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SEMINARIO MAE-MIUR-CGIE-REGIONI SULLA DIFFUSIONE DELLA LINGUA E DELLA CULTURA ITALIANA ALL’ESTERO
La diffusione e l’insegnamento della lingua e cultura
italiana all’estero: attori, criticità e buone prassi
Atti del seminario
Roma, 6 dicembre 2012Ministero degli Affari Esteri
Sala Conferenze Internazionali
Ministero dell’Istruzionedell’’Università e della Ricerca
Ministero degli Affari Esteri
Atti del seminario
Roma, 6 dicembre 2012Ministero degli Affari Esteri
Sala Conferenze Internazionali
Ministero dell’Istruzionedell’’Università e della Ricerca
Ministero degli Affari Esteri
SEMINARIO MAE-MIUR-CGIE-REGIONI SULLA DIFFUSIONE DELLA LINGUA E DELLA CULTURA ITALIANA ALL’ESTERO
La diffusione e l’insegnamento della lingua e cultura
italiana all’estero: attori, criticità e buone prassi Una ri essione di prospetti a
Seminario sulla diffusione della lingua e cultura italiana all’estero Roma, 6 dicembre 2012
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Introduzione
L’idea di dare vita ad un seminario che fotografasse lo “stato dell’arte” della diffusione della
lingua e cultura italiana all’estero è nata da una proposta del Consiglio Generale per gli Italiani
all’estero (CGIE), formulata nel giugno 2012 all’allora Ministro degli Esteri, Giulio Terzi. Già da
tempo si avvertiva l’esigenza, tra gli addetti ai lavori, di fare il punto sulle iniziative in campo, di
profilare alcune linee di riorganizzazione e di riforma, ed elaborare una strategia comune per
il futuro. La proposta ha trovato, quindi, terreno fertile, e da allora è iniziato un intenso lavoro
preparatorio che ha visto il coinvolgimento del Ministero degli Affari Esteri, del Ministero dell’I-
struzione, dell’Università e della Ricerca, del CGIE e delle Regioni, in qualità di organizzatori.
Il seminario si è tenuto il 6 dicembre 2012, alla Farnesina, e ha visto la partecipazione di tutti
gli attori coinvolti sia del mondo accademico che istituzionale, che hanno elaborato idee e
scambiato informazioni e proposte, raccolte adesso in questi atti di cui salutiamo con piacere la
pubblicazione. Esso è stato soprattutto un momento di impegno comune e di forte volontà di
coordinamento dei molti e variegati soggetti coinvolti. E la parola chiave era, e rimane, questa:
coordinamento. Nel difficile contesto economico che stiamo attraversando, la nostra azione
di promozione linguistica e culturale non può più risentire – riteniamo – di particolarismi e
di mancanza di organicità, che fanno sì che le iniziative, spesso lodevoli, dei singoli attori non
siano inquadrate in un più ampio disegno sistemico di diplomazia culturale ed economica.
Con il seminario è stata avviata una riflessione, fortemente condivisa e di ampio respiro, che ha
portato all’elaborazione di un documento finale, nel quale vengono esposte alcune linee guida
per una auspicabile revisione della materia.
Sin d’ora – e l’emergere di questa consapevolezza è forse il risultato più evidente e positivo del
seminario – possiamo ottenere molto adottando alcune misure pratiche e di semplice buon
senso, che richiedono però – insieme ad un po’ di buona volontà - un certo sforzo. Solo assicu-
rando, infatti, un costante raccordo e un flusso di comunicazioni continuo e naturale tra le varie
strutture sarà possibile dare organicità al nostro intervento, evitando i due pericoli, opposti ma
correlati, di parcellizzazione dispersiva e di duplicazione delle iniziative. Nello stesso tempo,
il seminario ha fornito elementi perché, come richiesto dal CGIE, coloro che hanno respon-
sabilità politiche e istituzionali possano valutare l’opportunità di avviare un’organica riforma
del sistema, da lungo tempo evocata. Mettere insieme i vari attori per un momento di rifles-
sione condivisa è stato, quindi, il primo passo nella giusta direzione. Adesso occorre proseguire
insieme per questa via.
Ministero dell’Istruzionedell’’Università e della Ricerca
Ministero degli Affari Esteri
Seminario sulla diffusione della lingua e cultura italiana all’esteroRoma, 6 dicembre 2012
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Si ringrazia vivamente la Regione Emilia-Romagna per il sostegno dato alla pubblicazione
degli atti del seminario.
Si ringrazia anche il dott. Marco Cardoni, vicario dell’Ufficio II della Direzione Generale per gli
Italiani all’Estero e le Politiche Migratorie, per il prezioso supporto editoriale.
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SEMINARIO SULLA DIFFUSIONE DELLA LINGUA E CULTURA ITALIANA ALL’ESTERO
6 dicembre 2012 – ore 9.30
Ministero degli Affari Esteri – Sala Conferenze Internazionali
MATTINA
Ore 9,30 Apertura dei lavori
Indirizzo di saluto:
Elio Carozza, Segretario Generale CGIE
Staffan De Mistura Sottosegretario di Stato agli Affari Esteri
Intervento della moderatrice
Professoressa Nicoletta Maraschio Presidente dell’Accademia della Crusca
Presentazione delle rispettive attività da parte dei diversi attori coinvolti:
Relazione unitaria MAE (DGIT e DGSP) – MIUR (Direzione Generale Affari
Internazionali) da parte del Direttore Generale per gli italiani all’estero e le politiche
migratorie
Ministro Plenipotenziario Cristina Ravaglia
Relazione unitaria della rappresentante delle Regioni
Silvia Bartolini Presidente della Consulta degli emiliano-romagnoli nel mondo
e del Coordinamento delle Consulte Regionali sull’Emigrazione
Giovanni TASSELLO, Presidente della Commissione Tematica Lingua e Cultura del CGIE
Stefania GIANNINI, Rettore dell’Università per Stranieri di Perugia
Massimo VEDOVELLI, Rettore dell’Università per Stranieri di Siena
Mirko TAVONI, Presidente del Consorzio interuniversitario ICoN - Italian Culture on the Net
Susanne HÖHN, Direttrice Goethe Institut di Roma
Sergio RODRÍGUEZ LÓPEZ - ROS, Direttore dell’Istituto Cervantes di Roma
Claudine BOUDRE-MILLOT, Addetto Culturale dell’Ambasciata di Francia in Italia
Gaetano Fausto ESPOSITO, Segretario Generale di ASSOCAMERESTERO
Alessandro MASI, Segretario Generale Società Dante Alighieri
Roger NESTI, Coordinamento degli Enti Gestori Svizzera
Nicoletta MARASCHIO, Presidente dell’Accademia della Crusca
Staffan DE MISTURA, Sottosegretario di Stato agli Affari Esteri
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POMERIGGIO
Ore 15 Ripresa dei lavori
Tommaso CONTE, Rappresentante della Commissione Tematica Scuola e Cultura del CGIE
Ore 15,30 Il Ministro plenipotenziario Vittorio SANDALLI, MAE – DGSP apre il dibattito
On. Manuela GHIZZONI, Presidente della Commissione Cultura della Camera dei Deputati
On. Laura GARAVINI, Componente Comm. Permanente XIV Politiche Un. Europea
On. Franco NARDUCCI, Vice Pres. della Comm. Affari Esteri della Camera dei Deputati
Silvana MANGIONE, CGIE – USA
Federico GUIGLIA, Giornalista e scrittore
Fernando MARZO, CGIE – Belgio
Giuseppe NAPOLI, Vice Direttore Centrale Regione Friuli-Venezia Giulia
Franco SANTELLOCCO, CGIE – Algeria
Giangi CRETTI, CGIE – Italia
Primo SIENA, CGIE – Cile
Michele SCHIAVONE, CGIE – Svizzera
Salvatore TABONE, CGIE – Francia
Ore 17 Tavola Rotonda
Introduce il Ministro plenipotenziario Vittorio SANDALLI, MAE - DGSP
Cristina RAVAGLIA, MAE – Direttore Generale DGIEPM
Loredana CORNERO, Direzione Relazioni Internazionali della RAI e Segretario Generale della
Comunità Televisiva Italofona
Cristina RAVAGLIA, MAE Direttore Generale DGIEPM
Maria Vittoria CIFONE, Direttore Tecnico Affari Internazionali – MIUR
Norberto LOMBARDI, CGIE – Italia
Nicola CECCHI, Vice Presidente Vicario Toscani all’Estero
Federico GUIGLIA, Giornalista e scrittore
Mirko TAVONI, Presidente del Consorzio interuniversitario ICoN - Italian Culture on the Net
Cristiano SERRAGIOTTO, Università Ca’ Foscari – Venezia
Consigliere d’ambasciata Giovanni RICCIULLI, MAE – DGSP
Loredana CORNERO, Direzione Relazioni Internazionali della RAI e Segretario Generale della
Comunità Televisiva Italofona
Alle ore 18.45 Il Ministro plenipotenziario Vittorio SANDALLI, MAE – DGSP conclude i lavori
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SEMINARIO MAE-MIUR-CGIE-REGIONI SULLA DIFFUSIONE
DELLA LINGUA E DELLA CULTURA ITALIANA ALL’ESTERO
Giovedì, 6 dicembre 2012
MINISTERO DEGLI AFFARI ESTERI, Roma
La diffusione e l’insegnamento della lingua e cultura italiana all’estero:
attori, criticità e buone prassi – Una riflessione di prospettiva
Resoconto
I lavori iniziano alle ore 9,35
Coordinatore dei lavori: Ministro plenipotenziario Vittorio SANDALLI, MAE-DGSP
Moderatore: Nicoletta MARASCHIO, Presidente dell’Accademia della Crusca
Elio CAROZZA, Segretario Generale CGIE
Porgo il benvenuto al Sottosegretario e ringrazio il gruppo di lavoro, costituito nel luglio scorso
a seguito degli accordi con il Ministro, composto dal min. plen. Vittorio Sandalli, dal consigliere
d’ambasciata Giovanni Ricciulli ed il consigliere di legazione Maurizio Antonini del MAE, dai
rappresentanti delle Regioni Silvia Bartolini e Nicola Cecchi, nonché dai rappresentanti del CGIE
Norberto Lombardi e Tommaso Conte. A tutti loro rivolgo i miei più sentiti ringraziamenti, uni-
tamente all’auspicio che i lavori del seminario odierno raggiungano gli obiettivi che ci siamo
prefissi.
Invito ora il sottosegretario De Mistura a prendere la parola.
Staffan DE MISTURA, Sottosegretario di Stato agli Affari Esteri
Ringrazio il Segretario Generale del CGIE, del quale apprezzo la brevità dell’introduzione e il
modo in cui sta gestendo questo importante periodo.
Desidero in primo luogo porgere ai presenti il benvenuto a nome della Farnesina, del CGIE e
degli efficaci organizzatori di questo seminario fortemente voluto da noi tutti.
A mio parere, il seminario dovrebbe coprire tre aspetti, oltre a quelli che si sceglierà di affron-
tare nel corso dei lavori: una radiografia, una foto Polaroid, un x-ray del modo in cui la lingua
Seminario sulla diffusione della lingua e cultura italiana all’esteroRoma, 6 dicembre 2012
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e la cultura italiana progrediscono o meno nel contesto internazionale (sicuramente c’è voglia
di Italia, c’è curiosità intorno all’italiano e c’è una grande e attiva comunità internazionale di
origine italiana nel mondo; tutto ciò riveste per noi un’importanza vitale); ascoltare con atten-
zione e imparare dai nostri amici, cugini, vicini di casa spagnoli, francesi, tedeschi e anche,
quando si presenterà l’opportunità, inglesi, per comprendere come operano, per ricavarne una
comparing notes e l’occasione di apprendere gli uni dagli altri; individuare formule creative,
anche utilizzando l’esperienza di alcuni centri di eccellenza dei quali siamo molto fieri: l’Univer-
sità per Stranieri di Perugia e Siena, e altre realtà che ci aiutano a reinventare ciò che per noi è
crucialmente importante.
Attraversiamo un periodo – mi spiace ripetere ciò che è evidente e ovvio – di ristrettezze eco-
nomiche, ma siamo anche consapevoli (e questo vale altrettanto per i nostri amici francesi e
spagnoli) che proprio in momenti del genere si deve e si può essere creativi, innovativi, raziona-
lizzare e individuare nuove formule e nuove maniere per ottenere di più con meno. È questa la
ragione per la quale consideriamo importante il seminario. Grazie al supporto dei nostri alleati
e amici del CGIE, dei Parlamentari coinvolti nel sostegno degli interessi italiani all’estero, e al
forte intervento del ministro Terzi e nostro, siamo comunque riusciti a salvare due milioni di
euro e devolverli proprio alla diffusione della lingua italiana all’estero; sono pochi rispetto alle
necessità ma, avendo partecipato a riunioni molto impegnative, posso senz’altro affermare che
si tratta in effetti di un progresso notevole. Dovranno essere ben impiegati e dovranno, soprat-
tutto, fungere da “trampolino” per andare oltre.
Recentemente, in Australia, ho avuto il privilegio di scoprire quanto importante sia l’impatto
della comunità degli italiani sulla cultura, sulla politica e l’economia di quel Paese. Ma soprat-
tutto ho scoperto che 320 mila australiani vogliono imparare l’italiano; si tratta di persone
con origini diverse, consapevoli che la lingua rappresenta il collegamento con lo studio, le
Università, la cultura, il commercio, l’economia, il cibo.
Ritengo, in conclusione, che questa giornata costituisca l’occasione per individuare nella
maniera migliore nuove formule – che non sono e non possono essere ridotte a:“Abbiamo
bisogno di maggiori risorse” – per portare avanti meglio, più efficacemente e concretamente la
straordinaria lingua di Dante, che diventa anche il passaporto per collegare le nostre comunità
all’estero. Io stesso, essendo italiano all’estero, sono grato ai miei genitori di aver continuato,
nonostante non mi abbiano dato un accento regionale, a mantenere la mia neutralità in termini
di lingua italiana che mi ha consentito sempre un forte collegamento con la madrepatria.
Desidero terminare il mio intervento rivolgendo ai nostri amici stranieri un bienvenue et merci
d’être ici, bienvenidos y gracias por estar aquí, danke vielmal und herzlich Willkommen e l’ultimo
saluto nella nostra lingua: benvenuti!
Seminario sulla diffusione della lingua e cultura italiana all’estero Roma, 6 dicembre 2012
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Nicoletta MARASCHIO, Presidente dell’Accademia della Crusca
Considero un grande onore essere stata invitata a moderare il seminario odierno. Negli ultimi
anni ho partecipato alla Commissione Nazionale per la Diffusione della Lingua e della Cultura
Italiana; in particolare ho presieduto la sottocommissione della traduzione, che riguardava
i premi e gli incentivi per i libri italiani all’estero. Ritengo pertanto di essere stata invitata in
questa sede sia per via di tale ruolo, sia in qualità di Presidente dell’Accademia della Crusca.
È stato distribuito un ottimo documento di orientamento in cui sono presentati i diversi sog-
getti; l’Accademia della Crusca, che non è inserita in esso, è la più antica accademia linguistica
del mondo, essendo stata istituita alla fine del Cinquecento (quest’anno celebriamo i 400 anni
del nostro vocabolario, che risale al 1612), e da molto tempo intrattiene un rapporto molto
stretto con il Ministero degli Affari Esteri, soprattutto per quanto riguarda la Settimana della
Lingua Italiana nel Mondo.
Desidero congratularmi per l’iniziativa di svolgere il presente seminario perché ritengo che riu-
nire tanti soggetti diversi, tutti interessati alla lingua e alla cultura italiana, a una loro maggiore
conoscenza e a un loro maggiore sviluppo, rappresenti un passo fondamentale di coordina-
mento fra i diversi attori, che finora era mancato.
Considero prioritario diffondere una maggiore consapevolezza dei valori della nostra lingua
come bene culturale per eccellenza, in Italia e nel mondo, in un quadro sempre più caratteriz-
zato dal contatto-incontro-dialogo fra lingue e culture diverse. È noto che il rapporto fra lingua
e cultura è strettissimo, ma è altrettanto noto che la lingua funge da generatore di attrazione
e partecipazione nei confronti di una cultura, e quindi come strumento di identificazione e
interpretazione della cultura nel suo insieme.
Nutro l’impressione che nel momento attuale, con la caduta dei confini e i flussi migratori
tanto accentuati, aumentino le analogie fra lo studio e la promozione dell’italiano in Italia e
quelli dell’italiano all’estero in questo senso: tutelare e valorizzare la lingua in Italia e all’estero
non sono questioni distinte, bensì aspetti fortemente interrelati della medesima questione;
pertanto, al di là delle ovvie differenze, sussistono molte analogie fra ciò che si è fatto, si sta
facendo e si dovrebbe fare entro e fuori dai nostri confini. Non apprezzo determinati termini
molto impiegati negli ultimi tempi: “competizione”, “mercato delle lingue”, “tempesta delle
lingue”; è chiaro che l’incontro fra lingue e culture diverse non è sempre pacifico, tuttavia
ritengo si debba riconoscere che oggi sussiste una centralità delle questioni linguistiche, e un
maggior bisogno di lingue, al di là di una vulgata e di un luogo comune che crede in un pros-
simo monolinguismo inglese. Invece la diversità delle lingue e la loro valorizzazione, all’interno
e all’esterno dei confini nazionali, costituisce uno degli obiettivi primari.
Ciò richiede, sia in Italia che fuori, ricerca, formazione, adeguamento degli strumenti e delle
metodologie didattiche; in altre parole, richiede un disegno politico unitario che riguardi l’in-
segnamento, la promozione, la tutela, la valorizzazione dell’italiano in Italia e all’estero. Quindi
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un piano organico che coinvolga soggetti diversi, con funzioni e ruoli almeno parzialmente
distinti, ma in grado di collaborare.
Il documento di orientamento fornisce un quadro molto problematico con notevolissimi tagli
di spesa e di risorse a fronte di una domanda crescente di italiano (di cui dobbiamo essere
orgogliosi), registrabile in tutto il mondo in misura e con caratteristiche diverse. A questo punto
disponiamo di alcuni strumenti di monitoraggio: voglio citare qui soltanto il libro di Giovanardi
e Trifone, L’italiano nel mondo, pubblicato da Carocci nel 2012, che segue quello di De Mauro,
Italiano 2000, dai quali è possibile rilevare l’andamento della richiesta della nostra lingua e delle
motivazioni sottostanti.
Preparandomi a questo seminario ho chiesto informazioni ad amici e colleghi, in particolare
ad alcuni Direttori di Istituti Italiani di Cultura (di Mosca, di New York, di Toronto) che conosco
meglio e a molti colleghi accademici corrispondenti della Crusca che operano all’estero
(Adriano Dell’Asta, Riccardo Viale, Adriana Frisenna, ecc.); naturalmente non posso riferire nulla
di quanto mi hanno detto, ma desidero ringraziarli e sottolineare come tutti concordino sulla
necessità di una migliore formazione dei docenti, di un adeguamento dei metodi e degli stru-
menti didattici, oltre ovviamente a maggiori risorse e all’esigenza di coordinamento.
Ciò può rappresentare una prima contraddizione di fronte alla quale ci troviamo; è infatti noto
che le conoscenze sulle lingue, in particolare su quella italiana, e la specializzazione relativa
all’insegnamento dell’italiano L2 sono notevolmente progredite negli ultimi anni grazie all’at-
tività soprattutto delle Università di Siena, Perugia e Venezia, e della Società Dante Alighieri.
Dunque, sono aumentate le conoscenze sulle lingue, sull’italiano, su come insegnarlo meglio,
sono stati formati tanti giovani, ma ancora i colleghi e gli operatori attivi all’estero lamentano
carenze su questo punto. Ne consegue che, evidentemente, bisogna individuare collegamenti
più forti e intensi fra i formatori e la ricerca in Italia e chi opera e forma all’estero. Questo aspetto
non riguarda soltanto l’estero, ma anche l’Italia: è noto che i programmi della scuola italiana
sono buoni e predisposti da esperti; tuttavia lo spazio dedicato all’insegnamento della lingua
non è adeguato. Tale contrasto costituisce una delle più gravi criticità da superare.
Il documento di orientamento, inoltre, non fa molto riferimento all’Università, di cui invece
ritengo fondamentale tenere conto, dal momento che i colleghi italianisti si impegnano in tutto
il mondo per la ricerca, la diffusione e la formazione dei giovani. Un giovane collega di Pavia,
ad esempio, mi ha comunicato che prenderà presto servizio presso il Dipartimento di lingua
e letteratura italiana a Tripoli; cito questo esempio perché è emblematico di una situazione in
movimento: grazie alla “Primavera araba” si aprono nuovi fronti, nuove possibilità, ed è chiaro
che quella del Mediterraneo è un’area per noi privilegiata, visto l’interesse storico nei confronti
della nostra lingua, che ne ha favorito un apprendimento spontaneo, soprattutto grazie alla
radio e alla televisione. Ritengo dunque necessario investire in essa prima di tutto attenzione e
poi risorse che le nuove condizioni politiche possono forse favorire.
Desidero ora soffermarmi sulla realtà canadese, ove risiedono oltre 400 mila persone che par-
lano la nostra lingua, con dipartimenti in cui viene effettuata una ricerca d’avanguardia ad
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altissimo livello. Il Canada è interessante perché rappresenta una tipica situazione di multilin-
guismo da cui possiamo imparare molto in ordine al rapporto, al mantenimento e alla “manu-
tenzione” di una lingua all’interno di un quadro multilingue. Come in Australia, inoltre, risulta
che, a fronte di un numero minore di studenti di origine italiana che lo richiedono, ve ne sono
molti di più di origini etniche diverse interessati all’apprendimento dell’italiano; ritengo che
la mescolanza tra le due componenti costituisca un fattore fondamentale del quale occorre
assolutamente tenere conto. È dunque necessario che tale tendenza si consolidi, si sviluppi
individuando tempestivamente aspetti sui quali intervenire.
Negli Stati Uniti lo spagnolo registra un grandissimo successo, al punto che presso talune
aree, particolarmente in California, si stanno utilizzando strumenti di intercomprensione, ossia
quelle grammatiche che servono a usare le lingue romanze ponendo in evidenza gli elementi
comuni, quindi puntando prima di tutto a una competenza passiva delle due lingue che con-
senta di favorire il multilinguismo.
È noto, inoltre, che in Europa dell’Est la richiesta di italiano è in crescita; mi sono recata recen-
temente a Mosca, ove esiste una strepitosa scuola di italianisti che conducono ricerche spesso
più avanzate di quelle condotte in Italia, per stabilire convenzioni con diverse Università, l’Ac-
cademia delle Scienze, ecc. proprio per favorire la mobilità e lo scambio fra i docenti. Cito al
riguardo una e-mail che mi ha inviato Adriano Dell’Asta, al quale avevo chiesto informazioni,
in cui egli sostiene la necessità di puntare su una presentazione integrale della lingua e della
cultura, e riferisce dell’impressione che gli ha lasciato la Preside di una scuola media inferiore di
una città nel profondo della Siberia, che aveva introdotto di propria iniziativa l’insegnamento
dell’italiano nei programmi dei suoi alunni “in un quartiere non certo solare e dove non so bene
come suonasse la parola «internazionalizzazione» e che alla mia domanda sul perché avesse fatto
una cosa simile, visto che quei ragazzini non avevano grandi prospettive di poter mai usare l’ita-
liano, aveva risposto: «Lo vede il nostro quartiere? Ecco, vorrei che i ragazzi avessero l’idea di un
panorama più ampio»”. Ebbene, la nostra lingua può servire anche a questo, oltre naturalmente
ad attirare persone nel Paese per il suo patrimonio culturale e dal punto di vista economico;
ecco perché ho voluto leggere questa testimonianza che ritengo straordinaria. Ve ne sono
anche altre, ad esempio quella di una collega che insegna presso la New York University e ha
partecipato alla stesura di un libro che abbiamo recentemente pubblicato insieme all’editore
Laterza, Fuori l’italiano dall’università? Inglese, internazionalizzazione, politica linguistica; com’è
noto, presso il Politecnico di Milano pensano di adottare l’inglese come lingua esclusiva dei
corsi magistrali. Abbiamo organizzato una tavola rotonda cui hanno partecipato molti colleghi
ed è emerso che i più sorpresi da questa decisione – che naturalmente non va nella direzione
del bilinguismo – sono stati i docenti stranieri, come i canadesi, che hanno rilevato un rischio
di decadimento.
A mio avviso dobbiamo essere particolarmente grati ai moltissimi colleghi – insegnanti, lettori,
docenti universitari e tutti gli altri che si occupano dell’italiano al di fuori dei nostri confini – che
dedicano quotidianamente il proprio lavoro per far sì che la nostra lingua mantenga alti livelli
Seminario sulla diffusione della lingua e cultura italiana all’esteroRoma, 6 dicembre 2012
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e anzi cresca. Ritengo che la risposta del nostro Governo debba essere prima di tutto rivolta
a loro; è chiaro che allo scopo sono necessarie risorse importanti, oltre che, naturalmente, la
razionalizzazione dell’esistente.
Concludo presentando il nuovo sito dell’Accademia, in cui è possibile navigare tra le molte
banche dati, a cominciare dalla lessicografia della Crusca in rete, cioè la digitalizzazione del
vocabolario dalla prima alla quinta edizione, e della collana realizzata insieme al Ministero
degli Affari Esteri in occasione della Settimana della Lingua Italiana nel Mondo: L’italiano tra
scienza, arte e tecnologia, L’italiano degli altri, L’Italia linguistica degli ultimi 150 anni e L’Italia dei
territori e l’Italia del futuro. Relativamente all’intercomprensione romanza cui ho fatto riferi-
mento, abbiamo inoltre pubblicato il libro Quadrivio romanzo e il Dizionario di italianismi in
inglese, francese e tedesco, Italianismo, italianismi e giudizi sulla lingua italiana. Segnalo infine
La piazza delle lingue: l’italiano degli altri, l’italiano dei vocabolari (ogni anno dedichiamo una
manifestazione al multilinguismo) e il Vivit, una grandissima banca dati che comprende le aree
linguistica, socio-culturale e didattica, espressamente dedicata all’insegnamento dell’italiano
agli emigrati di seconda e terza generazione.
Ministro plenipotenziario Cristina RAVAGLIA, Direttore Generale DGIEPM del MAE
Desidero ringraziare tutti coloro che sin dall’inizio hanno lavorato insieme per organizzare
questo seminario con massima disponibilità, impegno ed abnegazione, con l’obiettivo con-
diviso di porre le basi per lavorare sempre più a stretto contatto anche per il futuro al fine di
meglio promuovere la nostra lingua e cultura all’estero. Permettetemi però di rivolgere un solo,
doveroso, ringraziamento nominativo al Ministro Sandalli, che, grazie alla disponibilità della
Direzione Generale per il Sistema Paese, ha curato il coordinamento del tavolo di lavoro per
la complessa organizzazione del seminario, con straordinaria competenza, professionalità ed
impegno.
Sin dagli anni ’90, come a voi noto, si sono tenute iniziative di approfondimento sui diversi
aspetti, tra loro strettamente correlati, della promozione della lingua e cultura italiana all’e-
stero, nell’ottica di un maggiore e più radicato coordinamento – ne hanno già parlato il
Sottosegretario e la Presidente Maraschio, ma è il vero punto – tra le Direzioni Generali compe-
tenti in materia, all’interno del Ministero degli Esteri, e tra quest’ultimo ed il MIUR, oltre che con
gli altri soggetti attivi in materia: Regioni, Università, Dante Alighieri...
In particolare, un convegno dal titolo «Iniziative per l’insegnamento e la diffusione della
lingua e cultura italiana all’estero nel quadro della promozione culturale e della coope-
razione internazionale», voluto e organizzato dal Consiglio Generale degli Italiani all’Estero
insieme al Ministero degli Affari Esteri e con la partecipazione della Regione Toscana, si svolse
a Montecatini dal 26 al 28 marzo 1996 con la partecipazione di oltre 300 delegati ed esperti
Seminario sulla diffusione della lingua e cultura italiana all’estero Roma, 6 dicembre 2012
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provenienti da 31 Paesi ed esponenti di Com.It.Es., CGIE, istituti di istruzione universitaria,
scuole e provveditorati, enti gestori di corsi, insegnanti e genitori.
Un nuovo seminario ebbe luogo il 5 giugno 2007 presso il MAE, dedicato alla riforma della
Legge 153/71. Promosso dal Vice Ministro Sen. Danieli con lo scopo di raccogliere opinioni
e suggerimenti degli operatori del settore in vista di una revisione dell’attuale normativa, il
seminario vide la partecipazione di parlamentari eletti nella circoscrizione estero, di numerosi
rappresentanti degli Enti gestori, del CGIE, delle Università, per un totale di oltre 90 persone.
Oggi, alla luce delle sempre più ridotte risorse disponibili, si avverte con ancora maggiore
intensità l’esigenza di sviluppare un maggior coordinamento tra di noi. Ritengo che il nostro
principale obiettivo debba essere una valutazione congiunta sulla necessità di una sistematiz-
zazione complessiva della normativa in materia di diffusione della nostra lingua e cultura all’e-
stero. In sostanza, oggi dobbiamo riflettere su possibili interventi legislativi volti a migliorare
il funzionamento delle varie iniziative. E’ un obiettivo molto ambizioso, me ne rendo conto, e
conosciamo tutti le difficoltà e gli ostacoli che si sono frapposti, anche in sede parlamentare,
ad una riforma generale del settore. Quali che siano gli orientamenti, credo sia opportuna una
riflessione su questo specifico, cruciale aspetto. Per parte nostra, Amministrazioni dello Stato,
siamo naturalmente disponibili a fornire ogni valutazione di carattere tecnico circa eventuali
proposte di modifica della vigente normativa che dovessero esser portate all’attenzione del
nuovo Parlamento.
Inoltre, credo che dovremmo discutere anche di misure più pragmatiche, che definirei di sem-
plice buon senso, realisticamente conseguibili senza eccessivi sforzi, per assicurare un miglior
coordinamento delle iniziative. Questo secondo obiettivo, meno ambizioso ma altrettanto
se non più importante, perché preliminare ad ogni ragionamento su una riforma comples-
siva della legislazione in materia, comporta uno scambio costante e regolare di informazioni,
nonché la partecipazione e la condivisione delle iniziative. Sono cose che tutti diciamo da anni,
almeno dai tempi del convegno di Montecatini, ma che non hanno trovato oggettivamente
piena attuazione. Oggi non possiamo non riconoscere che il pieno coordinamento è diventato
un’esigenza imprescindibile, alla luce delle sempre più ridotte risorse complessivamente dispo-
nibili: dobbiamo mettere insieme le nostre forze.
Teniamo presente quanto emerso in occasione del convegno di Montecatini del 1996: ecco
cosa ebbe ad osservare l’allora Sottosegretario agli Esteri Walter Gardini: “Occorre ricercare
ogni possibile sinergia tra le diverse Istituzioni, Scuole e corsi, Istituti di cultura, Università e
Regioni, che operano spesso disgiuntamente. Tale separatezza rappresenta un ingiustificabile
approccio frammentario che non consente la piena utilizzazione dei mezzi disponibili, pro-
prio quando si va incontro ad un’ineludibile restrizione delle risorse pubbliche”. Il Consigliere
Mangione osservò allora: “L’errore di fondo che il nostro Convegno non deve commettere è, a
nostro parere, il perpetuare la frammentarietà di iniziative a macchia di leopardo. Il Convegno,
secondo noi, deve invece predisporre un quadro generale, chiedere con forza la costituzione di
un momento di coordinamento centrale… e la razionalizzazione dei finanziamenti… L’italiano
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deve essere insegnato non perché è lingua di una delle tante etnie che vivono nei nostri Paesi,
ma perché è lingua di cultura per chiunque si accosti al suo studio.” E, aggiungo, lingua di cul-
tura in generale e - pensando ai nuovi processi migratori in atto - di identificazione per chi
arriva in un Paese, quindi lingua di vita e di riconoscimento nella nuova vita che si inizia altrove.
Sono parole che valevano allora e valgono ancor di più oggi, tenendo presente il contesto di
particolare criticità in cui ci muoviamo, non solo sul piano strettamente finanziario, ma anche
della crescente concorrenza di lingue, come il cinese, l’indiano e l’arabo, che negli anni ’90 pro-
babilmente non avremmo immaginato che avrebbero potuto insidiare – come accade oggi - la
posizione dell’italiano nel mondo.
Ognuno di noi, quindi, si deve rimettere in discussione. Molto è stato fatto, va riconosciuto,
rispetto al convegno del ’96, ma molto resta ancora da fare. Dobbiamo conseguire un mag-
gior coordinamento. Questo vale per tutti i partecipanti a questo seminario, ma credo che una
responsabilità particolare ricada sugli attori istituzionali: il MAE, il MIUR, ma anche le Regioni.
Abbiamo appreso recentemente dalla brillante penna di Gian Antonio Stella sul Corriere della
Sera che la legge regionale del Veneto n. 2/2003, “per il solo 2011 ha previsto 600 mila euro per
«Iniziative di informazione, istruzione e culturali a favore dei veneti nel mondo per agevolare il
loro rientro». Bene, vi confesso che non sapevamo nulla di tutto questo. E chissà quante altre
iniziative – istituzionali e non – per quanto importanti e ben fatte, rimangono sconosciute non
solo al Ministero degli Esteri ma anche alla rete diplomatico-consolare – la ricchezza principale
che il MAE ha e mette a disposizione dell’Italia – vanificando in tal modo ab initio ogni possibi-
lità di sviluppare le dovute sinergie e collaborazioni.
Non mancano tuttavia i motivi di speranza e le buone prassi instaurate sono ormai molte e di
rilievo. Ne cito solo alcuni. Passi avanti importanti sono stati fatti in questi anni, per esempio,
sui fronti cruciali della formazione, della certificazione e dell’informatizzazione. Istituti Italiani
di Cultura come quelli di Lima o di Haifa hanno attivato iter informatizzati per l’iscrizione ai corsi
e la gestione della contabilità degli stessi e registrato un significativo incremento delle iscri-
zioni, anche proponendo corsi di italiano professionale. Con la collaborazione dell’Università
per Stranieri di Siena e della Società Dante Alighieri, il Ministero dell’Educazione georgiano ha
inserito la lingua italiana nelle scuole locali accogliendo 15 insegnanti di madre lingua italiana
(15, pensiamo, in un piccolo Paese come la Georgia) offrendo sostegno alle spese di viaggio e
soggiorno, con una straordinaria e reciproca esperienza professionale e di vita. Una intesa tra i
Governi italiano ed egiziano ha consentito l’attivazione di un Polo tecnologico italiano in Egitto
per la formazione di ingegneri attraverso la collaborazione del Consorzio UNINETTUNO, ma
anche della Siberia, come abbiamo appena sentito dalla Presidente Maraschio. Il Progetto di
inserimento della lingua italiana nelle scuole russe raggiunge oggi ben 60 scuole per la mag-
gior parte di Mosca e di San Pietroburgo. Alcune Scuole italiane all’estero hanno infine ottenuto
importanti riconoscimenti come il Premio Scuola, promosso da Unioncamere, e quello legato
al progetto “Grande Italia 150 anni”, promosso dall’Ufficio Scolastico Regionale per il Piemonte.
Seminario sulla diffusione della lingua e cultura italiana all’estero Roma, 6 dicembre 2012
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Va segnalato anche il crescente impegno dell’Ambasciata a Brasilia ai fini della diffusione della
lingua italiana tramite corsi on line. Sono in corso contatti con un’azienda leader mondiale per
realizzare un applicativo per corsi di italiano da scaricare su smartphone e su tablet. Sempre in
Brasile si sta avviando un progetto pilota on line per formare insegnanti di lingua italiana.
Il MIUR ha in attuazione diversi progetti di notevole rilievo in corso nel mondo. Ad esempio,
nel quadro dell’Accordo, ratificato nel 2008 con il Governo della Federazione Russa per la pro-
mozione dello studio delle due lingue nei rispettivi Paesi, nell’ a.s. 2008/2009 è stato avviato un
progetto di cooperazione telematica tra scuole secondarie italiane e russe su temi concordati
(i cd. “gemellaggi elettronici con partenariati di apprendimento”). Sono stati inoltre realizzati
scambi di studenti, stage di lingua italiana per studenti russi in Italia e viceversa. Utili per i
successivi rapporti di collaborazione tra istituti dei due Paesi sono stati nel 2011 il seminario
di formazione/aggiornamento per i docenti russi di lingua italiana e italiani di lingua russa e
quello sui “partenariati di apprendimento”. Nel corso del corrente anno 2012/13, sono state
assegnate borse di studio della durata di tre mesi a 44 studenti universitari italiani per seguire
corsi di lingua e letteratura russa presso università russe. Ai corsi accademici sono stati abbinati
tirocini per l’insegnamento della lingua italiana rivolti a studenti delle scuole russe, soprattutto
quelle del citato programma PRIA di Mosca. Gli studenti sono stati selezionati dalle rispettive
università che hanno anche stabilito i collegamenti necessari con quelle russe.
Proseguono inoltre con il fondamentale impulso del MIUR le attività di cooperazione e scambio
tra scuole secondarie superiori italiane con altrettante scuole argentine che sono state avviate
sulla base delle Dichiarazioni di Intenti firmate negli anni 2009 e 2010 con le autorità educa-
tive delle province di Cordoba e di Santa Fe. Nell’ambito delle Conclusioni della XXI Sessione
della Commissione Culturale consultiva italo–svizzera del 2009, in collaborazione con l’Amba-
sciata svizzera, nel 2011 è stata organizzata la prima edizione del Concorso nazionale “Italia-
Svizzera – La storia dal 1861 al 2011”, bandito in occasione delle celebrazioni dei 150 anni
dell’Unità d’Italia (http://www.italiasvizzera150.it/).
Il MIUR ha anche sottoscritto nel 2010 un Memorandum con l’omologo Ministero spagnolo
per l’istituzionalizzazione di un diploma congiunto - sulla scorta delle analoghe esperienze di
cooperazione bilaterale con la Francia - e la possibilità di scambi tra i due Paesi per docenti
e studenti. Importanti iniziative di collaborazione sono state avviate anche con Azerbaijan,
Giordania, Qatar ed Egitto. Insomma, un’azione con il mondo e per il mondo.
Tra i programmi specifici del MIUR, si segnalano la collaborazione con la Commissione
Fulbright (per la prima volta il MIUR ha offerto tre borse di studio per l’anno accademico 2011-
2012).
Infine, le azioni di “Assistentato Linguistico Comenius” si inseriscono nell’area di promozione
della lingua italiana. L’assistentato Comenius permette a futuri insegnanti di qualsiasi disciplina
di trascorrere un periodo da 13 a 45 settimane presso la scuola di un altro Paese tra quelli che
partecipano al Lifelong Learning Program.
Seminario sulla diffusione della lingua e cultura italiana all’esteroRoma, 6 dicembre 2012
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Insomma, molte buone cose fatte, e molte ancora da fare. Oggi, in questa giornata intensa
e presenti tutti i principali attori, avremo una fotografia dell’esistente, e un confronto utile e
necessario con i nostri partners europei per meglio capire cosa fanno, e come, per diffondere
la propria lingua, e potremo delineare insieme un progetto, degli obiettivi per il futuro. E’ un
compito difficile ma stimolante. Buon lavoro a tutti voi dunque e grazie.
Silvia BARTOLINI, Presidente della Consulta degli emiliano-romagnoli nel mondo
e del Coordinamento delle Consulte Regionali sull’Emigrazione
Negli ultimi cinque o sei anni il coordinamento delle Regioni ha più volte affrontato la que-
stione della diffusione della lingua italiana nel mondo ed in particolare durante le ultime riu-
nioni. Alcune settimane fa abbiamo svolto anche un seminario specifico a Bologna, durante la
riunione della Consulta degli emiliano romagnoli nel mondo, in preparazione del seminario di
oggi.
Molte Regioni da tempo si stanno interrogando su questa materia poiché essa costituisce
oggetto di interventi all’estero, direttamente realizzati o attraverso le associazioni regionali.
Sottolineo anch’io come detto in precedenza, la forte domanda, in costante aumento, di
apprendimento della lingua italiana ma allo stesso tempo abbiamo rilevato anche parecchie
criticità nella realizzazione dei corsi. Poiché il tempo è poco cercherò di svolgere il mio inter-
vento in modo molto schematico tanto più sapendo che mi rivolgo a persone molto più com-
petenti di me e che hanno una grande esperienza in materia.
Le criticità, diciamo, sono diverse ma quella principale è rappresentata dalla mancanza di coor-
dinamento che diventa ancora più grave a fronte di una carenza progressiva di finanziamenti,
spesso anche di una sovrapposizione di risorse laddove queste potrebbero unirsi razional-
mente. Quindi ci siamo anche noi posti il problema di un migliore funzionamento e utilizzo
delle nostre risorse e abbiamo trovato un’alleanza, un comune sentire con il CGIE. E quando
qualche anno fa in tempi di migliori disponibilità di bilancio noi si stava pensando ad una
Fondazione alla quale facessero capo tutti i soggetti che realizzano corsi di italiano all’estero,
ecco che nella commissione scuola del CGIE è stata avanzata una proposta analoga di Agenzia.
