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3 Storia di una Nave Parliamo della “Monarca” 7 Intervista con un Modellista Una giornata con Enrico Pilani 13 Storia di un Modello Il Rimorchiare Muimota 22 Didattica attorno al modellismo navale 28 Botta e risposta Posta o e-mail dei nostri lettori 32 Notizie dal Web Recensioni dal Web 34 Comunicazioni Associazione

È trascorso ormai più di un anno da quando è iniziata l’avventura di VM – In viaggio con Magellano. L’inizia-tiva nata quasi per gioco da un’idea del nostro Mas-similiano Tenti, per tutti Max, voleva, all’inizio, essere semplicemente un magazine con il quale divulgare la passione per le cose di mare che ci accomuna. Con il passar del tempo questa semplice raccolta di informa-zione si è trasformata in una pubblicazione di cui oggi molti appassionati non possono più fare a meno.Per poter realizzare l’opera che avete tra le mani, si

è dovuto creare un vero e proprio comitato di redazio-ne, con compiti specifici e completa interattività tra i propri componenti. E’ stato redatto un piano editoria-le tale da poter trattare ad ogni uscita argomenti di pubblico interesse e con cadenze fisse e continuative. Grazie ai soci dell’associazione “Magellano”, è stata rielaborata la grafica per il layout in modo tale da semplificare il più possibile l’impaginazione e la divul-gazione in tempi rapidi per diminuire al massimo il disagio dell’attesa del nuovo numero. Insomma una vera e propria redazione in grado di soddisfare anche le richieste dei più esigenti.Queste poche righe vogliono, in definitiva, esprime-

re il mio personale ringraziamento a tutti coloro che si sono prodigati per la riuscita di un’opera che al momento non ha eguali in Italia. Non me la sento di nominare ogni singola persona che ha collaborato, perché rischierei di tralasciare qualcuno, visto il grande impegno profuso da tanti amici modellisti, soci e non di “Magellano” affinché questo “magazine” possa esse-re pubblicato regolarmente. Il mio ringraziamento va anche a tutti coloro che con la loro collaborazione ren-dono possibile l’opera….mi riferisco a tutti coloro che inviano alla redazione i propri articoli, le proprie foto, e le proprie relazioni riguardo mostre e concorsi…..a tutti ancora un grande grazie.Visto che “VM” è una rivista riservata ai soci dell’as-

sociazione “Magellano”, da questo numero nelle sue pagine troverete anche informazioni che riguardano la vita associativa, per permettervi di essere ancor più a contatto con tutti coloro che tanto dedicano all’arte del modellismo e dello studio di cose di mare.

Carlo Cavaletto

Sommario

Editoriale

Redazione

In questo numero

Contatti

Carlo Cavaletto (Artigliere)

Moia Andrea Antoniazzi Pierangelo Bartolacci Ivan Oss Germano Tenti Massimiliano Uboldi Antonio Venturin Roberto Bragonzi Luciano Mattavelli Rodolfo Vassallo Andrea Aglitti Simona

Impaginazione grafica Antonini Adriano

Redazione di [email protected]

Associazione AMN MagellanoVia Paravisi, 120092 Cinisello Balsamo (Milano)C.F. [email protected]

Foto in copertina “La Belle” modello di Riccardo Mattera

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Storia di una NaveParliamo della Monarca

Marco Topa (Tricera)

Vorrei iniziare su queste pagine un excursus attraver-so la storia della nostra Marina, dai suoi albori fino ad oggi, presentando sia i fatti storici sia alcune unità na-vali o personaggi che mano a mano incontreremo nel nostro cammino, che spero troviate interessante.Il 17 marzo 1861, a seguito della proclamazione del

Regno d’Italia da parte del parlamento di Torino e sotto la spinta del Conte di Cavour, allora Presidente

del Consiglio e Ministro della Marina, nacque la Regia Marina; l’unificazione delle Marine che la costituivano ñ sabauda, borbonica, toscana e pontificia - risaliva, in-vece, al 17 novembre 1860. La flotta navale, che aveva inglobato anche uomini

e navi della squadra garibaldina, ereditò la tradizione marinara delle due maggiori marine che avevano con-corso a comporla: quella del Regno di Sardegna ed in particolare quella del Regno delle Due Sicilie, dalla quale provenne gran parte dei mezzi e dalla quale si ripresero le uniformi, i gradi e i regolamenti.

La Marina del Regno delle Due Sicilie

Carlo di Borbone, Re di Napoli e di Sicilia, doveva fronteggiare il problema delle scorrerie dei pirati bar-bareschi che partivano dalle coste dell’Africa Setten-trionale. Per questo motivo decise, nel 1835, di intra-prendere una forte politica che riguardava lo sviluppo della Marina che porto, tra l’altro alla nascita dell’Ac-cademia della Real Marina.

Venne così approntata una squadra composta da quattro galere che avrebbero dovuto proteggere i commerci marittimi del Regno dalle incursioni dei pi-rati barbareschi.Nel 1741, le pressioni imposte dalla presenza della

marina britannica affinché il Re, Carlo di Borbone, ri-manesse neutrale riguardo alla guerra tra Spagna ed Austria, spinsero lo stesso sovrano a dare un’accele-razione alla formazione di una flotta più imponente.Nel 1759, sul finire del regno di Carlo, la flotta era

articolata così composta:

Squadra delle navi Costituita dal vascello da 64 San Filippo la Reale, dalla

fregata da 50 San Carlo la Partenope e da 3 fregate da 40: Regina Concezione e Santa Amalia

Squadra delle galere Formata dalle 4 galere: Capitana, Sant’Antonio, Patro-

na e San Gennaro

Squadra degli sciabecchiFormata dai 6 sciabecchi da 20: S. Gennaro, S. Pasqua-

le, S. Ferdinando, S. Gabriele, S. Luigi, S. Antonio.

Sotto Ferdinando IV di Borbone la Marina fu trascu-rata, anche a seguito della scarsa fiducia dell’allora Ministro della marina nei piani del Sovrano. Solo per l’interesse della Regina Marina Carolina D’Asburgo si ebbe la rinascita della Marina borbonica.Il tenente generale John Edward Acton, già al servizio

della del Granduca di Toscana, fu posto a capo del Mi-nistero del commercio e Marina nel 1779 e, da uomo esperto di cose militari e di mare, conoscitore degli uomini e dei tempi, fu líorganizzatore sapiente della nuova Marina. In primo luogo, riordinò su solo due Squadre la flotta, Squadra dei Vascelli e Squadra degli Sciabecchi. Acquistò nuove navi e spinse per la costru-zione di nuove unità, ampliò il Collegio di Marina, inviò alcuni giovani guardiamarina con altri ufficiali ad acqui-sire esperienza su navi delle maggiori Marine militari europee. Fondò il famoso Cantiere navale di Castellam-mare di Stabia, istituì il Corpo di Fanteria di Marina, de-nominato Reggimento Real Marina.Con la presa di Napoli da parte delle truppe francesi

Camillo Benso, Conte di Cavour

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nel 1799, Ferdinando IV scappo in Sicilia, e van-ne fondata la Repubblica Napoletana. Due sono i fatti principali che han-no caratterizzato questo periodo: l’incendio della parte di flotta che non aveva seguito il Re in Si-cilia e gli eventi che por-tarono all’impiccagione dell’Ammiraglio France-sco Caracciolo, la storia del quale verrà appro-fondita in un successivo articolo.

Dopo questi fatti, sem-pre nel 1799, F e r d i -

nando IV rientrò a Napoli dove governò ancora fino al 1806 quando la città finì nuovamente in mano ai francesi sotto il governo di Giuseppe Bonaparte che riorganizzò la Marina secondo i canoni di quella fran-cese. Nel 1816, con la caduta di Napoleone, Ferdinando IV

rientrò nuovamente a Napoli e fondo il Regno delle due Sicilie assumendo il nome di Ferdinando I delle due Sicilie.Nel 1825 succedette al trono il figlio di Ferdinando,

Francesco I, che regnò fino al 1830, quando il figlio Ferdinando II prese il suo posto. Durante il regno di Francesco I, nel biennio 1827-

1828, i cantieri di Castellammare di Stabia varano la fregata Regina Isabella da 44 cannoni, la corvetta Cristi-na da 32 cannoni e i brigantini Principe Carlo e Francesco I. Nel 1830 viene ultimata la scorridora Etna, nel 1832 il brigantino Zeffiro da 18 cannoni, nel 1834 le fregate Partenope da 50 cannoni, e Urania da 46 pezzi.Come accennato i precedenza, nel 1830 salì al trono

Ferdinando II e sotto il suo regno la Marina borbonica fu investita da nuove “folate” di innovazione: nel850 iniziò i lavori per la costruzione del primo bacino di carenaggio italiano in muratura.Re Ferdinando ha una grande passione per la pro-

pulsione a vapore applicata alla marina e, per questo, acquista in Gran Bretagna, nel 1834, tre piroscafi (ri-

battezzati Ferdinando II, Nettuno, San Wenefrido), sosti-tuendone l’originario personale di macchina inglese che si era rifiutato di partecipare ad azioni belliche contro i propri connazionali.Istituì così, presso “Real Opificio Meccanico Militare” di

Pietrarsa, la prima “Scuola di Ingegneri Meccanici” d’Italia, alla quale viene annessa una fabbrica d’attrezzi e mac-chine marine per armare le pirofregate napoletane.Nel 1842 alcuni ufficiali della Marina Sarda, tra cui il

conte Carlo Pellion di Persano, furono inviati a studia-re gli ordinamenti ed i progressi della Marina Napole-tana che, passate le vicende del 1848 visse un periodo apparentemente calmo durante il quale furono varate diverse unità che svolgeranno servizio anche nella Re-gia Marina unitaria: ricordiamo in particolare il vascello Monarca poi Re Galantuomo che con gli 86 pezzi su 3 ponti e 3.669 t. di dislocamento, risultò la più potente unità da guerra delle Marine preunitarie, singolarmen-

te somigliante alla Nave Scuola Amerigo Vespucci che sarà costruita 80 anni più tardi nello stesso cantiere, nonché la pirofregata Ettore Fieramosca, la prima nave mossa da caldaia di produzione nazionale.Minata peraltro al suo interno dai fermenti unitari che

erano coltivati in particolare dall’alta ufficialità, mancò totalmente al momento dello sbarco garibaldino.Nel 1860, con l’ingresso di Garibaldi a Napoli, si avvia

al tramonto la storia della Marina borbonica e dei Ma-rinai delle Due Sicilie.Questo articolo rappresenta solo l’inizio del nostro

viaggio attraverso la storia delle varie Marine che,

Storia di una Nave

Ferdinando IV di Napoli, poi Ferdinando I delle DueSicilie

La fregata da 50 cannoni Partenope

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Storia di una Nave

come detto all’inizio, diedero vita alla Marina Italiana; nei prossimi numeri andremo a raccontare di eventi e di uomini la cui storia si fonde con quella della Marina.Adesso vorrei presentare alcune delle unità navali che

sono state citate raccontando i fatti fin qui riportati.La mia scelta è caduta sul Monarca, che, una volta uni-

ficate le varie Marine per formare la Regia Marina, pre-se il nome di Re Galantuomo.

