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Noi esseri umani avvertiamo talvolta aspetti della nostra identità nascosti nell’ombra; essi costituiscono una presenza potente e spesso inquietante proprio perché non conosciuta o percepita solo parzialmente. Di conseguenza può capitare che ci sentiamo bloccati nell’agire per realizzare i nostri obiettivi; addirittura può accadere che evitiamo di raggiungerli nonostante siano per noi interessanti e piacevoli. Allora ci può essere difficile comprendere le ragioni di queste forme mortificanti il desiderio, le cause di ansie per essere sul punto di svelare aspetti di noi stessi immaginati potenzialmente pericolosi e spaventosi. Tali rappresentazioni mentali ci suggestionano e ci condizionano a tal punto da impedirci di scoprire invece le potenzialità della nostra intelligenza e di utilizzare in modo effi cace proprio le nostre capacità immaginative.

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Punti di Vista

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Gabriella Giordanella Perilli

Sogno o son destoGuida per viaggi nella

Galassia dell’Immaginariooltre l’universo percepito

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Prima Edizione: 2015

ISBN 9788898037612

© 2015 Edizioni Psiconline - Francavilla al MarePsiconline® Srl66023 Francavilla al Mare (CH) - Via Nazionale Adriatica 7/ATel. 085 817699 - Fax 085 9432764Sito web: www.edizioni-psiconline.ite-mail: [email protected]

Psiconline - psicologia e psicologi in retesito web: www.psiconline.itemail: [email protected]

I diritti di riproduzione, memorizzazione elettronica e pubblicazione con qual-siasi mezzo analogico o digitale (comprese le copie fotostatiche e l’inserimen-to in banche dati) e i diritti di traduzione e di adattamento totale o parziale sono riservati per tutti i paesi.

Finito di stampare nel mese di Gennaio 2015 in Italia da Universal Book srl - Rende (CS) per conto di Edizioni Psiconline® (Settore Editoriale di Psi-conline® Srl)

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Dedico questo lavoroa chi non ha avuto fi ducia in me

così da motivarmi a sviluppare e realizzare le mie potenzialità.

A chi ha avuto fi ducia in mecosì da sostenermi ed insegnarmi come

sviluppare e realizzare le mie potenzialità.In particolare al mio Mentore ed Amico

Prof. Kenneth E. Brusciaper avermi aperto la porta d’oro

dell’Immaginario

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INDICE

Introduzione

Parte PrimaEsplorazione di Approcci con Tecniche e Metodi imma-ginativi1. Da Freud a Leuner2. L’Ipnoterapia di Erickson3. La Respirazione Olotropica di Grof4. La Psicosintesi di Assagioli5. La Mindfulness

5.1 Cenni di Storia5.2 La pratica della Mindfulness può favorire il conse-guimento dei seguenti risultati5.3 In cosa consiste5.4 Principi5.5 Come può aiutare5.6 Applicazioni5.7 Tecniche mindfulness5.8 Gli Esercizi da praticare

5.8.1 Body Scan5.8.2 Esercizio del Respiro5.8.3 Mangiare consapevole5.8.4 Camminare consapevole5.8.5 La Meditazione della Montagna

5.9 Controindicazioni6. Tecniche e Metodi di Immaginario e Musica

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PUNTI DI VISTA

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6.1 Obiettivi di interventi mediante la Musica e l’Imma-ginario6.2 Cambiamenti aspecifi ci6.3 Cambiamenti specifi ci6.4 Finalità e tecniche con l’ascolto di musica6.5 Tecniche GIM non Metodo Bonny6.6 Controindicazioni6.7 Variabili nel programmare Esperienze Immaginati-ve con la Musica6.8 Componenti delle sedute immaginative con la mu-sica

Considerazioni conclusive. Principi comuni. Differenze te-oriche e procedurali

Parte SecondaProposte di Esperienze pratichePremessa1. Tecniche di induzione al rilassamento e/o a stati modifi -cati di coscienza

1.1 Controindicazioni1.2 Fasi dell’intervento1.3 Organizzazione della stanza1.4 Organizzazione delle sedute1.5 Schema delle sedute1.6 Atteggiamento del Facilitatore1.7 Caratteristiche della Voce del Facilitatore1.8 Introduzione al rilassamento

2. Modalità di Induzioni e loro scopi2.1 Introduzione2.2 Ritorno2.3 Induzioni fi siche2.4 Induzioni immaginative sensoriali2.5 Dire – Provare2.6 Sentire/Udire – Provare

3. Brani di musica per il rilassamento

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Guida per esperienze autonome nell’immaginarioAttività propedeutiche per sviluppare visualizzazione e im-maginario1 – Oggetto di uso comune2 – Un fi ore3 - Il FrigoriferoProgetti Scenografi ci1 - La Passeggiata in una giornata di vacanza2 - Il ruscello3 - Visita all’Orto Botanico 4 - L’Isola 5 - La Barca 6 - Viaggio stellare 1 7 - Viaggio Stellare 28 - Esplorazione intergalattica 9 - Curiosando nel mare 10 - Il mio Giardino 11 - Relazione 1 12 - Relazione 213 - Ricordi 14 - Il Labirinto15 - La Quiete dopo la Tempesta 16 - Cambio posizione – cambia la musica17 - La Casa dell’Infanzia18 – Esplorare il Deserto19 – Musica, Emozioni e Movimento20- Il Pinguino, uccello che non vola 21 – Transizione 22 – La Miniera 23 – La Locomotiva (Il Treno) 24 – Vedere il mondo come … 25 – La Terra desolata 26 – Un solo desiderio e solo uno27 – L’Arcobaleno 28 – Lo Specchio Magico

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PUNTI DI VISTA

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29 – Il Tappeto volante 30 - Colonna sonora per la Storia di VitaConsiderazioni e Sviluppi

Parte TerzaIllustrazioni di esperienze

Parte QuartaConoscere per orientarsi nella Galassia dell’Immagina-rio: spunti teorici.1. L’Immaginario facoltà dell’Intelligenza2. Dagli Schemi Immaginativi alla metafora

2.1 Proiezioni metaforiche2.2 Lo sviluppo della metafora nello stadio pre-logico2.3 Gli schemi immaginativi non verbali sono basati su esperienze incorporate cinestesiche2.4 Suoni e musica contribuiscono alla formazione di schemi immaginativi non verbali 2.5 Gli Schemi Immaginativi non verbali sono sintoniz-zati con gli altri signifi cativi2.6 Gli Schemi Immaginativi non verbali comportano emozioni2.7 Gli Schemi Immaginativi non verbali sono imma-gazzinati in memoria a lungo termine 2.8 Gli Schemi Immaginativi diventano metafore non verbali mediante il processo metaforico

3. Sviluppo della Metafora nello Stadio Logico3.1 Metafore verbali 3.2 Le Metafore diventano verbali mediante la comuni-cazione verbale con gli altri3.3 Metafore verbali, Suoni e Musica 3.4 Metafore verbali ed emozioni 3.5 Metafore verbali sono immagazzinate nella memoria

4. La Natura delle Metafore

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4.1 Le Metafore sono costruite individualmente 4.2 Le Metafore sono socialmente costruite 4.3 Le Metafore possono aiutare o impedire lo sviluppo 4.4 Metafore salutari4.5 Cambiamento delle Metafore nell’Imagery4.6 II ruolo della metafora in psicoterapia 4.7 Immaginario, Metafore e Stati di coscienza

