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1 PASQUALE STANZIALE DELL’IMMAGINARIO COL SIMBOLICO E IL REALE (Il soggetto, l’inconscio e il capitalismo) OFFICINE KULTURALI AURUNKE EBOOK 2014 www.slideshare.net/geseleh

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L'immaginario, il simbolico ed il reale nella prospettiva Lacan- Zizek

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PASQUALE STANZIALE

DELL’IMMAGINARIO COL SIMBOLICO E IL

REALE (Il soggetto, l’inconscio e il capitalismo)

OFFICINE KULTURALI AURUNKE

EBOOK 2014 www.slideshare.net/geseleh

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©by Pasquale Stanziale 2014 Immagini ilquotidianoinclasse.corriere.it affaritaliani.it azione tradizionale.com silviolorusso.com Copertina tobepop.net Foto dell’autore: Giulia Trasacco Photogr.

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DELL’IMMAGINARIO

COL SIMBOLICO E IL REALE (Il soggetto, l’inconscio e il capitalismo)

Le note che seguono vogliono tracciare un percorso, inevitabilmente non esaustivo, relativo ai tre registri dello psichico: immaginario, simbolico e reale sulla linea Lacan – Žižek, registri che si articolano in una dialettica in grado di fornire varie chiavi di lettura della capitalismo attuale. 1- Iniziamo con l’Immaginario che in Lacan è presente ai vari livelli delle sue teorizzazioni e che rappresenta nell’epoca attuale un ambito di valore strutturale dal punto di vista economico e politico. 1.1.a- Vediamo anzitutto che l’Immaginario è connesso con la fase dello specchio attraverso cui si definisce nel rapporto narcisistico tra il soggetto e il suo Io. Quindi l’immaginario è l’ambito in cui il soggetto stabilisce una relazione (duale) con l’ immagine di un proprio simile, relazione come attrazione erotica, tensione aggressiva (aspetto intersoggettivo) (J. Laplanche J. B. Pontalis 1968).

Il narcisismo è direttamente collegato alle dinamiche dello società dello spettacolo, ma è anche il portato dei vari ambiti del marketing. Il narcisista, come scrive Pezzella (1996) è il soggetto che, nell’apparire debordiano, è il più adeguato ad essere risucchiato dalla “fantasmagoria delle merci” (W. Benjamin 1986) e dalle loro euforiche offerte di possibilità e di metamorfosi. Si tratta di un Io indebolito che presenta un risvolto aggressivo proprio della psiche narcisista (J. Lacan 1974). Il narcisista è il soggetto dell’esperienza degradata e ipotrofica sul piano del reale, colui in cui prevale la visione rispetto all’azione e alla riflessione. Il suo mondo è quello in cui la restrizione dell’autonomia soggettiva si accompagna alla progressiva perdita del principio di realtà (M. Pezzella 1996:85,103).

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1.1.b- Abbiamo poi lo schema L (J. Lacan 1974:50) relativo alla dialettica dell’intersoggettività, schema che riteniamo particolarmente interessante dato che: -viene individuata una oggettivazione immaginaria del soggetto, -prende forma il ruolo del grande Altro o Ordine simbolico.

In questa schematizzazione (che abbiamo integrato con varie specificazioni) il soggetto nel suo originario desiderio si rivolge agli oggetti rappresentati da petit a ma questo suo desiderio senza fine è dell’ordine dell’impossibilità (relativa al Reale), conseguentemente instaura una relazione immaginaria con sostituti dell’oggetto del desiderio (a1) attraverso i quali struttura il suo Io ovvero il Moi alienato come metonimia del desiderio. Chi dirige il gioco, però, è l’Altro assoluto dell’Ordine simbolico che lo domina e definisce il soggetto dal lato dell’Io e dal lato dell’inconscio (l’inconscio del soggetto è il discorso dell’Altro) (J. Lacan 1974:842). E questo in una processualità senza fine. La concezione di Žižek del grande Altro ha come riferimento sia il Simbolico lacaniano che la dialettica del Geist hegeliano. Il grande Altro, oltre a rappresentare il potere nelle sue varie forme, è anche l’insieme delle convenzioni che si danno, ma comprende anche la “trasgressione intrinseca” relativa alla legge non scritta che costituisce il lato osceno del potere e della legge stessa (S. Žižek 1999). 1.1.c- In questa teoria sono già chiaramente presenti elementi relativi a una economia dell’immaginario che si fa politica nella misura in cui il desiderio

S/ Soggetto barrato

Mancanza a essere (Es)

a’ (ltro) – oggetto “petit a” Oggetto del desiderio REALE Desiderio ($ <> a) Godimento

A 1 Sostituti dell’oggetto del desiderio Io (moi)

Grande Altro Ordine Simbolico Ordine dei significanti La legge Il potere

(Estetica Politica Economia Media Ecc.)

Relazione Immaginaria

Inconscio

Schema L

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umano viene manipolato e il soggetto si presenta con un Io spossessato dalle realtà di dominio dal potere/ordine Simbolico/grande Altro. 1.1.d- Va segnalata inoltre l’evidenza di una costitutiva doppia alienazione soggettiva che è strutturale e strutturante, dialetticamente operante (P. Stanziale 1995: 114). Nello stadio dello specchio (J. Lacan 1974:87) comincia la costruzione dell’io ma comincia anche l’alienazione e la scansione dell’immaginario che precede il simbolico. Successivamente nella fase edipica abbiamo poi un crocevia strutturale decisivo con il passaggio dalla natura alla cultura, con l’interiorizzazione della legge e l’inserimento nell’ordine del linguaggio: si tratta di un’alienazione a vantaggio di un ordine formale e formalizzante. In questo percorso la prima spaltung (prima alienazione) riguarda la distinzione della relazione tra sé e sé (soggetto-linguaggio); la seconda spaltung (seconda alienazione) riguarda la costruzione della maschera, dell’Io che diventa personaggio (linguaggio- ricostruzione nel linguaggio). 1.1.e- Queste alienazioni costitutive del soggetto costituiscono il campo su cui incide il sistema economico-politico principalmente per ciò che riguarda l’economia politica dell’immaginario con le varie strategie di assoggettamento, principalmente nel campo dei consumi (P. Stanziale 2014). A ciò va aggiunto tutto quanto definito, a diversi livelli, nella categoria dell’alienazione nell’area critica Marx-Scuola di Francoforte. 2- Tornando al punto 1.1.c vediamo che, in effetti, qui già siamo nel pieno dello statuto dell’Immaginario. Il passo successivo è certamente quello più importante dato che riguarda il lacaniano nodo borromeo che unisce i tre Registri, le tre dimensioni essenziali del campo psicoanalitico: l’Immaginario, il Simbolico e il Reale (RSI), registri che richiamano lo schema L e che si inquadrano organicamente nello schema R (J. Lacan 1974:549).

Schema R

Si tratta della struttura del soggetto relativamente ai registri del Simbolico, dell'Immaginario e del Reale. Nel quadrato vi è una terna simbolica, una terna immaginaria ed il quadrangolo del reale. Il triangolo del simbolico occupa metà del quadrato perché è strutturante. La linea tratteggiata vale per l'immaginario. Il triangolo

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dell'immaginario è basato sulla relazione duale dell'Io con l'Altro (narcisismo, proiezione ecc.), avente come vertice O (phi), il fallo, oggetto immaginario di identificazione col proprio essere (vivente). Il campo del simbolico presenta le tre funzioni di: ideale dell'Io, con cui il soggetto si reperisce nel registro del simbolico, del significante dell'oggetto M, del Nome-del-Padre nel luogo dell'Altro A. La linea I M raddoppia il rapporto del soggetto con l'oggetto del desiderio mediante la catena significante, rapporto che, nell'algebra lacaniana verrà ad essere scritto S/ <> a (il fantasma in cui sono legati il soggetto barrato, il desiderio e l'oggetto a- il punzone <> indica il desiderio, come abbiamo già visto). Rilevante è il fatto che il campo del reale è inquadrato e mantenuto dalla relazione immaginaria e dal rapporto simbolico (P. Stanziale 2001).