La MonarcaFu l’unico vascello della Marina italiana. Fu

impostato per la Marina borbonica col nome di Monarca e nell’agosto del 1860 si trovava in allestimento nell’Arsenale di Napoli al comando del C.V. Giovanni Vacca. Nella notte del 21 agosto 1860 la fregata garibaldina Tukery cercò di catturarlo, ma il tentativo fu respinto dall’equipaggio guidato dal Comandan-te in 2ª Guglielmo Acton. Passò nella Marina Italiana il 17 marzo

1861 e ne divenne la nave più grande, ben-ché già di scarsissima potenza bellica perché sprovvisto di corazza e dotato di una velocità

di soli 4,5 nodi che però, con l’adozione di una nuo-va elica a 4 pale al posto di quella a 2 pale, aumentò a 8,5 nodi. Era stato progettato come nave a vela, con scafo in

legno senza sperone, tre alberi a vele quadre, bom-presso e fiocchi. Durante l’allestimento vi fu aggiunto un apparato mo-

tore costruito dalla ditta inglese Maudslay, alimentato

da 4 caldaie tubolari.L’armamento originale era costituito da 64 cannoni: nel 1860 vi erano 6 cannoni da 160 mm, 7 da 200 mm rigati, 2 obici da 200 mm, 24 cannoni da 160 mm e 4 da 200 mm lisci. Prima ancora di essere incorporato

ufficialmente nella Marina italiana fu im-piegato nelle operazioni contro Gaeta

del febbraio 1861. Nel settembre 1863 partì per gli Stati

Uniti per trasportarvi l’equipaggio delle fre-gate corazzate Re d’Italia e Re di Portogallo in costruzione nel cantiere di Webb.

Vascello a tre ponti Monarca, poi Re Galantuomo

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Dal 1867 al ‘1871 fu destinato a nave scuola canno-nieri e con R.D. 31 marzo 1875 radiato, rimanendo in servizio a La Spezia come nave caserma.

DATI TECNICI

Nome: Re Galantuomo (ex Monarca borbonico)

Tipo: Vascello a elica di 3° rango

Cantiere: Castellammare dl Stabia

Varo: 5.6.1858

Entrata in servizio

con la Regia Marina: 17.3.1861

Radiazione: 3 1.3.1875

Lunghezza: m 58,40 (pp)

Larghezza: m 15,50

Immersione: m 7,10

Dislocamento: t 3800

Apparato motore: 4 caldaie tubolari 1 motrice alternativa Potenza: 1.351 HP

Velocità: nodi 4,5 (dopo cambio elica nodi 8,5)

Armamento: 64 cannoni di ferro lisci ad avancarica

Equipaggio; 658 uomini

Attrezzatura velica: 3 alberi a vele quadre, bompresso e fiocchi

Scafo: in legno

Storia di una Nave

Tentativo da parte di Garibaldi dicatturare in porto la Monarca

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Intervista ad unModellista

Luciano Bragonzi (Lubra)

UNA GIORNATA CONENRICO PILANI

Quando andai da En-rico per questa intervi-sta, pensai che mi sarei trovato in un super la-boratorio, super come i suoi modelli.Niente di tutto ciò, mi

portò nella cameretta che fu di sua figlia (or-mai felicemente marita-ta e con un bei frugo-letto che impegna, non poco il felice nonno). Al centro un piccolo

tavolo, forse un metro quadro, in un angolo un mobiletto, non molto grande,ove è riposto tutto quello che serve al suo modellismo, con sopra due o tré scatolette, un torniet-to e una colonnina porta trapanino, a fianco la postazione computer.

Sopra un piccolo scaffale con alcuni libri, nient’altro, tut-to ordinato e chiuso come se la figlia vivesse ancora lì.La chiacchierata è avvenuta nel soggiorno con moltissimi

dei suoi modelli, ma che non da l’idea, viste le molte bache-che di un museo navale.é un normale e ben arredato ambiente che non ha certo

un aspetto museale.Penso però che ciò sia merito di un amico mobiliere, ma

veniamo alla intervista.Domanda - Da quanti anni è che fai modellismo na-

vale.Risposta - fin da piccolo, 7/8 anni, ero affascinato dai libri

di Emilio Salgari. Dalla loro lettura ho appreso la terminologia navale, parole

come delfiniera, capodibanda, sartia, sabordo eccetera mi sono state subito familiari e questa conoscenza è stata in seguito la base del mio essere modellista.La passione per i romanzi di mare è poi continuata con

autori più impegnativi come Forester, OíBrian eccetera e di pari passo è aumentata la conoscenza delle navi a vela, del loro funzionamento e del modo di manvorarle.Verso i 10/12 anni ci fu una mostra di modellismo vicino

a casa a Milano forse la prima del dopoguerra. La visita alla

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mostra mi fece chiedere, come regalo di natale una bar-chetta.(era per me sottinteso a vela) La scelta di mio padre cadde su un transatlantico a molla (allora era un regalo no-tevole), è una cosa che ancora adesso, dopo 60 anni, non mi riesce di perdonare a mio padre, così come penso che lui non mi abbia perdonato il fatto che in un breve lasso di tempo lo abbia spianato delle sovrastrutture sostituendole con un bastoncino di legno con appeso uno straccetto a moí di vela. Probabilmente è qui che si è concretizzata la voglia di fare

modellismo, che ovviamente negli anni che seguirono ha avu-to varie pause, vuoi per adolescenziali e giovanili distrazioni, e seguite più tardi per impegni precedenti e conseguenti al matrimonio.Comunque dopo le prime esperienze con due scatole

di montaggio realizzate senza variazioni, ma la cui qualità (come ricostruzione) non mi aveva soddisfatto ne ho rea-lizzato una terza provvedendo a notevoli variazioni e imple-mentazioni rispetto al kit.Ho presentato questo modello a Novegro (1982)e con mia

sorpresa mi venne assegnato il primo premio. Convinto di aver ottenuto un buon grado di realizzazione

ho portato il mio modellino da visionare alla NAVIMODEL. Il responso è stato a dir poco massacrante, ma non mi sono depresso, anzi ho cercato di fare tesoro delle stroncature e dei suggerimenti e frequentando modellisti più navigati di me ho piano a piano rubato il mestiere. Difatti cercando di documentarmi sempre di più e reperendo disegni affidabili con i riscontri sui giusti testi, sono potuto passare all’auto costruzione. Tutto ciò fece si, che dopo alcuni anni, abbia ottenuto anche medaglie ai campionati Navimodel.Domanda - é quindi da queste frequentazioni che

poi nacque il conosciuto “trio dei maestri d’ascia”.

Risposta - Quello che tu chiami trio è l’evoluzione di un antefatto che ha coinvolto più persone (dieci circa) che si trovavano presso la sede Navimodel e (dato che in sede si discuteva soprattutto di problemi burocratici e di campio-nati) ad un certo punto ha preso líabitudine di ritrovarsi presso i rispettivi atelier a commentare i modelli in costru-zione.Il gruppo si autodefinì “Mastri díAscia” era ed è caratteriz-

zato dalla mancanza di : sede, tessere, statuti e di altri orpelli unica regola líingresso allo stesso avviene per cooptazione previo ok allíumanimità.Il museo navale di Camogli , tempo dopo, fece un concorso

con la richiesta ai modellisti di costruire il modello di un brigantino il DITTATORE GARIBALDI di cui forni dei piani estremamente schematici e una riproduzione di un quadro. Gli amici Bellabarba e Osculati coinvolsero me e altri mo-

dellisti del gruppo, nel progetto di realizzare il modello e di partecipare al concorso, ma a causa dei tempi ristretti a disposizione (allíepoca eravamo tutti impegnati professio-nalmente oltre che in famiglia), collegialmente pensammo di farlo a più mani, dividendo i compiti. Mentre alcuni facevano lo scafo altri preparavano alberi ,

vele e manovre, attrezzature, imbarcazioni guadagnando così tempo. La cosa funzionò e in effetti il nostro modello si classificò secondo dietro a quel mostro sacro di Fieschi.Il modello è stato poi venduto ad un giapponese.Per un certo periodo ognuno di noi è tornato a lavorare

su modelli propri, fino a quando la rivista Yacht Digest ha cominciato a pubblicare articoli di modellismo realizzati pri-ma da Bellabarba Osculati e successivamente da Bellabarba Guerreri relativi a barche tradizionali.

Venne proposto di completare gli articoli, oltre che con disegni , con foto di modelli .Per i primi articoli si usarono modelli già realizzati (pinco ,

feluca , tartana), ma terminati i modelli esistenti si pensò di

Intervista ad unModellista

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Intervista ad unModellista

costruirli di pari passo con gli articoli , pura utopia impossi-bile rispettare i tempi.Venne quindi riesumato il metodo Dittatore Garibaldi di-

videndo il lavoro . Si è formato cosií il gruppo di 3 elementi: Enzo, Albino ed io. Naturalmente nemmeno cosií si riusciva a tenere il passo ,

ma oramai eravamo lanciati e andammo avanti ed abbiamo continuato anche dopo la fine degli articoli con altri modelli .Enzo è lo scafista, ed essendo un brianzolo costruttore di

mobili, un giorno disse che per lui segare pezzi per uno o per tré “l’è listess “(traduzione = è uguale). Ciò fece si che si realizzassero 3 modelli per tipo in modo che ognuno di noi ha il suo . Io faccio gli alberi, le vele e li assemblo col sartia-me e manovre, monto anche le varie attrezzature che crea Albino grazie alla sua esperienza con le tecniche plasticare.Qui nelle bacheche ce ne sono una quindicina del trio, i

rimanenti invece, sono stati fatti totalmente ed esclusiva-mente da me.Domanda - Puoi descriverci il “tuo” modellismoRisposta - Forse per colpa di Salgari o per la mia, ormai

antica, voglia di andar a vela con la mia barchetta (purtroppo da tempo relegata nel Box) io faccio solo barche di ogni tipo (militari , mercantili o da pesca) ma esclusivamente a vela.Cerco di dare al modello un aspetto che quando lo guardi

dia l’impressione che sia il più vero possibile, per capirci, come se tu vedessi la foto della nave vera.Non cerco in modo maniacale di eseguire tutti i pezzi come

sono nella realtà, ma che dia la sensazione del più verosimile possibile.Per spiegarmi meglio: io non so saldare, pur avendo avuto

in regalo un saldatore che è rimasto sigillato nella sua sca-tola.Va da se che, per esempio, per la ferramenta del timone, o

a volte, per le lande, o per la cerchiatura degli alberi e altro io uso carta o cartoncino al posto del metallo ottenendo risultati migliori per quando riguarda la verosimiglianza o il rispetto della scala. Il rivestimento di rame dell’opera viva (quando richiesto)

lo faccio con rettangolini di carta millimetrata che poi pit-turo color rame.D’altra parte il regolamento Naviga per i campionati non ti

chiede la fedeltà al vero per i materiali , ma solo che líaspet-to corrisponda al vero.Cerco primariamente che ciò che faccio sembri o assomigli

al vero anche se fatto di semplice carta o qual si voglia altro materiale.Debbo anche dire che costruendo quasi esclusivamente in

scala 1:75, ciò è più facilmente applicabile.Sai io lavoro in casa, al quinto piano in uno spazio limitato

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se facessi dei modelli voluminosi oltretutto, non saprei dove collocarli e avrei anche grosse difficoltà a portarli alle even-tuali mostre. Uso prevalentemente questa scala anche perché mi risulta il

