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COMMISSIONE PARLAMENTARE DI INCHIESTA SUL LIVELLO DI DIGITALIZZAZIONE E INNOVAZIONE DELLE PUBBLICHE AMMINISTRAZIONI E SUGLI INVESTIMENTI COM- PLESSIVI RIGUARDANTI IL SETTORE DELLE TECNOLOGIE DEL- L’INFORMAZIONE E DELLA COMUNICAZIONE RESOCONTO STENOGRAFICO 12. SEDUTA DI MERCOLEDÌ 15 FEBBRAIO 2017 PRESIDENZA DEL PRESIDENTE PAOLO COPPOLA INDICE Sulla pubblicità dei lavori: Coppola Paolo, presidente .......................... 2 Audizione del Commissario straordinario del Governo per l’attuazione dell’agenda digi- tale, Diego Piacentini: Coppola Paolo, presidente ............... 2, 10, 13, 23 Boccadutri Sergio (PD) ............................... 19 Bruno Bossio Vincenza (PD) ................ 8, 17, 18 Dell’Aringa Carlo (PD) ................................ 16 De Lorenzis Diego (M5S) ...................... 9, 11, 13 D’Incà Federico (M5S) ................................ 15 Fragomeli Gian Mario (PD) ....................... 21 Piacentini Diego, commissario straordina- rio del Governo per l’attuazione dell’agenda digitale ..... 2, 8, 9, 10, 11, 14, 15, 16, 17, 18, 19, 21, 23 Comunicazioni del Presidente: Coppola Paolo, presidente .......................... 23, 24 Boccadutri Sergio (PD) ............................... 24 Atti Parlamentari 1 Camera dei Deputati XVII LEGISLATURA COMM. DIGITALIZZAZIONE SEDUTA DEL 15 FEBBRAIO 2017 PAG. PAG.

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COMMISSIONE PARLAMENTARE DI INCHIESTA

SUL LIVELLO DI DIGITALIZZAZIONE E INNOVAZIONE DELLE

PUBBLICHE AMMINISTRAZIONI E SUGLI INVESTIMENTI COM-

PLESSIVI RIGUARDANTI IL SETTORE DELLE TECNOLOGIE DEL-

L’INFORMAZIONE E DELLA COMUNICAZIONE

RESOCONTO STENOGRAFICO

12.

SEDUTA DI MERCOLEDÌ 15 FEBBRAIO 2017

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE PAOLO COPPOLA

I N D I C E

Sulla pubblicità dei lavori:

Coppola Paolo, presidente .......................... 2

Audizione del Commissario straordinario delGoverno per l’attuazione dell’agenda digi-tale, Diego Piacentini:

Coppola Paolo, presidente ............... 2, 10, 13, 23

Boccadutri Sergio (PD) ............................... 19

Bruno Bossio Vincenza (PD) ................ 8, 17, 18

Dell’Aringa Carlo (PD) ................................ 16

De Lorenzis Diego (M5S) ...................... 9, 11, 13

D’Incà Federico (M5S) ................................ 15

Fragomeli Gian Mario (PD) ....................... 21

Piacentini Diego, commissario straordina-rio del Governo per l’attuazione dell’agendadigitale ..... 2, 8, 9, 10, 11, 14, 15, 16, 17, 18, 19,

21, 23

Comunicazioni del Presidente:

Coppola Paolo, presidente .......................... 23, 24

Boccadutri Sergio (PD) ............................... 24

Atti Parlamentari — 1 — Camera dei Deputati

XVII LEGISLATURA — COMM. DIGITALIZZAZIONE — SEDUTA DEL 15 FEBBRAIO 2017

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PRESIDENZA DEL PRESIDENTEPAOLO COPPOLA

La seduta comincia alle 14.15.

Sulla pubblicità dei lavori.

PRESIDENTE. Avverto che, se non visono obiezioni, la pubblicità dei lavori dellaseduta odierna sarà assicurata, anche me-diante l’attivazione di impianti audiovisivia circuito chiuso, la trasmissione direttasulla web-tv e, successivamente, sul canalesatellitare della Camera dei deputati.

(Così rimane stabilito).

Audizione del Commissario straordinariodel Governo per l’attuazione dell’a-genda digitale, Diego Piacentini.

PRESIDENTE. L’ordine del giorno recal’audizione del commissario straordinariodel Governo per l’attuazione dell’agendadigitale, Diego Piacentini, accompagnato daGuido Scorza, responsabile per l’area Af-fari regolamentari, nazionali ed europei,che ringrazio per la presenza.

Comunico che è presente in Commis-sione anche il consulente della Commis-sione, il professor Paolo Ferragina.

Avverto i nostri ospiti che della presenteaudizione sarà redatto un resoconto steno-grafico e che, facendone espressa e moti-vata richiesta, in particolare in presenza difatti illeciti sui quali siano in corso indaginituttora coperte da segreto, consentendo laCommissione, i lavori proseguiranno in se-duta segreta, invitando comunque a rin-viare eventuali interventi di natura riser-vata alla parte finale della seduta.

Si tratta di un’audizione di natura pret-tamente conoscitiva, per la quale chiedo aldottor Piacentini di fornire un quadro espli-cativo quanto più ampio possibile dei suoicompiti e dell’esperienza maturata durantei primi mesi del suo mandato. Il dottorPiacentini è stato nominato Commissariostraordinario il 16 settembre 2016 e ha unmandato di due anni.

Cedo, dunque, la parola a Diego Piacen-tini per lo svolgimento della relazione in-troduttiva, al termine della quale segui-ranno eventuali domande o richieste dichiarimento da parte dei commissari.

DIEGO PIACENTINI, commissario stra-ordinario del Governo per l’attuazione del-l’agenda digitale. Grazie, presidente. Rin-grazio tutti per avermi dato l’opportunitàdi descrivere la nostra attività.

Come il presidente ha anticipato, siamoentrati nel quinto mese della nostra atti-vità. Sono stato nominato, infatti, commis-sario straordinario per l’attuazione dell’A-genda digitale con decreto del Presidentedella Repubblica del 16 settembre 2016.Quindi, siamo vicini all’anniversario delquinto mese.

La maggior parte del tempo – soprat-tutto i primi tre mesi – è stata dedicata nonsolo alla comprensione delle attività, del-l’esistente e di quanto si possa fare all’in-terno dell’e-government della pubblica am-ministrazione, ma anche alla costruzionedel team per la trasformazione digitale.

Direi che è un po’ presto per dare unbilancio sull’attività svolta, ma sono benlieto di fornire tutti gli elementi che ho adisposizione per farvi capire il contesto nelquale stiamo operando, il piano che stiamomettendo in piedi e le attività di coordina-mento con AgID e con i vari enti e societàdella pubblica amministrazione con i qualistiamo creando.

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Ci sono quattro punti che andrò adapprofondire all’interno di questa presen-tazione e che voglio enfatizzare all’internodi questa conversazione. In genere, le do-mande che mi sono state poste all’inizio diquesto mandato erano se manchino le ri-sorse economiche – sì o no – se manchinole competenze digitali, se manchi la volontàdi cambiare e se ci sia una mancanza dicultura sia di linguaggio digitale, sia diprogetto digitale. La risposta a queste do-mande è « sì » in alcuni casi e « no » in altricasi. Entriamo nello specifico. Secondo me,non è giusto parlare di un Paese che investepoco nella digitalizzazione dell’amministra-zione, mentre è probabilmente più consonoparlare, soprattutto all’inizio, di alloca-zione delle risorse di spesa all’interno dellapubblica amministrazione.

Se si guardano i dati di spesa che ab-biamo visto sia per il 2015, sia per il 2016,che sono più o meno simili (5,6 miliardi e5,5 miliardi rispettivamente nel 2016 e nel2015), si nota che il problema è comevengono spesi questi soldi. Poi si può giun-gere anche alla conclusione, una volta de-terminata un’allocazione più organica e piùmoderna delle tecnologie, che possano ser-vire più soldi, ma questo è un discorso chesi potrà fare solamente più avanti nel tempo,quando avremo più elementi.

Uno dei problemi principali, che non èun problema solo italiano – guardate larelazione del US Digital Service – è l’ac-quisizione da parte della PA nel mercatodelle competenze e delle soluzioni tecnolo-giche. Sostanzialmente, è il problema delprocurement. L’analisi del Digital Servicedegli Stati Uniti parte dal problema prin-cipale, che riguarda l’acquisizione delle com-petenze tecnologiche e il procurement diqueste competenze.

Secondo me, siamo all’inizio, con le at-tività di procurement nella pubblica ammi-nistrazione italiana, quindi anche e soprat-tutto con Consip, della fase di evoluzionedel procurement. Si sta evolvendo da unprocurement specializzato nelle commodity,ossia nell’acquisto di prodotti, in cui, seacquisti tanto, fai tanto volume e puoiottenere dei grandi sconti. Si tratta di undiscorso di armonizzazione, di un discorso

di quantità di volumi, che, secondo me,Consip sta facendo bene e continuerà afare molto bene, un procurement specializ-zato nei servizi classici, ossia servizi dipulizia, servizi di manutenzione ambien-tale, servizi di ingegnerizzazione, costru-zione di strade e autostrade. Da questo sista passando a un procurement totalmentediverso, un procurement di servizi moderni,di servizi agili e di soluzioni tecnologiche.

Vorrei proprio citare testualmente, semi permettete, 4-5 punti sui quali mi trovoassolutamente in linea e sui quali stiamocercando di agire. Tutte le regole che ven-gono utilizzate per i tipi di procurement chevi ho appena descritto spesso vengono tra-dotte per il procurement di soluzioni tec-nologiche, quasi letteralmente. Torno a direche siamo in evoluzione. Io ho sempre latendenza a vedere il bicchiere come mezzopieno e non come mezzo vuoto. Stiamocreando queste condizioni. Tali condizionipartono – questo, secondo me, è il pro-blema grosso dei Governi in generale e, inparticolare, anche della pubblica ammini-strazione italiana – dalle competenze. Al-l’interno della pubblica amministrazione,secondo me, è un must, è un dovere asso-luto che ci siano più competenze tecnolo-giche e digitali. Perché ? Perché non si puòaffidare tutto il processo di determinazionedi una gara, inclusa la determinazione dellenecessità di quello che si deve fare, ester-namente. Si deve avere una linea di confineche sia più vicina alla pubblica ammini-strazione, che determini le architetture tec-nologiche, il design e i need, le necessità.Poi, composta tutta questa parte, si pos-sono fare delle gare molto più veloci emolto più snelle. Il problema numero unoda risolvere è l’acquisizione di talenti tec-nologici all’interno della pubblica ammini-strazione. Questo, secondo me, è impre-scindibile. Non può essere dato tutto fuori,in outsourcing. Quando parlo di pubblicaamministrazione, non intendo dire sola-mente i ministeri e le pubbliche ammini-strazioni centrali, ma intendo dire anche lesoftware house, che o sono della pubblicaamministrazione, o sono comunque colle-gate al pubblico. Noi, per esempio, ci tro-viamo a collaborare molto bene con Sogei,

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ma anche con InfoCamere, con ACI Infor-matica e con la stessa ISTAT. Ne cito al-cune. Non è esaustivo come indirizzo. Quelloche serve è anche, all’interno di soluzionitecnologiche, definire – è per questo che cidevono essere le competenze – quale sia ilrisultato finale e, quindi, le milestone perraggiungere questo risultato finale.

L’altra questione assolutamente impor-tante è non definire i requirement tecnolo-gici, ossia le definizioni tecnologiche, di unprogetto che magari dura 3-4-5 anni all’i-nizio del contratto, perché dopo 3-4-5 anniquesti requirement tecnologici sono già statisorpassati.

Questo è il problema che soffrono tuttii grandi progetti di tecnologia. Torno a direche non è un problema tipico dell’ammi-nistrazione italiana. È proprio un pro-blema di una cosa pubblica che evolve piùlentamente, quando si tratta di un processodi trasformazione digitale, dell’evoluzionetecnologica stessa.

Bisogna aprire a sistemi agili, sia didesign dell’architettura tecnologica sia dellauser interface. A mio avviso, bisogna com-piere anche uno sforzo per far sì che allegare possano partecipare anche start-up,aziende con nuove tecnologie. Non semprele aziende che vincono lo fanno necessa-riamente perché abbiano una soluzione tec-nologica migliore, ma perché sanno fare legare meglio degli altri. Rimango nell’a-stratto, perché non ho esempi concreti, matorno a dire che questo non è un problemasolamente della pubblica amministrazioneitaliana. Dobbiamo dare la possibilità allestart-up, alle aziende con nuove tecnologie,con entusiasmo e con gente giovane, dipartecipare alla fase di modernizzazionedello Stato. Questa è la parte relativa alprimo punto di cui stavo parlando.

