teatro festival magazine

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segue in penultima dicembre 2010 - gennaio 2011 di Fondazione Teatro Due Al gentile Cittadino La situazione del Teatro e di tutto il settore artistico-culturale in Italia è in questo momento ai limiti del collasso. Negli ultimi dodici anni tutti i governi hanno progressivamente tagliato i fondi per la cultura e lo spettacolo dal vivo indebolendo di fatto un tessuto artistico, produttivo e occupazionale vitale per il Paese: siamo oltre duecentomila, siamo precari, siamo intermittenti e non tutelati in materia di diritti e di garanzie sociali. La cultura non produce soltanto ricchezza e lavoro: è patrimonio collettivo e insieme investimento per il futuro, soprattutto in tempi di crisi. L’accesso alla cultura e al sapere è un diritto inalienabile del cittadino. Eppure, il nostro Paese investe in cultura meno dello 0,3% del PIL: una delle ultime posizioni in Europa, mentre in Francia, Germania e Stati Uniti – nonostante la crisi - i governi hanno accresciuto gli investimenti statali alla cultura. I continui tagli al F.U.S. (Fondo Unico per lo Spettacolo) stanno mettendo in ginocchio teatri pubblici e privati, teatri d’innovazione e di sperimentazione, compagnie indipendenti e festival: sono a rischio le produzioni e le programmazioni della stagione in corso oltre ai tanti posti di lavoro di professionisti e tecnici del settore. Nel 2009 abbiamo speso in interessi passivi sul debito pubblico italiano, 71 miliardi e 288 milioni di euro, che diviso 365 fa più di 195 milioni al giorno. Per il FUS 2011 è prevista una spesa di 262 milioni, una cifra pari a quanto speso ogni 32 ore per interessi passivi sul debito pubblico nel 2009! Molti dei signori che negli anni ‘80 hanno accumulato questo debito sono ancora lì, nel Governo, nel Parlamento e nei TG di tutti i giorni... Abbiamo bisogno del Tuo sostegno per chiedere alle Istituzioni che ci governano il ripristino delle risorse destinate al teatro, insieme ad una profonda riforma del sistema e delle regole che lo governano: regole condivise per ripensare ad una più equa distribuzione e trasparenza dei finanziamenti, secondo criteri di qualità e innovazione, regole che sostengano con coraggio realtà produttive capaci di leggere il presente, forti di pluriennali esperienze, pronte a progettare il futuro. Parma, tra le prime città in Italia, ha in sé questo grande capitale umano e intellettuale, un plusvalore che va difeso e potenziato anche, e soprattutto, per le generazioni future. Una comunità che va a teatro è una comunità che sa scegliere, partecipare, immaginare oggi il domani, nella consapevolezza delle proprie origini storiche e culturali.

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Il magazine di Fondazione Teatro Due

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Page 1: Teatro Festival Magazine

segue in penultima

d i c e m b r e 2 0 1 0 - g e n n a i o 2 0 1 1 d i F o n d a z i o n e Te a t r o D u e

Al gentile Cittadino La situazione del Teatro

e di tutto il settore artistico-culturale in Italia è in questo momento ai limiti del collasso.

Negli ultimi dodici anni tutti i governi hanno progressivamente tagliato i fondi per la cultura e lo spettacolo

dal vivo indebolendo di fatto un tessuto artistico, produttivo e occupazionale vitale per il Paese: siamo oltre duecentomila, siamo precari,

siamo intermittenti e non tutelati in materia di diritti e di garanzie sociali. La cultura non produce soltanto ricchezza e lavoro: è patrimonio collettivo e

insieme investimento per il futuro, soprattutto in tempi di crisi. L’accesso alla cultura e al sapere è un diritto inalienabile del cittadino. Eppure, il nostro Paese

investe in cultura meno dello 0,3% del PIL: una delle ultime posizioni in Europa, mentre in Francia, Germania e Stati Uniti – nonostante la crisi - i governi hanno accresciuto gli

investimenti statali alla cultura. I continui tagli al F.U.S. (Fondo Unico per lo Spettacolo) stanno mettendo in ginocchio teatri pubblici e privati, teatri d’innovazione e di sperimentazione, compagnie indipendenti e festival: sono a rischio le produzioni e le programmazioni della stagione in corso oltre ai tanti posti di lavoro di professionisti e tecnici del settore.Nel 2009 abbiamo speso in interessi passivi sul debito pubblico italiano, 71 miliardi e 288 milioni di euro, che diviso 365 fa più di 195 milioni al giorno.Per il FUS 2011 è prevista una spesa di 262 milioni, una cifra pari a quanto speso ogni 32 ore per interessi passivi sul debito pubblico nel 2009! Molti dei signori che negli anni ‘80 hanno accumulato questo debito sono ancora lì, nel Governo, nel Parlamento e nei TG di tutti i giorni...

