strumentazioni fisiche

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Strumentazioni fisiche

IntroduzioneIl metodo scientifico : la modalit tipica con cui la scienza procede per raggiungere una conoscenza della [2] realt oggettiva, affidabile, verificabile e condivisibile. Esso consiste, da una parte, nella raccolta di evidenze empiriche e misurabili attraverso l'osservazione e l'esperimento; dall'altra, nella formulazione di ipotesie teorie pi generali da sottoporre al vaglio dell'esperimento per testarne l'efficacia. Nel dibattito epistemologicosi assiste in proposito alla contrapposizione tra i sostenitori del metodo induttivo e quelli del metodo deduttivo.

Il Ciclo conoscitivoIl Ciclo conoscitivo definisce il percorso (ricorsivo) per raggiungere o consolidare la conoscenza di un determinato argomento. Non c' accordo universale su quale sia questo percorso, perch la sua definizione dipende anche da che cosa si intenda in generale per conoscenza, e questo costituisce un argomento di discussione della filosofia. In proposito, particolarmente acceso il dibattito tra deduttivisti e induttivisti. Si cerca ora pertanto di passare in rassegna i due metodi, quello induttivo e quello deduttivo.

Il metodo induttivo

Il metodo induttivo

Limitandosi al campo delle scienze naturali, fisiche e matematiche, il ciclo conoscitivo induttivo o induzione descrive il percorso seguito per arrivare alla stesura di una legge scientifica a partire dall'osservazione di un fenomeno. Si articola nei seguenti passi, ripetuti ciclicamente:

Osservazione; Esperimento; Correlazione fra le misure; Definizione di un modello fisico; Elaborazione di un modello matematico; Formalizzazione della teoria.

OsservazioneL'osservazione il punto di partenza (e di arrivo) del ciclo di acquisizione dellaconoscenza nel senso che costituisce lo stimolo per la ricerca di una legge che governa il fenomeno osservato ed anche la verifica che la legge trovata sia effettivamente sempre rispettata. Si tratta di identificare le caratteristiche del fenomeno osservato, effettuando delle misurazioni adeguate, con metodi esattamente riproducibili. In fisica, infatti, tale parola spesso usata come sinonimo di misura.

EsperimentoL'esperimento, ove possibile, programmato dall'osservatore che perturba il sistema e misura le risposte alle perturbazioni. Esistono tecniche di programmazione sperimentale, che consentono di porsi nelle condizioni migliori per perturbare in maniera minimale, ma significativa, al fine di osservare le risposte nel migliore dei modi.

Correlazione fra le misureL'analisi della correlazione fra le misure, che si colloca nel ciclo immediatamente dopo la fase di osservazione, costituisce la parte iniziale del patrimonio tecnico-scientifico utilizzabile per la costruzione del modello. Il dato grezzo, che costituito in genere da tabelle di misure, pu venire manipolato in vari modi, dalla costruzione di un grafico alla trasformazione logaritmica, dal calcolo della media alla interpolazionetra i punti sperimentali, utilizzando i metodi della statistica descrittiva. Bisogna prestare attenzione nella scelta del tipo di funzione che correla i dati perch, citando Rescigno , le modulazioni dei dati ne cambiano il contenuto informativo. Infatti, se le manipolazioni mettono in evidenza alcune informazioni contenute nei dati, possono eliminarne altre. Quindi il contenuto informativo pu diventare inferiore a quello dei dati originali.[12]

Modello fisicoPer facilitare il compito di scrivere la legge che esprime l'andamento di un certo fenomeno, si costruisce mentalmente un modello fisico, con elementi di cui si conosce il funzionamento, e che si suppone possano rappresentare il comportamento complessivo del fenomeno studiato. L'empirismo radicale sostiene che non possibile avanzare oltre la conoscenza contenuta nei dati grezzi e quindi rifiuta il fatto che laconoscenza induttiva, sulla quale si fondano leggi empiriche e modelli, costituisca nuova conoscenza. Viceversa, la posizione realista molto pi flessibile e consente di parlare anche di concetti non direttamente osservabili, come la forza di attrazione gravitazionale o il campo elettromagnetico, la cui conoscenza resa possibile adattando opportuni modelli all'osservazione degli effetti di tali entit e utilizzando a fondo le possibilit dell'induzione. Va notato che spesso un medesimo fenomeno pu venire descritto con modelli fisici, e quindi anche con modelli matematici, diversi. Ad esempio i gas possono essere considerati come fluidi comprimibili oppure come un insieme di molecole. Le molecole possono essere pensate come puntiformi oppure dotate di una struttura; fra di loro interagenti oppure non interagenti: tutti modelli diversi. Ancora, la luce pu venire considerata un fenomeno ondulatorio oppure un flusso di particelle e cos via.

Modello matematicoIl modello matematico si colloca al massimo livello di astrazione nel ciclo conoscitivo: la parte del ciclo che si occupa dei modelli il dominio delle scienze teoriche. In generale un modello matematico costituito da pi elementi concatenati, ognuno dei quali descritto da un'equazione e caratterizzato daiparametri che entrano in tale equazione. Il modello deve essere validato con una fase di verifica attraverso un numero adeguato di dati sperimentali. Esso si dice identificabile appunto se possibile determinare tutti i parametri delle equazioni che lo descrivono. Una volta che il ciclo conoscitivo completo si pu iniziare ad approntare una teoria per il fenomeno osservato.

Il metodo deduttivo

Esempio di metodo deduttivo: non l'osservazione a spronare la scienza, bens il sorgere di problemi e il tentativo costante di eliminare gli errori.[13]

Il filosofo e logico inglese Bertrand Russell (1872-1970) sollev un importante problema riguardo a quello che venne considerato, fin dai tempi di Bacone, il modo di fare scienza: il metodo dell'induzione. Secondo questa metodologia, la scienza si baserebbe sulla raccolta di osservazioni riguardo ad un certo fenomeno X, da cui trarre una legge generale che permetta di prevedere una futura manifestazione di X. Ci che Russell osserv, con classicohumour inglese, che anche il tacchino americano, che il contadino nutre con regolarit tutti i giorni, pu arrivare a prevedere che anche domani sar nutrito... ma "domani" il giorno del Ringraziamento e l'unico che manger sar l'allevatore (a spese del tacchino)! Questa fu la celebre obiezione del tacchino induttivista. Detto in maniera sintetica, l'induzione non ha consistenza logica perch non si pu formulare una legge universale sulla base di singoli casi; ad esempio, l'osservazione di uno o pi cigni dal colore bianco non autorizza a dire che tutti i cigni sono bianchi; esistono infatti anche dei cigni di colore nero. Una problematica analoga venne sollevata dal gi citato Karl Raimund Popper, il quale osserv che nella scienza non basta "osservare": bisogna saper anche cosa osservare. L'osservazione non mai neutra ma sempre intrisa di teoria, di quella teoria che, appunto, si vorrebbe mettere alla prova. Secondo Popper, la

teoria precede sempre l'osservazione: anche in ogni approccio presunto "empirico", la mente umana tende inconsciamente a sovrapporre i propri schemi mentali, con le proprie categorizzazioni, alla realt osservata.

Il criterio popperiano di falsificabilitKarl Popper ha quindi elaborato una definizione di metodo scientifico deduttivo basata sul criterio di falsificabilit, anzich su quello induttivo di verificabilit. Gli esperimenti empirici non possono mai, per Popper, "verificare" una teoria, possono al massimo smentirla. Il fatto che una previsione formulata da un'ipotesi si sia realmente verificata, non vuol dire che essa si verificher sempre. Perch l'induzione sia valida occorrerebbero cio infiniti casi empirici che la confermino; poich questo oggettivamente impossibile, ogni teoria scientifica non pu che restare nello status di congettura. Se tuttavia una tale ipotesi resiste ai tentativi di confutarla per via deduttiva tramite esperimenti, noi possiamo (pur provvisoriamente) ritenerla pi valida di un'altra che viceversa non abbia retto alla prova dei fatti. La sperimentazione, dunque, svolge una funzione importante ma unicamente negativa; non potr mai dare certezze positive, cio non potr rivelare se una tesi vera, pu dire solo se falsa. E siccome ci che noi chiamiamo "osservazione" gi in realt una sorta di "pregiudizio", secondo Popper la formulazione di una teoria scientifica non deriva necessariamente dall'osservazione o descrizione di un dato fenomeno, poich non c' un nesso causale tra la percezione sensoriale e le idee della ragione. La genesi di una teoria non ha importanza: essa scaturisce dalle nostre intuizioni, e pu avvenire anche in sogno. Mentre l'osservazione, che pure rimane fondamentale, di per s non offre n costruisce teorie: essa deve avvenire in un momento successivo a quello della formulazione, e serve non a confermare ma a demolire. Per il metodo popperiano, quindi, ci che conta di una teoria scientifica non la sua genesi soggettiva, ma il fatto che essa sia espressa in forma criticabile e falsificabile sul piano oggettivo. Il criterio di falsificabilit fu suggerito a Popper dall'audacia della teoria della relativit di Albert Einstein che fu elaborata esclusivamente sulla base di calcoli compiuti a tavolino, con cui il genio tedesco os sfidare le teorie preesistenti, e persino l'evidenza del senso comune. Popper ne dedusse che una teoria tanto pi scientifica quanto meno teme la falsificazione, ma anzi accetta di misurarsi con essa. Quanto pi una teoria sembri a prima vista facilmente falsificabile, tanto pi essa rivela la propria forza e coerenza se regge alla prova dei fatti.

