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1 FIGC CENTRO TECNICO FEDERALE COVERCIANO FIRENZE SETTORE TECNICO FIGC MASTER UEFA PRO ALLENATORE PROFESSIONISTA PRIMA CATEGORIA TESI: UNA MENTALITA’ PER “ESSERE” VINCENTI Relatore: Prof. Vittorio Tubi CANDIDATO: FILIPPO INZAGHI ANNO 2012 2013

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Page 1: SETTORE TECNICO FIGC

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FIGC CENTRO TECNICO FEDERALE COVERCIANO

FIRENZE

SETTORE TECNICO FIGC

MASTER UEFA PRO

ALLENATORE PROFESSIONISTA PRIMA CATEGORIA

TESI:

UNA MENTALITA’ PER “ESSERE” VINCENTI

Relatore: Prof. Vittorio Tubi

CANDIDATO:

FILIPPO INZAGHI

ANNO 2012 – 2013

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INDICE

INTRODUZIONE: IL SENSO pag.3

- 1° PARTE: LA TEORIA, ESPERIENZA E FILOSOFIE

1.1 Le caratteristiche pedagogiche di un allenatore di successo pag.5

1.2 La psicologia del successo pag.6

1.3 Il meccanismo del successo pag.8

1.4 Locus of control pag.13

1.5 Il senso di autoefficacia pag.16

1.6 Filosofie, opinioni ed esperienze di colleghi pag.21

- 2° PARTE: DALLA TEORIA ALLA PRATICA,COME E COSA FARE

2.1 La figura del mister, gestire network e comunicazione pag.27

2.2 Un metodo per formare la mentalità vincente pag.33

2.3 Dal dire al fare, la mia esperienza pag.36

2.4 La programmazione settimanale pag.55

CONCLUSIONI pag.57

BIBLIOGRAFIA pag.58

Page 3: SETTORE TECNICO FIGC

3

INTRODUZIONE: IL SENSO

Esperienza e conoscenza, sono alla base di qualsiasi attività professionale.

Entrambe sono indispensabili al successo poiché, l’una senza l’altra

limiterebbe l’espressione e le capacità di una persona. La crescita di ognuno

di noi, passa attraverso lo scambio e il confronto con gli altri. La

consapevolezza dei propri valori personali e delle proprie idee permettono la

giusta analisi delle informazioni ricevute e l’elaborazione intelligente di esse,

consente una scelta qualitativa utile alla propria realtà. Per rimanere sempre

al passo dei tempi, oggi molto accelerato dalla scienza e dalla tecnologia, il

processo di formazione deve per forza essere permanente. Infatti, oggi con la

consapevolezza di affrontare un nuovo ‘viaggio’ che non ha niente a che fare

con quello fatto da giocatore, l’aver frequentato questo Master, la prima

esperienza da allenatore, mi rendo conto quante cose siano necessarie per

essere un buon mister. Guidare un gruppo, sapersi relazionare

individualmente, progettare e programmare, affrontare critiche, gestire

successi e insuccessi, mediare conflitti, curare la comunicazione interna ed

esterna, oltre alle specifiche competenze tecniche, ecc …

La sfida è quella di “essere” e non solo di “fare” gli allenatori. Tuttavia,

poiché è la stessa sfida che ho affrontato come giocatore, la priorità diventa

come trasmettere la mia mentalità e la mia professionalità ai giocatori. Penso

che la differenza e la qualità in una professione riguardi il ‘come’ e non solo

il cosa e quanto fai. Per questo parlerò in questo elaborato, in prima persona,

perché ritengo che sia giusto trattare l’argomento del titolo attraverso la

propria conoscenza poiché, l'allenatore, deve essere un ricercatore e

teorizzare sull'esperienza vissuta.

E’ mia idea che, partire dalla formazione di una mentalità, sia fondamentale e

sia la base, per impostare un lavoro in una squadra e in un gruppo. Il

leitmotiv dell’essere allenatori vincenti, che seguirà tutto l’elaborato,

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nasce da un’analisi della mia esperienza da giocatore: ho avuto tanti mister e

quelli che ricordo maggiormente, sono coloro che si sono presentati a me

come dei maestri, cioè coloro che mi hanno trasmesso dei valori e una

mentalità, ma soprattutto che hanno dimostrato di valere e di essere come

persona.

Socrate diceva che ‘l’insegnante mediocre racconta, quello bravo spiega e

l’eccellente dimostra, il maestro ispira’

L’allenatore, ad ogni livello, deve ormai considerarsi un insegnante, un

formatore, e il suo esempio permetterà di creare una giusta mentalità.

La tesi sarà suddivisa in una prima parte di ricerca, nella quale si raccolgono

le teorie, le filosofie e le esperienze espresse da vari autori, psicologi,

sociologi e allenatori, un mio approfondimento per collegare l’esperienza alla

teoria. La seconda parte invece, evidenzia la mia prima esperienza pratica da

allenatore e come intendo trasferire una mentalità al gruppo per essere

vincenti, un modo di collegare la teoria alla prassi. Il nesso tra le due parti è

dato dalle cosiddette parole chiave segnate in grassetto.

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1° PARTE: LA TEORIA, ESPERIENZA E FILOSOFIE

1.1 LE CARATTERISTICHE PEDAGOGICHE DI UN ALLENATORE DI SUCCESSO

Ho inizialmente approfondito gli aspetti teorici delle scienze psicopedagogiche

e formative, in riferimento all’allenatore di successo.

Partendo dalla premessa fatta, ritengo che le caratteristiche che la

pedagogia moderna illustra per un insegnante, siano adattabili e

ottimizzabili per l’allenatore.

UN MISTER DEVE …

- sapere: avere cultura, coscienza dei fini, del senso e degli scopi dell’attività

che intraprende. Conoscere il calcio e i suoi principi e aggiornarsi sempre e

oltre alle competenze tecnico-tattiche, l’allenatore dovrà informarsi e

aggiornarsi continuamente; cercare di comprendere tutti aspetti fisici,

psicopedagogici, medico – alimentari ecc... . Se non sai cosa trasmetti?

- saper fare : avere professionalità ed esperienza dei mezzi; dovrà saper

tradurre il sapere e la cultura in pratica; ad esempio saper programmare,

organizzare e condurre con efficacia la seduta d’allenamento. Se non sai fare

come trasmetti?

- saper dare: in tutti gli ambiti della relazione umana interpersonale, nello

scambio d’informazioni, nell’abilità di trasmettere e nella capacità essenziale

di “saper dare attenzione” e il “saper essere nella relazione”. Se non sai dare

quanto fai e cosa, come e cosa comunichi?

- valere: avere personalità e valori da trasmettere; l’allenatore è un

esempio per tutta la squadra e lo staff, e soprattutto riuscirà in particolare

modo ad influenzarne i comportamenti; senza questa caratteristica il sapere e

il saper fare non avrebbero nessuna efficacia. Se non sei, cosa e come

dimostri?

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Queste caratteristiche dovranno, in ogni modo, tradursi in un “saper far fare”

attraverso la capacità di delegare e saper gestire un gruppo e soprattutto con

l’utilizzo di una metodologia finalizzata, funzionale e adeguata .

1.2 LA PSICOLOGIA DEL SUCCESSO

Ho proseguito la ricerca nei testi di alcuni psicologi che si sono interessati di

applicare allo sport le conoscenze e le competenze specifiche della propria

professionalità, chi con approcci sistemici e sociali o di NPL ecc…

Riassumendo alcuni concetti di vari autori, si può dire che vi è un rapporto

molto stretto fra PSICOLOGIA e SUCCESSO, anzi l'essenza stessa dei

successo sembra proprio essere la psicologia. Infatti lo scopo di questa è

fondamentalmente migliorare la capacita di amare (in modo particolare nel

rapporto di coppia) , la capacità di lavorare (nel nostro caso di giocare al

calcio) e la capacità di avere rapporti sociali (nel nostro caso stare bene in

gruppo).

Si può definire il successo come "un favorevole o vantaggioso risultato

o fine d’ogni azione intrapresa". Non vi sarà nessuno, specialmente fra

coloro che vivono a contatto con persone o atleti che conseguono il successo

e conoscono i loro sistemi, che potrà negare come le loro qualità mentali

abbiano una diretta relazione con il lavoro da loro intrapreso. Alcune qualità

mentali danno dei risultati diretti o indiretti, positivi o negativi. Quando

talvolta cerchiamo di dare una giusta spiegazione ai risultati insoddisfacenti di

un essere umano, come prima cosa facciamo cenno ad alcuni tratti mentali

che secondo noi gli hanno ostacolato una buona riuscita ad alcune difficoltà

della personalità che hanno contribuito all'insuccesso. Uguale regola potrà

essere applicata a coloro che si ritengono degli uomini "fortunati"; ma

l'influenza mentale esatta non apparirà tanto prontamente, in quanto la

maggior parte delle persone "sfortunate" è priva delle indispensabili qualità

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mentali e perciò ha difficoltà a riconoscere le qualità positive negli altri

individui mentre molto facilmente riconosce le qualità negative a tutti molto

più famigliari. Mentre, è accertata senza dubbio, la verità del fatto che in

taluni casi le circostanze esterne favoriscono e contribuiscono ampiamente al

successo o all'insuccesso di un individuo, è altrettanto vero che gli uomini

dotati di alcune determinate caratteristiche mentali, riescono molte volte a

trasformare un insuccesso in successo o quanto meno, sforzandosi, riescono

a rimediare agli errori commessi. Essi inoltre riconoscono il successo nel

momento che gli si presenta e si avvalgono anche di quest’opportunità. E allo

stesso modo, la mancanza di determinate capacità mentali agirà da ostacolo

impedendo a un individuo di cogliere l'occasione favorevole e di riprendersi

dopo una caduta. Possiamo, di conseguenza, affermare che la mente, o per

meglio dire, le qualità mentali di una certa persona, e' l'essenza sola e

reale del suo successo o insuccesso. Quindi la fortuna non esiste, la nostra

"fortuna" è lo sviluppo delle nostre capacità e dei nostri rapporti al massimo

grado possibile. Se un punto esiste sul quale la psicologia insiste

continuamente, questo è proprio il fatto che ogni individuo può mutare,

modificare, alterare, sviluppare o rinvigorire le proprie facoltà e qualità

mentali in un determinato campo. Mentre è una verità certa, che ognuno

nasce possedendo delle tendenze verso una certa direzione e con alcune

facoltà più sviluppate di altre, è altrettanto vero che, seguendo determinati

sistemi pratici e ben stabiliti, che hanno per fondamento solidi principi

psicologici, è possibile, per mezzo della volontà, l'applicazione e tenacia,

sviluppare qualunque facoltà della mente e allo stesso tempo frenare quelle

attitudini che possono rivelarsi dannose. Migliora, inoltre, le qualità che sono

tipiche delle persone "fortunate" o meglio di successo: la curiosità,

l'attenzione ai fenomeni inaspettati e la flessibilità intellettuale.

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La maggior parte di noi, riconosce nella propria personalità dei punti deboli

che vorrebbe superare, o la mancanza di alcune qualità che vorrebbe

viceversa acquisire. Da gran parte di loro, però, vengono totalmente ignorati i

principi e i sistemi atti a limitare queste qualità dannose e a sviluppare quelle

buone. Anche coloro che sono consapevoli delle loro debolezze, non hanno,

con molta probabilità l'ampia necessità di avere un corredo totalmente

sviluppato di quegli attributi mentali positivi, noti allo psicologo scientifico che

ne è giunto alla conoscenza mediante le sue investigazioni, le sue indagini e

le sue osservazioni.

In particolare, la psicologia dello sport ha lo scopo di sostenere gli atleti

nell'affrontare competizioni e allenamenti sempre più stressanti e ansiogeni.

Nessun atleta è un robot: è difficile "tenere" bene psicologicamente un

campionato in cui bisogna vincere sempre e per forza. Quindi l'allenamento

mentale è parte essenziale dell’allenamento globale/integrale, e l’allenatore

dovrebbe acquisire, comunque, competenze in questo ambito.

1.3 IL MECCANISMO DEL SUCCESSO.

Ogni essere vivente ha in sé un sistema guida tendente ad una scopo che

consiste, in linea di massima, nel vivere. Nell'uomo vivere non è soltanto

sopravvivenza, implica la soddisfazione di bisogni fisici, emotivi e mentali:

dare risposta ai problemi, inventare, scrivere poesie, dirigere un’azienda,

migliorare le prestazioni sportive, esplorare nuovi orizzonti della scienza,

raggiungere una più alta pace interiore, sviluppare una personalità migliore e

raggiungere il successo....

