tecnologie per i beni culturali rcheomatic

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rivista trimestrale, Anno XIII - Numero 1 marzo 2021 Tecnologie per i Beni Culturali ArcheomaticA ARCHEOLOGIA FORENSE WEBGIS CULTURALE E PAESAGGISTICO AUGMENTED HERITAGE MULTIMEDIALITÀ ALLE TERME DI DIOCLEZIANO www.archeomatica.it S CZZZZZZ D IGITALIZZAZIONE 3D

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rivista trimestrale, Anno XIII - Numero 1 marzo 2021

Tecnologie per i Beni Culturali

ArcheomaticA

ArcheologiA Forense

Webgis culturAle e PAesAggistico

Augmented heritAge

multimediAlità Alle terme di diocleziAnowww.archeomatica.it

sczzzzzz

digitAlizzAzione 3d

EDITORIALE

In questo numero di Archeomatica scopriamo o ricordiamo, attraverso i suoi autori nelle diverse applicazioni, alcune abilità e facilitazioni che la georeferenziazione, la modellazione 3D, il rendering, la realtà aumentata e infine l’intelligenza artificiale consentono di svolgere in parziale automazione,

ma che in tempi ancora recenti erano considerate una prerogativa della mente umana, anche geniale, enimigmistica, su base neuronale, abbastanza rara e parte consistente di una formazione

professionale. Ritrovare le persone, ricostruire un oggetto prezioso disperso, identificare un territorio attraverso i suoi mutamenti, ripristinare in anastilosi virtuale un sito storico o archeologico perfino invisibile all’occhio umano e anche isolare un virus sono tutti traguardi raggiungibili con la rapidità di un test dalla potenza d’immagazzinamento di una banca dati computerizzata in uno smartphone. Per una rivista che si addentra nella studio e nella ricerca tecnologica di beni culturali è immediato chiedersi a che punto sia il riconoscimento fotografico. Una tecnica fondamentale nel recupero degli

oggetti d’arte dispersi, distrutti, smarriti, rubati o anche solo esportati o ritrovati nel tentativo di andare incontro ad un mercato e ad un’offerta migliore per chi voglia valorizzare una risorsa economica peculiare al paese, turisticamente forse il più sviluppato al mondo, se si eccettua lo

sforzo di valorizzazione compiuto dagli Stati Uniti, sul piano degli acquisti di opere d’arte: proteggere un pezzo della storia e l’interesse di beni che ancora possono essere privati. Debbano cioé poter

appartenere ad un individuo e ad ogni individuo in una comunità quanto estesa, che possa e voglia mantenerlo proprio perché intrinsecamente, per definizione, non solo superfluo e sregolato, quanto utile e fruibile. A questo scopo esiste dal 1968 in Italia, come tutti sanno, il Nucleo di Tutela delle opere d’arte, che si avvale, nei ritrovamenti, di una banca dati di centinaia di migliaia di oggetti d’arte spariti che consente di identificarli nell’eventualità di una loro destinazione fortuita, con

tecnologie di documentazione del bene analoghe a quelle delle banche dati amministrative regionali e del Ministero della Cultura, che devono intervenire conservativamente in ogni casualità di rischio e misconoscenza del suo stato di degrado relativo, non solo in caso di calamità, come avvenuto nel

territorio delle Marche, e illustrato in questo numero fino alla realtà di crollo totale degli edifici di un quartiere, ma nello svolgersi di eventi e nella routine dell’alta frequentazione. Non è detto, infatti, che un museo che non apra al pubblico conservi al meglio le sue opere: fra i casi di dispersione di

oggetti artistici ci sono anche quelle di abbandono della memoria. A questo proposito, è esemplare il lavoro svolto dal Museo delle Terme di Diocleziano, un museo a giardino non solo affollato dai

visitatori, ma sempre bersagliato dalle mire di turisti in caccia di souvenirs su commissione. In questo numero, con il rifacimento della banca dati del Louvre, che ora si presenta on line autonomamente

dalle banche dati nazionali Atlas e Joconde in una veste nuova, più virtuale, più dedicata alla fruizione in dettaglio, anche competitiva con i musei statunitensi, è importante accennare qui che l’ICCD,

ha a sua volta sviluppato on line un nuovo interfaccia del Catalogo Generale dei Beni Culturali che consente l’identificazione, per un pubblico non necessariamente colto o introdotto alle dinamiche

computerizzate con App su smartphone implementate, di oltre un milione di schede di opere d’arte che costituiscono il patrimonio protetto dallo stato italiano, un sistema che a partire dagli anni

Settanta ha conosciuto innumerevoli rivoluzioni di tecnologie di archiviazione, sempre fondate sugli stessi principi costituzionali di fruibilità pubblica, ma anche di smart working per ricercatori, DAD, disabili e turisti. Tutti sanno che l’Intelligenza Artificiale riconosce una fotografia marcata ed è in

grado di intercettarla in qualsiasi banca dati connessa, molto pochi ancora sono addentrati, viceversa, nella simulazione ottenibile da una fotografia, perfino da una stampante 3D, di colori e di valori tattili o uditivi, percettivi, nel senso più ampio, dell’oggetto artistico fino alla sua sofisticazione materiale, prima di tutto dell’immagine in rete: la tentazione di Instagram è forse il campione di questa presa di realtà della vita artistica della fotografia con sue regole di riconoscimento estetico. Nel saggio

L’opera d’arte nella sua riproducibilità tecnica (1935) Walter Benjamin consolidava la fotografia in bianco e nero, esaltatane la valenza simultanea di cronaca ed arte, come strumento di studio nella sua pretesa di obbiettività, una volta giunta alla stampa tipografica. Naturale che un dipinto, come accaduto all’Ecce homo tolto di recente all’Asta di Ansorena a Madrid, per entrare nell’attualità, non venga immediatamente riconosciuto nella fotografia in bianco e nero pubblicatane da Roberto

Longhi su Paragone nel 1954, dicendolo derivazione dall’Ecce homo di Palazzo Bianco a Genova, che per primo attribuiva a Caravaggio; inaspettato invece che il valore irrisorio di base d’asta del quadro

seicentesco, si dice 1500 euro, sia massificato al punto tale da raggiungere appena la quotazione che avrebbe la sua fotografia originale, pubblicata da Longhi, fra i collezionisti e gli amatori. Forse solo questo dovrebbe far riflettere, attraverso la linea, su quanti e quali fossero i grandi artisti del Seicento, anche italiani, che gli storici successivi riconobbero pari a Caravaggio, tanto da ingannare

l’alta risoluzione.

Buona lettura,Francesca Salvemini

tecniche di riconoscimento FotogrAFico

DOCUMENTAZIONE6 Il Tesoro di Sant’Eufemia

rinasce in 3D - Esempio di digitalizzazione di reperti non direttamente fruibili

di FrAncesco lA troFA, gAbriele

simonettA, FeliciA VillellA

16 Multimedialità alle Terme di Diocleziano 2010-2020: 10 anni di esperienze al Museo Nazionale Romano di cArlottA cAruso

direttore

Renzo CaRluCCi

[email protected]

direttore resPonsAbile

MiChele Fasolo

[email protected]

comitAto scientiFico

annalisa CipRiani, MauRizio FoRte,BeRnaRd FRisCheR, Giovanni ettoRe GiGante, MaRio MiCheli, steFano Monti,FRanCesCo pRospeRetti, MaRCo RaMazzotti, antonino saGGio, FRanCesCa salveMini, RodolFo MaRia stRollo

redAzione

MaRia ChiaRa spezia

[email protected]

liCia RoMano

[email protected]

valeRio CaRluCCi

[email protected]

luCa papi

[email protected]

ArcheomaticA

L'immagine di copertina di questo numero è composta da un insieme di figure estratte dell'articolo "Il Tesoro di Sant'Eufemia rinasce in 3D", che raffigurano il processo di digita-lizzazione del diadema. Si tratta della vista assonometrica del risultato della mappatura unwrap, dell'incremento di dettaglio sulla ge-ometria di base e della selezione dei dettagli aggiuntivi del diadema.

Tecnologie per i Beni Culturali Anno XIII, N° 1 - MARZO 2021

IN QUESTO NUMERO

Archeomatica, trimestrale pubblicata dal 2009, è la prima rivi-sta italiana interamente dedicata alla divulgazione, promozio-ne e interscambio di conoscenze sulle tecnologie per la tutela, la conservazione, la valorizzazione e la fruizione del patrimo-nio culturale italiano ed internazionale. Pubblica argomenti su tecnologie per il rilievo e la documentazione, per l'analisi e la diagnosi, per l'intervento di restauro o per la manutenzione e, in ultimo, per la fruizione legata all'indotto dei musei e dei parchi archeologici, senza tralasciare le modalità di fruizione avanzata del web con il suo social networking e le periferiche "smart". Collabora con tutti i riferimenti del settore sia italia-ni che stranieri, tra i quali professionisti, istituzioni, accade-mia, enti di ricerca e pubbliche amministrazioni.

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RUBRICHE 32 AZIENDE E

PRODOTTI Soluzioni allo Stato

dell'Arte

35 RECENSIONE

36 AGORÀ Notizie dal mondo delle

Tecnologie dei Beni Culturali

42 EVENTI

22 Un sistema Web-GIS dei Beni di Interesse Culturale e Paesaggistico nelle Marche di AnnAlisA conForti, gioVAnni

issini, cAmillA tAssi, sArA trottA,

luigi Federico d’Amico, eVA sAVinA

mAlinVerni

28 L'Archeologia Forense e la Ricerca di Persone Scomparse

di P. m. bArone

diFFusione e AmministrAzione

tatiana iasillo

[email protected]

MediaGeo soC. Coop.via palestRo, 9500185 RoMa

tel. 06.64.87.12.09Fax. 06.62.20.95.10www.archeomatica.it

Progetto grAFico e imPAginAzione

daniele CaRluCCi

[email protected]

editore

MediaGeo soC. Coop.Archeomatica è una testata registrata al Tribunale di Roma con il numero 395/2009del 19 novembre 2009 ISSN 2037-2485

stAmPA

system grAPhic srl

ViA di torre sAntA AnAstAsiA 61 00134 romA

condizioni di AbbonAmentoLa quota annuale di abbonamento alla rivista è di € 45,00. Il prezzo di ciascun fascicolo compreso nell’abbonamento è di € 12,00.Il prezzo di ciascun fascicolo arretrato è di€ 15,00. I prezzi indicati si intendono Iva inclusa.Per abbonarsi: www.archeomatica.it

Gli articoli firmati impegnano solo la responsabilità dell’autore. È vietata la riproduzione anche parziale del contenuto di questo numero della Rivista in qualsiasi forma e con qualsiasi procedimento elettronico o meccanico, ivi inclusi i sistemi di archiviazione e prelievo dati, senza il consenso scritto dell’editore.

data ChiusuRa in Redazione: 20 apRile 2021

Science & Technology Communication

Science & Technology Communication

una pubblicazione

bmtA 43

codeVintec 39

esri 44

geomAx 26

gter 35

hubstrAct 27

nAis 21

PlAnetek 2

teoremA 42

INSERZIONISTI

6 ArcheomaticA N°1 marzo 2021

DOCUMENTAZIONE

il tesoro di sAnt’euFemiA rinAsce in 3d esemPio di digitAlizzAzione di rePerti non direttAmente Fruibili

I risultati ottenuti dalla ricerca proposta mirano ad ampliare l’offerta culturale dei tra-

dizionali istituti della cultura. Nell’ottica di un continuo ag-giornamento dei contenuti e in relazione anche alle recenti re-strizioni imposte dall’emergenza sanitaria, è apparso indispen-sabile dotare i piccoli e grandi musei italiani di ogni strumento che possa favorire la fruizione dei beni al di là della chiusura fisica dei suddetti luoghi, oltre che considerare quei casi in cui i reperti non possano essere di-rettamente fruibili a causa di in-numerevoli variabili.Il lavoro nasce da una esigenza iniziale che ben si sposa con la recente situazione imposta al si-stema museale nazionale: il caso studio del Tesoro di Sant’Eufe-mia. Scoperto alla fine del XIX seco-lo in circostanze non del tutto chiare, rappresenta un unicum sia per la tipologia dei reperti inclusi nella collezione sia per la vicenda legata alla vendita del Tesoro per il British Museum di Londra che ha privato, in tempi non sospetti, di un gruppo di re-perti unici nel loro genere il Mu-seo archeologico Lametino, sito a Lamezia Terme in provincia di Catanzaro.Il gruppo di gioielli in oro del periodo magnogreco rappresen-ta un ritrovamento eccezionale, testimone delle maestranze ora-fe del tempo e della ricchezza del popolo che ha abitato questi luoghi: la possibilità di visionare in situ una simile testimonianza andrebbe non solo a beneficio del sistema museale ma di tutto il turismo culturale e accademi-co che si genererebbe di riflesso.

di Francesco La Trofa, Gabriele Simonetta, Felicia Villella

Gli strumenti digitali consentono di ripensare

radicalmente i modelli di fruizione museali, grazie alla

possibilità di arricchire le collezioni degli istituti della

cultura e generare nuove esperienze per il pubblico.

Facendo riferimento al caso studio del Tesoro di

Sant’Eufemia, un gruppo di gioielli in oro di epoca

ellenistica rinvenuti fortuitamente in Calabria verso la

fine dell’Ottocento, oggi conservato presso il British

Museum di Londra, si è sperimentato un processo di

ricostruzione tridimensionale del reperto principale, il

diadema, attraverso l’elaborazione delle sole immagini

disponibili in archivio.

Fig. 1 – Il tesoro di Sant’Eufemia, immagine d’archivio.

Tecnologie per i Beni Culturali 7

Secondo le premesse è apparso, quindi, chiaro come punta-re l’attenzione a reperti del genere prospetterebbe un otti-mo risultato sia dal punto di vista scientifico, permettendo di riprodurre la collezione potendone studiare le fattezze e la lavorazione, sia da un punto di vista della fruizione, allargando la possibilità al museo stesso di dedicare parte di una delle sale alla sezione didattico-tattile, allineandosi con il processo di inclusione totale a cui il sistema museale nazionale sta via via implementandosi, oltre che di un re-parto dedito alla realtà aumentata.Per queste ragioni, lo studio ha usato una serie di immagi-ni di archivio gratuitamente accessibili sul sito ufficiale del British Museum per produrre una ricostruzione del diadema del Tesoro, il pezzo maggiormente evocativo dell’intera col-lezione; riservandosi in futuro l’ampliamento della ricostru-zione all’intera collezione di ori.

LA COLLEZIONE: ANAMNESIIl Tesoro di Sant’Eufemia è costituito da un gruppo di gioielli in oro: un diadema, una lunga collana con protomi leonine e un pendente in oro a castone ovale, un terminale di collana, sei catenelle con tre pendenti probabilmente montate in origine con il pendente ovale, un frammento di catenina, un pendente a protome femminile bifronte, tre terminali di orecchini con protomi femminili, un anello scarabeo, un anello ovale con busto di Atena, sei lamine probabilmente con funzione di cintura, sei pendenti per collana insettifor-mi, due dischi e una moneta in bronzo con Persefone che, a causa della sua datazione, potrebbe non essere direttamen-te collegata al Tesoro.Le circostanze sul ritrovamento risentono fortemente sia delle modalità attraverso cui le testimonianze ci arrivano sia perché in più punti le dicerie si fondono con i fatti real-

Fig. 3 - Photo gallery d'archivio: immagini selezionate per la ricostruzione 3D.

mente accaduti: i documenti tramandano che un gruppo di gioielli sarebbe stato rinvenuto nei primi giorni di aprile del 1865 in seguito ad una pioggia di notevole entità in un ulive-to nei pressi del quartiere odierno di Sant’Eufemia Vetere, ai piedi di un fondo detto Elemosina, raccolti da Giovanni Giudice mentre era alla ricerca di legna. Lo stesso si sareb-be fatto abbindolare da una coppia di compaesani convin-cendolo a portarli sul luogo del ritrovamento, perpetuando la ricerca tanto da rinvenire anche ceramiche e resti di ossa umane, il cui valore non è stato assolutamente compreso. Questi ultimi vennero consegnati al custode del fondo di proprietà di Pasquale Francica, il quale continuò la ricerca, portando alla luce ulteriori monili in oro che spezzettò per rivendere ad un orefice locale.

Fig. 2 – Il tesoro di Sant’Eufemia: il diadema.

8 ArcheomaticA N°1 marzo 2021

Solo alcuni mesi dopo il proprietario del fondo venne a co-noscenza dei fatti e cercò di recuperare il tesoro o quello che ne rimaneva: parte in realtà era già stato fuso.Vent’anni più tardi un erede della famiglia Francica, Anto-nio, fece pubblicare un catalogo per la vendita del tesoro sorbendo il successo desiderato, tanto che un antiquario romano, Vincenzo Vitalini, lo acquistò per rivenderlo poi al British Museum nel 1896; anche se solo nel 1985 l’anello scarabeo entrò nell’entourage londinese dopo aver soggior-nato in tre collezioni private. I documenti che giungono fino ai giorni nostri sono stati sot-toscritti dal sindaco di Gizzeria, di Sambiase e di Nicastro, oltre che da Antonio Francica; si tratta di versioni che pre-sentano sfumature differenti e che consentono di quantifi-care da un punto di vista materiale a quanto ammontasse l’intero tesoro ritrovato, oltre che alludere alla possibilità che il sito indagato coincidesse con il sepolcro del tiranno Agatocle, ivi sepolto con la sua armatura, come testimonia-to da una moneta bronzea che riportava l’incisione Agatocle Basileo, oggi non pervenuta.