Regole per applicare il metodo deduttivo all'osservazione dei fenomeni naturaliLa preoccupazione metodologica scientifica quella di rispettare una serie di regole imposte dal pensiero logico al fine di salvaguardare la realt e l'obiettivit dei fenomeni studiati. Le scienze naturali, dette anche scienze empiriche per il loro carattere sperimentale, sono una forma di conoscenza basata su due elementi fondamentali, l'oggetto di studio ed il metodo impiegato. Questa conoscenza un sapere empirico, cio fondato sull'esperienza, descrittivo ed esplicativo, di osservazioni singole e limitate che possono essere sia ripetute che generalizzate. L'oggetto di studio della scienza la realt sensibile, vale a dire il mondo che ci circonda nei suoi diversi aspetti e ci che rende ammissibile l'introduzione di un ente nel discorso scientifico, la sua osservabilit di principio, cio di registrare mediante strumenti di varia natura l'esistenza di un dato oggetto o di un fenomeno e di descriverli. Il metodo sperimentale, detto anche galileano o ipotetico-deduttivo, una procedura conoscitiva articolata in diverse proposizioni, chiamate ragionamento sperimentale. Esso si basa sull'idea che la teoria si costruisce all'inizio, non alla fine. Per eseguire osservazioni scientifiche che abbiano carattere di oggettivit, necessario applicare le seguenti regole, proprie del metodo deduttivo:

1. formulare un'ipotesi; 2. esprimerla in modo da prevedere alcune conseguenze o eventi, deducibili dall'ipotesi iniziale; 3. osservare se si produce l'evento previsto; 4. se l'evento si produce, la teoria non confermata, semplicemente non stata smentita e possiamo accettarla solo provvisoriamente. Dunque le basi della scienza sono quelle osservazioni di fenomeni naturali che chiunque pu ripetere, da qui la preoccupazione di una descrizione dei fenomeni e delle conclusioni in termini selezionati, rigorosi e univoci, in modo che ognuno possa esattamente comunicare ci che pensa. Esempi di metodologia scientifica sono: 1. le sperimentazioni fatte dai fisici in varie epoche, per dimostrare la natura elettromagnetica e corpuscolare della luce; 2. le procedure di Louis Pasteur per dimostrare la teoria dei germi nell'eziologia di alcune malattie infettive.

Principio antropicoIl principio antropico venne enunciato in ambito fisico e cosmologico per sottolineare che tutte le osservazioni scientifiche sono soggette ai vincoli dovuti alla nostra esistenza di osservatori. Si poi sviluppato come una ipotesi che cerca di spiegare le attuali caratteristiche dell'universo. Va ricordato che il principio antropico nell'enunciato di Brandon Carter non rispecchia le reinterpretazioni dello stesso effettuate da parte di alcuni sostenitori dell'ID e di alcuni filosofi, in quanto questi enunciati non sono teorie scientifiche[1]. Non vanno nemmeno confuse le argomentazioni pre-scientifiche elaborate durante il IX secolo e nei primi anni del X secolo, periodi nei quali la cosmologia veniva letta da un punto di vista principalmente antropico, tuttavia si trattava di atteggiamenti di tipo fideistico, pertanto estranei alle argomentazioni attuali della scienza moderna.

OrigineIl termine "principio antropico" venne coniato nel 1973 da Brandon Carter durante il simposio "Confronto delle teorie cosmologiche con i dati delle osservazioni" in occasione delle celebrazioni svoltesi a Cracovia per il 500 anniversario della nascita di Niccol Copernico. Nel suo contributo "Large Number Coincidences and the Anthropic Principle in Cosmology" Carter notava: "Anche se la nostra situazione non [2] necessariamente centrale, inevitabilmente per certi versi privilegiata" . Con questo articolo Carter intendeva mettere in guardia dall'uso eccessivo del principio copernicano da parte di astronomi e cosmologi. Carter si proponeva di riportare all'attenzione degli scienziati quella che sembra un'ovviet: l'universo e le sue leggi non possono essere incompatibili con la nostra esistenza. Proposto inizialmente come metodo di ragionamento, il principio antropico stato nel tempo variamente interpretato. Il principio in realt era gi stato invocato prima che Carter lo formalizzasse; ad esempio nel 1957, Robert Dicke scrisse: "L'et dell'universoora non casuale ma condizionata da fattori biologici ... [cambiamenti nei valori delle costanti fondamentali della fisica] precluderebbero l'esistenza dell'uomo per considerare il [3] problema". Infatti l'uso di principi antropici, ovvero di approcci finalistici, ebbe in passato pi successo, o meno pregiudizi sfavorevoli, tra gli scienziati rispetto ad ora. Ad esempio le obiezioni di Lord [4] Kelvin e Maxwell alle teorie diDarwin furono di tipo prettamente antropico.

L'enunciato originale

Il principio antropico vuole sottolineare che noi viviamo in un universo che di fatto permette l'esistenza della vita come noi la conosciamo. Ad esempio se una o pi delle costanti fisiche fondamentali avessero avuto un valore differente alla nascita dell'universo, allora non si sarebbero formate le stelle, n le galassie, n i pianeti e la vita come la conosciamo non sarebbe stata possibile. Di conseguenza nel formulare teorie scientifiche bisogna porre attenzione a che siano compatibili con la nostra esistenza attuale. Il principio, semplice in s, ma non banale, stato variamente interpretato, sino a venir impiegato per giustificare visioni di opposto significato. Sono stati scritti diversi elaborati che sostengono che il principio antropico potrebbe spiegare costanti fisiche quali la costante di struttura fine, il numero di dimensionidell'universo, e la costante cosmologica. In s il principio, nella sua formulazione debole, non spiega, ma restringe il campo delle possibili teorie e ne giustifica alcune. Il principio enunciato da Carter : Principio antropico debole: "dobbiamo tenere presente il fatto che la nostra posizione [nello spazio e nel tempo] necessariamente privilegiata, in quanto compatibile con la nostra esistenza di osservatori." Principio antropico forte: "l'universo (e di conseguenza i parametri fondamentali che lo caratterizzano) dev'essere tale da permettere la creazione di osservatori all'interno di esso ad un dato stadio [della sua esistenza]."

Brandon Carter present le sue idee sul principio antropico in una pubblicazione del 1974 dell'Unione Astronomica Internazionale. Successivamente, nel 1983, sostenne che, nella sua forma originale, il principio intendeva solamente mettere in guardia astrofisici e cosmologi da possibili errori nell'interpretazione dei dati astronomici e cosmologici se i vincoli biologici dell'osservatore venivano presi in considerazione; Sempre nel 1983 egli sottoline come un qualsiasi teorema scientifico, per poter essere considerato valido nell'ambito della cosmologia, non potesse includere come condizione di validit l'impossibilit dell'esistenza di forme di vita nel cosmo.

The Anthropic Cosmological PrincipleLa renterpretazione dell'enunciato di Carter effettuata da John D. Barrow e Frank J. Tipler nel 1986 all'interno del libro The Anthropic Cosmological Principle (il principio antropico cosmologico) ha destato diverse controversie mediatiche, in quanto gli autori discussero una nuova tipologia di "principio antropico" denominata "principio antropico ultimo", allo scopo di enunciare le coincidenze apparentemente incredibili che permettono l'esistenza del nostro universo e della vita intelligente, nella fattispecie l'umanit, all'interno di esso. Infatti, nel testo, Barrow e Tipler sottolinearono che tutte le caratteristiche dell'universo in cui viviamo sembrano dipendere dai valori di un insieme di costanti cosmologiche fondamentali, che allo stato attuale di conoscenza vengono considerate come fra di esse indipendenti. Siccome non tanto lo sviluppo di vita intelligente, ma la stessa esistenza dell'universo cos come noi lo conosciamo cesserebbero di esistere in caso di variazioni infinitesime di questi valori, conclusero Barrow e Tipler, non si potrebbe studiare la struttura attuale dell'universo senza tenere in conto le esigenze fisiche alla base della nostra esistenza. Nel loro libro John D. Barrow e Frank Tipler enunciano tre nuove versioni del principio antropico, divergendo dall'enuciato di Carter: Principio antropico debole: "I valori osservati di tutte le quantit fisiche e cosmologiche non sono equamente probabili ma assumono valori limitati dal prerequisito che esistono luoghi dove la vita basata sul carbonio pu evolvere e dal prerequisito che l'universo sia abbastanza vecchio da aver gi permesso ci." Principio antropico forte: "L'universo deve avere quelle propriet che permettono alla vita di svilupparsi al suo interno ad un certo punto della sua storia."

