ciò ha significato

provvedere con le proprie ma-ni al proprio sostentamento;una conferma di tale scelta ope-rativa viene da At 18,3, che ciinforma come l’Apostolo, a Co-rinto, lavorasse con Aquila ePriscilla a fabbricare tende.

Non che Paolo neghi il dirit-to dell’evangelizzatore a esse-re aiutato e riconosciuto nel suoservizio (1 Cor 9,4ss), ma ri-tiene utile provvedere autono-mamente ai propri bisogni eco-nomici, onde non suscitare il so-spetto che il suo apostolato siamosso da interesse per il pro-fitto.

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La ricchezza deve diventare

possibilità concreta di aiuto fraterno, e non strumento

di dominio sugli altri,e il lavoro è

un’espressione positiva dell’umano

come obbedienza al progetto

del Creatore

uomini in rovina e perdizione.10 L’attaccamento al denaro in-fatti è la radice di tutti i mali;per il suo sfrenato desiderio al-cuni hanno deviato dalla fedee si sono da sé stessi tormen-tati con molti dolori».

In definitiva, egli vuole in-culcare uno stile di sobrietà,che porta a saper limitare i pro-pri bisogni e a bastare a sé stes-si. Da tutto questo si evidenziache ciò che turba il nostro rap-porto con il denaro non è il fat-to di possederlo o non posse-derlo, quanto piuttosto la cupi-digia, l’attaccamento ad esso,la philargyría, che è la radicedi tutti i mali.

Che Paolo non demonizzi laricchezza lo si vede anche dalfatto che non scorge un’im-possibilità insuperabile di com-porre possesso della ricchezzae reale partecipazione alla vitae alla comunità cristiana, pur-ché i ricchi si guardino dal-l’orgoglio della ricchezza e siricordino che i propri beni, an-che quelli che sono frutto delproprio lavoro, devono servirenon solo per se stessi, ma an-che per i bisogni degli altri.

Si legga, a tale proposito,quanto, poco piú avanti, diceancora 1 Tm 6,17-19: « 17 Ai ric-chi in questo mondo racco-mando di non essere orgoglio-si, di non riporre la speranza sul-l’incertezza delle ricchezze, main Dio, che tutto ci dà con ab-bondanza perché ne possiamogodere; 18 di fare del bene, di ar-ricchirsi di opere buone, di es-sere pronti a dare, di essere ge-nerosi, 19 mettendosi cosí daparte un buon capitale per il fu-

turo, per acquistarsi la vita ve-ra».

La ricchezza deve diventarequindi possibilità concreta diaiuto fraterno, e non strumen-to di dominio sugli altri.

Sempre in questa linea dipensiero, che vede nel lavoroun’espressione positiva dell’u-mano come obbedienza al pro-getto del Creatore.

Per questo lui stesso non haesitato a mantenersi in molte oc-casioni con il lavoro delle pro-prie mani.

D’altra parte ricorda che ilfrutto del proprio lavoro nonpuò mai essere egoisticamen-te goduto, ma può essere l’oc-casione per crescere nella ca-rità: «Chi è avvezzo a rubarenon rubi piú, anzi si dia da fa-re lavorando onestamente conle proprie mani, per farne par-te a chi si trova in necessità» (Ef4,28).

(*) Relazione di Patrizio Rota Sca-labrini, Docente Facoltà Teologicadell’Italia Settentrionale, tenuta al-la Sezione UCID di Bergamo.

1) Queste note dipendono da S.Cipriani, Povertà, annuncio, con-divisione dei beni nelle lettere di S.Paolo, in V. Liberti (ed.), Ricchezzae povertà nella Bibbia, (Studio bi-blico teologico Aquilano), Ed. Deho-niane, Roma 1991, pp. 171-207.

«Ai ricchi in questomondo raccomando

di non essere orgogliosi,di non riporre

la speranza sull’incertezza delle

ricchezze, ma in Dio,che tutto ci dà

con abbondanza perché ne possiamo godere;

di fare del bene, di arricchirsi di opere

buone, di essere pronti a dare, di essere generosi,mettendosi da parte un

buon capitaleper il futuro» (1 Tm 6,17-19)

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ATTIVITA’

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PROFESSIONISTI

NELLA SFIDA DELLA

COMPLESSITÀ

Riportare nel solco dell’umanesimo i processi di trasformazione per costruire il Bene Comune

ca sociale: la società viene vis-suta - pur possedendo risorse in-gentissime, impensabili solopochi decenni fa - quale espres-sione di una disarticolazioneirreversibile. Servono coesione,fratellanza, amore, giustizia.

Ma come è possibile trovarequesto nell’economia, tra i mec-canismi della competizione?Una società complessa ha bi-sogno della solidarietà per au-tosostenersi; si può quasi par-lare di una sorta di “solidarietànecessaria”. È questa una co-stante del Magistero della Chie-sa che sottolinea esplicitamen-te la stretta connessione esi-stente tra la categoria moraledella solidarietà e la categoriaeconomica dell’interdipenden-za. Su questo scenario macroancora purtroppo non compre-so, ci sono alcuni elementi im-portanti, si muovono alcunetendenze che interpellano il no-stro impegno personale. Lacomplessità è la cifra identifi-cativa del contesto attuale, com-plessità che si esalta in rela-zione al cambiamento inces-sante in atto. La semplifica-zione costituisce l’approcciofacile, ma non esaustivo, siaperché non utilizza gran partedelle tante variegate risorse di-sponibili per ciascuno, sia per-ché riflette orizzonti bassi ecorti, senza quel respiro di sen-so che è l’anelito dell’uomo.Ma la semplificazione attrae,perché l’immediatezza sembracorollario di libertà, specie sulpiano dell’economia.

LIBERTÀ E FRAMMENTAZIONE

Se infatti facciamo mente lo-

La complessità è la cifra identificativa del contesto attuale,complessità che si esalta in relazioneal cambiamento incessante in atto. La semplificazione costituisce l’approccio facile, ma non esaustivo

ATTIVITA’IMPRENDITORI E DIRIGENTI CRISTIANI

di Angelo FerroPresidente Ucid Nazionale

Viviamo in un mondoglobale, pieno di con-catenazioni estese e in-

cisive, ove tutto è e diventasempre piú complicato, in cuicause ed effetti non sono piú se-parabili ma in circuito. Unmondo che richiede discerni-mento, conoscenze, tempesti-vità e profondità, un mondoche reclama crescente impe-gno per rimanere soggetti.

GLOBALITÀ E COMPLESSITÀ

Lo si proclama nei processieducativi: apprendere per co-noscere, per essere, per fare,per vivere; non piú una solafunzione ma ben quattro obiet-tivi contestuali.

Lo si evidenzia nelle politi-che dello sviluppo, con l’indi-spensabile integrazione di ele-menti tecnici, culturali, antro-pologici, monetari, fiscali, ecc.ecc. in uno scenario non solo in-terno, ma planetario.

Mentre si parla tanto di glo-bale - e noi siamo operatori inun mercato globale - si assistealla frammentazione dell’indi-viduo e al dissolvimento dellasocietà: le concezioni antropo-logico-materialiste, l’impres-sionante qualità e l’enormequantità di dati forniti dalla ri-cerca, propongono l’uomo co-me un aggregato di cellule, dimolecole, di impulsi sessuali,di globuli, di emozioni, ecc.ecc., che la scienza illustra concrescente dovizia di dati manon spiega nella prospettivadell’unità della persona che re-sta priva di risposte di sensocomplessivo. Altro che globa-lità! Ne risente tutta la dinami-

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Ciascuno ha visto crescere la sfera

delle proprie libertà. Il tempo si è attimizzato,

e per ogni attimo si offrono miriadi

di opzioni: i bisogni si sono infinitesimizzati.

L’effetto è una frammentazione

generale, generalizzata,pervasiva ed esplosiva

cale al modo di essere dei no-stri comportamenti circa il con-sumo, il risparmio, l’investi-mento, ci accorgiamo che laspinta alla libertà ci ha portatoa moltiplicare all’infinito glispazi di intervento quando con-sumiamo o risparmiamo o in-vestiamo, nell’ansia di trovare,magari nell’anfratto minimaledi uno di questi, attuali o futu-ri, la soddisfazione dei nostri bi-sogni e delle nostre aspirazio-ni. Un movimento che partedallo spirito libertario della se-conda guerra mondiale controi nazionalismi e il razzismo, edalla centralità degli scambi -senza confini, aperti - come le-va del benessere, e si è venutorafforzando con le innovazio-ni tecnologiche e la rivoluzio-ne informatica.

Ciascuno di noi ha visto co-sí crescere la sfera delle proprielibertà di scelta, trovando nel-la moltitudine delle forme, del-le consistenze, delle modalitàdei beni/servizi prodotti, pos-sibilità di veder concretizzatigli stimoli di essere sé stesso.

Questa moltiplicazione crea-tiva si è incrementata parcel-lizzando le situazioni, i tempi,le abitudini, con l’obiettivo diconseguire piú libertà, di rea-lizzare meglio la propria auto-nomia. Il tempo si è attimizza-to, e per ogni attimo si offronomiriadi di opzioni: i bisogni sisono infinitesimizzati, supe-rando ogni distinzione tra pri-mari, secondari, voluttuari per-ché si sono create migliaia dinuove, sempre differenti ge-rarchie, su cui scegliere (e cam-biare) le preferenze; domanda

e offerta si riproducono conun’intensità spasmodica, ge-nerando risultati esponenziali.Una simile dinamica non ri-guarda solo l’area della nor-malità ma anche quella dellatrasgressione, dell’anormalità,con una rincorsa divisionaleche il cambiamento fa esplo-dere.

L’effetto è una frammenta-zione generale, generalizzata,pervasiva ed esplosiva; il ter-mine “complessità” narra que-sta situazione, la fotografa, manon riesce a interpretarla. E loscenario mondiale conferiscealla stessa una continuità sen-za fine, perché se in una zonac’è recesso, in un’altra c’èespansione ed entrambe sonodisponibili alle scelte indivi-duali, per cui le opzioni si mol-tiplicano creando piú com-plessità. In uno stesso luogopoi ci sono reazioni diverse trachi soffre degli effetti della glo-balizzazione per il proprio la-voro e chi ne vede il vantaggioper la maggior convenienza de-gli acquisti (e magari è la stes-sa persona). E allora è piú fa-cile, piú naturale concentrarsisullo spazio parcellizzato, sul-l’attimo temporale, sull’istan-za emozionale e decidere su-bito, lí per lí, perché ciò sem-bra valorizzare la nostra libertà,esprimendo un potere sogget-tivo, mentre porta invece acamminare nel solco della sem-plificazione, senza esercitarela coscienza.

FENOMENI DI DERIVA

Sul piano sociale, questa di-namica economica di parcel-

lizzazione e di attimizzazionetrova sponda - e a sua volta neè alimentata - nella frammen-tazione della società; una mol-titudine fatta di singoli che siautoreferenziano, senza porsiil da dove veniamo e dove in-tendiamo andare, perché giàtanto tutto cambia in tempi ra-pidissimi ed è meglio essereconcentrati sull’attualità delcontingente. La coscienza sta aimargini, non interviene. Unariflessione sullo stato dell’artedella società ci sgomenta, puranalizzando solo alcuni macrofenomeni:

- il diffondersi di orienta-menti iperindividualistici; che

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La ricerca dell’utile individuale e del vantaggio economico sta diventando generalmente il fine supremo, sostenuto da un messianismo pericoloso che attribuisce al denarol’onnipotenza di una divinità dominante il cui cultocomporta costi umanisempre piú elevati a falsi idoli

capaci di conferire un signifi-cato coerente e stabile all’esi-stenza. L’uomo si sente oggiminacciato da ciò che producee l’ottimismo razionalista che«vedeva nella storia l’avanza-ta vittoriosa della ragione» sem-bra essersi ribaltato nel suo con-trario, fino alla «tentazione del-la disperazione» (Fides et Ra-tio, 47,91) a causa della di-scrasia divaricante tra disponi-bilità dei mezzi, che avanza conil procedere delle scopertescientifiche e tecnologiche, ela contemporanea perdita deiriferimenti, dei fini fondamen-tali della vita umana.

- l’accentuarsi delle mi-croaggregazioni che ci mette difronte una popolazione sempremeno capace di darsi finalitàcomuni e di realizzarle, in cuile persone vedono sé stesse intermini sempre piú atomistici,come individui sempre menolegati ai loro concittadini dauna comunanza di progetti e difedeltà.

- la crescita dell’anonimato(si sostiene la privacy e sidiffonde la solitudine): chi nonè efficiente o risulta sconfittonel confronto, viene lasciatosolo a pagarne le conseguenze.Specie nella città, l’uomo si ri-trova sempre piú isolato in mez-zo a una folla di propri similiche gli sono indifferenti od osti-li; e questo spiega non solo l’e-spandersi della nevrosi ma lafrequenza di fatti orribili.

- l’estendersi della concor-renza, meccanismo positiva-mente regolatore dei princípi discambio, a tutte le vicende uma-ne, non solo a quelle economi-

che, che genera una società an-tagonistica, in cui regna indi-scriminatamente la competi-zione, inquinando l’autenticitàdelle relazioni umane. L’uomovede nell’altro uomo essen-zialmente “un competitor”, unrivale, e non un proprio similecon cui entrare in rapporti di ri-spetto, di simpatia, di amici-zia, con riconoscimento che lealtrui libertà fanno crescere siale proprie sia quelle di tutti.

- la crisi ampia e generaliz-zata dei riferimenti “forti” nel-la società e nella scienza, scos-si dal sorgere di nuove consa-pevolezze e dissestati da inediteesigenze per lo iato tra le cele-rità del cambiamento prodottodalle innovazione tecnologichee la capacità di adattamento deicostumi di vita delle persone.Si assiste alla perdita di in-fluenza delle grandi istituzionicivili, religiose, politiche, chein passato agivano come fontidi autorità in grado di struttu-rare e significare la vita degliindividui e della comunità. Al-lo sgretolamento dei sistemi diriferimento tradizionali si af-fianca il motivarsi, il moltipli-carsi di fonti valoriali e nor-mative - dalle sette a coloro chepredicano il futuro - instabili espesso tra loro antitetiche, chesi introducono come causa ul-teriore di confusione e diso-rientamento, provocando smar-rimento ideologico e crisi del-le identità.

- l’acuirsi sempre piú del-l’incapacità di affrontare il ri-schio della scelta organica edi impegnarsi in stila di vitadefinitivi. Il moltiplicarsi delle

opera una scissione tra sferapubblica e quella privata, pri-vilegiando sostanzialmente laseconda e svalutando il socia-le relazionale in quanto ester-no alla soggettività della per-sona. La ricerca dell’utile in-dividuale e del vantaggio eco-nomico sta diventando gene-ralmente il fine supremo, so-stenuto da un messianismo pe-ricoloso che attribuisce al de-naro l’onnipotenza di una di-vinità dominante il cui cultocomporta costi umani semprepiú elevati a falsi idoli.

- il propagarsi del narcisi-smo che favorisce la forma-zione di personalità amorfe, in-

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La libertà non è solo un ripetersi

di “libertà di scelta” tra due opzioni,

ma prima è un liberarsi

dalla dipendenza, in modo da attivare

un processo di accumulazione

responsabile verso traguardi

piú alti

attese in una situazione in cuiil benessere è scoppiato in tem-pi brevissimi, con l’imprepa-razione a riconoscere e accet-tare i limiti del reale, ha indot-to il principio del piacere comecoazione a ripetere e come di-pendenza dal tutto e subito, ne-gandosi la possibilità di saperriconoscere ciò che a lungo ter-mine può dar senso alla vita.

- l’esplosione delle tecnichedella comunicazione, che da unlato agevola immensamente lamodernizzazione, ma dall’al-tro ha precipitato il soggetto inun ingorgo informativo caoti-co, da cui solo con grandissi-ma fatica (mentre tutti voglio-no il piacere e non la fatica)potrebbe riscoprire una gerar-chia di valori universale capa-ce di fondare un ordinamentoglobale ricco di nuove dinami-che di progresso. Di qui unaquasi connotazione “repressi-va” della società industrialeavanzata, soprattutto perchéservendosi delle tecniche piúprogredite di comunicazione edi persuasione delle masse, ar-riva a manipolare l’uomo finoa far dimenticare o far passarein seconda linea i bisogni pri-mari, per creare e stimolare“falsi bisogni” sia in funzionedi interessi particolari sia peroscurare la capacità di discer-nimento.

Un quadro cosí negativo sco-raggia la volontà di interveni-re; è piú agevole lasciarsi tra-scinare dalla deriva, è piú facilela tentazione della semplifica-zione, è piú comodo andare adindividuare le colpe (dei geni-tori, della Chiesa, dell’ONU,

della politica, della famiglia,dell’immigrazione, ecc.) sca-ricando cosí su altri ogni re-sponsabilità per acquisire, conla propria assoluzione, ulterio-ri diritti per parcellizzare, atti-mizzare, frammentare.

LA SEPARATEZZA

Questa spinta - sul piano del-l’economia e dei comporta-menti sociali - a essere sé stes-si mediante scelte di libertàsempre piú autofocalizzate,scandendo su porzioni semprepiú specifiche la propria realtà,porta a un’offerta di beni e ser-vizi sempre piú estesa (fattorepositivo per la crescita) cheperò nel vortice incessante delcambiamento, si connota di se-paratezza: separatezza di un in-dividuo rispetto agli altri; se-paratezza di un bene in quelmomento, in quel contesto ri-spetto ad altri. È la separatez-za a far diventare gli elementidella parcellizzazione e dellaattimizzazione come fini, ognivolta assorbenti l’intera deci-sione. Cosí si perpetua una se-quenza di anelli isolati, non col-legati in una catena che dia sen-so all’agire. Trovarsi inseriti inquesto meccanismo non pro-voca la coscienza, ma riflette unadeguarsi quasi passivo a scan-sioni esterne. Una scelta, unesercizio di vera libertà, av-viene anche nell’allontanarsida schemi di comportamentocontingenti e all’apparenza au-torealizzativi che però impedi-scono una prospettiva piú aper-ta e piú estesa. La libertà nonè solo un ripetersi di “libertà discelta” tra due opzioni, ma pri-

ma è un liberarsi dalla dipen-denza, in modo di attivare unprocesso di accumulazione re-sponsabile verso traguardi piúalti, che per noi cristiani si tro-vano indicati nella Tavole diMosé, ove l’enunciazione deidieci comandamenti perché in-trodotta da un significativo ri-ferimento alla liberazione delpopolo di Israele: «Io sono il Si-gnore Tuo Dio, che Ti ha fattouscire dal paese d’Egitto, dal-la condizione di schiavitú».

Il Decalogo costituisce laconferma della libertà conqui-stata. In effetti i comandamen-ti a guardarli in profondità - so-no il mezzo che il Signore ci do-

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È la coscienza che riesce a far sintesi unitaria quando sa vedere oltre la materialità, protesa a dare rappresentazione ultima alla finitudine, trovando nelle cose, nei frammenti, negli attimi, il fine dell’agire

determinata e affermata. Se re-sta prigioniera di sé stessa, com-piacendosi del diventare mas-sa, (le tendenze della trasgres-sione) e ciò anche attraversoconfronti bilaterali, soffoca l’e-sercizio della libertà stessa, per-ché chiude all’interno gli àm-biti della scelta. In fondo la spe-cializzazione avviene attraver-so un processo di aggregazio-ne di elementi conoscitivi,frammentati e segmentati, mes-si insieme da un filo sapien-ziale ininterrotto e solido che dàprofondità e spessore alla com-petenza.

L’esercizio delle funzioni co-stituisce infatti l’esito validodelle specializzazioni, e ciò dàcorpo alle articolazioni dellasocietà. Una società massificataè esiziale e quanto meno sonodiffuse la frammentazione e lasegmentazione, tanto piú que-sto risultato diventa conse-quenziale; come è consequen-ziale in presenza di separatez-ze che impediscono le con-nessioni, perché inaridisce ilsenso complessivo.

Poter valutare, capire, di-scernere è esercizio di libertà;poter collegare elementi diver-si per conseguire livelli piú al-ti e avanzati, è esercizio che dàsenso, e come tale, rende libe-ri, ossia capaci di scelte cherealizzano piú libertà, proiet-tandosi su un arco spaziale,temporale, situazionale moltopiú articolato e completo. Sel’importante è solo l’output,come moltitudine di realtà dif-ferenti a sé stanti, e non si cer-ca la possibile interazione tra lo-ro, si depotenzia la libertà con-

finandola alla sola frequenzadell’alternativa. Se l’attimoviene circoscritto e valorizza-to come evento staccato, a séstante, e non inserito/inseribi-le in un percorso di direzioneche acquisisce piú libertà, si ri-mane nella frammentazione dei“sí” senza aver prima, riflet-tendo, essersi magari espressicon il “no” per elevarsi versotraguardi piú alti (il “no” dei co-mandamenti).

È questo lo spazio della co-scienza, che riesce a far sinte-si unitaria quando sa vedere ol-tre la materialità, invece prote-sa a dare rappresentazione ul-tima alla finitudine, trovandonelle cose, nei frammenti, ne-gli attimi, il fine dell’agire. Setutti gli elementi in gioco sonocapiti e valutati dalla sola ma-terialità, l’esercizio della libertàsi restringe, si chiudono gli spa-zi di integrazione.

Ad esempio: c’è chi davantialla frammentazione e al cam-biamento che genera precarietà,fragilità, provvisorietà deglistatus, invoca attraverso la po-litica soluzioni di stabilità, inparticolare per i rapporti di la-voro. Inserire elementi di ri-gidità in un contesto continua-tivamente non solo mobile, maaddirittura turbolento significarompere i meccanismi e quin-di venire esclusi dalla dinami-ca. La soluzione invece va cer-cata su un altro piano, che èquello della creazione di retisociali di welfare tanto piú va-lide ed efficaci quanto piú pro-mosse dalla coscienza, dal bas-so.

È lo spirito (non solo nel-

na per difendere la nostra li-bertà sia dai condizionamentiinterni delle passioni che daisoprusi esterni dei malinten-zionati. I “no” dei comanda-menti sono altrettanti “si” allacrescita di autentica libertà.

Trasferiamo questa logica al-le nostre vicende quotidiane.

L’occasione di sempre nuo-ve disponibilità di beni e ser-vizi (i prodotti visibili della fe-nomenologia economica e so-ciale dell’attuale parcellizza-zione/attimizzazione) assicurauna moltitudine di diversità: ilvalore che la diversità può ave-re in termini di libertà, deveperò dipendere da come viene

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Occorre la tensione dello spirito: ogni

moltiplicazione di sceltarichiede una forte

mobilitazione di inserimento in una

direzione piú alta, piú completa, accrescitiva

di senso complessivo, per un progetto

piú esteso in grado di formare

la propria identità

l’accezione alta del divino, maanche in quella culturale del-la curiosità a veder cosa c’èdietro l’angolo, dell’interro-garsi su ciò che conta, del sen-tirsi partecipe di un mondo in-terdipendente, vasto e globaleecc. ecc.) che riesce a rompe-re le barriere del separatismo,perché supera la semplice con-sistenza diaframmatrice dellecose, non fa un compromessotra di esse, ma spinge in alto lasintesi. È la dimensione dellospirito che porta a integrare lecose, attraverso un esercizio dilibertà nell’individuare quantoproduce significato complessi-vo. Pensiamo all’arte e agli ar-tisti come testimoni di questoassunto.