Abbiamo bisogno del Tuo sostegno per chiedere alle Istituzioni che ci governano il ripristino delle risorse destinate al teatro, insieme ad una profonda riforma del sistema e delle regole che lo governano: regole condivise per ripensare ad una più equa distribuzione e trasparenza

dei finanziamenti, secondo criteri di qualità e innovazione, regole che sostengano con coraggio realtà produttive capaci di leggere il presente, forti di pluriennali esperienze, pronte a progettare il futuro. Parma, tra le prime città in Italia, ha in sé questo grande capitale umano e intellettuale, un plusvalore che va difeso e potenziato anche, e soprattutto, per le generazioni future.Una comunità che va a teatro è una comunità che sa scegliere, partecipare, immaginare oggi

il domani, nella consapevolezza delle proprie origini storiche e culturali.

Page 2: Teatro Festival Magazine

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William Shakespeare

MOLTO RUMORE PER NULLAnuova traduzione Luca Fontana

con Innogen Tania RocchettaLeonato Nanni TormenAntonio Paolo BocelliBeatrice Paola De CrescenzoMargherita Laura CleriUrsula Cristina CattellaniEro Francesca Porrini Don Pedro Paolo SerraDon Juan/Sagrestano Massimiliano SbarsiClaudio Luca NuceraBenedetto Alessandro AveroneCorrado Francesco GerardiBoraccio Gianluca ParmaDogberry Nicola AlcozerVerges/Baldassarre Massimiliano SozziPrima Guardia Sergio FilippaSeconda Guardia/Messaggero/Frate Luca Criscuoli

Pietro Aimi pianoforte Paolo Panigari clarinetto Fabio Amadasi trombone Mirco Reggiani contrabbasso Gabriele Anversa batteria

regia Walter Le Moli

musiche Alessandro Nidispazio scenico Tiziano Santicostumi Gianluca Falaschiluci Claudio Coloretti

assistente alla regia Sara Venturino

produzione Fondazione Teatro Due

responsabile allestimenti Mario Fontanini macchinisti Maurizio Mangia, Davide Cappellato Giovanni Mutti; capoelettricista Luca Bronzoelettricisti Davide Sardella, Gabriele Lattanzi sartoria Luigia Lezi caposarta, Antonella Caleffi stagista Clast – IUAV Grazia Raimondo

Teatro Due, dall’8 al 23 gennaio 2011

Shakespeare a passo di boogie-woogie.di Raffaella Ilari

“Divertitevi con il boogie!”: questo il monito che il regista Walter Le Moli, nei primi giorni di prove, lancia agli attori per entrare nello spirito di Molto rumore per nulla (titolo in inglese Much ado about nothing), una commedia musicale, giocosa e brillante, dai ritmi esilaranti.Siamo a Messina, luogo esotico per gli elisabettiani, nel 1945, tra bandiere e coccarde americane, immersi nel jazz bianco del Glenn Miller di American Patrol e Chattanooga Choo Choo. In realtà, la data non è così importante. Ciò che importa invece è che sia appena terminata una guerra (peraltro Shakespeare scrisse l’opera tra l’estate del 1598 e la primavera del 1599 proprio dopo l’epidemia della peste…).Oggi che stiamo vivendo “una guerra”, qui come altrove, secondo il regista è necessario abbracciare un po’ di sana ironia (che non vuol dire disimpegno!) e tornare a sorridere per sentirsi meno soli.Il motore scatenante del ridere in Molto rumore per nulla è l’amore e l’affannarsi umano intorno a questioni, se vogliamo, di poco conto; un gioco teatrale (per gli attori e per gli spettatori, quest’ultimi spesso più al corrente, al contrario dei protagonisti, del susseguirsi degli eventi in base ad illusioni e mistificazioni della realtà) all’insegna di leggerezza e ritmo che mantengono ben salda la struttura teatrale di una storia fatta di intrighi e complotti come nelle migliori commedie musicali hollywoodiane. Don Pedro, principe d’Aragona, deus ex machina del Bene, di ritorno dalla guerra ferma il suo esercito a Messina e assieme alla sua corte viene ospitato dal governatore della città Leonato. Con lui arrivano i nobili amici Benedetto e Claudio e suo fratello Don Juan (archetipo del male), da poco rientrato nelle grazie di suo fratello, dopo essere stato condannato per aver ordito trame contro il suo regno. Don Juan non aspetta altro che vendicarsi. Il caso ha voluto che nella villa fosse ospitata anche Beatrice, nipote di Leonato, perché facesse compagnia a sua cugina Ero, figlia di Leonato. Beatrice dallo spirito focoso, la mente brillante e la lingua pungente, ha solo una persona al suo pari in quanto a testardaggine, facilità di parola e odio per l’altrui sesso: Benedetto. Da tempo però i due non perdono occasione di incrociare duelli dialettici mirati a ferire più che a uccidere…Finte morti, sospetti, intrighi e schermaglie amorose, scambi di persona, incidenti di percorso, fraintendimenti e scherzi: tutto conduce a quel “molto che attraverso lo specchio del rumore si riflette e diventa, o ritorna, nulla”.Un duello di parole, brillanti e argute, fatto di grazia, ironia, umorismo, toni caustici che percorrono tutta la vicenda, sono gli ingredienti di una commedia che ha inaugurato un filone destinato ad arrivare fino alla commedia hollywoodiana.Caratteri intramontabili e universali, proprio come i protagonisti shakespeariani, lontani da profondità e psicologismi ottocenteschi. Insomma, anche la commedia hollywoodiana pare essere in debito con Shakespeare…