2.1- La teoria lacaniana RSI è stata- ed è- oggetto di approfondimenti e di torsioni. In particolare questa teoria rappresenta un passaggio obbligato oggi per l’estetica e la critica d’arte che attraverso la rilettura hegeliana delle teorie lacaniane da parte di S. Žižek hanno trovato ampie articolazioni analitiche per quanto riguarda, sul loro versante, l’economia dell’immaginario. Non possiamo, così, non riferirci alla linea Lacan-Žižek e quindi alle letture della RSI da parte di vari autori nel cercare di delineare uno statuto dell’immaginario con la sua economia connessa al desiderio che è radicato in esso e di cui è un drive che lo anima e lo orienta (F. Carmagnola 2006). 2.1.1- Estrapoliano dal contesto delle teorie lacaniane (J. Lacan 1974 1982), relativamente all’Immaginario, che: -esso è la struttura dell’Io (Moi), -la funzione immaginaria è subordinata alle determinazioni del Simbolico, -l’Immaginario e il Simbolico si distinguono in funzione delle loro relazioni col Reale, -la funzione immaginaria presiede all’investimento narcisistico dell’oggetto. Per quanto riguarda il Simbolico (che Lacan mutua dall’antropologia strutturale di C. Lévi-Strauss): -esso è costituente per il soggetto, -esso non copre e spiega tutto, - esso annoda e snoda l’Immaginario col Reale (J. Lacan 1974). E quindi il Reale è l’impossibile, esso sussiste al di fuori della simbolizzazione, è l’inconscio in quanto indicibile. Il Reale è il luogo che accoglie ciò che è rifiutato dal Simbolico ed è connesso col godimento (jouissance) (S. Žižek 2004). Il reale è ciò che torna sempre allo stesso posto.

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2.1.2- Non è possibile escludere, poi, dal quadro che stiamo delineando il contributo importante offerto dalla psicoanalisi lacaniana all’economia dell’immaginario con il concetto di godimento. Questa jouissance riguarda ciò che va al di là del principio del piacere ed è connessa con il Reale lacaniano. Questo perché l’approccio psicoanalitico all’ideologia di dominio- nei suoi rapporti con la cultura di massa- si presenta abbastanza esplicativo nella direzione di una visione politica dell’immaginario contemporaneo connesso con l’universo spettacolare (M. Senaldi 2008).

2.1.2.a- Il concetto di godimento trova la sua centralità in Žižek (2001 2004) che lo intende, con riferimento alla psicoanalisi lacaniana (Lust im Unlust), come oscuro supplemento superegoico, come dato proprio dell’ideologia, riscontrabile come la segreta oscenità presente nell’esercizio del potere- e delle relative forme di linguaggio, nei risvolti della cultura di massa e, quindi, nell’ambito dello spettacolare contemporaneo. Tenendo presente quanto scrive Žižek:

«quand’è che io incontro l’altro nel Reale del suo essere… solo quando incontro l’altro nel suo momento di jouissance, cioè quando scopro in lui/lei un piccolo dettaglio- un gesto compulsivo, una eccessiva espressione del volto, un tic- che segnala l’intensità della realtà della sua jouissance ...l’incontro con il Reale è sempre traumatico, c’è qualcosa perfino di minimamente osceno in esso» (S. Žižek 1999:32)

ecco che, seguendo la metodologia žižekiana, troviamo, ad esempio, come il potere spettacolista televisivo si tradisca come godimento nel ghigno-sorriso involontario che appare in alcuni momenti-clou spettacolari sul volto di una ideatrice-conduttrice di format d’intrattenimento pomeridiani. Personaggio proprio della videocrazia contemporanea, esperta nell’organizzare artificiali cortocircuiti

Immaginario

Simbolico

Reale

Godimento

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emozionali tra persone e nella spettacolarizzazione di continui outing di adolescenti che saranno famosi. Questo emergere del godimento, nella teoria lacaniana dei quattro discorsi (J. Lacan 1982 M. Recalcati 1995) (vedi punto 3), è proprio del discorso del maître in cui un significante-padrone (la presentatrice iscritta nell’ordine simbolico come espressione del potere) agendo nell’alterità spettacolare (espressione di un sapere), rimuove sia la produzione di godimento (objet petit a)- che però affiora- che la sua verità di soggetto barrato (mancanza a essere). Questa dinamica introduce la dimensione del godimento nella dimensione mediocratica della società dello spettacolo ma anche apre, in Žižek, al rapporto tra cultura di massa e Ordine Simbolico. Sullo sfondo della società dello spettacolo tale rapporto si presenta nel quadro di una complessa processualità nella quale la cultura di massa rappresenta l’immaginario del Simbolico che, nel suo farsi godimento, tradisce il Reale del Simbolico mostrandone le oscenità di fondo (S. Žižek 1999). Il godimento allora, come reale del Simbolico rivela l’altro lato di questo, le modalità di mascheramento del suo vuoto costitutivo (vedi punto 4.8).

2.1.2.b- S. Žižek (1999) nota anche, riferendosi a Lacan (1983), come nell’epoca attuale si verifichi una inversione nella struttura superegoica freudiana per cui se prima l’individuo era portato a reprimere il piacere e il godimento nel rispettare le leggi del sociale, l’attuale soggetto post-storico è all’inverso condannato all’eccesso, a dover godere. Il super-io non solo pone divieti ma costringe anche al godimento: «Niente costringe qualcuno a godere, tranne il super-io. Il super-io è l’imperativo del godimento - Godi!» (J. Lacan 1983:85).

3- A completamento di questa parte relativa al godimento non possiamo non richiamarci alla lacaniana teoria dei quattro discorsi (J. Lacan 1982) accennando al discorso della civiltà e del capitalista (J. Lacan 19878:40) tralasciando i discorsi dell’isterico, dell’università e dell’analista.

La teoria dei quattro discorsi è un classico della psicoanalisi lacaniana. Premesso che il discorso- sulla linea Althusser-Lacan- è una determinazione dell’ordine simbolico, abbiamo con questa teoria l’inclusione del soggetto nella struttura. Si stabiliscono quindi rapporti tra significante e godimento e tra simbolico e reale: tutto secondo i principi di una topica, di una dinamica e di una economia in quanto c’e, come direbbe Lacan, della produzione, di un più-di-godimento (collegabile ad un plusvalore) (M. Recalcati 1995). Premesso che nel matema lacaniano dei discorsi i posti sono:

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e che

S1 = significante padrone, S2 = il sapere, S/ = soggetto barrato (mancanza-a-essere), a = oggetto “piccolo a”, godimento, --- = barra di rimozione.

abbiamo il matema del discorso della Civiltà (o del Padrone) e del Capitalista

in cui è rilevabile, nel primo matema, il freudiano disagio della civiltà: rimozione del soggetto barrato (nel posto della verità) da parte di un (agente) significante padrone, con il sapere nel posto dell’Altro e con la produzione di godimento (il marxiano plus-valore può essere connesso, come accennato in precedenza, con il plus-godere) (S. Žižek 2004). Nel secondo matema, troviamo una inversione per cui in azione è il soggetto barrato (agente) che rimuove il suo essere significante-padrone (verità) nel rivolgersi ad un sapere/Altro e producendo, anche in questo caso, plus-di-godimento (J. Lacan 1978 A. Soueix 1995 M. Recalcati 1995 2010).

3.1- Quest’ultimo matema è particolarmente interessante dato che costituisce una intersezione tra psicoanalisi, filosofia, economia e politica.

Si osserva ulteriormente:

S/ S2 ----- ------ S1 a

S1 S2 -------- ------- S/ a

Discorso del/la Padrone/Civiltà

Discorso del Capitalista

(/agente/direzione/parvenza) (/Altro/sign. padrone/sapere/)

(/verità/soggetto ) (/produz./scarto/godimento/)

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a) che il capitalista ha sembiante di padrone, è sganciato da un rimosso Significante-causa, la parvenza determina la verità; b) che l’unica verità è la propria, è il soggetto che detiene il potere; c) che si tratta di una posizione tipica del capitalismo contemporaneo in cui non esiste conflitto tra ideale e godimento; d) che il circuito discorsivo è veloce e circolare secondo l’andamento delle frecce e giocato sul godimento, ovvero si ha una circolarità del consumo senza limiti con una soddisfazione illusoria; e) che il soggetto si rivolge al sapere (scientifico) per produrre oggetti-gadget per consumo e godimento; e) Lacan ritiene la macchina capitalistica veloce nel consumo fino alla consunzione (J. Lacan 1978), ovvero consumando la macchina capitalistica si consuma e il suo consumarsi comprende la sintomatologia contemporanea delle tossicodipendenze, delle anoressie dello shopping compulsivo ecc..

3.2- A questo punto riteniamo utile parlare della precisa convergenza di due recenti e ponderose ricerche sui rapporti tra capitalismo, discorso del padrone e godimento. M. Magatti (2009), nel suo definire criticamente le illusioni del capitalismo tecno-nichilista e M. Recalcati (2010), nel suo individuare le figure della nuova clinica psicoanalitica, hanno strutturato, sulla linea Lacan- Žižek, un insieme di percorsi interpretativi di particolare interesse.