L’architettura e l’ingegneria istituzionale della proposta non mi interessa qui affrontare, mi
interessa invece la motivazione per la quale sia le Regioni che il Cgie hanno subito trovato
una sintonia nel chiedere questo seminario e contemporaneamente nel giungere ad una “foto-
grafia critica” di quello che si sta realizzando all’estero. Lo scopo come ha sottolineato il sotto-
segretario De Mistura è quello di innovare in questo settore mettendo le risorse disponibili a
migliore funzionamento tutti quanti assumendo, anche le Regioni, nuove e precise responsabi-
lità. Conoscere ciò che si fa per diffondere meglio la lingua italiana e qualificare il suo insegna-
mento e cambiare dove questo si renda necessario. Desidero sottolineare che alcune questioni
ci hanno motivato a realizzare un lavoro di approfondimento, pur con i limiti che poi segnalerò:
Seminario sulla diffusione della lingua e cultura italiana all’estero Roma, 6 dicembre 2012
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sarà solo promuovendo e diffondendo la lingua italiana che si manterrà il legame fra il nostro
Paese e le comunità all’estero; sarà solo promuovendo la diffusione della lingua italiana che
riusciremo a promuovere il nostro Paese a tutto campo non solo in ambito culturale ma anche
economico e complessivamente di immagine. Sarà migliore il processo di integrazione delle
nostre comunità all’estero con i paesi ospitanti se crescerà l’interesse ad imparare l’italiano oltre
che dai nostri discendenti ma anche da parte delle popolazioni dei paesi esteri. Ma soprattutto
riusciremo a mantenere un rapporto nuovo, più proficuo con i giovani discendenti italiani, se
daremo loro la possibilità di conoscere l’italiano. Ho voluto sottolineare questi aspetti perché
sono emersi come strategici durante la Conferenza dei giovani italiani nel mondo organizzata
nel 2008 da CGIE, Governo e Regioni.
Siamo molto lieti di essere giunti a questo seminario e ne vogliamo sottolineare l’importanza
per il legame con il Cgie ed anche per la sensibilità che il Governo ha dimostrato rendendo
possibile questo momento comune di riflessione. Non sono parole di circostanza visto che non
ci separa gran tempo da quando qualcuno che sedeva al Governo ci chiedeva di utilizzare le
risorse delle Regioni in modo centralistico in barba alla Riforma del Titolo V° della Costituzione.
Quindi devo dire che questo cambio di attenzione e di sensibilità ci rincuora e ci fa ben sperare
nella possibilità di trovare un’innovazione reale anche in questo campo.
Il quadro delle realtà regionali: siamo riusciti a raccogliere dodici questionari che hanno esa-
minato le risorse dedicate ai corsi d’italiano nel 2011 e nel 2012, corsi tenuti direttamente dalle
Regioni o realizzati da altri enti, in Italia o all’estero. Devo dirvi che l’esame dei numeri rispetto a
quello disegnato nel 2006 da una ricerca fatta dall’on. le Garavini per il CNE, ci palesa un quadro
veramente terribile. Si è parlato tante volte dei tagli non lineari ma geometrici, “inferti” ai capi-
toli di spesa dedicati agli italiani nel mondo, ebbene per le Regioni la situazione degli ultimis-
simi anni è anche peggiore. Su 12 questionari raccolti molti sono completamente vuoti, anche
da parte di Regioni che sono state sempre le “ammiraglie” nelle politiche rivolte ai corregionali
all’estero: ad esempio il Piemonte e il Veneto, che hanno barrato completamente le loro caselle.
Non abbiamo potuto avere notizie di alcune Regioni perché non siamo mai riusciti a contattare
rappresentanti di Regioni importanti che hanno dato molto all’emigrazione: come la Sicilia e la
Sardegna. Pensate che anche solo nel 2011 erano 540 mila euro le risorse unicamente dedicate
ai corsi per l’italiano e nel 2012 sono scese a 380.000 e ancora stiamo scendendo in modo ver-
tiginoso. Dobbiamo però registrare che il numero dei corsisti non cala in modo proporzionale
esattamente come avviene ai corsi finanziati dal MAE. Infatti una tabella che ci ha fornito il
Ministero ci ha fatto molto riflettere perché a fronte di un calo radicale di risorse il numero dei
corsisti non cala in modo direttamente proporzionale, questo dato andrebbe esaminato per
capirne le ragioni. Occorrerebbe capire se esso è determinato da nuove tecnologie messe in
campo oppure se sono state attivate nuove modalità per raccogliere maggiori adesioni ai corsi
oppure se gli enti gestori hanno trovato altre risorse in autonomia. Quindi, la situazione delle
Regioni si presenta difficile e molto complessa, ma oltre alle criticità vorrei elencare anche gli
aspetti positivi che pregherei di tenere in considerazione. Possiamo affermare che le associa-
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zioni regionali all’estero sono una rete molto articolata che sempre meno esiste grazie ai contri-
buti che in qualche caso le Regioni ancora riescono ad erogare, e sempre più vivono di una vita
autonoma: grazie a ciò sono molte le realtà regionali all’estero che continuano a finanziare e
realizzare corsi di italiano e che sostengono pienamente anche scuole italiane private all’estero.
Sono stata recentemente in Cile e potrei parlare del contributo della comunità trentina alla
scuola italiana della Serena, e potrei fare molti altri esempi di impegno delle Regioni in questo
senso. Ancora, le Regioni oltre ai corsi di italiano all’estero finanziano le associazioni regionali le
quali grazie a questi contributi mettono in campo diversi corsi di italiano all’estero. Voglio citare
alcuni casi particolari: il Friuli Venezia Giulia, come sapete, ha avuto un’esperienza di emigra-
zione fortissima con sei grandi associazioni; la Regione, qui rappresentata dal dott. Napoli, le
ha finanziate nella misura di 1.400.000 euro nel 2011 e queste hanno dato vita a molte attività
fra le quali corsi d’italiano all’estero. Anche in questo caso il trend è in calo, ma va tenuto conto
che esistono altri capitoli di spesa nei bilanci delle Regioni nei quali troviamo risorse per corsi
d’italiano all’estero. La Toscana qui rappresentata dall’avvocato Cecchi, e che ha fatto parte del
tavolo di lavoro in preparazione di questo seminario, ha messo in campo un virtuoso sistema
di relazioni con le associazioni per cui possiamo affermare che per ogni euro investito presso
le associazioni, questo si è raddoppiato. Tant’è che l’ultimo finanziamento di circa 30 mila euro
verso le associazioni toscane nel mondo ne ha prodotti tre volte tanto alimentando una capil-
lare rete di corsi d’italiano all’estero. Ancora, vi sono Regioni che non hanno più finanziamenti
dedicati ai corsi d’italiano ma che grazie alle proprie relazioni e conoscenze all’estero organiz-
zano, assieme alle Università o Centri studi, corsi d’italiano in Italia. Un esempio straordinario è
quello della Liguria che per molto tempo a Santa Margherita ha in collaborazione con il Centro
di Studi internazionali organizzato una Summer School di grande qualità. Purtroppo in questo
momento la Regione non può più finanziare ma continua a mettere a disposizione il proprio
know how sul piano organizzativo. Allo stesso modo possiamo parlare del Piemonte che non
ha più rifinanziati i capitoli per i propri corregionali all’estero ma fortunatamente la rete asso-
ciativa continua a funzionare e realizzare corsi.
Infine il caso dell’Emilia-Romagna: anche noi finanziamo alcune associazioni solo attraverso
progetti messi “a bando”, e molti di questi progetti riguardano i corsi d’italiano. Quando si parla
di associazioni regionali all’estero spesso non ci si sofferma abbastanza su di una realtà molto
complessa: esistono associazioni tradizionali, ma anche grandi associazioni che sono in grado
ormai da tempo di autofinanziarsi e di queste realtà si dovrà continuare a tenere conto nel pro-
getto che si vuole scrivere per riorganizzare la diffusione della lingua italiana all’estero.
Inoltre le Regioni organizzano anche ospitalità di ragazzi discendenti in cui si includono i corsi
di insegnamento della lingua italiana. Dicevo prima dell’analisi interessante tra diminuzioni di
risorse e numero dei corsisti: sono entrate in campo da tempo le nuove tecnologie, e soprat-
tutto con le Università si sono costituite delle vere proprie classi online di insegnamento della
lingua, sempre più ci sono corsi che all’inizio si svolgono presso le associazioni e in seguito
vengono mantenuti per via telematica. Siamo investiti da queste innovazioni che vanno analiz-
Seminario sulla diffusione della lingua e cultura italiana all’estero Roma, 6 dicembre 2012
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zate, capite e agite fino in fondo. Sul tema generale del finanziamento delle Regioni (esempio
del Veneto che veniva prima riportato dalla Ministro Ravaglia) anche noi abbiamo osservato
che i corsi d’italiano costituiscono il 20% o il 30% delle risorse complessive che le Regioni dedi-
cano ai corregionali all’estero. Ma oltre ai corsi d’italiano ci sono altre attività, come l’ospitalità,
il finanziamento alle associazioni che comunque contribuisce all’apprendimento della lingua
italiana. La Regione Emilia-Romagna ha realizzato una radio che si ascolta attraverso Internet,
le cui rubriche si possono ascoltare e leggere contemporaneamente in italiano. Ciò che voglio
dimostrare è che le risorse sono calanti, ma le attività delle Regioni che possono contribuire
allo scopo sono moltissime, e la “dote” vera, quella della rete associativa all’estero che non è
nostra, noi facciamo solo un lavoro di promozione e di sponda è la principale che deve essere
considerata nella nostra futura progettualità. In tempo di crisi bisogna innovare e bisogna e
farlo in modo coordinato, esplicitando chi fa cosa, con quali risorse e come. Dobbiamo essere
trasparenti. Non perché “ce lo chiede l’Europa”, o non solo per questo, ma perché ce lo chiede
la nostra coscienza e ce lo chiede il fatto che siamo sottoposti a molte critiche da parte dei
nostri connazionali che ci stimolano a conseguire una maggiore trasparenza e più coordina-
mento. E’ necessario tenere alta l’attenzione verso l’insegnamento della lingua italiana nel
mondo perché è vero che siamo tutti in caduta libera a livello di finanziamenti e c’è bisogno sul
bilancio del 2013 di “tenere alto” questo tema. Nutriamo per il futuro la speranza che si inverta
la rotta rispetto ai tagli governativi e si mantenga come prioritario il tema dell’insegnamento
della lingua italiana. Credo che qualsiasi sistema di innovazione debba essere ben attento ai
diversi bisogni di insegnamento dell’italiano a secondo delle età, della conoscenza della lingua,
delle diverse esigenze professionali e delle diversità culturali legate ai territori nel mondo. Il
confronto che abbiamo avuto attorno al tavolo di lavoro in preparazione di questo seminario
è stato molto interessante: ad esempio la realtà europea rappresentata dal consigliere Conte e
la realtà anglofona rappresentata dalla consigliera Mangione ci hanno dato l’idea di una totale
diversità di strumenti che devono essere messi in campo nelle distinte aree continentali. Ecco
perché ci proponiamo l’idea di un osservatorio generale delle nostre comunità italiane all’e-
stero e che abbia un ambito specifico sul tema dell’insegnamento dell’italiano. E’ indispensa-
bile sapere chi sono le nostre comunità e come esse stanno evolvendosi e lo sarà anche per
il futuro seminario sulla rappresentanza La nuova emigrazione dei giovani in cerca di lavoro,
non solo intellettuale, ci propone la necessità di essere maggiormente a conoscenza di quello
che sta avvenendo nella grande comunità italiana all’estero. Ci permettiamo poi di suggerire, a
proposito di Conferenza dei giovani e valutati i costi degli insegnati all’estero, di utilizzare di più
le nostre comunità ed i giovani in particolare come lettori presso le scuole. Altra questione è di
carattere politico istituzionale, riguarda la necessità di mantenere o riportare l’insegnamento
dell’italiano nell’ambito dei curricula scolastici nei paesi esteri. E qui può valere solo un’azione
diplomatica Ancora sottolineiamo la necessità di porre attenzione ai costi - in qualunque caso
troppo elevati - per la partecipazione ai corsi d’italiano. Tantissime persone non hanno le pos-
sibilità economiche per sostenere corsi dai costi troppo elevati. E infine desideriamo segnalarvi
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anche il tema del dialetto che presso qualche comunità, penso a quella ligure in Olanda che
promuove questo tipo di attività è molto sentito: crediamo che esso possa essere interessante
ed avvicinare ulteriormente i giovani all’Italia. L’impegno di oggi è prezioso e credo che sarà il
punto di inizio per una riforma complessiva di questo settore e per una progettazione inno-
vativa. Per queste ragioni speriamo che si possa proseguire il tavolo di lavoro che ci ha por-
tato fin qui e che si faccia anche un planning temporale di quello che ci proponiamo di fare,
trovando modo di potere acquisire ulteriori informazioni. Nel nostro caso certo lo faremo, per
poter essere più efficaci nella risposta progettuale che ci proponiamo di realizzare.
Giovanni TASSELLO, Presidente della Commissione Tematica Lingua e Cultura del CGIE
Ringrazio il Ministero degli Affari Esteri e il Comitato di Presidenza del CGIE per aver organiz-
zato il seminario odierno, di cui avvertivamo il bisogno e dal quale ricaviamo la sensazione di
una volontà sinergica, di cooperazione, di superare il difetto della parcellizzazione che fino a
oggi ha contraddistinto le scelte operate nel settore della diffusione della lingua e della cultura
italiana.
La sfida della promozione della lingua e della cultura italiana nel mondo ha raggiunto un punto
critico che rischia di cronicizzarsi facendo apparire il CGIE come un’istituzione che si schiera
contro la politica di restrizione delle risorse italiane; al contrario, vogliamo essere costruttivi,
avendo sempre cercato, anche in passato, di proporre soluzioni pratiche che avrebbero anche
permesso una razionalizzazione e un risparmio.
Ritengo che per ipotizzare una nuova strategia sia necessario un confronto sereno e sincero
di tutte le esperienze maturate in questo campo da tante istituzioni e da tanti organismi. Né
va dimenticata l’opera svolta con coraggio e dedizione dagli enti gestori i quali, nonostante
le ripetute crisi, non hanno voluto chiudere, ma hanno cercato in tutti i modi di proseguire
nell’insegnamento della lingua e della cultura per i figli degli italiani. Il filo rosso che ci unisce,
pertanto, è costituito dallo spirito costruttivo, nonostante sul capitolo di bilancio n. 3153, ad
esempio, dal 2008 al 2012 sia stata effettuata una decurtazione pari al 68 percento. Anche i
contributi alla Società Dante Alighieri hanno subito una riduzione pari al 73 percento. È per-
tanto legittimo chiedersi se si creda realmente nella promozione della lingua e della cultura,
oppure se si intenda lasciarla morire lentamente.
Inoltre, il drastico riassorbimento del personale di ruolo ha provocato grossi problemi e soprat-
tutto ha messo in discussione l’attività di formazione dei formatori, che in molti Paesi è essen-
ziale.
Insomma, non è azzardato affermare che la promozione linguistica e culturale all’estero è
sempre più impercettibile, di talché l’italiano all’estero viene vieppiù ostracizzato o tagliato.
Nonostante questo, molte sono le richieste da parte delle seconde e delle terze generazioni di
emigrati, che magari non lo parlano, o al massimo conoscono qualche parola in dialetto.
Seminario sulla diffusione della lingua e cultura italiana all’estero Roma, 6 dicembre 2012
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Occorre anche tener conto del fatto che l’Italia non è soltanto terra di approdo, ma è tornata a
essere terra di espatrio; non bisogna, in altri termini, sottovalutare l’assai consistente numero
di giovani e di intere famiglie di nuovi emigrati che hanno bisogno di corsi di lingua e cultura
e li richiedono formalmente. È inutile pretendere di negarlo: gli indici di emigrazione dall’Italia
rivelano che il fenomeno continuerà e crescerà. È dunque necessario fotografare l’esistente, che
è estremamente complesso: tantissimi organismi, anche all’interno del Ministero degli Affari
Esteri (due Direzioni Generali), sono all’oscuro dell’attività svolta dagli altri; ciò reca danno alle
comunità nel mondo. La trasparenza è pertanto doverosa.
È inoltre necessaria una strategia unica: le decisioni migliori provengono soltanto dal dialogo.
In molteplici occasioni il CGIE ha sollecitato un incontro tra le due Direzioni Generali, ma spesso
è rimasto deluso, non avendo potuto confrontarsi con gli interlocutori ai quali rappresentare
i propri problemi reali registrati in ogni parte del mondo. Non esistono soluzioni uniche, ma
multivariate, dal momento che ogni Paese ha una propria storia di emigrazione e un proprio
modo di approcciare il sistema lingua e cultura (attraverso le scuole, i corsi e molte altre inizia-
tive). L’attuale sistema è purtroppo ancora molto lontano da ciò, ma noi non vogliamo perdere
la speranza che sia giunto il momento di adottare una strategia unica.
Si continua ad affermare – purtroppo in maniera piuttosto retorica – che gli italiani rappresen-
tano una risorsa; solo economica, però: si tratta invece di una risorsa soprattutto culturale, che
costituisce un bene prezioso. La diaspora italiana nel mondo è seconda solo a quella cinese e
può sostenere il Paese in mille modi, ma spesso la ignoriamo presumendo che possa fare da sé.
Essa però ha bisogno di leaders, di suggerimenti, di ricevere una visione.
L’intervento culturale e linguistico non ha solo valenze economiche; lo diventeranno ma all’i-
nizio debbono essere prettamente linguistiche e culturali perché è questo che tiene unita la
comunità all’estero, altrimenti la diaspora italiana sarà persa e non varrà niente, non aggiun-
gerà nulla di creativo in un contesto in cui il transfrontalierato è necessario. L’Italia potrebbe
essere un leader in questo campo di internazionalizzazione così necessario oggi, ma a questo
scopo deve adottare una politica chiara.
Ritengo che la creazione del nuovo ci aiuti soprattutto se ci confrontiamo anche con ciò che
fanno i Paesi vicini, i quali investono, in apparenza, notevolmente in campo culturale e lingui-
stico. Allo scopo possono essere di aiuto gli accademici qui intervenuti, che rappresentano le
uniche Università in Italia che dimostrano sincero amore nei confronti delle comunità all’e-
stero; moltissimi altri Atenei certo non studiano la storia dell’emigrazione, non se ne interes-
sano affatto. Di questo dobbiamo essere riconoscenti perché ci indicano il modo in cui avviare
il discorso.
È infine giusto riconoscere che le Regioni si stanno molto adoperando in questo settore. Gli
organi di rappresentanza devono ormai superare il cliché secondo il quale esse si preoccupano
soltanto di organizzare cene a base di prodotti tipici: investono notevolmente in prodotti cul-
turali e linguistici. Sarebbe naturalmente benvenuto un coordinamento perché attualmente
molte Regioni mostrano un’attenzione specifica in campo migratorio che merita riconoscenza.
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In conclusione: spirito costruttivo, fotografia dell’esistente (non sono infatti note alle comu-
nità tutte le iniziative assunte, né è addirittura dato sapere quante risorse l’Italia, attraverso
le istituzioni e gli enti, investa nel settore; ritengo che si tratti di cifre realmente importanti) e
fine del sistema della parcellizzazione attraverso l’istituzione di un tavolo di concertazione, di
quella regia unica di cui si è parlato in occasione del convegno di Montecatini, per coordinare
senza distruggere le specificità delle Regioni, della Società Dante Alighieri, del CGIE, perché
la diversità è una ricchezza. Il Consiglio Generale vuole collaborare: negli anni esso ha infatti
rappresentato le conoscenze molto diversificate e i bisogni culturali della emigrazione italiana.
Termino citando un racconto tratto dal delizioso libro di Luis Sepúlveda Le rose di Atacama, nel
quale l’autore finalmente riesce a incontrare a Madrid un suo amico esule che viveva a Oslo;
dopo essere entrati in un bar, l’amico, avendo sentito parlare spagnolo, si rivolge a Sepúlveda
dicendo: “Siamo a casa. Qui finalmente sento la mia lingua”. Se non stiamo attenti, corriamo il
rischio di non sentirci più a casa anche all’estero perché l’italiano diviene un corpo estraneo;
senza la lingua la cultura muore.
Stefania GIANNINI, Rettore dell’Università per Stranieri di Perugia
Desidero in primo luogo rivolgere un grato ringraziamento per l’invito a partecipare al semi-
nario odierno, che vorrei fosse ispirato a un principio di concretezza sulle attività e sull’impegno
appassionato e l’amore di alcune istituzioni che da lunghi anni promuovono il Paese attraverso
la diffusione della lingua e della cultura nel mondo; l’Università per Stranieri di Perugia è natu-
ralmente una di esse.
Nell’intitolare il seminario odierno si è fatto riferimento ad attori, criticità e buone pratiche;
posso serenamente affermare che l’Università che da alcuni anni governo è stata un protago-
nista assoluto della prima parte del Novecento, essendo stata istituita con Regio Decreto nel
1925, l’anno precedente all’istituzione degli Istituti italiani di cultura, con la missione specifica
di promuovere l’Italia attraverso gli aspetti più diversificati della sua lingua e della sua cultura.
Questo protagonismo è oggi piacevolmente condiviso con amici e colleghi qui presenti e che
riferiranno dopo di me sulle differenti modalità secondo cui svolgiamo il nostro non facile com-
pito in una realtà internazionale sempre più complessa, che necessita di una strategia artico-
lata e differenziata per Paesi, per aree geopolitiche, i cui obiettivi devono essere molto lucidi,
perché le ristrettezze economiche, soprattutto degli ultimi anni, non permettono alcuna forma
di spreco o di dispersione né culturale né finanziaria.
Nel corso della mia attività sia di Ateneo che di coordinamento delle relazioni internazionali
del sistema universitario, ossia della Conferenza dei Rettori, ho incontrato tre dimensioni del
lavoro: una culturale, una organizzativa e una politica; ovviamente il mio mestiere si colloca
essenzialmente nelle prime due, però desidero toccare questi tre aspetti evidenziando subito
una complessità e una difficoltà crescenti nel passaggio dal primo al terzo.
Seminario sulla diffusione della lingua e cultura italiana all’estero Roma, 6 dicembre 2012
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In ordine alla dimensione culturale, sono già state espresse riflessioni di tipo tecnico sul valore
delle lingue seconde e delle lingue straniere, sul loro elemento generativo di cultura e di con-
tatto culturale; nel nostro caso in questa sede parliamo anche del rapporto tra un Paese di
origine e le comunità che se ne sono allontanate, talvolta in tempi remoti, ma che dimostrano
non solo quella che oggi si definisce domanda, ma anche un bisogno antropologico, culturale
e sociale di riaccostarsi alla propria identità e riappropriarsene. Su questo piano l’Università per
Stranieri di Perugia è passata da un atteggiamento di accoglienza passivamente ma egregia-
mente svolto nel corso del Novecento nei confronti dei circa 350 mila studenti stranieri, adulti
e giovani, offrendo corsi di lingua e cultura, e cercando di stimolare la conoscenza diretta del
Paese, a un’attività di internazionalizzazione e integrazione, nella convinzione che ormai l’im-
pegno della promozione dell’italiano si collochi almeno su due livelli: esportare la lingua e la
cultura (ma preferisco dire rinforzarne la coscienza, la consapevolezza e quindi l’appassionato
contatto nel mondo) e darne una dimensione conoscitiva nel Paese, che ormai, nel cosiddetto
cluster C (che va dal Portogallo alla Grecia), è tra quelli che presentano massima rapidità di flussi
migratori e ricchezza di comunità alloglotte ed etnicamente diverse dalla nostra, che fanno
parte integrante della società italiana.
Come altre istituzioni, l’Università per Stranieri di Perugia ha lavorato su questi due livelli.
Sono state citate alcune aree del mondo delicate e strategiche dal punto di vista geopolitico; a
memoria cito i lavori che abbiamo svolto negli ultimi anni ad esempio in Egitto (ero al Cairo la
scorsa domenica per recuperare un progetto di diffusione e di promozione della lingua e della
cultura italiana che, grazie alla collaborazione con il Ministero dell’Istruzione, un anno e mezzo
fa ci ha consentito di inviare una decina di docenti di lingua e professori, come visiting scholars,
presso i quattro o cinque Atenei più importanti del Cairo che già godono di una stabilità isti-
tuzionale di studi di italianistica), l’impegno condiviso con il collega Vedovelli e altre Università
italiane in un’altra parte remota del mondo, dal punto di vista geografico, ma assai vicina sotto
tutti i profili, la Cina, ove attraverso un lavoro molto rigoroso di formazione linguistica sia dei
ragazzi che entrano nei nostri Atenei (ricordo che il loro numero è decuplicato dal 2005 a oggi),
sia degli insegnanti che nelle Università cinesi e negli Istituti di ricerca e di cultura italiana di
quel Paese sono da noi seguiti. È questa l’agenda imposta piacevolmente dal radicale cam-
biamento del rapporto tra l’Italia e il resto del mondo, di cui costituisce un esempio l’accordo
bilaterale stretto con il Governo dell’Azerbaijan, in base al quale il numero degli studenti azzeri
presso l’Università per Stranieri di Perugia è enormemente cresciuto.
Passando al rapporto importante e prezioso con quelle comunità diversificate, diasporiche un
tempo ma ormai da considerare nostri interlocutori importanti nei vari Stati del mondo, costi-
tuite dagli italiani di origine, rilevo di aver vissuto significative esperienze presso alcuni impor-
tanti Paesi stranieri, come gli Stati Uniti, ove abbiamo svolto con successo una delicata attività
di recupero dell’Advanced Placement Program per l’italiano nei Colleges.
Sul piano organizzativo, è stato ripetuto quanto in molte occasioni è emerso negli ultimi anni:
manca una strategia unica e, soprattutto, non si riesce a coordinare e condurre a sintesi le
Seminario sulla diffusione della lingua e cultura italiana all’esteroRoma, 6 dicembre 2012
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numerose attività che vengono, magari nobilmente, orientate allo stesso obiettivo. Insieme
all’Università per Stranieri di Siena e la Società Dante Alighieri ci stiamo provando, come dimo-
stra il grande sforzo compiuto per ottenere la certificazione linguistica, che definirei “nuovo
sistema di qualità nazionale”, più che unificato, in quanto ogni istituzione mantiene la propria
specificità scientifica pur portando avanti operosamente uno sforzo di regia. Considero gli stru-
menti di cui disponiamo antichi e semplici. Il primo consiste nell’aspetto forse più banale ma
più difficile da realizzare: inviare all’estero validi insegnanti per insegnare la lingua che inse-
gnano; essere italofoni, infatti, non significa automaticamente saper insegnare una lingua stra-
niera o seconda. A questo riguardo ritengo che il Paese possa fare di più perché se è vero che
gli insegnanti di scuola vengono inviati a insegnare l’italiano in base alla norma che in materia
collega il Ministero dell’Istruzione al Ministero degli Affari Esteri, è altresì vero che tali politiche
sono molto costose, dal momento che questa modalità comporta una spesa enormemente
superiore a quella necessaria a inviare giovani formati dalle scuole di specializzazione, che
ormai in Italia esistono e sono ben strutturate, che sono disposti a recarsi nei luoghi più difficili
del mondo. Ritengo pertanto necessario iniziare a immaginare una politica di formazione e di
invio di una classe di insegnanti più specializzata. Ciò consentirebbe di valorizzare competenze
esistenti con costi minori e di svolgere un lavoro più capillare, anche in termini di massa critica
e di quantità, capace di venire incontro alle richieste di sostegno culturale e didattico da parte
delle comunità. Dico questo perché ravviso il pericolo del dilettantismo; ho infatti incontrato
nel mondo tante bravissime persone che svolgono benissimo il loro mestiere, ma che magari
hanno conseguito una laurea in matematica. Ritengo che chi è matematico in Italia non possa
insegnare l’italiano in Argentina.
Il secondo strumento consiste nelle borse di studio: assegnare un finanziamento ai giovani che
da molti Paesi nei quali la domanda di Italia e di italiano è crescente versano in una condizione
di passione e di impossibilità di garantire concretezza a tale passione significa cambiare il corso
della loro vita. Il Ministero ha dovuto compiere una scelta dolorosa per far fronte all’attuale
situazione, ma forse si potrebbe cercare insieme di stimolare gli investimenti del mondo pri-
vato. Vivo a Perugia da molti anni e il mio studio si trova di fronte all’Arco Etrusco, una meravi-
glia architettonica simbolo della città, che un noto imprenditore locale, Brunello Cucinelli, ha
deciso di restaurare con un finanziamento proprio. Ho personalmente fatto presente all’amico
Cucinelli l’importanza di adottare sì i monumenti, ma anche il talento: non è meno importante
che l’imprenditoria nazionale e – perché no? – anche quella dei Paesi in cui l’Italia ha una forte
implicazione economica, possa destinarvi risorse, seppur modeste.
In merito alla concretezza cui ho accennato precedentemente, concludo rendendo noto che
quest’anno l’Università per Stranieri di Perugia ha realizzato un piano straordinario di asse-
gnazione di borse di studio condivise con il MAE. Sono stati destinati a questo scopo 300 mila
euro del bilancio consuntivo del 2011 con cui è possibile garantire 547 mensilità; abbiamo lan-
ciato tale piano lo scorso settembre e sinora sono giunte 213 risposte da 52 Paesi. Per quanto
riguarda gli Stati Uniti, allo scopo di celebrare l’anno dell’Italia in USA, abbiamo pensato di non
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realizzare un convegno, ma destinare 50 borse di studio agli studenti americani, condividendo
tale iniziativa con la Direzione Generale per la Promozione Culturale e con il Ministro.
A mio giudizio, infine, la parte politica deve essere rivisitata con più coraggio e franchezza.
Massimo VEDOVELLI, Rettore dell’Università per Stranieri di Siena
Ringrazio per questa bellissima occasione di confronto e di dialogo i Ministeri, il CGIE e le
Regioni; occasioni importanti come questa, stranamente, nascono proprio nei momenti di crisi,
durante i quali è importante fare il punto della situazione.
Vorrei innanzitutto esprimere i sensi del mio compiacimento per questa iniziativa, che è segno
di una attenzione istituzionale costante e intensa verso una materia la cui rilevanza è deter-
minante anche in vista della possibilità di trovare nella dimensione della cultura – e, al suo
interno, della lingua – opportunità per far superare al nostro Paese la crisi che investe profon-
damente gli assetti economico-produttivi, quanto quelli sociali e identitari. Colgo anche l’oc-
casione per salutare i tanti amici che vedo qui riuniti, con i quali condivido un percorso ormai
pluridecennale di riflessione sulla questione dell’italiano nel mondo e del ruolo delle nostre
comunità di emigrati: per tutti, Padre Graziano Tassello e il Dott. Nicola Cecchi. Con P. Tassello
vorrei ricordare i lavori realizzati insieme entro la rivista ‘Studi Emigrazione’, fra le più importanti
a livello internazionale sulla materia: il Lessico Migratorio (1987), nonché la Bibliografia generale
(1970-1995) sul tema ‘scuola, lingua e cultura nell’emigrazione italiana all’estero’ (1996). Il Dott.
Nicola Cecchi è testimone dell’impegno della Regione Toscana verso le comunità dei propri
corregionali all’estero, con particolare riguardo ai giovani: i periodici soggiorni in Toscana fanno
avvicinare questi giovani – ormai statunitensi, brasiliani, sudafricani ecc. di origine italiana /
toscana – alle loro radici fuori da quadri di ‘archeologia migratoria’, ma in un contatto diretto
e sorprendente con le testimonianze storiche della cultura italiana, con la nostra lingua, ma
anche con il sistema delle imprese e con ciò che è oggi il nostro Paese, la regione Toscana. Si
viene a creare in tal modo un rapporto che agli occhi di questi giovani appare vitale e che mani-
festa il cambiamento del nostro Paese e della regione Toscana, le sue eccellenze produttive e
sociali: si crea così una prospettiva di internazionalizzazione che considera i giovani toscani nel
mondo quali soggetti primari per la diffusione internazionale del sistema produttivo regionale,
ma che, insieme, propone quest’ultimo come luogo dove i giovani toscani nel mondo possono
dare un loro originale apporto e nel quale possono investire anche professionalmente. Ma su
tali tematiche vorrei tornare fra poco.
In questo intervento vorrei sottoporre alla vostra attenzione solo tre fra i tanti aspetti di una
materia ampia, complessa, in continua evoluzione: a) lo ‘stato di salute’ dell’italiano nel mondo;
b) il ruolo delle Università entro tale contesto; c) il rapporto fra la dimensione linguistico-cultu-
rale e quella economico-produttiva.
Seminario sulla diffusione della lingua e cultura italiana all’esteroRoma, 6 dicembre 2012
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Lo ‘stato di salute’ dell’italiano nel mondo
Ritengo che non sia sufficiente raccogliere dati e presentarli, accompagnati ovviamente da
analisi, per capire l’evoluzione della condizione della nostra lingua diffusa nel mondo: occorre
avere, invece, innanzitutto la capacità di elaborare modelli concettuali di riferimento e ipotesi
da saggiare. Solo così, infatti, si potranno raccogliere quei dati capaci di dare senso, evitando il
rischio di farli nascondere entro una mole puramente quantitativa dove prevalgano elementi
accessori, marginali, estrinseci. Occorre anche avere una prospettiva interdisciplinare per com-
piere una operazione di individuazione, analisi, interpretazione di tendenze dove confluiscono
prospettive culturali, linguistiche, sociali, economiche, demografiche, politiche a livello inter-
nazionale. Se guardiamo ai modelli sociolinguistici che appaiono oggi più interessanti, per
capire ciò che sta accadendo all’italiano nel mondo e al ruolo che in tale contesto giocano
e possono giocare le nostre comunità emigrate, sono due i riferimenti concettuali capaci di
generare maggiori e più articolate conoscenze: il ‘mercato globale delle lingue’ e i ‘panorami
linguistici urbani’.
Con ‘mercato globale delle lingue’ (espressione che modificherei in ‘delle lingue-culture-società-
economie’) si intende lo stato competitivo che hanno gli idiomi oggi nel mondo, soprattutto
quelli che si pongono in prospettiva di diffusione internazionale. La lingua inglese è diventata
il perno di tale sistema, coprendo tutti i contesti di interazione strumentale a livello plane-
tario; tale posizione non ha soffocato però la diffusione crescente delle altre lingue. Il mondo
globale, il mondo della universale mobilità delle merci è anche quello della universale mobi-
lità delle persone: queste entrano in contatto fra di loro, comunicano, si servono dell’inglese,
ma sviluppano anche la curiosità per le culture e le lingue degli altri. I dati di tipo economico
(fra i quali recentissimi quelli dell’Unione Europea) mostrano che il mercato delle lingue è in
costante espansione ormai da decenni, nonostante le crisi che, colpendo le disponibilità finan-
ziarie, ostacolano gli investimenti culturali delle persone. Mercato vuol dire ‘competizione’; nel
caso delle lingue, è competizione fra valori identitari e fra possibilità di spendibilità sociale
delle competenze linguistiche. L’italiano, entro tale dinamica, propone valori culturali e gradi
di spendibilità delle competenze non certo alternativi a quelle di altri idiomi, in primis l’inglese,
ma sicuramente complementari: valori che integrano quelli ‘di plastica’ della globalizzazione;
competenze ‘di nicchia’ in determinati settori, dalla cucina alla moda all’arte, cioè in tutti gli
ambiti i cui tratti caratterizzanti sono il gusto, il buon gusto, la creatività.
L’italiano ha sempre goduto di una ‘rendita di capitale’ dovuta al suo legame con una tradizione
culturale intellettuale e materiale plurisecolare – plurimillenaria; a ciò aggiunge oggi la sua
capacità di evocare valori identitari che danno alla nostra un forte grado di visibilità negli usi
collettivi. Non c’è, infatti, città del mondo le cui vie e piazze principali non vedano la presenza
di italianismi nelle insegne, nelle pubblicità, negli avvisi. Lingua legata a una cultura di valore
universale; lingua con una fortissima visibilità nei panorami linguistici urbani contemporanei:
in questo ambito, all’italiano si rivolgono gli stranieri in quanto trovano la nostra lingua capace
di evocare valori positivi, di produrre un ‘valore aggiunto’ alla loro attività, alla loro identità.
Seminario sulla diffusione della lingua e cultura italiana all’estero Roma, 6 dicembre 2012
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Tutto potrebbe andare bene, dunque, se le risorse a disposizione per la diffusione dell’italiano
fossero paragonabili, ad esempio, a quelle messe a disposizione dal governo cinese per dif-
fondere la lingua del suo Paese, e se ci fosse una chiara strategia di politica culturale di diffu-
sione linguistica. Così, l’italiano, dotato di immensa base culturale e di notevolissima capacità
di attrazione, soffre proprio nei nostri anni la concorrenza di lingue emergenti nel mercato glo-
bale, quali il cinese (l’idioma di una economia con la quale è impossibile non avere a che fare),
l’arabo (per la rilevanza geopolitica), il russo (per la rilevanza economica). A queste si aggiun-
gono le lingue tradizionalmente nostre competitrici: il tedesco, il francese, lo spagnolo). Dal
2000 a oggi (cioè dall’indagine confluita in Italiano 2000, guidata da Tullio De Mauro e realizzata
da un gruppo di ricercatori dell’Università per Stranieri di Siena) l’italiano ha perso posizioni
nella graduatoria mondiale delle lingue straniere più studiate: perde posizioni nei Dipartimenti
universitari, nei corsi di lingua dei sistemi di educazione degli adulti. E ciò avviene pur in pre-
senza di numeri crescenti per quanto riguarda gli esami delle certificazioni di italiano come
lingua straniera (di Perugia, Siena, Roma Tre, Dante Alighieri) e spesso anche dei partecipanti ai
corsi di italiano organizzati sia dalle nostre istituzioni, sia da altri soggetti. Si tratta, cioè, di una
presenza internazionale della nostra lingua ‘a pelle di leopardo’ e con un forte indice di fluttua-
zione: si ha a che fare, cioè, con tendenze positive non strutturalmente determinate e soste-
nute; si evidenzia la loro fragilità a fronte dei mutamenti contestuali (una cattedra universitaria
il cui docente vada in pensione e non venga sostituito, ad esempio). Si tratta di fatti documen-
tati dalle recenti indagini internazionali, fra le quali ricordiamo quella dell’Unione Europea sul
mercato delle lingue (il cui ultimo rapporto è del giugno di quest’anno) e quella relativa agli
Stati Uniti, pubblicata da Bloomberg: l’italiano rimane fra le prime dieci lingue, ma in molti casi
non è più la quarta – quinta lingua che Italiano 2000 aveva certificato.
A fronte di un potenziale infinito di diffusione, si accentua perciò la fragilità strutturale, cui
contribuisce certo la diminuzione delle risorse, ma che trova, a nostro avviso, in altri elementi
le vere cause: la distanza reale dalla politica multilinguistica dell’Unione Europea; l’incapacità
di produrre una strategia ‘a geometria variabile’, capace di valorizzare gli apporti plurimi di sog-
getti diversi; le incertezze circa lo statuto delle nostre comunità emigrate nel mondo, diversifi-
cate nei rapporti con l’italiano sia a livello di collocazione geografica, sia, soprattutto, a quello
generazionale. La ricerca interuniversitaria MIUR – FIRB (guidata dalla Stranieri di Siena, con
la partecipazione degli Atenei di Udine, Tuscia, Salerno, Cosenza) avente a proprio oggetto la
condizione linguistica delle giovani e giovanissime generazioni di discendenti di emigrati ita-
liani ha messo chiaramente in luce che per loro l’italiano è lingua straniera, che deve compe-
tere con le altre per essere scelta come oggetto di studio. Anche considerando la condizione
delle altre fasce generazionali (anziani, adulti), la situazione dei contesti di emigrazione è tale
da doverli considerare potenti fattori di italianizzazione, ma anche contesti dove il tradizio-
nale plurilinguismo italiano, concretizzantesi in uno spazio linguistico multipolare, con il polo
dell’italiano e delle sue varietà, dei dialetti e delle loro varietà, delle lingue delle minoranze di
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antico insediamento entro i confini nazionali, si ripropone in emigrazione spesso generando
dinamiche di insicurezza e di perdita.
Una strategia che miri a vedere anche nelle comunità di origine italiana nel mondo gli stru-
menti di cui dotare l’italiano nella competizione globale non potrà non tenere conto di questo
quadro: uno spazio linguistico plurimo, non una lingua monoliticamente omogenea (l’italiano
non è così strutturato); la capacità di evocare valori identitari che sono fortemente ricercati nel
mondo (valori culturali che trapassano nelle dimensioni economiche e sociali); una azione ‘a
geometria variabile’ che valorizzi le specificità dei diversi soggetti che operano sulla materia,
entro un quadro i cui obiettivi siano chiari e condivisi, e il cui perseguimento risponda alle spe-
cifiche caratteristiche dei contesti locali.
Il ruolo delle Università
Che la mancanza di circolazione dell’informazione sia un limite – ahinoi! – strutturale della
materia che oggi trattiamo è noto a tutti; ciò concerne anche quanto le Università fanno appli-
cando le leggi dello Stato. I profondi cambiamenti normativi e strutturali del sistema universi-
tario nazionale hanno avuto effetti positivi proprio sul tema che trattiamo. La funzione delle
Università riguarda soprattutto tre ambiti: la ricerca, la formazione, l’internazionalizzazione.
Per quanto riguarda la ricerca, le Università per Stranieri costituiscono veri e propri osservatori
privilegiati delle dinamiche della diffusione dell’italiano nel mondo. È proprio in ragione di tale
funzione che il MIUR ha istituito nel 2001 presso l’Università per Stranieri di Siena un Centro di
eccellenza della ricerca per attuare la funzione di un Osservatorio linguistico permanente dell’i-
taliano diffuso fra stranieri e delle lingue immigrate in Italia. Fra le molte indagini realizzate entro
il Centro ricordiamo la già menzionata Italiano 2000 e il ricordato progetto interuniversitario
MIUR – FIRB (i FIRB sono le più rilevanti azioni di ricerca sostenute a livello nazionale dal MIUR)
sui giovani discendenti dei nostri emigrati. Entro tale progetto è stata realizzata, in occasione
del 150° anniversario dell’Unità d’Italia, la Storia linguistica dell’emigrazione italiana nel mondo
(Roma, 2011), che costituisce la prima ricognizione generale sulla materia.
Le Università, dunque, sviluppano innanzitutto azioni di ricerca che permettono di acquisire
dati, fornire quadri interpretativi, delineare elementi utili per tutti i soggetti, soprattutto isti-
tuzionali, che hanno la responsabilità di promuovere le strategie di sviluppo della posizione
dell’italiano nel mondo. Con le azioni di ricerca gli Atenei collocano sempre di più anche la
nostra lingua come oggetto di studio entro il dibattito internazionale sul mercato delle lingue
e sulle politiche, soprattutto comunitarie, per il plurilinguismo.