Page 3: Teatro Festival Magazine

Questa storia ha molto a che fare con quel mondo che sta fuori, dall’altra parte dello schermo. È una storia vera, me l’ha raccontata un mio amico che l’ha vissuta e parla di una guerra, quella che c’è stata a partire dal ‘92 nella ex Jugoslavia, e di come lui, a ventitre anni, per puro caso, si sia ritrovato a combatterci. All’inizio, è un ragazzino, con la macchina fotografica, un bauscia come lui stesso si definisce in dialetto milanese, che pensa che la guerra sia un reportage alla Robert Capa, tante immagini forti in bianco e nero. Poi, giorno dopo giorno, inizia una sua personale discesa all’inferno e nel dolore vero: i massacri dei villaggi, i tradimenti, l’odio della gente, i crocifissi sradicati, le moschee profanate, il tenere in braccio un compagno che muore.Tutte cose che non capitano a chi sta alla finestra. Quello che mi ha colpito nella sua storia, a parte l’orrore degli episodi che mi raccontava - un orrore a cui, come ho detto, siamo ormai terribilmente abituati - è stato il “dopo”, quello che è successo quando è tornato a Milano: il suo chiudersi in casa a guardare il muro, il suo vedere immaginari cecchini sui tetti delle case, il rifiuto di prendere i farmaci per il bisogno rabbioso di ricordare, il volere che gli altri gli facessero una domanda, che rompessero il muro di indifferenza e il bisogno di scappare al parco per rinchiudersi in una campana di silenzio. Mi chiedevo, come si fa a riprendere vita e giovinezza, dopo che hai visto la morte e la crudeltà, dopo che hai assistito a quello che può fare di orribile un essere umano ad un altro essere? Non so se una ferita come la sua guarirà mai, non so se sia possibile tornare alla propria vita e salvarsi, una volta che la corazza è forata e il dolore ci ha morso. Ci sono riusciti i sopravvissuti ai lager? Voi ci riuscireste, io ci riuscirei? Che dobbiamo fare allora, quando quello che percepivamo come “lontano” diventa improvvisamente “vicino”? Questo testo non è certo una risposta, è semplicemente la storia di uno come noi, che viveva a Milano e si è ritrovato in Croazia nel ‘92, che è sopravvissuto al male e che ha cercato di non impazzire suonando il sassofono. Adesso sono passati tanti anni, di questa guerra non si parla più, forse non se n’è mai parlato abbastanza, a volte non sembra neanche esistita. Il mio amico è tornato qui, come noi, alla finestra. Ma a volte gli vedi negli occhi un lampo, uno sguardo da lupo e allora capisci che ha bisogno di prendere il sax e di scappare, di sparire per qualche giorno nel bosco, in un luogo che sia lontano dalle nostre vite ordinate, a cavare note in una lingua che ha poco dell’umano. Questa è solo una storia, non è un giudizio. È una storia da ascoltare e da sentire. È tenere aperta la finestra.

