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SHELF-LIFEInformazioni pratiche per arrivare

a definire la durabilitàdi un prodotto e a prolungare

la sua vita commerciale.

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Questo volume è rilasciato sotto licenza Creative Commons Attribuzione

Non commerciale - Non opere derivate 3.0 Italia.

Autori: Edoardo Fontanella - Laboratorio Chimico Camera di Commercio Torino.

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INDICE

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Introduzione 51. Normativa, definizioni ed etichettatura 7

1.1. Come distinguere una “scadenza” da un “TMC” 71.2. Modalità di indicazione in etichetta 10

2. SHELF-LIFE e studi di shelf-life 122.1. Fase di studio preliminare 132.2. Prove di conservazione 14

3. Fenomeni di degradazione e parametri indicatori 183.1. Caratteristiche ed indicatori di tipo chimico / fisico 183.2. Caratteristiche ed indicatori di tipo microbiologico 253.3. Caratteristiche e prove di tipo sensoriale 32

4. Valutazione dei risultati 36

5. Tecnologie per incrementare la shelf-life 38

Bibliografia 45

Schede di approfondimento:Principali aspetti da considerare in uno studio di Shelf-life 13Shelf-life in “abuso termico” 16

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Metodi accelerati 23Listeria monocytogenes 26Challenge – test 27Microbiologia predittiva 32Glossario sensoriale 35Shelf-life post apertura 37Active ed intelligent packaging 39

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Introduzione

La vecchiaia è una malattia inguaribile (Seneca)

L’invecchiamento e il deperimento sono fenomeni naturali cheriguardano ogni essere vivente, oggetto o materiale che cicirconda. Da questo fenomeno non sono esclusi gli alimenti:qualsiasi essi siano, qualsiasi sia il loro sistema di conservazione,dal momento della loro preparazione sono destinati comunque asubire nel tempo qualche tipo di alterazione.E’ responsabilità di ciascun produttore di alimenti capire attraversoquali meccanismi fisici, chimici e microbiologici avvenga ladegradazione e, soprattutto, con quale velocità. Per la maggiorparte degli alimenti la normativa impone di informare ilconsumatore indicando in etichetta la data fino alla quale si ritieneche il prodotto si mantenga sicuro e con le proprie caratteristiche.Nel caso di prodotti deperibili questa informazione diventaessenziale per tutelare la salute del consumatore, oltre che pergarantire le caratteristiche organolettiche.La shelf-life di un alimento, traducibile letteralmente come “vita discaffale”, rappresenta il periodo di conservazione in cui il prodottomantiene caratteristiche tali da poter essere commerciabile.Stabilire questo periodo spesso è un compito non semplice, cherichiede competenze molto varie e specifiche.Questa guida si propone di fornire indicazioni utili a capire iprincipali processi d’invecchiamento e di illustrare gli strumenti e lemetodologie per misurarli e determinare, nel modo più correttopossibile, la durabilità dei prodotti.Oltre a dover determinare la shelf-life, spesso i produttori si trovanodi fronte alla necessità di rendere più stabili i loro prodotti per farfronte a catene distributive che richiedono shelf-life sempre piùlunghe o, semplicemente, per riuscire a preservare meglio le qualitàdel proprio prodotto. A questo scopo saranno illustrati

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sinteticamente i principi e le tecnologie in grado, quando possibile,di proteggere meglio gli alimenti dai fattori degradativi. Nellaletteratura scientifica sono presenti svariate pubblicazioni sul temadella shelf-life, e non mancano laboratori e consulenti che possonoaiutare l’operatore del settore in questo compito; questa guida sipone un diverso obiettivo di fondo: permettere agli operatori, nondi diventare “esperti”, ma di avere una visione d’insieme più chiarae di affrontare la questione sapendo esattamente “cosa chiedere ecosa aspettarsi dagli esperti”.

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1. Normativa, definizioni edetichettatura

Tra gli espliciti divieti imposti dall’art. 5 della Legge n. 283 del30 aprile 1962 vi è la vendita, la detenzione e lasomministrazione di alimenti e bevande in cattivo stato diconservazione, con cariche microbiche superiori ai limiti dilegge, in stato di alterazione o comunque nocive. Ciascunproduttore dovrà quindi fornire le giuste indicazioni per lacorretta conservazione nel tempo dei prodotti commercializzati,anche attraverso una corretta etichettatura.Il Reg. UE 1169/2011, relativo alla fornitura di informazionisugli alimenti ai consumatori, impone che i prodotti in commercioabbiano l’indicazione in etichetta del “termine minimo diconservazione” (spesso indicato con l’acronimo TMC) o della“data di scadenza”; così definiti:

•“Termine minimo di conservazione di un alimento”: la data fino allaquale tale prodotto conserva le sue proprietà specifiche inadeguate condizioni di conservazione;

•“Data di scadenza”: nel caso di alimenti molto deperibili dal puntodi vista microbiologico che potrebbero pertanto costituire, dopoun breve periodo, un pericolo immediato per la salute umana, iltermine minimo di conservazione è sostituito dalla data discadenza. Successivamente alla data di scadenza un alimento èconsiderato a rischio a norma dell’articolo 14 del regolamento(CE) n. 178/2002.

1.1 Come distinguere una “scadenza” da un “TMC”?Definire la deperibilità di un alimento è un aspetto di primariaimportanza per una corretta etichettatura e la salvaguardia deiconsumatori. Riportare il “termine minimo di conservazione” su un

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alimento in realtà molto deperibile costituisce un’informazione noncorretta e, quindi, un rischio per il consumatore. Se invece si riportala “data di scadenza” su un prodotto in realtà stabile, questo rientrareautomaticamente in una categoria considerata più a rischio, cheimplica, oltretutto, maggiori conseguenze legali nel caso venisseerroneamente commercializzato oltre il termine di conservazione.Gli alimenti “molto deperibili dal punto di vista microbiologico”, in cuisi utilizza la data di scadenza, sono prodotti che normalmentedevono essere conservati in frigorifero, come formaggi freschi, carneed alcuni prodotti a base di carne, pasta fresca, piatti prontirefrigerati, frutta e verdura IV gamma, etc. A causa delle loro proprietàintrinseche tali alimenti costituiscono un facile terreno di crescita per imicrorganismi: in breve tempo compaiono progressivi segni dialterazione accompagnati da livelli crescenti di microrganismi, fino adiventare inaccettabili per il consumo o non sicuri. Per questo motivosi ritiene che dopo la scadenza costituiscano un rischio oggettivo perla salute del consumatore, anche in assenza di alterazioniorganoletticamente evidenti. In questi prodotti si ha normalmente unashelf-life che si misura in giorni o settimane.Alimenti, che in virtù delle loro caratteristiche (es. molto acidi,secchi,…) o di trattamenti tecnologici di produzione (es.sterilizzazione, essiccazione, aggiunta di conservanti, …) risultanostabili per mesi o anche anni vengono definiti non deperibili o pocodeperibili. In questi casi il rischio maggiore non è costituito da unapericolosa crescita microbica, ma la durabilità è limitata in genere dauna perdita delle caratteristiche qualitative o nutrizionali, che non daluogo a “un pericolo immediato per la salute umana”; in questo casola durabilità viene indicata come “Termine minimo di conservazione”.Appartengono a questa categoria biscotti e prodotti da forno secchi,miele, pasta secca, conserve, legumi e cereali, etc. Pur se definiti“non deperibili”, tutti i prodotti alimentari subiscono nel tempo qualchetipo da alterazione, anche se solo organolettica; pertanto vi èugualmente la necessità di definire in modo corretto la loro durabilità.

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L’indicazione del termine minimo di conservazione non èrichiesta in questi casi (Reg. UE 1169/2011):• ortofrutticoli freschi, comprese le patate, che non sono statisbucciati o tagliati o che non hanno subito trattamentianaloghi; questa deroga non si applica ai semi germinali eprodotti analoghi quali i germogli di leguminose;• vini, vini liquorosi, vini spumanti, vini aromatizzati e prodottisimili ottenuti a base di frutta diversa dall’uva; nonché dellebevande del codice NC 2206 00 ottenute da uva o mosto diuva;• bevande con un contenuto di alcol pari o superiore al 10 %in volume;• prodotti della panetteria e della pasticceria normalmenteconsumati entro le ventiquattro ore successive allafabbricazione;• aceti;• sale da cucina;• zuccheri allo stato solido;• prodotti di confetteria consistenti quasi unicamente in zuccheriaromatizzati e/o colorati;

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1.2. Modalità di indicazione in etichettaIl termine minimo di conservazione (TMC), secondo il Reg. UE1169/2011, deve essere indicato con la dicitura:• “Da consumarsi preferibilmente entro il… ” quando la data comprendel’indicazione del giorno.