Le tecnologie semplificano,e questa semplificazione con-ferisce loro un’immagine di on-nipotenza; ma per quanto apra-no confini impensabili, restanodelle “cose”, non offrono unaprospettiva completa perchémanca lo spirito, quell’imma-teriale che collega la comples-sità per accrescere la sfera del-la libertà.

Esercitarsi a capire l’animadelle cose applicata alle perso-ne; questa è la cifra interpre-tativa.

I processi di integrazione nonsi alimentano solo con le tec-nologie compatibili, ma con ilsoffio della vita piena, da viverecon le proprie identità alimen-tate da una coscienza che saandare oltre, che prospetta unorizzonte piú elevato, piúprofondo, carico di innovazio-ne compartimentale, cui ten-dere.

FINALITÀ ASSOLUTE

Questo processo di fram-mentazione, che alla base in-tende promuovere e soddisfa-re, con la tecnica della parcel-lizzazione, l’ansia di essere sestessi, costituisce pertanto con-dizione necessaria, ma non suf-ficiente, perché rimane fine au-torealizzativo, contribuendo aprodurre sul piano sociale gli ef-fetti negativi ricordati. Serve,perché non vogliamo toglierlasecondo logiche pauperistiche.

Ma non basta: occorre la ten-sione dello spirito: ogni molti-plicazione di scelta (anche lapiú limitata per essere piú con-grua) richiede una forte mobi-litazione di inserimento in unadirezione piú alta, piú comple-ta, accrescitiva di senso com-plessivo, oltre la barriera del-l’alternativa, per un progettopiú esteso su cui collocare le co-se disseminate nel camminoesistenziale e formare cosí lapropria identità.

D’altra parte il sé si forma at-traverso un infinito, continuoprocesso di sensazioni, intui-zioni, attenzioni, ambizioni,impulsi, sogni, pensieri, emo-zioni, deduzioni: non siamo,diventiamo soggetti coscientiintegrando queste parti. Nonc’è un sé monolitico e autode-terminante ma un sé sapienteche cresce con la ricomposi-zione della frammentazione, inlibertà e coscienza.

Ecco il globale su cui ogniscelta va misurata per massi-mizzarne e ottimizzarne le re-lazioni. E ciò richiede cono-scenza, approfondimento, ana-

lisi critica, capacità di con-fronto, per saper utilizzare ilpotenziale di interconnessioni,(l’essenza della globalizzazio-ne) spingendolo verso traguar-di piú avanzati attraverso la ca-pacità dello spirito di integra-re. Ecco la sfida della com-plessità che non si vince conla semplificazione, anche sesupportata da tecnologie inte-rattive perché nelle disconti-nuità loro proprie, coltivano ilsolco della frantumazione.

Si vince con la coscienza delnostro essere cristiani, im-prenditori, dirigenti, profes-sionisti, proiettata nella libertàdel percorso esistenziale ver-

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La complessità è esigente: perché ponela sfida di integrare, interconnettere frammentazione, parcellizzazione, come moltitudine di opportunità per coniugare una vita piena,un’avventura esistenziale entusiasmantee gioiosa che non ha finitudine ma eternità

mi/riscaldandomi non avvertopiú quel bisogno. I bisogni es-senziali, fatti di esigenze realivengono esaurientemente ap-pagati da beni/servizi reali.

Invece i bisogni “superiori”,eccedenti i primari, sono - so-prattutto oggi nell’era dell’in-novazione, della globalizza-zione, dei cambiamenti - ge-nerati da aspettative: l’appar-tenenza a uno status, l’influenzadelle mode, l’accesso a certibeni/servizi, ecc. ecc. creanoaspettative non chiaramente de-finibili, con tanti chiaroscurisul piano reale. Per cui, dopol’utilizzo, rimangono aree diinsoddisfazione, e comunquesi creano altri bisogni e altreaspettative in una sequenza in-cessante.

L’aspettativa, anche se af-frontata da beni/servizi quali-ficati, lascia insoddisfatti se sirimane dentro il suo àmbito, senon si esce dalla sua spirale.Ecco la genesi della frammen-tazione; una specializzazioneconnessa all’indefinitezza del-le aspettative.

Riesco a governarla questadinamica, a rendermi protago-nista di questo processo, solose mi muovo con un’aspettati-va di senso globale, (e certa-mente questo avviene se l’a-spettativa finale è il Bene As-soluto, il Bello, il Giusto, perl’eternità) per cui ogni passag-gio di sperimentazione va po-sto in una logica di concate-nazione, costruendo un per-corso di significato complessi-vo.

Cosí anche da questo ver-sante si giunge alla matrice del-

l’interconnessione per integra-re, matrice che la globalizza-zione offre a tutto campo al-l’uomo: dare spirito alle cose,alle aspettative, ai bisogni inun collegamento promosso dal-la coscienza. In tale modo l’in-terconnessione condensa lacomplessità realizzando un pro-getto con finalità complessiveesaurienti.

UCID, PUNTO DI RIFERIMENTO

Guardiamo dentro di noi: ab-biamo piú di quanto osavamo“sognare” in termini di conforte benessere, ma non siamocompletamente soddisfatti. Ilpotere, il possesso di queste en-tità materiali, non esaurisconole nostre aspirazioni. La nostracoscienza reclama di piú.

Lo spirito ci spinge versoorizzonti piú alti, piú comples-si. Non possiamo tenere dentrodi noi queste tensioni, circo-scriverle e spezzettarle soltan-to con il mecenatismo, con l’e-lemosina, con il sostegno diopere buone, con il rispetto del-la religione, (intesa come me-dicina dell’anima) senza unapresa di coscienza di senso e diprogetto.

Se la semplificazione da so-la aggrava questa dinamica diseparatezza, la complessità èesigente: perché pone la sfidadi integrare, interconnettereframmentazione, parcellizza-zione, come moltitudine di op-portunità per coniugare una vi-ta piena, un’avventura esi-stenziale entusiasmante e gioio-sa che non ha finitudine maeternità.

L’approccio della comples-

so finalità non relative, ma as-solute.

L’istanza della complessitàpostula il vivere da protagoni-sti, non da atomi della molti-tudine, l’epoca della globaliz-zazione e del conclamato be-nessere; capaci cioè di ricupe-rare in un filo aggregante lerealtà della frammentazione.

La loro dinamica è diventa-ta irreversibile ed esplosiva do-po il superamento dei bisogniessenziali: questi bisogni infattiportano con sé la ricetta per es-sere soddisfatti. Se ho fame eho freddo - per esemplificarecon i casi piú semplici - so giàche mangiando, che coprendo-

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L’UCID - ha ricordato Benedetto XVI -

è «punto di riferimento costante nell’esaminare

le questioni, nell’elaborare i progetti, nel cercare le soluzioni,

per i problemi complessidel mondo del lavoro

e dell’economia. (…) è proprio in questo

ambito che voi realizzate(…) la vostra missione e

(…) santificazione»

sità non è eliminazione dellasegmentazione, ma capacità dimetterla sostanzialmente in re-te, indirizzarla a traguardi piúelevati, con piú significato ri-spetto a quelli dell’attimo e delframmento. Ecco il piano oveperché richiesta la nostra buo-na volontà, ove dobbiamo eser-citare la nostra coscienza. Nonci possiamo sottrarre perché

a) siamo operatori econo-mici: l’attuale sistema econo-mico è causa/effetto di questadinamica. Non hanno quindiefficacia sperimentazioni ester-ne all’economia, motore di que-sta evoluzione. Per cui spettaa chi ha competenza economi-ca innovare, creando valore ag-giunto sul piano esistenziale;

b) la nostra vocazione im-prenditoriale (di imprenditori,di dirigenti, di professionisti) cioffre il talento di saper orga-nizzare elementi/fattori diver-si per ottenere un output mi-gliore, accrescitivo rispetto al-le risorse impiegate. Questoknow-how perché indispensa-bile per poter coniugare inputmolteplici, trasformarli versoun “prodotto finale” comple-to, in quanto professionalmen-te capaci di interconnessione.

c) la nostra appartenenzacristiana ci ha formati su una di-mensione organica – di mate-ria e di spirito, di terreno e diinfinito, di corpo ed anima -unitariamente concepita, vis-suta e radicata, esortandoci apraticarla come testimonianzadi essere figli di Dio, con fedein Cristo e nella Sua redenzio-ne; una dimensione costituti-vamente complessa, impossi-

bile alla semplificazione, perla quale ci ha attrezzato il Bat-tesimo, l’Eucarestia, la Cresi-ma, il matrimonio, l’insegna-mento della Chiesa, ed anchel’adesione all’UCID. Una di-mensione opposta al determi-nismo sociale.

Sono questi tre requisiti checi fanno capire perché il Papa,nell’udienza del 4 marzo, haindirizzato a noi la Sua forteesortazione:

“L’UCID come punto di ri-ferimento costante nell’esami-nare le questioni, nell’elabora-re i progetti, nel cercare le so-luzioni, per i problemi com-plessi del mondo del lavoro edell’economia. In effetti è pro-prio in questo ambito che voirealizzate una parte irrinuncia-bile della vostra missione dilaici cristiani e quindi del vo-stro cammino di santificazio-ne».

Questa ricerca di senso nel-la complessità ci tocca nelprofondo, coscienti che tutto èstrumentale rispetto al fine, ilnostro essere figli di Dio. I va-lori di giustizia e di carità rap-presentano i riferimenti del farfruttare i talenti nostri ed al-trui, con la disciplina della gra-titudine per i doni della Prov-videnza, e con l’impegno diesercitarli.

Questo richiede di assumereuna “misura” di fronte al “la-scia tutto e seguimi”. Questachiamata potente rappresentail polo attrattore della vita, sti-mola la coscienza ad imprime-re coerenza al nostro agire.

Come laici avvertiamo fortii vincoli di sangue verso i figli,

le relazioni sociali, la soddi-sfazione dei riconoscimenti edelle posizioni acquisite. Que-ste legittime espressioni uma-ne non devono esaurire il no-stro operato, che non sarebbecompleto se non ci fosse in noisempre una misura di gratuitàverso gli altri a gloria di Dio;perché è questa misura radica-ta, non emergenziale né emo-tiva, che realizza la domanda disenso coniugando libertà e re-sponsabilità.

Solo cosí si realizza la capa-cità di dare risposta ai bisogni:il discorso della Montagna ciinterpella e fa vedere nelle bea-titudini l’esito della nostra of-

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Disponiamo delle competenze operative per riuscire a trasformare le dinamiche di frammentazione in opportunità di crescitacomplessiva, nel ricercare contestualmente la dimensione orizzontale (il prossimo) e quella verticale (Dio)

passionevole ma promozionedi un riscontro solidale; il com-portamento di giustizia e diequità non sarà applicazionenormativa, ma sentimento direciprocità e di condivisione; ilsupporto alla Chiesa e alle sueistituzioni non sarà pagamen-to di una quota di iscrizione macammino con i pastori nel pel-legrinaggio terreno.

E allora … il paradosso del-l’infelicità nell’economia dimercato (compero un bene cherappresenta l’aspirazione piúgrande; sono felice; ma pocodopo vedo l’esistenza di un be-ne piú bello, piú attraente, piúvalido; divento allora infeliceperché non ho piú i mezzi peracquistare questo nuovo e nel-l’uso del “vecchio” trovo l’in-soddisfazione per le “mancan-ze” che nel nuovo sembranonon esistere) si azzererebbe amonte, risolto nella dimensio-ne di senso complessivo, gra-zie al discernimento che supe-ra l’attimo, il frammento, inte-grandoli nella propria identitàcon una prospettiva piú com-pleta che porta speranza.

E allora … l’incontro inUCID sarebbe sempre una fe-sta per la gioia di aver lo Spi-rito Santo a ispirarci nel vive-re, complessivamente insieme,la dimensione orizzontale coni fratelli e verticale con Diolungo una esistenza che nellamorte non ha il suo capolinea.

Perché tutti i rapporti che noistabiliamo solo in funzione dinoi stessi sono destinati a scom-parire, ma tutti i rapporti ge-nerati con l’architrave di Cri-sto costituiscono una storia che

cresce per l’eternità, e cosí con-tribuiscono ad affermare il sen-so del mondo.

Questi “allora”, e tanti altriche potremmo aggiungere, so-no espressioni della coscienza,sono dimostrazione di affida-bilità, requisito essenziale dellavorare.

INNOVATORI RESPONSABILI

«Il destino della società di-pende da minoranze creative: icristiani devono sentirsi tali» èl’esortazione di Benedetto XVI.

Un’esortazione che passa at-traverso la mobilitazione dellacoscienza e che ci tocca in pri-ma persona sia sul piano indi-viduale che associativo. Infat-ti disponiamo delle competen-ze operative per riuscire a tra-sformare le dinamiche di fram-mentazione in opportunità dicrescita complessiva; e siamoradicati nell’ispirazione cri-stiana che ci porta a ricercarecontestualmente la dimensio-ne orizzontale (il prossimo) everticale (Dio).

L’unione di questi elementiprovoca e alimenta la nostracoscienza a spingerci in questispazi per partecipare alla co-struzione del Bene Comune.La enorme infinita possibilitàdi interconnettere le relazioni,data dalla globalizzazione, cifa assumere un ruolo perma-nente di innovatori responsabili,nostra qualifica partecipativanell’edificare il Bene Comune.

Una partecipazione non eso-gena, dall’esterno, ma dall’in-terno, nella fedeltà dell’ap-proccio cristiano: convivere perconvincere, per cui l’etica pri-

ferta. E allora la compatibilitàtra le spinte di giustizia e caritàe le nostre capacità e compe-tenze professionali tenderà amobilitarsi verso l’alto e versol’intorno per aggregare piú emeglio l’esigenza di senso pro-prio ed altrui.

E allora….la moltitudine direaltà, nelle possibilità di in-terconnessione, esalterà la li-bertà di ogni uomo a essereaperto e partecipe utilizzandola globalizzazione per le proprieidentità, rifiutando la massifi-cazione con una società arti-colata.

E allora … l’attenzione agliultimi non sarà pietismo com-

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La vita e l’identità dell’uomo hanno

una storia (passato) il cui senso

è da leggere alla luce di quel futuro

che è presente (incombe)in ogni istante del

tempo (frammentazione)ma che non si identifica

con alcuno di essi

ma ancora di suggerire princí-pi e di stabilire regole è una di-mora, una casa, in cui ci si pren-de cura di sé e degli altri, ci siprende cura del Bene Umano.

Ecco lo snodo che dà sensoalla nostra avventura umana,di uomini che agiscono con lacapacità di creare valore ag-giunto, e non di chi si pone nel-la prospettiva delle terze per-sone (giusnaturalismo) e nep-pure di chi si pone nella pro-spettiva dello spettatore im-parziale (l’etica nelle mani deigiudici).

San Tommaso del resto ave-va già detto che il bene mora-le è una realtà pratica e dunquelo conosce veramente non chilo teorizza ma chi lo pratica: èlui che sa individuarlo e sce-glierlo con certezza.

Il primato del bene sul giu-sto era stato sostenuto già daAristotele; e questa citazioneesalta la peculiarità della nostraazione: il valore laico dell’im-pegno nella ricerca del BeneComune, la cultura dell’inno-vazione quale lievito della no-stra vocazione di costruttori disviluppo collettivo; la testimo-nianza di interpretare l’anelitodella trascendenza come dire-zione di senso verso il Creato-re, che ci ha donato la vita.

Abitare l’economia con que-sta coscienza; vivere con una di-mensione di senso la nostra at-tività: cosí si vince la sfida del-la complessità.

La vita e l’identità dell’uomosi rivelano definitivamente nelcontinuo uscire (il lievito del-l’innovazione) dallo stato pre-sente perché quella dell’uomo

è una vicenda che sfugge in piúdirezioni ad uno spazio tem-porale chiuso.

La vita e l’identità dell’uomohanno una storia (passato) ilcui senso è da leggere alla lu-ce di quel futuro che è presen-te (incombe) in ogni istante deltempo (frammentazione) mache non si identifica con alcu-no di essi.

Come la tradizione del rea-lismo insegna, la vita umana sicoglie in quanto totalità unifi-cata di una duplice dimensio-ne: quella spirituale e quellacorporale, pensate in profondaunità.

Quella dell’uomo è una unitàduale; per noi in questa dualitàc’è la vita eterna. La finitudi-ne e l’infinito implementano lavisione terrena con l’assolutoultraterreno e pongono signifi-cativi agganci di riferimenti piúesaustivi, piú completi, piú or-ganici che danno senso al vi-vere: si vedono meglio le co-se, c’è piú discernimento nel-le scelte, si conquista una mag-giore valenza partecipativa al-la costruzione del Bene Co-mune, partendo dalla nostracondizione di essere ospiti del-la vita.

Respiriamo, parliamo, cam-miniamo, ci muoviamo: tutto ciè stato dato: il cuore batte, ilsangue circola, le ghiandole se-cernono gli ormoni, i polmonisi gonfiano e si svuotano d’a-ria, milioni di globuli bianchisi immolano ogni volta che ab-biamo un minimo graffio e tut-to senza l’intervento della no-stra volontà.

Il giorno porta la luce per la-

vorare, la notte porta il buioper il riposo, le stagioni si suc-cedono per portare beni essen-ziali per l’umanità, e tutto av-viene senza l’intervento dellanostra volontà.

Cosí come la nostra volontànon interviene nemmeno nelsogno oppure nel fantasticare;siamo dentro la meraviglia diuna spontaneità che è in noi, diuna vita di cui siamo ospiti e cheun grande padrone di casa ci hapreparato.

Il dono della vita alimenta ildono della Fede e viceversa.Ne discende gratitudine specieda parte di coloro, come noi,che avvertono la “responsabi-

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ATTIVITA’

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Siamo chiamati a diventare portatori di un’offerta diffusiva di speranza: come imprenditori, con la determinazione econ l’intuito creativo; come dirigenti, nel sapersempre indirizzare risorse e risultati versotraguardi vieppiú avanzati; come professionisti, nell’essere capaci di suggerimenti e consigliincrementabili

andare oltre».L’abbiamo come operatori

economici qualificati per la ca-pacità di produrre output conmaggiore valore rispetto agliinput. E allora non possiamo,per esemplificare, fermarci aglistandard di eticità, ma con co-scienza diventare portatori diun’offerta in grado di far frut-tare meglio i talenti propri e al-trui, condensando efficace-mente le frammentazioni.

Un’offerta, anche nel micro,di soluzioni, di elaborazioni, disperimentazione di fronte aicomplessi problemi del mondodel lavoro e dell’economia.

Un’offerta diffusiva di spe-ranza su cui impegnarsi: comeimprenditori, con il rischio, conla determinazione, con l’intui-to creativo; come dirigenti, nelsaper sempre indirizzare risor-se e risultati verso i traguardivieppiú avanzati; come pro-fessionisti, nell’essere capacidi proporre suggerimenti, con-sigli, affiancamenti, valida-mente incrementabili.

Il tutto teso alla valorizza-zione dell’uomo, quel “massi-mo” di corpo e anima presen-te nella visione dell’umanesi-mo cristiano.

Questo diventare sempre piúsoggetti di offerta uniti in un’as-sociazione che aiuta a interlo-quire e a sostenere questa di-rezione, costituisce base es-senziale nell’edificazione delBene Comune. Una costruzio-ne di vari piani, l’abitazionedel Bene Comune:

- che utilizza la globalizza-zione come conservazione del-l’ambiente e del creato; come

partecipazione agli stessi de-stini, come diffusore di cam-pagne di civiltà (lotta alla schia-vitú, ieri, lotta alla povertà, og-gi);

- che apre ai credenti - ri-spetto al meccanismo limitan-te ai primi i grandi benefici delmercato - vasti spazi di inizia-tive per dimostrare che la pie-tra scartata (i secondi, i terzi, gliultimi) diventa testata d’ango-lo (la longevità come risorsa; letecnologie per la disabilità ecc.);- (la responsabilità dei primi);

- che è arricchita dall’ossi-geno dell’interiorità per quel“di piú” capace di proiettare unfuturo di speranza;

- che consente all’uomo – inquanto figlio di Dio – di saperconiugare i valori della societàe del mercato per la sua felicitàin terra;

- che accoglie la complessitàperché ciascuno è diverso dal-l’altro, e questa diversità è fat-tore di crescita. Se trattiamo unessere umano per quello che èegli rimarrà quello che è; setrattiamo un essere umano perquello che può e deve (nellasua felicità vera) essere, eglidiventerà quello che può e de-ve essere;

- che realizza il nostro po-tenziale umano, intraprenden-do un faticoso ma gioioso viag-gio allo scoperta di quello cheè dentro di noi e imparando adimpiegare la vita in modo pie-no e proficuo;

- che aderisce al codice co-mune della società attenendo-si al suo concetto di giusto esbagliato nel nostro comporta-mento e nel rapporto con gli

lità dei primi”.Dio ci ha dato tanti talenti, tra

questi anche quello di realizzarequalcosa che non c’è ma cheforse riusciremo a costruire seci mettiamo l’ingegno, le co-noscenze, il coraggio, la pas-sione, le aspirazioni di giusti-zia e carità, se ci mettiamo co-scienza.

Dobbiamo essere consape-voli che per questo quid in piú,per questo quantum in piú, ab-biamo una responsabilità mag-giore.

L’abbiamo in primo luogocome cristiani, fedeli al mes-saggio di Cristo «non sono ve-nuto ad abolire la legge, ma ad

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altri;- che si occupa della matu-

razione dei figli e della fami-glia come proiezione dell’af-fascinante e in parte misterio-so compito di contribuire al ci-clo umano anche dopo la mor-te;

- che amministra l’ereditàcollettiva del passato, un patri-monio di conoscenza, bellezzae saggezza accumulato dall’u-manità, un capitale di ricchez-ze che va ben oltre i beni per-sonali tramandati e i grandi edi-fici;

- che collega futuro e me-moria, per lasciare qualcosa divalore a chi verrà dopo;

- che prende cura del mondonaturale ove si racchiude tuttala grande vita, della grande ter-ra verde che infinitamente cidelizia e incuriosisce offrendoil sostentamento a noi e agli al-tri essere viventi;

- che induce a pensare a ciòche è sacro, ad onorare le aspet-tative trascendenti dell’uomo,a rispettare gli eterni misteriche sono e saranno sempre aldi là dell’umana comprensione,e che nel quotidiano e nell’im-previsto confida nella Fede delCristo quale riferimento sicu-ro della verità.