“giusto compromesso” tra lo spazio che ho per lavorare e la possibilità di sufficienti par-ticolari che aiutano la vero-simiglianza del modello che contrariamente diventano impossibili o poco veritieri in scale più piccole.L’abitudine all’ 1:75 mi ha

ormai dato, diciamo, “un occhio metrico” tarato su questo tipo di scala, senza dover continuamente fare verifiche sulle misure e di tutto l’insieme.Ritornando alla carta, puoi

vedere 2 scialuppe, sui 10 cm. circa di lunghezza, ove il fasciame a clinker è fat-to in cartoncino. Se fatto in legno, è molto difficile che riesca bene con tali misure, mentre risulta più facile e viene sicuramente meglio con il cartoncino.Va anche detto che non farò mai un modello da cantiere,

non solo perché è un tipo di modellismo che, date le pre-messe sullíorigine del mio interesse per i modelli, non sento, inoltre non potrei farlo con le mie poche attrezzature. Amo invece molto i diorami che si avvicinano al mio modo

di pensare il modellismo, anche se proprio per evidenti pro-blemi di ingombro degli stessi sono stato costretto a limi-tarmi allíammirazione per chi riesce a realizzarli avendone io realizzato solo uno.Domanda - E tutto ciò è fatto con pochissima at-

trezzatura meccano/elettrica.Risposta - Si ! io ho una certa idiosincrasia verso le mac-

chine, da giovane poi, i soldi non mi permettevano grossi acquisti e si è incancrenito in me un approccio a risolvere le varie problematiche senza pensare all’uso delle macchine.Conservo ed uso ancora il seghetto e il trapanino a mano

regalatomi quando andavo alle medie. Posseggo un trapanino elettrico e un piccolo tornietto che

uso solamente per fare i fusti degli alberi e per i pennoni, la sega circolare ( regalatami ) è finita in solaio , francamente ne ho paura la considero una minaccia per le mie preziose mani.Per farti un esempio di un diverso approccio: l’amico Al-

bino a fronte di un pezzo da realizzare affronta la sfida da

un punto di vista tecnologico con uso di tornio , tavola a croce , master e riproduzioni in resina ecc. io per lo stesso problema penso a carta , legno e a modifiche di elementi esistenti.Naturalmente non sempre il mio metodo funziona od ot-

tiene il risultato migliore in effetti senza Albino alcuni modelli non avrebbero vi-sto la luce. Io comunque penso osti-

natamente alla soluzione manuale.Debbo anche dire che

questa mia carenza di pas-sione per le attrezzature è facilitata dal fatto che l’amico Enzo è quello che mi fornisce il vario pezza-me di legno, anche se grez-zo, in varie misure.Tutto ciò non mi costringe

a dover pellegrinare negli ormai poco forniti negozi. È altresì vero che non

disdegno di comperare bi-gotte o bozzelli e altro; difatti avrai visto che mi sono fatto un piccolo frullatore per stondare i bozzelli.(ndr: visibile nel portale di Magellano assieme a molti altri suoi articoli).Domanda - quali parti di un modello consideri di

curare di più per ottenere un buon risultato.Risposta - Dipende dal modello che vuoi fare. Se fai un

modello da scatola o da disegno, ma a scafo chiuso, per in-tenderci a falsachiglia e poche ordinate/piene, la profonda conoscenza della vera struttura dello scafo non è indispen-sabile. È sufficiente una “infarinatura” su come sia l’ossatura

Intervista ad unModellista

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del medesimo, che ti evitino , ad esempio, sistemazioni di elementi esterni incompatibili con la struttura dello scafo.Per il principiante poi, il fasciame è solitamente il primo

vero incaglio che incontra e a volte è causa di abbandono del modellismo navale.Qui diventa allora vitale, non solo,conoscere la miglior tec-

nica sul come rastremare, piegare e fissare i corsi di fascia-me, ma anche sapere come e quale forma prendano verso prua e verso poppa, è questo forse l’abc del modellismo.Diventa invece indispensabile la conoscenza totale della

vera struttura della barca, di cui vuoi fare il modello, se è a scafo aperto, e ancor più se lo fai da cantiere.Sia da scatola (di montaggio) o a scafo aperto o altro, la

precisione nell’armamento è importante ed è bene avere conoscenze precise.Con armamento non mi riferisco ai cannoni ma ad alberi

e manovre.Costruire vele senza ferzi o fatti in misure sbagliate, mano-

vre che si incepperebbero perché non giuste, sartie e stragli che non sembrino impeciati, bozzelli montati al contrario, alberi con incappellagli improbabili, sono da evitare.Tutto ciò che è bene in vista e non nascosto nel modello,

ha bisogno di profonde conoscenze, che si otterranno, su libri adatti.Comunque qualunque sia il tipo di modello che si faccia, la

fedeltà della scala è primaria.Ho visto molti modelli, sicuramente ben fatti da modellisti

con una “buona mano”, ma ad esempio, con le scalette per accedere ai vari ponti con scalini, che se rapportati alla scala reale sarebbero stati alti 80/100 cm., o con simili misure nei capodibanda o comunque con elementi assolutamen-

te spropositati. In genere i problemi di scala vanno sempre verso la sovradimensione , dipende dal fatto che nei kit si applica la filosofia più grande è più facile).I punti critici in genere sono: timoni a ruota con le caviglie

che se reali sarebbero delle piccole anfore, o la pala del me-desimo, staccata dalla chiglia perché priva dello scasso degli agugliotti, e potremmo continuare con una lunga lista. Per concludere direi che farsi una cultura di architettura

navale e attrezzatura navale con libri adatti non guasta, anzi direi che sia indispensabile.Si eviterebbe di commettere líerrore per esempio di met-

tere la ruota del timone sui modelli di epoca precedente alla sua introduzione.Possedere una buona manualità costruttiva aiuta, efficienti

attrezzi manuali o elettrici aiutano, ma non basta per aver un buon modello se manca la conoscenza della terminologia e della funzione dei componenti. In sostanza è impossibile realizzare un modello corretto

se si lavora senza sapere cosa si sta costruendo e quale è il suo scopo. Domanda - Quali consigli daresti ad un principiante

che vuole cimentarsi nel modellismo navaleRisposta - Sicuramente iniziare con una scatola di montag-

gio, evitando di comprare kit di vascelli da 120 cannoni o si-mili la probabilità di riuscire a portarli a termine è minima.

Intervista ad unModellista

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Si a modelli semplici, senza avere la pretesa di fare subito un capolavoro.Il primo modello deve servire essenzialmente a fare espe-

rienza. Continuando dopo il primo, con un kit più complesso e

cercando di migliorarsi, avendo un approccio critico sosti-tuendo alcune parti che non risultino in scala, oppure ag-giungendo attrezzature che il modello può avere ma che sono omesse dalla confezione, ma per fare questo ci vuole la conoscenza che si otterrà con la lettura di libri di model-lismo o comunque di argomento navale, frequentando altri modellisti attraverso un club, e se non è possibile, farlo via internet, per poter avere un confronto, consigli e suggeri-menti .A questo punto se ci si sente pronti, si può passare all’au-

tocostruzione.Se si vuole fare questa bisogna utilizzare piani costruttivi

o monografie valide, è del tutto sbagliato pensare di fare autocostruzione partendo da piani commerciali (per inten-dersi quelli dei kit) avremo tutti i difetti degli stessi senza il vantaggio di avere i materiali relativi e non risparmieremo nemmeno, il costo necessario per líacquisto dei componenti supererà quello del kit.Prima di iniziare una autocostruzione consiglio di studiare

bene il tutto, documentandosi il più possibile sulla nave vera, se non è possibile documentarsi sui modelli fatti da altri modellisti.Pianificare bene le varie fasi costruttive e verificare bene

tutto esaminando attentamente i disegni. Se certe fasi o pezzi vi preoccupano perché pensate che siano troppo diffi-cili per voi, fatele per prime . Se dopo più tentativi proprio non ci riuscite, rinunciate a

quel particolare modello e dedicatevi ad un modello che non presenti quella difficoltà altrimenti il rischio è di spen-dere tempo e denaro e bloccarsi a metaí dellíopera.Un esempio pratico: nel caso di un modello molto decora-

to affrontare subito il problema decorazioni e se non riu-scite a risolverlo dedicarsi ad un modello da questo punto di vista più sobrio. In una intervista non è certo possibile dire tutto quanto

possa servire a chi inizia e quindi, direi comunque che il fre-quentare, personalmente o per via mediatica, altri modellisti sia la miglior cosa da fare.Oggi in internet è possibile avere miriadi di informazioni e

quindi anche informazioni specifico/modellistiche, con por-tali italiani e internazionaliPenso che non possa esistere un buon e vero modellista,

che sia diventato tale, chiuso nel suo laboratorio senza nes-sun contatto con altri modellisti.L’hobby del modellismo navale è un meraviglioso e vasto

mondo, che è si fatto di: manualità, di varie e molte tecniche

e anche di conoscenze storiche, ma tutto ciò non è sempre reperibile sui soli libri o da tutti i libri esistenti.Domanda - Quale è l’ultimo modello che hai fatto.Risposta - È l’HOTSPUR (letteralmente l’arrabbiata) l’ho

fatto dopo che ho letto il libro di Cecil S.Forester IL RI-TORNO DI HORNBLOWER. Ho praticamente dovuto partire da zero perché non ci

sono documentazioni a parte un libro in inglese ìThe shipës of Hornblowerî visto al National Maritime Museum che in-dica però solo la tipologia delle navi utilizzate nei romanzi di Forester.Scusa Enrico se ti interrompo, ma vedendo il modello e

quanto stai dicendo penso che tutto ciò diventerà e merite-rà un altro vero e proprio articolo per un prossimo numero di VM, e quindi con líintervista ci fermiamo qui, ci rivedremo e ti ringrazio.

Luciano Bragonzi

Intervista ad unModellista

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Storia di un ModelloIl Rimorchiatore Muimota

Teresio Orrico (Tere)

C’è un momento nella nostra esistenza in cui l’uomo torna bambino, spesso perché logoro della quotidia-nità.E’ stata questa mia necessità a far sì che mi avvicinassi

per la prima volta in vita mia al mondo del modellismo navale. Perché una nave e perché proprio un rimor-chiatore?Molto centrano i miei ricordi dell’infanzia

trascorsi in Liguria dalla nonna, quando ammira-vo esta-siato que-ste piccole imbarcazioni da lavoro “im-bavagliare” quelle grosse petroliere proprio davanti ai miei occhi, io che stavo sdraiato sul bagnasciuga ad osservarle e loro leste ad esibirsi in questo danzare.Ho scoperto questo kit di costruzione praticamente

per caso, lontanamente consapevole di dove poi sarei andato a parare, e cioè l’innamorarmi di tutto ciò che sul mare fatica, suda, lavora e galleggia.Mi sono buttato senza avere nessuna conoscenza, né

tantomeno esperienza pratica di modellismo: in questo Magellano è stato il tutor che mi ha permesso il com-pletamento di questo mio primo modello.Infatti, senza gli aiuti, i consigli, i rimbrotti e lo sprone

dei componenti di questa board, non sarei mai stato in grado di superare ed aggirare certe problematiche, che per un neofita sarebbero state insormontabili e forse mi avrebbero anche portato a gettare la spugna e quindi desistere dall’ultimare il na-tante.Fondamentale è il supporto

umano ma importante e ba-silare è pure una buona do-cumentazione; in questo ci viene d’aiuto la rete ed i suoi innumerevoli links, oltre che

a pubblicazioni specifiche e di facile reperibilità.

Impostato il lavoro iniziale, dedi-cato principalmente al giusto po-

sizionamento delle ordinate ed al rivestimento dello scafo con

la posatura del fasciame, ho cominciato ad immaginar-

mi come potessero anche essere i locali di questo

rimorchiatore da kit, che nella realtà non è

mai esistito.Difatti il nome

Muimota è nient ’a l tro che la paro-la Atomium scritta al

c o n t r a r i o , m o n u m e n -

to in acciaio costruito nel

1958 e che si trova nel Parco

Heysel di Bruxelles, nome scelto per battez-zare originariamente questo modello nato negli anni sessanta appunto.Mi sono così divertito a personalizzare questo kit del-

la Corel con molti particolari autocostruiti.E proprio grazie alla realizzazione di questi particolari

non presenti nella scatola di montaggio, che ho com-preso meglio quanto sia importante una buona cono-

scenza di base che si acquisisce ovviamente solo attraverso un attento e misurato studio ed approfondimento di come è fatta una nave.Qui il fattore uomo è impor-

tantissimo, perché attraverso le indicazioni di modellisti naviga-ti, si viene correttamente indi-rizzati sui testi più consoni, nel mio caso, uno su tutti “British Steam Tugs” di P. N. Thomas.