Laura Forti

Laura Forti

NEMA PROBLEMA (STORIA DI UN RITORNO)

con Giampiero Judica

regia Pietro Bontempo

produzione Fondazione Teatro Due

Teatro Due, dal 26 gennaio al 5 febbraio 2011

Da Il Mercante di Venezia di Willliam Shakespeare

SHYLOCKdi Camilla Ferro

con Paolo Serra

regia Carmelo Rifici

luci Luca Bronzocostumi Marzia Paparinirealizzazione spazio scenico Mario Fontanini

produzione Fondazione Teatro Due

Teatro Due, dal 15 al 29 gennaio 2011

Dopo un’attenta lettura del testo integrale de Il Mercante di Venezia ci si accorge di una strana peculiarità: spicca infatti tra tutti i personaggi la figura di Shylock, totalmente autonomo e facilmente decontestualizzabile. Questa autonomia fa immediatamente pensare ad un monologo autosufficiente, che poi si è trasformato in un “dialogo telefonico”. L’unica figura sviscerata dal testo originale è quindi Shylock, ebreo, ricco uomo d’affari, a noi contemporaneo che riceve moltissime telefonate e fa sviluppare la storia attraverso queste. La scena è unica e ambientata nel suo ufficio; una scrivania, dei telefoni, un computer. Shylock è solo, e il sentimento che lo pervade è l’invidia per Antonio e per i cristiani; da qui scaturisce il suo essere, le sue sfaccettature, che vanno dalla rabbia all’ euforia, dal dolore ad una sorta di maniacale, ma non folle, organizzazione. Una delle caratteristiche principali mantenute rispetto al testo originale è l’alternanza tra temi familiari e non. Lo spettatore dell’epoca di Shakespeare era cosciente delle tecniche dell’autore, ed era in grado di recepire il disgustoso passaggio dal dolore emotivo a quello economico. Qui vogliamo riproporre la stessa alternanza, cercando però di non ricadere in una blasfema condensazione tematica e lasciando allo spettatore la libertà di scegliere la propria visione del personaggio.

Camilla Ferro

Per mettere in scena questo monologo ho deciso di discostarmi totalmente dall’originale scespiriano. Il nuovo testo, per quanto tratto da una delle commedie più belle e misteriose del Bardo, vive di vita propria, tanto da sembrare appartenere al teatro dell’assurdo di Beckett. Il tema che accompagna il personaggio di Shylock nel suo interloquire unicamente con telefoni, computer, calcolatrici, fax, fotografie, piante e libri è la solitudine. Del Mercante di Shakespeare si perde l’azione e si conquista la riflessione. Shylock è un uomo solo, estremo ammiratore e maniacalmente invidioso del bell’Antonio, che incarna tutte le qualità dell’Occidente italiano. Persa la speranza di ottenere totale rispetto dall’amato nemico, l’usuraio, qui più vicino ad essere un grande finanziere dalla City, concentra tutta la sua energia sulla vendetta per se stesso e per il sistema di valori creato dai capostipiti della sua stirpe. Un uomo solo che combatte sanguinariamente (a colpi di matite e contratti firmati davanti alla presenza del notaio) tutti coloro che disprezzano la sua civiltà, venendo alla fine amaramente colpito (a morte) dalla stessa tragicomica giustizia da lui stesso invocata come unico mezzo per ottenere rispetto e riconoscimento del valore della sua persona.

Carmelo Rifici

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si ringrazia

Page 4: Teatro Festival Magazine

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Maurizio Camilli / Balletto Civile

COL SOLE IN FRONTEideazione, drammaturgia e scene Maurizio Camilli scrittura fisica e messa in scena Michela Lucenti

con Maurizio Camilli e Ambra Chiarello

disegno luci Stefano Mazzanti produzione Fondazione Teatro Due/Balletto Civilein collaborazione con CSS Teatro Stabile di Innovazione del FVG

Premio Associazione Nazionale Critici Italiani 2010 (ANCT)

Teatro Due, dal 12 al 19 febbraio 2011

Luigi Pirandello

COSì È (SE VI PARE)con Lamberto Laudisi Paolo SerraLa Signora Frola Tania RocchettaIl Signor Ponza Rosario LismaLa Signora Ponza Paola De CrescenzoIl Consigliere Agazzi Paolo BocelliLa Signora Agazzi Laura CleriDino Luca NuceraLa Signora Sirelli Francesca PorriniIl Signor Sirelli Massimiliano SbarsiPrefetto Nanni TormenLa Signora Cini Cristina Cattellani

regia Alessandro Averone

spazio scenico Alberto Favrettocostumi Marzia Paparinimusiche Stefano Fresiluci Luca Bronzo

produzione Fondazione Teatro Due

Teatro Due, dal 2 al 20 febbraio 2011

Commedia degli errori e degli equivoci, Così è (se vi pare) è una parabola in cui tragico e comico si fondono in una simbiosi grottesca. Il titolo di questa celeberrima commedia racchiude ironicamente una problematica molto cara a Pirandello: l’inconoscibilità del reale e la conseguente impossibilità di avere una visione unica e certa della realtà stessa. Convinto che l’uomo non abbia una propria essenza a priori, ma diventi una persona solo sotto lo sguardo degli altri, Pirandello demistifica l’ipocrisia del suo tempo, e anche del nostro, dando luogo ad un universo allucinato e gretto, ma pervaso da un irresistibile umorismo.