Il secondo grande nucleo di tematiche che vede impegnate le Università è costituito dalla for-
mazione. Citavamo i profondi cambiamenti del sistema universitario italiano in questi ultimi
anni. Grazie al D.M. 109/1999 è stato possibile attivare, per la prima volta nella storia del nostro
Stato, corsi di laurea e di laurea magistrale per creare la figura – laureata – dell’insegnante di
italiano agli stranieri, e per promuovere le altre figure professionali necessarie a sostenere
l’industria culturale della nostra lingua: valutatori, progettisti di materiali didattici, esperti di
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tecnologie didattiche applicate all’insegnamento dell’italiano, esperti di formazione on-line,
tutor on-line. Lo ha ricordato la collega Rettore dell’Università per Stranieri di Perugia, Prof.ssa
Stefania Giannini: non basta essere nativo italiano per essere un insegnante – un professionista
– di italiano agli stranieri. Proprio le due Università per Stranieri di Siena e Perugia sono state le
prime a attivare tali corsi di laurea, e a proseguire il percorso formativo con master, dottorati e
corsi di alta formazione che, creando figure specializzate, colmano il divario fra il nostro sistema
a sostegno della presenza dell’italiano nel mondo e quello delle altre lingue. ‘Manca Cambridge
in Italia’, ha affermato una valente professoressa senese, Monica Barni, per dire che non manca
una città o una università, ma che manca all’italiano un articolato sistema di figure professionali
capaci di alimentare un solido sistema di imprenditoria culturale capace di mettere a frutto
le loro competenze per creare valore culturale e economico investendo sulla lingua-cultura
italiana.
Oltre ai percorsi formativi innovativi i cambiamenti strutturali del nostro sistema universitario
hanno dato luogo a una attività che ha avuto diverse ricadute positive: soprattutto, i tirocini e
gli stage formativi curricolari. Per legge, ogni corso di laurea deve prevedere obbligatoriamente
attività di tirocinio curricolare, e dopo la laurea, quindi anche entro le lauree magistrali, attività
di stage nei settori di potenziale occupazione lavorativa degli studenti. È in questo quadro che
la CRUI – Conferenza dei Rettori delle Università Italiane ha sottoscritto con il MAE un accordo
per l’invio di tirocinanti presso le nostre istituzioni all’estero. L’Università per Stranieri di Siena
ha sottoscritto con il MAE un ulteriore accordo per inviare i tirocinanti e gli stagisti futuri inse-
gnanti di italiano a svolgere le rispettive attività presso gli Istituti Italiani di Cultura: tale ini-
ziativa ha riscosso un notevole successo, che conforta nel progettare di estenderla agli altri
soggetti che operano all’estero. Gli stage e i tirocini hanno anche visto il sostegno notevole
della Regione Toscana, che sta attualmente progettando un altro tipo di azione, stavolta entro
il progetto GiovaniSì, a sostegno della mobilità studentesca Erasmus: tali giovani hanno solida
preparazione di base; con il tirocinio possono, da un lato, aiutare nell’insegnamento dell’ita-
liano nelle sedi all’estero e, dall’altro, acquisire un’esperienza che tornerà utile ai fini dell’inseri-
mento nel mondo del lavoro.
Il terzo ambito che vede impegnate le Università è quello dell’internazionalizzazione. Anche
stavolta le due Università per Stranieri giocano un ruolo centrale. Penso innanzitutto all’azione
svolta entro il progetto Marco Polo – Turandot, che, frutto di un accordo intergovernativo, mira
a favorire l’accesso degli studenti cinesi entro le Università e le istituzioni Afam-Alta formazione
artistica e musicale. Le due Università per Stranieri hanno realizzato il sillabo per l’insegna-
mento e i requisiti minimi per le azioni di accoglienza degli studenti cinesi; insegnano, poi,
direttamente l’italiano per un periodo di non meno di sei mesi precedente all’ingresso degli
studenti negli Atenei di destinazione. Proprio gli studenti cinesi e, più in generale, quelli pro-
venienti dalle aree a forte sviluppo economico stanno diventando i principali pubblici dell’ita-
liano, almeno per l’Università per Stranieri di Siena.
Seminario sulla diffusione della lingua e cultura italiana all’esteroRoma, 6 dicembre 2012
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L’impresa delle certificazioni di italiano come L2 si configura come un’ulteriore opportunità
per la diffusione dell’italiano nel mondo. I numeri crescenti, che ormai raggiungono le diverse
decine di migliaia di candidati all’anno, testimoniano dell’impegno per garantire la qualità sul
piano dei presupposti teoretici e metodologici delle diverse certificazioni, che hanno la propria
identità sul piano scientifico, metodologico, della validazione dei test, su quello dell’etica. Le
imprese certificatorie in più richiedono personale altamente qualificato, la cui formazione sin
dall’inizio, ovvero dal 1992, è ricaduta totalmente ed esclusivamente sugli Enti certificatori. La
recente costituzione dell’Associazione CLIQ – Certificazione di Lingua Italiana di Qualità è un
ulteriore segno della volontà degli Enti certificatori di promuovere la qualità in questo settore,
fuori da visioni unificanti che non hanno fondamento né scientifico né politico-linguistico.
In sintesi, il sistema universitario italiano giova un ruolo importante per l’italiano nel mondo;
al suo interno le due Università per Stranieri sono punti di riferimento importanti per la ricerca
scientifica e per la formazione, svolgendo una funzione di servizio all’intero sistema universi-
tario e al Paese.
Lingua e imprese
Proprio ‘Lingua e imprese’ si intitola un progetto finanziato dalla Regione Toscana e realizzato
dall’Università per Stranieri per promuovere i livelli di plurilinguismo e, perciò, di internaziona-
lizzazione del sistema produttivo regionale. L’italiano entra anche in tale partita, come lingua
da insegnare ai lavoratori immigrati per la funzionalità del lavoro; ma l’italiano è anche lingua
che è studiata nel mondo perché consente di lavorare con le imprese italiane. La grave carenza
nelle lingue straniere che contraddistingue la società italiana si riverbera anche sul sistema pro-
duttivo, limitando la sua capacità di raggiungere i mercati stranieri: non si creda che l’inglese,
lingua della comunicazione internazionale, sia così diffuso fra i quadri delle imprese piccole e
piccolissime a livelli tali da consentire loro di stabilire contatti internazionali! Così, è da salu-
tare positivamente la scelta di non pochi stranieri di avvicinarsi allo studio dell’italiano per fini
professionali, lavorativi: Italiano 2000 quantifica tale fascia nel 25% del totale di coloro che nel
mondo studiano l’italiano. Come abbiamo già rappresentato in un convegno organizzato nel
2008 dall’Istituto Italiano di Cultura di Bruxelles, la grande crisi economica di questi anni non ha
intaccato la posizione dell’italiano; al contrario ha esaltato la sua capacità di essere lingua ‘non
di massa’, e dunque di permettere di avere maggiori possibilità di spendibilità a livello lavora-
tivo nei settori specifici dove l’Italia eccelle e con i quali lavorano gli stranieri.
Ancora molto, però, riteniamo che si debba fare per sviluppare e concretizzare un approccio di
‘industrializzazione della lingua-cultura italiana’. Questa, come ricordava Giuseppe Ungaretti
in un sua lettera dell’inizio degli anni Trenta, apre la strada all’economia e alla società italiana
nel mondo, al contrario di quanto avviene per altre lingue-culture, che seguono gli eserciti e le
economie. Si tratta, allora, per l’italiano e per il nostro sistema delle imprese di un legame che
gli stranieri vedono molto chiaramente: i nostri manufatti, i prodotti del nostro sistema delle
imprese sono scelti perché testimoniano i valori identitari profondi e migliori della nostra storia
Seminario sulla diffusione della lingua e cultura italiana all’estero Roma, 6 dicembre 2012
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culturale, del nostro modello di vita: gusto estetico, creatività, pluralismo, generosità. È davvero
un peccato, però, che ancora non si riesca a cogliere, forse nemmeno fra la grande maggio-
ranza degli imprenditori, questo legame, chiaro invece a chi è più in contatto con l’estero e
soprattutto chiaro agli stranieri. Industrializzare, sviluppare un approccio di industrializzazione
della nostra lingua-cultura nel mondo significa investire in questo legame, nella sicurezza che
tale investimento produrrà un forte ritorno in termini di valori culturale e economico. Significa
mandare costantemente in parallelo queste due dimensioni in ogni progetto strategico,
coinvolgendo le nostre comunità emigrate, dando loro il senso che la lingua-cultura italiana
è un valore aggiunto prezioso per le attività professionali dei giovani discendenti. Con tale
approccio si ha anche la possibilità di stabilire legami più intensi fra il nostro sistema produttivo
e le comunità di origine italiana, queste potendo davvero svolgere la funzione di mediazione
per la diffusione del nostro sistema produttivo nel mondo.
Lingua e economia vanno viste, almeno nel nostro caso, come inscindibilmente legate: va fatto
uno sforzo da parte di tutti i soggetti che vi operano (ministeri, imprese, università, comunità
italiane nel mondo) per rendere effettivamente, concretamente operativo tale legame, a creare
un innovativo approccio di industrializzazione della nostra lingua-cultura. Ciò vuole anche dire
investire politicamente, in Italia, su tale nesso, sostenendo lo sviluppo di una vera, forte, solida
industria nazionale della lingua: ci sono i pubblici, ci sono le potenzialità anche per un forte
rendimento economico e per creare posti di lavoro a elevata qualificazione, cosa, questa, che
non mi sembra secondaria in questo nostro momento di crisi che colpisce duramente le spe-
ranze dei nostri giovani.
Conclusioni
Mi sia permessa una sola considerazione conclusiva: il ricordo di un fatto storico, che porto a
testimonianza del destino internazionale della nostra lingua.
Nel 1588 il Granduca di Toscana Ferdinando I istituì a Siena la prima cattedra di lingua ita-
liana (‘tosca favella’) mai istituita in precedenza in una Università della Penisola. All’apparenza
si tratta di un fatto di cronaca accademica, che si carica, però, di un valore simbolico che lo tra-
sforma in un importante fatto storico – per la storia della nostra lingua-cultura – se si considera
che tale cattedra era destinata agli studenti tedeschi. Dal suo primo inizio come lingua oggetto
di studio scientifico e di insegnamento accademico l’italiano assume la forma di una lingua
per stranieri, di stranieri! Il suo destino internazionale è, allora, inscritto in tale atto fondativo.
Intendo destino in due sensi: come ‘vocazione’ storicamente determinata dalla plurisecolare
nostra storia culturale; come ‘missione’, in quanto i valori che la storia ci ha consegnato possono
essere porti, offerti agli stranieri che cercano sì l’innovazione del mondo globale, la tecnologia
universale, ma che cercano anche valori identitari che completino, che integrino quelli global-
mente diffusi. Valori di un territorio fatto da mille territori; di una lingua fatta da mille idiomi; di
una ‘Italia delle Italie’, dove gusto, buon gusto, creatività, umanità, passato e presente possono
dare senso alla ricerca del senso.
Seminario sulla diffusione della lingua e cultura italiana all’esteroRoma, 6 dicembre 2012
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Mirko TAVONI, Presidente del Consorzio interuniversitario ICoN - Italian Culture on the Net
Buongiorno. Siamo molto lieti di essere presenti a questo importante seminario che nella sua
stessa costituzione incarna il principio di sinergia e di collaborazione che è stato un Leitmotiv
delle prime relazioni; lo incarna nelle istituzioni che hanno congiuntamente organizzato questo
seminario e lo incarna nell’ampia gamma degli invitati che include tutti i soggetti che agiscono
su questo teatro.
Il mio intervento di presentazione del Consorzio interuniversitario ICoN sarà strettamente
rispondente allo scopo che gli organizzatori hanno prospettato: cioè sarà una semplice presen-
tazione delle attività di questo consorzio; non mi estenderò su riflessioni culturali o strategiche
ma userò questo breve spazio per noi prezioso per informare tutti su ciò che il Consorzio ICoN fa.
Con questa presentazione contiamo di dare al seminario un contributo concreto: parleremo
infatti di risorse che sono a disposizione di tutti i soggetti qui presenti e che possono essere utili
per potenziare la loro concreta attività di insegnamento dell’italiano all’estero. Prima di iniziare
questo rapido panorama, consentitemi però di manifestare il nostro forte senso di sintonia con
le parole d’ordine sinergia, interrelazione, coordinamento, fare sistema, fare massa critica, che
molto giustamente hanno connotato l’impostazione del seminario.
ICoN è sinergico per propria natura e costituzione, trattandosi di un consorzio di diciannove uni-
versità che opera normalmente attingendo da queste università le varie competenze secondo
la vocazione di ciascuna università per realizzare iniziative che probabilmente ogni singola
università, da sola, non potrebbe realizzare. Con lo stesso spirito di sinergia che ci anima per
natura al nostro interno, noi ci muoviamo sempre, in tutte le iniziative che cerchiamo di fare,
cercando sempre di farle con altri, insieme con i quali le iniziative possono essere più rilevanti
e funzionali.
Seminario sulla diffusione della lingua e cultura italiana all’estero Roma, 6 dicembre 2012
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Qui introduciamo
alcune frasi pronun-
ciate dal Ministro
Terzi in Parlamento il
7 novembre scorso:
sono frasi di grande
apertura e riconosci-
mento della impor-
tanza dell’e-learning
per potenziare l’in-
segnamento dell’ita-
liano all’estero.
Qui abbiamo una
dichiarazione del
Ministro Profumo
che ribadisce con-
cetti molto simili
per quanto riguarda,
in generale, l’intro-
duzione di nuove
tecnologie e della
dimensione digitale
nell’insegnamento
in Italia. Abbiamo
messo per prime
queste dichiara-
zioni, che del resto
abbiamo già sentito
risuonare più volte anche stamattina in quest’aula, perché la specificità del Consorzio inter-
universitario ICoN - Italian Culture on the Net è quella di promuovere lo studio della lingua
e della cultura italiana all’estero in modalità e-learning: è questo che distingue questo ente
giovane, che esiste solo da dodici anni, dalle altre prestigiose e storiche istituzioni qui presenti.
“[…] organizzare all'estero corsi scolastici di lingua italiana online, quindi valorizzando tutti gli strumenti che il web, Internet, ci consentono di avere, è pienamente encomiabile e il Governo ne condivide le finalità.”
“L'insegnamento on line – ha osservato Terzi – viene sempre più diffusamente realizzato da istituzioni scolastiche, università ed istituti italiani di cultura. […] È una linea che stiamo seguendo insieme al Ministero della Pubblica Istruzione.”
“[…] Il Governo, nella sua collegialità, è convinto che questa sia una delle strade da percorrere per le importanti prospettive che apre per il nostro Paese.”
(G. Terzi, Aula Montecitorio, 7 novembre 2012)
Insegnare l’italiano on line
“L'istruzione interattiva è come il passaggio dal manoscritto al libro stampato. Un balzo in avanti dell'educazione. Un metodo democratico per allargare la base del sapere e selezionare meglio i giovani.
Negli Usa alcuni corsi hanno registrato 120 mila iscrizioni. Credo che un'iniziativa di portata simile a quella americana debba raggiungere almeno una dimensione europea per funzionare bene. Il punto di partenza esiste già: è il progetto 'Erasmus for all' previsto dall'ottavo programma quadro.”
(F. Profumo, La Repubblica, 7 maggio 2012)
Insegnare l’italiano on line
Seminario sulla diffusione della lingua e cultura italiana all’esteroRoma, 6 dicembre 2012
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ICoN è questo, in poche parole, e rapidamente cercherò di passare in rassegna che cosa ha fatto
in questi dodici anni, per concludere poi presentando i contenuti essenziali di una convenzione
che ICoN è molto soddisfatto di aver sottoscritto con il Ministero degli Esteri pochi mesi fa.
Che cosa è ICoN
Che cosa ha fatto ICoN in questi 12 anni
Corso di laurea in Lingua e cultura italiana
Master
Corsi di lingua italiana
Progetti europei
Formazione
Convenzione MAE - ICoN
Presentiamo l’esperienza ICoN
ICoN è un consorzio di diciannove uni versità nato nel 1999 con lo scopo di promuovere e
diffondere la lingua e la cultura dell’Italia nel mondo attraverso l’e-learning: qui abbiamo gli
stemmi delle Università socie.
ICoN è un consorzio di 19 università italiane nato nel 1999 con
lo scopo di promuovere e diffondere la lingua e la cultura
dell'Italia nel mondo attraverso l’e-learning.
Che cosa è ICoN
Seminario sulla diffusione della lingua e cultura italiana all’estero Roma, 6 dicembre 2012
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Che cosa ha fatto ICoN in questi dodici anni: la cosa centrale che ha fatto è stata di erogare per
conto delle Università socie un Corso di laurea in Lingua e cultura italiana per stranieri riser-
vato a stranieri o a italiani residenti all’estero, erogato completamente in modalità e-learning e
che si articola in questi quattro curricula: didattico-linguistico, storico-culturale, letterario, arti-
musica e spettacolo. Di questi, prevedibilmente, il più frequentato è il primo, perché la maggior
parte dei nostri studenti, che sono studenti per lo più in età adulta che già lavorano, lavorano
essi stessi nel campo dell’insegnamento dell’italiano all’estero.
Che cosa ha fatto ICoN in questi 12 anni
Seminario sulla diffusione della lingua e cultura italiana all’esteroRoma, 6 dicembre 2012
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Sono stati prodotti moduli didattici che coprono tutta la gamma della lingua e della cultura
italiana, prodotti da studiosi delle Università socie e identificati con un codice ISBN (il che rende
ciascuno di essi tecnicamente una pubblicazione) e dotati di apparati interattivi multimediali.
Aperto agli italiani residenti all’estero
Corso di laurea in Lingua e cultura italiana per stranieri
Si articola in quattro
curricula:
didattico-linguistico
storico-culturale
letterario
arti-musica-spettacolo
Oltre 360 moduli didattici identificati
con codice ISBN.
Ogni modulo è articolato in unità di
contenuto autonomo ed è corredato da:
test di autovalutazione
risorse didattiche multimediali
(schede, voci enciclopediche,
testi critici, antologie letterarie,
immagini, animazioni, glossari,
mappe concettuali, audio, video)
Corso di laurea in Lingua e cultura italiana per stranieri
Materiali didattici
Seminario sulla diffusione della lingua e cultura italiana all’estero Roma, 6 dicembre 2012
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La didattica avviene in classi virtuali dove i tutori animano lo studio dei materiali, l’interazione
fra pari, l’interazione con i docenti all’interno di classi virtuali in ciascuna delle quali si trova una
ventina di studenti sparsi per tutti gli angoli del mondo. Ci sono risorse come una enciclopedia,
un museo virtuale. Qui qualche testimonianza che devo sorvolare: sono alcuni studenti, alcuni
laureati – come vedete una insegnante, una traduttrice – che esprimono il loro giudizio di sod-
disfazione su quanto hanno ricevuto avendo avuto l’opportunità di conseguire una laurea ita-
liana continuando a risiedere nei loro paesi.
“Innanzitutto voglio ringraziare ICoN con i suoi docenti, amministrativi e tecnici, siete riusciti a creare, esportare ed a far funzionare qualcosa di unico per un paese come l'Italia. Certo non come le belle idee italiane che purtroppo spesso tali restano, una università online che fa invidia alle migliori esistenti al mondo, ed inoltre, con tuition bassissime! “
(Giuseppe Meli – Insegnante – Germania) “Il corso di laurea ICoN richiede impegno e, allo stesso tempo, rappresenta un’esperienza di grande arricchimento. Ho trovato un’ottima organizzazione dal punto di vista della didattica, con tutori sempre disponibili ad aiutare e sostenere gli studenti. Anche l’interazione virtuale con gli altri corsisti è stata molto interessante. La formazione ricevuta è stata importante per il mio lavoro di interprete e traduttrice italiano-spagnolo, sia per gli aspetti linguistici che per quelli culturali.”
(Pilar Garcia – Traduttrice - Messico)
Corso di laurea in Lingua e cultura italiana per stranieri
Testimonianze di studenti
Ecco qui una studentessa dall’Ambasciata d’Italia ad Hanoi.
“Colgo l'occasione per ringraziare ICoN per avermi offerto questa opportunità di compiere un ciclo di studi che ho trovato interessantissimo; il mio ringraziamento va anche a tutti i tutori che mi hanno seguito durante questi tre anni, al relatore che mi ha supportato nella mia relazione finale ed infine un grazie a tutto lo staff ICoN che ha sempre prontamente risposto ad ogni mio dubbio e collaborato in maniera ottimale alla risoluzione di qualsiasi problema.”
(Anna Maria Salvini – Ambasciata d’Italia, Hanoi)
Corso di laurea in Lingua e cultura italiana per stranieri
Testimonianze di studenti
Seminario sulla diffusione della lingua e cultura italiana all’esteroRoma, 6 dicembre 2012
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Questo è il planisfero appeso nell’ufficio della nostra responsabile per le relazioni internazio-
nali; tutti quei puntini sono bandierine che segnalano la presenza di un partner didattico, cioè
di una istituzione culturale locale – sono 280 in una ottantina di paesi del mondo – con la col-
laborazione delle quali riusciamo a erogare il Corso di laurea.
Partner didattici Planisfero
Questi partner didattici, divisi per tipologie, sono costituiti da rappresentanze diplomatiche
italiane, Istituti Italiani di Cultura, Università, Scuole di italiano all’estero, Comitati della Dante
Alighieri, Associazioni ed Enti Gestori.
Partner didattici Partner didattici Tipologia
Seminario sulla diffusione della lingua e cultura italiana all’estero Roma, 6 dicembre 2012
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Questo è il diploma di laurea rilasciato dal Rettore dell’Università di Pisa – che è capofila del
Consorzio – a nome di tutte le altre università che nel diploma sono graficamente rappresen-
tate dai loro stemmi.
Il diploma di laurea
Abbiamo poi aperto una fase di iniziative post-laurea consistenti in una serie di Master di I e
di II livello che, a differenza del corso di laurea, sono più piccoli ed erogati soltanto da alcune
università del consorzio sulla base della loro specifica vocazione.
Progettato dalle Università per Stranieri di Perugia e di Siena. Articolato in quattro fasi: e-learning, stage nel paese di residenza del candidato, attività in presenza (Siena), tesi.
I Master
Didattica della lingua e della letteratura italiana
Seminario sulla diffusione della lingua e cultura italiana all’esteroRoma, 6 dicembre 2012
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Il primo è il Master in Didattica della Lingua e della Letteratura italiana progettato dalle due
Università per Stranieri, articolato in varie fasi di cui una in presenza fin qui svolta presso l’Uni-
versità per Stranieri di Siena. Questo master differisce da altri master sull’italiano L2 perché ha
una parte consistente di didattica della letteratura concentrata sulla letteratura italiana con-
temporanea.
Progettato dalle Università per Stranieri di Perugia e di Siena. Articolato in quattro fasi: e-learning, stage nel paese di residenza del candidato, attività in presenza (Siena), tesi.
I Master
Didattica della lingua e della letteratura italiana
C’è poi il Master in Traduzione specialistica dall’inglese verso l’italiano erogato da Bari, Genova
e Pisa con una forte caratterizzazione tecnico-scientifica: ecco i domini più richiesti nel mondo
della traduzione professionale. Accanto alle competenze accademiche tratte da queste tre uni-
versità, il master si avvale di competenze di traduttori professionisti e di traduttori dirigenti
della DGT, la Direzione Generale della Traduzione della Commissione Europea.
Seminario sulla diffusione della lingua e cultura italiana all’estero Roma, 6 dicembre 2012
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Domini
Diritto
Economia
Informatica e localizzazione
Tecnologia
Ambiente ed energia
Biomedicina e discipline del
farmaco
I Master
Traduzione specialistica inglese > italiano
Poi c’è il Master in Tutela e valorizzazione del patrimonio culturale italiano all’estero promosso
dall’Università di Parma in collaborazione con Milano e Torino e infine si è aggiunto quello in
Comunicazione pubblica e politica proposto dall’Università di Pisa.
Aree disciplinari
Storia
Produzione documentaria e artistica
Organizzazione automatizzata e
gestione di archivi documentari e
collezioni d’arte
Software di catalogazione del Ministero per i Beni e le Attività Culturali, information retrieval, editoria digitale, siti web culturali.
I Master
Tutela e valorizzazione del patrimonio culturale
italiano all’estero
Seminario sulla diffusione della lingua e cultura italiana all’esteroRoma, 6 dicembre 2012
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Passiamo al settore Lingua.
ICoN Lingua
Fin dall’inizio, ICoN si è dotato di alcuni corsi di lingua di italiano L2 che all’origine sono stati rea-
lizzati, rispettivamente e separatamente, dalle Università per stranieri di Perugia, per stranieri di
Siena e dall’Università di Roma Tre. Dopo diversi anni di onorato servizio, questi corsi sono sosti-
tuiti da una nuova mandata di corsi che differiscono dai precedenti perché sono stati progettati
in modo rigorosamente unitario da un comitato scientifico-didattico formato da specialisti di
sei Università socie,
per iniziativa e con
il coordinamento
di ICoN. Abbiamo
voluto introdurre
questa diapositiva
sul mercato inter-
nazionale dei corsi
di lingua in cui si
vedono i principali
prodotti commer-
ciali che includono
nella loro offerta
plurilingue un corso
di italiano L2: da
Rosetta Stone a Tell
ICoN Lingua
Il mercato internazionale
Seminario sulla diffusione della lingua e cultura italiana all’estero Roma, 6 dicembre 2012
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me More a qualcun altro, per segnalare che con questo nostro investimento abbiamo voluto
produrre una risorsa molto valida che a un certo punto diventi anche un vero e proprio pro-
dotto che possa competere su questo mercato aiutando il Consorzio ad finanziarsi virtuosa-
mente.
Come si vede, sono corsi che hanno delle specificità: sono – per la loro origine – universitari,
sono creati in italiano e per l’italiano, non adattati da altre lingue, e sono basati sull’idea del
learning by doing, superando la vecchia concezione dell’e-learning come modalità puramente
trasmissiva. Sono fruibili in aule virtuali collaborative, personalizzabili e con una ricchezza –
anche quantitativa – di contenuti ineguagliata.
ICoN Lingua
Corsi creati in italiano e per l’italiano,
NON adattati da altre lingue
Basati sul fare (learning by doing),
superano la vecchia concezione dell’e-
learning come modalità trasmissiva
Fruibili in aule virtuali collaborative
Personalizzabili rispetto ai bisogni
dell’utenza
Più attività didattiche di tutti gli altri
corsi di italiano sul mercato: circa 120
ore per ogni livello
Prezzo concorrenziale
Ecco i sei corsi corrispondenti ai sei livelli del Quadro Comune Europeo di Riferimento per le
Lingue, accanto a ognuno dei quali è indicato il gruppo di ricerca in una Università socia di ICoN
che ha realizzato quel corso, ripeto, all’interno di un progetto concordato e unitario. Si vede che
ha un ruolo di primo piano, fra queste, l’Università per Stranieri di Siena.
Seminario sulla diffusione della lingua e cultura italiana all’esteroRoma, 6 dicembre 2012
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Livello base - A1 (Università per Stranieri di Siena)
Livello intermedio I - B1 (Università per Stranieri di Siena)
Livello avanzato I - C1 (Università di Roma Tre)
Livello principianti - A2 (Università di Padova)
Livello intermedio II - B2 (Università per Stranieri di Siena)
Livello avanzato II - C2 (Università Statale di Milano)
Moduli integrativi per studenti cinesi, arabi, spagnoli (Università di Napoli «L’Orientale»)
Sessioni di fonetica (Università di Pisa)
ICoN Lingua
I corsi sono fruibili in autoapprendimento o in aula virtuale, attraverso una piattaforma didattica
specificamente progettata per l’apprendimento linguistico, e hanno una grandissima ricchezza
e varietà di materiali linguistici. Un altro punto di forza è che c’è un rigoroso tracciamento di
tutte le attività dello studente: il che – come sa chi si occupa di e-learning – è un importantis-
simo valore aggiunto. Sono corsi concepiti per una varietà di utenti: utenti individuali, che li
possono studiare in autoapprendimento o con l’aiuto di un tutorato online, ma non solo. I corsi
infatti sono pensati – desidero sottolineare questo aspetto in questa sede – per essere messi
a disposizione di qualunque scuola che insegni italiano all’estero e che può integrarli come
risorsa didattica all’interno dei propri programmi formativi.
Fruibili in autoapprendimento
o in aula virtuale, attraverso
una piattaforma didattica
specificamente progettata per
l’apprendimento linguistico.
Oltre 1000 attività didattiche
interattive, 40 diversi tipi di
esercizi e un ricco corredo di
audio, video, immagini e testi
con parlanti madrelingua.
ICoN Lingua
Seminario sulla diffusione della lingua e cultura italiana all’estero Roma, 6 dicembre 2012
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Tracciamento
dettagliato di tutte le
attività dello studente
Monitoraggio degli
accessi e dei tempi di
visita delle pagine
Possibilità per il tutor
di esportare tutti i dati
ICoN Lingua
I corsi di lingua sono stati fino a ora sperimentati da sette università socie di ICoN, previa forma-
zione di 46 tutori, e sono stati sperimentati, nell’arco di un semestre, su 267 studenti stranieri in
mobilità, in visita presso queste università con risultati positivi.
Nel 2012 i corsi di lingua sono stati sperimentati dalle università
di:
Catania
Genova
Pisa
Milano
Napoli "L'Orientale"
Salerno
Stranieri di Siena
Sono stati formati 46 tutori.
Hanno frequentato i corsi 267 studenti stranieri in mobilità.
ICoN Lingua
Sperimentazione dei corsi
Seminario sulla diffusione della lingua e cultura italiana all’esteroRoma, 6 dicembre 2012
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Progetti in corso:
Accordo di partenariato con l’IIC e il Consolato di San Paolo:
per la diffusione dei corsi in Brasile e per la formazione di tutor in
loco.
La lingua italiana di oggi nella didattica L2:
corso di aggiornamento a distanza dedicato ai docenti argentini,
organizzato da ICoN in collaborazione con il Consolato Generale
d’Italia a Rosario (Argentina).
L’Italia dei territori, l’Italia del futuro:
corsi in blended learning di lingua e cultura italiana dedicati ai
cittadini finlandesi, organizzati da ICoN in collaborazione con l’IIC di
Helsinki.
ICoN Lingua
Progetti in corso
Generale a San Paolo per la diffusione dei corsi in Brasile e per la formazione di tutori in loco.
L’accordo si è esteso all’utilizzo dei corsi per la formazione linguistica di studenti brasiliani in
mobilità verso l’Italia, attraverso il centro CAPES.
per i trentini nel mondo”. La Provincia Autonoma di Trento è il nostro più antico commit-
tente: dal 2003 ci rinnova annualmente – evidentemente perché sono soddisfatti – l’affida-
mento di questi corsi di italiano offerti a 600 studenti in tutto il mondo.
ICoNLingua-Csf:
per la formazione linguistica degli studenti brasiliani in mobilità
verso l’Italia.
L’italiano in aula virtuale per i trentini nel mondo:
per la formazione linguistica di discendenti di trentini nel mondo.
Progetto FEI “Parole in città”:
per la formazione linguistica di migranti e per la formazione di
tutor online per il profilo migranti.
ICoN Lingua
Progetti in corso
Seminario sulla diffusione della lingua e cultura italiana all’estero Roma, 6 dicembre 2012
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Qualche anno fa il progetto ha vinto il Label Europeo. Qui c’è il giudizio di uno studente
trentino sull’esperienza compiuta, poi c’è ancora un altro giudizio e infine c’è il giudizio del
dottor Cesare Cornella, direttore dell’Ufficio Emigrazione della Provincia di Trento, in cui
espone le ragioni per le quali ci hanno scelto e continuano annualmente a sceglierci per
erogare questo servizio in crescita.
“[…] è particolarmente utile la modalità di studio ICoN; è sempre possibile trovare quelle due ore alla settimana per rallentare e, nella comodità del posto preferito, collegarsi, fare degli esercizi, partecipare al forum e così piacevolmente imparare. La difficoltà rimane sempre la stessa, il rischio di non darsi questo tempo minimo per ‘urgenze’ della vita quotidiana. Complimenti al Consorzio ICoN per la qualità dei corsi, la profusione di materiali e la cortese attenzione dei docenti. Per finire, un sentito Grazie alla Provincia di Trento per questo nuovo sforzo finanziario in favore dei trentini sparsi per il mondo. Sforzo che contribuisce a irrobustire il legame con il trentino e fa diventare l’emigrazione una ‘risorsa culturale ed economica’ come esprime nell’articolo 1 l’attuale legge sull’emigrazione.”
(Hugo Zurlo – studente ICoN del progetto trentini nel mondo)
ICoN Lingua
L’italiano in aula virtuale per i trentini nel mondo
“Voglio ringraziare tantissimo alla Provincia Autonoma di Trento per l’opportunità che mi ha dato di studiare l’italiano con ICoN e recuperare un po’ le mie radici. Sono riuscita a comunicare in Italia, nonostante gli errori che ancora faccio. Voglio continuare ad imparare italiano con l’ICoN; sono una appassionata di questa bellissima lingua. Voglio anche mettere in risalto il bel lavoro degli insegnanti ICoN, che mi hanno permesso di imparare in meno di due anni tutto ciò che conosco della lingua e cultura italiana.”
(Maristela Schiavoni – studente ICoN del progetto trentini nel mondo)
ICoN Lingua
L’italiano in aula virtuale per i trentini nel mondo
Seminario sulla diffusione della lingua e cultura italiana all’esteroRoma, 6 dicembre 2012
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“Le licenze vengono chieste da giovani della diaspora trentina che vogliono
frequentare l'università nel nostro Paese e da adulti che vogliono conoscere la
lingua italiana in quanto portatrice della cultura italiana. In un contesto globale
fortemente competitivo, questa circostanza ci onora e ci impegna a dare il
miglior servizio possibile. [...]
Dalla filiera sono usciti lo studente partito da Comodoro Rivadavia attrezzato da
ICoN a superare l'esame di conoscenza della lingua italiana propedeutico alla
frequenza dell'ateneo trentino e che è avviato alla carriera accademica negli Stati
Uniti e la traduttrice di Carlo Ginzburg in Argentina.
Sono solo i primi due esempi che vengono alla mente ma grande è il sistema di
relazioni -- dal commercio alla diplomazia, dalla cultura all'industria
manifatturiera ed ai servizi -- che la filiera integrata ICoN - studi superiori in Italia
ha instaurato e che darà frutto a tempo debito.”
ICoN Lingua
L’italiano in aula virtuale per i trentini nel mondo
(Cesare Cornella
Direttore dell’Ufficio emigrazione
della Provincia Autonoma di Trento)
Una rapidissima carrellata su alcuni progetti Europei:
-
dotto nel 2005-2006 in modalità e-learning.
Progetti europei
ELLEU – E-learning per le Lingue e le
Letterature Europee
Progetto cofinanziato
dalla Commissione
Europea DG Istruzione e
Cultura (2005-2006).
Modello collaborativo
per l’insegnamento delle
lingue e letterature
europee in e-learning.
Estensione dei rapporti Erasmus per mezzo di un campus virtuale.
-
menti didattici per l’insegnamento di lingue straniere tra cui l’italiano per bambini nelle
scuole elementari.
Seminario sulla diffusione della lingua e cultura italiana all’estero Roma, 6 dicembre 2012
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Progetti europei
FLaChi
è un progetto per l’insegnamento via radio ad assistenti familiari rumene
in Italia, in due edizioni.
Progetti europei
La.Le.Ra. -
Seminario sulla diffusione della lingua e cultura italiana all’esteroRoma, 6 dicembre 2012
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-
menti letterari e di informatica di alcune università italiane per realizzare una piattaforma
per l’accesso semantico ai contenuti culturali italiani nel web, che include un meta-motore
di ricerca su contenuti culturali italiani di qualità, ontologie, ecc.
Progetto FIRB
Piattaforma per l’accesso semantico ai contenuti
culturali italiani nel web
Un altro settore è la continua formazione di tutori: lo facciamo sia per le esigenze del Corso di
laurea sia per formare insegnanti di italiano all’estero.
Formazione dei tutor
Concludo illustrando i punti essenziali della convenzione che abbiamo sottoscritto nell’ottobre
scorso con il Ministero degli Esteri.
Seminario sulla diffusione della lingua e cultura italiana all’estero Roma, 6 dicembre 2012
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Convenzione MAE – ICoN 2012
Il Ministero degli Affari Esteri promuove la collaborazione scientifico-
didattica di ICoN:
con gli Istituti Italiani di Cultura (articoli 1-4)
con le Università all'estero in cui operino Lettorati di italiano
(articoli 5-7), particolarmente per l’organizzazione di corsi di
formazione, perfezionamento e aggiornamento destinati a
docenti e studiosi stranieri
con le scuole italiane all’estero, per integrare la didattica ICoN nei
percorsi formativi degli studenti (art. 8)
MAE promuove la collaborazione scientifico-didattica di ICoN con gli Istituti Italiani di Cultura,
con le università all’estero in cui esistono lettorati di italiano e con le scuole italiane all’estero
per cercare di integrare la risorsa didattica di ICoN nei percorsi formativi degli studenti, con le
istituzioni scolastiche italiane paritarie – e qui facendo specifico riferimento al decreto intermi-
nisteriale del 2003 che prevede la necessità di una idonea formazione per i docenti in servizio,
conseguibile anche attraverso tecnologie di formazione a distanza – e questo tocca una esi-
genza già sentita e manifestata da più oratori in questa mattinata.
Convenzione MAE – ICoN 2012
con le Istituzioni scolastiche italiane paritarie, con particolare
riguardo al D.I. 267/2752 art. 6 c. 4 del 14 febbraio 2003 che
prevede la necessità di una idonea formazione per i docenti in
servizio, conseguibile anche attraverso le tecnologie di formazione
a distanza (art. 9)
con progetti bilingui presso scuole straniere, per la formazione e
l'aggiornamento, anche attraverso tecnologie di formazione a
distanza, dei docenti locali (art. 9)
Seminario sulla diffusione della lingua e cultura italiana all’esteroRoma, 6 dicembre 2012
52
E infine nell’art. 11 il Ministero degli Esteri suggerisce, con una finalità sia di risparmio che di
qualificazione della spesa – parole che sono risuonate più volte in questo seminario – la pos-
sibile collaborazione di ICoN con l’offerta di corsi di lingua tradizionalmente erogata dagli Enti
Gestori.
Convenzione MAE – ICoN 2012
Infine, art. 11:
In una finalità sia di risparmio che di qualificazione della spesa,
alcune delle attività previste all'estero per gli scopi di cui al decreto
legislativo n. 297/1994, art. 636 (già legge 153/1971) possono
essere svolte anche a distanza a mezzo di moduli didattici
specificamente predisposti dal Consorzio interuniversitario ICoN,
ed erogati di intesa con i tradizionali Enti Gestori.
Al fine di quanto indicato dal precedente comma,
nell'assegnazione dei contributi governativi agli Enti Gestori dei
Corsi di Lingua e cultura, si terrà conto della capacità degli Enti
stessi di operare in condizioni di partenariato con il Consorzio
interuniversitario ICoN.
In questa ultima diapositiva sottolineo l’ultima cosa, la più importante che ci sta a cuore: cioè che
tutti i soggetti impegnati nell’insegnamento della lingua e della cultura italiana sono per noi inter-
locutori importantissimi. Ci auguriamo quindi che Istituti Italiani di Cultura, Scuole, Associazioni,
Enti Gestori,
vogliano avvalersi
sempre più delle
competenze, dei
servizi e dei prodotti
didattici di ICoN per
tre buone ragioni,
riteniamo: perché
sono stati realizzati
da una struttura
universitaria com-
petente, dinamica,
ricca di esperienze
internazionali e
ovviamente priva
Per concludere
Tutti i soggetti impegnati nell’insegnamento della lingua e cultura
italiana all’estero sono per noi interlocutori importantissimi.
Ci auguriamo che IIC, scuole, associazioni, enti gestori vogliano
avvalersi sempre più delle competenze, dei servizi e dei prodotti
didattici di ICoN:
perché sono stati realizzati da una struttura interuniversitaria
competente, dinamica, ricca di esperienze internazionali e
senza finalità di lucro
perché sono personalizzabili secondo le loro specifiche
esigenze
perché possono aiutarli molto a potenziare e rendere più
attrattive tutte le loro attività didattiche.
Seminario sulla diffusione della lingua e cultura italiana all’estero Roma, 6 dicembre 2012
53
di finalità di lucro; perché sono personalizzabili secondo le loro specifiche esigenze; e perché
possono aiutarli molto a potenziare e rendere più attrattive tutte le loro attività didattiche. Per
questo, ritengo che questa rassegna puramente informativa sia pertinente alle specifiche fina-
lità che questo seminario si assegna. Grazie.
Susanne HÖHN, Direttrice Goethe Institut di Roma
Presentazione Power Point, fare doppio clic per aprire
Seminario sulla diffusione della lingua e cultura italiana all’estero Roma, 6 dicembre 2012
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Sergio RODRÍGUEZ LÓPEZ - ROS, Direttore dell’Istituto Cervantes di Roma
Buongiorno,
Anche se il mio intervento sarà molto breve, vorrei innanzitutto ringraziare il Ministero degli
Affari Esteri per il suo interesse nei confronti della lingua spagnola, della cultura della Spagna e
del patrimonio linguistico e culturale comune a tutti i paesi ispanoamericani, così come per la
particolare attenzione dedicata all’Istituto Cervantes, la cui sede romana ho l’onore di dirigere.
Il regno di Spagna trova nella lingua spagnola uno dei suoi principali valori per la promozione
all’estero. Come credo sia noto a tutti, oggi gli ispanofoni sono più di
500 milioni al mondo, di cui solo 40 milioni cittadini spagnoli. Geograficamente sono distri-
buiti maggiormente in Europa, America centrale e Sudamerica. Vale la pena inoltre sottolineare
l’imminente avvio dell’Osservatorio della Lingua Spagnola negli Stati Uniti, dove lo spagnolo
registra una crescita esponenziale.