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Con la volontà di realizzare gli interni, ho anche co-minciato ad apprendere le prime nozioni di come nella realtà è poi un rimorchiatore e cioè un mezzo da lavo-ro, senza fronzoli e dove ogni più piccolo particolare non è messo lì per caso, ma ha una sua valenza speci-fica ed un suo perché.Questo mix tra scatola e autocostruito, ha fatto sì

che mi imbattessi nelle tecniche più disparate, legnami di diversa essenza, resine, materiali d’impronta, metalli, collanti vari, saldature, componenti elettronici, ecc.Difatti, abbinare tecniche diverse, come anche molto

spesso il fare e rifare, lo smonta e correggi, hanno inci-so positivamente sulla manualità e sulla mia sicurezza man mano che avanzavo.Passione, pazienza, fame di conoscenza, tenacia sono

solo alcuni degli ingredienti richiesti, ma anche partire da un buon kit l’ho trovato sicuramente propedeutico per un neofita come il sottoscritto, pur riconoscendo tutti i limiti intrinseghi delle varie scatole di montaggio che normalmente sono poste in vendita, ma ripeto, io

le reputo pur sempre un ottimo trampolino di lancio.Per far ciò, oltre al resto, in verità devo dire che oc-

corre anche un minimo di attrezzatura di base.Un altro risvolto positivo è stato che questo travaso

di esperienze facesse nascere nuove conoscenze ed amicizie nel campo modellistico, che ora si manifesta-no anche oltre l’aspetto ludico.E’ molto importante per il principiante non sentirsi

abbandonato a se stesso, poiché è sempre alla conti-nua ricerca di come poter realizzare i propri sogni; in fondo, quando costruiamo queste barchette, non è un po’ come voler tornare ragazzi?

E io fin dall’inizio di questa mia avventura col model-lismo navale, mi sono sempre prefisso di vederle pure navigare le mie barchette, e quindi, da perfetto impa-ziente autodidatta, mi son dovuto scontrare con leggi fisiche che regolano sovrane anche questo mio nuovo modo di passar il poco tempo libero e la loro diretta e indispensabile applicazione.Il modellismo navale dinamico, infatti, oltre alle diffi-

coltà tecniche oggettive intrinseche nella realizzazione del manufatto in sé, richiede poi una serie di passaggi obbligati prima che il modello possa esser impiegato, senza riserve, nel suo ambiente naturale e cioè l’acqua.Una su tutte la giusta disposizione degli apparati elet-

tronici interni e, quale diretta conseguenza, la corretta distribuzione dei pesi, che poi determinerà in positivo o in negativo tutte le caratteristiche di navigazione dei nostri tanto agognati modelli.Ma andiamo con ordine.Per il mio Muimota, essendo un modello di oltre un

metro e venti, vengono richiesti almeno una quindicina di chili di zavorra: sottratto il peso degli apparati elet-tronici, appare subito chiaro che, per la trasportabilità del modello, in totale saremo abbondantemente oltre i venticinque chili, quindi la zavorra deve esser per forza di cose mobile e non fissa.Ora, potevo affrontare il problema in due diverse ma-

niere: bustine di plastica riempite di comunissimi pallini da caccia, oppure contenitori amovibili.Ho puntato subito sulla seconda soluzione perché la

ritenevo la più soddisfacente.In origine avevo pensato a dei tubi di metallo riem-

piti sempre da pallini di piombo, ma poi visto l’area

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occupata, il problema del loro bloccaggio e il relativo poco peso imbarcabile, ho preferito utilizzare tutto lo spazio libero disponibile costruendo dei comodi con-tenitori in legno, ove versargli il piombo una volta fuso, per mezzo di un crogiuolo ricavato da un vecchio me-stolo.Per il piombo mi sono rivolto ad un amico gommista,

che molto gentilmente m’ha regalato dei piombi per l’equilibratura delle ruote per autovetture: la parola “gratis”, scusate il voluto gioco di parole, spesso grati-fica il modellista!Su questo invece ho fermato il variatore elettronico.

Ovviamente sono ancora da finire, ma una volta de-terminato il loro esatto posizionamento all’interno

dello scafo in base alle doti di navigabilità e manovra-bilità che si vogliono otte-nere dal modello, saranno sigillati e verniciati, come quello che appare nella foto qua in basso.In questo invece, oltre alla

zavorra, ho celato i collega-

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menti che sono serviti a portare corrente ad entrambi i motori: odio per natura cavi, cavetti e fili elettrici, ovvero tutto ciò che sia a vista.Le batterie invece le ho alloggiate in questa specie di

contenitore, sia per preservarle da un eventuale con-tatto con acqua, e sia anche per nascondere i collega-menti necessari per metterle in serie.Qui si vedono posizionate all’interno del modello. Da

questa foto si capisce poi l’importanza che la zavorra sia fissata in più il basso possibile e in maniera stabile, onde evitare brutte sorprese.In un futuro lo stesso contenitore mi servirà per

contenere batterie d’antifurto, che, se pur più pesanti (dovrò infatti levare qualche panetto di piombo), mi permetteranno d’estendere ulteriormente l’autono-mia dei miei due motori.L’ho poi fissato con dei semplici pernetti ricavati da

un tubicino di ottone, che si infilano nelle loro sedi (a loro volta tubicini in alluminio di diametro consone ad accoglierli) nella chiglia.Il contenitore verrà posizionato e fissato esattamente

sopra i panetti di piombo, mediando quindi tra bari-centro (o centro di gravità) e metacentro (che rappre-senta il limite di stabilità del modello), forze che se ben comprese e tenute in debita considerazione, daranno la corretta andatura al modello.

Detto questo tentiamo ora di capire cosa disciplina il nostro navigare.Come tutto ciò che accade in natura, anche questo

fenomeno è regolato da diversi fattori, i quali spesso interagiscono tra loro.

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A noi in particolare ne interessano tre: la spinta di Archimede, la velocità del modello, ed il suo peso.Archimede ci dice perché un corpo galleggia (oppure

affonda): un corpo immerso (totalmente o parzialmen-te) in un fluido riceve una spinta (detta forza di galleg-giamento appunto) verticale pari al peso di una massa di fluido di forma e volume uguale a quella della parte immersa del corpo.E’ facile intuire che i corpi con peso specifico maggio-

re dell’acqua spostata affondano, poiché la spinta che ricevono dall’acqua è minore del loro stesso peso.La spinta idrodinamica invece è quella che determina

anche la velocità della barca, e qui, a secondo che lo scafo sia solcante o planante, si ottengono comporta-menti dinamici alquanto diversi.Uno scafo planante è uno scafo che durante il suo

moto, trova tutto sostegno grazie alla reazione dina-mica che l’acqua esercita su di esso.In poche parole scivola sulla superficie dell’acqua,

contraddistinguendosi così da uno scafo tradizionale (detto scafo solcante appunto), che viceversa ci galleg-gia solamente fendendola.E’ la velocità stessa a far alzare la prua, quindi è la

spinta dinamica che ad alta velocità sostiene quasi in-teramente il peso delle barche plananti: l’azione di una superficie planante è del tutto simile a quella di un cu-neo forzato al di sotto di un certo peso con l’intento d’alzarlo.Ma il mio Muimota ha invece uno scafo solcante, cioè

uno scafo che taglia l’acqua e per questo motivo non plana mai.La sua carena è contraddistinta da forme arrotondate

e per una legge fisica, un determinato scafo non supera una propria velocità caratteristica.Si può dire che uno scafo lungo e stretto è più veloce

di uno corto e largo, quale appunto è il mio rimorchia-tore.Però, anche nel caso di uno scafo solcante, la prua

tende ugualmente a sollevarsi per effetto della spinta dell’elica da poppa e per la resistenza che l’acqua eser-cita invece a prora: un corpo che si muova in un mezzo ad un fluido viscoso incontra una resistenza dovuta all’opposizione degli strati del fluido a scorrere gli uni sugli altri, e in gergo si dice che lo scafo “sale l’acqua”.Questo principio applicato all’architettura navale, ci

spiega che quando l’opera viva, e cioè la parte immersa

dello scafo, si muove nel mezzo viscoso rappresentato dall’acqua, porta con sé per effetto dell’attrito, lo stra-to di molecole di acqua che si trova a contatto diretto con lo scafo.Così facendo le forze di spinta che si manifestano se-

condo l’asse longitudinale dello scafo, si scompongono in due direzioni, una parallela alla superficie dell’acqua (ed è quella utile al moto), l’altra in verticale (quella che solleva la prua) ed è una forza inutile, di conse-guenza persa.Tradotto in soldoni, più la prua si solleva e più la forza

utile diminuisce: da qui il punto di equilibrio che de-termina la velocità massima per un determinato scafo, che nel mio caso non è determinante visto che si trat-ta di un rimorchiatore.E’ a questo punto che noi dobbiamo intervenire con il

peso, zavorrando lo scafo, per annullare queste forze.Nel farlo si dovrà comunque tener sempre presente

che, un giusto compromesso tra galleggiabilità statica e galleggiabilità dinamica, avrà dirette implicazioni anche sul modo di navigare del nostro modello.La galleggiabilità statica è subordinata alla legge di Ar-

chimede che recita: “Ogni corpo immerso in un liqui-do, riceve una spinta dal basso verso l’alto, pari al peso del liquido spostato”.In altre parole, se immergo in acqua un corpo che

pesa un chilogrammo, esso può affondare o no secon-do il “volume” di acqua che sposta.Dato che parliamo di acqua, se l’esempio è di un chi-

logrammo, significa che il volume di acqua spostata è di un litro, di conseguenza se il volume del corpo immer-so è meno di un litro (corrisponde ad un decimetro cubo), allora il corpo affonda; al contrario ovviamente galleggia.Su questo principio si basa il funzionamento dei som-

mergibili: essi sono in grado di variare il volume di ac-qua spostata e pertanto secondo l’assetto o stanno a galla, oppure vanno sotto.Per tornare al nostro argomento, ecco che per far sì

che uno scafo rispetti la famigerata linea di galleggia-mento, esso deve pesare esattamente quanto il volu-me d’acqua spostato dallo scafo una volta immerso fino alla linea di galleggiamento.Nel caso dei modelli è normale che essi siano più

leggeri del necessario e così siamo costretti ad aggiun-gere del peso morto, quello che si chiama corretta-

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mente “zavorra”, andando così ad equilibrare la nostra riproduzione modellistica.Per equilibratura si intende il rispetto della linea di

galleggiamento per tutta la lunghezza dello scafo e l’orizzontalità del ponte in senso trasversale.Non è sufficiente, infatti, raggiungere la linea di galleg-

giamento, ma è necessario spostare i pesi all’interno dello scafo in modo che tale linea sia rispettata sia a prua, sia a poppa.Se lo scafo è già sulla linea al centro, ma non alle estre-

mità, non bisogna aggiungere peso, ma solo cambiargli di posto: troppo appruato = peso più indietro; troppo appoppato = peso più avanti.

