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HIRAM Rivista del Grande Oriente d’Italia n. 1/2004 EDITORIALE 3 La Città dell’Uomo Antonio Panaino 9 M come Musica Bent Parodi 21 La Musica Rituale Massonica Opus 113 di Jean Sibelius. “La Grande Sconosciuta” Patrizio Comparini 44 Giustizia è !!! 45 Interpretare il fenomeno gnostico Ezio Albrile 55 L’Occultismo moderno tra Éliphas Lévi ed Aleister Crowley Antonio D’Alonzo 81 Angelo Soliman. Il primo Venerabile africano Moreno Neri SEGNALAZIONI EDITORIALI 90 RECENSIONI 97 CARLO GALLI, La guerra globale. Editori Laterza, Saggi Tascabili. Bari, 2002. Fabio Martelli 101 GIOVANNI MONTANARI, Ravenna: l’iconologia. Saggi di interpretazione culturale e religiosa dei cicli musivi. Longo Editore Ravenna, Le Tessere 7. Ravenna, 2002. Antonio Carile

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HIRAM

Rivista del Grande Oriente d’Italian. 1/2004

• EDITORIALE3 La Città dell’Uomo

Antonio Panaino

9 M come Musica Bent Parodi

21 La Musica Rituale Massonica Opus 113 di Jean Sibelius. “La Grande Sconosciuta” Patrizio Comparini

44 Giustizia è !!!

45 Interpretare il fenomeno gnosticoEzio Albrile

55 L’Occultismo moderno tra Éliphas Lévi ed Aleister CrowleyAntonio D’Alonzo

81 Angelo Soliman. Il primo Venerabile africanoMoreno Neri

• SEGNALAZIONI EDITORIALI 90

• RECENSIONI

97 CARLO GALLI, La guerra globale. Editori Laterza, Saggi Tascabili. Bari, 2002.Fabio Martelli

101 GIOVANNI MONTANARI, Ravenna: l’iconologia. Saggi di interpretazione culturale e religiosa dei cicli musivi. Longo Editore Ravenna, Le Tessere 7. Ravenna, 2002.

Antonio Carile

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The “Town of Man” (La Città dell’Uomo), or better, the “Town of Peoples”, is the titleof the next Grand Lodge of the Grand Orient of Italy, Palazzo Giustiniani, which willtake place in Rimini on the 2nd, 3rd and 4rth April 2004. This meeting — as alreadydone in the previous four years — will offer, in addition to the ritual works in the Thirddegree, a number of public discussions, round tables and talks with scholars, journa-lists and other intellectuals belonging to the craft or not. Such an experimented versionof the Grand Lodge has been attracting a large number of interested persons whodesired to acquire a better knowledge of our tradition and institution. Its impact hasbeen very seminal because the Italian public opinion had (and has) the opportunity tohear the yearly “message” sent by the Most Venerable Grand Master Gustavo Raffi tothe country, a message concerning the ethical and philosophical subjects and projectsthat will be endorsed by our craft or that we would like to support and to discuss du-ring the year. This way we try to explain to a larger public not only the historical rea-sons of our great past, but also and in particular the ethical role and spiritual impor-tance of the Universal Freemasonry in the present time and in the present social con-text. In fact we think that our cultural identity has to be clearly stated and presentedwithout confusion with any kind of secret societies or political associations; in additionwe believe that the public opinion has to know what actually Freemasonry is. Althoughour “initiated” experience of human sociability and our ritual and esoteric methodo-logy cannot be simply described, we can and we must underline the landmarks and theminima moralia which distinguish the craft, emphasizing the strong multireligious,interethnical and cross-cultural principia rapresented by the Universal Freemansonry,particularly now, in a difficult time of mundialization, where our ideas still representan unicum over the World and their importance results to be remarkably seminal.

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TTra pochissimi giorni, il 2, 3 e 4di aprile, si terrà a Rimini, pres-so il Palazzo dei Congressi (via

della Fiera n. 52) la quinta Gran Loggiadel Grande Oriente d’Italia, PalazzoGiustiniani, massima assemblea perimportanza nella nostra comunione.

Questa assise si svolgerà ancora una voltasecondo la formula inaugurata nel 2000 esviluppata negli anni successivi, ossia inun contesto che vede affiancare i lavorirituali (in camera di maestro) con unaserie di seminari di studio, dibattiti, tavo-le rotonde, presentazioni di libri, esposi-zioni di opere d’arte, etc.

EDITORIALE

La Città dell’Uomo

di Antonio PanainoUniversità di Bologna

Direttore scientifico di HIRAM

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Tale appuntamento, al di là delle fon-damentali scadenze amministrative e digoverno interne alla nostra istituzione, èdivenuto progressivamente,anche in ambito europeo esegnatamente nei cir-cuiti muratori inter-nazionali, un modelloche ha senza dubbiosuscitato molto interesse.Innanzitutto, tale GranLoggia, grazie al contestoricettivo e logistico moltofavorevole, ha enorme-mente favorito e accresciutoil numero dei Fratelli partecipanti,spesso accompagnati dalle famiglie,da amici e comunque da persone interes-sate ad acquisire una più direttaconoscenza del “misterioso” universomassonico. Inoltre, si deve sottolineare ladecisione assunta dalla Gran Maestranzadi “aprire” il Tempio (ovviamente in tor-nata bianca e non più in contesto rituale)ai profani; in tal modo si è infatti anchepermesso alle autorità cittadine e nazio-nali, presenti alla cerimonia, di sedereall’Oriente, in occasione dell’allocuzionedel Venerabilissimo Gran Maestro. Moltosuccesso hanno sortito i temi generali pro-posti negli anni passati; li ricordiamo percomodità dei lettori: “La primavera dellaMassoneria” (Rimini 7-9 aprile) nel 2000;“La centralità dell’Uomo” (Rimini 6-8aprile) nel 2001; “Le vie del Dialogo”(Rimini 5-7 aprile) nel 2002; “Il dirittoalla Felicità” (Rimini 4-6 aprile) nel 2003,i cui atti sono stati editi o risultano incorso di imminente pubblicazione.

Queste scelte hanno ovviamente avutouna serie di effetti molto significativi e suiquali sembra ancora opportuno spenderequalche parola. La visibilità della GranLoggia ha in primo luogo “disinnescato”

una serie di “miti negativi”, che anco-ra aleggiavano nell’opinione

pubblica. Una “società segre-ta” infatti non riceve miglia-ia di ospiti, né propone aper-tamente ad essi i suoi mes-saggi etico-morali o i suoi

progetti; una società di uominisfuggenti e incappucciati, di

“piduisti” occulti e invisibili, non sipresenta con orgoglio e fierezza dinanzi

alla società civile nella sua complessità,né raccoglie intorno a sé tanti consensi. Acontroprova di quanto si afferma valganogli innumerevoli saluti, nonché le moltemanifestazioni di simpatia indirizzate alG.O.I.; si ricordi in proposito che proprioin occasione dell’ultima Gran Loggia(Rimini 2003), la lettura dei messaggi disaluto inviati al Gran Maestro dalleautorità dello Stato, del Parlamento, deiConsigli Regionali e Provinciali, deiComuni e di altre Istituzioni riconosciutee non, ha occupato più di 15 minuti, adimostrazione che in pochi anni la comu-nione massonica italiana raccolta sotto ilabari del Grande Oriente d’Italia,Palazzo Giustiniani, ha compiuto unasvolta significativa dagli indiscutibili be-nefici: rispetto, visibilità, riconoscimenticontinui, giudizi più equilibrati sulla sto-ria e sulle finalità della comunione, mag-gior partecipazione dei giovani, interesseed informazione non faziosi da parte della

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stampa, dei mass media e soprattutto delmondo della cultura. Non stupirà allora ilconstatare che una tale operazione hacontemporaneamente acuito la preoc-cupazione di nemici storici, in parti-colar modo tra quelle forze chestoricamente hanno cercato diavversare il trinomio “Libertà,Fraternità, Eguaglianza”, e che sifanno paladine di controvaloriintolleranti e profondamentereazionari; si rammenti, unoper tutti, il caso di ForzaNuova ed il suo (peraltroridicolo) tentativo (pro-prio lo scorso anno) diimpedirci di tenere rego-larmente la Gran Loggia.

Questo rivolgimento, per alcuni versianche “mediatico”, ha ovviamenteprodotto un certo dibattito interno. Inun’istituzione tradizionale e democratica,come la nostra, ciò era più che naturale, senon doveroso. Molti Fratelli hannoaccolto con slancio tale impostazione,altri però possono aver vissuto tali eventinon tanto come una sorta di rinnovamen-to, ma quasi come uno stravolgimento diantichi costumi. Mi sembra che su questopunto siano quindi necessari alcuni cir-costanziati chiarimenti.

La ritualità e la regolarità dei lavorinon è stata mai messa in dubbio o svilitanel corso di questi anni; si è soltanto evi-denziata una “primavera” massonicaattraverso una serie di manifestazioni chehanno reso sempre più difficile nellamoderna società civile l’ignoranza — econ essa la semplice demonizzazione —

della realtà massonica. In questo sensola Gran Loggia è divenuta anche unpalcoscenico di promozione dellaconoscenza storica, civile e cultura-le del ruolo e del significato dellaLibera Muratoria Universalenella storia, campo nel quale siscontava un certo isolamento edun approccio inadeguato. Siaggiunga, inoltre, che la GranLoggia non è rimasta isolata;sul suo esempio, si sonomoltiplicate le attività cul-turali dedicate allaMassoneria ed all’eso-terismo, in contesti chesi sono distinti per ilsempre più crescente

livello scientifico e accademico sia deirelatori sia dei partecipanti.

Giacché ad essere criminalizzati noinon ci stiamo, è per questa ragione chenon abbiamo avuto timore, in particolarmodo poi nel caso di tutti coloro chehanno assunto ed assumono responsabi-lità di vertice nella Comunione, a palesarepubblicamente le nostre appartenenze, lanostra identità, i progetti, i valori etici eculturali che rappresentiamo e testimoni-amo. Dobbiamo inoltre rammentare chein molti paesi — europei e non — diverseComunioni Massoniche tengono cele-brazioni di carattere pubblico (quasi sitrattasse di eventi sociali di rilevanza pub-blica); ciò avviene in particolar modo inquelle società ove nella comunione mas-sonica si incontrano, senza misteroalcuno, vere e proprie figure istituzionalidello Stato (come il sovrano o membri

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della famiglia reale) o/e delle confessionireligiose più diffuse nel paese.

A fronte di tali situazioni estere, lanostra formula è divenutacertamente quella a più altae complessa valenza cultu-rale; il contenitore che offreuno specchio più ampiodella complessità massoni-ca, dei suoi interessi intel-lettuali ed esoterici, dellasua azione nel sociale attra-verso istituzioni impegnatenel volontariato e nella soli-darietà. Nel nostro come intutti gli altri casi, è stata edè sempre essenziale la di-stinzione netta e invalica-bile tra la dimensione eso-terica e rituale e quella,invece, sociale, da cui, però, nessuna isti-tuzione che abbia numeri, forza, ruolo eimpatto significativi nella società moder-na potrebbe esimersi. In questo senso, unaMassoneria capace di contare nella cul-tura del paese per i valori ideali di cui essaè naturale portatrice non può essere “co-perta” o “sfuggente”, ma, al fine diportare la luce, essa deve posizionarsi làdove il suo messaggio ed i suoi latori isti-tuzionali siano visibili, anche se nei modie nelle forme dovute.

Quest’anno il tema che accompagneràe inquadrerà i lavori rituali e le discus-sioni profane è, come forse molti giàsapranno, quello della “Città dell’Uomo”.Tale tema potrebbe apparire poco mas-sonico o addirittura “profano”, ossia perquanto “culturalmente” interessante,

senza relazione diretta con la storia e lefinalità del Grande Oriente. Anche inquesto caso ci sembra opportuno cir-

costanziare meglio lemotivazioni prettamentemuratorie di tale pro-gramma.

La Città non è sololuogo profano, ma è inprimis spazio sociale,spazio umano, luogo disociabilità e di progressocivile. Non è un caso chel’uomo sia stato definitoda Aristotele “animalepolitico” e che proprio ladimensione “politica”,così come concepita nellacultura greca si riferiscaespressamente alla

“città” (polis). La fondazione di una città,sin dal mondo antico, costituiva infattiun’operazione non solo profana, talora dicarattere politico-militare (anche nell’ac-cezione più svilita del termine), ma anchee soprattutto esoterica, in quanto presup-poneva l’individuazione dello spazioumano da delimitare e da sottrarre al caosdella foresta o del deserto, del mondodegli animali e dell’imprevedibile, insom-ma del non-umano e del non civile, ovenon regna altra legge se non quella dellasopraffazione. La città quindi presupponeuna comunità, valori, leggi, norme, abitu-dini, costumi, stili, arte etc. Implica uncammino che ha radicato l’uomo al suoloed alla terra dopo un lungo vagare e chemagari ora lo contrappone a chi ancoravive da nomade.

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Di fatto predisporre lo spazio dellacittà era ed è come se si disegnasse quel-lo di un tempio; si ricordino a questoproposito, ad esempio,Romolo e Remo, impe-gnati nella delimi-tazione dei confinidell’Urbe attraversol’aratura del limes, attocertamente non profano.La scelta del terreno,della posizione, delluogo, ma soprattuttodel tempo migliore perfondare una città potevanecessitare la consul-tazione di omina diversi,astrali, terrestri o di altrogenere, e poteva pergiunta richiedere lunga attesa, come nelcaso della determinazione del momentoastrale più favorevole ed opportuno, se-condo le regole della cosiddetta astrologia“catarchica”, che ebbero origine in India.La Città, come spazio umano delimitato, asua volta inclusivo di altri spazi, civili,pubblici, religiosi, sacri e profani, è quin-di realtà oltremodo complessa, non privadi implicazioni esoteriche. Non a caso lecittà sono poste sotto la protezione didivinità, numi o santi tutelari e protettori,sono circondate da mura e torri, chedevono essere riconsacrate, soprattutto sela città subisce un particolare evento chela profani o che ne stravolga la storia. Leporte della città segnano un confine spes-so demarcato non solo da difese fisiche(bastioni, rivellini, torrioni, valli, cancelli,etc.), ma anche da simboli che evocano

una “copertura” magico-protettiva dellospazio urbano (immagini sacre, corna,simboli apotropaici, statue minacciose).

La Città è anche illuogo dei suoi eroi,divinità, santi, martiri; è ilcontesto in cui si erigonotempli, talora nellaposizione più elevata(acropoli). La storia e lacomprensione della cittàrimanda quindi alla stessastoria dell’umanità e delsuo lungo cammino. Pertutte queste e altre ragioni,è sembrato che quello della“Città” fosse un tema uni-ficante per aprire e stimo-lare una serie di riflessioni

più profonde; innazitutto sul rapportocontraddittorio e dialettico tra Città, inte-sa come municipio, luogo di tradizione edi identità antica, e realtà globale; tradimensione contingente e realtà virtuale,tra identità locale e multiculturalismo. Cisembrano questi alcuni degli interrogativisui quali la tradizione massonica, sorta incittà, poiché fu resa possibile da unarealtà di sociabilità urbana, di muratorioperativi uniti dal desiderio di costruire,ha ancora molto da dire.

La realtà cittadina, e soprattutto quellametropolitana, produce inevitabilmentespazi molteplici, alcuni talora mutual-mente esclusivi e impenetrabili. Per moltila città diviene così luogo di emargi-nazione, di isolamento sociale, umano,psichico. La città delle nuove povertà, deidiseredati, dei malati, così come quella

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degli emarginati esiste sempre, ma creaimbarazzo o scandalo e per moltipare più opportuno non vederla; l’im-pegno sociale dellaMassoneria, le suetradizioni antichevolte al progresso e al bene del-l’umanità hanno invece dato vitaa molteplici forme di impe-gno, che meritano una più arti-colata riflessione, soprattuttose ci si pone, come sta avve-nendo, dinanzi a sfide semprepiù grandi, e purtroppo semprepiù necessarie, poiché brutal-mente suscitate dai drammi dicui il mondo post-moderno e globalizzatoè oggi colpito.

La città è, come lo è sempre stato,anche luogo di conflitti sociali, culturali,religiosi; nella città è stato inventato ilghetto; la città è talora spazio negato otagliato; non solo come è stato a Berlino oa Gorizia, da un muro e da eserciti armati,ma anche da culture e religioni e soprat-tutto da progetti contrastanti.

La Città possibile è quella che iMassoni provano a costruire, prima nelloro Tempio Interiore, quindi nelTempio Massonico con gli altriFratelli, e infine nella realtà di tutti i

giorni, ove sono chiamati a dare ilmeglio di sé per la società civile,

nella società civile. Tale Città possibile è sempre

stata vista come un rispecchia-mento della Città di Dio, di unacittà futura, celeste e perfetta.La nostra speranza, fondata pe-raltro sulla coscienza di non

detenere la verità assoluta, ma dioperare per la sua scoperta ed il suo rag-giungimento, ci porta a raccogliere voci eculture diverse, a creare una grande cate-na d’unione che da diversi secoli ciaffratella.

Per questo la Massoneria — soprattut-to il suo tempio — si pone come città diDio almeno in potenza, come cantieredalla volta ancora scoperta, ancora daricoprire; insomma come luogo di speran-za e di ricerca alla gloria del G.A.D.U.

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Diversi saranno gli incontri previsti intorno a questo comune denominatore:

Venerdì 2 aprile:(10,30—12,30): “LA CITTA’ GLOBALE”; (15,30—17,30): “L’ALTRA CITTA’: SOFFERENZA ED EMARGINAZIONE”;

Sabato 3 aprile:(10,30—12,00): “ LA CITTA’ NEGATA ”;(15,30—17,30): “LA CITTA’ POSSIBILE ”;

Domenica 4 aprile:(10,30-12,30): “CITTA’ DELL’UOMO – CITTA’ DI DIO”.

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M come Musica

di Bent ParodiSaggista

The Author starts from the assumption that Music, as vibration, is one of the mostimportant basic elements of the cosmic creation. The A. analyzes and describes theacoustic nature of reality, following an intuition that goes back to many differentancient traditions, as tose of Indians, Egyptians, Greeks and of the Jewes, whichshow many parallels with the Brasilian and Polynesian cultures too. This “intui-tion” has been confirmed by the experimental scientific analysis, according to whichthe Big Bang, that is the primordial cosmic explosion, could be defined as the “greatinitial note”. During the Romantic period, also philosophers like Hegel andSchopenhauer considered Music as the privileged and main way for ascending tothe divine dimension and for reaching the Absolute because, differently from all theother Arts, Music restores the deep essence of reality and not only a reflection or amere image of it.

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Le radici della musica

IIn principio fu la musica e la musi-ca fu l’epifania del cosmo.Quest’affermazione così perento-

ria va intesa nel senso letterale, dal puntodi vista del mondo manifestato: la musicaè cosmogonia, primo momento udibilenel processo di esplicitazionedell’Assoluto, del Non-Manifesto. Lo èper l’intuizione mitica universale, lo è perla verifica sperimentale della fisica: laforma è risposta alla frequenza, ogni enteappare in virtù del numero delle oscilla-zioni prodotte dal moto vibratorio, è lasua realtà energetica a conferirgli unaspetto piuttosto che un altro. Mutata lafrequenza, muta inesorabilmente anchel’ente.

La vibrazione, dunque, è alle radici delprocesso creativo (e, in tal senso, si puòdire correttamente che la creazione è con-tinua, ancora e sempre in atto): nuovegalassie si vanno formando nel vuotoapparente, mondi scompaiono per riappa-rire in forme inedite. Il segreto di questocontinuum va decifrato a livello subato-mico, nella “danza degli elettroni”, che ilfisico Fritjof Capra ha suggestivamenteaccostato alla “danza di ›iva” (Il Taodella fisica). Non tutto, in natura, è appa-rente e, perciò, irreale: al di là del mobileflusso delle impermanenze v’è un ele-mento costante che collega il piano del-l’essere con l’esistenza (ex-sistere vuoldire “emergere”): la vibrazione. Essa nonè altro che la prima manifestazione della

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Forza una, che dà vita ai mondi e li con-serva, l’unica energia che permea di sél’universo in espansione. E’ la vibrazione,creatrice inesauribile di forme, a cosmiz-zare la totalità dell’esistente, a renderla,in certo qual modo, ordinata purnella varietà, ad armonizzare ilmolteplice in unità.

Vibrazione, termine caro agliscienziati agnostici, è la musicadell’universo; le frequenze l’in-sieme delle note, la “scala” chetraduce le potenze in atti.

Il mondo è, perciò, espres-sione d’una immensa scalamusicale, ogni creatura corri-sponde ad un’ottava. Da qui, con unpaziente lavoro di scavo filologico, l’et-nomusicologo Marius Schneider ha potu-to affermare che il mondo è “musica soli-dificata”. La sua indagine meritoria haprivilegiato la mitologia orientale, indianasoprattutto. Il significato della musica èuna miniera di informazioni, che dimostracome l’intuizione arcaica e tradizionaleabbia colto nel segno: il misticismo èconoscenza acustica del Reale, ovveroconoscenza della natura acustica dellaRealtà (la cosmogonia è un “sacrificiosonoro”). Nel Rg-Veda, Vac, la “Voce”forgia i mondi, modulando le sue note.Più di mille anni dopo, l’evangelistaGiovanni stabilirà l’equazione Dio-Parola, anche nella tradizione occidenta-le. Ma l’intuizione è ovunque attestata: inBrasile la tribù degli Uitoto afferma che“la Parola diede origine al Padre” (cioè,l’Essere supremo celeste); in Polinesia ildemiurgo è Iao, la Parola stessa, che crea

gli uomini e le cose. La “teologia perLogos”, la credenza che l’universo sianato da un’espressione sonora del Divino,

è riscontrabile in quasi tutte le cul-ture. E basti qui ricordare il dio

Ptah, di Menfi, che crea col pen-siero e con la parola (Teologia men-fita, III millennio a.C.).

Sarebbe agevole moltiplicare gliesempi, ma è certo più utile stabi-lire uno straordinario raffronto col

big-bang, l’esplosione primor-diale che circa 17 miliardi dianni fa diede avvio a questouniverso. Il big-bang, confer-

mato dall’osservazione sperimenta-le, fu la grande “nota” iniziale che segnòil principio del più grande concerto poli-fonico che si sia mai udito (e visto). Alivello laico, perciò, la cosmologia delXX secolo ha dato sostanzialmente ragio-ne all’annuncio di San Giovanni: In prin-cipio fu la parola.

Ma non è tutto. Se l’acustica è causa diogni esistenza, essa non può esseredisgiunta dalla nozione di luce (altraintuizione mitica): il suono non è cheluce, non più percepibile ad occhioumano, con bassa frequenza; la luce èsuono, non più udibile, ad elevatissimafrequenza vibratoria. Non c’è diffrenzaqualitativa, bensì quantitativa, il suonoannuncia la luce. Tale realtà risulta evi-dente nel lessico della spiritualità antica:in sanscrito svara sta per “suono”, svarper “luce”; il radicale egizio mui significa,ad un tempo, “ruggente” e “splendore”.

Agli esempi citati di Schneider sipotrebbe aggiungere il greco ghelào,

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verbo che ha contemporaneamente ilvalore di “sorridere, brillare” e “ridere”:dunque, un campo semantico esteso, cheallude sia ad uno stato acustico che ad unoluminoso. Dal termine greco sipuò far discendere la nozionedi “gloria”, condizione diluce e sonorità mistica, chesimboleggia lo stato divinonel suo aspetto creativo (glo-ria dal radicale GLE, metatesidi GEL). Il concetto di ghelàoricorre nella letteratura mitolo-gica dell’antica Grecia: è la“risata” (ma anche il sorriso)degli dèi a “nutrire il cosmo”, atenerlo in vita nella perfezionedel tempo originario. Il riso diDemetra, affrancata dal lutto per la cata-basi di Kore, ripristina i circuiti vitaliinterrotti, fa ricrescere le messi eclissatesinel rigore invernale. Il riso della Donna(cioè, Demetra, la Terra-Madre) creò laspiga, dunque il mondo, come ricordaDiodoro Siculo.

Tra il cereale (la parte) e il mondo (latotalità) non c’è scarto: per l’ideologiaarcaica e tradizionale il microcosmo ordi-nato corrisponde esattamente al macroco-smo, l’uno e l’altro essendo strutturati suun rapporto analogico. Il “riso della Dèa”è perfettamente omologo alla settemplicerisata con cui l’egizio Thot crea il mondo.

Il ghélos è una “nota musicale”, la fre-quenza che dà vita. Il suo possesso non èmonopolio divino; anche l’uomo, fatto aimmagine e somiglianza del demiurgo(altra intuizione mitica ricorrente), puòcollaborare con gli dèi (anzi deve)

ricreando ritualmente il cosmo. Come?Intonando inni di lode, con la musicadella “prima volta” (il tp spj egiziano).

Il canto mantiene l’equilibrio cosmico.Quest’ordine, nelle lingue antiche (ed è

una costante ovunque attestata), èstrettamente solidale con la “veri-tà”, con la “giustizia”.

Il pensiero arcaico ritiene il“vero” e il “giusto” null’altro chestati allotropici dell’“ordinecosmico”; tutto ciò che è confor-

me all’equilibrio fissato alla creazio-ne del mondo è “vero”, è “giusto”. In

tal senso il “rito” compendia, se attuatocorrettamente, il significato autenti-co della cosmogonia.

La stessa parola umana è un“sacrificio” da offrirsi al Divino con spi-rito d’umiltà, così come il Verbo fu olo-causto cruciale della manifestazione.

Il suono – ricorda Marius Schneider –è la sostanza originaria di tutte le cose,anche là dove non è più percepibile perl’uomo ordinario [...].

Nel vocabolario vedico il canto di lodea polmoni gonfi (ark) è sinonimo di gon-fiare e crescere e perciò la nota primordia-le risuonando crea il mondo intero, mate-rializzandosi a poco a poco. Dal fiato checanta le lodi nascono le acque, il fuoco,gli astri e la terra. Dalle nozze del suono edel tempo scaturisce la musica, cioè lenote e le parole ordinate nel tempo e l’al-locuzione sublime della salmodia delS˝vameda.

⋅ 11 ⋅M come Musica, B. Parodi

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Il linguaggio deve la sua origine allapaura, per cui l’originario splendoremusicale del discorso si offuscò diven-tando espressione parlata.

Il Sacro è musica, il profanològos discorsivo, non piùmythos recuperabile solocon la nòèsis, l’intuizioneo appercezione trascenden-tale (per dirla al modo diLeibniz). La lingua primor-diale (che era musica, la “lingua degliuccelli”) si è frantumata, come testimo-nia il mito giudaico-cristiano della torredi Babele. La sfida all’Assoluto è omolo-ga all’altro grande mito della caduta (laperdita dell’Eden). La “confusione dellelingue”, già avvenuta nel tempo primor-diale, segna il cristallizzarsi della teofanianei simboli. E la parola umana, seppure“orfana del centro”, è simbolo, in quantoallude sempre e rinvia ad altro da Sé: ogniespressione, nelle varie lingue decadute,ha un significato essenziale ed un altrofissato convenzionalmente dall’uso (l’usosmarrito e rintracciabile con l’investiga-zione etimologica, l’altro fluttuante).

