russia beyond the headlines (italia)

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GIOVEDÌ 30 APRILE 2015 Alle prese con un passato che non si cancella. Che resta in fondo agli occhi, tra le rughe della pelle. Con il ricordo di una Guerra che unisce chi l'ha vissuta in prima perso- na. In tutte le latitudini, dagli Stati Uniti all'Europa, alla Russia. Martin Roemers ha cercato di raccontare, nel suo progetto fotografico, proprio questo filo rosso che le- ga persone così lontane, così distanti. «Erano quasi tutti bambini durante la Guerra. E quello che ancora fa soffri- re molto è il fatto che nonostante quanto sia accaduto, l'umanità è ancora vittima delle guerre». LA MEMORIA I volti, gli occhi, le espressioni delle persone che abbiamo scelto di riprendere in questa pa- gina sembrano ammonirci. Perché portano crepe e dolori impossibili da sradicare. Sembra- no suggerirci che bisogna stare alla larga dalla guerra. Perché al di là della gioia dovuta alla liberazione dal nazismo e dal fascismo, è certo che quella tragedia, la Seconda Guerra Mon- diale, con milioni di persone morte, appartiene sia ai vincitori che ai vinti. Un patrimonio doloroso sul quale edificare una nuova architettura di pace. Pearl Harbor e l’assedio di Leningrado, le Ardenne e l’Italia devastata da una guerra civile. Simboli sui quali, dopo la fine del conflitto, le nazioni hanno fabbricato la propria infrastrut- tura politica e sociale affinché fosse certa almeno una direzione: quella che portava quanto più lontano possibile dal ripetersi di una stagione di morte sigillata dal male assoluto dell’Olocausto. Yalta, le conferenze per ricostruire. Tutto nasceva dalla volontà di porre la ricerca della pace come fondamento etico del mondo a venire. Lo ricorda nelle pagine che seguono Giovanni Sabatucci, ordinario di Storia Contemporanea a La Sapienza di Roma. «Yalta fu la premes- sa per la nascita dell'Onu». Certo, con la fine del secondo conflitto bellico emerse la Cortina di ferro, iniziò la Guerra Fredda. Ma l’insegnamento di Yalta, il ricordo di quegli orrori fu sempre presente come limite da non superare sia per la Russia, che per gli Stati Uniti. Ai lettori proponiamo una carrellata su quei giorni di 70 anni fa. Le sfide della politica e le storie sconosciute del quotidiano. A comporre una sequenza, con l’orrore che riuscì a trasformarsi in speranza e desi- derio di vivere in un mondo pacificato.  MARTIN ROEMERS/SALTIMAGES (8) ANNIVERSARIO SETTANT'ANNI FA LA VITTORIA SUL NAZIFASCISMO Notizie e approfondimenti Il supplemento rientra nel progetto Russia Beyond the Headlines, che pubblica inserti in diverse lingue, in allegato a The Daily Telegraph, Le Figaro, El Pais L’inserto è preparato e pubblicato da Rossiyskaya Gazeta (Russia) e non coinvolge le strutture giornalistiche ed editoriali de IT.RBTH.COM/ABOUT

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Page 1: Russia Beyond the Headlines (Italia)

giovedì 30 aprile 2015

Alle prese con un passato che non si cancella. Che resta in fondo agli occhi, tra le rughe della pelle. Con il ricordo di una Guerra che unisce chi l'ha vissuta in prima perso-na. In tutte le latitudini, dagli Stati Uniti all'Europa, alla Russia. Martin Roemers ha cercato di raccontare, nel suo progetto fotografico, proprio questo filo rosso che le-ga persone così lontane, così distanti. «Erano quasi tutti bambini durante la Guerra. E quello che ancora fa soffri-re molto è il fatto che nonostante quanto sia accaduto, l'umanità è ancora vittima delle guerre».

la memoria

I volti, gli occhi, le espressioni delle persone che abbiamo scelto di riprendere in questa pa-gina sembrano ammonirci. Perché portano crepe e dolori impossibili da sradicare. Sembra-no suggerirci che bisogna stare alla larga dalla guerra. Perché al di là della gioia dovuta alla liberazione dal nazismo e dal fascismo, è certo che quella tragedia, la Seconda Guerra Mon-diale, con milioni di persone morte, appartiene sia ai vincitori che ai vinti. Un patrimonio doloroso sul quale edificare una nuova architettura di pace. Pearl Harbor e l’assedio di Leningrado, le Ardenne e l’Italia devastata da una guerra civile. Simboli sui quali, dopo la fine del conflitto, le nazioni hanno fabbricato la propria infrastrut-tura politica e sociale affinché fosse certa almeno una direzione: quella che portava quanto più lontano possibile dal ripetersi di una stagione di morte sigillata dal male assoluto dell’Olocausto. Yalta, le conferenze per ricostruire. Tutto nasceva dalla volontà di porre la ricerca della pace come fondamento etico del mondo a venire. Lo ricorda nelle pagine che seguono Giovanni Sabatucci, ordinario di Storia Contemporanea a La Sapienza di Roma. «Yalta fu la premes-