L’altra parte è che la rivoluzione digitaleè talmente repentina che in tutto il mondosi fa fatica, nel pubblico come nel privato,a convertire le competenze di ieri in quellenecessarie a confrontarsi con il fenomenodella digitalizzazione. Naturalmente, è pos-sibile anche in Italia. Qui ci si riferisce allesolite classifiche del DESI – e non solo aquelle – dove l’Italia è sempre in ritardoper l’acquisizione delle competenze. Si parla

di digital divide. Si fanno i servizi tecnolo-gici per le aziende pubbliche, ma nessuno liusa. Secondo me, il problema si deve spo-stare, anche perché è un problema di piùfacile soluzione, e ci si deve concentrare sulmiglioramento dell’offerta dei servizi digi-tali della pubblica amministrazione. Sonoconvintissimo che, se concentriamo gli sforzisoprattutto a migliorare la qualità dei ser-vizi e a far sì che i cittadini possano uti-lizzare questi servizi e compilare solo unmodulo, senza compilare ogni volta moduliin cui vengono richiesti sempre gli stessidati, la domanda crescerà spontaneamente.È chiaro che c’è un gap demografico, èchiaro che c’è un gap culturale, ma i soldispesi, secondo me, sono nel miglioramentodella qualità dei servizi. Sono convinto chela domanda si assocerà in maniera propor-zionale.

Quello che ho constatato nei primi mesiè che le competenze digitali sono disomo-genee o casuali, tornando al problema dellecompetenze. Ho incontrato centinaia di per-sone. Il livello di competenze è, più o menosparso, a macchia di leopardo. Non è sicu-ramente frutto di un programma di edu-cation della pubblica amministrazione, madi competenze nate quasi spontaneamente.Devo dire, però, che comunque, oltre allecompetenze, il problema era anche propriola cultura della condivisione.

La cultura della condivisione è innanzi-tutto un problema tecnologico. Si può con-dividere non solo perché ci si scambiaun’e-mail sull’esperienza, ma anche perchési è fatto un software con delle API al qualegli altri si possono collegare. Naturalmente,così è molto più facile condividere. Mancala cultura della condivisione. È per questoche, secondo me, c’è anche un lavoro diinfluenza culturale dei dipendenti della pub-blica amministrazione sulla condivisione.

L’altra questione sono le norme. Il col-lega Guido Scorza, qui a fianco a me, inpreparazione della mia missione qui inItalia, mi ha suggerito di leggere un libroche si intitola Non ci credo, ma è vero, chesottolinea storie di ordinaria burocrazia,nelle quali si parla del principio di « chicopia non sbaglia ». Effettivamente, pur-troppo questo è un fenomeno che ho tro-

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vato spesso. Se si copiano cose fatte bene,non c’è nulla di male. Il problema è copiarele cose fatte male. Non c’è mai lo spirito diiniziativa che porta a cercare di creare ilnuovo. Questo giustifica una drammaticaassenza di volontà di cambiare da parte difunzionari e dirigenti che dicono che si facosì. Spesso ho trovato anche risposte deltipo che una cosa non si può fare permotivi di privacy. Siamo andati ad appro-fondire l’argomento con la privacy stessa enon era assolutamente vero. Spesso il mo-tivo di privacy viene utilizzato come unascusa per non fare o per non potersi pren-dere il rischio.

L’evoluzione della mia missione è anchequella di cercare, insieme al nostro team, diparlare un linguaggio diverso e di creareuna cultura di condivisione, che fa fatica,anche se si trovano gli elementi, a diventareuna cultura di condivisione di massa tratutte le pubbliche amministrazioni.

Penso a una cultura della condivisioneche si avvicini molto anche a un concetto dicultura del cambiamento. Manca molto lacultura del cambiamento e manca molto lacultura della trasformazione. Voglio aggiun-gere un punto che riprenderò nelle slide

che vi farò vedere, che riguarda, da unaparte, gli incentivi e, dall’altra, le normepecuniarie per far fare le cose. Mi riferiscoal concetto di carota e bastone: se lo fai, tipremio; se non lo fai, ti punisco.

So che si parla tantissimo di introdu-zione di piani di performance, di defini-zione degli obiettivi e di compensi se leperformance vengono raggiunte, ossia del-l’introduzione di obiettivi e di compensivariabili all’interno della pubblica ammini-strazione. Per esperienza posso dire che, semanca la cultura della trasformazione e semancano le competenze, creare incentivie/o utilizzare norme pecuniarie o comun-que norme che obblighino a fare le coserischia comunque di rimanere molto inef-ficace. È per questo che, secondo me, l’in-troduzione di incentivi o di norme pecu-niarie da sola, in assenza di cultura dellatrasformazione, cultura della condivisionee cultura della tecnologia, vista come tra-sformazione digitale, che deve partire dal-l’alto, inteso nel senso dei capi di diparti-

mento, dei Ministri e dei responsabili delleaziende legate alla pubblica amministra-zione, la creazione di queste situazioni diincentivi e pecunia se non si fanno le coserischia di diventare veramente forse troppoinefficace.

Alla fine di questo argomento, che miporta all’ultimo punto, c’è il discorso dellatrasformazione culturale del linguaggio edelle modalità operative della trasforma-zione.

Parto dalle modalità operative della tra-sformazione. Vorrei fare due esempi aiquali noi siamo stati esposti. Uno è il fa-moso 18app, quello del bonus di 500 eurodi cultura; l’altro è quello della fattura-zione elettronica. Quando siamo arrivati –all’inizio c’eravamo solo io e Guido Scorza,a settembre – il 18app era visto come unprogetto assolutamente non coordinato. C’e-rano tantissimi operatori (il Mibact, Sogei,AgID, Consap e posso citarne altri tre oquattro), ma non c’era assolutamente unconcetto di project management e, soprat-tutto, non era un problema solo tecnolo-gico, ma proprio di coordinamento di que-ste forze, e non solo.

Siamo riusciti a introdurre, almeno perquesto progetto, il concetto di project ma-

nagement, ma anche, cosa a mio avvisomolto, molto importante, il concetto di riusoe di condivisione. Sostanzialmente, 18app èdiventata la piattaforma per il bonus degliinsegnanti. In un sistema classico della PAil Miur avrebbe dovuto fare un’altra garaper fare, più o meno, le stesse cose eaggiudicarla, quando invece, in questo caso,si è costruita una piattaforma che è statariutilizzata in altri modi. Si tratta di intro-durre il concetto di project management e,nell’esempio della fatturazione elettronica,anche il concetto di programma. Qual è ladifferenza tra un progetto e un programma ?Se si parla con le varie amministrazioni,osservano che la fatturazione elettronicac’è. È vero che la fatturazione elettronicac’è, però il design e le caratteristiche tec-nologiche sono ancora identici a quando èstata lanciata qualche anno fa, mentre lafatturazione elettronica adesso è un pro-gramma che evolve. Cambiano le tecnolo-gie, cambiano i sistemi digitali delle varie

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aziende private che interagiscono con ilpubblico. Evidentemente la fatturazione elet-tronica, se non è vista come un programmache ha un budget, che ha un program office

e che ha delle persone responsabili a farlaevolvere, rimane indietro negli anni e nonsi fa altro che complicare la situazione.

Questo è un concetto che, a mio avviso,dobbiamo trovare il modo di far entrare inmaniera direi pervasiva. Ogni volta che c’èuna legge, mi spavento quando questa legge,soprattutto se si riferisce alla parte tecno-logica, non ha un programma operativo enon ha un budget di esecuzione, perché poirischia di rimanere una legge inattuata echi crea il progetto fatturazione elettronicasi lamenta che gli altri non lo utilizzano,quando manca il concetto di project ma-

nagement e di programma. Ogni cosa cheviene fatta dal punto di vista digitale devesempre essere considerata come un pro-gramma, come una cosa viva che evolve neltempo. Questi sono tutti i concetti che hovisto in questi cinque mesi e che mi sonopermesso di condividere con voi.

Passo ora, in maniera un po’ più orga-nica, a fare una presentazione di una ven-tina di minuti. Comunque, interrompetemiin qualsiasi momento, ovviamente. So chenon sarete timorosi in merito.

Molti di questi concetti li conoscete,perché chiaramente noi non ci siamo messia reinventare la ruota. Chi c’era prima dinoi aveva fatto un ottimo lavoro di deter-minazione della visione, anche con il con-sigliere Paolo Barberis. Forse noi abbiamocambiato un po’ il linguaggio, ma quelloche stiamo cercando di creare sono i com-ponenti fondamentali di questo sistema ope-rativo, che adesso è il sistema operativo delPaese, sui quali costruire servizi più sem-plici ed efficaci per i cittadini, la PA e leimprese, attraverso prodotti digitali inno-vativi. Dovete praticamente pensare a unsistema operativo. Già la parola « sistemaoperativo », ovviamente, vuol dire evolu-zione del sistema operativo. Non c’è alcunsistema operativo che sia stato lanciato e sucui nessuno abbia più fatto nulla. Conti-nuerà a evolvere.

La missione è rendere i servizi pubbliciper i cittadini e le imprese accessibili nel

modo più semplice possibile. In propositoabbiamo introdotto un nuovo concetto. Inrealtà, non è nuovo, ma è stato introdottocome nuovo nella pubblica amministra-zione. È il concetto mobile first. Tutti iservizi che devono essere concepiti – noiqui ne abbiamo un’ottima occasione – de-vono essere fatti in maniera che permet-tano al cittadino di fruirne con i lorostrumenti più utilizzati, in particolare conlo smartphone, ovviamente. 18app era natacome un’applicazione desktop. Dal mo-mento in cui l’abbiamo presa in mano tuttele revisioni del prodotto sono sempre par-tite come revisioni sul telefonino. La partedesktop o laptop era un’appendice. Quindi,abbiamo rovesciato questo paradigma. Oc-corre un servizio con architetture sicure,scalabili, altamente affidabili – forse sem-bra ovvio – ma basate su interfacce appli-cative che siano definite e aperte, le cosid-dette API. Che cosa vuol dire ? Vuol direche, quando pubblico qualche cosa, l’inter-faccia definisce il servizio e quel serviziopuò essere utilizzato da tutte le ammini-strazioni, se scritto con le linee-guida chestanno per essere messe in piedi.

Uno dei task principali è il coordina-mento, che non è solamente definito all’in-terno del decreto di nomina del commis-sario di unità di missione, ma è di fatto,con gli esempi che vi ho dato, una dellecose più importanti. Si tratta di coordinaredegli stakeholder che finora hanno semprelavorato « in silos ». Questo in maniera in-tegrata con metodologia agile. Cosa vuoldire « agile », in questo momento ? Vuoldire semplicemente una metodologia chepuò evolvere nel tempo. Spesso questi grandiprogetti tecnologici – mi riferisco a quelloche ho detto prima – vengono predefinitianni prima. Si dice che fra tre anni biso-gnerà aver fatto questo e che tra quattroanni bisognerà aver fatto quest’altro, quandoinvece, nel frattempo, come è ovvio, latecnologia è evoluta. Se la metodologia èagile, ogni tre mesi oppure ogni sei mesi sirivede quello che deve essere rivisto. Inol-tre, ci deve essere un approccio open data,di cui parleremo anche più avanti.

Io sono partito con una richiesta. L’hodetto anche – ve lo riferisco molto chiara-

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mente – nella mia conversazione con Mat-teo Renzi, quando ho asserito che nonvolevo venire a fare il consigliere da solo.Per impattare avrei dovuto avere delle per-sone che ne capissero molto più di me, mache comunque avessero le competenze di-gitali che noi portavamo all’interno dellapubblica amministrazione. Abbiamo creatoquella che io ho chiamato una « chiamataalle armi ». Sostanzialmente, verso la finedi settembre ho spiegato quello che stavofacendo e ho detto agli italiani che si in-tendono di tecnologia, che vivano in Italiao all’estero, che, se volevano lavorare per12-18 mesi per il Paese e non si frustravanofacilmente, noi eravamo il team per loro.Effettivamente siamo stati molto fortunati,perché abbiamo ricevuto diverse migliaia(3 mila-4 mila) di richieste, di cui un cen-tinaio molto, molto valide. Di questo cen-tinaio di soggetti siamo riusciti a selezio-narne una ventina, di cui diciassette stret-tamente tecnologici, da big data architect adata scientist, a persone esperte di mobile

computing, a persone esperte di rapporticon gli sviluppatori, a gente che sa scriverecodice.