La “parola sacra e di passo”, la sola acreare e garantire processi cosmici creati-vi si è eclissata nel naufragio della sapien-za antica, che ha avviato il processo didesacralizzazione del cosmo. La “parolaperduta” è la nota fondamentale dellascala acustica dell’universo; ritrovarlaequivale a “riunire ciò che è sparso”, ariconquistare il Graal.

E’ il sogno dell’iniziato autentico diogni tempo, il traguardo del mago-alchi-

mista: recuperare il controllo, la padro-nanza del mythos creativo, per imitare ilDivino. Ricorda Elémire Zolla (I mistici

dell’Occidente):

Il mago di tipo sciamanico,deve, per entrare in contattocon l’essenza della vita,imparare a discernere lamusica occulta dell’univer-so, a riprodurre con la suavoce quella musica segreta.Gli tocca diventare cassarisuonante, svuotarsi, dimi-

nuire e modulare il proprio respiro;egli si vale altresì di strumenti accon-

ci per riprodurre l’atto sonoro originario[...].

Tale fu il maa-hkeru egizio (letteral-mente “giusto di voce”, i kheri-hebs,sacerdoti-lettori, le cui formule salmodia-te si dice avessero il potere di animare lestatue, di creare nuove forme. Questopotere, in Egitto, si chiamava “soffio dellavita” (ben noto, agli antipodi, anche nelTao cinese; cfr. gli studi di Hanri Masperoe di Marcel Granet). E il “soffio dellavita” era caratteristico del sommo deisacerdoti, il Faraone, iniziato d’obbligo. Itesti egizi fanno continuo riferimento aquesta sua capacità (Ma dammi, orsù, ilsoffio che dà vita), per il tramite del-l’ankh, la croce ansata accostata al labbrodell’invocante (e l’ankh è notissimo sim-bolo di immortalità).

Il mistico arabo Ibn ¿Arabi afferma, neLe rivelazioni meccaniche, che i santisanno bene come l’estasi acustica precedel’esistenza:

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La parola divina che produce l’estasi –egli dice – corrisponde al fiat che pro-dusse l’esistenza.

Zolla ci offre alcunipassi illuminanti di misticamusicale:

Agli “inizi” il sacrificio fusonoro, cioè di un vuoto;una cassa di risonanza,vibrando, creò i suonicioè i nomi delle cose,pietrificati poi in visibilità. La natura èun incanto: se si penetra la sua essenza,se ne coglie la vibrante metamorfosi con-tinua: la si ode e si risponde al Creatorecon i suoi stessi suoni, con un discanto[…]. All’uomo occorre rifarsi alle origi-ni ogni volta che si accosti alla morte(solstizio, malattia, trapasso da una con-dizione ad altra). Egli deve subire unamorte rituale completa, sicché vieneincantato, pietrificato, poi svuotato,fatto risuonare: solo colui che periodica-mente accetta e rovescia la pietrificazio-ne e l’ammutolimento può crescere, can-tare una nuova vita [...].

E Tale, a ben vedere, è il senso ultimoe riposto del simbolismo esoterico dellapietra, l’iniziato inteso come pietra dasgrezzare, affinare, fino al raggiungimen-to del massimo mistero conoscitivo, che èdi natura acustica: l’assimilazione alVerbo divino, al mythos del Divinoimpersonale.

Il valore e l’importanza dell’“intona-zione” come mezzo di autotrascendimen-to sono sottolineati in un passo delleBrhad˝ranyaka Upanis≤ad:

Il canto rituale (s˝man) è il rapporto [losfregamento] dei due poli della vita: s˝[lei] e ama [lui] […].

Egli è anche l’udg^tha [cantoliturgico], che è il canto con cui si

regge l’intero mondo. L’armonia è ilvero s˝man. Perciò chi vuole esercitarel’ufficio sacerdotale si auguri l’armoniadella voce.

Soltanto quest’armonia è in gradodi ricomporre in unità la dualità delmondo manifestato: perciò lo

s˝man – il canto rituale – unisce in sé ipoli, complementari e non opposti, dellavita. Chi conosce il segreto di s˝manconosce il potere creativo di Vac, la“Parola”.

E l’iniziato autentico delle origini è“uomo totale”: egli “vede” e “ode” al con-tempo il Verbo intemporale in azione.Così Vac è definita vedanam mata, madredei Veda e Veda è conoscenza visionaria(al modo dell’èidon greco, il conoscerecome illuminazione).

Anche la “parola di Dio” nel Corano è“verbo” trascritto in segni visivi: al’Quran è, anzi, recitazione del Verbo diAllah, sua rivelazione acustica e luminosaal contempo (nel Cristianesimo tale ruoloè assolto dall’Incarnazione del Cristo). InCina il saggio LieTseu sottolinea che ilvero saggio ode con gli occhi e vede conle orecchie, volendo indicare la parados-sale condizione di conoscenza globale. Lamusica si ode, ma si vede in forme corpo-se (appunto il mondo come musica solidi-ficata) ed i confini tra il “vedere” el’“udire” sono sempre malcerti, nel senso

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che la pietra volatilizzata torna sempre alpuro stato acustico (e sta qui il senso del-l’alchimia musicale che l’iniziato, fat-tosi “pietra”, aspira a realizzare).

Autotrascendersi, in esoteri-smo, vuol dire invertire la polari-tà, modificarla ponendosi adun’ottava più elevata della“scala musicale”, e con ciò alriparo dal destino, inteso comeeffetto naturale di determinateazioni attinenti ad un pianodell’esistenza. Il mago auten-tico, dunque, coincide colperfetto iniziato dei Misteri mag-giori: l’alchimia acustica è ilmetodo comune.

La tradizione orientale è ricca di lette-ratura sulla mistica musicale e Schneider,nella sua opera, l’ha esemplarmente trat-teggiata. Ma che ne è dell’Occidente laicoe secolarizzato dal pensiero discorsivodella filosofia greca? Anche qui si ritrova-no le vestigia dell’arcaica sapienza sono-ra; la “scienza dei suoni mistici” (mantra-vidya) non è monopolio di alcuna terra, inparticolare.

L’AUM (OM) brahmanico corrispondeall’amen (“così sia”) della tradizione giu-daico-cristiana e il canto di lode (S˝man)ha un suo preciso corrispettivo nell’alle-luia (letteralmente “lodate Yahvé”), l’in-no all’ineffabile Signore d’Israele, il cuinome – secondo molte testimonianze –sarebbe il modello occidentale della“parola perduta”: il sacro Tetragramma.E, ancora, si potrebbe ricordare il Glorialatino, di cui si è già accennato quanto asignificato originario.

Anche la cultura greca rivela un sostra-to medico-sacrale, a sfondo acustico-

esoterico. Nell’Ellade più antica,al maa-kheru egizio corrisponde

la figura mitica di Orfeo, musi-co e poeta, apollineo di natura e

dionisiaco di destino, figlio diApollo e Clio, o Calliope.Non a caso egli è ad un

tempo il padre dei musicisti eil fondatore dei santi Misteri(l’orfismo, cioè un neodioni-sismo riformato). E neppurecasuali sono i rapporti tra gli

orfici e i pitagorici, ai quali sideve la definizione occidentale

della “teoria musicale”.

Il pitagorismo – ricorda Elémire Zolla– agli inizi della civiltà occidentaledetermina con precisione la natura acu-stica della realtà ponendo un rapportoesatto fra suono qualitativo (nota nellascala) e sua determinazione quantitativa(lunghezza della corda, ampiezza dellevibrazioni): i rapporti fra le note eranonumericamente definibili e nel contem-po udibili, la “materia” e lo “spirito”armonizzati dalla corrispondenza; così aogni suono che risuoni si riproduce inmodello minimo la creazione dell’uni-verso e ogni atto di attenta audizioneconsente di vedere l’armonia cosmica.Questo vedere udendo è un paradossomistico su cui insisterà soprattuttoFilone d’Alessandria.

E di sicuro attribuibile ai Pitagorici piùantichi è l’osservazione che gli intervallimusicali sono esprimibili con rapporti

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numerici, esattamente: 12/6 per l’interval-lo di ottava, 12/9 o 8/6 per l’intervallo diquarta, 12/8 per l’intervallo di quinta, 9/8per l’intervallo di un tono.

L’occhio vede pro-spetticamente ciò che èequidistante, l’orecchioode come equidistanteciò che sta prospettica-mente (il do ripetutosalendo cinque ottavevia via superiori, cioè laserie di cinque do equi-distanti, equivale allefrequenze 1, 2, 4, 8, 16,poste a distanze rastre-mate, cioè in prospetti-va). L’orecchio coglie la qualità deglioggetti che poi l’occhio può misurare conragione reciproca.

Derivano inoltre le proposizioni pita-goriche sul numero e l’armonia comesegreto dell’universo, cioè come punto dimediazione fra l’acustico e il visibile.Così l’affermazione di Filolao, che ilmondo è costituito da un principio limi-tante e da uno illimitante, si spiega con ledue serie generate dal suono fondamenta-le, che hanno valori tendenti all’infinitoed allo zero rispettivamente, per cui ognisuono è in funzione di queste due serie otensioni. Proclo espose con chiarezzaquesti principi estendendoli ai vari ordinidell’universo.

[L’anima] in quanto misura la propriavita coi ricominciamenti e coi cicli perio-dici e dà un limite ai propri movimenti èda ricondurre alla causa determinante;in quanto invece non ha intermissione

alcuna dei movimenti ma fa sì che la finedi un ciclo sia principio della secondaevoluzione ciclica […] compie un’azionedominata dall’indeterminazione.

Teologia platonica

Il modello di Proclo risale, inultima analisi, ai pitagorici, maper il tramite del Filebo diPlatone, che subì l’influenzadella scuola pitagorica. Nel cele-bre dialogo è spiegata la teoriadel Dio che genera il determi-nante e l’indeterminante e permezzo di ciò, commischiandotutti gli enti, li riduce all’ordine.Si tratta della dottrina della

musica come scienza dell’armonia e del-l’armonia come ordine divino del cosmo.Essa è di chiara marca pitagorica e se neha una riprova in un frammento di uno deiprincipali esponenti della scuola, alla suaprima generazione:

I pitagorici, che Platone segue spesso,dicono che la Musica è armonia di con-trari e unificazione dei molti e accordodei discordanti.

Filolao

La testimonianza è inconfutabile.La funzione e i caratteri dell’armonia

musicale sono gli stessi che la funzione ei caratteri dell’armonia cosmica: laMusica è perciò il mezzo diretto per ele-varsi alla conoscenza di questa armonia.Essa ha una funzione catartica e iniziati-ca; sa muovere e commuovere l’animo,favorendone gli scarti vibratori (il che cia-scuno può constatare con la propria, per-sonale, esperienza). Questa concezione ha

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avuto lunga vita nella storia del pensiero:nata, in Occidente, con i Pitagorici si è viavia raffinata nelle definizioni. Plotino,l’ultimo grande sapiente dell’antichità,riconoscendo la sua capacità di stimolareil passaggio dai ritmi sensibiliall’armonia intelligibile,ritiene che la Musica siauna via privilegiata perascendere al Divino.

Dopo le sonorità – eglidice – i ritmi e le figu-re percepibili deisensi, il musico deveprescindere dalla materia nella quale sirealizzano gli accordi e le proporzioni eattingere la bellezza di essi in se stessi.Deve apprendere che le cose che lo esal-tavano sono entità intelligibili: tale èinfatti l’armonia: la bellezza che è in essaè la bellezza assoluta, non quella parti-colare. Per questo, egli deve servirsi diragionamenti filosofici che lo conducanoa credere a cose che aveva in sé senzasaperlo.

Enneadi

Platone aveva affermato che musicasuprema è la filosofia.

Una nuova e cruciale stagione nellastoria della teoria musicale si ebbe colRomanticismo: la “scienza dell’armonia”(è un tema che riprenderemo) si trasformain autorivelazione del Principio cosmico,la Musica diviene la via più diretta d’ac-cesso all’Assoluto. Questa Welt-anschauung raggiunge il culmine conSchopenhauer: mentre l’arte in genere èl’oggettivazione della Volontà di vivere(che è il Principio cosmico infinito) in tipi

o forme universali (le Idee platoniche)che ciascun’arte riproduce a suo modo, laMusica è rivelazione immediata o direttadella stessa Volontà di vivere.

La Musica – afferma – è dell’interaVolontà oggettivazione ed immagine

tanto diretta quant’è il mondo; oanzi come sono le Idee, il cui

fenomeno moltiplicato costi-tuisce il mondo dei sin-goli oggetti. La Musicanon è quindi, come lealtre arti, l’immaginedelle idee, bensì l’im-magine della Volontà

stessa, della quale sono oggettivitàanche le idee. Perciò l’effetto dellaMusica è tanto più potente e insinuantedi quello delle altre arti: giacché questeci danno solo il riflesso, mentre quella cidà l’essenza.

Die Welt

Anche Hegel esalterà la Musica, preci-sando che essa è l’espressionedell’Assoluto nella forma del sentimento.Nella Musica, a differenza che nelle altrearti, la forma sensibile in cui l’Idea simanifesta o esprime è interamente supera-ta come tale e risolta in pura interiorità, inpuro sentimento.

Dalla interpretazione hegeliana poco èmutato nella definizione romantica, ancoroggi vitale. Ricorda Nicola Abbagnanonel Dizionario di filosofia:

Questa definizione ha trovato e trovapure incarnazioni frequenti nella figuradel musicista, sacerdote o profeta, che saascoltare la voce dell’Assoluto e tradur-la nel linguaggio sonoro del sentimento.

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Anche oggi difficilmente si rinuncia avagheggiare questa raffigurazioneromantica della Musica: la qualeconsente agli intenditori di essadi sentirsi rapiti dentro un oriz-zonte mistico nel quale gliaccordi musicali sono parole diuna divinità nascosta.

La Musica, dunque, è la vocedell’Assoluto: dalla nozionepitagorica di armonia alla teoriaromantica, la prospettiva non èmai mutata, al fondo, e rivelal’origine orfico-magica (il musicocome medium del Divino), così affine almantra-vidya indù, alla “scienza dei suonimistici”, teorizzata in Oriente. Al di làdello specifico di ogni cultura, la sapien-za parla la stessa lingua in ogni paese.

Se ne ha conferma anche nell’indaginesemantica. S’è vista l’importanza crucialedell’armonia, come mezzo di riduzionedel molteplice in unità. Ora, che mai èl’“armonia” in senso stretto? Non bastadefinirla come “accordo”, e simili. Ilsenso vero, autentico, del termine caro aipitagorici va visto nella radice AR, dischietta matrice indoeuropea. Esso vale,propriamente per “aggiustare”, “metterein ordine”. E’ lo stesso tema che si ritrovanella fondamentale nozione indiana dirtá, appunto “l’ordine cosmico”. Perciò,armonia è corrispondenza con l’equili-brio divino della cosmogonia; produrrearmonia con la musica rituale significapartecipare del potere creativodell’Assoluto, imitarne il caratteredemiurgico.

Il musico esemplare è, anzitutto, unmago (la sua è, letteralmente, teurgia,

cioè “opera divina”). E nella tradizioneoccidentale, ai primordi della

civiltà ellenica, il modello siincarna nel mitico Orfeo.Egli avrebbe ottenuto da

Diòniso e Persefone la grazia dipoter salvare l’anima dalla ruotadelle reincarnazioni e di liberar-la così consentendole di riunirsiagli dei. Come? Grazie allamusica, di cui fu patrono nella

cultura greca. Orfeo è “cantore”, usala cetra con la quale incanta uomini,bestie e Dei.

Rimane naturale pensare – osservaRaphael in Orfismo e Tradizione ini-ziatica – che Orfeo con la lira sappiaintonare note che corrispondono a“stati” dell’essere.

La lira non costituisce un semplicediversivo o passatempo; la Tradizione cidice che con essa Orfeo addolcisce lebelve, incanta gli uomini, parla agli Dei;ciò implica che egli con il suono si sappiasintonizzare con la vita e con gli enti (emusica è, infatti, sintonia con la vita).

Si ricorda che Pitagora più che l’aspet-to rituale trae dall’Orfismo questa direzio-ne musicale e con il monocordo riesce ascoprire le “Armonie delle sfere”. MaOrfeo è colui che dà le precise indicazio-ni di connessione tra suono-vibrazione eritmo della vita. La stessa lira di Apollonon costituisce un diversivo o un oggettodi pura piacevolezza, egli non ha alcuna

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necessità di simili cose; ma su precisi rap-porti tonali costruisce i mondi. AncheKr¢na è rappresentato nell’at-teggiamento di suonare il flau-to. L’universo manifestato è lasintesi di Numero (quantità),Suono e Luce; di vibrazione,qualità e colore, e Orfeo cono-sce questa legge e il modo diapplicarla su determinati pianiesistenziali [...] mediante la“scienza del suono”, Orfeo,come gli antichi Rs≤i vedici, richiama Entidivini nel Santuario sì che possono funge-re da Anima, da archetipo nei riti e nelleforme sensibili. Le qualità principaliUrano-Gea si riflettono nell’Anima uni-versale Crono-Rea e, mediante l’ordinato-re del mondo, Zeus, si riflettono ancoranella sfera del sensibile concreto.

Ora il suono (si veda l’efficacia deimantra vedici) ha la possibilità di pene-trare nel mondo intermedio e di attrarrequalità, o influssi, di ordine intellegibile ecanalizzarle, ad esempio, in un Tempio odurante il rito di un’Iniziazione. Unsuono, un man≥d≥ala, uno yantra e lo stes-so rito possono costituire “vasi risonatori”mediante cui si trasmettono Influssi cheprovengono dall’universale. Una forma -sia essa corporea o di qualunque altranatura - si deteriora perché mancadell’Influsso divino dal quale dipende;mediante quei “vasi risonatori” essa puòessere attivata e ricostruita.

Una forma tradizionale, ad esempio,può subire anche deterioramento neltempo-spazio per la poca qualificazionedei responsabili alla guida, per cui nasco-

no o, meglio, scendono nella sfera delsensibile determinate persone che fungo-

no da “vasi risonatori” (ecco legrandi figure come Ermete, Orfeo,Pitagora, Platone, Plotino, ›ankara,etc.) e, trasmettendo la linfa, qualitào l’influsso del mondo intellegibile,ravvivano o rettificano tale Forma;a meno che questa, avendo adem-piuto al suo compito, non debbanecessariamente essere ritirata oastratta. Così, l’autentico sacerdote

svolge un ruolo estremamente importantee divino; fungendo da ponte tra l’intelle-gibile e il sensibile tiene aperto il circuitovitale.

E val la pena, a questo punto, rilevarecon Giorgio de Santillana (Il mulino diAmleto) una circostanza significativa:

Orfeo e la sua morte straziante potrebbe-ro essere una creazione poetica sortaripetutamente in luoghi diversi. Maquando personaggi che suonano non lalira, ma il flauto, finiscono scorticativivi per motivi assurdi di varia specie, equando la loro identica fine viene ripetu-ta e rievocata in diversi continenti, allo-ra sentiamo di aver messo le mani suqualcosa, poiché racconti simili non pos-sono essere collegati per sequenza inter-na. E quando il pifferaio magico compa-re sia nel mito medievale tedesco aHamelin sia nel Messico in età di moltoanteriore alla Conquista, e in entrambi iluoghi è connesso con certi attributicome il colore rosso, è ben difficile che sitratti di una coincidenza. Di solito -conclude de Santillana - sono assaipoche le cose che penetrano nella musicaper puro caso […].

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No, non v’è nulla di fortuito e la con-ferma giunge puntuale dalla gran varietàdei miti fondati sulla cosmogonia perLogos. La musica delle origini, semprerealizzata ritualmente, non è chepartecipazione (métexis) all’o-pera creativa, contributo al suomantenimento nell’equilibrioiniziale, cooperazione coscien-te al piano divino. Nonv’è musica senza inizia-zione, non v’è iniziazio-ne senza musica. E l’ini-ziazione autentica, al suopiù alto livello contempla-tivo, non è che l’accesso (in-ire) privilegiato nel mondo acustico-lumi-noso della creatività dello spirito. Laricerca del senso ha termine con l’india-mento nell’Armonia delle sfere.

La musica è l’espressione sensibile,propaggine del Verbo, ma che mai è ilVerbo se non pensiero all’interno e paro-la all’esterno? Il mythos creativo - comes’è visto - ha carattere acustico e lumino-so (aspetti, questi, strettamente coessen-ziali); esso, tuttavia, presuppone lo spiri-to, l’Intelligenza, ovvero il Nous, e nonv’è musica, in realtà, che prima di tradur-si in suono non sia stata “pensata” e rea-lizzata come onda mentale.

Questa ovvia connessione con la sferadel pensiero ci riporta al significato origi-nario del termine “musica”, patrimoniodella cultura occidentale di estrazionegreca.

Che vuol dire, propriamente, “musi-ca”? La parola ci deriva dal greco mousi-ké (téchne o epistéme, arte o scienza).

Con essa si voleva indicare, in senso stret-to, l’arte delle Muse (e Orfeo, come si èricordato, era figlio d’una Musa).

Le Muse sono le “dee del pensiero”:“musa” presenta la stessa radi-ce indoeuropea - MEN-MON -che ritroviamo nel nostro

mente, ma anche nel latino mensura,misura (e la misura è corradicale al

pensiero). La “musica”, a livel-lo etimologico, si rivela, dun-que, come arte mentale primaancora che come capacità diesecuzione. E si tratta di un’ar-

te versatile, non ristretta. I Greci, infat-ti, a differenza degli europei moderni, nonconsideravano la musica soltanto comearte del suono, bensì come complessoideale di civiltà e cultura, un aspetto fon-dativo della paidéia; l’altro era rappresen-tato dalla ginnastica: l’armonia rivolta aicorpi, al sensibile, laddove la téchne mou-siké era armonia rivolta agli intellegibili:cosicché il divino Platone poté affermareche: musica suprema è la filosofia.

E siamo al nocciolo del problemaermeneutico, lo statuto lessicale dellamusica greca, dunque occidentale.

Se questa particolare attività dello spi-rito, consacrata da Orfeo, è armonia, èaltrettanto indubbio che essa si esplica e sirealizza in vari modi, o arti. Le Muse,infatti, erano nove (numero mistico) e iloro nomi la dicono già lunga sulle lorofunzioni: Clio, la glorificante, Euterpe, larallegrante, Talia, la festosa, Melpomene,la cantante, Tersicore, colei che godedella danza, Erato, suscitatrice di nostal-gie, Urania, la celeste, Polinnia, ricca di

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inni e Calliope, dalla bella voce.Ciascuna di esse esprimeva un aspettodella musica, dell’epistéme mousi-ké: a Euterpe era attribuita lamusica di flauti, a Tersicore ladanza e la lirica corale, aPolinnia il canto sacro, aCalliope il canto eroico edelegiaco. Quest’ultima erala più prestante e ancheOrazio la chiama “regina”.

A volte le Muse erano defi-nite Mneiadi, ossia “le Memorie”,con riferimento alla madre mitica:Mnemosine, la Memoria, che le avevagenerate in seguito al sacro connubio conZeus, il cielo luminoso.

Alcune fonti antiche sostengono che leMuse, in realtà, fossero soltanto tre (altronumero mistico, dal senso evidente):Melete, l’esercizio, Mneme, il ricordo, eAoide, il cantare, in stretta successione:come dire che la memoria si esercita colcanto (non sfugga il significato simbolicodell’accostamento).

Che dice il mito sulla genesi dellaMuse? Zeus si unì a Mnemosine, figlia diGea e Urano (la Terra e il Cielo). Per novenotti (altro ciclo simbolico, quellodell’Enneade) divisero il sacro talamo.Passato un anno, Mnemosine partorì,sotto la vetta nevosa dell’Olimpo, novefigliole, le Muse, intente solo a cantare edanzare. Di là, Apollo, nome della luce e

padre di Orfeo, le portò sul monte Elicona(donde il loro epiteto, Eliconie) e, qui,sotto la sua guida (Apollo nel suo aspetto

di Musagete), indulgevano a canti edanza nel bosco sacro presso la

fonte Ippocrene. Avvolte nellenuvole, facevano la spola fral’Elicona e l’Olimpo; di nottesi udivano distintamente le lorobellissime voci.

A Roma, infine, il ruolo delleMuse fu assolto dalle Camene, che

davano vaticini (la ninfa Egeria, adesempio): ad esse si offrivano latte eacqua pura di fonte.

La musica, come “arte delle Muse”, èpura creatività dello spirito, di formesonore: ogni nota corrisponde a un’Idea,nel senso platonico del termine, pensieroed esecuzione non sono separabili macostituiscono un continuum, ispirato dalle“dee del pensiero” (le Muse, appunto).

La vera musica, perciò, è alchimiamentale: dal serbatoio acustico si traggo-no le forme ideali, che - organizzate inkòsmos - risuonano come mundus conclu-sus, concerto di note in armonia con l’e-quilibrio cosmico. In tal senso l’iniziatoautentico è “musico”, così come il veromusico ha da essere iniziato, anzitutto alle“cose d’amore”, come suggerisce Platonenel Convito. Non c’è arte nella musicasenza la pulsione dell’eros trascendentale.

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La Musica Rituale Massonica Opus 113 di Jean Sibelius.

“La Grande Sconosciuta”

di Patrizio Comparini M∴M∴ della R∴ L∴ Giustizia e Libertà n. 1076 Or∴di Pistoia

It is unusual to talk about musical arguments in our Lodges, expecially if the matterdeals with Br. Sibelius’ Ritual Masonic Music, which is almost unknown to manyFreemasons. The present contribution has been recently delivered in the occasion ofthe 140° anniversary of the foundation of the R∴ L∴ Ferruccio 118 at the East ofPistoia; during the cerimony some pieces of Sibelius’ Opus 113 were “ritually” pla-yed by Br. P. Comparini and Br. A. Duma. Considering music as one of the most important component of our education, theAuthor wants to stimulate the presence of music in the Lodges during the RitualWorks.

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SSibelius and his Masonic RitualMusic – Sounds in “Silence”così intitola la sua monografia la

musicologa dott.ssa Hermine WeigelWilliams1. Suoni in “Silenzio”, Musica insilenzio. Un sottotitolo paradossale, quasia rimarcare che questa musica fu l’unicadi una certa importanza ad interrompere il

silenzio trentennale del musicista cheandò dal 1926 anno della sua ultimaopera importante, il poema sinfonicoTapiola Opus 112 (Dimora di Tapio ilDio della foresta) fino alla sua morte il 20settembre 1957 pochi mesi prima del suonovantaduesimo compleanno; era natoinfatti l’8 dicembre 1865.

1 Williams 1998 (molte delle notizie sull’Opus 113 riportate nel mio lavoro sono tratte da que-sto prezioso libro).

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L’Opus 113 è l’unica musica di unacerta importanza che interrompe quelsilenzio creativo chiamato “Silenzio diTapiola” o “Silenzio di Järvenpää” dalnome della città, atrenta chilometri daHelsinki, dove sorgevaAinola (la dimora diAino, la casa cheSibelius si costruì edove dimorò dal 1904fino alla morte. Ainoera il nome dellamoglie).