In un angusto quanto claustrofobico interno borghese, Pirandello libera i suoi personaggi che si dimenano alla ricerca spasmodica di una futile verità: cosa si nasconde dietro al triangolo familiare composto dal signor e signora Ponza e dalla signora Frola?Le dinamiche ossessive di un microcosmo, che si agita tra crudeltà e tinte grottesche alla ricerca di un senso, ci riportano inesorabilmente in un luogo molto più desolato e sconfinato nel quale l’uomo siede di fronte al nulla in attesa di una risposta sul significato del proprio essere al mondo. Nessuna risposta.Se a questa visione pirandelliana della condizione dell’essere umano in perenne squilibrio nei confronti della verità del proprio essere al mondo, aggiungiamo la pericolosa strumentalizzazione che i mezzi di comunicazione possono attuare nei confronti di ciò che siamo e ciò che ci circonda, ecco che quello che ne risulta è il quadro di una realtà in cui chiunque sia in possesso di strumenti mediatici di persuasione può a suo piacimento creare verità su di noi, e intorno a noi, sfruttando la nostra voracità di esseri umani desiderosi di aggrapparci a qualcosa che sia “vero” e a cui possiamo sostenerci per continuare a vivere.

Alessandro Averone

Lo vedi e pensi a Pietro Maso. Ma non solo. Qui non c’è solo la fabbrichetta di famiglia che il nonno ha costruito, il padre ha consolidato ed il figlio vuole dilapidare in piaceri e gioie terrene. In definitiva la vita è una sola. E il “nostro” Maurizio Camilli, sua la drammaturgia, alla fine, ci è simpatico. Parteggiamo per lui che fa il lumacone con il pubblico, che lo studia, lo intorta in un dialogo fitto e costante cercando e chiedendo approvazione, che gli strizza l’occhio ruffiano, che lo fa sentire desiderato, amato, sostenuto. Siamo ormai “compagni di merende”, un tutt’uno, pubblico e personaggio, lui è il pifferaio magico, noi i topi, noi la folla, lui il capopopolo. I tempi sono cambiati. Vuole donne, discoteche e droghe, che la vita fatta di orari e responsabilità è brutta e grigia come la nebbia che circonda il Nord Est. Gli svaghi sono per forza eccessi perché tutto il resto è compresso e represso. È un lavoro elettrico questo Col sole in fronte, vincitore del Premio dell’Associazione Nazionale della Critica Teatrale italiana 2010, con un attore da mettere nel novero, che entra di diritto nella lista dei migliori “giovani” sulla scena contemporanea nazionale (…) Camilli ha un physique du rôle palestrato, allenato e flessibile, si spoglia e si veste, tutto di marca, dalla giacca alle mutande, bevendo gin tonic, con la cameriera di colore, tra passi di danza ed acrobazie, si districa, si contorce nella vita cercando interstizi per trovare un ordine delle cose, un giusto equilibrio tra i movimenti, tra il passato familiare ed un futuro fatto soltanto di piccoli presenti. È una fotografia della precarietà, il non avere futuro, il non pensare di averlo, porta a consumare, a bruciare, a mangiare tutto in un unico boccone da ingoiare con litri di alcool e minuscole felicità momentanee, estemporanee (…).

(estratto stampa di Tommaso Chimenti, www.scanner.it)

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Page 5: Teatro Festival Magazine

Due giovani fidanzati, parlando della loro vita, delle loro preoccupazioni, del loro futuro, montano una libreria che dovrebbe accogliere tutti i libri su cui hanno passato i loro precedenti anni, prima della laurea e prima di ritrovarsi senza lavoro o precari. Lei, commessa in profumeria, lui attraversa lavori saltuari come lo scrutinatore nei seggi elettorali. Discorsi di una classe media italiana composta da giovani laureati o diplomati che provano anche il servizio civile, divenuto ormai ipocritamente, da servizio verso i bisognosi o verso la comunità, piccola possibilità di uno stipendio effimero e temporaneo. La routine passa attraverso una conversazione che tocca gli argomenti più gettonati, dal lavoro, alla disoccupazione, alla religione, ai metodi per risparmiare sulle bollette, alle iscrizioni ai corsi di yoga o simili solo perché tutti lo fanno, perché tutto fa curriculum, perché tutto arricchisce. Amara visione di una società che sorride comunque, che preferisce partecipare ai concorsi a premi per vincere dei soldi, ultima speranza per sfruttare la propria cultura. Improvvisamente, dietro una scatola che avrebbe dovuto contenere i pezzi di assemblaggio del kit “fai da te”, sbuca un personaggio strano, quasi una voce della coscienza: l’inventore delle brugole. Divenuto utile per l’umanità con la sua invenzione, fa riflettere i ragazzi sulla loro identità, chiede loro se hanno dei progetti, dei sogni, senza ricevere risposta. Una società per cui il domani è attesa, è speranza, ma non si costruisce nulla.