Adesso parliamo dei progetti e delleattività specifiche. So che questo tema loconoscete benissimo. A seconda del sog-getto cui lo chiedete la risposta è che ANPRè già fatta oppure che ANPR è un sogno.Che cos’è ANPR ? Questo lo riassumo pertutti voi. Lo sapete benissimo. Le nostraidentità sono disperse in 8 mila anagraficomunali. Dobbiamo portarle in una solaanagrafe, guadagnando in efficienza e ri-sparmiando soldi ed energia, perché il cit-tadino non debba più preoccuparsi di co-municare a ogni ufficio della pubblica am-ministrazione i suoi dati anagrafici o ilcambio di residenza, per semplificare leprocedure e uniformarle a livello nazio-nale. Questo è importante di ANPR. Questopasso è una premessa per rendere possibilisuccessive innovazioni. Se vogliamo far sìche il cittadino non debba compilare glistessi moduli con le stesse informazioniogni volta – a prescindere dal fatto chedovremmo eliminare i moduli, ma quello èun discorso che forse riusciremo a fare unpo’ più in là – la condizione necessaria,

nonché non sufficiente (non basta cam-biare la tecnologia, bisogna cambiare an-che i processi), è creare una base unica didati a cui tutte le amministrazioni si pos-sano collegare.

Si noti bene che, dal punto di vistadell’architettura dei dati, molti Paesi tec-nologicamente avanzati – parlo di India,Stati Uniti e UK – dal punto di vistadell’amministrazione pubblica hanno un’a-nagrafica unica. È stata fatta una scelta,condivisibile, di creare anagrafiche unicheperché ci sono 7-8 database. Il vero pro-blema è che non parlano tra di loro. Nonè che si debba sempre avere un unicodatabase. Se ne possono avere tanti cheparlino tra di loro. In questo momento lascelta è stata fatta di crearne uno. È unascelta che noi stiamo cercando di miglio-rare e di eseguire.

Che cosa vuol dire ANPR per noi ? Cisiamo posti come obiettivo la creazione diun nuovo metodo di lavoro. Si tratta diporci tra noi e il committente, che è ilMinistero dell’interno, e la società che hascritto il software, che è la Sogei, con unconcetto di program office, ossia un team dipersone, tra cui ce ne saranno due delnostro gruppo specializzato, che dalla mat-tina alla sera si occuperanno, per i pros-simi due anni, di esecuzione di ANPR sututto il territorio nazionale. Si tratta di unaspecie di ufficio di coordinamento tecnicodel progetto in capo al team per la trasfor-mazione digitale in grado di lavorare inmaniera agile, veloce, collaborativa e conforti competenze tecnologiche e gestionali.Cosa vuol dire questo dal punto di vistapratico ? Dal punto di vista pratico questaè la nostra visione sulle modalità di lavoroe comunicazione. Ci deve essere traspa-renza sul processo di sviluppo. Quando icomuni dicono che non riescono a fare unaquery o a trasferire alcuni dati, dobbiamoavere un metodo agile di colloquio conquesti comuni, che non sia quello di farsimandare una PEC e rispondere, forse, dopoquindici giorni. Occorre un sistema di tra-cking (si dice ticket tracking) trasparente, incui il comune scriva quali sono i problemidi cui ha avuto l’esperienza e dall’altraparte ci siano delle persone. Occorre un

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tracking aperto, perché, se il comune Adenuncia un problema, molto verosimil-mente tanti altri comuni avranno lo stessoproblema. Se si collegano a questo sistemadi tracking, potranno vedere quali sono iproblemi e come vengono risolti. Occorredocumentazione e apertura degli ambientidi test. ANPR non aveva, e non ha tuttora,un ambiente di test. Ci si aspetta che icomuni vadano subito in produzione. Oc-corre formazione e sperimentazione. Oc-corre creare un’interfaccia verso l’esternocon documentazione, che sia ovviamenteimplementabile – gli SDK sono i softwaredevelopment kit – anche perché si creinodegli SDK con delle open API. Si può ancheprevedere che, in un futuro non lontano,tutte le software house che forniscono icomuni possano sviluppare dei servizi chesi colleghino ad ANPR utilizzando il sof-tware development kit che offre ANPR. Ag-giungo l’abilità di effettuare verifiche, l’ac-cesso ai codici sorgente – entriamo in mec-canismi operativi abbastanza tecnici – l’ac-cesso diretto a metriche business che devonoessere pubblicate, l’accesso ai sistemi diproduzione, il processo di code review. Sonotutti metodi che nelle aziende tecnologichesono abbastanza normali e che stiamo cer-cando di introdurre all’interno di questoprocesso. Quindi, per me ANPR non esistecome progetto eseguito finché l’ultimo co-mune in Italia non l’abbia utilizzata. Poi sipuò anche prendere il metodo di Paretodell’80-20. Comunque, questo è il modo divedere ANPR. Stiamo cercando di intro-durre un nuovo metodo di lavoro.

Dove siamo ? Siamo a una convenzioneche stiamo portando avanti tra Ministerodell’interno e Sogei. Siamo molto operativisu questo fronte e stiamo trovando moltacollaborazione, perché tutti hanno recepitoquesto come un esempio di metodo ditrasformazione. È ovvio che noi in diciottomesi e con diciassette persone non an-diamo a rifare il digitale in Italia. Non ce lafacciamo da soli, ma, se incominciamo acreare casi di successo che possono esserereplicati e visti, questo è il cosiddetto esem-pio virtuoso.

VINCENZA BRUNO BOSSIO. Se riescea fare questo, è una rivoluzione solo questoprogetto.

DIEGO PIACENTINI, commissario stra-ordinario del Governo per l’attuazione del-l’agenda digitale. Sì, è l’evoluzione. Sonod’accordo, perché si ricollega molto a quelloche dicevo prima sul tema dell’acquisizionedelle competenze e al termine di guidare iprogetti con un concetto di project mana-gement. È molto vicino a quello.

Molti ci dicono che non ce la faremomai. Penso che qualche possibilità di far-cela ce l’abbiamo, ma non è al 100 percento. Sono d’accordissimo.

Quanto allo SPID, sono state assegnatefinora 1.250.000 SPID e diverse migliaiaalla settimana vengono assegnate. Ovvia-mente, la forcing function, di cui dobbiamoessere orgogliosi, sono stati i due pro-grammi bonus diciottenni e bonus inse-gnanti. Mi fa sorridere la gente che dice chegrazie a quelli siamo arrivati a un milione.Certo, quando si devono dare dei soldi allepersone, mi sembra un ottimo modo perintrodurre un nuovo processo di riconosci-mento. Io la trovo un’ottima idea, non unaver approfittato della situazione.

Cos’è SPID ? È un’identità digitale si-cura e semplice da utilizzare e da ottenereperché cittadini e imprese possano identi-ficarsi con la pubblica amministrazione,accedendo ai servizi pubblici. Una voltaottenuto SPID, ci si potrà autenticare sututti i siti della PA, senza dover eseguireprocedure diverse e, a volte, complicate. Cisono un solo account e una sola passwordper tutti i servizi. Anche questo cosa vuoldire ? Ci stiamo, in questo momento, occu-pando della chiave per entrare in casa, ma,nello stesso tempo, dobbiamo far sì che,una volta che si ha la chiave, si abbia ancheil motivo per utilizzarla. Allo stesso mo-mento, bisogna utilizzare e creare tutti iservizi per cui utilizzarla. Si tratta di cre-are le linee guida e si tratta di fare leconvenzioni, come vi avrà spiegato ancheAgID, che ha raggiunto ottimi risultati inquesta direzione, con i grandi enti cheutilizzano e offrono servizi pubblici. Ragio-nando in termini di metodo di Pareto,penso che ci siano almeno i primi dieci enti

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pubblici in Italia che hanno una grossafetta delle transazioni. Adesso non so esat-tamente la proporzione. Comunque, direiche la regola del 20-80 si applica anche inquesto caso.

Come per ANPR, ci sono tantissimi Pa-esi a elevatissima evoluzione digitale chefanno tutto senza avere un’unica identitàdigitale. Io ho vissuto 17 anni negli StatiUniti e mi correlavo in maniera abbastanzaefficiente con la pubblica amministrazionein genere per il pagamento delle tasse uni-versitarie, per la patente e quando ho smar-rito la patente e altro. Ho usato cinque siti,cinque password e cinque username. Nonvediamo questa come la panacea che ri-solve tutti i problemi. È sicuramente ungrande processo di semplificazione ed èuna strada che è stata decisa e intrapresae di cui, secondo me, dobbiamo esseremolto felici, perché ci permetterà di fareleap-frog, ossia di superare questi Paesi.Non illudiamoci, però, che sia la panacea ditutto quanto.

Cosa vuol dire SPID per noi ? Quelloche, secondo noi, va fatto – questa è un’at-tività che stiamo facendo insieme ad AgID– è dalla SPID fatta fino adesso (questo èil concetto di programma), la SPID 1.0,lavorare per farla diventare SPID 1.5 e poi2.0. Occorre fare un miglioramento dellagestione operativa di SPID, quindi delloSPID provider, migliorare la user expe-

rience, valutare i sistemi di sicurezza, la-vorare sull’interoperabilità dei database trai vari IdP.

Questo è molto importante, perché, inquesto momento, non ci si scambia i datifra i vari identity provider. Quindi, esiste ilrischio che qualcheduno vada a chiederel’identità digitale da uno e venga rifiutato epoi vada dal secondo e venga accettato,quando invece bisogna mettere un livello disicurezza tramite interoperabilità dei dati.

Si tratta anche di accedere ai vari da-tabase del Ministero dell’interno, il che per-mette di dire che una persona con una datacarta d’identità nel sistema sia esattamenteMario Rossi. In questo momento questomanca. È dato semplicemente all’impiegatadelle Poste capire se la carta d’identità siavera o non sia vera.

Occorre il monitoraggio della qualitàdel prodotto e degli standard lights of agre-ement. Bisogna risolvere il problema dellagratuità del servizio. In questo momento leconvenzioni con gli IdP parlano di gratuitàdel servizio fino a una determinata data del2017 o del 2018. Adesso non mi ricordoesattamente. Dovrebbe essere il 31 dicem-bre 2017. Poi occorre il push sulle ammi-nistrazioni per accelerare l’adozione. Vifarò vedere una slide. Noi stiamo lavorandooperativamente con 7 grossi comuni sututti i progetti, SPID, ANPR e il prossimoche vedremo, per l’utilizzo, in maniera pro-gettuale, di tutti questi servizi.

DIEGO DE LORENZIS. Ci sono i co-muni più grandi ?

DIEGO PIACENTINI, commissario stra-ordinario del Governo per l’attuazione del-l’agenda digitale. Sono 7 tra i 12 comuni piùgrandi. Vedrete dopo la slide. Comunque,sono, da Nord a Sud, Venezia, Torino, Mi-lano, Firenze, Roma, Bari, Palermo e poiqualchedun altro che si aggiunge lo pren-deremo più che volentieri.

Con riguardo a pagoPA e ai problemi dipagamenti digitali, è inutile che vi descrivache gestire i pagamenti digitali è più pre-ciso e costa di meno rispetto a quelli ma-nuali. Uno degli obiettivi che mi sono datoè che la prossima volta che andrò a rin-novare il passaporto italiano al consolato diSan Francisco – sono residente all’AIRE –darò solo la colpa a me, se dovrò ancoraandare a un Western Union, emettere unmoney check di 132 dollari e 22 centesimie poi manualmente portarlo al consolato.Se lo dovrò fare ancora quando rinnoveròil passaporto, sarà tutta colpa mia.

Quindi, occorre un modo diverso e piùnaturale per i cittadini di pagare la pub-blica amministrazione, che diventi più im-mediato e veloce e più economico per ilPaese. Direi che è ovvio, ma il costo di unatransazione digitale è molto più basso delcosto di una transazione manuale non di-gitale. Il cittadino deve poter scegliere imetodi di pagamento moderni a minimafrizione e il mercato deve potersi integrareaggiungendo facilmente nuovi strumenti di

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pagamento innovativi. Anche questo è moltoimportante. Non possiamo limitarci a pa-goPA con i sistemi di pagamento che co-nosciamo oggi, quando sappiamo già che cisaranno nuove evoluzioni dal punto di vistadei pagamenti mobile, peer-to-peer eblockchain in futuro. Bisogna creare un’ar-chitettura di sistema che permetta l’intro-duzione di nuove tecnologie. È questo chevoglio dire quando dico che vogliamo ren-dere il sistema più aperto e flessibile.