Lo stesso discorso vale per la linea trasversale: scafo sbandato a destra = spostare peso a sinistra e vice-versa.Di solito queste prove si fanno nella vasca da bagno,

per comodità (sempre che il modello abbia dimensioni ragionevoli), e fin qui raramente si incontrano grossi problemi, ma è quando andremo a verificare sia la gal-leggiabilità dinamica che il suo equilibrio, che comince-ranno i primi grattacapi del modellista dinamico!Del resto è solo dopo aver centrato il modello stati-

camente, che si procede con le prove dinamiche.Ma qui il discorso si divide in due, a seconda se lo

scafo è del tipo “solcante” oppure “planante”.Nel caso di scafo “solcante” si verifica la stabilità

nelle virate e sulle onde, ma se il modello è ben cen-trato staticamente si incontrano (di solito) pochi problemi, nel caso di uno scafo planante la storia è molto diversa.Uno scafo “solcante” rimane immerso nell’acqua in

tutte le condizioni di moto, uno scafo “planante” ad una certa velocità “esce” dall’acqua e vi rimbalza sopra, allo stesso modo di un sasso piatto lanciato di taglio sulla superficie dell’acqua.Uno scafo “solcante” nel muoversi incontra una resi-

stenza dovuta principalmente al fatto che esso “spo-

sta” l’acqua che notoriamente preferisce restare dove si trova.L’impronta dello scafo fende l’acqua e manda a de-

stra e a sinistra l’acqua stessa, poi, una volta passato, costringe l’acqua a rioccupare il volume in precedenza occupato dallo scafo.Questi movimenti creano due resistenze: la prima è

una contro-spinta di prua, la seconda un risucchio di poppa e pertanto per far muovere uno scafo bisogna imprimergli una forza che si oppone alle precedenti.Nel frattempo l’acqua di prua, oltre a spostarsi ai lati,

crea anche una specie di turbolenza che fa “salire” la

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prua e che noi chiamiamo “baffo” di prua.Siccome lo scafo è un elemento meccanicamente rigi-

do, e dato che la legge di Archimede continua a funzio-nare, esso assume un assetto in salita e più aumenta la velocità, più l’assetto di salita aumenta e conseguente-mente aumenta la potenza necessaria per procedere.Ad un certo punto, pur aumentando la potenza, si

raggiunge un punto d’equilibrio che corrisponde, guar-da caso, alla velocità massima per quel determinato scafo.Nei modelli la velocità massima risulta fuori scala solo

perché l’acqua (che non è ridotta in scala), risulta esse-re molto più fluida di quello che dovrebbe, considerata la scala del modello e pertanto lo scafo scorre con maggiore facilità.Concludendo per quanto riguarda l’assetto per uno

scafo solcante non ci sono soverchi problemi: si trat-ta semmai di trimmare la velocità in modo che non assomigli di più ad un’auto di F1, piuttosto che ad un modellino di nave.Ed ora viene il bello, e cioè l’equilibratura dinamica:

tanto essa più curata sarà, e tanto più realisticamente il nostro manufatto navigherà.Qui il discorso è più difficile, perché l’acqua ha il catti-

vo difetto di muoversi, specie in superficie. In presenza di onde poi, lo scafo “ondeggia”.Il movimento di salita-discesa da prua a poppa si dice

“beccheggio”, mentre quello laterale si dice “rollio”.Generalmente il mal di mare è causato dal beccheg-

gio. Quello che si nota di più in un modello è viceversa il rollio.Per inciso, si ha rollio quando lo scafo oscilla attorno

al suo asse longitudinale, e beccheggio quando oscilla attorno al suo asse verticale.Ora, la stabilità di uno scafo è determinata da due

“punti”: il baricentro ed il metacentro. Il baricentro è il punto in cui si concentra la gravità di un determinato corpo solido.Se si potesse appendere il nostro modello attaccan-

do il gancio nel punto corrispondente al baricentro, dandogli delle spintarelle, lo vedremmo oscillare per un po’ per poi ritornare dolcemente nella posizione iniziale di partenza.Il metacentro è il punto in cui si concentrano le spin-

te idrostatiche dello scafo e dipende da due fattori:il peso e la forma, in particolar modo la forma della

parte immersa che non a caso si chiama “opera viva”.Tenendo presente che gli scafi hanno forme simme-

triche (in senso trasversale) è facileintuire che il famigerato metacentro giace sulla linea

di mezzeria dello scafo, mentre per far sì che il bari-centro giaccia sulla stessa linea è necessario che tutti i pesi interni siano disposti in modo opportuno (equi-libratura statica).Orbene, se il baricentro (forza che tira in basso) si

trova più in basso del metacentro (forza che spinge in alto) allora si genera una nuova forza detta “raddriz-zante” che si oppone a perturbazioni del sistema che si trova normalmente in equilibrio naturale.In altre parole, se diamo una spintarella laterale

(un’onda), dato che le due forze tendono ognuna nella propria direzione, esse si oppongono al ribaltamento e raddrizzano lo scafo.Pertanto, considerando che mentre per il metacentro

la questione della sua posizione all’interno dello scafo dipende sostanzialmente dalla forma dell’opera viva (e quindi per noi che abbiamo fatto uno scafo in scala non c’è niente da fare), per il baricentro dobbiamo fare in modo che esso risulti “sotto” al metacentro e così metteremo la zavorra in basso e “prima” della zavor-ra, avremo collocato i vari componenti pesanti interni (batterie, motori), il più in basso possibile compatibil-mente con le necessità pratiche.Se avremo fatto le cose per bene, non solo il nostro

modello virerà senza problemi, ma solcherà anche ac-que perturbate superando con eleganza le onde create da altri modelli che, invidiosi del nostro (che è sempre il più bello), tenteranno di affondarlo.Come potete facilmente immaginare, l’esistenza di

tutti questi aspetti sono stati da me compresi o sco-perti solo dopo aver praticamente terminato l’intero manufatto e osservando come navigavano magnifica-mente i modelli di altri miei valenti colleghi, ma mi serviranno senz’altro per i prossimi a venire!Diciamo che il tutto è iniziato come un gioco, ma an-

che nel giocare esistono regole e canoni ben definiti.Come un gioco, perché ad un certo punto il Muimota

è diventato “il mio Muimota”.Così ho deciso di realizzarlo come più piaceva al sot-

toscritto, stravolgendo i canoni dei modellisti puristi e facendo arricciare a più di una persona il naso.

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Per prima cosa al mio capitano oltre che ai co-mandi indispensabili alla navigazione.

Sarebbe servito sicuramente un bagno e perché no, anche una doccia.

I servizi sono in un altro locale adiacente a questo.Il pavimento è nient’altro che una scacchiera stampa-

ta su carta fotografica non lucida e le tende sono di carta imbevuta di vinavil diluito con acqua e poi dato a pennello per fissarla nelle forme e poi pure per irrobu-stirla. Mentre i mobili sono ovviamente in mogano.Ovviamente il capitano dispone pure della sua cabina.

Stufa, letto, scrivania, divanetto, insomma mi pare che ci sia tutto l’arredo che poi si trova pure su di una vera imbarcazione, mobilio compreso appuntoInutile dirvi che le”licenze poetiche” sul mio modello

sono ahimè molte e l’approssimazione regna comun-que sovrana, ma credo siano tipiche di chi come me è agli inizi ed ancora poco sa di come poi una barca sia nella realtà, ma diciamo che idealmente almeno un poco gli si avvicina...

Questo sono io: tipico esempio di megalomania pseudo modellistica.

Non ho trascurato nemmeno l’equipaggio

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Ed allora anche qui letti a castello, tavolo e panche, arredi vari e, passata la porta stagna, ho ricavato un ipotetico locale lavoro, proprio dove ci sono i passaggi delle ancore e relativo pozzo catene.Poi sono passato al cuore della mia nave: il ponte

di comando e la sala delle carte.Diciamo subito che, per esser un modello dinamico,

tutti questi orpelli sono esagerati e magari anche su-perflui, perché prima di tutto introducono peso super-

fluo in alto e, alla luce di quanto più sopra esposto, non è propriamente il massimo.In conclusione posso solo aggiungere che, dopo tre

anni di lavoro ed infinite nottate trascorse in compa-gnia del mio bestione, ora siamo una bella coppia, an-che se lui è figlio di una scatola di montaggio ed io, per il momento, solo un costruttore... di giocattoli!

Teresio Oricco

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Un metodo pratico per la misura delle aree e la ricer-ca grafico-analitica del baricentro o centrodi carena di uno scafo, per chi non possiede computer

e relativo software CAD.PREMESSA:1. – Galleggiamento e stabilità di navigazione:

oltre alla galleggiabilità per l’assetto della nave, è molto importante considerare la stabilità. Il baricen-tro di carena deve trovarsi sempre sopra il baricentro del modello e questo si ottiene sistemando i compo-nenti più pesanti (batterie, motori ecc; nella parte più bassa dello scafo) e costruire la soprastruttura con materiali più leggeri.(le navi da guerra hanno la sovra-struttura d’alluminio che pesa circa 3 volte meno del ferro). Ecco perché è importante sapere la posizione del centro di carena nella fase di progettazione di un modello.Il peso del battello è uguale al peso dell’acqua sposta-

ta dal volume di carena e viene chiamato dislocamen-to (da non confondere con la stazza, che è, invece, la capacità di carico di una nave, determinata da un’unità di misura (‘tonnellata di stazza’) , pari a mc. 2,83168!5. Baricentro: Per lo studio ed il calcolo di un qualsiasi baricentro

o di un centro di figura è indispensabile la misura di superfici: specialmente se di contorno irregolare.I metodi possono essere i seguenti:1. Con il computer e CAD, seguendo il perimetro

della superficie stessa.2. Con un planimetro polare Amsler, seguendo il peri

metro della superficie stessa3. Con il metodo grafo-numerico, metodo dei trape-

zio di Bezout (dividendo la superficie in trapezi ecc)4. Con un reticolo, sovrapponendo un reticolato tra

sparente alla figura, come carta millimetrata traspa - rente (reticola di Banberg), ecc. contando i quadretti interessati dalla figura.5. Con la squadretta iperbolica di Beauvais..come di

seguito spiegato.Con il metodo di Beauvais, una volta costruita la squa-

dretta, (anche con cartoncino), è molto facile e veloce calcolare la superficie, in particolare per le superfici di forma irregolare.Costruzione della squadretta.1 – Scegliere la costante di squadra. Esempio. 5 cmq.

Significa che ad ogni passo o spostamento di squadra,

la superficie misurata è sempre 5 cmq.La somma dei passi, o spostamenti, della squadretta,

positivi e negativi, moltiplicati per la costante di squa-dra danno la superficie della figura analizzata.

La formula è la seguente:esempio per costante da 5 cmq. 5cm. diviso X = Y

come si vede nella tabella seguente dove : 5 diviso 4 = 1,25 5 diviso 3 = 1,67 5 diviso 2 = 2,5 5 diviso 1 = 5

così di seguito in modo da costruire l’intera squadret-ta che ritagliata su un foglio sottile di plastica è pronta per l’uso. Vedi figura 1Nota d’esempio: l’ascissa sull’ordinata 5 è 1 +1, per

cui il triangolo formatoCon il polo zero della squadretta è:5 x 2 = 10 DIVISO 2 = 5che è appunto la costante della squadretta

Didattica attorno alModellismo Navale

Simone Matera

Ascissa X OrdinataY 4 1,25 3 1,67 2 2,50 1 5,00 0,5 10,00 0,33 15,15 -0,33 15,15 -0,5 10,00 -1 5,00 -2 2,50 -3 1,67 -4 1,25

Tabella 1

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Misura di una superficie irregolare con la squadretta iperbolica.

IL metodo di misura della superficie della figura, consi-ste nel fissare l’origine della squadretta in un punto (con uno spillo) e di percorrere il perimetro della superficie contando i “passi” della squadretta in andata (positivi) e in ritorno (negativi). Vedi figura 2. e figura 3)Ad ogni passo, la squadretta misura la superficie ugua-

le alla costante della stessa, dall’estremità al punto fis-so di rotazione. In questo caso 5 cmq.Nell’esempio qui riportato, sono 12 passi per 5cmq = 60 cmq. di superficie lorda.Lo stesso occorre fare con i passi indietro per avere

la superficie netta. Vedere come evidenziato nelle due figure 2 e 3E’ intuitivo, se la superficie da misurare è così gran-

de da contenere all’interno la squadretta, allora tutti i passi della stessa saranno positivi.Nella fase di ritorno sono 5,5 passi, moltiplicati per la

costante 5cmq. = 27,5 cmq. Di superficie negativa.Superficie lorda 60 cmq meno 27,5 cmq = 32,5 di

superficie netta.Ancora più semplice: 12 passi positivi meno 5,5negativi12 - 5,5 = passi 6,5 x costante 5 = 32,5 cmq. disuperficie netta!!

Calcolo dei baricentri con il metodo graficoanalitico dei momenti statici.

Uno studio importante d’Archimede è stato quello di trovare il punto dove la spinta del liquidospostato (di-slocamento) è applicata in relazione con il baricentro del battello. Questo punto baricentrico importante è il centro di carena o bari entro di carena.Conoscere la sua posizione è molto importante per il

progetto di una nave perché se i baricentri sono male calcolati lo scafo non è stabile in particolar modo nei modelli male calcolati si vedono rullare in modo non simpatico, ed, in certe situazioni possono sbandare ec-cessivamente al punto di affondare.Famoso è il caso del Wasa (si pronuncia Wuòsa) av-

venuto nel 1628 nel porto di Stocolma, sbandando talmente al punto di affondare al momento del suo viaggio inaugurale Come trovare il baricentro di una sezione di carena con il metodo dei momenti statici.