sa per la nascita dell'Onu». Certo, con la fine del secondo conflitto bellico emerse la Cortina di ferro, iniziò la Guerra Fredda. Ma

l’insegnamento di Yalta, il ricordo di quegli orrori fu sempre presente come limite da non superare sia per la Russia, che per gli Stati Uniti. Ai lettori proponiamo una carrellata su

quei giorni di 70 anni fa. Le sfide della politica e le storie sconosciute del quotidiano. A comporre una sequenza, con l’orrore che riuscì a trasformarsi in speranza e desi-derio di vivere in un mondo pacificato.  

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es (8)

anniversario settant'anni fa la vittoria sul nazifascisMo

Notizie e approfondimenti

Il supplemento rientra nel progetto Russia Beyond the Headlines, che pubblica inserti in diverse lingue, in allegato a The Daily Telegraph, Le Figaro, El Pais

L’ inserto è preparato e pubbl icato da Ross iyskaya Gazeta (Russ ia) e non coinvolge le strutture g iornal ist iche ed editor ia l i de

it.rbth.coM/about

Page 2: Russia Beyond the Headlines (Italia)

02 www.it.rbth.com

1945 - 2015

IT.RBTH.COM/LA_GUERRA_SCONOSCIUTA

"Il primo passo verso l'Onu"

AlekseI TImOfeychev , nIcOlA sellITTI

rbth

l'anno in corso segna il 70°

anniversario delle conferenze di yalta

e Postdam che gettarono le basi per i

nuovi equilibri geopolitici. cosa resta

di quegli insegnamenti?

Gli storici, quando parlano della Conferen-

za di Yalta, si chiedono spesso se l'unità dei

leader mondiali durante il suo svolgimento

non sia stata che una mera illusione, alla luce

soprattutto della successiva Guerra Fredda.

E si interrogano sull'influenza che i due ver-

tici internazionali continuano ad avere sulla

vita dei nostri giorni, condizionando gli equi-

libri del potere.

Gli accordi raggiuntiGli analisti ritengono che non sia del tutto

corretto definire "un'illusione" l'aspirazione di

raggiungere un compromesso che i leader dei

paesi vincitori della guerra dimostrarono

all'inizio del febbraio del 1945. «Non la consi-

deravano affatto così i partecipanti della con-

ferenza di Yalta, vale a dire gli uomini che gui-

davano Unione Sovietica, Stati Uniti e Gran

Bretagna», osserva Mikhail Myagkov, direttore

scientifico della Società storico-militare russa,

intervistato da RBTH. «Stalin, Roosevelt e Chur-

chill volevano veramente concordare le regole

del gioco e stabilire come l'assetto mondiale si

sarebbe sviluppato dopo la guerra», spiega lo

storico. «L'obiettivo del loro incontro era evita-

re un futuro dominio tedesco in Europa e garan-

tire un lungo periodo di pace. La conferenza è

riuscita a raggiungere quest'obiettivo», secondo

Myagkov.

I contrasti Secondo lo storico tedesco Jost

Dülffer, nonostante i compro-

messi raggiunti, la conferenza

«evidenziò chiaramente anche

delle profonde differenze» su

questioni come la composizio-

ne del governo polacco e l'am-

montare delle riparazioni tede-

sche per l'Unione Sovietica e il

resto dei paesi. «I fattori unificanti in

mano agli alleati si esaurirono già in-

torno agli anni 1946-1947», ha spie-

gato in un'intervista con il canale radio

DW. Secondo Dülffer, a Yalta i leader

avevano ancora una possibilità, tutta-

via «il confronto di ideologie - comu-

nismo da un lato e capitalismo dall'al-

tro – fece sì che ciascuna delle parti

iniziasse a sviluppare a modo suo la

propria sfera di influenza». Oltre a

ciò, lo storico tedesco cita anche

un'altra causa principale del disac-

cordo tra Mosca e le capitali occi-

dentali. «L'Unione Sovietica aveva li-

berato l'Europa dell'Est dalla Germa-

nia nazista ottenendo di conseguenza

la possibilità di far valere i propri in-

teressi sui territori liberati», sostiene.

Ci sono, tuttavia, ricercatori che fanno

ricadere la principale responsabilità

del fallimento di Yalta e dello scoppio

della Guerra Fredda su Stalin. Come

osserva lo storico militare Boris Soko-

lov, al momento della definizione delle

sfere di influenza in Europa, l'Occi-

dente non si aspettava che «il dominio

dell'Urss sarebbe stato così forte all'in-

terno della propria sfera di influenza».