Principio antropico ultimo: "Deve necessariamente svilupparsi una elaborazione intelligente dell'informazione nell'universo, e una volta apparsa, questa non si estinguer mai."

Barrow e Tipler derivano il principio antropico ultimo da quello forte, considerando che non ha senso che un universo che ha la capacit di produrre la vita intelligente non duri a sufficienza per svilupparla. Bench Barrow e Tipler sottolineino che il loro compito semplicemente di esporre le teorie, e non crederci, nel testo spingono il lettore verso una visione assai diversa da quella di Carter.

Esperimento di Michelson-MorleyL'esperimento di Michelson-Morley, uno dei pi famosi ed importanti esperimenti della storia della fisica. Venne eseguito nel 1887 nell'attuale Case Western Reserve University ed considerato la prima forte prova contro la teoria dell'etere luminifero.

BackgroundLa fisica nel XIX secolo postulava che le onde (luminose, sonore, etc.) dovessero avere un mezzo che consentisse la loro propagazione nello spazio. Nel caso della luce si era ipotizzata l'esistenza di un "etere luminifero" come mezzo di propagazione, anche al fine di conciliare le ultime conquiste dell'elettromagnetismo, riassunte nelle equazioni di Maxwell, con la relativit galileiana. Tali equazioni infatti risultavano avere forme diverse a seconda del sistema di riferimento inerziale scelto. Durante il XVIII secolo si riteneva che lo spazio fosse formato da una sostanza invisibile a cui i fisici diedero il nome di etere e che ogni corpo in movimento nell'universo producesse un vento d'etere che si muoveva alla stessa velocit del corpo in movimento ma con direzione opposta. Per esempio, la Terra si muove nell'universo a 30 km/s perci ci dovrebbe essere un vento a 30 km/s che spazzerebbe la Terra in direzione opposta al proprio cammino. Qualsiasi cosa immersa nell'etere sarebbe influenzata dal vento, compresa la luce.

L'esperimento

Un interferometro Michelson: l'esperimento originale utilizz pi specchi di quelli mostrati. La luce veniva riflessa avanti e indietro diverse volte prima di ricombinarsi.

Albert Abraham Michelson, che aveva insegnato fisica all'istituto di Cleveland inOhio, decise di provare a misurare la velocit della luce in diverse direzioni per vedere se si trovava traccia del vento d'etere, usando a

tale scopo uno strumento da lui stesso ideato che successivamente prese il nome di interferometro di Michelson. L'interferometro permette di suddividere un fascio di luce in due fasci che viaggiano seguendo cammini perpendicolari e vengono poi nuovamente fatti convergere su uno schermo, formandovi una figura di interferenza. Un eventuale vento d'etere avrebbe comportato una diversa velocit della luce nelle varie direzioni e, di conseguenza, uno scorrimento delle frange di interferenza al ruotare dell'apparato rispetto alla direzione del vento d'etere. Utilizzando questo dispositivo sperimentale Michelson effettu nel 1881 un certo numero di misure, non rilevando lo spostamento minimo previsto delle frange di interferenza (i dati vennero pubblicati da Michelson nello stesso anno). Tuttavia il suo apparecchio prototipale non aveva la precisione sufficiente per escludere con certezza l'esistenza del movimento nell'etere. Per questo decise di effettuare esperimenti pi precisi e, nel 1887, si mise in contatto con Edward Morley, che offr il suo seminterrato per il nuovo esperimento. A tale scopo venne utilizzato un interferometro montato su una lastra di pietra quadrata di 15 cm di lato e circa 5 cm di spessore. Per eliminare le vibrazioni la lastra veniva fatta galleggiare su mercurio liquido, il quale accorgimento permetteva di mantenere la lastra orizzontale e di farla girare attorno ad un perno centrale. Un sistema di specchi inviava il raggio di luce per un percorso di otto viaggi di andata e ritorno allo scopo di rendere il viaggio del raggio di luce pi lungo possibile. Anche con il nuovo esperimento non si trov traccia di un vento d'etere in quanto la velocit della luce era indipendente dalla direzione e di poco inferiore a 300000 km/s. La cosa non accadde neanche ripetendo l'esperimento a distanza di tempo e di luogo.

TeoriaIpotizzando che la terra si muova con velocit verso destra, relativamente alla figura qui a fianco, si possono calcolare gli ipotetici risultati. il tempo necessario a percorrere il braccio parallelo al moto terrestre e di lunghezza . Quindi all'andata, essendo per ipotesi il vento d'etere opposto, la velocit . Si calcola il tempo totale tramite la dell'onda sar , mentre al ritorno, ovviamente somma dei tempi dei due percorsi.

L'approssimazione dovuta al fatto che velocit quella della terra.

(nell'ordine di

) quando si prende come

Il calcolo di , ovvero il tempo impiegato per percorrere il braccio, di lunghezza perpendicolare al moto della terra (e dell'etere) avviene in maniera pi complicata. Innanzitutto bisogna tenere presente che nella teoria dell'etere solamente in questo mezzo che la velocit della luce equivale a , in tutti gli altri sistemi bisogna fare le trasformazioni ipotizzando un vento contrario al moto e di pari velocit. Tenendo presente le premesse possiamo ora procedere con il ragionamento per il calcolo. La velocit dell'onda nell'etere specchio. , con velocit dell'onda in direzione dello

Quindi il tempo per arrivare fino allo specchio ,

dove, dal momento che

ortogonale a

fa seguire che,

Tenendo presente la simmetria tra andata e ritorno di questo caso si pu ora calcolare

Trovato il tempo impiegato per percorrere ogni braccio si pu prevedere la possibile intereferenza sul nostro apparato quando le due onde, inizialmente con fase uguale, andranno nuovamente a sovrapporsi. La differenza di fase proporzionale a:

Ruotando il nostro sistema di 90 gradi, si invertono semplicemente ed . Quello che si fece allora, fu di regolare l'interferometro nella posizione descritta fino ad ora e poi successivamente ruotarlo. Il punto centrale di questo esperimento per l'appunto, la rotazione. Nel caso che la velocit della luce fosse invariante dal sistema scelto come riferimento, la Terra nel nostro caso, una rotazione non avrebbe implicato nessuna variazione. Nel caso che la teoria sull'etere fosse corretta invece, il nostro sistema avrebbe dovuto avere una variazione. Sia di fase quando il nostro sistema ruotato di : dove proporzionale alla differenza

Si dimostrato che la teoria dell'etere implicava una variazione di interferenza quantificabile con precisione e quindi anche rilevabile con i mezzi opportuni. Uno di questi mezzi era appunto l'interferometro di Michelson-Morley progettato in modo da accentuare tale variazione, grazie alla sua riflessione ripetuta per otto volte, portando un'analogia ad un esperimento con bracci di circa 11 m. Questa variazione di fase non si present e l'esperimento dimostro cos l'assenza di etere.

ConseguenzeCon questi esperimenti, se si ipotizza che la Terra non sia ferma rispetto all'etere, fallisce la legge di composizione galileiana delle velocit nel caso della luce, poich appunto la luce non viene "trascinata" da nessun mezzo fisico. Tre spiegazioni sono possibili al fallimento dell'esperienza di Michelson e Morley: la Terra ferma rispetto all'etere il braccio dell'interferometro nella direzione del moto dell'etere si accorcia (contrazione di Fitzgerald) la velocit della luce la medesima in tutte le direzioni

Einstein accetta la terza soluzione che va considerata come una riprova dell'isotropia dello spazio per tutti gli osservatori. La spiegazione di tale risultato secondo Einstein che non vi nessun etere. La conclusione, che la velocit della luce indipendente dal moto della sorgente e dell'osservatore, fu l'ipotesi da cui part Einstein per sviluppare la teoria della relativit ristretta.

Modello matematicoUn modello matematico un modello costruito usando il linguaggio e gli strumenti della matematica. Il suo scopo quello di rappresentare il pi fedelmente possibile un determinato oggetto, fenomeno, processo o teorizzazione dal punto di vista sistemico. Tutti i settori della scienza, ma non solo, fanno largo uso di modelli matematici per modellizzare determinati aspetti del mondo. Gli strumenti matematici usati possono essere i pi disparati, dalla combinatoria al calcolo infinitesimale.