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Come trovare il baricentro di una sezione di carena con il metodo dei momenti statici.Dalle sezioni di carena del progetto si. divide la stessa in

zone parallele di forma quasi trapezia. L’area di ogni zona si moltiplica per la distanza del suo baricentro da un punto fisso scelto a piacere (punto “O” della figura 4 a fianco).Ottenendo così il momento statico. La somma elle 6 aree

delle zone della figura è l’area di carena, mentre la somma di tutti i momenti statici divisa dall’area della carena è la distan-za del centro di carena al punto “O”.Abbiamo così calcolato la posizione del baricentro di unasezione di carena a simmetria bilaterale, il punto G.La tabella sotto spiega meglio le operazioni effettua-

te per la ricerca analitica del baricentro di una figura, come quella di esempio a simmetria bilaterale, che è tipico per le sezioni di carena delle navi.

Dopo aver calcolato il baricentro di tutte le sezioni di carena del progetto, si esegue il calcolo del baricentro di carena del progetto, in analogia a quello eseguito per una singola sezione, come qui di seguito è espresso.Vedere figura n° 5 sotto.

Il centro di carena gioca un ruolo molto importante per la stabilità del natante in particolare per i battelli a vela perché è indispensabile per il calcolo di stabilità in rapporto con il centro velico, ecc.

Calcolo della posizione del centro di carena del battello

Tabella n°2 Aree dist. momenti cmq. Baric. StaticiOrdinata n° 3 3,62 x 2,6 = 9,41Ordinata n° 4 8,36 x 2,4 = 20,06Ordinata n° 5 11,70 x 2,2 = 25,74Ordinata n° 6 16,20 x 2,0 = 32,40Ordinata n° 7 11,00 x 2,2 = 24,20Ordinata n° 8 1,50 x 2,8 = 4,20Ordinata n° 9 0,30 x 3,0 = 0,90

Totale aree cmq. 52,68 tot. Mom. 116,92Baricentro carena 116,92/52,68 = 2,22 cm.

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Calcolo del dislocamento di un natante e del suo centro di spinta o baricentroCalcolo del Dislocamento.Dalla sezione delle ordinate del trittico, abbiamo le singole aree di ogni ordinata già calcolata.Vedi tabella n° 2.

Si sommano le aree di due ordinate corrispondenti; la loro media si moltiplica per la distanza fra loro stesse, ottenendo un volume come da esempio sotto riportato.Il volume di carena, come detto in precedenza, corrisponde al peso totale del natante incondizione di navigare a pieno carico.

Centro di spinta o baricentro di un natante con il metodo analitico dei momenti statici.La superficie di ogni ordinata di carena è moltiplicata per la sua distanza dalla prua, ottenendo così un

“momento statico” che è unità di terzo ordine. Vedi figura 6.La sommatoria di tutti i momenti statici delle ordinate di carena, diviso la sommatoria delle superfici

delle ordinate di carena, che è unità di secondo ordine, dà, come risultato, la distanza del baricentro di carena dalla prua del natante, unità, appunto di primo ordine.Distanza. Baricentrica D = Σ mom.stat. / Σ superfici di carena

Σ superfici di carena cmq. 52,60 Σ mom.stat. 333.50 cmc.

Distanza. Baricentrica D = 333,50 / 52,50 = 6,34 cm. dalla prua

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Nella figura 6 è riportata la posizione del centro di carena secondo i calcoli eseguiti negli esempi pre-cedenti.

METACENTRO

Sia G il centro di gravità del battello e C il centro di carena (fig. a). Nel caso della figura, il battello, è in equi-librio (centro di carena C è superiore al baricentro del battello G), inoltre, la spinta CQ è uguale e contraria al peso GP del battello stesso lungo la retta di simmetria A–B (asse primitivo),Inclinando di poco il battello, l’asse di simmetria si spo-

sta in A’–B’ (fig. b) ed il centro di spinta occupa un’altra posizione in C’. Il punto d’incontro M della verticale C’-Q (spinta della carena) con l’asse di simmetria A’– B’. dicesi METACENTRO (fig. b).È evidente che la spinta della carena Q ed il peso del battello P, formano un coppia di forze che tende

a fare ruotare lo scafo con un momento stabilizzante!.

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Figura 6

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l’equilibrio è stabile (fig. b) se il punto M (metacentro), cade al di sopra del centro di gravità G, perché, cessando la forza ribaltabile (vento, spostamento di carico, ecc.), la coppia peso-spinta lo con-duce alla posizione di iniziale.l’equilibrio è instabile (fig. c) quando il punto M (metacentro), cade sotto il baricentro G (infatti

il baricentro di carena è al di sotto del baricentro del battello G (fig. c). Perchè la coppia peso-spinta allontana sempre più lo scafo dalla sua posizione iniziale, quindi è una coppia di forze che tende a fare ruotare lo scafo con un momento ribaltante!.l’equilibrio è indifferente (fig. d) quando il punto M (metacentro), coincide sempre con G, qua-

lunque sia la posizione dello scafo. Non c’è coppia e nessun momento (fig. d). Metacentro è chiamato così il punto M, la cui considerazione è dovuta a Clairaut.In conclusione: l’equilibrio di un galleggiante è stabile, instabile e indifferente secondo che il me-

tacentro è al di sopra, al di sotto o in coincidenza del centro di gravità G o baricentro del battello galleggiante.

Per qualsiasi quesito sull’argomento, chi è interessato può contattarmi al seguente indirizzo [email protected]

Simone Matera

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•UnbuongiornoCiurma!Colgo la palla al balzo, osservando il disegno del goz-zo ligure capione di Patrizio, per domandarvi come posso interpretare, o meglio decriptare, la tabella che si vede in alto a destra del pdf.Nessuno in tutti questi anni ha saputo spiegarmi a cosa si riferiscano quelle tabelle e tutti quei numeri che ci sono scritti dentro.Mi spiego meglio, da un punto modellistico quanto e come mi possono aiutare, servire oppure non?!Grazie gente!tere.

•Tere,premetto due cose:non ho disponibile il disegno dell’imbarcazione di cui parli;rispondo solo perché nessuno lo ha ancora fatto ma sopratutto perché, come tu dici, nessuno ha saputo spiegartelo e ti chiedi quanto ti possano aiutare dal punto di vista modellistico.La premessa fatta, ovviamente, riduce i margini di attendibilità di quanto stò per scrivere, ma vedendo nei dettagli la o le tabelle numeriche di cui parli, sa-rei in grado di rispondere col 95.45% di attendibilità statistica!Per il Naviglio Minore, solitamente, al Piano di Co-struzione vengono accluse delle Tabelle Numeriche aventi funzioni diversificate, ma che generalmente si riferiscono al Rilevato di Progetto per il Tracciamen-to in Vera Grandezza.Pertanto, ai fini modellistici, salvo specifici particolari casi, generalmente possono aiutare solamente per Modellismo da Riproduzione.Sarò particolarmente lieto di ampliare l’argomento, ma ricordandoti che su questo settore navale sono totalmente privo di conoscenze, pertanto avrò asso-luta necessità di avere disponibili informazioni reali, facilmente leggibili e possibilmente analizzabili sotto l’aspetto tecnico.Buon lavoro e a presto risentirci,Giuseppe MERCATO (warship@alice. it)

•CiaoGiuseppe,e grazie innanzitutto per avermi risposto!Ti ho girato sulla tua casella di posta privata la mail di Patrizio, dove in quel file .pdf trovi sia il piano del natante che quella criptica - per me - tabella.Non voglio la luna, mi piacerebbe solamente capire come interpretarla, e possibilmente dargli un signi-ficato, visto che sovente ne ritrovo di identiche in piani da me acquistati oppure contenuti in pubblica-zioni varie.Nè ho intenzione di costruirmi un gozzo in giardino.Tutto qua!Tanto per chiarire ogni dubbio fin da subito, io sono uno scatolaro, e il modellismo come scienza esatta non mi appartiene.Ciò non toglie che sia anche curioso, e questa sfil-za di numeri in quel riquadrino, beh... mi battono in testa.Con il tuo 95,45% credo d’aver posto la domanda al soggetto più indicato per dipanare proprio questi miei dubbi!E in ultima analisi: GRASSSSSIE GRASSSSSIE!!!!!!!!!tere.

•Tere,eccomi al tuo rompicapo: la Tabella dei Numeri.Confermo pienamente quanto già anticipato come risposta generica e cioè che si tratta del Prospetto del Rilevato di Progetto per il Tracciamento in Vera Grandezza.1. La Tabella è composta da: 19 Colonne (verticali) e 14 Righe (orizzontali) ;2. comprende due intestazioni:intestazioni di colonna (Poppa, 0.5, 1, 2, ............ .12, 13, 13.5, Prora);intestazioni di riga sono suddivise in due sezioni:sezione superiore dedicata alle Semilarghezze Oriz-zontali rette dello Scafo;sezione inferiore dedicata alle Altezze Verticali rette delle Sezioni Longitudinali dello Scafo.3. La seconda colonna delle intestazioni di riga (sud-divisa nelle due sezioni Semilarghezze e Altezze Ver-ticali), merita una più dettagliata presentazione:

Tabelle numeriche di Rilevato di Progetto per il Tracciamento in Vera Grandezza

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3.a. Semilarghezze Orizzontali rette dello ScafoLe Semilarghezze, date singolarmente per le 17 Se-zioni Trasversali di cui la [7] a significare la Sezione Maestra, sono misurate alle diverse Altezze Verticali rette alle quali sono prefissate le Linee d’Acqua (o pseudo Linee d’Acqua nel caso lo Scafo fosse previ-sto per navigare con assetto appoppato).Le Linee d’Acqua sono numerate da I a VII e ad esse viene associato il Bordo Laterale Scafo: la Linea d’Acqua I è quella prossima alla Chiglia e la VII quella prossima al Bordo Laterale Scafo.Non sono certo sul modo in cui sono state prefissa-te Le Altezze Verticali rette delle Linee d’Acqua, ma osservando il Piano Verticale, sembra che l’intervallo tra le Linee d’Acqua sia stato determinato dividendo il valore numerico dell’Altezza Verticale retta al Bor-do Laterale dello Scafo per 7.5 (cioè considerando che tra la Linea d’Acqua VII ed il Bordo Laterale si lasciasse 1/2 intervallo.Tutto ciò è da verificare con cognizione di causa, cognizione che io al momento non ho; tuttavia sup-posta vera la mia ipotesi, l’intervallo tra le Linee d’Acqua risulterebbe: 77 cm / 7.5 intervalli = 10.266 cm, essendo 77 cm l’Altezza alla Maestra ( colonna [7] ) rilevabile dalla cella di riga Bordo e colonna [7]. Ripeto il tutto è da accertare in maniera seria e non per ipotesi o supposizioni ! E’ una cosa seria !3.b Altezze Verticali rette delle Sezioni Longitudinali dello Scafo Le Altezze Verticali rette delle Sezioni Longitudinali dello Scafo, date singolarmente per le 17 Sezioni Tra-sversali, essendo ovviamente la [7] quella chiamata Sezione Maestra, sono misurate alle diverse Semi-larghezze Orizzontali rette distanti dall’Asse Lon-gitudinale di Simmetria dello Scafo nominate A, B, C, essendo A quella prossima all’Asse Longitudinale di Simmetria dello Scafo, e la C quella alla Fiancata dello Scafo.Non sono certo sul modo come sono state pre-fissate le distanze dei Piani di queste Sezioni Verti-cali rispetto l’Asse Longitudinale di Simmetria dello Scafo, tuttavia dal disegno allegato mi pare di poter affermare (sic) che le distanze siano pari ad 1/8 della Larghezza Massima alla Sezione Maestra che è pre-

vista essere 2.02 m. Se così fosse, l’intervallo tra la Sezioni A, B, C, risulterebbero:2.02 m / 8 intervalli = 25.25 cm.Per correttezza devo far notare che da una parte vien detto che lo Scafo è Largo 2.02 metri e poi sulla Tabella viene riferito che la Semilarghezza (riga superiore Bordo e colonna [7] Sezione Maestra) è di 100.9 cm : 100.9 x 2 = 201.8 cm.Naturalmente tutto il resto è conseguente e subor-dinato a questa chiave di lettura.Se saranno necessarie altre informazioni di maggiore spessore tecnico, cortesemente ho necessità assolu-ta di disporre di materiale originale e possibilmente su file in formato dwg, perché in assenza di ciò esclu-do di potermi esporre.Cordialmente,Giuseppe MERCATO (warship@alice. it)