Questi dati posizionano la nostra lingua al terzo posto tra le lingue più parlate al mondo, dopo il
cinese e l’inglese; è la seconda lingua più studiata come seconda lingua dopo l’inglese e anche
la seconda lingua in ambito economico dopo l’inglese.
Solo in Italia è stata scelta da 10.525 alunni di scuola elementare e 449.522 alunni di scuola
secondaria, grazie indubbiamente ai rapporti storici, alla prossimità geografica, all’affinità
Seminario sulla diffusione della lingua e cultura italiana all’esteroRoma, 6 dicembre 2012
62
culturale e ai vincoli economici. Lo spagnolo è la quarta lingua straniera più studiata nei licei
italiani, secondo dati del 2007, mentre è al terzo posto nella scuola media, dove il numero di
studenti è raddoppiato tra il 2004 e il 2007. Il 41% degli alunni si concentra nelle zone di Roma
e Milano.
L’Istituto Cervantes è un ente autonomo del Governo spagnolo, creato dalla Legge 7/1991, il
cui fine è la diffusione dello spagnolo e delle lingue co-ufficiali in Spagna (catalano, basco e
gallego), così come la promozione della cultura spagnola e del patrimonio culturale comune
ai paesi ispanoamericani. È presente in 86 città di 43 paesi nei cinque continente, sebbene la
sua distribuzione risponde maggiormente a criteri di tipo geopolitico e geo-economico, il che
rinforza il ruolo della nostra istituzione come pilastro della diplomazia spagnola. La sua sede
centrale si trova a Madrid, con una sede distaccata ad Alcalá di Henares, città che ospita la
quarta università più antica della Spagna, fondata nel 1499.
L’Istituto Cervantes è ascritto al Ministero di Affari Esteri e Cooperazione, è ha la considerazione
di Segretaria di Stato, anche se per adempiere alle sue mansioni si coordina con il Ministero
di Istruzione, Cultura e Sport. Le sedi dell’Istituto Cervantes sono di tre tipi: i “centri” (presenza
didattica e culturale con sede propria), le “aule” (sedi più piccole, normalmente ospitate da
un’università, con un insegnante quale referente) e le “estensioni” (sedi di piccole dimensioni
che dipendono da un centro ma si trovano in un’altra località).
La nostra istituzione conta inoltre con un Sistema di Accreditamento di Centri Didattici specia-
lizzati in lingue straniere che ha consentito a più di 150 centri che offrono corsi di spagnolo in
tutto il mondo di ottenere l’accreditamento. Questo riconoscimento garantisce l’adempimento
dei requisiti, condizioni e indicatori di attività da parte dei centri accreditati e si rende visibile
grazie a un certificato che richiede la firma di un contratto di accreditamento.
Per adempiere alle sue mansioni, l’Istituto Cervantes conta con un Comitato presieduto da Sua
Maestà il Re, e formato dal Presidente del Governo quale presidente esecutivo e da una serie
di vocali nominati tra rappresentanti di spicco delle lettere e della cultura spagnola e ispano-
americana, delle Accademie Reali, delle università e di altre istituzioni sociali così come dagli
scrittori vincitori del Premio Cervantes. In un secondo livello, più operativo, si trova il Consiglio
di Amministrazione, che approva i piani strategici dell’Istituto. È composto da rappresentanti
di tre ministeri: Affari Esteri e Cooperazione; Istruzione, Cultura e Sport; e Finanze, così come da
alcuni membri del Comitato.
La gestione quotidiana dell’Istituto Cervantes è compito di un direttore, con la qualifica di
Segretario di Stato, e di un segretario generale, con qualifica di Sottosegretario, che contano
con la collaborazione e consulenza di sei direttori di area. Le più significative sono la direzione
amministrativa, accademica e culturale.
A livello locale ogni centro ha un direttore, assimilato a direttore generale e con passaporto
diplomatico, i cui principali collaboratori sono un responsabile amministrativo, uno didattico,
uno culturale e uno per la biblioteca. Le denominazioni possono variare da un paese all’altro
ma le mansione sono sempre le stesse. I direttori dei centri sono autonomi e rendono conto al
Seminario sulla diffusione della lingua e cultura italiana all’estero Roma, 6 dicembre 2012
63
segretario generale mentre i responsabili locali fanno altrettanto con i direttori della loro area
nella sede centrale.
Per adempiere ai suoi fini l’Istituto Cervantes contò nel 2012 con un budget pari a 97 milioni di
euro, provenienti in un 83% da stanziamenti statali, e in un 17% dall’attività dei centri. La nostra
istituzione offre al mondo imprenditoriale l’opportunità di supportare le proprie attività tra-
mite un programma di patrocinio e sponsorizzazione a cui collaborano oramai 2.333 enti e che
consente di compensare il necessario decremento dei contributi statali a causa della attuale
crisi economica. Per questo motivo l’avvio del Circolo di Amici dell’Istituto Cervantes rappre-
senta una scommessa per il futuro.
L’organico dell’istituzione è attualmente composto da 1.144 persone, di cui 882 nelle sedi all’e-
stero. Tranne i dirigenti, nominati dal Governo tra esperti del mondo universitario o culturale, la
selezione dei lavoratori avviene tramite concorso pubblico e vengono assunti come impiegati
statali a tempo indeterminato. Lo staff viene integrato da collaboratori assunti a progetto.
Il primo ambito di lavoro dell’Istituto Cervantes è quello accademico. Nell’anno accademico
2011-2012 le attività didattiche sono state frequentate da 133.830 studenti nei 15.109 corsi
di spagnolo offerti (11.291 corsi generici e 3.818 corsi speciali). A questi di devono aggiun-
gere 948 corsi di formazione per professori frequentati da 18.408 docenti, così come i 90.847
studenti che hanno seguito i corsi virtuali di spagnolo offerti dalla piattaforma on-line AVE. Il
numero di studenti totale ammonta dunque a 243.085.
Una parte importante dell’attività accademica è la certificazione del livello di conoscenza dello
spagnolo grazie ai Diplomi DELE (Diploma di Spagnolo come Lingua Straniera). Nell’anno acca-
demico 2011-2012 ne sono stati rilasciati 65.535 grazie allo sforzo dei 700 centri di esame pre-
senti in 110 paesi.
Il secondo ambito di lavoro è quello culturale. L’attività dell’Istituto Cervantes si basa sull’or-
ganizzazione di mostre plastiche, concerti musicali, proiezioni cinematografiche e conferenze
di ogni genere; vengono anche organizzati convegni per specialisti o incontri per il pubblico
generale che spaziano dalla degustazione di vini al restauro della carta. Merita inoltre atten-
zione la partecipazione in fiere internazionali, che nell’anno accademico 2011-2012 ammonta
a quasi 100 presenze.
La nostra istituzione è la prima distributrice di cinema in spagnolo, dal momento che solo nel
2012 ha organizzato più di 3.000 proiezioni cinematografiche; è anche uno strumento fonda-
mentale al servizio del settore editoriale in spagnolo per mostrare al mondo le nuove pro-
duzioni grazie alle presentazioni di libri di autori spagnoli e ispanoamericani tradotti in altre
lingue. Come potete vedere, oltre la sua funzione strettamente culturale, l’Istituto Cervantes è
il principale alleato dell’industria culturale spagnola per la sua diffusione all’estero.
In ogni centro c’è una biblioteca il cui compito è quello di supportare l’attività accademica
e culturale e che appartiene a una rete di 61 biblioteche dotate di un fondo complessivo di
1.245.369 volumi, il cui catalogo è consultabile on-line e, in molte occasioni, collegato alle prin-
cipali reti nazionali di biblioteche pubbliche, private e universitarie. La biblioteca normalmente
Seminario sulla diffusione della lingua e cultura italiana all’esteroRoma, 6 dicembre 2012
64
è depositaria del fondo delle associazioni di ispanisti, le cui attività sono supportate dall’Istituto
Cervantes poiché uno dei suoi compiti fondazionali.
Pur rischiando di annoiare i presenti, vorrei fornire alcuni dati sull’Istituto Cervantes in Italia, che
ho l’onore di coordinare. L’Istituto Cervantes è presente in Italia dal 1992, anno in cui la Ministro
di Cultura spagnola inaugurò la sede di Roma in via di Villa Albani, che conta anche con una
sala polifunzionale a piazza Navona. Di seguito vennero inaugurate le sedi di Milano, Napoli e
diversi anni dopo, Palermo. Benché dipendenti dalla sede centrale di Madrid, le quattro sedi
sono ascritte all’Ambasciata di Spagna in Italia e supervisionate dall’Ambasciatore quale capo-
missione e rappresentante dello Stato. Le sedi mantengono una stretta collaborazione con le
Ambasciate ispanoamericane e, in Italia, con l’Istituto Italo-latino-americano.
Durante l’ultimo anno accademico concluso (2011-2012), abbiamo registrato un totale di 6.180
iscrizioni ai corsi offerti dall’Istituto Cervantes a Roma, Milano, Napoli e Palermo, impartiti da
121 docenti. Per quanto riguarda la piattaforma di insegnamento di spagnolo virtuale AVE, le
quattro sedi Cervantes in Italia condividono una rete di insegnamento on-line e hanno fornito
password di accesso a 2.500 alunni.
Nel contempo, tra le quattro sedi sono stati rilasciati 17.729 certificati ufficiali del Diploma di
Spagnolo come Lingua Straniera, vale a dire, un 11% in più rispetto all’anno precedente. Ci
auguriamo un’ulteriore crescita di questi diplomi grazie al riconoscimento ufficiale (Decreto
Ministeriale di data 7 marzo 2012) da parte del Ministero della Pubblica Istruzione, dell’Univer-
sità e della Ricerca. Per concludere il capitolo degli indicatori dell’attività accademica dell’Istituto
Cervantes in Italia basti indicare che attualmente ci sono 90 centri di esame operativi in Italia.
Per quanto riguarda l’attività culturale, vorrei fare presente che in quest’ultimo anno acca-
demico (2011-2012) più di 72.931 persone hanno assistito alle più di 337 attività organizzate
dall’Istituto Cervantes nelle sue quattro sedi italiane.
Basicamente sono state 29 concerti, 42 conferenze, 17 mostre, 21 rappresentazioni teatrali e
140 proiezioni cinematografiche, così come l’organizzazione di 3 convegni. Tra le ultime con-
venzioni vorrei nominare gli accordi sottoscritti con il Teatro dell’Opera o l’Accademia Nazionale
di Santa Cecilia.
Non vorrei dimenticare il ruolo dell’Istituto Cervantes nella diffusione in Italia delle tre lingue
co-ufficiali in Spagna. Mi riferisco al catalano, al basco e al gallego; di queste la prima è stata
anche riconosciuta dallo Stato Italiano nell’articolo 2 della Legge 482 del 15 dicembre 1999
sulle “Norme in materia di tutela delle minoranze linguistiche”, riferito al gruppo di utenti di
catalano sardo di Alghero. Corsi di lingua per piccoli gruppi così come alcune attività culturali
fanno dell’Istituto Cervantes uno strumento privilegiato per promuovere la conoscenza e l’uso
di questo grande patrimonio culturale della Spagna.
Per concludere, esaurendo il tempo concessomi, vorrei sottolineare che in un sondaggio effet-
tuato nel 2011 l’Istituto Cervantes di Roma è risultata l’istituzione pubblica più apprezzata dai
cittadini spagnoli.
Grazie mille
Seminario sulla diffusione della lingua e cultura italiana all’estero Roma, 6 dicembre 2012
65
Claudine BOUDRE-MILLOT, Addetto Culturale dell’Ambasciata di Francia in Italia
L’Ambasciata di Francia presso la Repubblica Italiana promuove la diffusione della lingua e della
cultura francese in Italia attraverso un suo servizio, l’Institut français Italia, che coordina l’azione
delle sue quattro sedi regionali a Milano, Firenze, Napoli e Palermo. A Roma la diffusione della
lingua viene curata dall’Institut français Saint Louis de France, sotto l’autorità dell’Ambasciata
di Francia presso la Santa Sede.
Sul suolo italiano operano inoltre sei licei francesi: uno a Torino, uno a Milano, uno a Firenze,
due a Roma (il Licée Chateaubriand e l’Institut Saint Dominic) e uno a Napoli. Oltre ai cinque
Instituts français, strutture di diritto pubblico, l’Ambasciata si avvale della collaborazione di
28 Alliances françaises, strutture di diritto privato incaricate a loro volta della diffusione della
lingua e della cultura francese.
Institut français e Alliance française offrono una vasta gamma di corsi di francese generale
e specializzato, elaborati secondo i livelli del quadro europeo comune di riferimento per le
lingue. Svolgono anche un’importante attività nel campo delle certificazioni, in quanto rila-
sciano i diplomi del Ministére de l’Éducation Nationale, il Delf (diploma di studi di lingua fran-
cese) e il Dalf (diploma approfondito di lingua francese). Questa attività di certificazione è in
costante evoluzione: in Italia quest’anno sono stati rilasciati oltre 40 mila certificati Delf/Dalf,
posizionando il Paese al secondo posto mondiale per certificazioni di lingua francese.
Per quanto riguarda la cooperazione educativa, particolarmente sviluppata tra l’Italia e la
Francia, il francese viene studiato dal 70 percento degli alunni della scuola media come seconda
lingua straniera. Malgrado l’insegnamento del francese sia diminuito presso il liceo e l’univer-
sità negli ultimi anni, si stima che in Italia il numero degli studenti di francese è compreso tra i
2 e i 2,5 milioni.
Riteniamo che oggi l’aspetto più importante consista nell’insegnamento bilingue italo-fran-
cese, il quale sta riscuotendo un successo senza paragoni: dal 24 febbraio 2009, data della firma
dell’accordo interministeriale, il numero delle sezioni bilingui è più che decuplicato (da 19 a
200); ormai sono duemila i diplomi francesi di bacalaureat rilasciati ad alunni italiani. A partire
dal 2014 aumenteranno ogni anno di 3500 unità. Questo successo è stato raggiunto grazie
all’impegno dei sei addetti dell’Ambasciata francese incaricati della cooperazione per il fran-
cese e della cooperazione educativa, sotto la tutela dei Consiglieri culturali, che lavorano tutto
l’anno per la promozione della lingua e per l’organizzazione dell’informazione per i docenti
presso ogni regione d’Italia: giornate per il francese, con le Alliances françaises, e seminari di
informazione.
L’Ambasciata di Francia sostiene anche i dispositivi degli assistenti di lingua francese nomi-
nati nelle scuole italiane, che quest’anno sono 115, nonché i dispositivi dei lettori di scambio
Seminario sulla diffusione della lingua e cultura italiana all’esteroRoma, 6 dicembre 2012
66
nominati presso le Università italiane, che sono otto in tutto (a Trieste, Torino, Genova, Bologna,
Roma, Napoli e Bari).
Anche noi siamo convinti dell’importanza della lingua nell’ambito della formazione tecnica e
professionale; in occasione del vertice italo-francese della scorsa settimana, il presidente Monti
e il presidente Hollande hanno emesso una dichiarazione congiunta in tal senso.
Gaetano Fausto ESPOSITO, Segretario Generale di ASSOCAMERESTERO
Com’è noto, le Camere italiane all’estero sono i soggetti deputati allo sviluppo dell’attività di
promozione dell’internazionalizzazione presso 50 Paesi e 76 realtà. Il mio ruolo in questa sede,
pertanto, consiste nel fornire una testimonianza del significato dei termini lingua e cultura per
le imprese che operano all’estero e per tutti coloro i quali guardano all’Italia e ai prodotti ita-
liani, in quanto evocativi di un percorso di produzione, con crescente interesse.
Le considerazioni espresse dalla professoressa Giannini, relative all’internazionalizzazione e
integrazione dell’italiano, e dal professor Vedovelli circa le “comunità di senso” e la creazione
di valore della lingua e della cultura italiana agevolano il mio intervento. Anni fa la Camera di
Commercio italiana a Pechino condusse un’indagine su alcuni consumatori locali di prodotti
italiani, chiedendo loro quale fosse il marchio italiano più diffuso e più acquistato; la risposta
fu: Louis Vuitton. Ciò dimostra come, mentre in Italia è chiaro il concetto di prodotto italiano,
quello di made in Italy all’estero è molto mediato dalla percezione e dalla considerazione cultu-
rale della quale gode. Le Camere di Commercio italiane all’estero effettuano molte campagne
di promozione per l’internazionalizzazione del prodotto italiano insieme a vari soggetti: le
Regioni, l’Agenzia per l’internazionalizzazione, ecc.; se però queste non vengono continua-
mente alimentate dalla consapevolezza del significato di avere a che fare con il prodotto e
con la cultura italiana, lo sforzo di promozione finisce soltanto per avere un impatto sull’italian
sounding. Pertanto, la lingua e la cultura italiana costituiscono un mezzo diretto per far com-
prendere i valori del made in Italy, largamente legati al territorio dell’Italia, ai luoghi specifici
evocati dai singoli prodotti.
Una politica di insegnamento dell’italiano – di cui non ho alcuna competenza specifica – con-
siderata dal versante delle imprese, e quindi come veicolo di acquisto o familiarizzazione per il
made in Italy, non può prescindere dall’aspetto dell’ibridizzazione. Mi spiego meglio: le Camere
di Commercio italiane all’estero sono 76; 50 di esse organizzano corsi, variamente articolati
e definiti, sulla tematica dell’italiano per il business che vengono autosostenuti. Ciò significa
che i partecipanti pagano per seguirli e che pertanto li considerano interessanti. Naturalmente
vanno tarati in maniera specifica, cioè tenendo conto di una serie di caratteristiche che si disco-
stano da quelle didattico-formative rivolte agli italiani o ai loro discendenti. Il sistema che rap-
presento, dunque, è interessato ad affinare questa linea di attività, che sempre più si interseca
con la promozione del prodotto italiano, offrendo ai soggetti qui riuniti la disponibilità a indi-
Seminario sulla diffusione della lingua e cultura italiana all’estero Roma, 6 dicembre 2012
67
viduare e realizzare insieme progetti specifici di italiano per gli affari e per le business commu-
nities, tenendo conto che oggi gli strumenti di rete sono molto evoluti e che le “comunità di
senso” si sono molto più consolidate, per cui probabilmente sussiste anche un interesse del
mercato a pagare percorsi formativi.
Alessandro MASI, Segretario Generale Società Dante Alighieri
(diapositiva n. 1 e 2)
Seminario MAE – MIUR, CGIE, Regioni sulla diffusione della lingua e della cultura italiana all’estero. Roma, 6 dicembre 2012
1
Nei suoi scritti degli anni più recenti, Francesco Bruni è tornato più volte sul concetto della leg-
gerezza come carattere distintivo della nostra lingua. Nel volume del 2010 Italia - Vita e avven-
ture di un’idea, lo studioso racconta come questa caratteristica fosse stata già individuata da
Dante Alighieri: «Dante ha visto nel volgare di sì una lingua che non è spalleggiata dai poteri. È
una posizione di debolezza ma anche una condizione di libertà e leggerezza: due forze immateriali
che hanno accompagnato, quasi senza eccezioni, l’italiano lungo la sua vita»1. La leggerezza e la
libertà dell’italiano gli derivano dalla storia del suo popolo, che non ha mai avuto un ruolo da
dominatore ma che viceversa ha saputo farsi apprezzare nei secoli per le cose che sapeva fare.
Dall’arte rinascimentale del passato all’industria della moda dei nostri giorni, la nostra lingua
ha sempre richiamato negli altri concetti positivi legati alla qualità, alla bellezza, concetti che
attengono alla sfera del gusto e dell’interesse: poesia, musica, letteratura, arte, rientrano tra
le espressioni più profonde dell’animo umano, e il lessico di riferimento di ciascuna di queste
1 Francesco Bruni, Italia - Vita e avventure di un’idea, Bologna, Il Mulino 2010, p. 82.
Seminario sulla diffusione della lingua e cultura italiana all’esteroRoma, 6 dicembre 2012
68
manifestazioni culturali, come è noto, ha l’italiano tra le lingue fondatrici. L’attualità di questo
discorso, radicato nella nostra storia secolare, può essere colta appieno se si considera che
libertà e leggerezza sono oggi principi universali, su cui si basano alcune tra le più vistose
espressioni della cultura globale: non è un caso se fenomeni di massa come social network e
app (e di conseguenza colossi economici come Facebook, Twitter e Apple) ne hanno fatto il
loro punto di forza. Leggerezza e libertà sono le caratteristiche che i cittadini del mondo glo-
balizzato ricercano per riempire il loro tempo libero, i loro momenti di pace e di condivisione;
sono, in definitiva, la valvola di sfogo più efficace ai ritmi che il mondo di oggi impone a tutti
noi. Per questo elaborare un piano strategico di promozione della nostra lingua e della nostra
cultura a partire da questi valori significa da un lato rispondere a un bisogno concreto, dall’altro
poter disporre di un’arma che altre lingue, quelle del dominio, della guerra, dell’economia, del
potere politico, in molti casi non hanno. Per citare ancora Bruni, «La leggerezza del software, non
la pesante cosalità dell’hardware ha garantito il marchio italiano in Italia e fuori»2: sapere, saper
fare, saper essere.
(diapositiva n. 3)
Motivi professionali
5% Motivi di studio
15%
Viaggi in Italia
18% Verificare la conoscenza
28%
Interesse/ piacere
personale
32%
Altro
2%
Perché ha scelto di certificare con il PLIDA?
Chiaro si vede come non per forza, non per arme, non per essere altri obbligati a saperla, ma solamente per bellezza e leggiadria sue è da le forestiere genti amata, imparata, onorata in tal guisa che nel comune parlare nissuno si crede acquistar pregio di bel ragionatore che questa lingua non parli
« »
Fonte: Questionario PLIDA 2011
(Claudio Tolomei, Il Cesano de la lingua italiana)
2
Valori già noti e condivisi ai tempi di Claudio Tolomei, che, a proposito della lingua toscana,
ha scritto nel suo Cesano: «Chiaro si vede come non per forza, non per arme, non per essere altri
obbligati a saperla, ma solamente per bellezza e leggiadria sue è da le forestiere genti amata, impa-
rata, onorata in tal guisa che nel comune parlare nissuno si crede acquistar pregio di bel ragio-
2 Ibid., p. 25
Seminario sulla diffusione della lingua e cultura italiana all’estero Roma, 6 dicembre 2012
69
natore che questa lingua non parli». Si tratta quindi di rendersi conto che «la globalizzazione
aumenta, anziché ridurle, le potenzialità della nostra lingua perché essa è sempre più sinonimo
di ingegno, creatività, innovazione e come tale viene riconosciuta». Sono le parole usate dal
Ministro Terzi il 30 novembre 2011, durante l’audizione con le commissioni parlamentari a pro-
posito delle linee programmatiche del suo dicastero. In base a quanto ho detto fin qui, penso
sia chiaro che l’affermazione mi trova assolutamente concorde.
Alla Società Dante Alighieri, infatti, abbiamo occasione di sperimentare continuamente l’attua-
lità e la forza di questo principio. Un esempio su tutti: l’anno scorso è stato somministrato un
questionario ai candidati agli esami di certificazione PLIDA, nel quale è stato chiesto, tra le altre
cose, quale fosse il motivo che li aveva spinti a certificare la conoscenza della nostra lingua.
Una parte consistente delle risposte, il 32%, come si può vedere dal grafico, si è concentrata
nell’area “Interesse personale”. Se a questo gruppo aggiungiamo le persone che hanno verifi-
cato la loro conoscenza della nostra lingua senza avere altre finalità pratiche, la quota di per-
sone che scelgono l’italiano per l’italiano sale al 60%. Si tratta di una percentuale significativa,
che conferma senz’altro l’idea da cui siamo partiti.
La rete dei Comitati della Società Dante Alighieri è in fondo un’espressione molto evidente del
legame emozionale e affettivo che l’italiano è in grado di creare con chi vi si accosta.
(diapositiva n. 4)
1 Comitato
2-5 Comitati
6-10 Comitati
11-20 Comitati
Più di 20 Comitati
La Società Dante Alighieri nel mondo
404 Comitati esteri
78 Paesi del mondo
7.746 corsi di lingua italiana
174.230 studenti
Più di 1.600 conferenze
Più di 2.000 film proiettati
Più di 2.000 eventi culturali
404 Co
78 Pae
46 corsi
174.2ù di 1.6
di 2.0di 2.0
47
7.74
PiùPiù PPPiP ù 20
12
Fonte: Società Dante Alighieri - Amministrazione centrale - Ufficio Comitati Esteri 3
Attualmente siamo presenti all’estero con 404 Comitati, 197 dei quali si trovano in Europa, 170
nelle Americhe, 23 in Asia e Oceania, 8 nelle aree del Mediterraneo e del Medio Oriente e 6
nell’Africa Subsahariana. In aggiunta alla Rete dei Comitati, la “Dante” ha poi instaurato rapporti
Seminario sulla diffusione della lingua e cultura italiana all’esteroRoma, 6 dicembre 2012
70
di collaborazione con decine di altri enti, fra Università, Istituti Italiani di Cultura, associazioni
e scuole private, coinvolte soprattutto nell’attività di certificazione della lingua italiana PLIDA
(Progetto Lingua Italiana Dante Alighieri), di cui avremo modo di parlare più avanti.
Nel 2011 la rete dei Comitati della Società Dante Alighieri all’estero ha realizzato migliaia di
iniziative culturali. Tra queste si contano oltre 1.600 conferenze, più di 2.000 proiezioni di film,
più di 2.000 fra concerti, mostre e rappresentazioni teatrali, centinaia tra viaggi culturali, pro-
grammi radiofonici, seminari. All’attività culturale si somma l’imponente programmazione
didattica: nel 2011 i Comitati della “Dante” hanno organizzato 7.746 corsi di lingua italiana, che
hanno permesso a 174.230 soci studenti di accostarsi alla nostra lingua o di approfondirne la
conoscenza3.
Per le sue attività, la Dante è stata premiata nel 2005 con il prestigioso premio Principe delle
Asturie e nel 2006 con l’assegnazione del Label europeo. Nel 2012 la Società Dante Alighieri è
entrata a far parte della rete EUNIC (European Union National Institutes for Culture), che riu-
nisce i principali enti culturali dei Paesi membri dell’Unione Europea con l’obiettivo di promuo-
vere la diversità culturale e la comunicazione tra le società europee e di cooperare con i Paesi
al di fuori dell’Unione.
Negli ultimi anni abbiamo orientato la nostra attività di promozione della lingua e della cultura
italiane seguendo due binari che corrono in parallelo (diapositiva n. 5): da un lato la diffu-
sione della cultura della certificazione e della valutazione linguistica, dall’altro la standardizza-
zione dell’offerta didattica della rete dei Comitati. Per perseguire questi due obiettivi, la Sede
Centrale ha messo a disposizione della rete due strumenti di qualità: la Certificazione PLIDA e
il Piano dei Corsi ADA.
3 Fonte: Società Dante Alighieri - Amministrazione centrale - Ufficio Comitati Esteri
Seminario sulla diffusione della lingua e cultura italiana all’estero Roma, 6 dicembre 2012
71
Cultura della certificazione linguistica
Certificato PLIDA
Standardizzazione dell’offerta didattica
Piano dei corsi ADA
4
Il Progetto Lingua Italiana Dante Alighieri (PLIDA) è nato per offrire assistenza scientifica e
didattica ai Comitati della “Società Dante Alighieri” che operano in Italia e all’estero, e si occupa
di promuovere, produrre e diffondere tutti gli strumenti utili ad agevolare e migliorare l’atti-
vità di insegnamento della lingua italiana: materiali per la didattica, valutazione, formazione e
aggiornamento, ricerca scientifica.
Tra le principali attività del PLIDA rientra la Certificazione di competenza in italiano come
lingua straniera secondo i criteri elaborati dal Consiglio d’Europa nel Quadro comune europeo
di riferimento per le lingue, in base a una convenzione con il Ministero degli Affari Esteri (n. 1903
del 4/11/1993) e con il plauso scientifico dell’ Università “La Sapienza” di Roma (convenzione
del 29/06/2004); il PLIDA è riconosciuto anche dal Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali
(decreto 18/10/2002), e dal Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca come titolo
per l’immatricolazione universitaria a condizioni agevolate degli studenti stranieri (prot. n.
1906 del 9/10/2006). Alla certificazione normale si affianca il PLIDA Juniores, concepito espres-
samente per gli adolescenti.
Seminario sulla diffusione della lingua e cultura italiana all’esteroRoma, 6 dicembre 2012
72
(diapositiva n. 6)
PLIDA
283 Centri Certificatori
54 Paesi del mondo
142 città estere
9.634 esami sostenuti 2798
3315
6135 6.217 6.404 7.322
8.903 9.634
0
2000
4000
6000
8000
10000
12000
2005 2006 2007 2008 2009 2010 2011 2012
134 148
162 185
200 220
253
283
0
50
100
150
200
250
300
2005 2006 2007 2008 2009 2010 2011 2012
Numero di iscritti alle sessioni PLIDA nel periodo 2005-2012
Centri Certificatori PLIDA autorizzati nel periodo 2005-2012
PLIDA
283 Centri Certificatori
54 Paesi del mondo 4000
6000
8000
10000
12000NPPPPPPPPPPPPPPPPPPPPPPPPPPPPPLLLLLLLLLLLLLLLLLLLLLLLLLLLLLLIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIDDDDDDDDDDDDDDDDDDDDDDDDDDDDAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAA
283 C t i C tifi t i
2012
Font
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Italia
na
5
L’attività di certificazione PLIDA ha visto negli ultimi anni un incremento significativo e costante:
dal 2005 al 2012 il numero di iscritti annuali alle sessioni d’esame PLIDA è aumentato del 244%.
Ogni anno, attraverso il PLIDA, la Dante organizza 4 sessioni d’esame, cui vanno aggiunte 2 o 3
sessioni speciali dedicate ai lavoratori migranti; i test vengono realizzati in conformità ai livelli
descritti nel Quadro comune europeo di riferimento per le lingue del Consiglio d’Europa.
(diapositiva n. 7)
7
8
16
88
165
0 50 100 150 200
Africa Subsahariana
Mediterraneo e M.O.
Asia e Oceania
Americhe
Europa
Centri PLIDA per area geografica
Comitati 221 78%
Non Comitati
63 22%
Centri PLIDA per tipologia
Mappa dei Centri Certificatori PLIDA nel mondo (dicembre 2012)
1- 2 Centri certificatori PLIDA
3-5 Centri certificatori PLIDA
6-10 Centri certificatori PLIDA
11-20 Centri certificatori PLIDA
Più di 20 Centri certificatori PLIDA
Fonte: Società Dante Alighieri - Amministrazione centrale - Progetto Lingua Italiana 6
Seminario sulla diffusione della lingua e cultura italiana all’estero Roma, 6 dicembre 2012
73
La rete del PLIDA conta oggi 284 Centri Certificatori ed è composta da 221 Comitati Dante
Alighieri e 63 enti convenzionati (165 in Europa, 88 nelle Americhe, 8 in Mediterraneo e Medio
Oriente, 16 in Asia e Oceania, 7 nell’Africa subsahariana). Negli ultimi otto anni la rete dei Centri
Certificatori PLIDA è cresciuta del 112%, passando dai 134 Centri del 2005 ai 284 Centri attuali.
Oltre alla certificazione, il PLIDA organizza ogni anno due corsi di aggiornamento per gli inse-
gnanti di italiano L2, cui da quest’anno si sono aggiunti altri due corsi di formazione dedicati
ai membri delle Commissioni d’esame dei Centri certificatori; una linea editoriale dedicata alla
didattica (AlmaPLIDA) realizzata con la Casa Editrice Alma Edizioni; decine di iniziative svolte
nei vari Centri certificatori, tra laboratori, seminari formativi e produzione di materiali didat-
tici; la possibilità di aggiornarsi di continuo attraverso i servizi offerti dal sito plida.it, inaugu-
rato all’inizio del 2012. In questo stesso anno, il comune impegno nella diffusione della cultura
della certificazione ha portato infine la Dante e gli altri Enti Certificatori italiani (Università per
Stranieri di Perugia e di Siena e Università degli Studi Roma Tre) a riunirsi nel consorzio CLIQ
(Certificazione della Lingua Italiana di Qualità), che ha da poco stipulato un Protocollo d’intesa
con il Ministero degli Affari Esteri.
Il secondo strumento, di più recente costituzione, si occuperà di offrire ai Comitati uno stan-
dard su cui modellare l’offerta didattica.
(diapositiva n. 8)
condiviso da tutti i Comitati Dante Alighieri e uguale in tutto il mondo.
Piano curricolare dei corsi della Società Dante Alighieri
definire contenuti e programmi dei corsi della SDA nel mondo rendere i corsi omogenei, più qualificati e spendibili ovunque di Silvia Giugni (coordinamento), Giammarco Cardillo, Katia D’Angelo, Stefania Ferrari, Nuria Greco e Angela Lucatorto
Direzione scientifica: Massimo Arcangeli (Università di Cagliari) Supervisione a cura di Mario Cardona (Università di Bari) e Gabriele Pallotti
(Università di Modena e Reggio Emilia)
Attestato di frequenza ai corsi d’italiano
7
Nel 2012 è stato infatti realizzato un piano curricolare dei corsi della Società Dante Alighieri
da un gruppo di sei autori, Silvia Giugni (coordinatrice del progetto), Giammarco Cardillo,
Katia D’Angelo, Stefania Ferrari, Nuria Greco e Angela Lucatorto, sotto la direzione scientifica
Seminario sulla diffusione della lingua e cultura italiana all’esteroRoma, 6 dicembre 2012
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di Massimo Arcangeli; il piano definisce dettagliatamente i contenuti e i programmi dei corsi
della SDA nel mondo, per renderli omogenei, più qualificati e spendibili ovunque.
Sulla base del Piano curricolare ADA viene creato così un Attestato di frequenza ai corsi (ADA)
della Dante, condiviso da tutti i Comitati e uguale in ogni parte del mondo.
Il Piano ADA rappresenta uno strumento di indirizzo didattico e di programmazione che aiuta
docenti e direttori dei corsi dei Comitati della Dante Alighieri (o di altre istituzioni) nella defini-
zione dei corsi, dei livelli di competenza e dei contenuti dell’offerta didattica in realtà e in con-
testi linguistici anche molto differenti tra loro. Attualmente è in corso la sperimentazione del
Piano in circa trenta Comitati Dante Alighieri e Centri Certificatori PLIDA in Italia e nel mondo.
Questi significativi cambiamenti nelle attività della Dante ci permettono oggi di essere ancora
più efficaci nei nostri interventi nel mondo, volti, come prevedono i nostri principi statutari, da
un lato a diffondere la nostra lingua e la nostra cultura, dall’altro a mantenere vivi i legami con
l’Italia dei nostri emigranti e dei loro discendenti. Non devo certo raccontare a questa platea
quanto sia importante questo secondo punto: ciascuno di noi testimonia con il proprio lavoro
quanta passione e quanto impegno ci vogliano per creare e mantenere i rapporti con chi ha
lasciato il nostro Paese, con chi magari ne ha sentito parlare solo nei racconti familiari, con
quell’esercito di persone che viene a volte definito l’Italia fuori dall’Italia. L’infaticabile attività
del Ministero che ci ospita e della Rete consolare, del Consiglio Generale degli Italiani all’Estero,
dei COMITES, delle Università e degli altri enti qui presenti garantiscono che questo legame
resti saldo negli anni, e che questa risorsa preziosa per il Paese non vada dispersa. Anche noi
della Dante dedichiamo a questo aspetto un’attenzione particolare: grazie alla rete dei Comitati
Dante Alighieri, migliaia di ragazzi di terza e di quarta generazione hanno avuto l’occasione di
riallacciare i contatti con la loro terra di origine. Porto solo un esempio: (diapositiva n. 9) negli
ultimi anni abbiamo realizzato, in collaborazione con la Regione Lazio, un progetto che ha per-
messo a centinaia di giovani argentini di origine laziale di frequentare corsi di lingua italiana
in quindici città dello Stato sudamericano con il coinvolgimento di decine di associazioni di
emigrati sul posto.
Seminario sulla diffusione della lingua e cultura italiana all’estero Roma, 6 dicembre 2012
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Assegnazione di borse di studio per corsi di lingua italiana destinati a giovani discendenti di emigrati laziali
La Dante per le terze e quarte generazioni: I corsi di lingua in Argentina per i discendenti di cittadini del Lazio
153 studenti
15 città argentine
153 studenti
15 città argentine
153 student
2011
185
166
89
153
0
20
40
60
80
100
120
140
160
180
200
2008 2009 2010 2011
Fonte: Società Dante Alighieri - Amministrazione centrale - Segreteria Generale 8
Fra le attività della Società Dante Alighieri in favore dei discendenti dei nostri emigrati, inoltre,
ha acquisito sempre più importanza negli ultimi anni la Certificazione PLIDA Juniores (diapo-
sitiva n. 10).
2008
2009
2010
2011
1048 1196
1508
1968 2076
0
500
1000
1500
2000
2500
2008 2009 2010 2011 2012
Numero di iscrittialle sessioni PLIDAJuniores nelperiodo 2008-2012
13 15 17 20 21 32 34
44 49 50
0
10
20
30
40
50
60
2008 2009 2010 2011 2012
Numero di Paesi coinvolti nellaCertificazione PLIDA Juniores nelperiodo 2008-2012
Numero di Centri Certificatoricoinvolti nella CertificazionePLIDA Juniores nel periodo 2008-2012
La Dante per le terze e quarte generazioni: La Certificazione PLIDA Juniores
2012
Fonte: Società Dante Alighieri - Amministrazione centrale - Progetto Lingua Italiana 9
Il PLIDA Juniores è un certificato destinato specificamente agli adolescenti (13-18 anni). La cer-
tificazione PLIDA Juniores attesta e garantisce la conoscenza e la competenza in italiano come
lingua straniera secondo una scala di quattro livelli, rappresentativi di altrettante fasi del per-
Seminario sulla diffusione della lingua e cultura italiana all’esteroRoma, 6 dicembre 2012
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corso di apprendimento della lingua. I quattro livelli vanno da A1 a B2 in progressione di diffi-
coltà, e corrispondono ai primi quattro dei sei livelli del Quadro comune europeo di riferimento
per le lingue, da quello elementare (A1), che assicura la capacità di usare la lingua in situazioni
comuni e quotidiane, al livello B2, che garantisce un’alta confidenza con la lingua e con la realtà
italiane (chi lo possiede può comprendere e produrre testi parlati e scritti di livello scolastico
o universitario). La particolarità della certificazione PLIDA Juniores è che, a parità di condizioni
rispetto agli standard fissati dal Consiglio d’Europa per i quattro livelli in questione, propone
contesti, temi e compiti comunicativi familiari ai ragazzi della fascia d’età adolescenziale e gio-
vanile.
Dal 2002, anno della sua istituzione, il PLIDA Juniores ha visto una crescita costante di iscritti,
che hanno la possibilità di sostenere i loro esami in una delle due sessioni annuali di giugno e
di ottobre. In particolare, dal 2008 al 2012 si è registrato un aumento dei Paesi coinvolti nella
certificazione Juniores, dei Centri Certificatori che hanno somministrato l’esame e degli iscritti,
secondo i grafici e le immagini qui riportate.
Vorrei concludere ricordando ancora le parole del Ministro Terzi: «Dobbiamo rendere sempre più
la nostra cultura un asset strategico, anche per i riflessi economici che ne derivano. Sono convinto,
dunque, che sia necessario ragionare in un’ottica di economia dalla cultura, che faccia, appunto,
della cultura un volàno di nuove opportunità anche per il sistema delle imprese». Parole importanti
che, anche in questo caso, non posso che condividere: considerare la nostra cultura e la nostra
lingua solo come tesori da difendere è riduttivo, e ci priverebbe di un’arma fondamentale per
affrontare le sfide cui il futuro ci chiama. Nonostante la crisi internazionale e nonostante la pro-
gressiva diminuzione del finanziamento pubblico messa in opera negli ultimi anni, la Dante in
questi anni sta continuando a crescere, a dimostrazione del fatto che la lingua italiana continua
ad avere nel mondo un ruolo importante e un successo inequivocabile. Nell’ottica di una pro-
mozione organica del Sistema Paese, è importante che di questo successo si tenga conto anche
e soprattutto per il sostegno che potrà dare alla nostra economia nel mondo.
Roger NESTI, Coordinamento degli Enti Gestori Svizzera
Ringrazio per l’invito a partecipare a questo seminario. Mi presento brevemente. Mi chiamo
Roger Nesti, sono nato in Svizzera nell’anno in cui è stata promulgata la legge 153, figlio di
genitori italiani, sono nel frattempo doppio cittadino italo-svizzero. Sono laureato in lingue
straniere, tra cui l’italiano, perché anche se l’italiano è lingua nazionale svizzera, è in realtà
lingua ufficiale in un solo cantone e in quattro vallate del Canton Grigioni. Nel resto del ter-
ritorio svizzero è lingua straniera, poco presente nella scuola pubblica, in genere confinato a
materia facoltativa a partire dalla scuola media inferiore. Nel mio percorso scolastico fatto inte-
ramente nella scuola pubblica svizzera, l’italiano l’ho studiato unicamente nei corsi di lingua e
cultura italiana che ho frequentato da bambino e da ragazzo. Attualmente sono il coordinatore
Seminario sulla diffusione della lingua e cultura italiana all’estero Roma, 6 dicembre 2012
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degli enti gestori per le iniziative scolastiche in Svizzera e direttore della Fondazione FOPRAS,
ente gestore dei corsi LICIT nella circoscrizione consolare di Basilea, ma anche di un asilo nido e
della scuola primaria SEIS Sandro Pertini, scuola bilingue e biculturale italo-svizzera. Vorrei por-
tare a questo seminario del CGIE la testimonianza di chi opera nel territorio, con e per la collet-
tività italiana, illustrandovi il sistema dei corsi in Svizzera per il settore dei corsi ai sensi dell’art.