GLI STUDI ARCHEOLOGICI E LO STATO DELL’ARTELo studio ha volto la sua attenzione sul pezzo più rappre-sentativo della collezione: il diadema aureo. Si tratta di una lunga fascia in lamina d’oro saldata ad un frontone triango-lare; la fascia presenta una scanalatura tripartita, ciascuna delle scanalature presenta una ulteriore tripartizione e tre gruppi di cerchi punzonati; le estremità, infine, presentano due ganci a spirale. Sia il frontone che la lamina sono ric-camente decorati da volute floreali simmetriche composte sia da spirali perlinate che steli lisci: è possibile individuare anche la tipologia floreale proposta, piccole rose e fiori a calice. La parte apicale del frontone presenta una figura antropomorfa, forse il titano Elio, oppure una figura apotro-paica, una testa di Gorgone. La presenza di diversi decori che riconducono alla spirale ha permesso di identificare questa decorazione come tratto distintivo di più pezzi della collezione, portando gli studiosi del settore a ipotizzare un unico maestro orafo che avrebbe realizzato tutti i monili, denominato nei cataloghi Maestro di Sant’Eufemia, il quale li avrebbe realizzati tra il 330 e il

300 a. C.; ipotesi sostenuta anche dal ritrovamento nelle vicinanze dell’hydria in località Cerzeto, una ceramica ric-camente decorata che riporta tra le sue figure decorazioni riconducibili agli ori, oggi conservata tra le sale del Museo archeologico Lametino.È curioso notare, inoltre, che il diadema presenta una ripa-razione antica, quindi si tratta di un gioiello usato realmen-te in vita dal suo possessore.Gli studi degli ori della Magna Grecia aprono un settore par-ticolarmente battuto e rimandano senza ombra di dubbio agli Ori di Taranto esposti nel Museo archeologico della cit-tà. Il design dei gioielli, così come lo definiremmo oggi, è am-piamente omogeneo tra i ritrovamenti delle colonie della Magna Grecia, questo lascia intendere la presenza di pochi centri di produzione orafa, uno tra questi potrebbe proprio essere quello del Maestro di Sant’Eufemia attivo sul finire del IV secolo a. C. e che si va ad affiancare ai grandi centri produttivi come quello di Ginosa, di Crispiano e di Canosa. Un’altra teoria vuole che l’intera collezione, riconducibi-le sì ad un unico artigiano, provenga, invece, proprio dai maggiori centri di produzione pugliese.

LA FRUIZIONE DEI REPERTI MUSEALI TRA ESPERIENZA FISICA, VIRTUALE ED IBRIDALa digitalizzazione delle collezioni museali apre allo sviluppo di nuove esperienze multisensoriali per allestimenti multi-mediali ed interattivi in presenza in grado di coinvolgere il pubblico: dalle gallerie interattive delle opere digitali fino alle applicazioni in realtà aumentata per aggiungere informazioni contestuali all’allestimento fisico.Allo stesso modo, i tour virtuali consentono di raggiungere online un pubblico altrimenti impossibile da coinvolgere, sia come alternativa ad una visita tradizionale il cui accesso è in-terdetto, sia quale efficace strumento di marketing, in grado di aumentare la popolarità dell’istituzione e dell’offerta mu-seale.Il lockdown ha segnato un crollo drammatico degli ingressi, quantificabili oltre il 70% per la maggior parte dei principali musei, a partire dal Louvre, che secondo alcune stime avreb-be perso circa 90 milioni di euro soltanto nel corso del 2020,

Fig. 4 - Creazione della geometria di base. Vista planimetrica e laterale del cilindro di proiezione.

Tecnologie per i Beni Culturali 9

bilanciati soltanto in parte da 46 milioni di ristori previsti dal governo francese.Tuttavia, i lockdown hanno indubbiamente accelerato il per-corso di digitalizzazione in ambito museale, sino a quel mo-mento esplorato soltanto in via marginale. Particolarmente si-gnificativi i risultati fatti registrare dal Museo Egizio di Torino. Pur a fronte di un calo di visitatori del 72%, dovuto al periodo limitato di apertura (solo 185 giorni su 365) e del limitato af-flusso turistico verso il capoluogo piemontese: il museo torine-se ha registrato oltre un milione di visite virtuali attraverso la produzione di nuove esperienze. In particolare, le “Passeggia-te con il direttore”, hanno consentito agli spettatori virtuali di visitare le sale del Museo Egizio con la guida autorevole di Christian Greco. La particolarità del format, costituito da due ore di visita e trenta minuti di interazione diretta tra il pub-

blico e l’egittologo ha riscosso un grande successo anche dal punto di vista commerciale. Tra le numerose iniziative digitali, il Museo Egizio ha prodotto una visita virtuale della mostra “Archeologia Invisibile”, che vede il contributo di numerose tecnologie 3D, che vanno dalla scansione del reperto alle TAC per analizzare in maniera non distruttiva il materiale archeolo-gico. L’allestimento prevede sia ricostruzioni virtuali in 3D che la riproduzione in scala 1:1 dei gioielli e dei monili perfetta-mente conservati all’interno di una coppia di sarcofagi. Gli strumenti digitali, quindi, consentono di creare nuovi for-mat per valorizzare gli asset museali in moltissimi modi. La digitalizzazione delle collezioni costituisce inoltre una notevo-le opportunità per rendere finalmente accessibili al pubblico l’intero patrimonio artistico e culturale che giace nei depositi, non trovando spazio nelle sale espositive.

Fig. 5 - Vista assonometrica. Risultato della proiezione della foto sulla geometria di base.

Fig. 6 - Vista assonometrica. Selezione dell’area di interesse geometrico e creazione dei vincoli geometrici.

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Se gli effetti e le limitazioni della pandemia Covid-19 hanno proposto il modello di fruizione virtuale quale unico real-mente disponibile durante le fasi più dure dei lockdown, l’attesissimo new normal dovrebbe fare tesoro delle espe-rienze digitali per riprogrammare i modelli di business nella direzione di sfruttare le tecnologie digitali per valorizzare nel modo migliore tutte le collezioni e le risorse di cui i mu-sei dispongono, sia in presenza, con allestimenti innovativi, che online, grazie alle potenzialità dei tour virtuali e alla generazione di nuovi contenuti multimediali, capaci di rac-contare storie di straordinario valore ed interesse.

LA DIGITALIZZAZIONE DELLE FONTI INDIRETTELa disponibilità fisica del reperto consente vari approcci strumentali per creare il suo equivalente digitale, che nel caso della scansione 3D consente di ricostruire un modello 3D metrologicamente fedele all’originale. Una collezione virtuale o una collezione ibrida, costituita in parte da reperti fisici e in parte digitali costituisce una base di offerta poten-zialmente molto efficace per sviluppare nuove esperienze museali. In questo contesto rientrano anche quelle opere che non sono fisicamente disponibili per un’operazione di rilievo diretto. Si pensi a reperti conservati altrove o andati irrimediabilmente perduti.Dal punto di vista tecnologico, l’obiettivo della presen-te ricerca è incentrato nella sperimentazione di un meto-do capace di ricreare un modello 3D il più fedele possibile ad un elemento non disponibile, attraverso l’impiego delle sole fonti indirette: le immagini del diadema del Tesoro di Sant’Eufemia.Lo spunto per questo approccio è derivato dal progetto Rekrei, dove il crowdsourcing delle immagini disponibili in rete ha consentito ad un team di ricostruire, grazie alla fo-togrammetria 3D, una serie di modelli digitali dei reperti compromessi dalla furia iconoclasta dell’ISIS durante la sua occupazione in Siria e nei luoghi settentrionali dell’Iraq.

In particolare, la sperimentazione sul diadema ha consentito di provare delle alternative di metodo per riprodurre digital-mente un modello che, pur limitato nelle sue dimensioni, ri-sulta particolarmente complesso per via della sua morfologia e della varietà materica da cui è composto.In questo caso, le immagini disponibili non erano certamen-te sufficienti per completare con successo un processo rico-struttivo basato sulla fotogrammetria 3D, per cui si è prefe-rito procedere nella costruzione delle reference su cui impo-stare una modellazione from scratch, basata sul ricalco delle varie proiezioni ortogonali ricavate a partire dalle immagini.Se affrontato da un modellatore 3D dotato di competenze ed esperienza, oltre al supporto di uno studioso in grado di identificare con certezza, o con la maggior precisione pos-sibile le caratteristiche delle varie parti del reperto origi-nale, questo metodo può costituire un’ottima opportunità per creare delle collezioni digitali utili a tutte le circostanze in cui non è fondamentale una precisione metrologica ma è sufficiente un’elevata identità visiva.Il modello 3D full color texturizzato può essere utilizzato per la generazione di immagini, video, contenuti multimediali interattivi ed esperienze immersive (AR, VR). Allo stesso modo è possibile realizzare copie fisiche ad alta risoluzione grazie alla combinazione di varie tecnologie di stampa 3D con sistemi di produzione tradizionale, in grado di riprodurre le forme e i materiali previsti, reinterpretando con l’artigia-nato digitale lo stesso approccio che avrebbe avuto l’artigia-no orafo del tempo per ottenere, anche in questo caso, un’i-dentità visiva soddisfacente rispetto al reperto originale.Una ulteriore opportunità che la ricostruzione digitale ba-sata sulle fonti indirette può consentire è la creazione dei modelli tattili. In questo caso l’identità visiva non costitui-sce, per ovvie ragioni, il requisito principale, mentre risulta auspicabile reinterpretare il modello originale per garantire al pubblico ipovedente un modello digitale dove sia semplice riconoscere in modo corretto le differenze tra le varie parti dell’oggetto, oltre alla percezione del suo insieme.

Fig. 7 - Vista frontale dell’editor di mappatura Unwrap. La foto viene deformata fino a farla coincidere con la geometria.

Tecnologie per i Beni Culturali 11

Fig. 8 - Vista assonometrica del risultato della mappatura Unwrap.

Fig. 9 - Vista assonometria dell’incremento di dettaglio sulla geometria di base.

Fig. 10 - Selezione dei dettagli aggiuntivi.

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RICREARE UNA COLLEZIONE DIGITALE IN 3D:IL DIADEMA DEL TESORO DI SANT’EUFEMIALa ricostruzione di un qualsiasi bene parte sempre da una solida base di reference, necessarie per definire tutte le caratteristiche geometriche e/o materiche dell’oggetto. Da questa fase dipende la fedeltà di ricostruzione e il grado di approssimazione con il quale l’oggetto viene restituito nella sua versione virtuale.La ricostruzione from scratch è una ricostruzione geometri-ca manuale basata sul posizionamento ad hoc di reference fotografiche sul piano di lavoro digitale. Questo metodo si basa sul principio delle proiezioni ortogonali, per cui avendo almeno due foto dell’ oggetto, una frontale e una laterale, è possibile definirne l’ingombro generale e le sue proporzioni di massima. Nel caso del diadema, non è stato possibile ottenere questo tipo di informazioni, per cui è stato necessario definire un metodo alternativo per la ricostruzione. Oltre all’impiego delle fonti fotografiche d’archivio, le altre informazioni uti-

lizzate per la ricostruzione sono le misurazioni effettuate da studi precedenti: l*p*h e geometria sottesa di base. Per la ri-costruzione è stato utilizzato il software Autodesk 3DS MAX, dotato di strumenti che consentono di ricostruire oggetti tri-dimensionali partendo, appunto, da photo reference.Definiti gli ingombri, lo step successivo è stato quello di pro-iettare la foto reference sulla geometria appena creata, tra-mite mappatura Unwrap. Questa operazione, che consente di deformare la foto sulla geometria stessa, ci permette di dettagliare e “bloccare” per step successivi alcuni punti cardine del diadema.Una volta originata la geometria di base è possibile con-centrarsi sulla ricostruzione dei dettagli del reperto. Analiz-zando e studiando approfonditamente il diadema sono stati riscontrati due livelli di dettaglio: uno di tipo geometrico e uno di tipo ornamentale. Per la ricostruzione dei dettagli geometrici si è proceduto, in primis, alla ricostruzione tramite gli strumenti “taglio ed estrusione” della geometria.

Fig. 11 – (a) Foto originale da archivio, (b) Foto convertita in bianco e nero, (c) Incremento del contrasto per la definizione dei dettagli.

Tecnologie per i Beni Culturali 13

Data la grande ricchezza dei dettagli, in relazione alla docu-mentazione disponibile, è sin da subito emersa la comples-sità nel riuscire a definire tutti i decori tramite un processo di ricostruzione geometrica. Per questo motivo si è scelto di provare un primo passaggio, con l’estrusione dei dettagli tramite mappa, con una tecnica nota col nome di displace. Il metodo consiste nel generare un’estrusione della geome-tria attraverso un gradiente bianco e nero di una generica mappa: il nero per il software rappresenta informazione 0, mentre il bianco informazione 1. Partendo da questo princi-pio il lavoro è stato quello di convertire la foto di riferimen-to in B/N e successivamente, tramite strumenti di editing foto, è stato possibile contrastare l’immagine fino ad otte-nere una buona visibilità dei dettagli.In seguito all’ottenimento della mappa di riferimento, è stata aumentata la definizione della geometria e, in displa-ce, definito il grado di intensità dei dettagli presenti sul diadema.Gli ultimi elementi mancanti per completare il modello sono i decori floreali presenti sui lati e l’effige antropomor-fa posizionata sull’asse di simmetria. Per la ricostruzione di questi elementi è stata sufficiente una semplice ricostruzio-ne geometrica da reference fotografica.Il risultato ottenuto consente di avere un modello digitale del reperto utile per un approfondimento degli studi. Dal punto di vista della modellazione 3D, il soddisfacente esi-to della ricostruzione geometrica consente di procedere e definire ulteriormente il livello di dettaglio dell’apparato decorativo, con una serie di ipotesi alternative, utili a valu-tare, caso per caso, quale sia la soluzione più idonea per le varie situazioni che si prospettano.

CONCLUSIONIScopo dello studio è quello di dimostrare come sia possibile arricchire le collezioni museali degli istituti della cultura usufruendo delle più recenti tecniche di ricostruzione 3D.

Il caso studio in esame si riferisce al Tesoro di Sant’Eufemia, un gruppo di gioielli in oro di epoca magnogreca rinvenuti in Calabria, conservati nel British Museum di Londra. Il lavoro, nello specifico, si è incentrato sulla ricostruzione tridimen-sionale del diadema della collezione attraverso l’elabora-zione delle sue immagini di archivio. Per la ricostruzione tridimensionale è stato utilizzato il sof-tware Autodesk 3DS MAX. Tale software è dotato di stru-menti che consentono di ricostruire oggetti tridimensionali da photo reference. La procedura, nel caso di ricostruzione da foto di archivio, è totalmente manuale. Non si tratta, infatti, di ricostruzione da rilevazione diretta (che consente di ricorrere a tecniche tramite fotogrammetria o rilevazio-ne grafica 3D), ma di ricostruzione manuale tramite defor-mazione delle immagini e conseguente ricostruzione della mesh. Definita la geometria di base, si è proceduto successivamen-te alla proiezione dei dettagli sulla mesh per la ricostru-zione degli stessi tramite deformazione della geometria da foto.Il risultato ottenuto ha carattere del tutto preliminare e dimostrativo: le immagini prodotte sono il principio di una serie di declinazioni che permetterebbero di ampliare le applicazioni di fruizione di un bene: dalla possibilità di re-alizzare materialmente il diadema attraverso l’ausilio della stampa 3D e di aprirsi al mondo del tattile secondo il prin-cipio dell’inclusione totale, all’uso della realtà virtuale im-mersiva e della realtà aumentata per una esperienza diretta e di interazione con i contenuti, al passo con le aspettative dei visitatori attuali. Il fine ultimo è quello di permettere di inserire all’interno delle collezioni museali reperti non fruibili direttamente, sia perché esposti in luoghi differenti rispetto a quello del ritrovamento, sia perché di particolare pregio e soggetti a maggiori restrizioni.

Fig. 12 – (a) Mesh di base definitiva. Esempio di proiezione della mappa di displace con intensità pari a zero; (b) Mesh di base definitiva. Esempio di proiezione del-la mappa di displace con intensità pari 0,001 cm; (c) Mesh di base definitiva. Esempio di proiezione della mappa di displace con intensità pari 0,1 cm. Effetto sovra-dimensionato per dimostrazione; (d) Mesh di base definitiva. Esempio di proiezione della mappa di displace con intensità pari 0,04. Valore corretto di applicazione.

14 ArcheomaticA N°1 marzo 2021

Fig. 13 - Mesh di base definitiva. Aggiunta dei dettagli mancanti.

Fig. 14. - Foto (Render 3D) della ricostruzione virtuale del Diadema in modalità Clay.

Fig. 15 - Foto (Render 3D) della ricostruzione virtuale del Diadema.