Se la Fede fosse ridotta a uncumulo di dottrine che la fan-no apparire piuttosto un’ideo-logia, potrebbe anche darsi cheuomini pragmatici, calati neinumeri come siamo noi, ne re-stano esclusi. Ma se la Fede èconcentrata nella sua essenzia-le dinamica allora emerge chela vera essenza originale chenon hanno le altre religioni co-

me religioni, non come popo-lo che crede e prega, è l’amo-re. Una dinamica fatta di treprincipi:

Primo: Dio ci ama, mi ama.Secondo: per dimostrarcelo

non solo ci ha creato ma ci haanche dato il Figlio.

Terzo: noi siamo convocati aentrare nel suo Amore, rispon-dendo al suo Amore come fi-gli nel Figlio, in un amore chedall’eternità esce e ci coinvol-ge in un rapporto intimo conDio. Nel mondo islamico tro-viamo la giustizia, e la miseri-cordia di Dio. Nel Nirvana e nelTao troviamo l’armonia e la po-tenza. Non l’Amore.

È difficile farlo entrare, co-me indirizzo di coscienza, nel-la nostra vita immersa nellaconcorrenza, nel vincolo di bi-lancio, nella dimensione nu-merica. Però c’è e l’abbiamosperimentato, in vari momen-ti. Ora deve diventare costume,l’allertare la coscienza, e la pre-ghiera ci aiuta nel liberare co-sí la verità del Cristianesimo.

È in questo abitare l’econo-mia per costruire il Bene Co-mune, che si trova anche la no-stra associazione.

Lo spazio dell’UCID emer-ge dall’analisi dell’evoluzionenel nostro paese, ove abbiamoritenuto che il Bene Comunefosse compito soprattutto del-lo Stato attraverso la creazio-ne di infrastrutture (dalle stra-de alle scuole) e di un sistemadi welfare (dalla sanità alle pen-sioni).

In questi ultimi decenni que-sta certezza si è indebolita, spe-cie per i crescenti limiti di fi-

nanza pubblica. Quasi inavvertitamente, di

fronte a questo “vuoto” delloStato si sono attivati sul pianodegli apparati (da quello mili-tare a quello tecnologico/infor-matico, a quello finanziario)che hanno occupato autopro-muovendosi, settori e spazi dicollettivo e valoriale interesse,smembrandoli, strumentaliz-zandoli.

E di fronte a ciò solo sog-getti altrettanto transnazionalicoscienti e responsabili - comeimprenditori, dirigenti, pro-fessionisti cristianamente ispi-rati - possono riportare nel sol-co dell’umanesimo i processi ditrasformazione per costruire ilBene Comune che lo Stato nonpuò piú governare, e che gliapparati si spartiscono.

Questo ruolo alto non ci spa-venta, anzi ci sprona a un sup-plemento di impegno persona-le, con la tensione di volerci ri-mettere continuamente in gio-co, rischiando, da innovatori,senza lasciarci irretire dai gran-di numeri, attenti alle personein quanto prossimo, testimoniconsapevoli del messaggio cri-stiano. Una testimonianza fat-ta con la passione che manife-stiamo per la nostra attività,con quell’empatia che diffon-de entusiasmo, gioia e parteci-pazione. Nell’abitare l’econo-mia ben venga allora la com-plessità della frammentazioneperché la nostra coscienza nequalifica il senso come polenache protegge la rotta.

IMPRENDITORI E DIRIGENTI CRISTIANI

ATTIVITA’

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LA SEPARAZIONE

RICOMPOSTA

DALLO SPIRITO

È questa la risorsa per ricomporre a unità un essere disintegrato e smarrito

profondito e un confronto checontribuisca se non altro a fa-vorire un chiarimento su alcu-ni aspetti apparsi a mio avvisonon sufficientemente argo-mentati.

PER UN NUOVO UMANESIMO

Il prof. Ferro denuncia losmarrimento o disagio del-l’uomo moderno (compreso dicolui che riveste responsabilitàd’impresa) a causa di una si-tuazione di complessità del vi-vere nella nostra società, sog-getta a un frenetico sviluppoeconomico, influenzata da quel-la che egli definisce frammen-tazione, con riferimento ai nuo-vi modi di produzione, all’of-ferta di prodotti, di risorse, al-la possibilità, spesso illusoria,di poter soddisfare le piú di-verse esigenze e bisogni. E at-tribuisce tale situazione alla il-limitata libertà di cui gode l’uo-mo nella nostra società.

Non ho una sufficiente o pa-ri competenza per addentrarmiin una analisi approfondita deitermini usati dal prof. Ferro, eche hanno costituito fin dal-l’origine del pensiero oggettodi elaborazioni di natura filo-sofica, religiosa, psicologica,sociologica. Mi limito sempli-cemente e sinteticamente a os-servare (senza pretendere di ag-giungere qualcosa di originale)che, forse oggi come mai pri-ma d’ora, la preoccupazioneper la condizione di frammen-tazione dovrebbe essere riferi-ta all’uomo, al suo senso dispaesamento nei confronti diuna realtà che non riesce piú apadroneggiare, al disorienta-

L’uomo, oggi, si trova in una condizione di frammentazione tale da apparire sempre piú disorientato e spaesato nei confronti di una realtà che non riesce piú a padroneggiare

ATTIVITA’LIBERTÀ E FRAMMENTAZIONE

di Mauro BoccuzziSocio Sezione di Bolzano

Libertà, frammentazione,complessità, globalizza-zione, separatezza, spi-

rito, fede: il professor AngeloFerro con l’enfasi appassiona-ta e trascinante di chi non solocrede fermamente, ma vive con“razionale” convinzione i valoriportanti della fede cristiana, haletteralmente catturato l’atten-zione dei soci UCID presenti il27 novembre nella sala Incon-tri delle Cantine Ferrari a Tren-to, coinvolgendoli in una im-pegnativa riflessione su con-cetti e problemi che ormai datempo interrogano le coscien-ze piú sensibili.

Anche per chi, come sociodell’UCID, non ha mai giudicatocon sospetto il profitto d’im-presa e la possibilità di un ap-proccio cristianamente etico aitemi dell’economia, è pur sem-pre una sorprendente sfida o unaprovocante scommessa quellalanciata da un imprenditore chesi affida alla forza dello spiritoe alla luce della fede per man-tenere la propria integrità e di-gnità di uomo, facile a smarrir-si nei tortuosi percorsi che lamodernità spesso impone.

Ammetto che di fronte a unatestimonianza, come quella del-l’illustre oratore, caratterizza-ta da un forte e coerente impe-gno personale rivolto ad alle-viare situazioni di sofferenza odisagio, proporre considera-zioni di tipo teorico-concettualepuò sembrare quasi una profa-nazione; ma il tema sollevatodal presidente nazionale del-l’UCID nella sua relazione mipare troppo importante per nonmeritare un dibattito piú ap-

Una nota a margine della relazione delPresidente Nazionale UCID, tenuta aTrento il 27 novembre 2006.

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Appare sempre piú urgente il recupero

da parte dell’uomo moderno del valore

della propria dignità, sorretta da una effettiva libertà

di discernimento, per realizzare

un nuovo umanesimo

mento della sua anima o dellasua psiche soffocate, tra l’altro,anche da un eccesso di comu-nicazione (in cui il messaggioè svilito se non annullato dalmezzo di comunicazione) , nel-la consapevolezza che l’inda-gine su tale disagio, sulla dif-ficoltà a vivere consapevol-mente il proprio destino, inve-ste non solo i rapporti econo-mici, ma anche l’àmbito dellafamiglia, della politica e dellareligione.

A mio parere pertanto l’ana-lisi andrebbe indirizzata versoquello che oggi appare il veroe principale “nocciolo dellaquestione”, come peraltro dif-fusamente segnalato da auto-revoli pensatori: l’inarrestabi-le sviluppo e potenza dellascienza e della tecnica hannotrasformato i mezzi e gli stru-menti a disposizione dell’uomonel fine ultimo da raggiungere;la moltiplicazione delle risor-se a disposizione e il potenzia-mento della tecnologia diven-ta l’obiettivo da realizzare, pri-vando l’uomo della facoltà didecidere e di scegliere, nonchédi domandarsi se il percorso, incui è trascinato da tale svilup-po, conduca a un vero pro-gresso.

Questo è il punto fondamen-tale, ribadito ormai anche daprestigiosi analisti e operatoridel mondo economico e finan-ziario che si domandano se nonsia tempo di “raddrizzare il per-corso”, ripensando il concettodi sviluppo “compatibile”, dibenessere, di progresso, primache fenomeni dirompenti (fat-tori ecologici, flussi migratori,

povertà insostenibili, squilibrieconomici, globalizzazionefuori controllo, concorrenzaselvaggia, ecc.) ce lo impon-gano in termini drammatici e di-rompenti.

Propongo in sostanza, pertornare alla relazione del prof.Ferro, di inquadrare i concettidi frammentazione, di com-plessità e di libertà in un’otti-ca diversa, che superi quella de-rivante (e secondo me fuor-viante) dal loro riferimento abeni, prodotti, risorse, modi diproduzione, bisogni: piú esat-to sarebbe meglio forse parla-re di una moltiplicazione o di-versificazione esponenziale ditale offerta, da considerare sem-plicemente l’effetto di un si-stema economico che per so-stenersi ha la fisiologica ne-cessità di alimentare un con-sumismo sempre piú esaspera-to; un’ottica che si focalizzi suquello che considero invece l’o-biettivo fondamentale su cuiconcentrare la nostra attenzio-ne: il recupero da parte del-l’uomo moderno del valore del-la propria dignità, sorretta dauna effettiva libertà di discer-nimento, per realizzare un nuo-vo umanesimo.

Ma questa affermazione me-rita un adeguato e circostan-ziato approfondimento che esu-la dallo scopo della presentenota, la quale si propone esclu-sivamente di provocare all’in-terno della nostra associazioneun dibattito che auspico liberoe fecondo.

AFFRONTARE LA CRISI

In che modo superare lo

smarrimento provocato dallacomplessità e dalla frammen-tazione? Il prof. Ferro esortagli operatori economici cristiani(ma la sollecitazione è da in-tendersi ovviamente anche al dilà di tale àmbito) a fare appel-lo alla forza delle risorse piúsquisitamente spirituali del-l’uomo, alla sua fede religiosa.

Al cospetto di tale afferma-zione, ribadita nel titolo dellarelazione “la separazione ri-composta dallo spirito”, lo spa-zio per un libero confronto ri-sulta indubbiamente assai ri-stretto. Tuttavia l’attualità del-le tematiche inerenti il rappor-to tra fede e ragione, il relati-

LIBERTÀ E FRAMMENTAZIONE

ATTIVITA’

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Gli operatori economici che si ispirano ai valori del Cristianesimo debbono sentirsi particolarmente coinvolti nella faticosa opera di ricerca delle prospettive di trasformazione e di sopravvivenza della società.Serve un ripensamento dei valori stessi cheinformano la loro azione

zione, o rifondazione, di unacasa comune universale a mi-sura d’uomo, possa collimareperfettamente con quello del-l’uomo di fede, seppure rispet-to a quest’ultimo avrebbe pro-babilmente una maggior diffi-coltà a intravedere nel buio deltempo i segni della speranza,mentre d’altro lato rispetto aquest’ultimo non correrebbecerto il rischio di considerare il“salto nella fede” come un an-tidoto o balsamo al disagio divivere, come un superamentoacritico se non come giustifi-cazione della realtà comunqueessa si manifesti).

b) Se dunque è lecito pen-sare allo spirito sia laico chereligioso dell’uomo (il profes-sore Ferro ha usato il terminedi valore immateriale cui at-tingere per superare la fram-mentazione e creare “intercon-nessione”) quale risorsa per ri-comporre a unità un essere di-sintegrato e smarrito, per chia-rezza e completezza si imponenuovamente la necessità di ca-pire di cosa stiamo parlando,avendo il coraggio di portare ildiscorso fino in fondo, fino al-la radice del problema, met-tendo il dito nella piaga.

Per raggiungere tale obietti-vo dobbiamo però spostare losguardo oltre il nostro orizzontequotidiano, seppure conti-nuando a operare quotidiana-mente «alla ricerca di ogniframmento di bene» (Ferro), ealimentando quei vincoli di so-lidarietà che un comune senti-re spirituale certamente favo-risce.

Dobbiamo cioè affrontare il

tempo della crisi, se vogliamodifendere e diffondere i valoridella libertà d’impresa e dellaconcorrenza, della democraziae dei diritti umani, con la de-terminazione di ricercare solu-zioni radicali e fondamentali,che siano innovative rispettoagli attuali modelli e criteri diconoscenza, rivelatisi ormaiinadeguati a superare la condi-zione di smarrimento e incer-tezza dell’uomo occidentale; asuperare una condizione chemette a nudo tutta la fragilità diun modello di società autorefe-renziale ripiegata su sé stessa.

Alla luce di tali riflessioni ri-tengo che gli operatori econo-mici che si ispirano ai valoridel Cristianesimo debbano sen-tirsi particolarmente coinvoltinella faticosa opera di ricercadelle prospettive di trasforma-zione e di sopravvivenza dellasocietà che hanno contribuito acreare, accettando non solo lasfida di superare consolidatecertezze di natura professiona-le (sfida da tempo imposta dal-la globalizzazione), ma anchequella, se mi è permesso, di na-tura piú squisitamente moraleo “spirituale”: un ripensamen-to o aggiornamento dei valoristessi che informano la loroazione, quali l’etica d’impre-sa, la responsabilità socialed’impresa, il bene comune, ecc.,per indagare se in essi non si na-sconda il germe di una certaambiguità.

È un altro interrogativo chevolutamente lascio pendentesulla coscienza di chi tra di noiavrà la sensibilità di racco-glierlo.

vismo dei valori, la corretta in-terpretazione del laicismo, ecc.,incoraggia il tentativo di inse-rire qualche osservazione anchein merito a tale aspetto dellarelazione dal prof. Ferro.

a) Innanzitutto ritengo cheil richiamo, con cui avevo con-cluso il punto precedente circala necessità di operare verso unnuovo umanesimo, non possaescludere chi vive la propriaesperienza di uomo senza pos-sedere il sostegno della federeligiosa (anche perché sonopersuaso che un corretto ap-proccio laico, che consideri cro-cianamente il Cristianesimopietra angolare per la fonda-

ATTIVITA’LIBERTÀ E FRAMMENTAZIONE

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tecnica ha in sé stessa qualco-sa di totalitario; porta in tutti gliaspetti dell’attività umana i suoicriteri scientifici di organizza-zione; crea nuove funzioni,nuovi rapporti, nuove forme dicollaborazione, ma anche nuo-ve fonti di soggezione tra gli in-dividui e i gruppi sociali, tal-volta esaspera anche le diffe-renze naturali.

L’automazione nelle sue for-me essenziali di integrazionedi processi, di autoregolazio-ne, di tecnica del calcolo elet-tronico, dà al processo di pro-duzione la forma e l’aspetto diun meccanismo capace di adat-tamento. Nella prospettiva del-l’itinerario umano verso il per-seguimento della massima eco-nomicità dello sforzo (specia-lizzazione, semplificazione,standardizzazione dei movi-menti), essa rappresenta unafase essenziale e meravigliosadi questo sviluppo nel nostroPaese. Ma dobbiamo tener con-to delle interdipendenze eco-nomiche e sociali che rendonopossibile gli elevati costi eco-nomici, sociali e umani di que-sta realizzazione.

Dal punto di vista scientifi-co, la ricerca sia per la proget-tazione che per la manutenzio-ne e l’attivazione degli impianti,richiede alta specializzazionee costosissimi prototipi nellafase di sperimentazione.

Dal punto di vista economi-co la ricerca irrigidisce l’offer-ta ed esige sempre piú larghimercati di sbocco; ciò implicala crescente necessità di con-trollare socialmente i fattori cheinfluenzano la domanda; evi-

PER UNO SVILUPPO

CULTURALE, ETICO ED

ECONOMICO

La responsabilità di portare luce nei passi piú impervidello svolgersi dellastoria economica

denti i rischi psicologici e mo-rali delle ultime conseguenze ditale necessità, nell’attuale re-gime di organizzazione dellapubblicità e della propaganda.

Essa modifica la strutturafondamentale del costo di pro-duzione: prevalgono i costi dimanutenzione di operazionedegli impianti, rispetto alle al-tre voci; modifica gli indici dicontrollo e di efficienza; togliel’importanza all’indice indivi-duale di rendimento rispetto aquello dei processi integrati. Sein regime di rendimento indi-viduale il massimo problema èquello dell’addestramento, inregime automatico di rendi-

I VALORI UCIDATTIVITA’

di Emilio IaboniPresidente UCID Sezione Frosinone

Il flusso delle innovazionitecnologiche nel nostro Pae-se è in continuo aumento. I

metodi automatici di produ-zione, l’impiego delle nuoveforme di energia, i prodigi del-la chimica, hanno incisoprofondamente sullo sviluppodell’apparato produttivo na-zionale. La UCID di conse-guenza ha sviluppato, con pro-fessionalità e competenza, lapartecipazione umana al pro-cesso di sviluppo culturale.L’intera struttura della societàè stata profondamente modifi-cata attraverso l’unità operati-va che applica sul piano eco-nomico i frutti dell’innovazio-ne scientifica e tecnologica.

DENTRO LA TRASFORMAZIONE

È quasi impossibile fare unelenco compiuto degli elevaticosti umani e sociali del pro-gresso umano; a puro scopoesemplificativo se ne richia-mano alcuni che si riferisconoin parte al progresso tecnico ingenerale, in parte ai processiautomatici in particolare.

Larghe masse di lavoratoriinevitabilmente hanno dovutotrasferirsi dalle produzioni pri-marie a occupazioni del setto-re terziario che implicano su-periore qualificazione e piú al-to esercizio di intelligenza; tut-ta la produzione si è orientataverso forme di superiore con-centrazione e capitalizzazione;le situazioni di concorrenza ten-dono a inasprirsi sia per nor-male processo fisiologico, siaper una tendenza al rafforza-mento delle imprese esistenti adanno di quelle potenziali. La

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Sul terrenodell’economia d’impresa, ci troviamo ad affrontareuna competizione piú ampia, piú mobile,piú imprevedibile di quanto lo fosse in passato.Essa comporta decisioni gravi, comequelle che riguardano la ristrutturazione degli apparati produttivi e delle organizzazioniaziendali

situazioni. Ciò comporta anchealcune conseguenze nella com-posizione sociale del gruppo di-rigente; si eleva lo stato socia-le dei grandi specialisti di elet-tronica in seno alla gerarchia, lecui decisioni diventano imme-diatamente operative; aumentain generale la domanda di lavorodi gruppo, si fa piú stretto ilcontrollo disciplinare sulla con-dotta umana, da parte della strut-tura del processo stesso. L’a-dattamento alle interdipenden-ze economiche e sociali del pro-gresso tecnico rappresenta il co-sto umano che la società devepagarsi per assimilarne i risul-tati positivi; la nostra profes-sionalità conosce purtroppo irischi specifici di un mancato oinsufficiente adattamento.

Il rischio principale è costi-tuito dalla difficoltà struttura-le di proporzionare in regime diaumentata rigidità dei proces-si, la produzione al consumo;sprechi, distruzioni di ricchez-za, frustrazione di iniziative so-no purtroppo il margine nor-male e il penoso residuo di que-sta intensificata, umana capa-cità di produrre.

L’analisi dimostra che un al-tro rischio è di natura psicolo-gica e potrebbe essere chiama-to “l’effetto dimostrativo” del-la tecnica. L’analisi rivela, al-tresí, dietro l’incapacità uma-na, di fare pieno uso del mez-zo tecnico (incapacità a distri-buire i risultati della produzio-ne, o le occasioni e i sacrificinecessari per produrre), uncomplesso problema morale:la difficoltà sociale del vederecostantemente il rapporto che

gli strumenti hanno col fine del-la nostra comunità sociale.

Se si vuole accompagnare alritmo di sviluppo della scienzaapplicata un adeguato ritmo disviluppo delle forme intellet-tuali, organizzative, istituzio-nali della nostra società, occor-re una attivazione suppletivadelle energie spirituali umane inun meglio chiarito rapporto tral’uomo stesso come portatore divalori sovratemporali e la tec-nica come strumento.

UNA SFIDA EPOCALE

Oggi siamo in presenza diuna sfida epocale, cui gli im-prenditori UCID, come chiun-que altro nel suo ruolo, sonochiamati a dare risposte con-crete, attive e creative.

Sul terreno dell’economiad’impresa, ci troviamo ad af-frontare una competizione piúampia, piú mobile, piú impre-vedibile di quanto lo fosse inpassato; essa comporta deci-sioni gravi, come quelle che ri-guardano la ristrutturazione de-gli apparati produttivi e delleorganizzazioni aziendali, o quel-le che inducono talune impre-se di livello internazionale a de-localizzare i propri insediamentiin aree piú vicine ai potenzialimercati di assorbimento o ingrado di offrire maggiore red-ditività degli investimenti.

Sono scelte che non riguar-dano, come può apparire, sololo specifico benessere dell’im-prenditore, ma le prospettivestesse del nostro ruolo di ope-ratori di “sviluppo con benes-sere”: di fatto, ignorare le sfi-de che il mercato mondiale ci

mento degli impianti il massi-mo problema diventa lo studioscientifico delle operazioni e ilcalcolo matematico della lorodifferente efficienza.

Essa modifica profondamen-te la struttura logica dell’attodirettivo; la funzione di previ-sione e di programmazione ten-de a prevalere sulle funzioni diesecuzione e di controllo; tuttodeve essere previsto fino al det-taglio poiché il minimo inci-dente si trasmette all’intero pro-cesso e moltiplica spaventosa-mente i costi.

L’azione direttiva deve farsisempre piú prossima al punto divista scientifico nelle singole

ATTIVITA’I VALORI UCID

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La salute sociale non dipende soltanto

dalla tecnica e dall’economia.

Il rapporto tra progresso tecnico e le

altre forme di progressonon si pone

in termini di mezzi ma di direzione,

di qualità e di valore dei fini

presenta, o non reagire ad esseaccrescendo la nostra compe-titività può significare, spesso,l’emarginazione dell’aziendadal mercato, la perdita del suoruolo propulsore nella comunitàin cui è inserita, il raccorcia-mento degli obiettivi e, al limite,anche la scomparsa dal merca-to con tutte le conseguenze re-lative anche e soprattutto di or-dine sociale.