3.2.a- Per capitalismo tecno-nichilista Magatti intende l’approdo attuale del capitalismo in cui individua due componenti fondamentali: -la crescente tecnicizzazione della vita sociale ed la continua innovazione tecnologica che non solo modificano i mezzi disponibili ma ridefiniscono anche i fini legittimi; - il nichilismo come Weltanshauung che emerge alla fine del XX secolo come «sostrato spirituale di un’epoca in grado di sostenere una crescita indefinita» (M. Magatti 2009:105). Il capitalismo tecno-nichilista si sostiene sulla sintonia di queste due componenti in una necessitante dinamica di continui mutamenti per saturare la componente nichilistica la quale opera a tre livelli: -l’immaterialità viene trasformata e resa disponibile per lo sfruttamento economico; -il capitalismo viene reso compatibile con qualunque cultura; -viene ridotto il rischio di porre in discussione i fini perseguiti (M. Magatti 2009:107). Il capitalismo tecno-nichilistico per Magatti è inoltre caratterizzato da tre riduzioni: «la riduzione temporale all'orizzonte dell'immediatezza (escludendo così ogni possibilità di rinvio, ossia esattamente di ciò che permette al desiderio di sostenersi nel tempo); la riduzione individualistica (ciascuno ha il proprio desiderio, di modo che la dimensione relazionale del desiderio è sostanzialmente esclusa se non nella forma surrogatola della mimesi);

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la riduzione materialistica (che attribuisce centralità al corpo e ai sensi e che, di conseguenza, fa del soddisfacimento la sua misura)» (M. Magatti 2009:132).

Magatti evidenzia come Lacan consenta di andare oltre Marx per capire la nostra epoca che vede l’affermazione dell’economia affettiva:

«il capitalismo è così importante nella storia umana - e non una semplice sovrastruttura - proprio perché è capace di lavorare sul desiderio, proponendo il consumo come una strada per colmare il vuoto su cui il desiderio in quanto tale si attiva. Un tale obiettivo, tuttavia, si rivela sempre illusorio, dato che il vuoto non è mai completamente riempito attraverso gli oggetti, che devono essere continuamente rinnovati per saturare la nuova mancanza, in un movi-mento circolare, ingannevole e senza fine. Frammentando, l'esperienza in una successione di azioni che non hanno null'altro in comune se non il riempire provvisoriamente il vuoto, il capitalismo è, sempre di più, costretto a sradicare il desiderio dal legame che esso ha con la condizione esistenziale dell'uomo, riducendolo a semplice "godimento". [..] Contravvenendo all'approccio repressivo e disciplinatorio che ancora prevaleva nel capitalismo sociale, il comando che il capitalismo tecno-nichilista rivolge ai singoli individui è quello di cogliere l'attimo, vivere l'emozione, assaporare l'opportunità. [..] Per procedere in questa direzione, la creazione di un ambito disancorato da un preciso ordine culturale, nel quale prevalgono i linguaggi non verbali iconici e musicali e dove il singolo individuo è autorizzato a prendere ciò che più gli piace costituisce una pre-condizione fondamentale. […] E che con l'avvento del capitalismo tecno-nichilista, crolla il meccanismo del divieto che aveva retto nel capitalismo sociale e l'essere umano deve diventare, secondo la felice espressione di Deleuze e Guattari, una vera e propria "macchina desiderante": il capitalismo tecno-nichilista vive del fatto che il desiderio venga continuamente attivato e sia in grado di essere realizzato e poi di nuovo riattivato. Dato che l'individuo non è più disposto a (o in grado di) stare dentro la griglia rigida dei ruoli e delle norme sociali, l'ordine istituzionale delle cose - almeno nella sua rappresentazione – deve essere continuamente esposto a una dinamica di distruzione/ricostruzione. Il che è possibile grazie all'amplissima disponibilità di significati e all'accresciuta mobilità, che indeboliscono qualunque ordine normativo, e all'esten-sione della libertà di scopo, che offre la possibilità (almeno teorica) di aggiornare continuamente i propri obiettivi. [..] I tratti centrali del nuovo quadro psicanalitico del capitalismo tecno-nichilista sono efficacemente colti nell'opera di Žižek che, sviluppando le tesi di Lacan e Miller, parla di, “economia libidica del plusgodere”. [..] Da questo contesto, in cui il godimento vive di continue dislo-cazioni e si mantiene solo nel passaggio da un oggetto all'altro, emergono due implicazioni particolarmente rilevanti.

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[..] è la natura illimitata del processo di mutamenti che viene attivata. E ciò in quanto il desiderio si costituisce come un asintoto: più ci si avvicina, più elude la presa; più si pensa di possederlo e più se ne accerta la mancanza. Ciò lo rende un significante vuoto, una forma senza contenuto: dobbiamo sempre desiderare qualcosa, anche se non sappiamo mai bene cosa, e anche se sappiamo che non potremo mai placare la nostra sete. E dunque saturiamo questa valenza libera accettando di buon grado di aderire alle sollecitazioni - così potenti e studiate - che l'economia affettiva è in grado di distribuire a piene mani. [..] Secondo Žižek (2004), i concetti lacaniani di "plusgodere" e "objet petit a" aiutano a interpretare il senso del rapporto tra soggetto e merce nei termini di uno stato dì sollecitazione permanente, continuamente inappagato, rivelando anche la rapida obsolescenza a cui sono destinate le merci e i desideri stessi, poiché solo tale dinamica garantisce la possibilità di ri-produzione dell'attività economica. Per questa ragione, il circuito novità/obsolescenza - così ossessivo nella nostra vita sociale - costituisce un elemento intrinseco alla produzione capitalistica contemporanea. Ciò dà vita a un'economia libidinale che, per definizione, non riesce mai a compiersi: in termini lacaniani, di fronte all'incapacità di affrontare le questioni centrali della nostra esistenza - rispetto alla quale ognuno è lasciato letteralmente a se stesso – il capitalismo tecno-nichilista propone uno sterminato numero di "abjets a" che offrono al massimo quelle che Lacan ha chiamato delle "lichettes", cioè delle "fettine di jouissance"'. Affinchè queste lichettes possano in qualche modo funzionare è necessario, però, il loro continuo ricambio, così da rigenerare il movimento tra mancanza ed eccesso. Anche se ripetutamente facciamo esperienza della delusione che essi producono, i beni che ci vengono offerti dall'economia affettiva si presentano in grado di generare un surplus di godimento che riesce, almeno provvisoriamente, a soddisfarci. » (M. Magatti 2009:105, 106, 107, 132,133, 134, 135).

3.2.b- Recalcati (2010), evidenziando il fatto che le analisi di Magatti prolungano, sul piano sociologico, le riflessioni lacaniane, a sua volta, disegna un ampio percorso dal punto di vista della clinica psicoanalitica da cui estrapoliano un segmento che, partendo dal discorso del capitalista, perviene a quella clinica della tossicomania che permette di segnalare «come il nostro tempo non solo tende a produrre comportamenti tossicomanici ma si configura esso stesso come un tempo intossicato» (M. Recalcati 2010:195).

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Il quinto discorso di Lacan, il discorso del capitalista, presentato a Milano nel 1972 (J. Lacan 1974), per Recalcati porta Lacan di là dalle tesi weberiane sul caratterere etico delle origini del capitalismo per cui la l'ascetismo protestante consentirebbe l'accumulazione del capitale e la produzione del profitto. Il discorso del capitalista lacaniano, al contrario, «esalta a senso unico la spinta del godimento contro ogni forma di legame» (M. Recalcati 2010:28). Recalcati mostra come il discorso del capitalista è un discorso