Tecnologie per i Beni Culturali 15

BiBlioGRaFia C. Gattuso, F. Villella, La Cattedrale di Lamezia Terme (CZ) protocollo di diagnosi: il connubio tra le tecniche 2D per la mappatura del degrado e la ricostruzione 3D dei particolari architettonici del complesso, in Campanella L., Piccioli C., Atti del Convegno Diagnosis of Cultural Heritage (Napoli, NH Ambassador 13-14 Dicembre 2012), Ethos ed., Napoli 2012.De Sensi Sestito G., Mancuso S., Il Lametino antico e Terina-Magna Grecia dall’età protostorica all’età romana, in Mazza F. (ed.), Lamezia Terme. Storia, Cultura, Economia, Rubbettino Editore, Soveria Mannelli 2001, pp. 25-57.Dyfri W. (a cura di), Il tesoro di Santa Eufemia. Gioielli lametini al British Museum, traduzione di Baiocchi M., Donselli ed., Roma 1998.Gaiani M., Benedetti B., Remondino F. (a cura di), Modelli digitali 3D in archeologia: il caso di Pompei, Edizioni della Normale, Pisa 2010.Gattuso C., Gattuso P., Bruno F., Villella F., Marino Picciola R., Scientific methodology for diagnosis and restoration of the church in the complex of Serra San Bruno chaterhouse, in Sciense and tecnology for Cultural Heritage 21 (1-2), Fabrizio Serra Editore, Pisa 2012.Guzzo P. G., Oreficerie della Magna Grecia, Taranto 1993, p. 312 e catalogo.Mancuso S., Il tesoro di Sant’Eufemia: nuovi dati sulla scoperta, in De Sensi Sestito G. (ed.), Fra l’Amato e il Savuto, Studi sul lametino, Tomo II, Rubbettino Editore, Soveria Mannelli 1990, pp. 209-236.Mannarella O., Simonetta G., Celentano D., Lo spazio animato. Videocomunicare l’architettura, in Macrì V., Quistelli C. L. (ed.), Tra presentazione e simulazione, Aracne ed., Reggio Calabria 2010, pp. 74-82.Marshall F. H., Catalogue of Finger Rings, Greek, Etruscan, and Roman, in the Departments of Antiquities, British Museum, London 1907, catalogo.Marshall F. H., Catalogue of the Jewellery, Greek, Etruscan, and Roman, in the Departments of Antiquities, British Museum, London 1911, pp. 38-39 e catalogo.Spadea R, Fonti su un insediamento nella piana di Sant’Eufemia Lamezia (Terina?), in “Klearkos”, XXI, 1979, pp. 5-53.Spadea R., L’area di Piano della Tirena e di S. Eufemia Vetere, in Maddoli G. (ed.), Temesa e il suo territorio, Atti del Convegno di Perugia e Trevi (30-31 Maggio 1981), ISAMG - Istituto per la Storia e l’Archeologia della Magna Grecia, Taranto 1982, pp. 79-89.Spadea R., Prime voci di un abitato in contrada Iardini di Renda (S. Eufemia Vetere), in De Sensi Sestito G. (ed.), La Calabria Tirrenica nell’antichità. Nuovi documenti e problematiche storiche, Atti del Convegno (Rende - Università della Calabria, 23-25 Novembre 2000), Rubbettino Editore, Soveria Mannelli 2008, pp. 413-420.Stanco F., Tanasi D., Privitera S., Reconstructing the Past. Il 3d modeling nella ricerca archeologica, in Bezzi L., Francisci D., Grossi P., Lotto D. (ed.), Open Source, Free Software XXI, 1979, pp. 5-53.Van Den Driessche B., Le trésor de bijouterie de Santa Eufemia, in L’Antiquité Classique, 1973, pp. 552-563.Williams D., Ogden J., Greek Gold. Jewellery of the Classical World, BMP, London 1994.

sitogrAFiAhttps://3dstories.protocube.it/archeologia-3d-invisibile-museo-egizio/https://3dstories.protocube.it/project-mosul-3d/https://knowledge.autodesk.com/it/download https://knowledge.autodesk.com/it/support/3ds-max?sort=score https://mu-seoegizio.it/esplora/mostre/archeologia-invisibile/https://www.artribune.com/arti-visive/2021/01/annata-orribile-musei-pari-gi-louvre/https://www.treddi.com/cms/making-of/making-of-a-day-at-the-sleepy-vil-lage/4832/Photo credit: le immagini del Tesoro di Sant’Eufemia appartengono al British Museum e sono liberamente consultabili al link https://www.britishmuseum.org/collection/object/G_1896-0616-1

AbstrActDigital tools can bring to rethink radically the models of museum use, thanks to the possibility of enriching the collections that can generate new experien-ces for the public. The case study of the Treasury of Sant Eufemia, a group of vintage gold hellenistic jewels, found fortuitously in Calabria towards the late nineteenth century and now preserved in the British Museum in London, has experienced a process of three-dimensional reconstruction through the processing of images usually available only in the storage area of the museum.

PArole chiAVeArcheologiA; musei; digitAle; ricostruzione 3d; documentAzione; tecnologie beni culturAli

AutoreFRanCesCo la tRoFa GaBRiele siMonetta FeliCia villella

[email protected]

16 ArcheomaticA N°1 marzo 2021

di Carlotta Caruso

Dal 2010 a oggi il Museo Naziona-

le Romano alle Terme di Diocle-

ziano ha rinnovato l’allestimento

dei propri spazi e dei propri

musei implementando il ricorso

a nuove e diverse tecnologie. Si

passano in rassegna i principi,

le metodologie messe in atto e

le scelte operate, mettendo in

evidenza i benefici offerti dai

diversi apparati impiegati.

multimediAlità Alle terme di diocleziAno 2010-2020: 10 Anni di esPerienze Al museo nAzionAle romAno

Fig. 1 - 2010: nuovo allestimento per il Museo (al centro l’allestimento della mappa da via Anicia).

Le Terme di Diocleziano sono la sede storica del Museo Nazionale Romano fin dal momento della sua istituzio-ne nel 1889. Il complesso monumentale comprende

non solo le strutture dell’antico stabilimento termale, il più esteso dell’antichità, ma anche parte degli ambienti della Certosa annessa a Santa Maria degli Angeli che, per volere di Papa Pio IV, fu costruita riutilizzando e trasformando le strutture antiche. Oggi la visita comprende, quindi, non solo parte degli spazi delle Terme e della Certosa ma anche due musei: il Museo di Protostoria dei Popoli Latini e il Museo della Comunicazione Scritta dei Romani. Negli scorsi anni, a partire dal 2010, è stato dato il via a una serie di interventi che hanno permesso, da una parte il restauro e la riapertura di alcuni degli ambienti monumen-tali, dall’altra il rinnovamento dell’allestimento del Museo della Comunicazione Scritta dei Romani. In entrambi i casi, nell’elaborazione dei diversi progetti allestitivi, è stato dato notevole incremento al ricorso di strumenti di tipo tecnolo-gico, impiegati per facilitare l’aspetto della comunicazione. La tecnologia non ha sostituito i mezzi tradizionali (didasca-lie e pannelli di sala) ma a questi si è aggiunta integrandoli e divenendo, essa stessa, parte dell’allestimento. Allo stesso tempo, la condizione ideale di progettare contemporane-

amente l’allestimento museografico e la comunicazione di tipo multimediale ha permesso di identificare, di volta in volta, gli apparati e le metodologie più adeguate al singolo caso, tenendo anche conto del progressivo sviluppo delle tecnologie che si è avuto nel corso di quest’ultimo decen-nio.In tutti gli interventi realizzati, le scelte del Museo sono state indirizzate verso apparecchiature semplici e resisten-ti, capaci di lavorare per un elevato numero di ore al giorno (almeno 11), 6 giorni su 7 (escluso quindi il solo giorno di chiusura); si è inoltre cercato di individuare strumenti che non richiedessero aggiornamenti di sistemi e/o frequenti interventi di manutenzione, cercando di ridurre al minimo la possibilità di trovarsi di fronte al desolante spettacolo di un elemento spento o mal funzionante. Un altro requi-sito considerato come indispensabile, soprattutto nei primi interventi che, come si è detto, risalgono a più di 10 anni fa, è stata la facilità di utilizzo, sia da parte del visitatore, sia da parte del personale di vigilanza; nella maggior par-te dei casi, infatti, è questo personale, non specializzato, che deve confrontarsi con le domande del pubblico e con gli eventuali problemi di malfunzionamento. E’ stata data dunque la preferenza ad apparati che richiedessero un’in-

DOCUMENTAZIONE

Tecnologie per i Beni Culturali 17

terazione minima e che presentassero un funzionamento semplice e immediato; non è da trascurare, infatti, che l’attuale familiarità verso apparati digitali, anche di media complessità, è il risultato del rapido sviluppo tecnologico di questi ultimi anni. Il rinnovamento del “Museo Epigrafico” ha privilegiato, in particolare l’aspetto della comunicazione; la ridenomina-zione “Museo della Comunicazione Scritta dei Romani” ave-va l’obiettivo di rendere immediatamente comprensibile l’oggetto dell’esposizione, ritenendo il termine “epigrafi-co” non di uso comune nel linguaggio corrente. L’idea di fondo di questo processo era comunicare in modo più sem-plice e diretto una categoria di reperti che, proprio nella comunicazione, ha la sua ragion d’essere, ossia le iscrizioni. Questo rinnovamento ha preso le mosse proprio dalla prima sala, dove si è scelto non solo di presentare in modo più agi-le la varietà dei reperti ma anche di fornire, fin dall’ingres-so nel Museo, una chiave di lettura con cui affrontare tutti i documenti esposti. I reperti spiegano al visitatore “chi scri-ve”, “cosa si scrive” e “come si scrive” mediante brevissi-me didascalie, scritte a grandi lettere. Per due documenti, tuttavia, le informazioni richiedevano un approfondimento: la cosiddetta mappa di via Anicia e un’iscrizione sepolcrale caratterizzata dalla minuta graffita in scrittura corsiva sul retro della lastra (fig. 1). Entrambi i documenti potevano offrire ulteriori spunti che, con metodi tradizionali, avrebbero richiesto lunghi pannelli esplicativi: si è dunque scelto di affidare questi contenuti a due brevi filmati senza audio. Il primo mostra il rapporto tra la mappa e la più nota Forma Urbis di età severiana, una ricostruzione 3D del tempio raffigurato in pianta e il relativo contesto topografico, mentre il secondo rivela l’immagine della minuta (quasi invisibile data la sottigliezza del tratto) e tutto il processo di preparazione e realizzazione di un’i-scrizione attraverso le riprese video di una scalpellina che, ancora oggi, lavora secondo le tecniche antiche. Per questi video, la scelta del device è ricaduta su una semplice cornice digitale, di quelle comunemente in com-mercio; nello specifico, il modello scelto aveva la massima dimensione all’epoca disponibile sul mercato, 15 pollici, e una risoluzione di 1024 x 768 Pixel. I video sono caricati su una Memory Card che, una volta inserita, attiva la modalità “Auto Slideshow”, scorrendo quindi in loop, senza che sia necessario alcun intervento; anche l’accensione e lo spegni-mento delle cornici si effettuano contestualmente all’illu-minazione del Museo. Dal momento che le cornici dovevano accompagnare dei reperti chiusi in teca, sono state fatte delle prove preliminari per valutare eventuali problemi di surriscaldamento che, tuttavia, non si sono verificati. La semplicità del device è stata però “compensata” dall’alto livello dei filmati, per realizzare i quali sono state utilizza-te raffinate tecnologie: modellazione tridimensionale con camera virtuale, grafica 2D e 3D, e vere e proprie riprese cinematografiche. I video sono molto brevi (al di sotto del minuto) per non costringere l’utente a fermarsi per un tem-po troppo lungo e sono strutturati in modo da catturare l’at-tenzione e trattenerla per il breve tempo necessario; è noto infatti che i visitatori siano spesso infastiditi dalla “forzata” lunga permanenza di fronte a un singolo reperto, anche se il video esplicativo è finalizzato a facilitare la fruizione del reperto stessa. La felice esperienza con questo tipo di apparecchiatura ha portato a servirsi nuovamente di questi strumenti in un suc-cessivo intervento del 2013, la sala 5 del Museo, dove sono esposti reperti provenienti dall’area in antico identificata dal toponimo Curiae Veteres, a breve distanza dal luogo in cui sorgerà il Colosseo. Le complesse vicende dell’area,

Fig. 2 - Sala 5 del Museo: la cornice digitale inserita nella struttura allestitiva.

Fig. 3 - Sala 7: video e story-telling.

dove sorgeva un tempio restaurato a seguito di un incendio dall’imperatore Claudio e poi definitivamente distrutto dal grande incendio neroniano, e, a breve distanza, un piccolo monumento dedicato dai musicisti dell’esercito alla fami-glia imperiale, sono narrate al pubblico da due filmati in modalità esclusivamente visiva. In questo caso, le cornici digitali sono state inserite non in teca ma all’esterno, diret-tamente nella struttura espositiva in lamiera che sostiene i frammenti epigrafici e architettonici rinvenuti nell’area (fig. 2).Ricostruzioni 3D e sequenze filmiche permettono non solo di riconoscere e ricollocare i frammenti in strutture non più esistenti ma anche di riconoscere un luogo noto da monu-menti costruiti successivamente e, al contempo, di identifi-care i personaggi menzionati dalle iscrizioni. Tra il 2010 e il 2013 si conta un ulteriore intervento che si è servito di differenti tipi di tecnologie: nel 2012, infatti, è stata rinnovata la sala 7 del Museo, dedicata all’illustra-zione delle carriere di senatori e cavalieri. Per facilitare la comprensione dell’argomento, che può risultare complesso

18 ArcheomaticA N°1 marzo 2021

a visitatori privi di competenze specialistiche, si è scelto questa volta di ricorrere al mezzo dello story-telling. Sono stati individuati quattro documenti particolarmente rappre-sentativi e su questi sono stati costruiti dei veri e propri bre-vi film, della durata media di 5 minuti: sono dunque gli stes-si protagonisti delle iscrizioni a raccontare le loro carriere e a farne capire le diverse tappe. Le ricostruzioni, realizzate attraverso riprese cinematografiche, con attori reali e voci recitanti sono state affidate, questa volta a computer touch screen che permettono al visitatore la scelta della lingua

Fig. 4 - Sala del plastic con proiezione.

Fig. 5 - Le Terme con gli occhi di Diocleziano.

dell’audio, italiano o inglese. E’ interessante notare come nel 2012 la tecnologia touchscreen fosse ancora talmente poco diffusa che molti visitatori non riuscivano ad avviare i video; l’attivazione, infatti, era conseguente alla scelta della lingua, segnalata da una semplice bandierina. E’ sta-to dunque necessario aggiungere un ulteriore simbolo e la scritta “avvio” e “start” al di sotto delle bandierine stesse. Una tecnologia che si è rivelata di grande interesse è quella impiegata per l’audio: si è infatti fatto ricorso alle cosid-dette “docce sonore”, degli speaker direzionali montati sul soffitto che, proprio come le docce con l’acqua, proiettano il suono dall’alto. Ciò che caratterizza questi apparati è la capacità di diffondere il suono in un raggio estremamente circoscritto, non oltre un paio di metri. In questo modo è possibile permettere a più visitatori contemporaneamente di fruire dei filmati senza disturbi o interferenze (fig. 3). Nel 2014, grazie alla celebrazione del bimillenario Augu-steo, il complesso monumentale delle Terme di Diocleziano ha arricchito la sua offerta culturale restituendo alla pub-blica fruizione oltre 3200 metri quadrati di spazi espositivi. Anche in questo caso sono stati numerosi gli apporti in chia-ve tecnologica. All’interno del Museo, è stata rinnovata la sala dedicata alla magia e alla fonte sacra di Anna Perenna, un sito in cui si svolgevano riti di magia nera: anche in questo caso gli ap-parati di comunicazione tradizionali sono stati affiancati da due diversi filmati, uno con audio e uno solo visivo. Il primo propone un’accurata ricostruzione 3D della fonte sacra e un’animazione cinematografica, con audio, delle testimo-nianze letterarie relative alle celebrazioni in onore di Anna Perenna; il secondo video mostra invece la fabbricazione delle cosiddette “bamboline magiche” (figurine in materia-

Tecnologie per i Beni Culturali 19

le organico la cui funzione è stata più volte accostata alle bamboline voodoo) e dei loro contenitori magici. I due video sono trasmessi da due pc all in one che permettono la tra-smissione dei video in loop.Il nuovo percorso espositivo del monumento, invece, si apre con una significativa proiezione che si affianca a un plastico ricostruttivo delle Terme di Diocleziano realizzato in gesso agli inizi del Novecento. Attraverso due videoproiettori e un computer con software e hardware Watchout, per gestione a sincrono di immagini video, le singole zone del plastico vengono evidenziate da un fascio di luce proiettato dall’alto mentre, sulla parete antistante, scorre una ricostruzione 3D dei corrispondenti spazi del monumento, con particolare at-tenzione agli apparati decorativi della piscina monumenta-le, e la collocazione rispetto alla città moderna; il comples-so delle Terme è infatti talmente esteso da comprendere anche zone al di fuori degli spazi del Museo (basti pensare alla grande esedra di Piazza della Repubblica o alla Basilica di Santa Maria degli Angeli) (fig. 4). Nel piccolo chiostro della Certosa, costruito occupando un terzo dell’invaso della monumentale piscina, un sistema a quattro led wall outdoor permette ai visitatori di com-prendere il rapporto tra le strutture romane e quelle ri-nascimentali, mostrando una ricostruzione 3D delle diverse fasi di vita del monumento. Il chiostro piccolo, che ospita alcuni tra i più importanti documenti della religione roma-na, contiene altre cinque installazioni a corredo di questi documenti; tre filmati, di cui uno solo con audio, e due in-stallazioni solo audio. I filmati presentano rispettivamente la situazione del santuario degli Arvali alla Magliana, da cui provengono le iscrizioni esposte in tre bracci del chiostro, il complesso rito praticato da questo collegio sacerdotale e un breve film in cui l’imperatore Augusto “in persona” racconta la sua politica religiosa di recupero degli antichi culti, come quello, appunto, degli arvali. Gli apparecchi uti-

lizzati sono, ancora una volta dei pc all in one. Le installa-zioni audio, invece, danno voce, nel vero senso della parola, alle iscrizioni esposte: attraverso casse nascoste all’interno delle strutture espositive, si diffonde nel chiostro il carme rituale degli arvali, una delle più antiche testimonianze in lingua latina incisa proprio su una delle iscrizioni del col-legio sacerdotale, declamata da un coro di voci maschili (i Cantori di San Carlo); il Laboratorio di Voci Bianche di Santa Cecilia, invece, ha prestato la voce ai bambini che nel 17 a.C. intonarono il carmen saeculare, il carme rituale composto dal poeta Orazio in onore delle cerimonie dei Ludi Saeculares, i cui rendiconti sono incisi su un grande pilastro esposto nel chiostro. Nel 2018 è stata finalmente resa disponibile al pubblico la “audio-video-guida” Le Terme con gli occhi di Diocleziano, un’applicazione di realtà immersiva con ricostruzione 3D a 360 gradi che permette un’immediata comprensione delle architetture del complesso data la perfetta sovrapponibilità tra la visione reale del monumento e quella virtuale (fig. 5).I device impiegati sono stati, in origine, dei visori View Ma-ster, visori VR con uno smartphone inserito all’interno di essi, corrispondenti agli standard dei Cardboard Virtual Re-ality; si è scelto di acquistare un modello progettato per bambini, puntando sempre alla facilità di utilizzo e, allo stesso tempo alla resistenza agli urti. Il progetto originario prevedeva la possibilità per i visitatori di scaricare l’app di realtà immersiva sul proprio telefono e di fruirne munen-dosi di un Cardboard Virtual Reality fai da te in cartoncino da acquistare nel bookshop del Museo; la mancanza di una rete wifi interna al Museo e le grandi dimensioni dell’app, difficilmente scaricabili su cellulari spesso già pieni di dati, hanno tuttavia reso preferibile fornire ai visitatori visori già predisposti che possono essere noleggiati in biglietteria e restituiti alla fine della visita. Già nel 2019 i visori sono stati sostituiti con un modello di qualità superiore.