“Musica in Silenzio”anche perché il titolooriginario dato dall’au-tore, nei suoi cataloghi,alla sua opera eraMusique Réligieuse.Religiosa nel senso del rapporto che essainstaura nei riguardi di tutto ciò che rapp-resenta il divino; espressione di una presadi coscienza esistenziale del musicista enon certo un richiamo a qualsivogliaspecifico credo religioso o religione con-fessionale, tenuto conto anche del fattoche Sibelius aveva una visione panteisticadel mondo. Proprio queste motivazioniche stanno alla base della scelta del sot-totitolo e il fatto che il libro non sia statoscritto da un Massone, forse rappresen-tano il limite maggiore di questa pur

pregevole opera. Lo stesso discorso valeper tante altre monografie su Sibelius,opere di altrettanti valenti specialisticome ad esempio il Finlandese Erik

Tawaststjerna2, il quale intutta la sua monografiamonumentale in cinquevolumi sul musicista, nonaccenna minimamenteall’opera massonica delSibelius. Oppure la primamonografia francese del1965 di Marc Vignal3 inoccasione del centenariodella nascita di Sibeliusche liquida con due solerighe l’Opus 113. Ancheil nostro FerruccioTammaro4, pur dedicandodue intere pagine

all’Opus 113 nella sua bella ed ampiamonografia sul Sibelius scrive:

Per un compositore abituato alla soli-tudine silenziosa, l’adesione ai prin-cipi massonici di fratellanza e di col-laborazione pratica non manca di sor-prendere.

Per questi e per tanti altri famosi nomivale quello che un eminente musicologofrancese Massone, Roger Cotte, scrissenella prefazione del suo famoso libro LaMusique Maçonnique5:

⋅ 22 ⋅

2 Tawaststjerna 1965-1988.3 Vignal 1965.4 Tammaro, 1984: 452.5 Cotte, 1991: 11-12.

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Sembra che in preda ad una specie dipanico ispirato da vecchie questionipolitiche e religiose oggi finite, moltispecialisti della musica del XVIII° seco-lo vogliano risolutamente ignorare l’im-portanza dell’evento massonico nellavita artistica delSecolo dei Lumi. UnJacques Chailley, unaBrigitte e un JeanMassin un Paul Nettl,comprendono e spie-gano che Mozart, adesempio, avrebbe scrit-to le pagine più pro-fonde dei suoi ultimianni anche senza averricevuto la Luceiniziatica, non esitan-do quindi a negarel’evidenza. Non abbi-amo forse letto dipenna di un professoredi storia della musicadel Conservatorio Nazionale Superioredella Musica di Parigi che lo spartito delFlauto Magico non deve niente all’in-segnamento massonico!

Suoni, “Musica in Silenzio”, sottotitoloparadossale quanto limitante e fuorviante.Dato che l’oggetto di cui si tratta è laMusica Rituale Massonica, musica cheserve per i lavori di Loggia, sarebbe piùgiusto usare un altro termine magari ancorpiù paradossale, quello di “Musica delSilenzio”. La musica che inizia là dovetutto tace e dove tutto è silenzio, dove le

parole mancano dove non si può più spie-gare o esprimere niente, là dove anche laFilosofia più alta fallisce ed ammutolisce.Come scrisse Vladimir Jankélévitch:

Là dove la parola manca,là comincia la musica;dove le parole siarrestano, là l’uomo nonpuò che cantare6.

Abbiamo avuto giàmodo di vedere quantofosse importante lamusica per gli Antichi.Nel Fedone di Platone,Socrate in catene e ormaivicino alla fine scrive uninno ad Apollo mettendoin musica le favoled’Esopo. Un sognoricorrente anche in quel-

l’occasione glielo aveva imposto: “OSocrate componi ed esegui musica”; cosache egli pensava di aver fatto durante tuttala sua vita facendo filosofia. Lo stessoPlatone nella sua Repubblica scrive:

L’educazione musicale […] è di estremaimportanza per il fatto che ritmo e armo-nia penetrano nel più profondo dell’ani-ma e s’impadroniscono di essa nel modopiù energico.

E quando parliamo di Musica del silen-zio non intendiamo la “musica” ammali-atrice delle Sirene che cercano di far

⋅ 23 ⋅La Musica Rituale Massonica Opus 113 di Jean Sibelius, P. Comparini

6 Jankélévitch, 2001: 62.

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dirottare dal retto cammino, che cercanodi far ritardare l’odissea di Ulisse e di farritardare con il loro cantoil suo arrivo ad Itaca sim-bolo della verità. LaMusica del Silenzio non èla musica dell’indicibile,vale a dire di tutto ciò chenon si può esprimere ecomprendere in modoadeguato. Questo tipo diMusica rende l’uomomuto e pietrifica la suaragione. La musica delsilenzio è la Musica delcanto di Orfeo, la Musicache ammansisce le belveferoci, che incanta lepiante, che lenisce persi-no le pene dei dannati, la Musica che arri-va fino a convincere Caronte, e riesce asciogliere persino il cuore della terribileAde convincendola a lasciare liberaEuridice. La musica del Silenzio rendeliberi, aiuta il pensiero, muta la barbariein civiltà, è la Musica che indirizza l’in-telletto, riporta il pensiero dell’uomo sullaretta via; la Musica che ci aiuta a rendercisempre più umani.

La Musica del Silenzio non è la Musicache parla dell’indicibile, ma la musica cheparla dell’ineffabile di tutto ciò che non sipuò esprimere con le parole neanche conquelle della poesia. Sempre usando leparole di Jankélévitch:

L’ineffabile è l’inesprimibile perché su diesso c’è infinitamente e interminabil-

mente da dire; tale è l’in-sondabile mistero di Dio;l’insondabile mistero del-l’amore, che è il misteropoetico per eccellenza7.

La Musica quindi inte-sa come linguaggio“estremo”, come linguag-gio di “frontiera”, comeunico strumento che cipuò portare oltre tutto ciòche può essere detto efatto anche là dove altrearti, poesia compresa,hanno fallito. Musica delSilenzio come linguaggio

“estremo” proprio perché è l’unico chepuò superare la breve distanza che separail dito di Dio, magistralmente raffiguratoda Michelangelo nella Creazione diAdamo della Cappella Sistina, dal dito diAdamo. La Musica del silenzio come lin-guaggio di “Frontiera”, proprio perchél’unico che ci permette di superarel’enorme distanza qualitativa fra tempo edeternità. La breve ma al contempo enormedistanza fra il dito d’Adamo e quello diDio. Quella distanza che è un luogo quasimetafisico, in cui si colloca il messaggiomusicale in cui nasce e si muove anche laMusica Rituale del Sibelius. La Musica, ein modo speciale il canto, che ne è lamassima espressione, ci conduce fino a

⋅ 24 ⋅

7 Op. cit. pag. 62.

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toccare il dito di Dio. Questo è il limitemassimo, al quale noi uomini possiamoaspirare, noi possiamo solo toccare laVerità non compenetrarla. Noi non possi-amo vedere Dio in volto senza morire,possiamo solo vederlo di spalle. La nostraverità è pur sempre una verità fittizia, èsempre e comunque una verità parziale,sempre e comunque viziata dal maleincurabile deldubbio. La musicadi Orfeo convinceAde a lasciare libera Euridice, ma duranteil viaggio verso la terra Orfeo, che pre-cede Euridice continuando a cantare esuonare con la cetra, ad un certo puntodubita egli stesso delle capacità della suaarte, si volge indietro, per vedere se la suaamata lo stesse effettivamente seguendo(disubbidendo così ad Ade che gli avevaimposto di precedere Euridice senza maivoltarsi indietro), perdendo così per sem-pre Euridice.

Ma come e dove nasce La MusicaRituale Massonica Opus 113 delSibelius?

Il 18 agosto 1922 fu ufficialmentericostituita dopo 100 anni la Massoneriain Finlandia (il 12 agosto 1822 lo ZarAlessandro II aveva promulgato un edittoin cui la Massoneria veniva messa albando in tutto l’Impero). Data importante,anche per la Massoneria Americana per-ché segna la nascita del suo primo avam-posto sul vecchio continente (fino al 1822la Massoneria Finlandese aveva operatocon il sistema continentale).

Nel giugno del 1922 otto MassoniFinlandesi inviarono una petizione alla

Gran Loggia dello Stato di N.Y., chieden-do di fare da garante per ristabilire laMassoneria nella loro patria (la Finlandiaera diventata indipendente solo il 6dicembre 1917 dopo la rivolta russa diOttobre).

La GLNY (Grande Loggia dello statodi New York) accettò la petizione e nom-inò Tiovo Nekton un espatriato, quale

delegato perla Finlandia.Lo stesso

Nekton aveva tradotto qualche annoprima i rituali della GLNY in Finlandese.

Prima della costituzione della primaLoggia in Finlandia che prese il nome diSuomi Loosi n. 1, (Suomi = Finlandia,Loosi = Loggia) i Massoni finlandesi sti-larono un elenco di circa ottanta nomi dicittadini importanti da avvicinare percostituire la Loggia. Ventisette personeaccettarono di diventare Massoni. Fra diessi figuravano Jean Sibelius, ErnstLinko (musicista, 1889-1960), AxelSolitander (Console generale a NY),Samuli Sario (ex Senatore) eWettenhovi-Aspa (pittore ed autore dinumerosi ritratti di Sibelius).

Una delegazione di cinque Maestriamericani della GLNY con il GranMaestro andarono a Helsinki portando indono una splendida Bibbia rilegata e unset di gioielli in argento. Le ventisettepersone il 18 agosto 1922 furono iniziate,passate, ed elevate al Terzo Grado; nellostesso giorno, Sibelius figurava al numero13 del piè di lista della nuova Loggia.

La Suomi Loosi n. 1 si trovò in pocotempo ad annoverare fra le sue colonne

⋅ 25 ⋅La Musica Rituale Massonica Opus 113 di Jean Sibelius, P. Comparini

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vari artisti, fra cui tre cantanti lirici:Wäinö Sola8 (che fu cantante per eccel-lenza delle musiche di Sibelius special-mente della suaMRM), SeverusKonkola e SuloRaikkonen.

In seguito, due nuove logge furono cos-tituite nel 1924 a Tampere e a Turku e lelogge finlandesi chiesero alla GLNY dipotersi costituire in Gran Loggia diFinlandia - Suomi Suur Loosi - (SSL).

Il 9 settembre 1924 una delegazionedella GLNY arrivò a Helsinki perquest’evento storico. Sibelius fu nomina-to Grande Organista della nuova GrandeLoggia. Verso la fine del 1926, alcuniFratelli chiesero a Sibelius di comporremusica specificamente per i rituali mas-sonici. Il Fratello Berndt Forsblom donòa tale scopo 10.000 marchi Finlandesi.Nel 1927 era già completata la prima ver-sione della Musique Réligieuse Opus 113.Forse il primo brano composto fu il n° 11,un testo “On Kaunis Maa” “Bella è laterra” conosciuto anche con il titolo“Luce”. La poesia fu inviata dalForsblom e finita di comporre verso lavigilia di Natale del 1926.

Il 7 gennaio 1927 Samuli Sario fu cre-ato Gran Maestro e fu in quell’occasioneche furono eseguiti tre brani della MusicaRituale.

La notte del 12 gennaio 1927 i membridella SSL, Wäinö Sola solista e ArviKarvonen organista eseguirono tutti gli

otto brani che face-vano parte della ver-sione originale dellaMRM.

I testi furono poi tradotti anche insvedese. Dal 1922 ai 1930 molti Massoniamericani giunsero in visita alla SSL,avendo così modo di poter ascoltare laMusica Rituale del Sibelius. Fra loro ci fuil Gran Segretario della GLNY CharlesJohnson, il quale impressionato dallamusica, cercò al suo ritorno in patria diintrodurla nei rituali della GLNY.

Una copia manoscritta della MusicaRituale fu consegnata dal G∴M∴ dellaSSL Axel Solitander alla GLNY il 7aprile 1935, come ringraziamento ericonoscenza dei Massoni Finlandesi peril determinante aiuto dato alla GLNY perla ricostituzione della Massoneria inFinlandia.

Il frontespizio del manoscritto riporta-va: Masonic Ritual Music composta dalR.W. Bro. (Right worshipful – moltoVenerabile fratello) redatto da WäinöSola e firmato Rispettosamente Sibeliusdi pugno del compositore.

La copia comprendeva le 8 compo-sizioni che formavano l’originale Opus113 presentata da Sibelius alla SSL nel

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8 Wäinö Sola (1883-1961), tenore che studiò fra l’altro al Conservatorio Stern di Berlino, fon-datore dell’Opera Finlandese ad Helsinki dove fu attivo anche come regista. Effettuò numerose tour-nées in URSS, Germania, USA e Svezia.

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gennaio del 1927 comprensive anchedella corale “Suur’olet, herra” (Possentesei tu o Signore).

Al fine di proteggere i diritti del com-positore per il Manoscritto fu registratoun atto di copyright il 3 giugno 1935, coltitolo: “Musica Rituale Massonica -Libera, antica ed accettata Massoneria,Gran Loggia dello Stato di NY”.

Fu approntataun’edizione stam-pata da parte dellaGalaxy MusicCorporation. Marshal Kernochan (1880-1995), Vice Presidente poi Presidente edinfine proprietario della Società, corressegli errori del manoscritto chiedendo alFratello Massone George Sjoblom dicurarne la traduzione in Finlandese. I testitradotti in modo letterale furono ampia-mente riadattati alla musica da parte delKernochan che per questo motivo figuracome unico autore delle liriche inglesi.

L’edizione stampata porta come data dicopyright il 2 dicembre 1936.

Alla fine della seconda guerra,Sibelius, su proposta di alcuni suoiFratelli Finlandesi, musicò in una solanottata (aveva 81 anni!) altri due brani:una corale, la “Verljesvirsi” (Ode allaFratenità), e “Ylistyshymni” (Inno diLode) (Ovunque risuoni). Ambeduequeste composizioni ricevettero una revi-sione nel 1948.

Sibelius prima che fossero presi contat-ti con Kernochan per la pubblicazionedella seconda edizione inglese riveduta eampliata, stipulò l’8 ottobre 1948 un“contratto di donazione” con il quale

venivano donati tutti i diritti dellaMasonic Ritual Music Opus 113 allaSuomi Loosi n. 1. Il manoscritto inviato aKernochan al suo ufficio della Galaxy aN.Y., era una nuova ristampa dellaMusica Rituale che comprendeva undicibrani separati, gli otto del 1936, i duebrani composti nel 1946 e l’InnoFinlandia.

Nel manoscrittoinviato mancavano itesti scritti; affinchécome disse Sibelius

gli stessi potessero essere arrangiati se-condo la mentalità americana.

Questa capacità di arrangiamento deitesti è resa possibile dal tipo di strutturamusicale della musica del Sibelius in ge-nerale e dell’Opus 113 in particolare. Unastruttura molto stratificata, in cui i varipiani armonici che sembrano vivere vitaindipendente, di fatto, sono strettamenteconcatenati fra di loro. In tutta questastruttura il canto primeggia, diventandoun vero e proprio punto di fuga su cui con-verge tutta quanta l’impalcatura musicale.

Si badi bene, solo la voce e non la poe-sia, che a differenza dei lieder di Mozartin cui la lirica forma un tutt’uno indisso-lubile tra voce e musica, rendendo diffi-cile se non impossibile qualsiasi tentativodi traduzione. Nella Musica Rituale iltesto è quasi secondario. Infatti, sia che siascolti l’Opus 113 in finlandese, svedese,inglese, tedesco o in italiano le sensazioniprovate mutano di poco, poiché lacostruzione musicale porta inevitabil-mente a focalizzare l’attenzione dell’a-scoltatore sul suono della voce. Ed è solo

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partendo da quel suono che si possonopoi percepire i meravigliosi dettagli delgioco musicale.

La traduzione dalFinlandese fu affidata aToivo Nekton e le parolefurono dattiloscrittedirettamente sui fogli delmanoscritto. Le partivocali furono poi acco-modate secondo la metri-ca della lingua inglese.

La seconda edizionedella Musica RitualeMassonica fu pubblicatala prima settimana diGennaio 1950 con copy-right USA ed inter-nazionale. I fondi per lapubblicazione furono forniti dalla GLNY.Gli 11 brani furono numerati e l’InnoFinlandia fu collocato alla finedell’Opera con il n. 12.

Da parte finlandese fu invece costituitonel 1966 un comitato, per la revisionedelle musiche dell’Opus 113, la cui presi-denza fu affidata ad Einari Marvia9.. Ilcomitato lavorava sotto l’autorità dellaGrande Loggia di Finlandia. La commis-sione fece uno studio comparato deimanoscritti originali, furono corretti glierrori e fu scelta la soluzione musical-mente migliore. Furono lasciate alcune

possibilità di scelta, come per l’innod’apertura che troviamo nelle due ver-

sioni del 1936 e del 1950.Quasi tutte le partiture pervoce solista furono presen-tate anche in tonalità piùbassa per ovvie ragionipratiche. Per rendere poipossibile l’uso inter-nazionale, fu inserita unaappendice provvista deitesti dei canti in Svedese,Tedesco e Inglese. Lacommissione presentò ilnuovo libro della MusicaRituale Massonica Opus113 alla Gran Loggia diFinlandia, la quale loapprovò il 19 aprile 1968.

La pubblicazione avvenne nel 1969 conprefazione dello stesso Einari Marviadatata Espoo-Finlandia, febbraio 1969.Questa pubblicazione riporta una nume-razione diversa dei brani rispetto a quellaInglese del 1950 con un’appendice cheprevede anche brani non del Sibelius, cheproseguono la numerazione dal n. 12 sinoal n. 16 (l’Inno Finlandia venne collocatoal n. 15 con un testo non massonico deltenore Wäinö Sola).

Recentemente è stata pubblicata unaseconda edizione, sempre con prefazionedi Einari Marvia datata Helsinki,

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9 Einari Marvia (1915-1997), compositore, scrisse circa 100 canti di cui molti con versioneorchestrale. Non sentì l’influenza degli altri stili, rimanendo radicato al romanticismo, anzi era solitodire, commentando i suoi lavori: L’atonalismo e tutti gli altri “ismi” mi sono estranei.

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Settembre 1992. Questa non differiscedalla precedente salvo per la correzionedei due errori d’attribuzione delle liriche.

Per quanto riguarda l’analisi dei braniseguiremo la numerazione dell’edizioneFinlandese del 1992.

⋅ 29 ⋅La Musica Rituale Massonica Opus 113 di Jean Sibelius, P. Comparini

JEAN SIBELIUSMUSICA MASSONICA RITUALE10

Op. 113

English Words by Marshall Kernochan for Masonic Ritual Music (1950).

With the kind permission of the Grand Lodge of the State of New York

10 I testi in inglese corrispondono alla numerazione dell’edizione 1950. Sono anche riportati itesti originali da cui sono state ricavate le liriche della Musica Rituale.

N. 1 INNO DI APERTURA (1927)(Organo)

BRANO N. 1 – “Avaushymni” “Inno di apertura”

N. 2 PREPARARE L’ALTARE“Suloinen aate” “Pensieri di conforto” (1927)

No. 2 Thoughts be our comfort in the days of darknessThoughts that inspire the soul in joy or in pain Holy the fires ye light in souls benighted.Heavenly fires that gleam in the darkness of earthShine in our souls and give us more light.

Gli ideali siano il nostro conforto nei giorni delle tenebre,gli ideali che ispirano l’animo nella gioia e nel tormento.Voi Sacri fuochi, luce negli animi ottenebrati;Divini fuochi che brillate nelle tenebre della terra.Risplendete nelle nostre anime e dateci più luce.

Franz von Schober

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BRANO N. 2 – Senza titolo (Suloinen aate) (Pensieri di conforto).

I testi di questo canto furono, in un primo tempo, erroneamente attributi aSchiller. Di fatto, appartenevano a Franz Von Schober (1798-1882) grandeamico di Schubert, musico più di una sua poesia. Il poeta era solito annotaresotto le sue poesie che venivano spesso usate dai musicisti, il nome del com-positore che ne aveva musicato i versi. Solo dopo la morte del Sibelius ci siaccorse dell’errore di attribuzione del testo, perché fu notata la somiglianza frala lirica del Sibelius e “Taide” (arte) la versione finlandese della “An die Musik”di Schober, fatta da Eino Leino11.Ed è proprio “An Die Musik” (Alla Musica) il testo utilizzato per il primo branocantato dell’Opus 113. Leino fa una traduzione fedele della poesia, che è unafra le migliori di Schober, diventata famosa per la bella veste musicale dataglida Schubert nel 1817. Ben poco rimane di questa poesia nella versione scrit-ta del Sibelius. Nella lirica del Sibelius non c’è nessun riferimento alla musi-ca e a quella “Arte”, neppure nella prima battuta di apertura che inizia con“Suloinen Aate” (cari ideali) invece che “Suloinen Taide” (cara Arte). PerSibelius sono gli ideali (nella versione inglese i pensieri) che danno conforto neigiorni tenebrosi della vita.

Alla Musica

Oh arte sublime, in quante ore grigie,Quando mi soffocano le tristi vicende della vita.Mi hai acceso il cuore di un caldo amore.Mi hai rapito in un mondo migliore!Sovente un sospiro, sgorgato dalla tua arpa,un tuo dolce, divino accordo,mi ha dischiuso il cielo a tempi migliori.Oh arte sublime grazie per questo!

An die Musik

Du holde Kunst, in wie viel grauen StundenWo mich des Lebens wilder Kreis umstricht.Hast du mein Herz zu warmer Lieb entzünden.Hast mich in eine bessre Welt entrückt! Oft hat ein Seufzer, deiner Harf entflossen,Ein süßer, heiliger Akkord von dirDen Himmel bessrer Zeiten mir erschlossenDu holde Kunst, ich danke dir dafür.

Testo: Franz Von Schober (1796-1882)

11 Eino Leino (1878-1926) fu poeta prolifico e di eccezionale talento; i temi favoriti delle sueliriche erano principalmente l’amore e la natura.

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⋅ 31 ⋅La Musica Rituale Massonica Opus 113 di Jean Sibelius, P. Comparini

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N. 3 Kulkue (Processione)“Näätkö kuinka hennon yrtin” “Vedi come la tenue erba” (1927)

Anche se le giovani foglie sono verdi all’alba,spesso muoiono quando si fa giorno.Teneri germogli di speranza e promessa,esse diventano secche e gialle.Malgrado ciò, un uomo deve soggiogare simili pensieri!Essi arrecheranno solo pene e sofferenze.Lasciate che egli confidi nel suo cuore come guida!Morte ove è il tuo dardo?

No. 3 Though young leaves be green at daybreak,Oft they die when day is done.Tender buds of hope and promise,Wither'd, yellow, they are gone.Yet such thoughts a man must conquer!Pain and weakness they will bring.Let him trust his heart for guidance!Where, O Death, is then thy sting?

Bao Zhao

BRANO N. 3 – Senza titolo – “Kulkue” “Processione”. “Näätkökuinka hennon yrtin” “Vedi come la tenue erba”.

Per la musica del 3° brano, il testo scelto dal Sibelius è stato tratto dal librodi poesie “Tedious Ways” del poeta cinese Pao Chao (ca. 416-466). La poesiafu attribuita per errore a Confucio e ci si accorse dell’errore qualche anno dopola morte di Sibelius.Non è strano che una poesia cinese si trovi nell’Opus 113; infatti il musicistaaveva all’epoca a disposizione una traduzione di poesie cinesi in tedesco e infinlandese. Pao Chao era un poeta della dinastia del Sud della Cina che servìsotto l’imperatore Liusung Hsiao Wuti; pur avendo incarichi importanti nonraggiunse mai le alte cariche gerarchiche data la sua umile estrazione sociale.Partecipò ai moti di rivolta capeggiati dal principe imperiale. Il fallimento dellasommossa costò la vita al principe che si tolse la vita e al poeta che fu uccisodai soldati dell’imperatore. Il libro di poesie “Tedious Ways” contiene moltepoesie senza titolo. Il Sibelius usò la terza poesia per la sua musica. La poe-sia si apre con la descrizione delle foglie d’autunno che cadono al suolo. Ilpoeta si domanda se esse potranno diventare nuovamente verdi. I giorni della

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gioventù non tornano più. Quindi il poeta esorta i giovani a gustare il cibo ele bevande fra amici alle cerimonie propiziatorie del Dio Confucio, al fine discacciare l’ansia e le paure.La traduzione finlandese del 1925 di Eino Tikkanen non differisce molto dal-l’originale cinese. Per l’edizione del 1950, Kernochan cambiò il finale della poe-sia scrivendo: “Lasciate che confidi come guida nel suo cuore! Dove è, o morteil tuo dardo?”. Forse le parole non rispecchiano il testo cinese ma sono piùappropriate per la ritualità massonica.

N. 4 INNO DI LODE “Kaikkialla kaikukoon” “Ovunque risuoni” (1946-1948)

Lode al tuo Santo Nome nell’alto dei cieli! O Tu Architetto Supremo!Lode al tuo Santo Nome nell’alto dei cieli! O Tu Architetto Supremo!O Dio da Dio, o Luce da Luce. O Dio vero da Dio vero.Tu sei il Padre Onnipotente; Le Tue mani hanno creato l’universo.Tu sei la Somma delle Totalità, Onnipotente!O Architetto Supremo di Tutto! O Luce di Luce!

No. 9 Praise Thy Holy Name on high! O Thou Architect Supreme! Praise Thy Holy Name on high! O Thou Architect Supreme! O God of God, O Light of Light, O Very God of Very God Thou art the Father Omnipotent; Thine hands created the universe. Thou art the Sum of Totality, Omnipotent! O Architect of All. O Light of Light!

Samuli Sario

BRANO N. 4 – Titolo originale “Yustyshymni” “Inno di Lode” “Kaikkialla kaikukoon” “Ovunque risuoni”.

Questa è una delle due composizioni di cui fu autorizzata da parte del Sibeliusl’aggiunta al corpo originale dell’Opus 113 per l’edizione riveduta del 1950.Questo inno fu composto nel 1946 ad uso massonico ed è l’unico brano che

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include parti per solista e per coro. Nel 1948 Sibelius rivide questo branoaggiungendovi alcune battute. Il tempo passò da Largamente e Maestoso adAdagio e con tonalità più bassa di quella del 1946 e le prime misure passaro-no da un MF a PP. Questa del 1948 fu la versione che fece parte dell’Edizione1950. La tensione drammatica è creata dal gioco della musica che si muovecromaticamente con un crescendo progressivo da un pianissimo (pp) ad unfortissimo (ff), per poi progressivamente ritornare ad un pp. Il coro subentraalla battuta n° 30 per continuare fino alla fine insieme con il solista. Il testoè di Samuli Sario, un membro attivo della Massoneria di Helsinki. Le parolefornite dal Kernochan in inglese nel finale “O Luce di Luce” non sono la tra-duzione fedele del testo originale. Il finlandese usa la parola “Kaikkeus” chepuò essere tradotto con “Onnipotente”. La lirica inglese incorpora frasi delCredo Niceno “O Dio da Dio; o Luce da Luce; O Dio Vero da Dio Vero”.

N. 5 “Kellä kaipuu rinassansa“ “Chi nel cuore ha sete di giustizia” (1927)

II G R A D O

Chiunque possieda amorePer la giustizia nel profondo del suo cuore,possiede il seme della felicità.Di un futuro di felicità nel suo animo.Egli è vincitore nell’ultimo buon combattimento.La luce di Dio mostri a lui la ViaOra e sempre, come dai tempi antichi.Sebbene la strada sia accidentata e oscura e ardua,i suoi perigli non l’intimidiranno!Gloriosamente egli arriverà alla fine del suo viaggio;poi, ah, poi nelle acque del Giordanoegli riposerà sino alla fine.

Viktor Rydberg

No. 7 Whosoever hath a love of justice in his inmost heart,Hath the seed of happiness, of a future of happiness in his soul.He is victor in the last good fight.God's own Light shall show him the Way,Both now and ever, as of old.Though rough and dark and thorny be the road,Its perils shall not daunt him!Gloriously shall he attain his journey's end;Then, ah! then, by Jordan's waters he shall rest at last.