La progressiva elevazionedelle qualificazioni ha resochiara l’aumentata domanda diperfezionamento professionalein tutte le classi e in tutte le ca-tegorie e quindi la necessità diuna complessa politica educa-tiva che consenta a tutti i livellidi responsabilità, di assimilarel’orientamento e il ritmo delprogresso; ma accanto a questac’è un’ulteriore e piú complessaesigenza di formazione che con-diziona a sua volta l’efficienzae il retto impiego della qualifi-cazione tecnica e professiona-le: è l’esigenza della riscoper-ta della direzione esatta allaquale l’efficienza tecnica deveessere orientata e della retta po-sizione morale nella quale l’uo-mo deve essere posto nei con-fronti di essa.

COINVOLGIMENTO ATTIVO

L’UCID si propone e si offre,per rafforzare, sul terreno del-l’economia ai vari livelli centralie periferici, ogni qualvolta sipresentino temi e problemi eco-nomico-finanziari con rilevan-za sociale, naturalmente senzaporsi obiettivi di egemonia in-tellettuale e di esclusiva, ma so-lo con obiettivi di servizio, an-

che soltanto per dare un contri-buto a una migliore compren-sione dei fenomeni di base.

La salute sociale non dipen-de soltanto dalla tecnica e dal-l’economia; esse sono uno stru-mento che non funziona maiautomaticamente e indipen-dentemente dallo scopo per cuiè usato. Il rapporto tra progres-so tecnico e le altre forme diprogresso, non si pone in terminidi mezzi ma in termini di dire-zione, di qualità e di valore deifini; quando l’innovazionescientifica si accosta alla realtàsociale, entra in una rete di giu-dizi e di scelte culturali, eco-nomiche e politiche, il cui esi-to è strettamente legato alla qua-lità morale della società e del-la leadership che le opera.

Il progresso reale è dato dalrisultato che si può constatarequotidianamente. Ci sono peròinvestimenti morali e intellet-tuali da sviluppare: sono gli in-vestimenti specifici a carattereeducativo che condizionano laformazione di queste condi-zioni-base dell’adattamento so-ciale.Tali investimenti supple-tivi potrebbero essere espressinel concetto che l’uomo ha edi-ficato un ambiente nel quale hadifficoltà a vivere e che non c’èsoltanto da modificare l’am-biente ma da far crescere ade-guatamente l’uomo stesso, perrenderlo capace di adattarvisi;per adattamento non si intendela capacità di subire determinateforme organizzative ma la ca-pacità creativa di utilizzarle neiloro limiti e di disciplinarleumanamente. In senso econo-mico, questo significa orga-

nizzare una politica educativache crei negli uomini le attitu-dini adeguate alla gestione diuna società complessa e diffe-renziata come quella tecnica; si-gnifica, in senso intellettuale,intensificare i correttivi cultu-rali nelle componenti della per-sonalità in modo da diminuireil rischio delle frustrazioni e ilbisogno della ricerca di com-pensazioni.

PRECISE RESPONSABILITÀ

La prima responsabilità aquesto riguardo è della scien-za stessa e quindi del normaleprocesso di ricerca tecnologi-ca, in quanto veicolo dell’in-

I VALORI UCID

ATTIVITA’

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La società tecnologicaattende che venga elaborato un corpo moralmente ed eticamente accettabiledi princípi e di dottrine relative alla direzione economica; occorre definire i concetti basedell’autorità economicastessa, i rapporti tra potere economico privatoe pubblico, i concetti fondamentali di efficienzae di concorrenza

ta inoltre di superare gli ecces-si della specializzazione in cam-po sperimentale e di ricondur-re la ricerca scientifica a visio-ni di sintesi; è necessario sot-tolineare questo, a mano a ma-no che la ricerca scientifica ri-veste forme sempre piú com-plesse di organizzazione e ab-bandona le forme tradizionalidella assoluta libertà persona-le nella ricerca stessa.

La vocazione degli scienzia-ti nell’avvenire è saper vederepiú largamente e maggiormen-te in profondità nel mondo uma-no, oltre al semplice progressoche deriva dalla loro indagine.La scienza non è mai respon-sabile del cattivo uso che puòessere fatto delle sue applica-zioni, ma lo scienziato che ri-nunci a porre la sua azione nel-la prospettiva di un retto svi-luppo umano, rinuncia impli-citamente al privilegio di sen-tire la certezza di avere aiuta-to le generazioni future.

Un’altra specifica responsa-bilità è quella del potere poli-tico, responsabilità che essocondivide in parte col potereeconomico e che in parte restasua esclusiva. Il potere politi-co deve riadattare al progressotecnico l’armatura giuridica del-le società; impossibile direquanto la struttura giuridica del-la società sia in ritardo sullosviluppo tecnologico. In co-mune col potere economico, ilpotere politico ha la responsa-bilità di alimentare il tessutosociale e il clima nel quale lascienza e il progresso possonosvilupparsi. La scoperta scien-tifica è in qualche modo un

coefficiente ed un interesse sudi un capitale che va costante-mente ricostituito; il potere po-litico è custode e garante dellacontinuità di questo capitale.

Il potere economico porta laresponsabilità specifica del-l’applicazione dell’innovazio-ne scientifica nell’àmbito del-l’organizzazione sociale; essoha il compito di ricercare e spe-rimentare possibili vie di sin-tesi tra la logica interiore del-la pura tecnica, della pura eco-nomia e la domanda di finiumani della convivenza.

Questo comporta che il potereeconomico sappia fare tempe-stivo uso di tutti i sussidi che lescienze sociali offrono sia nelcampo della gestione tecnicadell’impresa, sia nel campo del-la sua formazione. La societàtecnologica attende che vengaelaborato un corpo moralmen-te ed eticamente accettabile diprincípi e di dottrine relative al-la direzione economica; occor-re definire i concetti base del-l’autorità economica stessa, irapporti tra potere economico,privato e quello pubblico, i con-cetti fondamentali di efficienzae di concorrenza.

Si profila una visione politi-ca del potere economico nellaquale accanto ai fattori tecniciprendono chiara posizione i fat-tori sociali e morali di guidadegli uomini. In base a quantoinnanzi esposto, ognuno di noiè chiamato a mettere a frutto idoni ricevuti dal Creatore. Nondobbiamo perdere di vista lacentralità della persona uma-na; non dell’uomo inteso comepassivo gestore delle ricchez-

novazione. Il processo di ri-cerca dovrà concentrarsi mag-giormente sulle dimensioni so-ciali dell’organizzazione, perconsentire alla politica econo-mica e ai poteri pubblici di pre-vedere, in modo da diminuiregli sfasamenti, le frizioni e ingenerale le pene sociali che de-rivano dal non adattamento. Lescienze sociali, eredi di una noncritica fiducia nell’automati-smo degli adattamenti sociali,hanno davanti a sé un campoimmenso di indagine. Si trattadi portare i criteri specifici diosservazione, registrazione,sperimentazione in tutti i settoridella condotta umana. Si trat-

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ze che Dio ha creato e gli ha af-fidato, bensí dell’homo faberche partecipa all’opera delCreatore. La globalizzazioneanimata e sostenuta da uno svi-luppo tecnologico sempre piúaccelerato e pervasivo, ha mes-so in forse prima, e demolitopoi, schemi di riferimento con-solidati nella nostra cultura enella nostra storia d’impresa.

Oltre a ciò, la globalizzazio-ne, se da un lato crea grandiopportunità di sviluppo, dal-l’altro accentua fortemente i ri-schi d’impresa, che, attrezzataper affrontare quelli domestici,sta già compiendo, e ancora piúdovrà farlo nel futuro, uno sfor-zo molto importante - anche dicultura - per reggere ai rischidella concorrenza mondiale.

Infine, la globalizzazione haposto in piena luce il contrastofra le aree ricche e quelle po-vere del mondo, dando alle esi-genze di solidarietà una di-mensione nuova, che travalicai confini fra gli Stati, i popoli,le culture, le religioni.

L’imprenditore, il dirigentee il professionista UCIDinopossono dare risposte concre-te ai problemi, in tempi brevi espesso in tempi reali, per loca-lizzare rapidamente i guasti,per individuare i punti di fri-zione nascosti in un sistemacomplesso; può essere, a no-stro avviso, di reale servizio al-la Chiesa e alle categorie im-prenditoriali, che sempre piúspesso sono chiamate, in unarealtà in continuo divenire edare ai credenti luce nei passipiú impervi dello svolgersi del-la storia economica.

VOCAZIONE

ED ETICA

DELLE STRUTTURE

DELL’ECONOMIA

Il sistema economico è chiamato a misurarsi conil progetto di Dio, nel pieno rispettodella persona umana

contemplativa e quella del ri-spetto per la natura devono es-sere nello stesso tempo salva-guardate (cfr. Compendio, 326)

Infine, Dio ricorda all’uomoche la ricchezza prodotta dal-l’attività umana deve essereequamente condivisa (cfr. Is58, 6-7; Mi 2,1-3; Gc 4, 13; 5,1-4).

Ciò significa che i destinata-ri potenziali dei beni resi di-sponibili dalle attività umanedevono essere, senza esclusio-ni, tutti gli uomini (cfr. Com-pendio, 323, 328, 329)

LA RISPOSTA DELL’UOMO

Fin dalla piú lontana anti-

DOTTRINA SOCIALE DELLA CHIESA

ATTIVITA’

di Giancarlo PiccoPresidente UCID Sezione Torino

Per il credente la “vita eco-nomica” trae senso, sot-to il profilo etico e di fe-

de, da un triplice appello ri-volto da Dio all’uomo e di cuila Scrittura ci da notizia.

L’APPELLO DI DIO

Dio chiama l’uomo a colla-borare consapevolmente conLui al compimento del suo pro-getto sulla creazione, intera-gendo in modo intelligente conla natura (Gen 1, 27-29 e 2, 15-19; Rom 8, 19-22). Per questol’attività imprenditoriale e la-vorativa dell’uomo è benedet-ta, in quanto potenzialmentefornisce un importante contri-buto all’anticipazione del “Re-gno di Dio”, già nella storiapresente. L’avvento di una uma-nità pienamente realizzata eaperta all’accoglienza del mi-stero di Dio sarà infatti una ma-nifestazione concreta di que-sto regno.

Di fatto ogni uomo percepi-sce dentro di essere degno di vi-vere una vita piena; la rivela-zione ci dice che questo desi-derio non è un’utopia ma è ilnostro essere creati a immagi-ne e somiglianza di Dio (cfr.Compendio della Dottrina So-ciale della Chiesa, 326).

Nello stesso tempo Dio am-monisce l’uomo a non travali-care nel suo operare, cedendoalla tentazione di concentrarsiossessivamente sull’agire e inquella di credersi onnipotentee autonomo dal progetto di Dionella definizione dei suoi obiet-tivi di azione (cfr. Gen 2, 2-3;3, 1-7; Eb 4, 9-10).

Per questo la dimensione

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L’uomo, anche oggi, non sfugge al rischio di cedere alla tentazione di credersi onnipotente.Come certo resta tuttora largamente disatteso l’obiettivo di realizzareuna equa ripartizionetra tutti gli uomini delle ricchezze prodotte dall’attività umana

quello di passare dall’impresa(per lo piú famigliare) che pro-duceva tutto ciò che serviva perl’autoconsumo delle personeche la componevano, all’im-presa (per lo piú non piú fa-migliare) che, per aumentarela propria efficienza tecnica ela propria produttività, si spe-cializzava nella produzione dialcuni specifici beni, da scam-biare poi, per il soddisfacimentodei reciproci bisogni, con benidiversi prodotti da altre impre-se, anch’esse specializzate: que-sta è stata di fatto l’origine diquello che oggi chiamiamo ilmercato.

Ed oggi il mercato è diven-tato un realtà complessa, cheopera, in tempo reale, a livellomondiale, ed è affiancata, e inparte condizionata, da un in-sieme di strutture di supportoe/o di controllo e regolazione(banche, università e centri diricerca, strutture e centri di ser-vizio, sindacati e gruppi simi-lari di cittadini organizzati, po-teri pubblici locali, nazionalie, oggi piú che mai, anche in-ternazionali, ecc.) che intera-giscono con le imprese e conqueste strutturano i mercati mo-derni: per questo oggi si parladi sistema integrato dell’eco-nomia (cfr. Compendio, 342,361, 362, 373)

Non è certamente facile va-lutare correttamente fino a chepunto lo sviluppo degli inter-venti dell’uomo sulla naturaabbia nell’insieme costituitouna risposta corretta all’appel-lo di Dio. In estrema sintesi ein prima approssimazione, sipuò forse dire che, mentre cer-

tamente l’attività di assogget-tamento, ma anche di valoriz-zazione, della natura ha, con iltempo, raggiunto dei livelli ini-zialmente impensabili, quasicertamente l’uomo, soprattut-to l’uomo moderno, non è peròsfuggito al rischio di cedere al-la tentazione di credersi onni-potente e fa tuttora fatica a co-gliere i messaggi inquietantiche gli vengono dall’ambientespesso da lui incautamente ma-nipolato. Cosí come certo restatuttora largamente disatteso l’o-biettivo di realizzare una equaripartizione tra tutti gli uominidelle ricchezze prodotte dal-l’attività umana. Infatti, la pre-senza di vistose sacche di mi-seria, accanto a forti concen-trazioni di ricchezza, che già siriscontra all’interno di singolerealtà locali, diventa ancora piúdrammaticamente evidente nelconfronto tra la situazione trai paesi sviluppati e quella deicosiddetti paesi “in via di svi-luppo” (cfr. Compendio, 332,362, 363, 365, 374)

LA DOTTRINA SOCIALE

DELLA CHIESA

Quella che è chiamata la“Dottrina Sociale della Chiesa”,cioè l’insieme dei pronuncia-menti dei Pontefici, a partiredalla fine del XIX secolo, e delConcilio Vaticano II, nel XX se-colo, è il risultato della rifles-sione e delle valutazioni svi-luppate dal Magistero eccle-siastico sulle realtà e sui pro-blemi socio-economici del tem-po attuale e rispecchia la preoc-cupazione di rileggere e attua-lizzare l’appello originario del

chità, la storia dell’uomo è sta-ta anche la storia della sua ri-sposta, magari inconscia e nonsempre corretta, agli appelli diDio prima richiamati.

Quando l’uomo ha comin-ciato a manipolare in modo fi-nalizzato le risorse naturali, dasubito ha cominciato a farlo as-sieme ad altri uomini, per au-mentare la propria forza di im-patto sulla natura e per inte-grare diverse competenze ope-rative in vista del migliore con-seguimento di un obiettivo co-mune: questo è stato il fatto cheha dato origine a quella che og-gi chiamiamo l’impresa.

Il passo successivo è stato

ATTIVITA’DOTTRINA SOCIALE DELLA CHIESA

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La Dottrina Sociale della Chiesa si preoccupa

di individuare i criteri in base

ai quali valutare, in una prospettiva

di fede, la rispondenzadei comportamenti

umani al progetto di Dio

Signore alla luce della com-plessità del nostro tempo tec-nicizzato e globalizzato. Perquesto è a livello delle singolecomponenti principali del “si-stema economico” attuale (im-prese, mercato, strutture istitu-zionali di supporto e controllo)che la Dottrina Sociale dellaChiesa si preoccupa di indivi-duare i criteri in base ai qualivalutare, in una prospettiva difede, la rispondenza dei com-portamenti umani al progetto diDio.

Questa sarà la scansione del-la presentazione della Dottri-na Sociale sviluppata nei para-grafi che seguono (cfr. Com-pendio, 3, 5, 6, 76)

LA VOCAZIONE

UMANO-CRISTIANA DELLE

COMPONENTI DELL’ECONOMIA

L’impresa

La sua funzione e le sue mo-dalità di funzionamento.

Ruolo dell’impresa è quellodi produrre dei beni e servizi“utili”, per acquisire i quali ilmercato, riconoscendone l’u-tilità, è disposto a pagare unprezzo.

Per realizzare questo obietti-vo l’impresa deve:

- dotarsi preventivamente diattrezzature operative che de-vono essere approvvigionatecon esborso di “capitali” che,essendo per questo sottratti adaltri impieghi, chiedono di es-sere remunerati;

- assorbire nei propri pro-cessi produttivi uno stock di ri-sorse (materie prime, energia,lavoro umano, know how, ecc.)

che devono essere anch’essepagate;

- assolvere, sostenendone icosti, a una serie di obbliga-zioni verso la collettività (pa-gamento di tasse e di servizi, ot-temperanza a norme, per esem-pio di salvaguardia dell’am-biente, ecc.).

La condizione per la soprav-vivenza dell’impresa è ovvia-mente che i “ricavi” ottenutidalla vendita dei propri pro-dotti non siano inferiori ai “co-sti”, prima richiamati, soste-nuti per produrli (cfr. Com-pendio, 338, 340)

Alcuni problemi etici oggimessi in gioco nell’attività del-l’impresa.

Innanzitutto e fondamental-mente l’impresa deve promuo-vere il conseguimento dellamassima efficienza tecnico-economica nei propri processidi produzione di “utilità”, inquanto questa è condizione ne-cessaria per il consolidamentodelle proprie possibilità di so-pravvivenza e sviluppo, e quin-di di adempimento della propriamissione di servizio all’umanitàe, in definitiva, al progetto diDio (cfr. Compendio, 332, 334,338, 340).

In questo contesto, ferma re-stando la sua vocazione pri-maria a produrre “utilità” damettere a disposizione della co-munità umana attraverso il mer-cato, per l’impresa resta aper-ta l’altra fondamentale voca-zione: diventare una comunitànella quale degli uomini si rea-lizzano come persone. Queste,infatti, attraverso il potenzia-

mento delle proprie abilità ope-rative (crescita della profes-sionalità) e attraverso la coo-perazione con altri uomini, ma-turano la consapevolezza direndere, con le loro attività, unservizio, in primo luogo al-l’impresa stessa e poi anche al-la piú ampia collettività uma-na (cfr. Compendio, 162, 276,338, 339, 340)

Fermo restando quanto det-to sopra, l’impresa è nello stes-so tempo chiamata a rispetta-re, le seguenti ulteriori condi-zioni di eticità:

- i processi produttivi mes-si in atto dall’impresa non de-vono recare danno, fisico o psi-

DOTTRINA SOCIALE DELLA CHIESA

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L’attività dei lavoratori che operano nell’impresa deve essere equamente remunerata e coperta dalle garanzie previstedalla legge e, allo stesso tempo, l’impresa deve, per quanto possibile, assicurare la salvaguardiadei capitali in essa investiti

devono essere promosse (losfruttamento di posizioni di for-za sul mercato del lavoro perdare luogo a rapporti di lavoroprecari e/o degradanti, o pocoattenti alle esigenze famigliaridei dipendenti e della mater-nità per le donne, sono etica-mente da condannare) (cfr.Compendio, 294, 295, 331);

- l’attività dei lavoratori cheoperano nell’impresa deve es-sere equamente remunerata ecoperta dalle garanzie previstedalla legge (il ricorso al lavo-ro nero, sottopagato, o con mo-dalità temporali che non ri-spettino ad esempio il riposo,sono eticamente da condanna-re) (cfr. Compendio, 301, 302);

- l’impresa deve, per quan-to possibile, assicurare la sal-vaguardia e una remunerazio-ne equa ai capitali in essa in-vestiti (la penalizzazione diazionisti minoritari attraverso ildirottamento, a monte, di par-te dei margini di gestione o ladiffusione di informazioni in-gannevoli sull’andamento del-la gestione al fine di acquisirerisorse in situazioni economi-camente rischiose sono praticheeticamente da condannare) (cfr.Compendio, 340);

- i prodotti immessi sul mer-cato dall’impresa devono pos-sedere effettivamente le “uti-lità” dichiarate (una pubblicitàingannevole o peggio l’occul-tamento di pericolosità insitenei prodotti sono eticamente dacondannare) (cfr. Compendio,334, 345);

- le risorse (materiali edenergetiche) acquisite per rea-lizzare le produzioni dell’im-

presa devono essere pagate aprezzo equo (lo strozzinaggiodei fornitori del Terzo Mondo,ma non soltanto, perché dotatidi scarso potere contrattuale èeticamente da condannare) (cfr.Compendio, 332, 341);

- i prodotti dell’impresa de-vono essere ceduti agli acqui-renti a prezzi equi (l’utilizza-zione di condizioni di mono-polio per imporre prezzi in-giustamente elevati o l’attiva-zione di pratiche di dumping,a danno della concorrenza, so-no eticamente da condannare)(cfr. Compendio, 348);

- l’impresa deve darsi curadella propria sopravvivenza at-traverso l’adeguato e continuoaccrescimento delle propriecompetenze e il periodico ac-cantonamento di risorse da de-stinare al rinnovo e al poten-ziamento della propria stru-mentazione operativa (l’ecces-sivo dirottamento di risorse ver-so remunerazioni o dividendi abreve, a scapito della forma-zione di riserve adeguate da de-stinare al finanziamento di nuo-vi impianti o di ricerche fina-lizzate all’aggiornamento delproprio know how, può diven-tare eticamente da condannare)(cfr. Compendio, 340);

- in quanto realtà funzio-nalmente inserita in un conte-sto istituzionale dal quale ri-ceve servizi (logistici,infor-mativi, di sicurezza, ecc.) l’im-presa è tenuta a concorrere, neimodi previsti, alla coperturadei costi per l’espletamento ditali servizi (l’evasione dal pa-gamento delle tasse e degli one-ri similari è eticamente da con-

chico, ai lavoratori che li rea-lizzano (la messa in atto di con-dizioni di lavoro pericolose odegradanti è eticamente da con-dannare) (cfr. Compendio, 301,331);

- i processi produttivi nondevono neppure recare dannoall’ambiente esterno circostantel’impresa (l’esternalizzazionedi danni ambientali e dei costiper il loro risanamento è etica-mente da condannare) (cfr.Compendio, 470);

- condizioni di stabilità la-vorativa e di rispetto delle esi-genze personali e familiari deilavoratori impiegati nei pro-cessi produttivi dell’impresa

ATTIVITA’DOTTRINA SOCIALE DELLA CHIESA

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Il mercato deve promuovere

l’arricchimento reciproco delle diverse

culture presenti nel mondo, attraverso

l’incontro umano tra persone di diversa

provenienza e l’acquisizione

dei prodotti da queste realizzati

dannare) (cfr. Compendio,355).

Il mercato

La sua funzione e le sue mo-dalità di funzionamento.

La sua funzione è quella direndere possibile:

- l’accesso, da parte delleimprese, a beni, prodotti da al-tre imprese, che, essendocomplementari rispetto a quel-li da esse prodotti, consentanola composizione di beni di piúelevata complessità e utilità;

- l’accesso, da parte dei con-sumatori finali, a beni da que-sti ritenuti utili;

- il confronto tra la qualità eil prezzo di beni simili prodot-ti da imprese diverse, favoren-do cosí l’innalzamento dellaqualità e il contenimento delprezzo di beni in competizio-ne e quindi, indirettamente, an-che il migliore uso delle risor-se disponibili in natura.