Cosa stiamo facendo ? Ve l’ho fatto ve-dere. Il concetto di ANPR è quello chestiamo facendo. Il concetto di SPID è quelloche stiamo facendo. Il concetto di pagoPAè quello che stiamo facendo. Occorre unmiglioramento della user experience, l’ac-cesso da mobile, che era stato quasi com-pletamente dimenticato, la riduzione delnumero di click – il cittadino deve poterpagare con il minor numero di click pos-sibile – e la facilità d’uso. Stiamo lavo-rando con i 7 comuni che ho appena dettoper l’introduzione. La strategia evolutiva dimedio periodo è pubblicare delle API perfacilitare poi i servizi che arriveranno dopo.

Se devo dire dei tre quello su cui misento più confidente di possibilità di suc-cesso è esattamente pagoPA, per il semplicefatto che lo vogliono tutti. Non ho sentitonessuno che dica che non vuole i paga-menti digitali. Secondo me, l’architettura èstata ben disegnata, anche se è migliora-bile. Abbiamo un esperto di pagamentidigitali che lavora benissimo con la partepagamenti digitali di AgID e di SIA, che èil fornitore dell’architettura. Mi sento moltoconfidente su questa parte.

Cos’altro stiamo facendo ? Abbiamo an-nunciato, proprio ieri, il concetto di dataanalytics framework. Mentre quelli di primasono processi operativi ed esistenti, questoè un progetto esistente, ma sperimentale.Lo stiamo facendo in parallelo, quindi nonstiamo cercando di capire prima la norma,per poi parlare con il Garante della privacye occuparci della soluzione tecnologica. Vo-gliamo fare tutto insieme.

Lo Stato deve avere un framework digestione dei dati che sia un modo uniconazionale di farlo. Può essere una sceltamolto aggressiva, ma, secondo me, è quasi

inevitabile. L’analogia forse non perfettache utilizza, a parte quella del giacimentopetrolifero, è l’asset dell’energia elettrica.Quando è stato lanciato l’utilizzo pubblicodell’energia elettrica, lo Stato se ne è oc-cupato tanto. Ha creato il grid, ha creatosovvenzioni per l’utilizzo sul territorio epoi, eventualmente, a seconda dei Paesi, èpassato in mano a privati o in mani semi-pubbliche o semi-private. Questa è unapossibilità, da parte nostra, di creare unframework per cui tutti gli enti, diparti-menti e ministeri non guardino più i lorodati come silos, ma si costruisca il patri-monio di dati a livello nazionale. Perchédiciamo framework ? Il framework non èsolamente una soluzione tecnologica. C’èun grandissimo componente tecnologico,ma ci deve essere anche un componentenormativo, con il Garante della privacy, eun componente di facilità d’uso e poi dideterminazione di quello che serve o nonserve o serve di meno per la Cosa pubblica.È per quello che si parla di framework.Quindi, niente più silos per i dati di questao quell’amministrazione. In teoria, do-vremmo arrivare al punto per cui per scam-biarsi i dati non occorra più una conven-zione. Quando si chiedono i dati a unministero, in questo momento se ne fa unacopia e vengono forniti. Il concetto di fareuna copia è obsoleto. Bisogna accedere aidati. I dati pubblici sono un bene comunee una risorsa preziosa per il Paese, che,come un giacimento petrolifero – questa èl’analogia che è stata scritta in questo caso– può essere esplorata e minata per estrarrevalore.

PRESIDENTE. Per « minata » si intende« scandagliata ».

DIEGO PIACENTINI, commissario stra-ordinario del Governo per l’attuazione del-l’agenda digitale. Sì, scandagliata. Questa èuna traduzione. Me ne rendevo conto nelmomento in cui...

PRESIDENTE. Era giusto specificare.

DIEGO PIACENTINI, commissario stra-ordinario del Governo per l’attuazione del-

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l’agenda digitale. Quindi, c’è il concetto dinuova interfaccia utente. Tra l’altro, questoè il team con più persone che abbiamoall’interno del nostro team. Ce ne sono treche si occupano di quest’attività. Stannolavorando in via sperimentale con un po’ diaziende del pubblico e stiamo creando in-sieme a loro il framework dei dati.

Ovviamente, il rispetto della sicurezzadella privacy è la parte critica e vitale, chedeve essere comunque, a mano a mano,determinata. Siamo tutti di fronte a pro-blematiche abbastanza nuove.

Passo al problema della security. Direiche non va rienfatizzato. Noi ci stiamooccupando di un pezzettino, su nostra ini-ziativa, che consiste nel cercare di creareun programma di responsible disclosure.Che cos’è un programma di responsible

disclosure ? Sostanzialmente, è l’utilizzo delleesperienze che esistono nella comunità – icosiddetti hacker buoni – per segnalarealla pubblica amministrazione che cosa nonfunziona. Si tratta di un programma che hadelle conseguenze e soprattutto delle que-stioni di tipo normativo che vanno risolte.Stiamo parlando con tutti gli enti predi-sposti per aiutarci a risolvere il problema.Ci stiamo ispirando a programmi fatti inOlanda o negli Stati Uniti, come il famosoHack the Pentagon, che è stato fatto l’annoscorso dai nostri colleghi del Digital Ser-vice. Vorremmo cercare di introdurre unpiccolo componente in questo, che è un piùgrosso programma di security, di cui nonsiamo responsabili direttamente, che sichiama appunto responsible disclosure.

Bisogna trovare la collaborazione coisette comuni. Tutti questi programmi cheho appena descritto hanno un responsabileda parte nostra e con i comuni una con-troparte che ci sta aiutando a definirli. Lacollaborazione con Torino, Milano, Vene-zia, Firenze, Roma, Bari e Palermo è in-cominciata sei mesi fa. I cinque progettisono quelli appena discussi.

Soprattutto abbiamo introdotto anchetool moderni di condivisione e discussione.Non basta spedirsi l’e-mail o fare la tele-fonata. Anche lì stiamo cercando di usareun ticketing system e dei productivity tool

diversi per rendere più efficiente il servizio.

È una condizione necessaria, ovviamente,ma non sufficiente. Non vogliamo focaliz-zarci troppo sui tool, ma la questione èmolto importante.

Stiamo lavorando con l’AgID alla ste-sura del piano triennale. Per noi è unagrandissima occasione per cercare di spie-gare alle pubbliche amministrazioni quelloche si deve fare. Stiamo completando laprima bozza, che abbiamo condiviso con ilComitato di indirizzo dell’AgID. Vorremmorilasciare una versione pubblica entro ilprimo trimestre di quest’anno. È un obiet-tivo ambizioso, ma raggiungibile.

Dopo di questo, detto molto franca-mente, una volta pubblicato...

DIEGO DE LORENZIS. Il piano trien-nale di indirizzo delle pubbliche ammini-strazioni ?

DIEGO PIACENTINI, commissario stra-ordinario del Governo per l’attuazione del-l’agenda digitale. Esattamente, quello pre-visto dal CAD. Penso che la prima pubbli-cazione sia stata fatta un anno fa. Ci siamoresi conti che aveva bisogno di tanto lavoroe ci stiamo aiutando a vicenda con l’AgIDper pubblicare questo piano triennale.

Dovremo poi eseguire una versione chein americano chiamano manuali « for dum-mies », con la possibilità di spiegare inmaniera un po’ più tecnologica e operativae non solamente normativa il Piano trien-nale stesso. Il mio sogno – ve lo dico subito– sarebbe anche quello di creare un pic-colo team che possa rispondere in temporeale, o quanto meno in 24-48 ore, allemigliaia di domande che arriveranno daicomuni e dalle pubbliche amministrazioniper le interpretazioni di quello che diremo.Un Piano tecnologico non è sempre inter-pretabile al cento per cento in manierachiara. C’è sempre bisogno anche di unaiuto operativo. Cercheremo di introdurreanche questo all’interno del processo.

Stiamo lavorando anche alla revisionedel Codice dell’Amministrazione Digitale.Guido Scorza, pochi giorni fa, ha pubbli-cato un articolo che spiega che dovremmoavere meno codici e più codice, inteso comecodice software. Io ho un po’ l’allergia – lo

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dichiaro subito – per le regole tecnicheespresse dalle leggi, perché, essendo tecni-che, cambiano nel tempo, mentre le leggisono fisse. Secondo me, è un ossimoro. Leregole di dettaglio vanno tradotte in bit,quindi cercheremo di tradurle in linee guida,più che in regole, mentre le convenzioniper lo scambio dei dati tra amministrazioni– ne ho fatto cenno prima – dovrebberodiventare non più convenzioni di scambi didati, ma API aperte. Procedimenti ammi-nistrativi nei quali l’attività discrezionaledell’amministrazione è assente o modestavanno trasformati in processi machine to

machine più efficaci e più democratici. Que-sto è un sogno scritto anche abbastanzabene, ma sta a noi cercare di realizzarlo. Civorrà molto tempo.

Tra le nostre missioni, come da DPCM,c’è anche la rappresentanza della Presi-denza del Consiglio dei ministri a tavoliinternazionali. In questo momento ci stiamofocalizzando su un paio di tavoli dell’OCSEe di e-government all’interno dell’Unioneeuropea. Anche lì stiamo collaborando conAgID all’interno di questo tipo di attività. Ilfeedback che riceviamo è che spesso non cisono italiani a questi tavoli. Alcuni di que-sti tavoli sono utili e alcuni un po’ meno.Cercheremo, chiaramente, di focalizzare inostri sforzi all’interno di quelli su cuipossiamo dare valore aggiunto.

Vi ho descritto quello che stiamo fa-cendo. Passo ora ai progetti e alle attività,invece, in via di definizione. Anche quitroverete concetti che non vi sono nuovi,perché sono stati descritti nel CAD e sonostati spiegati dall’AgID. Penso al concetto diItalia login.

Ecco il sistema di API. Ne abbiamoparlato fino adesso. Di fatto questo saràparte delle linee-guida di software che ver-ranno trasmesse, tramite il Piano triennale,alle pubbliche amministrazioni. I sistemiinformatici della PA devono essere connessitra loro e parlare la stessa lingua, rendendodisponibile l’informazione immediatamentedove serve. Tutte le applicazioni dovrannoesporre interfacce comprensibili alle mac-chine, non solamente, in maniera offuscata,agli umani e lavorare in maniera integratacollaborativa e sicura, facilitando il riuso

delle applicazioni esistenti per costruirenuove soluzioni più potenti e innovative. Viho citato un caso, molto piccolo ma moltosignificativo, del riuso di 18app, che è statoscritto esattamente seguendo questo con-cetto. Non è il migliore dei prodotti chesiano stati fatti tecnologicamente – macomunque è accettabile – esattamente se-guendo questo concetto. È stato immedia-tamente riutilizzato dal Miur per il bonusdegli insegnanti.

Quanto all’e-procurement, non abbiamoancora lavorato come desidererei aver la-vorato con Consip, ma non per colpa diConsip. Anzi, loro ci stanno cercando tan-tissimo. Semplicemente non avevamo an-cora le risorse per farlo e volevo anchechiarirmi un po’ più le idee. È quello cheho detto prima, scritto in maniera piùformale: si parla di un nuovo modo diconcepire il processo di gara e di acquistoda parte della pubblica amministrazione,totalmente digitale, basato su piattaformetecnologiche interoperabili e su API, checonsente di bandire gare più veloci, menocostose e più efficienti e trasparenti. Que-sto è un processo di evoluzione degli ac-quisti che prenderà alcuni anni per farlo.Adesso si tratta di allocare da parte nostrainsieme a Consip e ad AgID delle risorseper tradurre questo in qualcosa di piùconcreto.

Quello sulla community, tra i progettida fare, è probabilmente quello in fase piùavanzata. Vorremmo cambiare il modo incui lavora la pubblica amministrazione uti-lizzando standard e software aperti e rea-lizzando le API documentate, di cui hoparlato prima, pubblicamente, con un lin-guaggio non giuridico, ma tecnico, intornoalle quali poter coinvolgere una community

di sviluppatori che crei innovazione. Do-vremmo riuscire a lanciare entro fine aprileun primo programma di condivisione dideterminati tipi di SDK e soprattutto didocumentazione tecnica per permettere asviluppatori esterni di cominciare ad aiu-tare a sviluppare su API esistenti.