636 del DL 297/94, la maniera in cui abbiamo lavorato e i risultati che abbiamo raggiunto. Sono
consapevole che le considerazioni che vi sottopongo valgono in gran parte solo per la Svizzera,
e che la situazione in altri paesi e continenti e completamente diversa. Sono tuttavia convinto
che il dibattito sulla riforma del settore, e più in generale sulle modalità e le strategie da adot-
tare nella politica di diffusione della lingua e cultura italiana nel mondo non possa e non debba
prescindere dalle esperienze fatte sul terreno, dai risultati ottenuti. Bisogna ripartire da queste
esperienze per immaginare e costruire gli interventi del futuro.
Il sistema a gestione mista
L’assetto gestionale dei corsi da oramai quasi 20 anni è a “sistema misto”. La cosiddetta “Gestione
mista”, fondata su una diretta collaborazione tra amministrazione e enti gestori, un rapporto tra
pubblico e privato, tra pubblico e privato-sociale, senza scopo di lucro, non profit, con enti
gestori espressione essi stessi della collettività italiana.
Contrariamente ad un’opinione ultimamente sempre più diffusa nell’esperienza di gestione in
Svizzera de facto (ma non de iure) non ci sono due settori distinti: i corsi MAE e i corsi ente. Da
sempre in Svizzera gli uffici scolastici e gli enti cooperano. Non sono due settori separati: è un
unico sistema corsi, un sistema integrato, in cui ci sono due partner che collaborano e il cui
lavoro si completa e si integra l’uno nell’altro. Gli enti e le autorità consolari hanno sempre ope-
rato con il fine di garantire a tutta l’utenza, indipendentemente dal fatto che il docente fosse di
ruolo o assunto dall’ente, un servizio uguale e di qualità. Verso l’esterno enti e consolati si sono
sforzati di dare un’immagine unitaria e condivisa.
Questa esperienza di gestione è stata unanimemente considerata valida e positiva. La gestione
mista non si è limitata a garantire la continuità del servizio, ma anche a rilanciare la funzione dei
corsi, adeguarne i contenuti, allargarne la diffusione ed è servita a introdurre nei corsi elementi
di qualità e innovazione. Tra i risultati raggiunti dalla gestione mista sono da annoverare oltre
alla continuità didattica, intesa come copertura del servizio, ma anche come impiego costante
dei docenti, l’ampliamento dei corsi e l’aumento degli alunni, l’avvio di progetti di certifica-
zione, l’estensione dei corsi alle prime e alle none classi, la realizzazione di progetti di insegna-
mento bilingue e di progetti di aggiornamento con la scuola locale. Il sistema misto, grazie alla
componente enti, ha saputo rispondere con maggiore flessibilità, elasticità e tempestività ai
bisogni dell’utenza e alle peculiarità del territorio. L’intervento degli enti può essere conside-
rato un vero e proprio valore aggiunto.
Non vi è dubbio che l’esperienza di questi ultimi 20 anni ha fatto emergere anche delle criticità
del “sistema misto” che proprio noi enti abbiamo segnalato per primi. Criticità che era ed è
Seminario sulla diffusione della lingua e cultura italiana all’esteroRoma, 6 dicembre 2012
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necessario affrontare e correggere: la mancanza di un rapporto formale con lo Stato che deter-
mina incertezze circa ruolo, funzioni e soprattutto la politica scolastica da seguire, il nodo della
doppia “cabina di regia” con aggravio dei costi e difficoltà a livello operativo e gestionale; la
suddivisione tra competenze didattiche e amministrative si è rivelata impraticabile per l’impos-
sibilità di separare chiaramente i due ambiti, il livello retributivo del personale docente locale,
insufficiente rispetto alla qualità del lavoro svolto.
Chi mi ha sentito parlare in altre occasioni o legge regolarmente i comunicati del coordina-
mento enti in Svizzera, sa che sin qui non ho fatto altro che ripetere con un’operazione di copia/
incolla, come un disco, quanto diciamo da parecchi anni. Purtroppo però il disco si è rotto e il
sistema corsi che vi ho appena descritto appartiene sempre più al passato, sempre meno al
presente e rischia seriamente di scomparire in un futuro neanche troppo lontano.
I tagli ministeriali
I tagli operati nelle Leggi Finanziarie 2009-2012 sul cap. 3153 per la Svizzera ammontano com-
plessivamente al 60%, al quale deve aggiungersi l’effetto sfavorevole del tasso di cambio che
porta il taglio in valuta locale a oltre il 70% hanno infatti sostanzialmente modificato il sistema
corsi in Svizzera.
Contributi 3153 in Svizzera - settore LICIT
Anno Euro Variazione Cambio CHF Variazione2008 3’396’000 1.60 5’433’600
2009 2’964’400 -13% 1.50 4’446’600 -18%
2010 2’072’000 -39% 1.37 2’838’640 -48%
2011 1’688’330 -50% 1.20 2’025’996 -63%
2012 1’370’750 -60% 1.20 1’644’900 -70%
La consistenza dei tagli era ed è tale da mettere in discussione il sistema corsi nel suo insieme.
Il taglio ha determinato in alcune zone della Svizzera l’inevitabile sospensione del servizio nei
corsi o il forte ridimensionamento dell’attività, in tutti i casi con risparmi a danno della qualità
(riduzione dell’orario settimanale, soppressione dei corsi di aggiornamento docenti, riduzione
della spesa per il materiale didattico, annullamento delle risorse per attività paradidattiche).
Negli ultimi cinque anni sono stati soppressi in Svizzera 346 corsi (-25%). Gli alunni dei corsi
sono diminuiti di 4162 unità (-27%). Nel solo 2012 si sono persi 100 corsi e oltre 1000 alunni.
Le conseguenze dei tagli sono state attenuate dalla concessione di contributi integrativi nel
2009 e nel 2012, dall’istituzione in Svizzera di alcune nuove cattedre MAE (frutto di trasferi-
menti da altri paesi europei) e soprattutto attraverso l’aumento della quota di partecipazione
dei genitori, senza la quale i corsi soppressi sarebbero stati molti di più. A scanso di equivoci:
non c’erano sprechi. Ma abbiamo fatto di necessità virtù. Attualmente i genitori in Svizzera
contribuiscono con oltre un milione di franchi alla gestione dei corsi, con percentuali di paga-
mento tra il 50% e l’80%. Un bel risultato e la testimonianza concreta dell’importanza che i corsi
Seminario sulla diffusione della lingua e cultura italiana all’estero Roma, 6 dicembre 2012
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rivestono agli occhi delle famiglie. Soprattutto se si pensa che l’amministrazione e i sindacati
scuola di fatto e incomprensibilmente osteggiano la richiesta della quota ai genitori, dichiarata
volontaria, in nome della costituzione, dimenticando che i corsi LICIT non sono un pezzo di
scuola pubblica, né di scuola dell’obbligo, ma corsi integrativi e facoltativi. Si potrebbe aprire
qui una riflessione sulla cultura come valore e sul valore della cultura. Certo è che la cultura
ha un prezzo, e alla luce dei tagli ministeriali di questi ultimi anni, non si capisce perché non si
possa chiedere un contributo a chi in cambio usufruisce di questo valore.
I tagli di questo quadriennio hanno reso più difficile il rapporto e deteriorato la collaborazione
tra enti e uffici scolastici. Si è creata una situazione di concorrenza che via via ridotto le sinergie
della collaborazione enti-amministrazione. La cooperazione è stata messa a dura prova, da un
lato dai tagli in quanto tali, dall’altro dall’irrigidimento dell’amministrazione nell’interpreta-
zione delle norme vigenti e per le posizioni non sempre collaborative degli Uffici scolastici. Il
risultato è una disomogeneità di prassi nelle varie circoscrizioni: la questione del contributo
genitori, l’incomprensibile negazione dell’accesso ai dati degli alunni, l’assurdità dei bilanci di
cassa. In molte circoscrizioni grazie al senso di responsabilità di consoli e dirigenti, si sono tro-
vati escamotage, scorciatoie, soluzioni locali. Ma può un settore importante come quello della
scuola dipendere dalle sensibilità del Console o del Dirigente di turno? Può fondarsi la gestione
dei corsi LICIT su escamotage e soluzioni creative all’italiana?
Tutto ciò richiederebbe, come minimo una serie di urgenti chiarimenti normativi, molto più
seriamente una revisione di leggi e norme che regolano il settore. Una revisione che metta al
centro l’utenza e il servizio. Bisogna superare la fase di continua emergenza con la quale siamo
confrontati da anni, paragonabile a un terremoto con continue scosse (tagli, integrativi, posti
soppressi, posti mai riattivati) che nell’insieme arrecano solo danno al sistema corsi, soprat-
tutto perché viene a mancare una pianificazione certa e perdiamo la fiducia dei nostri utenti.
Avremmo bisogno in fretta della riforma, ma soprattutto abbiamo bisogno di una politica e
di una gestione che sia lineare, coerente, che ci indichi la direzione e ci permetta un minimo
di pianificazione, perché altrimenti la situazione precipita e si rischia lo smantellamento dei
corsi e si rende inutile qualsiasi disegno di riforma. Semplicemente non ci saranno più i corsi
e quindi non ci sarà più bisogno di una riforma. A differenza del 2009, nella situazione attuale
non è possibile adottare ulteriori misure di contenimento che attenuino le conseguenze dei
tagli. Abbiamo già tagliato e ridotto quanto era possibile tagliare. Siamo all’osso! Apprezziamo
il segnale che il Governo ci dà con la legge di stabilità 2013 che non solo non prevede ulteriori
tagli agli enti gestori, ma che aumenta l’ammontare del Cap. 3153. E però bene ricordare che
con 10,1 milioni siamo ancora e ampiamente al di sotto dei contributi di 3-4 anni fa e che
dovremo far fronte a nuovi tagli del contingente MAE.
Seminario sulla diffusione della lingua e cultura italiana all’esteroRoma, 6 dicembre 2012
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Le prospettive
Il vero nodo da sciogliere spetta alla politica e allo Stato italiano che deve scegliere se conti-
nuare a promuovere la lingua e la cultura italiana all’estero (sembra una domanda banale, ma
apparentemente non lo è) e con quali mezzi intende attuare questa politica di promozione.
I corsi costituiscono il modello più diffuso per l’insegnamento dell’italiano e rappresentano uno
strumento strategico di diffusione e promozione della lingua e cultura italiana all’estero. L’Italia
dai corsi LICIT può trarre solo benefici in termini di ritorno economico, turistico, commerciale
e d’immagine.
Considerato che le lingue straniere si imparano sempre più in tenera età, i corsi permettono di
avvicinare gli alunni alla lingua italiana già a partire dal livello primario, colmando almeno in
parte, l’handicap di partenza rispetto alle altre lingue straniere che sono inserite nel piano di
studi della scuola pubblica come materie curricolari. I corsi rappresentano da questo punto di
vista una sorta di “salvagente” per l’italiano all’interno del sistema scolastico locale.
Un aspetto particolare che è importante ricordare al CGIE: Le numerose iniziative paradidat-
tiche (feste, recite, gite istruttive, celebrazioni e altre attività culturali e ricreative) legate ai corsi
non rappresentano unicamente un mero momento istruttivo, ma in molte località anche un
importante, se non addirittura l’unico, momento di aggregazione della collettività di origine
italiana. In questo senso, anche alla luce della perdurante crisi dell’associazionismo, i corsi
fanno da collante della collettività italiana, contribuiscono a “fare sistema”, a “fare rete” e sono
un importante punto di riferimento per la comunità. Per la consistenza numerica e la diffusione
capillare nel territorio i corsi sono l’attività targata “Italia” che coinvolge il maggior numero di
connazionali (alunni, genitori, nonni) e che favorisce il legame tra le varie generazioni di italiani.
Lo Stato si deve domandare con quali mezzi intende attuare la politica di promozione lingui-
stica, in periodi vacche magre, deve domandarsi come può razionalizzare e ottimizzare il suo
intervento. C’è bisogno di una scelta di campo. In sostanza lo Stato deve decidere se impe-
gnarsi in prima persona con un intervento interamente statale oppure se appoggiarsi sul pri-
vato sociale e non profit con contributi finanziari a associazioni culturali, scuole, università
e enti gestori locali, approfittando della presenza della diaspora italiana, utilizzandola come
motore della promozione linguistica e facendone finalmente una risorsa da impiegare nella
politica estera.
Le difficoltà organizzative e finanziarie di alcuni enti (dovute soprattutto ai pesanti tagli MAE
degli ultimi anni, in parte operati ad esercizio iniziato, e non all’incapacità amministrativa degli
enti) confermano che l’esperienza, complessivamente positiva, degli enti fondati prevalen-
temente sul volontariato si è esaurita. Vi è dunque l’urgente necessità di rivedere la natura
degli enti, puntando su una loro maggiore professionalizzazione e per ragioni di efficienza
ed economicità anche a una loro riduzione, lavorando con enti che dispongono di strutture
solide, alte competenze professionali e di una pluriennale esperienza nel settore scolastico,
pur restando fortemente ancorati nella collettività italiana e mantenendo la loro natura non
Seminario sulla diffusione della lingua e cultura italiana all’estero Roma, 6 dicembre 2012
81
profit. In Svizzera emergono ad esempio le esperienze delle Fondazioni FOPRAS ed ECAP che
non limitano il loro intervento al settore LICIT, ma si occupano di attività ad ampio raggio che
riguardano la collettività italiana (asili, scuole private, formazione adulti, tempo libero, cultura),
proponendosi come centri di formazione culturale. La loro natura giuridica fornisce tutte le
garanzie quanto a trasparenza, qualità dell’intervento e correttezza amministrativa.
Lo Stato potrebbe anche puntare sulla continuazione del sistema a gestione mista. Questo
comporta però la necessità impellente di mettere a disposizione maggiori fondi finanziari agli
enti, di non ridurre il contingente MAE e di sciogliere i nodi che ho citato per recuperare un’ef-
fettiva collaborazione tra enti e amministrazione. Una tale scelta sarebbe comunque da consi-
derarsi transitoria in attesa di una riforma quadro del settore. Non ci sono i fondi per finanziare
un sistema che si regga unicamente sull’intervento statale. Già oggi l’80% dell’intervento all’e-
stero viene gestito da enti gestori locali. Lo Stato non è in grado (ma non è nemmeno tenuto
a farlo) di assorbire direttamente la miriade di attività svolte oggi da enti e associazioni, tranne
che si intenda limitare la politica di promozione culturale a pochi corsi sparsi per il mondo a
macchia di leopardo. A lungo termine tuttavia la scelta può essere soltanto una: abbandonare
l’intervento statale diretto nei corsi LICIT e sostenere le attività svolte da enti gestori locali in
grado di documentare e certificare la qualità del loro lavoro. Ciò non significa abbandonare
del tutto la presenza del personale statale all’estero che deve essere concentrato nelle scuole
e nelle università, e solo in maniera circoscritta nei corsi, magari con funzioni particolari di
aggiornamento didattico.
Concludendo ritengo che gli spunti e le riflessioni da lasciare al nuovo Parlamento per una
riforma del settore siano:
1. riproporre con forza l’idea di servizio pubblico, inteso come doverosità dello Stato di inter-
venire e sostenere gli interventi, affidando il servizio a enti riconosciuti, non si deve abban-
donare il concetto della centralità dello Stato nella politica culturale all’estero, intesa come
intervento di indirizzo, monitoraggio e valutazione.
2. bisogna ripartire delle esperienze concrete maturate nel territorio e valorizzare le espe-
rienze positive e di qualità, senza buttare il bambino con l’acqua sporca
3. al centro della riforma bisogna porre le esigenze e i bisogni dell’utenza, recuperando il
concetto di Piano Paese, cioè di interventi specifici e mirati che tengano conto delle diffe-
renti realtà in cui operiamo; bisogna abbandonare l’idea di un modello di gestione unico,
centralizzato e deciso nei ministeri; Roma non è più il centro del mondo, ciò non significa
rinunciare a un progetto di ampia portata, ma l’esatto contrario; più si coinvolgono le sin-
gole realtà con le loro peculiarità, più si estende il raggio di azione della politica culturale
4. bisogna garantire la qualità, l’efficienza e la continuità del servizio, c’è bisogno di una pia-
nificazione pluriennale sia come attività sia come finanziamenti
Seminario sulla diffusione della lingua e cultura italiana all’esteroRoma, 6 dicembre 2012
82
5. per fare ciò bisogna incrementare complessivamente l’impegno finanziario dello Stato,
perché è il sostegno dello stato che fa da stimolo e che permette di coinvolgere altre fonti
di finanziamento
6. nel settore scuole bisogna puntare sempre più su scuole bilingue e biculturali che uni-
scono la tradizione italiana a quella del paese ospitante, bisogna collocare l’italiano nelle
politiche scolastiche che mirano al bi- e plurilinguismo
7. un punto centrale per il CGIE: mettere al centro della politica culturale italiana gli italiani
all’estero quell’universo fatto di milioni di discendenti italiani, come destinatari di questi
interventi, ma anche come moltiplicatori, farne un motore di diffusione e promozione,
dando finalmente un senso concreto a quella frase che ci sentiamo ripetere da troppo
tempo: gli italiani all’estero sono una risorsa. Utilizziamola questa risorsa, utilizziamo le
competenze, le capacità, ma anche l’entusiasmo dei cittadini italiani nel mondo. È un’op-
portunità che pochi paesi hanno, non perdiamola.
Nicoletta MARASCHIO, Presidente dell’Accademia della Crusca
Ringrazio tutti i presenti e i relatori, che hanno confermato la mia convinzione circa la grandis-
sima utilità dell’incontro odierno.
Cedo la parola al sottosegretario De Mistura, che da par suo concluderà i lavori della mattinata.
Staffan DE MISTURA, Sottosegretario di Stato agli Affari Esteri
Sottolineo che l’evento in corso di svolgimento offre due occasioni: un seminario di brain stor-
ming, in cui tutti ci diciamo ciò che vogliamo sentire e di cui siamo già convinti, e una discus-
sione dalla quale emergeranno sette idee per il futuro, tre delle quali sono realizzabili e una sarà
realizzata; a questo punto il seminario sarà concreto. Per ottenere questo obiettivo mi affido ai
protagonisti del dibattito.
I lavori, sospesi alle ore 13.35, riprendono alle ore 15,00
Tommaso CONTE, Rappresentante della Commissione Tematica Scuola e Cultura del CGIE
Con soddisfazione la IV Commissione “Scuola e cultura” osserva che quanto ha auspicato nei
suoi precedenti lavori incomincia a prendere corpo. Da tempo, abbiamo richiesto un serio
confronto e un approfondimento sullo stato della promozione della lingua e della cultura ita-
liana nel mondo. L’incontro di oggi avvia un percorso intenso, articolato, faticoso che mi auguro
Seminario sulla diffusione della lingua e cultura italiana all’estero Roma, 6 dicembre 2012
83
possa aprire la strada alla tanto auspicata riforma della legge 153 del 1971, grazie alla quale,
comunque, tanto si è fatto a favore di milioni di ragazzi e giovani italiani, ma anche parecchio
non si è fatto nella giusta direzione.
Oggi i ragazzi italiani che frequentano i corsi sono diventati una minoranza, e i corsi “differiti
o extracurriculari”, indirizzati quasi esclusivamente ai discendenti di italiani, sono stati quasi
eliminati per mancanza di risorse. Di necessità, dunque, occorre guardare avanti, cercando
di disegnare le linee del domani non in modo autoreferenziale, ma cercando di coinvolgere
quanto più possibile l’opinione pubblica italiana. Discutiamo non dei nostri bisogni di italiani
all’estero, ma delle prospettive di rilancio culturale dell’Italia nella dimensione globale.
Il CGIE nella relazione di questa mattina ha già chiarito quale sia la sua visione sul presente e
sul futuro dell’offerta di lingua e cultura italiana nel mondo. E tuttavia il futuro, soprattutto in
tempi difficili come questi, non si costruisce senza comprendere e analizzare in modo serio il
presente per rappresentarne con spirito di verità limiti, contraddizioni e magari anche spiragli
di luce, se ve ne sono.
Abbiamo già ascoltato molte cose sulla situazione della lingua e della cultura italiana nel
mondo, a partire dalla relazione dell’amministrazione che ha dato una prima risposta alla insi-
stente domanda, da noi ribadita nel corso della preparazione di questo seminario, di avere
una fotografia attendibile della realtà. Ci sembra però che le molte ed utili cifre che ci sono
state proposte abbiano bisogno di ulteriori approfondimenti e verifiche perché possano rive-
lare concretamente lo stato delle cose e le problematiche che si evidenziano a seguito del ridi-
mensionamento dell’intervento pubblico. Come Consiglio generale cercheremo di farlo con
questa seconda relazione e con alcuni interventi che seguiranno nel corso del dibattito, dopo
avere comunque chiarito che partiremo da un duplice presupposto: un forte spirito di collabo-
razione e un convinto sostegno alla prospettiva di una profonda riorganizzazione del sistema;
una conoscenza diretta delle situazioni per il fatto che non solo viviamo tra le nostre comunità,
nelle quali la domanda di lingua e cultura italiana è più forte, ma molti di noi hanno fatto e
stanno facendo esperienze dirette proprio nelle attività formative realizzate dagli enti gestori.
Poiché nel breve tempo di questo intervento non è possibile fare una disamina completa dei
casi, anche per la grande eterogeneità delle situazioni a livello di paese, mi limiterò ai riferi-
menti più generali relativi alle maggiori aree linguistiche e, soprattutto, ad evidenziare alcune
problematiche che sono state appena accennate o ignorate negli interventi che si sono susse-
guiti finora.
Non ritorno sulla serietà dei tagli finanziari, la cui entità è stata evidenziata perfino nella rela-
zione dei Ministeri competenti. Non posso fare a meno di osservare che la comparazione tra
quanto i partner europei spendono in questo campo e quanto spende lo Stato italiano è imba-
razzante, se non addirittura avvilente. Infatti, rispetto agli investimenti degli altri paesi, che
stamattina abbiamo ascoltato, l’Italia oggi non va oltre gli 80/85 milioni di euro all’anno. Per
carità di patria, mi esimo da ogni commento.
Seminario sulla diffusione della lingua e cultura italiana all’esteroRoma, 6 dicembre 2012
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In questo particolare momento c’è assoluta necessità di un coordinamento, ma ciò non è suf-
ficiente: non basta mettere tutte le risorse insieme, occorre creare un nuovo soggetto di pro-
grammazione dell’intervento linguistico-culturale. Riprendo a tale proposito quanto già detto
nella relazione del CGIE di questa mattina: “questo nuovo soggetto dovrebbe scaturire dalla
riorganizzazione del sistema pubblico intorno ad un ente di gestione unitario e, nello stesso
tempo, consentire ai soggetti dotati di autonomia istituzionale, come le Regioni e le univer-
sità, e giuridica, come la Dante Alighieri, di concorrere all’elaborazione di programmi coordinati
nelle diverse realtà del mondo ed alla realizzazione degli stessi, ognuno secondo competenza
e possibilità”.
Tornando ai tagli, mi limito, per necessità di tempo, a fare solo alcuni esempi significativi della
ricaduta che la riduzione delle risorse ha prodotto sul territorio.
In Australia, gli alunni dei corsi, che nel 2008 ammontavano a 320.000, di cui 220.000 sostenuti
dalle autorità locali e 100.000 alunni sostenuti dall’Italia, nel 2012 sono fortemente diminuiti
sul versante italiano scendendo a 49.000.
In Belgio, le risorse sono diminuite di oltre l’80% e gli alunni del 50%.
In Brasile, nel solo 2012 si è avuto un taglio dei finanziamenti del 78%, che ha comportato la
pratica abolizione dei corsi per adulti, frequentati anche da molti giovani.
In Svizzera, nel 2008 c’erano 16.006 alunni, ridottisi a 11.843 nel 2012.
Una prima puntualizzazione ci sembra che vada fatta sulla considerazione che è stata avan-
zata in una delle relazioni mattutine sulla ricaduta più ridotta dei tagli finanziari sui corsi e sul
numero degli utenti. Questa rilevazione è aritmeticamente vera, ma solo in una dimensione
statistica. In realtà, a questo risultato si è giunti per la prontezza con cui gli enti gestori si sono
adattati alla nuova situazione facendo di necessità virtù. La riorganizzazione dell’offerta for-
mativa, però, non è stata senza conseguenze: esse attengono prevalentemente alla qualità del
servizio. I responsabili degli enti gestori, infatti, hanno dovuto ridurre l’ora canonica di inse-
gnamento, prendere atto dell’impossibilità di ogni forma di aggiornamento, accorpare i corsi
con comprensibili disagi per gli utenti e creare unità didattiche che riportano alla mente le non
rimpiante pluriclassi, generalizzare le quote di partecipazione ai costi da parte delle famiglie
e aumentarne l’importo sino a 280 euro annuali, diminuire le retribuzioni degli insegnanti. Il
restringimento della forbice tra risorse e livello del servizio, insomma, è stato pagato con un
abbassamento della qualità del livello formativo.
Una seconda puntualizzazione riguarda la situazione che si apre a seguito della decisione con-
tenuta nelle disposizioni sulla spending review di dimezzare nei prossimi anni il contingente di
personale di ruolo inviato da Roma. Se sulla linea di tendenza possiamo essere d’accordo, tut-
tavia il processo di rientro deve essere fondato non su criteri burocratici ma sulla salvaguardia
del diritto alla formazione degli utenti. In genere, gli enti gestori sono chiamati a riempire i
vuoti, ma non sono messi nelle condizioni migliori per poterlo fare. In concreto, ancora una
volta, quando si parla di risorse la mano destra non sa quello che fa la sinistra e viceversa. Dal
rientro di 141 operatori di ruolo si è avuto un risparmio di diversi milioni di euro. Di questi, solo
Seminario sulla diffusione della lingua e cultura italiana all’estero Roma, 6 dicembre 2012
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una parte è stata riversata sui corsi ed è servita, quindi, ad assicurare una sostituzione adeguata
del personale rientrato. Anche in questo caso le conseguenze di ordine qualitativo non sono
state irrilevanti, soprattutto in Europa, dove è concentrata la fetta più consistente di personale
di ruolo.
Partendo sempre da una verifica dal basso delle situazioni, pensiamo che si debba riflettere
in modo meno schematico sul criterio di sospendere il sostegno dei corsi per adulti, adottato
nella definizione del programma di intervento ex 153 per il 2012-13. Sappiamo bene che di
fronte al radicale abbattimento dei fondi, si son dovuti selezionare rigidamente anche i criteri,
privilegiando giustamente i corsi integrati, ma escludendone altri ugualmente importanti. I
corsi per adulti, in realtà sono la forma specifica più diffusa dell’apprendimento dell’italiano in
vaste aree di forte tradizione emigratoria, come l’America meridionale e l’Australia. Non stiamo
parlando di generici approcci di persone estranee alla nostra lingua e alla nostra cultura, ma
nella maggior parte dei casi di giovani, e talvolta di giovanissimi, che cercano di recuperare la
lingua d’origine, perduta nelle stesse famiglie. Chiudendo questa tipologia di corsi, in realtà, si
taglia un cordone ombelicale fondamentale con il nostro retroterra sociale e culturale. In più,
spesso il recupero dell’italiano da parte di questi giovani è solo il primo passo verso ulteriori svi-
luppi formativi di ordine professionale e imprenditoriale, che possono andare solo a vantaggio
del nostro paese e della sua proiezione internazionale.
Sono stati spesso evocati gli enti gestori. E’ accaduto non per una preferenza personale di chi
vi parla né per un nesso corporativo di diversi componenti del CGIE con questi strumenti ope-
rativi. Nel CGIE se ne parla spesso, ma fuori da alcune specifiche sedi se ne parla troppo poco,
dimenticando che essi assicurano l’insegnamento linguistico ad oltre mezzo milione di ragazzi.
Si tratta, di una cancellazione di memoria della nostra emigrazione e della sua evoluzione, che
non può non determinare un indebolimento delle radici sociali del sistema di promozione della
lingua e della cultura italiana. Questi enti sono il prolungamento delle forme organizzative che
le nostre associazioni all’estero autonomamente si sono date, per assicurare ai figli dei lavo-
ratori costretti a espatriare la conservazione della lingua materna e una formazione culturale
originaria. Quando già agli inizi degli anni ’90 si sono evidenziati per la prima volta problemi
finanziari, è stato il Ministero degli esteri che ha scaricato sugli enti gestori una parte conside-
revole del servizio. La fragilità e i limiti di questi enti dipendono soprattutto dagli equivoci e dai
problemi non risolti in occasione di quella scelta caduta dall’alto. In realtà, si è favorita la costi-
tuzione di questi enti, configurandoli come enti autonomi ma rendendoli, di fatto, dipendenti
dai contributi ministeriali. In una prima fase, per la capacità di queste formazioni di raccogliere
le esigenze diffuse sul territorio, nessuno ha ostacolato la diffusione e la moltiplicazione degli
enti. Nel momento in cui le difficoltà finanziarie si sono aggravate abbandonare questi enti al
loro destino o assumere verso di essi un atteggiamento duramente burocratico non solo è un
atto ingeneroso verso chi ha dovuto fare supplenza rispetto ad una latitanza dello Stato, ma
rischia di diventare un ulteriore colpo assestato allo stesso sistema formativo all’estero.
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Naturalmente, ora si tratta di guardare in avanti e fare un discorso serio anche rispetto agli enti
gestori. Per rispondere alle complesse esigenze sottolineate nella relazione generale del CGIE,
nel quadro della profonda riorganizzazione in essa proposta, gli enti gestori vanno razionaliz-
zati e rafforzati. Intanto essi andrebbero aggregati per assumere, senza patriottismi territoriali
e resistenze corporative, le dimensioni più adeguate per qualificare l’intervento ed usufruire
di tutte le economie di scala possibili. In secondo luogo, occorre lavorare molto e con grande
serietà sul controllo di qualità degli enti, affidando a strutture specializzate ed esterne un com-
pito di tale delicatezza. Per fare questo, comunque, è indispensabile rimuovere, a monte, i fat-
tori di incertezza e ritardo di ordine finanziario che sussistono nella pratica di erogazione dei
contributi. La cadenza annuale è del tutto inadeguata rispetto alle esigenze di enti che devono
ricorrere alle anticipazioni bancarie per le loro attività E’ necessario, dunque, passare ad una
programmazione triennale, scandita da programmi esecutivi annuali, in modo che ogni ente
abbia la possibilità di delineare per tempo la sua attività e poter giustificare con gli istituti ban-
cari gli impegni da assumere. La stipula di convenzioni pluriennali, che devono essere puntual-
mente rispettate, delineerebbe quel quadro di certezze di cui gli enti hanno bisogno. Una tale
pratica si trasformerebbe anche in un evidente vantaggio di ordine formativo, perché si assicu-
rerebbe la continuità didattica dell’insegnamento. Prima che sia costituito e diventi operativo
l’ente unico di programmazione degli interventi, di cui la relazione del CGIE ha parlato, sarebbe
auspicabile l’istituzione di un fondo, articolato a livello nazionale, finalizzato all’affidamento
a qualificati enti esterni una attività di valutazione dei risultati qualitativi. La valutazione dei
risultati e il controllo dei mezzi deve diventare una preoccupazione prioritaria di chi investe,
altrimenti l’insuccesso è inevitabile.
Il sistema di programmazione fin qui evocato, tuttavia, non deve essere centralizzato, ma
essere piuttosto il coronamento di un impegno di programmazione dal basso, da realizzare
attraverso la reintroduzione dei “Piani Paese”, strumento idoneo per rilevare i bisogni specifici
delle singole nazioni, base oggettiva di un’equa ed efficace distribuzione dei fondi. In tante,
troppe nazioni questo strumento non viene più adottato. Forse perché troppo democratico?
Forse perché coinvolgeva tutti gli attori interessati? Certo è che in molti paesi si va diffondendo
un rapporto diretto tra autorità consolari ed enti gestori. Questo non va!
Nel concludere, sento però il dovere di esprimere anche qualche nota di speranza. Quando si
realizza un circuito virtuoso tra capacità soggettive e opportunità obiettive, il nostro sistema
è in grado di offrire esempi positivi e buone pratiche. In Europa, diversi enti gestori hanno
raggiunto convincenti risultati nel difficile compito di integrare i figli degli italiani nei sistemi
scolastici locali, a volte molto selettivi. Negli Stati Uniti, va salutato con soddisfazione il man-
tenimento dell’insegnamento dell’italiano negli istituti superiori, frutto di una grande mobi-
litazione della nostra comunità d’origine. In Canada, a seguito di una buona collaborazione
con le autorità locali, si è riusciti ad assicurare l’insegnamento della nostra lingua a decine di
migliaia di giovani e a sviluppare un sistema di scambi soddisfacente. In Australia, altro paese
multiculturale, l’insegnamento dell’italiano ha conservato una massiva diffusione ed è conside-
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rato obbligatorio tra le lingue straniere. In Sudamerica, non mancano esempi di appassionato
lavoro per il recupero della lingua d’origine.
Voglio sperare che i punti di luce che mancano possano guidare un cammino difficile, ma non
impossibile, che potrà essere fatto a condizione di imboccare una strada innovativa rispetto
al passato e che la società italiana si convinca che destinare risorse a questo obiettivo serve
soprattutto all’Italia per rafforzarsi sul piano internazionale.
Ministro plenipotenziario Vittorio SANDALLI, MAE - DGSP
Apro il dibattito cedendo subito la parola all’onorevole Manuela Ghizzoni.
On. Manuela GHIZZONI, Presidente della Commissione Cultura della Camera dei Deputati
A nome della Commissione Cultura della Camera dei Deputati ringrazio per l’opportunità di
partecipare a questo evento, che rappresenta per me l’occasione di conoscere direttamente
l’importante attività svolta dal CGIE e aggiornare la nostra indagine conoscitiva che si è dipa-
nata per molto tempo, a causa non già dei Commissari, bensì dei nevrotici lavori dell’Aula che
spesso ci hanno costretti a rinviare le audizioni.
Desidero in questa sede anche riportare le opinioni della VII Commissione della Camera, che
in due occasioni si è espressa sulle questioni che il CGIE sta affrontando: il pronunciamento del
parere sulla spending review e, più recentemente, sulla Legge di stabilità. Ovviamente offro un
punto di vista diverso da quello di un italiano che vive all’estero, ma molto interno anche al
MIUR, del quale la Commissione che presiedo è l’interlocutore, funzione che svolge anche nei
confronti dei docenti all’estero; auspico dunque che tale punto di vista arricchisca il dibattito.
Il Sottosegretario mi ha assegnato il compito di fornire precise direttrici di lavoro, i punti che
potrebbero essere assunti dal Governo, che io non sono in grado di assolvere; desidero però
offrire uno spunto da parte di una Commissione che si è confrontata su questi temi. Per giun-
gere alla riforma più volte invocata da soggetti diversi, abbiamo ritenuto necessario, ai fini di
un ripensamento complessivo della promozione della lingua e della cultura italiana, colmare
l’assenza di una supervisione, come ho sentito con piacere anche ripetere in più occasioni dalle
relazioni che si sono susseguite; essendo i soggetti molto diversi, occorre che tutti raggiun-
gano la chiarezza circa gli obiettivi da conseguire. Anche i canali di apprendimento della lingua,
e quindi di avvicinamento alla cultura italiana, così complessa, sono tanti e pertanto devono
essere coordinati.
A tale scopo è naturalmente necessario valutare il mutato contesto della nostra emigrazione,
come è stato più volte ripetuto: infatti è oggi superata la fase in cui i corsi erano rivolti a per-
sone appartenenti alla prima emigrazione, ma ci troviamo in quella in cui sono indirizzati alle
Seminario sulla diffusione della lingua e cultura italiana all’esteroRoma, 6 dicembre 2012
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seconde, alle terze e alle successive generazioni. Come abbiamo ascoltato dagli amici spagnoli,
francesi e tedeschi (che peraltro avevamo già audito in sede di Commissione), è oggi adottato
un impianto che prevede un sistema misto in cui l’80 percento dei corsi viene espletato da per-
sonale assunto in loco e il restante 20 percento da docenti inviati dalla madrepatria.
A mio avviso, per ripensare il sistema occorre ragionare sull’identità linguistico-culturale, dal
momento che è molto mutata l’utenza, per la quale il concetto di patria è decisamente diverso;
per calibrare bene l’obiettivo dei corsi, pertanto, è importante individuare il genere di ope-
razione di trasmissione da effettuare, dal momento che gli alunni sono nati e cresciuti in un
contesto diverso da quello dei loro padri e dei loro nonni e da quello in cui sono stati concepiti i
primi corsi. Mi sono resa conto che questi connazionali non si appassionano soltanto alle icone
dell’italianità (dalla squadra di calcio alla gastronomia), ma anche ad altri aspetti: sono fierissimi
delle proprie origini, ma nel rapporto linguistico maturano esigenze diverse. Coloro ai quali
vengono affidati i corsi di lingua e cultura italiana – siano essi insegnanti provenienti dall’Italia
o assunti in loco – devono ovviamente essere competenti anche della straordinaria avventura
rappresentata dalla trasmissione non solo della lingua (dico questo soprattutto con riferimento
alla questione dei corsi on-line), ma anche della cultura, che presenta aspetti assolutamente
cangianti.
Comunico inoltre che, in ordine alla spending review e alla Legge di stabilità, la Commissione
Cultura della Camera dei Deputati ha espresso due pareri di preoccupazione nei confronti della
riduzione del contingente italiano all’estero, anche in base al timore che ogni diminuzione,
ogni arretramento sia difficilmente colmabile, come hanno sperimentato gli enti gestori, cui è
stato abbondantemente tagliato l’alimento che gli consente di assolvere al proprio compito;
recentemente si è poi verificato un apprezzabile ripensamento che però certamente non colma
le decurtazioni effettuate finora. Mi chiedo se sarà così anche per il contingente. Il consigliere
Conte ha sottolineato il disagio determinato dalla forte e repentina riduzione dei docenti di
ruolo all’estero; noi Parlamentari abbiamo ricevuto negli ultimi mesi moltissime lettere da fami-
liari di allievi cui improvvisamente è sparito l’insegnante, che non è stato rimpiazzato. Hanno
pertanto ragione coloro i quali sostengono che la nostra riflessione deve rimettere al centro gli
allievi e la loro necessità di apprendere la lingua.
La Commissione che presiedo ritiene che anche il tema della formazione dei formatori debba
costituire un tratto di omogeneità, tanto all’estero quanto in Italia.
Non mi soffermo sulla questione del coordinamento perché in questa sede è stata ampiamente
sostenuta; si tratta di uno dei punti sui quali è possibile accelerare il processo operativo. Nella
Regione dalla quale provengo, l’Emilia-Romagna, vige un sistema misto nella scuola dell’in-
fanzia fortemente integrato e soddisfacente per l’utenza, in cui il coordinamento pedagogico
viene mantenuto nella mano pubblica. In proposito osservo che il sistema misto regge se le
parti hanno un peso omogeneo perché l’una sollecita l’altra; in questo modo l’integrazione è
forte e proficua, e costituisce un modello efficace che può essere esportato.
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Desidero infine soffermarmi su due questioni che a mio avviso devono essere sviscerate opera-
tivamente: la qualità dell’offerta formativa (un tema che riguarda anche le scuole italiane e che
stiamo affrontando con grande difficoltà), in ordine alla quale i requisiti umani e professionali
del personale devono garantire il raggiungimento di determinati livelli, e la trasparenza certifi-
cata degli enti e della gestione amministrativa. Si tratta di garanzie imprescindibili, condizioni
indispensabili affinché l’investimento nella lingua e nella cultura non venga considerato una
spesa inutile e uno spreco; solo sulla base di questo presupposto sarà possibile avviare una
riflessione sull’organizzazione dei corsi all’estero all’interno di un più ampio ripensamento che
coinvolga l’intero sistema della promozione della lingua e della cultura italiana nel mondo.
On. Laura GARAVINI, Componente Comm. Permanente XIV Politiche Un. Europea
Desidero rivolgere preliminarmente un sentito ringraziamento al CGIE per averci consentito di
“scattare un’istantanea” sullo stato dell’arte dell’insegnamento della lingua e della cultura ita-
liana all’estero. Apprezzo il fatto che, attraverso questa giornata di lavori, il Consiglio Generale
abbia saputo trarre nuovo vigore dopo anni di mancanza di entusiasmo a causa dei tagli ai
finanziamenti delle politiche per gli italiani all’estero e dei ritardi delle elezioni per il rinnovo
degli organismi di rappresentanza delle comunità nel mondo. Mi compiaccio dunque che,
attraverso il seminario odierno, il CGIE dia nuovamente prova di impegno e di ottima forma.
Grazie anche per aver scelto autorevoli relatori che hanno indicato le prospettive e le strategie
adottate da Paesi quali la Germania, la Francia e la Spagna per valorizzare l’insegnamento delle
rispettive lingue, consentendo così una visione a 360 gradi. Tali testimonianze permettono di
comprendere la valenza attribuita all’insegnamento della lingua e della cultura all’estero da
questi Stati che lo considerano non soltanto un beneficio per le nuove generazioni di connazio-
nali (aspetto già prezioso e valido di per sé), ma anche per la propria promozione nel mondo.
Premesso questo, e premesso anche che l’Italia negli ultimi anni ha imboccato la direzione dia-
metralmente opposta alla valorizzazione della lingua e della cultura, i cui finanziamenti sono
stati falcidiati, rilevo come le parole chiave emerse dalle relazioni presentate abbiano offerto
spunti di convergenza preziosi allo scopo di adottare, analogamente a quanto stanno facendo
gli altri Paesi, misure in grado di produrre risultati concreti e proposte che non si riducono sol-
tanto ad analisi delle criticità, ma cercano anche di individuare soluzioni strategiche. Condivido
in pieno alcune di esse e ne sono grata, anche perché da alcuni mesi sto lavorando a una pro-
posta normativa che potrà fortemente giovarsene. Ho quindi preso nota dei concetti di “super-
visione”, “mancato coordinamento” (si è rilevato che invece è necessario muoversi in questa
direzione, chiaramente all’interno di un disegno politico unitario; un coordinamento che punti
fortemente alla professionalizzazione del corpo docente, e dunque anche alla qualificazione
dell’insegnamento), “uscire dall’ottica dell’emergenza”, cui si è puntato fino a oggi con effetti
devastanti, e infine “fare sistema”.