Per realizzare efficacementela propria funzione il mercatodeve:

- mettere in competizione ilmaggior numero possibile diimprese e di beni da queste pro-dotti;

- favorire la diffusione diinformazioni adeguate sui be-ni in competizione;

- facilitare la logistica di tra-sferimento dei beni dai pro-duttori agli utilizzatori (cfr.Compendio, 347).

Alcuni problemi etici oggimessi in gioco nell’attività delmercato.

L’informazione sui beni incompetizione, in termini di qua-

lità e costo, deve essere il piúpossibile completa e veritiera(ogni informazione reticente ofraudolenta è eticamente da con-dannare) (cfr. Compendio, 350);

- l’accesso al mercato deveessere il piú possibile aperto(salvo casi particolari, il man-tenimento di vincoli all’acces-so per talune provenienze, peresempio dai Paesi del TerzoMondo, o la concessione di sus-sidi impropri a produttori delproprio Paese, sono eticamen-te da condannare) (cfr. Com-pendio, 193, 333, 350, 364);

- l’ancoraggio del mercatoalla sua funzione primaria distrumento per lo scambio di be-ni e servizi, deve essere salva-guardato (l’eccesso di finan-ziarizzazione dei mercati puòdiventare eticamente da con-dannare per gli effetti distor-centi che può indurre sull’eco-nomia reale) (cfr. Compendio,368, 369).

Ma per il mercato, fermo re-stando il suo compito di assol-vere ai ruoli tecnici prima ri-chiamati, resta aperta una vo-cazione ulteriore, che in pas-sato, forse piú che ora, venivaassolta: promuovere la conta-minazione e l’arricchimento re-ciproco delle diverse culturepresenti nel mondo, attraversol’incontro umano tra personedi diversa provenienza e l’ac-quisizione dei prodotti di di-versa provenienza da questerealizzati.

Le istituzioni di supporto e regolazione delle imprese e del mercato

La loro funzione e le loro mo-

dalità di funzionamento. Trattandosi di una moltepli-

cità di istituzioni e di livelli diintervento, sono molteplici ecomplesse le funzioni che que-ste debbono assolvere in cam-po economico. In particolare:

- le banche e i servizi finan-ziari devono assicurare alle im-prese la fornitura delle risorsee dei servizi finanziari neces-sari per il loro funzionamento(cfr. Compendio, 368);

- le scuole e le università de-vono assicurare alle impresel’afflusso sul mercato del la-voro di persone tecnicamentepreparate ad assolvere i ruoli,sempre nuovi, oggi richiesti per

DOTTRINA SOCIALE DELLA CHIESA

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Norme ad hoc e la verifica del loro rispetto possono promuovere nel sistemaeconomico la diffusionedi comportamenti inarmonia con il bene comune della collettività,con particolare riguardoalla promozione dell’occupazione, di unaequa ripartizione dellaricchezza, nonché alla tutela della dignità umana,dell’ambiente e dei dirittidelle generazioni future

to di adeguate strutture di uti-lità comune (logistiche, infor-mative, di sicurezza, ecc.); b)attraverso l’attivazione di nor-me ad hoc (procedurali, fisca-li, ecc.) e la verifica del loro ri-spetto da parte delle imprese edelle altre istituzioni prima ci-tate, devono promuovere nelsistema economico la diffusio-ne di comportamenti che sianoin armonia con il bene comu-ne della collettività nelle suevarie articolazioni ed ai vari li-velli. Ciò con riguardo parti-colare alla promozione del-l’occupazione e di una equa ri-partizione della ricchezza ge-nerata dalle attività umane, edalla tutela della dignità umana,della salvaguardia dell’am-biente naturale e delle oppor-tunità di vita per le generazio-ni future (cfr. Compendio, 291,303, 335, 350, 351, 352, 353,354, 355, 360, 364, 367, 462,470)

Alcuni problemi etici oggimessi in gioco dalle attività del-le istituzioni di supporto e re-golazione dell’economia.

Data la varietà delle istitu-zioni in questione e dei livelliterritoriali in cui queste opera-no, molti sarebbero i temi eti-ci da evocare; ci limitiamo adindicarne alcuni particolar-mente rilevanti:

- l’attività delle istituzionifinanziarie deve restare priori-tariamente al servizio della“economia reale” (pratiche chedi fatto si configurino comeusura o l’adozione di compor-tamenti speculativi supporta-ti dalla diffusione di informa-

zioni finanziarie errate o reti-centi, sono eticamente da con-dannare) (cfr. Compendio, 341,368, 369);

- le istituzioni di tutela digruppi particolari di cittadinidebbono operare tenendo con-to anche degli interessi generalie non soltanto di quelli dei pro-pri associati (comportamentiesasperatamente corporativi olocalistici sono eticamente dacondannare) (cfr. Compendio,307, 308, 309, 360);

- piú che mai, anche i pote-ri pubblici ai vari livelli, loca-le, nazionale, internazionale,debbono operare avendo comeobiettivo la tutela e la promo-zione efficiente degli interessigenerali della collettività (l’au-toreferenzialità o la poca curanella promozione della propriaefficienza operativa, come pu-re la colonizzazione delle pub-bliche istituzioni da parte disingoli Paesi o gruppi di pote-re, allo scopo di privilegiare in-teressi particolari, sono etica-mente da condannare) (cfr.Compendio, 351, 352, 364).

Un dato di cui tenere seria-mente conto, che oggi caratte-rizza e condiziona profonda-mente la funzionalità delle va-rie istituzioni di supporto e re-golazione dell’attività delle im-prese, è la sempre piú accen-tuata integrazione a livello pla-netario dei mercati e, in questocontesto, la presenza di trerealtà di segno diverso ma tut-te decisamente problematiche:da un lato, l’esistenza di re-gioni nel mondo (ad esempiol’Africa) che, con grave dannoper il loro sviluppo, sono tut-

il loro funzionamento (cfr.Compendio, 290);

- i centri di ricerca devonoassicurare alle imprese l’offer-ta di idee e di tecniche aggior-nate che consentano loro di re-stare competitive sul mercato(cfr. Compendio, 313);

- i sindacati (dei lavoratori,degli imprenditori, ecc.) e igruppi di appoggio di consu-matori a vario titolo debbonopromuovere la tutela degli in-teressi dei loro associati (cfr.Compendio, 305, 356);

- i poteri pubblici locali, sta-tali, internazionali, hanno unaduplice funzione: a) devonofornire alle imprese il suppor-

ATTIVITA’DOTTRINA SOCIALE DELLA CHIESA

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L’uomo ha ruolo centrale in economia.

È l’uomo infatti che progetta e poi pilota

i processi, sempre piúcomplessi, di elaborazione della natura, che sono la

base dell’economia ed è l’uomo il destinatario costitutivo delle utilità

crescenti che l’economia produce

tora sfavorite negli scambi coni Paesi sviluppati, d’altro lato,la simultanea esistenza di re-gioni del mondo (ad esempio ilSud Est asiatico) da cui pro-viene l’offerta di prodotti a co-sto estremamente basso che stainvece mettendo in crisi i Pae-si sviluppati, e nello stesso tem-po, la presenza di Paesi (in par-ticolare nel Medio Oriente) checontrollano il mercato delle ri-sorse energetiche e, attraversoqueste, condizionano sempredi piú l’economia globale.

Queste sono realtà che di fat-to renderebbero sempre piú ne-cessario il progressivo trasfe-rimento delle sedi decisionali,in campo economico e politi-co, dai singoli Paesi a istanzeinternazionali e, di conseguen-za, imporrebbero anche di at-tivare a questi livelli le proce-dure finalizzate alla realizza-zione di un corretto indirizzo edi un efficace controllo delleattività imprenditoriali, in vistadi una reale promozione del be-ne comune a lungo termine (ciòpurtroppo non avviene ancorain modo adeguato, spesso conconseguenze negative sull’eti-cità dei comportamenti deglioperatori economici in campoe sull’impatto che questi com-portamenti determinano sullavita di molte persone) (cfr.Compendio, 292, 310, 342, 361,362, 365, 366, 367, 370, 371,372, 446, 448).

GLI ATTORI

DELLA VITA ECONOMICA

Il ruolo centrale dell’uomoin economia, che è già chiara-mente enunciato nell’appello

di Dio richiamato all’inizio(ved. I), è diventato sempre piúevidente con il progresso del-le scienze e della tecnica: è l’uo-mo infatti che progetta e poipilota i processi, sempre piúcomplessi, di elaborazione del-la natura, che sono la base del-l’economia ed è l’uomo il de-stinatario costitutivo delle uti-lità crescenti che l’economiaproduce.

In questi processi i ruoli so-no però molteplici, ciascunocon una sua specificità, una suadignità e con un corredo spe-cifico di diritti e di doveri.

L’imprenditore

È la persona che, da sola o inpartecipazione con altri, pro-muove la costituzione dell’im-presa, ne definisce gli obietti-vi e coordina la progettazionee la gestione delle strategie peril conseguimento di tali obiet-tivi (ciò indipendentemente dalfatto che sia o meno anche uninvestitore, cioè persona chemette delle risorse finanziariea disposizione dell’impresa).

È quindi all’imprenditore chein primo luogo compete la re-sponsabilità del conseguimen-to degli obiettivi economici enello stesso tempo degli obiet-tivi etici che l’impresa deveperseguire.

La centralità e il caratterestrategico dei ruoli imprendi-toriali devono per questo nonsolo essere riconosciuti, ma an-che essere prioritariamente pro-mossi.

In compenso l’imprenditoredeve restare consapevole delfatto che a guidare il proprio

operare non deve essere solo ilperseguimento della propria au-torealizzazione, ma anche ilsenso di responsabilità per leconseguenze che il suo opera-re induce direttamente su altriuomini e, piú in generale, sul-la collettività umana (cfr. Com-pendio, 337, 343, 344, 345).

Il lavoratore

È la persona che, ai vari li-velli, con varie specializzazio-ni e inquadramenti istituziona-li, con il suo lavoro contribui-sce allo sviluppo e alla gestio-ne dei processi che caratteriz-zano l’operatività dell’impresa.

Oggi, nelle strutture com-

DOTTRINA SOCIALE DELLA CHIESA

ATTIVITA’

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Gli utenti hanno dei diritti nei confrortidelle imprese: il dirittoall’accessibilità dei prodotti, alla correttainformazione sulle lorocaratteristiche e a prezziequi di acquisizione; ma,per altro verso, hanno anche il dovere di orientare correttamenteil mercato attraverso le loro scelte di acquisto

se, a vantaggio dell’impresa e,piú in generale, della società dicui è parte (cfr. Compendio,270, 271, 289, 290, 319, 331,340).

L’utente delle “utilità” prodotte dalle imprese

Sono le persone (i clienti, iconsumatori) che utilizzano ibeni prodotti dalle imprese. An-che se di ciò non sempre gli in-teressati sono pienamente con-sapevoli, il loro ruolo non èmai puramente passivo ed ester-no ai processi dell’ impresa.

Per questo gli utenti hannoper un verso dei diritti nei con-froti delle imprese: il diritto al-l’accessibilità dei prodotti, al-la corretta informazione sulleloro caratteristiche e a prezziequi di acquisizione; ma, per al-tro verso, hanno anche il doveredi orientare correttamente ilmercato attraverso le loro scel-te di acquisto: infatti è solo losviluppo di stili di vita che pre-vedano consumi corretti chepuò orientare l’economia ver-so produzioni umanamentequalificanti ed ecologicamen-te compatibili (cfr. Compendio,345, 346, 347, 350, 356, 357,358, 359, 360).

Il politico

Un discorso a parte, maugualmente pertinente, do-vrebbe essere infine sviluppa-to per i “politici” che, ai vari li-velli e in diversi campi, con-tribuiscono a definire: il con-testo normativo, all’interno delquale le imprese e il mercatovengono indotti a operare, e leprocedure di verifica del loro

corretto funzionamento. Per questo anche il loro ruo-

lo è strategico (sempre piú stra-tegico) ai fini della gestionedell’economia, con tutte le im-plicazioni etiche che ne deri-vano; pertanto: incuria, in-competenza, perseguimento diinteressi di parte, e simili di-storsioni, sono, in questa pro-spettiva, eticamente da con-dannare.

I politici dovranno dunqueessere onesti, ma anche com-petenti, restando ovviamenteinteso che la “competenza” delpolitico deve essere corretta-mente definita. Infatti il politi-co in quanto tale non necessa-riamente deve essere un “tec-nico” o uno specialista, poichéil suo ruolo è quello di inter-pretare le multiformi necessitàconnesse con la gestione dellacosa pubblica, di porre in rela-zione le scelte operative con lefinalità perseguite e di verificarela loro coerenza con i princípiispiratori.

Per riuscire in questo, la do-te essenziale per il politico saràquindi l’umiltà: rimanere inombra perché l’obiettivo siaraggiunto e parli da sé, opera-re in modo che i collaboratorisi sentano realizzati e nonschiacciati, usare la “vetrina”per far conoscere il “prodotto”e non il padrone pro-temporedel negozio (cfr. Compendio,394, 396, 397, 398).

plesse dell’economia attuale,sempre meno si tratta di attivitàdi carattere puramente esecuti-vo, si tratta invece sempre piúdi attività che esigono profes-sionalità e condivisione psico-logica degli obiettivi e dellestrategie dell’impresa.

Anche per questo, ma nonsolo, la dignità umana, la pro-fessionalità e la sicurezza oc-cupazionale dei lavoratori deb-bono essere sempre adeguata-mente salvaguardate e pro-mosse.

In compenso il lavoratore de-ve restare consapevole del do-vere di investire nella propriaattività lavorativa il meglio di

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Nel 1948 io avevo 18 anni ealla vigilia delle prime elezio-ni dopo la Guerra, la sera pri-ma, ricordo che con un bel grup-po di amici abbiamo tappezza-to Brescia con un fiasco che in-corniciava la faccia di Garibal-di, il simbolo dell’estrema Si-nistra. Vincemmo noi, per for-tuna. Eravamo ragazzi ma ave-vamo capito bene da che partestare. Ed era la parte della fa-miglia, mi ricordo benissimo.

Finivo l’Università a Padovanella primavera del 1956. IlRettore era un certo Prof. Fer-ro …, il papà di Angelo! Il ne-mico dei liberi goliardi patavi-ni, Toni Negri, passava, con tri-plo salto mortale, dal Centroalle Brigate rosse. Aveva as-sunto strane idee sulla fami-glia: Marcuse imperava, Ca-panna a Milano arringava glistudenti che occupavano gioio-samente gli atenei, contestatoda sparuti gruppi di Gioventústudentesca. Ma c’era un in-treccio anche virtuoso che pro-teggeva la famiglia, contro lasolerzia delle femministe: Pa-dre Marcolini, il Fondatore del-l’UCID di Brescia nel 1947,sessanta anni fa, costruiva qual-che decina di migliaia di case.

Le faceva per salvare le fa-miglie dalla disperazione del-l’inurbamento: era un prete in-gegnere, un imprenditore; Fan-fani faceva case a rotta di col-lo, tutti si preoccupavano del-la famiglia, mentre per salvarele loro famiglie, milioni di Ita-liani emigravano; si intreccia-va la ricostruzione, con cor-bellerie come la nazionalizza-zione dell’energia elettrica e

FAMIGLIA: LA RESPONSABILITÀ

DELLE IMPRESE

È davvero la famigliail prisma attraverso il quale si guardanotutti i problemi sociali e politici? Anche quellidell’impresa?

gli scioperi dichiaratamente edesclusivamente politici. Ma lafamiglia era ancora quello chedicevano i Romani: «semina-rium rei publicae», il semenzaiodella società.

La famiglia comincia a tra-ballare nel 1970 con il divor-zio, nel 1975 col nuovo dirittodi famiglia, nel 1978 con l’a-borto. L’individualismo, il cre-scente benessere e la diffusio-ne della irresponsabilità mora-le, la cattiva maestra televisio-ne, i mali esempi dei politici,quello strisciante e pervasivoclima che tutto addormenta etrasforma in grande business,solo quello conta e avere sguar-

FAMIGLIA OGGIATTIVITA’

di Ferdinando CavalliPresidente UCID Brescia

Cinquecentocinquanta an-ni prima di Cristo, il sag-gio cinese Lu Bu We

scriveva: «Se la persona sta be-ne allora la famiglia sta bene,se la famiglia sta bene allora loStato sta bene, se lo Stato sta be-ne allora il Mondo sta bene!».

Oggi in Europa (Orega 2006)una coppia su due si separa; inInghilterra il 64% dei bambininascono fuori del matrimonio,nell’Unione Europea ci sono41 divorzi ogni 100 matrimo-ni. Jonathan Sacks, il Rabbinocapo dell’Inghilterra afferma:«Con il controllo delle nasciteesasperato, l’aborto facile, inuovi schemi di lavoro e di vi-ta, lo scioglimento di tutti i vin-coli morali, abbiamo separatoil sesso dall’amore, l’amoredall’impegno, il matrimoniodall’avere figli e l’aver figlidall’impegno alla loro educa-zione: si direbbe che la pro-gressiva distruzione della fa-miglia basata sul matrimoniostabile è diventata una specie dimisura di sicuro progresso so-ciale», un nuovo Welfare, unasorta di sinfonia del nuovomondo, fatto di bellissimi e sag-gi vecchi, infermi. Questo è ilsole dell’avvenire, che verrà adilluminarci dall’alto.

Eppure nel non troppo lon-tano 1948 la dichiarazione deidiritti dell’uomo recitava so-lennemente: all’Art 16/3 «lafamiglia è il gruppo primariofondamentale della società e hadiritto di essere protetta dallaSocietà e dallo Stato». E mi pa-re che anche la nostra Costitu-zione dica qualcosa del gene-re. Altri tempi.

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Tra impresa e famigliac’è uno strettissimo legame: il primo stakeholder dell’impresa è la famiglia dei propricollaboratori. E, in fondo, l’impresa ha qualcosa di analogo alla famiglia: è nell’impresa che si crescono i nuovi collaboratori

meravigliosa . Finalmente l’in-dividuo è libero da rapporti vin-colanti con l’altro. E la gioio-sa macchina da guerra controla famiglia, silenziosa e osan-nata dai Media, ottiene formi-dabili vittorie: dal 1965 ad og-gi si passa, in Italia, da 2,67 fi-gli per coppia a una media di1.2. Quando il minimo vitale èil doppio. Si fabbricano metà fi-gli di quanto occorrano a man-tenere i vecchi, pur con l’aiu-to del 15% delle nascite dovu-te a stranieri, che tentano invanodi colmare le nostre infertilitàsistematiche. (Ma arriverannoi rinforzi e la nostra pelle cam-bierà gradualmente e giusta-mente di colore. Non ci sonoproblemi, ringraziamoli; alme-no le nostre belle case sarannoancora abitate da qualcun’al-tro…).

Abbiamo tutti un sacco di im-pegni, un turbine di bisogni, vi-viamo nella flessibilità e nel-l’improvvisazione di nuove pro-fessioni, siamo in carriera, lafamiglia è fluttuante e chi cipensa al matrimonio stabile e aifigli? I figli costano cosí cari. Epoi se lo Stato chiaramente nonsi preoccupa dei figli perchédovremmo preoccuparcene noi?

Siamo di fronte a un fanta-stico aumento del benessere permiliardi di persone, ad operadelle meraviglie della scienzae della tecnica, della cono-scenza, e delle nostre imprese.Ma chi ci pensa alla famiglia,senza la quale non servono in-venzioni e scoperte? Tutti noiimprenditori, curiamo giusta-mente la globalizzazione, l’in-novazione dei prodotti e dei

processi, i parchi scientifici etecnologici, i poli di eccellen-za, la messa in rete delle risor-se, il trasferimento scientifico,il reperimento dei ricercatori, lescuole sempre piú avanzate.Premi Nobel da tutte le parti. Viimmaginate un premio Nobeldato a una famiglia?

Vi immaginate una SezioneUCID che fa borse di studioper famiglie? E perché non farfare un bel proclama alle nostreassociazioni industriali in di-fesa della famiglia, da cui sicava il “capitale umano” cherappresenta almeno il 70% delvalore delle nostre aziende? Sí,lo so qualche azienda fa il “Bi-lancio Sociale”. Quante???

E sí che non sono mancatiprofluvi di autorevoli docu-menti, riviste, encicliche, ra-duni. Ma non si era detto chela famiglia fosse il prisma at-traverso il quale si dovevanoguardare tutti i problemi so-ciali e politici? Anche l’impre-sa? Cosa ne pensate amici del-l’UCID? Che facciamo?

- Ci si renda conto detta-gliatamente della situazione:non occorrono molte nuoveanalisi;

- ci si colleghi, ci si associ(l’UCID è preziosa in tal sen-so): per essere di piú e fare dipiú; si fa Rete, sistema, bastacon le piccole e inefficienti con-venticole;

- cominciamo dalle nostrefamiglie, di imprenditori e di-rigenti, che tutti, quando le ve-dano dicano: «guardate come siamano»;

- cominciamo, colleghi im-prenditori, dalle nostre impre-

do e parola televisiva, non ne-cessariamente intelligenza, an-zi. In ciò, atteggiamento “bipartisan”. È la nuova culturadel self interest, la sola via peril benessere dell’uomo, mac-ché “Responsabilità Socialedelle Imprese”. Nessuno siscompone piú di tanto. In queltempo di continui scioperi , pe-santissimi per le nostre azien-de, ricordate voi uno scioperogenerale per gli assegni fami-liari o per l’educazione dei gio-vani alla famiglia?

Pian piano si crea una mol-teplicità di modelli familiaricome abiti su misura, del sin-golo individuo: ecco la novità

ATTIVITA’FAMIGLIA OGGI

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se: finiamola di allontanare ledonne che fanno figli, inseria-mo con un bel cuneo nella no-stra testa che la prima “Re-sponsabilità sociale” della no-stre imprese è quella verso lanostra famiglia, quella dei no-stri collaboratori, quella dei no-stri clienti e fornitori, ci avetemai pensato? E andrebbe me-glio la nostra società e anche lanostra impresa! E impariamo avotare, ed entriamo in politica(io non ho l’età);

- meno lussi e piú tempo de-dicato alla famiglia e alla scuo-la dei nostri figli;

- apriamo le nostre case acoloro che hanno bisogno, nonchiudiamoci nelle nostre gab-bie dorate. Chi pensa alle fa-miglie dei nostri lavoratori im-migrati?

- «… avevo fame e mi ave-te dato da mangiare» e sco-priamo che siamo tutti figli diun Padre nostro;

- non opera di retroguardiama iniziativa accorta, determi-nata, tagliente, intransigente.

Cosa può fare l’UCID con leimprese dei suoi associati? Mol-tissimo, perché tra impresa efamiglia c’è uno strettissimo le-game: il primo stakeholder del-l’impresa è la famiglia dei pro-pri collaboratori. E, in fondo,l’impresa ha qualcosa di ana-logo alla famiglia: è nell’im-presa che si crescono i nuovicollaboratori. Si diceva una vol-ta, «entrano con le braghe cor-te ed escono da uomini». Quel“cerchio di riferimento” caro aPizzorno, che si costituisce trafamiglie dei soci UCID, aiuta intal senso!