L'uomo, oltre ad essere una creatura, è anche un creatore e con la sua

immaginazione creativa può prefiggersi una varietà di fini.

La facoltà di immaginazione è la grande sorgente dall' attività umana, è la

fonte principale per il miglioramento dell'uomo... Si può immaginare il proprio

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futuro... Tutto quello che il cervello fa è scegliere lo scopo, e tramutarlo in

azione con il desiderio. Una volta raggiunta una reazione soddisfacente o

corretta questa viene ricordata per il futuro. Allora la mente riporta questa

risposta soddisfacente in casi futuri. Essa ha imparato a fornire risposte

esatte, ricorda i successi e dimentica i fallimenti, ripetendo l'azione esatta

e soddisfacente, senza un ulteriore pensiero cosciente, o come un abitudine.

Il giocatore, spesso intuisce quello che deve fare: è il suo meccanismo

interno che esegue per lui questi calcoli, ricavandoli dai dati che gli vengono

forniti attraverso i centri ottici e acustici. Se si ha un profondo desiderio il

meccanismo creativo comincia a funzionare, e l'analizzatore interno di cui si è

parlato, comincia ad esplorare le nozioni già assimilate, avviandosi a tentoni

verso la risposta, selezionando un’idea qui, un fatto lì, una serie d’esperienze

precedenti, collegandole l'una all'altra in un tutto che abbia un significato e

che possa completare la situazione, l’equazione, risolvere il problema o

l'azione sportiva. Quando questa soluzione si presenta alla coscienza, spesso

quando non lo si aspetta, qualcosa scatta e immediatamente si riconosce la

risposta cercata.

Anche per il successo ci si può e si può formare:

1- Il meccanismo per il successo deve avere uno scopo o una metà, sia già

esistente, sia scoprendone uno nuovo. (SENSO)

2- Il meccanismo automatico opera o deve essere orientato verso risultati

finali; i mezzi molto spesso entreranno in gioco da soli. (ALLENAMENTO

FUNZIONALE)

3- Non avere paura di sbagliare o di andare incontro a insuccessi

momentanei; la mente raggiunge uno scopo andando avanti e

retrocedendo, facendo errori e immediatamente correggendosi.

(ALLENAMENTO SULL’ERRORE E LA SUA ANALISI)

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4- La capacità si acquista attraverso esperienze e sbagli, correggendo

mentalmente l'obiettivo se si incorre in errore, finché si arriva ad agire con

successo; dopo di ciò si ha la possibilità di acquisire ulteriori opzioni e di

avere un successo continuo solo dimenticando gli errori passati e

ricordando i successi, in modo da poterli imitare. (CORREZIONE)

5- Si può imparare ad avere fiducia nel funzionamento del meccanismo

creativo senza bloccarlo, preoccupandosi troppo o diventando troppo

ansiosi riguardo al fatto che esso possa funzionare o meno, o tentando di

forzarlo con azioni troppo consapevoli. Si può "lasciarlo" funzionare,

piuttosto che "farlo" funzionare. Tale fiducia è necessaria perché il

meccanismo agisce al di sotto del livello di consapevolezza, e non si può

"sapere" cosa accade sotto la superficie. Inoltre la sua natura è di operare

spontaneamente e in conformità alle necessità del momento; di

conseguenza non si può averne in anticipo una garanzia. Esso comincerà a

mettersi in moto quando si agirà e allorché si richieda con le azioni. (MESSA

IN SITUAZIONE)

Tutto ciò che si fa nella vita offre la possibilità di considerarsi dei vincitori. E'

possibile apprendere da ogni esperienza, utilizzando le esperienze fatte per

ricavare un motivo di crescita. Tutti possono emergere da un'attività da

vincitori ed in più con la possibilità di acquisire ulteriore competenza in quella

certa attività. Un atteggiamento così positivo diminuisce la sensazione di

stanchezza, anche le "resistenze" al lavoro degli allenamenti si presentano più

tardi. Qualsiasi cosa impedisce di crescere, non vale la pena di essere difesa

e pensare di essere “arrivati" è rischioso perché lasciandosi andare si è più

fragili e gli avversari possono avere il sopravvento a causa di questa caduta di

tono. Per ottenere un successo interiore e quindi un successo esterno,

sono necessari per il prof Bassi, forza e orgoglio e non autolesionismo.

“Potete vincere il 100 % delle volte se riuscite a sviluppare:

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1- SENTIMENTI positivi, che vi condurranno a ...

2- nuovi vi modi di PENSARE, che vi faranno approdare a ...

3- nuovi modi di COMPORTARVI.

Ogni emozione ha una sua funzione, vi può aiutare. Per raggiungere una

propria autonomia ed una libertà nella vita occorre imparare a padroneggiare

le proprie emozioni, assumendosene tutte le responsabilità. E' molto più

sensato accettare le proprie responsabilità sui sentimenti che si proveranno

invece di demandare ogni responsabilità alla fortuna o al carattere o

all'allenatore.

In una gara tra voi e i vostri avversari sarà proprio il vostro stato emotivo a

determinare la vostra efficienza. La vostra capacità di diventare un vincitore a

tempo pieno dipende dalla volontà di pensare secondo schemi vincenti,

lavorando all'eliminazione di immagini perdenti che vi trascinate dietro da fasi

precedenti della vostra vita. Questo significa CRESCERE anche in una

situazione in cui non si riesce a raggiungere i propri obiettivi.”

Questa interessante tabella, elaborata dal prof. Bonfanti, evidenzia le

differenze tra vincente e perdente:

VINCENTE PERDENTE

Fa sempre parte della risposta

Ha sempre un programma

Dice: "questo posso farlo"

Trova una risposta per ogni problema

Dice: "difficile, ma possibile"

Cerca alternative

Accetta la sfida

Rifiuta di perdere

Fa sempre parte del problema

Ha sempre una scusa

Dice: " questo non è lavoro mio"

Trova un problema per ogni risposta

Dice: "possibile, ma troppo difficile"

Si limita alle sue mansioni

Preferisce evitare la sfida

Perdere o vincere è la stessa cosa

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Uno studio psicologico recente e approfondito, svolto sugli allenatori di

successo, ha consentito di sistematizzare e misurare un profilo (le aree di

competenza) che ne caratterizza l'attività professionale.

In particolare, gli allenatori di successo:

1.sanno programmare il lavoro

2.sanno gestire il gruppo e il singolo sul piano psicologico

3.sanno sviluppare un’adeguata organizzazione di gioco

4.sanno lavorare sugli errori emersi in gara

5.sanno gestire i rapporti con lo staff, i colleghi e i superiori

6.sanno gestire il processo di delega agli altri elementi dello staff

7.sanno mantenere un’alta motivazione in tutti gli elementi del gruppo

8.sanno gestire i momenti di difficoltà e le sconfitte

9.sanno gestire in modo distinto il pre - gara, la gara e la fine della gara

10.sanno gestire la programmazione dei carichi di lavoro fisico rispetto

al risultato.

Ciò che ha incuriosito i ricercatori era comprendere come mai allenatori a

volte talmente diversi per caratteristiche cognitive, di comportamento e di

immagine, riuscissero - apparentemente per strade diverse - ad essere

ugualmente efficienti nel raggiungimento di risultati.

Gli studi in tal senso hanno individuato due caratteristiche o VARIABILI che,

indipendentemente dalla personalità e dagli "stili" utilizzati dagli allenatori, li

contraddistinguono come vincenti. Queste due variabili sono la "vera matrice"

che determina il raggiungimento o meno delle competenze e degli standard

del profilo ideale dell'allenatore:

1)Locus of Control Interno

2)Senso di Autoefficacia

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1.4 LOCUS OF CONTROL

In termini psicologici, ci si riferisce alle credenze di una persona circa il

controllo degli eventi della propria vita, utilizzando il concetto di "Locus of

control", espressione che è traducibile in "luogo del controllo".

In particolare, coloro che credono di poter agire un controllo sugli eventi della

propria vita e che sentono che con i loro sforzi, impegno, capacità, possono

determinare quanto accade loro, sono definite persone con un locus of

control interno.

Viceversa persone che percepiscono di non aver alcun controllo sulla propria

situazione di vita e che credono che gli eventi siano determinati da forze

esterne come la fortuna, la sorte, l'influenza di altre persone significative e

potenti, sono definite persone con un locus of control esterno.

In realtà non esiste una distinzione così netta tra gli individui. In effetti,

seppur sia presente in ciascuno una tendenza per un locus of control interno

o esterno, sono molto rari i casi in cui queste due tendenze sono espresse in

modo estremo; in questo senso, non sempre le persone con una tendenza

per un locus of control esterno sottostimano le loro possibilità di controllare

gli eventi della vita e non sempre persone con una tendenza per un locus of

control interno, pensano di poter controllare tutti gli eventi che accadono

loro: molto dipende anche dalle circostanze, dalle aspettative e dall'evento

che l'individuo deve affrontare.

Ad ogni modo, pensare di poter controllare gli eventi o ritenere che non si

possa esercitare alcun tipo di controllo, portano a mettere in atto

atteggiamenti e comportamenti diversi e più o meno funzionali alla

realizzazione dei propri obiettivi.

Nel primo caso, l'atteggiamento del singolo di fronte agli eventi della vita sarà

poco arrendevole e molto determinato nel cercare di raggiungere obiettivi

e mete che egli percepisce cadere sotto il suo controllo; l'individuo si sentirà

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maggiormente responsabile delle sue azioni e avrà maggiori possibilità di

successo. (locus of control interno)

Nel secondo caso, l'atteggiamento sarà più passivo rispetto agli accadimenti

dell'esistenza e l'individuo sarà presumibilmente più orientato ad accettare gli

eventi anche quando potrebbe intervenire efficacemente nel modificarli

(locus of control esterno).

Non solo, ma da un punto di vista delle relazioni interpersonali, gli studi

scientifici hanno dimostrato che sia maggiormente attivo possedere un locus

of control interno piuttosto che esterno. Infatti si è visto come la percezione

di essere prevalentemente controllati da persone potenti si accompagni

spesso ad un sentimento di sfiducia negli altri, mentre, al contrario, un

comportamento di attenzione e soccorso nei confronti degli altri sembra

sia caratteristico degli individui con un locus of control interno.

Si è visto che laddove è presente la percezione di controllo, o di potenziale

controllo degli eventi, è più facile far fronte allo stress in modo adeguato.

Non si deve trascurare il fatto che anche un orientamento opposto, in alcune

circostanze, possa avere una qualche utilità. Pensiamo ad esempio alle

situazioni di insuccesso inaspettato: in questi casi, la capacità di attribuire le

colpe a fonti esterne, e non esclusivamente a se stessi, può essere un mezzo

che, a breve termine, permette di attenuare l'impatto con l'esperienza

negativa. In ogni caso è importante sottolineare che questo tipo di difesa è

funzionale se "presa a piccole dosi": infatti, se venisse utilizzata

costantemente, potrebbe condurre ad una sorta di abitudine, in virtù della

quale il soggetto potrebbe rimanere in una situazione di passività, piuttosto

che mettere in atto soluzioni comportamentali in grado di modificare la

situazione negativa che si trova ad affrontare.

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TABELLA CHE RIASSUME IL LoC.

Il locus of control (LoC) è dunque una variabile psicologica che indica il grado

di percezione rispetto al controllo del proprio destino e gli eventi.

Un LoC "esterno" attribuisce prevalentemente al destino o agli "altri" il

controllo di quanto accade. Un LoC "interno" vede invece il soggetto molto

più indirizzato a considerare il destino come un effetto delle proprie azioni e

quindi una variabile " intervenibile ".

In altre parole, il locus of control rappresenta l'atteggiamento mentale con cui

noi sentiamo di essere in grado di determinare le nostre azioni, e i relativi

risultati, rispetto al controllo esercitato dal caso e dalle circostanze esterne,

ed è ciò che prediligo.

Il LoC si lega anche alla competitività personale.

Il LoC esterno genera un circolo vizioso di disorganizzazione e abbandono, un

vissuto permeato da senso di vittimizzazione e impotenza che degenera in

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auto-sconfitta. Questo vissuto rinforza il LoC esterno creando un meccanismo

perverso di retroazione e perdita di spirito competitivo, un meccanismo del

tipo "lo sapevo che non gliel’avrei fatta, era meglio se nemmeno ci provavo,

ecc.. AI contrario, la competitività personale richiede l'assunzione di un

rapporto attivo verso il destino.