Il capitale americanoAlcuni esperti, invece, sostengono che

Stalin cercò di aderire allo "spirito di

Yalta", senza forzare, subito dopo il ter-

mine della guerra, la conversione dei

paesi della regione in satelliti comu-

nisti dell'Urss. «Contava sul fatto che

non ci sarebbe stato un cordone sani-

tario lungo i confini dell'Unione So-

vietica, bensì una zona di sicurezza

composta da paesi non pro-comunisti,

ma con un atteggiamento amichevole

nei confronti dell'Unione Sovietica:

Polonia, Romania, Ungheria e Ceco-

slovacchia», sostiene Mikhail Myagkov.

Per il quale, la responsabilità per lo

scoppio della Guerra Fredda va divi-

sa tra le parti. Giovanni Sabbatucci,

ordinario di Storia Contemporanea

presso La Sapienza di Roma, si soffer-

ma su un altro aspetto: «Yalta fu la

premessa della nascita dell'Onu. Per

l'Urss l'obiettivo non era far trionfare

il comunismo, ma spostare le frontie-

re più a Ovest possibile. Per difender-

si voleva l'Europa orientale sicura e

tranquilla, mentre Roosevelt pensava

a un mondo aperto, alla libera circo-

lazione di uomini e merci». Un obiet-

tivo di difficile realizzazione dato che

«la società sovietica era chiusa», ag-

giunge.

si ripeteranno gli errori del

passato?Gli studiosi del dopoguerra fanno un

parallelismo tra le politiche dell'Urss

di quel periodo e le azioni condotte

oggi dal Cremlino. Secondo Dülffer, «la

situazione attuale in Europa ricorda

molto quel periodo». Per l'esperto, in

Europa si sta ricreando una divisione

delle sfere di influenza.

Ma non tutti la pensano allo stesso

modo. «La lotta che ebbe inizio a Yalta,

non è mai terminata. Oggi assistiamo

all'ultimo atto, con il mondo occiden-

tale convinto che la Russia non si ri-

alzerà più dopo gli anni'90», conclude

Myagkov.

I rAccOnTI

È una lunga notte. Tra silenzi carichi di paura e il suono dei bombardamenti. Tra il presente che si sfilaccia e un futuro con i campi di concentramento stagliati all’oriz-zonte. Pavel Markovich Rubinchik conosce la guerra al compimento dei 13 anni. A 24 mesi dall'inizio del conflitto, il bambino vie-ne mandato in un campo estivo nei pres-si di Minsk, capitale dell'attuale Bielorussia. Alle 6 del mattino del 25 giugno 1941, tre giorni dopo l'inizio della guerra, non ap-pena il conflitto raggiunge Minsk, i genito-ri tornano in fretta a riprendersi i figli. Ma per Pavel l'amara scoperta: papà e mam-ma non ci sono. Il 19 luglio viene dato l'ordine: le persone di nazionalità ebraica dovevano raccoglier-si e vivere in un quartiere separato. «Lo chiamavano il ghetto», ricorda. Poi la tra-gedia. «Ci trasferirono nel campo di con-centramento, ci costrinsero a lavorare nel-le fabbriche di armi. Lavoravamo per 14-16 ore», ricorda, con un tono di voce che tra-disce ancora il dolore per la terribile espe-rienza vissuta. «Ci davano da mangiare so-lo una volta al giorno una zuppa con teste di aringhe. È per questo motivo che solo due anni fa ho ripreso a mangiare questa pietanza. Prima non potevo neanche ve-derle. Sono sopravvissuto solo grazie a un tedesco di nome Paul. Fu lui a portarmi le pentole e le casseruole, affinché le pulissi. Al loro interno c'era sempre cibo. Questa fu la mia salvezza». Un episodio che anco-ra oggi Pavel ricorda con una commozione impossibile da comunicare.

La versione integrale it.rbth.com/35133

Sopravvissuto al Lagersolo grazie a un tedesco

" Ci davano da mangiare so-lo una volta al

giorno zuppa con teste di aringhe. Sono sopravvissu-to solo grazie a un tedesco di nome Paul. Fu lui a por-tarmi le pentole e le casseruole, af-finché le pulissi"

SopravviSSuto

PAvel rubInchIk

Il rIcOrdO

Durante gli anni della Guerra, sul fronte hanno lavorato 258 cineoperatori sovietici. È attraverso i loro occhi che il mondo ha potuto vedere gli eventi degli anni 1941-1945. Di loro, oggi in Russia è rimasto in vita solo il 95enne Boris Aleksandrovich Sokolov, cavaliere di due ordini della Stel-la Rossa, titolare di 31 medaglie al valore. A RBTH ha rac-contato la firma dell'atto di capitolazione della Germania e il significato di lavorare al fronte.

si è ritrovato subito al fronte?Nel 1941 avevo 21 anni. A causa della guerra, l'Istituto (di cinematografia Gerasimov, ndr) rilasciava gli studenti prima del tempo, io ero già alla parte pratica del diploma. Fu pro-prio allora che cominciavano a formare i gruppi di ripre-sa da mandare al fronte.