• “Da consumarsi preferibilmente entro fine…” negli altri casi.

Queste diciture sono accompagnate dalla data stessa, oppuredall’indicazione del punto in cui essa è indicata sull’etichetta.L’indicazione della data dovrà comprende nell’ordine e in formachiara il giorno, il mese e l’anno con le seguenti eccezioni e regole:

La data di scadenza, sempre secondo il Reg. UE 1169/2011,deve essere indicata con la dicitura:

• “Da consumarsi entro…” seguita dalla data stessa oppuredall’indicazione del punto in cui essa è indicata sull’etichetta.L’indicazione della data dovrà comprendere, nell’ordine ed informa chiara, il giorno, il mese ed eventualmente l’anno. Adesempio “da consumarsi entro 15 giugno 2015” / “da consumarsientro vedi lato confezione”.

Entrambe le indicazioni di “scadenza” o “TMC” dovranno esserecompletate, quando necessario, da una descrizione dellecondizioni e modalità di conservazione da rispettare per avere unagaranzia sul mantenimento del prodotto per il periodo specificato.

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per meno di 3 mesi È sufficiente l’indicazione del giorno e del mese.fra 3 e 18 mesi È sufficiente l’indicazione del mese e dell’anno.

per più di 18 mesi È sufficiente l’indicazione dell’anno.

Prodotti conservabili:

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Alcuni alimenti hanno una durabilità determinata da specifiche norme:

Latte fresco pastorizzato 6 gg dal trattamento termicoLatte fresco pastorizzato di alta qualità 6 gg dal trattamento termicoLatte microfiltrato fresco pastorizzato 10 gg dal trattamento termicoLatte a lunga conservazione UHT 90 gg dal trattamento termicoUova fresche 28 gg dalla deposizioneFunghi secchi 12 mesi dal confezionamentoOli di oliva vergini 18 mesi dall’imbottigliamento

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2. SHELF-LIFE e studi di shelf-life

La shelf-life di un prodotto può essere definita come il periodo ditempo in cui l’azienda produttrice garantisce il mantenimento ditutte le caratteristiche di sicurezza, salubrità e qualità organoletticaproprie di quell’alimento. Poiché tale garanzia comportal’assunzione di responsabilità precise da parte dell’operatore neiconfronti della legge, dei consumatori e dei propri clienti, è facilecapire come la determinazione della shelf-life sia di fondamentaleimportanza per un’azienda.

Il sistema con cui si arriva a stimare, nel modo più accurato possibile,la conservabilità di un alimento, viene chiamato studio di shelf-life. IlManuale e le procedure di autocontrollo aziendale devono prevedereuna descrizione sulle modalità, i criteri e gli studi effettuati per definirela conservabilità, allegando la documentazione disponibile, comemateriale bibliografico, relazioni tecniche o analisi di laboratorio. Peruno studio di shelf-life ci si affida molto spesso a consulenti o laboratorispecializzati, ma in ogni caso il produttore dovrebbe avere moltochiari alcuni concetti di base e soprattutto gli obiettivi che vuoleraggiungere. Spesso è lui stesso l’unica fonte di una serie diinformazioni necessarie per unavalutazione completa e corretta delprodotto; pertanto la valutazione dellashelf-life non può mai esserecompletamente delegata a terzi, ma deveessere frutto di una collaborazione tralaboratorio d’analisi ed aziendaproduttrice.

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2.1.Fase di studio preliminareUno studio di shelf-life deve prevede una fase preliminare divalutazione di tutti gli aspetti e le caratteristiche del prodotto chepossono avere un’influenza sulla conservazione. Le informazioniraccolte hanno la funzione di effettuare una prima stima su qualipericoli e fenomeni degradativi aspettarsi, in quale forma sipresenteranno e con quale rapidità. Queste considerazionipotranno essere supportate da ulteriori informazioni raccolte inbibliografia o con prove analitiche. Lo studio preliminare delprodotto è utile per formulare una prima ipotesi sulla suaconservabilità e per progettare eventuali prove che possanoconfermare o meno questa ipotesi.

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Principali aspetti da considerare in uno studio di shelf-life:

•Tipologia di prodotto ed ingredienti utilizzati•Processi tecnologici di lavorazione e conservazione•Caratteristiche chimico-fisiche•Profilo microbiologico•Presenza di sostanze o additivi con azione conservante•Tipologia di confezionamento•Temperature e condizioni di conservazione previste•Studi e pubblicazioni scientifiche relative ai pericoli e ai tempi di

conservazione per la categoria di prodotto•Dati storici ed informazioni aziendali (es. precedenti analisi, alterazioni

tipiche del prodotto, reclami da parte di clienti, studi già effettuati inprecedenza dall’azienda sullo stesso prodotto o su prodotti simili …);

•Identificazione di eventuali limiti microbiologici o chimici previsti danorme specifiche

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2.2.Prove di conservazioneL’esecuzione di prove di conservazione (o test di durabilità) è unadelle metodiche più frequentemente utilizzate per verificare ladurabilità nel tempo di un prodotto. L’obiettivo è di monitorare ilprocesso di degradazione attraverso la verifica di indicatori di tipochimico, microbiologico e sensoriale su campioni di riferimentoconservati a questo scopo. Generalmente i campioni sono costituitida una serie di prodotti in confezione integra ed appartenenti allostesso lotto.Per valutare le condizioni di partenza viene prevista una primaprova subito dopo la produzione, considerato come “tempo zero”(t00); in seguito sono analizzati a cadenza prestabilita i successivicampioni, mantenuti in condizioni di conservazione definite econtrollate. E’ anche possibile prevedere analisi su prodottiprelevati direttamente dai punti vendita, in modo da verificare lecondizioni durante la fase di commercializzazione.La progettazione del protocollo analitico deve prevedere, oltre aiparametri da valutare, i tempi di esecuzione delle prove, in altreparole per quante volte e dopo quanto tempo debbano essereanalizzati i prodotti. Il numero delle prove da eseguire dopo laproduzione è in funzione del tipo di prodotto e del tempo stimatodi conservazione. Maggiore è il numero delle prove, maggioresarà l’attendibilità dei risultati, ma maggiori saranno anche i costida sostenere. Oltre al tempo zero (t00) generalmente si consigliadi effettuare almeno tre prove distribuite uniformemente durante ilperiodo di conservazione previsto (t01-t02-t03). Per garantirsi unmargine di sicurezza è buona norma prevedere che l’ultima provavenga eseguita oltre il periodo di durabilità prevista. In funzione deirisultati ottenuti nel corso delle prove sarà sempre possibileeffettuare delle variazioni rispetto ai tempi di analisi inizialmenteprevisti.

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LLee ccoonnddiizziioonnii ddii ccoonnsseerrvvaazziioonnee dei campioni durante le provedevono essere valutate attentamente, in quanto non è sufficienteprendere in considerazione le sole condizioni di conservazionepreviste dal produttore ed indicate in etichetta. Lo studio dovrà considerare realisticamente eventuali condizioni diconservazione non idonee, che potrebbero avvenire prevedibilmentedurante le varie fasi di commercializzazione (es. stoccaggio,trasporto, esposizione nei punti vendita,...), in particolare per quantoriguarda le temperature. La stessa conservazione domestica puòessere considerata una fase critica; è stato infatti dimostrato comebuona parte dei frigoriferi domestici vengano mantenuti normalmentea temperature di 6/8°C.

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ESEMPIO: esecuzione delle prove analitiche in un test di durabilità per unprodotto in cui si ipotizza una shelf-life di circa 30 giorni:

o t 00 – Analisi subito dopo la produzioneo t 01 – dopo 7/10 giorni di conservazioneo t 02 – dopo 20/25 giorni di conservazioneo t 03 – dopo 35/40 giorni di conservazione

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Per migliorare l’affidabilità dei risultati ottenuti è buona normaprevedere prove e analisi ripetute su un numero maggiore dicampioni, ossia:

• più campioni appartenenti allo stesso lotto, in modo da valutarela variabilità all’interno dei singoli lotti;• campioni appartenenti a lotti diversi, in modo da valutare lavariabilità tra lotti e condizioni di produzione diverse.