Iniziare a porsi obiettivi, magari ambiziosi e impegnativi, oppure semplici e

minimali, e chiedersi quali linee di azione impostare per raggiungerli,

costituisce un ottimo punto di partenza per il raggiungimento della

competitività personale. Raggiungere piccoli obiettivi è il prerequisito per poi

guardare più in alto.

1.5 "IL SENSO DI AUTOEFFICACIA"

Di solito le persone cercano di esercitare un controllo sugli eventi della vita,

influenzandoli in modo che si realizzino quelli desiderati e non quelli

indesiderati. Quest’elemento caratterizza quasi tutte le azioni umane, in

quanto produce il duplice vantaggio di rendere gli eventi "prevedibili" e

affrontarli "preparati". Poiché l'incapacità di esercitare influenza sugli eventi

crea ansia, diviene evidente che l'abilità di favorire eventi auspicabili

prevenendo quelli indesiderati è un potente incentivo verso la capacità di

controllo. Un forte senso di efficacia favorisce la realizzazione dei propri

obiettivi nella gestione di un gruppo orientato a risultati (performance).

Si è visto che la motivazione, gli stati affettivi ed i comportamenti delle

persone, sono basati più sulle loro convinzioni che sulla realtà oggettiva, per

questo si sono condotte ricerche ed indagini sulle convinzioni che le persone

hanno riguardo alla loro capacità di produrre determinati effetti.

L'autoefficacia deriva dalla convinzione che la persona ha circa le proprie

capacità di produrre quelle azioni necessarie per gestire adeguatamente le

situazioni in modo da raggiungere risultati prefissati e desiderabili. Queste

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convinzioni influenzano in modo considerevole il modo in cui le persone

pensano, si sentono, agiscono ed intervengono in modo particolare sulla loro

motivazione. Le convinzioni di efficacia si originano da quattro fonti

principali:

1)Autoefficacia e processi di motivazione (avere motivazione intrinseca e

saper motivare)

Le convinzioni di efficacia regolano la quantità e la qualità della

motivazione. Chi si considera efficace attribuisce gli insuccessi ad un

impegno insufficiente o a circostanze avverse. Chi si considera inefficace

tende ad attribuire il fallimento alla propria personale incapacità.

Inoltre la motivazione è regolata dall'aspettarsi che una determinata serie di

comportamenti produca certi risultati e dal valore che a loro viene attribuito.

Le persone agiscono si in base ai risultati probabili che si aspettano ma anche

in base alle convinzioni che hanno in merito a ciò che possono fare.

In questo modo la motivazione viene ancora governata dalle convinzioni di

efficacia, infatti, esiste un numero molto alto di alternative che non vengono

prese in considerazione perché la persona non le giudica alla propria portata.

Obiettivi ben definiti e stimolanti accrescono e mantengono elevato il

livello della motivazione. Legando la propria soddisfazione al raggiungimento

dello standard prefissato, le persone stabiliscono la direzione del loro

comportamento e si creano incentivi per persistere nell'impegno sino al

raggiungimento della meta.

In questo tipo di azione interviene la valutazione per la propria prestazione e

le reazioni, che da questa derivano, di soddisfazione o insoddisfazione.

Assume gran rilievo l'autoefficacia percepita durante il processo di

raggiungimento dell'obiettivo, come pure l'eventuale ridefinizione dei fini in

base ai progressi ottenuti.

2)Autoefficacia e processi affettivi – emozionali (saper affrontare le difficoltà

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18

e sapersi relazionare, fiducia in se stessi e negli altri)

Le convinzioni di efficacia sostengono la motivazione in molti modi, esse

determinano gli obiettivi scelti, la quantità di impegno, la perseveranza nelle

difficoltà, la capacità di recupero rispetto agli insuccessi. Chi manca di

fiducia nelle proprie capacità, di fronte ad un ostacolo o ad un insuccesso

riduce l'impegno o rinuncia ad esso, anziché impegnarsi maggiormente. La

convinzione circa la propria capacità di gestire efficacemente le cose,

determina anche la quantità di tensione e depressione che si prova in

situazioni particolarmente difficili.

Si evidenziano qui alcune delle dinamiche principali:

a) (saper affrontare e voler superare le difficoltà) Le persone che considerano

i potenziali pericoli "non affrontabili", vedono molte minacce nel loro

ambiente e sono portati ad amplificare la gravità anche di eventi che

accadono raramente. Tutto questo, diminuisce la loro capacità di funzionare

bene poiché esse vivono modalità debilitanti. Nel caso che, la loro efficacia

venga elevata attraverso una serie di esperienze guidate che permettono di

affrontare con successo gli eventi minacciosi, il livello di ansia diminuisce.

b) (non continuare a pensare negativo) Le persone convivono con pensieri

auto-prodotti tutto il tempo, il controllo su queste "ruminazioni mentali" è un

mezzo per modulare l'insorgere dell'ansia e della depressione dovute sia alla

frequenza dei pensieri debilitanti sia all'incapacità di interromperli.

c) (affrontare con tenacia) E' possibile ridurre l'ansia promuovendo modalità

di comportamento in grado di modificare l'ambiente trasformando lo da

minaccioso in sicuro. Le convinzioni di efficacia agiscono sul comportamento

concreto ed aumentano nella misura in cui le persone sono vigorose

nell'affrontare gli aspetti stressanti, questo produce successo.

d) (definire obiettivi raggiungibili) Le aspirazioni frustrate spingono verso la

depressione, questo avviene quando la persona s’impone degli obiettivi e

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degli standard che poi non sono raggiungibili ed investe in questo molta

energia per ottenere solo un insuccesso.

e) (socializzare ed entrare in relazione) La bassa stima di se per quanto

riguarda la capacità di creare relazioni sociali, produce effetti particolarmente

dannosi poiché quest’aspetto costituisce una fonte di soddisfazione nella vita

ed ammortizza gli elementi di stress cronici.

f) (sapere di valere) Un senso di bassa autoefficacia nella possibilità di

procurarsi ciò che porta alla soddisfazione di sé produce depressione e questa

a sua volta si ripercuote negativamente sulla stima personale.

3)Autoefficacia e processi di scelta (saper scegliere)

Le persone sono in parte anche il prodotto dell'ambiente in cui vivono, la

stima di se può determinare le attività che esse intraprendono e gli ambiti ai

quali esse scelgono di accedere.

In questo modo, ciascuno modella il proprio destino anche evitando quegli

ambienti che considera al di là delle proprie capacità di gestione. Le scelte

fatte coltivano tipi diversi di competenze, interessi e relazioni sociali e questo

crea il corso esistenziale. Influenzare le scelte, significa intervenire

profondamente sullo sviluppo personale. Le convinzioni di autoefficacia non

sono frutto della presunzione, sono invece il prodotto di un processo di auto-

persuasione complesso che si basa sull'elaborazione di informazioni

provenienti da fonti diverse che vengono acquisite attraverso l'azione,

l'influenza di altri, l'interpretazione di determinati processi. Queste

convinzioni, una volta formate contribuiscono in modo preponderante alla

qualità del funzionamento umano. Un senso di efficacia ottimistico sviluppa

un senso di se positivo nelle prestazioni, produce benessere psicologico,

trasforma la realtà attraverso un impegno di energia considerevole e

duraturo. Ecco perché, dalle indagini fatte risulta che le persone che hanno

raggiunto posizioni di prestigio nel loro campo, sono dotate di un

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20

inestinguibile senso di efficacia e della ferma convinzione del valore

delle proprie capacità.

4)Analisi evolutiva delle convinzioni di autoefficacia (controllare i processi)

La convinzione di controllo è la rappresentazione soggettiva delle proprie

capacità di esercitare un controllo, il modo in cui viene percepita la propria

abilità nel gestire gli eventi. E' molto importante esaminare questa

costruzione mentale come modalità di apprendere per i seguenti motivi:

1. è il requisito di base per regolare le azioni dirette a realizzare certi

obiettivi;

2. è una parte importante del concetto di se e determina in larga misura

l'auto-stima o la depressione.

Affinché si stabilisca una convinzione di controllo è necessario che si

verifichino oggettivamente degli effetti. E’ uno sviluppo che parte e si forma

sino dall’infanzia. Nell'età adulta le persone fanno derivare una porzione

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21

importante della propria autostima, dal controllo che pensano di avere su

particolari eventi e generalmente si rendono conto che dovrebbero avere più

controllo rispetto a quello che possono esercitare. Tutto questo produce

stress, perché rende necessario operare delle scelte spesso difficili anche a

causa del forte senso di responsabilità personale.

1.5 FILOSOFIE ED ESPERIENZE DI COLLEGHI

Molti allenatori mi hanno trasmesso filosofie e mentalità relative al successo.

L’analisi di Montali, che è spesso invitato da molte azienda a fare coaching, in

riferimento alle teorie sul successo già espresse, è molto interessante.

Secondo Montali, il coach è colui che comanda, che fa delle scelte, colui che

guida le persone e ha forte carisma, è il leader, anche dal significato

etimologico della traduzione del termine (capo) e per realizzare una mentalità

vincente ci vuole:

1. una COMUNICAZIONE EFFICACE:

Alla base di ogni rapporto ci deve essere una buona comunicazione: il

capo deve essere sempre diretto, immediato e chiaro con ogni membro

della squadra. Ognuno deve sapere cosa deve fare e che cosa gli

compete di fare, senza confusione di ruoli.

2. delle RISORSE UMANE:

Montali le definisce il valore aggiunto. Un qualsiasi tipo di progetto può

arrivare al raggiungimento dell’obiettivo solo grazie al successo delle

relazioni intra-gruppali: le persone non devono giocare contro, ma

devono giocare assieme verso un obiettivo comune. Quello che si deve

creare, affinché non si sperimenti il fallimento, è lo spirito di squadra.

Le risorse umane sono rappresentate da: la società, l’allenatore, lo

staff, e i giocatori; ognuno di questi elementi risulta funzionale per il

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raggiungimento dell’obiettivo: devono collaborare tra loro in modo

inscindibile.

3. il giusto ATTEGGIAMENTO:

Ciò che fa la differenza tra una vittoria e una sconfitta è l’attitude: il

senso di consapevolezza di quello che si sta facendo. Ogni persona

possiede delle potenziali capacità che gli permettono di essere più o

meno bravo in una determinata attività, ma quello che realmente fa la

differenza è l’atteggiamento verso queste capacità. Si può essere sì la

persona giusta nel momento giusto, ma bisogna essere anche la

persona che si rende conto di essere quella giusta nel momento giusto:

l’atteggiamento ti permette di sfruttare al massimo le tue potenzialità,

senza buttarle via.

In questo senso, raggiungere il successo significa saper cogliere e realizzare

gli obiettivi dell’azione intrapresa. Il successo va dunque inteso come riferito

alla piena realizzazione delle proprie potenzialità, in quello specifico

momento. Le persone con una forte motivazione al successo conoscono

bene le loro potenzialità, sanno dove possono arrivare; si comportano con

umiltà e condividono con altri le esperienze (“la vittoria è nobile solo se è

condivisibile”); sono aperte a punti di vista diversi e sono in grado di

modificare atteggiamenti e comportamenti in vista di nuove situazioni; hanno

gli strumenti per gestire gli effetti dell’insuccesso e si pongono continuamente

obiettivi più elevati da raggiungere (“la sfida nella sfida”).

Per Montali ciò che vince nello sport non è il gruppo, ma è il TEAM: non si

può raggiungere un obiettivo solo facendo gruppo, ma perseguendo assieme

come team la stessa strada verso il successo.

L’immagine che sceglie per descrivere il team è quella dell’orchestra.

All’interno di un’orchestra ognuno ha il proprio ruolo e svolge questo ruolo in

funzione delle sue capacità, in modo tale che ci si senta soddisfatti per quello

Page 23: SETTORE TECNICO FIGC

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che si fa, in quanto si fa parte di un gruppo perché si è bravi a svolgere un

determinato lavoro. Compito della società è quello di dare lo stile

all’orchestra, di dare cioè il senso di appartenenza; mentre compito del leader

è quello di dirigere ogni elemento del team verso l’obiettivo comune: suonare

il brano musicale prescelto. Fondamentale è che ogni soggetto faccia il suo

mestiere con cuore e passione (l’atteggiamento di cui si diceva sopra) per il

perseguimento dell’obiettivo.