Seminario sulla diffusione della lingua e cultura italiana all’esteroRoma, 6 dicembre 2012
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Questi concetti mi hanno spinta a individuare una traccia di proposta di ripensamento dell’of-
ferta di lingua e cultura italiana all’estero che prevede la riforma degli Istituti italiani di cultura
in chiave di agenzia che, dal punto di vista strutturale-organizzativo, vuole ricalcare la for-
mula adottata per l’ICE, appena riformato; un’agenzia di diritto pubblico, sempre inquadrata
nell’alveo del Ministero degli Affari Esteri, ma che consenta di ricorrere a finanziamenti esterni,
in particolare di natura pubblica (ad esempio dei Paesi stranieri in cui opera), e contemporane-
amente anche europei, almeno nell’UE, beneficiando altresì di risorse di natura diversa.
Tale approccio strutturale è finalizzato a organizzare l’offerta di lingua e cultura italiana in
modo che non sia rivolta soltanto agli adulti (così come gli Istituti italiani di cultura hanno
fatto finora), ma preveda l’insegnamento anche ai minori attraverso l’azione di agenzie snelle e
moderne, capaci di reperire risorse di natura diversa, oltreché ministeriali.
Faccio dunque tesoro degli spunti emersi dalle relazioni illustrate in questa sede ed esprimo
grande apprezzamento e ringraziamento anche nei confronti della collega Presidente della
Commissione Cultura della Camera dei Deputati, che sta accompagnando questo processo
attraverso l’audizione di una serie di interlocutori; ritengo possa essere quella la sede in cui
portare avanti concrete proposte di riforma legislativa che sarò lieta di presentare in occasione
della prossima Assemblea Plenaria del CGIE.
On. Franco NARDUCCI, Vice Pres. della Comm. Affari Esteri della Camera dei Deputati
Mi associo ai ringraziamenti rivolti al Consiglio Generale degli Italiani all’Estero e al Ministero
degli Affari Esteri per aver organizzato questa ulteriore occasione di incontro, di confronto e di
riflessione sul tema cruciale della promozione della lingua e della cultura italiana nel mondo e,
aggiungerei, dell’intero sistema (lettorati, scuole italiane di qualità, ecc.), alla luce dei problemi
attuali che vedono le ricchezze sempre più spostate dall’Occidente verso l’Oriente; ciò obbliga
chiunque abbia responsabilità istituzionali e politiche a riflettere su tale importante questione.
Ringrazio particolarmente il CGIE (oltre che per non avere ancora ceduto alla stanchezza) per
aver offerto sul tema in discussione – già dal 1991, anno in cui è stato istituito – tanti spunti
di riflessione e aver evidenziato in ogni occasione gli aspetti nodali di quella che dovrebbe
essere l’assoluta priorità: individuare una strategia guida, come ha ricordato nella sua rela-
zione il consigliere Tassello e come è già emerso in occasione della grande assise svoltasi a
Montecatini sedici anni fa. Risulta evidente che si discute ancora degli stessi problemi emersi
allora ed è chiaro che ciò dipende da due aspetti distinti: le responsabilità della politica e quelle
del MAE. Più volte, a partire dal convegno di Montecatini, è stata sottolineata l’esigenza forte
e fondamentale di semplificare la catena di comando e, in effetti, già all’interno del Ministero
degli Affari Esteri si vive una situazione complicata, dal momento che due Direzioni Generali si
occupano di promozione della lingua e della cultura. Inoltre, in molti hanno invocato la riforma
della legge n. 153/71, a partire dall’ex ministro Valitutti che ha promosso il famoso convegno
Seminario sulla diffusione della lingua e cultura italiana all’estero Roma, 6 dicembre 2012
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di Urbino, perché a 10 anni di distanza dal varo di tale legge le coordinate erano ormai altre
e il mondo era già cambiato; a maggior ragione oggi che vi sono ragazzi di lingua 1, 2 e 3
che frequentano i corsi di italiano e che una comunità si batte per mantenere il proprio “DNA
costitutivo”, ovvero la lingua madre che consente di interpretare e mantenere vivo il proprio
patrimonio culturale.
Tale complicata situazione all’interno del MAE, che vede due Direzioni Generali cui fare rife-
rimento, comporta inoltre ricadute sul territorio, come ha ricordato il dottor Nesti nella sua
relazione, per quanto riguarda i corsi “di serie A e B”; vi sono infatti gli insegnanti ministeriali
che frequentano il collegio docenti e quelli che non possono parteciparvi.
Mi domando quindi di chi siano le responsabilità e chi abbia creato questo sistema. Certamente
sono la politica e il Ministero degli Affari Esteri. Occorre quindi imprimere una svolta a questa
situazione che comporta ricadute sul bilancio del MAE, il quale si deve fare carico di una parte
delle spese che competono al MIUR; si tratta di un ulteriore aspetto che viene sottaciuto, ma
quelle risorse potrebbero essere utilizzate diversamente.
Ritengo si sia ormai giunti a un punto di svolta: si sarà notato, anche dai dati riportati dai rap-
presentanti degli Istituti stranieri, che si vive ora in un mondo in cui il nostro patrimonio cultu-
rale e la nostra lingua sono entrati nel circuito della competizione globale, perché accompa-
gnano il sistema Paese. Ho personalmente avuto colloqui in passato con imprenditori italiani
che vivono in Venezuela e in Argentina, i quali hanno dichiarato di comprare in Italia i macchi-
nari di cui necessitano – malgrado possano rivolgersi alla Germania o alla Francia – per via del
legame affettivo che hanno con le loro origini, con la lingua e con la cultura italiana, quindi con
i valori che sottendono questi due aspetti.
A mio parere non si può più andare avanti così: questa pluralità di interventi rappresenta
una ricchezza, grazie soprattutto all’impegno e alle radici dei richiami regionali, provinciali e
comunali (a dimostrazione che l’Italia, malgrado sia un Paese dai “centomila campanili”, riesce
comunque a mantenere tutti uniti), ma ora occorre compiere un passo in avanti mettendo a
frutto le esperienze passate, a partire dai vari Ministeri e dal Parlamento, con il coinvolgimento
delle Regioni.
Ciò significa innanzitutto compiere un cambiamento importante sotto il profilo della riforma,
dal momento che i tagli ai finanziamenti (gravissimi e quantificati percentualmente da molti
intervenuti) rappresentano la logica conseguenza di un immobilismo inammissibile, di cui
anche noi siamo responsabili, perché nel 2006, con la forza dei numeri, abbiamo considerato
solamente la necessità di aumentare le risorse economiche senza pensare alle riforme strut-
turali, quali quelle relative agli interventi, alla legge n. 153/71, alla scuola italiana all’estero e
agli Istituti di cultura, per i quali ho depositato una proposta di legge di riforma all’inizio della
Legislatura, anche per uscire dalla logica dei “chiara fama”, che non hanno più ragione di esistere
e spesso, per ognuno di essi, bisogna assumere altro personale visto che non sono in grado di
dirigere un Istituto di cultura. Tale immobilismo ha quindi determinato questa situazione.
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Come è emerso dall’indagine svolta nel 2001 con il professor Tullio De Mauro, citata nella rela-
zione del professor Vedovelli e illustrata in questa sede, la domanda di insegnamento della
lingua italiana è molto elevata, soprattutto in Giappone, in Cina e nei Paesi emergenti; ciò è
inoltre propedeutico ad altri tipi di approcci con il nostro sistema Paese. Ritengo che i tagli ai
finanziamenti abbiano rappresentato una conseguenza del non aver prestato attenzione alle
indicazioni del CGIE nel corso degli anni. Malgrado il piano Paese possa dare l’impressione di
essere uno strumento vecchio, in realtà consente di legare tutte le sinergie, di rendere tutti
protagonisti all’interno di una stessa Nazione (ad esempio Consoli, Istituti italiani di cultura,
ecc.); tuttavia, se ognuno pensa invece a “coltivare il proprio orticello”, ma non al modo di fare
sistema, si rafforza la situazione attuale.
Sono del parere che sia ancora possibile giocare la partita e giungere a un punto di svolta.
Come ha suggerito il sottosegretario De Mistura, da questo seminario devono emergere due
o tre punti concreti da portare avanti; invito ognuno a farsi carico delle proprie responsabilità:
quella politica, che spetta a coloro i quali devono assumere le decisioni politiche, e quella che
compete all’Amministrazione dello Stato.
Ringrazio il presidente Ghizzoni per aver ricordato l’indagine che si è aperta con una visione
straordinaria della promozione della lingua e della cultura italiana nel mondo, ma personal-
mente parlerei di una politica che mattone su mattone costruisce uno strumento valido per
tutti gli attori, all’interno però di una strategia del Paese.
Ammetto di aver provato una forte emozione guardando il filmato presentato dalla Società
Dante Alighieri, che a mio giudizio rappresenta la migliore dimostrazione delle potenzialità e
del valore delle comunità di connazionali nel mondo indipendentemente dall’essere conside-
rate o meno: gli italiani all’estero hanno sempre compiuto il proprio dovere.
Silvana MANGIONE, Vice segretario generale CGIE – (USA)
Vorrei affrontare tre questioni che ritengo importanti: la specificità (termine che finora non è
stato usato all’interno di questo importante seminario), la razionalizzazione dell’esistente e le
best practices.
Per quanto riguarda la specificità, i Paesi anglofoni extraeuropei (di solito diversi in tutto rispetto
agli altri, e ce ne scusiamo, ma questa è la verità) hanno scelto modelli di intervento che potreb-
bero diventare estremamente utili se riproducibili in altre aree. La nostra attività prevalente
consiste nell’inserimento dei corsi nell’orario curricolare delle scuole, stringendo accordi con
esse e assicurando loro il nostro contributo al pagamento del materiale oppure al salario degli
insegnanti per tre anni, alla fine dei quali le scuole stesse si fanno carico dei corsi, mentre noi ne
avviamo altri. Ciò ha un effetto moltiplicatore e garantisce la certezza non solo della partecipa-
zione dei bambini italiani e dei discendenti dei connazionali che frequentano quelle scuole, ma
anche la formazione degli italofoni e degli italofili, cui si è fatto cenno in precedenza.
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Questo modo di operare è maggiormente diffuso negli Stati Uniti e in Canada con esempi mera-
vigliosi, come il Centro culturale di Toronto, cui bisogna necessariamente accennare, e come gli
straordinari risultati ottenuti nella zona dei tre Stati di New York, New Jersey e Connecticut
attraverso il lavoro dello IACE – Italian American Committee on Education; ad essi si aggiun-
gono gli accordi con gli Stati, con le città, con le contee e con le autorità scolastiche locali.
L’ostacolo da superare – su cui desidero attirare l’attenzione perché è estremamente grave e
occorre individuare soluzioni concrete – è rappresentato dal fatto che taluni Paesi non accet-
tano l’abilitazione italiana all’insegnamento dell’italiano come seconda lingua nelle loro scuole
dell’obbligo.
Il Sud Africa agisce invece in maniera diversa perché la sua realtà è differente e più ardua: è
merito infatti della grandissima capacità aggregativa e organizzativa della comunità italiana
se si contano quasi duemila studenti, in parte assistiti dalla Società Dante Alighieri e in parte
addirittura dagli stessi centri italiani. Segnalo inoltre un’iniziativa interessante che sta nascendo
in quel Paese, ma è stata adottata anche in altri Stati: la scuola italiana bilingue e biculturale.
Nel Nord America ve n’è una, a New York, con corsi dalla scuola materna alla maturità scienti-
fica, e se ne è avviata un’altra a New Rochelle, pertanto quella in Sud Africa, alla quale auguro
lunga vita, è la terza scuola di questo genere nel mondo anglofono. Conosco poco la situazione
dell’Australia, quindi non mi permetto di parlarne per evitare di commettere errori.
Quanto alla razionalizzazione dell’esistente, esiste un limite obiettivo: non tutto è applicabile
ovunque. Anche in questo rientra il discorso della specificità. In alcuni dei Paesi anglofoni extra-
europei la Società Dante Alighieri è viva, rampante e non se ne potrebbe fare a meno, mentre
in altri esiste solo sulla carta, ma non svolge alcuna attività.
Avendo ascoltato le esperienze dei “cugini” tedeschi, spagnoli e francesi, esprimo quindi la pre-
occupazione che da questo seminario emerga soltanto l’idea di costituire un’agenzia, perché
fino alla sua istituzione per legge trascorreranno almeno cinque anni e altrettanti ne occorre-
ranno per la sua messa a regime e, nel frattempo, si sarà smesso di insegnare l’italiano. Temo
inoltre che si applichi il solito “letto di Procuste” per cui una determinata “entità” dal nome aulico
e importantissimo deve per forza far parte della progettazione, della programmazione e della
realizzazione, ma bisogna rendersi conto che in certe aree e in certi luoghi essa è utilissima,
mentre altrove deve probabilmente essere rafforzata prima che possa sostituire un “esistente”
che già funziona.
Date tali premesse, mi permetto, in assoluta umiltà, di avanzare qualche proposta. La prima e
fondamentale concerne un coordinamento, che deve comunque essere realizzato, in attesa
dell’ipotizzata istituzione di un’agenzia. Ne deve far parte in primo luogo lo Stato, che deve
agire non soltanto come erogatore di fondi, ma anche attraverso autorità competenti, incar-
nate nei diversi Ministeri, che operino insieme e di concerto con il Parlamento, per definire i
migliori interventi possibili con le scarse risorse residue. Allo Stato spetterà anche il compito
dell’informazione: se, infatti, verranno resi noti i provvedimenti in via di programmazione e
Seminario sulla diffusione della lingua e cultura italiana all’esteroRoma, 6 dicembre 2012
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predisposizione, per noi sarà possibile suggerire eventuali aggiustamenti relativi alle specificità
cui ho fatto riferimento.
Ne devono far parte le Regioni, che dovrebbero essere coordinate non soltanto nel modo
splendido in cui lo sono state di recente (per questo rivolgo, senza piaggeria, un sentito rin-
graziamento alla presidente Bartolini), ma anche finanziariamente; al riguardo sottolineo la
necessità (e sul punto chiedo l’intervento dei politici) di far comprendere alle Presidenze delle
Regioni che i loro uffici di internazionalizzazione devono agire di concerto con gli organismi
regionali che rappresentano i corregionali all’estero, perché in questo modo si costruisce un
più solido sistema Paese.
A mio avviso è opportuno anche coinvolgere la RAI, in tutte le sue espressioni aziendali, perché
detiene materiale unico e irripetibile. A questo proposito lancio un’idea: poiché specialmente
nei Paesi anglofoni extraeuropei le lezioni ai bambini devono essere divertenti, colorate, visive
e raccontare una storia che consente loro di imparare la lingua divertendosi, propongo di unire
le forze della RAI, che ha tanto materiale, e di ICoN, che ha la capacità di elaborarlo in forma
di lezioni utili anche agli adolescenti. Infatti, l’APP (Advanced Placement Program), cui si è fatto
riferimento nella prima parte del seminario, non è – come è stato detto da qualcuno - il reinse-
rimento dell’italiano nelle scuole medie superiori, bensì la conquista di uno strumento promo-
zionale di cui lo spagnolo, il francese e il tedesco disponevano già, vale a dire un esame che,
una volta superato, consente agli allievi delle scuole medie superiori di tesaurizzare una certo
numero di credits gratuiti dei quali usufruire all’università.
Ritengo poi che Assocamerestero non abbia alcun bisogno di organizzare altri corsi di ita-
liano, dal momento che le associazioni dei connazionali all’estero, gli enti gestori, le Università,
ecc. possono farlo in maniera molto migliore e con migliore controllo di qualità; trattandosi
dell’antenna dell’industria italiana all’estero, ad essa spetta invece il compito di sensibilizzare
le aziende nel mondo sull’effetto trainante della lingua. A tale riguardo faccio presente che in
questo momento la terza attrazione di New York dopo la Statua della Libertà e l’Empire State
Building è costituita da Eataly, dove le persone stanno imparando a parlare italiano semplice-
mente acquistando cibi.
Infine le comunità italiane all’estero, attraverso le loro rappresentanze democratiche di base,
che raccolgono il senso di ciò che avviene, il CGIE che lo filtra e i rapporti virtuosi oggi allacciati
con gli ottimi interlocutori succedutisi in questa sede, possono costruire un piano, in cui si
continua a rispondere alle esigenze della vecchia legge n. 153/71 – destinate a non morire mai
perché è ricominciata l’emigrazione, che non è soltanto di cervelli (i quali, comunque, sono stati
formati dalla tanto vituperata scuola italiana). Un piano allargato, rivolto a un intero mondo
che deve, attraverso questa nostra lingua di cultura, recuperare il senso del bello del quale in
questo momento si sta perdendo sempre più rapidamente il possesso, mentre ce n’è sempre
maggior bisogno.
Seminario sulla diffusione della lingua e cultura italiana all’estero Roma, 6 dicembre 2012
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Federico GUIGLIA, Giornalista e scrittore
Ringrazio per l’invito e mi complimento per lo spirito condiviso, non più da guelfi e ghibellini,
che finalmente si respira almeno in nome e all’insegna della lingua italiana.
Il mio intervento sarà molto diverso rispetto a quelli, interessanti, che ho finora ascoltato perché
esprime il punto di vista non solo di una persona che fa il giornalista e che a questo tema ha
dedicato diversi articoli, qualche libro e anche un briciolo della sua vita, essendo io nato e vis-
suto in Uruguay, a Montevideo, da padre italiano e madre uruguayana e quindi avendo alle
mie spalle la forza di due patrie, di due lingue, di una cultura da italiano dei due mondi che, da
latinoamericano di origine, ha ancora la voglia di sognare, il romanticismo che molto spesso
agli europei, e purtroppo anche agli italiani d’Italia, è venuto meno. Quindi non sono un cinico,
non sono fatalista e non mi rassegno neanche al fatto che gli italiani ritengono che la loro sia
una lingua nazionale; non è vero: l’italiano è una lingua universale. Partiamo da questo assunto
anche per avere un approccio molto diverso al tema, che non riguarda l’aspirazione a disporre
di una scuola in più all’estero: mille ragazzi che possano sommarsi non ai 60, ma ai 70 milioni di
italiani parlanti, che non sono poi tanto pochi se si pensa che le persone che parlano tedesco
nel mondo sono 101 milioni; eppure la Germania, con intelligenza, organizza convegni ogni
anno per discutere sullo stato di salute della lingua tedesca, invitando gli austriaci e persino gli
italiani di lingua tedesca che vivono in Alto Adige.
Ritengo che l’italiano sia una lingua non nazionale, che non appartenga soltanto agli italiani
perché è l’idioma di un Paese che fa parte del G8, e pertanto è una delle potenze industriali del
mondo, e fa parte del G8 dello sport, come ha dimostrato alle recenti Olimpiadi di Londra dove
ha ottenuto l’ottavo posto per medagliere e dove ha confermato il quinto posto in assoluto di
tutte le Olimpiadi della storia. L’italiano è una lingua universale perché l’Italia è il Paese straniero
che ha ricevuto più Premi Oscar nella cinematografia (13); perché l’arte e la cultura dimostrano
da tempo che possediamo il più vasto patrimonio artistico dell’umanità; per la sua musica: in
questo momento presso la metà dei teatri del mondo si sta rappresentando un’opera lirica
italiana, cantata in italiano molto spesso da artisti stranieri; perché è l’ottava lingua utilizzata su
Facebook; perché molte missioni nello spazio portano la bandiera tricolore e perché presso il
CERN di Ginevra la più importante scoperta degli ultimi mesi, la cosiddetta “particella di Dio”, è
stata coordinata da una donna italiana che si chiama Fabiola Gianotti; perché gli italiani sono
al settimo posto di tutti i Premi Nobel distribuiti, e di essi 13 sono stati assegnati per discipline
scientifiche (dedico questo dato agli “intelligentoni” del Politecnico di Milano che ritengono
che la lingua italiana vada buttata nel cestino a favore di quella inglese); perché nel momento
più importante in ben 30 Paesi erano presenti 10 mila militari italiani che rischiavano la vita per
portarvi la pace; perché nel volontariato molti preti missionari sono morti poiché credevano in
qualcosa di importante e poiché moltissimi laici (un nome per tutti: Emergency) operano nel
mondo con iniziative meravigliose.
Seminario sulla diffusione della lingua e cultura italiana all’esteroRoma, 6 dicembre 2012
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Ciò significa che è giunto il momento di compiere un salto di qualità e proporre il primo atto
della nascita della Comunità italofona, una comunità che, analogamente a quanto è stato fatto
dalla Francia con la francofonia, dalla Spagna con la Cumbre hibero-americana, dal Portogallo e
dalla Germania, riunisca i Paesi e le personalità che parlano italiano o che si sentono vicini alla
lingua italiana. Ricordo che l’italiano è la lingua ufficiale di quattro Stati (oltre all’Italia, Svizzera,
Repubblica di San Marino e Vaticano), che presso 18 Stati l’italiano è diffuso, o considerato
molto utile e necessario, e in altri 17 risiede una radicatissima comunità italiana, per un totale
di 39 Stati comunque interessati direttamente o indirettamente alla diffusione e alla valorizza-
zione della lingua italiana. La costituzione della Comunità italofona avrebbe certamente una
ricaduta formidabile, nei rispettivi Paesi, sui corsi di italiano, sulle nuove generazioni che a esso
si avvicinano, e coinciderebbe con alcuni anniversari anche simbolicamente molto importanti:
nel 2013, infatti, ricorreranno i vent’anni dalla morte di Federico Fellini (che potrebbero essere
ricordati da Roberto Benigni), i 200 anni dalla nascita di Verdi (che potrebbero essere ricordati
dal maestro Muti), i quindici anni dalla morte di Lucio Battisti (che potrebbero essere ricordati
da Giorgia); inoltre, Dario Fo (Premio Nobel a sua volta) potrebbe ricordare i Premi Nobel ita-
liani.
La lingua italiana è caratterizzata da tanti aspetti simbolici e universali in grado di reggersi e
soprattutto aprirsi agli altri; infatti il segreto dello sviluppo della nostra lingua millenaria con-
siste nel farla parlare, trasmetterla e farla ascoltare agli stranieri.
Accanto a quello della costituzione della Comunità internazionale italofona, possibilmente
presieduta da un non italiano, propongo l’atto simbolico della fondazione di un’Università ita-
liana stabile all’estero; ad esempio, a Montevideo sorge una scuola italiana organizzata come
un campus, anche dal punto di vista della struttura, che già anni fa si era dichiarata pronta a
ospitare un’Università italiana. Si tratta solo di metterla in contatto con uno degli Atenei qui
rappresentati, o con altri, e di organizzarsi per farla diventare una sorta di Harvard sudameri-
cana. Poter frequentare un’Università italiana in America Latina (continente nel quale vivono
50 milioni di cittadini di origine italiana), e allo stesso tempo per gli italiani d’Italia seguire uno
stage in Sudamerica e contemporaneamente imparare lo spagnolo costituirebbe una grande
opportunità. Per raggiungere tali obiettivi basta volerlo, non servono fondi.
Riguardo agli insegnanti, che notoriamente devono essere possibilmente di madrelingua, mi
domando come mai non si sia pensato di attingere alla risorsa costituita dai giovani, ma anche
da quella di chi è in pensione e dispone quindi del denaro necessario a mantenersi e di una
straordinaria esperienza da trasmettere.
Infine ritengo che nel corso della Settimana della Lingua Italiana sarebbe magnifico, oltre che
facile da produrre, se il servizio pubblico organizzasse una sorta di Telethon per la lingua ita-
liana: una giornata dedicata a questo tema mediante la trasmissione di programmi ad hoc e il
collegamento con le sedi di tutto il mondo, durante la quale i telespettatori potrebbero devol-
vere le proprie offerte.
Seminario sulla diffusione della lingua e cultura italiana all’estero Roma, 6 dicembre 2012
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Concludo affermando che la lingua italiana è uno straordinario sogno non solo degli italiani d’I-
talia, ma del mondo, e che per realizzarlo bisogna semplicemente avere la capacità di crederci.
Fernando MARZO, CGIE – Belgio
Provengo dal Belgio, ove le tensioni linguistiche, culturali, di origine e di identità causano
spesso il blocco del Paese e ove il problema si è superato proprio grazie al contributo di un
italiano di prima generazione, l’attuale Premier, figlio di un emigrato.
Ho rilevato che ogni qualvolta si accenna all’intenzione di cambiare qualcosa, immancabil-
mente qualcuno opera dei distinguo (mi rammarico per il fatto che i politici abbiano abbando-
nato i lavori di questo seminario).
In merito alla qualità, ricordo che già qualche anno fa il CGIE formulò alcune proposte di ammo-
dernamento dell’insegnamento della lingua e della cultura italiana all’estero, dichiarandosi
propenso e favorevole a inserire nell’ordinamento strumenti atti ad attestare la qualità. A tal
proposito osservo che basta ispirarsi a pratiche già adottate: chi chiede un qualsiasi genere di
contributo all’Unione Europea, infatti, è costretto a sottoporsi a una trafila, da seguire per via
telematica, allo scopo di ottenere la certificazione di qualità. A mio avviso nessuno dovrebbe
aver paura di questo e ritengo che gli enti che organizzano corsi in tutto il mondo possano age-
volmente accedere a quel sistema; la nostra Amministrazione, a sua volta, potrebbe adottare
una procedura del genere.
Ho fornito un contributo relativo al Belgio alla relazione del CGIE, nel quale ho indicato sol-
tanto il numero di corsi organizzati dagli enti gestori e dall’Amministrazione, ma ho omesso il
riferimento a quelli predisposti da enti locali non italiani (scuole statali e altri enti di formazione
riconosciuti dall’autorità locale); si tratta di tantissimi corsi per lo più frequentati da italofili e
italici, che hanno in comune la delusione nei confronti del sistema, della qualità e della profes-
sionalità di chi insegna la lingua e la cultura italiana in un modo non più adeguato. Dico questo
perché ritengo che oggi si dovrebbe concludere un ciclo e aprirne un altro che tenga conto
delle varie specificità.
Presso tutti i Paesi si registrano esperienze di altissima qualità: in Belgio vi è la scuola materna
bilingue, presso la quale già da anni – grazie anche al contributo locale pubblico e privato – si
formano le basi per riavvicinare chi si sta allontanando dalla lingua e dalla cultura italiana.
Auspico che l’entità che scaturirà dal tavolo tecnico che – mi auguro – a tempi brevi seguirà il
seminario odierno tenga conto di taluni criteri molto importanti: la trasparenza, la razionalità
e la professionalità, e non sottovaluti il fatto che presso i Paesi della diaspora tantissimi corsi,
soprattutto nelle Università, vengono oggi tenuti da insegnanti di origine italiana, ma non ita-
liani d’Italia.
Seminario sulla diffusione della lingua e cultura italiana all’esteroRoma, 6 dicembre 2012
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Giuseppe NAPOLI, Vice Direttore Centrale Regione Friuli-Venezia Giulia
Considero stimolante l’esperienza di una Regione di confine molto piccola, in cui la questione
dell’italiano si associa a quella relativa alla tutela delle altre lingue; ricordo che sono il Direttore
del Servizio corregionali all’estero e lingue minoritarie che nella nostra realtà sono il tedesco,
lo sloveno e il friulano, parlato da 600 mila persone residenti nella Regione. Durante lo svolgi-
mento delle mie mansioni visito le diverse comunità nel mondo e spesso incontro corregio-
nali che parlano solo il friulano e non l’italiano perché la trasmissione della lingua è avvenuta
unicamente all’interno della famiglia; la nostra Regione si sta adoperando affinché, oltre alla
lingua dei genitori o dei nonni, venga valorizzata la conoscenza dell’italiano attraverso le sei
associazioni dei corregionali nel mondo e il rapporto con le Università di Udine e Trieste. Grazie
a ciò riusciamo a stimolare e a premiare economicamente le iniziative degli Atenei che portano
nella Regione giovani figli di corregionali interessati all’apprendimento della lingua, in taluni
casi addirittura mediante corsi di formazione post-laurea erogati dal MIB, una scuola di alta
formazione di Trieste.
Ho purtroppo rilevato che presso l’Unione Europea, come in altri consessi, l’italiano è una
lingua di serie B, forse perché a suo tempo nessuno l’ha difeso. Se è vero che i numeri contano
(si è detto in questa sede che sono 500 milioni le persone che parlano lo spagnolo nel mondo),
è altresì vero che esiste anche un peso politico.
Sottolineo inoltre come, presso molte Regioni, quando si rende necessario operare risparmi, i
finanziamenti alle attività culturali vengano tagliati per primi; ecco perché alcune di esse non
sono presenti in questa sede. Ciò non significa che dobbiamo sconfortarci: abbiamo attraver-
sato momenti sicuramente più difficili nel passato, e le premesse emerse dal seminario odierno,
l’impegno profuso dal CGIE e soprattutto – lo dico con grande piacere – la rinnovata voglia
dimostrata dal Ministero di ben rappresentarci nelle sedi internazionali inducono all’ottimismo.
Ripeto che confrontarsi con i carinziani, gli stiriani, i croati e gli sloveni, ospitare scuole bilingui
italo-slovene e presto, forse, italo-croate aiuta la mia Regione di confine ad accettare le diver-
sità e a capirle. Per la città di Trieste, però, la lingua rappresenta un simbolo identitario che fa
parte del DNA del popolo.
Franco SANTELLOCCO, CGIE – Algeria
Desidero in primo luogo felicitarmi con il CGIE perché ritengo che oggi abbia scritto una pagina
stupenda della propria storia ormai ventennale. Considero davvero illuminanti i contributi pre-
sentati in questa sede, e al poetico elenco esposto da Federico Guiglia aggiungo che l’italiano
è una lingua universale perché ha accompagnato la nascita del melodramma.
Ciò mi spinge a una ulteriore riflessione: la lingua italiana deve attirare più del suo valore intrin-
seco, al fine di raggiungere un pubblico anche culturalmente lontano ma sensibilmente aperto
Seminario sulla diffusione della lingua e cultura italiana all’estero Roma, 6 dicembre 2012
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al made in Italy che si propone con le sue eccellenze, ampiamente diversificate. Ecco dunque
la necessità, a mio avviso, di individuare gli elementi in grado di rappresentare un’esperienza
umana condivisibile, propria della cultura italiana, nonché naturalmente della sua lingua.
La relazione del CGIE ha omesso di riferire dell’Africa; intendo citarla io non già perché vi risiedo,
bensì a causa di esperienze, realtà ed eccellenze proprie di tale area. Infatti, quando si parla di
commercio, di economia, di accordi fra Stati come se fossero impossibili da raggiungere non
si tiene conto degli accordi bilaterali in campo culturale tra un Paese avanzato quale l’Italia
e uno del Mediterraneo quale l’Algeria; grazie all’efficienza della rappresentanza istituzionale,
in piena sintonia con il Comites locale, nel 2006 è stato firmato un accordo bilaterale, unico
in campo culturale, che autorizza in maniera adamantina l’apertura di una scuola italiana ad
Algeri. Tale scuola si è ampliata, ha cambiato sede, la sta cambiando nuovamente e, grazie
alla fama di eccellenza che si è conquistata, oltre agli studenti italiani annovera oggi figli di
spagnoli, di rumeni e di francesi. Si pensi che presso di essa si è formato l’attuale numero due
dell’Ambasciata d’Italia a Tokio. Se si tiene conto del fatto che il contributo del Ministero degli
Affari Esteri è pari all’1,6 percento dei costi complessivi, è legittimo parlare di miracolo e assu-
merla quale esempio.
Concordo con chi ha sottolineato la necessità di reperire risorse attive, in particolare private,
per sostenere una politica linguistico-culturale. Dico questo perché il CGIE è l’espressione dei
Comites, che nessuno vuole rinnovare: ecco la perfetta assonanza tra rappresentanza dell’i-
talianità e realtà istituzionali. Il Comites e l’Ambasciata dal 2006 fanno sì che il miracolo della
scuola italiana di Algeri si perpetui.
Infine ricordo che l’Algeria, Paese 8,5 volte più vasto dell’Italia, annovera Dipartimenti di italia-
nistica nelle Università di Algeri, Annaba e Blida in cui operano docenti pure italiani e presso i
quali si laureano studenti algerini, alcuni dei quali attualmente insegnano l’italiano a Roma. Tali
Dipartimenti sono affiancati da centri intensivi di studio delle lingue in cui primeggia l’italiano.
Concludo sottolineando come oggi l’Italia, grazie anche a questi sforzi culturali, rappresenti il
primo fornitore dell’Algeria, in termini di macchinari, tecnologie e grandi opere civili e indu-
striali, superando in questo addirittura la Francia.
Giangi CRETTI, CGIE – Italia
Sono grato per gli ultimi interventi che mi consentono di mettere a fuoco una sorta di schi-
zofrenia che noto nel nostro modo di porci rispetto al tema del seminario. Il dottor Guiglia ha
descritto una potenzialità che sottoscrivo senza riserve; il dottor Napoli ha posto in evidenza il
contrasto tra ciò che si fa e ciò che si potrebbe fare, provocando la rabbia che deriva dalla con-
statazione della capacità di distruggere l’enorme potenziale del quale disponiamo.
Dalle relazioni estremamente interessanti che si sono susseguite in questa sede ho rilevato una
convergenza sulla necessità di fare sistema. Anche questo, a mio avviso, pone di fronte a un
Seminario sulla diffusione della lingua e cultura italiana all’esteroRoma, 6 dicembre 2012
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atteggiamento schizofrenico: ormai, infatti, quello del “fare sistema” è divenuto un tormentone
talmente citato da rischiare di essere completamente svuotato di significato e ridursi a una
semplice aspirazione. Ogniqualvolta si parla della proiezione dell’Italia fuori dai confini nazio-
nali, in qualsiasi ambito, si sostiene la necessità di fare sistema; da decenni si ripete questo ritor-
nello e da altrettanto tempo ciò non viene realizzato, altrimenti oggi non lo affermeremmo.
Tale necessità però è fuori di dubbio, soprattutto sulla base delle considerazioni espresse dai
consiglieri Tassello e Conte, nonché da Roger Nesti.
Bisogna fare sistema sulla base di una strategia che deve poggiare su analisi. Il dottor Masi ha
sostenuto che l’italiano, fuori dai confini nazionali, viene apprezzato soprattutto per il piacere
personale; da ciò dovrebbero discendere strategie mirate a far sì che questa tendenza si affermi
sempre di più. Se, invece, si preferisce privilegiare gli aspetti economico-commerciali, occorre
comprendere per quale ragione l’italiano non venga apprezzato quale strumento di afferma-
zione e qualificazione professionale. Sono queste le basi sulle quali ponderare le strategie e fare
sistema. D’altro canto, non ritengo casuale che il Direttore del Goethe Institut sia un esperto di
marketing, così come non è casuale che la Volkswagen e la Opel pubblicizzino i propri prodotti
in televisione attraverso immagini con poco parlato, e quel poco in tedesco.
Mi associo all’affermazione del consigliere Mangione secondo la quale le Camere di Commercio
all’estero non debbano occuparsi dei corsi di italiano, a meno che non siano succedanei alla
carenza di associazioni o istituzioni che dovrebbero essere preposte a farlo; è tuttavia fuor di
dubbio che in una strategia di marketing, o comunque all’interno di una strategia di penetra-
zione di determinati mercati, l’impiego dell’italiano sarebbe efficace non solo nella pubblicità,
ma anche presso i punti vendita attraverso personale bilingue.
Desidero inoltre far presente particolarmente alla Direzione Generale per gli Italiani all’Estero
e le Politiche Migratorie del MAE l’esigenza di far sì che l’Amministrazione eviti di costituire un
ostacolo alla possibilità per le famiglie di sostenere i costi dei corsi attraverso un contributo
diretto del tutto volontario. Prendo atto con soddisfazione che il cons. leg. Antonini afferma
ufficialmente che l’indicazione del Ministero va nella direzione esattamente contraria.
Un altro aspetto che immagino più complesso, legato però a una semplice circolare, consiste
nel costringere gli enti a un bilancio di cassa a fronte di regolari ritardi nell’erogazione dei con-
tributi, il che impone loro un esercizio di “contabilità creativa”.
Primo SIENA, CGIE – Cile
Prendo la parola per informare di aver consegnato alla Segreteria un documento sulla necessità
di rinnovare la normativa relativa alle istituzioni scolastiche private italiane all’estero rispet-
tando la morfologia specifica, che richiedo venga allegato agli atti di questo seminario.
Desidero infine rivolgere un elogio al consigliere Mangione per il suo intervento di acuta intel-
ligenza, di cristallina concretezza propositiva e di intensa attualità, e a Federico Guiglia, che ha
Seminario sulla diffusione della lingua e cultura italiana all’estero Roma, 6 dicembre 2012
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raccontato un sogno di strabiliante realtà sull’universalismo della lingua italiana nel mondo
attraverso tre proposte di originalissima qualità.
Morfologia delle Scuole Italiane all’Estero, presenza dell’Italia nel mondo
L’origine delle istituzioni scolastiche italiane all’estero
L’origine delle scuole italiane all’estero è direttamente collegata al fenomeno di una emigra-
zione massiccia italiana all’estero; fenomeno avviatosi già nella seconda metà del secolo XIXº.
Si tratta, nella maggioranza dei casi di scuole private, senza fini di lucro, promosse dalla volontà
e dal sacrificio degli italiani che, per varie ragioni e in epoche diverse, presero la via dell’emi-
grazione.
Lasciata la patria d’origine, l’emigrante italiano non ha potuto costruirsi nei Paesi d’accoglienza
una patria speculare come poterono fare, ad esempio, i francesi in Canada, gli inglesi in Australia
e in Nordamerica, gli spagnoli in Sudamerica.
L’italiano dovette inserirsi subito nel contesto socio-culturale del Paese d’emigrazione, venendo
assorbito quasi subito in esso.
Per evitare che questa nuova realtà si traducesse in una specie d’autocensura, di rinuncia
alla propria identità ed alla propria storia, gl’italiani emigrati promossero le scuole italiane sco-
prendo istintivamente, nella nuova realtà vissuta all’estero, che la storia e l’identità degli indi-
vidui e dei popoli, si trovano iscritte nella lingua d’origine, perché –come aveva affermato a suo
tempo Giacomo Leopardi (1798-1865) – “La lingua, l’uomo e le nazioni per poco sono la stessa
cosa”. Nella lingua infatti si riflette la storia di un popolo, l’evolversi dei suoi costumi sociali e
comunicazionali, la filigrana della sua cultura.
Tutto ciò si rivela tanto più vero per coloro che le vicende della vita hanno spinto sulle vie dell’e-
migrazione, lontano dalla patria d’origine.
Il pericolo-tentazione dell’omologazione
Per essi infatti la lingua originaria (e la cultura da essa espressa), costituisce il dna delle comu-
nità italiane residenti stabilmente all’estero. Da qui nacque, e si conserva tuttora per esse, l’e-
sigenza vitale di salvaguardare la lingua e la cultura della patria originaria quale garanzia d’i-
dentità delle proprie radici; garanzia, questa, indispensabile soprattutto in tempi di globalizza-
zione cibernetica come gli attuali, dove prevale la tentazione di una omologazione mondialista
destinata ad assorbire o – peggio – ad annullare con le diversità linguistiche le identità culturali
ed etniche nei gorghi oceanici dell’anglofonia.
Un dovere costituzionale: promuovere e conservare la lingua e la cultura
In tale contesto, la promozione e la conservazione della lingua e della cultura italiana all’estero,
costituisce un impegno morale oltre che un dovere istituzionale formalmente consacrato nel
Seminario sulla diffusione della lingua e cultura italiana all’esteroRoma, 6 dicembre 2012
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vigente costituzione italiana (artt. 30, 33, 35, titolo IIº), nell’ottica della vocazione per l’univer-
salità della cultura.
Diffondere la lingua e la cultura italiana all’estero significa, al tempo stesso, mediante le rela-
zioni culturali, gettare solide basi per intensificare i rapporti commerciali ed economici con i
Paesi esteri dove si è consolidata la presenza attiva socio-politica di fiorenti comunità italiane
colà residenti.
Le responsabilità storiche della classe dirigente italiana
Purtroppo la classe dirigente italiana ha grosse responsabilità al riguardo, per le gravi carenze
della politica culturale italiana all’estero, soprattutto da quando s’è fatta incisiva la sfida della
globalizzazione, raccolta invece con solerte spirito d’iniziativa da inglesi, francesi, tedeschi, spa-
gnoli, impegnati da decenni a promuovere la loro lingua e cultura all’estero. Lo riconosceva
fin dall’ormai lontano 1999, l’On. Franco Narducci, all’epoca segretario generale del Cgie, che
dichiarava: “Se ci fosse stata maggiore attenzione su questi temi, oggi il Sudamerica parlerebbe
italiano”4.
Cittadini di una “patria senza terra”
La latitanza della classe politica metropolitana, mette la diaspora degli italiani fuori d’Italia
nella condizione di restare “Cittadini di una patria senza terra”, dinnanzi al pericolo di una loro
irreversibile assimilazione alla cultura dei Paesi esteri di residenza.
Da qui l’esigenza indeclinabile – come indicava anni fa un docente di letteratura comparata
all’Università Mc Gill di Montreal, Canada (il Prof. Sergio Gilardino) – di “proiettare l’italianità
oltre gli oceani, invece di tenerla relegata in una piccola provincia chiamata Italia” perché - egli
avvertiva – “l’unica possibilità che l’italiano ha di diventare lingua di una comunità internazionale,
è quella di diventare la lingua dell’italianità, cioè di quella vasta e non ancora unificata comunità
idealmente costituita dagli italiani in Italia e all’estero”5.
Sostegno urgente alle radici delle comunità italiane all’estero
L’intervento urgente a sostegno delle radici delle nostre comunità italiane all’estero, è solle-
citato specialmente da quelle nostre comunità emigrate – come quelle del Sudamerica – da
tempo insediatesi in Paesi dove la distanza dalla madre patria s’è costituita da troppo tempo in
fattore d’ulteriore indebolimento delle “radici originarie”.