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Shelf-life in “abuso termico”

Uno studio di shelf-life per prodotti deperibili refrigerati deve tenere inconsiderazione il fatto che nella vita commerciale vi possono essere fasi (es.trasporto, vendita, stoccaggio, …) con innalzamenti accidentali ditemperatura oltre i limiti previsti, detti di “abuso termico”. Il modo piùsemplice di considerare questi eventi è di simulare “le peggiori condizioni”,conservando i prodotti a temperature di “abuso” per tutta la durata delleprove, ad esempio a 6/8°C per prodotti refrigerati da conservarenormalmente a 0-4°C. Un altro sistema è di variare le temperature di conservazione in modo dasimulare le varie fasi di commercializzazione; ad esempio è possibileprevedere una conservazione a 4°C per il primo 70% di tempo(corrispondente alla fase di stoccaggio in cella e di vendita in condizioniidonee) e 8°C per l’ultimo 30% del tempo (corrispondente alla fase diconservazione domestica).Questo tipo di prove e verifiche possono essere integrate da sistemi dimicrobiologia predittiva, attraverso cui viene simulata la crescita delle variepopolazioni microbiche in funzione delle caratteristiche dell’alimento e dellecondizioni di conservazione (v. approfondimento a pag 32).

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Queste ripetizioni implicano un aumento dei costi per l’aziendanon sempre compatibile con le risorse disponibili, soprattutto per lepiccole realtà; in questo caso si può pensare di ripetere le analisinon per tutti i parametri, ma solo per quelli identificati comerealmente critici.

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3.Fenomeni di degradazione eparametri indicatori

Batteri, funghi, ossigeno, attività enzimatica, luce ed umidità sonosolo alcuni dei fattori alteranti a cui sono continuamente esposti iprodotti alimentari. Vista la complessità dei meccanismi coinvolti ènecessario individuare per ogni studio di shelf-life i cosiddettiparametri indicatori, ovvero le analisi chimiche, microbiologiche osensoriali più adeguate per monitorare i processi di degradazionein atto. Di seguito saranno descritte le principali caratteristiche deglialimenti e gli indicatori più frequentemente utilizzati per raccogliereinformazioni sull’andamento dei processi di degradazione.

3.1 Caratteristiche ed indicatori di tipo chimico/fisicoReazioni chimiche e fenomeni fisici determinano sovente alterazionidelle caratteristiche sensoriali, nutrizionali e strutturali del prodotto.Le alterazioni indotte possono arrivare a favorire indirettamenteanche lo sviluppo microbico. Molte di queste reazioni sono indotteo accelerate da fattori ambientali esterni, come luce, temperatura,umidità e presenza di ossigeno.

Attività ione idrogeno (pH)Rappresenta quanto un prodotto alimentare sia acido (pH <7) oalcalino (pH > 7) ed è un valore in stretta correlazione con lapossibilità di crescita dei microrganismi. Diverse tecniche diconservazione si basano su un’acidificazione dell’alimento tale dainibire la crescita microbica. L’acidificazione può avvenireattraverso l’innesco di processi biochimici (es. la fermentazionelattica di alcuni salumi) o tramite l’aggiunta di acidi organici (es.prodotto conservati sotto aceto). In questi casi il controllo del pH èutile a verificare il raggiungimento di valori sufficienti a garantirel’effetto inibente. Ciascun microrganismo ha una diversa capacitàdi crescita ai diversi valori di pH, per questo il pH è un valore che

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risulta determinante per caratterizzare l’alimento e prevedere qualimicrorganismi potranno più facilmente svilupparsi e con qualerapidità. Questo aspetto sarà trattato più approfonditamente nellasezione 3.2 relativa alle caratteristiche microbiologiche.

UUttiillee ppeerr…… definire e monitorare la possibilità di crescita deimicrorganismi, soprattutto in prodotti deperibili e in quelli acidificatiai fini della conservazione (es. conserve alimentari).

Aw / Acqua liberaÈ un valore che definisce la quantità d’acqua disponibile all’internodi un alimento; insieme al pH, è un parametro strettamente correlatoalla possibilità di crescita dei microrganismi. Il valore di acqualibera varia negli alimenti tra uno (acqua totalmente disponibile) ezero (assenza di acqua disponibile). Per la maggior parte deibatteri non è possibile la crescita a valori inferiori a 0,90, mentrealcuni lieviti e muffe possono svilupparsi fino a 0,61, limite al disotto del quale non è possibile la crescita di alcun microrganismo.La deperibilità di molti alimenti è correlata al fatto di possederevalori di aw superiori a 0,95, tali da permettere la crescita di granparte degli agenti patogeni ed alteranti. Vari trattamenti tecnologici(es. essicazione, salagione, ...) hanno lo scopo di ridurre ladisponibilità d’acqua, in modo da impedire o rallentare la crescitadei microrganismi. In determinati prodotti è opportuno verificare ivalori di Aw e monitorare che non vi siano nel tempo innalzamentiinaspettati che favoriscano lo sviluppo di batteri o funghi, perquesto motivo, come in altri casi, diventa basilare proteggerel’alimento dagli scambi di umidità con l’ambiente esterno.

UUttiillee ppeerr…… valutare la possibilità di crescita dei microrganisminell’alimento e monitorare eventuali scambi di umidità conl’ambiente esterno, ad esempio nei prodotti secchi da forno.

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UmiditàDiversamente dall’acqua libera, la valutazione dell’umiditàconsidera il contenuto totale di acqua presente nell’alimento e nonsolo quella disponibile per la crescita dei microrganismi. Variazionidel contenuto di umidità, in positivo o negativo, possonodeterminare alterazioni della struttura e del colore, fenomeni diossidazione lipidica e condizionare la crescita di batteri e funghi.Per stabilizzare il prodotto occorre ridurre gli scambi di umidità conl’ambiente esterno, principalmente attraverso efficaci sistemi diconfezionamento ed idonei ambienti di stoccaggio. In alcunetipologie di prodotto è possibile che vi sia un fenomeno diripartizione dell’umidità tra le varie parti di un alimento, comeaccade alla crosta del pane che perde croccantezza per ladiffusione dell’umidità della mollica verso l’esterno.

UUttiillee ppeerr…… monitorare gli scambi di umidità con l’ambiente, inparticolare in quei prodotti in cui vi è una forte correlazione tracaratteristiche organolettiche e contenuto di umidità (es. prodottida forno).

Ossidazione lipidica (irrancidimento ossidativo)L’ossidazione lipidica costituisce uno dei fenomeni che più spessolimita la durabilità di molti prodotti alimentari, attraverso alterazioniorganolettiche (colore, odore e struttura) e del contenutonutrizionale. La degradazione della componente lipidica ècaratterizzata da una serie di complesse ed articolate reazionichimiche a catena, che producono inizialmente acidi grassi liberie, successivamente, composti reattivi (perossidi ed idroperossidi) ingrado di propagare ed accelerare il processo ossidativo. Lereazioni coinvolte arrivano a produrre molecole percepite comesgradevoli, conferendo al prodotto il cosiddetto “odore di rancido”.Le reazioni ossidative descritte richiedono la presenza di ossigenoe sono principalmente favorite ed accelerate dalle temperature

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elevate, dalla luce, dalla presenza di alcuni enzimi e catalizzatorie dal grado di insaturazione dei grassi coinvolti, mentre sonocontrastate da sostanze antiossidanti, come quelle naturalmentepresenti in alcuni grassi (ad esempio i tocoferoli nell’olio extravergine d’oliva). Per monitorare questo fenomeno si possonoprevedere dei test organolettici, ma sicuramente analisi specifichedi laboratorio possono oggettivare meglio la natura e la velocitàdel processo di degradazione. Tra le analisi più frequentementeutilizzate vi sono:

✓✓ Acidità sul grasso estratto: valuta il processo di inacidimento dellacomponente grassa dovuta al rilascio iniziale di acidi grassi liberiper idrolisi dei trigliceridi.

✓✓ Numero di perossidi: identifica la formazione di perossidi checaratterizzano la prima fase del processo ossidativo, per poidiminuire in una fase successiva.

✓✓ Valore di p-anisidina: valuta la formazione di aldeidi e chetoni duranteuna seconda fase dei processi ossidativi, molecole spessoresponsabili delle alterazioni organolettiche.