Un bravo leader deve:

-insegnare ai membri del team l’auto-responsabilizzazione. Bisogna essere

sempre e dovunque consapevoli di quello che si sta facendo e delle proprie

capacità e chiedersi: “che cosa ho imparato oggi?”;

-collaborare con ogni elemento (dal collaboratore, dal giocatore, al dirigente

della società) al raggiungimento dell’obiettivo;

-scegliere lo spartito da suonare.

Io aggiungerei saper valorizzare il ‘primo violino’ nell’orchestra.

La MENTALITA’ VINCENTE nello sport è quindi la mentalità aperta, che ha

la tendenza verso il successo, che sa gestire i momenti fortunati e reagire ad

eventuali insuccessi (“è dalle sconfitte che bisogna partire per costruire una

vittoria”). Ha una notevole forza di volontà, è dotata di perseveranza e

risolutezza; sa mettere a frutto i propri talenti, sa raggiungere la sua zona di

funzionamento ottimale ed è caratterizzato da forte motivazione.

La mentalità vincente viene acquisita per lo sport e, come prosegue Montali,

deve interessare in generale per la vita.

Fare coaching significa dunque: preparare, addestrare e infine istruire, perché

alla fine, quello che vince è il gioco si squadra!

“O si vince come squadra, o si perde come individualità.”

Per concludere questa prima parte teorica, ho raccolto informazioni dai vari

colleghi allenatori e preparatori e ho sintetizzato i contenuti che seguono:

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SULLA FORMAZIONE FISICA

Anche la preparazione fisica, alla stessa stregua delle altre aree della

performance deve concorrere, nel giovane atleta, al miglioramento della

mentalità vincente ovvero dello spirito agonistico inteso come predisposizione

a competere prima che con gli altri con i propri limiti. In quanto tale ciascun

limite per chi è animato da un giusto spirito agonistico rappresenta in realtà,

anche per quanto concerne la preparazione fisica, un’opportunità per mettersi

in gioco ed avvicinarsi, migliorando di un centimetro il proprio salto piuttosto

che abbassando di un centesimo il tempo nello scatto, ad un nuovo traguardo

dal quale attingere fiducia e motivazioni necessarie per dimostrare a se

stesso di essere un vincente e di poter programmare il raggiungimento di un

prossimo traguardo. Ma è altrettanto vero come ansietà, sforzo, pericolo,

affanno siano emozioni insite nel significato letterale della parola greca

αγωνоς da cui deriva il termine agonismo. Ciò vuol dire che non ci può

essere il superamento di alcun traguardo e dunque non si può possedere una

mentalità vincente quando non si sia saputo prima di tutto convivere con i

propri difetti. Occorre trovare le motivazioni necessarie per trasformare questi

ultimi in risorse grazie alle quali ottenere nuove vittorie. In questo senso un

vero vincente è stato colui che, anche nella preparazione delle qualità fisiche

abbia saputo porsi degli obiettivi partendo dalla presa di coscienza dei propri

limiti, senza abbattersi, ma trasformando i medesimi in possibilità e quindi sia

riuscito a guadagnarsi un seppur piccolo miglioramento grazie al lavoro,

all’impegno, all’aver sfruttato ogni attimo del suo allenamento come tempo

prezioso per migliorarsi e avvicinarsi al raggiungimento del suo obiettivo.

Presa di coscienza dei propri limiti e ricerca del miglioramento individuale

(osservazioni di dati concreti come test )

Taglio del lavoro con tendenza a focalizzare le prestazioni di velocità e

forza esplosiva.

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SULLA FORMAZIONE TECNICA

Canalizzazione dell’acquisizione dei gesti con finalizzazione alla funzionalità

(in pratica ogni gesto va addestrato alla massima velocità e trasportato in

situazione con riflessioni verbali ai casi vincenti della gara)

SULLA FORMAZIONE TATTICA

Evidenziazione verbale e pratica dell’importanza della collaborazione per il

raggiungimento della riuscita organizzativa ( in pratica esercitazioni mirate

e valutate dei movimenti di copertura reciproca, dei movimenti senza palla

per creare spazi attaccabili dai compagni, del tutto sempre e comunque

legato alla predisposizione dei presupposti al gol.).

Lavoro sistematico di attacco agli spazi in avanti.

Predisposizione di organizzazione legata a situazioni riconoscibili (Esempio:

palle inattive, situazioni di superiorità o inferiorità numerica, concetto di

assistenza al possessore della palla e azioni legate a segnali o

comunicazioni non verbali del compagno).

SULLA FORMAZIONE MENTALE

Predisposizione e rispetto delle regole dove viene sempre privilegiato il

gruppo e l’esito finale.

Incoraggiamento, sostegno e rinforzo verbale in caso di errori effettuati

nella ricerca dell’offensività e del gol in particolare

Verbalizzazione e condivisione delle mission

Verbalizzazione e ricerca sistematica della motivazione

Rinforzo verbale nell’evidenziazione e condivisione dei miglioramenti

individuali come miglioramento dell’auto stima.

Condivisione collettiva dell’errore come compartecipazione generale alla

soluzione.

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Sviluppo del senso di fiducia verso il compagno (per esempio con

esercitazioni dove si effettua una corsa ad occhi chiusi guidata alle spalle

dal compagno con una semplice pressione della mano sulla schiena).

Evidenziazione dell’importanza della concentrazione e dell’attenzione prima

e durante la gara (esempi di riscaldamenti mirati).

Ancoraggi o riti pre gara atti a cimentare unione e condivisione (urli o frasi

prima dell’uscita dallo spogliatoio, gesti come abbracci o strette di mano in

modo non convenzionale prima della gara)

Gestione da parte dell’allenatore del tempo intervallo (reazioni,

comportamenti o modalità di comunicazione relativi al comportamento ed

alle manifestazioni della squadra. Ad esempio innalzare o abbassare il

livello di aggressività, focalizzare delle attenzioni su difficoltà, rincuorare e

condividere i comportamenti relativi ).

Gestione dell’infortunio e dell’infortunato (ad esempio minimizzare la

gravità dove possibile, far passare alla squadra il messaggio che dispiace

per la persona ma la conseguente assenza è ininfluente, sfruttare situazioni

dove l’utilizzo di giocatori comprimari è risultato o risulta vincente ).

Esternare sempre comportamenti di chi non si accontenta e ricerca sempre

l’esito positivo anche in allenamento (Fare attenzione a quando il livello di

aggressività o aspettativa sale troppo. E’ il momento di smorzare i toni).

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2° PARTE: DALLA TEORIA ALLA PRATICA, COME E COSA FARE

2.1 LA FIGURA DELL’ALLENATORE: GESTIRE NETWORK E COMUNICAZIONE

Prima di trattare la mia prima esperienza pratica, vorrei fare un collegamento

tra le due parti della tesi, con alcuni riferimenti relativi ad aspetti non ben

delineati, rispetto alla figura dell’allenatore vincente che per me sono

determinanti. Prima di tutto la gestione dei gruppi, non solo squadra, ma

staff e operatori diversi che interagiscono nei processi del team in tutta la

stagione, secondo la modalità di “essere” del Mister e del suo

comunicare.

Pur con attinenze tratte dal corso Master, dai personali approfondimenti, le

conclusioni sono chiaramente soggettive.

L’ allenatore deve fungere da attento osservatore di ciò che succede al fine di

porsi come leader e mediatore nei network operanti (squadra e gruppi di

lavoro, interagenti con la squadra). I criteri seguenti quindi valgono per la

gestione di tutti i gruppi di lavoro anche se riferiti alla squadra.

Nessuna prestazione di squadra (team o gruppo di lavoro) può essere

efficace se i processi d'interazione, sono scarsi o inefficaci. La complessità

insita e la diversità individuale rende difficile la gestione e l’efficacia della

squadra ed è il processo dinamico di passaggio dall’interazione

all’integrazione che ci permette di formare un gruppo attraverso:

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Interagire (gruppo)

Legami

Vicinanze

Scambi

Conflitti

Dipendenza

Negoziazione

Sinergie

Integrare (squadra)

I processi interattivi si manifestano in forme scarsamente padroneggiabili e

percepibili anche dagli stessi membri del gruppo. Nei gruppi d’atleti le

interazioni della convivenza e delle situazioni agonistiche finiscono per

condizionare il clima e l'efficienza della squadra. L’esigenza di un leader nasce

dal gruppo. Spesso quest’esigenza nasce nei momenti di confusione o di

stanchezza per organizzare il pensiero. Nel calcio il leader è positivo quando è

accettato perché fa gli interessi della squadra. Tuttavia in un gruppo le

funzioni di leadership sono ripartite con riferimento di competenze, di ruoli o

di momenti e processi contestuali. E’ comunque il gruppo che deve

riconoscere e collaborare con il leader. Ogni gruppo ha tuttavia una sua

esigenza, un suo stile di leadership. L'analisi di una squadra non è la somma

delle analisi dei suoi membri. Esistono, infatti, delle caratteristiche che sono

proprie del sistema, cioè dei modelli interattivi che trascendono la qualità dei

membri individuali. Noi siamo abituati a ragionare in termini di causa - effetto

mentre la teoria sistemica c'insegna a considerare le relazioni in termini

circolari. Se un gruppo è composto di quattro elementi (A, B, C, D.) se A da

un messaggio a B, questi a sua volta stimolerà C e quest'ultimo D che poi a

sua volta darà un input ad A. Questo vuol sostenere che in una relazione di

gruppo, un conflitto tra due membri viene inevitabilmente a coinvolgere

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29

anche gli altri componenti del gruppo. Un gruppo strutturato, come quello

sportivo, perciò non è un insieme indifferenziato e disordinato di dinamiche,

ma soprattutto un sistema che tende ad una razionalizzazione specifica dei

compiti e delle procedure richieste per la realizzazione dei propri obiettivi. La

sensazione di essere trattati in modo equivalente dall'allenatore influenza il

livello d'impegno, di motivazione e di soddisfazione dei giocatori. Gli atleti

giudicano l'equità secondo tre criteri principali:

il livello di compatibilità tra la valutazione dell'allenatore e quella del

giocatore riguardo alle attitudini di quest'ultimo ed ai suoi contributi alla

squadra;

il modo in cui l'allenatore comunica le sue idee agli atleti;

la percezione dell'atleta del desiderio dell'allenatore di aiutarlo a

migliorarsi e ad essere contento.

L'equità può saldare una squadra, come la sua assenza può distruggerla.

Bisogna che gli allenatori trattino gli atleti in modo onesto, franco ed equo;

bisogna che i giocatori sentano di essere trattati equamente, anche se non

sono totalmente soddisfatti di certe decisioni. Per l’allenatore, accontentare

tutti sarà in sostanza impossibile; trattare tutti equamente e francamente,

rappresenterà un punto di partenza, un metodo di lavoro ed anche un

obiettivo da mantenere o raggiungere quanto prima. Questi aspetti devono

essere tenuti in considerazione anche e soprattutto nella gestione dello staff

e per concludere, il Mister dovrà saper far interagire nel modo funzionale i

componenti del gruppo, portarli all’integrazione, attraverso una gestione

equa e valorizzante, con una comunicazione adeguata.

Ritengo poi con fermezza, che condizione primaria per poter comunicare e

quella di essere "veri", e che la falsità distrugge in partenza ogni possibilità

d'incontro: essere veri significa, secondo me, essere sé stessi nella totalità

della propria vita, essere autentici in modo che la nostra espressione non sia

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30

falsata all'origine, ed il nostro manifestarsi non sia come la musica che esce

da uno strumento scordato. La prima falsità è la discordanza tra la

parole e il pensiero: non dico ciò che sono, dico il contrario di ciò che

penso, il secondo essere falsi è di giocare tra quello che si è e quello

che si appare o si cerca di far apparire, infine il terzo falso, è

l'incoerente, che afferma valori ideali, che nega col suo comportamento. Si

nota a questo punto che, se confrontiamo ciò che di fatto ciascuno di noi è,

con quello che dovrebbe essere, non riusciamo spesso a verificare

l'uguaglianza; per cui l'uomo "vero" tende sempre a migliorare ciò che di fatto

è. C'è però chi non riesce né vuol essere se stesso fino in fondo, ma nello

stesso tempo non accetta di riconoscere il proprio limite. Nella mia esperienza

da giocatore ho sempre apprezzato gli allenatori e le persone che hanno

comunicato con chiarezza e sincerità le proprie opinioni. Proseguendo

sulla comunicazione, penso che instaurare un rapporto efficace fondato sulla

condivisione degli obiettivi e degli strumenti necessari per realizzarli, sul

rispetto reciproco dei ruoli, sul piacere di lavorare insieme, si riveleranno

strumenti ed al tempo stesso mete preliminari rispetto agli insegnamenti

tattici, tecnici e regolamentari di qualsiasi disciplina sportiva. A volte,

potrebbero anche non bastare. La condivisione delle buone intenzioni non è

da sola, infatti, sufficiente ad instaurare una vera e duratura armonia tra il

mister, giocatori e staff. Così, un buon rapporto dipende, oltre che da

numerosi fattori quali competenza, serietà ed integrità morale, anche da una

buona forma di comunicazione. Spesso, se gli atleti od in generale gli altri

non ci capiscono, dipende proprio dalla nostra incapacità di comunicare le

nostre intenzioni, cioè di farci capire. Comunicare significa sapersi

relazionare in modo adeguato con i propri giocatori, in relazione alla loro

età, alle caratteristiche peculiari, agli stati d’animo, ai momenti che attraversa

la squadra intera. La comunicazione è dunque elemento fondamentale

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31

proprio perché la gran parte della seduta di allenamento e della vita in

gruppo si traduce sempre nell’informare, formare, correggere, incoraggiare,

assistere, interagire sempre con gli atleti e, naturalmente, con il resto dello

staff e le altre componenti che ruotano intorno alla squadra (società, etc.).