Lisa Nur Sultan

BRUGOLE con Elisa LucarelliLeonardo MaddalenaEmiliano Masala regia Emiliano Masala e Lisa Nur Sultan

produzioneNuovo Teatro Nuovo/Nuove Sensibilitàcon il sostegno di ETI Ente Teatrale Italiano

Teatro Due, dal 10 al 12 dicembre 2010

Dopo la regia de Il Mercante di Venezia, prodotto da Fondazione Teatro Due, che ha meritato il Premio Ubu 2008, Massimiliano Civica ritorna a Shakespeare con Un sogno nella notte dell’estate. Civica guarda al genio di William Shakespeare come all’autore di straordinarie sceneggiature da sottrarre alle incrostazioni letterarie e restituire a una piena dimensione teatrale. Una nuova traduzione diversa fin dal titolo, una regia essenziale nella scenografia, nei costumi e nei pochi e ricercati oggetti di scena, un’interpretazione simile a quella che fu tipica degli spogli teatri dell’età elisabettiana, svelano l’approccio di un regista che vuole portare il testo al centro della scena. Un banco di prova privilegiato perché è inteso come un trattato sull’immaginazione: «L’immaginazione degli innamorati – spiega Civica – che vedono le cose come non sono, l’immaginazione del sogno, che trasfigura le nostre esperienze e sensazioni nel volto dei personaggi dei miti, l’immaginazione del drammaturgo che dà ordine e forma al mondo creando quell’armonia di cose discordanti che è Un sogno nella notte dell’estate». Nutrendosi del rigore e del “senso di assoluto” che la critica ha voluto riconoscere alle sue precedenti produzioni, stavolta Civica si spinge verso quel Teatro Popolare d’Arte, quale era quello di Shakespeare e che trova una delle sue massime incarnazioni nella commedia magica per eccellenza, Un sogno. Un teatro senza soglie di ingresso che coniuga realtà, fantasia, illusione, magia. Nella commedia del Bardo così come sul palcoscenico di Civica si incrociano mondi apparentemente inconciliabili: il mondo diurno delle leggi e dei doveri e il mondo notturno dominato dalla fantasia.

William Shakespeare

UN SOGNO NELLA NOTTE DELL’ESTATEuno spettacolo di Massimiliano Civicatraduzione e adattamento Massimiliano Civica

con Elena Borgogni, Valentina Curatoli Nicola Danesi, Oscar De Summa, Mirko Feliziani Riccardo Goretti, Armando Iovino, Mauro Pescio Alfonso Postiglione, Francesco Rotelli Francesca Sarteanesi, Diego Sepe, Luca Zacchini

oggetti di scena Paola Benvenutocostumi a cura di Clotildemaschere Atelier Erriquez & Cavarraluci Gianni Staropoli

produzione Teatro Stabile dell’Umbria/Compagnia Il Mercantecon il sostegno alla produzione di Romaeuropa Festival 2010

Teatro Due, 11 dicembre 2010 ore 2112 dicembre 2010 ore 16.30

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Page 6: Teatro Festival Magazine

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AMLETO: L’INDAGINE (VARIAZIONI SU TEMA) brugole un sogno nella notte dell’estate

molto rumore per nulla shylock Nema problema (storia di un ritorno) cosi’ e’ (se vi

pare) piazza d’italia col sole in fronte FESTA DI FAMIGLIA l’ultimo nastro di krapp

l’istruttoria la fila (line) don chisciotte se mi guardi, esisto una eredita’ senza