«al limite di ogni possibile discorso, perché se il discorso è un modo per definire il legame sociale, in quanto ogni discorso si organizza per introdurre un certo freno significante al godimento e per rendere possibile in questo modo una civilizzazione dei legami tra gli esseri umani, quello del capitalista. tende a distruggere ogni forma discorsiva affermando il soggetto come pura spinta al godimento solitario, dunque dissolvendo ogni freno al godimento, anzi, incoraggiando il godimento come nuova forma di comandamento sociale (corsivi miei). Il sacrificio di sé risulta così totalmente contraddittorio in un regime che pone il proprio fondamento sull'imperativo sregolato del "consumo di consumo". La mancanza di godimento come condizione dell'accumulazione del capitale - secondo la classica tesi weberiana -si trasforma beffardamente in una proletarizzazione generalizzata e in una precarizzazione diffusa. La mancanza di godimento anziché costituire la condizione etica del profitto dà luogo a una pura avidità di godere. Questo significa, come propone di fare Lacan nella sua matematizzazione del discorso del capitalista, porre il soggetto sbarrato nella posizione di agente, ovvero nella posizione che definisce l'orientamento specifico, la direzione di fondo, di un discorso. Diversamente dal discorso del padrone dove la mancanza è prodotta dall'azione stessa del significante che impone al soggetto una perdita di godimento in cambio della sua iscrizione simbolica. [..] nel discorso della Civiltà e nel discorso del capitalista la mancanza si trasfigura in una avidità di consumo che vuole scalzare il potere letale del significante essendo prodotta dalla continua offerta di oggetti di godimento proposta dal mercato. Questo significa porre nella posizione dell'agente [vedi punto 3] il soggetto sbarrato: non è l'Ideale che aggrega i legami sociali, né l'interdizione al godimento che ne scaturisce, ma la convulsione del soggetto sbarrato che domanda oggetti in grado di sanarne la divisione, salvo verificare che l’astuzia del discorso del capitalista consiste proprio nel produrre e nell'introdurre sul mercato oggetti che anziché soddisfare la domanda hanno il potere di alimentarla compulsivamente. D'altra parte l'e-levazione del soggetto sbarrato nel luogo dell'agente significa che il cedimento della funzione orientativa dell'Ideale è stato rimpiazzato dall'illusione che non esista più alcun padrone al di fuori del soggetto ridotto, per usare l'espressione di Lipovetsky, a "turboconsumatore". Tuttavia l'individualismo sfrenato che sostiene il discorso del capitalista non è affatto una forma di disalienazione del soggetto dalla schiavitù nei confronti dei significanti padroni, ma una nuova forma di schiavitù. Il discorso del capitalista, come fa notare il conservatore

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Lacan, è chiaramente una forma di assoggettamento e non di liberazione. Marcuse parlava a questo proposito di desublimazione repressiva: non è il soggetto che desidera, ma che esige un godimento che spenga ogni suo desiderio (corsi miei). [..] L'algebra lacaniana del discorso del capitalista richiude, anziché aprire, come accade invece per il soggetto dell'inconscio, il rapporto tra soggetto diviso e l’oggetto piccolo (a): l'oggetto non è perduto, non è indice della mancanza, ma si solidifica illusoriamente, restando contiguo al soggetto, a sua disposizione, a portata di mano e di bocca. È questo il significato della osservazione di Lacan secondo cui la macchina iperattiva del discorso ilei capitalista sì muove troppo rapidamente, senza tregua, viaggiando come su due rotelle, raggiungendo una velocità infernale che abolisce il soggetto e che rivela l'anima profondamente nichilistica di questo discorso. Il soggetto sbarrato, situato nel matema del discorso del capitalista in una posizione agente, si rivela così una cifra ironica: nessun padrone, nessuna radice, nessun libertà assoluta di godere. Eppure in questa pseudopadronanza, in questa libertà immaginaria, per riprendere il titolo efficace dell'ultimo lavoro di Mauro Magatti sul capitalismo tecno-nichilista, il soggetto si trova schiavo dell'oggetto che più che consumare diventa ciò che lo consuma, oggetto passivo della "volontà di godimento" dell'Altro del discorso del capitalista più che l'euforico protagonista di un mondo senza più limiti. Il "turboconsumatore" del quale Lipovetsky, per certi versi, tesse le lodi non è solo, come crede il sociologo francese, il padrone razionale dei suoi, gusti e delle possibilità delle loro soddisfazioni, un Giano bifronte capace di "sfruttare a tutto campo le potenzialità aperte da quelle che sono le due grandi finalità della modernità: efficienza e felicità sulla terra", ma è anche l'espressione di un godimento sganciato dalla castrazione simbolica, impermeabile al discorso amoroso, antivitale, che non si genera solo dai consumi ma che tende a consumare anche chi consuma, a utilizzare il consumo delle cose come modo di compensazione della disinserzione del soggetto da ogni legame con l'Altro (corsivi miei). [..] La caduta dell'Ideale e della sua funzione orientativa e l'affermazio-ne dell'oggetto di godimento in una posizione di agente sono i due ele-menti cruciali che animano il discorso del capitalista come macchina anonima di godimento e mostrano la precarietà simbolica dell'Altro contemporaneo: crisi della politica, dell'ideologia, del religioso, della dimensione valoriale, del discorso educativo, epoca postideologica, postmoderna, ipermoderna, postumana. Si tratta di una precarietà che è il prodotto di una instabilità dei legami, di legami senza Ideale,instabili, liquidi direbbe Bauman, esposti alla contingenza del sintomo. Ma anche di legami chiusi, cristallizzati, non-liquidi, reificati, solidificati, gelati, molecolari, involuti, segregativi. La caduta dell'ideale, la crisi del discorso del padrone, come ho già fatto notare, non comporta solo la liquefazione dei legami in quanto privati di ogni orientamento ideale, ma tende anche a rafforzare un loro compattamento monadico, autistico, apatico, narcisisticamente ostile allo scambio simbolico. [..] Il conflitto tra principio di piacere e principio di realtà, tra programma pulsionale e programma della Civiltà si è stemperato e al

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suo posto è subentrata una domanda collettiva di omologazione agli stili di godimento prevalenti. In questa prospettiva la prestazione diventa un effetto dell'imperativo sociale del Super-io sadiano: Godi! Questo principio tende però a non fare legame ma a isolare Ì soggetti nel loro statuto individuale, monadico, precario. [..] Cosa produce il discorso del capitalista? Produce insoddisfazione. Produce l'insoddisfazione come una nuova forma clinica della precarietà. La nostra epoca non è più quella delle masse radunate dall'Ideale. Non è più l'epoca degli entusiasmi fanatici che potevano scaturire dall’idea di appartenere a un solo grande corpo sociale. La nostra epoca vive piuttosto il contrasto generato dal discorso del capitalista tra l'effetto maniacalizzante dovuto alla soppressione dei limiti del godimento e la tendenza a precipitare verso un sentimento depressivo di estraneità, di inesistenza, di superfluità, di indifferenza e di fatica di esistere. [..] Affermare che il nostro tempo è un tempo intossicato o, se si preferisce, sostenere l'idea che la diffusione epidemica di comportamenti tossicomanici sia da porre in stretta relazione con una intossicazione generalizzata del discorso sociale o, ancora, pensare che l'intossicazione non sia solo un'esperienza soggettiva, circoscritta ai soggetti che consumano droghe, ma che sia il nostro tempo, il tempo della Civiltà ipermoderna, a essere profondamente intossicato, e che, di conseguenza, l'intossicazione sia innanzitutto un'esperienza collettiva e non solo individuale, pone con forza il problema di una diagnosi teorica del programma contemporaneo della Civiltà (corsivi miei). Per provare a riassumere in modo sintetico il nostro modo di intendere questa intossicazione generalizzata, mi farò guidare da due citazioni che hanno avuto per il nostro lavoro di ricerca la funzione di bussole teoriche. Una la conosciamo già. È di Jacques Lacan (1982:90) e si trova in un'intervista televisiva degli anni Settanta, nella quale egli definisce il modo di godimento prevalente della società contemporanea come un godimento smarrito. Soffermiamoci ancora su questa espressione. Cosa significa porre il godimento della Civiltà ipermoderna come un godimento smarrito? Significa fondamentalmente ritenere che la pratica pulsionale e, più in generale, il problema stesso della soddisfazione non sia più ancorato, agganciato, abbonato, a una legge simbolica che ne definisca l'orientamento. Il godimento smarrito è un godimento privo della bussola fallica o, se si preferisce, non castrato, non regolato dalla castrazione simbolica, non limitato, arginato, orientato appunto, dalla funzione normativa della castrazione. Il godimento smarrito è una de-clinazione del godimento che non si coniuga più con l'Ideale ma che ne ha, piuttosto, usurpato il posto. La seconda citazione è di uno psicoanalista italiano, recentemente e prematuramente scomparso. Si tratta di Agostino Racalbuto (2003:296 segg.). In una sua riflessione sulla tossicomania ha avuto modo di definire il nostro tempo come contrassegnato da uno "spazio psichico drogato", dove, nella sua prospettiva, drogato vuoi dire precisamente: troppo pieno di oggetti, dunque intossicato da un eccesso di presenza di oggetti di godimento, da ciò che definisce un "uso concreto dell'oggetto" e da un esercizio difensivo della "realtà percettivo-

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motoria come controinvestimento rispetto a una realtà psichica interna collassata o pericolosa, ad alto potenziale distruttivo", nel quale "l'agito prende il posto del pensato". Lo spazio psichico drogato di cui parla Racalbuto non coincide con lo spazio mentale individuale. Si isola piuttosto una tendenza generale della psicopatologia contemporanea: l'agito surclassa il pensato, la ten-denza alla scarica prevale sulla necessità che si dia tempo per deposita-re l'esperienza, la spinta all'evacuazione senza elaborazione simbolica s'impone come una modalità diffusa di funzionamento della soggetti-vità ipermoderna che appare come privo di soggetto dell'inconscio.» (M. Recalcati 2010:28, 29, 30, 31, 195,196, 197).