Ai tempi le telecamere non avevano certo un peso trascu-rabile... Quando c'erano tutti gli obiettivi, sì. All'epoca non c'era-no gli zoom: per le diverse riprese bisognava cambiare obiet-tivi. La telecamera da sola pesava circa tre chili e mezzo. Poi appresso c'erano anche le cassette, con 30 metri di pel-licola. La telecamera poteva contenere solo 15 metri, vale a dire mezzo minuto di primi piano.

c'era qualcosa che non vi era permesso filmare? le ritirate ad esempio?Potevamo filmare tutto, se questo poi fosse finito sugli scher-mi oppure no, dipendeva dalla censura. Io ancora non ero al fronte quando abbiamo subito le sconfitte, ma secondo le parole di un amico di ritirate ne sono state filmate molto poche. Io so di casi in cui gli operatori cercavano di ripren-dere i momenti del ripiegamento, ma i soldati, o i fuggiti-vi chiedevano di non girare, spesso con minacce.

La versione integrale it.rbth.com/35637

Filmare la trincea, il set più doloroso

l'InTervIsTA

La Seconda Guerra Mondiale ha provocato più di 50 milioni di vittime, segnando la vita di centinaia di milioni di uomini, donne e bambini. in russia si dice che ogni famiglia è stata colpita dalla tragedia e ognuno ha la sua vicenda da raccontare: storie di sofferenza, coraggio, odio, amore, incarcerazioni o liberazione.per celebrare il 70° anniversario della fine della Seconda Guerra Mondiale in Europa, russia beyond the headlines ha lanciato il progetto internazionale, la Guerra Sconosciuta. Durante le prossime settimane racconteremo le storie fino ad oggi rimaste nell'ombra, accompagnate da analisi e testimonianze personali.Nel 70° anniversario della fine del conflitto lo scopo è quello di dare voce alle numerose persone che hanno vissuto la guerra e hanno qualcosa da narrare: coloro che hanno vissuto il conflitto sulla propria pelle o che hanno avuto nonni, bisnonni o amici che hanno partecipato alla Guerra. Storie incredibili da raccontare. rimaste in silenzio o dimenticate.

Scopri La GuErra ScoNoSciuta SuLLE paGiNE Di quESta EDizioNE E proSEGui La ricErca Su

it.rbth.com/la_guerra_sconosciuta

Page 3: Russia Beyond the Headlines (Italia)

03www.it.rbth.com

1945 - 2015

La medaglia della Guerra Patriottica, istituita nel corso del 1942, è stata la prima medaglia militare del conflitto. Conferita per le azioni eroiche a soldati, partigiani e servizi segreti, aveva due classi, in virtù del prestigio raggiunto. Fino al 1977 è stata l'unica medaglia con diritto di trasmissione per i figli del destinatario. Per tutte le altre, invece, era prevista la restituzione al sopraggiungere della morte

La medaglia più diffusa è stata quella per la Vittoria sulla Germania nella Grande Guerra Patriottica del 1941-1945. Istituita il 9 maggio del 1945, nel corso degli anni è stata assegnata a oltre 15 milioni di persone

Un distintivo tra i più preziosi è quello per la Presa di Berlino che è stato attribuito a coloro che hanno preso parte all'assalto della capitale della Germania nazista. I beneficiari sono stati stimati in oltre un milione. Ci sono anche le altre medaglie per le campagne nelle quali ha partecipato l’Armata Rossa nel 1944 e nel 1945