Le scuole italiane del Sudamerica
Istituzioni private proiettate nei sistemi educativi locali
4 Intervista di F. Narducci a “Messaggero di S. Antonio”, n.5/1999, p.15
5 Sergio Gilardino, Una patria senza terra, in “Messaggero di S.Antonio” n.1/1999, pp.10.11.
Seminario sulla diffusione della lingua e cultura italiana all’estero Roma, 6 dicembre 2012
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Le istituzioni scolastiche italiane del Sudamerica, come quasi tutte le scuole italiane all’estero
(con eccezioni di quelle promosse direttamente dallo Stato Italiano) sono frutto dell’iniziativa
di associazioni dell’emigrazione italiana, che promossero la costituzione di scuola private per
inserirle stabilmente nei Paesi d’immigrazione e proiettarle nei sistemi educativi locali.
Si tratta di scuole frequentate da una popolazione scolastica costituita in maggioranza da
“oriundi italiani”; alunni che discendono per seconda, terza e finanche quarta generazione da
emigrati italiani, ma aperte altresì ad utenti della scolarità locale.
Scuole italiane diverse dalle scuole italiane metropolitane
Si tratta di scuole indiscutibilmente italiane per l’origine e le finalità culturali e sociali perse-
guite, ma diverse dalle scuole metropolitane per quanto concerne l’origine degli alunni che le
frequentano e la società in cui operano, essendo i loro esiti scolastici proiettati (con i relativi
titoli di studio conseguiti) proiettati, maggioritariamente, verso gli studi universitari e le spe-
cificazioni professionali dei Paesi dove queste stesse scuole esistono, per cui possono funzio-
nare a condizione che rispettino le normative locali in materia.
Esse pertanto meritano una considerazione diversa da quella rivolta alle scuole che operano
in Italia, perché differiscono da quelle, per l’origine dell’utenza, per articolazione strutturale e
per gli esiti scolastici finalizzati agli obiettivi socio-culturali dei Paesi stranieri in cui operano.
L’attuale normativa italiana della “parità scolastica” per le scuole private italiane
all’estero
Le scuole private nel “sistema italiano d’istruzione”
La legge n.62 del 10 maggio 2000 descrive e regola il “sistema italiano d’istruzione” attual-
mente vigente in Italia; sistema costituito dalle scuole statali e dalle scuole private paritarie
e degli enti locali.
Sono considerate scuole paritarie “a tutti gli effetti”, compresa l’abilitazione a rilasciare titoli
di studio aventi valore legale, le istituzioni scolastiche non statali, comprese quelle degli Enti
Locali che “a partire dalla scuola per l’infanzia” corrispondono agli ordinamenti generali dell’i-
struzione, secondo un progetto educativo in armonia con i principi della Costituzione della
Repubblica Italiana (art.1, comma 1, 2, 3, 4, 5, 6 della Legge 10 marzo 2000 n. 62).
Con tale disposizione le scuole private metropolitane vengono considerate istituzioni che inte-
grano il sistema italiano d’istruzione quando svolgono un progetto educativo rispondente al
dettato costituzionale italiano.
Estensione della parità scolastica alle scuole private italiane all’estero
Con il Decreto Interministeriale del 24 febbraio 2003 n. 2752, dopo aver premesso testualmente
di: dover estendere alle scuole italiane all’estero, per quanto compatibili, i criteri adottati
dal Ministero per l’Istruzione, dell’Università e della Ricerca (Miur) per il riconoscimento
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della parità alle scuole non statali in Italia, formula tali criteri con esplicito riferimento all’art.
62 della Legge 10 marzo 2000 che regola il “sistema italiano d’istruzione”.
In altre parole, con un Decreto Interministeriale (firmato dal Ministero dell’Istruzione e dal
Ministero degli Esteri) la legge che accredita la parità scolastica alle scuole private del territorio
metropolitano viene estesa alle scuole private italiane all’estero, quasi che esse fossero una
copia delle scuole private che operano in Italia.
Infatti, l’Art.7 del predetto Decreto Interministeriale 2752/2003 intitolato “Azione Educativa”,
recita esplicitamente:
1) Le scuole paritarie all’estero elaborano un progetto educativo rispondente ai principi
formativi della scuola italiana . 2) A meno di specifici provvedimenti, intese o accordi
internazionali che ne determino diversamente i piani di studio, il quadro disciplinare e il
quadro orario delle scuole partitarie all’estero si conforma a quello parallelo dell’ordina-
mento nazionale, con eventuali flessibilità e adattamenti formalizzati.
Linee guida per l’attuazione della parità scolastica all’estero ed opportune integrazioni
Un successivo Decreto Interministeriale (n.4716 del 23 luglio 2009) contiene le linee guida per
“ la disciplina delle modalità procedimentali” per il riconoscimento ed il mantenimento della
parità scolastica alle scuole private italiane all’estero, mentre introduce “opportune
integrazioni, tenendo conto della specificità e delle finalità delle scuole non statali situate in terri-
torio estero” (come recita il testo del decreto stesso), mentre “introduce le opportune integrazioni,
tenendo conto delle specificità e delle finalità delle scuole non statali situate in territorio estero”.
A tale finalità – recita l’art. 1 (comma 1.1) – “sono destinate le risorse assegnate dal Ministero
degli Affari Esteri a detti istituti”.
(Dopo questa generica indicazione di risorse da assegnare alle Scuole private italiane all’estero, il
suddetto D.I. non specifica minimamente quale sia l’entità delle risorse economiche da assegnare).
Tale Decreto Interministeriale ridefinisce l’intera materia del “sistema d’istruzione italiana
all’estero”, e dichiara “superati e non più operanti gli istituti di Presa d’Atto e Riconoscimento
Legale”.
Nel suo art. 2 (comma 2.3) stabilisce che “L’insegnamento impartito anche in caso di forme d’inte-
grazione di tipo bilingue e biculturale, deve comunque essere valutato utile a garantire gli obiettivi
generali e specifici di ciascun indirizzo di studi anche ai fini delle norme relative agli esami finali di
Stato. Tali obiettivi tengano conto del particolare contesto geografico e culturale del paese dove
operano le scuole paritarie”.
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Problematica della parità italiane nelle scuole all’estero
Incongruenze e difficoltà della parità italiana all’estero
Le norme d’applicazione della parità italiane alle scuole private delle comunità italiane all’e-
stero, senza minimamente considerare la loro specifica morfologia (qui descritta ai paragrafi 1
e 2) - impongono tassativamente che:
il quadro disciplinare ed il quadro orario, il sistema di valutazione, quello di promozione,
la disciplina delle iscrizioni e del Comitato dei genitori siano conformi a quelli dell’ ordinamento
scolastico italiano.
Tutto ciò rende incongruente e spesso difficile l’applicabilità della parità italiana, per le scuole
private italiane che debbono innanzi tutto osservare la normativa scolastica locale (non sempre
compatibile con la normativa italiana) per sopravvivere ed operare..
La gabbia della parità all’estero e la perdita d’identità
Laddove non esistono specifici provvedimenti, intese od accordi internazionali che ne
determino diversamente i piani di studio previsti dalla parità italiana o ne rendano flessibile
le norme applicative, la Parità italiana si volge in una vera gabbia per le scuole private italiane
all’estero; soprattutto da quando il D.I. del 2009 ha di fatto irrigidito l’applicazione del Decreto
Interministeriale 2572 del 2003, imponendo obblighi illogici (Si da un mese di tempo per
applicare o correggere obbligazioni non ottemperate. Cosa quasi impossibile quando si tratta,
per esempio, di armonizzare la normativa locale degli esami finali con la normativa italiana).
La rigidità dell’autorità diplomatica italiana nell’esigere l’applicabilità della parità all’estero, sta
mettendo molte scuole private all’estero nella condizione di perdere la parità, con un notevole
danno per la loro immagine e per il contatto essenziale con la padre patria, che viene in tal
modo indebolito, mentre cresce il rischio d’annullarsi nella cultura locale perdendo la loro
specifica identità.
Revisione della legislazione sulle scuole private italiane all’estero
Le scuole italiane all’estero, “entità cooperatrici binazionali e biculturali” del sistema sco-
lastico italiano
La revisione della legislazione sulle scuole private italiane all’estero deve partire da una realtà
immodificabile: che tali scuole, per la loro collocazione stabile in territorio estero, possono
essere solo cooperatrici del sistema scolastico ma non parte integrante di esso, come sono le
scuole private metropolitane. Da questo riconoscimento debbono partire norme che dise-
gnino un “sistema binazionale e biculturale di scuole italiane all’estero”., riconoscendo che tali
istituzioni scolastiche italiane all’estero hanno scopi e finalità socioculturali prevalentemente
orientati alla società straniera in cui sono inserite ed operano.
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Parità flessibile e Riconoscimento legale subordinato
Tale nuovo sistema deve disegnare un riconoscimento che permetta a tali scuole una Parità
scolastica flessibile, reintroducendo sia il Riconoscimento Legale e la Presa d’Atto in via subor-
dinata per quelle scuole che, per problemi inerenti alla legislazione locale, perdano la Parità
flessibile o non possano ottenerla. E ciò al fine di conservare a tali scuola, sia pure con modalità
diversa, un legame organico con la madre patria che altrimenti si perderebbe con tutte le con-
seguenze negative connesse.
Collegamento organico tra l’Italia e le istituzioni scolastiche italiane all’estero
Per mantenere e conservare un collegamento organico tra l’Italia e le istituzioni scolastiche
promosse dalla nostre comunità all’estero, è necessario abbandonare l’ottica romano-centrica
che ha finora ha contraddistinto le norme che regolano le relazioni tra queste istituzioni e l’am-
ministrazione italiana metropolitana, per una visione meno burocratica e flessibile che tenga
conto della situazione peculiare delle istituzioni italiane all’estero.
Una Agenzia Scolastica ad hoc per le scuole all’estero
Mediante un intervento organico a sostegno delle scuole private biculturali italiane all’estero,
va prevista l’opportunità di costituire una Agenzia Scolastica ad hoc, sull’esempio del “Goethe
Institut” e della “Alliance Française” trasferendo ad essa le attribuzioni attualmente esercitate dal
servizio scolastico collocato all’interno del Ministero degli Affari Esteri.
Nuove modalità per il personale docente delle scuole private all’estero
In presenza dell’attuale crisi economico-finanziaria che attanaglia l’Italia e l’Europa, si considera
opportuno abolire gradualmente il contingente del personale scolastico docente di ruolo da
assegnare all’estero, conservando solo un contingente della dirigenza scolastica da destinare
all’estero, selezionato con razionalità ed oculatezza di criterio strettamente vincolate alle reali
esigenze di servizio.
L’attuale contingente del personale docente di ruolo, andrebbe sostituito con perso-
nale docente non di ruolo reperibile, sia attraverso il canale. della sezione italiana dell’OIM
(Organizzazione Internazionale delle Migrazioni), sia attraverso contatti diretti attivati dalle
scuole estere interessate, perché tale arruolamento ha costi unitari notevolmente inferiori a
quelli degli insegnanti di ruolo del contingente statale.
Michele SCHIAVONE, CGIE – Svizzera
Desidero in primo luogo dichiarare la mia felicità e il mio entusiasmo per come siamo riusciti
a proporre e gestire il seminario odierno, nonché per quanto hanno espresso i diversi interlo-
cutori.
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In secondo luogo, ricordo una recente pubblicazione in inglese sulla nostra lingua dello storico
David Gilmour nella quale si afferma che 150 anni fa l’Italia era un Paese senza lingua; oggi, pur-
troppo, abbiamo una lingua nazionale senza un Paese. Ciò mi riporta alla memoria il fatto che
nel mondo quotidianamente spariscono diversi idiomi, il che deve essere di monito per tutti
noi perché, malgrado non sia a rischio la lingua nazionale, potrebbe venir meno il rapporto
linguistico tra le generazioni all’estero. Dico questo per esperienza diretta: nella mia famiglia
si parla l’italiano, il dialetto e il tedesco, e i miei figli parlano con i loro coetanei l’italiano e il
dialetto tedesco-svizzero. Nutro il presentimento che, se non si interviene con una proposta
lungimirante, l’italiano finisca per diventare una delle lingue considerate patrimonio dell’U-
nesco quando oggi sussistono tutte le possibilità non solo per farla vivere, ma per esportarla
all’estero. Nel sostenere questa affermazione ho sempre vivida davanti agli occhi l’immagine di
tanti connazionali che quotidianamente mantengono vivo l’italiano e ne sono gli ambasciatori.
Molte sono le suggestioni che mi scaturiscono dalle relazioni che si sono susseguite in questa
sede; tra queste, il fatto che le esperienze del Goethe Institut, dell’Alliance Française e dell’In-
stituto Cervantes sono relative a Paesi con usi, tradizioni, costumi e storia diversi dai nostri e
sono utili a mettere a fuoco l’esigenza di un’istituzione da coinvolgere periodicamente per fare
il punto sulla diffusione della lingua e della cultura italiana.
In riferimento alle affermazioni di uno dei recenti interventi secondo le quali l’italiano è consi-
derato una lingua di serie B anche in seno all’Unione Europea, ritengo necessario impegnarsi
per valorizzare le migliori esperienze realizzate dalle nostre comunità all’estero, che da pioniere
potrebbero trasformarsi in promotrici di una governance culturale nel mondo grazie a stru-
menti nuovi che si avvalgano della migliore tradizione. Non considero un caso, infatti, che oggi
i comitati dei genitori, le associazioni e gli enti suppliscano alle inefficienze dello Stato. Di qui
la necessità di uno strumento nuovo; nella sua ultima Assemblea Plenaria il CGIE ha proposto
l’istituzione di un’agenzia che consenta la semplificazione delle procedure affinché gli attori
coinvolti nella diffusione della lingua e della cultura italiana nel mondo non debbano più scon-
trarsi con i lacci e i lacciuoli imposti dalle questioni di carattere burocratico-amministrativo e
soprattutto finanziario.
Ciò consentirebbe di realizzare il sogno cui si è fatto riferimento in questa sede, anche perché
nei periodi di crisi quali l’attuale emerge sempre qualcosa di buono, in particolare uno spi-
rito riformatore. È dunque questa l’occasione per rimettere in moto la macchina e riportare la
lingua e la cultura italiana nell’alveo di quell’illuminismo di cui parlava il dottor Guiglia.
Salvatore TABONE, CGIE – Francia
Comunico preliminarmente che non darò lettura del documento da me predisposto sulla dif-
fusione della lingua e della cultura italiana in Francia, ma lo consegno alla Segreteria affinché
venga allegato agli atti.
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In ordine alla questione sollevata dal consigliere Cretti, relativa a un eventuale contributo da
richiedere alle famiglie, faccio presente che in Francia l’ispezione accademica vieta tale pratica
per i corsi integrati. Ne abbiamo comunque fatto richiesta per i corsi che si svolgono al di fuori
dell’orario scolastico.
I tagli al finanziamento agli Enti gestori del marzo 2012 e la forte riduzione del contingente
ministeriale intervenuti durante l’estate a causa dei provvedimenti contenuti nella spending
review hanno scosso e destabilizzato la rete delle attività di insegnamento dell’italiano all’e-
stero, con gravi conseguenze per il regolare avvio dell’anno scolastico 2012/2013.
Un globale ripensamento delle politiche e delle prassi di intervento su questo settore si rende
pertanto necessario, per non incorrere nuovamente in provvedimenti affrettati e affidati al caso
come successo nel mese di agosto 2012, con taglio di posti vacanti, a prescindere dal luogo e
dall’importanza strategica degli stessi.
Visti i provvedimenti adottati dal MAE negli ultimi due anni, risulta anacronistico rifiutarsi di
prendere atto del fatto che l’insegnamento dell’italiano nel mondo non rappresenti una prio-
rità di investimento del “prodotto Italia”.
Se questa realtà può risultare comprensibile in tempo di crisi e razionalizzazione nell’uso delle
risorse, è ciononostante doveroso chiedere al MAE un’esplicitazione delle prospettive di ulte-
riore intervento sulla rete di attività scolastiche all’estero – nel breve e medio termine – al fine di
preservare un minimo di correttezza nei confronti delle comunità italiane all’estero, degli Stati
ospiti, degli Enti gestori ed anche del personale ministeriale e locale attualmente in servizio.
In questa breve esposizione si metteranno in evidenza alcune possibili linee di sviluppo, nella
speranza che possano essere accolte come utile contributo.
Quadro di riferimento
L’offerta di insegnamento dell’italiano all’estero può essere sinteticamente descritta accor-
pando le attività nei seguenti settori:
- Scuole europee
- Istituzioni scolastiche statali italiane
- Scuole Internazionali
- Corsi di lingua e cultura italiana ( ex Art. 636 L. 297/94 )
- Lettorati
Per ciascuna di queste offerte “sarebbe” necessario conoscere l’orientamento di sviluppo, con-
servazione o smantellamento che il Ministero degli Affari Esteri intende mettere in atto nei
prossimi anni.
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Alcune osservazioni:
- Le retribuzioni del personale docente italiano (104 unità) in servizio presso le Scuole
Europee non gravano sul bilancio del MAE, ma su quello della Comunità Europea e quello
del Ministero dell’Istruzione, Università e Ricerca.
- Le Istituzioni scolastiche e le filiere internazionali presenti presso scuole straniere sono,
in tutto o in parte, percorsi formativi di base destinati a studenti dalla scuola dell’infanzia alla
maturità, o titoli equivalenti all’Esame di Stato. Istituzioni spesso frutto di accordi bilaterali
con gli Stati ospiti, questa presenza all’estero dell’insegnamento dell’italiano rappresenta
un elemento di eccellenza che non può essere sottoposto – come la scorsa estate – a tagli
di contingente improvvisi, non annunciati, anche su posti strategici come le classi termi-
nali. Solo per citare il caso del Liceo “Des Pontonniers” di Strasburgo, la ricerca di un rimedio
ai danni causati dal taglio ha impegnato il Ministero ed il Consolato di Metz per due mesi,
con implicita ammissione dell’errore commesso da parte degli uffici preposti presso il MAE.
Stabilire criteri di priorità per i posti presenti presso Istituzioni scolastiche sembra in questa
fase cruciale, anche per evitare ulteriori danni all’immagine del nostro Paese presso le fami-
glie degli studenti e le autorità scolastiche straniere.
- I corsi di Lingua e Cultura italiana vedono attualmente la gestione mista Enti gestori /
personale ministeriale. Si tratta di un’offerta aggiuntiva rispetto ai percorsi scolastici della
scuola di base offerti dai Paesi ospiti, sia che essi si svolgano in orario curricolare che extra.
La gestione dei corsi, dal punto di vista pratico, ha sempre sollevato difficoltà per:
1. Presenza nelle attività di insegnamento di docenti ministeriali e locali, diversi per cul-
tura, formazione, provenienza, prospettive e, non ultimo, retribuzione. Garantire uni-
formità alla proposta formativa, in assenza di risorse per la formazione ha sempre rap-
presentato un sfida per i Dirigenti scolastici preposti al coordinamento delle attività
– quasi sempre, peraltro – distribuite su territori molto vasti;
2. Richiesta di continuità da parte delle Istituzioni e delle autorità scolastiche straniere,
nonché da parte dell’utenza;
3. Necessità di dotarsi di metodologie, materiali e strumenti all’altezza di una moderna
didattica dell’insegnamento dell’italiano come lingua straniera, in assenza di finanzia-
menti specifici.
Il taglio lineare del 53% ai finanziamenti agli Enti gestori per l’Esercizio finanziario 2012, solo
parzialmente compensato da un’integrazione pervenuta nello scorso mese di agosto, unita-
mente alla riduzione operata sul contingente ministeriale a causa della spending review ha
determinato in alcuni territori e Stati un deciso tracollo della struttura delle attività presenti.
Seminario sulla diffusione della lingua e cultura italiana all’esteroRoma, 6 dicembre 2012
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Anche per questa tipologia di attività una posizione e delle prospettive chiare per l’immediato
futuro sono di massima urgenza.
- L’ipotesi di andare verso la definizione di grandi dipartimenti a dimensione nazionale,
già prefigurata in sede di proposte di riforma della gestione delle attività scolastiche all’e-
stero, deve essere considerata in funzione della specificità, delle dimensioni e della com-
plessità di ogni territorio, per non creare strutture tanto fragili da non poter garantire né
supporto né controllo alle attività.
Il progressivo rientro del personale docente ministeriale – così come confermato anche dalla
recente manovra per la Legge di Stabilità 2013 – non deve essere affidato alla casualità della
presenza o meno di posti vacanti nelle sedi, ma in funzione di priorità strategiche definite ed
esplicitate con il dovuto anticipo rispetto alle operazioni di taglio.
Per non vedere venir meno la presenza dell’insegnamento della nostra lingua e la diffusione
della cultura del nostro Paese in aree dove ancora forte è la presenza italiana e crescente inte-
resse è dimostrato anche da utenza straniera, i tagli al contingente ministeriale devono essere
compensati da finanziamenti più consistenti a disposizione per l’assunzione di personale locale.
Lo sfondo integratore della nuova prospettiva dovrebbe essere quello della gestione unitaria,
centrata sull’operatività degli Uffici scolastici presenti presso i Consolati/Ambasciate.
Sembra utile citare, come esempio di questa collaborazione, anche in assenza di modifiche
all’attuale regolamentazione, il caso della Circoscrizione consolare di Metz, competente per le
regioni Lorena, Alsazia e Territore de Belfort.
All’arrivo della notizia dei tagli operati sul Cap. 3153 per l’attuale Esercizio finanziario nel mese
di febbraio 2012, l’Ufficio scolastico ha concordato con gli Enti gestori della circoscrizione la
chiusura anticipata delle attività gestite dagli stessi al mese di aprile 2012, nella prospettiva di
poter salvaguardare risorse finanziarie per poter dare avvio ai corsi, alla ripresa delle lezioni,
nel mese di settembre. Il Consolato Generale di Metz ha comunicato ufficialmente la notizia
alle Inspections Académiques competenti per territorio. Durante l’estate, i Presidenti degli Enti
gestori e la Dirigente scolastica hanno analizzato le possibilità offerte dalle risorse umane e
finanziarie disponibili, razionalizzandone l’utilizzo. I corsi che gli Enti gestori avrebbero dovuto
chiudere per mancanza di fondi sono stati ripresi sulle cattedre degli insegnanti ministeriali, a
loro volta rimaneggiate per consentirne la massima disponibilità possibile in termini di inter-
vento. Il risultato è che il 98% delle attività funzionanti lo scorso anno scolastico hanno potuto
avere seguito per il 2012/2013, con una sostanziale tenuta omogenea – in tutti i Dipartimenti
– nei confronti della domanda di insegnamento dell’italiano proveniente dalle autorità scola-
stiche locali.
- Il contingente dei lettorati di italiano con incarichi accademici / extra-accademici presso
università straniere, dopo i tagli dell’estate 2012, conta ancora 206 unità. Come per gli altri
settori, i posti chiusi a causa della spending review non hanno tenuto conto della colloca-
zione e della dimensione strategica dei singoli incarichi, ma solo della presenza di posti
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vacanti. Anche per questo settore è necessario un ripensamento delle politiche di inve-
stimento, anche in considerazione della possibilità si stipulare accordi di collaborazione
anche finanziaria con le università straniere – Enti di norma, sotto questo profilo, autonomi.
Conclusioni
In ragione delle riflessioni espresse, sembra fondamentale ribadire l’urgenza di scelte politiche
chiare e trasparenti sul futuro della presenza dell’insegnamento dell’italiano all’estero e paral-
lelamente, di una nuova definizione e regolamentazione della distribuzione di responsabilità e
risorse tra tutti i soggetti coinvolti.
Pur nel rispetto delle logiche di risparmio determinate dall’attuale congiuntura – che necessa-
riamente coinvolgono anche il Ministero degli Affari Esteri – la rivisitazione e attualizzazione
dell’impianto complessivo, che prenda in considerazione una diversa configurazione degli Enti
gestori ed una maggiore valorizzazione delle unità di personale distaccato, potrebbe non solo
non andare nella direzione del progressivo smantellamento della presenza dell’insegnamento
della nostra lingua all’estero, ma al contrario, in direzione di una nuova e più affidabile gestione
– sia sul profilo professionale che finanziario.
Proposte concrete
- Riconsiderare, alla luce degli accordi bilaterali con ogni Paese e della reale posizione dell’in-
segnamento dell’italiano nei curricola locali, l’investimento che il nostro Paese intende
fare in ogni specifica situazione, anche stabilendo delle priorità per le situazioni – quella
francese ad esempio dove lo status della nostra lingua e dei nostri insegnanti è di grande
prestigio.
- Investire le strutture periferiche del compito di far valutare/certificare le nostre attività
all’interno del sistema scolastico locale, pena la marginalizzazione e lo spreco di risorse/
energie.
- Investire nella FORMAZIONE del personale, soprattutto quello a contratto locale mediante
l’attivazione di piattaforme digitali di lavoro a distanza, formazione a distanza erogata dal
MAE, ma soprattutto “sfruttando” pienamente la risorsa del personale ministeriale a ser-
vizio dell’aggiornamento del personale locale.
1. Le piattaforme di lavoro e progettazione a distanza messe a disposizione gratuita-
mente dalla Comunità Europea (es. E-Twining) possono costituire l’inizio di un lavoro
in rete che crei comunicazione tra le strutture, messa in comune di materiali didattici,
progettazione comune, progressiva organizzazione dell’offerta formativa.
2. Una banca dati presso il MAE contenente materiali didattici , audiovisivi e iniziative per
la formazione e la didattica, un forum di confronto e dialogo fra insegnanti operanti in
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tutte le realtà del pianeta sarebbe un modo strategico e poco incisivo a livello di costi
per cominciare a garantire l’interconnessione a livello dell’intero sistema, superando la
sensazione di isolamento e abbandono che spesso vivono le strutture all’estero.
- Operare un reale investimento nella certificazione dei percorsi formativi, sia degli studenti
che dei docenti; per i primi introducendo certificazioni mutate dal Quadro Comune di
Riferimento europeo per le Lingue; per la selezione dei secondi in modo analogo per la
competenza linguistica dell’idioma del Paese ospite e con la certificazione DITALS per l’at-
testazione della didattica dell’insegnamento della lingua italiana.
- Introdurre queste certificazioni come obbligatorie nel reclutamento del personale (mini-
steriale e locale) condurrebbe alla creazione di un Albo dei formatori, evitando le discutibili
prove di selezione, anche recentemente organizzate dal MAE (con ingente investimento di
energie e finanze) e l’approssimazione nel reclutamento del personale locale.
Ministro plenipotenziario Vittorio SANDALLI, MAE - DGSP
Ringrazio tutti i partecipanti al dibattito. Do ora avvio alla cosiddetta “tavola rotonda”; si tratta
in realtà di un gruppo ristretto di persone che intende isolare, a conclusione del seminario, gli
stimoli che consentono il proseguimento delle attività del tavolo di lavoro di cui mi onoro di
aver svolto la funzione di facilitatore nel corso dell’ultimo mese e mezzo, il quale ha stabilito di
non terminare l’evento odierno semplicemente con un comunicato, ma di lavorare a conclu-
sioni (che possono essere anche autonome dei soggetti che hanno collaborato) da elaborare
nelle prossime settimane e sottoporre poi al Parlamento affinché possa riflettere su un prov-
vedimento con il quale si perfezionino gli strumenti per la promozione, la proiezione e la diffu-
sione della lingua e della cultura italiana.
Al termine di questa lunga e intensa giornata di lavoro, desidero fornire alcuni spunti per l’ul-
tima parte. Innanzitutto, come è stato ripetuto in più occasioni (è noto che si tratta di un’e-
sigenza rappresentata ormai da anni), rilevo che occorre fare sistema; a mio giudizio, però,
è necessario aggiungere taluni aspetti, anche in virtù dell’esperienza diretta nella Direzione
Generale per la Promozione del Sistema Paese cui appartengo; tale denominazione rappre-
senta l’esito dell’ultima riforma interna compiuta dal Ministero degli Affari Esteri circa due anni
fa, che fornisce la misura dell’importanza attribuita alla centralità della cultura e della lingua
italiana dal Dicastero, il quale ha inteso unificare la proiezione di carattere economico e quella
di ordine culturale, proprio perché l’Italia si presenta – e deve presentarsi – all’esterno come
un’unica realtà che porta con sé queste ricchezze da valorizzare.
Ciò che mi induce un relativo ottimismo anche circa l’esito dei lavori futuri e sul fatto che, come è
stato sostenuto, si può individuare un salto di qualità nella collaborazione che si è registrata per
l’organizzazione dell’evento odierno è che la stessa esigenza, la stessa istanza, la stessa aspira-
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zione forte viene avvertita in vari campi; infatti questo sforzo di raccordo viene profuso nel set-
tore della promozione di carattere economico-commerciale (com’è noto, in virtù della riforma
dell’ICE, è stata costituita la Cabina di regia per l’internazionalizzazione del sistema Paese che
vede la presenza di attori istituzionali e privati, i quali finalmente si incontrano per elaborare
una strategia comune in base alla programmazione predisposta coinvolgendo direttamente la
rete diplomatica) e nel rapporto fra Governo e Regioni, anche grazie al rilanciato tavolo di rac-
cordo per le attività internazionali delle Regioni, che è rimasto in sonno per qualche anno e che
finalmente è stato riattivato già dalla fine del 2011. Tale sforzo di coesione tra i vari attori del
sistema, quindi, emerso anche oggi relativamente alla diffusione della lingua e della cultura, ha
già raggiunto la dimensione operativa in altri campi che non devono restare separati.
Rilevo inoltre che da alcuni interventi (e particolarmente dal documento del CGIE, che appare
ispirato da senso della misura e di grande pragmatismo) è stata evocata la necessità di non
sottovalutare la forza della nostra realtà in termini di interesse per la diffusione della lingua nel
mondo e di prestigio dell’arte e della cultura italiana. Malgrado ciò sia noto tanto alle comunità
dei connazionali all’estero quanto al MAE, è assolutamente necessario che tale consapevolezza
alberghi anche nella società civile italiana.
Loredana CORNERO, Direzione Relazioni Internazionali della RAI e Segretario Generale della
Comunità Televisiva Italofona
Ringrazio per aver avuto l’occasione di assistere a una giornata di lavori molto interessante e
istruttiva, alla quale desidero contribuire fornendo spunti non già di riflessione, dal momento
che ne sono emersi tanti, bensì di realizzazione di quanto è scaturito dagli interventi.
Riferirò dell’attività della RAI nel settore della diffusione della lingua e della cultura italiana. In
primo luogo di un corso multimediale di lingua prodotto da RAI Educational e di un altro, deno-
minato Cantieri d’Italia, realizzati di concerto con il MIUR e il Ministero dell’Interno, e trasmessi
da televisioni di altri Paesi. La RAI, d’accordo con il MAE, ha concesso a titolo gratuito materiale
in italiano agli Istituti italiani di cultura e a televisioni straniere; purtroppo l’accordo è scaduto
circa due anni fa e colgo l’occasione per sollecitarne il rinnovo.
La RAI, inoltre, ha realizzato oltre 600 siti web e un portale molto ricco e bello che ci ha consen-
tito qualche anno fa di firmare accordi con i Dipartimenti di italianistica di oltre 70 Università
americane, che insegnano la lingua italiana con il supporto dei nostri programmi multime-
diali. Evidentemente tutto ciò può fare sistema, dal momento che offre concrete possibilità di
portare l’italiano nel mondo. Aggiungo che la famosa fiction Il commissario Montalbano viene
trasmessa negli Stati Uniti, in Gran Bretagna, in Australia e in Giappone in versione originale
con i sottotitoli; ciò significa che la nostra lingua viene veicolata anche attraverso la televisione.
Inoltre, l’accordo di trasmettere in italiano stipulato con la Cina consente di raggiungere un
vasto pubblico.
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In ordine alla proposta avanzata dal consigliere Mangione, assicuro che io stessa me ne farò
latrice presso i Direttori di RAI Educational, di quel che resta di RAI Internazionale e con la
Presidente e il Direttore Generale della RAI, entrati da poco in azienda ma ben decisi a operare
sostanziali cambiamenti, affinché vengano prodotti corsi di lingua per gli italiani sia nel mondo
che in Italia. Ritengo che in questo momento la comunicazione, l’istituzione, il sistema e i rac-
cordi siano fondamentali; lavorando da tanti anni nel settore delle relazioni internazionali della
RAI, sono consapevole che una sinergia e un più stretto raccordo con il MAE sono mancati in
tante occasioni, anche ai fini dell’identificazione dei Paesi presso i quali fare sistema. È infatti
capitato talvolta che, a fronte di richieste da parte di Stati che desideravano stringere accordi
con noi, non ci fosse nota la posizione del Governo.
Dal momento che, inoltre, la comunicazione è fondamentale, mi metto al servizio della dif-
fusione dell’italiano nel mondo, non solo a nome della RAI, ma soprattutto nella mia qualità
di Segretaria Generale della Comunità Radiotelevisiva Italofona, una comunità nata nel 1985
anche per volere di Sergio Zavoli e Biagio Agnes, composta da radio e televisioni che parlano e
trasmettono in italiano, legate al servizio pubblico, che co-producono e scambiano programmi
e prodotti tra loro con l’obiettivo di diffondere la lingua in una fase storica caratterizzata dal
multilinguismo, in cui arroccarsi nella difesa di un idioma costituisce una strategia sicuramente
perdente. È a mio avviso necessario aprire, donare l’italiano e renderlo una lingua di incontro,
di frontiera, in ultima analisi di pace, così come si è rivelato in molte occasioni.
Cito infine il progetto di Amin Maalouf, che qualche anno fa ha presentato il proprio pro-
gramma di multilinguismo in Europa, le cui conclusioni recitano: “Ogni cittadino europeo
dovrebbe saper parlare tre lingue: una è la sua lingua madre, la seconda è la lingua di necessità,
quella dei rapporti, la terza è la lingua di adozione, quella che si sceglie e si ama”; sono convinta
che l’italiano abbia la grandissima forza necessaria a essere questa terza lingua, che nel mondo
si studia perché si ama, così come si ama la pizza e l’opera. Qualsiasi cosa si ami, l’italiano si
presta perfettamente a essere una lingua adottata; occorre quindi fare in modo che venga
scelta dagli italofoni di origine e dagli italofili.
Ministro plenipotenziario Vittorio SANDALLI, MAE - DGSP
Ringrazio la dottoressa Cornero per aver fornito spunti operativi che andranno ripresi nei nostri
lavori futuri. Ho particolarmente apprezzato le conclusioni del suo intervento perché durante
l’avvio delle attività del gruppo di lavoro si è sostenuto che l’italiano è l’unica lingua in grado
di toccare le corde del sentimento; non esistono altri Paesi che, come l’Italia, possono vantare
determinate profonde suggestioni.
Seminario sulla diffusione della lingua e cultura italiana all’estero Roma, 6 dicembre 2012
115
Cristina RAVAGLIA, MAE – Direttore Generale DGIEPM
Considero tonificanti gli interventi di Federico Guiglia e Loredana Cornero, ai quali si è ora
aggiunto Vittorio Sandalli, che hanno sottolineato come l’italiano sia una lingua universale.
Per quanto riguarda i suggerimenti pratici, ritengo che il seminario odierno – che non è stato
facilissimo realizzare – debba costituire un esempio di come sia possibile lavorare insieme per
davvero, ognuno per la sua parte senza infingimenti, trasmettendosi le informazioni. Ritengo
che questo compito – che può apparire banale, ma è invece molto concreto – sia ciò che dob-
biamo prefiggerci per l’immediato futuro: dividiamoci i compiti (come già sono di fatto divisi),
dunque, passiamoci le informazioni e sono convinta che i risultati arriveranno. Il passo suc-
cessivo potrà essere costituito, procedendo gradualmente per piccoli passi e senza modifiche
legislative, dalla realizzazione della bellissima idea di una comunità italofona. Si potrà poi pro-
seguire raccontandosi la realtà dell’italiano nel mondo e cosa significhi.
Maria Vittoria CIFONE, Direttore Tecnico Affari Internazionali – MIUR
Lo scorso settembre si sono incontrati il MAE e il MIUR e hanno discusso della possibilità di
organizzare il seminario odierno per realizzare la collaborazione nella pratica. In quella occa-
sione si parlò non soltanto delle cose fatte, ma anche di ciò che era possibile fare insieme. È
questo il punto sul quale ci siamo maggiormente soffermati. Nella parte che riguarda il MIUR, il
documento informativo distribuito, infatti, riporta il termine “può” (“Il Ministero può…”) proprio
in questo senso. Gli ambiti nei quali si può lavorare insieme consistono nella formazione degli
insegnanti, anche individuando modi diversi, adeguati ai tempi e alle specificità cui ha fatto
riferimento il consigliere Mangione, e degli assistenti linguistici; abbiamo iniziato una collabo-
razione con le Università proprio allo scopo di qualificare l’insegnamento dell’italiano.
L’avvio di tale collaborazione è avvenuto con la Direzione Generale per gli Italiani all’Estero
proprio perché l’ambito dei corsi favorisce questo genere di intervento. Già domani gli uffici
delle nostre Direzioni lavoreranno sulla messa a punto di una convenzione in California. La
formalizzazione degli accordi con le autorità scolastiche locali rappresenta uno dei settori pri-
vilegiati in questo senso perché ha sortito risultati molto positivi. La collaborazione anche con
il CGIE per l’evento odierno ci ha consentito di condividere queste informazioni, che spesso non
sono note.
Norberto LOMBARDI, CGIE – Italia
Condivido il giudizio di una bella giornata positiva e stimolante espresso sul seminario odierno
da parte di molti intervenuti e non nascondo un’aspettativa altrettanto intensa circa la nostra
capacità di renderlo utile e concreto assumendo impegni di ordine amministrativo e deline-
Seminario sulla diffusione della lingua e cultura italiana all’esteroRoma, 6 dicembre 2012
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ando un orizzonte più ampio concernente la capacità dell’Amministrazione di coordinare i suoi
diversi settori, nonché le responsabilità politiche: ricordo infatti che il CGIE è un organismo di
rappresentanza politica, istituito per legge, il cui compito fondamentale e dovere istituzionale
consiste nell’interlocuzione con le Istituzioni dello Stato.
Sulla base delle suggestioni scaturite dall’evento odierno, sottolineo in primo luogo come la
crisi, che ha inciso duramente sulla disponibilità di risorse e pertanto sulle consolidate possi-
bilità operative di taluni soggetti, può anche essere considerata un’opportunità, e forse anche
una necessità, relativamente al cambiamento di determinati comportamenti, in base alle leggi
vigenti, e per prefigurare una riforma certamente difficile da realizzare nel breve termine, ma
che potrà essere consegnata al nuovo Parlamento e al nuovo Governo.
In secondo luogo, ho rilevato dalla maggior parte degli interventi la necessità di accelerare la
transizione verso un modo di fare nuovo; nel merito sottolineo come, prima ancora che opera-
tiva, tale transizione abbia carattere sociale, dal momento che in Italia il numero degli stranieri
– che pone anche problemi di apprendimento linguistico – è ormai pari e tende a superare
quello dei cittadini italiani residenti all’estero. Ricordo anche il ritorno di attenzione e interesse,
da parte delle generazioni di origine, indotto non da tradizionali sollecitazioni familiari o da
pratiche associative (nobili, ma anch’esse tradizionali), bensì dal fatto di vivere un clima inter-
culturale diffuso in molti Paesi del mondo, che porta verso le origini. Ricordo infine che sono
in atto processi, probabilmente meno visibili rispetto al passato, seppure non meno penetranti
dal punto di vista sociale, che in alcuni casi sono di mobilità, spesso qualificata, ma in altri di
nuova emigrazione, come ad esempio in Svizzera e in Germania.
A fronte di tali fenomeni, la promozione della lingua e della cultura deve avvenire in base a
una strategia da realizzare con metodo di sistema. Per spiegare tale concetto, mi riferirò a una
delle “schizofrenie” cui ha fatto riferimento il consigliere Cretti: ormai da anni sento ripetere,
in particolare dai Ministri degli Affari Esteri, che alla lingua italiana è affidato un compito di
penetrazione, di rappresentanza del Paese e di rafforzamento della sua immagine, ma poi tali
affermazioni non vengono tradotte in atti normativi e amministrativi. Ad esempio, nel decreto
“Salva Italia” e in quello sull’internazionalizzazione in una pagina si afferma che la cultura può
effettivamente rappresentare un veicolo per la promozione degli interessi italiani nel mondo,
ma in un’altra, quella in cui si descrivono gli strumenti e i finanziamenti, tali affermazioni sva-
niscono.
Il min. plen. Sandalli ha reso noto che sono stati costituiti organismi di coordinamento per
l’internazionalizzazione che considero molto utili e di cui mi compiaccio; mi chiedo tuttavia
se si sia previsto almeno di invitare a farne parte qualcuno che abbia le competenze giuste
per inquadrare la lingua e la cultura. In altre parole, se il valore strategico rappresentato dalla
trasversalità della lingua e della cultura non riesce a fecondare gli atti concreti, resterà a mio
avviso una petizione di principio che, invece di migliorare le cose, finirà per far accrescere le
frustrazioni. Ritengo pertanto che nel momento in cui, a qualsiasi livello e a qualsiasi titolo, si
parla di internazionalizzazione, di presenza dell’Italia nel mondo, occorre ricordarsi che quando
Seminario sulla diffusione della lingua e cultura italiana all’estero Roma, 6 dicembre 2012
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si costituiscono strumenti e si assumono decisioni è necessaria la presenza di operatori della
lingua e della cultura affinché forniscano le opportune indicazioni.
Devo inoltre dare atto della chiarezza e della determinazione espositiva del direttore generale
Ravaglia, una qualità che ritengo favorisca molto i rapporti; rappresenta certamente un atto
di coraggio la sua affermazione secondo la quale è giunto il momento di realizzare un miglior
coordinamento, perché di ciò si era molto avvertita la necessità negli ultimi anni, durante i
quali, ogni qualvolta il CGIE ha invitato la sua Direzione Generale e la DGSP a individuare le
strade da intraprendere, si è spesso nutrita la sensazione che la mano destra non sapesse ciò
che faceva la sinistra. Poiché esistono due livelli di coordinamento, però, invito alla cautela;
ad esempio, non so se il documento finale di questo seminario possa essere unico o debba
avere una sua articolazione perché, accanto all’aspetto degli impegni amministrativi – che va
certamente nella direzione indicata in questa sede e che per brevità non ripeto – ve n’è anche
uno di prospettiva, di natura più strettamente politica, per il quale il CGIE ha un suo specifico
dovere istituzionale: non possiamo infatti chiedere alla DGIEPM di predisporre la riforma della
legge n. 153/71, possiamo soltanto chiedere di gestirla nel modo migliore possibile in base agli
strumenti e alle risorse esistenti, e su questo ci troverà molto attenti e caustici.