✓✓ Valutazione del profilo aromatico e dell’esanale: attraverso tecniche di gascromatografia è possibile valutare alterazioni del profilo aromaticodovute ai processi ossidativi che determinano la formazione el’aumento di alcune sostanze volatili, tra cui l’esanale.

Si consiglia di eseguire in parallelo prove di tipo organolettico, in mododa trovare un’effettiva correlazione dei risultati strumentali con l’aspettosensoriale. E’ bene precisare, però, che l’ossidazione lipidica nonprovoca solo alterazioni organolettiche, ma modifica il valorenutrizionale di un alimento e costituisce un rischio per la salute per laformazione di composti chimici con effetti potenzialmente tossici.

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Vi sono varie azioni preventive che possono migliorare la durabilitàe la stabilità del prodotto: l’utilizzo e il corretto stoccaggio dimaterie prime di buona qualità; la protezione del prodotto finitodalle temperature elevate e dalla luce; inoltre si possono prevederesistemi di confezionamento che eliminino la presenza dell’ossigeno(atmosfera modificata o sottovuoto) o l’utilizzo di additiviantiossidanti (vedere in proposito il capitolo 5).

UUttiillee ppeerr…… monitorare l’andamento della degradazione dei grassiin quei prodotti più soggetti all’ossidazione, come negli oli e grassidi origine vegetale o animale e in quelli con una componentegrassa comunque apprezzabile, come i prodotti da forno, la fruttasecca, gli snack, i prodotti a base di latte o di carne.

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Reazioni enzimaticheGli enzimi sono molecole di natura proteica presenti in tutti gliorganismi viventi con il compito di indurre e favorire determinate especifiche reazioni biochimiche. Se non vengono denaturi e bloccatii loro meccanismi d’azione, ad esempio attraverso alcuni processi dilavorazione come cottura e sterilizzazione, possono continuare aprodurre modificazioni negli alimenti, a volte anche non desiderate.Nei vegetali freschi, ad esempio, anche dopo la raccolta gli enzimicontinuano ad agire nei processi di maturazione, modificandocaratteristiche come colore, aroma, valore nutrizionale e struttura,arrivando a produrre alterazioni e danni tissutali che facilitano ladecomposizione e lo sviluppo di microrganismi. La loro azione è rallentata dalle basse temperature diconservazione, mentre è bloccata da trattamenti tecnologici in

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Metodi accelerati

Una possibilità interessante è quella di effettuare prove su campioni in cuisono stati accelerati i processi di degradazione, in modo da ridurre i tempi divalutazione. Uno dei sistema più impiegati è di porre gli alimenti a tempera-ture di stoccaggio superiori a quelle abituali, favorendo così le reazioni chi-miche che normalmente avverrebbero in tempi più lunghi. Analizzando icampioni ed elaborando i risultati ottenuti si può arrivare a stimare la shelf-life che si avrebbe a normali temperature di stoccaggio, questo metodo è piùfacilmente applicato a parametri di tipo chimico, come l’ossidazione lipidica.Per ottenere risultati attendibili è necessario, però, arrivare ad una non sem-plice modellizzazione delle curve di degradazione alle diverse temperaturedi stoccaggio, processo che può richiedere un certo impegno economico. Dipiù semplice esecuzione sono le prove di confronto in condizioni “accele-rate”, in cui si mettono a confronto prodotti simili, ad esempio per poter va-lutare l’efficacia di ingredienti, additivi o sistemi di confezionamento nellostabilizzare meglio il prodotto

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grado di denaturarli, come le alte temperature. Le modificazioniindotte possono essere misurate sia con prove di tipo organoletticosia con tecniche strumentali (vedi sezione 3.3).

UUttiillee ppeerr…… capire la progressione di alcune modificazioni, inparticolare negli alimenti freschi non trattati o poco trattatitermicamente, sia di origine vegetale che animale.

Imbrunimento non enzimatico o reazione di Maillard Negli alimenti avvengono reazioni, anche non mediate da enzimi,che portano a continue modificazioni del prodotto, tra cui unprocesso di imbrunimento detto reazione di Maillard. Questoavviene per una reazione spontanea tra zuccheri (es. glucosio,fruttosio, maltosio o lattosio) e composti azotati (amminoacidi oproteine) durante la fase di cottura o nel corso di uno stoccaggioprolungato. In molti casi questo tipo di imbrunimento è voluto e nonviene considerato un difetto, come nella cottura dei prodotti daforno e degli alimenti in genere; in altri prodotti può indurre ungraduale deterioramento della colorazione tipica. Luce, calore edossigeno facilitano il processo, ed è per questo motivo che, anchein questo caso, risulta cruciale la protezione dell’alimento.

UUttiillee ppeerr…… capire fenomeni di alterazione del colore; gli alimentiin cui più facilmente si produce questa reazione sono conserve nonacide, cereali per la prima colazione, prodotti liofilizzati e inpolvere.

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3.2 Caratteristiche ed indicatori di tipo microbiologicoBatteri, lieviti e muffe, oltre ad essere costituenti tipici ecaratterizzanti di molti prodotti alimentari, rappresentano in alcunicasi un pericolo per la sicurezza e l’integrità degli alimenti. E’necessario garantire che durante il periodo di conservazione nonvi siano crescite microbiche tali da alterare il prodotto, da costituireun pericolo per il consumatore o, comunque, da non superare limitimicrobiologici previsti da norme specifiche. Tra queste norme vi èil Reg. CE 2073/2005, che prescrive di effettuare, quandonecessario, degli studi per verificare il rispetto per l’intero periododi conservazione dei limiti previsti, descrivendone anche lemodalità.Ogni alimento è associato ad un diverso rischio microbiologico,ciò significa che per ogni prodotto si dovrà valutare qualimicrorganismi possono costituire un effettivo pericolo e comemonitorarli durante le prove. Queste valutazioni devono essereeffettuate durante la fase preliminare di studio, in cui si prenderannoin considerazione tutti gli aspetti connessi con la presenza e lapossibilità di sviluppo dei microrganismi, tra cui gli ingredienti egli additivi utilizzati, le modalità di lavorazione, il sistema diconfezionamento, le temperature di conservazione e, in particolare,le caratteristiche chimico-fisiche dell’alimento, come i valori di pHe di acqua libera (Aw).

Il principale pericolo che si può configurare è la presenza e losviluppo di mmiiccrroorrggaanniissmmii ppaattooggeennii, un aspetto facilmentecorrelabile a cattive procedure di lavorazione. Per quanto riguardaalcuni agenti patogeni, come Salmonella spp., Escherichia coliO157 o Campylobacter spp., dovranno essere assenti findall’inizio e per tutto il periodo di conservazione, nel corso dellostudio di shelf-life potranno essere previste delle prove, ma più peraccertare le qualità igieniche dell’alimento che per definirne ladurabilità. Si chiarisce infatti che l’assenza di questi patogeni nel

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corso delle prove non garantisce in alcun modo sulla possibilitàche siano accidentalmente presenti e si sviluppino in altri lotti diproduzione. Lo strumento previsto dalla normativa per minimizzareil rischio è l’applicazione del sistema HACCP e delle proceduredi autocontrollo.Una situazione diversa riguarda gli agenti patogeni o indicatorid’igiene la cui presenza è tollerata, entro certi limiti, anche dallanormativa; in questi casi può essere necessario controllarne lapresenza e le capacità di crescita nell’alimento durante laconservazione, come nel caso di Listeria monocytogenes.

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Listeria monocytogenes

Listeria monocytogenes è un microrganismo patogeno in grado di provocare graviinfezioni sistemiche a seguito dell’assunzione di alimenti contaminati. E’ un germeubiquitario che si ritrova con una certa frequenza nei prodotti di origine animale(es. formaggi, prodotti della pesca, carni e prodotti a base di carne) ed in alcuniambienti di lavorazione. Ha la capacità di moltiplicarsi anche alle temperature direfrigerazione e questa prerogativa lo rende un pericolo da tenere in particolareconsiderazione negli alimenti pronti al consumo refrigerati. Il Reg. CE 2073/2005prevede che vi sia un’attenta valutazione del rischio per L. monocytogenes. Per glialimenti pronti al consumo questo regolamento tollera un limite di 100 ufc/g pertutto il periodo di conservabilità, ma solo se per le loro caratteristiche non costi-tuiscono un terreno favorevole alla crescita di Listeria, ovvero:

•Alimenti con pH≤4.4•Alimenti con Aw≤0.92•Alimenti con pH≤5.0 e Aw≤0.94•Prodotti con un periodo di conservabilità inferiore a 5 giorni•Altri tipi di prodotti purché vi sia una giustificazione scientifica

Per gli alimenti pronti al consumo che costituiscono terreno favorevole allacrescita di L. monocytogenes, non è ammessa la presenza del batterio (il Re-golamento prescrive l’assenza in 25 g di prodotto).