Un modello matematico una rappresentazione esemplificativa di un sistema reale, in cui vengono schematizzate le sole caratteristiche fisiche che interessa studiare, tramite una serie di regole (in generale un sistema di Equazioni Algebriche o Differenziali) che legano i parametri (grandezze non manipolabili), le sollecitazioni (ovvero gli ingressi, variabili indipendenti nellambito del proprio Campo di Esistenza) e le uscite (variabili dipendenti, anch'esse legate ad un Campo di Esistenza). Occorre precisare che la classificazione delle grandezze utilizzate dal sistema dipende dal contesto in cui il sistema stesso viene analizzato (ad esempio l'accelerazione di gravit terrestre un parametro costante al livello del mare, mentre diventa una variabile durante un lancio in orbita)

Struttura di un modello [modifica]Un modello matematico spesso costruito con lo scopo di fornire previsioni sullo 'stato' futuro di un fenomeno o di un sistema. Spesso i termini 'modello' e 'sistema' sono interscambiabili dal punto di vista matematico-formale. Generalmente, il modello descrive la probabile evoluzione di un fenomeno o di un sistema sulla base di dati iniziali (condizioni iniziali) forniti dall'utente (l'input) restituendo dei dati finali (output). L'efficacia del modello pu essere quindi misurata comparando i dati finali con il risultato effettivo osservato dell'evoluzione del fenomeno o del sistema. Ad esempio, modelli matematici pi o meno complessi vengono continuamente proposti e testati in meteorologia,climatologia ed economia. Strutturalmente il modello una rappresentazione del fenomeno o del sistema in oggetto e si focalizza su una certa prospettiva concettuale dello stesso. La stesura di un modello matematico abbraccia moltissimi campi della scienza pura e applicata perch consente ad una prospettiva matematizzata di modellizzare il fenomeno o il sistema in oggetto. Una classe importante di modelli data dalle equazioni o sistemi di equazioni differenziali, ordinarie o alle derivate parziali ottenibili a partire da 'equazioni di bilancio' per sistemi fisici (meccanici, elettrici, termodinamici, ecc.). Ad esempio, un insieme di equazioni differenziali pu descrivere la struttura di un ponte e le forze che su di esso sono esercitate e sulla base di esse il progettista pu anticipatamente prevedere gli sforzi o sollecitazioni a cui sar sottoposta la struttura interna del ponte. Oltre alla statica e dinamica delle strutture in ingegneria civile, altri campi importanti di applicazione delle equazioni differenziali sono la teoria dei circuiti e i sistemi dinamici in generale. La soluzione delle equazioni del modello passa attraverso i metodi di risoluzione classici delle equazioni differenziali oppure equivalentemente dai metodi di analisi derivati dalla Teoria dei Sistemi. Si suole distinguere inoltre tra modelli dinamici, che esprimono la variabilit o evoluzione nel tempo del comportamento di un sistema fisico, emodelli statici quali ad esempio la semplice Legge di Hooke in un certo

istante temporale. La stesse formule matematiche, ad esempio tutte le equazioni della cinematica, possono essere considerate in s per s un modello matematico del fenomeno fisico in oggetto (il moto): in particolare queste discendono dalla risoluzione particolare delle equazioni differenziali che risolvono il pi generale problema della dinamica. Ad esempio un modello matematico classico quello dell'oscillatore armonico ovvero quello che si ottiene dalla risoluzione del problema della dinamica applicato alla forza elastica di una molla libera di muoversi secondo la Legge di Hooke. Si distinguono modelli (sistemi) deterministici (l'uscita univocamente determinata dall'ingresso) e modelli (sistemi) stocastici, modelli lineari e modelli non-lineari. Spesso in macrosistemi a molti gradi di libert come quello economico e quello climatico il ricorso ai modelli matematici (e a potenti elaboratori), nella forma di sistemi di equazioni multivariabili, una necessit stringente vista l'impossibilit di studiare il sistema riproducendolo in laboratorio: in questo senso il rigore dell'approccio scientifico 'galieiano' di stampo induttivo-sperimentale "simulato" da 'laboratori virtuali' ovvero dai supercalcolatori su cui viene fatto girare il modello matematico, eventualmente validato sulla scorta dei dati passati, e dal cui output emergono le propriet cercate del sistema studiato [3]. In senso esteso altri tipi di modelli matematici, diversi dalle equazioni differenziali, compaiono in altri settori della matematica pura e applicata come per esempio in: "Topologia e previsione delle propriet chimiche" in cui si usa la teoria dei grafi. "Teoria delle code", in cui si usa la teoria delle probabilit; "Scelte collettive razionali", per cui si adopera la teoria dei giochi; "Programmazione lineare e allocazione delle risorse". "Teoria dei nodi e meccanica statistica" [2].

Dipendenza dai dati inizialiUn aspetto cruciale, che incide notevolmente sulla capacit di previsione di un modello matematico di un sistema (nella forma di equazione differenziale) la ' dipendenza sensibile dai dati iniziali '. Se una piccola variazione dell'input produce una forte variazione dell'output, la creazione di un modello 'efficiente' sul fronte della previsione risulta essere enormemente pi complessa, e le previsioni a lungo termine possono risultare intrinsecamente impossibili. Si parla in questo caso di sistema o modello non-lineare e un fenomeno con forte dipendenza dai dati iniziali, riassunto nel concetto di effetto farfalla, detto ' caotico ' sebbene possa essere per sua natura intrinsecamente deterministico. In un sistema di questo tipo, l'errore sulla previsione cresce esponenzialmente nel tempo. La disciplina che studia questi fenomeni la dinamica non-lineare che rientra nella teoria del caos. In realt anche semplici sistemi lineari possono manifestare questa sensibilit alle condizioni iniziali pur non essendo per loro natura caotici. Ad esempio, i fenomeni meteorologici sono generalmente caotici: per questo motivo, una previsione a lungo termine (ad esempio, l'esatta temperatura in una data citt fra un anno) del tutto impossibile. I pianeti del sistema solare si muovono invece in modo non caotico (almeno in prima approssimazione): per questo motivo possibile prevedere eclissi con secoli d'anticipo.

Modello fisico Un modello un'astrazione selettiva della realt (Albert Einstein)

Con modello fisico si intende, in fisica ma anche in altri settori della conoscenza, una rappresentazione concettuale (spesso una semplificazione) del mondo reale o di una sua parte, capace di spiegarne il funzionamento. In fisica, o comunque nella scienza in genere, si parla di modelli fisici che descrivono i fenomeni reali. Tali modelli, spesso basati su ipotesi concettuali, si adattano a descriverne campi pi o meno vasti del mondo fisico. Alcuni modelli si adattano pi di altri ad un determinato campo

Sistemi deterministici, caotici e stocasticiUn sistema Deterministico quando possibile determinare la sequenza delle uscite, conoscendo la sequenza degli ingressi e lo stato di partenza del sistema stesso. Un sistema Stocastico (o Probabilistico) quando questa previsione impossibile o per la presenza di disturbi o per leccessiva complessit del sistema stesso (ad esempio le previsioni meteorologiche). Spesso si desidera che il sistema sia il pi possibile aleatorio (ad esempio le estrazioni di una lotteria).

Grandezze fisiche e unit di misura Grandezze fisicheUna grandezza fisica qualunque propriet di un fenomeno naturale che possa venire misurata. La misura di una grandezza avviene attraverso il confronto con una grandezza omogenea (dello stesso tipo) che viene presa come riferimento, detta unit di misura. L'operazione di confronto deve stabilire di quante volte la grandezza di riferimento maggiore o minore della grandezza da misurare. La misura della grandezza fisica rappresentata da un valore numerico, seguito dal simbolo dell'unit di misura scelta per misurarla. Poich le grandezze fisiche, e le conseguenti unit che possibile adottare per misurale, sono innumerevoli, nel 1960, attraverso la IX Conferenza Internazionale dei Pesi e delle Misure, stato istituito un sistema di unit di misura omogeneo, assoluto, invariante e decimale: si tratta del Sistema Internazionale di unit di misura, indicato generalmente con la sigla SI, il cui scopo quello di rendere pi semplici gli scambi di conoscenze tra scienziati di nazionalit differenti.

Sistema internazionale di unit di misuraIl Sistema internazionale di unit di misura (in francese Systme international d'units), abbreviato in SI e pronunciato esse i[1], il pi diffuso tra i sistemi di unit di misura. Assieme al Sistema CGS, viene spesso indicato come sistema metrico decimale, soprattutto nei paesi anglosassoni.

Le unit di misura dell'SILe unit di misura sono uno standard per la misurazione di quantit fisiche. In fisica e in metrologia, necessaria una definizione chiara e univoca di tali quantit, al fine di garantire l'utilit e la riproducibilit dei risultati sperimentali, che sono alla base del metodo scientifico. Per esempio, se si misura la massa di una mela con una bilancia, se la bilancia legge 100 e l'unit di misura in base alla quale stata calibrata la bilancia sono i grammi, sapremo che la nostra mela ha una massa di 100 grammi. Allo scopo di facilitare le misurazioni necessario definire dei sistemi di misure standard. I sistemi di misura scientifici sono una formalizzazione del concetto di pesi e misure, che venne sviluppato in origine a fini commerciali, ovvero per creare una serie di strumenti con i quali venditori e acquirenti potessero concordare in maniera univoca la quantit delle merci trattate. Per misurare una stessa grandezza esistono nel mondo molteplici unit di misura, che variano in genere a seconda del luogo in cui ci si trova, o di un determinato contesto (un mercato piuttosto che una scuola), ecc.; riprendendo l'esempio della mela, la sua massa pu essere misurata in grammi e nei suoi multipli esottomultipli, oppure in libbre, ecc. Ogni valore di una quantit fisica viene espresso come confronto rispetto alla unit di tale quantit. Ad esempio, il valore di una quantit fisica Q viene espresso come prodotto di una unit [Q] per un fattore numerico: Q = n [Q] = n [Q] Il segno di moltiplicazione viene generalmente tralasciato, cos come accade nelle formule in notazione scientifica. Nelle formule l'unit [Q] pu essere trattata come se fosse una specie di dimensione fisica. Una distinzione deve essere fatta tra le unit e i campioni normativi. Un'unit fissata per definizione, ed indipendente da condizioni fisiche come la temperatura. Un campione, al contrario, la materializzazione fisica di una unit, ed soggetta alle condizioni fisiche. Ad esempio, il metro un'unit, mentre una barra metallica usata come campione varia la sua lunghezza con la temperatura (anche se per frazioni infinitesime).