Durante i lavori odierni è stato spesso evocato il convegno di Montecatini, dal quale emerse
l’idea di istituire una Cabina di regia, che rappresenta più di un tavolo di concertazione; non
vorrei, pertanto, che si tornasse a un punto antecedente quel convegno, dal momento che
sono convinto della necessità addirittura di superarlo e pensare che probabilmente il sistema
italiano, soprattutto se paragonato a quello degli altri Paesi, non è più sostenibile. In un
momento di scarsità di risorse e di esigenza di massima razionalizzazione, infatti, mi domando
come possano sussistere contemporaneamente tante linee di intervento quanti sono gli attori
coinvolti; il modello europeo è costituito soprattutto da profonda unitarietà nella struttura e
nella programmazione, e da forte articolazione sul territorio. Se non si propone unitariamente
una linea strategica, pertanto, e non la si traduce poi in programmi e risorse adeguati, non è
possibile immaginare di competere o continuare a gestire un sistema tanto articolato.
È dunque necessario un soggetto (non voglio definirlo giuridicamente malgrado mi sia formato
un’idea) che consenta in primo luogo di unificare tutte le articolazioni della mano pubblica e
che allo stesso tempo permetta, a livello di programmazione e salvaguardando pienamente
l’autonomia degli altri soggetti (Regioni, realtà private come la Società Dante Alighieri, ecc.),
di coordinare gli interventi. È questa la ragione per la quale considero molto importante ripri-
stinare subito la pratica dei piani Paese, che ci mettono nella condizione di unificare gli sforzi
in modo partecipato, cioè rilevando le esigenze da chi sta sul territorio, allo scopo di riuscire a
tener conto delle peculiarità di ciascuna area. A mio avviso è necessario che questa prospettiva
venga approfondita dal CGIE, che deve migliorarla, articolarla meglio e proporla. Naturalmente
si tratta di un compito che va al di là della dimensione puramente amministrativa.
Sottolineo poi che la rappresentante del Goethe Institut, durante l’esposizione della splendida
relazione, ha informato che il suo Istituto impiega appena il 20 percento di personale di ruolo
Seminario sulla diffusione della lingua e cultura italiana all’esteroRoma, 6 dicembre 2012
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inviato, mentre per l’80 percento fa ricorso a docenti estremamente qualificati assunti in loco.
Nel merito, ricordo che la spending review impone un riassorbimento del cosiddetto “contin-
gente”, che comporta un notevole risparmio. Seguendo le indicazioni del Sottosegretario, il
quale ci ha invitati a proporre obiettivi concreti, esprimo l’auspicio che i risparmi derivanti
dall’adozione di tale misura vengano interamente ridistribuiti e reinvestiti nello stesso settore,
secondo le scelte che verranno assunte.
Se questa sarà la linea di tendenza, sorgeranno certamente giganteschi problemi di forma-
zione dei formatori, soprattutto presso alcune aree, che dovranno essere concretamente
affrontati. A causa della mancanza di fondi, questa voce è stata completamente cancellata dai
programmi di intervento; ritengo che invece vada considerata, naturalmente nelle condizioni
migliori possibili di utilizzazione delle risorse e di massima qualità. Sussiste un coordinamento
che deriva dalla selezione qualitativa degli interventi: invito il direttore generale Ravaglia al
massimo rigore su questo punto allo scopo di rendere più solido l’intero sistema.
In conclusione, sento il dovere di ringraziare l’Amministrazione per aver dimostrato la pro-
pria apertura e la propria disponibilità, le stesse manifestate da molti degli intervenuti; invito
dunque a “battere il ferro finché è caldo” perché se da un lato la crisi rappresenta un’oppor-
tunità, dall’altro occorre fare i conti con l’italica tendenza a “riaggiustare le cose”, a “risedersi
sulla stessa poltrona”. Soprattutto auspico che gli impegni assunti dall’Amministrazione, per
bocca di autorevoli dirigenti, vengano rispettati sin da domani mattina; da parte sua, il CGIE
contatterà gli interlocutori istituzionali e solleciterà il nuovo Governo e la nuova maggioranza
a passare dalla razionalizzazione alle riforme.
Cristina RAVAGLIA, MAE – Direttore Generale DGIEPM
Desidero precisare che il controllo di qualità è un impegno che la DGIEPM pone in atto da
tempo allo scopo di identificare gli enti in grado di procurarsi risorse proprie. Ricordo infatti che
quello erogato dal Ministero è un contributo.
Nicola CECCHI, Vice Presidente Vicario Toscani all’Estero
Ringrazio per l’opportunità che mi è stata offerta di partecipare a questa interessantissima gior-
nata di lavori e recare il mio contributo.
Uno degli intervenuti ha sostenuto che la lingua italiana è nata 150 anni fa; preciso che risale
in realtà al 960 d.c. e che, come è noto, ha rappresentato l’elemento unificatore del Paese ben
prima del Risorgimento.
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Ritengo che la Regione che rappresento stia operando molto e bene nel settore della diffu-
sione della lingua e della cultura italiana, anche perché allo scopo investe più fondi di altre che,
auspicabilmente, si ravvederanno nel tempo.
Sono tanti gli spunti emersi dagli interventi che si sono succeduti, che hanno ribadito tutti le
stesse questioni, sia pure da punti di vista differenti: si è sostenuta la necessità di fare sistema,
di maggiore coesione, di adottare una strategia unica, di utilizzare la lingua anche per fare
impresa e per la penetrazione commerciale delle aziende italiane all’estero, di migliorare l’of-
ferta formativa, di formare i formatori, di inviare nel mondo insegnanti preparati e non prove-
nienti da altre discipline; è mancata però la proposta, l’indicazione di come raggiungere tali
obiettivi. Posso immaginare che ciascuno lasci a qualcun altro questo compito, preoccupan-
dosi di tenersi stretto “il proprio orticello”. Ritengo che in questo periodo di grandi difficoltà,
ma anche di opportunità, sia giunto il momento in cui ciascuno rinunci a una parte di sovranità
(le Regioni lo hanno compreso e stanno tentando di compiere una parte di cammino insieme
cercando di affiancarsi alle altre Istituzioni) a favore di un soggetto che coordini gli interventi;
non riesco a individuarlo dal punto di vista della natura giuridica, ma mi spaventa l’idea che
possa trattarsi di un’agenzia sul modello dell’ICE, che sostanzialmente è risultato non efficiente.
A mio avviso, in questa fase il MAE può svolgere la funzione di collante, così come ha fatto in
occasione dell’interessante seminario odierno, che ha rappresentato un primo esempio felice,
seppur tra incomprensioni e opinioni differenti durante la sua organizzazione, di prodotto asso-
lutamente soddisfacente che può costituire un’ottima base di partenza per la prosecuzione del
lavoro fin da domani mattina. Abbiamo di fronte la grandissima occasione di predisporre un
documento che contenga punti precisi, programmatici da proporre al nuovo Governo e alla
nuova maggioranza durante i prossimi cinque anni di auspicabile durata della Legislatura che
inizierà nel 2013.
Sul fronte delle proposte, riprendo l’osservazione del professor Vedovelli, il quale ha rilevato
la mancanza di un sistema industriale per l’insegnamento della lingua e della cultura italiana;
ciò significa che manca la partecipazione dei privati, i quali (lo stiamo sperimentando con suc-
cesso in Toscana) devono iniziare a interagire con l’istituzione pubblica anche per lo sviluppo
della lingua e della cultura. Non vedo altra strada, dal momento che lo Stato dispone di sempre
minori risorse: occorre iniziare a collaborare anche con i privati all’estero, che conoscono le
necessità del territorio, e con i giovani, che hanno tanta voglia di fare.
Auspico inoltre che tra altri sedici anni non ci si ritrovi a discutere circa l’opportunità di rea-
lizzare ciò che è emerso in questa sede, così come oggi si rimpiange di non aver adottato le
soluzioni individuate durante il convegno di Montecatini, più volte rievocato; invito pertanto
tutti a compiere uno sforzo per accelerare i tempi.
Ho vissuto e lavorato 14 anni a Cuba, la cui televisione di Stato qualche anno fa ha trasmesso
una telenovela intitolata Terra nostra che narra la storia dell’emigrazione italiana in Brasile; in
quel periodo venivo fermato per strada da persone che mi chiedevano il significato di termini
italiani che erano entrati a far parte del lessico popolare. Sulla base di questa esperienza invito
Seminario sulla diffusione della lingua e cultura italiana all’esteroRoma, 6 dicembre 2012
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la RAI, una volta raggiunto il pareggio dei costi di produzione delle fiction attraverso la vendita
alle televisioni interessate, a individuare insieme agli organi di rappresentanza delle comunità
all’estero una lista delle emittenti straniere cui distribuirle a titolo gratuito affinché le trasmet-
tano in lingua originale e sottotitolate, e fungano così da veicolo per l’introduzione e lo svi-
luppo della lingua italiana. Sono convinto che ciò consentirebbe di ottenere molti più risultati
di decine di ore di corsi di lingua.
Federico GUIGLIA, Giornalista e scrittore
Ricordo che in occasione di una recente intervista concessa alla RAI, il tenore José Carreras
sostenne che la lingua italiana è la più bella di tutte perché è musicale, essendo caratterizzata
da tante vocali. Ciò spiega perché, da poliglotta e amante delle lingue straniere, mi arrabbio
quando si impiegano termini quali “format” in luogo di “formato”; sono infatti le vocali finali a
rendere la precisione e la peculiarità della lingua italiana.
In ordine al fatto che questa è considerata di serie B dall’Unione Europea, ricordo di aver tra-
scorso una parte della mia vita professionale scrivendo contro i Governi italiani che si sono suc-
ceduti accusandoli di non aver mai tutelato la lingua; comprendo pertanto pienamente questa
lamentela. Suggerisco però di non continuare a concentrarsi sulle evidenti responsabilità, non
soltanto a questo riguardo, perché altrimenti non si riesce a rivolgere lo sguardo al futuro e
rendersi conto che nel frattempo la diplomazia italiana, eccellente dal punto di vista tecnico,
ha presentato un ricorso a Bruxelles contro la discriminazione della nostra lingua nei concorsi
pubblici e l’ha vinto. Pertanto, anche questioni indiscutibilmente inique che si trascinano dal
passato ottengono giustizia, se affrontate con buon senso e soprattutto denunciate.
È guardando al futuro che mi permetto di insistere sull’importanza di un primo atto di costi-
tuzione di una comunità istituzionale, quindi non di studiosi o comunicativa come la realtà di
cui la dottoressa Cornero è Segretaria Generale, che tuttavia può essere assunta ad esempio;
la Regione Toscana potrebbe ospitare l’atto costitutivo della comunità italofona il cui titolo
potrebbe essere: “L’italiano che cambia nel mondo che cambia”, che discute dell’evoluzione della
lingua italiana, anche dal punto di vista della grammatica e della sintassi, tra Paesi e personalità
che condividono l’interesse nei suoi confronti. Sarebbero naturalmente opportuni il patrocinio
del Presidente della Repubblica e la presenza del Presidente del Consiglio accanto a rappre-
sentanti della Svizzera italiana, di Malta, dell’Albania e di tutti i Paesi interessati purché illu-
strino le ragioni di tale interesse. Tutti insieme possono contribuire a rafforzare la lingua e a
comprendere dove sia opportuno intensificare i corsi e dove si ami maggiormente la lirica. Ciò
consente di predisporre una strategia della lingua, una politica (intesa nella sua accezione più
alta e nobile) che consenta di compiere le azioni in sintonia con la società. Al riguardo, osservo
che non bisogna aver paura di fare un passo leggermente più in là della società, anche se ciò
può comportare critiche. Mi spiego con un esempio: recentemente il Parlamento ha approvato,
Seminario sulla diffusione della lingua e cultura italiana all’estero Roma, 6 dicembre 2012
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con il solo voto contrario della Lega, una legge tesa a indurre gli insegnanti non solo a spiegare
la Costituzione, ma anche l’Inno di Mameli; il parere avverso espresso da una minoranza non
ha impedito alla legge di entrare in vigore. Un primo atto costitutivo di una comunità italofona
in Toscana, a Firenze, all’ombra della straordinaria memoria di Dante Alighieri, d’intesa con la
Farnesina e con tutti i soggetti che vorranno farne parte è dunque propedeutico all’istituzione
per via legislativa di una realtà che poi verrà definita dal Parlamento. Ma se ci si crede, e se si
crede che un primo atto possa comportare un effetto moltiplicatore sullo studio della lingua
italiana nei Paesi che parteciperanno alla costituzione di tale comunità (i quali faranno la fila
per esserci), occorre agire senza indugio.
Mirko TAVONI, Presidente del Consorzio interuniversitario ICoN - Italian Culture on the Net
Desidero svolgere tre brevi osservazioni. La prima è stata così perfettamente anticipata dal
consigliere Lombardi che mi limiterò a richiamarla con pochissime parole: la crisi può compor-
tare un’opportunità piuttosto necessitante per un cambiamento virtuoso. Il coordinamento, la
selezione, la sinergia devono accompagnarsi al concetto di valutazione della qualità di ciò che
il mercato offre e di promozione selettiva delle iniziative qualitative.
La seconda osservazione concerne l’uso delle nuove tecnologie dell’e-learning, della forma-
zione a distanza: un passo in avanti fortemente raccomandato dal documento introduttivo di
questo seminario. Dal momento che rappresento un consorzio interuniversitario che si occupa
esattamente di questo, nominerò molto francamente i nodi reali in materia. Anzitutto sotto-
lineo che le nuove tecnologie per la formazione a distanza vengono raccomandate perché
possono consentire risparmi. In altri termini, le condizioni di ristrettezza economica spingono
ad adottare soluzioni che sembrano garantire l’ottenimento di maggiori risultati con minori
costi. Ciò risponde a verità, ma non bisogna dimenticare che la ragione per cui occorre investire
nell’e-learning non consiste tanto nell’economicità, quanto nel fatto che consente di ottenere
una qualità molto alta. La nostra esperienza degli ultimi dodici anni dimostra come tale moda-
lità consenta un insegnamento “caldo”, che garantisce agli studenti un’assistenza molto forte
e un’interazione molto superiore a quella che io stesso, come docente in presenza, riesco ad
assicurare a un’aula composta da 150 persone.
Osservo inoltre che le nuove tecnologie non incontrano spontaneamente il desiderio di abbrac-
ciarle da parte della maggioranza di coloro che insegnano a causa di una scarsa sensibilità e di
un forte fattore inerziale. Se il MAE intende spingere in questa direzione perché giustamente
ritiene che contenga molto futuro, non può affidarsi alla speranza che tale soluzione attec-
chisca spontaneamente. A ciò aggiungo un’altra franca considerazione: nel momento stesso
in cui affermo che l’e-learning è intrinsecamente di grande qualità e non rappresenta qualcosa
di diverso dall’istruzione in generale, ma costituisce l’educazione nella dimensione digitale che
abbraccia tutta la civiltà di oggi, devo anche riconoscere empiricamente che non tutte le inizia-
Seminario sulla diffusione della lingua e cultura italiana all’esteroRoma, 6 dicembre 2012
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tive di formazione a distanza che si sono affermate in Italia negli ultimi quindici anni corrispon-
dono alla qualità ideale; parlando come normale professore universitario, posso attestare ciò
che è noto a tutti, ossia che le Università telematiche non godono di grande stima all’interno
del mondo accademico e delle Università fisiche.
D’altra parte, la Open University rappresenta uno straordinario modello della assoluta eccel-
lenza che può essere conseguita attraverso queste tecnologie e soprattutto metodologie.
Pertanto, considero quello dell’e-learning un ottimo caso particolare del concetto generale ben
enunciato dal consigliere Lombardi, e da me testé ripreso, circa la necessità di selezione della
qualità. Lo dico molto semplicemente: rappresento un ente che produce e-learning; sarei molto
felice d’ora in avanti – e lo sarei stato negli ultimi dodici anni – se sentissi la nostra attività con-
frontata con quella di altri, attraverso criteri di qualità obiettivi e onesti, e se su tale base essa
venisse premiata se si ritiene che sia la migliore.
Circa la piacevole proposta dell’amica Silvana Mangione, rilevo che il fatto di essere seduto
accanto alla dottoressa Cornero mi apre gradevolissime prospettive di collaborazione che non
ci sono nuove, dal momento che ICoN è nato parallelamente a una iniziativa di RAI International,
nella seconda metà degli anni Novanta, quando quella emittente intendeva affacciarsi al web
dando vita a iniziative di promozione della cultura italiana, anche a livello universitario. La dot-
toressa Cornero, inoltre, mi ha ricordato che abbiamo già lavorato insieme concretamente.
Sottolineo come la straordinaria ricchezza culturale e di materiale posseduta dalla RAI costi-
tuisca un capitale di base assai stimolante per sfidarci a tentare di realizzare insieme iniziative
propriamente didattiche in modalità e-learning.
Cristiano SERRAGIOTTO, Università Ca’ Foscari – Venezia
Ringrazio per avermi offerto l’opportunità di partecipare al seminario odierno e confrontarmi
con tematiche come la formazione, che considero vive importanti.
Desidero concentrare il mio intervento su quattro concetti chiave: fare sistema, reti, risorse
locali e tecnologie. Relativamente alla prima, sottolineo la necessità di ricercare una sinergia tra
le Università italiane che operano nella formazione all’estero e quelle locali per suddividersi il
lavoro e gestirlo al meglio.
Occorre poi stabilire reti con le scuole all’estero per realizzare risparmi inviando a tenere i corsi,
da svolgersi contemporaneamente, un solo formatore nelle realtà poco distanti tra loro. Oltre
a ciò, la rete è opportuna anche ai fini della realizzazione dei materiali, i quali possono essere
raccolti in una banca dati cui tutti è dato attingere.
Circa le risorse locali, osservo che le nostre Università possono senz’altro fare formazione all’e-
stero, ma è certamente più utile e meno dispendioso disporre di formatori di formatori in loco.
Sarà poi opportuno avviare una cooperazione con queste persone allo scopo di realizzare
materiali, che possono essere in formato cartaceo o, meglio, di e-book.
Seminario sulla diffusione della lingua e cultura italiana all’estero Roma, 6 dicembre 2012
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In ordine alle tecnologie, infine, faccio presente che il ricorso alla formazione a distanza, l’uti-
lizzo dei forum e l’impiego di software quali Skype consentono di realizzare notevoli risparmi.
Cons. amb. Giovanni RICCIULLI, MAE – DGSP
In conclusione di una giornata intensa e densa di spunti molto interessanti, desidero riallac-
ciarmi alle osservazioni del consigliere Lombardi relative allo spirito che ha animato la giornata
odierna: ho rilevato grande volontà di trasparenza e condivisione, che riflette un condiviso
desiderio di migliorare la diffusione della lingua e della cultura italiana all’estero non soltanto
come strumento di conservazione, riscoperta e trasmissione della propria identità, ma anche
quale mezzo per propagare e promuovere un’immagine compiuta e attuale del Paese in tutte
le sue componenti (riguardo a quest’ultimo profilo, il ministro Terzi aveva parlato di “economia
della cultura”).
A mio parere si può lavorare insieme molto bene perché sussiste la condivisione di obiettivi di
fondo. Ritengo che possa innescarsi una spirale virtuosa: il “potere dolce” dell’Italia può soste-
nere la diffusione dell’italiano e questa potrà aiutare il “potere dolce” del Paese all’estero.
Loredana CORNERO, Direzione Relazioni Internazionali della RAI
Dal momento che ce lo chiede Cuba, oltre all’Europa, ribadisco la necessità di firmare l’accordo
RAI-MAE per consentire alla mia azienda di offrire a titolo gratuito, per il tramite della rete diplo-
matico-consolare e degli Istituti italiani di cultura, materiale che possa essere trasmesso dalle
televisioni locali.
Ricordo inoltre che la Comunità Radiotelevisiva Italofona è nata il 3 aprile 1985 a Firenze, ospite
dell’Accademia della Crusca, dove nel 2010 ha festeggiato i 25 anni di vita; la comunità italo-
fona proposta da Federico Guiglia, dunque, non potrà che nascere a sua volta a Firenze.
Infine un appello: la Comunità Radiotelevisiva Italofona, che annovera tra i suoi partner isti-
tuzioni, la Società Dante Alighieri, l’Accademia della Crusca, le Università di Siena e Perugia,
l’Università di Studi Italiani di Lugano, varie emittenti radiotelevisive, ecc., è interessata a far
diventare propri partner radio e televisioni italofone nel mondo di comprovata qualità, il cui
obiettivo è diffondere e promuovere la lingua italiana, allo scopo di scambiare programmi e
realizzare insieme coproduzioni.
Seminario sulla diffusione della lingua e cultura italiana all’esteroRoma, 6 dicembre 2012
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Min. plen. Vittorio SANDALLI, MAE - DGSP
Ringrazio i componenti del gruppo di lavoro e tutti i partecipanti a questa giornata di grande
significato e grandi contenuti, caratterizzata soprattutto da uno spirito di coesione e di volontà
costruttiva.
Ci sarebbe tanto da commentare e da aggiungere, ma mi limiterò a rilevare che da taluni inter-
venti è emersa la centralità, nell’azione estera, della lingua e della cultura; nel merito confermo
e ribadisco che una linea guida dell’azione del Ministero degli Affari Esteri consiste nel coniu-
gare la promozione di carattere economico con quella culturale. Il ministro Terzi parla di “eco-
nomia della cultura”; lo ha fatto in Parlamento e lo ripeterà in occasione della Conferenza degli
Ambasciatori che si svolgerà i prossimi 20 e 21 dicembre, una specifica sezione della quale è
dedicata al ruolo centrale della lingua e della cultura italiana come veicolo della promozione
del sistema Paese. Mi risulta che uno dei documenti che costituiranno la traccia del panel farà
riferimento al seminario odierno.
Do infine lettura della nota stampa predisposta con i colleghi del MAE e del MIUR, nonché con
i rappresentanti del CGIE e delle Regioni:
Si è tenuto oggi, su iniziativa del Ministro Terzi e del Consiglio Generale degli Italiani all’Estero,
nell’ambito dell’Assemblea Plenaria del CGIE, il seminario, organizzato da MAE, MIUR, CGIE e
Regioni, “La diffusione e l’insegnamento della lingua e cultura italiana all’estero: attori, criticità e
buone prassi – Una riflessione di prospettiva”.
Il seminario è stato moderato dalla Presidente dell’Accademia della Crusca, Nicoletta Maraschio.
Ha aperto i lavori il Sottosegretario de Mistura. Il Direttore Generale per gli Italiani all’Estero e le
Politiche Migratorie del MAE, Cristina Ravaglia, ha presentato in una relazione unitaria le attività
per la promozione linguistica e culturale messe in campo dal MAE e dal Ministero dell’Istruzione.
Sono poi intervenuti Silvia Bartolini per le Regioni, padre Tassello come rappresentante del CGIE,
i rettori delle Università per Stranieri di Perugia e di Siena, il presidente del consorzio interuniver-
sitario ICoN, i direttori del Goethe Institut e dell’Istituto Cervantes, il consigliere per l’educazione
dell’Ambasciata di Francia, il Segretario Generale di Assocamerestero, il Segretario Generale della
Dante Alighieri e il rappresentante degli enti gestori svizzeri.
Durante il dibattito del pomeriggio sono emerse le criticità esistenti e l’esigenza di un maggior coor-
dinamento di tutti gli attori che, come hanno concordato i partecipanti, non è più rinviabile al fine
di creare un vero e reale Sistema Paese, che tenga conto dell’esperienza di altri Stati europei come la
Francia, la Germania e la Spagna. E’ inoltre intervenuto per la IV Commissione Tematica “ Scuola e
Cultura” il Consigliere Tommaso Conte.
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Con la Tavola rotonda che ha concluso il seminario sono state poste le basi per un documento finale
condiviso, che conterrà un’analisi di prospettiva per poter così fornire, al prossimo Parlamento,
alcune linee guida fondamentali per intervenire sulla materia, sia razionalizzando le diverse inizia-
tive che attuando un coordinamento più stretto ed efficace dei soggetti attivi sul campo.
Dichiaro conclusi i lavori del seminario odierno.
I lavori terminano alle ore 18,45
SEMINARIO
“La diffusione e l’insegnamento della lingua e cultura italiana all’estero – una riflessione di prospettiva” (Roma, 6 dicembre 2012)
DOCUMENTO FINALE
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La necessità di dare vita ad un momento di riflessione che fotografasse lo “stato dell’arte” della dif-
fusione della nostra lingua e cultura all’estero, era da tempo avvertita tra coloro che si occupano
della materia. Si voleva, in particolare, riunire in un unico foro di discussione i diversi attori istituzio-
nali e non, che partecipano a vario titolo all’azione di promozione culturale. L’idea di organizzare
un seminario, nata da una proposta del Consiglio Generale degli Italiani all’estero (CGIE) all’allora
Ministro degli Affari Esteri, Terzi, è stata subito accolta con favore dai soggetti interessati. E’ stato
quindi costituito un tavolo ristretto di lavoro, composto da rappresentanti del Ministero degli Affari
Esteri (nelle sue articolazioni di Direzione Generale per la Promozione del Sistema Paese e Direzione
Generale per gli Italiani all’Estero e le Politiche Migratorie), del CGIE, del Ministero dell’Istruzione,
dell’Università e della Ricerca, e delle Regioni, con il compito di curare, a livello tecnico, l’organizza-
zione del seminario. Esso si è tenuto il giorno 6 dicembre a Roma, presso il Ministero degli Esteri, ed
ha visto la partecipazione di accademici (la Presidente dell’Accademia della Crusca, professoressa
Nicoletta Maraschio; i Rettori delle Università per stranieri di Siena e Perugia, professori Massimo
Vedovelli e Stefania Giannini; il Presidente del consorzio interuniversitario Italian Culture on the
Net, professor Mirko Tavoni); del giornalista e scrittore Federico Guiglia (La7); di rappresentanti
del mondo delle associazioni italiane all’estero che si occupano di assistenza scolastica (c.d. “enti
gestori”); di un rappresentante di Assocamerestero; di esponenti dei principali enti di diffusione di
altre lingue europee in Italia (direttori del centro Cervantes, del Goethe Institut, e un rappresentante
dell’Ambasciata di Francia presso la Santa Sede, responsabile del Centre culturel Saint-Louis di
Roma).
Un’occasione di approfondimento e dialogo
Il seminario ha permesso di fare il punto sullo “stato dell’arte” della diffusione
dell’italiano all’estero. I vari attori, istituzionali e non, che operano in questo
campo, hanno potuto incontrarsi, scambiarsi opinioni e informazioni, e avviare
una riflessione di prospettiva per il futuro.
Il seminario “La diffusione e l’insegnamento della lingua e cultura italiana all’estero: attori, cri-
ticità e buone prassi. Una riflessione di prospettiva”, svoltosi a Roma il 6 dicembre presso il
Ministero degli Affari Esteri, è stato un’utile occasione di incontro e di dialogo tra istituzioni,
università, settori dell’amministrazione e operatori che, a vario titolo, hanno competenza e
intervengono in questo campo.
Organizzato dal Ministero degli Affari Esteri, dal Ministero dell’Istruzione Università e Ricerca,
dal Consiglio generale degli italiani all’estero e dalle Regioni, il seminario ha consentito di
acquisire elementi concreti sulla situazione che si è determinata a seguito della riduzione delle
risorse pubbliche destinate alla promozione della lingua e della cultura italiane nel mondo;
esso, inoltre, è servito per delineare alcune ipotesi di riforma del settore, anche alla luce della
Seminario sulla diffusione della lingua e cultura italiana all’estero Roma, 6 dicembre 2012
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comparazione con le strutture e le forme di intervento adottati da alcuni importanti partner
europei.
Se in linea generale la lingua italiana, nonostante l’incidenza delle restrizioni di bilancio, resta
una delle lingue più studiate nel mondo, è anche vero che la contrazione degli investimenti,
specie nel settore dell’insegnamento gravante sul cap. 3153 (dove tale contrazione è valutata
in oltre due terzi rispetto alle risorse disponibili nel 2008), ha comportato una diffusa riduzione
dei corsi e degli utenti e l’esclusione del sostegno in precedenza assicurato ai corsi per adulti,
particolarmente diffusi in America meridionale.
La capacità degli enti gestori di adattarsi alla diversa situazione ha fatto in modo che la ricaduta
dei tagli sui servizi erogati si rivelasse di fatto molto più contenuta, tuttavia con conseguenze di
ordine qualitativo che soprattutto in ambito europeo non vanno sottovalutate: l’accorpamento
di alunni di diverso livello formativo, la riduzione dell’orario, il forte aumento della contribu-
zione a carico delle famiglie, un peggiore trattamento economico dei docenti. Preoccupazioni
sono state inoltre manifestate per la quasi scomparsa delle attività di aggiornamento e di for-
mazione degli insegnanti, da realizzare a livello transnazionale mediante progetti concordati
tra strutture scolastiche e culturali.
Va segnalato come un elemento positivo, invece, la tenuta dei corsi inseriti nei curricula dei
sistemi scolastici di diversi paesi del mondo, anche per la priorità data a questa tipologia di
corsi nei programmi di intervento degli ultimi anni. Si sottolinea a tale riguardo l’opportunità
di sviluppare ulteriormente i contatti e gli accordi con i governi e le autorità scolastiche locali
affinché queste buone pratiche si consolidino e si estendano.
D’altro canto, la peculiarità della diaspora italiana, che ha costituito nel mondo un bacino emi-
gratorio di sessanta milioni di italodiscendenti, rappresenta un humus fecondo nel quale si ali-
menta una domanda potenzialmente rilevante che si combina con quella costituita dai cittadini
stranieri che desiderano avvicinarsi alla nostra lingua per le più disparate motivazioni culturali,
personali o professionali, e ciò soprattutto in una fase, come quella attuale, di espansione delle
pratiche educative di taglio interculturale. Esistono concreti presupposti, dunque, affinché la
crisi dell’intervento pubblico nel campo della promozione della lingua e della cultura italiane
all’estero sia vissuta non come un fattore di ineluttabile regressione, ma come un’opportunità
di riorganizzazione e di rilancio.
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Lingua e cultura come strategia di promozione dell’Italia nel mondo
L’Italiano è sempre più lingua di cultura e non solamente di emigrazione. La
diffusione della lingua e cultura italiana è veicolo insostituibile di promozione del
nostro Sistema Paese all’estero, anche attraverso l’adeguato coinvolgimento dei
“moltiplicatori culturali” costituiti dalle nostre comunità all’estero.
L’esigenza di cambiare, per altro, ha le sue ragioni non solo nell’esigenza di razionalizzare la
spesa in conseguenza delle difficoltà di ordine finanziario, ma soprattutto nelle trasformazioni
che si evidenziano a livello sociale e culturale.
Nell’attuale dimensione globale, la diffusione della lingua italiana all’estero si pone vieppiù
come mezzo per la promozione del nostro sistema Paese in tutte le sue più aggiornate compo-
nenti ed espressioni, quali non soltanto arte, cultura e turismo , ma anche tecnologia, design,
ricerca, industria.
Va inoltre osservato che, ormai, il numero degli stranieri che scelgono il nostro paese come
luogo di vita e di lavoro e che assumono la nostra lingua come mezzo di comunicazione e
fonte di formazione per le nuove generazioni si avvia a superare quello dei cittadini italiani
all’estero. Milioni di italodiscendenti che s’interrogano sulle loro origini guardano con interesse
alla nostra storia e alla nostra cultura, utilizzando le opportunità relazionali e di ricerca offerte
dal web. Si è intensificata la mobilità qualificata verso l’estero di giovani dotati di elevata for-
mazione e di specializzazioni professionali e, nello stesso tempo, dalle aree meridionali sono
ripresi flussi di emigrazione verso paesi europei, come la Germania e la Svizzera, e transocea-
nici, come l’Australia. Oltre che come lingua di cultura, di identità e di relazione, l’italiano ha un
suo spazio anche come lingua di lavoro, in conseguenza del decentramento produttivo delle
imprese, dei rapporti professionali e delle attività commerciali legate soprattutto alla diffusione
del Made in Italy.
Insomma, vi sono obiettive ragioni per non attardarsi in un atteggiamento di pura difesa degli
attuali livelli di offerta di lingua e cultura italiana all’estero, ma per ridefinirne le finalità e le
forme ricollocandola nel quadro articolato e dinamico nel quale l’”italianità” oggi può trovare
ascolto e attiva interlocuzione.
La condizione per aprire una nuova fase è stata concordemente individuata in una più convinta
e coerente assunzione del valore strategico che la promozione della lingua e della cultura ita-
liane può avere per la ripresa e per il rafforzamento della proiezione internazionale del Paese.
Nel corso degli ultimi anni non sono mancati riconoscimenti di questo tipo da parte di intellet-
tuali, rappresentanti di governo e forze parlamentari e politiche. Essi, tuttavia, si sono limitati
ad affermazioni di principio e non si sono sempre tradotti in adeguati programmi specifici e
in un impegno di coordinamento con le politiche di promozione del sistema Italia all’estero,
Seminario sulla diffusione della lingua e cultura italiana all’estero Roma, 6 dicembre 2012
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e parrebbero anzi contraddetti dalla progressiva e generalizzata contrazione dell’intervento
pubblico nel settore.
Unitarietà e programmazione
In un’epoca di risorse disponibili decrescenti, è indispensabile superare la
frammentarietà e la mancanza di coordinamento che hanno caratterizzato
l’azione di promozione della lingua e cultura italiana all’estero fino a oggi. E’
auspicabile un maggiore coordinamento degli attori, anche attraverso strumenti
informali di consultazione, in attesa di una riforma organica della materia.
Un altro punto di approfondimento e di riflessione critica ha riguardato la necessità di evitare la
frammentazione del sistema pubblico di intervento e il tema della comunicazione esistente tra
i soggetti - pubblici e privati, centrali e locali – che operano in questo campo. Prima ancora di
arrivare ad una profonda e organica riforma del settore, che pure è stata auspicata, si è conside-
rato non più procrastinabile il superamento di una prassi amministrativa talora contrassegnata
da separatezza e autoreferenzialità. In presenza della normativa vigente, si è sottolineata l’ur-
genza di un maggiore coordinamento tra le Direzioni Generali che nell’ambito del MAE presie-
dono all’intervento culturale e linguistico e tra il MAE e il MIUR, pur nel rispetto delle rispettive
competenze. Al coordinamento tra le strutture ministeriali che attivamente promuovono la
diffusione della lingua italiana all’estero attraverso gli Istituti Italiani di Cultura, le scuole e le
università straniere, si dovrebbero accompagnare inoltre un più fluido scambio di informazioni
e un più costante dialogo con i soggetti che operano nel campo in forza delle loro autonome
prerogative, come le Regioni e gli enti locali, le Università, la Dante Alighieri. In particolare le
Regioni, nonostante i tagli ai bilanci e ai capitoli specifici rivolti ai corregionali all’estero, hanno
continuato a dedicare risorse ai corsi d’italiano. Tali corsi vengono realizzati direttamente o affi-
dati ad enti educativi o alla fitta rete associativa regionale presente nel mondo.
Uno strumento utile al perseguimento di questo obiettivo potrebbe rivelarsi un tavolo di dia-
logo e di concertazione da riunire con regolare periodicità. Si potrebbero limitare, in questo
modo, la ripetitività e la sovrapposizione degli interventi e, attraverso l’attivazione di razio-
nali sinergie, offrire un servizio più efficace, addirittura con un risparmio di risorse. Un passo
sostanziale verso la qualificazione dell’intervento, ribadito con convinzione durante i lavori del
seminario, è quello del passaggio dal sistema dei piani annuali di contribuzione ad una pro-
grammazione triennale, articolata per programmi esecutivi annuali, in modo da permettere
agli enti una più stabile organizzazione delle loro attività e di assicurare agli utenti riferimenti
certi e continuità didattica. In questa prospettiva, si è richiesto con forza il rilancio della meto-
dologia dei “Piani Paese”, sperimentata con convincenti risultati negli anni passati e poi sospesa
nella maggior parte delle realtà nazionali.
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La riforma del sistema
Una riforma organica dell’azione di diffusione della lingua italiana all’estero, non può pre-
scindere dalle esperienze di altri modelli di diffusione delle lingue adottati da Paesi a noi
vicini, come Germania, Spagna e Francia. Lo studio dei tratti comuni di un c.d. “modello
europeo” costituisce il passo preliminare ad un intervento legislativo che recepisca i mag-
giori punti di forza di tali esperienze. A tale scopo si ritiene necessaria la costituzione di un
apposito “tavolo di lavoro” che recepisca gli spunti elaborati nel seminario, e porti avanti
l’elaborazione di un nuovo modello operativo.
Il seminario, infine, ha consentito di rispondere anche a un’altra delle ragioni che hanno moti-
vato la sua organizzazione, quella di delineare alcune linee di riforma del sistema, da approfon-
dire e precisare nei prossimi mesi, che possano essere consegnate al Parlamento e al Governo
all’inizio della nuova legislatura. Diventa sempre più necessario un modello di intervento che
pur essendo unitario e volto al perseguimento di obiettivi condivisi tra i diversi operatori sia
dotato di una forte flessibilità e adattabilità alle situazioni concrete. L’attuale sistema, si è detto,
è lontano da un profilo di questo genere. Esso, oltre a mancare di una strategia sufficiente-
mente chiara e organica, è troppo spesso caratterizzato da frammentarietà programmatica, da
sovrapposizione di interventi, da scarsa sinergia tra i soggetti che intervengono, da autoripro-
duzione delle azioni formative.
I lavori seminariali hanno consentito di misurare la distanza del modello italiano da quello
di altri paesi europei, come la Germania, la Spagna e la Francia, le cui esperienze sono state
riportate rispettivamente dai rappresentanti del Goethe Institut, del Cervantes e dell’Alliance
française. Pur facendo salve le peculiari caratteristiche di ciascuna situazione in termini di stru-
menti e finalità, è stato comunque possibile rilevare i tratti essenziali di quello che si potrebbe
concepire come un “modello europeo” di promozione della cultura e della lingua nazionale
all’estero. Questi elementi si possono riassumere in questo modo: l’unitarietà dell’impianto
programmatico e operativo; l’integrazione di pubblico e privato, sia sotto il profilo della natura
giuridica dell’ente che sotto quello del reperimento delle risorse; il sistema a rete delle orga-
nizzazioni territoriali; l’ampia autonomia delle strutture operanti sul territorio, sia per quanto
riguarda le attività che l’autofinanziamento; il prevalente ricorso al personale assunto in loco,
meno costoso e più adatto a realizzare esperienze di partecipazione; un sostegno finanziario
pubblico adeguato a sostenere una programmazione delle presenze organizzative e degli
interventi in ambito globale, e comunque di gran lunga superiore a quello assicurato in Italia,
anche nei momenti di maggiore attenzione per queste attività. Le caratteristiche indicate
possono costituire una base concreta per un’azione di riorganizzazione e riforma del nostro
sistema, da avviare nella prossima legislatura parlamentare. Non si tratta, naturalmente, di
una semplice trasposizione di esperienze diverse rispetto ad una prassi amministrativa ormai
consolidata, ma di un necessario adeguamento di un impianto normativo ormai inattuale e
Seminario sulla diffusione della lingua e cultura italiana all’estero Roma, 6 dicembre 2012
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dell’opportunità di tenere conto di concrete soluzioni organizzative e didattiche che hanno
dimostrato sul campo la loro validità. Sapendo, in ogni caso, che l’impegno di proiezione cul-
turale all’estero non può prescindere anche dalla peculiarità tutta italiana – uno dei veri punti
di forza del percorso globale del Paese – di una diaspora secolare che ha costituito bacini di
potenziale domanda di lingua e di cultura in importanti realtà del pianeta.
Un aspetto che non è stato trascurato nell’analisi della fase di transizione che l’intervento sta
attraversando è quello relativo al personale utilizzato, operante finora nell’ambito di un sistema
misto pubblico-privato. Recenti provvedimenti normativi, ispirati al criterio della spending
review, hanno definito per i prossimi anni i parametri quantitativi da osservare nel bilancia-
mento tra personale di ruolo e personale a contratto.
A tale proposito, si richiede che le risorse risparmiate da un ricorso più contenuto al personale
di ruolo siano interamente reinvestite nel settore.
Nello stesso tempo si è riaffermata l’esigenza di manifestare una vigile attenzione sulla qualità
della promozione culturale e dell’insegnamento dell’italiano come lingua straniera. In partico-
lare, la formazione e l’aggiornamento dei formatori vanno promossi, per non provocare danni
irreversibili ad un sistema che deve affermarsi soprattutto per la sua qualità in un confronto
sempre più impegnativo sul piano concorrenziale. Per questo, si è ritenuto di richiamare l’at-
tenzione dei responsabili istituzionali e amministrativi, a livello centrale e regionale, sull’intera
filiera delle possibili soluzioni, dalla specifica formazione accademica, che alcune università
italiane possono garantire, ai corsi residenziali presso istituti qualificati, ai programmi di for-
mazione e aggiornamento a distanza, che lo sviluppo delle comunicazioni telematiche rende
agevoli, con modalità didattiche e contenuti scientifici garantiti a livello universitario.
Anche per queste ragioni il seminario si è concluso con l’auspicio di proseguire i lavori del
tavolo costituito in preparazione del seminario della promozione della lingua italiana all’estero,
al fine di accompagnare l’elaborazione e l’auspicata costituzione del nuovo modello operativo.
Si ringrazia il Centro Stampa Regione Emilia-Romagna
per la realizzazione grafica e la stampa di questo volume
Settembre 2013