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E’ anche possibile verificare la capacità di crescita di un microrganismoin un determinato alimento o la capacità di sopravvivere ai processi dilavorazione attraverso prove su campioni artificialmente contaminati(Challenge-test) o tramite studi di microbiologia predittiva (vedi schededi approfondimento a pag 27 e 32).

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Viene, però, accettato il limite di 100 ufc/g, se il produttore è in grado di dimo-strare, con soddisfazione dell’autorità competente, che nel prodotto non si supe-rerà il limite di 100 ufc/g durante tutto il periodo di conservabilità. Per unproduttore è sicuramente interessante cercare di riuscire a dimostrare questa si-tuazione ed ottenere così una tolleranza di 100 ufc/g, soprattutto quando si trattadi alimenti in cui è effettivamente possibile una presenza accidentale di Listeria.Verificare questa condizione può, però, essere complesso e implicare l’impiego ditecniche come il Challenge test e la microbiologia predittiva. Per approfondimenti su questa tematica si consiglia di far riferimento al docu-mento della Commissione Europea “Guidance Document on Listeria monocytoge-nes shelf-life studies for ready-to-eat foods, under Regulation (EC) N°2073/2005”.

Challenge - test

I Challenge-test sono prove per determinare la capacità di un determinato microrga-nismo di svilupparsi in un alimento. La prova viene eseguita inoculando artificial-mente specifici microrganismi nell’alimento, per poi verificarne con delle analisi losviluppo nel tempo e alle diverse condizioni di conservazione. Il test è anche impie-gato per verificare l’effetto di un determinato processo di lavorazione (es. pastoriz-zazione) sui microrganismi appositamente inoculati; in questo caso le analisi vengonoeseguite, sull’alimento inoculato, prima e dopo il trattamento di lavorazione. La tec-nica deve essere eseguita in laboratori adeguatamente attrezzati e specializzati, ingrado di simulare nel miglior modo possibile le condizioni che avverrebbero in casodi inquinamento accidentale del prodotto. Una delle principali applicazioni è la veri-fica del potenziale di crescita di L. monocytogenes in prodotti pronti al consumo.

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I microrganismi, oltre ad essere un pericolo per la sicurezza delprodotto, costituiscono uno dei principali fattori di alterazione. Iprocessi di degradazione possono essere monitorate attraverso ilconteggio di determinati microrganismi indicatori, di seguito vengonoelencate le principali analisi di laboratorio utilizzate a questo scopo,ma si tratta di un elenco non esaustivo. In funzione della tipologia dialimento e dei rischi associati è possibile monitorare molte altretipologie di batteri patogeni, alteranti o indice di contaminazione.

Microrganismi aerobi mesofiliE’ un parametro che prevede il conteggio di tutte le specie batterichein grado di crescere in ambiente aerobio a 30°C. Non ha unacorrispondenza diretta con la presenza di patogeni o sulla sicurezzadel prodotto, ma è un indicatore complessivo e generico di igiene edi sviluppo batterico. Negli alimenti in cui è possibile la presenza ela crescita di microrganismi, si potrà osservare un graduale aumentodei suoi valori durante il tempo di conservazione.

UUttiillee ppeerr…… monitorare la crescita microbica negli alimenti, inparticolare in quelli deperibili. In funzione della tipologia dialimento si avranno soglie diverse di accettabilità, correlate allivello di sicurezza e alla comparsa di alterazioni nel prodotto.

EnterobatteriaceeE’ un indicatore dello sviluppo di batteri appartenenti alla famigliadelle Enterobatteriacee, che raggruppa diverse specie batteriche,tra cui batteri potenzialmente patogeni dei generi Shigella,Salmonella, Escherichia e Yersinia.

UUttiillee ppeerr…… monitorare la presenza e lo sviluppo di speciemicrobiche indice di contaminazione e potenzialmenteindesiderate, in particolare nelle carni fresche, nei prodotti a basedi carne, in alcuni prodotti lattiero caseari e in alimenti pronti al

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consumo, specialmente se con ingredienti di origine animale.

Batteri acido lattici I batteri lattici sono batteri anaerobi ossigeno tolleranti, generalmenteprivi di azione patogena, contraddistinti dalla capacità di convertireil lattosio e altri zuccheri in acido lattico. In determinati prodottialimentari, come in alcune tipologie di salumi, la loro presenza ècaratterizzante e necessaria per il processo di produzione. I batterilattici sono in grado di contrastare lo sviluppo di altre speciemicrobiche, anche per la loro capacità di produrre batteriocine(sostanze con azione antibatterica) e di acidificare l’alimentoattraverso la produzione di acido lattico. Gli ambienti diconservazione privi di ossigeno, come il confezionamentosottovuoto o in atmosfera modificata, favoriscono lo sviluppo deibatteri lattici rispetto ad altre specie microbiche aerobie.Nonostante la loro azione preservante a livelli elevati (>107 ufc/g)possono produrre alterazioni organolettiche in alcune tipologie dialimenti.

UUttiillee ppeerr…… monitorare la presenza e la crescita di batteri lattici, inparticolare in alimenti in cui vi sia stata una fermentazione di tipolattico (es. salumi) o in prodotti freschi deperibili confezionatisottovuoto o in atmosfera modificata (es. carni e prodotti a base dicarne, salumi affettati, frutta e verdura IV gamma, ...).

Anaerobi solfito riduttoriCon questo parametro viene rilevata la presenza di batteriappartenenti principalmente al genere Clostridium, germi grampositivi, anaerobi stretti e con capacità sporigene. Vengono quicomprese circa 80 specie, tra cui molte a diffusione ambientale enon patogene, mentre altre sono produttrici di tossine con graviconseguenze sulla salute (es. C. perfringens, C. botulinum). Alcuneloro caratteristiche, come la capacità di produrre spore e di

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crescere in ambienti anaerobi, li rendono particolarmente pericolosiper alcune categorie di alimenti. Le spore sono forme latenti diresistenza, in grado di sopravvivere per lunghi periodi negliambienti e di resistere ad elevati trattamenti termici, per poigerminare in presenza di condizioni favorevoli allo sviluppo.

UUttiillee ppeerr…… monitorare la contaminazione e l’andamento di speciemicrobiche indesiderate e potenzialmente pericolose, soprattutto inalimenti di origine animale come carni fresche, salumi e altriprodotti a base di carne. Costituiscono un rischio anche inconserve e semi-conserve alimentari per la loro capacità di produrrespore e di crescere in ambienti privi di ossigeno.

Stafilococchi coagulasi positiviGli Stafilococchi sono batteri anaerobi facoltativi con capacità dicrescita in vari ambienti, anche acidi (fino a pH 4.2-4.3) e conscarsa acqua disponibile (fino a Aw 0.85). Sono ubiquitari e moltodiffusi negli ambienti, anche come abituale flora batterica dellacute dell’uomo. I ceppi patogeni di Stafilococco sono identificabili,in genere, come coagulasi positivi. Scarsa igiene ed errori nellamanipolazione dei cibi sono la principale causa dicontaminazione, l’azione patogena è dovuta alla produzione ditossine da parte del microrganismo presente nell’alimento.

UUttiillee ppeerr…… monitorare la contaminazione e il pericolo dovuto allosviluppo di batteri potenzialmente pericolosi ed indicatori dell’igienedella produzione, in particolare in alimenti che hanno subito particolarimanipolazioni e con caratteristiche che ne permettono lo sviluppo.

Bacillus cereus presuntoI batteri appartenenti al genere Bacillus sono germi ambientaliubiquitari con capacità sporigene. Le spore da cui si sviluppanoinquinano frequentemente le derrate alimentari, in particolare se di

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origine vegetale (riso, sfarinati,spezie…). Il Bacillus cereusattraverso la produzione di tossineè causa di intossicazionialimentari, ma con il parametro“Bacillus cereus presunto” vengonoenumerati anche altri batteriappartenenti al genere Bacillusprivi di attività patogena, simili alB. cereus, ma difficilmentedistinguibili da questo.