Unit fondamentaliOgni altra grandezza fisica (e la relativa unit di misura) una combinazione di due o pi grandezze fisiche (unit) di base, od il reciproco di una di esse. Con l'eccezione del chilogrammo, tutte le altre unit sono definibili misurando fenomeni naturali. Inoltre, da notare che il chilogrammo l'unica unit di misura di base contenente un prefisso: questo perch il grammo troppo "piccolo" per la maggior parte delle applicazioni pratiche. Simbolo della grandezza Nome dell'unit SI Simbolo dell'unit SI fisica I, i Iv l m ampere candela metro chilogrammo A cd m kg

Grandezza fisica

Intensit di corrente Intensit luminosa Lunghezza Massa

Quantit di sostanza

n

mole kelvin secondo

mol K s

Temperatura termodinamica T Tempo t

Lunghezza: Decimiolionesima parte della distanza fra polo nord ed equatore; Distanza tra due linee incise alle estremit di una barra di platino iridio(barra del metro campione) Il metro la lunghezza che la luce percorre nel vuoto in un tempo pari a 1/299 milioni di s

Massa: Massa di un cilindro di platino iridio ovvero il campione. Per definire la massa degli atomi stato definito un secondo campione cio latomo di C12 a cui stata attribuita lunit di massa atomica(u)

Tempo: Tempo medio impiegato dalla terra per compiere una rotazione attorno allasse terrestre a cui fu attribuito il valore di 86.400s dati dal prodotto delle ore in un giorno per il numero di minuti in unora per il numero di secondi in un minuto; Un secondo il tempo necessario alla luce emessa da un atomo ci cesio 133 di emettere 9 miliardi di oscillazioni

Ampere: l'unit base SI usata per misurare l'intensit della corrente elettrica. Essendo una delle sette unit fondamentali del SI, tutte le altre unit elettromagnetiche sono derivate da essa. un ampere l'intensit di corrente elettrica che, se mantenuta in due conduttori lineari paralleli, di lunghezza infinita e sezione trasversale trascurabile, posti a un metro di distanza l'uno dall'altro -7 [1][2] nel vuoto, produce tra questi una forza pari a2 10 newton per metro di lunghezza .

Kelvin: Mole: Misura la quantit delle sostanze; essa contiene tante entit elementari quante sono gli atomi contenuti in 12 grammi dell'isotopo 12 del carbonio La mole definita come la quantit di sostanza di un sistema che contiene un numero di unit interagenti[1]

Il kelvin definito come 1/273,16 della temperatura termodinamica del punto triplo dell'acqua.

pari al numero degli atomi presenti in 12 grammi di carbonio-12.

[2]

Candela: l'unit di misura dell'intensit luminosa Una candela pari all'intensit luminosa, in una data direzione, di una sorgente 12 emettente radiazione monocromatica alla frequenza di 540 10 hertz con intensit radiante (in quella direzione) pari a 1/683 watt per steradiante.

Grandezze derivateOgni altra grandezza fisica omogenea a un prodotto di potenze di grandezze fondamentali detto dimensione (fisica), e grandezze (unita di misura) con la stessa dimensione sono fra loro omogenee per transitivita, anche se solo alcune loro combinazioni hanno senso fisicamente. Simbolo della Nome dell'unit Simbolo grandezza SI dell'unit SI fisica Nomi e simboli speciali frequenza f, hertz Hz s1

Grandezza fisica

Equivalenza in termini di unit fondamentali SI

forza

F

newton

N

kg m 2 s = kg m 2 s1

pressione, sollecitazione, pressione di vapore

p

pascal

Pa

Nm

2

energia, lavoro, calore

E, Q

joule

J

Nm

= kg m 2 s = kg m 3 s2

2

potenza, flusso radiante

P, W

watt

W

Js

1

carica elettrica potenziale elettrico, forza elettromotrice,tensione elettrica

q

coulomb

C

As = m kg 3 1 s A = m kg 3 2 s A =s A 2 1 m kg4 2 3 2 2 2

V, E

volt

V

JC

1

resistenza elettrica

R

ohm

VA

1

conduttanza elettrica

G

siemens

S

AV

1

capacit elettrica

C

farad

F

CV

1

=s A

m Vs 2 m

2

kg

1

densit flusso magnetico

B

tesla

T

= kg s 1 A2

2

flusso magnetico

(B)

weber

Wb

Vs

= m kg 2 1 s A = m kg 2 2 s A2

induttanza

L

henry

H

Vs 1 A K 1 1 cd sr cd sr 2 m m s1 [7]

temperatura angolo piano[8]

T ,

grado Celsius radiante steradiante lumen

C rad sr lm

=mm2

1

angolo solido

[8]

=m m

2

flusso luminoso

illuminamento

lux

lx

rifrazione attivit di un radionuclide dose assorbita dose equivalente dose efficace[9]

D A D H E

diottria becquerel gray sievert sievert

D Bq Gy Sv Sv

1

J kg J kg J kg mol 1 s

1

=m s =m s =m s2 2

2

2

1

2

1

2

attivit catalitica

katal

kat

Altre grandezze fisiche area volume A V metro quadro metro cubo metro al secondo m m m m2

3

velocit

v

m/s

ms

1

velocit angolare

s 1 rad s ms2

1

accelerazione

a

momento torcente

Nm

= m kg 2 s

2

numero d'onda

n chilogrammo al metro cubo

m

1

densit

kg/m

kg m

3

volume specifico

m 1 kg mol 3 dm m 1 mol = m kg 2 1 s K2 2 3

3

molarit SI

[10]

volume molare

Vm

capacit termica, entropia

C, S

JK

1

calore molare, entropia molare

Cm, Sm

= m kg 1 J K 2 1 s K 1 mol 1 mol JK 1 kg1

calore specifico, entropia specifica

c, s

=m s 1 K2

2

2

energia molare

Em

J 1 mol J kg1

= m kg 2 1 s mol =m s =m 2 s1 2 2

energia specifica

e

densit di energia

U

Jm

3

kg

tensione superficiale

Nm

1

=Jm 2 = kg s = kg s3

2

densit di flusso calorico, irradianza

Wm

2

conduttivit termica

W 1 m 1 K m s2 1

= m kg 3 1 s K

viscosit cinematica

viscosit dinamica

Ns 2 m

= Pa s 1 = m kg 1 s =m3

densit di carica elettrica densit di corrente elettrica j

Cm Am

3

sA

2

conduttivit elettrica

Sm

1

= m kg 3 2 s A1

3

1

conduttivit molare

= kg 2 Sm 1 3 mol s 1 mol 2 A = m kg 4 2 s A = m kg 2 2 s A = m kg 3 1 s A3 1

permittivit elettrica

Fm

1

permeabilit magnetica

Hm

1

(intensit) di campo elettrico

F, E

Vm

1

(intensit) di campo magnetico magnetizzazione luminanza esposizione (raggi X e gamma) tasso di dose assorbita

H M[11]

Am Am

1

1

cd m C kg Gy s

2

1

= kg

1

sA3

1

=m s

2

Unit aggiuntive del SI:

Steradiante

Rappresentazione grafica di 1 steradiante

Lo steradiante (simbolo sr; nome derivante dal Greco stereos, solido) l'unit di misura del Sistema internazionale per l'angolo solido, il corrispondente tridimensionale del radiante. Lo steradiante definito come l'angolo solido, con vertice al centro di una sfera di raggio r, che sottende una calotta sferica di area uguale a Essendo l'area di una sfera pari a . , e l'area della calotta sottesa dall'unit di angolo solido pari a . ,

l'intera sfera sar sottesa da un angolo solido di misura

Lo steradiante stato un'unit SI supplementare fino al 1995 quando questa categoria stata abolita. Secondo la norma ISO 80000-1:2010 lo steradiante fa parte delle unit derivate (insieme a radianti, hertz, newton...)[1].

Radiante

Un angolo misurato in radianti.