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BRANO N. 5 – “Kella Kaipuu Rinnassansa” “Chi nel cuore ha amore di giustizia”.

Per le misure 21-45 Sibelius prese in prestito il secondo Tema del suo AndanteFestivo. Il testo è basato sulla “Cantata” di Viktor Rydberg (1828-1895), famo-so scrittore svedese, una poesia che fu scritta per la festa della consegna delleLauree all’Università di Uppsala il 6 settembre 1877 in occasione del 400°anniversario di quell’istituzione. La struttura poetica del Rydberg segue quella delle cantate di Chiesa: un corointroduce un recitativo e un arioso, e conclude ripetendo le strofe dell’arioso. Questa sezione ha funzione di prologo come messaggio diretto in generale atutti i laureati. Poi la poesia prosegue con altre quattro sezioni, una per ognidisciplina dell’Università: Teologia, Giurisprudenza, Medicina, Filosofia. Tuttee quattro le sezioni della poesia hanno come riferimento passi biblici. Sibeliusutilizzerà le parole dell’arioso per questo brano mentre le parole della sezionerivolta alla disciplina filosofica per il brano n. 9 (Salem).Le parole scelte per questo brano vogliono parlare ai giovani, ricordandogli chela vita terrena è solo un breve passaggio, e solo i sentimenti nobili e l’amoreper la giustizia possono essere quelli che conducono verso il superamentodella morte, verso l’eternità, come le generazioni antiche che raggiunsero eriposarono per sempre lungo le rive del Giordano.Il testo logicamente si riferisce al pellegrinaggio del Massone. Questo brano èassociato ai lavori del II° Grado e secondo le istruzioni dell’edizione del 1936serve ad accompagnare il corteo rituale.

N. 6 “Veljesvirsi” “Inno di Fratellanza” - Ode alla Fraternità (1946)

(Coro unisono)

Buono e piacevole, fratelli, è vivere in armonia;zelanti combattendo le battaglie l’uno dell’altro, fedeli al nostro mistico legame.Prezioso e fraterno amore, come il profumo di fiori rari,mirra ed incenso e spezie, con le loro fragranze riempiono l’aria.Buono e piacevole è per i fratelli vivere in armonia.Manteniamoci liberi dalla corruzione della calunnia,dell’avvelenato soffio del rancore;sempre esprimendo parole di benevolenza.Affabili parole di verità e di luce.Se un fratello si smarrisce o cade, protendiamo la nostra mano in aiuto;così, i Massoni, prospereranno sempre. Così resteranno uniti.Buono e piacevole è per i fratelli vivere in armonia.

Samuli Sario

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No. 8 v.1 Good and pleasant, O ye Brethren, 'tis to dwell in unity;Strong to fight each others' battles, faithful to our mystic tie.Precious is fraternal love, as the scent of flowers rare,Myrrh and frankincense and spices with their fragrance fill the air.Good and pleasant 'tis for Brethren to dwell in unity.v.2 Keep we free from taint of slander, from the poisoned breath of spite; Ever speaking words of kindness, gentle words of truth and light.If a Brother stray or fall, Stretch we forth our helping hand;Thus shall Masons ever prosper, Thus united shall they stand. Good and pleasant 'tis for Brethren to dwell in unity.

⋅ 35 ⋅La Musica Rituale Massonica Opus 113 di Jean Sibelius, P. Comparini

BRANO N. 6 “Veljesvirsi” “Inno di Fratellanza”.

Questo brano è una delle nuove composizioni del 1946 che Sibelius autorizzòper la pubblicazione dell’edizione dell’Opus 113 (1950).Il testo è di Samuli Sario e parla direttamente degli ideali massonici.

III G R A D O

N. 7 Kulkue (Processione)“Ken kyynelin ei milloinkaan” “Chi mai con le lacrime” (1927)

Chi non ha mai mangiato il suo pane con le lacrime.Chi non è mai stato seduto sul suo letto piangendo,nelle notti angoscianti e penose,non può conoscere le potestà celesti.

J.W. Goethe

No. 4 Who ne'er hath blent his bread with tears, Wakeful, despairing nights of sorrow,Knowing no rest, nor hope, nor solace,He knows thee not, O light of Heaven.

Canto dell’Arpista

Chi non intrise il suo pane di pianto, chi mai sul letto in lacrime affannosevegliando le notti passò,Nulla di voi, potenze del cielo, conosce.

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J.W Goethe: La vocazione teatrale di Wilhelm MeisterLied di Harfner - Canto dell’Arpista (libro 4° - Cap. XIII)

Lied des Harfners

Wer nie sein Brot mit Tränen aß,wer nie die kummervollen Nächteauf seinem Bette weinend saß,der kennt euch nicht, ihr himmlischen Mächte.

Ihr führt ins Leben uns hinein,ihr laßt den Armen schuldig werden,dann überlaßt ihr ihn der Pein;denn alle Schuld rächt sich auf Erden.

Voi della vita ci aprite le porte,alla caduta portate il miseroe alla sua pena poi lo consegnate;Chè ogni colpa si sconta sulla terra.

BRANO N. 7 “ken kyynelin ei milloinkaan” “Chi mai con le lacrime”

E’ formato da tre sezioni, le prime due per organo solo e la terza, un Inno pervoce ed organo. Il testo dell’inno è preso dal primo libro scritto da Goethe sulpersonaggio Wilhelm (Guglielmo) Meister, La vocazione teatrale di WilhelmMeister, e riporta il testo del secondo canto dell’arpista, un vecchio che suona-va l’arpa per il gruppo teatrale itinerante di artisti. Il brano è formato di duestrofe che furono musicate da Schubert nel 1816. Sibelius utilizzò solo laprima strofa. Conosceva le opere di Goethe perché ne erano state fatte dellerecenti traduzioni in finlandese (molto probabilmente usò la traduzione in fin-landese fatta da Eino Leino, pubblicata ad Helsinki nel 1913).Nella edizione del 1936 la traduzione di Kernochan è molto simile all’origina-le tedesco e alla traduzione finlandese. Per l’edizione del 1950 Kernochan rivi-de queste liriche parafrasandone il testo e il senso. Questa musica nell’istru-zione per l’edizione del 1936, doveva essere usata per i passaggi al TerzoGrado, cerimoniale che implica numerosi cortei a cui la musica ben si adatta.

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N. 8 MARCIA FUNEBRE “Surumarssi” (1927)(Organo)

BRANO N. 8 “Surumarssi” Marcia funebre (organo).

Fa parte degli otto brani dell’originale Opus 113 del 1927. Il titolo può trarrein inganno per il fatto che, come per la “Maurerische Trauermusik K 477” diMozart, la musica non è stata scritta per essere suonata durante le cerimoniedi commemorazione della dipartita di un massone, ma per essere usata per ilTerzo Grado dove è raffigurata la morte simbolica. La Musica è composta suuna corale Luterana “O haupt Voll Blut und Wunden” (con l’immortale collo-cazione fatta da J. S. Bach nella sua Passione di San Matteo) più conosciutacon l’incipit “Herzlich tut mich verlangen”. Combinata con un motivo ritmicoche si ispira alla batteria del compagno d’Arte.

N. 9 SALEM “Kulje, kansa, kohti maaraa” “Cammina o popolo verso la Meta”

(1927)

Avanti, Fratelli! Sforzatevi di ottenere la luce!La Luce che Dio ci ha dato per Guida;colei che attraversa le oscure tenebre della notte,ci conduce in salvo verso la nostra remunerazione.Guarda! Come risplende la colonna di fuoco,illuminando i nostri passi quando la via si fa scura.Come Luce del Mondo, essa fende la tetra oscuritàdella notte, che ci vorrebbe inghiottire!Guarda! Come ci mette al riparo la colonna di nube,quando il sole vorrebbe coprirci di vesciche.Allora avanti dove la Fede rivela la via.Dio è la nostra guida, Egli non fallirà!Fiamme che scintillano, voci che cantano,dall’alto dei cieli tempestosi sul Monte Nebo.Salem! Salem! Ascolta!Esse ci chiamano in alto verso la casa del Nostro Padre.Salem! Salem!Incitandoci all’orizzonte, ad andare avanti, avanti fino a Dio!E il suo benvenuto risuona dal Monte Nebo:“Venite, voi tutti felici, alla gioia del Vostro Maestro!”Salem!

Viktor Rydberg

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No. 6 Onward, ye Brethren! strive for the Light!The Light that the Lord hath given us for our Guide;Who through murk and darkness of nighthath led us in safety unto our reward.Lo! how the fiery pillar is shining,Lighting our steps when dark is the way.And the Light of the World,It cleaveth the gloomy blackness of night,That else would engulf us!Lo! the cloudy pillar, to shield us safeWhen the sun would blister us.Then forward where Faith revealeth the way!For God is our Guide, and He will never fail!Fires are gleaming, voices are singing,Forth from Mount Neboh's heaven-storming height.Salem! Salem!Hark they call us upward and on to our Father's home.Salem! Salem!On the horizon, urging us onward, onward to God!And His welcome is ringing forth from Mount Neboh:"Come, all ye blest, to your Master's joy!" Salem!

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BRANO 9 - SALEM “Kulje, kansa, kohti määrää” “Cammina o popolo verso la Meta”.

Questa è l’altra parte della “cantata” di Rydberg, quella riservata alla discipli-na universitaria della Filosofia. Si rifà ad Esodo 13:21 e Deuteronomio 34. Ilpassaggio preso da Esodo descrive come Dio trasse Israele fuori dell’Egitto: “El’Eterno andava avanti a loro, di giorno in una colonna di nuvole per guidarliper il loro cammino e di notte in una colonna di fuoco per illuminarli affinchépotessero camminare di giorno e di notte”. Deuteronomio 34 riferisce come Diomostrasse a Mosè salito sul monte Nebo la terra promessa.Sibelius musicò i testi di Rydberg, con la traduzione in finlandese di SamuliSario. Tutte e due le versioni del testo in svedese e finlandese furono mante-nute anche sul manoscritto inviato alla GLNY nel 1935. Le stesse furono man-tenute per la partitura orchestrale di Funtek.Nel testo di Kernochan rimane poco dell’originale sia svedese sia finlandese.Di questo brano furono fatte varie versioni corali, non massoniche, da partedella Galaxy. Inoltre la Galaxy pubblicò un arrangiamento per orchestra sin-fonica fatto dallo stesso Sibelius.

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Della versione della n° 9 Salem non massonica, in pochi anni ne furono ven-dute più di centomila copie. Lo stesso Sibelius, forse esagerando affermò cheaveva ottenuto più diritti d’autore da parte di quel brano che in tutti gli altripubblicati da Bretkopf e Hartel (nel periodo 1939-1949 Sibelius guadagnò perquella musica circa 5.000 $). Il contratto fatto con il compositore, specificavache i diritti d’autore dell’opera dovevano essere ripartiti in parti uguali fra luie l’orfanotrofio finlandese che portava il suo nome. I soldi dovevano essereinviati direttamente alla Grande Loggia di Finlandia dove si trovava il fondodell’orfanotrofio.

N. 10 – ODE“Suur’olet, Herra” “Possente sei tu, o Signore”

La Tua Gloria è cantata nell’alto dei Cieli e per tutta la Terra.O Tu Architetto di tutto!Come tutto è nato dal Tuo Verbo.Così Tu puoi ridurre tutto in cenere.I pianeti si muovono al Tuo comando,tutti gli esseri viventi esistono grazie alla tua creazione.Innanzi al Tuo Santo Nome noi c’inginocchiamo.

Simo Korpela

No. 11 The lofty Heav'n and widespread earth are singing Thy glory,O Thou Architect of all! As both were born by Word of Thine own speaking,So into ashes Thou canst bid them fall.The planets come and go at Thy commandment; All living things exist by Thy creation.Before Thy Holy Name we bow the knee.

BRANO N. 10 – ODE“Suur’olet, herra” “Possente sei tu, o Signore”

In aggiunta alle otto sezioni originali della “Musique Réligieuse” di Sibelius ilmanoscritto del 1935 contiene una sezione corale sul primo verso di una poe-sia svedese di Jacob Tegengrn che nel 1920 fu incorporata nel rituale dellaSSL “Suur’olet, Herra” (è la traduzione in finlandese). E’ un’ode dedicata alSupremo Architetto.

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N. 11 SULKEMISHYMNI - INNO DI CHIUSURA “On kaunis maa” “Bella è la Terra”

Conosciuto anche con il titolo “Luce” (1926)

Come sono belle la Terra e la Vita!Com’è stupendo il firmamento!Così gloriosi i doni celesti,e cessi il vano rimpianto.Questa notte le stelle splendono;Il cielo avvampa di bellezza!O uomo! Lascia che i pensieri elevatirechino speranza e pace alla tua vita.

Aukusti Simojoki

No. 5 How fair are Earth and Living! How glorious are the heavens!So praise the gifts celestial, And cease from vain regret.This night the stars are shining;The welkin glows in beauty!O Man! let thoughts as lofty Bring hope and peace to thee through life.

BRANO N. 11 “Sulkemishymni” “Inno di chiusura” “On Kaunis Maa” “Bella è la Terra”. Conosciuto anche con il titolo di “Luce”.

Di tutti i testi della versione 1927 dell’Opus 113 è quello che parla di più dellabellezza della natura. Il testo è di Augustus Simelius (che dopo il 1935 si fecechiamare Aukusti Simojoki) (1882-1949), un professore finlandese moltoconosciuto per le sue traduzioni di poesie.Fu Berndt Forsblom, che portò il testo a Sibelius chiedendogli di musicarlo.Secondo Marvia (Sibeliukse Rituaalimusikki) il titolo originale del brano era“Valo” “Luce”. Sibelius compose un gioiello musicale di rara delicatezza e moltointimistico con solo 20 misure. Il brano è musicato in buona parte in chiavedi violino e la parte vocale è un semplice raddoppiamento della parte alta del-l’accompagnamento.

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LIITE – APPENDICE

N. 12 JEAN SIBELIUS: IMPROVVISO I OP. 5 (1893)

N. 13 JEAN SIBELIUS: CORALE (OP. 23) - A.V. Koskimes

N. 14 P.P. FLEMMING: INTEGER VITAE Quinto Orazio Flacco – Odi (Carmina) Liber Primis

N. 15 JEAN SIBELIUS: INNO FINLANDIA (OP. 26 N. 7) (1899, 1938)

O Dio pietoso, per il quale albeggia il giorno,Ora invochiamo la tua pietà sulla nostra natia terra.Lascia che la Tua Luce splendente, scacci le ombre,e liberi le nostre case dall’implacabili mani della guerra.A Te i nostri Fratelli pregano in verità e giustizia.E nella Tua promessa essi saldamente otterranno sostegno.

La Tua saggezza infinita è la nostra fede;la Tua mano manterrà il nostro popolo forte e libero.Essi seminano, ed umilmente attendono la messe,e Ti ringraziano, qualsiasi cosa accada.Il nostro onesto faticare e lo zelo ci porteranno allegrezza.Per questo sono doni preziosi le Tue benedizioni.

Wäinö Sola

No. 12 O gracious Lord, by whom the morning dawneth,Now in Thy mercy bless our native land.Let Thy Light shine, to drive away the shadows, And free our homes from war's relentless hand.To Thee our Brothers pray for truth and justice And in Thy faith they firmly take their stand.Thy wisdom infinite is our reliance;Thy hand shall keep our people strong and free.They sow the seed, they humbly wait the harvest,

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And give Thee thanks, whatever it may be. Our honest toil and zeal shall bring us gladness For these are blessings, precious gifts from Thee.

BRANO N. 15 Finlandia-hymni

Nel 1938 Sibelius arrangiò l’Inno che faceva parte dell’opera “Finlandia” (Opus26 n. 7) per coro. Il testo appartiene a Wäinö Sola, e non gli fu assegnato unnumero se non nell’edizione del 1950.Il testo di Sola non essendo specificatamente massonico, non fece parte delrituale delle logge finlandesi e il suo uso quindi non si limitò alle sole attivitàmassoniche.Il testo inglese di Kernochan, invece, è considerato massonico, sebbene solo lafrase “A te i nostri fratelli pregano ...” alluda ai membri della Massoneria. Peraccomodare la lirica Kernochan alterò il ritmo. L’ “Inno Finlandia” fu pubbli-cato dalla Galaxy in una pubblicazione non massonica a cui Kernochan cam-biò molte parole e frasi.

N. 16 PHILIPP NICOLAI: CORALE (1599)

ORCHESTRAZIONE dell’Opus 113.

Sibelius già dal 1939 rifiutò l’offerta che gli era stata fatta di creare un’orche-strazione per la sua opera. Egli invece accordò il permesso di far orchestrarel’opera dal famoso direttore d’orchestra Leo Funtek. I fondi per pagare l’orche-strazione furono donati da un massone che rimase anonimo, gli spartiti rima-sero proprietà della SSL ed è la stessa Grande Loggia che fornisce alle altrelogge gli spartiti per l’esecuzione. L’orchestrazione fu completata il 21 luglio1940 ma fino al 1958 non abbiamo notizie di esecuzioni pubbliche o private.La prima fu eseguita ad Helsinki il 12 dicembre 1958. La seconda in Finlandianel 1987. Si sono avute poche esecuzioni dell’opera in Germania nel 1971 e1977 e negli Stati Uniti nel 1995.Per quest’ultima fu inviata dalla Finlandia solo la fotocopia del manoscrittooriginale dello spartito del Direttore (senza le parti orchestrali).Sulla prima pagina del manoscritto Funtek scrisse “Rituaalimusiikki (1927)Op. 113” seguita da “Ork.Sov. Leo Funtek” (in finlandese, adattata per orche-stra). Oltre alla firma del Direttore d’orchestra figurò anche quella di Sibeliusche dava quindi la sua tacita approvazione all’opera.Le partiture non erano numerate quindi l’ordine poteva variare da quello tra-dizionale. Cosa che avvenne per l’esecuzione in lingua finlandese il 22 ottobre

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del 1995 nel Gran Salone della GLNY. L’esecuzione faceva parte di un pro-gramma di concerti celebrativi del 130° anniversario della nascita di Sibelius.L’esecuzione fu registrata dal vivo e fece parte di un set commemorativo in 2CD.

RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI

Cotte, R. (1991) La Musique Maçonnique. Ed. Du Borrego, Le Mans.Jankelevitch, V. (2001) La Musica e l’Ineffabile. Ed. Bompiani, Milano.Tammaro, F. (1984) Jean Sibelius. ERI Edizioni Rai, Torino.Tawaststjerna, E. (1965-1988) Jean Sibelius, 5 vol. Helsinki - Otava.Vignal, M. (1965) Jean Sibelius. Editions Seghers.Williams, H.W. (1998) Sibelius and His Masonic Music – Sounds in “Silence”. The Edwin Mellen

Press Ltd., NY.

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E’E’ legittimo sanzionare discipli-narmente un magistrato cheaderisca ad una loggia masso-

nica regolare? Nella sentenza 17 febbraio2004, Maestri c. Italia, la Corte europea si ènuovamente occupata della questione sotto ilprofilo del rispetto della libertà di associa-zione sancita dall’art. 11 della Convenzioneeuropea, ribadendo le conclusioni cui era giàpervenuta in un caso analogo deciso il 2 ago-sto 2001 (N.F. c. Italia).

Pur senza sciogliere il problema di fondoconcernente la legittimità in astratto deldivieto di affiliazione massonica stabilito peri magistrati dalla delibera del ConsiglioSuperiore della Magistratura del 14 luglio1993, la Corte europea ha riaffermato l’ille-galità delle sanzioni disciplinari inflitte aimagistrati per aver aderito alla Massoneriaprima di tale ultima delibera, ritenendo man-cante in relazione ad esse il fondamentalerequisito della “previsione legale”.

Secondo la Corte, la precedente direttivadel Consiglio Superiore della Magistratura,adottata il 22 marzo 1990, non aveva chiara-mente sancito l’incompatibilità del giura-mento massonico con l’esercizio delle fun-zioni giurisdizionali, ma si era limitata a sol-levare il problema segnalando al Ministrodella Giustizia l’esigenza di studiare “l’op-portunità di proporre eventuali limitazioni aldiritto di associazione dei magistrati conriferimento a tutte le associazioni che - per laloro organizzazione ed i loro fini - implicanoper i rispettivi membri dei legami gerarchicie di solidarietà particolarmente stringenti”.Tale direttiva non era, dunque, sufficiente adintegrare la norma “in bianco” di cui all’art.18 del Regio Decreto Legislativo 31 maggio1946, n. 511, così da porre i magistrati nellecondizioni di orientare la propria condotta edi prevedere le possibili conseguenze sul

piano disciplinare delle proprie scelte asso-ciative: tanto è vero che, conclude la Corte,lo stesso Consiglio Superiore ha percepito lanecessità di tornare sulla questione nel 1993,per affermare in termini inequivocabili l’in-compatibilità delle funzioni magistratualicon l’affiliazione massonica.

L’importanza di questa pronuncia risiedenon tanto negli argomenti utilizzati per con-dannare il Governo italiano - argomenti deltutto corrispondenti a quelli già sviluppatinella sentenza del 2001 - quanto piuttostonel fatto che essa sia stata resa dalla GrandeCamera della Corte europea, e cioè da uncollegio di 17 giudici, anziché da unaCamera composta da 7 giudici, all’esito diun complessivo riesame della controversia.Sebbene, infatti, la sentenza della GrandeCamera sia stata adottata con undici voti afavore e sei contrari, evidenziando così ilpermanere di voci dissenzienti in seno allastessa Corte in merito alla questione oggettodi esame, non vi è dubbio che la soluzione asuo tempo accolta risulta oggi ulteriormentee definitivamente avvalorata.

Resta ora da verificare come si orienteràla Corte nel caso in cui fosse chiamata infuturo a pronunciarsi sulla compatibilità conl’art. 11 della Convenzione di sanzioni disci-plinari inflitte a carico di magistrati cheabbiano aderito alla Massoneria successiva-mente al 14 luglio 1993: in tale ipotesi, laCorte dovrà affrontare e risolvere le due que-stioni lasciate volutamente aperte nelle duesentenze sino ad ora pronunciate e, cioè,dovrà stabilire se il divieto per i magistrati diaffiliarsi alla Massoneria e le eventuali san-zioni conseguenti alla violazione di taledivieto siano diretti al perseguimento di unoscopo e siano proporzionati allo scopomedesimo.

Giustizia è !!!

This article concerns the fresh judgement pronounced by the High Chamberof the European Court against Italy with regard to Freemasonry.

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Interpretare il fenomeno gnostico

di Ezio AlbrileSaggista

The Author traces a short history of the Gnostic studies by the works of the mostrepresentative Western Scholars. The story of this subject explains how the conceptsof “gnosis” and “gnosticism” over the years (since 1600) are clear themselves bythe heretical bias, for a new definition of the phenomenon: a syncretistic religionfree by the Christian faith.

IIl problema dell’origine dello gno-sticismo è stato affrontato nellacultura occidentale con metodi e

risultati a volte in palese disaccordo.Forse il primo a trattare criticamente l’ar-gomento è stato Gotfrid Arnold, che nel1699 scrisse una Storia imparziale dellaChiesa e delle Eresie. Un’opera cheinfluenzò in senso gnostico la poetica diGoethe. Anche se è da segnalare un DeVitis Secretis et Dogmatibus omniumHaereticorum di un certo G.P.Marcossius, stampato a Colonia nel 1569.

Ma è solo con Johann Lorenz vonMosheim (Lubecca 1693 – Göttingen1755) che lo studio dello gnosticismo siconfigura in parte come disciplina auto-noma. Nella sua tesi di laurea intitolataInstitutiones christianae maiores(Helmstadi 1739) il futuro pastore e teo-logo protestante descrive la gnosi comeuna filosofia orientale che nel suo veloce

e spontaneo moto di espansione dallaGrecia e dalla Caldea (ovvero laMesopotamia) arrivò sino in Egitto. Taledottrina, quasi per un processo di osmosi,avrebbe tratto alcuni elementi dal pensie-ro ebraico. In seguito anche il mondoebraico avrebbe attinto argomenti dallamentalità gnostica, utilizzandoli nella suapolemica contro la filosofia greca. Comesi può vedere, nell’analisi di Mosheim sitrovano già in nuce gran parte degli argo-menti sviluppati dalla critica storiograficaseriore.

In parte dissenzienti con Mosheim sitrovano i lavori di Horn (Über die bibli-sche Gnosis, Hannover 1805) e di E.A.Lewald (Commentatio ad historiam reli-gionum veterum illustrandam pertinensde doctrina gnostica, Heidelberg 1818),secondo i quali le fonti della dottrina gno-stica andavano rintracciate nella terra enell’insegnamento di Zoroastro, ponendo

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così le basi per quella così fortunata cor-rente interpretativa che vedeva lo gnosti-cismo antico come il più classico esempiodi filosofia dualistica.

Sulla linea interpreta-tiva del Mosheim sonoinvece da collocarsi leopere di J.A.W.Neander (GenetischeEntwicklung der vor-nehmsten gnostischeSysteme, Berlin 1818) edi A.J. Matter (Histoirecritique du Gnosticisme,I-III, Paris 1828). Inparticolare, l’esteso lavoro del Matterdescrive la gnosi come l’irrompere nel-l’essenza del cristianesimo di tutte le spe-culazioni cosmologiche e teosofiche cherappresentavano la parte più considerevo-le delle religioni orientali e che i neopla-tonici avevano adattato in Occidente.Quindi tale dottrina si configurerebbecome una sintesi di motivi tratti dall’ope-ra filosofica di Platone, Aristotele,dell’Avesta, della Qabbalah, dei MisteriEleusini e di quelli Orfici. Se da un lato illavoro del Matter contribuì a dare notorie-tà e dignità culturale alla dottrina gnosti-ca, tuttavia nella interpretazione era con-dizionato da una visione del mondo orien-tale molto stereotipata e per così direfiglia del suo tempo.

Sin dalle origini si è tentato di rico-struire le possibili relazioni tra lo gnosti-cismo e l’ebraismo: è del 1846 il libro diHeinrich Graetz, Gnostizismus undJudentum, in cui si tenta di stabilire l’in-fluenza gnostica su un certo numero di

tradizioni rabbiniche. Decenni più tardi,Moritz Friedländer rovescerà il modellometodologico di Graetz sottolineando

l ’ i n f l u e n z aebraica sullognosticismo edando cosìorigine ad unavivace corren-te interpretati-va che durasino ai nostrigiorni.

Nel 1851gli studi sullo

gnosticismo su- birono un nuovo impulsoanche grazie alla scoperta deiPhilosophumena o “Confutazione di tuttele Eresie”, un’opera ascritta ad Ippolito diRoma che negli anni ha avuto numeroseedizioni e traduzioni, da menzionare quel-le di Paul Wendlan e di MiroslavMarcovich. Del 1853 è infatti il libro di F.Ch. Baur, Das Christentum und diechristliche Kirche der drei erstenJahrhunderte, un lavoro che raccoglievacriticamente un imponente materialecomparativo e poneva le basi per le arditespeculazioni della religionsgeschichtlicheSchule di Bousset e Reitzenstein. Da cita-re negli anni che seguono la pubblicazio-ne dell’opera di Baur le ricerche di G.Volkmar, G. Uhlhorn, ed in particolare diR.A. Lipsius, a cui si deve tra l’altro unacribico studio sul sistema degli gnosticiOfiti ed una monumentale voce“Gnosticismo” nella AllgemeineEnzyklopaedie (Leipzig 1860, Vol. XXI,pp. 223-305).