testamento extremities ANGELS IN AMERICA ROMAN E IL SUO CUCCIOLO

Il romanzo è la storia di un borgo dell’alta Toscana e dei suoi abitanti nell’arco storico che va dall’Unità d’Italia ai primi anni sessanta. Le vicende vengono narrate e filtrate attraverso la vita di una famiglia di fede garibaldina seguendo, come nello stendersi di un albero genealogico, il succedersi delle generazioni, gli intrecci con la vita del paese e dei suoi abitanti ma anche con la più grande Storia italiana (...)Lo spettacolo vuole conservare la coralità epica della scrittura, in un alternarsi di scene collettive e di singole narrazioni, secondo una ricerca di drammaturgia narrativa che caratterizza da anni il mio percorso. Con improvvise “cadute nel dramma”, a dialoghi serrati, che subito dopo si scompaginano in una presenza corale o in un unico narratore collettivo. Attori e attrici non saranno solo personaggi definiti ma anche funzioni di una coralità sociale più ampia, entrando ed uscendo dalle scene come frammenti di una continua galleria fotografica. Dal bianco e nero del dagherrotipo alle prime fotografie di famiglia degli anni sessanta, color pastello, scene e costumi insieme alle luci daranno anche il colore di quegli anni, non nella loro realtà temporale, ma nella nostra memoria. La musica segnerà ogni cambio generazionale, ogni passaggio di epoca, trovando anche qui una memoria musicale rivisitata.La particolare forza della scrittura di Tabucchi si traduce in una presenza corporea forte, in un’invenzione simbolica e al contempo materica, fatta di gesti, danza, canti e oggetti, manufatti appositamente creati che richiamino in altro modo la visionarietà dell’opera.Ed è proprio la qualità della presenza scenica degli attori, del loro linguaggio drammaturgico, che permetterà a questa storia del nostro passato di rifuggire dalla trappola di un rivisitato neorealismo e di farsi di colpo specchio della nostra contemporaneità.

Marco Baliani

Antonio Tabucchi

PIAZZA D’ITALIAdrammaturgia Maria Maglietta

conPatrizia Bollini, Daria Deflorian, Gabriele DumaSimone Faloppa, Renata Mezenov Sa Mariano Nieddu, Alessio PiazzaNaike Anna Silipo, Alexandre Vella

scene e costumi Carlo Salaassistente scene e costumi Roberta Monopolimusiche Mirto Baliani

regia Marco Baliani

produzione Teatro di Roma

Teatro Due, 8 e 9 febbraio 2011 ore 21

Stai colmo!Questo mi sono detto nel fare voto di vastità, scavando il fosse, usando il confine tra sogno e bisogno (l’incubo è confonderli).Come un intimatore di alt, come un battitore di ciglia che mette all’asta gli apostrofi delle palpebre, come l’inventore del cuscino anticalvizie o del transatlantico anti aggressione, come chi è posseduto da sciamanesimo estatico, a suon di decibellezze da scorticanto, come giaguaro che diventa uno degli animali più lenti se in ascensore e come lumaca che diventa uno dei più veloci se in aereo, così tra tellurico e onirico, tra lo scoppio delle alte cariche dello stato (delle cose), tra me e me, in uno spazio da antipodi, in un limbo dell’imparadiso, (infermo di mente piu’ che fermo di mente), ho avuto un sentore: urge.

A.B.

Se dovessi descrivere i punti dai quali siamo partiti per la genesi di questo spettacolo non avrei dubbi: l’urgenza, l’allerta, la necessità di non astenersi dal dire, la traiettoria che permette lo sconfinamento veloce da un territorio artistico conosciuto e praticato in direzione dei “vasti” spazi confinanti. Ma cosa, in definitiva, Urge a Bergonzoni? Sicuramente segnalarci delle differenze; quella mancanza di precisione nello sguardo del mondo che se trascurata può realmente cambiare il senso delle cose, quelle frettolose banalizzazioni che accomunano cose in realtà diversissime tra loro. E anche dimostrare che la comicità è fatta di materiali non solo legati all’evidente o al rappresentato. Ma soprattutto mettere sotto gli occhi degli spettatori il suo “voto di vastità”: un vero e proprio canone artistico che lo obbliga, sia come uomo ma soprattutto come artista, a non distogliere mai gli occhi dal tutto: un tutto composto dall’enormità, dall’invisibile, dall’onirico, dallo sciamanico, dal trascendentale. Un tutto che forzatamente non può non essere poi riversato anche sul palcoscenico per essere esibito con tutti i mezzi dell’arte autoriale prima ed attoriale poi. Ed anche oltre. La glossolalia non lo frena e gli “illuminati” sul fondo non lo irretiscono. Un tutto perturbante che, forse, costringerà a considerare Bergonzoni non più solamente maestro di cerimonia di una liturgia comica ma anche strumento di correzione ottica per permettere di vedere meglio la vastità in cui siamo immersi. Attenzione: lo stupore della scoperta può essere fragoroso.