UUttiillee ppeerr…… monitorare la presenza di un batterio potenzialmentepericoloso, soprattutto in alimenti con ingredienti di origine vegetale,come prodotti da forno, paste fresche, spezie e prodotti di gastronomia.

Lieviti e muffeLieviti e muffe, oltre ad essere utili nella produzione e nellacaratterizzazione di certi alimenti, costituisco una delle principali causedi alterazione e un rischio per la produzione di tossine. Rispetto aibatteri hanno una maggior capacità di svilupparsi in ambienti a pHacido e con bassi livelli di acqua libera (Aw), queste caratteristiche lirendono un pericolo per moltissime tipologie di prodotti alimentari.Essendo microrganismi ubiquitari la contaminazione può derivare daspore presenti sia nelle materie prime che negli ambienti di lavorazionee conservazione. Per potersi sviluppare hanno bisogno di presenza diossigeno, quindi il confezionamento sottovuoto o in atmosferamodificata limita le loro capacità di crescita.

UUttiillee ppeerr…… monitorarne la presenza e lo sviluppo soprattutto inalimenti come confetture, prodotti da forno, paste fresche, fruttasecca, spezie, frutta e verdura IV gamma.

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3.3 Caratteristiche e prove di tipo sensorialeLo sviluppo di microrganismi alteranti e le reazioni chimico-fisichehanno conseguenze sulle caratteristiche organolettiche degli alimentitali da renderli gradualmente non idonei alla commercializzazione.Un prodotto può rimanere completamente sicuro e commestibile, manon essere più commercializzabile proprio in quanto non più ingrado di soddisfare le aspettative dei clienti, anche solo pervariazioni di colore, aroma o consistenza. In uno studio di shelf-lifeè compito delle prove sensoriali misurare e monitorare con dei test

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Microbiologia predittiva

La microbiologia predittiva è un sistema che, attraverso l’utilizzo di applicazioni in-formatiche, ha lo scopo di stimare la potenzialità di crescita dei microrganismi neiprodotti alimentari in funzione delle temperature di conservazione e di alcune ca-ratteristiche dello stesso alimento (es. pH, Aw, carica microbica iniziale …). E’ unatecnica che permette di verificare rapidamente ed in modo economico i potenzialidi crescita (o di sopravvivenza) di vari microrganismi in diverse condizioni di con-servazione e trattamento, senza dover effettuare innumerevoli prove analitiche.Permette, inoltre, di valutare il rischio dovuto a specie microbiche che difficilmentepotrebbero essere considerate diversamente, se non, ad esempio, con un’inocula-zione artificiale di batteri nell’alimento (es. Challenge test per L. monocytogenes). I modelli matematici di crescita alla base di queste applicazioni si basano su datiottenuti in condizioni sperimentali di laboratorio, che non sempre riescono a ri-specchiare la reale complessità di una matrice alimentare. Molti sono i fattori e levariabili che possono discostare i risultati ottenuti dall’effettive e reali condizionidell’alimento, tra cui la tipologia dei ceppi batterici coinvolti e l’eventuale pre-senza di inibitori di crescita. Tenendo in considerazione queste premesse, i risul-tati ottenuti con la microbiologia predittiva non potranno essere consideratisufficienti, ma dovranno essere spesso accompagnati e validati da alcune analisidi laboratorio di conferma sull’alimento.

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periodici questo processo e definire, parallelamente alle altretipologie di prove, un giudizio rispetto all’accettabilità del prodotto.Si tenga conto che per molti prodotti alimentari, soprattutto quelli piùstabili dal punto di vista microbiologico (es. conserve, prodotti daforno secchi…), l’aspetto organolettico riveste un ruolo determinantenella valutazione della shelf-life. I test sensoriali per essere affidabili e dare risultati oggettividovranno essere condotti secondo metodologie scientifiche bendefinite, impiegando personale specificatamente formato equalificato ed elaborando i risultati ottenuti con metodi statistici.Questo tipo di analisi implica un certo impegno economico, quindinon è da escludere che alcune piccole aziende intendano eseguirleinternamente con proprio personale. A questo scopo è possibileconservare presso l’azienda campioni appartenenti a diversi lotti diproduzione e procedere nel tempo a prove di assaggio. Perottenere giudizi affidabili, anche in questo caso, è bene procederesempre con una metodologia definita e rigorosa, documentando econservando i risultati ottenuti. Gli ambienti in cui sono condotti i test devono influenzare il menopossibile il giudizio degli assaggiatori, escludendo la presenza dirumori, odori o luci anomale (vedi ISO 8589:2007). Gliassaggiatori dovranno essere adeguatamente formati, selezionatied addestrati nell’esecuzione delle prove; nel caso si vogliavalutare il giudizio di un consumatore medio è anche possibileeffettuare delle prove con gruppi di persone non formate. Lemetodologie che possono essere adottate in uno studio di shelf-lifepossono essere di vario tipo, tra cui:

Test descrittiviIn un test descrittivo il prodotto viene valutato in ogni suo aspettodescrivendo con un’accurata terminologia tutte le caratteristichesensoriali percepite (visive, olfattive, tattili, uditive e gustative).

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UUttiillii ppeerr…… monitorare e descrivere in uno studio di shelf-life lemodificazioni del prodotto nel tempo e la comparsa di difetti.

Test di classificazione (ISO 8587:2006)E’ un test che richiede agli assaggiatori di ordinare, in base aduna o più caratteristiche definite, una serie di prodotti.

UUttiillii ppeerr…… verificare in uno studio di shelf-life la possibilità didistinguere ed ordinare una serie di prodotti con gradi diversi diinvecchiamento in funzione di una loro caratteristica (es. intensitàdell’aroma o qualità strutturali).

Test discriminantiL’intento di queste prove è di valutare la possibilità di distinguereprodotti con caratteristiche diverse attraverso dei test di confronto,per esempio:

✓✓ Test triangolare (ISO 4120:2004): verifica la possibilità diidentificare il campione diverso fra tre alimenti proposti.

✓✓ Test Duo-trio (ISO 10399:2004): verifica la possibilità diabbinare un campione di riferimento rispetto ad altri due, di cuisolo uno realmente identico.

UUttiillii ppeerr…… verificare e rilevare in uno studio di shelf-life la comparsa

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Ordinare i campioni in funzione di una caratteristica

Test di classificazione

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di modificazioni ponendo a confronto campioni a diverso grado diinvecchiamento o per verificare l’efficacia di diverse metodologiedi conservazione. Si può dimostrare la stabilità e l’idoneità di unprodotto conservato per un determinato tempo nel caso gliassaggiatori non riescano a discriminarlo da campioni più recenti.

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Glossario sensoriale

Nelle prove sensoriali si utilizza una terminologia precisa e codificata, questi alcuniesempi dei termini impiegati:Sapore: sensazione percepita con l’organo del gusto (salato, dolce, acido,

amaro, umami).Odore: sensazione percepita con l'organo olfattivo stimolato da determinate

sostanze volatili.Aroma: sensazione percepita con l'organo olfattivo per via retronasale durante

la degustazione.Flavour: insieme delle sensazioni aromatiche e gustative percepite durante

la masticazione e influenzate da effetti tattili, termici e cinestetici.Piccante: sensazione tattile pungente nella cavità boccale.Persistenza: permanenza della percezione gustativa dopo la deglutizione.Retrogusto: insieme delle sensazioni percepite terminato lo stimolo dalla bocca,

distinte da quelle previamente percepite.Consistenza: sensazione tattile misurata al morso con gli incisivi.Durezza: resistenza opposta alla compressione tra i molari.Friabilità: attitudine a generare frammenti all’inizio della masticazione.Elasticità: attitudine dopo una compressione a riprendere lo spesso iniziale.

(…)

Qual è il campione uguale a quello di riferimento?

Test duo-trio

Qual è il campione diverso?

Test triangolare

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4. Valutazione dei risultati

Per avere sufficienti garanzie di sicurezza e qualità l’insieme delleinformazioni raccolte devono essere interpretate in modo corretto edorganico. I risultati ottenuti nelle varie prove potranno essere riportati sugrafici che rappresentino l’andamento nel tempo dei fenomeni degradativichimici, microbiologici e sensoriali. Per ciascun indicatore verrà definito unlimite di accettabilità, in funzione del quale sarà determinata la durabilitàdel prodotto. E’ necessario, però, prevedere un margine di sicurezzarispetto alla durabilità determinata con le prove, questo margine sarà tantomaggiore quanto l’incertezza sui risultati ottenuti.L’affidabilità dei risultati non dipende solo dalla corretta modalità divalutazione dei parametri, ma anche dalla capacità dell’azienda diprodurre alimenti con caratteristiche e qualità costanti; per questomotivo è importante ripetere le prove su campioni appartenenti siaallo stesso lotto che a lotti diversi, in modo da valutare la variabilitàdei valori all’interno della stessa produzione e tra produzioni diverse.