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L’idea base che colloca la speculazionegnostica nell’alveo della filosofia greca ein modo particolare in Platone è neglianni a cavallo tra il 1880 ribadita nell’o-pera di M. Joel, Blicke in die Religions-geschichte zu Anfangdes zweiten christli-chen Jahrhunderts (I-II, Breslavia 1880-1883). Nella lineainterpretativa che ritie-ne lo gnosticismo unfenomeno di riflessio-ne nato in seno al cri-stianesimo stesso sonoinvece da ascriversi isaggi e le ricerche diJ.A.W. Neander, A. Hilgenfeld, A.Harnack, tutti autori legati alla cosiddetta“Scuola della Storia dei Dogmi”.

In qualche modo annunciata dagli studiantichistici di A. Dieterich, dalle ipotesipan-egittologiche di Amelineau e pan-babilonistiche di W. Anz e R. Kessler, la“Scuola di Storia delle Religioni” teorizzalo gnosticismo come un fenomeno ante-riore al cristianesimo, in cui la cosiddetta“gnosi cristiana” non sarà che un aspettoparticolare e a volte anche marginale.Centrale in questa ermeneutica è l’operadi Johann Franz Wilhelm Bousset(Lubecca 1865 - Giessen 1920)Hauptprobleme der Gnosis (Göttingen1907) un testo – nonostante la revisionefatta da Carsten Colpe – ancora oggi difondamentale importanza. Il Bousset hastudiato i diversi motivi gnostici quali ildualismo, il mito della catabasi delSalvatore, l’ascensione celeste e la figura

della Madre luminosa, rintracciandone leorigini in una forma di sincretismo irani-co-mesopotamico. Altro grandissimo stu-dioso, filologo classico e storico dellereligioni, che si è occupato delle origini

dello gnosticismo è stato EduardNorden nella sua opera Agnostos

Theos (Leipzig 1913). Anchese in questo libro tale argo-mento non è stato trattatoexpressis verbis, Norden pre-suppone l’esistenza di unognosticismo precristiano,basando tale interpretazionesui materiali derivanti dallaletteratura ermetica.

Ma l’apice di tutta questacorrente religionistica è sicuramente ilDas iranische Erlösungsmysterium diRichard Reitzenstein (1861-1931) pubbli-cato a Bonn nel 1921. Anticipato da unlavoro sulla letteratura ermetica(Poimadres, Leipzig 1904) e da uno sullereligioni misteriche (Die hellenistischenmysterienreligionen, Leipzig 1910), il“Mistero di salvezza iranico” sviluppaanaliticamente alcune delle tematiche giàpresenti nelle opere di Bousset. Motivocentrale per Reitzenstein è la vicenda dicolui che egli definisce “Salvatore salva-to”, cioè il Messaggero, l’Uomo primor-diale che discende nella Materia per libe-rare l’Anima luminosa. Se Dio è Luce eparte di questa Luce è rimasta intrappola-ta nel mondo, quando Dio discende nelmondo sotto forma di Inviato per liberar-la, salvandola egli salva anche se stesso.Reitzenstein, a suffragio della iranicità ditali tematiche, citerà un presunto

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“Frammento di Zarathushtra”, un testospurio, che anni dopo la critica filologicariterrà pura creazione del mondo letterariomanicheo e quindi non-zoroastriano.

Le reazioni alle opere della reli-gionsgeschichtliche Schule non sifecero attendere: nel 1925 a Parigiusciva la seconda edizione del librodi Eugène de Faye, Gnostiques etgnosticisme. Da esso si possonotrarre alcuni spunti metodologici,tra cui l’analisi delle fonti orientataa provare l’esistenza del Syntagmadi Giustino – primo vero catalogodi eresie – ricostruito ipoteticamen-te a partire dallo Pseudo-Tertullianoe da Epifanio; l’analisi delle carat-teristiche individuali dei vari sistemi gno-stici; le ipotesi circa l’anteriorità dellagnosi filosofica su quella mitologica. Indefinitiva il De Faye voleva descrivereuno gnosticismo cristiano indipendentedai modelli religiosi iranici o mesopota-mici che fossero.

L’ipotesi iranistica della religionsge-schichtliche Schule è anche alla base del-l’opera esegetica del teologo protestanteRudolf Bultmann. Gli studi del filologo esemitista Mark Lidzbarski sul mandeismoinfluenzarono in maniera determinanteBultmann nell’interpretazione delVangelo di Giovanni: i passi dove Gesù èritenuto un Messaggero celeste discesoper recare la rivelazione all’umanitàhanno in qualche modo un parallelo nellaletteratura mandaica. Per Bultmann ilQuarto Evangelo rappresenterà l’esito euna reazione ad un mito precristiano deri-vante da un milieu gnostico-mandaico.

Harnack aveva definito lo gnosticismocome un fenomeno di “acuta ellenizzazio-ne del cristianesimo”, in aperto contrastoerano quindi le affermazioni di Bousset e

Reitzenstein secondoi quali lo gnosticismoera un movimentoreligioso precristianodi derivazione irani-co-mesopotamica.La polemica coinvol-se anche Hans H.Schaeder, inizial-mente collaboratoredi Reitzenstein neisuoi Studien zumantiken Synkretismus

(Leipzig - Berlin 1926). Seguace del filo-sofo O. Spengler, lo Schaeder in seguitoelaborerà una ermeneutica per cui lo gno-sticismo è visto come la combinazionedell’elemento greco come forma e dell’e-lemento orientale come contenuto. Unainterpretazione seguita anche da HansLeisegang che nel suo Die Gnosis(Leipzig 1924) ribadendo la duplice natu-ra del fenomeno gnostico ne afferma peròla sua origine unitaria, nata dalla fusionedi questi due elementi religiosi.

Su un piano di mediazione si colloca illavoro di Hans Jonas, Gnosis und spätan-tike Geist, opera composita dalle alternevicende, che si presenta come prima verasintesi sul problema gnostico. Le fontiinterpretative dell’opera di Jonas sonosostanzialmente due: i materiali compara-tivi raccolti dalla religionsgeschichtlicheSchule (in particolare Bousset eReitzenstein) e l’ermeneutica teologico-

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esistenziale di Bultmann (a sua voltadebitrice della filosofia di MartinHeidegger). Per Jonas il tipo centrale dignosi è quello “siro-egizio”, distinto daquello “iranico”: nel primo abbiamo unastruttura emanativa “de-evolutiva” chealla fine produce un Demiurgo ribelle,nel secondo un dualismo di due prin-cìpi, assoluto, nel quale il cosmosorge dallo smembramento di unessere orginario (tipico motivoindo-iranico). Jonas, come rile-vato in seguito da studiosi delcalibro di I.P. Culiano o G.Casadio, dimentica però di fare iconti con le cosiddette “gnositriadiche”, cioè con i sistemi usual-mente definiti come “sethiani”, in cui iprincìpi coinvolti sono tre: la Luce, lopneuma e la Tenebra. A partire da quelloche egli chiama das Prinzip derKonstruktion Jonas rintraccia nella gnosisiro-egizia una molteplicità di influssiderivanti dalla letteratura ermetica emisterica, ma in essi si differenzia un fat-tore nuovo, quello di ritenere il mondo(kosmos) come il male ontologico da cuibisogna liberarsi. In questa prospettivaDio è quindi colui che salva gli uominidal mondo. Il rapporto tra Dio e mondo sisviluppa in antitesi cosmologiche e antro-pologiche: se da un lato Dio è opposto almondo, da un altro lo pneuma celato nelcorpo dell’uomo si oppone alla psyche edalla hyle. Il mondo terrestre alberga in unprincipio di totale autonomia: è laTenebra, una sostanza che è “reale” soloin contrapposizione al suo opposto, laVita ed il pleroma luminoso. Tra Dio e

mondo vi è una negazione assoluta. Laconcezione è nella mentalità antica un’as-surdità e l’Enneade antignostica diPlotino ne è una conferma. Impossibile

quindi ascrivere le origini del feno-meno gnostico alla speculazione

platonica. Lo stesso dicasi per iPadri della Chiesa, secondo iquali l’origine dello gnostici-smo non va ricercata in senoalla Chiesa cristiana. Per quantoriguarda invece la figura delDemiurgo, essa non è per nullaidentica al Diavolo: la sua rap-presentazione viene tanto dalladottrina platonica, quanto dalla

dottrina ebraica sulla creazione.Per Jonas la forma più peculiare del

dualismo gnostico è rappresentata daisistemi emanatisti siro-egizi nei quali ilpassaggio dalla perfezione del mondoluminoso al disordine del mondo terreno èsegnato dalla hybris di un creatura inter-media, Sophia; al contrario, il tipo iranicodi gnosticismo, secondo Jonas rappresen-terebbe un adattamento in senso antico-smico di un dualismo preesistente, quelloiranico appunto.

Un buon numero di studiosi nel temposi è orientata verso l’ipotesi dell’originegiudaica o giudeo-cristiana dello gnostici-smo. Come s’è detto, uno dei primi e prin-cipali esponenti di questa tendenza fu ilFriedländer nel Der vorchristliche jüdi-sche Gnosticismus (Göttingen 1898). Egliinsisteva soprattutto sull’esistenza di unareligiosità popolare in seno al giudaismo,entro la quale sarebbe sorta la speculazio-ne apocalittica ed in seguito gnostica. Su

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questa ermeneutica sono da annoverarsigli studi di E. Peterson o di J. Daniélou,secondo i quali i primi scritti gnosticisono da ricercare proprionell’apocalittica giu-daica. Una interpreta-zione affine è quelladi H. - J. Schoeps chesottolinea la presenzadi un “giudaismo gno-stico” negli scritti della comunità diQumran. Un altro studioso, R.McL.Wilson ha indagato i rapporti tra lo gno-sticismo postcristiano ed il giudaismodella diaspora nel suo libro The GnosticProblem (London 1958). Le sue conclu-sioni vanno verso la definizione di unfenomeno gnostico fortemente influenza-to dalle rappresentazioni religiose del giu-daismo postesilico. Nella discussione dellavoro di Wilson uno studioso tedesco,Alfred Adam, ha messo in evidenza laforte presenza di prestiti aramaici nellevoces magicae della mitologia gnostica,una linea interpretativa seguita anche dalcoptologo A. Böhlig. Importanti per l’i-potesi giudaistica anche i lavori dell’ame-ricano Birger A. Pearson, che ha studiatoi testi gnostici di Nag-Hammadi in rela-zione alle loro possibili fonti ed interpola-zioni in seno alla letteratura ebraica.

La formulazione più compiuta dell’esi-stenza di un vero e proprio gnosticismonell’alveo della tradizione ebraica, vaperò a due studiosi di straordinario valo-re: Gershom G. Scholem e Gilles Quispel.Allo Scholem di deve proprio la “scoper-ta” della gnosi mistica giudaica, rintrac-ciata nelle visioni estatiche della

Merkabah, il “Carro” o “Trono” su cui èassiso Dio in Ezechiele I, 26. L’analisidella letteratura della Merkabah porta lo

Scholem a ridefinire ilproblema delle origini

gnostiche. In primoluogo questi testidella Merkabah permolti aspetti rientre-rebbero nell’orto-

dossia giudaica ed alcuni sarebbero data-bili a prima del IV secolo d.C. Con gran-de erudizione Scholem dimostra che idocumenti dello gnosticismo cosiddetto“cristiano” presuppongono alcune conce-zioni fondamentali del misticismo dellaMerkabah: così, quando San Paolo descri-ve la sua ascensione al Paradiso, al “terzocielo”, prende a prestito termini dellamistica giudaica; così, è ancora probabileche Erma e Valentino fossero a conoscen-za delle speculazioni giudaiche sul Nomedi Dio; i documenti della gnosi valentinia-na, specialmente gli Excerpta exTheodoto, rivelano l’influsso dell’inse-gnamento impartito nei circoli esotericigiudaici. Per Scholem questo gnosticismomistico della Merkabah non esulerebbeinfine dall’ambito della tradizione hala-khica: esso svilupperebbe in fondo motivied atteggiamenti già presenti nell’inse-gnamento ortodosso-legalistico rabbini-co, sul quale avrebbe agito in modo mar-ginale l’escatologia apocalittica, cheesprimeva, nei decenni a cavallo dell’eracristiana, l’inquietudine e la rinascita reli-giosa di tanta parte del mondo giudaico.Prospettiva affine, ma differente nella ela-borazione, è quella del coptologo Gilles

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Quispel: Gnosis minus Christentum istGnosis, con questo assunto il Quispelnella sua opera Gnosis als Weltreligion(Zürich 1951) rivendicaval’autonomia e l’originalitàdello gnosticismo rispettoalle correnti religiose e filo-sofiche del sincretismo elle-nistico-romano. Se da unlato, in sintonia con la psico-logia junghiana di cuiQuispel è seguace, la gnosi èuna esperienza religiosaunica ed in sé conclusa,cioè una proiezione miti-ca implicante la ricerca dellavera essenza dell’uomo (il Sé),da un altro il Quispel rintraccia le originidi questa speculazione archetipica in unaspecifica ramificazione del giudaismoalessandrino. Da questo ambito culturale– più recentemente definito “LoggiaErmetica di Alessandria” – prenderannole mosse tutte quelle riflessioni sul cosmoe sull’uomo, che troveremo in parte dellesofisticate visioni di Valentino se nonaddirittura di Origene. Quispel è debitore,anche se in modo indiretto, del metododella religionsgeschichtliche Schule;Giovanni Casadio ha infatti notato comel’ipotesi pan-giudaica sulle origini dellognosticismo espressa dal Quispel, sia spe-culare nel metodo e nelle conclusioni aquella pan-iranica espressa dalReitzenstein e seguaci: una eterogenesidei fini dunque!

Sulla scia dell’opera di Scholem eQuispel si collocano le ricerche di G.A.G.Stroumsa (origini giudaico-gnostiche dei

miti manichei), J. Fossum (origini samari-tane dei miti gnostici), N. Deutsch. In par-ticolare il Deutsch ha ripreso le idee di

Scholem sul misticismo dellaMerkabah, approfondendo latematica in relazione alle rappre-sentazioni mitologiche presenti neitesti della gnosi mandaica. Ancheuno studioso americano, J.C.Reeves, ha studiato gli apportignostico-giudaici alla base di testimanichei come il “Libro deiGiganti”, giungendo ad una origi-

nale definizione di gnosi siro-mesopotamica in cui conflui-scono anche elementi trattidalla tradizione iranica.

Da menzionare inoltre lo studio delpatrologo R.M. Grant, Gnosticism andEarly Christianity (New York 1959),secondo il quale lo gnosticismo avrebbeavuto origine dai residui delle attese apo-calittico-escatologiche sorte dalla cadutadi Gerusalemme. La speranza nella realiz-zazione sulla terra del regno di YHWHaveva guidato e sorretto il popolod’Israele. Dalla rivolta maccabaica allacaduta di Gerusalemme nel 70 d.C., sinoalla rivolta estrema di Bar Kosebah sottoAdriano, una sanguinosa catena di eventisegna profondamente il destino del“popolo di YHWH”. Il fallimento dellasperanza escatologica realizzatta in terra,segna così lo scoppio di una tremendacrisi spirituale, che porta al manifestarsidi nuove forme religiose. Nasce così,dalla convinzione che il Dio di questomondo non è riuscito a realizzare le spe-ranze del suo popolo, l’atteggiamento

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anticosmico che insieme al dualismoescatologico caratterizzerebbe lo gnosti-cismo. Il Grant esclude ilgiudaismo ortodosso comel’ambiente di germinazionedelle varie correnti gnosti-che: la sua attenzione sirivolge invece alle idee dif-fuse nelle cerchie di tran-sfughi del giudaismo, dallacomunità essena diQumran ai circoli giudaiciinfluenzati dalla “teologia”iranico-caldea dei Magi“ellenizzati”, al giudaismo della Diasporain stretto contatto con il mondo aramaicosiro-mesopotamico. Da questi ambitidiversi proverrebbero i materiali chesaranno unificati nelle sintesi dei grandimaestri gnostici del II secolo d.C.

Una ermeneutica in parte affine, macon risultati più sconcertanti, è quella diIoan Petru Culiano, uno studioso rumenolegato alla scuola di Ugo Bianchi.Secondo Culiano l’origine del nichilismognostico va ricercato nel problema degli“Angeli delle Nazioni”: nell’antico giu-daismo v’era convinzione che tutte lenazioni della terra avessero un loro rap-presentante nella corte celeste, gli Ebrei siattendevano dei vantaggi politici imme-diati per il fatto che il loro rappresentanteceleste era Dio stesso, oppure l’arcangeloMichele, situato al primo posto accanto aDio. La caduta del Secondo Tempio nel70 d.C. altera sostanzialmente questavisione. Dal momento che Roma avevaconquistato la Palestina e che l’occupa-zione della Terra di Dio pareva non aver

termine, ciò stava a significare una solacosa: Samael, l’angelo di Roma, si era

sostituito a Dio o aMichele nella loro fun-zione di capo degliAngeli delle Nazioni;come la stessa potenzaromana, anche Samaelè un angelo cattivo, l’e-quivalente di Satana. Aquesta ipotesi ermeneu-tica, Culiano aggiungeuna precisa e dettaglia-ta fenomenologia dei

miti gnostici, studiati in prospettiva dia-cronica. Particolare importanza nell’operadi Culiano è l’intrecciarsi di gnosticismoe pensiero nichilistico moderno: un temaanalizzato con metodo imparziale e avolte spietato, che ha avuto non pocherisonanze nell’opera del filosofo e saggi-sta italiano Elémire Zolla.

Nella sua impostazione teoretica illavoro di Culiano è sicuramente debitoredelle ricerche di un altro importante stu-dioso italiano, Ugo Bianchi, cui si deveanche l’organizzazione del notoConvegno di Messina nel 1966. Strenuodifensore delle origini orfico-platonichedello gnosticismo, il Bianchi riteneva chela mitologia gnostica riprendesse e riela-borasse materiali arcaici, individuabiliattraverso la ricerca etnologica e folklori-ca. A quest’ultimo aspetto del problemaegli dedicò uno specifico studio (Il duali-smo religioso, Roma 19832), un importan-te lavoro che metteva a nudo le analogieed i possibili rapporti tra i miti gnostici eil mondo dell’etnografia religiosa.

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L’ipotesi dell’origine puramente greco-platonica della teodicea gnostica è presen-te inoltre nei lavori di S. Pétrement, stu-diosa francese disce-pola della filosofaSimone Weil. LaPétrement, seguendo avolte pedissequamentel’impronta di Harnack,ritiene lo gnosticismoun fenomeno di elle-nizzazione del cristia-nesimo nel quale glielementi religiosi danno origine ad unateologia politica di ribellione verso ognitipo di oppressione sociale; una ermeneu-tica questa sicuramente mutuata dalle ideemarxiste della Weil. Sempre su una ten-denza sociologica e politica sono da anno-verare le ricerche dell’americana ElainePagels, la quale ha studiato in particolaregli equilibri di potere alla base della con-trapposizione tra pensiero gnostico egerarchia ecclesiale.

Uno studioso tedesco, Carsten Colpe inun suo famoso studio ha rivisitato critica-mente le idee della religionsgeschichtli-che Schule, dimostrando l’infondatezza dimolte delle ipotesi enunciate daReitzenstein & Co. Nonostante ciò l’in-terpretazione iranistica del fenomenognostico ha avuto seguito ed articolatosviluppo nell’opera di uno studioso sve-dese, Geo Widengren (Stoccolma 1907-1996). Widengren ha perfezionato lericerche dei suoi predecessori rintraccian-do le origini dello gnosticismo in una spe-cifica corrente esoterico-filosofica sortanell’alveo della religione mazdaica, lo

zurvanismo. Secondo Widengren tale tra-dizione sapienziale mescolata alle ideedel mondo aramaico-mesopotamico

avrebbe dato origine allagnosi dei Mandei e di rifles-so a tutta una serie di docu-menti ascrivibili a quella dalui definita “gnosi partica”.L’ibridazione tra materialiiranici ed aramaici sullosfondo del regno partico èinoltre per Widengren allabase di un complesso sin-

cretismo che sfocia in testi apocalitticicome il “Libro di Enoch” o nei più rap-presentativi testi di Qumran come la“Regola della Guerra”, esempi di un giu-daismo intertestamentario che iniziava adinterpretare il tutto seguendo canoni“gnostici”. Le ricerche del Widengren e lefascinazioni della religionsgeschichtlicheSchule hanno avuto un seguito nell’operadell’italiano Gherardo Gnoli, uno studio-so che da sempre ha sostenuto la paleseiranicità del fenomeno gnostico. In Gnolitroviamo anche una ridefinizione delmanicheismo come “religione gnosticairanica”. Un tentativo di mediazione traqueste citate posizioni estreme è del tede-sco Kurt Rudolph, il quale pur sottoli-neando l’evidente sostrato greco-ellenisti-co e giudeo-aramaico nelle origini dellognosticismo, non trascura di sottolinearela presenza di materiali iranici.

La scoperta negli anni ‘40 a Nag-Hammadi, l’antica Chenoboskion, di unaintera biblioteca di testi gnostici vergati incopto, ha dato sicuramente nuova linfaagli studi sulle origini dello gnosticismo.

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Lo scopritore di questo corpus di scritti,fu Jean Doresse, coptologo la cui famavenne presto oscurata dall’astro di Henri-Charles Puech. Al Puech si devono unavasta serie di lavori sulla feno-menologia gnostica: da men-zionare lo studio su La gnosie il tempo, un lungo lavorosull’equivalenza tra la conce-zione dello spazio e deltempo nella demiurgia gno-stica, apparso negli Eranos-Jahrbuch di Carl GustavJung. La scuola di studi sullognosticismo e sul dualismoiniziata dal Puech è continuata nell’operadi Michel Tardieu, geniale studioso, ilprimo ad utilizzare un approccio antropo-logico-strutturalista nell’interpretazionedei miti gnostici. Da ricordare, semprenell’ambiente parigino, i lavori di A.Guillaumont sui semitismi nei testi gno-stici; il Guillaumont fu curatore insiemeal Puech, Till, Quispel e Labib dellaprima edizione del Vangelo di Tomaso diNag-Hammadi.

Le dispute e le polemiche in seno alritrovamento ed alla pubblicazione delcorpus copto di Nag-Hammadi, produs-sero una molteplicità di edizioni e versio-ni dei trattati gnostici. A cavallo tra gli

anni ‘50 e ‘70 del secolo appena trascor-so circolavano infatti diverse traduzioni(pubblicate principalmente sulle paginedi riviste scientifiche) corredate anche di

testo a fronte copto, tra di esse damenzionare le già citate di Puech,Quispel, Labib, Till, Guillaumont equelle di S. Giversen, R. Kasser,H.-M. Schenke, B. Layton. Piùrecentemente la traduzione deitrattati gnostici di Nag-Hammadi èstata coordinata dal prof. James M.Robinson del “Coptic GnosticLibrary Project” dell’Institute forAntiquity and Christianity di

Claremont (California), e da una serie distudiosi (Jacques É. Ménard, Paul-HubertPoirier, Michel Roberge, LouisPainchaud, Wolf-Peter Funk, Jean-MarieSevrin, Yvonne Janssens e altri) gravitan-ti attorno all’Università Laval del Québecin Canada. I due team di studiosi hannoprodotto e stanno producendo versioni ininglese ed in francese dei testi gnostici.Le traduzioni tedesche sono invece infase di completamento a cura dell’Institutfür Orientforschung di Berlino al qualehanno afferito ed afferiscono coptologi divalore quali A. Böhlig, W. Till, P. Nagele H-M. Schenke.

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L’Occultismo moderno tra Éliphas Lévi ed Aleister Crowley

di Antonio D’AlonzoSaggista

The Author analyzes the differences between “occultism” and “esoterism”: the firstterm refers to a pragmatic and experimental practice, the second is the “philosophi-cal” and “religious” doctrine which constitutes the main ground of occultism; boththese “arts” reflect upon some important concepts like the grid of correspondences,the nature’s living body, the imaginative power, the state of transmutation.In the second part of the contribution the Author summarizes the work of the firstproto-occultists and scholars of the Renaissance Marsilio Ficino and CorneliusAgrippa and then reviews the works and figures of some famous modern occultists:Éliphas Lévi (1810 - 1875), Saint-Yves d’Alveidre (1842 -1909), Philippe Vachot,Gérard Enausse (Papus), Joséphin Péladan (1890 - 1915), Paul Sèdir (1871 - 1926)and Aleister Crowley (1875 - 1947).

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IIl termine francese occultisme, pareche sia stato usato per la primavolta da Éliphas Lévi, ma ovvia-

mente, al di là del problema nominale, latradizione delle “scienze occulte” affondale sue radici nell’era del cristianesimodelle origini. In effetti, prima del neologi-smo coniato da Lévi, non esisteva unadistinzione netta, seppur ancora termino-logica, con quello che Guénon successi-vamente avrebbe indicato essere il domi-nio proprio dell’“esoterismo” o dell’“ini-ziazione”. Del resto, ancor oggi, questadistinzione è per lo più teorica, dato chealcune pratiche attraversano gli ambitireciproci di ambedue (per esempio l’al-chimia e l’astrologia).

Una distinzione interessante è propostada Edward A. Tiryakian:

Con “occulto” intendo riferirmi aquelle particolari pratiche, tecniche eprocedure che: a) si fondano su forzemisteriose e ben celate, presenti nellanatura e nel cosmo pur senza esseremisurabili o individuabili con gli stru-menti della scienza moderna; e b) checomportano, quali conseguenze auspi-cate oppure realizzate, risultati empiri-ci, tra i quali si possono annoverare laconoscenza del corso pratico degli even-ti e l’alterazione degli avvenimenti stes-si rispetto allo svolgimento che avreb-bero avuto se non ci fosse stato questoparticolare intervento.

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Con “esoterico”, invece, voglio indicareil complesso di quei sistemi di pensierofilosofico-religiosi che costituiscono lefondamenta di quelle pratiche e tecnicheocculte cui sopra mi riferivo. Ciò signifi-ca che l’esoterismo fa riferimento a rap-presentazioni che racchiudonoconoscenze di più vasta portatasulla natura e sul cosmo, leriflessioni epistemologiche eontologiche sulla realtà ulti-ma, le quali tutte insiemecompongono quel bagagliodi nozioni che sta alla base diogni procedimento occulto.Ricorrendo a una analogia, sipuò affermare che la conoscenzaesoterica sta alle pratiche occulte come ilcomplesso delle nozioni della fisica teo-rica sta alle applicazioni dell’ingegneria.

Ma come giustamente rileva l’insignestudioso dell’esoterismo Antoine Faivre1,la distinzione di Tiryakian, è diventataammissibile solamente dal XIX secolo,quando l’atteggiamento corrivo evelleitario nell’approccio di alcuni esote-risti, rese necessario l’utilizzo del neolo-gismo, “occultismo”, coniato da ÉliphasLévi. Comunque, seppur sommaria-mente, possiamo tentare di ricondurrequesto carattere prevalentemente prag-matico o sperimentale all’occultismo, chedel resto come ogni pratica ha bisogno diun bagaglio di nozioni su cui radicarsi,necessità assicuratagli dall’esoterismo.