L’allenatore, sappiamo bene che deve essere un ottimo “comunicatore”.

Qualche volta, è una qualità innata ma, più spesso, è una capacità da

migliorare con estrema fatica e nel corso del tempo e si riferisce:

a)al gruppo

b)al singolo e

c)ai mass media,

senza dimenticare, il fondamentale problema del feed back, cioè della

capacità di saper ascoltare e di valutare la comunicazione di ritorno. La

partenza ideale è la condivisione convergente della realtà con l’uso di

una terminologia più comune possibile. Una “logica collettiva” che deve

comprendere numerosi aspetti e nella quale si devono condividere regole,

valori e obiettivi. I gruppi di successo hanno infatti evidenziato queste

caratteristiche:

la sostituibilità degli elementi

la stabilità della leadership

tutti partecipano come protagonisti e ognuno ha il proprio momento

parlano tutti lo stesso linguaggio utilizzando un medesimo schema di

lettura

Così, il miglior risultato si ottiene quando, infatti, il collettivo parla lo stesso

linguaggio, in particolare lo staff, cioè quando c'è una condivisione di

valori umani (rispetto, onestà, altruismo, spirito di sacrificio,

collaborazione..) e la condivisione piena degli aspetti tattici.

Nello spogliatoio le relazioni umane non sono mai stabili, non vanno date per

acquisite, l'allenatore deve lavorarci sempre. Il buon clima del gruppo va

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sempre alimentato; occorre così programmare momenti di verifica delle

situazioni in essere. Tali verifiche è più indicato che vengano fatte nei

momenti positivi, ad esempio dare rilievo al buon momento relazionale,

comunicativo e sportivo richiamando i valori condivisi, oppure è meglio

intervenire nella correzione tecnico tattica o che riguarda anche altri aspetti

dopo una vittoria. Nella difficoltà di parlare alla squadra, l’allenatore deve

comunicare efficacemente con l’obiettivo della persuasione. Quando non si ha

o non si riesce avere una comunicazione “tu per tu”, per parlare ad un

gruppo si dovrebbe:

1. Nella maggior parte delle situazioni la fonte di comunicazione deve

essere unica

2. Avere un ordine, una scaletta dei contenuti da comunicare

3. Dare attenzione a tutti

4. Far sentire ognuno interlocutore girando a tutti il proprio sguardo

5. Far partecipare senza imporre solamente

6. Inserire emotività e calore nel trasmettere i messaggi

Page 33: SETTORE TECNICO FIGC

33

2.2 UN METODO PER FORMARE LA MENTALITÀ VINCENTE

A questo punto ci si chiede se sia possibile praticamente fare qualcosa,

proporre attività, comunicare in qualche modo particolare, programmare un

percorso didattico, usare un metodo d’allenamento, per formare una

mentalità vincente.

L’efficacia dell’allenamento e il raggiungimento d’obiettivi programmati,

infatti, dipendono in buona misura dalla metodologia adottata. Il metodo (nel

suo significato etimologico: “met - odon”, attraverso la strada) si fonda sulle

teorie e sulle forme d’apprendimento, infatti, esso può essere considerato

una scelta e un modo con cui operare per raggiungere gli obiettivi e

trasmettere i principi.

Esso riguarda i seguenti aspetti:

1) Il rapporto tra allenatore e giocatori

Ovvero il tipo di leadership che l’allenatore intenderà instaurare nel gruppo.

Essa è stata codificata in: autoritaria, democratica o permissiva ma

bisognerebbe aggiungere “autorevole e funzionale”.

2) Il rapporto tra giocatori

Ovvero le relazioni sociali che s’instaurano nel gruppo - squadra.

3) Il linguaggio

Ovvero il tipo di comunicazione utilizzata dall’allenatore.

4) Il metodo o il modo di proporre l’attività

a) deduttivo, quando l’allenatore è prescrittivo e assegna un compito o fa

eseguire un’esercitazione dando una soluzione chiara e prestabilita.

b) induttivo, quando l’allenatore pone gli allievi in una situazione di ricerca

della soluzione e del raggiungimento di un obiettivo.

5) La scelta dell’attività

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a) globali, quando si tratta di contenuti o attività di carattere generale nelle

quali sono presenti diversi aspetti e sono perseguiti più obiettivi. Il gesto

tecnico diventa il mezzo per raggiungere l’obiettivo.

b) analitiche, quando le attività, come dice la parola, analizzano l’obiettivo e il

gesto tecnico da compiere. In questo caso la tecnica è spesso fine a se

stessa.

Diventare vincenti dipende sicuramente dal metodo utilizzato, poiché

quest'ultimo è legato alle scelte filosofiche e psicologiche dell'allenatore. Dalla

mentalità di quest'ultimo risulterà il modello di formazione del calciatore,

l'espressione del gioco e di chi va in campo. Per questo motivo anche lo staff

e i giocatori devono avere la stessa mentalità. La metodologia quindi, è la

scelta con cui operare, cioè la strada per raggiungere gli obiettivi; in questo

caso riguarda il come vincere. Se un allenatore vuole vincere ad ogni costo,

potrà utilizzare i metodi per insegnare come raggiungere la vittoria, magari

con mezzi non leciti. Ma in un'ottica etico - formativa la vittoria è una

conseguenza dell'utilizzo di una metodologia che stimoli la mentalità vincente

e il desiderio di migliorarsi e valutarsi per il proprio rendimento.

Si sente parlare spesso di mentalità vincente, ma nessuno ha forse mai

spiegato in quale modo si possa trasmetterla ad una squadra, ammesso che

si possa.

" Vincere " è un verbo che racchiude in se molteplici aspetti della vita. Spesso

è la fortuna che lo determina. Tuttavia l'interpretazione è tale da permettere

di considerare una sconfitta una vittoria e viceversa. Forse si vince quando si

è soddisfatti di ciò che si è e di ciò che si fa. Inoltre quando si ha a che fare

con dati oggettivi, quali il risultato di una partita di calcio o la classifica, si può

effettivamente determinare il vincente nella situazione particolare. Sono

innumerevoli i fattori che influiscono sulla prestazione e di conseguenza in

una vittoria, dalla fortuna alla preparazione fisica o tecnico tattica, dalla

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35

salute, all’alimentazione e così via. Un altro autore, Maslow, parla di

formazione nel seguente modo, indicando come raggiungere gli obiettivi:

l’intervento formativo riguarda lo sviluppo auxologico psicologico. L’allenatore

può valutare e intervenire con stimoli e successi sui comportamenti

del giocatore nell’ambiente per raggiungere gli obiettivi programmati. Ma

attraverso la fiducia deve sostenere e formare i valori e l’identità che

danno un senso (mission) e una fede (trasmission) a ciò che si fa e ciò

che si “è” e per chi si fa. Infatti, la scala d’importanza del livello psicologico

(contenitori) si può schematizzare in un iceberg rovesciato dove la parte

visibile è facilmente raggiungibile ma ciò che importa è l’intervento su

quell’invisibile.

COMPORTAMENTI

AMBIENTE

OBIETTIVI

VALORI

IDENTITA’

SENSO

FEDE

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36

2.3 DAL DIRE AL FARE: LA MIA ESPERIENZA

La realtà e la situazione che riguardano la mia esperienza, sono particolari e

sono stati tenuti in debita considerazione nel mio passaggio da giocatore ad

allenatore. Anche la mia propensione ad aiutare gli altri ha influenzato la mia

nuova attività. Oggi al termine del corso e dell’esperienza vissuta, posso

rielaborare i processi e gli aspetti pratici che ho attuato in questo periodo.

Di seguito, i punti, le aree della progettazione del mio trasmettere una

mentalità vincente, collegata alla parte teorica attraverso le parole chiave

evidenziate in grassetto. Gli esempi di lavori sul campo, che saranno inseriti,

evidenziano come attività di tipo tecnico-tattico hanno per finalità molti

obiettivi mentali. In effetti, l’allenamento che deve essere sempre integrale,

deve riguardare tutte le arre della personalità del giocatore e tutti i fattori

della prestazione.

Rispetto delle regole e dell'avversario (Fair Play) STILE E RISPETTO.

Trovandomi al Milan e lavorando con i ragazzi, ho pensato che alla base della

costruzione di una mentalità, ci fosse prima di tutto, l’aspetto etico –

comportamentale che caratterizzasse uno stile e un’identità. Tuttavia il

criterio è trasferibile ad ogni realtà. Ecco che la progettazione delle regole è

uno dei primi passi. Si tratta in altre parole di mettere a fuoco il tema della

“costruzione, condivisione e rispetto delle regole” che ben lungi

dall’essere un automatismo che può trasformarsi da fattore positivo e di

crescita, in ostacolo e impedimento al realizzarsi del processo stesso. Infatti,

decisivo è il passaggio dall’obbedienza ad una regola perché imposta, ad

un’interiorizzazione della norma, cioè al condividerla e farla propria

perché ritenuta funzionale al raggiungimento dell’obiettivo posto e del

funzionamento del gruppo. La motivazione cosiddetta intrinseca, si

presenta come l’esito di una decisione personale, di una scelta ponderata,

voluta e giustificata: è quindi la conclusione di una costruzione non semplice

Page 37: SETTORE TECNICO FIGC

37

ma solida che richieda una particolare consapevolezza dove allora, anche la

regola trova la sua naturale collocazione e pur dentro le inevitabili difficoltà,

conflittualità, contraddizioni che diventano risorsa anziché zavorra. Educare

ed abituare al rispetto delle norme non è solo una necessità al regolare

svolgimento di una competizione, di un’attività, ma un dovere etico e morale

e un valore e soprattutto deve assumere carattere di coscienza, di

mentalità, di stile e identità.

Il Fair play è una regola non scritta, ma dettata da un codice d'onore

presente nel gioco del calcio e in molti altri sport. La parola fair play (gioco

corretto) si può tradurre infatti con lealtà. Fair Play è il nome di un

impegno ufficiale preso dalla UEFA - FIFA per aumentare l'etica

professionale all'interno del calcio e per prevenire la discriminazione in

questo sport.

Le regole del Fair Play UEFA

1. Giocare per divertirsi.

2. Giocare con lealtà.

3. Attenersi alle regole del gioco.

4. Portare rispetto ai compagni di squadra, agli avversari, agli arbitri e agli

spettatori.

5. Accettare la sconfitta con dignità.

6. Rifiutare la corruzione, il doping, il razzismo, la violenza e qualsiasi cosa

possa arrecare danno allo sport.

7. Fare tante partite per donare l'incasso a coloro che ne hanno bisogno.

8. Aiutare gli altri a resistere ai tentativi di corruzione.

9. Denunciare coloro che tentano di screditare lo sport.

10. Non insultare gli avversari per diversità di colore,nazionalità,squadra.

11. Onorare coloro che difendono la buona reputazione dello sport.

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La gara è un "conflitto artificiale" prodotto e retto da particolari regole che

devono essere rispettate. Lo scopo di una partita è quello di ottenere una

vittoria realizzando la propria capacità di prestazione, individuale o collettiva a

svantaggio degli avversari, utilizzando tattiche e strategie che siano nei limiti

di libertà concessi dalle norme. Il rispetto delle norme e dell'avversario va ben

oltre l'ambito prettamente competitivo e si pone nell'ordine morale del

rispetto dell'uomo come persona. Poiché tattica e strategia sono l'aspetto

"intelligente" di una gara che permettono al "piccolo" di battere il "grande" è

bene concentrare su questo l'attenzione dei calciatori, anziché su mezzi e

metodi scorretti (unfair). C’è un'esigenza di Fair Play che non si ferma al

rispetto delle regole, ma prevede la lealtà, il rispetto di sé e degli altri, il

vincere senza vantarsene e il saper perdere senza amarezze e recriminazioni.