4 Passiamo quindi a strutturare lo schema seguente che inquadra le scansioni temporali della RSI e definisce la matrice di partenza per la dinamica delle relazioni successive tra i vari elementi. .....Reale...........................Immaginario......................................Simbolico Passato/Presente..............(Passato) Presente/Futuro.....Passato/Presente (Futuro) Godimento.......................Desiderio.............................................Domanda Es.....................................Io............................SuperIo (seconda topica freudiana) Religione………………. Estetica……………………………....Etica Exsistenza………………Consistenza…………………………..Insistenza (S. Žižek 1999) 4.1 S. Žižek, poi, interpreta l’ambito RSI in chiave hegeliana ridefinendolo. Il risultato è un importante e «plastico» lavoro teorico (M. Senaldi in S. Žižek 2004:304), che per quanto riguarda l’immaginario, non è scevro però da varie ambiguità nelle sue varie versioni. Immaginario 4.1.a- M. Senaldi nel suo saggio Slavoj Žižek e l’immaginario (2007) esamina il concetto sartriano di immaginario (Sartre è «il primo ‘analista’ dell’imaginaire») rilevando la sua connotazione negativa come pensiero di qualcosa che manca, come «fuga dal presente», compensazione «negativa» (concetto di derivazione hegelo-kojèviana) che è tale però rispetto ad un «eccesso di realtà» (reel sartriano). Prende così forma la distinzione tra Reale e realtà che viene ripresa da Lacan e chiarita in Žižek. In ogni caso l’immaginario sartriano, pur nel suo essere un nulla immaginario, produce effetti reali e Senaldi mostra come per il Sartre degli anni ’70 l’immaginario rappresenti la determinazione cardine di una persona, ovvero il centro della soggettività dell’Io (Moi).

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Senaldi poi mostra come correlata a questo concetto di immaginario troviamo la nozione di fantasia propria della realtà psichica, nella prospettiva freudiana, per cui il soggetto è determinato da fantasie originarie che ne condizionano l’ immaginario. 4.1.b- Scrive Žižek :

«L’immaginario non realizza semplicemente un desiderio in modo allucinatorio: piuttosto, la sua funzione è simile a quella dello “schematismo trascendentale” kantiano: una fantasia qualunque costituisce il nostro desiderio, fornisce le sue coordinate; o meglio, letteralmente, “ci insegna come desiderare”» (S. Žižek 2004:19).

L’immaginario žižekiano, inoltre, nasce come luogo di scarto del simbolico il quale però trova una necessità funzionale nell’immaginario. Carmagnola (2002) sostiene che questo è perverso e non ha niente di creativo e di liberatorio dato che si colloca in una realtà incoerente e simbolicamente disarticolata in cui il fantasma non trova alcun ancoraggio ed in cui il godimento è coatto. Carmagnola mostra come questo immaginario non sia alternativo, come non rimandi a forme di mediazione o a presentificazioni mentali di assenze (S. Žižek 2000). Al contrario l’immaginario žižekiano è inquadrato in modo drammatico e ambiguo, rapportato ad un simbolico preda di crisi storico-culturali colluso con il reale forcluso producendo fantasmi osceni. Una concezione diversa da quella di C. Castoriadis (1988:89) che postula un immaginario radicale da intendersi come «creazione incessante ed essenzialmente indeterminata (sociale - storica e psichica) di figure/forme/immagini, a partire da cui soltanto si può parlare di qualche cosa». Anche diversa da quella di G. Durand che scrive dell’immaginario come «l’insieme delle immagini e delle relazioni fra immagini che costituisce il capitale dell’homo sapiens» (G. Durand 1972:123). Carmagnola nota poi come l’immaginario di Žižek, già di per sé ambiguo, è reso ancora più ambiguo e contorto nelle spire della dialettica hegeliana. Conseguentemente schematizza tre versioni dell’immaginario žižekiano, versioni peraltro che convergono, in vario modo, con quanto scritto da A. Piotti (in S. Žižek 1999) e da M. Senaldi (in S. Žižek 2004). 4.1.b.a- Fantasy Si tratta dell’Immaginario nel/del Simbolico/grande Altro. Una fantasia che orienta il desiderio dentro la Legge ed oltre la Legge inverandone la funzione anche per la parte non scritta, oscena, (vedi il concetto di trasgressione intrinseca – S. Žižek 1999 ) A. Piotti (1999) rileva come questo aspetto del grande Altro ne mostri la fragilità e la possibilità di collasso (corsivi miei). M. Senaldi (2007), a sua volta, individua in Žižek tre caratterizzazioni della Fantasy:

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4.1.b.a.a- la fantasy come schema attraverso cui oggetti concreti possono avere la funzione di oggetti del desiderio colmando le lacune della struttura formale simbolica; 4.1.b.a.b- la fantasy come intersoggettività accostando il carattere soggettivo del fantasma con il fantasma collettivo dell’illusione; 4.1.b.a.c- la fantasy come ciò che riempie una lacuna o risolve un intoppo presenti in una narrazione/racconto della rete simbolica. Su questo percorso troviamo altri veli, altre caratterizzazioni žižekiane dell’Immaginario che richiamiamo qui di seguito per completezza: - l’Immaginario che «tenta di mettere in scena l’impossibile scena della castrazione... ciò che conduce l’immaginario vicino al suo vero significato, vicino alla perversione»; - il rituale perverso che inscena l’atto della castrazione, della perdita primordiale che permette al soggetto di entrare nell’ordine simbolico (S. Žižek 2004 cit.); - l’Immaginario che si richiama alla situazione per cui il racconto fantasmatico a causa di un circuito temporale comporta la presenza di uno «sguardo impossibile», ciò che realizza un profitto ideologico; - l’Immaginario che deve funzionare come trasgressione intrinseca della struttura simbolica per consentire a questa di attivarsi (il riferimento cinematografico žižekiano è Codice d’onore); -l’Immaginario come modalità di interazione tra un testo pubblico e il suo supporto fantasmatico. 4.1.c.a- Fiction È la seconda versione dell’Immaginario definita da Carmagnola (2006:201) finzione. Si tratta del «fantasma del soprasensibile che è funzionale alla stessa sussistenza dell’ordine simbolico». Un’apparenza che serve a costituire la realtà, ma anche la legge scritta simbolica (A. Piotti 1999). Fantasy e Fiction hanno per Žižek – nota Carmagnola (citando M. Senaldi in S. Žižek 2004) - una duplice caratterizzazione: sono interdipendenti e sono costitutivi del grande Altro. A. Piotti (S. Žižek 1999:203) sottolinea invece la funzione di plot, di trama, della fiction (corsivi miei). 4.1.c.b- Simulacro Carmagnola definisce questa versione dell’Immaginario come «la più inquietante» perché quando l’ordine simbolico collassa, si disintegra, il reale viene fuori. Emerge così il simulacro come spettro, fantasma: è l’ immaginario dell’orrore e dell’osceno del Reale non arginato dal simbolico. Si tratta della nostra situazione attuale, il «deserto del reale» žižekiano. 4.1.c.c- Le fantasies, inoltre, come strumentale sutura del Simbolico, escono dall’ambito individuale e, per Žižek, divengono ideologia da intendersi, questa,

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come supporto fantasmatico dell’ordine sociale dato che «è la realtà stessa che non può essere riprodotta senza mistificazione ideologica» (S. Žižek G. Daly 2006:97). Siamo qui nell’ambito intersoggettivo in cui il concetto lacaniano di Immaginario è portato al suo limite (M. Senaldi 2007). 4.2.- Per quanto riguarda l’immaginario collettivo quanto scrive F. Carmagnola (2007:70) ci sembra abbastanza illuminante e pertinente al percorso che stiamo tracciando.

«Da una parte [l’immaginario collettivo] è il mana, che potremmo definire come un “significante fluttuante”, senza legami se non arbitrari con i possibili significati. Dall’altra parte, immaginario è anche il soggetto, o meglio l’istanza collettiva, acentrica e anonima che ci dice “come dobbiamo desiderare” o che ci costringe a godere. In sintesi, potrei definire l’immaginario oggi come una sorta di soggetto collettivo e impersonale o meglio di super-io sociale estroflesso nella rete della comunicazione mediale, con una posizione implicitamente normativa e esplicitamente seduttiva».