5. Coscienza: aspetti e defi nizioni5.1. Defi nizione di Coscienza5.2 Correlati fi siologici5.3 Stati alterati di coscienza5.4 Stadi evolutivi della Coscienza 5.5 Coscienza primaria o biologica5.6 Coscienza secondaria o coscienza di Sé5.7 Livelli taciti ed espliciti di conoscenza

5.7.1 Livello tacito 5.7.2 Livello esplicito

5.8 Coscienza Sociale6. L’Attenzione7. Le Emozioni8. Immaginario, Emozioni e Musica9. Sintesi degli aspetti rilevanti

Finale e Note di Coda

Appendici1 - Le Parole mi suggeriscono…2 - Classifi cazione e modulazione delle emozioni 3 – Testo Canzone

Ringraziamenti

Bibliografi a

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…noi non cesseremo l’esplorazionee la fi ne di tutto il nostro esplorare

sarà giungere là onde partimmoe conoscere il luogo per la prima volta…T. S. Eliot, Four Quartets, Little Gidding

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INTRODUZIONE

Molti anni or sono rimasi colpita nel leggere su una rivista, più o meno scientifi ca, che i batteri conoscono il loro terreno di coltura più di quanto gli esseri umani conoscano il loro ambiente. L’iniziale stupore indignato mi spinse a verifi care o falsifi care tale asserzione. Gli approfondimenti scientifi ci, la pratica clinica, nonché esperienze di vita vissuta hanno testimoniato la veridicità di tali “scandalose parole”. È abbastanza palese quanto la cono-scenza di noi stessi sia limitata e quanto di noi giaccia nascosto oltre la nostra consapevolezza, sfuggendo alle nostre capacità rifl essive logico – verbali. Prendere atto della nostra ignoran-za presenta anche un aspetto intrigante, una sfi da alla curiosità, intrinseca negli individui, di sviluppare una maggiore approssi-mazione riguardo chi siamo, come funzioniamo, come possiamo attuare le nostre potenzialità per migliorare la qualità di vita, pur considerando i vincoli della natura umana. Ciascun contributo alla conoscenza può, ritengo, essere parziale e non defi nitivo, an-che se originale.

In un’epoca quando navigare nel virtuale è attività pressoché quotidiana per numerose persone, il recupero dell’immaginario individuale e collettivo è fondamentale per esperienze che metto-no in risalto l’illusorietà della percezione cosciente ed in crisi la certezza della conoscenza di sé e dell’ambiente; con esse sfuma-no, in un continuum, i confi ni dicotomici utilizzati per ordinare la realtà in categorie riconoscibili e prevedibili; può diventare possibile esplorare quella parte di galassia interiore non diretta-mente accessibile alla consapevolezza, parte considerevole della

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complessità della costruzione di sé e dei propri signifi cati, realtà invisibile con caratteristiche fenomeniche altre rispetto alla real-tà percepita in una modalità di coscienza utilizzata nelle azioni quotidiane, in quanto trascende il puro dato sensibile ricostruen-dolo in una vasta rete di memorie, sensazioni, emozioni, svilup-pata durante l’intera esistenza di ciascun individuo.

Queste sono le ragioni per cui ha preso vita il presente lavo-ro: offrire una prospettiva su aspetti inusuali di processi di co-noscenza dell’individuo, con particolare attenzione all’immagi-nario, alla metafora, alle emozioni. Tali aspetti contribuiscono, talvolta associati alla musica, a farci contattate e, quindi, evocare contenuti di memorie analogiche, sensoriali ed emozionali, con-servate a livello non consapevole. Affi nché ci sia un buon funzio-namento nell’individuo, tali contenuti necessitano di essere inte-grati con i contenuti verbali della conoscenza, offrendo materiale per lo sviluppo di quelle capacità rifl essive fondamentali per una relazione signifi cativa con sé, oltre che verso l’ambiente.

Il volume sarà articolato in quattro parti: la prima descriverà differenti approcci terapeutici e non, con metodi e tecniche ine-renti l’immaginario ed i suoi correlati (metafore, emozioni, mu-sica, rilassamento);la seconda proporrà esperienze pratiche con tecniche di induzione per il rilassamento e Progetti Scenografi ci per l’immaginario e la musica; la terza esporrà alcuni esempi di esperienze immaginative vissute da diversi tipi di utenti; infi ne la quarta parte tratterrà alcuni aspetti teorici dell’immaginario, delle emozioni, della coscienza, della metafora e della musica, in modo da fornire una cornice scientifi ca per la comprensione e l’approfondimento teorico delle proposte offerte e di quanto esposto nelle precedenti tre parti del lavoro.

Mi auguro che il lettore si predisponga a leggere con curiosità ed interesse il contenuto della presente Guida, così da poterne usufruire utilmente per sviluppare un’esperienza integrata.

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PARTE PRIMAESPLORAZIONE DI APPROCCI

CON TECNICHE E METODI IMMAGINATIVI

L’utilizzo dell’imagery e della visualizzazione è stato pratica-to da popoli e culture diverse fi n dall’antichità. In tempi più re-centi, c’è stato un fi orire di metodi nei vari approcci di intervento a scopi terapeutici e/o di sviluppo dell’individuo. Coerentemente alle dimensioni e ai fi ni del presente lavoro, verranno presentate alcune delle numerose proposte sviluppate da vari autori per for-nire al lettore, comunque, un panorama abbastanza esauriente su interventi immaginativi:

• la Libera Associazione e l’Analisi del Sogno di Freud• l’Analisi del Sogno e l’Immaginazione attiva di Jung• l’Immaginario Affettivo Guidato (GAI) o il vissuto imma-

ginativo catatimico di Leuner• l’Ipnoterapia di Erickson• il lavoro sulla Respirazione Olotropica di Grof• la Psicosintesi di Assaggioli• la Mindfulness di Kabat-Zinn• Tecniche e Metodi di visualizzazione con la musica: l’Im-

maginario Guidato con la Musica (GIM) di Bonny e l’Im-maginario Evocato dalla Musica (IEM) di Giordanella Perilli e Cicinelli.

Dei suddetti metodi alcuni verranno solo accennati (Freud e Jung) in quanto sono argomento di ampia letteratura e utilizzati da numerose scuole di formazione in terapia Altri saranno espo-

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sti con maggiori dettagli (Leuner, Grof, Assaggioli, Erickson, Kabat-Zinn); infi ne i metodi di immaginario e musica saranno descritti in modo più esauriente in quanto costituiscono le basi per le proposte presentate nella Parte Terza. Nel paragrafo con-clusivo, saranno sintetizzati quali sono i principi comuni e le dif-ferenze teoriche e procedurali che possono concorrere al cambia-mento nella situazione di sofferenza delle persone e/o di sviluppo di loro potenzialità. Va premesso che, in situazioni di conclamata sofferenza psichica, le tecniche immaginative non possono da sole condurre ad una modifi ca stabile e generativa; è necessario, infatti, che l’individuo, diventato consapevole della fonte del suo disagio e sperimentato nell’immaginario come intervenire per operare un cambiamento, integri tali acquisizioni con il pensie-ro logico-verbale in una ricostruzione coerente della narrativa di sé, il tutto effettuato in un processo terapeutico condotto da un professionista specializzato e deontologicamente responsabile di un corretto operare a benefi cio esclusivo della salute del paziente (Giordanella & Cicinelli, 2012).