Riccardo Rodolfi

URGEdi e con Alessandro Bergonzoni

regia Alessandro Bergonzoni e Riccardo Rodolfi

scene Alessandro Bergonzoni

produzione Allibitodistribuzione e organizzazione Progetti Dadaumpa

Teatro Due, dal 23 al 26 febbraio 2011 ore 21

Page 7: Teatro Festival Magazine

Corpo a Corpo è un progetto pluriennale ideato da Fondazione Teatro Due e Balletto Civile con l’intento di sviluppare un percorso che, unendo formazione e ricerca, possa creare un riferimento, sviluppare la trasmissione di saperi, la ricerca e l’individuazione di nuove modalità produttive. Nell’arco dei tre anni, il percorso formativo e le fasi produttive si svilupperanno parallelamente con la finalità di creare un ensemble di teatro fisico fondato su una nuova idea di drammaturgia del corpo, che sappia lavorare stabilmente alla creazione di nuovo linguaggio e possa confrontarsi con diverse modalità produttive su modello delle principali istituzioni europee di riferimento.La fase formativa vera e propria si articolerà nell’arco di sei mesi. Quindici danzatori/attori, selezionati tra gli ottanta che hanno partecipato al laboratorio effettuato nel mese di settembre guidati da Michela Lucenti e Balletto Civile, si confronteranno all’interno di un vero e proprio “cantiere intensivo”. Questo “cantiere” si basa sul confronto tra artisti provenienti da esperienze e modalità diverse per reimpostare i concetti di arte, tecnica e sapere secondo le esigenze della contemporaneità e del multilinguismo caratteristico della nostra epoca.L’attuazione di un progetto così complesso richiede di procedere facendo interagire i metodi delle varie personalità coinvolte nelle specifiche discipline coniugando tecniche storicamente acquisite e sperimentazione nel percorso didattico. È previsto che l’interazione tra i linguaggi parta da un’orchestrazione ponderata delle diverse discipline superando le sterili definizioni di prosa e danza sia sul piano pratico che teorico.

AMLETO: L’INDAGINE (VARIAZIONI SU TEMA) brugole un sogno nella notte dell’estate

molto rumore per nulla shylock Nema problema (storia di un ritorno) cosi’ e’ (se vi

pare) piazza d’italia col sole in fronte FESTA DI FAMIGLIA l’ultimo nastro di krapp

l’istruttoria la fila (line) don chisciotte se mi guardi, esisto una eredita’ senza

testamento extremities ANGELS IN AMERICA ROMAN E IL SUO CUCCIOLO

Il lavoro partirà da una riflessione sul corpo inteso come luogo sacro a cui affidiamo tutta la responsabilità di raccontare, di tenere in vita il senso della ricerca artistica. Aldilà delle definizioni di teatro di parola e danza il metodo che si svilupperà nelle varie fasi del progetto dovrà creare un immaginario “altro” a partire dal corpo e dal vuoto in cui attori e danzatori saranno creatori ed interpreti con un approccio alla scena che rilegga gli elementi della “grammatica” acquisita. Le personalità-guida coinvolte provengono da percorsi diversi ma si riconoscono in un alfabeto comune. Coreografi, registi, drammaturghi, compositori, scenografi e costumisti costituiranno un’equipe di riferimento per lo studio e la realizzazione di una nuova forma di teatro e di messa in scena. La parte produttiva prevede un lavoro pluriennale con diverse tappe in cui ci si confronterà con la produzione dell’opera di Georg Büchner, prevedendo di mettere in scena la trilogia di Woyzeck, Leonce e Lena e La morte di Danton. Woyzeck sarà diretto da Michela Lucenti.

Crediamo molto in questo progetto – afferma Michela Lucenti - che prima di tutto vuole formare un gruppo disponibile al gioco e soprattutto libero. Insegnando in varie scuole, noto che negli attori ci sia una grandissima costrizione, un’impossibilità ad essere a tutto tondo. È come se il momento che stiamo vivendo in Italia, come lavoratori dello spettacolo, fosse un peso sulle spalle di chi vuole lavorare. Vorrei creare una équipe libera partendo dal corpo inteso come incoscienza felice, infantile, näif. Il corpo come primo luogo di liberazione. Questo è un segno rispetto alle relazioni fra persone, spesso abbiamo voglia di entrare in relazione ma ci sentiamo incastrati nell’esprimerci fisicamente. Vorremmo creare una équipe che rilegga i testi classici ma anche le opere contemporanee e quelle musicali, con una libertà fisica spudorata. Per far accadere questo bisogna stimolare le persone ad essere coraggiose partendo dalla liberazione del corpo, scopo principale del nostro corso di formazione. A livello drammaturgico mi piacerebbe lavorare su tante cose diverse, dai classici sino ad opere nuove o a quelle nate per il balletto. Creare un interprete “pronto” a tradurre tutto ciò se qui sembra una follia, in altre parti del mondo è prassi sperimentata.

Corpo a Corpo con Balletto Civile Cantiere intensivo di teatro fisico

Teatro Festival a cura di Raffaella Ilariin redazione: Raffaella Ilari, Michela Astri, Sophie Wolski, Luca Siracusastampa: Tipografia Donati

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