l'archivio degli eroiDurante i quasi quattro anni Della guerra, i sol-Dati Dell'armata rossa hanno ricevuto oltre 38 milioni Di meDaglie per il coraggio e per la par-tecipazione eviDenziati nel corso Delle Diverse campagne militari. purtroppo, nella maggior parte Dei casi, il ricono-scimento non è arrivato materialmente al legit-timo Destinatario, tra vittime Del conflitto e per-sone risultate irreperibili anche in seguito alla confusione che si è venuta a creare nel perioDo immeDiatamente successivo alla fine Del conflitto.oggi, grazie al contributo offerto Dalle nuove tecnologie Digitali, Diventa possibile ricostruire le vicenDe Di quel perioDo. così la speranza è Di po-ter colmare una lacuna che si è trascinata nei De-cenni. con questa finalità è nato il progetto "zvezDy po-beDy" (vale a Dire "le stelle Della vittoria"), che aiuta i DiscenDenti Degli eroi Di guerra a ricostrui-re i meriti Degli avi. le informazioni sono Disponibili a: rg.ru/zvezdy_pobedy. grazie all'aiuto Dei lettori, gli eDitori Di rbth hanno già trovato le famiglie Di cinque Don-ne Destinatarie Dei riconoscimenti. se avete Degli amici russi che abitano in italia o che hanno avi che sono stati impegnati nel corso Del conflitto monDiale, il sito merita Di essere na-vigato con attenzione.rbth informerà i suoi lettori sui veterani ritro-vati. per qualsiasi segnalazione, nonchÉ per ap-profonDire il Dialogo con la reDazione, scrivete all'inDirizzo e-mail: [email protected]. da parte nostra assicuriamo risposta

Fabio Bettanin

ricercatore

La Seconda Guerra Mondiale ha portato a compimento il pro-cesso di espansione per le potenze più ricche, con la valo-rizzazione del ruolo dello Stato, attraverso l'adozione del Piano Marshall. Lo Stato che regolava l'economia, che sa-

peva come metterla in moto, uno Stato keynesiano, con la casa Bianca intervenuta direttamente nel conflitto. con il Piano Marshall, in pratica, si apriva la Guerra Fredda e l'Urss ha dovuto attendere 60 anni per inserirsi nel sistema economico condiviso. Quanto agli affari con l'italia, erano partiti nel 1931, con l'intesa commerciale che affidava alla Fiat la costruzione di una fab-brica di cuscinetti a sfera nella capitale sovietica. Fiat, "un gigante dell'industria", scriveva la Pravda. Mentre, dopo il secondo conflitto mondiale, i rapporti economici non sono decollati. L'Unione Sovie-tica ha sempre considerato l'italia una potenza europea di medio livello, non indispensabile - dal punto di vista politico ed economi-co - per i suoi progetti di grandezza. roma e Mosca si sono rivela-ti centri di potere asimmetrici: un paese gregario del blocco occi-dentale, sconfitto in guerra, l'altro stato leader di quello comunista, superpotenza nel conflitto mondiale. Verso la fine degli anni cin-quanta le relazioni bilaterali sono mutate: Mosca si è resa conto dell'importanza strategica dell'italia, terra di frontiera tra occidente e Blocco sovietico. Mentre la Democrazia cristiana ha voluto strin-gere legami con l'est per allargare il volume degli scambi commer-ciali. L'accordo tra eni e governo russo nel 1960, la conferenza sul commercio organizzata dagli industriali italiani nello stesso anno, il viaggio del Presidente della repubblica Giovanni Gronchi a Mosca e i numerosi incontri del Presidente eni enrico Mattei con l’amba-sciatore e i dirigenti sovietici sono tutti segnali del mutamento di approccio rispetto a qualche anno prima. e la morte di Mattei, molto stimato dal governo russo, non ha posto fine al rapporto sovietico con l'eni, che sopravviverà fino al crollo del regime. Mentre in Unio-ne Sovietica arrivavano, negli anni a seguire, altri marchi italiani come indesit, attraverso la Merloni Progetti, nel 1974. il legame eco-nomico tra Urss e italia è rimasto solido anche negli anni Settanta. Per l'italia era interessante essere partner privilegiato con i sovieti-ci, nonostante l'ingresso nel direttorio delle potenze capitalistiche.

L'autore è docente di Storia dell'Europa Orientale e di Storia dei paesi dell'Eurasia all'Università degli Studi di Napoli L'Orientale

il commento

Piano Marshall, eni e Urssl'economia post bellica

eroe di guerra. pilota tra i più celebri della seconda guerra mondiale. idolo di migliaia di aviatori. e con un dono parti-colare: sergei Kramarenko ha sempre avuto la fortuna dalla sua parte. come quando sopravvisse al suo primo combatti-mento aereo. «mi trovavo in prima linea, nei cieli di zhizdra, quando il comandante ryzhov comunicò la presenza di cac-cia nemici. e a un tratto, di fronte a me apparvero due aerei. capii dalle croci nere che si trattava di tedeschi. ancora non so come fecero a non vedermi». il pilota russo sganciò le sue bombe, ma i nemici avevano già iniziato a sparargli con-tro. «non sapevo cosa fare. se fossi salito di quota o avessi scartato al lato mi avrebbero abbattuto. Decisi allora di pas-sargli sotto». schivò i proiettili, ma l'inseguimento si protras-se. «mi buttai in picchiata, per poi risalire nuovamente. ma mi rendevo conto che di lì a breve sarei stato abbattuto». Kramarenko optò allora per una nuova, rischiosissima pic-chiata. giocando il tutto per tutto, sfidando la legge di gravi-tà. «l'aereo tremava, ma recuperò indenne l'assetto di volo. mancai di venti-trenta metri la cima degli alberi».