1. Da Freud a LeunerFreud è stato il primo ad essere riconosciuto per l’impiego

sistematico dell’immaginario nel suo lavoro con il sogno. Inizial-mente egli esercitava una pressione con le dita sulla testa del pa-ziente chiedendogli di osservare le immagini che apparivano non appena lui allentava la pressione stessa. In un secondo momento, considerando le immagini evocate come una forma di resistenza, abbandonò tale pratica e preferì sviluppare la libera associazione e l’interpretazione dei sogni, utilizzate insieme in terapia (Freud, 1980). Nella libera associazione, paziente e terapeuta potevano processare verbalmente quanto emergeva dall’inconscio per po-ter esplorare e lavorare sulle resistenze. Riguardo l’interpreta-zione dei sogni, Freud considerava i sogni come la porta prefe-renziale per l’inconscio (Wollheim, 1991) per cui invitava il pa-ziente a raccontare un sogno, glielo faceva ampliare, rivisitando

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alcune parti o utilizzando la tecnica delle libere associazioni. In una fase successiva Freud dialogava con il paziente affi nché il paziente diventasse consapevole della natura del sogno e, quindi, restituiva al paziente la sua analisi del sogno in accordo al suo orientamento interpretativo, cioè come insieme di desideri sop-pressi o repressi (Freud, 1980).

Diversamente da Freud, Jung considerò le immagini mentali come un processo creativo della psiche da utilizzare per giungere ad una integrazione negli aspetti individuali, interpersonali e spi-rituali del paziente. Egli affermava che la psiche, realtà dell’in-conscio, consiste essenzialmente di immagini, strutturate non in modo arbitrario ma con uno scopo ed un signifi cato (Jung, 1999). I sogni furono, per Jung, l’espressione più autentica della psiche e furono oggetto del lavoro psicoanalitico nel seguente modo: il paziente ricordava il sogno e lo immaginava di nuovo per far emergere alcuni aspetti; seguiva un dialogo verbale con partico-lare attenzione all’esperienza avuta nel sogno; quindi Jung inter-pretava il sogno secondo la sua teoria, considerando che il sogno ha le sue leggi ed il suo linguaggio non direttamente raggiungi-bili dalla psicologia della coscienza (Jacobi, 1973). Jung ritene-va che nei sogni l’individuo sperimenta i miti e le favole come se accadessero realmente e non come quando le legge. Per cui l’immaginario è visto da Jung costituito da molteplici livelli di signifi cato, individuali, personali, collettivi e culturali e carico di emozioni. Jung elaborò anche l’Immaginazione attiva per coin-volgere, a livello consapevole, il paziente con il materiale incon-scio. Egli pensava che le immagini avessero una loro esistenza e che questa fosse una narrazione simbolica con la sua logica per consentire all’individuo di diventare consapevole e responsabile degli opposti costituenti la sua personalità (es. luce ed oscurità). Jung faceva utilizzare al paziente, generalmente come compito a casa, l’Immaginazione attiva in modo da farlo diventare più indipendente dall’analista, associandola con varie modalità ar-tistiche: scrittura del diario, disegno libero, gioco con la sabbia, lavori con la creta o altri materiali plasmabili, movimento con il

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corpo, ecc.Sulla base di teorie psicoanalitiche, Leuner elaborò il suo me-

todo per lavorare e modifi care, in modo graduale e sistematico, il sogno ad occhi aperti per mezzo dell’immaginario, in un’intera-zione dialogica tra paziente e terapeuta (Leuner, 1978); lo chia-mò “Il vissuto immaginativo catatimico”, in quanto dipendente da emozioni ed affetti, e, successivamente nella traduzione an-glosassone, “Immaginario affettivo Guidato” (Guided Affective Imagery) o GAI (Leuner, 1988). Alla base Leuner pone due as-sunti e cioè, mediante l’immaginazione, 1) l’uomo può proiettar-si fuori di sé e porsi di fronte a se stesso in modo dialogico e 2) le immagini fantastiche hanno un peso fondamentale nel processo terapeutico, anche senza interpretazioni da parte del terapeuta. Leuner elaborò dieci scene o motivi standard con funzione sim-bolica, raggruppati in tre livelli di complessità crescente; il pa-ziente inizia dalla scena suggerita e, dialogando con il terapeuta, può approfondire e/o ampliare il tema di partenza come teatro di altre azioni; il terapeuta può anche creare scene appositamente per i bisogni e gli obiettivi terapeutici di un certo paziente. Ven-gono descritte, di seguito, le situazioni standard e loro funzione simbolica suddivise nei tre livelli (Leuner, 1988).

Livello inferiore: • prato per eventuali confl itti attuali• corso del ruscello da seguire controcorrente verso la sor-

gente o con il fl usso della corrente verso la foce, come energia psichica

• montagna da osservare da lontano e scalare in modo da avere una veduta panoramica

• casa, come proiezione di se stesso e dei propri desideri, difese e angosce

• bosco ad alto fusto al confi ne con il prato

Livello medio:• persona familiare per le qualità emozionali nelle relazioni• cespuglio di rose (sessualità nell’uomo)

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• passaggio in automobile (sessualità nella donna)• leone come rappresentazione della capacità di gestire

l’aggressività• persona ideale per rappresentare l’ideale dell’io e l’iden-

tità

Livello superiore• foresta o grotta per evocare materiale istintuale represso• una palude ai limiti di un prato da cui emerge una fi gura

per manifestare materiale sessuale arcaico profondamente represso ed i suoi derivati

• vulcano da utilizzare quando il paziente ha bisogno di ela-borare l’aggressività per un grave torto o senso di forte mortifi cazione

• antico volume in folio per portare alla luce materiale ar-caico con forte connotazione simbolica.

Gli strumenti di intervento nella GAI sono le associazioni li-bere, lo sviluppo di fantasie creative come pure il disegno di con-tenuti immaginativi per evidenziare i confl itti. Ogni seduta inizia con un esercizio di rilassamento mentre il paziente è comoda-mente seduto su una poltrona o sdraiato; qualora il paziente sia in posizione supina su un divano, il terapeuta siede posizionandosi all’altezza della sua testa, in un’atmosfera tranquilla, con la luce soffusa. Durante l’esperienza immaginativa il terapeuta aiuta il paziente ad entrare più profondamente nella situazione sugge-rita, chiedendogli anche cosa gli piacerebbe fare nel paesaggio immaginato, al fi ne di fargli verbalizzare i suoi sentimenti sia che partano dalla scena sia che siano determinati dalla sua situazione interiore (Leuner, 1988, 51). Al paziente è richiesto di riferire, con continuità, l’esperienza immaginativa. Le domande e le indi-cazioni sono formulate dal terapeuta in una prospettiva di quasi realtà, in modo da sollecitare ulteriormente le immagini affettive del paziente fi no ad elaborare nuovi contenuti o ad intensifi care quelli esistenti. Al termine dell’esperienza il paziente sarà in gra-