E recentemente ancora Carmagnola ha tracciato una nuova mappa dell’Immaginario intendendolo come Archivio, Facoltà, Macchina. Ovvero tracciature, rappresentazioni, direzionalità.

«In una prima accezione [Archivio] l’immaginario è inteso come una sorta di luogo virtuale - psichico o culturale - che raccoglie le grandi immagini «influenti» o anche le root-metaphors (S. C. Pepper, 1942) o le «metafore assolute» e fondatrici. Le sue caratteristiche sono principalmente due: la limitatezza (si tratta di un numero finito di immagini e delle loro varianti) e il carattere trans-storico: le grandi immagini che si riferiscono alla vita dell'uomo, al suo rapporto con la natura e il cosmo, possono essere classificate come una sorta di corredo antropologico che si ripete nelle Decorrenze storiche e nelle varianti culturali (G. Durand 1972)». […] In una seconda accezione [Facoltà] l'accento cade invece sul soggetto e sull'attività. L’immaginario o meglio gli immaginari non sono il prodotto o il risultato di un'attività di produzione, di una Facoltà che può essere definita immaginazione culturale o collettiva - sia nella sua versione trascendentale che nella sua versione antropo-sociologica (C. Taylor, 2004). Secondo Taylor, in particolare, gli «immaginari sociali» sono, né più né meno, «il modo in cui» le persone, i collettivi sociali, «immaginano che-» possa o debba svilupparsi la forma dell'esistenza comune, una sorta di sceneggiatura collettiva che riguarda i caratteri dell'identità sociale. […] In una terza accezione [Macchina] possiamo definire l'immaginario come un'istanza o una potenza de-soggettiva ma priva di centro, veicolata da specifici sistemi o «dispositivi». Il suo ruolo, la sua funzione, è di carattere pragmatico, e consiste nel presentare o nel produrre riferimenti che riguardano le modalità o le direzioni del «sentire» o del «desiderio». In questa dimensione l’immaginario ha un carattere coattivo, benché non nella forma esplicita di un comando» (corsivi miei) (F. Carmagnola 2010:12).

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Con riferimento, poi, al concetto di sistema sociale di Luhman (1989) Carmagnola disegna una sorta di sistema dell’Immaginario in cui individua: - un apparato di produzione di «figure normative» del sistema sociale da intendersi come sottosistema in grado di generare plusvalore simbolico di valorizzazione (valorizzazione che trova ovviamente nella merce il suo - naturale - campo di applicazione), - una complementarietà tra la suddetta «fabbrica del desiderio» e la produzione di valore nella economia della conoscenza (vedi punto 5.3), - un ambiente, quello dei media, ovvero una specie di «eco-sistema» entro cui proficuamente vanno ad operare l’economia del desiderio e l’economia della conoscenza (vedi punto 6.6), - il sistema Arte, il sistema Moda e il sistema Design come sistemi «esemplari» nell’economia dell’immaginario e «nelle strategie di ingegnerizzazione del sentire» (F. Carmagnola 2010:46). 5- Per Carmagnola quindi

«L'immaginario è una cosa molto concreta. Come l'inconscio, è là fuori, nella città, per le strade. Basta guardare: il nostro sguardo ne è preda, vi si ammala. Il nostro sguardo è come l'uomo della folla di Poe, che non vive se non abbagliato e confuso nel vortice della moltitudine. Molto simile al dazzle, l'abbagliamento, l'effetto abbagliante del dazzling. To daze e to dazzle si somigliano, nelle rispettive tonalità dell'udito (lo stordimento del daze) e della vista (l'abbagliamento del dazzle). Una buona sintesi degli effetti dell'immaginario. [..] L'immaginario si presenta oggi nei tratti di una potenza normativo/seduttiva che in assenza di un legame simbolico defunto o mai esistito, «finge» rapporti e situazioni ad alto carico simbolico («fantasmi») e per mezzo di icone o sce-neggiature pseudo-narrative «ci dice come» desiderare, sentire o canalizza la sensibilità. [..] In altre parole pre-dispone o pro-getta, in una situazione storicamente differente, i quadri di quella specifica forma di alienazione che venne definita dapprima come «industria culturale» (M. Horkheimer T.W. Adorno, ed. 1997) e successivamente «società dello spettacolo» (G: Debord, ed 2002) o «società dei simulacri» (J. Baudrillard, 1979). [..] Le forme o le configurazioni prevalenti dell'immaginario come potenza/istanza normativo/seduttiva si presentano a mio avviso in due grandi modalità prevalenti: -forme di choc o di presentazione mediatica di un contatto diretto, spettacolare con il reale delle rappresentazioni esaustive dell'orrore (orrore come spettacolo, la cui documentazione più efficace è la videocassetta con i quindici minuti dell'attacco alle Twin Towers) alle correnti artistiche che esaltano 1'«informe» [..] Si tratta in questi casi di sceneggiature che portano il «reale» dentro 1'«immaginario» nella forma generale dell'apparizione spettrale, dell'esibizione o «visione senza veli»; -strategie di gestione o di management del «sentire», o della sensibilità o del «desiderio» nella modalità del godimento coatto, la cui formula è il loop performativo autocontraddittorio Enjoy! [..] Si tratta di una normalizzazione del

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godimento già intravista a suo tempo dall'ultimo Lacan (J. A. Miller 1999), una normalizzazione parcellizzata in «fettine di jouissance» compatibile con il marketing virale e con le merci «simboliche». Di questa configurazione fa parte integrante la gestione normalizzatrice della trasgressione e dell'intero arco dei comportamenti marginali ed estremi (V. Steele 2005)» (F. Carmagnola 2010:41, 42, 43).

5.1- Bisogna ricordare, infine, che per quanto riguarda il fantasma lacaniano esso è ciò che tiene per il soggetto il posto del reale (J. Lacan 1974), esso è il motore della realtà psichica e il desiderio stesso è supportato dal fantasma di cui una

parte è nell’Altro (Ordine simbolico). Il fantasma lacaniano è irriducibile all’immaginazione ma ne costituisce un effetto, esso è una immagine posta in funzione nella struttura significante e marca con la sua presenza la risposta del soggetto alla domanda. Il fantasma per lacan è pertinente al desiderio secondo l’algoritmo S/ <> a (‘S/’ indica il soggetto barrato, il punzone ‘<>’ è il desiderio, ‘a’ è l’oggetto del desiderio detto anche ‘oggetto piccolo a’- il punzone si legge ‘desiderio di’ e si legge in entrambi i sensi). Simbolico 6-L’Ordine Simbolico lacaniano - o Grande Altro- comprende la legge e il potere e si presenta con molteplici e complessi aspetti. È l’Ordine che fa da barriera al Reale con le sue forme di godimento ed è titolare dell’importante funzione di tenere insieme l’Immaginario e il Reale. L’accesso all’Ordine simbolico (rete dei significanti- linguaggio) comporta l’alienazione del soggetto, prezzo che questi deve pagare per raggiungere una identità stabile (S. Žižek 1999 2000) ovvero il Simbolico «è l’ordine del soggetto in quanto assoggettato» (G. C. Contri 2001:128). La strutturazione del Simbolico è direttamente connessa con la strutturazione psico-sociale delle rappresentazioni della realtà, realtà che nasce da un processo di differenziazione dal Reale. 6.1- Carmagnola (2002), sulla scorta di Žižek, storicizza il Simbolico indicando nel postmoderno l’epoca della crisi di questo Ordine. E ci sembra, questo, un valido rilievo anche alla luce di quanto hanno scritto Z. Bauman (2003), C. Lasch (2004), R. Sennett (2003) e altri. Tale crisi nasce, per Carmagnola, dal fatto che nel postmoderno vengono a maturazione due situazioni che per Žižek sono indicative di un difetto strutturale della funzionalità del Simbolico: rimane in questo Ordine una carenza di fondo per cui vi è sempre un resto, un residuo del Reale non simbolizzato, un «qualcosa» che per Carmagnola può essere importante nella nostra epoca; il Simbolico per funzionare necessita sempre di un supporto fantasmatico ovvero di quell’ancoraggio tra la realtà psichica e la rete dei significanti: il fantasma come ciò che per il soggetto tiene ineluttabilmente il posto del reale.