Il radiante (generalmente indicato rad quando necessario, dato che un numero puro, da non confondere con l'unit di misura della dose di radiazione assorbita) l'unit di misura degli angolidel Sistema internazionale di

unit di misura (pi precisamente si tratta di una unit derivata). Tale misura rappresenta il rapporto tra la lunghezza di un arco di circonferenza spazzato dall'angolo, e la lunghezza del raggio di tale circonferenza. Questa unit di misura usata in particolare in trigonometria, in goniometria e nel calcolo infinitesimale,

COSA E UNA EQUAZIONE DIMENSIONALE? UNA EQUAZIONE IN CUI TUTTI I TERMINI SONO LE DIMENSIONI DELLE GRANDEZZE FISICHE IN GIOCO

A cosa serve una equazione dimensionale ^?a definire le unit di misura delle grandezze derivate e a controllare la correttezza dimensionale delle relazioni matematiche Es: V=x/t equazione dimensionale => V=m/s

Notazione scientifica e ordine di grandezzaLe discipline scientifiche quali la fisica, la biologia, lastronomia, etc., si trovano spesso a doversi confrontare con misurazioni di grandezze espresse da numeri molto grandi o da numeri molto piccoli. Per risolvere questo problema, si preferisce utilizzare una scrittura compatta che permette di scrivere i tali tipologie di numeri in forma pi agevole. Tale scrittura prende il nome di notazione scientifica. Definizione: Un numero x scritto in notazione scientifica se si presenta nella forma: ?????? = ?????? 10

Ordini di grandezzaUn ordine di grandezza la classe di scala o grandezza di una quantit, dove ogni classe contiene valori aventi un rapporto fisso rispetto a quelli della classe precedente. I rapporti usati pi frequentemente sono 1000,10, 2, 1024 o (il numero di Eulero, un numero trascendente (approssimativamente uguale a

2.71828182846) che usato come base per i logaritmi naturali).

DescrizioneSolitamente, poich normalmente la specie umana usa numerazioni a base dieci, gli ordini di grandezza si riferiscono ad una serie di potenze di dieci; questo articolo tratta la scala decimale.

Potenze di dieci

0.001

0.01 -2

0.1 -1

1 0

10 1

100 2

1.000 3

10.000 4

Ordine di grandezza -3

Gli ordini di grandezza si usano in genere per paragonare due quantit in maniera molto approssimativa. Il fatto che due numeri differiscano per un ordine di grandezza significa che uno circa dieci volte maggiore dell'altro. Se differiscono per due ordini di grandezza, il fattore approssimativo 100. Due numeri dello stesso ordine di grandezza hanno circa la stessa scala: il valore pi piccolo maggiore di un decimo del valore pi grande. L'ordine di grandezza di un numero , intuitivamente, il "numero di potenze di 10 contenuto nel numero".[1]Pi precisamente, l'ordine di grandezza di un numero pu essere definito in termini di logaritmo decimale, o meglio della parte intera del logaritmo. Per esempio, 4.000.000 ha logaritmo 6,602; il suo ordine di grandezza quindi 6. Da ci segue che un ordine di grandezza pu essere visto come una posizione approssimativa su una scala logaritmica. La stima dell'ordine di grandezza di una variabile il cui valore preciso sconosciuto, una stima arrotondata alla potenza di dieci pi vicina. Ad esempio, una stima dell'ordine di grandezza per una variabile tra 3 miliardi e 30 miliardi, 10 miliardi. Una stima dell'ordine di grandezza viene talvolta detta approssimazione di ordine zeresimo. Le pagine nella tabella a destra contengono elenchi di oggetti disposti per ordine di grandezza secondo varie unit di misura. Questo utile per ottenere un'idea intuitiva della scala comparativa di oggetti familiari. Le unit SI vengono usate assieme ai prefissi SI, che vennero concepiti tenendo presente gli ordini di grandezza.

PrefissiLe unit SI possono avere prefissi per rendere pi comodamente utilizzabili grandi e piccole misurazioni. Per esempio, la luce visibile ha un'ampiezza d'onda pari pi o meno a 0,000 0005 m, che, pi comodamente, possibile scrivere come 500 nm. Si noti l'importanza di utilizzare correttamente i simboli maiuscoli e minuscoli per evitare ambiguit. Non pi permesso utilizzare pi prefissi in cascata: ad esempio, non si pu scrivere 10 000 m = 1 dakm. Prefissi del Sistema Internazionale 10 10 10 10 10 10 10 10n

Prefisso Simbolo yotta zetta exa peta tera giga mega Y Z E P T G M

Nome Quadrilione Triliardo Trilione Biliardo Bilione Miliardo Milione

Equivalente decimale 1 000 000 000 000 000 000 000 000 1 000 000 000 000 000 000 000 1 000 000 000 000 000 000 1 000 000 000 000 000 1 000 000 000 000 1 000 000 000 1 000 000

24

21

18

15

12

9

6

10 10 10 10 10 10 10 10 10 10 10 10 10 10

3

kilo hecto deca

k h da

Mille Cento Dieci Uno

1 000 100 10 1 0,1 0,01 0,001 0,000 001 0,000 000 001 0,000 000 000 001 0,000 000 000 000 001 0,000 000 000 000 000 001 0,000 000 000 000 000 000 001

2

1

0

1

deci centi milli micro nano pico femto atto zepto yocto

d c m n p f a z y

Decimo Centesimo Millesimo Milionesimo Miliardesimo Bilionesimo Biliardesimo Trilionesimo Triliardesimo

2

3

6

9

12

15

18

21

24

Quadrilionesimo 0,000 000 000 000 000 000 000 001

Nel 1998 il SI ha introdotto i prefissi per multipli binari per evitare l'ambiguit dovuta al fatto che i prefissi standard, relativi a multipli decimali, vengano usati, invece, per i multipli binari. Difatti, soprattutto nel mondo informatico, si intende (erroneamente) che 1 kB sia uguale a 1024 B. I prefissi per multipli binari hanno proprio lo scopo di lavorare secondo le potenze di 2 piuttosto che le potenze di 10 per eliminare ogni ambiguit. Il simbolo quello standard con l'aggiunta della lettera "i" minuscola. Cos, 1 kB equivale a 1000 B, mentre 1 kiB equivale a 1024 B. Un hard-disk da 2 TB avr una capacit di 2 000 000 000 000 B o di ~1,819 TiB, mentre un computer con memoria RAM da 4 GiB avr una capacit di 4 294 967 296 B o di ~4,295 GB.

Statistica ed elaborazione dei dati sperimentali

StatisticaLa statistica una disciplina che ha come fine lo studio quantitativo e qualitativo di un particolare fenomeno in condizioni di nondeterminismo o incertezza ovvero di non completa conoscenza di esso o parte di esso. Studia i

modi (descritti attraverso formule matematiche) in cui una realt fenomenica - limitatamente ai fenomeni collettivi pu essere sintetizzata e quindi compresa. La statistica studia come raccogliere i dati e come analizzarli per ottenere l'informazione che permetta di rispondere alle domande che ci poniamo. Si tratta di avanzare nella conoscenza partendo dall'osservazione e dall'analisi della realt in modo intelligente e obiettivo. lessenza delmetodo scientifico.[1] La statistica, per molti etimologicamente legata a status (inteso come stato politico, cos come stato delle cose: status rerum) fu definita e proposta dal filosofo tedesco Achenwall nel XVIII secolo come scienza deputata a raccogliere dati utili per governare meglio. Oggi la statistica utile ovunque sia necessaria una delle seguenti condizioni:

procedere ad una raccolta ordinata, ad una stesura comprensibile e ad una elaborazione dei dati pi svariati; scoprire eventuali leggi che regolano i dati spesso solo in apparenza disordinati ed operarne il confronto; definire un dato variabile di riferimento che assuma diversi valori definibili in un certo intervallo di variazione.

Con il termine statistica, nel linguaggio di tutti i giorni, si indicano anche semplicemente i risultati numerici (le statistiche richiamate neitelegiornali, ad esempio: l'inflazione, il PIL etc.) di un processo di sintesi dei dati osservati. La statistica in qualche modo legata alla teoria della probabilit rientrando entrambe nel pi vasto ambito della teoria dei fenomeni aleatori, ma mentre la teoria della probabilit si occupa di fornire modelli teorici probabilistici ovvero distribuzioni di probabilit adattabili ai vari fenomeni aleatori reali definendo i parametri della variabile aleatoria in questione, la statistica parte da un campione aleatorio per descrivere le sue propriet statistiche oppure risalire o inferire al modello probabilistico sotteso e alla stima dei suoi parametri (media, varianza, deviazione standard, moda, mediana).

Statistica descrittiva e inferenzialeLa scienza statistica comunemente suddivisa in due branche principali: statistica descrittiva statistica inferenziale.

La statistica descrittivaLa statistica descrittiva ha come scopo quello di sintetizzare i dati attraverso i suoi strumenti grafici (diagrammi a barre, a torta, istogrammi,boxplot) e indici (indicatori statistici, indicatori di posizione come la media, di variazione come la varianza e la concentrazione, dicorrelazione, ecc.) che descrivono gli aspetti salienti dei dati osservati, formando cos il contenuto statistico.