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do di eseguire, se richiesto, un disegno per rappresentare il pa-norama dove si è svolta l’azione immaginativa. La seduta si può registrare, mentre è sconsigliato al terapeuta di prendere appunti per non distrarsi dall’interazione con il paziente. Al termine della seduta il terapeuta può chiedere al paziente se ci sono immagi-ni il cui contenuto è stato per lui particolarmente signifi cativo. Pur ritenendo che il paziente, in via di massima, sia in grado di sostenere eventuali immagini disturbanti necessarie al processo terapeutico, Leuner utilizza alcuni “principi registici” (Leuner, 1988) per aiutare il paziente a confrontarsi con fi gure paurose e trasformarle: es. nutrire un animale aggressivo; utilizzare liquidi “magici” (sangue, acqua) per risanare ferite; farsi aiutare da una fi gura amica (un vecchio saggio); distruggere o rimpicciolire un nemico (es. un gigante furioso viene ridimensionato come un na-netto), usare la riconciliazione. Le suddette procedure tendono ad attenuare l’intensità di eventuali emozioni negative e svilup-pare le abilità del paziente nell’affrontare elementi (personag-gi, eventi) immaginati, con lo scopo di migliorare l’adattamento dell’Io ed i suoi meccanismi compensatori (Cionini, 1991, 224). Le immagini rifl ettono la situazione personale ed i loro cambia-menti, a fi ni terapeutici, possono avvenire in due modi:

1. l’individuo opera una nuova decisione a seguito dell’inter-pretazione ricevuta;

2. l’individuo attua un diverso comportamento suggerito dal terapeuta a livello simbolico.

Al paziente viene richiesto di stendere un resoconto sull’espe-rienza, da portare nella seduta successiva, basandosi sul ricordo della stessa; egli utilizzerà un linguaggio allegorico allo scopo di interpretare e conoscere i contenuti simbolici delle associazioni immaginative emerse nei diversi scenari proposti in terapia. Il protocollo del paziente sarà discusso nella seduta per continuare l’elaborazione del sogno ad occhi aperti e favorire la comprensio-ne di nessi con situazioni diffi cili del paziente. Ai fi ni terapeutici, l’auto interpretazione dei contenuti immaginativi è preferibile

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all’interpretazione fornita dal terapeuta; la capacità interpretativa del paziente evolverà, gradualmente, in modo più comprensibile e differenziato a livello cognitivo per rivelare i collegamenti con il problema presentato e cogliere la parte centrale del contenuto individuale (Leuner, 1988). Per comprendere la situazione psi-cologica del paziente è opportuno osservare aspetti dell’imma-ginario: uniformità, non accoglienza e non produttività, contrasti incompatibili, costrizione del campo dell’immagine verso esten-sione e differenziazione delle aree di salute psichica con delimi-tazione e riduzione delle aree nevrotiche.

Di seguito vengono indicate alcune controindicazioni nell’ap-plicazione della GAI che richiede, per essere utilizzata, una for-mazione specifi ca del terapeuta (Leuner, 1988, 241):

1. limitato quoziente intellettivo;2. psicosi acute o croniche o stati tipo psicosi;3. sindromi cerebrali organiche;4. umore depressivo grave anche di tipo nevrotico;5. carente motivazione per una terapia che non faccia emer-

gere confl itti;6. nevrosi isteriche;7. dipendenze da sostanze;8. sindromi borderline e narcisistiche.

Differentemente dalla GAI dove il paziente può ampliare e/o modifi care la scena proposta dal terapeuta, utilizzare differen-ti modalità sensoriali ed emozioni, nell’Ipnoterapia il paziente deve seguire costantemente i suggerimenti direttivi del terapeuta.

2. L’Ipnoterapia di EricksonBandler e Grinder (1975) parlano di “risorse interne dell’indi-

viduo” dove il principio cardine, da tener presente per i due au-tori, è che “la gente soffre non perché il mondo non sia abbastan-za ricco da permetterle di soddisfare i suoi bisogni, ma perché ha

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una visione del mondo impoverita”. Da qui sempre i due autori, considerano il terapeuta come colui che ha il compito di aiutare il paziente a vedere come ciò che egli ha rappresentato nel suo modello come un evento chiuso, fi nito, sia in realtà un processo in corso sul quale egli stesso può infl uire.

Sull’idea di una Psicoterapia in grado di mobilitare le risorse interne dell’individuo, ed in grado di rinforzarne la consapevo-lezza delle proprie potenzialità creative generando un cambia-mento è opportuno citare l’opera di Milton H. Erickson. Egli, paralizzato in seguito a poliomelite, per riprendere a camminare intuì ed applicò a se stesso la “focalizzazione ideodinamica indi-retta” (Megglé, 1998); l’idea contempla la correlazione tra il pen-sare ad un determinato atto motorio e mimarlo nell’immaginario fi no a poterlo attuare anche nella realtà. Questo principio è stato poi sostenuto dalla scoperta della funzione dei neuroni specchio (Gallese, 2005). Erickson riteneva che l’inconscio fosse un vasto deposito di tutto ciò che una persona aveva appreso durante la sua vita, incluse conoscenze importanti trasferite da un livello conscio alla mente inconscia. Egli considerava l’inconscio come un alleato nel processo terapeutico in quanto per lui i problemi del paziente si fondavano sugli schemi rigidi, le convinzioni re-strittive, i pregiudizi e sugli stereotipi attribuibili all’io cosciente; per comunicare con questa parte della conoscenza mantenuta a livello inconscio, utilizzava il suo stesso linguaggio basato su metafore e metonimie. Di conseguenza Erickson non risolveva mai un problema nel modo tradizionale ed il suo modo di fare terapia era ricco di tecniche sorprendenti e nuove, tanto che i suoi metodi rivoluzionari hanno avuto un chiaro infl usso sugli sviluppi più recenti della psicoterapia strategica e non solo. Egli, considerando l’essere umano come un sistema autopoietico ed autorganizzato, riteneva che il terapeuta potesse apportare una perturbazione alla quale ogni individuo avrebbe risposto in modo soggettivo, per cui l’interazione era caratterizzata da essere non istruttiva e non direttiva mentre era necessario per il terapeuta sintonizzarsi sui principi e signifi cati del paziente, addirittura con

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prescrizioni paradossali del sintomo e delle resistenze.Erickson concepisce la trance come uno stato particolare di

coscienza, in cui apprendimento e disponibilità al mutamento hanno le maggiori probabilità di avere luogo.

Nei racconti didattici, raccolti sotto il titolo “La mia voce ti accompagnerà” (Erickson, 1983), la trance viene defi nita come quello stato in cui l’apprendimento e la disponibilità al muta-mento hanno le maggiori probabilità di aver luogo. Con essa non si intende uno stato indotto di sonnolenza. I pazienti non sono “soggiogati” dal terapeuta, né perdono il controllo e vengo-no diretti dalla volontà di un’altra persona. La trance, in realtà, è uno stato naturale, che ciascuno di noi ha provato e che prova in molti momenti della sua giornata. L’esperienza più familiare è quella del sogno ad occhi aperti, ma altri stati di trance possono aver luogo in diversi momenti della nostra vita quotidiana costel-lata di azioni abituali ed automatiche, oppure quando meditiamo, preghiamo, facciamo degli esercizi di rilassamento o fi sici, come lo jogging, che è stato defi nito una meditazione in movimento. In queste situazioni la persona è conscia della vivezza delle proprie sensazioni interne, sia mentali che fi siche, e gli stimoli esterni, quali i suoni ed i movimenti acquistano minore importanza.

La trance ericksoniana, quindi, è uno stato in cui vengono atti-vati processi cognitivi, che guidano verso un percorso ipnotico a carattere creativo, una condizione nella quale è possibile indaga-re in maniera costruttiva sui processi che si svolgono all’interno della propria personalità.