Fig. 6 - Terme di Diocleziano in 5G: la palestra nord orientale.

20 ArcheomaticA N°1 marzo 2021

Nel 2018 le Terme di Diocleziano hanno inoltre preso parte al progetto “Roma 5G”, rappresentando il primo use case a Roma nell’ambito della sperimentazione di questa tec-nologia applicata al patrimonio culturale. Con il sostegno di Fastweb, Ericsson e il Consiglio Nazionale delle Ricerche - IBAM (Istituto per i Beni Archeologici e Monumentali), a complemento dell’app Le Terme con gli occhi di Dioclezia-no, è stata realizzata una ricostruzione dell’area della pa-lestra nord-occidentale con panorami a 360°, visione stere-oscopica e scene animate; la connessione ad alta velocità offerta dalla rete 5G permette di fruire di visualizzazioni di realtà virtuale e immersiva di qualità estremamente raffi-nata (fig. 6). Da ultimo, nel 2019, le Terme di Diocleziano hanno preso parte al progetto Castro Pretorio, l’evoluzione di un rione, realizzato dall’Hotel The St. Regis Rome, un’installazione immersiva che racconta la storia dell’area intorno all’Hotel partendo proprio dalle Terme di Diocleziano e, in partico-lare, dall’Aula Ottagona. Nell’Aula, dove sono state predi-sposte delle sedute, il pubblico può fruire dell’esperienza immersiva tramite visori da noleggiare sul posto. Questa sintetica rassegna delle tecnologie impiegate nel Museo permette anche di effettuare un bilancio in termini di resa e benefici: in primo luogo si deve constatare che si è certamente rivelato vincente l’approccio iniziale, ossia la scelta di tecnologie semplici e resistenti che hanno per-messo di investire più sui contenuti e la relativa realizza-zione, che sui device. In particolare, i filmati senza audio si sono rivelati ottimi strumenti per comunicare con sempli-cità contenuti anche complessi, superando brillantemente il problema delle barriere linguistiche; la loro efficacia è stata apprezzata anche dal pubblico delle persone sorde (si noti che, per il pubblico con disabilità visiva, invece, il Museo mette in atto una serie di strategie specifiche, pri-ma tra tutti la possibilità di esplorare tattilmente tutti gli originali conservati fuori teca, una possibilità certamente più efficace di molte delle iniziative, anche in chiave tec-nologica, proposte dai Musei in questi anni). Nonostante la loro semplicità, le cornici digitali hanno dimostrato di esse-re assolutamente rispondenti alle aspettative in termini di resistenza e durata: nel corso di questi 11 anni è stato ne-cessario sostituirle una sola volta per raggiunti limiti di fine vita. Computer e tecnologie più sofisticate offrono indub-biamente livelli di coinvolgimento maggiori che richiedono tuttavia, non solo una maggiore spesa iniziale ma anche la necessità di una costante verifica e attività di manutenzione che i fondi dei musei statali non sempre sono in grado di so-stenere. Un approccio semplice, che investa con la dovuta attenzione sull’alta qualità dei contenuti, rimane a nostro avviso, sempre la scelta migliore.

BiBlioGRaFia F. Antinucci, La comunicazione museale: la tecnologia al servizio del museo, in Forma Urbis, XXI, maggio 2016, pp. 43-35.C. Borgognoni-C. Caruso, Ridare voce alle parole: il Museo della Comunicazione Scritta dei Romani presso le Terme di Diocleziano, in MUSEUM.DIÀ, II° CONVEGNO INTERNAZIONALE DI MUSEOLOGIA, Chronos, Kairòs e Aion. Il tempo dei musei, Atti dell’incontro internAzionAle di Studi, Roma 26-28 maggio 2016, pp. 221-239.

note di chiusurAIl contributo sintetizza la relazione presentata in occasione del forum Technolo-gy for all, nella sezione "Multimedialità e fruizione: efficacia dei sistemi AR, VR e MR" (dicembre 2019).

AbstrActBetween 2010 and 2020 the National Roman Museum - Baths of Diocletian renewed the layout of the Museum of Written Communication of the Romans and the spaces of the monumental complex. In this general revision of its equipment, the use of technologies had a great importance at the service of museum communication to the public. Together with traditional systems (captions and room panels), the technological devices themselves became part of the set-up by integrating and completing the information in order to obtain engaging and effective methodologies.

PArole chiAVemultimediAlità; tecnologiA; APPArAti; musei; comunicAzione.

AutoreCaRlotta CaRuso

[email protected]

Tecnologie per i Beni Culturali 21

22 ArcheomaticA N°1 marzo 2021

DOCUMENTAZIONE

di Annalisa Conforti, Giovanni Issini, Camilla Tassi, Sara Trotta, Luigi Federico D’Amico, Eva Savina Malinverni

Il Segretariato del MiBACT

per le Marche sta svilup-

pando un sistema Web-GIS

del patrimonio culturale

della Regione, in particolare

riferito ai beni architetto-

nici e paesaggistici, basato

sulle banche dati storiche

dei vincoli e sul databa-

se dei siti coinvolti dagli

eventi sismici del 2016. La

fusione delle banche dati,

insieme alla complessità ed

eterogeneità degli stessi

hanno costituito la sfida più

significativa che ha richiesto

in primis una comprensio-

ne critica dei parametri e

successivamente, nell’am-

bito di una collaborazione

di ricerca, la definizione

e sperimentazione di un

protocollo di correzione dei

mismatch tra beni e riferi-

menti catastali.

un sistemA Web-gis dei beni di interesse culturAle e PAesAggistico nelle mArche

Fig. 1 - Distribuzione beni immobili di interesse culturale – Database VIC.

Il sisma che ha colpito il Centro-Italia nel 2016, oltre alla perdita di numerose vite umane, ha seve-

ramente danneggiato il ricco e diffu-so patrimonio culturale della Regione Marche, sia nel perimetro del cratere che nel resto del territorio. Tra l’Ago-sto 2016 e il Dicembre 2018 l’Unità di Crisi-Coordinamento Regionale del Se-gretariato regionale del MiBACT Mar-che (UCCR-Marche) ha organizzato ed espletato le attività emergenziali tra cui: la ricognizione dei danni di tutti i beni culturali per i quali erano state effettuate segnalazioni; l’esecuzione diretta o il monitoraggio delle opere di messa in sicurezza dei beni esposti a rischio di crolli; la selezione, sche-datura e conservazione delle macerie prodotte dagli smontaggi dei beni; lo spostamento dei beni culturali mobili presso depositi d’emergenza. Al fine di mettere a disposizione degli attori coinvolti nel processo di ricostruzione i dati acquisiti e di attuare un’effi-cace azione di tutela del patrimonio danneggiato, nel 2019 il Segretariato Regionale del MIBACT per le Marche ha avviato l’implementazione di un sistema Web-GIS del patrimonio cul-turale delle Marche. L’obiettivo del

sistema informativo è consentire la gestione, l’aggiornamento e la con-sultazione dei molteplici dati acqui-siti tramite letture multilivello delle informazioni associate al dato geogra-fico-territoriale. In termini di input, il sistema Web-GIS dei beni culturali delle Marche è costituito dall’unione di due banche dati di diversa natura e provenienza.Il portale, una volta ultimato, sarà in grado di mostrare agli enti pubblici e privati, coinvolti nel processo di ri-costruzione ed ai professionisti, due principali informazioni riguardanti gli edifici che hanno subìto danni dopo il sisma del 2016: una territoriale, che posiziona geograficamente il bene, ed una informativa, che descrive l’og-getto in ogni sua parte con l’ausilio di foto (pre e post terremoto) e mo-strando anche tutta la documentazio-ne disponibile accedendo al relativo database. Nell’ambito di una convenzione di ricerca tra MiBACT Marche e diparti-mento DICEA dell’Università Politec-nica delle Marche, è stato sviluppato un protocollo di verifica e correzione dei mancati match tra i dati importati e quelli reali, applicato su un campio-

Tecnologie per i Beni Culturali 23

ne di Comuni del cratere sismico, i cui risultati sono illu-strati nel paragrafo 3.Le banche dati del MiBACT Marche. Banca dati degli im-mobili oggetto di un procedimento di verifica di interesse culturale.L’art. 17 del D.Lgs. 42/2004 “Codice dei beni culturali e del paesaggio”, da qui in poi denominato Codice, pone l’attenzione sull’importanza della catalogazione dei beni culturali, ossia le cose immobili e mobili come definite e individuate negli artt. 10 e 11 e oggetto della parte II dello stesso testo normativo.Oltre ad essere una rilevante mole di beni di carattere assai vario (architettonici, archeologici, storico - arti-stici, archivistici e bibliografici), altrettanto varia è la modalità del riconoscimento del loro interesse culturale, perché avvenuta in tempi, storici e legislativi, modalità e da parte di soggetti diversi, pur se nell’ambito dello stesso Ministero: i cosiddetti vincoli sono costituiti sia da dichiarazioni di culturalità ai sensi delle differenti leggi di tutela emanate dal 1900 in poi (piuttosto generiche soprattutto nella localizzazione del bene), sia da prov-vedimenti espressi emanati da parte di svariati uffici del Ministero, sia quelli validi per tutti quei beni non dotati di uno specifico provvedimento espresso ma per i quali, aventi determinate caratteristiche ai sensi dell’art. 10 comma 1 del Codice, l’interesse culturale è ritenuto sus-sistere ex se, fino all’espletamento del procedimento am-ministrativo della verifica dell’interesse ai sensi dell’art. 12 (i cosiddetti vincoli “ope legis”). Vanno inoltre considerati i beni paesaggistici, come de-finiti e tutelati nella parte III del Codice, anch’essi di-chiarati di notevole interesse pubblico tramite provvedi-mento espresso o tutelati per legge. L’art. 143 evidenzia infatti l’importanza della ricognizione, delimitazione e individuazione di tali beni come atto imprescindibile alla pianificazione paesaggistica.L’attività di catalogazione di tutto ciò che a vario titolo, come sopra evidenziato, attesta la culturalità di un bene, si è più facilmente concentrata sulle dichiarazioni di inte-resse, quindi sui provvedimenti espressi (compresi quelle derivanti da verifica dell’interesse positiva, che consolida definitivamente la natura di bene culturale prima pre-sunta quale misura cautelare a carattere provvisorio, e negativa, che opera da condizione risolutiva), anche se gli elenchi descrittivi dei beni culturali di proprietà pre-disposti dagli enti pubblici (e assimilati) ai sensi dell’art. 4, comma 3, L. 1089/1939 e dall’art. 5, D.Lgs. 29 ottobre 1999, n. 490 costituiscono una fonte di informazioni da sempre tenuta in debita considerazione.Proprio perché la natura dei dati presenti in tali atti è molto varia, dalla massima genericità delle prime dichia-razioni di interesse degli inizi del ‘900 ad una sempre maggior precisione, soprattutto in merito alla localizza-zione e alla presenza di un corredo fotografico signifi-cativo, le banche dati realizzate, prima cartacee e poi digitali (per lo più in formato excel corredate a volte da scansioni in .pdf degli atti), si sono man mano arricchite di una serie di informazioni relative al bene sottoposto a tutela e da ulteriori informazioni di carattere ammi-nistrativo relative al procedimento, anch’esso in evolu-zione, connesso alla dichiarazione. Ne conseguono due ordini di problematiche: come reperire le informazioni mancanti, nei casi di dichiarazioni spesso datate e molto sintetiche e, come tenere aggiornati i dati, che natural-mente mutano negli anni successivi alla dichiarazione, che possono riguardare indirizzo del bene, riferimenti catastali, proprietà, collocazione di eventuali beni mobili

ivi conservati, per arrivare anche a mutamento di Comu-ne di appartenenza (si pensi alle unioni dei Comuni che comportano un cambio di denominazione). D’altra parte, le necessità di interrogazione possono essere dettate da esigenze molteplici e in continua evoluzione, anche inse-guendo il variare delle procedure amministrative e delle relative attività di monitoraggio, sia della pubblica ammi-nistrazione che delle specifiche attività di tutela.La geolocalizzazione dei beni immobili, anche nel caso si tratti di contenitori di beni mobili, collegata ad uno o più database delle informazioni sopra descritte, costituisce un ulteriore passo in avanti nell’attività di catalogazione, la cui utilità è facilmente comprensibile sia per l’attività ordinaria del MIBACT, che, ancor più, in situazione emer-genziale, quando ci si trova ad operare in contesti in cui i danni sono tali da non aver più punti di riferimento utili perfino all’individuazione del bene stesso (Fig. 1).

BANCA DATI UCCR: IL PATRIMONIO DANNEGGIATO E IL SISTE-MA GESTIONALE DEL SISMA 2016: IL MODELLO MARCHEIn considerazione dello sciame sismico che ha interessato il Centro-Italia e dei gravissimi danni riportati dal patri-monio culturale delle Marche, è evidente che la mole dei

Fig. 2 - Distribuzione beni oggetto di rilievo danni su intero territorio regionale– Database UCCR.

Fig. 3 - Ubicazione dei Comuni campioni con riferimento al territorio regionale.

24 ArcheomaticA N°1 marzo 2021

dati da gestire è stata di portata inaspettatamente con-siderevole e che i database inizialmente impostati in for-mato excel e cartacei non fossero adeguati al complesso lavoro di coordinamento richiesto all’UCCR-Marche: per questo motivo, quest’ultima ha attivato subito una col-laborazione con le UCCR Lombardia ed Emilia-Romagna, in virtù della loro esperienza nell’ambito dell’emergen-za sismica del 2012. Il risultato di questa attività di con-fronto e lavoro congiunto, è stata la realizzazione di un software gestionale denominato ES_Mibac, realizzato con Microsoft Access, collegato ad un database centralizzato su una risorsa server per consentirne l’implementazione simultanea dei beni censiti. Il software è stato impostato sulla base dell’anagrafica di ciascun immobile affiancata via via ad una banca dati ben più ampia. Successivamente il sistema di catalogazione è stato costruito e rimodulato a seconda dell’evolversi degli eventi calamitosi e dunque adattandolo ai dati relativi a danni sempre più consistenti a carico del patrimonio culturale, spesso di diversa natura, da monitorare anche ad intervalli temporali differenziati. Il software, quindi, ha inglobato i dati prodotti da tutte le attività svolte su ciascun bene, dietro il coordinamento dell’UCCR – Marche. Ci si riferisce in particolare a: sopral-luoghi, rilievo dei danni, attività di messa in sicurezza, GTS, spostamento dei beni mobili. Successivamente, pro-cedendo con la digitalizzazione dell’archivio cartaceo, la scheda di ogni bene monumentale colpito dal sisma nel territorio regionale è diventata associabile agli atti relativi a ciascuna attività svolta e alle relative, importantissime, immagini (Fig. 2).