•AccidentiateGiuseppe!A momenti svengo... Cristoforo Colombo, ma ... ma ... io solo la maturità!Come farò da ora in poi?! Questa è una spiegazione degna di un ingegnere che tieni corsi al politecni-co, he he he!!! ECCO UNA RISPOSTA COI CON-TRO.....! Stampata e salvata tra le cose sicuramen-te utili, o mio caro Warship! Io non sono certo un modellista nel senso letterarale della parola, diciamo che più che altro mi diletto in soprammobili da ca-minetto, ma magari in un futuro non prossimo, mi orienterò verso cose più impegnative, tempo, lavoro e famiglia permettendo.Però tutto quello che ruota attorno al modellismo mi incuriosisce e nel contempo m’aiuta a tenermi allenato, allontanando un po’ di quella pigrizia, di quella voglia di domandarsi perchè o come, che in-consapevolmente cresce finito lo studio.Ti ringrazio immensamente!Vorrei poter restituire il favore in qualche maniera, ma data la mia scarsità nel campo, temo io debba rimandare!Una buona giornata e grazie ancora,tere.

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•CiaoTereVedo che Il sig. Mercato ha risposto egregiamente alla tua richiesta con termini appropriati alla materia, vorrei farlo anch’io con termini un pò più elementa-ri atti a farli comprendere anche a chi come mè è un pò indietro con gli studi he!!he!!he!!Dunque, come si divide la tabella l’ha già espresso chiaramente il sig. Mercato. Tenendo presente la vi-sta di fronte delle ordinate vediamo che sulla parte di sinistra abbiamo le semi ordinate che vanno da 0,5 a 7 e la parte destra da 7a 13,5 e queste sono rappresentate sulla prima riga in alto della tabella.Nella seconda riga è rappresentato il bordo dell’im-barcazione cioè quella doppia riga che vediamo sem-pre sulla vista frontale che possiamo definire volgar-mente il perimetro e che in questa riga ci serve per stabilire le larghezze dei vari punti con la linea di mezzaria, infatti vediamo che dalla linea di mezzaria (linea centrale che divide in due parti uguali la barca) al punto poppa e prora abbiamo 3,0, questo ci indica che la chiglia sarà larga 6(3,0x2), che dalla linea di mezzaria al punto 0,5 ci sarà una distanza 33,0 e cosi via fino al punto 13,5, naturalmente dal punto7 ver-so prora e poppa le distanze diminuiscono essendo questa l’ordinata maestra.Dalla terza riga fino alla nona(quelle con i numeri romani) rappresentano le linee d’acqua con le varie larghezze dalla linea di mezzaria (come sopra).Alla decima riga abbiamo ancora la linea del bordo che questa volta ci serve per le altezze che vengo-no rappresentate dalle linee verticali A -B -C-(righe 11, 12,13,) ultima riga è la battura che sul disegno è indicata come linea di base(dove finisce il fascia-me ) che, come possiamo vedere sempre sulla vista frontale, tranne i punti 0,5 e 1di poppa, 13 e 13,5 di prora le altre finiscono a 0cioè alla stessa altezza della battura.Dunque abbiamo che dalla battura al punto più bas-so dell’ordinata 05in cui si incontra con la chiglia un’altezza di 3,5.Mentre sempre l’ ordinata 05 incro-cia la linea verticale A ad una altezza di 70, il punto 1 ad una altezza di 41,5 e così via per tutte le altre ordinate che passano per la verticale A. Lo stesso vale anche per la prora.Naturalmente tutte le misu-

re sono espresse in cm come indica la tabellaSpero di essermela cavata bene.vass

•GrazieVASS!La spiegazione calza alla lettera, anche se devo am-mettere che, almeno per quanto mi riguarda, non è mica stata immediata la cosa.In effetti stampando le vostre mail e avendo il piano davanti, mi rendo conto di quanto in realtà sia dif-ficile trasmettere certe conoscenze a noi profani, e quanto amore per questo hobby voi ci mettiate già solo nell’illuminarci.In soccorso poi mi è arrivato anche il Pilani, che con le sue scansioni ha completato il quadro.Stampato e salvato il tutto!Ma a quando un bel compendio con tutto questo know-how?!tere.

•CiaoTereeVass,ringrazio Vass per aver integrato diligentemente quanto da me indicato, sopratutto facendo esplici-to riferimento al Piano Verticale dello Scafo, posto nell’immediata sinistra della Tabella Numerica.Tere, non esagerare con i complimenti: energie spe-se inutilmente; non mi monterò la testa !Buon fine settimana a tutti,Giuseppe MERCATO (warship@alice. it)

•CaroGiuseppe,nel tuo caso i complimenti sono più che meritati, già solo per esserti prodigato in tal maniera per il sottoscritto!E poi diciamocelo pure, già solo per la qualità della risposta, mi pare anche che a livello conoscitivo hai due attributi così!Non me ne volere....Immensamente grato,tere.

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Gb: trovato relitto nave antenata ‘Victory’ di Nelsonl relitto della H.M.S. Victory, nave da guerra britannica affondata nel

canale della Manica nel 1744 e diretta antenata della più famosa im-barcazione omonima con cui l’ammiraglio Nelson vinse la battaglia di Trafalgar, è stato ritrovato dalla società di recuperi marittimi statuni-tense Odyssey.

Risorse imternethttp://abcnews.go.com/International/story?id=6780500&page=1http://www.laportadeltempo.com/news.asp?ID=3851http://archeologiasubacquea.blogspot.com/2009/02/individuato-il-relitto-della-hms.htmlhttp://ilprofessorechos.blogspot.com/2009/02/hms-victory-il-grande-ritrovamento.htmlhttp://www.elvux.biz/?&set=171&dom_id=&dom_sld=elvux&dom_tld=biz&no_tags=1&sito_gratis=&sito=&news1_categoria=prima&news1_id=795945&local_page=Videohttp://www.youtube.com/watch?v=1Ul2G6TltjQ

Notizie dal WebRecensioni dal Web

Palazzo Zanca: In mostra il Rostro romanoIl rostro di una nave romana viene riportato alla luce dalla Soprinten-

denza del Mare e dalla RPM Nautical Foudation il 26 giugno, dopo tre anni di ricerche nelle acque delle Egadi nei fondali di Banco dei Pesci. Al momento, questo è il quinto rostro esistente al mondo dichiara Sebastiano Tusa ed insieme all’archeologo Jeffrey Royal della RPM no-tano la somiglianza a quello già esposto al museo Pepoli di Trapani. La Regione Siciliana adesso è l’unica al mondo a possederne due. Gra-zie all’impegno costante prodotto dagli uomini della RPM Nautical Foundation ed a quelli della Soprintendenza del Mare, in particolare Stefano Zangara, Alessandro Urbano e Salvatore Palazzolo, si è arriva-ti ad un scoperta di altissimo livello storico; la scoperta

infatti conferma la tesi del Soprintendente Tusa sullo scontro avvenuto fra la flotta romana e cartaginese il 10 marzo 241 a.C. a nord-ovest di Levanzo. Il rostro è formato da un pezzo unitariamente fuso in bronzo che si andava ad inserire nel punto di congiunzione tra la parte finale prodiera della chiglia e la parte più bassa del dritto di prua. La parte anteriore del rostro è, infatti, costituita da un possente fendente verticale rafforzato da fendenti laminari orizzontali.

Risorse internet.http://archeologiasubacquea.blogspot.com/2008/06/ritrovato-un-rostro-romano-della.htmlhttp://www.betasom.it/forum/index.php?s=1509dbc52a28627d9275af65875815a7&showtopic=26840&pid=264909&st=20&#entry264909

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Notizie dal WebRecensioni dal Web

Notizie dal Web

Il mistero della Mary CelesteI’Amazon era un brigantino canadese lungo 31 metri pesante 282

tonnellate varato in Nuova Scozia nel 1860, nel 1869 gli fu cambiato il nome in Mary Celeste.Il 5 dicembre 1872 il Capitano David Morehouse Reed comandante

del Gratia Dei, in navigazione nei pressi dell’Arcipelago delle Azzorre, avvistò un brigantino che andava alla deriva. Le vele lacere erano am-mainate ma a bordo del brigantino non c’era nessuno. Il capitano Ben-jamin Briggs sua moglie la loro bimba e un equipaggio di sette persone erano scomparsi. Saliti a bordo del Mary Celeste gli uomini del Gratia Dei videro che dei 1700 barili di alcool che costituivano il carico, 9 erano vuoti o comunque danneggiati. Gli abiti del comandante, della

moglie e della bambina erano nella cabina del capitano, e anche quelli dell’equipaggio erano a bordo, vi era anche del denaro. Cerano acqua e cibo per sei mesi, mancava il sestante la bussola era rotta, i boccaporti erano aperti e la nave aveva imbarcato un pò d’acqua, mancava una scialuppa e c’era un pezzo di corda rotta legata alla nave.

Risorse imternethttp://www.satorws.com/mary-celeste.htmhttp://blog.chatta.it/livorno970/9743907/NAVE-FANTASMA.aspxVideohttp://it.youtube.com/watch?v=ub6aLzLqZw8http://it.youtube.com/watch?v=qUSzRiiwAGc

La barca di GesùLa barca di Gesù fu scoperta per caso più di vent’anni fa, nel lago di Tiberiade.Furono i giornali dell’epoca a chiamarla subito così, ma il culto dei fedeli è cresciuto negli

ultimi tempi, quando la storia di questo legno è stata ricostruita meglio. Accadde durante una stagione di grande siccità, il 1986: il livello dell’acqua scese al di sotto dei minimi storici e una mattina due pescatori del kibbutz, i fratelli Moshe e Yuval Lufan, per poco non speronarono la prua che affiorava. Il relitto venne portato a riva fra mille cautele, poi una squadra impie-gò dodici giorni e dodici notti a ripulirlo del fango incrostato e della salsedine, quindi servì immergere quel che restava della chiglia in un bagno di sostanze chimiche, per un’altra setti-mana. La barca ha i segni di molte riparazioni e questo fa pensare sia stata usata per decenni, forse per un secolo intero, di generazione in generazione di pescatori. «E siccome il Vangelo cita almeno cinquanta volte barche e pescatori – dice Marina Banay, pr del museo – e Pietro

e diversi apostoli erano pescatori che vivevano qui e lo stesso Gesù trascorse sul lago di Tiberiade parte della sua vita, per molti cristiani questa barca è qualcosa di speciale.

Risorse imternethttp://digilander.libero.it/modromani/barcaspietro/barcaspietro.htm Il modello della barca di Gesuhttp://butindaro.wordpress.com/2008/05/31/video-galilea-lago-di-tiberiade-1986-ritrovata-barcadel-tempo-di-gesu/

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Attività Magellano

Facciamo il punto delle prime attività svolte nel corso di questi tre mesi del 2009, come peraltro già annunciate in assemblea pubblica.Nei giorni 28/02, 1/03 e 2/03 abbiamo partecipato a Novegro all’Hobby Model Expo Pro-

fessional per la sezione “Educational”. Non abbiamo avuto grande riscontro per la carenza di visitatori e, come per lo scorso anno, per l’assoluta mancanza di scolaresche che avrebbero dovuto par-tecipare. Abbiamo comunque intrapreso numerosi contatti, anche con case mo-dellistiche, resesi disponibili a dialogare per rendere più veritiere le scatole kit. Anche per questa occasione, ringrazio tutte le persone di “Magellano che han-no dato il proprio contributo, con la loro partecipazione ed il sostegno.