Nel volume “L’uomo di febbraio” (Erickson, 1979), l’autore descrive le cinque fasi tipiche della micro dinamica della trance e della suggestione ipnotica:

1. L’attenzione viene messa a fuoco sugli argomenti, che vengono introdotti nella discussione.

2. L’organizzazione mentale abituale del paziente con il quale si sta operando si depotenzia e si confonde, mentre quest’ultimo cerca di seguire la conversazione.

3. Senza che se ne renda conto, il paziente viene indirizzato

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verso una ricerca creativa all’interno della sua mente.4. La ricerca interiore attiva i processi inconsci.5. A questo punto si è in grado di dare una risposta creativa .

La “ricerca creativa all’interno della propria mente”, invita ad un’analogia con la poesia, anch’essa defi nibile come una trance, in quanto esperienza vissuta, che passa attraverso la rottura con il mondo esterno, l’instaurarsi di uno stato “altro”, ed infi ne il ritorno al mondo che si era lasciato per un po’ di tempo, con una sensazione di arricchimento.

È per questa ragione che uno dei più importanti metodi te-rapeutici di Erickson sono proprio gli aneddoti, che egli usa sia come strategia didattica, che come strumento terapeutico.

L’aneddoto consiste in racconto breve di un fatto occasionale, interessante o divertente, reale o immaginario. Possono essere aneddoti le fi abe, le leggende, le parabole o le allegorie. Possono esserlo anche le cronache di fatti e le esperienze di vita vissuta, come per il caso di Erickson dove egli descriveva avvenimenti reali della sua vita o di quella di familiari e pazienti, ad esempio il racconto di come aveva intuito la situazione del doppio lega-me: lui bambino un inverno assistette agli inutili sforzi fatti dal padre per far entrare una mucca nella stalla; allora per convincere l’animale riottoso, lui prese a tirarlo verso l’esterno ed il padre, più forte, verso l’interno; l’animale, legato alle due corde in dire-zioni contrarie, prese la decisione per lui meno faticosa di tirare a sé il bambino che opponeva meno resistenza, per cui si auto costrinse ad entrare nella stalla.

L’autore si contraddistingueva per la sua capacità di comuni-cazione precisa e diretta, centrata sul singolo paziente e per l’uso dell’aneddoto come mezzo raffi nato ed effi cace di comunicazio-ne verbale e analogica allo stesso tempo.

Jeffrey Zeig (Zeig, 1985), un altro curatore dell’opera di Erickson, elenca una serie di vantaggi che si hanno con l’impiego degli aneddoti nella terapia:

• Non sono sentiti come minacciosi

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• Sono attraenti• Promuovono l’indipendenza: la persona ha bisogno di

trarre un senso dal messaggio e così pervenire ad una con-clusione personale

• Possono essere utilizzati per aggirare le naturali resistenze al cambiamento

• Possono essere utilizzati per controllare il rapporto• Generano un atteggiamento fl essibile• Possono creare confusione e generare una risposta ipno-

tica• Rafforzano il ricordo

La strategia consiste nel raccontare una o più storie parallele, cioè riguardanti lo stesso tema, in modo che il paziente abbia la possibilità di considerare il proprio problema da un altro punto di vista. Ovviamente, sottolinea Erickson, gli aneddoti sono effi caci quando si inseriscono all’interno dello schema di riferimento dei pazienti e sono conformi al loro stile di vita ed alle loro con-vinzioni. Solo rispettando queste condizioni si attivano, nell’in-dividuo, quelle forze interne in grado di produrre cambiamenti sostanziali. Quindi l’aneddoto è considerato come stimolo ad intraprendere autonomamente un cambiamento. Da qui l’impor-tanza, per l’autore, che all’interno di ogni incontro psicoterapeu-tico, venga riconosciuta l’unicità di ogni singolo paziente. Ogni incontro psicoterapeutico è, secondo Erickson, unico e richiede un rinnovato sforzo creativo. Questo sforzo deve essere fi naliz-zato alla capacità di adattarsi continuamente ed utilizzare le strut-ture di riferimento mentali del paziente ed i modelli idiosincratici di associazioni. Solo così possiamo far esprimere il “potenzia-le creativo del paziente”. Per Erickson sono le potenzialità e le inclinazioni del paziente, non i cosiddetti “poteri” del terapeuta ad essere responsabili della maggior parte dei cambiamenti del paziente. Erickson invita i terapeuti a non fossilizzarsi su proce-dure standardizzate da applicare a tutti i pazienti, bensì sollecita un costante sforzo creativo. Nella psicoterapia ogni interazione

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è fondamentalmente un atto creativo, ci sono principi noti, ma l’infi nita gamma di possibilità risiedenti in ciascun paziente, fa sì che per raggiungere gli obiettivi della terapia sia essenziale un approccio esplorativo. Tutta l’opera di Erickson appare essere improntata in questa direzione evocando l’idea di una psicotera-pia come un arte “dal momento che è generalmente accettato che l’arte è accessibile a tutti penso che noi come terapeuti dobbiamo avere il coraggio di accettare che la terapia è un arte che può es-sere insegnata come tale e può essere praticata con la fantasia e la creatività dell’artista. Nella scienza siamo limitati dal mondo re-ale. Nell’arte c’è più complessità e fl essibilità, la comunicazione è metaforica e sono possibili infi nite combinazioni” (Watzlawich e Nardone, 1997).

3. La Respirazione Olotropica di GrofStanislav Grof, psichiatra, defi nisce alcuni stati non ordinari

di coscienza “olotropici”, ovvero orientati verso la totalità (Grof, 2000, 12). Secondo questo autore tali stati hanno caratteristiche specifi che nelle modalità della coscienza con modifi che nella percezione, accompagnati da intense emozioni inusuali, differen-te funzionamento nei processi di pensiero in quanto si attenua la capacità di giudizio pratico ed emerge una profonda capacità in-tuitiva, spesso con intense manifestazioni psicosomatiche (Grof, 2000). Diversamente dagli stati allucinatori patologici, durante le esperienze olotropiche il funzionamento mentale non risulta menomato pur in presenza di visioni inerenti “rivelazioni straor-dinarie su vari aspetti della natura e dell’universo….ben oltre i limiti della nostra istruzione e delle possibilità del nostro intellet-to” (Grof, 2000, 13). Egli elaborò la Respirazione Olotropica in seguito a lavori di psicoterapia con l’uso dell’LSD, alla fi ne degli anni ’60, per contattare i più profondi recessi della psiche uma-na (Grof, 1985). Come lo stesso Grof lo descrive, il principale obiettivo della tecnica, utilizzata nella psicoterapia esperienzia-le, è di attivare l’energia inconscia, bloccata, legata a condizioni