Quindi, praticamente, sin dall'inizio, ho cercato di stabilire e concordare

regole di comportamento. Le regole non riguardano solo l’aspetto tecnico,

ma anche la vita sociale di squadra, come ad esempio la puntualità,

l’igiene, l’ordine, il rispetto per se stessi, per gli altri, per le strutture

e i materiali (educazione) ecc... Anche durante l'allenamento è stato

opportuno intervenire anche duramente su chi utilizzava mezzi non leciti per

vincere nelle competizioni per impedire "l'allenamento all'errore". Ritengo

necessario che, all’inizio di un rapporto con un nuovo gruppo, creare insieme

un codice di comportamento strutturato e definito che deve essere rispettato,

prevedendo anche delle sanzioni.

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Dare un senso, conoscere gli obiettivi di tutto ciò che si sta facendo.

SAPERE DOVE ANDIAMO.

Penso che sia opportuno, che il giocatore sia sempre informato degli obiettivi

e dei contenuti di ciò che sta facendo. Poiché la conoscenza di tutti gli aspetti

che regolano la disciplina sportiva permette una più oggettiva e corretta

valutazione della realtà, per questo motivo, il calciatore deve sapere.

Apprendere, gli obiettivi dell'allenamento e le regole d'azione d’ogni

situazione, fare l'analisi della partita, condividere i dati d’analisi fisico –

atletica delle partite e degli allenamenti, ecc... Tutto ciò affinché gli obiettivi

siano collegati al senso di cosa e come si stia facendo e soprattutto del

perché e per chi lo si faccia e dove si vuole arrivare (motivazioni

intrinseche ed estrinseche). Conoscere i fattori della prestazione, cioè, di

tutti quegli aspetti che concorrono al conseguimento di una vittoria per poi

commentarla insieme: in questo caso si acquisisce la coscienza di quanti

aspetti individuali e collettivi influiscono per "vincere". Illustro sempre

obiettivi, tempi e modi dell’allenamento ai giocatori e motivo le scelte e i

perché. Inoltre è stata utilizzata settimanalmente la visione dell’analisi video

della gara per definire gli obiettivi sui quali lavorare. In particolare l’aspetto

della condivisione in questa area è molto importante.

Infatti, l’analisi condivisa della gara diventa, metodo di crescita di

conoscenza tecnico–tattica, al tempo stesso mezzo di coesione del

gruppo, oltre che momento di comunicazione qualitativa.

L’analisi e l’osservazione della partita possono contribuire a determinare

attivamente e positivamente il programma d’allenamento e la definizione

degli obiettivi da raggiungere da parte dello staff. Se dal punto di vista

della metodologia dell’allenamento questo processo si rivela fondamentale

per finalizzare l’intervento didattico e consentirci di lavorare sugli errori, lo

è ancora di più ai fini della motivazione individuale e di gruppo all’impegno ed

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40

alla ricerca del successo prestativo. La presa di coscienza individuale e

collettiva delle situazioni della gara permettono, infatti, di condividere ed

accettare il successivo intervento dello staff tecnico, non solo dal punto di

vista fisico-atletico e tecnico-tattico, ma anche per ciò che riguarda

l’intervento psicologico e le scelte tecniche che seguono.

Il luogo, del’analisi può variare. Ci sono allenatori, che sfruttano come

ancoraggio la sede della società per lo svolgimento anche dell’analisi della

gara; altri, se si perde, utilizzano lo spogliatoio, se si vince, magari il campo

d’allenamento. Penso che sia importante anche valutare questi aspetti ma

spesso la scelta è obbligata, nel nostro caso dopo una breve analisi alla

ripresa degli allenamenti fatta sul campo con riferimenti a dati statistici

prodotti dall’area di analisi della gara, il giovedì nello spogliatoio, si

proiettavano le selezioni della gara precedente riguardanti le palle goal subite

e create per analizzare le due fasi. A favore della convergenza dell’analisi, i

dati statistici, e l’opinione concorde dello staff deve sostenere l’equilibrio

fondamentale tra due dimostrazioni di leadership e di carisma del mister:

1. la capacità di aver dato attenzione a tutte le opinioni

2. la chiarezza e la sicurezza della propria opinione indipendentemente da

ciò che è emerso in precedenza

Inoltre, nell’ analisi condivisa, si rivelerà di fondamentale importanza che

responsabilità e meriti vengano assunti e riconosciuti con assoluta tranquillità

e trasparenza da ognuno, anche dall’allenatore. Per questo l’allenatore deve

presentarsi all’analisi condivisa chiaramente già preparato per offrire, al

termine dell’intervento, il programma pratico d’intervento, con la flessibilità

nell’attuazione in riferimento ad eventuali nuovi dati emersi. L’analisi

condivisa della gara, se ben strutturata e preparata, comprende un lasso di

tempo tra i 15 ed i 20 minuti, salvo casi particolari da cui emergano conflitti e

divergenze. Nulla vieta all’allenatore, o a un collaboratore successivamente,

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41

di approfondire l’analisi della gara, in momenti utili e diversi, con alcuni

giocatori a livello individuale o di reparto. Di estrema importanza la

verbalizzazione da parte dei giocatori, che deve essere sempre favorita in

ogni ambito.

L’individuo: fiducia in se stessi e conoscenza dei propri limiti (AUTOSTIMA).

Conoscere se stessi, è il presupposto fondamentale per ogni tipo

d’apprendimento. I giocatori devono essere in grado d’auto - valutarsi e auto

- correggersi. Il calciatore deve trovare l'equilibrio tra autostima, prestazioni e

aspirazioni. La presunzione e la paura di sbagliare sono gli estremi

assolutamente da evitare. Acquisire fiducia in se stesso conoscendo i

propri limiti e valorizzando le proprie abilità, permette al giocatore di

valutare e affrontare le difficoltà, senza essere oppresso dalla paura di

trovarsi impreparato e di perdere tempo nell'indecisione e in inutili tentativi,

verificando in prima persona l'efficacia della sua azione attraverso

l'accettazione del risultato e del confronto (Autostima). L'allenatore deve

spesso incoraggiare e dimostrare l'apprezzamento, la stima e la fiducia nei

confronti del proprio giocatore sostenendo l’identità. Ho perciò cercato

nell’intervento correttivo di utilizzare il verbo “essere” nel rinforzo positivo

(sei stato bravo a calciare in quella situazione..), mentre il verbo “avere”

nelle correzioni sul “fare” (..ma hai commesso un errore non calciando sul

secondo palo)

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42

Quindi autovalutazione e incoraggiamento per sostenere l’identità, ma

ponendo però il giocatore, di fronte a difficoltà oggettive da superare, senza

evitarle o nascondersi dietro a scuse e scarichi di responsabilità. Le attività

proposte devono permettere al giocatore di raggiungere obiettivi che sono

nelle sue possibilità (successo). Perciò devono essere organizzate in

progressioni didattiche (dal facile al difficile) e permettere al calciatore di

verificare l'efficacia e mettere in atto eventuali autocorrezioni. Inoltre, il

lavoro situazionale, in particolare le sfide di 1c1, permette l’autovalutazione

nel confronto con gli altri. Altri esempi, utilizzati nella mia gestione sono i

test, il confronto con i compagni e la valutazione delle variazioni nel tempo

dei dati rilevati che si rilevano un supporto metodologico sicuramente

positivo. Osservare i tracciati rilevati durante gli allenamenti, a livello

individuale e collettivo, dai cardio - frequenzimetri e dai rilevatori telemetrici,

per prendere coscienza del carico interno sviluppato durante la seduta nelle

varie esercitazioni e confrontarlo con gli altri. Ancora l’analisi video che

permette la valutazione degli errori da correggere e la presa di coscienza

degli aspetti da migliorare. I giocatori devono essere quindi stimolati a

migliorarsi continuamente poiché, la voglia di “superare” e "superarsi" (sfida)

è indispensabile alla formazione della mentalità vincente.

Page 43: SETTORE TECNICO FIGC

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La squadra e l’importanza del gruppo. (ESSERE COESI)

Chi siamo e dove siamo: gruppo e ambiente. E’ importante per il

giocatore conoscere la struttura del gruppo (leader positivi o negativi,

sottogruppi, ecc.) per migliorare la comunicazione all’interno e raggiungere

una forza di coesione che riguardi soprattutto i valori, l’identità e la

mission. E’ implicito che, il raggiungimento d’obiettivi comuni è

fondamentale. I giocatori devono comprendere l'importanza del gruppo e

migliorare la disponibilità, l'amicizia, la collaborazione e tutte le abilità

sociali della dinamica di gruppo. Imparare gli uni dagli altri è un altro aspetto

essenziale. Esaltare, nella vittoria, l'aspetto collaborativo del gruppo poiché,

com’è ben risaputo, solo un buon collettivo può portare a una continuità di

risultati una squadra di calcio. Porre l’attenzione sugli oggetti e gli obiettivi

del gruppo di lavoro. Inoltre, valorizzare l’attaccamento alla maglia e ai

colori sociali.

Sui criteri sopra esposti ho attuato diverse strategie:

Un esempio pratico generale può essere quello di situazioni di possesso palla

a piccoli gruppi o con squadre in inferiorità numerica, dove è implicita la

partecipazione attiva d’ogni componente ai fini di una buona prestazione. In

effetti, anche tutte le situazioni di attacco – difesa dove un reparto è in

inferiorità numerica, stimola la collaborazione ed esalta il lavoro di gruppo.

L’esempio sul pressing che segue è stato spesso utilizzato, magari utilizzando

i gruppi suddivisi per reparto.

Osserviamo in figura un campetto che può variare come dimensioni con

riferimento al livello e al numero dei giocatori partecipanti e all’intervento

fisiologico che si vuole ottenere. Quest’ultimo aspetto deve tenere in

considerazione anche il tempo di lavoro e il numero dei partecipanti alla

situazione. In questo caso osserviamo un 8c4 dove i giocatori in possesso

palla sono disposti: 4 all’interno del campetto con possibilità di movimento e

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4 sulle linee esterne con possibilità di muoversi sulle stesse. Il gruppo in

possesso può avere i tocchi limitati come variante posta dall’allenatore. I 4

giocatori in fase difensiva, cioè obbligati al recupero del pallone, dovranno

attuare un determinato pressing sugli avversari, collaborando il più possibile.

Vediamo le varianti che possiamo attuare con obiettivi diversi:

1. Si determina un tempo di lavoro (max 2m.) e si contano i palloni recuperati

dai 4 giocatori in pressing, alternando i 3 gruppi. Vince la squadra che ne

ha recuperati un maggior numero (regola presente in ogni variante).

Questo per abituare mentalmente i giocatori alla riconquista della

palla restringendo spazi e tempi agli avversarie e per migliorare

l’aspetto condizionale.

2. Poiché il pressing non significa in ogni caso, foga bisogna organizzarlo,

nelle prossime varianti, in modo di migliorare collaborazione,

sincronia e lettura delle situazioni. In questo caso obblighiamo i 4

giocatori in pressing ad attuarlo solo sui giocatori esterni obbligando gli

avversari a giocare la palla ai giocatori sulla linea e ad attaccare insieme

su questi ultimi. Infatti il pressing si attua più frequentemente sulle

fasce. In tutte le varianti si applicano i tempi di lavoro e le regole per

vincere cioè chi conquista più palle nel tempo stabilito.

3. Ora si cerca di attuarlo su palle alte e di difficile controllo da parte

degli avversari. Perciò il movimento parte su un passaggio alto che deve

essere comunque indotto dai 4 in pressing.

4. I 4 in fase difensiva devono ora individuare un giocatore avversario

che è in difficoltà in possesso palla e effettuare il pressing su di

lui obbligando i compagni a passargli la palla.

5. Di nuovo in forma libera osservando che i giocatori in pressing rispettino i

principi sopra indotti dalle varianti precedenti curando la comunicazione

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del segnale di pressing che parte dal primo giocatore che va in

pressione sul portatore palla.

Questa semplice progressione quindi permette di trasferire, non solo tutti i

principi del pressing, segnati in neretto, ma obbliga un gruppo in

inferiorità numerica ad organizzarsi per raggiungere l’’obiettivo.