VALORI CRISTIANI

E IMPRESA

FAMILIARE

Oltre a contribuirealla crescita cristanadella società,si ottiene un rafforzamentodella famiglia stessa

glia-azienda. È una molla chespinge ad agire per un ritornoquasi “intangibile”. Lo spiritoimprenditoriale rimane nelle ge-nerazioni, anche se sembra avolte affievolirsi, riaffiora neimomenti di difficoltà e nei pe-riodi di cambiamento, non so-lo per stimolo interno, ma peruna motivazione etica di fondo.

La creatività. È possibilità diesprimersi al meglio e libera-mente, senza troppi vincoli bu-rocratici. Nuove idee, nuoviprocessi e prodotti danno luo-go a continuo sviluppo.

L’essenzialità. È intuizioneche salta i processi intermedisenza contrapporsi alla razio-

FAMIGLIA OGGIATTIVITA’

di Maurizio MagliolaSegretario UCID Gruppo Piemonte Valle D’Aosta

Le considerazioni che se-guono sono frutto di vi-ta vissuta, di cose dette in

famiglia, di elementi raccoltidal confronto con altri e vo-gliono sottolineare come i valoridell’impresa familiare contri-buiscano significativamente al-la crescita cristiana della società.

1) Mi pare interessante in-trodurre il tema facendo riferi-mento alle caratteristiche delmondo d’oggi: caduta continuae progressiva delle barriere,sempre maggiore interdipen-denza fra i processi economi-ci, complessità (tanti soggetticollegati portatori di interessi);ma anche tante possibilità tec-nologiche, finanziarie e umanein piú rispetto ai tempi passatie quindi maggiori opportunità

Tutto questo richiede dei ri-ferimenti concreti e attenzioneai cambiamenti. A soddisfarequeste esigenze contribuisconobene le imprese familiari, la cuidiffusione è oggi in aumento,non solo nei settori tradiziona-li, agricolo e industriale, maanche in quelli sempre piú am-pi della logistica e dei servizi.

2) Quali sono i valori del-le imprese familiari, radicatinel cristianesimo, che possonocontribuire significativamentealla crescita della società?

Lo spirito imprenditoriale.Lo spirito d’impresa, il desi-derio continuo di migliora-mento è tipico di ogni aziendasana, ma in particolar modo diquella familiare: la radice del-la sua continuità è il frutto diuna continua interazione fami-

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compromettere la vita della fa-miglia), cosí come eticità neicomportamenti, equilibrio, de-terminazione ne garantiscono lacontinuità.

… e “teologali”: fede, spe-ranza, carità.

Senza una forte carica “reli-giosa” tutte le nostre idee e ilnostro agire si fermano a metà.La ricerca della verità illumi-na costantemente le scelte. C’èqualcosa di spirituale, una lin-fa vitale, una motivazione su-periore che spinge l’imprendi-tore e i collaboratori ad agire perun bene che già intravedono!

4) Esistono, guardando afondo, degli “asset” immate-riali che non sono facilmentemisurabili, ma che rappresen-tano la vera forza delle impre-se familiari:

a) Famiglia e Impresa sonoluogo privilegiato di incontroe di confronto. Si educa e siviene educati, si ricevono e sitrasmettono dei valori, dei mes-saggi fra le generazioni, un in-sieme di doni da far fruttare.S’impara a vivere insieme, adaccettare punti di vista diversi,a gestire confrontandosi con al-tri. L’interesse personale vienesolitamente post-posto a quel-lo familiare o aziendale, senzache per questo venga impedi-to lo sviluppo della propria per-sonalità: esiste infatti la possi-bilità di esprimere le propriecapacità in nuovi processi oprogetti e soprattutto in nuoveattività imprenditoriali colle-gate a quella principale. L’im-presa familiare diventa com-plementare e sussidiaria alla

famiglia per la crescita dellapersona come la famiglia pro-tegge, soprattutto nelle diffi-coltà, crea comunione, non so-lo tra genitori e figli, ma spes-so anche tra parenti meno pros-simi cosí l’impresa riprende,rielabora i messaggi, creandoun tessuto di relazioni all’in-terno e attorno a sé favorendola crescita della persona erafforzandone la responsabi-lità.

b) Il concetto di “famiglia”nell’impresa innesca un circo-lo virtuoso. Il coinvolgimento,la dedizione di alcune personedell’azienda, l’esempio di quel-le piú anziane favoriscono l’at-taccamento al territorio, la con-tinuità e la stabilità nel tempo.Si forma una comunità di per-sone, anche provenienti da dif-ferenti culture, con obiettivi co-muni intorno a un “DNA”aziendale. Si crea un clima difiducia e di rispetto che con-sente di uniformare la propriavita e l’azienda a un ideale.

L’azienda, come una pianta,aiuta a “rassodare” il terreno egenera un “humus” che con-sente di creare ricchezza reale,occupazione e spontaneo aiu-to ai piú deboli: si ottiene unaeffettiva creazione di valore.

5) Tutto questo fa sí chel’impresa possa essere di gran-de aiuto alla famiglia. Uno deimotivi della crisi odierna del-l’istituzione familiare è forseuna eccessiva indipendenzaeconomica dei singoli: l’im-portanza per l’azienda del va-lore economico, dell’equilibriofinanziario e della necessità di

nalità economica e insieme or-ganizzazione che velocizza l’in-dividuazione e la soluzione deiproblemi.

La sobrietà. È attenzione alvalore di ogni cosa, impegno arisparmiare sempre, a non spre-care mai le risorse, in partico-lare quella del tempo.

La flessibilità. È adattamen-to ai cambiamenti esterni, chesignifica fronteggiare pronta-mente le necessità e possibilitàdi intercambiare i ruoli, grazieall’informalità della struttura.

La volontà e la determina-zione. È la perseveranza a su-perare gli ostacoli che quoti-dianamente si incontrano.

Il senso di responsabilità. Èallenamento continuo a consi-derare i compiti affidati comeun qualcosa da interiorizzare etrasmettere con opportuno va-lore aggiunto.

L’integrità. È coerenza na-turale tra princípi e comporta-menti.

La visione di medio-lungotermine. È una caratteristicaquasi “inserita” nel DNA fa-miliare che dà un respiro par-ticolare all’impresa.

3) Vivere in un’impresa fa-miliare significa un eserciziocontinuo e particolare dellevirtú, naturali o “cardinali”:prudenza, giustizia, fortezza,temperanza.

Risparmio e investimento so-no il “leitmotiv” dell’impresa.

Rischio e prudenza coesisto-no (un’azienda mal gestita può

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capitali per lo sviluppo del-l’attività favorisce un rafforza-mento dei legami all’internodella famiglia.

… e alla società. Il concettodi proprietà acquista nell’im-presa una dimensione sociale

6) Un’attenta riflessione eun approfondimento dei valo-ri dell’impresa familiare pos-sono essere di grande aiuto al-la soluzione dei problemi con-nessi con la gestione quotidia-na, soprattutto nei momenti dicambiamento e nel passaggiogenerazionale e aiutano insie-me famiglia e impresa a giocareun ruolo fondamentale per lacrescita dell’intera società, sti-molando anche la qualità alleistituzioni.

Aquesto proposito vorrei se-gnalare l’esistenza dell’Asso-ciazione italiana delle AziendeFamiliari che si prefigge didiffondere i valori dell’impre-sa familiare, attraverso incon-tri e confronti-dibattiti, con-sentendo un rinforzo della fa-miglia stessa e favorendo lacontinuità e lo sviluppo dell’a-zienda.

Insieme all’Istituto per i va-lori d’impresa e al costituendoOsservatorio sull’impresa, è unsegno dell’impegno che tantiimprenditori e uomini di fede edi cultura danno alla diffusio-ne dei valori cristiani nel mon-do dell’impresa. Quanto piú sin-cero e partecipato è il contributodi tutti i soggetti coinvolti (con-tributo che tutti possono dare,tanto piú concreta è la speran-za in un futuro di libertà, di giu-stizia e di pace.

QUANDO I VALORI

INFLUISCONO SUI

RISULTATIAZIENDALI

Le strategie economiche e le alleanze strategiche non bastano se non si fa primarete di valori

forti e certi, condivisi, accetta-ti e applicati.

L’imprenditore, mosso daquesti valori, non limitandosi airisultati economico-produttividella propria attività, allarga ilsuo orizzonte alle implicazio-ni sociali del proprio agire –famiglie, ambiente, società ci-vile -: la sua azienda viene co-sí riconosciuta come portatricee produttrice di “valori” e nonsolo di beni e servizi, si apre uncircolo virtuoso in cui questa vi-sione a medio-lungo consentedi aprire nuovi fronti della do-manda, piú qualificati, piú evo-luti, e di conseguenza anche ilrisultato economico ne giova.

ETICA E IMPRESA ATTIVITA’

di Giuseppe LovecchioPresidente UCID Sezione Monopoli Conversano

Stiamo vivendo negli ulti-mi anni profondi scon-volgimenti nel panorama

economico-produttivo nazio-nale sul rapporto tra etica e im-presa: Parmalat, Cirio, e scan-dali similari hanno messo inluce un rapporto difficile tral’imprenditore e la sua co-scienza etica.

Le conseguenze sono statepoi nefaste: posti di lavoro sal-tati, risparmiatori sul lastrico,competitività ridimensionata,e cosí via.

Se questa è magari la puntadell’iceberg, il fenomeno si puòdire molto diffuso a tutti i livellie in tante forme: lavoro nero,sfruttamento incondizionato,inquinamento ambientale, inconsiderazione degli aspetti fa-miliari.

Si può andare avanti cosí?Molti dicono che non ci sonoaltre soluzioni per far quadra-re i conti, e specie per le societàquotate in borsa le relazioni tri-mestrali diventano quasi un os-sessione, altro che prospettivea medio-lungo termine!

Ma se poi cominciamo aguardare nel tempo le impreseche continuano a crescere equindi a essere generatrici di be-nessere non solo economico,emergono nomi che fondano illoro successo su valori e mis-sioni inossidabili: Merloni,Averna, Guzzini, sono alcuniesempi in tal senso.

All’impresa, oggi, non bastapiú l’utile per sopravvivere du-rante gli anni. Esso diventa unacondizione sí necessaria, manon sufficiente.

Occorre fondarsi su valori

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Oggi per progredire non bastano le reti economico-produttive e di fornitura. Nella civiltà dell’informazione, della conoscenza e della globalizzazione,se non c’è il rispettoper l’uomo, la fiducia, la trasparenza, non si va veramente da nessuna parte

Quando si vogliono tradurrevalori cristiani in concreto, ec-co che la rete dell’UCID, l’U-nione Cristiana Imprenditori eDirigenti (www.UCID.it), puòrisultare un punto di forza, uncoagulo di esperienze condivi-se, un momento di formazione,un percorso di crescita da fareinsieme anche con il semplicefrequentarsi, conoscersi me-glio, e aiutarsi secondo i detta-mi evangelici di fronte ai tantiproblemi che le imprese devo-no affrontare quotidianamen-te.

L’UCID può essere un rife-rimento qualificato e qualifi-cante, costituito da persone cheseguono e si sforzano di appli-care l’insegnamento evangeli-co attraverso la Dottrina So-ciale della Chiesa, dalla RerumNovarum di Leone XIII allaCentesimus Annus di Papa Gio-vanni Paolo II.

Con l’umiltà di partire da ze-ro, in un percorso di conoscenzareciproca, fiducia, approfondi-mento, e riscoperta di valoribasati sull’etica cristiana pos-siamo risvegliare il bisogno dispiritualità, di crescita attiva.

Oggi per progredire non ba-stano le reti economico-pro-duttive e di fornitura, le alleanzestrategiche, se prima non si farete di valori, forti e condivisi;chi con la logistica e la produ-zione lavora da tanto tempo saperfettamente che, nella civiltàdell’informazione, della cono-scenza e della globalizzazione,se non c’è il rispetto per l’uo-mo, la fiducia, la trasparenza,non si va veramente da nessu-na parte.

Questa potente tecnologiache abbiamo tra le mani nonfunziona, porta solo danni efrustrazione se non è sostenu-ta da questi valori.

Iniziative se ne possono fa-re tante, dipende dal contribu-to attivo di ciascuno: dall’in-contrarsi, allo stare insieme, al-la formazione religiosa, allaconvivialità, alla promozionedi eventi e momenti qualifi-canti (lo studente meritevole ebisognoso di una borsa di stu-dio, l’impresa distintasi sullaresponsabilità etica, ecc.), e damille altre forme che la volontàdei singoli avrà modo di far fio-rire e divulgare.

Un invito a essere “sale del-la terra”, a non tenere nascostie inutilizzati i “talenti ricevu-ti”, a investire con fiducia nelfuturo piuttosto che conservar-si dietro le rendite.

È giunto il momento di esseregli artefici di un nuovo percor-so, senza aspettarsi che altri cidiano le soluzioni ai nostri pro-blemi.

Ma questi passaggi ottengo-no di valorizzare e rispettare ilcapitale piú importante nell’e-ra della conoscenza: quelloumano, legato indissolubil-mente al destino stesso del-l’impresa.

Quando parliamo di innova-zione, etica cristiana e respon-sabilità sociale dell’impresa,senza che vi sia l’esempio del-l’imprenditore o del professio-nista, non c’è speranza di pro-gredire.

C’è un bilancio anche su que-sti aspetti, non fatto da cifre, mache tiene conto della ragiond’essere e della missione del-l’impresa stessa.

ATTIVITA’ETICA E IMPRESA

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1/2007 • UCID Letter

francese e con la dichiarazio-ne dei diritti dell’uomo e del cit-tadino.

I Rappresentanti del popolofrancese, riuniti in AssembleaNazionale, esponevano solen-nemente in una dichiarazione,la necessità di dare risalto alforte bisogno di giustizia, di li-bertà e uguaglianza: «Gli uo-mini nascono e rimangono li-beri e uguali nei diritti».

Sono i princípi basilari su cuisi regolano gli ordinamenti del-le moderne costituzioni libera-li e democratiche.

Anche se il termine “demo-crazia” non fiorisce sull’albe-ro del Cristianesimo, il pensie-ro cristiano contribuisce deci-samente all’affermazione del-le libertà individuali e allo svi-luppo della democrazia mo-derna.

La diffusione della culturadel rispetto per la sacralità del-la persona umana nasce in ter-ra cristiana. Il Cristianesimonon antepone le strutture e leistituzioni all’esaltazione dellacoscienza della persona.

Il rapporto tra magistero so-ciale e democrazia, è stato permolto tempo difficile, ricco an-che di tensioni.

Il cattolicesimo liberale, na-to nell’Ottocento in vari Paesieuropei, sorto in antitesi alleposizioni conservatrici di quelcattolicesimo, che dopo il con-gresso di Vienna, respingevapienamente ogni idea liberale,recupererà intuitivamente ilconcetto di democrazia.

Attraverso un percorso nonprivo di difficoltà, esso si svi-luppa nel pensiero di Romolo

IL VOLTO

E LA CULTURA

DELLA “POLIS”

Matura nel rispettodella storia, delle culture, delle abitudini dei popoli. C’è bisogno di dialogoe di partecipazione

Murri con la “Lega democra-tica”, per trovare in Luigi Stur-zo, la figura capace di tradur-re la democrazia in chiave po-litica. Anche le riflessioni po-litiche e filosofiche del perso-nalismo francese, soprattuttoquelle di Maritain, evidenzia-no il significato fondamental-mente evangelico della demo-crazia.

Le encicliche pontificie, apartire da Leone XIII, trattanoe apprezzano gradualmente lavalidità del sistema democrati-co. Pio XII, attraverso i radio-messaggi, compie un’opzionepreferenziale per la democraziapolitica, segnando un punto di

LA DEMOCRAZIAATTIVITA’

di Antonio SanapoSegretario UCID Sezione Matera

La democrazia, pur nonessendo un valore asso-luto, è certamente uno

dei migliori sistemi di governo.Occorre evitare la tentazionedi assegnare definizioni ridut-tive e fuorvianti della “demo-crazia”. Definizioni come “do-minio del popolo”, “governodella maggioranza”, non con-sentono di avere una visionecompleta del significato realedella stessa. Essa è una cultu-ra, un metodo per prendere de-cisioni collettive. È un sistemapolitico-civile di regolamenta-zione della vita della polis.

Emmanuel Monnier scrive:«Chiamiamo democrazia, contutti i termini qualificativi e su-perlativi necessari per nonconfonderla con le sue minu-scole contraffazioni, quel regi-me che poggia sulla responsa-bilità e sull’organizzazione fun-zionale di tutte le persone co-stituenti la comunità sociale.Solo in questo caso ci trovia-mo senza ambagi dal lato del-la democrazia».

La democrazia si afferma ori-ginariamente nell’ambiente del-la Grecia classica, periodo in cuigli ateniesi condussero asprebattaglie contro i tiranni e la ri-vale storica Sparta, creando unanuova “società di eguali”. Lacondanna a morte di Socratesegna tragicamente la fine del-l’esperienza di governo ate-niese.

Il termine “democrazia”,scomparso in epoca romana,feudale e assolutistica, ricom-pare con l’Illuminismo, con lerivoluzioni del XIX secolo, inparticolare con la rivoluzione

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Non c’era spazio per la libertàindividuale, per cui la demo-crazia assumeva un aspetto to-talizzante.

Invece, nella democrazia deimoderni, la titolarità e l’eser-cizio del potere sono entità se-parate. Le istituzioni sono or-ganizzate, in modo tale da li-mitare e controllare l’uso delpotere.

Una vera democrazia è pos-sibile soltanto in una societàaperta e in uno stato di diritto.Non può non includere il si-stema della economia di mer-cato, intesa come economia li-bera e solidale. Regime demo-cratico e libertà economica so-no elementi inseparabili, che sisostengono vicendevolmente.

Lo sviluppo economico fa-vorisce l’edificazione di unasocietà piú aperta, democrati-ca, tollerante e vivibile. Ma lademocrazia e l’economia dimercato, pur essendo entram-be necessarie ed essenziali alperseguimento del progresso,da sole non bastano. La libertà,per essere esercitata piena-mente, ha bisogno di un terzopilastro: la società civile.

Una democrazia è reale e so-stanziale, quando si fonda su so-lide basi morali, in particolaresul senso religioso. «La reli-gione - sostiene Alexis de Toc-queville - è molto piú necessa-ria nelle repubbliche democra-tiche che altrove».

Lo Stato liberale deve vive-re di presupposti. Deve pog-giarsi su potenti forze e sti-moli, estranee alla sfera dellapolitica.

Il popolo, pur essendo depo-

sitario del potere, non è il crea-tore del diritto e della giustizia.Non esiste una qualche entitàautonoma e indipendente dal-la persona umana.

La persona costituisce la fi-gura centrale di tutto l’appara-to sociale. Viene prima delloStato, del partito, della classe.La sua centralità è reale e nonnominale. La persona vive nel-la società. È in dialettica colpotere e in relazione con altrepersone.

Ogni ordinamento democra-tico deve tutelare:

1) il primato della persona; 2) la promozione delle sue

libertà; 3) la difesa dei diritti essen-

ziali: il diritto alla vita, alla ca-sa, alla salute, alla istruzione,al lavoro, alla libertà religiosa.

La dignità della persona e idiritti umani sono valori iscrit-ti nella natura stessa dell’uomo.Sono pertanto valori non ne-goziabili, non modificabili, vo-luti e stabiliti esclusivamente daDio. Esistono per diritto proprioe precedono qualsiasi giurisdi-zione statale.

Tocqueville riteneva che nelfuturo esistevano solo due go-verni possibili o: «un tipo disocietà nella quale tutti avran-no parte attiva negli affari po-litici, ossia uno Stato demo-cratico oppure la tirannia», l’as-soggettamento del popolo a unsolo individuo.

Ma uno Stato non può esse-re concepito senza il ricono-scimento e la pratica della li-bertà. Difatti la democrazia rap-presenta la miglior garanziadella libertà.

svolta nel rapporto tra Chiesagerarchica e democrazia.

Papa Pacelli, contribuisce co-sí a superare la teoria della“equidistanza” dei cattolici frale varie forme di regime poli-tico. Una teoria che, sino al1940, aveva di fatto indirizza-to i cattolici europei a propen-dere per i sistemi autoritari.

Padre Bartolomeo Sorgechiarisce: «È un fatto che, perlunghi secoli, la Chiesa ha avu-to molte riserve in proposito.Soprattutto faceva difficoltà ilprincipio che la volontà popo-lare, quando si esprime in for-ma numericamente maggiori-taria, debba avere valore di leg-ge per tutti; il fatto cioè che una“forza materiale” possa divenirefondamento del diritto e dellagiustizia, in nome del concet-to di “sovranità popolare” as-soluta (teorizzata da Rousseau),che prescinde da ogni riferi-mento a una norma etica tra-scendente».

La storia ci segnala l’esi-stenza di due tipi di democra-zia: quella diretta o partecipa-tiva e quella indiretta o rap-presentativa. La prima si iden-tifica nella democrazia degliantichi, nella polis greca, i cuicittadini potevano “diretta-mente” autogovernarsi.

L’autogoverno avveniva inuna piccola comunità senza Sta-to. L’organizzazione autonomadi ogni polis veniva articolatasecondo proprie leggi e tradi-zioni.

Lo Stato erano i cittadini.

ATTIVITA’LA DEMOCRAZIA

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1/2007 • UCID Letter

La libertà è la capacità di sa-per assumere le proprie re-sponsabilità, pur rimanendosempre liberi.

Amartya Sen identifica la li-bertà «come oggetto primariodello sviluppo». Essa si fondasul principio di uguaglianzadelle opportunità, requisito in-dispensabile per la promozio-ne della giustizia e del bene co-mune. È autenticamente “re-sponsabile”, quando è disci-plinata da norme etiche.

In una società pluralista, una“giusta” laicità costituisce unelemento essenziale e caratte-rizzante della democrazia mo-derna. Lo Stato deve ricono-scere e tutelare le esigenze e ibisogni di tutti i cittadini. Ilpensiero liberale ha fatto pro-prio il principio della separa-zione Stato-religione.

Ma il vero fondatore dellalaicità dello Stato è Gesú Cri-sto. Egli sostiene: «Date dun-que a Cesare quello che è diCesare e a Dio quello che è diDio». (Mt 22,21). Le parole delSignore hanno attraversato i se-coli fino a oggi. Evidenziano undoppio dare, l’uno non si com-pie senza l’altro e viceversa.

La laicità si concreta nel-l’autonomia delle realtà tem-porali. La religione non devesostituirsi alle responsabilitàdel politico, ma deve educarealle responsabilità civili e po-litiche.