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emozionali e psicosomatiche e convertire un equilibrio energe-tico stabile in un fruire di esperienza (Grof, 1985). L’esperienza tende ad amplifi care in modo generale i processi psichici delle persone che, a loro volta, promuovono la naturale capacità della psiche verso uno stato di salute, secondo Grof. Dalle esperienze da lui fatte intervenendo anche con farmaci e droghe, Grof ela-borò una mappa della psiche umana dove erano presenti quattro livelli interconnessi ai quali le persone venivano messe in con-tatto o attraverso i quali “viaggiavano” durante le sedute della Respirazione Olotropica. I livelli evolutivi riguardano esperienze estetiche, biografi che o psicodinamiche, perinatali e transperso-nali, necessari per comprendere quanto accade al cliente nelle sedute di Respirazione Olotropica e rispondere con interventi adeguati (attraverso il respiro, il lavoro sul corpo, la musica). Il metodo consiste di cinque componenti: processo di gruppo, intensifi cazione del respiro (iperventilazione), musica evocativa, lavoro incentrato sul corpo e disegno espressivo sull’esperienza (Mandala). La musica può essere scelta tra vari stili e culture (classica, etnica, spirituale, elettronica, new age, da fi lm) purché non sia troppo conosciuta e riconoscibile dai partecipanti; serve per creare un’atmosfera atta a permettere le esperienze che un certo gruppo è pronto a fare; per cui è importante che il facilita-tore percepisca, in senso generale, l’emozione ed il livello di atti-vazione tra i partecipanti per decidere con quale musica iniziare. La musica verrà utilizzata per tutta la durata dell’esperienza per indurre e sostenere stati non ordinari di coscienza (Grof, 1985), facilitare la respirazione accelerata ed accordarsi con il livello energetico dei partecipanti, ed infi ne, evocare una vasta gamma di emozioni. Per cui la musica conduce i partecipanti verso un’e-sperienza e li sostiene mentre la fanno.

Il lavoro, all’inizio pensato per sedute individuali, è svolto preferibilmente in gruppo, ritenuto un contenitore più sicuro per le esperienze intense evocate. Ogni seduta inizia con le spiega-zioni date da un facilitatore in modo che i partecipanti capisca-no in cosa consiste, come si svolge e quali esperienze possono

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emergere, con forti emozioni, reminiscenze, ecc. (Taylor, 1994). Il gruppo si divide in coppie con ruoli alternati di colui che fa l’e-sperienza intensifi cando ed approfondendo il ritmo del respiro e l’attendente o aiutante, il cui compito è di tenere una costante at-tenzione premurosa verso colui che sperimenta, senza interferire o interrompere il processo. Colui che sperimenta si sdraierà su un materassino mentre l’aiutante gli si siederà a fi anco disponibile ad assisterlo in vari modi (fazzoletti, sollecitandolo nel respira-re). Il facilitatore provvederà ad indurre un rilassamento e, dopo qualche minuto, farà seguire prima musica con bassa intensità e andamento melodico, quindi brani più ritmici e ad alto volume per sostenere le espressioni delle emozioni con l’accelerazione del respiro ed intensifi care il lavoro sul corpo. Attraverso il respi-ro, nello stato non ordinario di coscienza, i sintomi appariranno nel corpo ed andranno sempre più accentuati da chi sperimenta, mentre porterà la sua attenzione anche sulle altre parti del cor-po, lasciando che si esprimano in qualsiasi modalità spontanea venga in superfi cie, non mediata dal pensiero razionale (es. pian-to infantile, suoni di animali, frasi in lingue sconosciute). Per concludere l’esperienza olotropica, di circa due ore, il facilita-tore utilizzerà una musica sempre più tranquilla fi no al termine quando chi ha sperimentato farà un disegno su un foglio dove è un Mandala, o cerchio, per rappresentare ciò che gli è successo nella seduta, comprendere ed esternare l’esperienza. Segue una condivisione nel gruppo dove ognuno fa vedere e spiega il pro-prio mandala. Per Grof il lavoro sul respiro permette di contattare il mondo interiore, fa emergere alla coscienza carichi emotivi spesso associati a esperienze infantili, al trauma della nascita biologica, fornendo l’occasione per esperienze transpersonali, di unione cosmica, spirituali. Secondo Grof la Respirazione Olotro-pica consente di liberarsi dalla rabbia e può essere utile nelle de-pressioni, in disturbi psicosomatici, in alcune fobie e nei sensi di colpa, come anche per connettersi a vite passate. Grof ritiene che il lavoro sul respiro sia una potente esperienza trasformativa per ottenere uno stato di salute in quanto il rilassamento, l’iperventi-

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lazione, il lavoro sul corpo e le intense emozioni costituiscono un processo di auto guarigione; il supporto interpersonale reciproco, in un contesto sicuro, permette all’individuo di sperimentare si-tuazioni paurose che da solo non sarebbe in grado di affrontare.

Ci sono alcune controindicazioni per le esperienze con il la-voro sulla Respirazione Olotropica, per cui da non usare nei se-guenti casi: problemi cardiovascolari, compresa la pressione del sangue anormale e non controllata, glaucoma, gravidanza, inter-venti chirurgici recenti, alcuni tipi di epilessia, asma con compli-cazioni cardiovascolari, disturbi mentali come disturbi bipolari, personalità paranoide, dipendenze da droghe – cibo – alcool; per-sone in crisi emotive o spirituali con riserva e decisione da parte del conduttore dell’esperienza (Taylor, 1994) .

4. La Psicosintesi di AssagioliRoberto Assagioli, psichiatra, elaborò il suo approccio deno-

minato “Psicosintesi” orientato verso la crescita dell’essere uma-no, con principi e pratiche volte all’integrazione della personalità intorno ad un centro di consapevolezza e per consentire di acce-dere alle energie di quella parte che lui chiamò il “sé più elevato” o “superconscio” relativo all’amore e all’altruismo, all’ispirazio-ne artistica e scientifi ca, alla comprensione fi losofi ca e spirituale; è questa parte che indirizza verso uno scopo e signifi cato della vita (Assagioli, 1965). Per Parfi tt (1990) l’obiettivo principale della Psicosintesi è di aiutare le persone a scoprire la loro vera natura spirituale, di diventarne consapevoli e di utilizzare que-sta scoperta in modo effi cace nella vita quotidiana. Assagioli ha fatto riferimento a diversi approcci relativi all’uso dell’immagi-nario, inclusi i principi di Jung (1999), Desoille (1965) e Leuner (1978), come pure si è ispirato ad approcci di condizionamento e ristrutturazione cognitivi (Sheikh & Jordan, 1983). Nella Psi-cosintesi l’immaginazione è considerata una risorsa e può essere utilizzata durante tutto il processo di crescita, nelle fasi di sintesi personale, sintesi spirituale e sintesi transpersonale. Immagini e

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simboli sono considerati accumulatori e trasformatori di ener-gie psichiche che rafforzano ogni intervento di crescita dell’in-dividuo, così in terapia, nell’educazione ed in altri contesti. Le tecniche immaginative praticate nella Psicosintesi comprendono la visualizzazione simbolica con meditazione su simboli spiri-tuali, per connettersi al sé spirituale, il sogno da sveglio guidato dal terapeuta, l’immaginazione spontanea riportata direttamente dal cliente così come avviene nella seduta, l’immaginazione at-tiva sul modello di Jung. Tra le immagini fornite dal terapeuta vi sono: 1 – vedersi passeggiare lungo un ruscello; 2 – essere in un prato; 3 – visitare una casa; 4 – diventare un leone (per contattare il proprio lato forte e assertivo). In questo approccio l’immaginazione attiva fornisce motivazione ed energia per la crescita, in particolare utilizzando le funzioni dell’emisfero de-stro del cervello (Assagioli, 1971). Nella Psicosintesi vengono utilizzate anche due tecniche immaginative particolari di evoca-zione uditiva: nella prima la persona immagina di ascoltare mu-sica, nella seconda la persona immagina di ascoltare un brano musicale specifi co per migliorare la concentrazione. Assagioli riteneva che la musica fosse un mezzo molto potente: in positivo può suscitare calma, lenire dolori, stimolare la memoria, evocare emozioni, sollecitare la volontà e l’azione, aiutare ad eliminare la repressione e le resistenze; ma è da usare con cautela in quanto può avere effetti dannosi come indurre la depressione o solleci-tare emozioni eccessive (Assagioli, 1976). Assagioli ritiene che le immagini mentali abbiano un posto chiave nella pratica della Psicosintesi in quanto producono le condizioni fi siche e le azioni corrispondenti (Assagioli, 1971) per cui le utilizzò anche nelle pratiche meditative; in particolare egli suggerisce per la medita-zione recettiva di pensare mentalmente ad una immagine che in-duca calma, silenzio e pace, un lago tranquillo che rifl ette il cielo azzurro, o un cielo stellato nel silenzio della notte. Mentre si im-magina, Assagioli suggerisce di ripetere una frase come quella di un inno dai Misteri greci, “Corde siate silenziose affi nché una nuova melodia possa scorrere in me” (Assagioli, 1974, 225).