Altri esempi: già accennato precedentemente l’utilizzo dell’analisi della gara

condivisa; inoltre, la suddivisione degli spazi nello spogliatoi non è stata fissa,

ma variabile per permettere l’integrazione tra tutti i componenti; stessa

metodologia per i posti a tavola durante pranzi e cene dei ritiri pre – gara.

Un comportamento che ritengo poi molto importante è la consegna da parte

del Mister della maglia di gara prima della partita, come segno di fiducia

personale, ma soprattutto per sensibilizzare i giocatori all’attaccamento dei

colori sociali.

Page 46: SETTORE TECNICO FIGC

46

La coscienza della sconfitta. (ACCETTARE E AFFRONTARE SEMPRE LA

SFIDA)

Il calciatore è pronto alla competizione quando comprende e vive nel giusto

significato l'esperienza della vittoria, ma soprattutto della sconfitta. Infatti,

sono entrambe positive se intese come momento di conoscenza del proprio e

altrui limite e stimolino, conseguentemente, ulteriori miglioramenti. Il "Saper

Perdere" è un obiettivo che pare utopistico realizzare, ma la coscienza e la

cultura del significato in senso sportivo, è di facile apprendimento se la

sconfitta non viene drammatizzata e colpevolizzata. Poiché l’uomo

vive tutta la vita attraverso vittorie e sconfitte, se sarà in grado di accettarle e

superarle, non avrà nessun timore di affrontare qualsiasi esame, ostacolo,

gara o confronto e, prevedendo i tre risultati possibili (vittoria, pareggio,

sconfitta), cercherà sempre di perseguire il primo (successo). Il calciatore

dovrà, quindi, sempre essere orientato sempre a confrontarsi con i

compagni, verificare i progressi, affrontare nuove situazioni. Vincere e

perseguire il successo è, comunque, una motivazione essenziale (meglio

se intrinseca) per lo sviluppo che diventa negativa quando è presentata

come unico obiettivo. Bisognerà chiarire sin dall’inizio che l'agonismo è inteso

come impegno a dare il meglio di se stessi nei confronti degli altri e che una

prestazione o una vittoria hanno, perciò, significato quando rappresentano

una conquista su se stessi, frutto di un impegno assunto e tenacemente

perseguito. Per favorire la mentalità vincente e la coscienza della sconfitta,

per esempio, si eseguono sempre attività sotto forma di gara, organizzando

all'inizio scommesse tra squadre e giocatori. Infatti, anche il concetto di

sfida, deve essere inteso, in ogni caso, come abitudine, mezzo e verifica

per il conseguimento del risultato.

Ho cercato per questo di organizzare sempre sfide tra reparti, durante le

attività di tecnica, tattica individuale e collettiva, tra squadre durante i giochi

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a tema e le partitelle, tra giocatori dello stesso ruolo in esercitazioni

specifiche, facendo scommettere i gruppi o i singoli, sugli obiettivi

contrapposti da raggiungere, prevedendo premi e sanzioni concordati alla

fine. Personalmente ho sempre sentito dentro me stesso la spinta a volermi

confrontare e cercare di vincere, ma come ho trasmesso ai miei giocatori, ho

pianto quando ho vinto, ma mai quando ho perso.

Formare le capacità agonistiche: abitudine all’attenzione, alla concentrazione,

all’impegno e al sacrificio. (SAPER SOFFRIRE)

Il conseguimento della vittoria è spesso frutto di prestazioni volitive e

caratteriali, a volte anche dell’iniziativa individuale di singoli. I giocatori

devono comprendere, attraverso l'esperienza, il senso del sacrificio e

verificare l'utilità del proprio impegno con attività specifiche. Non si tratta di

una sofferenza gratuita ma di acquisire una coscienza sull’efficacia e sulla

soddisfazione di raggiungere obiettivi con tenacia e perseveranza. Quindi

la motivazione all’obiettivo da perseguire deve essere elevata e interiorizzata.

Attenzione e concentrazione sono indispensabili al giocatore per essere

sempre pronto ad ogni situazione e ad ogni variazione possibile durante lo

svolgimento del gioco. I giocatori in grado di mantenere in quantità e qualità

elevate queste capacità, riescono ad essere affidabili e continui nelle

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prestazioni, nonché sempre migliorabili in allenamento. Mantenere sempre

attive attenzione e concentrazione è un obiettivo fondamentale del giocatore

che deve trovare le giuste motivazioni come nell’abitudine all’impegno e al

sacrificio. Ho notato che oggi i ragazzi fanno fatica a mantenere alta

l’attenzione e soprattutto non riescono ad andare ‘oltre il limite’ della proprie

capacità agonistiche. Ho pensato che fosse importante intanto proporre

attività motivanti per soddisfare il desiderio di giocare e imparare, e dove

attenzione e concentrazione sono presupposti fondamentali di

motivazione al successo. Inoltre, i mezzi d’allenamento hanno avuto come

caratteristica, una elevata richiesta di resistenza fisica e psicologica nel quale

i ragazzi verificano il "saper soffrire" per conseguire l’obiettivo. Le tecnologie

moderne (telemetria) oggi offrono strumenti importanti per valutare il carico

interno di un’attività proposte e i dati emersi possono essere usati come

prova oggettiva con i giocatori sul l’impegno espresso in allenamento. Ho poi

tenuto sempre sotto pressione i giocatori durante l'allenamento con ritmi di

lavoro pressoché identici o superiori alla gara e i mezzi hanno sempre avuto

un incremento del carico cognitivo, per stimolare sempre di più

l’attenzione. Le attività, per esempio, in situazioni che riguardino la fase di

transizione negativa e positiva, cioè la perdita e la riconquista della palla sono

molto utili, ecco una proposta utilizzata:

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E’ un gioco a tema con tre squadre, con due spazi delimitati con dimensioni

variabile in riferimento al numero dei giocatori. Il gioco serve per allenare il

tempo di transizione negativa, cioè la perdita di possesso, dal punto di

vista mentale. Una squadra mantiene il possesso palla in uno dei due spazi e

ottiene un punto ogni 6/8 passaggi realizzati. Se gli avversari conquistano la

palla devono immediatamente trasmetterla nell’altro spazio alla squadra che

attende. I giocatori che hanno perso il possesso palla devono contrastare

immediatamente per impedire il cambio di gioco (attacco al portatore

palla per riconquistarla immediatamente), altrimenti devono correre

velocemente nello spazio dove è stata lanciata la palla (ripiegamento) per

impedire ai nuovi avversari di effettuare i 6/8 passaggi, riconquistare la palla

per guadagnare il punto e ritrasmettere la palla nello spazio precedente dove

c’è una squadra che attende e così via. I tempi di lavoro sono stati concordati

con il preparatore, poiché l’attività è molto intensa ed è stabilita in relazione

al numero dei giocatori e agli spazi utilizzati.

Semplicità e concretezza. (EFFICACIA E COSCIENZA DELL’ERRORE)

La ricerca di semplicità nei gesti, di concretezza nella risoluzione dei

problemi e d’efficacia dei comportamenti, permettono al giocatore di

evitare errori. Sia a livello individuale sia collettivo, l’errore è determinante

al raggiungimento dell’obiettivo e del successo. Il giocatore concreto ed

efficace che sbaglia meno, avrà più possibilità di raggiungere alti livelli di

prestazione e categoria, così come una squadra organizzata che commette

pochi errori avrà maggior possibilità di “fare risultato”. Automatizzare e

abituarsi a gesti e comportamenti tecnico – tattici errati significa “allenarsi

all’errore” diventando “bravi a sbagliare”. E’ utile rendere coscienti di questo i

giocatori e richiedere in allenamento, e in gara, una costante ricerca di

perfettibilità (visto che non esiste perfezione) rendendo concreto ed

efficace, in riferimento dell’obiettivo, ogni gesto e comportamento in ogni

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situazione di gioco o esercitazione effettuate. La correzione degli errori

rende efficace l’intervento e permette la verifica immediata del

miglioramento. E’ per questo che si è lavorato sul campo ponendo in

situazione i giocatori e programmando le attività della settimana, sull’analisi

degli errori visti in gara. In allenamento, l’azione correttiva è sempre stato

tempestiva, facendo comprendere al giocatore il comportamento errato e

facendolo verbalizzare e partecipare all’intervento. Anche in questo ambito,

l’utilizzo dell’area video ha contribuito notevolmente al raggiungimento di

questo obiettivo. I ragazzi, anche autonomamente, avevano accesso ad una

piattaforma internet, che attraverso un account individuale, permetteva la

visione delle gare effettuate e alle sintesi suddivise in come si subivano e

come si creavano palle goal.

La conquista immediata della palla e dello spazio in avanti. (SISTEMI

OFFENSIVI E DIFESA ATTIVA)

Da un punto di vista filogenetico, ontogenetico ma anche filosofico e

psicologico l'uomo ha sempre cercato di "conquistare spazio” per

dimostrare la sua forza e invincibilità nelle guerre di conquista, di rivoluzione,

nel lavoro e in questo caso nello sport, che può essere considerato un

"conflitto artificiale". La caratteristica basilare dello sport competitivo è che si

fonda sul concetto d’agonismo, inteso come lotta, confronto, ma anche

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amore per la lotta. Non si può inibire la tendenza a farsi valere, il cui

fondamento psicologico è costituito dall'impulso aggressivo. Nello sport,

l'uomo può "aggredire" senza conseguenze negative, affrontando situazioni

difficili e superandole in modo positivo.

Ho perciò utilizzato a metodi e sistemi di gioco offensivi (1433, 14312,

14231) e facendo partecipare tutti alla fase offensiva: cercare

immediatamente la conquista della palla e dello spazio in avanti. Per quanto

riguarda la fase difensiva, ho favorito una difesa di tipo attivo cercando di

sviluppare capacità collaborative e cognitive con una mentalità per niente

attendista, quindi pressing per orientare la naturale aggressività sulla palla,

giocare in avanti e abituarsi mentalmente, come già visto, alla fase di

transizione negativa e positiva. Anche in questo caso si tratta di formare una

mentalità attiva aperta e vincente che si fondi su obiettivi che ritengo basilari

del gioco del calcio: realizzare più reti dell'avversario, e lottare tutti

per non prendere goal.

Nel cercare sempre di raggiungere con il gruppo questi obiettivi, anche nei

lavori di tattica collettiva sul possesso palla, si è sempre finalizzato l’attività,

alla conquista dello spazio in avanti. Quello che segue è un mezzo di

allenamento proposto su questo obiettivo:

Fig.6

Page 52: SETTORE TECNICO FIGC

52

Giocando 10c10 con il sistema adottato, in un campo suddiviso in settori ,

per ogni zona (difensiva, centrocampo e offensiva), si deve cercare di

portare in meta avversaria la palla, senza perdere il possesso e

conquistando spazio in avanti. Con questa attività si lavora, sia per

reparti sia per catene di giocatori. Inizialmente ogni giocatore partecipa

solo dal proprio settore e deve cercare lo spazio di smarcamento nella

propria zona. Durante questo possesso palla finalizzato, quindi i

difensori cercheranno spazio verso dietro, i centrocampisti lo faranno in

ampiezza e scaglionandosi, mentre gli attaccanti lo troveranno in

profondità. Le varianti successive saranno:

La limitazione dei tocchi

La possibilità d’inserimento nel settore avanzato per permettere la

superiorità numerica e favorire le sovrapposizioni degli esterni.

Poi si eliminano le suddivisioni delle zone e si gioca con regole e varianti

simili alla precedente proposta. Le ulteriori varianti che possono essere

inserite quando il campo non è più suddiviso in zone possono essere:

Il “dai e vai” obbligatorio dopo aver passato la palla ad un compagno

(mobilità)

L’obbligo di un passaggio sul corto e uno sul lungo alternativamente

(profondità)

L’obbligo di un passaggio avanti e uno indietro alternativamente

(scaglionamento)

Responsabilizzare, favorire fantasia e creatività (GIOCARE SEMPRE)

I giocatori non sono dei semplici esecutori, ma devono essere in grado di

prendere l'iniziativa e dimostrare senso di responsabilità. Si potrebbe

sintetizzare il tutto con l'esemplificazione dell'evoluzione dei ruoli nella storia

del calcio: dal role taking (marcatore) al role playing (libero) al role creating

Page 53: SETTORE TECNICO FIGC

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(difensore a zona) , cioè, dal ruolo con canoni fissi alla interpretazione e

creazione del ruolo stesso (calciatore universale).