LO SVILUPPO DEL WEBGIS MiBACT Marche:i sistemi Web-GIS per il patrimonio culturaleLa rapida evoluzione delle tecnologie digitali per il pro-cessamento dei dati a connotazione spaziale, associate all’utilizzo di informazioni di diversa natura (BigData) ha fatto maturare l’esigenza di creare appositi strumenti per la gestione dei dati geografici in sperimentazioni interdi-sciplinari. Un sistema GIS dedicato al patrimonio culturale,

Fig. 4 - Particolare del centro storico di Visso (MC). I poligoni arancio provengono dai db dell’UCCR, mentre quelli viola provengono dal db Vincolo di interesse culturale.

definito come un modello spaziale di archiviazione, ela-borazione e gestione delle informazioni, ha, oggigiorno, enormi potenzialità per la creazione di modelli predittivi e simulazioni dinamiche o per la riproducibilità dei dati che consentono di rappresentare, ripercorrendo a ritroso, le varie fasi della ricerca, integrandole in un’ottica inter-disciplinare con altri ambiti di gestione e analisi spaziale, quali la pianificazione territoriale, la protezione civile, il monitoraggio ambientale, la cartografia del rischio (Letel-lier et al., 2007). Ma ormai da decenni la possibilità di condividere e allargare la consultazione del dato ad un panorama di esperti a vario titolo ha introdotto la solu-zione Web-GIS (talvolta sostituito da Web-based GIS, Onli-ne GIS, Distributed GIS). Termine utilizzato per indicare l’impiego via Internet/Intranet di funzionalità proprie dei GIS, in grado di rendere disponibile l’informazione geo-referita ad utenti in remoto e di poter impiegare in solu-zioni WMS la cartografia di base su cui georeferite le aree indagate. La possibilità di effettuare azioni da remoto e l’accessibilità ai dati da parte di una utenza “allargata” ha così influenzato il mondo dei Sistemi Informativi Geo-grafici, determinando lo sviluppo di software dedicato per le relative applicazioni in rete (Oliviero et al., 2006). Ini-zialmente si parlava di visualizzazione di pagine internet di tipo statico, a cui si sono poi aggiunte operazioni di analisi spaziale, indicando nei Web-GIS un sistema com-plesso in grado di svolgere le stesse operazioni di un GIS ma con accesso da remoto (Painho et al., 2001). Si pos-sono così segnalare formati e standard utilizzabili per la pubblicazione in rete della cartografia: HTML, SVG, GML (Generalized Markup Language) e fare così riferimento agli standard dell’OCG, con formati sempre più caratterizzati dalla capacità di includere in ogni entità sia le informazio-ni di tipo spaziale che i relativi attributi (tradizionalmente inseriti nei database alfanumerici collegati). In relazione ai livelli di complessità caratterizzanti le applicazioni che prevedono l’utilizzo di cartografie in rete (Internet Map-ping Applications), è possibile individuare differenti servizi erogabili e diverse tipologie di azioni (Data Management, Visualisation, Retrieval, GIS Analysis), tali da operare una distinzione tra Geodata Server, Map Server, Online Retrie-val System, Online GIS, GIS Function Server (Rinner, 1998).

Tecnologie per i Beni Culturali 25

IMPLEMENTAZIONE DEL WEB-GISCampione di Comuni del cratere sisma 2016Nell’ambito della convenzione di ricerca richiamata nel paragrafo 1, il Web-GIS è stato implementato tramite l’im-portazione delle relative banche dati su un campione di Comuni del cratere sismico delle Marche: Visso, Castel-santangelo sul Nera, Ussita, Arquata del Tronto, Acqua-santa Terme e Montemonaco (Fig. 3). Questo campione rappresenta circa il 10% della totalità dei beni presenti nei due database principali. La sperimentazione ha avuto quindi lo scopo di definire un protocollo di implementazio-ne, verificare quali tipo di errori questa implementazione avrebbe prodotto, ed avere dati utili alla quantificazione dell’entità del lavoro richiesto per l’implementazione dei dati dell’intera Regione. Il sistema Web-GIS di riferimento, ovvero quello sviluppato per il Segretariato Regionale Mi-BACT per l’Emilia-Romagna, è classificabile come Map Ser-ver in quanto permette semplici funzioni, come zooming e planning, seppure sia stato integrato da una funzione di ricerca e posizionamento insieme a un sistema di segnala-zioni (Shaig, 2001).

CRITICITÀ E PROTOCOLLO DI CORREZIONE DATIDopo le fasi di rilievo dei danni e la rispettiva catalogazio-ne sono seguite le fasi di importazione dei dati e gestione degli stessi. Alla fase di importazione spesso seguono er-rori tra i dati e la base scelta. In questo caso la base che è stata utilizzata proviene dal Catasto Nazionale. Per cui i beni corrisponderanno alle Particelle di cui sono composti. I casi di mancato match dopo l’importazione hanno riguar-dato:

4 Beni non georeferenziati, in cui nessuna particella cor-rispondeva a quelle realmente esistenti. Solitamente questi errori sono legati a refusi di battitura durante l’inserimento dei dati dalle schede di rilievo agli elen-chi digitali.

4 Beni con “buchi”, che indicavano la mancanza di Par-ticelle, per cui è stato necessario aggiungere manual-mente le Particelle mancanti.

4 Beni “sparsi”, cioè molto estesi, dove è stato fissato come parametro l’estensione della diagonale tra il cen-tro di una Particella e dell’altra.

4 Beni multi-poligono, si è trattato di beni formati da più parti di poligono. In alcuni casi si ritrovano errori ma-croscopici, cioè beni formati da Particelle anche molto distanti tra di loro.

4 Casi in cui due (o più) beni insistevano sulla stessa par-ticella del catasto.

4 Casi in cui le coordinate catastali erano riferite ad un Comune che aveva subito la fusione con altre ammini-strazioni comunali adiacenti.

È stata riscontrata un’incidenza media degli errori pari al 25% dei beni per Comune.Le cause di questi errori possono essere attribuite alla base catastale, riferita al 2013, ad errori di scrittura nel database e, infine, alla non chiarezza dei dati inseriti nelle schede di rilievo durante i sopralluoghi nei siti danneggiati dal sisma. Il protocollo di correzione ha previsto innanzitutto la ve-rifica dei dati mancanti, cioè quelli per cui non è stata trovata automaticamente la Particella corrispondente. Per rendere la ricerca più agibile è stato creato un plug-in, dal Dott. Francesco Marucci di Cooperativa Alveo di Bologna, nominato “Ricerca catastale” il quale, dopo aver inserito

i dati catastali, cioè Provincia (non la Regione in quan-to tutti i dati fanno sempre parte della Regione Marche), Comune, Foglio e Particella, procede alla selezione della particella cercata.I casi di mancato match precedentemente elencati non po-tevano essere corretti automaticamente per cui sono stati individuati singolarmente gli elementi, utilizzando il plug-in di ricerca e verificata l’esistenza o meno della Particel-la. Nel caso in cui i dati non risultassero corretti il bene è stato cercato utilizzando la maschera del database UCCR o tramite verifica dei dati trascritti nelle schede di rilievo.

UNIONE DELLE BANCHE DATILo scopo finale delle operazioni di correzione è stato quel-lo di unire il database dell’UCCR, composto sia da beni culturali tutelati in quanto oggetto di provvedimento di verifica di interesse, sia da beni oggetto di tutela cosiddet-ta “ope legis”, cioè i beni culturali dichiarati tali in forza dell’art.12 c.1 del Dlg.s 42/2004 (Codice dei beni culturali e del paesaggio), e il database VIC (Verifiche di Interesse Culturale), ovvero la totalità dei beni già sottoposti a de-creto di vincolo prima del terremoto (fig. 4).Per completare quest’ultima fase è stato creato un nuovo tool “Unione UCCR-VIC”, che mostra la denominazione del bene nei due database e permette l’unione delle informa-zioni. Una volta che questo legame è stato creato, si è pro-ceduto alla fusione dei due database, mantenendo tutte le informazioni di entrambi (oppure facendo delle scelte che li completino). Inoltre, nell’ambito dei Comuni campione, sono stati riscontrati diversi casi di beni presenti solo in uno dei due database, che sono stati quindi integrati in un database unico finale. Un caso specifico di corrispondenza tra beni appartenenti alle due banche dati è stato quello in cui, per lo stesso bene, veniva indicato un nome differente. Questa situa-zione si può spesso riscontrare nell’utilizzo diverso delle abbreviazioni (ad esempio Chiesa di Santa Maria Assunta / Chiesa di S.M. Assunta), oppure perché alcuni beni storico-artistici vengono denominati in modo diverso in base agli usi locali (ad es. Palazzo dei Priori / Palazzo del Comune). In questo caso il protocollo ha previsto il mantenimento di entrambe le denominazioni, essendo la corrispondenza tra beni determinata in termini di consistenza catastale.

CONCLUSIONI E SVILUPPI FUTURIL’esperienza illustrata nel presente articolo evidenzia come l’implementazione di un Web-GIS a partire da dati acquisiti e classificati con criteri “tradizionali” e trami-te metodi differenziati risente di molteplici criticità che spesso sono risolvibili solo tramite laboriosi processi di cor-rezione manuale dato per dato. Al fine di allineare la filie-ra acquisizione-elaborazione-archiviazione alla gestione e fruizione finale delle informazioni nel Web-GIS, il Segreta-riato Regionale del MiBACT per le Marche intende riproget-tare anche la fase di creazione dei dati in modo tale che le informazioni siano immediatamente inserite nel Web-GIS. Sia nell’attività ordinaria che in quella emergenziale i dati vengono prodotti sempre nell’ambito di procedimenti tec-nico-amministrativi che dovranno essere quindi integrati nel sistema Web-GIS sin dalla fase iniziale rappresentata dall’avvio d’ufficio o su istanza di parte. Su questo aspet-to si concentreranno gli sviluppi del sistema nel corso del 2021 al fine di strutturare un sistema informativo integrato che porterà benefici sia a livello “interno” all’Ente, sia a livello di fruizione esterna da parte degli operatori e della cittadinanza.

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PArole chiAVeWeb-gis; VAlorizzAzione; PAtrimonio culturAle; VisuAlizzAzione dAti; gis

Autoreannalisa ConFoRti

[email protected]

seGRetaRiato ReGionale del MiBaCt peR le MaRChe

luiGi FedeRiCo d’aMiCo

[email protected]

diCea – univeRsità politeCniCa delle MaRChe

Giovanni issini

[email protected]

seGRetaRiato ReGionale del MiBaCt peR le MaRChe

eva savina MalinveRni

[email protected]

diCea – univeRsità politeCniCa delle MaRChe

CaMilla tassi

[email protected]

seGRetaRiato ReGionale del MiBaCt peR le MaRChe

saRa tRotta

[email protected]

seGRetaRiato ReGionale del MiBaCt peR le MaRChe

AbstrActThe Italian Ministry of Culture regional branch in Marche region is developing a Web-GIS system dedicated to the local cultural heritage, focused to archi-tectural and landscape sites. The informative system is based on two main datasets: the regional listed architectural heritage sites and the architectural heritage sites affected by 2016 earthquake events. The data processing and the following datasets merging arose challenging issues linked to the com-plexity of the information associated to each architectural site. Through a research partnership the project team firstly defined a method based on the critical understanding of the cultural features of the sites. Subsequently the data processing procedure was codified through a mismatch control protocol, tested over a sample of the sites.

BiBlioGRaFia Rinner, C. (1998). Online maps in Geomed. In Proceeding of the GIS PlaNET 98 Workshop.Painho, M., Peixoto, M., Cabral, P., & Sena, R. (2001). WebGIS as a teaching tool. Proceedings of the ESRI UC, 9-13.Shaig, A. (2001, December). An Overview of Web based Geographic Information Systems. In The 13th Annual Colloquium of the Spatial Information Research Centre. Dunedin: University of Otago.Oliviero, C., Parente, C., & Santamaria, R. (2006) La Cartografia In Rete E Nelle Applicazioni WebGIS.” · Letellier, R., Schmid, W., & LeBlanc, F. (2007). Guiding Principles, Recording Documentation and Information Management for the Conservation of Heritage Places. Paul Getty Trust, Getty Conservation Institute: Los Angeles, USA, 36-38.Circolare n. 24/2012 in cui si rende noto il Decreto n. 7/2012 del MiBACDirettiva MiBACT - 23 Aprile 2015

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ARCHEOLOGIA FORENSE

l'ArcheologiA Forense e lA ricercA di Persone scomPArse

di P. M. Barone

Come già trattato in questa rivista (Barone 2020), l’archeologia forense non si occupa solo della ricostruzione di dinamiche criminali all’interno di una scena del crimine (Groen et al. 2015; Ba-rone e Groen 2018), ma anche di aiutare le forze dell’ordine nella ricerca di persone scomparse

(Barone et al., 2021a; Barone et al. 2021b).Questo sembrerebbe un argomento completamente avulso dall’archeologia tradizionale ed in parte lo è. Per questo è importante sottolineare l’aggettivo “forense” ogniqualvolta ci addentriamo nei mean-dri della criminalistica all’interno di un contesto legale. L’Archeologia tradizionale ovviamente è ben lungi da occuparsi di questi aspetti, ma la sua attitudine intrinsecamente olistica di approcciarsi allo studio del territorio, la rende una perfetta candidata per chi voglia declinare questa disciplina in ambi-to giuridico. È importante sottolineare, però, che è necessaria una specifica formazione ed esperienza in entrambi i settori (quello delle scienze archeologiche e quello delle scienze giuridiche). Improvvi-sarsi in tale settore o millantare crediti porta solo nocumento a se stessi, in primis, e alla comunità.L’ambito della ricerca delle persone scomparse risponde proprio alla necessità di avere un approccio eticamente e professionalmente probo e corretto per non incorrere non solo in atteggiamenti lesivi dell’integrità e dell’emotività degli attori coinvolti, ma anche in eventuali sanzioni legali (Barone e Di Maggio 2019).

Fig. 1 - Schema riassuntivo della XXIV Relazione del Commissario Straordinario per le persone scomparse (Commissario Straordinario 2021: https://www.interno.gov.it/sites/default/files/2021-02/xxiv_relazione_annuale_2020_compressed.pdf).

non solo ricostruzioni sullA scenA del crimine mA Anche sostAnziAle Aiuto Per ritroVAre Persone scomPArse

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La scomparsa delle persone è un fe-nomeno complesso, dinamico e mul-tidimensionale che mette in evidenza una questione sociale e, per poterne monitorare l’evoluzione, necessita di un’analisi costante. Questo lavoro è svolto dal Commissario Straordinario per le Persone Scomparse presso il Ministero dell’Interno, che ogni anno pubblica sul sito del Ministero un re-port aggiornato con i dati aggregati e disaggregati delle persone scomparse in Italia. In particolare, i dati com-plessivi sul fenomeno - a partire dal 1° gennaio 1974 e fino al 31 dicem-bre 2020 - sono distinti per macroa-ree di riferimento, ovvero per fasce di età, per genere, per nazionalità e per motivazione della scomparsa. Le denunce di scomparsa registrate dal-le Forze dell’ordine, dal 1° gennaio 1974 fino al 31 dicembre 2020, sono 258552. Di queste, 195710 riguardano soggetti che sono stati ritrovati, mentre risultano ancora da ritrovare 62842 scomparsi (Commissario Straordinario 2021) (Figura 1).La geolocalizzazione è di primaria importanza in questo ambito. Geolocalizzazione, in generale, significa poter trovare persone, animali, mezzi e cose in tempo reale e con un’ottima precisione. Sinonimo di RTLS (Real Time Lo-cation Systems – Sistemi di Localizzazione in Tempo Reale), la geolocalizzazione permette non solo di innescare una tracciabilità e una rintracciabilità che offre informazioni preziose e strategiche a supporto della gestione, ma anche di creare nuovi servizi con valore aggiunto nell'ambito del-la ricerca persone scomparse (Barone et al., 2020; Barone et al., 2021b).

Telefonini, social network, persino le chiavi della macchi-na con transponder sono tutti sistemi che permettono una geolocalizzazione precisa di una persona. Esistono poi ap-plicazioni che rintracciano telefonini spenti o senza campo utilizzando solo tre parole (https://what3words.com/) op-pure mediante quella che si chiama profilazione geografica (locus operandi) o ancora attraverso l'analisi delle immagi-ni satellitari. Vediamoli nel dettaglio di seguito.Per lavorare con la geolocalizzazione bisogna avere cono-scenze di telerilevamento, geofisica, GIS e geoarcheologia oltre a conoscere bene il territorio e gli strumenti infor-matici e digitali relativi. Più nel dettaglio, se una persona è scomparsa in un fiume, per esempio, per prima cosa si dovrebbe capire la velocità media del corso d’acqua e ve-

Fig. 2 - Domande "geografiche" da porre per ricostruire un corretto locus operandi.

Fig. 3 - Un esempio reale di locus operandi. Il punto bianco risulta essere il punto di ritrovamento della persona scomparsa che rientra nell’area individuata dalla profilazione geografica.