D’altro canto, potremmo tentare di vederenell’occultismo una degenerazione dell’e-

soterismo, o addirittura come fanno iperennialisti una deviazione. Ma ladicotomia tra l’occultismo “prati-

co” e l’esoterismo “teorico”resta molto significativa,

sul piano semantico.Inoltre, è verosimile

che una delle scienzeocculte per eccellenzacome la magia possieda

da sempre, e fin dal-l’inizio, questo carattere

pratico e operativo. Secondogli studi di J.H. King, Frazer,

Marett, Mauss, la magia, che secondoloro fu la prima forma di religione, nascedall’osservazione delle calamità naturali,alle quali l’uomo attribuisce una forzaimpersonale, denominata presso iMelanesiani Mana e gli Irochesi Orenda.

Questa potenza anonima che sconvolgela natura con la sua furia, è dominata dalmago ed asservita ai suoi scopi individu-ali, o piegata alle esigenze utilitaristichedella comunità. Come rilevano Hubert eMauss, l’abilità del mago consente anchedi violare tabù ed interdizioni, che saran-no invece rigorosamente rispettati dal-l’uomo religioso. La magia ha quindi, giànella sua essenza, un’impronta ditrasgressione, che la porta a scavalcarequalunque divieto, pur di raggiungere il

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1 Cfr. Enciclopedia delle Religioni, diretta da M. Eliade, Jaca Books, vol. 3, alla voce“Occultismo”, redatta da A. Faivre.

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suo scopo immediato. Conserva in sé, uncarattere meramente pratico, operativo.

Se l’occultismo si presenta come laderiva pratica, sperimentale, delleconoscenze esoteriche, è ineluttabil-mente avvinto agli stessi assunti.Dopo aver appurato ciò che lodifferenzia dall’esoterismo(per lo più, come abbiamovisto, si tratta di eterogenesidei fini, più che di ambitidottrinali distinti), passiamoora in rassegna gli assunti checondivide con quest’ultimo.

Il reticolo delle corrispondenze.

Si tratta della classica idea dell’identitàmacro-microcosmo espressa mirabil-mente dalla Tavola Smeraldina (ciò che èin alto è come ciò che è in basso, ciò cheè in basso è come ciò che è in alto).Esistono analogie e corrispondenze intutto l’universo, che altro non è che unrimando di specchi, una ridondanza disegni da dis-velare (avere occhi per leg-gere e orecchie per sentire). Il corpoumano altro non è che un’immagine delcosmo. In India l’occhio singolo simbo-leggia il sole, entrambi invece richiamanoil sole e la luna. La scatola cranica raf-figura la luna, così come l’alito il vento, leossa le pietre, i capelli l’erba della terra.Ed ancora, il ventre simboleggia le grottedella terra, gli intestini i labirinti, le venee le arterie il sole, la colonna vertebralel’Axis Mundi, etc. In questo reticolo dicorrispondenze trovare la maniera giusta(“gli occhi per leggere” etc.) per operare

sulla Natura, significa di rimando influiremimeticamente o simpaticamente sulmicrocosmo, se non addirittura sui corpialtrui. Si dicono mimetici, quei riti fondati

sull’assunto che il simileinfluisce sul simile, per cui

imitare simbolicamentel’atto desiderato, negarantisce magica-mente il risultato con-creto (esempio classi-co i riti magici di

“buon auspicio”). Sidicono simpatici, invece,

quelli in cui è la parte adagire sul tutto (esempio: l’incan-

tesimo sul feticcio personale della vitti-ma, come la ciocca dei capelli, o il lembodell’indumento intimo).

Abbiamo quindi visto che tanto perl’occultista, che per l’esoterista, il Cosmoè un geroglifico di misteri e segni da dis-velare, tracce e rimandi intercalati in unaierofania dell’Assoluto che è dentro efuori l’Essere e il Creato. Le corrispon-denze ineriscono all’ordine della Naturafisica o invisibile, come abbiamo verifica-to sopra esaminando le analogie tra ilcorpo umano e gli elementi fisici. Mapossono anche palesarsi tra la stessaNatura ed i testi sacri (un esempio chiaroin questo senso lo fornisce la Qabbalah).In quest’ultimo caso esiste una credulafiducia nella possibilità che i testi rivelatipossano chiarire il senso ultimo della sto-ria e del suo divenire (quello che comune-mente s’intende con “millenarismo”). Sideve aggiungere che questo secondo tipo

⋅ 57 ⋅L’Occultismo moderno tra Éliphas Lévi ed Aleister Crowley, A. D’Alonzo

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di concordanza è più diffuso tra gli esote-risti di quanto non sia tra gli occultisti, inquanto i primi ricercano maggiormente lalegittimazione dell’autorità tradizionale,mentre i secondi sovente si pongono in unatteggiamento di forte ribellione verso lapotestà religiosa.

Il corpo vivente della Natura.

Ancora nel Rinascimento si con-cepisce la Natura come un organi-smo vivo, pulsante, un gioco di sim-patie e antipatie tra forze che si attrag-gono e respingono reciprocamente.Successivamente l’avvento dellascienza moderna avrà cura di portarea termine la desacralizzazione dellaNatura. Ma già con Paracelso, laNaturphilosphie conobbe il suo massimosplendore: nemmeno nel Medio Evo siera osato azzardare l’idea di conoscereDio attraverso la Natura. Quindi non soloesistono delle corrispondenze analogichetra macro e microcosmo. Ma esse, seppurvelate dall’illusione sottesa al fenomenico(quello che poi Kant ribattezzerà ilnoumeno), sono a portata di mano, rag-giungibili, dato che la Natura stessa è unorganismo vivo, “magico” nel sensooperativo del termine.

La facoltà dell’Immaginazione.

Solo chi ha sviluppato coscientementel’immaginazione riesce a disvelare le cosenella loro infinitezza (If the doors of per-ception were cleansed, everything wouldappear to man as it is, infinite: nell’ottica

del poeta William Blake il mondodell’Immaginazione è infinito

ed eterno, al contrario delmondo della generazione). IlVero mondo è quindi là, adisposizione di chi abbia

sviluppato il potere naturaledell’Immaginazione. Si tratta dimotivi presenti prima nel pla-tonismo e poi nel neoplatoni-

smo (anche se, a ragion delvero, per Platone più chel’Immaginazione può la

nòesis, l’intelletto. Ma la dot-trina dei due mondi, il sensi-bile ed il sovrasensibile, ilprimo mera copia imperfettadell’altro, è la stessa).

La condizione della trasmutazione.

Quest’esperienza riguarda tanto la pos-sibilità di trasformare, esteriormente ointeriormente, l’operatore stesso, quantoun oggetto materiale o naturale in unaltro. Può quindi essere attinente ad unrito di passaggio, alla fenomenologiadella “seconda nascita”, alla dinamicaalchemica del nigredo - albedo - rubedo.Questi ultimi termini simboleggiano,rispettivamente, l’opera al “nero”, lamorte profana, la discesa agli inferi, lamorte nel ventre del mostro iniziatico,simbolismo, quest’ultimo, importantissi-mo nelle iniziazioni di pubertà. L’opera al“bianco”, il rischiaramento, l’illumi-nazione, il cammino verso la pietra filoso-fale. L’opera al “rosso”, la perfezionerealizzata, l’uscita dalla condizione indi-

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viduale, l’accesso ai Grandi Misteri. Mala condizione della trasmutazione puòanche riguardare la possibilità di operaresulla Natura stessa.

Questi sommariamente, sono icaratteri comuni all’esoterismo eall’occultismo2. Ne esistono, tut-tavia, altri due, che sono peròattinenti solamente all’esoteri-smo vero e proprio, e che perciònon prenderemo in conside-razione. Possiamo quindi appu-rare come non esista una rigidademarcazione attinente ai campi d’ap-plicazione dell’occultismo e dell’esoteri-smo, e che la differenza vada ricercatapiuttosto nella “modalità” d’applicazione,nell’atteggiamento che si tiene al riguardodella ricerca. Non si tratta cioè, di collo-care determinate dottrine sotto undominio, piuttosto che sotto di un altro,ma di scegliere come indirizzarsi verso lestesse, se ricercando uno sbocco assoluta-mente pratico, o viceversa instradandosiverso un’assi-milazione maggiormenteteorica, spirituale.

Secondo alcuni studiosi esisterebbeuna correlazione strettissima tra la moder-nità e l’occultismo. In effetti, se conside-riamo l’era moderna nelle sue manie eidiosincrasie, come per esempio l’esage-rata sensibilità al sensazionale e il rigettoverso il pensiero contemplativo – maanche verso tutta la cultura umanistica in

generale – possiamo vedere il filo rossoche la lega all’occultismo. L’attenzionesmodata al paranormale, a tutto ciò cheirrompe nella routine quotidiana, che

manifestandosi sembraconflagrare le cate-

gorie dell’ordi-nario, rimandaall’ansia perl’attesa dinuovi dei, pertutto ciò che

possa di nuovoconferire uno

spessore di nuovosenso all’esistenza.

Esiste oggi una “fame” generalizzata disimboli, di sacro, che si manifesta sottoforma di vecchi e nuovi culti (si può con-sultare a tal proposito lo studio del CES-NUR sulle nuove religioni in Italia).Basta comprare alcune riviste “specializ-zate” in edicola, per rendersi conto dicome siano trattati argomenti disparati escarsamente omogenei, mettendoli inrelazione con fenomeni che non hannonulla di “paranormale” (un tipico esempiosono i famigerati cerchi del grano).

Possiamo riconoscere questo paralleli-smo. Se l’occultista avalla una maggioreattenzione alla pratica, quindi al mondofenomenico, l’esoterista coltiva nella suaformazione una spiccata propensioneall’intimismo, alla spiritualità silenziosa elontana dai clamorosi rumori del mondo

⋅ 59 ⋅L’Occultismo moderno tra Éliphas Lévi ed Aleister Crowley, A. D’Alonzo

2 Antoine Faivre, Accèss de l’ésotérisme occidental, 2 voll. ed. Gallimard, Paris.

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profano. Alla metà del secolo XIX, la cul-tura risente ancora dell’utopismo delSettecento dei Lumi, del-l’escatologia rivoluzionariamarxiana, del clima generaledi fiducia positivista nelleconquiste scientifiche. Anzi,possiamo definire l’Ottocentoil secolo dell’utopia (per lomeno fino a Nietzsche, ilquale però rimane in continu-ità oggettiva con lo scientismomodernista, almeno se facciamonostra la lettura che ne offreHeidegger).

Con l’avvento delleciminiere e della crescente urbaniz-zazione delle campagne, l’immagi-nario collettivo si nutre quindi di attesaper il sensazionale e lo strabiliante. E’uno stato febbrile, pre-futurista, quelloche s’impadronisce delle masse pronte astrabuzzare gli occhi tanto davanti a unacolata d’acciaio, quanto ad un tavolino“che balla”. Gli spiriti “battono i colpi”, lerudimentali catene di montaggio emet-tono i primi rumori industriali: si sottraealla Natura il lento germinare della suacreazione. Non c’è più bisogno di atten-dere i ritmi naturali delle stagioni, è unmondo che vuole venire alla luce intera-mente e subito. Gli spiriti non sonnecchi-ano più nel ventre silenzioso di unaNatura sacra, ma sono evocati a piaci-mento dai viventi, che li costringono a

battere colpi, a muovere i tavolini: apartecipare al rumore del nuovo Mondo.Inizia a imporsi il kardecismo, che fa

proseliti in patria e fuori (special-mente in Brasile), anche se fuori

degli ambienti spiritistici farà moltapiù fatica a conquistare una fetta di

notorietà. Dall’eredità del romanzogotico settecentesco, nasce il generefantasy, anche detta “letteratura fan-tastica”, i cui padri sono principal-

mente tutta l’opera di E.A. Poe, ilFrankenstein (1818) di MaryShelley, e il Dracula (1897) di B.Stocker. In questo filone sonomescolati (specialmente nel sword

and sorcery) elementi desunti dallesaghe nordiche e dai poemi cav-

allereschi, con rimandi alla parapsicolo-gia e all’occulto, integrando il tutto in untessuto narrativo fortemente intriso diriferimenti magici e fantastici.Concludendo, questo è il clima nel qualepuò radicarsi l’occultismo ottocentesco.

Del resto, per il sociologo Tiryakianquesto nesso tra modernità e interesse peri fenomeni occulti non si esauriscenell’Ottocento, ma riguarda anche esoprattutto la nostra era. Per Tiryakian siassisterebbe oggi ad un progressivofenomeno di “secolarizzazione del demo-niaco”, dopo che lo stesso ha riguardato icostumi religiosi3. Si tratterebbe, quindi,di un tentativo di proclamare dopo lamorte di Dio, anche quella del diavolo. In

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3 Enciclopedia delle Religioni, diretta da M. Eliade, Jaca Books, vol. 3, alla voce“Occultismo”, redatta da A. Faivre.

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questo senso la modernità (postmoder-nità?) ha bisogno di affrancarsi del tuttodalla fede, dalle paure ancestrali, daquel mondo dell’ignoto che sicerca ora nietzscheanamentedi smascherare (possiamoanche leggere in tal senso il“ritorno del perturbante” di Freud).

Abbiamo visto che il complesso didottrine, insegnamenti e pratiche,dal quale prende avvio quel-lo che nell’Ottocento saràribattezzato “occultismo”,non differisce dal “corpus”proprio all’esoterismo. Sideve tuttavia tenere pre-sente che il campo dottri-nale della ricerca esoterica non si presen-ta come una giurisdizione originaria e di-stinta dagli altri ambiti del sapere umani-stico, ma subisce dall’inizio una contami-nazione fatale con questi ultimi. Cosicchéè solo in seguito all’appropriazione dellafilosofia da parte dei pensatori scolastici,che gli eruditi del XVII secolo decidonodi rivendicare le loro competenzeacquisite nello studio dell’Ermetismoneo-alessandrino, nella Qabbalah cri-stiana, nell’Alchimia, etc. E’ quindi fruttodi una contingenza storica che il corpusdell’esoterismo occidentale sia statoquesto e non un altro. E’ ovvio allora che,come sopra ricordato, non ci sia mai statauna netta demarcazione con laphilosophia occulta, e che si sia trattato di

una differenza relativa (per lo più applica-ta retroattivamente dagli esoteristi del

XIX secolo) alla mentalità con cuierano vissuti gli insegnamenti

segreti (in maniera pratica pergli occultisti, viceversa spiri-tualmente per gli esoteristi).

Se quindi l’ambito dottrinale del-l’occultismo, prima del secolo XIX,è lo stesso dell’esote- rismo, la cor-

rente occultista comincia pro-priamente con l’opera diÉliphas Lévi (1810-1875).Alfred Charles Constant,questo il vero nome di cuiÉliphas Lévi è la traduzioneebraica, nel suo Dogme e ri-

tuel de haute magie, si propone di rivelarei grandi segreti delle religioni, della scien-za primitiva dei maghi, e l’unità deldogma universale4. Il sincretismo di Léviè evidente: facendo affidamento adun’erudizione notevole, ma confusa epriva di rigore metodologico, sembraricalcare la falsa riga dell’opera diCornelius Agrippa, che può certamenteessere considerato come l’antesi- gnanodella corrente occultista ottocentesca. Ineffetti, nel suo De occulta philosophialibri tres (1531) Agrippa amalgamamagia, astrologia, Qabbalah, teurgia,medicina, studi di botanica e metallurgia.Ma la tendenza alla commistione enciclo-pedica era già presente nel De vita coeliuscomparanda (1489)5 di Marsilio Ficino.

⋅ 61 ⋅L’Occultismo moderno tra Éliphas Lévi ed Aleister Crowley, A. D’Alonzo

4 Éliphas Lévi, Dogme e rituel de haute magie.5 M. Ficinio, De vita coelitus comparanda.

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Éliphas Lévi dunque ingigantisce quel-li che erano i vizi dei primi proto-occultisti (ma per quanto detto sopra, sirilevano diversamente come esoteristi seli poniamo in continuità oggettiva nonpiù con Lévi, ma con, ad esempio,Eugène Canseliet. Il problema ètutto nel dove si vuole vedereil filo rosso. La storia dellacultura, in tal senso, si pre-sta a molteplici chiavi dilettura). L’erudizione diLévi si propone di amalga-mare tutto. Egli crede aduna filosofia occulta, madree nutrice di tutte le reli-gioni, che possiamo tranquil-lamente identificare con quellaphilosophia perennis che più tardi iperennialisti rivendicheranno come emi-nentemente metafisica e sottratta alla sto-ria (F. Schuon, parlerà di “unità trascen-dente delle religioni”).

Nel definire la filosofia occulta,Éliphas Lévi asserisce testualmente:

La filosofia occulta sembra essere stata lanutrice o madrina ditutte le religioni, la molla segreta ditutte le forze intellettuali, la chiave di tutte le oscurità divine e laregina assoluta dellasocietà, al tempo in cui essa era riservata esclusivamenteall’educazione dei sacerdoti e dei re.

Questa filosofia occulta nutrice e ma-drina di tutte le religioni, molla segreta,chiave, etc., può essere, con un certo

margine di distinzione, accomunata alla“Tradizione” cara ai perennialisti, nellesue diverse versioni (“Tradizione

Primordiale”, “unità trascendentedelle religioni”, “dottrina pri-

mordiale”, etc.). Del resto,l’idea dell’esistenza di una

philosophia perennis (comeCoomaraswamy definìancora la “Tradizione”)che irrora e germina tuttele filosofie e religioni,non appare certamente inOccidente con Guénon edi perennialisti, ma fa lasua comparsa fin dalRinascimento con Marsilio

Ficino e Pico dellaMirandola. Già nel Medioevo bizantinoPsello e Pletone avevano parlato di unaprisca philosophia che univa in una cate-na comune e ininterrotta Zoroastro,Ermete Trismegisto, Orfeo,Aglaophemos, Pitagora, Platone, leSibille. Ficino a questa catena sapienzaleaggiungerà la magia, ed allora si avrà laphilosophia perennis - o se preferiamo,letteralmente la philosophia occulta -come la intenderà Éliphas Lévi.

Esiste tuttavia una differenza essen-ziale tra l’idea della philosophia perenniscome la concepiva Ficino e gli eruditi delRinascimento, come la concepisceÉliphas Lévi, e come successivamente larealizzeranno i perennialisti. Ficino sipreoccupava di rintracciare la filosofiaperenne esclusivamente tra le dottrine delbacino del Mediterraneo, mentre i secon-di non esiteranno a conferire alla stessa

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una dimensione universale, allargata cioèa tutte le culture orientali ed occidentali6.

Nei suoi libri, Éliphas Lévi crede all’e-sistenza di un segreto formidabile, la cuirivelazione ha già rovesciato ilmondo, ed altresì anche all’esistenzadi una scienza vera e una falsa, unamagia divina e una infernale. Egliquindi opta per una filosofia occultaa profilo alto, in grado di richiamaregli insegnamenti dell’ermetismoalessandrino, dell’astrologia, dellaQabbalah cristiana, etc. Ma il suo sin-cretismo gli impedisce di scivolareanche verso forme di bassa magia,che contemperano l’utilizzo di esor-cismi, scongiuri, invocazioni,prodigi, etc. In altre parole, versopratiche da fattucchiere.

Quando parliamo di “pratiche da fat-tucchiere” non vogliamo usare un’espres-sione denigratoria verso l’autore, né tan-tomeno verso alcune forme piuttostopopolari di credenze e superstizionipseudoreligiose. Qui non stiamo dandodei giudizi di merito sulla presunta “ve-rità” di un insieme di usanze e pratichepopolari, eventualmente comparandolecon il maggior spessore metafisico di dot-trine la cui conclamata “ortodossia” nonha bisogno di presentazioni. Nonvogliamo cioè liquidare con un giudiziosprezzante tutta la religiosità popolare,che comunque trova un posto importante

all’interno degli studi di antropologia cul-turale o di storia del folklore. Senz’altroanche i malefici e i sortilegi dei fattuc-chieri sono degni d’attenzione. Il punto è

un altro. Il curioso sincretismo diÉliphas Lévi, la cui unica preoccu-pazione sembra essere quella di rac-cogliere dati e nozioni, lo porta adun’erudizione confusa e sommariache si riflette nel piano complessivo

della sua opera.Ma accingiamoci a chiarire meglio

ciò di cui stiamo trattando. Éliphas Léviaccanto a dei trattati di Alta magia (IlRituale dell’Alta Magia, La chiave dei

grandi misteri, Il dogmadell’Alta Magia, etc.), ha scritto

anche un breve trattato, Magiadelle campagne e stregoneria dei pastori7.Il curatore stesso del volume (che rac-coglie gli scritti di altri autori, oltre il no-stro) chiarisce nella sua premessa chequella di Lévi è una breve panoramica“magica” nella quale confluiscono, sin-cretisticamente, motivi pagano-cristiani,ridotti in chiave superstiziosa dal-l’impiego fattone da fasce sociali ruralibasse o degradate. Sulla attendibilitàdelle formule, mutile e travisate [...] Lévimedesimo non tralascia di mettere sul-l’avviso i lettori. Egli tuttavia ritiene chela reale efficacia - malgrado tutto - di talipratiche, risieda nella fede sincera che neaccompagna l’esecuzione [...].

⋅ 63 ⋅L’Occultismo moderno tra Éliphas Lévi ed Aleister Crowley, A. D’Alonzo

6 A. Faivre, Histoire de la notion moderne de tradition dans ses rapports avec les courantsésotériques (XV° - XX siècles).7 Cfr. Éliphas Lévi, Magia delle campagne e stregoneria dei pastori, ed. Atanor, Roma.

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Riteniamo che il prefatore abbia asso-lutamente ragione. Ma allorasi deve scegliere: perché o sifa un’opera storiograficasulla magia, rinunciando cosìa parlare di Verità e di fede, oci si sposta sul terreno del-l’ontologia e si ignorano itagli enciclopedici. E’ questoil limite di Éliphas Lévi.Grandissima erudizione, mapoi però evidentemente sisente sminuito e intrappolatonello stereotipo del topo di biblioteca, eallora si porta su di un piano più elevatodove non è più un semplice studioso, maun iniziato autorizzato a parlare di veritàtrascendenti. In questo fu molto più ri-goroso René Guénon che recise drastica-mente il campo dell’ortodossia dalle sug-gestioni della modernità, anche se poiandò incontro ad una serie di generaliz-zazioni affrettate. Ma Éliphas Lévi – adifferenza di Guénon – non si risolse nellascelta tra l’essere un “semplice” erudito oun iniziato.

Magia delle campagne e stregoneriadei pastori, si apre con una genericadescrizione dei disturbi psicosensorialiche colpiscono gli uomini di campagna:

Nella solitudine, in mezzo al lavoro dellavegetazione, le forze istintive e ma-gnetiche dell’uomo aumentano e siesaltano, le forti esaltazioni degli umoridegli alberi, l’odore dei fieni, gli aromi dicerti fiori riempiono l’aria di ebbrezza edi vertigine; allora le persone impres-sionabili cadono facilmente in una speciedi estasi che le fa sognare da sveglie.

E’ allora che, sempre secondo Lévi,“Uccelli notturni”, “lupi

mannari” e “folletti” tor-mentano ripetutamente i

contadini. Tuttavia, ÉliphasLévi ci ammonisce che:

(Queste visioni) sono realie terribili, e non bisogna ri-dere dei nostri vecchi conta-

dini bretoni quando raccon-tano ciò che han visto

Già in questo primo passo,s’incontra subito una difficoltà logica.Éliphas Lévi non si accorge di cadere inun evidente ossimoro con l’enunciatosopra riportato, perché se si sostiene,come fa lui, che le apparizioni dei lupimannari e dei folletti sono “reali e terri-bili” diventa poi difficile classificare lesuddette apparizioni come delle semplicivisioni, dovute al manife- starsi di ripetu-ti stati di estasi che fanno sognare le per-sone “da sveglie”. Éliphas Lévi, purtrop-po, non fa neppure lo sforzo di assicurar-ci che sta esprimendosi da una prospetti-va “relativistica”, come diremmo oggi,secondo la quale non esistono enunciati diverità indipendenti dal soggetto. In altreparole, banalizzando molto il concetto,che se un soggetto “Z” si crede “X” o“Y”, anche se per il mondo esterno lui è“Z”, per la soggettività “Z” rimane realela credenza di essere “X” o “Y”.

Sorvolando su questo punto, arriviamoad individuare le cause sottese ai disturbi,descritti da Éliphas Lévi.

Si tratterebbe di una sorta di fenomenidi magnetismo naturale, dovuto a turbini

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magnetici, che operano prodigi simili aquelli dell’elettricità, come l’attrazione ola repulsione degli oggettiinerti, delle correnti atmo-sferiche, nonché influenzesimpatiche o antipatichepronunziatissime (sic).

Appare qui un’altradelle caratteristiche del-l’occultismo ottocentesco:il curioso tentativo di con-ciliare il sovrannaturale con lascienza moderna. E’ evidente nel passosopra riportato, l’influenza esercitata sulpensiero di Lévi tanto dal mesmerismoquanto dal kardecismo. E’ singolare ilmodo in cui Éliphas Lévi si sforza di arti-colare queste influenze riadattandole allagergalità scientifica dell’epoca. Anche daqueste semplici sfumature all’interno deltessuto narrativo, possiamo rimarcarel’ingenuo sincretismo proprio al pensierodi Lévi.

Abbiamo visto che tra le caratteristicheprincipali dell’occultismo ottocentescoc’è l’utilizzo abnorme del sincretismo,tanto tra dottrine che si possono conside-rare come appartenenti ad uno stesso pae-saggio, che tra campi del sapere etero-genei che sarebbe preferibile tenere di-stinti. La commistione che fa ÉliphasLévi tra la scienza moderna, il kardeci-smo, il mesmerismo, ed in generale lamagia, rientra in quest’ultimo caso.

Quest’amalgama infelice di magia escienza risalta in piena evidenza già dallepagine iniziali del suo Magia delle cam-pagne e stregoneria dei pastori, dove pos-siamo costatare come il sincretismo del-

l’autore non si arresta ad un piano pura-mente letterario, ma si estende anche alla

dimensione ontologica. In Italia, ainostri giorni, il sincretismo lette-

rario è tipico di Elémire Zolla,che ad esempio, nel suo Uscitedal Mondo, accosta Collodi aLévi-Strauss, Dumézil, Eliade.Intendiamoci, il sincretismo let-

terario o filosofico è stato tipicodi quella corrente denominata

“postmodernismo”, che ebbe un certosuccesso e divenne di moda intorno aglianni ‘80. Ma la contaminazione dei generitradizionali del sapere, che era tipico delpostmodernismo, si limitava a riguardareil piano culturale (anche perché lametafisica era, da dopo Heidegger eWittgenstein, dichiarata fuorigioco). Inaltre parole, si rimaneva su di un terreno“nominale”.

Gli occultisti ottocenteschi, viceversa,non hanno alcuna remora ad estendere illoro sincretismo anche al piano ontologi-co. Rimanendo all’esempio sopra citato,si può affermare che cadono in un “reali-smo” piuttosto ingenuo (per rendermi piùchiaro ai lettori che mi seguono e che nonhanno dimestichezza con il gergofilosofico, ricordo che il “nominalismo”è quella dottrina per cui i concetti gene-rali non esistono come “cose” indipen-denti fuori del linguaggio o della menteumana. Mentre, per converso, il “reali-smo” ammette l’esistenza dei suddetticoncetti generali come enti reali,indipendenti dal pensiero).