Solo il “laicismo” eliminaprogrammaticamente la reli-gione dalla vita pubblica, nonriconoscendone di conseguen-za una valenza e una dimen-sione sociale.

La democrazia, nel processodi evoluzione e attualizzazio-ne storica, è anche esposta apericoli, vizi, tentazioni, qualila deriva relativistica, colletti-vista e populista. La democra-zia è una realtà fragile, suscet-tibile di incompiutezza.

La politica costituisce lo stru-mento privilegiato per la co-struzione della democrazia. Lademocrazia partecipativa è ali-mentata e sostenuta da un ade-guato e responsabile impegnopolitico. I partiti sono l’asseportante dello Stato, sono l’a-nello di congiunzione tra ilPaese e la democrazia.

Karl Popper sostiene che ilproblema fondamentale non ri-siede nel «chi deve detenere ilcomando», ma nell’individua-re le modalità con cui potercontrollare chi esercita il pote-re; “come” organizzare l’am-ministrazione dello stato, inmodo tale che governi cattivio incapaci possano essere de-stituiti senza alcun spargimen-to di sangue, permettendo co-sí l’alternanza dei partiti al po-tere, assicurando di conse-guenza il ricambio della clas-se dirigente.

Senza la pratica del consen-so sul dissenso, non esiste unavera partecipazione. Le istitu-zioni presuppongono e sorreg-gono la democrazia e la societàaperta. «Le istituzioni - conti-nua Popper - sono come for-tezze: resistono se è buona laguarnigione. Devono essere benprogettate e gestite. Le istitu-zioni da sole non sono mai ba-state, se non sorrette da delletradizioni».

La democrazia non può es-sere racchiusa in una ricetta.Né può essere imposta o espor-tata “chiavi in mano”.

Nasce e matura gradualmen-te, nel rispetto della storia, del-le culture, delle abitudini deipopoli. Per instaurarsi e con-solidarsi, ha bisogno di dialo-go, di confronto, della parteci-pazione dei cittadini.

È il frutto paziente di una tra-dizione di libertà e rispetto del-la legge. Per realizzarsi ha bi-sogno di ideali condivisi, di ca-pitale sociale di fiducia, di unforte sostegno da parte dellasocietà civile.

I regimi democratici tendo-no ad allearsi facilmente e pe-ricolosamente con il relativi-smo etico. Il relativismo costi-tuisce la piú urgente e gravepreoccupazione della nostraepoca. Nasce come conse-guenza del fallimento dei sogniillusori, promessi all’umanità,dalle ideologie del XIX e XXsecolo.

L’allora cardinale JosephRatzinger, nell’omelia pronun-ciata nella Messa Pro eligendoRomano Pontefice, ossia laMessa che precede il Concla-ve, ha affermato: «Si va costi-tuendo una dittatura del relati-vismo che non riconosce nullacome definitivo e che lasciacome ultima misura solo il pro-prio io e le sue voglie».

L’uomo contemporaneo nondeve rifiutare la modernità, madeve recuperare e incarnare unarinnovata concezione persona-

LA DEMOCRAZIA

ATTIVITA’

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UCID Letter • 1/2007

listica comunitaria, una nuovacultura della soggettività. Unacultura, che va acquisita attra-verso una formazione “inte-grale” della persona, accom-pagnata da una autentica testi-monianza di vita. La questio-ne antropologica e la ridefini-zione di una carta dei diritti edei doveri, sono gli aspetti cen-trali su cui si gioca tutto il no-stro futuro.

Le grandi conquiste compiutedall’uomo nel campo dellascienza, delle singole discipli-ne, dell’economia, sono certa-mente preziose e importanti.

Ma da sole, non sono suffi-cienti a rendere profondamen-te libero e felice ogni individuo.Il suo vero benessere, scaturi-sce dalla ricerca di un rappor-to di incontro e di dialogo conDio, dalla riaffermazione delprimato dello spirituale, dallaindividuazione di una veritàstabile e condivisa, capace didare senso pieno all’esistenzaumana.

li degli anni Novanta. In ognicaso, sostiene il professorWang: «l’economia cinese sem-bra poter crescere indefinitiva-mente».

LA CRESCITA CINESE

CINA:IL PROBLEMA

DEL SOFT LANDING

Serve una maggioreredistribuzione della ricchezza, maggior attenzionealle problematichesociali e maggioreapertura democratica

di Carlo SimonettiRicercatore UCID

Il 7 febbraio ultimo scorso,Capitalia ha ospitato unaconferenza sul tema della

collaborazione tra Cina e Italianel settore economico e com-merciale, che ha visto la parte-cipazione di due esponenti del-l’Accademia cinese delle Scien-ze Sociali.

Il professor Wang Tongsan,direttore dell’Istituto di Eco-nomia Tecnica e Quantitativa ela dottoressa Luo Hongbo, Di-rettrice dell’Istituto di StudiEuropei, hanno esposto le po-sizioni cinesi, rispecchiando,naturalmente, le linee appro-vate dal Partito sulla coopera-zione tra le due economie na-zionali e si sono entrambi sof-fermati a lungo sul problemadel sovrainvestimento e dellasovrapproduzione, evocandoimplicitamente la questione delsoft landing della crescita eco-nomica cinese.

Da un quarto di secolo, or-mai, l’economia cinese crescea un ritmo molto sostenuto, vi-cino al 9% medio annuo. Si an-ticipa una certa moderazionedella crescita nel 2007, con deitassi che si avvicinano a quel-

2005 2006 2007 2008Cina Hong Kong Corea Taiwan

FIGURA 1. TASSI DI CRESCITA DELLE PRINCIPALI ECONOMIE ORIENTALI12%

10%

8%

6%

4%

2%

0%

Fonte : RIETI ( Research Institute of Economy, Trade and Industry)

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1/2007 • UCID Letter

Un rapporto del Ministero dell’Economia giapponesea proposito del problema

del sovrainvestimento evidenzia che il totale

degli investimenti in Cinaha oltrepassato

la capacità di crescita nel lungo periodo,

considerato il tasso di investimento e il tasso

di reddito di capitale in uno stato

di sviluppo bilanciato

INEFFICIENZA DINAMICA

Le grandi economie asiati-che hanno continuato a crescerevigorosamente in questi ultimianni (Giappone escluso). Unadomanda sostenuta in parte dal-la Cina, in cui il PIL è cresciu-to del 10,7% nei primi sei me-si del 2006 - il tasso di cresci-ta piú elevato dell’ultimo de-cennio - che ha permesso a Co-rea, Taiwan e, in misura mino-re al Giappone, di superare glieffetti della crisi asiatica del1997.

La stessa economia globale haregistrato una ripresa dovuta inparte alla performance dell’e-conomia cinese, e ne hanno be-neficiato anche i Paesi rimastifino a ieri ai margini del cicloeconomico positivo, come ilGiappone e l’area dell’Euro.Grazie a un ritmo di crescitacosí sostenuto, la Cina è di-ventata una potenza economi-ca mondiale in grado di condi-zionare l’economia globale. Nel2006 ha registrato il suo quin-to anno di forte espansione con-tinuativa, il piú lungo periododi crescita economica senza in-flazione della metà degli anniOttanta ad oggi.

In un simile contesto, non sipuò fare a meno di porsi il pro-blema delle possibili conse-guenze sull’economia globaledi una brusca frenata di quel-la. L’economista americanoStephen Roach, capo ufficiostudi della Morgan Stanley celo spiega in questo modo: «og-gi circa l’80% del PIL cinese èassorbito da investimenti fissied esportazioni: una strutturasquilibrata. O cambiano rotta,

o finiranno in una deflazione daeccesso di capacità produttiva,con effetti a catena devastantisull’economia globale».

Un rapporto del Ministerodell’Economia giapponese af-fronta il problema del sovrain-vestimento in Cina attraversol’analisi nel tempo del com-portamento di investitori in set-tori chiave dell’industria cine-se. Basandosi su quest’analisistorica, lo studio giunge allaconclusione che il totale degliinvestimenti in Cina ha oltre-passato la capacità di crescitanel lungo periodo, consideratoil tasso di investimento e il tas-so di reddito di capitale in unostato di sviluppo bilanciato, se-guendo il modello già propostoda Abel, Mankiw, Summers eZeckhauser. Se il tasso di red-dito di capitale eccede quello diinvestimento, il livello degli in-vestimenti ha oltrepassato laprofittabilità di lungo periodo,il che significa che l’alloca-zione del capitale è eccessiva.

Come si può constatare nelgrafico figura 2, che riporta i da-

ti del rapporto summenziona-to, gli investimenti in Cina era-no già eccessivi nel 1995.

LA CRESCITA CINESE

ATTIVITA’

FIGURA 2. INEFFICIENZA DINAMICA IN CINA

Fonte : RIETI ( Research Institute of Economy, Trade and Industry)

12%

10%

8%

6%

4%

2%

0%1990 1992 1995 1997 2000 2003

Tasso di investimentoTasso di reddito di capitale (Capital Income)

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Il governo, per frenare il sovrainvestimento, agisce principalmente attraverso restrizioni finanziarie e misure amministrative, tra cuil’innalzamento dei prezzidei terreni, la restrizionedel credito, l’aumento dei parametri di riservarichiesti alle banchecommerciali e criteri divalutazione piú rigorosiper i prestiti al settoreimmobiliare

appropriato deflattore. Tuttavia, una crescita dei

prezzi alla vendita di beni diconsumo del 0,9% nello stes-so periodo e una crescita mag-giore, del 3,9%, del prezzo al-la vendita dei materiali da co-struzione, metalli e materialeelettrico nello stesso periodo,indica che la crescita degli in-vestimenti in termini reali è sta-ta davvero eccezionale.

Questa crescita esponenzia-le degli investimenti può esse-re attribuita alle spese in infra-strutture per le Olimpiadi del2008, come dimostrato dal-l’incremento del 43,9% regi-strato negli investimenti sottola voce cultura e sport. Sonoevidenti incrementi altrettantosignificativi anche legati al set-tore immobiliare, all’industriaestrattiva e ad alcuni settori delmanifatturiero.

Finora Pechino ha dimostra-to di saper gestire con discretosuccesso i vari aggiustamentidella sua economia, pur se conqualche ritardo, in ragione del-la lentezza ed opacità nei mec-canismi decisionali cinesi. Al ri-guardo si possono citare la bol-la del ’93/94, la crisi asiatica del’97/98 e la recessione globaledel 2001. Il governo, per frenareil sovrainvestimento, agisceprincipalmente attraverso re-strizioni finanziarie e misureamministrative, tra cui l’innal-zamento dei prezzi dei terreni,la restrizione del credito, l’au-mento dei parametri di riservarichiesti alle banche commer-ciali e criteri di valutazione piúrigorosi per i prestiti al settoreimmobiliare.

Inoltre, per fronteggiare laspeculazione in borsa, il go-verno ha sospeso le licenze pernuovi fondi comuni di investi-mento e il regolatore bancariosta indagando sull’uso di pa-trimoni individuali per acqui-sire nuove quote di capitale.

L’utilizzo di misure ammi-nistrative per fronteggiare ilsurriscaldamento dell’econo-mia ha avuto effetti limitati.Non solo i profitti reinvestitihanno generato ulteriori gua-dagni, ma i tassi d’interesse so-no stati incrementati solo negliultimi anni, quando la situa-zione del sovrainvestimento eragià preoccupante.

Nelle economie industrializ-zate, quando l’economia si sur-riscalda o rallenta, gli strumentiprincipali di intervento sono lapolitica monetaria, che mano-vra i tassi di interesse, o la po-litica fiscale. Le variazioni deitassi d’interesse determineran-no comportamenti diversi nei ri-sparmiatori e negli investitoriche influenzeranno, a loro vol-ta, l’andamento dell’economiapiú in generale. Una politicache agisce sui tassi di interes-se non ha sempre successo, masi ritiene che sia quella che piúrispetta le forze di mercato. Nelcaso in cui la politica di “mer-cato” non abbia successo, sipossono introdurre misure am-ministrative, soprattutto restri-zioni e incremento del prelie-vo fiscale.

Come già menzionato, glistrumenti “amministrativi” enon di “mercato” con cui il go-verno ha fronteggiato situazio-ni di crisi hanno dato fino ad ora

INVESTIMENTI

TROPPO ELEVATI

La situazione nel 2006 non ècambiata. Gli investimenti inCina sono stati incredibilmen-te elevati, con una formazionelorda di capitale fisso nomina-le del 30% nei primi otto mesidel 2006 rispetto all’anno pre-cedente.

Questo ci suggerisce che il50% del PIL è convertito in in-vestimenti. Per dare un’ideadelle proporzioni, le economiemature hanno in media un tas-so di investimento del 20/25%.

L’aumento nominale degliinvestimenti in termini reali èdifficile da stimare senza un

ATTIVITA’LA CRESCITA CINESE

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1/2007 • UCID Letter

Il Primo Ministro cineseha ammonito

i suoi connazionali sul pericolo derivante da

una crescita economicatroppo rapida e senza limiti. Ha annunciato

misure restrittive per unosviluppo piú sostenibile,

tra cui una piú equa distribuzione del reddito

e un maggior rispetto per l’ambiente

risultati apprezzabili ma limi-tati. In una fase di aggiusta-mento, quale quella odierna, incui non solo l’economia ha as-sunto una dimensione globalein tempi brevi, ma è diventataanche molto complessa, glistrumenti amministrativi ri-schiano di generare effetti a ca-tena negativi, come un crollodegli investimenti, che com-porterebbero una brusca frena-ta dell’economia.

RESTRIZIONI PER UNO

SVILUPPO SOSTENIBILE

Il 5 marzo 2007, nel corsodel suo intervento annuale da-vanti all’Assemblea del Popo-lo, il Primo Ministro cinese haammonito i suoi connazionalisul pericolo derivante da unacrescita economica troppo ra-pida e senza limiti.

Nell’occasione ha annuncia-to ulteriori misure restrittiveper uno sviluppo piú sosteni-bile. Oltre ad una piú equa di-stribuzione del reddito e unmaggior rispetto per l’ambien-te, Wen Jiabao ha parlato inol-tre della necessità di moderaregli investimenti per prevenireil rischio del sovrainvestimen-to.

Il premier ha menzionato l’in-troduzione di una legge cheabolirà i vantaggi fiscali per lecompagnie straniere, equipa-randole alle società cinesi, pro-ponendo una tassazione unicapari al 25% per tutte le società,mentre in precedenza quelleestere erano soggette ad un pre-lievo limitato al 15% e quellecinesi ad un prelievo del 33%.

Gli esperti si aspettano a bre-

ve una nuova tassa sugli utili dicapitale derivanti dagli inve-stimenti di capitale.

All’inizio di quest’anno, di-fatti, il Ministero della Finan-ze ha ordinato ai contribuenticon un reddito superiore ai120.000 Renminbi annui di re-gistrare i loro capital gains pres-so agenzie governative, misu-ra intesa da molti commentatoricome preludio ad una nuovatassazione.

«Gli investitori sono preoc-cupati che il governo si stia pre-parando per introdurre nuovetassazioni sul capitale per fre-nare la crescita» avverte XuYinhui, un manager della Guo-tai Junan Securities, una rino-mata banca di affari di HongKong.

Esiste già una tassa sugli uti-li di capitale derivanti dalla spe-culazione edilizia nella borsa diShanghai, ma si teme che unnuovo prelievo sull’utile di ca-pitale possa provocare un eso-do dalla borsa. Si tratta in ognicaso di iniziative con cui il go-verno cinese tenta di raffreddareil mercato azionario per pilotaredall’alto un “atterraggio mor-bido”.

Soltanto dieci anni fa la co-siddetta “crisi asiatica” fececrollare sia i mercati valutariche le borse dell’EstremoOriente. La Cina aveva ancoraun’economia di dimensioni mo-deste, non era entrata nel Wtoe i suoi mercati finanziari era-no allo stato embrionale.

I leader cinesi sono pertan-to consapevoli delle ripercus-sioni a livello mondiale che po-trebbe provocare una crisi di

sfiducia nella borsa di Shan-ghai, come si è peraltro già av-vertito con il crollo della bor-sa a febbraio.

L’attenzione della dirigenzacinese è diretta in realtà versodue bolle gemelle: innanzitut-to quella del mercato immobi-liare, afflitto da un iperinfla-zione e da un eccesso di co-struzioni nelle grandi megalo-poli.

Il governo è riuscito per ilmomento ad ancorare questacrisi attraverso una serie di mi-sure, tra cui l’innalzamento deiprezzi dei terreni, la restrizio-ne del credito e limitazioni perl’acquisto di immobili da par-

LA CRESCITA CINESE

ATTIVITA’

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Il governo dovrà accompagnare le manovre di “soft landing”, con una politica di maggiore redistribuzionedella ricchezza a livelloregionale, di maggiore attenzione al sociale econ una maggiore apertura democratica, per evitare effetti disastrosi a livello sociale, politico ed economico

to a un prezzo maggiorato del51% a Shanghai rispetto a HongKong.

La stessa Commercial Bankof China, fra l’altro, è diventa-ta all’inizio dell’anno la se-conda banca del mondo dopola City Bank, mentre solo qual-che anno fa era considerata qua-si insolvente.

GUIDARE IL SOFT LANDING

Come si è visto, il problemachiave del surriscaldamento ci-nese è l’eccesso di investimenti,in particolare, l’eccesso di in-vestimenti in settori dell’indu-stria con scarsa capacità disbocco, obsoleti, o ancora fra-gili. Dietro questo eccesso di in-vestimenti ci sono degli squi-libri finanziari, sociali e politi-ci, nonché di sostenibilità delsistema produttivo.

Le cause finanziarie sono es-senzialmente rappresentate datassi di interesse troppo bassi,dalla scarsa capacità di valuta-zione del rischio da parte del-le banche, oltre ad una liquiditàabbondante ed una propensio-ne al risparmio molto alta.

Negli ultimi anni, è stato av-viato un processo di ristruttu-razione del sistema creditizio edi apertura del mercato finan-ziario, in vista di una possibi-le futura privatizzazione dellebanche.

Lo Stato ha investito note-voli risorse in questo processo,generando progressivamenteuna cultura di valutazione delrischio, riducendo il tasso dicrescita delle sofferenze.

Ciò nonostante è difficile pre-vedere in che misura il gover-

no sarà disposto ad andare fi-no in fondo con le politiche diraffreddamento dello sviluppoper guidare un soft landing. Lasua capacità di raccogliere con-senso si intreccia con la sua ca-pacità di sostenere un’economiache cresce a tassi elevatissimi.

Mentre il governo si dimostrapreoccupato per il problemadel sovrainvestimento, è evi-dente che un raffreddamentodell’economia, necessario perguidare un soft landing, po-trebbe suscitare reazioni di dis-senso fra la maggioranza dellapopolazione ancora ai marginidello sviluppo, fra la nomen-clatura, i piccoli uomini di af-fari e gli abitanti delle provin-ce piú remote.

Un’altra seria conseguenzadi un forte raffreddamento del-l’economia riguarda le aziendepubbliche, che da una ventinadi anni sono in perdita, pur con-tinuando a produrre grazie ai fi-nanziamenti statali.

Queste aziende, che rappre-sentano circa i due terzi del-l’intero sistema produttivo so-no difficili da chiudere, sia peril costo in termini di occupa-zione, sia per il legame tra i lo-ro dirigenti, le amministrazio-ni locali, le banche e il Partito.

Il governo dovrebbe, in ognicaso, procedere con delle ma-novre restrittive ben bilancia-te per regolare la liquidità nelsistema finanziario, aumentan-do i requisiti patrimoniali mi-nimi delle banche e limitandonuovi crediti affrontando nelcontempo, anche se con la ne-cessaria gradualità, il proble-ma delle aziende pubbliche im-

te di stranieri. In secondo luogo, c’è la bol-

la finanziaria, sostenuta dai pic-coli risparmiatori cinesi cosícome dai grandi gruppi finan-ziari e alimentata da una spe-culazione che ha fatto cresce-re la borsa di Shanghai del130% nel 2006. Una misura diquesta speculazione è data dal-l’asimmetria tra i titoli aziona-ri valutati nella borsa di Shan-ghai e a Hong Kong.

L’economista Andy Xie diHong Kong, intervistato da IlSole 24 ore, cita l’esempio di“China Life”, ramo assicurati-vo della “Commercial Bank ofChina”, il cui titolo è negozia-

ATTIVITA’LA CRESCITA CINESE

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produttive e dei crediti inesi-gibili.

Con un approccio simile do-vrebbe essere possibile pilota-re l’atterraggio del gigante ci-nese, pur scontando delle con-seguenze sociali e politiche intermini di consenso da partedella popolazione.

Per un partito che dal crollodel muro di Berlino in poi habasato il suo consenso sulla cre-scita economica, un rallenta-mento di questa comporta l’al-lontanarsi della prospettiva diun miglioramento dello stan-dard di vita per la maggioran-za della popolazione ancora aimargini dei benefici della cre-scita.

Per assicurare la sua conti-nuità, il governo deve quindi ac-compagnare le manovre chedovranno portare all’auspicatosoft landing, con una politica dimaggiore redistribuzione dellaricchezza a livello regionale,di maggior attenzione alle pro-blematiche sociali e con unamaggior apertura democraticaaffinché la popolazione urbanapossa esprimere i suoi orienta-menti, per evitare effetti disa-strosi a livello sociale, politicoed economico.

UN IMPEGNO

PER I GIOVANI

DEL SUD

Uno straordinario“Memorial Day”.Un ricordo che ha suggellatoun significativopatto Nord-Sud

del successo del Made in Italynel mondo e si è dichiaratapronta a sostenere progettua-lità comune alla città natale delgrande artista.

«Gianni Versace è stato unodei lombardi d’adozione piústraordinari della storia - ha det-to Formigoni -. Nato in una Re-gione a me cara, la Calabria, aMilano e in Lombardia ha tro-vato risposta alle sue caratteri-stiche personali, di genialità,impegno, cultura, veicolandonel mondo il valore etico delMade in Italy. La Lombardia èa lui grata per tutto ciò. È sta-to un indimenticabile geniocreativo!».

L’EREDITÀ DIGIANNI VERSACE

ATTIVITA’

di Antonella FrenoSegretario UCID Gruppo Calabro

Uno straordinario Me-morial Day in onore diGianni Versace, ac-

compagnato da una affollatis-sima partecipazione di espo-nenti dell’industria del fashion,ha caratterizzato la Conferen-za di Presentazione dei PercorsiCelebrativi alla Camera Na-zionale della Moda Italiana, al-la presenza degli “Stati gene-rali “ dell’Alta moda.

Il ricordo di Gianni Versaceha suggellato un significativopatto Nord-Sud, sancito da Ro-berto Formigoni, Presidentedella Regione Lombardia e daGiuseppe Scopelliti, sindaco diReggio Calabria.