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dere se sfocia in un mare o in un lago e magari posizionare delle grate a mo’ di chiusa per permettere di “filtrare” qualsiasi cosa che non sia acqua. Contestualmente, attra-verso l’analisi delle immagini satellitari temporali, usando specifici filtri, si possono individuare anomalie relative a corpi che si muovono giornalmente lungo il corso d’acqua e quindi avere la possibilità di dirottare le ricerche in un punto preciso (Barone 2021b). L’approccio che potrebbe essere più promettente è quello che viene definito con il termine an glosassone Geographic Profiling. Se questa tec-nica è nota negli ambienti forensi come metodica per la pre venzione del crimine seriale (Rossmo, 2000), non è sta-to mai applicato finora alla ricerca di persone scomparse con il termine di locus operandi.Per comprendere meglio il potenziale della profilazione geografica o locus operandi come “agente intelligente” nella ricerca delle persone scomparse, biso gna prima capi-re la sua storia e di cosa si tratta. La profilazione geogra-fica è un metodo criminologico utilizzato per individuare approssimativamente l’area in cui risiede un criminale se-riale. Sebbene sia uno strumento di organizzazione utile e un campo sempre più popolare, questo metodo è costan-temente aggiornato poi ché le basi matematiche sono co-stantemente perfezionate. Tra gli altri calcoli matematici avanzati, i calcoli di base implicano l’applicazione della formula della distanza e la ricerca del centroide (Barone et al., 2020). Oggi questa tecnica è spesso utilizzata in am-bito criminologico e la maggior parte dei proventi destinati alla ricerca, sono dedicati all’in dividuazione di software computazionali più potenti con lo scopo di realizzare aree sempre più precise (Barone et al., 2020).Come visto, il locus operandi risulta un’arma molto utile per le forze dell’ordine per la predizione di crimini fu-turi. È evidente come questo approccio abbia il poten-ziale di ridurre drasti camente le zone di ricerca a pochi km2, quando normalmente vengono ricoperti molti ettari,

molto spesso con esiti negativi. Il principio è similare al tradizionale Geographic Profiling, ma inve ce di concentra-re l’attenzione sul criminale e la sua zona di interesse o hot zone, ci si sof ferma ad analizzare le zone frequen-tate dalla persona scomparsa prima della sparizione. Le informazioni della polizia devono essere molto accurate e per questo sarebbe bene, al momento della denuncia della persona scomparsa, porre le domande in Figura 2 (Barone et al., 2021). Per ottenere, conseguentemente, una profi-lazione geografica efficace, è necessario ela borare i dati geografici utilizzando la geometria computazionale (Baro-ne et al., 2021a; Barone et al. 2021b). In tutto il mondo i sistemi di ricerca si stanno sempre più perfezio nando, an-che con l’utilizzo di nuove tecnologie (Barone e Di Maggio, 2019a; Barone e Di Maggio, 2019b; Pensieri et al., 2020), ma l’impiego dell’intelligenza artificiale in questo settore spe cifico è ancora sottostimato anche se potrebbe essere fondamentale per la cosiddetta spatial analysis e la cre-azione di modelli predittivi riducendo l’areale di ricerca con una buona approssimazione (Barone et al., 2021a; Ba-rone et al. 2021b) (Figura 3). In casi in cui i risvolti delle indagini portano a pensare alla morte e possibile occultamento del cadavere della perso-na scomparsa, tali metodi prevedono un’analisi territoria-le mediante telerilevamento, ovvero utilizzando immagini satellitari, da aereo o drone per poter non solo analizzare il territorio della scomparsa da remoto ma anche poter evi-denziare tramite immagini a cronologia differente (ovve-ro prima e dopo la scomparsa) eventuali cambiamenti del territorio mediante una serie di filtri multispettrali come il vicino-infrarosso, l’NDVI (l’indice di crescita della vege-tazione), l’NDWI (l’indice di variazione dei bacini idrici) o il LiDAR in aree boschive (Barone et al., 2021b). Queste preliminari analisi eseguite al computer sono necessarie per prepararsi a recarsi in loco e permettono un notevole restringimento del campo di ricerca favorendo un’investi-

Fig. 4 - Questa figura mostra la copertura mediatica internazionale del caso italiano (a), la regione italiana dove è avvenuta la scomparsa (b), un'im-magine NIR della zona della scomparsa con i dettagli dell'anomalia relativa al corpo senza vita della madre (c).

Tecnologie per i Beni Culturali 31

gazione autoptica dei luoghi più precisa e focalizzata. Tale ricognizione può aiutare nella creazione di un’ulteriore mappa che aiuta a ridurre ancora di più la ricerca sul cam-po. Tale mappa è la cosiddetta RAG map (Red Amber Green map) o mappa a semaforo in cui si evidenziano i settori in cui è molto, mediamente e poco probabile la presenza di un occultamento di un eventuale cadavere. Nelle ristrette zone dedotte dalle suddette analisi, è possibile effettuare un ulteriore controllo mediante indagini geofisiche (nella fattispecie mediante georadar) che in maniera del tutto non invasiva e ripetibile permette di avere un’interpreta-zione abbastanza accurata del sottosuolo (Barone et al., 2021a; Barone et al. 2021b). Successivamente a tutte le metodologie impiegate ed il-lustrate finora, in maniera assolutamente non distruttiva/invasiva, si può avere un’area molto circoscritta di ricerca con un’alta probabilità di individuare il target investigati-vo. A questo punto solo uno scavo stratigrafico/scientifico (che segue le procedure archeologiche) e non arbitrario (a ruspa o con mezzi impropri) permette di collezionare tut-te le evidenze necessarie per ricostruire propriamente la scena del crimine ed eventualmente, avere una cronologia relativa traendone le dovute considerazioni (Barone 2020; Barone 2016; Barone e Di Maggio, 2019b). Alla luce di quanto detto, è auspicabile compiere degli sforzi per raccogliere e registrare questo tipo di infor-mazioni con la massima accuratezza e celerità possibili: mai muoversi dalle centrali operative senza aver attuato i passaggi illustrati precedentemente. L'utilizzo, quindi, di tecniche che vanno dalla macroscala alla microscala, iden-tificando tutte le peculiarità e le informazioni utili alla ricerca, riducendo l'uso delle risorse umane, la possibilità di limitare i tempi di intervento e la capacità di operare in condizioni difficili e / o di pericolo per le squadre di soccorso sono alla portata economica di tutti oggigiorno. Riassumendo, quindi: i) Google e i principali social net-work, se non disattivata di proposito, hanno una localizza-zione costante. In caso di persona scomparsa, è sufficiente entrare nel suo account (se ne ha uno, naturalmente); ii) What3words all’estero è una app cosiddetta a due uscite, ovvero l’utente può inviare tramite app la sua posizione oppure la centrale operativa può collegarsi allo smartpho-ne della persona scomparsa anche se è spento o non rag-giungibile; in seguito, iii) il locus operandi permette, at-traverso un’analisi predittiva (tipo quella del film Minority Report con Tom Cruise) di capire e definire, in base ai luo-ghi visitati normalmente, quale può essere la zona in cui è scomparsa la persona; infine, iv) lo studio delle immagini satellitari può essere di fondamentale aiuto essendo ac-quisite non solo ogni giorno ma anche in differenti bande o frequenze che permettono talvolta di vedere “l’invisibile” (Figura 4). Ovviamente questo porta a focalizzare le ricer-che per altre unità come georadar, unità cinofile e ricogni-tori di terra esperti (anche detti field-walkers) (Groen et al. 2015; Barone & Groen 2018; Barone e Di Maggio 2017; Barone e Di Maggio 2019a; Barone et al., 2021a; Barone et al. 2021b).In conclusione, l’auspicio è quello che, così come avviene all’estero, anche in Italia si riesca a diffondere in maniera capillare l’apporto delle conoscenze prettamente archeo-logiche di analisi spaziale e geolocalizzazione che risulta-no di fondamentale importanza se declinate in ambito fo-rense con particolare riguardo al supporto per le ricerche di persone scomparse.

bibliogrAFiA

Barone, P.M. 2016 Understanding Buried Anomalies: A Practical Guide to GPR; LAP LAMBERT Academic Publishing: Saarbrücken, Germany; ISBN 978-3-659-93579-4.Barone, P.M. 2020 Contestualizzare l’Archeologia Forense; Ar-cheomatica - Tecnologie per i Beni Culturali, Anno XII - Numero 2 Giugno Barone, P.M.; Di Maggio, R.M. 2019 Dealing with Different Foren-sic Targets: Geoscientists at Crime Scenes, Geological Society, Special Publications: London, 492. DOI: 10.1144/SP492-2017-274. Barone, P.M.; Di Maggio, R.M. 2019 Forensic Geophysics: Ground Penetrating Radar (GPR) Techniques and Missing Persons Investigations. Forensic Sci. Res.,4, 337–340. doi: 10.1080/20961790.2019.1675353Barone, P.M.; Di Maggio, R.M. 2019 Low-Cost CSI Using Forensic GPR, 3D Reconstruction, and GIS. J. Geogr. Inf. Syst. 11, 493–499, doi: 10.4236/jgis.2019.115030Barone P.M., Di Maggio R.M. & Mesturini S. 2021 Mate-rials for the study of the locus operandi in the search for missing persons in Italy, Forensic Sci. Res., 1, 1–7. doi: 10.1080/20961790.2020.1854501Barone PM, Di Maggio RM, Mesturini S. 2021 Forensic Geoarchae-ology in the Search for Missing Persons. Forensic Sciences, 1(1), 8-15. doi: 10.3390/forensicsci1010003Barone, P.M.; Groen, W.J.M. 2018 Multidisciplinary Approaches to Forensic Archaeology: Topics discussed During the European Meetings on Forensic Archaeology (EMFA); Springer, ISBN 978-3-319-94397-8.Barone P.M., Mesturini S., Pensieri M.G., Volpini L. 2020 L’AI nel-la ricerca delle persone scomparse in A.F. Uricchio, G. Riccio, U. Ruffolo (a cura di) Intelligenza artificiale tra etica e diritti. Prime riflessioni a seguito del libro bianco dell’Unione europea, Carucci Editore.Commissario Straordinario del Governo per le persone scom-parse, XXIV Relazione annuale, (1° gennaio 2020 – 31 dicembre 2020, Ministero dell’Interno, 2021.Di Maggio, R.M., Barone, P.M. (eds.) 2017 Geoscientists at Cri-me Scenes: A Companion to Forensic Geoscience; Soil Forensics; Springer International Publishing, ISBN 978-3-319-58047-0.Groen, W.J.M.; Marquez-Grant, N.; Janaway, R. 2015 Forensic Ar-chaeology: A Global Perspective; Wiley, ISBN 978-1-118-74598-4.Pensieri, M.G.; Garau, M.; Barone, P.M. 2020 Drones as an Inte-gral Part of Remote Sensing Technologies to Help Missing People. Drones, 4, 15. doi: 10.3390/drones4020015Rossmo, D.K. 2000 Geographic Profiling; CRC Press: Boca Raton, FL, USA.

AbstrActforensic archaeology and the search for missing persons, not only reconstructions on the crime scene but also substantial help to find missing persons.

PArole chiAVeArcheologiA Forense; geolocAlizzAzione; rtls; Persone scomPArse

Autore

p. M. BaRone

[email protected]

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CHI CI PENSA AGLI INESPLOSI IN MARE?Interessante sessione di Archeologia Marina al 4° Con-vegno dei Geologi Marini. Affezionata all’evento, Code-vintec ha partecipato con un paper dal titolo “L’impor-tanza di indagini OBI-UXO accurate in mare" presentato da Nicola Catalano. Il fatto che un ordigno sia rimasto sul fondale o nascosto sotto, inesploso per anche 100 anni, non lo rende meno pericoloso. È importante ela-borare uno studio del rischio - specifico per il sito di indagine – prima di qualsiasi indagine intrusiva. Cos’è il rischio mitigato, e rischio residuo? Cosa può, cosa non può essere individuato, e qual è lo strumento adatto? Pianificare e condurre un’indagine magnetometrica mirata è uno dei mezzi più efficienti per mitigare il rischio di incorrere in un ordigno bellico inesploso (OBI, anche detto UXO).Il magnetometro marino di casa Geometrics G-882, è l’unico che soddisfa gli standard richiesti per la bonifi-ca degli OBI nel Mare del Nord. Si tratta di un magneto-metro ai vapori di Cesio ad altissima risoluzione, adat-to all’utilizzo in acque profonde e superficiali e capace di interfacciarsi con i Side Scan Sonar più diffusi per il traino. Così da unire i due rilievi.Un’altra componente per le indagini OBI è il software per l’elaborazione e l’analisi dei dati magnetometrici acquisiti. Oasis Montaj, con i suoi moduli UXO Marine Mag e UXO Marine Grad appositamente sviluppati, ad oggi è il software di riferimento per le indagini magne-tometriche marine.Ma non solo: software completo, sviluppato grazie alla conoscenza degli OBI e migliorato grazie all’attenzione che il produttore Seequent presta ai riscontri ricevuti dai clienti. Ottimizza e snellisce il processamento dei dati: dall’import, al picking dei target, fino al calcolo di dimensione e profondità degli stessi, per arrivare alla creazione di liste di mappe e liste di target con relative coordinate.

La sessione Geoarcheologia Marina e costiera è stata moderata da Maria Rosaria Senatore, Pietro P. Aucelli, Paolo Orrù, Rita Melis. Chi è Codevintec?Codevintec è riferimento per strumenti ad alta tecno-logia nelle Scienze della Terra e del Mare: • Geofisica terrestre e Studio del sottosuolo

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AZIENDE E PRODOTTI

• Vulcanologia e Monitoraggio sismico • Geofisica Marina e Rappresentazione dei fondali e

delle coste • 3D Imaging e Telerilevamento • Navigazione e posizionamento di precisione • Qualificato laboratorio di assistenza tecnica

www.codevintec.it

PROGETTO AMOR - ADVANCED MULTIMEDIA AND OBSER-VATION SERVICES FOR THE ROME CULTURAL HERITAGE

Il progetto AMOR - Advanced Multimedia and Observation services for the Rome cultural heritage - è una inizia-tiva NAIS nell'ambito del programma ARTES 20 IAP 5G per L'ART Business Applications Programme dell'Agenzia Spaziale Europea (ESA), cofinanziato dall'Agenzia spazia-le Italiana (ASI). Le attività del progetto sono iniziate a novembre 2020 e avranno una durata di 24 mesi.AMOR si propone di supportare sia le Istituzioni respon-sabili dei Beni Culturali (Soprintendenza speciale Arche-ologia, Belle Arti e Paesaggio di Roma; Sovrintendenza capitolina ai Beni Culturali di Roma) sia i visitatori, in termini di:

• Salvaguardia, tramite ispezione / monitoraggio multi-modale del sito;

• Fruizione, attraverso soluzioni avanzate di fruizione; Le tecnologie abilitanti AMOR comprendono: • Osservazione della Terra da satellite, utilizzata per:- identificazione e mappatura delle criticità,- valutazione dello stato di conservazione; • Navigazione satellitare utilizzata per il tracciamento dei visitatori (anonimizzato) e la derivazione dell'analisi dei dati; • Piattaforme aeree (sistemi UAV), dotate di sensori scelti sulla base di:- specificità della missione,- risoluzione spaziale più elevata; • Tecnologia GPR (Ground Penetrating Radar) utilizzata per:- prospezioni del sottosuolo;

Tecnologie per i Beni Culturali 33

- indagini sotto la superficie di strutture verticali (muri, colonne, ecc.); • Tecnologia 5G, che consente soluzioni di fruizione AR.

Le aree pilota, comprese nel centro storico di Roma (sito Unesco dal 1980), sono: • Terme di Caracalla; • Mura Aureliane (parte di);Il team proponente è composto da:- NAIS (Nextant Applications and Innovative Solutions) (Prime Contractor)- ICR (Istituto per la conservazione e il restauro)- CNR - IREA (Consiglio Nazionale delle Ricerche, Istituto per Il Rilevamento Elettromagnetico dell'Ambiente)- CoopCulture- ESRI- NITEL

L’ARCHEOLOGIA VISTA DAL DRONE...

Oggi vogliamo parlare di un caso studio avvenuto in un cantiere sito a Verona. Verona ha attraversato da pro-tagonista le epoche storiche, la sua posizione strategica l’ha spesso salvata da devastazioni. I conquistatori ave-vano interesse a conservare una città fortificata integra, di cui servirsi per il dominio sul territorio. Il centro sto-rico di questa fantastica città è caratterizzato da molte testimonianze, resti, monumenti ed edifici di ogni epoca e stile.Per numero di reperti è seconda solo a Roma. Come spesso accade nei centri storici italiani, buona parte dei reperti sono sottoterra, dai due ai tre metri al di sotto dell’attuale piano stradale.E’ quello che è successo nell’ennesimo cantiere della cit-tà Scaligera nei pressi di Borgo Venezia.Durante la fase di scavo per la predisposizione al cantiere di un nuovo fabbricato, i lavori si sono improvvisamente bloccati per il ritrovamento di uno scheletro umano di circa 2000 anni fa….Ovviamente sono intervenuti tempestivamente una squa-dra di archeologi, progettisti, architetti e topografi rile-vatori.La scelta è stata quella di fare immediatamente un volo con il drone per sorvolare tutta l’area del cantiere e rife-rire tutto il rilievo con le precedenti campagne di misura.

Con DJI Mini sono state fatte 3 missioni a 25 metri, di 10 minuti ciascuna.Con le prime 2 missioni nadirali, andando ad incrociare i 2 voli precedenti, la terza missione invece è stata effet-tuata con un volo circolare e la camera inclinata di 45°.Si è cercato di effettuare scatti fotografici con una so-vrapposizione almeno del 70%.Sono stati posizionati N°10 caposaldi rilevati con stru-mentazione GNSS, operazione necessaria sia per riferire il rilievo alle altre campagne di misura sia per migliorare le accuratezze del rilievo fotogrammetrico.Sono state eseguite ben 862 foto, un numero elevato di fotogrammi indispensabili per ottenere i risultati in foto-grafia qui sotto.Il tutto è stato elaborato con software 3DF-Zephyr.3DF-Zephyr si è dimostrato vincente per l’elaborazione di questo rilievo grazie ai suoi algoritmi brevettati.Infatti l’algoritmo SASHA è dedicato all’estrazione delle mesh e permette di ottenere un modello 3D con bordi nitidi e margini netti!Dal modello generato, sempre nell’ambiente 3DF Zephyr, è stato possibile estrarre le curve di livello e sezioni in punti strategici dell’area del cantiere.Per saperne di più sulla fotogrammetria e sull’elabora-zione con il software 3DF-Zephyr chiama lo 055 8954766

NUOVO DRONE DJI MAVIC 2 ENTERPRISE CON CAMERA TERMICA PER OPERAZIONI CRITICHELa DJI, azienda cinese leader nel mercato dei droni per scopi ludici, oramai affermata anche nel campo dei droni per operazioni più complesse, molto utili anche nel cam-po del Patrimonio Culturale, ha il suo nuovo prodotto: DJI Mavic Enterprise Advanced. Le novità rispetto ai prece-denti droni enterprise sono molteplici tra cui la camera, il sistema di posizionamento e vari accessori. La camera con un sensore da 1/2'' 48 MP, zoom digitale fino a 32x e una camera termica con risoluzione 640x512, frame rate di 30 Hz e zoom digitale fino a 16x può tornare molto uti-le nell'analisi termografica con notevoli applicazioni nel-lo studio dei manufatti architettonici, specie se storici, perché consente di vedere al di là della superficie opaca scoprendo, ad esempio, discontinuità materiali e strut-turali e quindi la presenza di cavità, vuoti, tamponature, occlusioni o anche antiche aperture. Un'altra utilità può

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essere anche una ripresa termografica di pareti e soffitti di ampia estensione per il rilievo del grado di umidità, dovuto ad infiltrazioni non definibili dalla colorazione de-gli intonaci, con indubbio vantaggio per stabilire ampiez-za e profondità d’intervento su affreschi, tinteggiature e crescita spontanea di vegetazione a macchia sui tratti murari di rovine ed edifici storici e le relative variazioni subite nel corso del tempo.Di seguito il commento di uno dei responsabili della DJI:“Abbiamo notato che i nostri consumatori Enterprise hanno utilizzato Mavic 2 Enterprise per condurre ispe-zioni industriali dove una migliore precisione e risolu-zione maggiore per sensori termici e di visualizzazione rappresentavano funzioni essenziali per operare in modo preciso. Grazie ai nuovi aggiornamenti, Mavic 2 Enter-prise Advanced si trasforma nel drone must-have ideale per questo tipo di ispezioni complesse,” dice Christina Zhang, responsabile DJI per le strategie aziendali. “I pro-fessionisti dell'ispezione saranno in grado di individuare difetti e anomalie con maggiore dettaglio ed eseguire operazioni e manutenzione in modo più efficace. Infine, i primi soccorritori e i vigili del fuoco saranno in grado di localizzare rapidamente le vittime, identificare i punti caldi e schermare i rischi di incendio per redigere piani di salvataggio mirati, mantenendo il personale al sicuro ".