Le linee-guida sono quelle di cui parlavoprima. AgID ha già fatto una prima ver-sione. Secondo me, si tratta di fare lelinee-guida 2.0. Ci sono esempi di kit di

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sviluppo rapidi da implementare per aiu-tare tutte le amministrazioni a offrire un’e-sperienza coerente e semplice per tutti icittadini. Si tratta di linee-guida non sola-mente di design, ma anche di svilupposoftware.

Tenete conto che, nella nostra visione,quando saremo organizzati, non si chie-derà più alle amministrazioni di implemen-tare SPID in un dato modo, ma si riusciràa incorporare SPID nei loro sistemi, auto-maticamente.

Cos’è la cittadinanza in digitale ? Stiamoparlando di uno dei componenti, quellodelle notifiche. Si tratta di un modo diversoda parte delle pubbliche amministrazionidi comunicare con noi, notificare atti, ri-cordarci scadenze, una casa digitale acces-sibile dallo smartphone, nella quale trovareavvisi anche quando siamo in mobilità enella quale poter esprimere le nostre pre-ferenze e aggiornare i nostri punti di con-tatto. Con AgID stiamo facendo il design.Tutto quello che avete visto fino ad ora,tutti quei componenti del sistema opera-tivo, è condizione necessaria per crearequesto.

Mi sono dimenticato, ma, secondo me, èil caso che ci ritorni che uno dei problemidelle norme tecniche è che vengono defi-nite in maniera fissa le tecnologie, che nonsono aperte, ma captive. La PEC è unsistema chiuso. La firma digitale è un si-stema chiuso. Sono scelte tecnologiche che,nel corso del tempo, dovremo evitare difare.

Il team del Ministro Madia ha fatto unenorme lavoro nell’identificazione di tuttele norme da semplificare. Le regole stabi-liscono che i procedimenti, i moduli e iformulari che cittadini e imprese devonocompilare per interagire con l’amministra-zione devono essere standard, senza distin-zione per comune o regione. Dobbiamoscongiurare il rischio che le regole restinolettera morta e dare subito forma digitaleai nuovi procedimenti standard, una formasemplice, moderna, aperta e trasparente.L’esempio che uso, che mi è sempre fattoda molte aziende, è questo: se devo entrarein un’azienda multinazionale, devo entrarein Italia e voglio aprire 15 punti vendita in

15 comuni diversi, per fare esattamente lastessa cosa mi fanno compilare 15 modu-listiche diverse e 15 adempimenti diversi.La normativa semplifica questi procedi-menti. Stiamo lavorando molto con Info-Camere alla normalizzazione e alla sem-plificazione di queste procedure. Questo èuno dei progetti, ancora in forma più divisione che di progetto.

Con questo ho esaurito la mia voce.Questi sono i sistemi un po’ più moderniche utilizziamo per comunicare con le pub-bliche amministrazioni, non solamente conla PEC, anche se, quando occorre usare laPEC, ogni tanto lo facciamo anche noi.

A questo punto, direi che a tutte ledomande che avete sono pronto a rispon-dere.

PRESIDENTE. Ringraziamo il Commis-sario Piacentini.

Do la parola ai colleghi che intendanointervenire per porre quesiti o formulareosservazioni.

DIEGO DE LORENZIS. Rompo io ilghiaccio, questa volta. Intanto La ringrazioper essere venuto, commissario.

Una delle grandi difficoltà che abbiamo,come Paese, è un problema di governance,ossia il fatto che queste competenze sianomiste e sparpagliate e che non ci sia stata,fino adesso almeno, una visione di dove sivolesse andare e, quindi, degli obiettivi chesiano facilmente riconosciuti da tutti. Ab-biamo avuto nel tempo ministeri dell’inno-vazione e poi l’Agenzia, che nel frattempoha cambiato anche funzioni. Mi chiedo seLei possa formulare delle ipotesi, per ren-dere questo approccio un po’ più struttu-rato.

Oggi, quello che il vostro gruppo starealizzando si deve anche alla stretta col-laborazione con AgID e alla grande colla-borazione tra persone che condividono unobiettivo. Il timore che ho è che, passataquesta esperienza, con una formulazionedella governance diversa, questo processopossa subire un’interruzione. Poiché nonce lo possiamo permettere, come Paese, michiedevo se abbiate fatto un ragionamentosu questo.

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L’altra domanda che vorrei porre è se inquesta progettazione, quindi in un’idea cheevolve, avete già fissato degli altri paletti.Penso allo SPID e al numero di persone chesi registrano con SPID. Volevo capire se, inanalogia con quanto fatto, per esempio, conla PEC o con altri strumenti, c’è una tabelladi marcia per coinvolgere i medici, gli av-vocati e via elencando.

Per altro verso, per il discorso, che Leifaceva, dei silos e, quindi, di amministra-zioni pubbliche che non si parlano, vorreicapire se intendete coinvolgere, per esem-pio, prima i ministeri e poi le amministra-zioni locali. Da quello che abbiamo potutoosservare ieri in Sogei mi sembra molto piùsemplice l’integrazione con la Motorizza-zione civile, tanto per dirne una, visto cheha citato ACI Informatica, che non conservizi che magari sono erogati da entilocali. Volevo capire, quindi, il tipo di ap-proccio che si sta seguendo. Quello che leiha detto è, ovviamente, condivisibilissimo.Noi abbiamo adesso la chiave. Negli altriPaesi magari non hanno la chiave. Quindi,sarebbe molto più facile per loro, magaripiù in là, rifare la porta, ma avere il motivoper entrare in casa e avere tutti i servizi.Volevo capire che tipo di strada si staseguendo e se ci sono date certe o quasi.

DIEGO PIACENTINI, commissario stra-ordinario del Governo per l’attuazione del-l’agenda digitale. Rispondo alla prima do-manda sulla governance. Una delle cose cheho scritto recentemente è che uno degliobiettivi principali del commissario straor-dinario è che non ci sia più un commissariostraordinario. Il nostro mandato dura finoa settembre del 2018, elezioni e cambi diGoverno permettendo. Lo considererei unbuon risultato se, nel momento in cui ilnostro team cessa di esistere, nel frattempo,insieme ad AgID, saremo riusciti a far sìche AgID diventi un ente innanzitutto, se-condo me, anche più numeroso, con com-petenze più tecnologiche, o quantomenotanto tecnologiche quanto normative di go-vernance, e che possa portare avanti tuttoquello che stiamo decidendo insieme. Se-condo me, in questo momento – è unarisposta basata su quattro mesi di osserva-zione; magari tra altri quattro mesi avrò

un’opinione diversa – si tratta veramente,insieme ad AgID, di far evolvere AgID. Lostrumento c’è, esiste e si chiama AgID.Dobbiamo lavorare con il team di Samari-tani per evolvere AgID in qualche cosa chepossa fare la delivery di tutte queste coseche ci siamo detti. Questa è la risposta inbreve.

Per quanto riguarda i paletti, abbiamoquelli di ANPR, di SPID e di pagoPA, per-ché sono progetti che sono già avviati.

Per quanto riguarda le associazioni dicategoria, medici e avvocati, stiamo comin-ciando a parlare. Sto facendo una specie dipiccolo road show. Ho incontrato il presi-dente dei commercialisti della Lombardia,Miur, Mise. Sto cercando di portare laspiegazione di quello che facciamo. Si trattaanche di un lavoro top down di quelli chepoi vengono definiti, mi sembra, dalla spie-gazione di AgID del Piano triennale, comegli ecosistemi. Siamo in fase, sostanzial-mente, di « evangelizzazione ». Il nostroobiettivo è portare a termine piattaformetrasversali di questi componenti del si-stema operativo. Poi bisogna creare i co-siddetti abilitatori. Non andremo a poterrisolvere i problemi del Ministero dellagiustizia o della sanità da soli. Si tratta dicreare le linee-guida, i processi tecnologicie probabilmente anche dei processi di auditper cui vengano fatte le cose. Poi, di fatto,ogni dipartimento, seguendo quelle linee-guida, dovrebbe essere organizzato e ma-gari incoraggiato a portarsi dentro più com-petenze tecnologiche, come ho detto prima,per eseguire questi piani. Alla sua do-manda se abbiamo delle date su quandocominceremo a lavorare con Motorizza-zione civile sui vari progetti la risposta è:non ancora. Stiamo facendo un road show

di spiegazione ai vari ministeri di quelloche stiamo facendo per individuare le loroattività, ma su quelle su cui possiamo an-dare a interagire. Torno a dire, il pianotriennale, le linee-guida di quel piano etutto quello che ci siamo detti prima do-vrebbero essere anche per loro le istruzioniper fare le cose che devono fare. Non so sesono riuscito a spiegarmi. Il nostro team di17 non riesce, purtroppo, a raggiungeretutti. Per completare, se in questi due anni

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riusciamo a creare un’AgID più grande, piùmoderna e più competente, con norme ecompetenze tecnologiche moderne, magariquesto è uno step che AgID riuscirà aportare avanti.

FEDERICO D’INCÀ. Grazie mille perl’intervento e per la spiegazione del lavorofatto. Siete in 17 persone, avete detto ?

DIEGO PIACENTINI, commissario stra-ordinario del Governo per l’attuazione del-l’agenda digitale. Sì. In verità, siamo venti,di cui diciassette tecnologici. C’è anche ilcollega nei venti.

FEDERICO D’INCÀ. Quindi, venti per-sone fanno questo lavoro. È un numerosbalorditivo rispetto alle migliaia che ve-diamo spesso passare all’interno della pub-blica amministrazione.

DIEGO PIACENTINI, commissario stra-ordinario del Governo per l’attuazione del-l’agenda digitale. In questo momento sì. Viringrazio della fiducia. In questo momentoabbiamo avviato tre progetti dal punto divista operativo. Gli altri sono descrizionidel progetto.

FEDERICO D’INCÀ. Lei ha parlato ditavoli internazionali a cui partecipare e ditavoli a cui non partecipare. Se ci aggiun-gesse qualche dettaglio, sarebbe interes-sante prenderne nota.

DIEGO PIACENTINI, commissario stra-ordinario del Governo per l’attuazione del-l’agenda digitale. Certo. Noi siamo diretta-mente coinvolti nel tavolo dell’e-governmentdi Bruxelles, mentre ce ne sono altri cuinon partecipiamo noi, ma partecipano al-tri, per esempio sulla banda ultralarga osulle infrastrutture, in cui va il Mise. In-tendevo dire questo. Sostanzialmente c’èuna suddivisione di compiti tra dove an-diamo noi direttamente e dove magari,invece, vanno altri ministeri o altri dipar-timenti. L’altro organismo è l’OCSE.

FEDERICO D’INCÀ. La suddivisione ècorretta, per Lei ?

DIEGO PIACENTINI, commissario stra-ordinario del Governo per l’attuazione del-l’agenda digitale. Guardi, non ho ancoraabbastanza visibilità per poter dare la ri-sposta. Quello a cui ho partecipato, per unaquestione contingente, ieri a Bruxelles, se-condo me, è il tavolo giusto per noi. Era iltavolo dell’e-government. Tra l’altro, c’eraAndrea Servida, direttamente sotto la di-rezione di DG Connect, gestito da un altroitaliano. La nostra collocazione all’internodi quel Dipartimento è quindi la colloca-zione corretta.

FEDERICO D’INCÀ. Un’altra domandariguarda la parte sanitaria, che credo siauno dei grandi comparti a cui metteremano, per cui c’è la parte dei fascicolisanitari ad esempio dove la Lombardia èabbastanza avanti, qualcosa hanno fattol’Emilia-Romagna e la Toscana, ma il restoè in gravissimo ritardo. Volevo doman-darLe se, all’interno dei punti che Lei hadescritto, non manchi una parte sanitaria.

DIEGO PIACENTINI, commissario stra-ordinario del Governo per l’attuazione del-l’agenda digitale. In verità, nei tre punti cheho descritto mancano tutti gli ecosistemiverticali, non manca solamente la sanità,ma mancano anche la giustizia, la scuoladigitale. In questo momento io ho presen-tato quei componenti del sistema operativoche sono trasversali e condizione necessa-ria per far sì che tutte le altre attivitàvengano fatte in maniera più agile e com-pleta.