La statistica inferenzialeLa statistica inferenziale (inferenza vuol dire trarre delle conclusioni logiche a partire dai dati disponibili) ha come obiettivo, invece, quello di stabilire delle caratteristiche dei dati e dei comportamenti delle misure rilevate (variabili statistiche) con una possibilit di errore predeterminata. Le inferenze possono riguardare la natura teorica (la legge probabilistica) del fenomeno che si osserva. La conoscenza di questa natura permetter poi di fare una previsione (si pensi, ad esempio, che quando si dice che "l'inflazione il prossimo anno avr una certa entit" deriva dal fatto che esiste un modello dell'andamento dell'inflazione derivato da tecniche inferenziali). La statistica inferenziale fortemente legata alla teoria della probabilit. Sotto questo punto di vista descrivere in termini probabilistici o statistici una fenomeno aleatorio nel tempo,

caratterizzabile dunque da una variabile aleatoria, vuol dire descriverlo in termini di densit di distribuzione di probabilit e dei suoi parametri di media o valore atteso e varianza. La statistica inferenziale si suddivide poi in altri capitoli, di cui i pi importanti sono la teoria della stima (stima puntuale e stima intervallare) e la verifica delle ipotesi.

La statistica esplorativa [modifica]Intorno al 1950, a questi due primi capitoli della statistica, se ne affianc un terzo la statistica esplorativa

ad opera di John Wilder Tukey. In questo approccio i dati risultati da un esperimento vengono indagati attraverso metodi di sintesi (grafica e numerica) al fine di formulare ipotesi riguardo alla legge di probabilit sottesa al fenomeno studiato (questa la differenziazione con la statistica inferenziale, in cui sempre sottesa un'ipotesi riguardo alla legge di probabilit di cui i dati sono la controparte osservabile). Lo sviluppo naturale poi della statistica esplorativa il data-mining (che agisce nel Data warehouse). La ricerca esplorativa mirata a: 1. sviluppare una pi precisa formulazione di un problema definito in via preliminare anche in modo piuttosto vago; 2. formulare ipotesi sulle possibili variabili che agiscono nel contesto in cui si sviluppa il problema; 3. stabilire priorit sulle questioni da affrontare e studiare; 4. identificare e formulare le alternative di scelta possibili; 5. raccogliere informazioni sul problema, che serviranno poi per condurre una ricerca di tipo conclusivo. In sostanza gli scopi principali di questo tipo di ricerca consistono nella formulazione di congetture o affermazioni (ipotesi molto generali e non ancora formalizzate per un trattamento statistico) riguardo, ad esempio, alla relazione fra due o pi variabili. La formulazione di questo tipo di ipotesi spesso scaturisce dallimpiego di specifiche e prestabilite procedure, quali: la ricerca di fonti secondarie; indagini presso informatori-chiave (es. esperti); focus group, la compilazione di casi di studio.

Incertezza di misuraSecondo il "Vocabolario Internazionale di Metrologia" (VIM) del 2007, per incertezza di misura si intende un parametro non negativo che caratterizza un intervallo di valori attribuiti a un misurando[1]. Il parametro pu essere:

uno scarto tipo, chiamato in questo caso incertezza tipo , oppure un multiplo dello scarto tipo; o la semiampiezza di un intervallo avente una probabilit di copertura stabilita[2]

Secondo la norma UNI ISO 3534-1:2000, l'incertezza di misura la stima legata ad un risultato di prova che caratterizza lescursione dei valori entro cui si suppone che cada il valore vero (del misurando); ha le dimensioni di uno scarto tipo e si indica con la lettera "u"[3] La stima dell'incertezza di misura molto importante in chimica analitica in quanto l'incertezza esprime l'affidabilit intrinseca del risultato. Dal 1999 La norma ISO/IEC 17025, fondamentale per l'accreditamento dei laboratori di prova e di taratura, prevede infatti che le misurazioni siano espresse in termini di incertezza di misura [4].

Errore di misura e incertezzaNel VIM l'errore di misura definito come il valore ottenuto dalla misurazione di una grandezza meno il [9] valore di riferimento di questa . L'errore, pur costituito da una componente casuale e da una sistematica, pertanto un valore singolo, essendo ottenuto dalla differenza fra un singolo risultato di misura e il "valore vero" del misurando. In realt, secondo la teoria della misurazione basata sull'errore, il valore vero di una [10] grandezza considerato unico e non conoscibile . Al contrario, a causa della incompletezza dei dettagli nella definizione di una qualsiasi grandezza, nel caso dell'incertezza (che ha la forma di un intervallo) non esiste un unico valore vero, ma un insieme coerente di valori veri, sebbene anch'essi non conoscibili. Quando per l'incertezza di definizione associata al misurando trascurabile rispetto alle altre componenti [11] dell'incertezza, si ammette in tal caso che il misurando abbia un valore vero unico . In ogni modo, per calcolare l'incertezza di misura, differentemente dall'errore di misura, non necessario conoscere il valore vero della grandezza.

Errore assolutoL'errore assoluto, in genere definito come la differenza tra il valore misurato e il valore esatto, cio:

dove = errore assoluto = valore misurato = valore esatto L'errore assoluto una grandezza algebrica (cio con segno) e che si esprime nell'unit di misura della grandezza esaminata; non deve essere confuso con il valore assoluto di un errore, che il modulo di un errore.

Errore relativoL'errore relativo di una misura generalmente definito come il rapporto tra l'errore assoluto e il valore vero del misurando, cio:

dove = errore relativo = errore assoluto = valore vero L'errore relativo una grandezza algebrica (cio con segno), ma, essendo il rapporto fra due grandezze omogenee, adimensionata (cio priva d'unit di misura). L'errore relativo nasce dall'esigenza d'interpretare velocemente se un errore piccolo o grande (dunque se pi o meno tollerabile) confrontandolo direttamente con la grandezza misurata. Minore il valore dell'errore relativo, maggiore sar la precisione della misurazione effettuata.

In quest'ottica, per evitare di aver a che fare con poco pratici numeri decimali, l'errore relativo viene comunemente riportato con la notazione percentuale (in questo caso viene chiamato errore percentuale), cio:

dove = errore relativo percentuale = errore assoluto = valore vero

Presentazione dei dati Istogramma

Esempio di istogramma

L'istogramma la rappresentazione grafica di una distribuzione in classi di un carattere continuo. costituito da rettangoli adiacenti le cui basi sono allineate su un asse orientato e dotato di unit di misura (l'asse ha l'unit di misura del carattere e pu tranquillamente essere inteso come l'asse delle ascisse). L'adiacenza dei rettangoli d conto della continuit del carattere. Ogni rettangolo ha base di lunghezza pari all'ampiezza della corrispondente classe; l'altezza invece calcolata come densit di frequenza, ovvero essa pari al rapporto fra la frequenza (assoluta) associata alla classe e l'ampiezza della classe. L'area della superficie di ogni rettangolo coincide con la frequenza associata alla classe cui il rettangolo si riferisce. La somma delle aree dei rettangoli uguale alla somma delle frequenze dei valori appartenenti alle varie classi. Volendo si pu scegliere di rappresentare nellistogramma le frequenze relative(anzich le semplici frequenze assolute) delle varie classi.

Dividendo le frequenze relative di un istogramma per l'ampiezza di ciascuna classe si attuer un processo di normalizzazione dell'istogramma ottenendo cos un istogramma di densit la cui somma delle aree delle ampiezze di ciascuna classe rappresentata sar uguale ad 1. Nell'ipotesi che la numerosit dei valori osservati tenda a infinito, e contemporaneamente l'ampiezza delle classi tenda a zero, l'istogrammaconverge, a sua volta, a una stima (seppur distorta) della legge di probabilit che regola l'esperimento casuale da cui si osserva il carattere. Gli istogrammi vengono spesso utilizzati nella fotografia digitale e nel fotoritocco per analizzare la luminosit di un'immagine. L'istogramma uno dei sette strumenti della qualit, si costruisce partendo dalla massima escursione tra i dati dividendola per gli intervalli desiderati.