Specifiche della camera termicaGrazie ai suoi doppi sensori avanzati con una telecamera con risoluzione termica HD 640×512 px e una telecamera visiva da 48 MP con un sensore CMOS da 1/2 ", i profes-sionisti saranno in grado di prendere decisioni informate identificando rapidamente gli oggetti sul posto. La ter-mocamera presenta un frame rate di 30 Hz e consente una precisione di misurazione della temperatura di ± 2 ° C. I piloti possono passare da feed visivi, termici o con vista divisa per diverse esigenze di progetto. Mavic 2 En-terprise Advanced può acquisire immagini HD e video 4K da una distanza di sicurezza. I suoi sensori della teleca-mera ad alta risoluzione supportano uno zoom digitale 32x e uno zoom termico 16x, consentendo agli operatori di concentrarsi sui dettagli che contano sulle missioni di ispezione aerea.

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AZIENDE E PRODOTTI

Altre caratteristicheSpot Meter – Visualizza la temperatura media di un ogget-to, aiutando i piloti a mantenere una distanza di sicurez-za durante il monitoraggio di oggetti critici o pericolosi.Area Measurement – Individua i punti con valori di tem-peratura minima, media e massima, così come le corri-spondenti posizioni di ciascuna area, permettendo agli ispettori il rilevamento rapido di soggetti e determinare eventuali aree surriscaldate.

Sistema di posizionamento centimetricoIl nuovo DJI Mavic 2 Enterprise Advanced può essere dota-to di un modulo DJI RTK (disponibile separatamente) che raggiunge una precisione al centimetro e supporta NTRIP, che consente al drone di resistere alle interferenze elet-tromagnetiche rendendolo ideale per le ispezioni power-line. Gli operatori possono creare fino a 240 waypoint per condurre missioni di ispezione automatizzate e dettaglia-te in ambienti complessi. Il formato leggero e portatile di Mavic 2 Enterprise Advanced offre la massima agilità in quanto può decollare in meno di un minuto e sfrecciare attraverso ambienti operativi complessi grazie a velocità di salita e discesa più elevate.

Accessori utiliFaro – Il faretto con una luminosità di 2.400 lumen aiuta le operazioni di notte e in condizioni di luce scarsa o diurne complesse come nebbia e fumo.Speaker – Un altoparlante con una proiezione massima di 100 decibel (1 m di distanza) è in grado di memorizzare più registrazioni vocali e riprodurre clip in loop consen-tendo la comunicazione con le squadre di terra durante le situazioni di emergenza per operazioni efficienti.Lampeggiante – Conforme agli standard di certificazione FAA (Federal Aviation Administration) per la segnalazione notturna, il lampeggiante M2E è dotato di una potente luce stroboscopica visibile fino a 4,8 km di distanza. Au-menta la sicurezza delle operazioni notturne o in con-dizioni di scarsa luminosità, segnalando la presenza del drone ai piloti di altri velivoli nelle vicinanze.DJI Smart Controller – E’ dotato di un display ultra-lumi-noso 1080p da 5,5 pollici per visualizzare immagini nitide anche sotto la luce solare diretta.

Tecnologie per i Beni Culturali

RECENSIONE

In quanti modi è possibile "aumentare" la realtà? La tecnologia è l'unico modo in cui è possibile raggiun-

gere questo obiettivo? È possibile parlare di etica di-gitale applicata ai beni culturali? Nella prima parte del volume l'autore affronta queste tematiche in un percorso sistematico analizzandone le reciproche in-fluenze per poi introdurre la Spatial Augmented Rea-lity (SAR), affrontando - in modo teorico - i metodi ad oggi disponibili con cui è possibile far coincidere scena reale e modello digitale attraverso l'approccio video proiettivo. La seconda parte è dedicata all'approfon-

dimento della SAR sul patrimonio artistico e culturale, analizzando la parte relativa al metodo e alla proget-tazione che ha ispirato le installazioni, curate dallo stesso autore. Il volume, sintesi dei precedenti scritti dallo stesso autore, da cui sono eslcuse tutte le parti manualistiche, amplia con ulteriori approfondimenti il tema dell’Augmented Heritage, è rivolto a tutti gli studiosi che desiderano avere un approfondimento sistematico, teorico e di indirizzo su tale disciplina, attraverso uno sguardo quanto più ampio possibile sui metodi culturali della progettazione multimediale.

Augmented heritAge dAll'oggetto esPosto All'oggetto nArrAto

AUTORE: DONATO MANIELLO

PREFAZIONE: SANDRA LUCENTE

EDITORE: EDIZIONI LE PENSEUR

PAGINE: 304

PREZZO: € 34

ISBN: 978-88-95315-69-0

a cura di Aracne Editrice

M

ONITORAGGIO 3

D TELE

RILEVAMENTO

FORMAZIONE

RIC

ERC

A E

INNOVAZIONE

GIS E WEBGIS

GNSS

www.gter.it [email protected]

36 ArcheomaticA N°1 marzo 202136 ArcheomaticA N°1 marzo 2021

AGORÀ

Monitoraggio sismico in tempo reale per il Tempio di Nettuno a Paestum – Il tempio meglio con-servato della Magna Grecia da marzo 2021 è soggetto a un moni-toraggio sismico continuo grazie a una collaborazione tra il Parco Archeologico di Paestum e Velia e il dipartimento di Ingegneria Civile dell’Università di Salerno. Quattordici punti di misura, rea-lizzati con sensori di ultima tec-nologia, sviluppati nell’ambito della ricerca sulle onde gravita-zionali, sono stati posizionati sul-le parti alte dell’edifico di V sec. a.C. e nel sottosuolo, per misu-rare in tempo reale ogni minimo movimento della struttura mille-naria. La precisione degli acce-lerometri è tale da poter regi-strare non solo attività sismiche, ma anche l’impatto del traffico e persino del vento sul tempio. Tali dati, dal momento che vengono raccolti in maniera sistematica, aiuteranno a elaborare un model-lo del comportamento dinamico dell’edifico e saranno fondamen-tali per rintracciare cambiamenti strutturali, non visibili a occhio nudo, che potrebbero rappresen-tare un rischio.

“Si tratta di un’integrazione virtuosa tra ricerca applicata e tutela – commenta l’Ing. Luigi Petti dell’Ateneo salernitano - che impiega tecnologie e sensori altamente innovativi, sviluppati dal Professore Fabrizio Barone per applicazioni nei settori della sismologia e della geofisica, in-tegrando le conoscenze di molti settori scientifici, tra cui l’arche-ologia, l’architettura, la geologia e l’ingegneria strutturale. Tali attività rientrano in un progetto di ricerca più ampio, a cui parte-cipano, tra l’altro, le Università di Roma La Sapienza e di Kassel in Germania. È, inoltre, iniziata una collaborazione con l’ISPRA per attività di monitoraggio sui beni culturali”.Il sistema di monitoraggio è stato progettato dall’arch. Antonella Manzo, già responsabile dell’uf-ficio UNESCO del Parco archeo-logico, in collaborazione con il professore Luigi Petti del Diparti-mento di Ingegneria civile dell’U-niversità di Salerno; i lavori sono stati diretti dall’arch. Luigi Di Muccio della Soprintendenza ABAP di Caserta e Benevento.

I dati sono stati immessi in rete sul sito del ParcoIl datacenter dell’Università di Salerno, d’intesa con il Parco ar-cheologico, consentirà l’accesso ai dati a enti di ricerca da tutto il mondo, previa stipula di una con-venzione non onerosa. Intanto, una parte dei dati è accessibile liberamente in tempo reale sulla pagina del sito istituzionale del Parco Archeologico di Paestum e Velia:

www.museopaestum.benicultu-rali.it/monitoraggio-sismico-del-tempio-di-nettuno/

“In questa maniera – commenta Maria Boffa, funzionaria per la comunicazione del Parco – ci si può connettere da tutto il mon-do per seguire il comportamento dinamico del tempio di Nettuno in tempo reale. Ovviamente i dati messi on line sono in uno stato ‘crudo’ e parziale e per accede-re ai dataset completi bisogna effettuare un’apposita richiesta. Per avere un’idea di cosa esat-tamente stiamo parlando, si può fare una prova e osservare in vi-deo una oscillazione del monu-mento in diretta proprio nell’o-rario di transito del Frecciarossa, oppure quando la situazione me-teorologica a Paestum non è del-le migliori. In tal modo, speriamo di sensibilizzare il pubblico verso un campo di ricerca che a lungo è stato riservato agli addetti ai lavori e far capire come la tecno-logia può aiutare nella tutela del patrimonio”.

Novità dagli scavi lungo le fonda-zioniPer il posizionamento dei sensori nel sottosuolo sono stati effettua-ti nuovi scavi lungo le fondazioni del monumento. Le indagini, co-ordinate dai funzionari archeolo-gi Daniele Rossetti e Francesco Scelza, hanno riservato più di una sorpresa agli studiosi. “Può

Tecnologie per i Beni Culturali 37

sembrare strano – sottolinea il direttore del Parco archeologico, Gabriel Zuchtriegel – ma sono i primi scavi stratigrafici controlla-ti e documentati in maniera cor-retta sul tempio di Nettuno, uno dei monumenti dorici più famosi del mondo antico. E a volte sono proprio i monumenti più celebri - che sembrano stranoti anche se in realtà non lo sono - che na-scondono ancora delle sorprese. Nel nostro caso, è soprattutto la cronologia che abbiamo potu-to chiarire grazie alla fortuna di trovare una stratigrafia intatta che ancora contiene la storia del cantiere del tempio. In passato, Dieter Mertens ipotizzò sulla base di alcuni dettagli del podio che il tempio originariamente fosse sta-to progettato come un periptero di 8 x 19 colonne, per poi esse-re riprogettato in una forma più ‘moderna’ con 6 x 14 colonne. I nostri scavi hanno dimostrato che tutta la parte delle fondazioni effettivamente risale al perio-do tardo-arcaico, circa mezzo secolo prima della terminazione del progetto intorno al 460 a.C. Come nelle grandi cattedrali del medioevo, anche qui dobbiamo immaginare un cantiere che si protraeva per più generazioni, con ripensamenti, aggiustamenti e cambiamenti in corso d’opera. Inoltre, lo scavo ci ha messo nel-la condizione di ricostruire come la costruzione del tempio abbia comportato una rimodulazione del paesaggio circostante. Prima di iniziare la costruzione, l’area dove sarebbe sorto il tempio era stata livellata, però senza abbas-sare il livello molto al di sotto del piano di campagna. Su un sottile strato di sabbia di mare, riscon-trato in tutti e quattro i saggi lungo le fondazioni, furono poi messe le fondamenta che erano dunque quasi completamente al di sopra del piano di campagna. Solo successivamente furono co-perti di terreno, creando così una specie di collinetta artificiale in-

torno al podio del tempio che si può apprezzare ancora oggi. Tutto ciò ha arricchito in manie-ra straordinaria la nostra cono-scenza del tempio dorico meglio conservato della Magna Grecia; è un episodio che ancora una volta fa capire come tutela e ricerca siano due facce della stessa me-daglia”. Il progetto finanziato con Artbo-nusI lavori per la messa in opera del sistema di monitoraggio sono sta-ti finanziati con donazioni arriva-te attraverso il portale Artbonus del Ministero della Cultura che prevede sgravi fiscali a chi sostie-ne la tutela e la valorizzazione di beni culturali. Tra i maggiori contribuenti la famiglia di Sabato D’Amico, titolare dell’omonima azienda di Pontecagnano, e Ro-berto Savarese di Sorrento Sapori e Tradizioni Srl. “Donare per la realizzazione del progetto di monitoraggio ci ha fatto sentire custodi della sto-ria – dichiara Sabato D’Amico -. Con la nostra azienda cerchiamo di affermare il made in Italy in

tutto il mondo e di contribuire allo sviluppo di questo territorio della Piana del Sele, così ricco di risorse naturali e di cultura. Es-sere un mecenate significa creare un rapporto saldo con importanti realtà come il Parco Archeologico di Paestum e Velia che quotidia-namente tutelano e valorizzano i nostri beni culturali per scrivere un progetto di crescita di più am-pio respiro che guarda al futuro”.

Come evdenzia il direttore, il progetto, in virtù della sua po-livalenza “è un esempio concre-to di quanto si riesce a fare in un’ottica di integrazione virtuo-sa tra tutela, ricerca e coinvol-gimento del territorio grazie alle possibilità che si sono aperte con la riforma dei beni culturali e con la legge Artbonus”.

Fonte: www.museopaestum.beni-culturali.it/

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Il Louvre virtuale cambia – Il Louvre, il grande museo parigino, a causa della pandemia è chiuso da mesi. Un duro colpo per la cul-tura, la critica e la ricerca: ognu-no che ami l’arte e’ consapevole che e’ creata per essere fruita. Ancora una volta la tecnologia va incontro all’arte, alla didattica e al turismo, si dimostra arte, e l’intera collezione parigina - composta da centinaia di migliaia di pezzi - è online, su un nuovis-simo sito web, ma questa volta dedicato quasi esclusivamente al Louvre.Il database ‘Louvre Site des Col-lections’ contiene, infatti, oltre alle sue opere, le sculture dei giardini del Carrousel e delle Tui-leries, quelle del Musée National Eugène Delacroix e le opere re-cuperate dopo la seconda guerra mondiale. Per la prima volta il museo, forse il più visitato dai turisti che ci sia, compare scor-porato dalle basi dei dati di Cata-logo dei musei francesi denomi-nate Atlas e Joconde, da decenni accessibili alle curiosità e alla ri-cerca degli appassionati di tutto

il mondo e create a partire dagli anni Settanta.Sul sito le schede delle opere vengono periodicamente aggior-nate nel campo bibliografico dagli esperti del museo e rese disponibili all’utente con una ca-talogazione abbinata a strumenti anche intuitivi e semplici. Inoltre è corredato da una mappa inte-rattiva che consente ai visitatori di addentrarsi stanza per stan-za. Un avviso ai naviganti circo-scrive la bibliografia, che, senza pretendere di essere selettiva o esaustiva, e’ limitata alle attività più strettamente museali.Come di consueto, le collezioni possono essere approfondite in diversi modi: ricerca semplice o avanzata, album a tema e voci smistate per dipartimento cura-toriale. In aggiunta, il sito stes-so del museo è stato ottimizzato e diviso in tre sezioni principali: ‘visiter’, ‘découvir’, ‘en ce mo-ment’.«L’accessibilità è il cuore del-la nostra missione» ha ribadito Jean-Luc Martinez, direttore del museo, il quale è convinto che questa corsa digitale possa in qualche modo alleviare e non so-stituire la mancanza di visite allo straordinario monumento france-se.Come spesso accade, le revisio-ni parziali e gli aggiornamenti non sempre contribuiscono ad arricchire e ad approfondire la schedatura storica dell’oggetto artistico: a tutti gli esperti e’ consigliabile accedere alle più vecchie basi dati per le vicende collezionistiche dell’opera, che il criterio di obiettività dei curatori ha deontologicamente e profes-sionalmente mantenuto in linea, anche per quanto attiene alla documentazione fotografica, con l’alta definizione adottata vera-mente apprezzabile, a portata di mano per tutti gli interpreti.A campione, tra le opere più ce-lebri della collezione, per quan-to attiene in dettaglio alla Mor-

te della Madonna di Caravaggio, la scheda di catalogo del Louvre finalmente pubblica la sua pro-venienza dalla collezione di Car-lo I d’Inghilterra. Dato desunto dall’edizione del 1757, con una nota di Horace Walpole, dei due manoscritti di Oxford, che si datano al 1639, del Catalogo di Abraham van der Doort, curatore della raccolta reale, che vi de-scriveva: “Dorcas lying dead, by Michael Angel Caravagio”, ven-duta ad Everhard Jabach e da questi poi a Luigi XIV, sancita la prima appartenenza nel 1607 alla raccolta Gonzaga. L’accessibilità online del dato e’ oggi confron-tabile in parte con il manoscritto legato di Van der Doort conserva-to dal Royal Collection Trust. La perplessità derivava dal significa-to di ‘Dorcas’, nome greco di Ta-bita e dall’interpretazione di Van der Doort e, conseguentemente di Walpole, del soggetto del Tran-sito della Vergine come di una Resurrezione di Tabita, dagli Atti degli Apostoli.Ora, se e’ vero che artisti italia-ni come Raffaello, Leonardo, Mi-chelangelo, Tiziano o Caravaggio appartengono ad ogni cultura e anche alla lingua francese, che nei secoli li ha ‘tradotti’, appro-priandosene, e’ pur vero che l’u-so ha restituito nel secolo scorso il nome in lingua originale di qua-si ogni artista od autore incluso negli indici di catalogo redat-ti dagli schedatori di ogni parte del mondo, come prima voce del nome autore identificato. Non e’ ancora così per lo strumento parigino che accoglie come nomi d’autorità: Raphael, Leonard, Mi-chelange, Titien, Caravage, che qualunque correttore automati-co tenderà oggi a correggere. In fondo in fondo, automatismo per automatismo, e’ pur vero che lo stesso correttore non muterebbe immediatamente in Delacroix il pittore che per avventura scri-vessimo ‘Della Croce’. Sono ban-che dati storicizzate, oltre che