Bisogna perciò organizzare progressioni didattiche situazionali nelle quali il

giocatore possa essere in grado di:

Cambiare spesso posizione e ruolo di situazione;

Dare soluzioni creative e personali;

Prendere l'iniziativa

Assumersi le proprie responsabilità.

Inoltre, in partita, alcune decisioni importanti, possono essere prese dai

giocatori, come per esempio la scelta di battere un calcio di rigore: in questo

caso, si rivelerà più efficace per la crescita del singolo e quindi l’assunzione

della responsabilità dell’esecuzione senza che la stessa sia stata designata

gerarchicamente e aprioristicamente sempre dal mister. Si deve, inoltre,

dimostrare apprezzamento ad esempi di senso di responsabilità, di spirito

d’iniziativa e a dimostrazioni di carattere e personalità. Anche in questo

caso, le proposte sul campo sono state finalizzate a questi obiettivi, e ho

valorizzato i comportamenti e quei giocatori che in gara e in allenamento

hanno dimostrato queste qualità. Soprattutto, ho sempre chiesto, e in tal

senso ho impostato gli allenamenti, di giocare sempre la palla cercando la

soluzione idonea per ogni situazione e favorendo la collaborazione di tutti i

giocatori (movimento e smarcamento senza palla).

Page 54: SETTORE TECNICO FIGC

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L’allenatore com’esempio (CUORE E PASSIONE)

Come allenatore che ha voluto essere d’esempio ho cercato:

Essere il primo a rispettare le regole

Dimostrare impegno e volontà

Sostenere le scelte del gruppo

Saper osservare

Saper valutare

Saper comunicare

Saper intervenire

Se il mister e tutto l’ambiente intorno non crea una condizione favorevole ai

criteri sinora esposti, i giocatori si adegueranno al sistema che si è creato. E’

importante tutto l’ambiente e la società favorisca la mentalità dell’allenatore,

chiaramente condivisa.

Inoltre, deve mostrare tranquillità. Il suo esempio è fondamentale per il

giocatore. Deve trasmettere ottimismo e positività, perché se è timoroso

anche la squadra dimostrerà lo stesso atteggiamento sul campo. Sicuro e

competente delle proprie idee e convinzioni, il tecnico deve comunque essere

aperto al confronto e a migliorarsi sempre insieme alla squadra. Carisma e

personalità sono doti indispensabili che non devono però limitare il

carattere e l'espressività dei giocatori.

Sicurezza e ottimismo non devono inoltre trasformarsi in presunzione, anzi

l'allenatore deve dimostrare e trasmettere umiltà, dote irrinunciabile per

essere vincenti. Se l'allenatore ha una mentalità vincente, infatti, avrà buone

possibilità che lo siano anche i propri giocatori e di conseguenza la propria

squadra.

Ho usato poi la chiarezza e la semplicità nella comunicazione per farmi

capire e trasmettere conoscenze e principi, oltre alla capacità di saper

ascoltare e comprendere il feed back delle risposte dei miei giocatori.

Page 55: SETTORE TECNICO FIGC

55

Per concludere, la vittoria diventa una conseguenza del raggiungimento

degli obiettivi educativo - formativi (aspetti sociali, caratteriali, cognitivi,

emotivo - affettivi, etico - comportamentali, professionali, ecc...) e didattico -

specifici (aspetti tecnici, tattici, fisico- atletici, situazionali, strategici, ecc...)

della naturale aspirazione al miglioramento di se stessi e della ricerca del

confronto con gli altri, non solo del risultato sportivo. Quindi, in questo senso,

l’allenatore ha il dovere di formare mentalità vincenti e di essere vincente.

2.4 LA PROGRAMMAZIONE SETTIMANALE

Poiché credo nella progettazione, ritengo che l’improvvisazione ha senso

solo all’interno di un’organizzazione strutturata e la flessibilità concorra

all’aggiustamento in progress, concludo questa tesina con l’esempio della

impostazione della settimana tipo che si può osservare nella tabella in ultima

pagina (pag.60). Tutti i contenuti espressi nel lungo paragrafo precedente,

relativo alla mia esperienza e alla trasmissione della mentalità vincente, sono

stati strutturati in quella programmazione, che non comprende la gara, che

invece ne è un momento essenziale del progetto stesso. In breve sintesi la

settimana:

Page 56: SETTORE TECNICO FIGC

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Nel pre – allenamento, in attesa dell’arrivo di tutti i giocatori, si suddividevano

i ragazzi in 3 gruppi di lavoro tecnico- analitico specifico (difensori,

centrocampisti, attaccanti). Dal punto di vista motorio, il martedì si attuavano

mezzi relativi alla flessibilità come ripresa iniziale, e con lavori di potenza

aerobica al termine della seduta con attività differenziate tra chi aveva

giocato o no, il mercoledì l’intervento era neuromuscolare (forza e resistenza

alla velocità) all’inizio della seduta, il giovedì si lavorava su attività di

ginnastica posturale per concludere con interventi sulla velocità e rapidità al

venerdì. Lavoro a secco solo l’indispensabile, si prediligeva pertanto le attività

con palla ad alta intensità. Dal punto di vista tecnico-tattico, tutti gli

allenamenti iniziavano con un lavoro di tecnica analitica su obiettivi

concordati e finalizzati alla seduta, questo per fare il trasferimento da un

gesto, all’azione e alla realtà, passando dalla tecnica analitica, alla tattica

individuale, per concludere con la tattica collettiva. Ovviamente il tutto è stato

molto più articolato, ma non rientra nel tema della tesi. In generale la

metodologia che ho cercato di utilizzare perciò ha le seguenti caratteristiche:

Tiene in considerazione il giocatore come risorsa umana

Interviene su tutte le aree della personalità del giocatore

E’ integrale intervenendo su tutti i fattori della prestazione

Specifico poiché le attività proposte garantiscono una metodologia

funzionale e diretta per il gioco del calcio

Page 57: SETTORE TECNICO FIGC

57

CONCLUSIONI

Non so’ ancora se sono e sarò un allenatore vincente, ma sicuramente lo

voglio diventare con l'umiltà di volersi migliorare sempre e con lo spirito

che mi ha sempre animato da giocatore. L'esperienza del corso master mi ha

sicuramente aiutato a migliorare e a trasmettere delle nuove idee in

riferimento alle nuove metodologie d'allenamento del calcio che confermano

e sostengono diversi aspetti che ho affrontato quest'anno e che già avevo

elaborato nella mia esperienza da calciatore. La mia progressione come

giocatore, è passata attraverso diverse tappe ed è con la stessa gradualità

che voglio affrontare quella da allenatore, poiché l’esperienza è quello che più

insegna nella vita e nella professione, e l’umiltà è il primo valore.

Ho percepito, insieme al mio gruppo, analizzando tutti gli aspetti esplicitati

nella tesina, il risultato sportivo della stagione (semifinale titolo italiano) un

ottimo successo, un punto di partenza per costruire un nuovo e sempre

migliore progetto. Perciò ho ringraziato la mia squadra e i miei collaboratori

per ciò che mi hanno restituito in termini di emozioni, confronti, impegno e

collaborazione.

Per concludere, ringrazio tutti i docenti del corso Master che hanno

contribuito a questo mio prodotto, alla mia crescita e che hanno dimostrato

grande professionalità, competenza e.. mentalità vincente.

Page 58: SETTORE TECNICO FIGC

58

BIBLIOGRAFIA (**)

SONO STATI UTILIZZATI I TESTI, GLI APPUNTI E LE DISPENSE DEL

CORSO.

Bassi – Bonfanti – Arcelli : “La preparazione psicologica del calciatore”

Edizioni nuova Prhomos 1992

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Martin e Altri, Manuale di teoria dell’allenamento, S.S.S., Roma, 1997.

Mazzali S., La preparazione fisica del calciatore, Koala Libri, R.E., 1989.

Page 59: SETTORE TECNICO FIGC

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RIVISTE:

Notiziario Il, Federazione Italiana Gioco calcio- S.T.

Nuovo Calcio Il, Ed.le Italia, Milano.

** Tutte le citazioni nella tesi sono state tratte dagli autori nominati

nelle opere presenti in bibliografia

Page 60: SETTORE TECNICO FIGC

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SCHEDA GENERALE PROGRAMMAZIONE OBIETTIVI E MEZZI

SEDUTA: OBIETTIVI TECNICO – TATTICI E MOTORI: ATTIVITA’ INTEGRATE:

N/G GESTI, COMUNICAZIONE,

TEMPI

(COMPORTAMENTI)

AZIONE E REALTA’

(CAPACITA’ DI SCELTA) INTENSITA’ MEZZI D’ALLENAMENTO

1

Martedì

TECNICA INDIVIDUALE:

SUL DARE E CALCIARE

15’ INIZIALI SU

PASSAGGIO E RICEZIONE

(principi di possesso

individuali: smarcamento,

sostegno, appoggio)

FASE DI POSSESSO

TATTICA INDIVIDULE:

SMARCAMENTO 20’DOPO TECNICA

INDIVIDUALE

TATTICA COLLETTIVA:

POSSESSO PALLA

30’ DOPO TATTICA INDIVIDUALE

(costruzione del gioco, conquista e attacco

allo spazio)

FLESSIBILITA’

10’ AD INIZIO

ALLENAMENTO E 20’ A

FINE ALLENAMENTO

(Mobilità articolare attiva.

Lavori al 75 - 85 % della

VAM.

(Esercitazioni tecnico

tattiche ad alta intensità)

Esercitazioni di tecnica individuale da 1c0 a 4c0,

progressioni in situazione di tattica individuale dall’1c1

al 3c3, situazioni di tattica collettiva e di reparto da 6c4

a 10c10, giochi a tema.

Flex tra ostacoli o a ritmo o in circuito.

Lavoro differenziato a gruppi:

2

Mercoledì

TECNICA INDIVIDUALE:

SUL COLPO DI TESTA E

ANTICPO 15’ INIZIALI

(principi di non possesso

individuali: anticipo, presa di

posizione, marcamento,

copertura, raddoppio,

intercettamento, contrasto)

FASE DIFENSIVA

TATTICA INDIVIDUALE:

MARCAMENTO, PRESA DI POSIZIONE

20’ DOPO LAVORO MOTORIO

TATTICA COLLETTIVA:

30’ DOPO TATTICA INDIVIDUALE

NEUROMUSCOLARE

20’ DOPO

RISCALDAMENTO

TECNICO.

(Controllo motorio.

Capacità di reclutamento

neuromuscolare)

Esercitazioni di tecnica individuale da 1c0 a 4c0,

progressioni in situazione di tattica individuale dall’1c1

al 3c3, situazioni di tattica collettiva e di reparto da 6c4

a 10c10, giochi a tema.

Body control o Salite corte o Cambi direzione.

3

Giovedì

TECNICA INDIVIDUALE:

SULLA RICEZIONE E

PASSAGGIO 15’ INIZIALI

(principi dal possesso al non

possesso individuali e

viceversa: controllo orientato,

pressione)

FASE DI TRANSIZIONE E PRESSING

TATTICA INDIVIDUALE:

15’ PRESSIONE E RIPIEGAMENTO DOPO

LA TECNICA

TATTICA COLLETTIVA:

20’ LAVORO A REPARTI

20’ PRESSING, RIPARTENZA SU VARIE

ALTEZZE

(attacco alla palla, ripiegamento e ripartenza)

POSTURALE

20’ AL TERMINE

(Irrobustimento

muscolatura posturale.

Forza funzionale)

Esercitazioni di tecnica individuale da 1c0 a 4c0,

progressioni in situazione di tattica individuale dall’1c1

al 3c3, situazioni di tattica collettiva e di reparto da 6c4

a 10c10, azioni su porta, gara.

Tenute isometriche o Addominali , Dorsali - Lombari

4

Venerdì

TECNICA INDIVIDUALE:

SUL DOMINIO

15’ INIZIALI

(sensibilità cinestesica:

palleggio, guida, finta)

FASE OFFENSIVA RIFINITURA

20’ LAVORO A REPARTI DOPO LA

VELOCITA’

TATTICA COLLETTIVA:

40’ FASE OFFENSIVA + PALLE INATTIVE

RAPIDITA’ VELOCITA’

15’ DOPO

RISCALDAMENTO

TECNICO

(Reattività)

Esercitazioni di tecnica individuale, situazioni di tattica

di reparto e collettiva da 10c0 a 10c10, o in progressione

di attacco – difesa, giochi a tema.

Over o Rapidità a stazioni o Psicocinetica.