Si sta parlando con Toscana e Lombar-dia per la parte sanità, per capire cosastanno facendo, ci stiamo sicuramente di-scutendo, però, da lì a dire che siamo ingrado di poterli aiutare, ne passa ancora unpo’ purtroppo, ma non perché non sianecessario (voglio essere interpretato cor-rettamente), ma perché in questo momentoho deciso di allocare le nostre risorse suquesti processi e su questi programmi oriz-zontali, che vanno a colpire e ad aiutaretutti gli ecosistemi verticali, dove, per eco-sistema, definisco il Ministero e quello chesta facendo.

FEDERICO D’INCÀ. L’ultima domandariguarda la frammentazione della parte in-

Atti Parlamentari — 15 — Camera dei Deputati

XVII LEGISLATURA — COMM. DIGITALIZZAZIONE — SEDUTA DEL 15 FEBBRAIO 2017

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formatica del nostro Paese. Noi abbiamoparecchie in house (Lombardia informa-tica, Alto Adige informatica, Trentino in-formatica), quindi c’è la separazione perprovince autonome.

Visto che ha una visione internazionalee viene da un gruppo importante, volevodomandarLe in quale visione Lei tiene contodi questa nostra frammentazione, per nondire altro.

DIEGO PIACENTINI, commissario stra-ordinario del Governo per l’attuazione del-l’agenda digitale. Immagino che la causa siaanche l’esistenza delle regioni e delle pro-vince autonome che hanno creato questaframmentazione. Secondo me, all’internodi un concetto astratto di creazione dellecompetenze si tratta di fare uno sforzo perfar sì che queste software in house diven-tino degli asset per la trasformazione digi-tale o, se sono delle liabilities, bisogna ge-stirle come tali, quindi come il contrario diasset. Secondo me va fatto lo sforzo diaiutare queste in house a modernizzarsiinsieme alla modernizzazione del Paese.

Noi con quelle con cui stiamo lavorandostiamo avendo ottime esperienze, stiamocollaborando moltissimo con InfoCamere econ la stessa Sogei. Siamo tutti migliorabili,e anche loro, però lo vedo come un bic-chiere mezzo pieno e come un’evoluzionedi questi asset, però torno a dire che de-vono diventare dei veri asset tecnologici.

CARLO DELL’ARINGA. Grazie per lapresentazione. Un intervento di caratteregenerale soprattutto in prospettiva rispettoall’ottimo lavoro che state facendo anchecon risorse molto qualificate, ma tutto som-mato scarse rispetto agli obiettivi anche dilungo periodo che occorre raggiungere.

Faccio riferimento non tanto all’aspettotecnologico quanto all’aspetto che Lei haaffrontato parlando di sviluppo di compe-tenze e degli strumenti da utilizzare persvilupparle. Giustamente ha anche manife-stato qualche perplessità e dubbio sul fattoche gli incentivi di carattere economicopossano essere quelli strategici per indurreil pubblico impiego a indirizzarsi in quelladirezione.

Se guardiamo all’esperienza passata, cer-tamente quello che Lei dice è vero, perònon bisogna buttare via il bambino conl’acqua sporca, nel senso che siamo in unafase in cui c’è un ennesimo tentativo daparte del presente Governo, che continual’attività fatta dal precedente, di rilanciarequesto obiettivo di aumentare l’efficienza,la qualità dei servizi, anche attraverso unutilizzo dei cosiddetti « sistemi premianti ».Sappiamo che il problema esiste anchenelle imprese private, in quanto non èsemplice coniugare i due aspetti, quellidella performance e quello dei sistemi pre-mianti, però siamo in una fase in cui c’èuno sforzo ulteriore in questa direzione,molto forte. Lei sa che tanti miliardi sonostati spesi in questa direzione, quindi dob-biamo rinunciare a utilizzarli in manieramigliore, cercando di mettere insieme que-sto strumento con l’obiettivo di efficienzasu cui queste tecnologie sono tra i primiposti per essere utilizzati ai fini di miglio-rare la performance e la qualità dei servizi.

Le chiedo, quindi, se anche in prospet-tiva, attraverso quanto ci ha detto – crea-zione di pratiche migliori, pacchetti, pro-grammi, progetti, il problema di diffonderel’innovazione in cui siete in una fase ancorainiziale di sistema, ma l’innovazione parteda punti strategici per poi diffondersi, per-ché altrimenti non coinvolge tutto il si-stema – sia possibile mettere insieme lecose e tradurle in obiettivi concreti, nondico quantificabili e misurabili ? Qui è inballo la riduzione dei costi, la diminuzionedei tempi, il miglioramento della qualitàdei servizi, quindi una traduzione di tuttoquesto, prima o poi, qualche aiuto alleamministrazioni per coniugare e mettereinsieme le relazioni di lavoro, i sistemipremianti come il miglioramento dell’effi-cienza e dell’efficacia. Non crede che inprospettiva potrebbe essere fatto ? Lei hadetto che è in collegamento anche il Mini-stero della funzione pubblica per quantoriguarda la semplificazione, ma non è solola semplificazione, perché vale per gli utentifinali, imprese e cittadini, si tratta di velo-cizzare il processo che può permettere an-che un aumento della qualità dei servizi.

Atti Parlamentari — 16 — Camera dei Deputati

XVII LEGISLATURA — COMM. DIGITALIZZAZIONE — SEDUTA DEL 15 FEBBRAIO 2017

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In prospettiva non ritiene che un lavorodi questo tipo dovrebbe anche condurre aquesto risultato, cioè a permettere alle or-ganizzazioni di sapere quali obiettivi rag-giungere e con quali strumenti ? Lei giu-stamente ha detto che spesso « ci si inventagli obiettivi per pagare la gente », ma adessosiamo in grado di indirizzarli e individuareobiettivi concreti, e credo che questo do-vrebbe essere un punto di approdo di unlavoro come quello che state facendo.

DIEGO PIACENTINI, commissario stra-ordinario del Governo per l’attuazione del-l’agenda digitale. Certo. Direi, traducendoin italiano, che il diavolo sta nei dettagli. Isistemi di incentivazione e di compensa-zione a livello variabile sono molto efficaciall’interno di una cultura positiva, che giàdi per se stessa ha la trasformazione e,soprattutto, ha gli esempi dall’alto che vo-gliono facilitare questa trasformazione.

Il pericolo da evitare è che un concettodi incentivo che diventa un compenso va-riabile per il raggiungimento degli obiettivinon venga poi incorporato all’interno del-l’incentivo fisso e tutti lo vedano come undiritto, qualsiasi cosa succeda. Questo è ilvero, grande problema degli incentivi.

Si tratta di avere all’interno di quelloche si vuole raggiungere degli obiettivi moltosemplici, molto chiari e soprattutto chenon siano un minimo comun denomina-tore, che siano talmente facili da raggiun-gere che li raggiungano tutti. Torno a direche giudicare in astratto il concetto diincentivo, di performance oppure di normapunitiva o di sanzione, quindi l’inverso del-l’incentivo, è molto, molto difficile, e laquestione è « situazionale », dipende dallesituazioni. Questo è il mio concetto di base.Può quindi funzionare, ma può funzionarese noi saremo abbastanza bravi da fare unagrossa parte di quelle cose, cioè puoi darel’incentivo per incorporare SPID all’internodei siti e dire che nel momento in cui tuttii siti della pubblica amministrazione avrannoSPID sarete premiati, però da parte nostraquesto funziona se noi e AgID saremo ingrado di avere una SPID facile da usare,che si incorpora bene, sicura, quindi è unesempio a questo punto virtuoso, che puòfunzionare. Io ho citato un esempio che

probabilmente è uno dei più facili da mi-surare, altri diventano più complessi.

VINCENZA BRUNO BOSSIO. Vorreiporre delle domande, ma vorrei fare ancheun inquadramento generale, perché la suaè l’ultima – la ringraziamo per questapresentazione – della storia della digitaliz-zazione che siamo riusciti a ricostruire inquesta Commissione in poche settimane divita, e Le volevo trasferire due elementi.

Il primo è quello da cui siamo partitinoi, cioè 5 miliardi di spesa informatical’anno e la pubblica amministrazione non èmigliorata granché, anzi anche quando c’èun aumento dell’informatizzazione di al-cuni servizi più che di processi, questiservizi non diventano per forza più effi-cienti. Il famoso paradosso delle file cheaumentano anche quando il CUP diventainformatizzato.

A fronte di questa spesa, quindi, qual èil problema, c’è un dolo – forse da qualcheparte c’è stato – o c’è un problema propriodi modello e di organizzazione ? Probabil-mente la risposta giusta è la seconda, peròaudendo i diversi soggetti che si sono sus-seguiti abbiamo potuto constatare comenon siano diversi gli obiettivi che si sonoposti nel loro compito e nella loro mis-sione, naturalmente fermo restando chenegli anni Novanta la tecnologia e, soprat-tutto, la capacità di connessione erano com-pletamente diverse. Gli obiettivi però eranosempre gli stessi: far parlare fra di loro lepubbliche amministrazioni, l’innovazionenon è un fatto tecnico, ma un fatto diprocesso, integrare, far dialogare, superarei silos delle diverse basi dati che poi im-pediscono al cittadino di interfacciarsi ve-locemente con la pubblica amministra-zione. È chiaro che il punto di partenza –non da oggi, ma dalla fine degli anni No-vanta – era la famosa anagrafe unica. Oggilei è arrivato tutto sommato con un inqua-dramento migliore di quello degli anni pre-cedenti, perché ribadisco sempre che ilPiano per lo sviluppo e la crescita digitaleè un documento strategico – a parte quellosulla banda ultra larga – che mette final-mente ordine in tutte queste questioni chesi sono susseguite, quindi fornisce in qual-

Atti Parlamentari — 17 — Camera dei Deputati

XVII LEGISLATURA — COMM. DIGITALIZZAZIONE — SEDUTA DEL 15 FEBBRAIO 2017

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che misura una scala di priorità. Sicura-mente questo dell’Anagrafe unica è un tema.

Io purtroppo ieri non sono andata allamissione Sogei, però dalle audizioni prece-denti abbiamo avuto la sensazione che cisia o ci sia stato finora il rischio che questosviluppo del software Sogei non sia moltodiverso dallo sviluppo del software che si fadi solito nelle nostre pubbliche ammini-strazioni, c’è ancora una volta qualcosa diisolato dal contesto, nonostante abbia lamissione di integrare i comuni. Se quindiin questi diciotto mesi riuscirete a fare soloquesto, sarà veramente un fatto rivoluzio-nario, perché sono vent’anni, dalla riformaBassanini del 1997, che ci si prova. È veroinfatti che, come lei dice, non è essenzialeavere questa unica anagrafica, però se-condo me in Italia diventa una leva fonda-mentale proprio per la frammentarietà,quindi diventa un atto non solo simbolico,ma proprio pesante, che può essere l’ele-mento aggregatore della frammentarietà.Questo poi genera una valenza diversa perquanto riguarda SPID, cioè l’identità digi-tale può più facilmente diventare accessi-bile e interessante, perché, a quel punto,effettivamente i servizi si possono svilup-pare in maniera integrata, fermo restandoche sono però convinta che il tema deiservizi digitali passa anche attraverso ildigital first. PagoPA secondo me funziona o,come lei ha detto, è la cosa che può averepiù successo, perché a un certo punto, contutti i limiti delle tecnologie (PEC e il resto),c’è stato un momento in cui si è detto chedal 1° marzo o si paga digitale o non sipaga. Si può anche fare su altri servizi dellecose meno forti, per cui chi paga in digitalerisparmia o chi non accede al serviziodigitale paga di più, però sicuramente que-sto tema del digital first è un’altra cosa chesarebbe importante affrontare con granderapidità.

Ciò su cui credo ci siano più problemi èil tema dell’ecosistema di API, perché an-cora non siamo nemmeno agli open data, equesto tema dell’unificazione delle anagrafine è una dimostrazione, sulla questione dicreare dei sistemi effettivamente aperti, doveil problema del riuso non è che io hosviluppato un software in Emilia-Romagna

e lo regalo alla Calabria – io sono calabrese–, e poi ricomincio a mettere le mani sullosviluppo e rifaccio un altro sistema chiusocome quello che mi stanno trasferendo, èche oggi quando si fa il riuso non si tra-sferisce, non si cede questo modello, ma sitrasferiscono dei software che poi vanno dinuovo sviluppati. Credo che questa que-stione sia la più complicata e forse sarebbenecessario affrontarla anche con i forni-tori, perché è chiaro che potrebbero erigeredelle barricate, se non si fa un ragiona-mento di condivisione, e, siccome abbiamouna pubblica amministrazione che, comeLei diceva all’inizio, non ha le competenzenecessarie per poter affrontare tutta questaquestione, è chiaro che può essere moltoinfluenzabile da questo tipo di valutazioneanche del fornitore « di fiducia ». Questocredo che sia uno dei temi più spinosi chebisognerà affrontare.