la versione integrale it.rbth.com/35613

il pilota fortunatoin volo sulla storia

la guerra negli occhi di un bambino. che vede la sua città, mosca, trasformarsi lentamente. chiu-dersi. per resistere agli orrori. prima dell'inizio del conflitto la famiglia di stepan sosnin possedeva un laboratorio, i genitori lavoravano come arre-

datori per il teatro bolshoj. ma nel 1941 il padre fu spedito al fronte. «poco dopo ricevemmo la notizia che

mio padre era considerato disperso», ricorda sosnin. che a soli quattro anni conosce da vicino la fame, i pernottamenti nei rifugi sotterranei. ricorda il suono delle sirene, e sua non-na che diceva: «fate presto, fate presto!». era sempre not-te quando la famiglia correva nel rifugio antiaereo. «mentre lo raggiungevamo, sentivamo il rumore dei bombardamenti». suoni e visioni che avrebbero innervato la sua musica. ver-so la fine della guerra, in una scuola di canto, incontrò la sua passione, le note che gli avrebbero cambiato la vita.

la versione integrale it.rbth.com/35611

Quei suoni incisi nella memoria

Yuri Levitan annunciò in radio la maggior parte degli eventi che si svolsero

nell'Urss durante la metà del XX secolo.

Figlio di un sarto e di una casalinga, al termine di nove anni di scuola Yuri

Levitan arrivò a Mosca dalla città di Vladimir con l’ambizione di diventare un

grande attore. L’istituto di arte drammatica, però, non lo accettò a causa del

suo forte accento provinciale, ma gli fu consentito di entrare in un gruppo di

conduttori radiofonici. Il destino di Levitan, che stava acquisendo le prime com-

petenze radiofoniche, si decise molto presto, nel gennaio 1934. Dopo averlo

sentito parlare alla radio, infatti, Stalin telefonò al Comitato Radio chieden-

do che da quel momento in poi fosse Levitan a leggere tutto ciò che sarebbe

arrivato da parte sua. Così, grazie al timbro della sua voce, raro ed espressivo, il

giovane divenne il conduttore radiofonico più importante dell'Unione Sovietica.

La mattina del 22 giugno 1941 il telefono squillò ininterrottamente per le chiama-

te dei corrispondenti a Kiev e Minsk: comunicarono un attacco a sorpresa della

Germania. Levitan fu chiamato al lavoro. Le sue prime parole: «A mezzogiorno il

governo farà un importante annuncio. Attenzione! Qui parla Mosca! Cittadini dell’U-

nione Sovietica! Stiamo per trasmettere un annuncio del governo sovietico. Oggi, alle

quattro del mattino, senza aver presentato alcuna dichiarazione all'Unione Sovietica,

senza aver dichiarato guerra, le forze tedesche hanno invaso il nostro paese…». A co-

minciare dall'autunno 1941, Levitan pronunciò le parole di apertura di ogni sua

trasmissione, «Qui parla Mosca», da Sverdlovsk, perché tutte le antenne radio di

Mosca erano state smantellate, dato che i tedeschi le avevano prese di mira nei

bombardamenti. Nel marzo 1943 Levitan fu trasferito a Kuybyshev, dove era ubi-

cato il Comitato Radio. Il 9 maggio 1945 fu convocato al Cremlino dove gli fu con-

segnato il testo del comandante in capo riguardante la vittoria sulla Germania

nazista. Ebbe 35 minuti per prepararsi: per raggiungere lo studio di registrazio-

ne avrebbe dovuto attraversare la Piazza Rossa inondata di folla. In seguito Le-

vitan avrebbe raccontato (le sue memorie sono riportate in un saggio dell'amico

Yuri Belkin, ndr) di aver dovuto urlare: «Lasciateci passare, abbiamo cose im-

portanti da fare!». Alle 12.55 Levitan tolse i sigilli di cera dalla busta e lesse:

«Qui parla Mosca! La Germania nazista è annientata!». Nei 28 anni trascor-

si in qualità di primo conduttore radiofonico lesse molti annunci e notizia-

ri del governo dalla Piazza Rossa, e annunciò al mondo intero il primo

volo spaziale compiuto dall'uomo. olga Belenitskaya

"Qui parla Mosca!"