Distribuzione normaleIn teoria della probabilit la distribuzione normale, o di Gauss (o gaussiana) dal nome del matematico tedesco Carl Friederich Gauss, una distribuzione di probabilit continua che spesso usata come prima approssimazione per descrivere variabili casuali a valori reali che tendono a concentrarsi attorno a un singolo valor medio. Il grafico della funzione di densit di probabilit associata a forma di campana, nota come Campana di Gauss (o anche come curva degli errori, curva a campana, ogiva). La distribuzione normale considerata il caso base delle distribuzioni di probabilit continue a causa del suo ruolo nel teorema del limite centrale. Pi specificamente, assumendo certe condizioni, la somma di n variabili casuali con media e varianza finite tende a una distribuzione normale al tendere di nall'infinito. Grazie a questo teorema, la distribuzione normale si incontra spesso nelle applicazioni pratiche, venendo usata in statistica e nelle scienze naturali esociali[1] come un semplice modello per fenomeni complessi. La distribuzione normale dipende da due parametri, la media e la varianza 2, ed indicata tradizionalmente con:

Indice di posizioneGli indici di posizione (o anche indicatori di posizione, o indici di tendenza centrale o misure di tendenza centrale), in statistica, danno un'idea approssimata dell'ordine di grandezza (la posizione sulla scala dei numeri, appunto) dei valori esistenti. Sono indici di posizione:

media, comprese la media aritmetica, media geometrica e media armonica mediana, quartile, quantile (o percentile) moda

Media aritmeticaLa media aritmetica il tipo di media impiegato pi comunemente e quello al quale, con il termine "media", si fa in genere riferimento nel parlare comune. Viene usata per riassumere con un solo numero un insieme di dati su un fenomeno misurabile (per esempio, l'altezza media di una popolazione). Viene calcolata sommando i diversi valori a disposizione, i quali vengono divisi per il loro numero complessivo. La formula della media aritmetica semplice per n elementi :

La media aritmetica ponderata (o media pesata) una combinazione lineare convessa dei dati in analisi. Ciascun valore moltiplicato per il proprio peso. La formula generale :

dove f rappresenta il peso di ciascun termine. Si dimostra facilmente che la media aritmetica un indice di posizione, in quanto aggiungendo o moltiplicando tutti i valori per una stessa quantit la media stessa aumenta o moltiplicata per quella stessa quantit. Come tutti gli indici di posizione, la media aritmetica fornisce l'ordine di grandezza dei valori esistenti e permette di conoscerne la somma dei valori (moltiplicando la media per il numero n di elementi). Oltre che in matematica, la media aritmetica ampiamente impiegata in svariati campi, quali economia, sociologia e nella maggior parte delle discipline accademiche. Nonostante la media aritmetica sia spesso usata per fare riferimento alle tendenze, non fornisce un dato statistico robusto in quanto risente notevolmente dei valori outlier. Nelle distribuzioni simmetriche la media aritmetica pu non accordarsi con il valore medio e altri indici pi forti, come la mediana, forniscono una migliore descrizione della tendenza centrale.

Mediana (statistica)In statistica descrittiva, data una distribuzione X di un carattere quantitativo oppure qualitativo ordinabile (ovvero le cui modalit possano essere ordinate in base a qualche criterio), si definisce la mediana, o mediano, come il valore/modalit (o l'insieme di valori/modalit) assunto dalle unit statistiche che si trovano nel mezzo della distribuzione. Se si procede al riordinamento delle unit in base ai valori crescenti del carattere da esse detenuto, in sostanza la Mediana bipartisce la distribuzione in due sotto-distribuzioni: la prima a sinistra della Mediana (costituita dalla met delle unit la cui modalit minore o uguale alla Mediana) e la seconda a destra della Mediana (costituita dalla met delle unit la cui modalit maggiore o uguale alla Mediana). Tecnicamente si afferma che la mediana il valore/modalit per il quale la frequenza relativa cumulata vale 0,5, cio il secondo quartile, ossia il 50 percentile. Usualmente si indica la Mediana con Me. Se le modalit sono raggruppate in classi non si definisce un valore univoco, ma una classe mediana . La determinazione di tale classe avviene considerando le frequenze cumulate; indicando

con

la generica frequenza cumulata dell'osservazione i-esima sar:

e

. Pur

essendo corretto considerare un qualsiasi elemento dell'intervallo

un valore mediano si soliti

procedere, al fine di avere una misura unica del valore, a un'approssimazione della mediana con la seguente formula:

se si assume che la distribuzione dei dati all'interno della classe sia uniforme, che corrisponde ad un processo di interpolazione. La mediana un indice di posizione e rientra nell'insieme delle statistiche di ordine. Una propriet della mediana di rendere minima la somma dei valori assoluti degli scarti delle valore da un generico

Per calcolare la mediana di 1. 2.

dati: di dati in ordine crescente o decrescente;

si ordinano gli

se il numero di dati dispari la mediana corrisponde al valore centrale, ovvero al valore che occupa la posizione .

3.

se il numero posizione

di dati pari, la mediana stimata utilizzando i due valori che occupano le e (generalmente si sceglie la loro media aritmetica)

Moda (statistica)In statistica, la moda o norma della distribuzione di frequenza X la modalit (o la classe di modalit) caratterizzata dalla massima frequenza e viene spesso rappresentata con la simbologia 0. In altre parole, il valore che compare pi frequentemente. Una distribuzione unimodale se ammette un solo valore modale, bimodale se ne ammette due (ossia: se esistono due valori che compaiono entrambi con la frequenza massima nella data distribuzione), trimodale se ne ha tre, ecc. Per la determinazione della classe modale opportuno ricorrere all'istogramma, individuandol'intervallo di altezza massima, ovvero il punto di massimo della curva. La classe con la maggiore densit media (che corrisponde all'altezza dell'istogramma) quella modale. Nel caso particolare della distribuzione normale, detta anche Gaussiana, la moda coincide con lamedia e la mediana. Indicando con l'altezza il numero di elementi che cadono nella classe sar data da: ,

L'utilit della moda risiede nell'essere l'unico degli indici di tendenza centrale a poter descrivere caratteri qualitativi.

Media geometricaLa media geometrica di n termini la radice n-esima del prodotto degli n valori:

Sfruttando le propriet dei logaritmi, l'espressione della media geometrica pu essere resa trasformando i prodotti in somme e le potenze in prodotti:

Analogamente al caso della media aritmetica, attribuendo un peso ai termini si pu calcolare la media geometrica ponderata:

La media geometrica pu essere vista anche come media aritmetico-armonica. Definendo infatti due successioni:

e

convergono alla media geometrica di x e y

Infatti le successioni convergono ad un limite comune. Si pu infatti osservare che:

Lo stesso ragionamento pu essere applicato sostituendo le medie aritmetica e armonica con una coppia di medie generalizzate di ordine finito ed opposto. La media geometrica si applica a valori positivi. Ha un chiaro significato geometrico: ad esempio la media geometrica di due numeri la lunghezza del lato di un quadrato equivalente ad un rettangolo che abbia i lati di modulo pari ai due numeri. Lo stesso vale in un numero didimensioni superiore. La media geometrica trova impiego soprattutto dove i valori considerati vengono per loro natura moltiplicati tra di loro e non sommati. Esempio tipico sono i tassi di crescita, come i tassi d'interesse o i tassi d'inflazione. Una caratteristica che valori piccoli (rispetto alla media aritmetica) sono molto pi influenti dei valori grandi. In particolare, sufficiente la presenza di un unico valore nullo per annullare la media.

Media armonica

La media armonica di n termini definita come il reciproco della media aritmetica dei reciproci.

Per praticit di calcolo si pu applicare la seguente formula, ottenuta tramite le propriet di somme e prodotti:

Se a un insieme di dati associato un insieme di pesi ponderata come:

, possibile definire la media armonica

La media armonica semplice rappresenta un caso particolare, nel quale tutti i pesi hanno valore unitario. La media armonica fortemente influenzata dagli elementi di modulo minore: rispetto alla media aritmetica risente meno dell'influenza dioutlier grandi, ma influenzata notevolmente dagli outlier piccoli.

Media quadraticaSi dice media quadratica Mq di n valori x1,x2,...,xn, la radice quadrata della media aritmetica dei quadrati dei valori.

Fra tutte le medie prese in considerazione, la media quadratica quella che viene maggiormente influenzata dai valori molto piccoli e molto grandi della distribuzione e quindi viene usata per evidenziare i valori che si discostano molto dai valori centrali.

Si ricorre alla media quadratica quando nella distribuzione sono presenti sia valori positivi che negativi.

Propriet media aritmetica: ha la stessa unit di misura dei dati sempre compresa tra un valore minimo x1e il valore massimo xk la somma degli scarti della media aritmetica nulla La somma dei quadrati degli scarti dei valori di una distribuzione dalla media minore della somma dei quadrati degli scarti da un qualsiasi altro valore. la propriet dei minimi quadrati implica che la media aritmetica la stima del valore vero affetta dal minimo errore statistico. invariante per trasformazioni lineari

STIME DI DISPERSIONE

Cerchiamo una stima dellmpiezza dellintervallo in cui sono distribuite le misure, che serva a valutare lincertezza della misura m, per denire lespressione m m semidispersione massima Scarto medio dalla media Varianza e scarto quadratico medio

Semidispersione massimala semi-ampiezza del campo di variazione, cio dellintervallo tra il valore minimo e il vaore massimo osservati::

Scarto medio assoluto: la media aritmetica dei moduli degli scarti: Tiene conto di tutti i dati, a differenza della semi-dispersione massima.... ma esiste un indice molto pi signicativo dal punto di vista statistico....

Varianza e scarto quadratico medio:Lo scarto quadratico medio (deviazione standard) denito come la radice quadrata della varianza. Si dimostra che la varianza pu essere ottenuta utilizzando direttamente le misure e la loro media, senza dover calcolare gli scarti: Lo scarto quadratico medio d lampiezza dellintervallo in cui sono distribuite buona parte delle misure. Indica quindi la precisione: la precisione della singola misura dovuta allinsieme di apparato di misura, procedura seguita, sperimentatore, ecc.