Ad una settimana esatta dopo Novegro siamo intervenuti con lo stand a Verona il 7 e 8 Mar-zo al Model Expo Italy. In questa esposizione le cose sono state decisamente diverse, sia per la grande affluenza di pubblico (più di 50.000 visitatori) che per i notevoli contatti avuti, con le case produttrici, con le associazioni presenti e con i tanti modellisti che ci hanno fatto visita. Per la realizzazione di questa esposizione, vanno i miei doverosi ringraziamenti agli amici modellisti residenti nella zona di Verona che hanno dato un notevole contributo per la perfetta riuscita.

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Nel mese di Marzo ci è stato consegnato, dalla tipografia, il No-stro primo libro che siamo riusciti a pubblicare; Si tratta di una edizione speciale, numerata, del Trattato sull’alberatura delle navi di Forfait, tradotto da Giovanni Santi Mazzini e dallo stesso dona-to a “Magellano” per la sua divulgazione riservata ai soci. Il libro è stato spedito, a coloro che ne hanno fatto richiesta, proprio in questi giorni.

Nel mese di Aprile dovremmo inaugurare la Nuova sede dell’associazione “Magellano” a Cusano Milanino presso il Parco “La Bres-sanella”. Di questo avvenimento ne pubbli-cheremo i dettagli non appena le autorità locali ci comunicheranno la data esatta.

In questi giorni stiamo organizzando la nostra 4° mostra di mo-dellismo nel comune di San Bonifacio (Soave) di cui alleghiamo le domande di adesione.MOSTRA DI MODELLISMO

NAVALE

ESPOSIZIONE CON ENTRATA LIBERAPRESSO EX CONSORZIO AGRARIO DI S. BONIFACIO

di Via MAZZINI

dal 25 aprile al 3 maggioOrario:

MATTINO 10:00 - 12:30POMERIGGIO 15:00 - 19:00

ASSOCIAZIONE NAZIONALEMARINAI D’ITALIA

MARINA MILITARE COMUNES. BONIFACIO

A.M.N.

MANIFESTAZIONE PATROCINATA DALL’ASSESSORATO ALLA CULTURA DEL COMUNE DI S. BONIFACIO

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MOSTRA DI MODELLISMONAVALE

ESPOSIZIONE CON ENTRATA LIBERAPRESSO EX CONSORZIO AGRARIO DI S. BONIFACIO

di Via MAZZINI

dal 25 aprile al 3 maggioOrario:

MATTINO 10:00 - 12:30POMERIGGIO 15:00 - 19:00

ASSOCIAZIONE NAZIONALEMARINAI D’ITALIA

MARINA MILITARE COMUNES. BONIFACIO

A.M.N.

MANIFESTAZIONE PATROCINATA DALL’ASSESSORATO ALLA CULTURA DEL COMUNE DI S. BONIFACIO

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Mostra - concorso “I 40 anni del G.M.S.”

REGOLAMENTO

ARTICOLO 1 Il concorso e’ aperto a tutte le categorie del modellismo statico. Eventuali modelli “dinamici” verranno comunque giudicati con i criteri valutativi propri degli “statici”. Non sono ammessi modelli acquistati pronti dal commercio o da terzi. I premi saranno assegnati con la formula OPEN, nelle classi Oro, Argento e Bronzo. E' comunque possibile presentare modelli “fuori concorso”. Lo status di “fuori concorso” sarà chiaramente indicato a fianco di ogni modello. I modelli elaborati dagli iscritti al G.M.S. sono esclusi dal concorso. ARTICOLO 2 Nell’ambito della manifestazione verranno inoltre assegnati i seguenti premi speciali: - Premio speciale Juniores - BEST OF SHOW trofeo assegnato alla migliore realizzazione della mostra in concorso - Premi speciali offerti da Italian Kits:

Coppa “Italian Kits” per il miglior modello italiano Coppa “Allarmi!” per il miglior figurino

ARTICOLO 3 All’atto dell’iscrizione i m odelli dovranno essere accompagnati dall’apposita scheda d i partecipazione compilata in ogni sua parte. Copia della scheda di iscrizione è allegata al presente regolamento. In base a llo s tatuto del G .M.S, che pone u n particolare accento sulla veridicità delle realizzazioni, è importante che gli e laborati siano corredati da quanti più dati possibile di riferimento all'oggetto vero rappresentato, l e descrizione esatta della t ipologia, i vi compresa l a collocazione s torico-geografica-temporale e le f onti storico-tecniche d i riferimento. Per agevolare il lavoro della Giuria, sarà importante elencare gli interventi specifici operati dal modellista a l fine d i esaltare la corrispondenza del modello in riferimento al soggetto reale. Per i modelli non auto-costruiti, è necessario indicare la scatola del Kit di partenza. La scheda farà parte integrante del pezzo esposto ed essenziale per la valutazione finale. Eventuale ulteriore documentazione esplicativa riguardante il m odello sarà gradita a lla giuria che n e avrà la m assima cura e che s i impegna a lla r estituzione a lla f ine della mostra.

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Ai fini organizzativi/statistici i modelli saranno suddivisi nelle seguenti categorie: A – A erei ed elicotteri scala 1/72 ed inferiori A1- A erei ed elicotteri scala 1/50 e superiori M – M ezzi militari scala 1/72 e inferiori M1- M ezzi militari scala 1/50 e superiori D – D iorami (metodo anglosassone) U – F igure umane NP– N avi costruite con prevalenza di uso di plastica NL- N avi costruite con prevalenza di uso di legno e altri materiali C – M ezzi civili F – Fantasy/fantascienza J – Juniores (under 16) E – Edifici e costruzioni civili Ogni categoria avrà delle sotto-categorie che specificheranno la qualità del lavoro secondo i seguenti suffissi letterali: K – (Kit) - da scatola R – (modificato) - modello da scatola rivisto e migliorato V – (derivato) - modello in una versione diversa da quella previsto dalla scatola di partenza S – ( auto-costruzione) – m odello i cui e lementi sono s tati p revalentemente costruiti dall'esecutore, con pochi elementi reperiti dal commercio. Le categorie si considereranno costituite se vi saranno almeno 5 modelli concorrenti. In caso di mancato raggiungimento del numero minimo, sarà cura della Giuria inserire tali modelli in categorie assimilabili. Ogni concorrente potrà p resentare più modelli i n una s tessa categoria; in ogni caso l o stesso concorrente sarà eventualmente premiato una sola volta per ogni singola categoria. Gli organizzatori non saranno responsabili d i eventuali controversie circa la proprietà dei modelli, che dovranno essere tassativamente ritirati al termine della manifestazione, salvo eccezionali accordi diversi, preventivamente intercorsi. I modelli non ritirati rimarranno custoditi nella sede del G.M.S. per un termine massimo di 30gg. Trascorso tale termine il G.M.S non risponderà della sorte di tali modelli. ARTICOLO 4 All'atto della p resentazione, i m odelli dovranno essere corredati della scheda d i partecipazione ( vedi a rt. 3 ). A ll'atto della r egistrazione a d essi verrà assegnato un cartellino numerato identificativo – Lo s tesso numero verrà apposto sulla scheda d i iscrizione e sull'eventuale imballo che per comodità potrà essere custodito nei locali della mostra. A insindacabile giudizio degli Organizzatori, potranno NON essere accettati modelli che in qualche m odo o ffendano l a pubblica decenza, abbiano contenuti xenofobi, razzisti, ideologici contrari al buon costume. Per ragioni d i ordine p ratico non saranno accettati m odelli non f issati alla base o con particolari sciolti. Modelli palesemente fragili non saranno accettati, a meno che non siano presentati in apposite teche protettive.

ARTICOLO 5 L'organizzazione s i riserva l a facoltà d i riprodurre tramite f otografie o i n video i m odelli esposti; l'uso di tali riprese sarà esclusivamente per attività didattica e divulgativa, in ogni caso senza scopo di lucro. ARTICOLO 6I modelli verranno valutati da una apposita giuria, il cui giudizio sarà insindacabile.

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ARTICOLO 7 Il comitato organizzatore garantisce l'esposizione dei modelli in aree sorvegliate, coperte e chiuse, m a non s i assume responsabilità per eventuali danni o f urti a rrecati ai m odelli stessi.

ARTICOLO 8 All'interno della manifestazione sono ammessi esclusivamente scambi di opinioni, è fatto divieto assoluto il proporre compra-vendite.

ARTICOLO 9 I dati personali saranno trattati secondo le vigenti normative ( legge 675/96); i dati forniti saranno utilizzati esclusivamente ai fini organizzativi della manifestazione e non verrano in nessun caso divulgati a terze parti.

ARTICOLO 10 Sottoscrivendo l a scheda d i partecipazione, i l concorrente si i mpegna a d accettare integralmente il presente regolamento. ARTICOLO 11 L'iscrizione é f issata in Euro 10,00 per ogni categoria, senza limitazione del numero di modelli presentati. Nel caso di presentazione di modelli in diverse categorie, la quota massima di iscrizione richiesta sarà di Euro 30,00, indipendentemente dal numero di categorie interessate.Per i soli partecipanti alla categoria Juniores (under 16), nonché per i modelli “ fuori concorso” l’iscrizione è gratuita.

ARTICOLO 12 I modelli potranno essere consegnati presso la Sede della manifestazione nelle g iornate di: Venerdì 15 Maggio 2009 dalle 15.00 alle 19.00

Sabato 16 Maggio 2009 dalle 09.00 alle 12.30 Modelli consegnati oltre g li o rari p revisti potranno essere accettati a d iscrezione degli organizzatori, in ogni caso saranno esclusi dal concorso e potranno essere eventualmente esposti esclusivamente “fuori concorso”. I modelli saranno riconsegnati ai legittimi proprietari al termine della manifestazione, dopo la cerimonia di premiazione, previa presentazione della ricevuta di iscrizione.

Luogo della mostra: Palazzina “SPAZIO – ARTE” - via Maestri del Lavoro

Sesto S. Giovanni (Mi)

ORARI DI APERTURA AL PUBBLICO:

Sabato 16 Maggio 2009 apertura ore 15.00 - chiusura ore 19.00 Domenica 1 7 Maggio 2009 apertura ore 9.30 - chiusura ore 18.00

Premiazione Domenica 17 Maggio 2009 ore 17.00 Il ritiro dei modelli sarà possibile dopo il termine della cerimonia di

premiazione. La consegna dei modelli verrà e ffettuata iniziando dai partecipanti provenienti dai luoghi piu' lontani. Per il r itiro dei m odelli è necessario esibire l a ricevuta di consegna o ttenuta all'atto dell’iscrizione. Per informazioni rivolgersi a:

Maurizio Mauro [email protected] Cell.: 346 8644413 Benedetto Albino [email protected]

Cell.: 328 1796791

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dati del modellista:Cognome: nome:

indirizzo:

città: prov.: CAP

tel: e-mail:

club di appartenenza:dati del modello:

scala:

descrizione:

collocazione storico-geografica:

Categoria: A A1 M M1 D UNP NL C F J E

Sotto-categoria: K R V S

escluso sotto – categoria "S":kit di partenza:

eventuali parti after-market:

escluso sotto – categoria "K":descrizione degli interventi operati dal modellista:

documentazione di riferimento:

parte riservata all'organizzazione

n°. di registrazione:

ricevuta del modello valida per il ritiro al termine della manifestazionesig.

modello:

ricevuta N°.:

Mostra - concorso"I 40 anni del G.M.S."scheda di iscrizione

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