Levitan, la voce del '900

© ria noVoSti

Page 4: Russia Beyond the Headlines (Italia)

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In alto - Rosa Ivanova (la prima a sinistra) al lavoro nell'ospedale di Leningrado; il certificato per l'eroi-ca difesa di Leningrado di Nadezh-da Nikolaeva (nella foto a lato)

Era questo il nome che i soldati tedeschi davano, durante la guerra, alle donne russe che combattevano al fronte. Una leggenda che ancora oggi, settanta anni dopo, continua a essere tramandata di generazione in generazione.

LUCIA BELLINELLO RBTH

Molti anni dopo, davanti al rombo sordo di un aereo in lontananza, avrebbe continuato a chi-nare il capo. Come a volersi coprire dalla piog-gia di bombe che il nemico, 70 anni fa, scaricava giorno e notte sulla città. Oggi, però, sopra la sua casa c'è il cielo di Milano. E non risuonano più le sirene di una Leningrado sotto assedio.

Alla fine di quell'estate del 1941, quando i te-deschi raggiunsero la Neva segnando l'inizio del lungo assedio, Rosa Ivanova aveva da poco com-piuto 17 anni, e per lei l'inizio della guerra aveva l'odore dello zucchero bruciato: quello stesso zuc-chero che si scioglieva nei magazzini del depo-sito di cibo colpito dalle prime granate. Da lì in poi, seguirono solamente la fame e la dispera-zione. «Arrivò l'inverno. E le scorte ini-ziarono a scarseggiare. Anche l'acqua diventò difficile da recuperare e si co-minciò a bere quella del fiume, preleva-ta oltre lo spesso strato di ghiaccio che ricopriva i canali». A dare voce a quei ricordi è la figlia di Rosa, Olga, oggi pre-sidente della Comunità russa di Milano e Lombardia. L'anziana madre, medico in pensione, l'ha raggiunta in Italia due anni fa, dopo la morte del marito. «Ora vi-viamo insieme. L'Italia è diventata la no-stra seconda casa». Un disegno bizzarro del destino, verrebbe da pensare, visto che pro-prio l'Italia, 70 anni fa, puntava la bocca dei propri cannoni contro l'esercito sovietico. «Nonostante in guerra combattesse sul fron-te nemico, l'Italia oggi non viene giudicata così severamente dai russi: mia mamma, che non parla la lingua e guarda solo la tv russa, dice di aver sempre nutrito simpatia verso que-sto paese, la sua gente e la sua musica».

Quelli che vengono tramandati dai soprav-vissuti come Rosa, comunque, sono ricordi che feriscono ancora oggi: nei mesi dell’assedio le persone morivano come mosche, schiacciate dal peso della fame o delle bombe. La gente racco-

MERANO MOSTRA FOTOGRAFICA DELLA TASS: 1945 – LA LIBERAzIONE DELL'EUROPA DAL FASCISMO28 aPRILE - 16 MaGGIO, CENTRO PER La CuLTuRa DI MERaNO Bianco e nero, opposti di un con-flitto di cui restano vivi i seg-ni. L'esposizione a Merano mette in mostra fotografie uniche, dive-nute simbolo della tanto attesa fine del conflitto. A distanza di 70 anni, queste immagini ricordano le gesta eroiche del popolo sovietico nella lot-ta contro il fascismo: il suo dolore, le speranze, i momenti di gioia › it.rbth.com/35219

NAPOLI\1CONFERENzA - IL RUOLO DELL'URSS NELLA SCONFITTA DEL NAzIFASCISMO8 MaGGIO, SEDE DELL'aSSOCIaZIONE MakSIM GORkIjPer capire e ricordare come è stato difficile vincere questa guerra. Il professore Marco Esposito terrà una conferenza alla quale interverrà il presidente del Comitato provinciale dell'Anpi di Napoli, Antonio Amoretti. Seguirà un documentario sulla "Para-ta della Vittoria" del 1945 › it.rbth.com/35615

NAPOLI\2 TRA CANTI SOvIETICI E UNA MOSTRA DI ARTIGIANATO1 0 MaGGIO, PIaZZa vITTORIaNon solo il giorno della melanconia, ma anche della felicità! A Napoli si svolgerà il Concerto di canti sovietici della Seconda Guerra Mondiale e una mostra di manufatti artigianali › it.rbth.com/35617

ROMACONvEGNO ITALO-RUSSO "1945-2015. A SETTANT'ANNI DALLA vITTORIA SUL NAzIFASCISMO"26 MaGGIO,IL SaLONE DELLE CONFERENZE DELLa SOCIETÀ ITaLIaNa PER L'ORGaNIZZaZIONE INTERNaZIONaLE Parlare della guerra è ancora necessario per ricordare il valore della vittoria. In occasione dei 70 anni dalla fine della Seconda Guerra Mondiale si svolgerà un convegno italo-russo sul tema. Tra gli ospiti attesi, l'ex Presidente della Repubblica Italiana, Giorgio Napolitano, e l’ambasciatore russo in Italia, Sergei Razov › it.rbth.com/35619