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5. La MindfulnessMindfulness deriva dalla parola “Sati” combinata con “Sam-

pajana” in lingua Pali, tradotta in inglese con “attenzione con-sapevole” o “attenzione nuda” nel momento presente, circospe-zione e discernimento. Il termine mindfulness signifi ca consape-volezza senza limiti, disponibile in ogni momento, che emerge attraverso la concentrazione non giudicante; in questo modo l’in-dividuo si familiarizza con la sua mente e, quindi, può creare un decentramento dai contenuti mentali stessi (pensieri, emozioni, ruminazioni). Al centro della tecnica c’è l’accettazione: lasciare che pensieri/emozioni/sensazioni fi siche si presentino per come sono, senza reagire ad essi per liberarsene, accompagnata da apertura e curiosità verso l’ambiente (Kabat-Zinn, 2003).

5.1 Cenni di StoriaLa Mindfulness, considerata una qualità della coscienza uma-

na, è una pratica di introspezione psichica, derivata dal buddismo theravada e dallo Yoga, tradizione di meditazione (in tibetano si-gnifi ca familiarizzare) in uso da millenni nei Paesi orientali. Ne-gli Stati Uniti, Jon Kabat-Zinn nel 1979, presso la Facoltà di Me-dicina dell’University of Massachussets, ha sviluppato il metodo Mindfulness-Based Stress Reduction - MBSR, il quale focalizza l’attenzione e la concentrazione sui diversi canali sensoriali e la propriocezione allo scopo di conoscere se stessi nel momento presente, per alleviare lo stress, il dolore e disturbi psico-fi sici. Da allora la Mindfulness ha trovato applicazione in diversi cam-pi: scuola, lavoro, prigioni ed in psicoterapia.

“Knowing what you are doing while you are doing it is the essence of mindfulness training”1 Jon Kabat-Zinn

È utile considerare, ai fi ni di un utilizzo mirato, che la prati-

1 Conoscere ciò che fai mentre agisci è l’essenza dell’esercizio mindfulness

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ca meditativa facilita lo sviluppo di alcuni aspetti rilevanti per l’individuo: vivere consapevolmente, auto accettazione, respon-sabilità di sé e verso l’ambiente, capacità assertive, scopi nella vita, integrità personale. I suddetti aspetti sono promotori della stima di sé.

5.2 La pratica della Mindfulness può favorire il conseguimento dei seguenti risultati

• Avere una esperienza non giudicante vissuta momento per momento

• Portare l’attenzione su ciò che normalmente è automatico e non consapevole

• Potersi sperimentarsi nell’ESSERE piuttosto che nel FARE

• Direzionare l’attenzione in modo focalizzato e funzionale, modalità basilare per contribuire alla neuroplasticità cere-brale, una via importante per modifi care il cervello e, con il tempo, anche la propria vita;

Può ridurre:• Percezione degli eventi stressanti• Ansia per il futuro• Depressione per il passato• Diffi coltà del sonno• Pressione alta

Può migliorare:• capacità di affrontare lo stress• Sessualità• Capacità attentive• Senso di benessere• Risposta immunitaria• Processo di guarigione• Memoria

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• Energia• Regolazione emotiva

5.3 In cosa consiste• La meditazione mindfulness consiste nella concentrazione

sul proprio respiro, sulle risposte fi siologiche del proprio corpo, è accettare e vivere il momento presente. Il respiro è usato come un’ancora per riportare i pensieri all’espe-rienza del momento presente.

• L’attenzione al momento presente è veicolata attraverso diversi modi:1. Movimento2. Postura3. Uso dei sensi4. Attenzione ai pensieri5. Propriocezione

5.4 Principi• Non criticismo: divenire abili nell’osservare la propria

esperienza senza giudicarsi. Ogni volta che ci si ritrova a giudicare la propria esperienza non bisogna frenarla va-lutandola negativamente, ma semplicemente accogliere l’evidenza e lasciarla andare.

• Pazienza: capire ed accettare che ogni cosa ha bisogno di svolgersi con il proprio tempo. Non volere sempre tutto e subito.

• Curiosità: osservare tutto come se fosse sempre la prima volta. Liberarsi dai preconcetti. Tenere un atteggiamen-to di profonda indagine sulle cose. Essere ricettivi verso nuove possibilità, nuovi modi di considerare le cose e il mondo.

• Apertura: essere disponibili all’imponderabile, all’av-ventura per scoprire la natura del proprio essere.

• Fiducia: avere fi ducia in sé stessi essendo consapevoli dei

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propri pregi ma anche dei limiti e delle proprie vulnera-bilità.

• Essere se stessi: non ci si deve sforzare a fare qualcosa ma essere semplicemente quello che si è. Non essere orientati al fare e/o all’avere ma all’essere.

• Accettazione: vedere le cose così come realmente sono nel presente senza cercare di negarle o volere assoluta-mente che siano diverse da quelle che sono.

• Lasciar andare: non attaccarsi ai pensieri o emozioni ma permettergli di fl uire.

5.5 Come può aiutareOltre le considerazioni accennate sul fatto che la pratica me-

ditativa facilita l’auto stima, i dati di studi incoraggiano e sosten-gono l’utilizzo della Mindfulness per l’ansia e la depressione in quanto sembra che questa pratica si rivolga a molteplici disturbi modifi cando una certa gamma di dimensioni emotive e valutati-ve soggiacenti ad aspetti generali di benessere (Hofmann et al., 2100). Per questo la Mindfuness può avere una vasta applica-bilità non specifi ca, comunque con certe cautele e limitazioni. La pratica Mindfulness contribuisce al cambiamento in quanto permette di:

• sviluppare la consapevolezza del momento presente in modo da prevenire i modi automatici e spesso inutili, e/o dannosi, di pensare alle cose e rispondere alle esperienze. Ad esempio la ruminazione o l’evitamento;

• facilitare le persone nel rispondere in modo più effi cace a pensieri, emozioni, situazioni spiacevoli come conseguen-za di riconoscere i pensieri in quanto tali, come semplici pensieri; per cui questi non coincidono né con la realtà né con chi li pensa. Inoltre l’accettazione ed il distanziamen-to dai pensieri permettono di liberarsi dalla realtà distor-ta che spesso i pensieri disfunzionali creano, allo stesso tempo consentono di acquisire una visuale più chiara e un maggior senso di gestibilità della propria vita;

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• sviluppare una maggiore consapevolezza per far sì che le persone diventino più abili nel riconoscere ciò che è dav-vero utile e signifi cativo per loro;

• facilitare la comprensione di essere capaci ad affrontare e stare anche con pensieri ed emozioni «diffi cili»;

• promuovere la capacità di vivere una vita più piena.