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Ma l’Ordine simbolico si caratterizza anche per il fatto che «è l’ordine del godimento in quanto comandato (Jouis!) [..] regime dei godimenti forzati, compulsivi e dubbi» (G. B. Contri 2001:130) ma un godimento che viene prescritto in una seconda fase dopo la proibizione iniziale di ogni soddisfazione o godimento associabile a questa. Si tratta di un meccanismo perverso, termine, questo (gioco di parole: père-version – versione del padre), che viene chiamato spesso in causa da Lacan a proposito del Simbolico. L’ordine simbolico o Grande Altro, infine, può collassare mostrando le patologie della struttura, originando derive ideologico-identitarie, fondamentalismi, integralismi, mettendo a nudo regioni del Reale ed un Immaginario spettrale. Il collasso del Simbolico per Carmagnola (2006:203) «è sotto gli occhi di tutti, nei tre campi delle relazioni familiari, della società civile e delle istituzioni pubbliche». 6.2- L’Ordine simbolico è particolarmente presente nelle analisi žižekiane riguardanti il Grande Altro ovvero l’ordine costituito, il potere e quindi la politica. Si tratta di analisi di ampio respiro presenti in vari libri. Noi ne riprendiamo, qui di seguito, qualche segmento. 6.2.a- Attraverso l’utilizzo delle teorie lacaniane e della dialettica hegeliana il Grande Altro viene analizzato ponendone in evidenza la doppiezza, l’ambiguità e la pericolosità. Questo Grande Altro rappresenta la legge, la repressione, il controllo sociale, ma come potere contiene anche i suoi opposti trasgressivi, osceni: un universo costitutivo del potere stesso che serve continuamente al suo esercizio, alla sua riproduzione ed implica il godimento (Il godimento come fattore politico è il titolo di un libro di Žižek- 2001).

«Ciò che più profondamente tiene unita una comunità non è tanto l'identificazione con la legge che regola il quotidiano circuito della vita normale, quanto piuttosto l'identificazione con una specifica forma di trasgressione della legge, di sospensione della legge (in termini psicanalitici, con una forma speciale di godimento)» (S. Žižek 1999:36).

Si tratta della trasgressione intrinseca che scinde la legge in ideale dell’Io e nel suo «osceno inverso superegoico» (S. Žižek 1999:39). Un concetto che viene articolato in vario modo dell’Opera žižekiana. 6.2.b- Guardando di traverso il Grande Altro (un looking awry, come dice Žižek -1991- anche attraverso la letteratura e il cinema) scopriamo la distanza cinica, propria dell’ideologia contemporanea del potere. L’atteggiamento cinico è quello di chi pur essendo consapevole delle negatività dei meccanismi del potere non ha difficoltà ad adeguarvisi. Il cinico pur disprezzando «la legge pubblica dalla posizione del suo

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substrato osceno» non mette in discussione il potere con i suoi dispositivi repressivi lasciando intatto «il retroterra fantasmatico del testo ideologico pubblico e scritto», la sua necessità è quella di mantenere un minimo di distanza tra la legge/discorso (ideologico) pubblico e il suo «oscuro doppio fantasmatico» (S. Žižek 1999:44). Žižek definisce il panorama ideologico attuale come l’età del cinismo, vuole indicare, in tal modo, come il vero nemico ideologico oggi sia precisamente l’atteggiamento post-ideologico della “distanza cinica”, che egli fa coincidere con la posizione “postmoderna” in senso lato e con la sua etica liberal-democratica (di cui il filosofo americano Richard Rorty sarebbe il profeta), che pur richiamandosi idealmente ai principi della differenza e della tolleranza trova il suo limite reale nel momento in cui si scontra con una differenza concreta (G. Patella 2002 ma anche P. Sloterdijk 1992).

6.2.c- Per quanto riguarda il concetto marxiano di ideologia Žižek ne opera una decisa inversione per cui:

«L’ideologia non nasconde o distorce una realtà soggiacente (natura umana interessi sociali, ecc.), ma piuttosto è la realtà stessa che non può essere riprodotta senza mistificazione ideologica. ... Ciò che l’ideologia fornisce è la costruzione simbolica della realtà – la fantasy estrema – come un modo per sfuggire ai traumatici effetti del Reale» (G. Daly S. Žižek, 2004:208) .

L’ideologia in tal modo viene a rappresentare il supporto fantasmatico dell’ordine sociale col suo universo di fiction simboliche in cui

«la necessità di un supporto [immaginario] dell’ordine simbolico pubblico testimonia la vulnerabilità del sistema: il sistema è costretto a dare spazio a possibilità di scelta che non devono mai concretamente avere luogo, dal momento che il loro avverarsi causerebbe la disintegrazione del sistema, e la funzione delle regole non scritte è precisamente quella di prevenire l’attualizzarsi di queste scelte formalmente permesse dal sistema medesimo» (S. Žižek 2004:50).

6.2.d- A livello di semantica del simbolo e/o modo simbolico Carmagnola distingue nell’Ordine simbolico:

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-la facoltà (l’agente produttivo/l’attività di simbolizzazione o modo); -l’archivio (luogo di produzione/sistema di artefatti necessari per la simbolizzazione); -l’eccedenza, che costituisce il carattere proprio del simbolico, rinvia ad un ordine non concettuale, eccedenza e che è caratterizzata: -l’obliquità (simbolo «portatore di un senso indiretto o figurato») (U. Eco 1984:68); -la non-convenzionalità («la pregnanza e l’aspetto del significante che continuano ad essere visibili autonomamente anche quando il processo di significazione si è realizzato»); -la densità (il visibile che diventa denso impedendo la significazione); -il rinvio (la sovrabbondanza di senso rimanda al trascendente, all’ideale) (F. Carmagnola 2002:31). Carmagnola (2002:32), quindi, mappa La Facoltà, l’Archivio e l’Eccedenza nella loro combinatoria funzionale, articolata in aree di convergenza e divergenza, proponendo un articolato modello di lettura dell’universo semantico del Simbolico.

Reale 7- Per Žižek il Reale si sottrae a qualunque simbolizzazione o significazione. Esso è sempre relativo a un soggetto. Il Reale è ciò che sta «là fuori» (esterno e contrapposto al mondo interno del soggetto) e che non dipende da noi. Esso è ciò che può essere compreso da leggi sotto il nome di realtà scientifica ma anche ciò

Convergenza

LA FACOLTÁ

L’ARCHIVIO L’ECCEDENZA

Carattere non concettuale dell’artefatto e/ dell’attività

Dotazione immaginaria antropologica

“Modo simbolico” Modalià specifica di trattamento o di azione

Impegno Ontologico (Divergenza)

Ipotesi di opposizione Tra simbolo e Concetto (Divergenza

Ipotesi della soggettività fondatrice (Divergenza)

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che la legge simbolica ricopre e che alla legge sfugge come residuo non simbolizzabile (F. Carmagnola 2010). Il Reale resiste ad ogni rimozione e si presenta negli oggetti osceni dei fantasmi amorfi (frammenti dell’oggetto lacaniano petit a). Esso preesiste al processo di soggettivazione umano (Carmagnola 2006), il Reale si configura anche come trauma. Il contatto col Reale è rischio di morte. Il Reale žižekiano richiama il godimento osceno, la jouissance- come abbiamo già visto- il godimento collocato “al di là del principio del piacere” (S. Žižek 1993). Žižek opera una torsione del Reale lacaniano nel senso che per il filosofo di Lubiana abbiamo che

«il Reale non è impossibile nel senso che non può mai accadere.. No, il problema con il reale è che esso accade e questo appunto è il trauma. Il punto non è che il reale è impossibile, ma piuttosto che l’impossibile è Reale» (S. Žižek G. Daly 2006:97).

7.a- Su questo percorso troviamo anche una lettura žižekiana del crollo delle Torri Gemelle dell’11 settembre che coincide in parte con l’analisi di Baudrillard e Morin (2004). Per il filosofo di Lubiana si tratta di un affare interno al capitalismo (S. Žižek 2002) con il reale che buca lo spessore della serie delle fantasmatizzazioni mediali e diviene evento. Paradossalmente, sostiene Žižek, abbiamo che con questo evento è la realtà che copia lo spettacolo aprendo un nuovo ciclo in cui

«una superpotenza che combatte un misero paese deserto e che allo stesso tempo è ostaggio di batteri invisibili: questa, e non le esplosioni del WTC, è la prima immagine della guerra del XXI° secolo» (S. Žižek 2002:51).

È questo il deserto del reale che per Žižek si connette ad altri scenari pertinenti all’epidemia dell’immaginario. E il fatto che la realtà si

ispira allo spettacolo costituisce una inversione che, pure a livello di comportamenti sociali e a livello linguistico, è ampiamente rilevabile e riferibile a quanto affermava Debord (che Žižek non cita mai).