Riportare il sorriso in quella terra martoriata

Portare il sorriso dei bambini laddove un tempo risuo-navano i colpi di cannone. Su idea di Ferruccio Panaz-za, all’epoca della Seconda Guerra Mondiale giovane ufficiale degli Alpini, l’Associazione Nazionale Alpi-ni ha costruito a Rossosch, teatro di atroci combatti-menti, l’asilo “Sorriso”: una struttura realizzata grazie ai soldi raccolti dai soci e dai volontari, consegnata alla città in segno di “riconciliazione” nel settembre del 1993. Da allora in questa struttura vengono edu-cati ogni anno un centinaio di bambini russi. «Vole-vamo portare la pace e il sorriso in quel luogo che ha ospitato tanta sofferenza - racconta Giorgio Sonzogni

dell'Ana, nonché presidente della Commis-sione nazionale per Rossosch -. È la scuola materna più funzionale della regione». Alla costruzione hanno par-tecipato anche dei reduci, tornati con questo progetto di pace sui luoghi do-ve hanno perso la vita tanti loro com-militoni. Ora l’Associazione si prepara a realizzare sul fiume Valuj “Il ponte degli Alpini per l’amicizia”: un progetto dal valore di 200mila euro la cui prima fase inizierà già a giugno.

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i t. r b t h .co m / l a _ g u e r ra _ s co n o s c i u ta

Dopo una breve preparazione nei dintorni di Izhevsk, il reparto venne spedito al fronte. Il fi-schio delle granate e il "rumore basso degli aerei carichi di bombe" Rosa non li dimenticherà mai. Soprattutto oggi, mentre si appresta a seguire i festeggiamenti della Vittoria dalla tv della sua casa di Milano.

Il tempo ha condotto in Italia anche Nadezh-da Nikolaeva, 85 anni, che ora vive a Roma in-sieme alla figlia Yulia. La vita per lei è cambia-ta all'improvviso nel giorno del matrimonio di sua sorella: la giovane sposa, vestita di bianco, invano attese l'arrivo di quel ragazzo, ufficiale dell'esercito, che avrebbe dovuto condurla all'al-

tare. Era scoppiata la guerra. Gli uo-mini partivano per il fronte. All'epo-ca Nadia era solo una bambina, e ci mise un po' a comprendere le lacrime della madre e quell’assurda richiesta di in-ginocchiarsi davanti alle icone per pregare.

La madre, vedova da tempo, morì di fame e di stenti durante l'assedio di Leningra-do nel marzo del 1942. Fu Nadia a oc-cuparsi della sua sepoltura. Due anni dopo la stessa sorte toccò al fratello Sergei, che perse la vita in battaglia. Nonostante avesse solamen-te undici anni, Nadia, così come molti altri bam-bini della sua età, in quei tragici mesi di asse-dio si rese utile prestando aiuto alle persone più anziane, andando a visitare i feriti e scri-vendo per i soldati colpiti al fronte lettere in-dirizzate alle famiglie. «Mia mamma è rimasta viva per miracolo - racconta la figlia Yulia -. Sono cresciuta ascoltando i suoi ricordi. Poi, all'improvviso, arrivò un giorno in cui non ri-uscì più a raccontare».

Yulia ricorda ancora: «In quelle occasioni, le

parole le si strozzavano in gola. Durante le ce-lebrazioni per la Festa della Vittoria si sedeva a cucire e piangeva. Ora qualcosa dev'essere cam-biato, perché a volte torna nuovamente indietro con la memoria, e inizia a raccontare storie che prima non conoscevamo. Nonostante il governo russo le avesse proposto di sostenere le spese di viaggio per partecipare alle celebrazioni della Vittoria, seguiremo i festeggiamenti dall'Italia. Purtroppo le sue condizioni di salute non le per-mettono di tornare in Russia». 

Le chiamavano "Le streghe sovietiche"

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glieva i cadaveri dalle strade e li trasportava con uno slittino fino al cimitero, per avere come ri-compensa un misero pezzo di pane.

Appena compiuti i 18 anni, Rosa decise di in-dossare la divisa e di arruolarsi come volonta-ria. Entrò così a far parte della contraerea, inse-rita nel reparto di artiglieria N. 1869. «C'erano tantissime ragazze al fronte. Avevano voglia di combattere, di aiutare. E i tedeschi ne avevano paura, le chiamavano "le streghe sovietiche"». Tra queste "streghe", Rosa era una di quelle che ri-ceveva il trattamento migliore da parte dei col-leghi e dei superiori. «È una vittima dell'asse-dio», commentavano a bassa voce gli ufficiali, dimostrando grande riguardo.