Una stretta di mano, tra For-migoni e Scopelliti, presentiTiziana Maiolo, Assessore al-l’Industria e alla Moda, Om-bretta Fumagalli Carulli, Pre-sidente del Comitato di reda-zione di Operare, Mario Bo-selli, presidente di Camera Na-zionale, Beppe Modenese, Pre-sidente Onorario, GiovanniScanagatta, Segretario Gene-rale UCID, Antonella Freno,che ha coordinato i lavori, persignificare il ponte ideale tradue realtà diverse e sinergicheall’interno del Paese, pronte atramutare il messaggio di vitalasciato da Gianni Versace inprospettive di sviluppo socia-le ed occasioni di rilancio.

La Giunta Regionale dellaLombardia per voce del suoPresidente ha rappresentato lavoglia di essere complementa-re all’azione che la città di Reg-gio Calabria ha attivato nel-l’anno che celebra il sessante-simo anniversario dell’artefice

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Tiziana Maiolo ha afferma-to l’interesse della Città di Mi-lano nel promuovere azioni si-nergiche alla Sua Città Nataleper perpetuare la memoria sto-rica e costruire azioni di pro-spettiva.

Il Sindaco Giuseppe Scopel-liti ha ribadito la volontà diReggio Calabria di costruire at-traverso i Percorsi Celebrativiuna serie di iniziative destina-te a lasciare una indelebile trac-cia.

Già avviati con la mostra rea-lizzata a Villa Genoese Zerbidal tema “Tavole di Sogno Hau-te Couture Dining”, inaugura-ta il giorno della nascita di Ver-sace, i percorsi in ricordo diGianni si muovono sulle diret-trici della formazione,attraver-so il concorso letterario riser-vato agli studenti delle Scuoledel territorio,dal titolo “Gian-ni, secondo me” e il successi-vo meeting di personalità nelmese di marzo per illustrare daun punto di vista scientifico ilpercorso di stile e di arte com-piuto nel tempo da Gianni Ver-sace.

Centrale sarà l’aspetto dellacomunicazione, attraverso unevento televisivo in fase di pro-grammazione e la realizzazio-ne di un’area museale dedica-ta a Versace come centro d’at-trazione d’iniziative d’arte, mo-da e cultura.

Il numero monografico diOperare è stato presentato daOmbretta Fumagalli Carulli eda Giovanni Scanagatta, Se-gretario Nazionale UCID, allapresenza degli amici di Gian-ni Versace e dei suoi diretti col-

UN ESEMPIO

DI ISTINTIVITÀ

CREATIVA

Gianni Versace ha cercato il bello,frutto della mente edel cuore dell’uomo, sempre alla ricercadi orizzonti nuovi

di Giovanni ScanagattaSegretario Generale UCID

laboratori. Un numero esclusi-vo, che, unitamente al catalo-go della mostra di Villa Ge-noese Zerbi, ha offerto una vi-sione inedita e singolare del-l’artista.

A Gianni Versace è stato de-dicato dalla ADNAV il qua-derno delle sfilate 2007/2008,mediante la consegna a SantoVersace di un singolare esem-plare da Wanda Pandoli Ferre-ro.

Due significative cerimoniedi premiazione hanno conclu-so una giornata intensa.

A Mario Boselli l’EuropeanAward, a Santo Versace l’In-ternational Award Bronzi diRiace, ad Antonella Freno ilLeading Woman, a Beppe Mo-denese il Fashion Award sonostati assegnati dalla Pro locoCittà di Reggio Calabria, pre-sieduta dal dott. Giuseppe Tri-podi.

Il Centro Culturale Calabre-se presieduto dall’On. Giusep-pe Accroglianò ha consegnatoa Santo Versace il Premio LaCalabria nel mondo.

L’EREDITÀ DI GIANNI VERSACE

Nel ricordare Gianni Ver-sace, uomo di grandegenialità creativa nel

campo della moda, della pittu-ra, della decorazione, della scul-tura, della musica e in tutto ilgrande mondo dell’arte, mi vie-ne in mente il pensiero del Car-dinale Joseph Ratzinger, oggiPapa Benedetto XVI, presen-tato in occasione di una Lectiosull’Europa tenuta nel maggiodel 2004 al Senato della Re-pubblica.

UNA MINORANZA CREATIVA

Il destino di ogni società di-pende sempre da minoranzecreative. I cristiani dovrebbe-

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ro rappresentare questa mino-ranza creativa e far sí che l’Eu-ropa torni a svolgere il suo ruo-lo di guida culturale e moraleper il mondo intero. L’Europaha bisogno di un’anima e peravere un futuro deve dare un or-dine morale al suo sviluppo,come hanno fatto i suoi padrifondatori cinquant’anni faquando con i Trattati di Romaci hanno fatto uscire dall’ama-ra esperienza della guerra coni suoi grandi lutti e distruzioni.

Senza memoria, senza iden-tità e in mancanza di uno scat-to morale per credere nel suofuturo, l’Europa è destinata aprendere congedo dalla storia,come ha affermato di recenteBenedetto XVI.

Gianni Versace è stato un rap-presentante illustre delle mino-ranze creative e ha amato la so-cietà americana perché, pur coni suoi problemi, premia la crea-tività della persona non per lesue origini ma per quello che safare e costruire per lo sviluppofuturo della sua popolazione.

Credo che il riferimento aldio greco Dioniso sia partico-larmente indovinato perché rap-presenta l’istintività creativache consente di realizzare ilbello, frutto della mente e delcuore dell’uomo che è semprealla ricerca di orizzonti nuovi.

Questo era Gianni Versaceed è nostra responsabilità cu-stodire e sviluppare per le gio-vani generazioni il grande pa-trimonio di idee e di realizza-zioni che ci ha lasciato.

Dobbiamo per questo scon-figgere la mentalità, da noi an-cora diffusa, per cui chi pensa

non fa e chi fa non pensa. Eancora, chi studia non lavora echi lavora non studia.

È necessario che il lavoromanuale sia considerato a paridignità e dobbiamo mirare a unsistema di istruzione e di for-mazione fondato sulla sussi-diarietà e quindi sulla respon-sabilità dei privati e delle lorolibere associazioni, puntandoall’eccellenza e premiando imigliori che scelgono percorsiscolastici e formativi impe-gnativi in relazione a un’eco-nomia e ad una società in con-tinua trasformazione.

La meritocrazia non esclu-de, ma spinge tutti a impegnarsidi piú sull’esempio di chi hapiú talenti da spendere e damoltiplicare. In questo modoil livello della società non siappiattisce ma si innalza a van-taggio di tutti, costruendo il be-ne comune.

ARTE DEL FARE, ARTE DEL PENSARE

La felice unione tra l’arte delfare e quella del pensare ce l’hainsegnata San Benedetto conla sua famosa regola ora et la-bora. San Benedetto è vissutoverso la fine del V secolo do-po Cristo in un periodo moltodelicato di forti cambiamenti edi grandi difficoltà per le inva-sioni barbariche.

Questo grande Santo, chel’Europa ha scelto come Pa-trono, è stato l’artefice con ilmonachesimo della trasmis-sione a noi della grande cultu-ra del mondo greco e di quel-lo romano. Abbiamo prima par-lato di quello che incarna Dio-

niso riguardo all’intuito e al-l’intelligenza creativa e se que-sto pensiero è giunto fino a noilo dobbiamo al grande padredel monachesimo: San Bene-detto. La sua famosa regola“Ora et Labora” costituisce unpilastro della formazione perconiugare positivamente lo stu-dio e la preparazione continuaper svolgere con amore e crea-tività il proprio lavoro, fonteprima dello sviluppo. Il mona-chesimo da lui fondato è statoanche un momento di impor-tanti innovazioni tecniche ap-plicate ai diversi campi dell’a-gire economico e produttivo.

Nel mondo di oggi stiamovivendo, a tutti i livelli, un pe-riodo delicato di grandi tra-sformazioni su scala mondiale(globalizzazione), proprio co-me quello del periodo storicovissuto da San Benedetto.

Entrando in profondità sulsignificato della Regola, ve-diamo che il primo valore diriferimento su cui San Bene-detto si sofferma è quello del-l’obbedienza. Un concetto cheoggi viene spesso vissuto insenso negativo. Il significatoproprio della parola è quello di“dare ascolto”. Obbedire è lacapacità di porsi in ascolto conattenzione e di poter cosí com-prendere le cose nel loroprofondo significato. In questomodo si accresce l’amore peril nostro lavoro, facendolo di-ventare creativo attraverso lamoltiplicazione dei talenti cheabbiamo ricevuto. Secondo l’in-

L’EREDITÀ DI GIANNI VERSACE

ATTIVITA’

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stra epoca di globalizzazione.Si tratta di fenomeni che, segovernati in modo responsabi-le, possono dare un grande con-tributo per impedire il declinodel vecchio continente. Si trat-ta di una delle grandi sfide checi troviamo di fronte all’iniziodel terzo millennio.

Il Compendio della DottrinaSociale della Chiesa del 2004parla di «sfida posta dalla com-prensione e dalla gestione delpluralismo e delle differenze atutti i livelli: di pensiero, di op-zione morale, di cultura, di ade-sione religiosa, di filosofia disviluppo umano e sociale» (8).

Un uomo che sa vedere lon-tano con gli occhi dell’Europacome Jacques Delors, per undecennio Presidente della Com-missione europea, ha di recen-te affermato che il nostro con-tinente non può avere un futu-ro se non conserva la memoriae l’identità dei suoi valori fon-danti, tra cui spiccano quellicristiani. «I Padri fondatori era-no in maggioranza credenti epraticanti, negarlo vuol dire es-sere in malafede». Essi hannoricostruito l’Europa dando unfondamento morale al suo svi-luppo.

COSTRUIRE

UN MONDO MIGLIORE

La nostra responsabilità ver-so i giovani è grande, per aiu-tarli a costruire un mondo mi-gliore. Essa riguarda in modoparticolare i giovani del Sudcon elevato livello di istruzio-ne che spesso devono lasciarela loro terra per trovare lavoroaltrove, perdendo le risorse mi-

gliori per lo sviluppo e per il fu-turo del territorio.

All’UCID abbiamo potutotoccare con mano questa realtàattraverso un progetto che stia-mo realizzando in Basilicataper sostenere attraverso il mi-crocredito e la microfinanza lanascita di imprese giovanili neisettori della conoscenza gui-date da giovani laureati con al-to profilo formativo. Il model-lo che abbiamo in mente è quel-lo del senior partner, con un de-centramento di nicchie di atti-vità dalle imprese condotte dasoci dell’UCID, ma anche da al-tri imprenditori esterni, alle im-prese giovanili nascenti. Si trat-ta di una importante azione diaccompagnamento, di guida edi monitoraggio a favore deigiovani del Sud da parte degliimprenditori UCIDini già af-fermati, dando testimonianzadi autentica solidarietà inter-generazionale per la costruzio-ne del bene comune. Dalla no-stra indagine sul campo, con-dotta sui 2.500 laureati dell’U-niversità della Basilicata negliultimi quattro anni, risulta cheil 30% trova lavoro nella pro-pria Regione, mentre il 60% lotrova in gran parte al Nord e inmisura minore al Centro delPaese. Il 10% svolge un’attivitàall’estero. Dalla popolazionedei 2.500 laureati abbiamoestratto un campione stratifi-cato statisticamente significa-tivo di 200 laureati (8% dellapopolazione). Ad essi abbiamosomministrato un questionarioper rilevare i profili di forma-zione, l’età, il peso delle don-ne e dei maschi nelle varie fa-

segnamento di San Benedetto,il lavoro deve farsi scuola e lascuola lavoro, valorizzando almassimo le capacità creativedella persona da cui dipende ilfuturo di ogni società e quindidella nostra Europa.

Nel lungo periodo, la demo-grafia è la grande madre del-l’economia. Lo vediamo sottoi nostri occhi se consideriamoche negli ultimi quindici anniil peso dell’Europa sul redditomondiale è diminuito di dodi-ci punti percentuali che sono an-dati a vantaggio dell’Asia. LeAmeriche guadagnano un pun-to, mentre il Giappone ne per-de uno. Segni positivi arrivanodall’Africa, anche se su livellimolto bassi in rapporto al pe-so della popolazione. Essa gua-dagna infatti nel periodo unpunto percentuale sul redditomondiale.

Siamo di fronte, a livellomondiale, a una grande redi-stribuzione del reddito tra leprincipali aree economiche, coneffetti fondamentali sulla do-manda e sui modelli di consu-mo. Si aprono quindi davanti anoi mercati nuovi di enormi di-mensioni, con possibilità perl’Italia di posizionarsi nelle fa-sce medio-alte della domanda,in forza della nostra capacità dioffrire beni di alta qualità i cuiprezzi possono incorporare pre-mi significativi.

Le dinamiche demograficheed economiche in Europa chia-mano in causa i movimenti mi-gratori molto intensi nella no-

ATTIVITA’L’EREDITÀ DI GIANNI VERSACE

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coltà da quelle scientifiche aquelle umanistiche, il voto con-seguito alla laurea, il grado diconoscenza delle lingue e del-le tecnologie informatiche dal-le semplici alle piú complesse,la propensione a mettersi ingioco con l’avvio di una nuo-va microimpresa con il model-lo del senior partner, rispettoal lavoro dipendente.

La propensione che abbiamorilevato tra i giovani laureatidell’Università della Basilicataa creare una nuova impresa nelloro territorio nei settori dellaconoscenza per la loro attivitàfutura è stata molto buona. È lapossibile via di un nuovo svi-luppo basato sulla creazione dinuove imprese nei settori a piúelevata tecnologia, grazie al ruo-lo strategico del capitale uma-no formato ai piú alti livelli.

Il progetto dell’UCID mira,attraverso il microcredito e lamicrofinanza, a innalzare lapercentuale dei laureati che ri-mane nel proprio territorio diorigine grazie alla nascita dimicroimprese nel settore dellaconoscenza, secondo il model-lo del senior partner. Si per-corrono in questo modo vienuove per il microcredito e lamicrofinanza, attraverso il so-stegno della nascita di settorinuovi per un diverso modellodi sviluppo, rispetto agli inter-venti di tipo tradizionale nelcampo del piccolo commercio,dell’artigianato e delle attivitàagricole. Le risorse umane mi-gliori per qualità intellettuali emorali rimangono o ritornanosul territorio, ponendo le basidi profonde trasformazioni

strutturali e avviando un nuo-vo modello di sviluppo localegiusto e solidale.

La buona riuscita del pro-getto sperimentale dell’UCID,partendo da una piccola Re-gione come la Basilicata, apriràla strada all’estensione del mo-dello del microcredito e dellamicrofinanza per la nascita dinuove imprese giovanili nei set-tori della conoscenza ad altreRegioni e, in primo luogo, al-la Calabria.

IL BELLO E IL BUONO

Come ci ha insegnato Gio-vanni Paolo II, Maestro di Dot-trina sociale, dobbiamo crede-re al primato del lavoro in sen-so soggettivo rispetto a quelloin senso oggettivo (la scienzae la tecnica), a cui pure vieneassegnato un ruolo importante.

Il progresso scientifico e tec-nico è il motore dello sviluppoeconomico, ma non deve pren-dere il sopravvento sull’uomo.

È un insegnamento che ci pro-viene dalla prima enciclica so-ciale di Giovanni Paolo II, laLaborem exercens del 1981. Es-sa è stata pubblicata nel no-vantesimo anniversario (1891-1981) della Rerum novarum diLeone XIII che aveva affronta-to i problemi morali legati alla“questione sociale” sorta con laprima rivoluzione industriale.Dobbiamo rifuggire da quelloche Giovanni Paolo II chiama“economismo”, o potremmo an-che dire “riduzionismo econo-mico”, che porta con sé l’affie-volimento dell’attenzione per lacentralità dell’uomo nei pro-cessi di sviluppo e della re-

sponsabilità per la costruzionedel bene comune. Gianni Ver-sace nutriva un grande amoreper il bello nelle sue moltepli-ci espressioni, frutto del lavo-ro dell’uomo nel suo piú alto si-gnificato soggettivo. La ricer-ca del bello veniva vissuta daGianni Versace come duplicetensione verso le grandi cultu-re del passato, continuamentestudiate, ripensate e proiettatenel futuro, e verso le nuove fron-tiere del progresso scientifico etecnico, alla ricerca di soluzio-ni sempre piú avanzate. Il bel-lo è un valore universale: Gian-ni Versace lo ha voluto comu-nicare a tutti, sentendosi citta-dino del mondo, precorrendo itempi della globalizzazione chestiamo vivendo.

Solo il bello e il buono (il giu-sto) possono salvare il mondo eGianni Versace lo ha voluto te-stimoniare con tutta la sua vita.Occorre ripartire da questo suogrande messaggio, per ritrova-re le radici profonde di una cul-tura del lavoro, inteso nel suo piúalto significato soggettivo, e nel-la cultura per l’impresa in cui lapersona e le comunità di perso-ne sono i veri artefici dello svi-luppo, il cui significato non è so-lo economico ma anche e so-prattutto morale.

È questa, credo, la grandeeredità che ci ha lasciato Gian-ni Versace ed è tutta nostra laresponsabilità di portarla avan-ti e di farla progredire per il be-ne di tutti, soprattutto delle gio-vani generazioni.

L’EREDITÀ DI GIANNI VERSACE

ATTIVITA’

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RAPPORTI CON L’UNIAPAC

• Nel Board dell’UNIAPAC Eu-rope che si è tenuto a Parigi il 28febbraio scorso è stato nominatoil nuovo Segretario Generale nellapersona del Dott. Laurent Mor-treuil. Al Board ha partecipato perl’UCID il Dott. Giovanni FacchiniMartini, Vice Segretario aggiuntoper i rapporti internazionali, assie-me al Dott. Franco Nava, Presi-dente della Sezione UCID di Mila-no. Uno dei punti all’ordine delgiorno ha riguardato la partecipa-zione dell’UNIAPAC al Convegnoche sta organizzando l’UCID di Mi-lano sull’integrazione europea.

• La Presidenza Nazionale haricevuto la visita, il 21 marzo scor-so, del Dott. Laurent Mortreuil,nuovo Segretario Generale del-l’UNIAPAC Europe . La Presidenzaha illustrato al nuovo Segretario lefinalità dell’UCID, la sua organiz-zazione attraverso i Gruppi Re-gionali e le Sezioni, i Gruppi di La-voro a livello nazionale, le attivitàeditoriali, il modello comunicazio-nale interno ed esterno attraver-so il nuovo sito internet. Il Dott.Mortreuil ha illustrato le linee fu-

ture dell’UNIAPAC Europe tendentia rafforzare la collaborazione conle Associazioni nazionali, con pro-getti comuni, e di mettere in retegli strumenti editoriali e di comu-nicazione. In tema di collabora-zione, si è parlato dell’importanteiniziativa che sta organizzando l’U-CID di Milano sull’integrazione eu-ropea, assieme all’UNIAPAC Eu-rope e all’UCID Nazionale.

• Il 30 gennaio 2007 il Dott.Giovanni Scanagatta, SegretarioGenerale dell’UCID, ha parteci-pato a una riunione a Parigi con irappresentanti delle associazionieuropee degli imprenditori e deidirigenti cristiani per la messa inrete delle pubblicazioni curate dal-le varie associazioni nazionali. L’U-CID ha presentato le pubblicazio-ni finora curate e, in particolare,la Rivista quadrimestrale “Eticaper le professioni” e “UCID Let-ter”. L’accordo raggiunto è di in-viare ad UNIAPAC Europe tutte lepubblicazioni future e, in partico-lare, i sommari delle Riviste pe-riodiche prima dell’uscita di ciascunnumero. Su richiesta specifica,ogni associazione invierà ad UNIA-PAC Europe i testi integrali degli

articoli pubblicati su ciascun nu-mero delle Riviste.

RAPPORTI CON LA CONFERENZA EPISCOPALE ITALIANA

• L’UCID Nazionale ha parteci-pato a tutte le riunioni dell’UfficioNazionale per i Problemi Sociali e ilLavoro della Conferenza Episcopa-le Italiana. Ha partecipato anche atutte le riunioni della Consulta.

• L’UCID Nazionale ha parteci-pato a due incontri del Comitatoscientifico e organizzatore delleSettimane Sociali dei Cattolici Ita-liani che si sono tenuti a Treviso agennaio 2007, a Roma a febbraio,a Bari nel mese di maggio.

RAPPORTI CON GLI ALTRI ENTI E ASSOCIAZIONI

• L’UCID Nazionale ha parteci-pato a gennaio scorso a un in-contro organizzato dal ConsiglioNazionale delle Associazioni Lai-cali per la programmazione delleattività nel nuovo anno.

ATTIVITA’ATTIVITÀPRESIDENZA NAZIONALE

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Ancona Ascoli Piceno-S.Benedetto

AstiBellunoBergamoBiellaBolognaBolzanoBresciaBrescia-Manerbio

Brescia -Valle Camonica

Busto Arsizio-Valle Olona

Alto MilaneseCaltanissettaCatanzaroCivitavecchiaComoCosenzaCremaCremonaFermoFerraraFidenza

FirenzeForlí-CesenaFrosinoneGenovaGorizia-Monfalcone

La SpeziaLatinaLeccoLodiMacerataMantovaMateraMilanoMonzaNapoliNovaraPadovaParmaPaviaPesaroPiacenzaPordenonePotenzaRavennaReggio CalabriaReggio Emilia

RiminiRomaRovigoSalernoSavonaSondrioTeramoTigullioTivoliTolmezzoTorinoTrentoTreviglioTrevisoTriesteUdineUgentoVareseVenezia-MestreVercelliVeronaVibo ValenziaVicenzaVigevano Rep. S. Marino

Le Sezioni Provinciali e Diocesane

16 Gruppi Regionali74 Sezioni Provinciali e Diocesane4.000 Soci

Gruppo Regionale LombardoGruppo Interregionale Piemonte e Valle d’AostaGruppo Regionale LigureGruppo Regionale Trentino Alto AdigeGruppo Regionale VenetoGruppo Regionale Friuli Venezia Giulia Gruppo Regionale Emilano RomagnoloGruppo Regionale ToscanoGruppo Regionale MarchigianoGruppo Regionale UmbroGruppo Regionale LazioGruppo Regionale CampanoGruppo Interregionale Abruzzo MoliseGruppo Regionale BasilicataGruppo Regionale CalabroGruppo Regionale Siciliano

I Gruppi Regionali

UCID 2007

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TAR. ASSOCIAZIONI SENZA FINI DI LUCRO: POSTE ITALIANE S.P.A. - SPEDIZ. IN ABBON. POSTALE - D.L. 353/2003 (CONV. IN L. 27/02/2004 N° 46) ART. 1, COMMA 2, DCB PADOVA

Unione Cristiana Imprenditori DirigentiPresidenza Nazionale - Via Di Trasone 56/58, 00199 RomaTel 06 86323058 - fax 06 86399535 - e.mail: [email protected]