«Lo spettacolo….. è piuttosto una Weltanschauung divenuta effettiva, materialmente tradotta» (G. Debord 2002:44). «Lo spettacolo, compreso nella sua totalità, è nello stesso tempo il risultato e il progetto del modo di produzione esistente. Non è un supplemento del mondo reale, il suo sovrapposto ornamento. Esso è il cuore dell'irrealismo della società reale» (G. Debord 2002:44). «Non si possono opporre astrattamente lo spettacolo e l'attività sociale effettiva; questo sdoppiamento è esso stesso sdoppiato. Lo spettacolo che inverte il reale è effettivamente prodotto. E nello stesso tempo la

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realtà vissuta è materialmente invasa dalla contemplazione dello spettacolo, e riprende in se stessa l'ordine spettacolare, offrendogli un'adesione positiva. La realtà oggettiva è presente su entrambi i lati. Ogni nozione così fissata non ha per fondo che il suo passaggio all'opposto: la realtà sorge nello spettacolo e lo spettacolo è reale» (G. Debord 2002:45).

Il Reale, infine è ciò che S. Benvenuto (in S. Žižek G. Daly 2006:19) chiama sindrome di derealizzazione: quando «non ci sentiamo più nella realtà familiare, e quindi percepiamo finalmente la realtà come .... Reale». Tornando a Lacan (1974:22): «il Reale è ciò che manca al suo posto». Carmagnola, infine, pone in evidenza il concetto di Reale come prodotto «della crisi dei meccanismi di produzione e di riproduzione che rendono possibile una intersoggettività regolare, “realistica”» (F. Carmagnola 2002:51 ).

Su questa linea concettuale la crisi economica del 2008 può anche essere letta, alla stessa stregua dell’attacco dell’11 settembre, come il venir fuori del Reale dell’economia con la crisi della struttura simbolico-immaginaria di questa, il dissolversi delle fantasmatizzazioni dell’Immaginario (fiction/fantasy) non più in grado di supportare il simbolico dell’economia avvitato su se stesso. Anche in questo caso emerge un godimento che sottolinea ancora meglio l’oscenità del Reale. È quello dei manager (con le loro stock-option) nelle loro limousine che insieme agli impiegati licenziati (con le loro scatole di cartone) lasciano la Lehman Brothers.

7.b- Rispetto alla nozione di Reale, infine, Lacan indica alcune – è il caso di dire – coordinate già diciassette anni prima nel Seminario su La relazione d’oggetto, definendolo qualcosa che è al limite della nostra esperienza e che ad esso possiamo riferirci solo teorizzandolo. In un primo tempo ne parla come di un impossibile ed in effetti per reale si può intendere come qualcosa che fugge sempre, ma che, indipendentemente da quello che intendiamo farne, ritornerà sempre al suo posto. 8- È possibile, a questo punto, mappare la teoria RSI attraverso la combinatoria dei suoi elementi (S. Žižek 2004 S. Žižek G. Daly 2006:96) . A) Reale - Reale La cosa orrorifica. L’oggetto primordiale. La gola di Irma. Alien. B) Reale - Simbolico / Simbolico - Reale Le formule della fisica quantistica- (Godimento -Domanda). C) Reale - Immaginario Il je ne sais quoi, il fascino inspiegabile di un oggetto- (Desiderio). D) Immaginario - Immaginario L’immagine nella sua funzione fondamentale di esca- (Desiderio). E) Immaginario - Reale Fantasy. Scenario immaginario che occupa il posto del Reale- Ma anche la cosa orribile. (Desiderio). Fantasy ideologica

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F) Immaginario - Simbolico / Simbolico - Immaginario Simboli junghiani. Gli archetipi New Age – (Desiderio - Domanda). G) Simbolico - Simbolico Parola come tale, senza senso. Il gioco del significante puro (perversione). 9- L’ambito RSI nei lavori di Žižek rientra nel quadro di una chiara critica del capitalismo contemporaneo visto nelle sue dimensioni sociali, politiche e comunicative (un aspetto spesso rimosso da molti di coloro che pure usano le sue categorie psicoanalitiche e filosofiche). Žižek pone in primo piano la crisi del Simbolico, il suo collasso, il trasparire della sua impalcatura attraverso cui emergono le fluttuazioni informi e minacciose del Reale (pre-simbolico e spettrale). L’Immaginario si riduce, in questo scenario, a velo che non riesce più a coprire un Simbolico collassato ed un Reale affiorante.. Il modello infine che Žižek delinea nei suoi ultimi lavori, letto da Carmagnola (2002:54) – e rappresentante anche una sintesi di quanto abbiamo individuato in precedenza- può riassumersi come segue.

Simbolico – legge, potere, ordine dei significanti – segue logiche di: occlusione rispetto al Reale , collusione con la Legge- crisi coinvolgente il Reale (emersione) e l’Immaginario (raddoppiamento fantasmatico del potere- cedimento al Reale). Reale – residuo, fantasma - logica di occlusione del Simbolico – emerge nella crisi del Simbolico (coinvolgimento dell’Immaginario). Immaginario – il fake, ciò che supporta il simbolico nell’occlusione del reale- segue logiche di: collusione (con la Legge come il Simbolico), invasione (coalizione con il Reale, il fantasma che emerge dall’impalcatura del simbolico).

OCCLUSIONE Il simbolico occlude il reale

SIMBOLICO La legge. Il potere. L’ordine dei significanti

CRISI DEL SIMBOLICO: reale e immaginario come acting out

FANTASMA Ciò che compare nella smagliatura del simbolico

COLLUSIONE L’immaginario al servizio della legge

IMMAGINARIO Il fake: ciò che collabora con il simbolico nell’occlusione

INVASIONE

REALE Ciò che è occluso dal simbolico Ciò che ricompare come residuo informe o fantasma

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Questo modello (F. Carmagnola cit.) mostra come l’immaginario si vettorializzi sia verso il Simbolico come supporto sia verso il Reale in modo fantasmatico. 10- Il campo psichico lacaniano quindi è costituito dal Reale – ovvero l’eccesso non simbolizzabile – il Simbolico – una rete di significanti che avvolge, determina e precede il soggetto nella forma del linguaggio alienandolo a se stesso – e l’Immaginario – che attraverso la fantasmatica soggettiva, cioè l’insieme delle formazioni illusorie della vita psichica, struttura definitivamente il soggetto entro l’ordine simbolico. Lacan definisce la triade anche come un complesso dialettico, in cui i tre sono sempre in relazione reciproca tra loro – relazione espressa dall’immagine del “nodo borromeo” (J. Lacan 1974) che presenta le caratterizzazioni che seguono.

Un nodo borromeo ed una catena semplice a tre anelli. Vi sono differenze che derivano da due tipi diversi di nodi. Rispetto ad una catena a tre anelli, ad esempio gli anelli olimpionici, vediamo come esista solo un nodo che, tagliato, liberi gli altri due. Solo attraverso l’anello medio si possono staccare le due estremità (C. Viganò 2008).

Se sistemiamo uno dei tre anelli al posto di uno qualsiasi degli altri due e se ad ognuno di essi facciamo corrispondere Reale, Simbolico e Immaginario avremo l’equivalenza dei tre registri che sono ovviamente differenti nella denominazione.

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Pasquale Stanziale è docente di Filosofia Teoretica presso a Pontificia Facoltà Teologica di Caserta e collabora con Università ed Agenzie di Formazione. Ha al suo attivo un’ampia pubblicistica nel campo delle Scienze Umane. Collabora con la rivista Civiltà aurunca per la parte socioantropologica. Tra le sue pubblicazioni Omologazioni e anomalie (Caserta 1999), ricerca divenuta un classico degli studi locali, Mappe dell’alienazione (Roma 1995), saggio di filosofia politica e la traduzione del best-seller la Società dello spettacolo di G. Debord (Viterbo 2002). Ha curato anche Il Manuale di saper vivere ad uso delle giovani generazioni di R. Vaneigem (Viterbo 2004) ed una antologia di autori situazionisti (Viterbo 1998). Tra le pubblicazioni più recenti Cultura e società nel Mezzogiorno (Caserta 2007), Materiali per un’economia politica dell’immaginario (Civiltà Aurunca n. 2 2008-2012 Latina), Scenari tra economia e scienze umane (Quaderni Craet n. 11 Sec Univ. Napoli 3-2009), Cyberanalysis, (Quaderni Craet n. 14 – Sec Univ. Napoli 6-2010). Laclau & Mouffe: egemonie, socialismo, populismo,(La Sinistra Rivista- Mothly Review 5-2013).