Ritorniamo per un istante al passosopra citato in cui Éliphas Lévi sembra

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abbracciare il pensiero scientifico e le sueprocedure, e confrontiamolo con ilseguente:

Abbiamo spiegato perchéi pastori sono più sogget-ti degli altri a disordinimagnetici; conducenti digreggi che calamitano conla loro volontà buonao cattiva, essi subiscono l’in-fluenza delle anime animali riu-nite sotto la lorodirezione, le quali diventano comeappendici della propria; i pastori, con leloro infermità morali, producono neimontoni malattie fisiche e subisconodi ritorno la reazione delle petulanze deiloro becchi e dei capricci dellecapre; se il pastore è di una naturaassorbente, il gregge lo diviene esso pure ed attira talvolta a sé tutto il vigoree tutta la salute d’un gregge vicino.

E’ evidente che Éliphas Lévi non riescea sfuggire alle suggestioni della scienzamoderna quando parla di “turbini ma-gnetici” ed elettricità, ma poi incredibil-mente ricade all’interno dell’orizzonte delsoprannaturale, caratteristico della culturadel tempo. Non è sorprendente cheÉliphas Lévi usi una gergalità pseudo-scientifica, ma che egli non riesca ascegliere quale corno del dilemma affer-rare. E questo perché Lévi vuole usare lasua erudizione per “triturare” tutto, in unsincretismo che affianca superficialmentele scoperte scientifiche ottocentesche, ilgusto per il gotico e per il paranormale.

Saint-Yves d’Alveidre (1842-1909) èconosciuto per la famosa teoria della

“sinarchia” che avrebbe il suo centro inun luogo misterioso chiamato Agarttha.Prendendo spunto dal libro di Saint-Yvesd’Alveidre, quest’ipotesi fu discussaanche da Ferdinand Ossendowski (Bestie,uomini e dei), da René Guénon (Il re del

mondo), e recentemente anche daUmberto Eco nel suo Il pendolo diFoucault.

Il re del mondo di Guénon siapre proprio con il riferimento al libro did’Alveidre. Tra l’altro Guénon ci informache l’idea di Agarttha era già comparsanei libri di uno scrittore “di scarsa seri-età”, Louis Jacolliet, Le Fils de Dieu, Lespiritisme dans le Monde (da Il re delmondo p. 11). Guénon preferisce invecemettere in continuità oggettiva l’opera diSaint-Yves d’Alveidre con quella diOssendowski, leggere quella alla lucedelle conferme e delle similitudini che nericava da quest’ultima.

Facciamo un passo indietro. Il giovaneSaint-Yves d’Alveidre aveva trascorso lasua infanzia in una durissima colonia perbambini. Al termine di quest’esperienzaaveva studiato medicina e letto Fabred’Olivet e Joseph de Maistre. Nel 1877sposando la contessa di Keller, riesce adottenere il titolo di marchese, divenendocosì un d’Alveidre.

Saint-Yves d’Alveidre scrive moltilibri (Mission actuelle des ouvriers,Mission des juifs, La France vraie, etc.),ma quelli più famosi rimangono ovvia-mente Mission de l’Indie eL’Archéomètre.

In Mission de l’Indie, Saint-Yvesd’Alveidre tratta, come già detto, la

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nozione d’Agarttha e quella della sinar-chia. Le due nozioni sono intrinsecamentecorrelate, perché Agartthaè il tòpos, il luogogeografico che rendepossibile la sinar-chia. Per Saint-Yvesd’Alveidre Agartthaè un “centro delMondo” nascosto nelcuore dell’Asia, in unasorta di gigantesca ragnatelache estende le sue ramificazioni sotto glioceani e sotto tutti i continenti. Lo scopodi Agarttha è il controllo assoluto e totale,esteso a tutto il pianeta. Più particolar-mente Saint-Yves d’Alveidre parla di unadinastia solare, insediata a Ayadhaya, lacui origine risale al Manu del nostro ciclo,ossia a Vaivaswata. La sinarchia è quindiuna forma di governo trinitario, in gradodi assicurare l’espletamento delle tre fun-zioni sociali essenziali, ossia l’insegna-mento, la giustizia, l’economia8.

Saint-Yves d’Alveidre per descriverela sinarchia usa una metafora essenziale,parla di tre camere contenute in una mag-giore denominata “metafisica”.L’ordinamento sociale è rigorosamentedeterministico, in base agli assuntimetafisici.

Milioni di dvija (nati due volte), diyoghin (uniti in Dio) formano il grandeCircolo, o piuttosto l’emisfero [...] Al disopra di essi, e in cammino verso

Questo Centro, troviamo cinquemilapundit (pandavan), alcuni dei quali Svolgono il servizio di insegnamentopropriamente detto; altri, quello sul

Campo, come soldati della poliziainterna o di quella delle cento porte.[...] Il loro numero (5000) cor-risponde a quello delle radici dellalingua

vedica [...] Il circolo più elevato e piùprossimo al centro misterioso

è composto da dodici membri, che rap-presentano l’iniziazione suprema.

da Mission de l’Indie

Ossendowski successivamente parlan-do del Re del Mondo, asserisce chequest’ultimo è in rapporto con gli uominiche dirigono il destino della Terra. Se ipensieri dei condottieri sono graditi al Redel Mondo, quest’ultimo darà ad essi ilsuo appoggio invisibile, altrimenti saran-no destinati ad un sicuro fallimento.Possiamo, in definitiva, immaginare lasinarchia come l’apice, il punto più inter-no di una spirale di cerchi concentrici. PerSaint-Yves d’Alveidre questo centro ulti-mo, il Motore Immobile aristotelico, chetutto muove senza essere a sua voltamosso, è con Agarttha stesso.

L’altro libro famoso di Saint-Yvesd’Alveidre è L’Archéomètre. Con questotermine l’autore francese vuole indicare lapresunta misura dell’Arché (letteralmentein greco, “principio”), ossia “la forza co-smica universale”. L’Archè permet-terebbe allora, secondo Saint-Yves

⋅ 67 ⋅L’Occultismo moderno tra Éliphas Lévi ed Aleister Crowley, A. D’Alonzo

8 Cfr. Saint-Yves d’Alveidre, Mission de l’Indie.

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d’Alveidre, di applicare alle scienze se-condarie, alle arti, e a tutte le produzioniumane, gli arcani del Verbodivino. In altre parole, si trat-terebbe di pro- lungare neldominio delle applicazioniderivate, il campo dei Principiprimi9. Ma l’Archè in fondo,non è una scienza, ma uno stru-mento che consente di ottenerela conoscenza suprema. Il para-dosso di Saint-Yves d’Alveidreè che il suo strumento merav-iglioso, la “chiave” in grado di dis-velare gli arcani del mondo, altronon è che una sorta di diagramma forma-to da cerchi di cartone, con disegni incisidello Zodiaco, capace di rispondere, sem-pre secondo l’autore francese, alledomande degli interlocutori.

Philippe Vachot (“Maitre Philippe”),deve essere ricordato più come guaritore,che come occultista. Egli, infatti, fu prin-cipalmente un taumaturgo.

Arriviamo quindi al “Balzac dell’oc-cultismo”, il dottor Gérard Encausse,conosciuto soprattutto con lo pseudonimodi Papus. Il sincretismo di quest’autoreriuscì ad armonizzare con maggior suc-cesso alcuni elementi eterogenei del cri-stianesimo, dell’esoterismo e dell’oc-cultismo, più di quanto non avesse fattoÉliphas Lévi. Papus ha lasciato duecen-tosessanta opere, un corpus immenso.Inizialmente Gérard Encausse (1865-1916) s’interessò alla medicina, ma poi

lasciò presto per dedicarsi alle disciplineocculte. Dalla lettura della Médecine nou-

velle di Louis Lucas, Papus ricevela convinzione che il “principio divita” (ricordiamoci che tutto ilclima culturale dell’epoca risentedelle suggestioni dell’evoluzion-ismo darwiniano: il secondoNietzsche - quello della fase “illu-

ministica”, di Aurora, di Umano,troppo umano I e II, di La Gaiascienza - Marx, Henri Bergsoncon il suo “slancio vitale”), sia

regolato dall’enormone, ovverosia unacondensazione del movimento fisico. PerPapus è una folgorazione, che gli fa matu-rare la decisione di abbandonare la vitaprofana. Dall’incontro con Henri Delaageottiene di essere iniziato al Martinismo:da questo preciso istante assume lopseudonimo di Papus (il dio della medi-cina nel Nuctamerone di Apollonio). E’importante però evidenziare che la societàdei Martinisti fu fondata proprio daPapus, con lo scopo declamato di divul-gare l’opera di Saint-Martin. Papus non fusolamente un grande erudito e un infatica-bile divulgatore, ma anche un eccellenteorganizzatore. Vediamo qualche altrodato biografico.

Dopo l’iniziazione al Martinismo,conosce Stanislas de Guaïta e Péladan edinsieme a loro forma il SupremoConsiglio della Rosacroce cabalistica.Fonda il Gruppo indipendente degli studiesoterici, e successivamente apre a Parigi

⋅ 68 ⋅

9 Cfr. Saint-Yves d’Alveidre, L’Archéomètre.

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delle logge martiniste. Contribuisce allanascita di alcune celebri riviste, comeL’Initiation, L’Union occulte, Le Voiled’Isis (la rivista su cui comparvero moltiarticoli di René Guénon). Nel 1894si laurea in medicina, e circa tre annidopo insieme con Jollivet-Castelet eSédir apre un nuovo circolo, laScuola Superiore li- bera di scienzeermetiche (che avrà, non a caso,tra i suoi studenti Guénon). Nel1905 è convocato dallo zar NicolaII, per una seduta spiritica. La leggendavuole che Papus faccia apparire lo spet-tro di Alessandro III. Durante la primaguerra mondiale è impegnato comemedico. Durante il servizio contrae unatubercolosi, che gli sarà letale.

Come è facile dedurre dalla suabiografia, Papus era uno spirito moltodinamico. La frenesia che gli fu proprianella vita attiva, non poteva non rifletter-si nella dimensione interiore ed intellet-tuale. Anche Papus, come ricordavosopra, cadde nel vizio del sincretismo,ma la sua esposizione è risultata legger-mente più chiara rispetto a quella diÉliphas Lévi.

Papus dimostrò anche una maggior vi-cinanza alle fonti tradizionali rispetto aqualunque altro occultista dell’epoca. Ineffetti, i suoi sforzi sono rivolti al tentati-vo di accordare la magia, lo spiritismo,l’occultismo e la teosofia. Papus feceanche parte per un breve lasso di tempodella Società Teosofica, ma l’indirizzo“orientaleggiante” dato a quest’ultimadalla Blavatsky, lo fece allontanare.

Papus, concludendo, condivide con

Éliphas Lévi e con molti altri occultistidella sua epoca, l’abuso dell’erudizione edel sincretismo totalizzante. Ciò nonos-

tante le loro opere hannocontribuito a divulgare ea portare alla lucequest’ambito di studi,richiamando su di esso

anche l’attenzione delmondo accademico.

Continuando nel nos-tro percorso storicoattraverso l’occultismo

moderno, possia- mo ricor-dare i nomi di Joséphin

Péladan e di Paul Sèdir.Joséphin Péladan (1890-1915), è un’e-

sponente del cosiddetto “cristianesimoesoterico”. Per lui, nel Vangelo secondoGiovanni si cela la chiave per accedere aduna dottrina segreta, di cui la ChiesaRomana non conserva più alcuna memo-ria, pur contenendola inconsapevolmentenei suoi simboli e nei suoi riti. Péladan,anche se subì l’influsso del padre - a suavolta iniziato – fu allievo di Papus, e fre-quentò inoltre un gruppo rosicruciano. Inseguito a contrasti con la Chiesa, prese ledistanze dalle autorità ecclesiastiche, performare un’organizzazione cattolica rosi-cruciana.

Le opere più importanti di J. Péladansono: Comment on devient mage eL’Occultisme catholique. In queste operePéladan, sembra quasi anticipare Guénonquando sottolinea la divisione tra la formaexoterica religiosa e quella esotericafilosofica (Guénon non avrebbe accettatodi parlare di “filosofia” esoterica, prefe-

⋅ 69 ⋅L’Occultismo moderno tra Éliphas Lévi ed Aleister Crowley, A. D’Alonzo

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rendo usare il termine “metafisica”, manon possiamo dimenticare cheCoomaraswamy usava disinvolta-mente l’espressione “philosophiaperennis”, in luogo di“Tradizione”).

Péladan equipara l’occultoal mistero astratto, e per lui lareligione è un adattamentoepocale e contingente dellaVerità ad un ciclo storico.Curiosamente - e ben diversa-mente dal posteriore perennia-lismo - il simbolo non è perlui universale, ma è un adatta-mento del Verbo all’ordine contingente.Per Péladan il simbolo è il linguaggiointellettuale che permette di penetrare laVerità del Verbo: ma il simbolo nonpossiede una struttura atemporale, arche-tipica, ierofanica, per dirla con Eliade.

Un altro punto di divergenza dal postu-mo perennialismo Péladan lo registraquando sostiene che è la Tradizione adover essere tradotta per adattarsi all’e-poca presente. Per Guénon era vero l’e-satto contrario: si trattava di trascenderel’hic et nunc per raggiungere il dominiodell’inesprimibile, del non-umano.Péladan sotto questo profilo è menotradizionale e ortodosso.

Ancora una volta si può notare chel’occultismo, come ricordavo sopra,nasce dallo stesso terreno del mondomoderno.

Come Joséphin Péladan, anche PaulSèdir (1871-1926; pseudonimo di YvonLe Loup) può essere considerato un espo-nente del cosiddetto “cristianesimo eso-

terico”. Si deve tuttavia precisare che inquesto contesto il termine “esoterico”deve essere applicato in un senso lato,dato che siamo più propriamente in un

ambito inerente all’occultismo, piut-tosto che all’esoterismo. Del resto se

richiamiamo alla memoria come lamarcata attitudine all’applicazionepratica sia propriamente peculiare

dell’occultismo, avremo occasionedi constatare come anche le ricerchedi Sèdir risentano di questapregiudiziale “sperimentale”.

Ciò nonostante, non si puònascondere dietro una generica -

seppur efficace - classificazione, il rap-porto di filiazione e contaminazione cheesiste tra occultismo ed esoterismo. Tuttele classificazioni sono in fondo un po’arbitrarie, come sosteneva MichelFoucault. Le differenze esistono, senzadubbio, ma sono prevalentemente nomi-nali, più che reali, ossia sono create dallinguaggio che ordina ed esclude. In altreparole, quando parliamo del “vero” eso-terismo, sarebbe interessante scandagliareun po’ più in profondità i presupposti delcampo di definizione che vogliamo appli-care alla corrente o dottrina da esaminare.Scopriremmo così che molte volte si trat-ta solamente del riflesso delle nostre pre-disposizioni ed idiosincrasie a costituire ilmarchio “DOC” di quello che noi ritenia-mo essere l’ortodossia della “dottrina”esoterica. Ancor più chiaramente. Non cisono criteri oggettivi ed universali chepossano aiutarci a stabilire che, ad esem-pio, Papus deve essere etichettato comeoccultista, anziché come esoterista.

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Dipende, quindi, da ciò che noi intendi-amo con “occultismo” ed “esoterismo”:ed anche la definizione di Edward A.Tiryakian, che all’inizio diquesto contributo ho fattomia, ha un valore solo nomi-nale, indicativo.

Sbagliamo in misura minore,viceversa, quando ci affidiamoall’analisi storica. In questo senso èpacifico affermare che all’iniziodel XIX secolo si sviluppa unacorrente di ricercatori dellescienze segrete, che si differenziadagli esponenti delle altre correnti eso-teriche occidentali, per uno speciale gustoe predilezione per l’applicazione pratica.Storicamente, cioè, questi esponenti dalleconcezioni eterogenee e differenziate nonpossono essere considerati come apparte-nenti ad una stessa scuola: ma ciò che liavvicina tra loro, e li diversifica dagli“esoteristi” propriamente detti, è questa“mentalità pratica”. Si tratta però diun’analisi che è possibile fare solo stori-camente, non dottrinalmente, perché imargini del “dentro/fuori” ad una catego-ria sono molto ampi e relativi.

Ritornando a Sèdir, possiamo con-statare come anch’egli subisca l’influenzainiziale di Papus, prima di allontanarsenea sua volta (appare evidente, quindi, ilruolo pedagogico di Papus per tutti i gio-vani che all’epoca erano attratti dall’ar-cano, anche se poi molti avrebbero inseguito preso le distanze dal maestro).Sèdir si distacca da Papus all’improvviso,in modo misterioso, dichiarando che unenigmatico Gran Maestro lo avrebbe con-

tattato per trasmettergli i suoi insegna-menti. Egli, folgorato dall’incontro,decide di consacrarsi a Cristo, formando

un gruppo denominatoAmicizie spirituali.

L’insegnamento del“maestro” che Sèdir vuole

divulgare è tutto incentrato sultentativo di ritrovare il messag-

gio cristologico originale, esi basa su elementi delmesmerismo e dellamagia operativa. Le

dottrine del gruppo di Sèdir sono statepresentate in molte conferenze, ed inqualche libro, che, per quello che ne sap-piamo, sono oggi introvabili.

La particolarità del “metodo” di Sèdirè in una pratica divinatoria garantita dal-l’uso di specchi magici, in cui l’operatoredovrebbe rinvenire delle particolarivisioni. Ovviamente queste “apparizioni”devono essere considerate più delleproiezioni inconsce, che dei prodromi delfuturo. Non siamo in grado di sapere cosapensasse Sèdir al riguardo di questevisioni, se le considerasse anticipazioni dieventi predestinati ad accadere, oppure semolto meno ingenuamente, subisse l’in-flusso di una concezione dell’Es del tipodi quella di Groddeck, nella sua esten-sione più “magistica”. Sembra che questatecnica sia stata usata per la prima voltada Cagliostro, e si sa per certo che inte-ressò anche degli psicoanalisti come GèzaRoheim (da I maestri dell’occulto diAndrè Nataf).

⋅ 71 ⋅L’Occultismo moderno tra Éliphas Lévi ed Aleister Crowley, A. D’Alonzo

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10 Cfr. John Symonds, La Grande Bestia, ed. Mediterranee, Roma.

Arriviamo finalmente ad AleisterCrowley (1875-1947), sul quale ci soffer-meremo un po’ più a lungo. Ricorderemobrevemente la sua biografia, perché a dif-ferenza di molti altri esoteristi e occultisti,qui la vita stessa del protagonista si con-fonde con l’opera.

Edward AlexanderCrowley, nacque aLeaminton da una famigliadi birrai molto devota (natu-ralmente Crowley millantava unadiscendenza illustre da un cepponobile). Finì presto in un colle-gio religioso, e si può ironizzaresul curioso fenomeno per cuisovente proprio i giovani checrescono in ambienti familiari morbosa-mente osservanti, diventano, nella matu-rità, gli acerrimi nemici del Cristianesimo(un altro tipico esempio di questo feno-meno di contrapposizione radicale etrasgressiva all’ambiente familiare è quel-lo di Nietzsche, non a caso figlio di unpastore protestante).

Il giovane Crowley si appassionapresto all’alpinismo, ma il suo stile di sca-lata è ritenuto dai più esperti piuttosto biz-zarro. L’attrazione verso le vette, richia-ma ovviamente le conquiste spirituali:non possiamo ignorare che il simbolodella Montagna Cosmica è l’archetipo diqualsiasi cima o sommità. La MontagnaCosmica non è altro che un Axis Mundi,che collega la Terra al Cielo. Conquistarela vetta significa essere vicini al Centro

del Mondo, ossia dimorare-presso-gli-dei. La scalata quindi raffigura l’ascen-sione spirituale, e ci si potrebbe doman-dare come sia possibile che un occultistamarcatamente satanista come Crowley

abbia avuto questepredilezione per levette. Ma il punto è chenon esiste una norma-tività dottrinale assolu-

ta, per cui il satanista deverifuggire le cime delle mon-tagne e prediligere, ad esem-pio, le profondità e gli abissi

della Terra. Infatti, gli stessiabissi possono simboleg-giare l’unio mystica, a

riprova del fatto che l’inconscio lavora inmaniera abbastanza misteriosa, e che lapredilezione primordiale per un simboloanziché per un altro, non significaalcunché.

Crowley s’interessava anche alla poe-sia (che nell’Inghilterra di fine Ottocento,non costituiva certamente una rarità), escrisse una sorta di poemetto nel 1898,Aceldema, che deve essere consideratopiù un inno satanista (influenzato daBaudelaire) che uno scritto filosofico.Come rileva John Symonds nella sua“autobiografia crowleyana10”, il poemettoè abbastanza insulso. Ma c’è una strofamolto significativa in cui il giovaneCrowley rivela un precoce gusto per quel-la che potremmo definire un’ascesi spintaagli estremi limiti della penitenza e del-

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l’automortificazione, o viceversa dellefantasie rivelatrici della presenza di spic-cate pulsioni sadomaso:

Ogni degradazione e ogni infamia / Tusubirai. / Come in un sogno orrendo / Vorrei porre la testa sotto il fango / Egli escrementi delle donne indegne;/ Che ti calpesteranno finché tu /Inalerai fumi mortali.

Davvero si trova in questopasso di Aceldema il rimandoalle suggestioni e agli incubi lover-craftiani, ma anche tanto materialedidattico per le future rockstars,sedicenti sataniste, che calcanoi palchi ai nostri giorni.

Da questo momento il giovaneCrowley trova la sua via: egli decide,infatti, che diventerà un mago. Ispirandosial celebre passo dell’Apocalisse assume ilnome della Bestia.

Nel 1898 il giovane Crowley entra a farparte della Golden Dawn, introdotto da unchimico inglese, un certo Julian Baker.Sulla Golden Dawn, vale la pena di dilun-garsi un po’. Il fondatore della GoldenDawn è stato un certo Samuel LiddelMathers, un accanito bibliofilo.Sull’origine della società segreta esistonodue versioni, entrambe riportate nellabiografia di Symonds, che menzioneròcompendiandole qui di seguito, per tutti ilettori che non conoscono la storia dellaGolden Dawn.

La prima ipotesi è stata resa nota daW.B. Yeats, una delle figure di spiccodella Golden Dawn. La società segretasarebbe stata, secondo Yeats, una ramifi-

cazione di un’altra, ancor più enigmatica,organizzazione iniziatica, denominata gliStudiosi di Ermetica. Maestri Sconosciutisi sarebbero recati da Mathers e gli avreb-

bero trasmesso le loro conoscenze.La seconda versione è più elabo-

rata, ma è unanimemente lapiù accreditata. Alla fine

dell’Ottocento il reverendoAlphonsus Woodford si

rivolge al dottor Westcott,per decifrare un manoscritto

cifrato acquistato probabil-mente in una libreriaantiquaria. Il dottorWestcott pare sia stato

membro di una sedicentesocietà paramassonica, la

Societas Rosicruciana in Anglia. Alla finedel lavoro di esegesi, il dottor Westcottrinvenì nel manoscritto alcune formuletipiche dell’alchimia del XVI secolo. Lacosa curiosa (ed anche un po’ inverosi-mile) è che in fondo al manoscritto c’eral’indirizzo di una donna tedesca di nomeAnna Sprengel, aderente ad una societàrosicruciana di Norimberga, la LichteLiebe Leben Tempel. Sembra cheWestcott si sia recato dalla Sprengel e siastato da lei iniziato ed incaricato di fon-dare una sede dell’ordine del Tempel nelRegno Unito. Nel 1887, nasce così ilTempio di Iside-Urania degli Studiosid’Ermetica dell’Alba doro (GoldenDawn).

I gradi iniziatici della Golden Dawnascendevano progressivamente con que-sta sequenza, che riguardava i membri delPrimo Ordine: Neofita, Zelator,

⋅ 73 ⋅L’Occultismo moderno tra Éliphas Lévi ed Aleister Crowley, A. D’Alonzo

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Theoricus, Practicus, Philosophus. Aquesto livello – quello del Primo Ordine oOrdine Esterno – gli iniziati partecipa-vano a riti esoterici, ma non prati-cavano la magia cerimoniale.

Nel Secondo Ordine,anche detto della RosaCroce, i gradi erano cosìripartiti: Adeptus Minor,Adeptus Maior, AdeptusExtemptus. Raggiunti questigradi iniziatici erano consen-tite le pratiche magiche. La solaconditio sine qua non per l’utilizzodei riti magici era che fossero stabiliti icontatti con i Capi Segreti.

Mathers, con l’aiuto della moglie sen-sitiva, millantò di aver avuto il contattocon i Maestri Segreti e si autoinvestì dellacarica di Capo Visibile dell’Ordine.

Ora, in seno alla Golden Dawn era inatto uno scisma pilotato principalmenteda William Butler Yeats, e diretto controla stessa fazione del Crowley (che delresto pretendeva una legittimazione poeti-ca da parte del vate irlandese). La lacera-zione interna non riuscirà più a ricompor-si, e Crowley lascia la Golden Dawn,prima del suo definitivo tramonto edinizia a viaggiare e ad accumulare espe-rienze iniziatiche.

Si reca in Messico, dove compie dei ritid’evocazione del Serpente Piumato. Poiviaggia nel continente asiatico,dall’Indonesia al Giappone. A Madras èiniziato al Tantrismo, o meglio ancora, aduna delle sue ramificazioni degeneratedella Via della Mano Sinistra. A Parigi,incontra Rilke, e si sposa con Rose Kelly,

la sorella di un suo discepolo. Crowleydescrive il suo matrimonio con Rose

come “un’ininterrotta orgia ses-suale”, finché quest’ultima non

impazzisce, dopo aver lasci-ato una figlia il cui nome

richiamava quello delladea Lilith. Ovviamente,Crowley, da buon ego-tista, rifiutava quasi tutti i

rapporti interpersonali, eil suo gusto parossistico

verso l’esibizionismo para-dossale, lo spingeva a scegliere

soprannomi come “il vagabondo dellaDesolazione”.

Durante uno dei suoi soggiorni al Cairosembra che una medium gli abbia ingiun-to di fondare un nuovo ordine, l’AstrumArgentinum, fondato sulla magia sexualis,che però Crowley conosceva già ampia-mente dai tempi della sua frequentazionein India dei seguaci della Via della ManoSinistra.

Nel 1920, interrogando l’Yi King,Crowley si persuade che, per realizzare laGrande Opera, non esiste un posto piùadatto di Cefalù. Là sorgerà la sacraabbazia di Thelema (Inferno dellaCortigiana, luogo segreto dell’irrefrena-bile fuoco della Lussuria e del tormentoeterno dell’Amore).

Il tempio dei thelemiti era ad un solopiano ed aveva una sola sala principale(Sancta Sanctorum). Sul pavimento eradisegnato il pentagramma inscritto in uncerchio. Nel mezzo del pentagramma eracollocato un altare esagonale. Sull’altareera depositato il Liber Legis. Ad Est

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sorgeva un trono dedicato alla Bestia edun braciere ardente. Ad Ovest s’ergeva iltrono della Donna Scarlatta.All’interno della circon-ferenza erano trascritti inomi di Jahweh.

Dipinti sulle paretidel tempio, facevanomostra di sé alcuniritratti di Crowley,insieme a varie raffigu-razioni orgiastiche (ovvi-amente, non abbiamo vistopersonalmente il tempio, ma daquello che le varie biografie riportanosulle raffigurazioni decorative, ci sembrache esse debbano essere ricondotte a te-matiche più satanico-dionisiache, o anco-ra più propriamente della Via della ManoSinistra, che kundaliniche).