5.6 Applicazioni• trattamento del dolore cronico: essa conduce ad una netta

diminuzione della risposta attivata a livello centrale dalle vie dolorifi che e si riscontra un aumento di produzione delle endorfi ne. Consente una separazione tra il dolore e il suo contenuto cognitivo e affettivo

• supporto di malati di cancro e di pazienti con malattie de-generative

• si è constatato che essa migliora la qualità del sonno.• nel trattamento dell’abuso di sostanze• per contrastare l’invecchiamento cognitivo• migliorare la regolazione delle emozioni in chi soffre di

ansia e di alcune forme depressive.• miglioramento del benessere psicofi sico

5.7 Tecniche mindfulnessSono una serie di tecniche che permettono il raggiungimento

di uno stato di rilassamento sia fi sico che mentale. Alcune tec-niche partono da un campo più specifi catamente fi sico, altre dal campo cognitivo. In tali tecniche giocano un ruolo centrale l’at-tenzione e la consapevolezza. Agiscono attraverso due canali: Somatico e Cognitivo. Determinano un rilassamento «passivo» attraverso la concentrazione focalizzata, in quanto, per il princi-pio dei contrari, se si prova uno stato di rilassamento non è pos-sibile sentirsi contemporaneamente ansioso. Inoltre aumentano la consapevolezza somatica e/o cognitiva. Riuscire a ricreare lo stato di rilassamento con familiarità e facilità permette di sentire con meno forza il peso degli eventi o delle emozioni stressanti.

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Gli scopi dichiarati raggiungibili includono: rilassamento, consapevolezza, introspezione, abbassamento del livello ansia, benessere, autonomia (è utile per il soggetto diventare autonomo e praticare le attività anche da solo, con eccezioni relative a certi esercizi di immaginario)

Dagli Autori vengono evidenziati alcuni benefi ci fi siologici e psicologici (Kabat-Zinn, 2010; Siegel, 2009):

Benefi ci fi siologici: abbassamento dei livelli di cortisolo nel sangue, rinforzo del sistema immunitario, aiuto in diverse condi-zioni mediche come problemi cardiovascolari, asma, diabete di tipo II e dolore cronico, nonché aiuto aggiuntivo per il recupero di uno stato di salute dopo traumi fi sici o interventi chirurgici. Si sono riscontrati benefi ci specifi ci sul cervello in quanto:

1. rinforzano le regioni prefrontali (PFC) che aiutano a con-trollare l’attenzione

2. rinforzano l’insula (enterocezione, consapevolezza, em-patia)

3. aiutano a contrastare l’assottigliamento determinato dall’invecchiamento di tali regioni

4. aumentano la densità della materia grigia dell’ippocampo (creando una base per aumento della memoria, inibendo l’attivazione dell’amigdala)

5. aumentano l’attivazione delle regioni corticali frontali di sinistra (alzando di conseguenza il tono dell’umore)

6. aumentano l’attività delle onde cerebrali gamma con ef-fetto di incrementare il potenziale integrativo della cortec-cia cerebrale

7. aumentano in generale le connessioni cerebrali

È opportuno considerare alcuni dati di ricerche a sostegno del punto di vista che la mente cambia il cervello in molti modi, per cui sembra che tutto ciò che passa nella mente scolpisce il cervel-lo dell’individuo; le esperienze immateriali lasciano comunque una traccia nel cervello; ogni esperienza fa aumentare il fl usso di sangue e nutrienti alle regioni cerebrali coinvolte; può alterare

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lo sviluppo epigenetico (l’espressione genica); i neuroni che si accendono insieme, durante le esperienze ed i ricordi, si legano insieme in circuiti rientranti; aumentare l’attivazione dei neuroni attivi rinforza le sinapsi già esistenti; aumentare l’attivazione dei neuroni crea nuove sinapsi e inspessisce la corteccia.

Benefi ci psicologici: i dati riportati dagli Autori indicano un aumento nella percezione di benessere soggettivo, un potenzia-mento delle capacità attentive, di capacità empatiche, una ridu-zione dell’insonnia, ansia, fobie, un miglioramento nei disordini alimentari, una diminuzione nella probabilità di ricadute in casi di depressione e ansia.

Le tecniche mindfulness agiscono a livello fi sico tramite una riduzione delle tensioni muscolari, regolarizzazione del respiro e del battito cardiaco, mentre a livello psicologico tramite una distensione psichica con distanziamento dai pensieri o emozioni disfunzionali, ed in generale su tutto il cervello attraverso la sti-molazione diretta di diverse aree cerebrali, prime fra tutte quelle legate alla consapevolezza ed alla regolazione emotiva.

Per raggiungere i suddetti risultati non basta però semplice-mente fare una esperienza positiva: per ottenere cambiamenti effettivi e duraturi, bisogna che il praticante venga coinvolto in modo attivo e consapevole nelle esperienze positive per far sì che queste si fi ssino nella memoria diversamente dalle esperien-ze negative che sono più facilmente mantenute in memoria anche dopo una sola esposizione all’evento disturbante.

La componente emotiva e la consapevolezza sono i punti at-traverso cui le persone possono rendere la loro vita più ricca e permettere alle esperienze positive di modifi care il loro cervello.

L’uso attivo e costante di tecniche che favoriscono il rilas-samento e la consapevolezza aiuta a formare nuovi schemi co-gnitivi per affrontare le esperienze di vita in modo differente. È infatti noto che fare esperienze positive, soprattutto se continuate e vissute con consapevolezza, ha molteplici benefi ci sull’organi-smo umano dato che le emozioni organizzano il cervello come

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PUNTI DI VISTA

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un sistema coerente ed organizzato in quanto possono promuove-re e sostenere atteggiamenti e comportamenti esplorativi attivi; alzano il tono dell’umore, aumentano l’ottimismo e la resilienza; contrastano le esperienze traumatiche; rinforzano il sistema im-munitario e proteggono quello cardiovascolare. In generale «am-pliano e costruiscono», creando cicli positivi.

Gli Esercizi Mindfulness sono stati studiati per ottenere i se-guenti effetti:

• Distanziamento dai contenuti mentali: se qualcosa entra nella mente viene considerata dall’individuo come pas-seggera, diventa oggetto della consapevolezza e poi sva-nisce.

• Consapevolezza: ripristina quelle risorse precedentemen-te dedicate a pensieri ed emozioni negative, lasciandole libere a disposizione del presente. Aiuta a imparare a vi-vere nel presente.

• Sviluppo di capacità intellettive:1. Creatività2. Flessibilità cognitiva3. Memoria4. Tempo di reazione5. Quoziente di intelligenza

5.8 Gli Esercizi da praticare• Body Scan• Esercizio del respiro• Mangiare consapevole• Camminare consapevole• Esercizio della montagna

5.8.1 Body ScanLa tecnica prende spunto da un’antichissima pratica yogica:

lo yoga nidra. È un metodo che, se applicato in modo costante e sistematico, induce un completo rilassamento fi sico, mentale

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