Sulla governance sono contenta dellarisposta che ha dato, perché la preoccupa-zione era che ci potesse essere un conflittodi competenze e una sovrapposizione conAgID, mentre invece non è detto che questaesperienza non possa continuare in formadiversa, ma il tema vero è come trasfor-mare AgID in uno strumento in cui i venti,di cui diciassette tecnologici, devono diven-tare 170-180 tecnologici.

DIEGO PIACENTINI, commissario stra-ordinario del Governo per l’attuazione del-l’agenda digitale. Ottima analogia.

VINCENZA BRUNO BOSSIO. Quindi bi-sogna capire questo percorso. Ultima cosa,il piano triennale, che considero molto im-portante, anche perché a proposito anchedel procurement della Consip, della cen-trale acquisti della Consip, rispetto ai limitiche Lei diceva molte gare sono basate sudelle specifiche molto vecchie, come hovisto quando abbiamo affrontato il decreto-legge cosiddetto concorrenza e quello sugliappalti. Non è possibile acquistare, oggi, ilpublic cloud, perché attraverso la gara SPCc’è solo il community e private, quindiquanto rapidamente si approverà questopiano triennale affinché queste specifichevecchie rispetto alle gare tecnologiche pos-sano essere rapidamente affrontate ?

Atti Parlamentari — 18 — Camera dei Deputati

XVII LEGISLATURA — COMM. DIGITALIZZAZIONE — SEDUTA DEL 15 FEBBRAIO 2017

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DIEGO PIACENTINI, commissario stra-

ordinario del Governo per l’attuazione del-

l’agenda digitale. Allora, cerco di fare unasintesi e aggiungere dei punti. Effettiva-mente la parte API è un problema cheesiste da vent’anni, fortunatamente il pro-blema è tanto complicato ora quantovent’anni fa e adesso ci sono molti piùstrumenti per risolverlo, quindi tornandoal mio approccio del bicchiere mezzo pienoeffettivamente i problemi sono rimasti dellostesso tipo di complicazione, però gli stru-menti tecnologici per risolverli sono alta-mente migliorati.

C’è il problema di portare la capacità diusare questi nuove soluzioni tecnologicheall’interno della pubblica amministrazionee degli stessi fornitori della PA. Questo è unpunto. Lei accennava anche al discorso deipagamenti digitali e al fatto che da unacerta data si è detto che si sarebbero usatii pagamenti digitali, punto e basta, chesecondo me, soprattutto per una soluzioneche esiste ed è funzionale, è un ottimostrumento. C’è da prendere in considera-zione – questo più che altro è un appello –il concetto, che alcuni economisti stannoportando avanti e che considero molto va-lido in termini di strumenti di lavoro, delladigital tax, ovvero se non sei digitale qual-cosa ti succede, se non digitalizzi tutti i tuoiprocessi non ricevi questo incentivo oppurepaghi di più, concetto molto valido che vaconsiderato. Ci sono economisti che l’hannoteorizzato, ma io l’ho visto anche nel mondolavorativo che ho frequentato negli ultimitrent’anni, e questo concetto funziona.

Non ho assolutamente la soluzione, peròla pubblica amministrazione deve avere unrinnovo demografico del personale, deveassumere gente giovane. Le competenzenon si acquisiscono semplicemente man-dando la gente della mia età a fare istru-zione, a fare education, ma anche portandonuova linfa e nuovo sangue all’interno dellapubblica amministrazione. L’innovazione ela trasformazione digitale dell’Italia nellapubblica amministrazione passa, a mio av-viso, inevitabilmente dal rinnovamento de-mografico di chi lavora nella PA. La mianon è un’affermazione politically incorrect,

che negli Stati Uniti non sarebbe valida

perché negli Stati Uniti non si può chiedereneanche l’età della persona che è intervi-stata, ma il gap digitale, il digital divide –sto parlando di competenze nella PA – sirisolve anche portando dentro gente piùgiovane, con più competenze digitali.

Discorso del procurement. Lei ha citatoil cloud privato rispetto a quello pubblico,ma mi sono dimenticato di citare questoaspetto. Uno dei miei approcci, prima diparlare di situazioni complesse, è che dob-biamo entrare nei dettagli e capirle, quindiuna delle cose che noi stiamo facendo perpotere poi aiutare meglio Consip è chesiamo tra i primi utenti in assoluto dellagara vinta da Telecom Italia in consorziocon qualcun altro che non ricordo, Consipsul cloud, quindi la stiamo utilizzando peri servizi che stiamo mettendo in piedi. Ilnostro obiettivo è capire come sia stataformulata e vinta, quali siano gli strumentidi utilizzo, come sia migliorabile, crearepossibilmente anche un manuale di istru-zione per le pubbliche amministrazioni,perché ho visto che è difficile per noiutilizzare quella gara, quindi immagino perenti e pubbliche amministrazioni non equi-paggiate come il nostro.

Non è vero che non stiamo facendonulla sul procurement: stiamo utilizzandouna delle più grandi gare per cercare dicapire come è stata vinta e come verràutilizzata in futuro, e la stiamo utilizzandonoi per primi.

Sul piano triennale non posso che con-fermare quello che Lei ha detto prima, saràuno strumento molto importante, però nonsopravvalutiamo l’impatto di un piano trien-nale, anche perché ogni anno o ogni seimesi dovrà essere aggiornato.

SERGIO BOCCADUTRI. Grazie per l’in-teressantissima relazione, noi tifiamo per ildigital team non soltanto per quanto si è giàfatto ma per ciò che si deve fare.

Io vorrei riportare le mie domande – suuna cosa ha già risposto rispondendo allacollega Bruno Bossio – su un tema più altodi come dobbiamo prendere alcuni degliargomenti che Lei ci ha esposto e farlientrare dentro l’obiettivo finale di questaCommissione, che presenterà una relazionealla Camera dei deputati.

Atti Parlamentari — 19 — Camera dei Deputati

XVII LEGISLATURA — COMM. DIGITALIZZAZIONE — SEDUTA DEL 15 FEBBRAIO 2017

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La prima questione, che accennato nelprimo intervento e poi ha chiarito, è il temadel turnover della pubblica amministra-zione. Mi sembra che sia uno dei puntiprincipali sui quali c’è un problema effet-tivamente di costo, nel senso che c’è unproblema di dipendenti pubblici, di cosa sipuò o non si può fare, non possiamo astrarcida questi argomenti, però uno dei limiti edelle dighe all’innovazione della pubblicaamministrazione in questo Paese è statal’assenza di un turnover, come penso pos-siamo dire ed evidenziare come contributoalla discussione politica che poi la Com-missione farà alla Camera dei deputati. Leinon è il primo ad aver detto questa cosa,ma Lei l’ha detto in modo molto forte, èstato detto anche in tante altre audizioni epenso che sia molto utile anche per capirein futuro come organizzare il turnover nellapubblica amministrazione.

La seconda questione riguarda il nostrolavoro come legislatori. Condivido total-mente, perché basta guardare cos’era ilprimo CAD e il secondo CAD e cosa avrebbedovuto essere invece il CAD che avremmovoluto, ancora più snello di quello chesiamo riusciti a produrre recentemente,che il Governo ha fatto con delega, cioè ilfatto che la legge spesso interviene troppoin dettaglio, quindi non fa una cornice,entra troppo a discutere delle foglioline delsingolo albero, creando due problemi: ladefinizione degli strumenti e l’interpreta-zione della norma, che ovviamente è statouno degli strumenti utilizzati da chi nonvuole innovare perché anche il CAD pre-cedente a questo conteneva delle innova-zioni molto forti, il problema è che lì den-tro poi c’erano degli agganci, delle virgole,degli incisi ai quali il dirigente o il dipen-dente poteva agganciarsi per non produrrel’innovazione che era dentro l’obiettivo diquel e CAD. Quindi, io condivido questacosa. Ovviamente anche questo ci aiuta aripensare al principio di legalità nella pub-blica amministrazione, perché effettiva-mente di fronte all’innovazione – l’avvo-cato Scorza in questo caso ha una forma-zione giuridica – qui c’è un tema di unapubblica amministrazione che risponde allalegge perché deve essere neutrale, però

effettivamente, se noi guardiamo soltantola legge come unica fonte di determina-zione dell’innovazione, rischiamo invece dibloccare l’innovazione stessa. Io penso diraccogliere questa cosa che lei ha detto, dicui dovremmo fare patrimonio, anche senon so come tradurla, nel lavoro di cia-scuno di noi come legislatore.

L’altra cosa collegata a questa è la sem-plificazione del procedimento amministra-tivo, che si scontra con due questioni, unaè l’articolo 5 della Costituzione, ma lì ov-viamente non possiamo entrare, e il temadelle competenze tra Stato e regioni ri-spetto, appunto, a quando una grandeazienda voglia aprire alberghi in diverseregioni e deve scontrarsi con normativeregionali e procedure diversificate rispettoal fatto delle competenze. C’è, quindi, ilproblema di come dal punto di vista legi-slativo tutti i temi dell’innovazione deb-bano essere ripensati anche nel rapportotra Stato e regioni e in che modo andiamoad affrontare questa cosa. Adesso non vo-glio attribuirLe ovviamente questo pen-siero, però faccio mio quello che Lei hadetto perché effettivamente è un tema ed èun problema, ovviamente salvaguardando idiritti dei cittadini che rischiano, se dal-l’altra parte la forza oscura vince, di nonavere possibilità. Come si può sposare quindila semplificazione nella pubblica ammini-strazione con l’innovazione, tenendo contoche ci sono competenze diffuse e quindiforse è un ripensare anche qui il ruolo e ilrapporto con gli enti locali ?

L’ultima domanda molto più specifica,non tecnica: sono stato protagonista di unemendamento, poi respinto, al disegno dilegge di bilancio, ma come colleghiamo erendiamo effettivo il piano triennale con ilpiano di acquisti della pubblica ammini-strazione ? Condivido il fatto che pianotriennale sia il titolo, ma vada rinnovatosemestralmente. Dato che all’articolo 1 del-l’istituzione della nostra Commissione sidice quali strumenti legislativi possiamoproporre per innovare e per superare ilimiti all’innovazione, cosa dobbiamo farenoi legislativamente per dare forza e gambeal piano triennale, affinché l’acquisto daparte delle pubbliche amministrazioni di

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XVII LEGISLATURA — COMM. DIGITALIZZAZIONE — SEDUTA DEL 15 FEBBRAIO 2017

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strumenti e servizi che servono all’innova-zione sia coerente con il piano triennale.

Serve un intervento legislativo ? Io l’a-vevo proposto e penso di sì. Mi confermaquesto, oppure la mia era soltanto un’ideae la Commissione ha fatto bene a respin-gere il mio emendamento in merito ?

DIEGO PIACENTINI, commissario stra-ordinario del Governo per l’attuazione del-l’agenda digitale. La domanda esplicita eranella seconda parte, poi torno sulla primaper fare dei commenti.

Io non so se serva una norma, so che, seesiste un piano triennale che dà un indi-rizzo anche tra le varie cose dei tipi diinvestimenti in tecnologia, di come debbaessere scritto un software, di come debbaessere riutilizzato l’introduzione di un con-cetto di open source, l’introduzione del con-cetto di API programmabili secondo certeistruzioni, mi sembra molto strano che laparte acquisti non si ispiri quantomeno aquesto piano triennale. Poi, che ci sia unalegge che lo obblighi oppure no, non ne soabbastanza per poter dire come funzio-nano le cose da noi in Italia, però il miocompito è rendere le linee guida chiare, poista a voi decidere se la chiarezza non bastae ci vuole altro. Non so se sono statochiaro. Il piano triennale darà delle indi-cazioni e a mio avviso sarà impossibile fareinvestimenti in tecnologia senza leggerequelle indicazioni. Ripeto, sta a voi deci-dere se questo debba essere tramutato inun indirizzo legislativo molto più imposi-tivo di quanto io abbia spiegato. Questo, tral’altro, mi aiuta a collegarmi al primo com-mento. Quando sono arrivato in questoruolo mi sono meravigliato che una delleprimissime persone che mi hanno fattoincontrare fosse l’avvocato Guido Scorza, eho detto che volevo incontrare solamentecomputer scientist e data scientist, poi –ahimè – ho capito perché avessi bisognodell’avvocato Guido Scorza.