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Tecnologie per i Beni Culturali 39Tecnologie per i Beni Culturali

una fonte preziosa per entrare nella cultura che le ha formate. Secondo una prassi corrente nei cataloghi museali, a chi li con-sulta converrà scorrere tutte le forme del nome accettate per avere una visione più completa della reale consistenza delle ac-quisizioni. Del resto, il catalogo museale da sempre ha accolto il principio storico dell’opera d’ar-te come documento inventariato, dalla quale, come dai dati della sua esposizione o meno e in qua-li raccolte, si dipanano le fonti biografiche sull’artista. Criterio fondamentale sotto il profilo cri-tico, poiché il titolo soggettivo delle singole opere raramente e’ rimasto immutato nel corso del tempo, anche se solo spostate

da una parte all’arte dello stesso edificio: l’iconologia e’ la disci-plina storico-artistica che identi-fica un’opera d’arte indicizzando inoltre gli innumerevoli appella-tivi che le siano stati attribuiti nei secoli, e non soltanto, talora, i disparati creatori.Una piacevole scoperta per il visitatore abituale, aneddotica gia’ per Stendhal, a ben vedere più di noi informato sull’origine delle più importanti raccolte eu-ropee, può essere quella che ri-guarda più da vicino la revisione dei dati di provenienza al Louvre di opere incluse nel Trattato di Tolentino: cioe’ il fatto che non vengano più archiviate nel siste-ma come ‘conquete de guerre’, ma semplicemente come ‘achat’,

‘acquisto’. Pur sempre in cambio della vita del pontefice Pio VII, quando erano le opere d’arte ita-liana, e non così frequentemente i loro creatori, come accade oggi, a fuggire all’estero. Del resto il Ministero della Cultura italiano, ancora oggi, non fa che spiazzare i suoi direttori di museo, come se la lingua italiana, anche in tema di banche dati, non avesse saputo parlare all’arte e dell’arte che ha creato. Il Louvre, analogamente alla maggior parte dei più impor-tanti musei italiani, e’ accessibi-le quindi, e non solo, si mostra per quello che e’: un laboratorio di assidua ricerca inestimabile ed inevitabilmente discutibile che non ha mai smesso di essere un evento.

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40 ArcheomaticA N°1 marzo 2021

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40 ArcheomaticA N°1 marzo 2021

Zamani Project: la salvaguardia di siti in via di estinzione attraverso tecnologie all’avanguardia. – Il pa-trimonio culturale è il fondamen-to di ogni società e cultura. Con sede presso la School of Architec-ture Planning and Geomatics della Faculty of Enginerring & the Built Enviroment, Zamani Project è un gruppo di ricerca che ospita uno dei database più estesi al mondo di siti e strutture del patrimonio cultura-le africano, sviluppato utilizzando la più moderna tecnologia di docu-mentazione. Con il sostegno delle Fondazioni Mellon, Saville e della tecnologia Epic Games, il proget-to Zamani ha documentato più di 250 strutture, siti d’arte rupestre e statue in 65 siti del patrimonio in 18 paesi: in Africa, Medio Oriente, Sud-est asiatico ed Europa.Nel 2001 Heinz Ruther fondò il pro-getto, per sostenere i siti molto spesso privi di documenti, scarsa-mente documentati e minacciati da danni o distruzione. Il suo fine principale è lo sviluppo della con-sapevolezza del patrimonio, il senso di appartenenza e il rispet-to verso le altre culture. Numerosi ricercatori e professionisti insieme al Word Monuments Fund e al Con-servation Institute hanno collabo-rato al progetto. Non sono mere immagini, sono delle vere e proprie rappresentazioni dei siti puntuali e curate nei minimi dettagli. Attra-verso l’utilizzo del laser scanner, fotogrammetria e droni, la strut-tura o l’oggetto viene rilevato nei suoi punti precisi. I dati sono utili al fine di generare modelli 3D, si-

stemi d’informazione geografica, sezioni, piante e tour panoramici. Inoltre con la parecipazione di in-dustrie tecnologiche come Zoller e Frolich e l’utilizzo del software Re-ality Capture.In collaborazione con Word Monu-ments Fund, il progetto Zamani ha intrapreso due campagne per docu-mentare le undici chiese rupestri di Lalibela in Etiopia. Le chiese furono costruite nella città di Roha, ribat-tezzata Lalibela in onore del re. Il luogo attualmente è una città mo-nastica, isolata a 2.630 metri di al-tezza, protetta e circondata da una barriera naturale di montagne alte più di 4.000 metri nel cuore degli altipiani a nord dell’Etiopia, nella regione degli Amhara. Dal 1968 le chiese monolitiche furono dichia-rate patrimonio dell’UNESCO: sca-vate nella roccia, costituiscono uno dei migliori esempi di arte etiope medievale, la cui costruzione viene comunemente datata tra il 1181 e il 1221. Circondate da fossati, sono scavate a 15 metri di profondità in una roccia molto fragile e, ricava-te dalla materia circostante, sem-brano sgorgare dalla terra. Heinz Ruther, nella seconda campagna sul campo intrapresa nel 2017, in-sieme al team ha svolto un’indagi-ne dettagliata di follow-up di due delle chiese per rilevare e quanti-ficare possibili deformazioni nelle strutture rocciose. I sacerdoti di Lalibela hanno inoltre riferito al Word Monuments Fund che pezzi di roccia cadevano dal soffitto duran-te la celebrazione dell’Epifania di Timkat. Il progetto Zamani è stato incaricato di scansionare la par-te più sacra della chiesa, dove fu sepolto il Re Lalibela. Si tratta di una cappella scavata nel sottosuo-lo, parte della quale è al di sotto di un cortile. La morfologia della struttura è complessa, ma l’esperto di conservazione del patrimonio del World Monuments Fund ha spiegato che, collegando tutti i modelli del sito creati da Zamani, sono stati in grado di comprendere non solo

i singoli modelli, ma anche vedere per la prima volta come si adattano nel loro insieme. Sono state fornite informazioni su un’area di circa 30 cm di roccia tra la parte superiore dell’arco e il pavimento del cortile soprastante che era instabile. Una rivelazione incredibile che ha cam-biato la modalità di conservazione in quella particolare area del sito. Senza l'utilizzo delle tecniche di scansione Lidar Light Detection and Ranging che Zamani ha impiegato, sarebbe stato molto difficile stabi-lirlo. Nell’agosto del 2019 il team del progetto Zamani ha documen-tato la House of Wonders a Stone Town, Zanzibar. Costruito nel 1883 con colonnati metallici, è uno de-gli edifici più imponenti dell’antica Stone Town ed ospita oggi il Zanzi-bar National Museum of History & Culture. La sua struttura fu molto innovativa, il primo edificio a Za-zibar ad avere l’elettricità ed il primo in Africa orientale ad avere un ascensore. Friedrich Klutsch, regista di documentari e direttore della compagnia cinematografica DEMAX, ha lavorato per 10 giorni con il team del progetto Zamani sul posto. DEMAX nel dettaglio sta pro-ducendo una serie di film incentrati sullo scambio avvenuto tra il Sulta-nato dell’Oman e l’Africa Orienta-le nel corso dei secoli e ha scelto la House of Wonders come spazio espositivo virtuale per gli elementi di questo scambio. DEMAX sta im-portando i dati del progetto Zamani in programmi software per creare immagini 3D generate dal computer per la loro serie di film. Lo stesso Klutsch ha affermato che è la prima volta che viene utilizzata la scan-sione LIDAR in questa misura e che la sua speranza risiede nello stabi-lire una connessione tra il pubblico moderno, la storia e il patrimonio. La scelta di lavorare con il progetto Zamani non è stata casuale: l’utiliz-zo di attrezzature all’avanguardia e la loro esperienza nella tecnologia di mappatura spaziale è ciò che Klutsch cercava.

Tecnologie per i Beni Culturali 41Tecnologie per i Beni Culturali

Il database dei papiri del Museo Egizio di Torino – Visitando il Mu-seo Egizio di Torino si ha la possi-bilità di ammirare moltissimi papiri che, tuttavia, sono solo una minima parte dell’enorme patrimonio papi-raceo totale che ammonta a quasi 700 manoscritti interi o riassembla-ti e oltre 17.000 frammenti. Numeri così alti palesano le grandi difficol-tà nella conservazione e nello stu-dio di documenti antichi di millenni e, di conseguenza, molto fragili. Per chi non lo sapesse, ormai da più di un anno, è possibile previa regi-strazione, consultare tutti questi antichi papiri tramite il database online.“Turin Papyrus Online Platform (TPOP)“ è quindi uno strumento fondamentale che, al momento, mette a disposizione dei professio-nisti che si registreranno al portale 230 papiri, oltre a 50 documenti consultabili liberamente da chiun-que. In ogni caso, il progetto pre-vede il continuo incremento degli open data pubblicati.Il catalogo virtuale comprende: numero d’inventario; foto ad alta definizione di entrambe le facce dei papiri; misure; trascrizione, traslitterazione in geroglifico e tra-

duzione (al momento solo in ingle-se) dei testi contenuti; riferimenti bibliografici; informazioni sulla sto-ria e sul contesto di ritrovamento dell’oggetto; approfondimenti sul restauro e sulle analisi tecnologi-che effettuate.Come detto, l’apertura all’intera comunità scientifica internazionale permetterà che l’implementazione del database usufruisca non solo del lavoro dei curatori torinesi, in particolar modo della responsabile della collezione dei papiri, Susanne Töpfer, ma di chiunque lavori nel campo.Oltretutto a TPOP è stato da poco riconosciuto il prestigioso Premio del Patrimonio/Premi Europa No-stra 2020 nella categoria ricer-ca. Questa la motivazione della giuria che ha assegnato il pre-mio: “L'Europa ha numerose col-lezioni papirologiche e raccolte di

papiri, una ricchezza documentaria che testimonia l'interesse europeo per l'Orientalismo, emerso nel XVIII secolo e presente fino al XIX seco-lo, che ha permeato la sua cultura materiale. Lo sviluppo di una tale piattaforma online, di libero acces-so e ad alta risoluzione, è di grande valore per i musei, soprattutto in considerazione del suo potenziale di essere utilizzato per la creazione di un museo digitale europeo che riunirebbe un patrimonio disper-so, una raccolta virtuale omogenea che sarebbe impossibile realizzare a livello materiale. L'applicazione di strumenti dell’era digitale con-tribuisce allo sviluppo della cono-scenza, alla conservazione della cultura materiale e alla sua acces-sibilità, sia per gli studiosi che per il pubblico generale, promuovendo-ne la diffusione”.

Dal 2005 al 2009 il progetto Zama-ni ha documentato spazialmente Kilwa Kisiwani, attraverso quat-tro campagne. Le strutture docu-mentate includono: la Gereza, la Grande Moschea, l'Husuni Kubwa, il Makutani Building e la Moschea Ma-lindi. Kilwa Kisiwani, città storica, situata a circa 300 Km a sud di Dar es Salaam, è il principale sito stori-co nel sud della Tanzania. Tra il XIII e il XVI secolo era una fiorente città commerciale, porto centrale per il commercio nell’ Oceano Indiano di avorio, oro, legname, porcellana, gioielli, perle e abbigliamento. Gli edifici storici furono costruiti con materiali calcarei mescolati con il corallo. Nel 1981 venne dichiarata

patrimonio dell’umanità dall’UNE-SCO e nel 2004 è stato incluso tra i siti in pericolo. Difatti è in corso un rapido deterioramento a causa di diversi agenti quali la vegetazione e l’erosione. La consapevolezza e l’apprezzamento dei siti del patri-monio culturale è importante anche presso le comunità locali, poiché i materiali vengono spesso rimossi dalle strutture per essere utilizzati come materiale da costruzione.Il progetto Zamani è un valido so-stegno per la conservazione di que-sti siti. Il suo team non si fermerà e continuerà a lavorare verso la visione di una società in cui le ge-nerazioni attuali e future abbiano accesso e proteggano il patrimonio

culturale africano e internazionale. Sebbene il COVID-19 abbia impedito al team di intraprendere gran parte del lavoro sul campo pianificato per il 2020, hanno lavorato duramente per elaborare dati per la creazione di nuovi prodotti digitali, inclusa la documentazione per l’Iziko South African Museum. Quando tutto ri-tornerà alla normalità hanno in pro-gramma di documentare altri siti. L'uso delle nuove tecnologie in am-bito archeologico è particolarmen-te significativo. La strumentazione tecnologica, se adeguatamente uti-lizzata, consente di ristabilire con-nessioni con un tempo remoto.

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10 - 14 MAGGIO 2021Conferenza Esri Italia 2021 Digital WeekRoma (Italy)www.geoforall.it/kyk4w

21 - 25 GIUGNO 2021O3A - Optics for Arts, Architecture, and Archaeology VIIIGermania (Digital)https://spie.org/

19 – 23 LUGLIO 2021ICC - InternationalCartographic Conference2021Firenze (Italy)www.geoforall.it/kfurw

24 -27 AGOSTO 2021YOUNG RESEARCHER IN ARCHAEOMETRYEVORA (PORTUGAL)www.yra4.uevora.pt/

8 – 9 SETTEMBRE 2021RESTAURO IN TOURwww.salonedelrestauro.com

27 – 30 SETTEMBRE 2021GIScience 2021Poznan (Poland)www.giscience.org

30 SETTEMBRE - 3 OTTOBRE 2021BMTA 2021PAESTUMwww borsaturismoarcheologico.it/

6 – 8 OTTOBRE 2021Dronitaly “Working withDrones” 2021Bologna (Italy)www.dronitaly.it

20 - 22 OTTOBRE 2021MetroArchaeoMilanowww.metroarcheo.com

2 - 4 NOVEMBRE 2021CHNT 26 - Conference on Cultural Heritage and New TechnologiesVienna (Austria)https://www.chnt.at/

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Paestum Salerno30 settembre - 3 ottobre 2021

12 eventi unici al mondo tutti in una Borsa

ArcheoExperience Laboratori di Archeologia Sperimentale per la divulgazione delle tecniche utilizzate dall’uomo nel realizzare i manufatti di uso quotidiano.

ArcheoIncomingSpazio espositivo e Workshop con i tour operator che promuovono le destinazioni italiane per l’incoming del turismo archeologico.

ArcheoIncontri Conferenze stampa e presentazioni di progetti culturali e di sviluppo territoriale.

ArcheoLavoro Orientamento post diploma e post laurea con area espositiva dedicata alle Università per la presentazione dell’offerta formativa e delle figure professionali.

ArcheoStartUp Presentazione di nuove imprese culturali e progetti innovativi nel turismo culturale e nella valorizzazione dei beni archeologici in collaborazione con l’Associazione Startup Turismo.

ArcheoVirtual Mostra e Workshop internazionali di realtà virtuale e robotica in collaborazione con ISPC Istituto di Scienze del Patrimonio Culturale del CNR.

Conferenze Organizzazioni Governative e di Categoria, Istituzioni ed Enti Locali, Associazioni Culturali e Professionali si confrontano su promozione del turismo culturale, valorizzazione, gestione e fruizione del patrimonio.

Incontri con i Protagonisti Il grande pubblico con i più noti Divulgatori culturali, Archeologi, Direttori di Musei, Accademici, Giornalisti.

International Archaeological Discovery Award “Khaled al-Asaad” Il Premio alla scoperta archeologica dell’anno intitolato all’archeologo di Palmira che ha pagato con la vita la difesa del patrimonio.

Premi “Antonella Fiammenghi”“Paestum Mario Napoli” “Sebastiano Tusa”Assegnati a personalità impegnate a favore dell’archeologia, del dialogo interculturale, del turismo archeologico subacqueo e a laureati con tesi sul turismo archeologico.

Salone Espositivo Salone Internazionale unico al mondo che promuove le destinazioni turistico-archeologiche con 100 espositori, di cui 20 Paesi.da giovedì 30 settembre a sabato 2 ottobre ore 10-19; domenica 3 ottobre ore 10-13

Workshop con i buyer esteri selezionati dall’ENIT e i tour operator nazionali Incontro dei buyer esteri selezionati dall’ENIT (provenienti da 8 Paesi Europei) e dei tour operator nazionali con l’offerta del turismo culturale.sabato 2 ottobre ore 10-14 | 15-18

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Ideazione e Organizzazione

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