Uno studio di shelf-life ben strutturato può diventare molto costoso, èquindi difficile che piccole aziende possano eseguire tutte le proveche sarebbero necessarie. Per ridurre i costi analitici bisogna chenella fase di progettazione e studio preliminare della shelf-life venganocorrettamente identificati i parametri indicatori più idonei, limitando illoro numero a quelli effettivamente più critici.

Nel caso vi fossero incertezze sui risultati ottenuti, è sempre bene ridurrevolontariamente i tempi di shelf-life rispetto a quelli ipotizzati, in attesa diraccogliere ulteriori elementi sulla stabilità del prodotto. Si tenga contoche la definizione di una shelf-life è un processo che non deve mairitenersi concluso; i dati ottenuti dovranno sempre essere integrati ecompletati nel tempo con informazioni provenienti da varie fonti: nuoveosservazioni sui prodotti in fase di commercializzazione e stoccaggio;eventuali segnalazioni e reclami da parte di clienti; ulteriori prove

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analitiche. Inoltre le valutazioni effettuate dovranno essere riprese inconsiderazione nel caso vi siano variazioni sostanziali nel processoproduttivo, nel tipo di confezionamento o negli ingredienti impiegati.

A questo proposito è bene prevedere nel proprio piano analitico, anche aseguito dello studio di shelf-life, prove periodiche sui prodotti a diversi tempi diconservazione in modo da confermare e validare nel tempo i risultati ottenuti.

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Shelf-life post apertura La shelf-life prevista per il prodotto in confezione integra non può certo man-tenersi valida per il prodotto dopo l’apertura; è compito del produttore fornireindicazioni in etichetta sulle modalità e sui tempi di conservazione in questafase. Questo è un aspetto importante sia per i prodotti destinati all’utilizzo do-mestico sia per quelli di grande capacità destinati alla vendita frazionata al-l’interno dei reparti di gastronomia della grande distribuzione o nei servizi diristorazione. Nel prodotto aperto vengono accelerati i processi di degradazionee aumentano i rischi dovuti alla manipolazione del prodotto. Il prodotto privatodella protezione dovuta al sistema di confezionamento, in particolare per iprodotti sottovuoto e in atmosfera modificata, entra in contatto con l’ambienteesterno e con nuovi possibili agenti contaminanti ed alteranti. Quando si pre-suppone un periodo di conservazione dopo l’apertura devono essere presi inconsiderazione questi aspetti, in alcuni casi esattamente come se fosse unnuovo studio di shelf-life.

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5. Tecnologie per incrementare laShelf-Life

Le esigenze di mercato e dei sistemi di commercializzazionespesso richiedono di allungare il più possibile i tempi diconservazione, ma un produttore può essere interessato anche soloa stabilizzare le caratteristiche qualitative dei propri prodotti, senzanecessariamente dover allungarne i tempi di shelf-life. Le tecnologieper raggiungere questi obiettivi sono sempre più accessibili, ancheper i piccoli produttori.

QualitàQualsiasi miglioramento non può che partire dalle condizioniproduttive, che debbono essere tali da garantire alimenti conqualità elevata e costante. Ogni aspetto contribuisce all’esito finale:la selezione e la gestione delle materie prime, il controllo di ognifase di lavorazione, la pulizia dei locali e delle attrezzature, letemperature di lavorazione e stoccaggio, la formazione e l’igienedel personale. Questo non può che essere il corretto punto dipartenza e nessun sistema tecnologico di confezionamento oconservazione può compensare carenze a questo livello.

TemperaturaLe temperature di conservazione sono un fattore decisivo per lamaggior parte dei processi degradativi. Temperature non idonee,anche per brevi periodi, possono avere un considerevole effettosull’evolversi dello sviluppo microbico, sui processi ossidativi e su moltealtre reazioni chimiche. Riuscire a garantire le temperature più idonee,almeno nelle fasi sotto il controllo del produttore (es. stoccaggio inazienda e trasporto), è un aspetto cruciale, non solo per i prodottirefrigerati, ma per ogni tipologia di prodotto. E’ altrettanto importantecomunicare l’importanza di questo aspetto, anche attraverso unetichettatura chiara, a distributori, venditori e consumatori.

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ConfezionamentoLa stabilizzazione dell’alimento passa anche attraverso la suaadeguata protezione dai fattori ambientali (luce, umidità, ossigeno,...); per questo è necessario progettare e prevedere un adeguatosistema di confezionamento. Molti sono i fattori da tenere inconsiderazione e da conciliare: il livello di protezionedall’ambiente esterno (il così detto “effetto barriera”), i costi, gliaspetti di marketing, la resistenza agli urti, l’idoneità dei materialiimpiegati in funzione della tipologia di alimento e, non ultimo,l’impatto ambientale, aspetto associato alla reciclabilità,biodegradibilità e al volume dei materiali utilizzati.

SottovuotoLa presenza di ossigeno è uno dei fattori che più condiziona lashelf-life di alcuni alimenti. L’ossigeno è causa di fenomeni ossidativi

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Active ed intelligent packagingIl mercato del packaging presenta una sempre più vasta offerta di soluzionispecifiche per ciascuna tipologia di prodotto, comprese soluzioni di “active pac-kaging” e “intelligent packaging”.

L’active packaging è un tipo di confezionamento in grado di avere un ruolo“attivo” nella conservazione dell’alimento. Può agire, ad esempio, rilasciandogradualmente sostanze con un azione stabilizzante su determinati processi,come antiossidanti, conservanti, anidride carbonica o etanolo, oppure, in altricasi, sequestrando sostanze indesiderate, come ossigeno, umidità o etilene.

L’intelligent packaging è in grado di fornire informazioni su caratteristiche econdizioni di conservazione dell’alimento contenuto, attraverso degli indicatoriarriva, ad esempio, ad informare direttamente l’utilizzatore sul livello di de-terioramento e di sicurezza dell’alimento contenuto.

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e permette lo sviluppo dei microrganismi aerobi alteranti (batteri, muffee lieviti). Il sistema più semplice per ridurne gli effetti è ilconfezionamento sottovuoto, in cui si elimina completamente l’aria (ecosì l’ossigeno) dalla confezione attraverso l’utilizzo di macchineconfezionatrici specifiche. Con l’assenza di ossigeno si ottengonobenefici sulle qualità organolettiche ed un incremento della shelf-lifepraticamente in tutti gli alimenti, in particolare negli alimenti deperibilirefrigerati, nei prodotti contenenti grassi facilmente soggetti adossidazione lipidica e in quelli suscettibili alla crescita di muffe. Il confezionamento sottovuoto non è adatto a prodotti fragili, sofficio che verrebbero rovinati dalle pressioni prodotte da questo sistemadi confezionamento. Non va dimenticato che diversi microrganismialteranti e patogeni sono comunque in grado di svilupparsi inassenza o scarsa presenza di ossigeno (es. Clostridium botulinum,Listeria monocytogenes, Stafilococcus aureus,…), pertanto questosistema di confezionamento, come anche il confezionamento inATM, non può compensare scarse caratteristiche qualitative omicrobiologiche di partenza, che dovranno sempre essere garantitedalle buone pratiche di lavorazione.

Un’evoluzione del confezionamento sottovuoto è la tecnologia“skin”, che abbina l’utilizzo di materiali plastici molto resistenti etermoretraibili con macchinari in grado di creare un vuoto moltospinto. La pellicola di confezionamento viene fatta aderire, comese fosse una seconda pelle(“skin”) attorno al prodotto,migliorando la suapresentazione e durabilità.