Io mi sono abbastanza ispirato nellacreazione di questo team digitale a quelloche fu fatto negli Stati Uniti da Obama conla creazione del Government Digital Ser-vice dove è stato introdotto il concetto dicivil servant, di persone che, a rotazione,vanno dal privato al pubblico, ci lavorano

uno o due anni e poi ritornano, mi sonoispirato molto a questo. Abbiamo appro-fondito molto, ci siamo scambiati informa-zioni. Quel team non ha nessuna caratte-ristica di tipo normativo, cioè è completa-mente separato. Tutto quello che fanno o leamministrazioni lo recepiscono perché ègiusto recepirlo e vi trovano del valore, manon hanno alcun obbligo di essere utiliz-zate. Detto questo, moltissime amministra-zioni usano il team digitale, negli StatiUniti.

Nella mia ingenuità o volontà di sem-plificazione io voglio veramente occuparmie far sì che il mio team crei dei prodotti, deiprogrammi e delle linee guida che sianotalmente fatti bene che l’alibi di non usarleperché non sono fatti bene non esista. Staa voi, con l’aiuto di Guido Scorza, che ognitanto mi porta sulla via più normativa diquella di cui vorrei occuparmi, decidere sequello che noi facciamo come linee guida,come programma o come progetto sia suf-ficiente o occorra l’intervento normativoper regolamentarlo.

Spesso si parla di Italia a due velocità,mi hanno chiesto ma perché lavoro con icomuni più grandi e non con i più piccoli,ma vengo da un’esperienza per cui a volteè molto più facile far funzionare meglioquello che già funziona che cercare ditrasformare quello che non funziona, quindiritengo che, se comuni come quelli che hocitato entrano a far parte di questo tipo diservizi e li utilizzano perché li voglionoutilizzare, non perché esista una normache li obbliga a utilizzarli, si crea un circolovirtuoso. Se veramente noi, con i settecomuni che ho citato, riusciamo a entrarecon SPID in maniera quasi pervasiva, conPagoPA in maniera quasi pervasiva, sono iprimi a migrare su NPR, secondo me ab-biamo fatto più di qualsiasi norma cheobbliga tutta l’Italia a usare NPR. Questo èil mio modo di vedere il problema. Poi staa voi decidere quanto il mio modo siasufficiente oppure no. Spero di essermispiegato.

GIAN MARIO FRAGOMELI. Io sonoarrivato un po’ in ritardo quindi ho ascol-tato solo gli ultimi venticinque minuti, dun-que mi sono sicuramente perso cose altret-

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XVII LEGISLATURA — COMM. DIGITALIZZAZIONE — SEDUTA DEL 15 FEBBRAIO 2017

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tanto importanti. Il Suo arrivo e il Suoincarico, oltre alla presentazione di un pianodi sviluppo così importante che ci ha affa-scinato, oggi pomeriggio abbia un’altra por-tata di forma mentis, di nuova mentalitànell’agire della pubblica amministrazioneche deve estendersi e svilupparsi nel ma-

nagement pubblico, tutte cose importantis-sime che io credo dovremo assolutamentesviluppare.

Faccio però un brevissimo salto indie-tro, perché poi io non so se questo sia unfattore solo normativo e quanto si debbaconiugare con lo sviluppo informatico nel-l’innovazione delle PA, però io prendo lalegge cardine dell’azione amministrativa,faccio una cosa amministrativa solo per unattimo per farle capire. Noi abbiamo lalegge n. 241 del 1990, che ha subìto unaserie di modifiche, che sostanzialmente haperò dimostrato una cosa: che quando sidoveva identificare e mettere assieme unlavoro condiviso in team della pubblicaamministrazione, una responsabilità con-divisa, era il dramma. Responsabilità delprocedimento, responsabilità del provvedi-mento, conferenza di servizi siamo arrivatialla soluzione ultima che era diventata ilsilenzio-assenso ossia la fine del concettodi responsabilità.

Dopo aver ascoltato queste belle cose michiedo come coniugherà questo tema dellelinee guida, della semplificazione dello svi-luppo tecnologico della pubblica ammini-strazione con il tema della responsabilità,nel senso che tutti devono assumere unaresponsabilità condivisa rispetto al raggiun-gimento dell’obiettivo macro della pubblicaamministrazione, della vision ? Questa è lacosa più carente. Ancor più, come moni-toriamo e implementiamo l’estensione dellaconoscenza insieme all’estensione della re-sponsabilità e del successo, quindi degliincentivi ?

Dico questo perché Lei giustamente hadetto che supereremo i silos e tutta unaserie di barriere, ma veniamo da un Paesedove la non conoscenza era uguale alla nonresponsabilità. Quindi di qui deriva la miapaura, che è quella che ci siano all’internodelle parti di management della pubblicaamministrazione, degli ostacoli a una con-

divisione dell’informazione, perché una voltache l’informazione è condivisa non ci sonopiù alibi, ognuno è corresponsabile. Poibisogna normare e capire come e quantouno è responsabile per il raggiungimentodegli obiettivi, ma poi non ci sono più alibiperché non c’è più la non conoscenza.

Noi abbiamo vissuto anni e anni nelsentirci dire quella cosa appartiene a quelministero quella cosa appartiene a quel-l’ente quella cosa appartiene a quel respon-sabile. Domani questo con una informa-zione non ci sarà più.

Vi chiedo quindi come coniughiamo ledue questioni, perché ha ragione Lei, l’in-centivo non può essere visto come un’inte-grazione salariale, come in parte è avve-nuto nella pubblica amministrazione, unavolta standardizzati gli incentivi diventanoa tempo indeterminato e su obiettivi fasullifanno venir meno un principio importante,quindi credo che uno dei temi più impor-tanti sia anche questo.

Penso che il turnover sia necessario, manon sia sufficiente, perché i nuovi che ar-rivano devono entrare con questa nuovamentalità, che lavorare per la PA è un’altracosa, risponde a un grande tema di svi-luppo del Paese o a quanto è servizio alcittadino, però secondo me questo tema èimportante e da sviluppare. Come si co-niuga questa estensione della conoscenzaalla responsabilità e al successo ? Non so sedovremo fare una forma di bond come lestock option nelle aziende private perchéqui si è fatto fatica a mettere 240 mila eurodi stipendio e a pensare che forse quello ègiusto come si fa nel privato. Lei viene daun’esperienza dove si fissava un tetto e poil’aumento era legato quindi al rendimentodella società stessa. Questa mentalità forsedovremmo pensare come portarla.

In ultimo, questa questione venga af-frontata. Siamo l’unico Paese che ha questolimite, questa difficoltà di far capire a chilavora nella pubblica istruzione che biso-gna avere questa mentalità o di altre partidel mondo (Lei ha fatto esempi di altriStati, di altre nazioni).

A fondamento dello sviluppo, dell’inno-vazione tecnologica, c’è anche una matu-razione di una mentalità diversa dal dipen-

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XVII LEGISLATURA — COMM. DIGITALIZZAZIONE — SEDUTA DEL 15 FEBBRAIO 2017

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dente pubblico, che secondo me è uno deipiù grandi limiti che oggi abbiamo in Italia.

DIEGO PIACENTINI, commissario stra-ordinario del Governo per l’attuazione del-l’agenda digitale. Se mi avesse chiesto comerisolvere la fame nel mondo, probabil-mente sarei riuscito a rispondere più facil-mente. Io parlo della mia storia, altrimentici disperdiamo e il mio obiettivo principaleè risolvere il problema dell’offerta, quindicome semplificare l’offerta di questi serviziper far sì che gli alibi siano altri, nonquesto.

Detto questo, forse perché occupandomidi trasformazione digitale sono a contattocon persone della PA di un certo tipo, chesi auto-selezionano, ma la mia esperienzafinora – non lo sto dicendo per retorica oper falso buonismo – è che ho trovatopersone molto disponibili, gente della PAche lavora 16-17 ore al giorno, ed è l’in-sieme di questi esempi virtuosi (non vedoaltro modo), cioè continuare a lavorare conqueste persone che ci credono veramente.Torno a dire che disegnare la linea tra ilbuonismo e il realismo è un po’ difficile daquesto punto di vista, però si tratta vera-mente di continuare a creare esempi vir-tuosi. Si parte ovviamente dalla scuola,dall’educazione, è una trasformazione chesono d’accordo che non sia sufficiente, maè una trasformazione che passa tramite ilproblema del turnover e la trasformazionedemografica. Può darsi che non sia suffi-ciente, ma secondo me è assolutamentenecessario.

La mia esperienza, comunque, con tuttele persone con cui mi sono andato a inter-facciare, quindi AgID, la parte tecnica diSogei, il management di Funzione pubblica,è che ho trovato veramente della gente checi crede. Ho incontrato persone che rara-mente ci vedono come: « è arrivato il com-missario, fuggi fuggi », ma ci vedono comepersone che stanno cercando di aiutare,forse anche perché dico sempre al mioteam di non pensare di essere più intelli-genti degli altri, perché a volte avremoragione, altre avremo torto, però è l’in-sieme di questi esempi virtuosi. Io non hoaltre ricette. Non so se i miei nipoti lovedranno, ci vorrà molto tempo, è una

trasformazione demografica, ma teneteconto che comunque è inevitabile, cioè quelloche sta succedendo in termini di trasfor-mazione digitale nel mondo, che si possaparlare di intelligenza artificiale, che sipossa parlare di utilizzo mobile, che sipossa parlare del « BOT della pubblica am-ministrazione », tutto quello che sta acca-dendo è assolutamente inevitabile. Accadrànonostante noi. Io credo molto nel cam-biamento generazionale, quindi facilitare ilturnover nella pubblica amministrazione èa mio avviso imprescindibile.

Detto questo, forse il mio team ha avutofortuna, perché stiamo lavorando con dellagente che ci vede come aiuto, non come« oddio sono arrivati questi che ci fannofare cose che non volevamo ». Forse nonabbiamo visto abbastanza persone, non lometto in dubbio, sono solamente quattromesi, siamo ancora in fase di « luna dimiele », però la mia esperienza è un po’diversa dallo stereotipo della pubblica am-ministrazione, che son sicuro esista da qual-che parte, solo che noi non l’abbiamo an-cora visto, ma probabilmente perché i pro-blemi che noi gestiamo non sono gestiti daquelle persone. Questa è la mia osserva-zione.

PRESIDENTE. Ringrazio il Commissa-rio Piacentini. Io avrei un paio di domandema vorrei farle in seduta segreta. Pro-pongo, dunque, che i lavori proseguano inseduta segreta.

(La Commissione concorda – I lavoriproseguono in seduta segreta, indi ripren-dono in seduta pubblica).

PRESIDENTE. Ringrazio i nostri ospitie dichiaro conclusa l’audizione.

Comunicazioni del Presidente.

PRESIDENTE. Comunico che la Com-missione ha ricevuto alcuni documenti che,a norma dell’articolo 1 della Deliberazionesul regime di divulgazione degli atti e deidocumenti, saranno pubblicati sul sito webdella Commissione: Linee guida del Pro-gramma nazionale per la cultura, la forma-

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XVII LEGISLATURA — COMM. DIGITALIZZAZIONE — SEDUTA DEL 15 FEBBRAIO 2017

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zione e le competenze digitali, trasmesse daAgostino Ragosa, e le slide relative all’au-dizione odierna di Diego Piacentini.

Ricordo che i lavori della Commissione,come già concordato dall’Ufficio di presi-denza della scorsa settimana, prosegui-ranno con una seduta dedicata all’analisidei risultati intermedi dell’inchiesta.

Prego, onorevole Boccadutri.

SERGIO BOCCADUTRI. Signor presi-dente, è stata programmata l’audizione diSogei ? Se no, chiedo che sia programmata.

PRESIDENTE. Bene, cogliendo l’occa-sione per invitare anche gli altri commis-sari a segnalare eventuali soggetti da audire

nelle prossime sedute, propongo, dunque,di svolgere un’audizione di Sogei.

(La Commissione concorda).

Nessun altro chiedendo di intervenire,dichiaro conclusa la seduta.

La seduta termina alle 16.20.

IL CONSIGLIERE CAPO DEL SERVIZIO RESOCONTI

ESTENSORE DEL PROCESSO VERBALE

DOTT. RENZO DICKMANN

Licenziato per la stampa

il 12 aprile 2017

STABILIMENTI TIPOGRAFICI CARLO COLOMBO

*17STC0022260**17STC0022260*

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