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Atmosfera modificata (ATM)In alternativa al confezionamento sottovuoto è possibile sostituire l’ariaall’interno della confezione con una miscela di gas tecniciopportunamente dosati. La scelta di quale miscela di gas utilizzare e inquale dosaggio dipende dall’alimento e dai risultati che si voglionoraggiungere. Nella maggior parte dei casi si utilizza una miscela privadi ossigeno, costituita solo da gas inerti (es. azoto) o con un’azioneinibente sulla flora batterica (es. anidride carbonica). Rispetto alconfezionamento sottovuoto non vi è lo schiacciamento del prodotto esi possono ottenere migliori effetti batteriostatici. E’ di basilare importanzache il prodotto sia correttamente sigillato e i materiali di confezionamentoabbiano un sufficiente effetto barriera in modo da eliminare gli scambigassosi con l’ambiente esterno. La scelta di adottare questo sistema diconfezionamento sarà influenzata anche dai costi dei macchinari e daquelli d’esercizio (es. acquisto e gestione dei gas d’imballaggio).

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Tipologia gas Codice additivo Caratteristiche

Azoto (N2) E941Quasi del tutto inerte ed insolubile. Inodore e insapore Praticamente ha solo un effetto riempitivo della confezione.Dosaggio tra il 50% ed il 100% della miscela impiegata.

Anidride carbonica(CO2) E290

Molto solubile in acqua e grassi, con il tempo viene assorbitadall’alimento diminuendo la pressione all’interno della confezione.Produce una lieve acidificazione superficiale dell’alimento performazione di acido carbonico con un effetto inibente sulla floramicrobica. Dosi troppo elevate possono causare alterazionisuperficiali nelle carni

Ossigeno (O2) E948

Molto solubile in acqua e grassiPermette i processi ossidativi e lo sviluppo dei microrganismiaerobi. Mantiene il colore rosso vivo nelle carni rosse e nei tranci di tonnofresco migliorandone la presentazione.

Argon (Ar)E 938 Quasi del tutto inerte, ma solubile in acqua e grassi.

Impiegato come riempitivo della confezione.Contrasta i fenomeni ossidativi entrando in competizione conl’ossigeno residuo.

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Confezionamento in ATM con assorbitori di ossigenoNei sistemi di confezionamento in ATM è possibile che vi sia un residuodi ossigeno all’interno della confezione, queste piccole quantità, perquanto esigue, possono comunque indurre processi ossidativi e losviluppo di microrganismi aerobi e microaerofili. Per aumentare lastabilità del prodotto è possibile eliminare questo ossigeno residuoinserendo all’interno della confezione sostanze chimiche in grado diassorbirlo (es. composti ferrosi, sali metallici, …).

Colture starter protettiveIn alcune tipologie di prodotto (es. carni fresche e derivati, latticini,…) è possibile inoculare colture starter selezionate (batteriche ofungine) con la capacità di ostacolare lo sviluppo di altrimicrorganismi di tipo alterante o patogeno. Quest’azione è dovutaa vari meccanismi tra cui la produzione di acidi organici (ac. latticoe ac. acetico), la liberazione di batteriocine e un’azionecompetitiva per il substrato. Questo effetto è sfruttato, ad esempio,nella normale produzione di salumi fermentati, in cui interviene e sisviluppa una flora batterica protettiva di tipo lattico.

AdditiviGli additivi alimentari sono sostanze, abitualmente non consumatecome alimento, intenzionalmente aggiunte agli alimenti per unoscopo tecnico, come, ad esempio per migliorare la loroconservazione. Il Reg. 1333/2008 e s.m.i elenca e disciplinal’utilizzo degli additivi alimentari autorizzati, specificando perognuno di essi la corretta denominazione (comprensiva di numero“E”), gli alimenti ai quali può essere aggiunto e le condizionid’impiego.Gli additivi sono suddivisi in categorie funzionali; tra quelli che

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possono avere un impatto diretto o indiretto sulla conservabilità delprodotto vi sono:

✓✓ Conservanti: prolungano la durata di conservazione degli alimentiproteggendoli dal deterioramento provocato da microrganismialteranti o patogeni. Es. Anidride solforosa e solfiti (E220-228)-Nisina (E234) – Nitrati e nitriti (E249-E252) - Acido lattico(E270) - Propionato di calcio (E282)…

✓✓ Antiossidanti: prolungano la durata di conservazione degli alimentiproteggendoli dal deterioramento provocato dall’ossidazione,come l’irrancidimento dei grassi e le variazioni di colore. Es.Acido ascorbico (E300) – Acido citrico (E330) – Tocoferoli(E306-309) - BHA (butil-idrossi-anisolo o E320) e BHT (butil-idrossi-toluolo o E321)…

✓✓ Agenti di rivestimento: applicati alla superficie esterna di un prodottoalimentare conferiscono un aspetto brillante o forniscono unrivestimento protettivo. Es. Cere (E901-903).

✓✓ Agenti umidificanti: impediscono l’essiccazione degli alimenticontrastando l’effetto di una scarsa umidità atmosferica, opromuovono la dissoluzione di una polvere in un ambienteacquoso. Es. Sorbitoli (E420) - Mannitolo (E421) - glicerolo(E422).

✓✓ Gas d’imballaggio: Gli stessi gas differenti dall’aria impiegati nelconfezionamento in atmosfera modificata sono consideratiadditivi e normati in tal senso.

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✓✓ Stabilizzanti: rendono possibile il mantenimento dello stato fisico-chimico di un prodotto alimentare; gli stabilizzanti comprendonole sostanze che rendono possibile il mantenimento di unadispersione omogenea di due o più sostanze immiscibili, lesostanze che stabilizzano, trattengono o intensificano lacolorazione di un prodotto alimentare, e le sostanze cheaumentano la capacità degli alimenti di formare legami. Es. Alginati (E400-407), gomme naturali (E412-418).

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Bibliografia

Gli intenti di questa guida sono di fornire una panoramica generalesu tutti gli aspetti relativi alla shelf-life degli alimenti. Perapprofondimenti su ciascuna delle tematiche trattate si consiglia difar riferimento alla ricchissima disponibilità di pubblicazionisull’argomento. Di seguito si fa un elenco di norme e pubblicazioniritenute utili e consultate per la redazione di questa guida:

Regolamento (UE) n° 1169/2011 del Parlamento Europeo e delConsiglio del 25 ottobre 2011 relativo alla fornitura diinformazioni sugli alimenti ai consumatori.

Regolamento (CE) n° 2073/2005 della Commissione del 15novembre 2005 sui criteri microbiologici applicabili ai prodottialimentari.

Regolamento (CE) n° 1333/2008 del Parlamento Europeo e delConsiglio del 16 dicembre 2008 relativo agli additivi alimentari.

Guide per le imprese in Europa “N. 3/2012 - “L'etichettatura deiprodotti alimentari. La normativa comunitaria e nazionale”. Cameradi commercio di Torino

“La shelf-life dei prodotti alimentari: guida pratica per le aziende”(2009). Aicq Triveneta

M.Bononi, F.Tateo “Shelf-life – Tecniche di monitoraggio e Qualità”(2012). Chirotti editore.

“Microorganisms in foods 5. Characteristics of MicrobialPathogens” (1996) Blackie Academic & Professional. UK

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Protocollo tecnico per l’effettuazione dei controlli microbiologicisugli alimenti e l’interpretazione e gestione degli esiti analitici“Allegato 1 - Criteri microbiologici per prodotti alimentari. Rev.01:2013” Determinazione Dirigenziale Regione Piemonte n.710del 12.09.2013

“Linee guida per l’analisi del rischio nel campo della microbiologiadegli alimenti” - Progetto regionale "Analisi del rischiomicrobiologico legato al consumo di alimenti finalizzato allariduzione dei costi analitici", approvato con Determinazione dellaDirezione Sanità della Regione Piemonte n.780 del 18 ottobre2011. Allegato B

EC/DG SANCO - “Guidance Document on Listeriamonocytogenes shelf-life studies for ready-to-eat foods, underRegulation (EC) n° 2073/2005” (2008)

A.Valero, E.Carrasco, R.García-Gimeno “Trends in Vital Food andControl Engineering Chapter 1 - Principles and Methodologies forthe Determination of Shelf-Life in Foods” (2012) Ayman Hafiz AmerEissa - www.intechopen.com

G. Talbot (2008) “Application of fats in confectionery”. Kennedy’sBooks Ltd. UK

ISO 6658:2005 - Sensory analysis - Methodology - GeneralguidanceISO 5492:2008 - Sensory analysis - VocabularyISO 8589:2007 - Sensory analysis - General guidance for thedesign of test roomsISO 8587:2006 - Sensory analysis - Methodology – RankingISO 4120:2004 - Sensory analysis - Methodology - Triangle testISO 10399:2004 - Sensory analysis - Methodology - Duo-trio test

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