Si arriva così ad uno strano ed eni-gmatico intreccio, ossia quello con Hitler.Non è mai stato del tutto chiaro qualisiano veramente stati i rapporti tra i due.In un primo tempo, sembra che il Führerfosse vagamente turbato e suggestionatodalla Grande Bestia. Non si deve dimenti-care quali fossero le radici occulte delnazismo (unite ad altre, che possonoessere ricondotte alla degenerazione asso-lutistica del pensiero dei Lumi): le SSerano un corpo d’élite iniziatico che sirifaceva ad elementi indù, germanico-nordici, e romanici (più che ellenici). Sipensa che cercassero la Thule e i

Superiori invisibili (ultimamente Rai Tresi è occupata dell’argomento, ma non sideve dimenticare che esiste anche un sag-

gio ben scritto sull’argomento)11.Quindi è naturale che Hitler

cercasse un contatto conCrowley, assimilato dalle SSad una sorta di superuomo. Daparte sua, anche il magoinglese doveva sentire l’influs-

so degli elementi misteriosoficie mistici in generale del Reich.

Probabilmente, per un certo tempoCrowley fantasticò anche sulla possibi-

lità di esercitare un’influenza su Hitler.Poi si sa come sono gli inglesi: maghi nerio no, alla fine il nazionalismo dei figlid’Albione trionfa su tutto. Crowley co-mincia, presumibilmente, a fare la spiaper il suo Paese, e sembra che persinoChurchill si sia rivolto a lui per ottenere lavittoria, rifiutandosi tuttavia di ascoltarefino in fondo i suoi suggerimenti.

Facendo un passo indietro, nel frattem-po, nel 1923 Crowley era stato espulsodal territorio nazionale, per ordine diMussolini, il quale aveva iniziato a perse-guitare tutte le associazioni segrete ediniziatiche italiane. Thelema venne chiusae Crowley ricominciò a vagabondare e acircondarsi di donne. Dopo essere statointernato per un breve periodo, Crowleyormai eroinomane e folle (probabilmentecome conseguenza ed effetto differito diun viaggio intrapreso qualche anno prima

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11 Cfr. R. Alleau, Le Origini Occulte del Nazismo, ed. Mediterranee, Roma.

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nel deserto algerino, per evocare uno spi-rito del male: Crowley ed il suo compa-gno d’avventura furonoritrovati mezzi morti) sicrede un vampiro. Riusciràlo stesso a morire natural-mente, alla non trascura-bile età di 73 anni. Quifinisce la biografia di unodegli uomini più controversi ditutti i tempi.

Anche per Crowley, comenegli altri autori dell’oc-cultismo, non troviamo unadottrina, un corpus bendefinito di insegnamenti, ma piut-tosto una miscellanea di elementi etero-genei, di credenze appartenenti a scuolevariegate e marginalmente equiparabili.Si può omogeneizzare il caleidoscopiodisciplinare della scuola thelemita sotto ilnome di magia sexualis, ma a ben vedereal di là del medium orgiastico come stru-mento estatico per realizzare il supera-mento della coscienza ordinaria, ilprodotto finale non sta in piedi.

Vediamo perché:Crowley sincretizza, nella sua dottrina,

elementi estrapolati dalle discipline indi-ane (come il Tantra, e la sua defor-mazione della Via della Mano Sinistra),dai culti misterici dell’antica Grecia(come i riti dionisiaci ed orfici), e dalsatanismo medioevale (il Sabba). Comeabbiamo già detto, al di là della sessualitàorgiastica, sono poche le affinità tra tuttequeste pratiche. Ad esempio nel Tantra enella Via della Mano Sinistra non si prati-cano rituali d’evocazione, al contrario che

nel Satanismo dove il fine ultimo è dimaterializzare i demoni. Nei riti dioni-

siaci un altro potente mediumestatico è la danza vorti-

cosa e frenetica, che non siritrova certamente nelle

asana tantriche. Inoltrenel Tantra, l’energia kun-dalinica viene controlla-ta, incanalata, indirizza-ta, mentre nelle altrepratiche dionisiache esabbatiche si cerca l’e-

stasi furiosa che dissolva lacoscienza nei flutti sensori-

ali. Ma anche i riti dionisiaci dif-feriscono dai sabba diabolici. Questi ulti-mi si presentano come una parodia blasfe-ma dei riti cristiani, mentre nei primi sitratta di affermare, dire di sì all’eccessovitale, non di mettere in scena una dicoto-mia (Cristo – Anticristo; Dio – Satana). Ilsatanismo ha bisogno per la sua stessaragion d’essere del Dio buono e provvi-dente: guai, se quest’ultimo fosse contem-poraneamente il principio del bene e delmale, della felicità e della sofferenza.

La famosa legge thelemica “Fai ciòche Vuoi sarà tutta la Legge”, non puòessere applicata unilateralmente allepratiche di magia sexualis, perché seinterpretata letteralmente deve lasciarelibera la coscienza di seguire il propriodaimon, la propria vocazione particolari-stica, e non costringere il sé in rituali chesi pretende di etichettare come “libera-tori”. Questo soggettivismo volontaristico(“Fa ciò che Vuoi”), per la verità inOccidente non era nuovo nemmeno ai

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tempi di Crowley: se ne trovano echi inSade, Fichte, Nietzsche. Quest’ultimo,però è meno grossolanamentematerialista della Bestia: “Nienteè vietato. Tutto è permesso”. Inaltre parole, per Nietzsche,non vi sono negazioni, aldi fuori della propriavolontà: “Volere libera”.Mentre al contrario la scuo-la crowleyana dà per scontatoche coattivamente si debbavolere il negativo: laregressione orgiastica allasublimazione della pas-sione, il delitto e l’oltrag-gio all’etica e all’ordine, la dis-soluzione estatica all’ascesi, etc.

Infatti, il seguito della legge crow-leyana parla di Amore, “Amore è laLegge, amore sotto il dominio dellavolontà”. Anche volendo sorvolare sullariduzione coatta, molto freudiana, del-l’amore alla libido, ci si potrebbe chiederecome è possibile conciliare la prima partedell’enunciato, “Fai ciò che Vuoi saràtutta la Legge”, con la seconda, “amoresotto il dominio della volontà”. Perché sela mia volontà deve diventare legge, devoessere libero di porre sotto il dominiodella volontà, anziché l’amore orgiastico,la penitenza e la rinuncia monastica, adesempio. In realtà Crowley dà per sconta-to che la liberazione delle pulsionilibidiche sia il vero fine dell’essere nelMondo: come ho detto sopra, ricadeall’interno di un orizzonte culturale supe-rato, quello del freudismo (Jung darà tut-t’altra connotazione alla libido).

Crowley - ancor più degli altri seguacidella philosophia occulta, come Lévi ePapus - risente pesantemente della ten-

tazione sincretista, caratteristicadell’Occultismo moderno. Infatti, il

suo sincretismo non è tantospeculativo o culturale, quan-to pragmatico: egli è talmentepreso dalla frenesia che

mette-in-pratica qualunque ri-tuale gli capiti sottomano, o di

cui abbia un qualche vago sen-tore. Crowley è al contempo ildiscendente dell’homo faberclassico e l’antesignano del

tecnocrate moderno. In lui, lavolontà-di-fare subissa il ripiega-

mento spirituale nella contemplazione.Con nessun altro come con lui, si puòconstatare come l’occultismo sia un tipicoprodotto della modernità. Infatti, l’inse-gnamento crowleyano non si è estinto, maè coltivato e continuato anche da diversescuole occultiste contemporanee (un paiodelle quali dovrebbero operare ancora inItalia, almeno secondo le mie infor-mazioni).

Mi accingo, a questo punto, a trarre leconclusioni finali su tutto il periodo del-l’occultismo moderno, che ho preso inesame.

E’ solo nel XIX secolo, che fa la suacomparsa il neologismo “occultismo”,coniato da Éliphas Lévi, per definire unambito di studi incentrati sullaphilosophia occulta medioevale e rinasci-mentale. La cifra distintiva e la novitàdell’occultismo sembrano risedere nellavocazione sperimentale e nel suo metodo

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pratico, di contro alle maggiorielaborazioni teoriche checontraddistinguono l’eso-terismo vero e proprio.Quest’inclinazione pra-tica dell’occultismo con-duce a riconoscerne l’atti-nenza e la filiazione con lamodernità (specialmentenella morbosa curiositàdell’epoca verso i tavoli“che ballano”, nello stuporegenerale verso i primi rumori industriali ele prime ciminiere, nel boom della lette-ratura fantastica). Secondo alcuni sociolo-gi come Tiryakian, alla base del fenome-no c’è il tentativo di secolarizzare ildemoniaco, dopo che l’uomo modernoaveva già proclamato “la morte di Dio”.

Ovviamente, l’occultismo presentaanche dei punti di tangenza con l’esoteri-smo, che possiamo rintracciare nella cre-denza che il Cosmo sia un reticolo di cor-rispondenze, che la Natura sia un corpovivente, nella convinzione del poteresuperiore e magico dell’Immaginazione,nella tensione verso la possibilità dellatrasmutazione. Tuttavia, difficilmente sipuò distinguere un corpus proprio di dot-trine pertinenti all’occultismo moderno.

Infatti, alcuni dei suoi primi esponenticome Éliphas Lévi e Papus si distin-

guono per l’abuso dell’erudizione eil conseguente utilizzo smodato delsincretismo, che purtroppo trasfor-mano i loro libri in una babilonia di

riferimenti e rimaneggiamenti.Altri come Saint-Yves d’Alveidre,si dedicarono alla descrizione diregni nascosti in regioni lontanis-sime. Altri ancora, come Joséphin

Péladan e Paul Sèdir nutrirono un forteinteresse per il “cristianesimo esoterico”,pur continuando a caratterizzarsi piuttostocome occultisti.

Per contro Aleister Crowley, si rifaràad un satanismo connotato da elementiorientaleggianti mutuati dal Tantrismoestremo, che darà forma ad una magiasexualis ricolma di riti evocativi.L’attivismo frenetico con cui Crowleypasserà di rituale in rituale, di forma informa, in un sincretismo ridondante efamelico, segna il passaggio da unoccultismo marcatamente “intellettuale” -come quello di Lévi e Papus - ad uno piùspiccatamente “sperimentale”. In tutti icasi, la cifra distintiva dell’occultismo èla sua contaminazione con la modernità.

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BIBLIOGRAFIA ESSENZIALE

AA. VV. (1993) Enciclopedia delle Religioni, diretta da M.Eliade. Jaca Books, Milano.Alleau, R. (1989) Le Origini Occulte del Nazismo. Ed. Mediterranee, Roma.D’Alveidre, S.-Y. (1910) Mission de l’Indie.D’Alveidre, S.-Y. L’Archéomètre.Faivre, A. (1996) Accèss de l’ésotérisme occidental, 2 voll. Ed. Gallimard, Paris.Faivre, A. (1999) Histoire de la notion moderne de tradition dans ses rapports avec les courants ésoté-

riques (XV° - XX siècles). In ARIES, Symboles et Mythes dans le Mouvements initiatiques et éso-tériques (XVII°-XX° siècles): Filiations et emprunts.

Lévi, E. Magia delle campagne e stregoneria dei pastori. Atanor, Roma.Symonds, J. (1972) La Grande Bestia. Ed. Mediterranee, Roma.

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Angelo SolimanIl primo Venerabile africano

Nella Vienna di Mozart fu Venerabile della Loggia “Zur WahrenEintracht”. Da morto ebbe la paradossale ventura di essere espostoin un museo come un oggetto.

di Moreno NeriSaggista

Angelo Soliman probably was the first black Worshipful Master. He was born inAfrica in 1721 and brought to Europe as a slave at the age of ten. He was educated,married, and became a favorite in the royal court in Vienna.

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CChi fu il primo Massone nero?In genere, gli eruditi massono-logi risponderebbero che quasi

certamente fu Angelo Soliman. Tuttavia,a onor del vero, il primato gli è conteso daJohn Pine (1690-1756). John Pine (oPyne secondo altre trascrizioni ortografi-che) risulta membro della Loggia “AtGlobe Tavern” di Morgate già nel 1725.Incisore e amico del pittore Hogarth, seb-bene il suo nome sia alla maggior partedei massoni d’oggigiorno ignoto, Pine fual suo tempo celebre per esser stato l’in-cisore che creò i magnifici frontespizi

delle Costituzioni di Anderson del 17231.Oltre alle Costituzioni sue furono anchele incisioni dell’annuale List of Lodgesdal 1725 al 17412.

Resta però innegabile, allo stato delladocumentazione attuale, che Soliman fusicuramente il primo Venerabile di origi-ne africana nella storia della Massoneriamoderna.

Ma, aldilà di tali contese sul primato -pacifiche gare, peraltro prive dei ricchipremi dei quiz televisivi, in cui si trastul-lano gli eruditi -, la scoperta di un perso-naggio ai più sconosciuto e dimenticato

1 Le stesse incisioni saranno ancora utilizzate nell’edizione del 1738 delle Costituzioni diAnderson.2 L’elenco delle Logge di quel tempo non era a forma di libro, bensì era un pacchetto di foglisciolti che mostrava l’insegna della taverna o locanda dove la Loggia si riuniva e indicava indirizzo,orario e serata delle Tornate.

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come Angelo Soliman, il farne riaffiorarei reperti dalla polvere del tempo, non èlavoro da amabili latomici topi di biblio-teca. E’ invece, senzadubbio, un incontroinatteso, nella misurain cui raffigura etestimonia l’aperturaverso le diversitàetniche che laMassoneria modernarappresentò fin daisuoi primi esordi, conun egualitarismo chealtre istituzioni deltempo disconosceva-no e rifiutavano.

Angelo Soliman,nacque nel 1721 inqualche luogo dell’Africa nera, il miste-rioso “Pangutsiglang”. Ritenuto origina-rio dell’Etiopia meridionale o dell’Africadel nord secondo una relazione del 1808di Karoline Pichler (1769-1843), recente-mente la studiosa ed etnologa MonikaFirla-Forkl ha suggerito l’ipotesi cheSoliman fosse nato nell’impero diWandala (o Mandara come la popolazio-ne chiamava se stessa), corrispondentealle attuali zone del Camerun settentrio-nale e della Nigeria nordorientale. Infattiil nome originario di Soliman era MmadiMake e, a quel tempo, un re con lo stessonome governò in quel territorio islamico-sunnita dell’Africa.

Rapito da nemici quand’era bambino,fu venduto come schiavo all’età di setteanni. Lavorò in Marocco come guardiano

di cammelli. In seguito com-parve a Messina, ove rimasenegli anni 1732-34. Il suonuovo “proprietario”, unaricca dama della nobiltà sici-liana, dopo averlo fatto bat-tezzare l’11 settembre 1731col nuovo nome di AngeloSoliman, lo inviò come donoalla famiglia Lobkowitz3.Angelo divenne un paggiodel principe Johann GeorgChristian Lobkowitz, alloragovernatore imperiale dellaSicilia, accompagnandolopoi sui campi di battaglia in

Lombardia, Transilvania, Boemia eUngheria.

Dopo la morte del generale Lobkowitz,divenne proprietà del Principe Wenzelvon Liechtenstein, che nel 1755 lo portòcon sé a Vienna nella sua residenza prin-cipesca nel centro della città, nella zona diRossau. Istruito da questi ricchi proprieta-ri europei e avendo accumulato nei suoiviaggi ricche esperienze sociali e militari,da valletto di camera, nella capitaleaustriaca, Angelo Soliman fu promosso alrango di “Moro principesco”. Il “princi-pesco Moro” è a Parma nel 1760 tra ladelegazione della corte che va a prenderela sposa dell’imperatore Giuseppe II ed è

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3 Si notino le buone maniere “civilizzate” della marchesa siciliana.

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all’incoronazione di questi come impera-tore del Sacro RomanoImpero a Francoforte nel1764.

Fu maggiordomo dicorte, amico di aristocra-tici e scienziato naturale,e fu un uomo moltoistruito: parlava fluente-mente cinque lingue - ita-liano, tedesco, francese,inglese, ceco e latino.Giunse pertanto, nell’ari-stocratica famiglia vien-nese, ad essere precettoredel principe Alois I vonLiechtenstein. Era un personaggio popo-lare nei circoli della corte austriaca,un’apparizione bellissima nella sua divisaorientale, con quel suo volto dai linea-menti finemente intagliati ed una strutturacorporea regolare e seducente e che talirimasero anche in vecchiaia, con “quellasolidità da opera d’ingegneria che hanno inegri” come direbbe Borges. Di lui c’èrimasto un ritratto ad olio. Aveva altre

qualità, che taluni manuali di etnografiahanno negato alla sua“razza”: giocava a cartein maniera eccellente edera soprattutto un bril-lantissimo giocatore discacchi.

Ma il moro non è sol-tanto un uomo affasci-nante, è venuto ancheper lui il momento diessere sopraffatto dall’a-

more. Il 6 Febbraio 1768,nello Stephansdom4 diVienna, si celebra il suomatrimonio segreto, con

speciale dispensa del cardinale Migazzi,con Magdalena, vedova del segretarioAnton Christiano e sorella del futuro gene-rale francese Kellermann5. Perché il matri-monio di un noto cortigiano di origineafricana con una francese, vedova di unviennese, sia stato mantenuto segreto eperché il cardinale, noto come un ultra-conservatore, abbia consentito una cosìinusuale procedura, che, se scoperta,

4 La Cattedrale di Santo Stefano è la stessa chiesa dove Wolfgang Amadeus Mozart si sposòcon Constanze Weber il 4 agosto 1782.5 Da notare che François-Christophe Kellerman (1735-1820), autore della vittoria della batta-glia di Valmy (1792) che salvò la Francia e per la quale ottenne il titolo di Duca di Valmy nel 1807,maresciallo di Francia nel 1804 e poi, durante la Restaurazione, Pari di Francia (1814) con LuigiXVIII, fu membro del S.C. di Francia nel 1804 e nell’anno seguente Grande Amministratore delGrande Oriente di Francia. La parentela tra Soliman e Kellerman finiva per essere un’indiretta confer-ma del libello antimassonico, scritto nel 1796, da Leopold Alois Hoffmann, ex agente della poliziasegreta austriaca infiltrato nelle Logge viennesi ed editore del giornale reazionario Wiener Zeitschrift(1792-93). Il suo titolo suonava Vienna e Parigi, le due sorelle, ovvero il sistema massonico e rivolu-zionario recentemente scoperto, in cui denunciava il ruolo delle attività giacobine come cospirazionesu scala europea.

⋅ 83 ⋅Angelo Soliman. Il primo Venerabile africano, M. Neri

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sarebbe stata fonte di conflitto con il prin-cipe, altrettanto ultraconservatore, resteràun mistero. Sia come sia, nono-stante tuttele precauzioni del caso, ilprincipe Liechtensteinvenne a conoscenza delmatrimonio e si sbarazzò deiservizi dell’illustremoro, ripudiandolo erendendogli la liber-tà. La famigliaS o l i m a n -Kellermann visse inun’abitazione di pro-prietà di Magdalenanella periferia diWeissgärber, dove ella, nel 1772, partorìla figlia Josephine, e dove abitarono finoal 1783. Ma, dopo la nascita della figlia,un lieto fine era alle porte. Morto il vec-chio principe, il suo nipote successore ederede, il principe Franz, accettò di nuovoAngelo ai suoi servigi nel 1773. Per laprima volta, inoltre, gli veniva garantitoun considerevole compenso. Dieci annipiù tardi il maggiordomo e precettoreandò in pensione.

Nel decennio tra il 1771 e il 1781, oforse anche prima, fu iniziato nella presti-giosa Loggia “Zur Wahren Eintracht”(“Alla vera Armonia”), che comprendevamolti membri dell’élite sociale, politica e

artistica di Vienna. Di essa fu Venerabileil famoso geologo Ignaz von Born (1742-1791) che fu immortalato da Mozart nelpersonaggio di Sarastro del Flauto

Magico. Documenti della poliziaaustriaca del tempo indicano cheSoliman e Mozart frequentarono

insieme la Loggia. Neppure è daescludere che Angelo sia stato ilmodello del moro Monostatosche, nel palazzo di Sarastro, staper sedurre l’infelice Pamina,soprattutto nella triste scena in

cui si lamenta per l’impossibi-lità di amare una donna bella e

candida. Anche il compositore JosephHaydn, di cui Angelo era amico, fu mem-bro della stessa Loggia6. Lo stessoSoliman fu per un certo periodo di tempoVenerabile di questa Loggia e inserì, alcentro del suo Rituale, la lettura di ponde-rosi saggi accademici e scientifici, praticache, nello stesso periodo, si diffuse intutte le Logge europee e contribuì a farcrescere la reputazione della LiberaMuratoria per il suo rigore intellettuale.Similmente, la fratellanza di Solimandivenne un modello celebrato del pensie-ro progressista massonico.

Nonostante lo stipendio annuale di 600fiorini, Soliman visse con la sua famiglia

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6 Franz Joseph Haydn (1732-1809) fu iniziato nella Loggia “Zur Wahren Eintracht” il 4 feb-braio 1785, presente il Fratello Mozart e, verosimilmente, il Fratello Angelo Soliman. Lo stessoMozart, iniziato Apprendista il 14 dicembre 1784 nella Loggia “Zur Wohltätigkeit” (“AllaBeneficenza”), fu elevato al grado di Compagno il 7 (o il 13, secondo altre fonti) gennaio 1785 nella“Zur wahren Eintracht”.

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al limite della povertà. Nell’anno del suopensionamento, la sua casa nella peri-feria viennese gli fu pignorata e andòa vivere con la moglie e la figlia nelpalazzo Liechtenstein. Dopo lamorte della moglie, avvenuta nel1786, divenne asociale, mettendotutte le sue energie nell’educazionedi sua figlia Josephine. Comeci informano le cronachedella sua prima biografa,la scrittrice vienneseKaroline Pichler, sem-brava essere esente dalloscorrere del tempo:

Godette fino alla sua età più avanzata diuna salute ininterrotta e non si potevascorgere alcuna traccia del declino o del-l’età nel suo aspetto esteriore. Ciò davaluogo ad equivoci e scherzose dispute,accadendogli spesso di esser persino con-siderato il figlio di se stesso da personeche lo avevano conosciuto venti o piùanni prima.

Eppure, le spoglie dell’ex schiavo,dopo il suo passaggio all’Oriente Eterno,andarono incontro ad un bizzarro destino.La sua fine giunse inaspettata quanto rapi-da il 21 novembre 1796, alle due pomeri-diane, durante una passeggiata lungo ilfiume. Cosa accadde subito dopo,Karoline Pichler, nella sua cronaca, scrittaalcuni anni dopo la morte di Soliman, giu-

diziosamente lo tace: probabilmente persfuggire ai rigori della censura imperiale.

Poche ore dopo il decesso, il suo corpofu reclamato dall’imperatore FrancescoII (1768-1835), che ordinò allo scultoreFranz Thaller di spellarlo e impagliarlo.Del cadavere fu fatto un modello digesso e gli fu tirata via la pelle. Il monar-

ca aveva la stravaganteabitudine di collezionarecorpi umani impagliati.Ad onta delle disperate e

molteplici suppliche dellafiglia di Soliman, Josephina,

delle indignate proteste dei suoi Fratellimassoni e persino delle obiezioni dell’ar-civescovo cattolico, l’imperatore mise inesposizione nel suo museo privato il terri-bile risultato della tassidermia. Fu messoin mostra, in posizione eretta col piededestro arretrato e il braccio sinistro teso inavanti, praticamente nudo, con un gonnel-lino di penne rosse, blu e bianche suilombi e con un copricapo di piume daglistessi colori, le braccia e le gambe adornecon fili di perline di vetro e al collo unacollana di conchiglie, circondato da ani-mali e uccelli esotici della foresta vergine,in una sorta di diorama africano.

La sorte di Angelo Soliman provocò inVienna una tale commozione che furonoscritti drammi e anche Schikaneder eRichard Strauss trassero ispirazione dalfatto7. Esempio di un particolare spirito

7 Più di recente il confronto tra l’esotico “selvaggio” col cosiddetto mondo civilizzato, in real-tà barbarico, ha ispirato il drammaturgo e scrittore Ludwig Fels. Fels nasce a Treuchtlingen in Bavieranel 1946 e risiede attualmente a Vienna. E’ autore di vari racconti e romanzi di successo, tradotti in

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vendicativo contro un “negro” libero e,nello stesso tempo, paradigma di unvoyerismo esotico che sfociavanella discriminazione e nel razzi-smo, il corpo impa-gliato ed esposto diSoliman, montato inuna cornice di legno,per il resto del lungoregno dell’imperatoreFrancesco II sarà orgoglio-samente messo in mostraassieme agli animali sel-vatici nel museodell’Imperatore. Inutilisaranno gli sforzi dellafiglia di ottenere perlomeno i resti delcadavere per poterne dare sepoltura. Ilconcistorio arcivescovile non mancò dicriticare “la curiosità” che suscitava l’e-sposizione scandalosa di un moro nudo dicosì rara bellezza.

Per Vienna in generale, e per i massoniin particolare, l’infausto destino diSoliman fu la testimonianza vivente dellapolitica razzista e coloniale della nuovaoligarchia reazionaria. Dopo la morte del-l’imperatore Giuseppe II (1741-1790) che

nel 1781 aveva pubblicato l’Editto diTolleranza e quattro anni dopo accor-dato ai massoni “benvenuto, protezio-

ne e libertà”, dopo la morte di Born chene era stato consigliere nonché orga-nizzatore - proprio lui! - del MuseoImperiale di Vienna che avrebbe

ospitato Soliman, l’impero dovevagemere sotto il tallone dell’infame

governo di Francesco II.Protettore di Metternich,Francesco II non solo ordinòl’arresto e l’esecuzione dialcuni dei repubblicani dellacerchia di Mozart, ma anche

l’imprigionamento del marcheseLafayette, amico di George Washington.

Pur non avendo fino allora perpetratomalvagità, il suo comportamento versoAngelo Soliman ne avrebbe da solo stabi-lito la sua notorietà, allo stesso modo incui suo suocero, Karl Eugen vonWürttemberg, certamente determinò lasua fama facendo imprigionare il musici-sta Franz Schubert8.

Nel libro di Philipp Blom, dedicato allapassione del collezionismo dalRinascimento ai giorni nostri, per definire

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varie lingue. La sua breve piece teatrale (60 minuti) “Soliman” ha avuto la sua prima nel 1991 alVolkstheater Wien a Bregenz, con la regia di Piet Drescher. L’opera, che ha come protagonista il“Moro principesco”, è stata anche rappresentata in Italia nella stagione teatrale 1996/97 del Teatro diGenova con la regia di Anna Laura Messeri.Da segnalare infine che dal 1996 è sorto un balletto a Vienna dal nome “Angelo Soliman”. Le coreo-grafie dei sette ballerini, di cui uno ovviamente nero, sono tra l’altro accompagnate da alcune delle piùesplicite musiche massoniche di Mozart (come il Freimaurermusik Psalm 129, De profundis clamaviK 93, la Maurerische Trauermusik c-Moll K 477 e l’Aria di Tamino del Flauto Magico).8 Mentre è notissima l’affiliazione massonica di Lafayette e Washington, non altrettanto notaè quella di Schubert.

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l’imperatore si è inventato un efficaceneologismo: vello-maniaco. Infattiil Kaiser Franz II dopo aver fattoimbalsamare questo raro esem-plare umano per mostrarlo nelsuo gabinetto di storia natu-rale aggiunse a questo primo“pezzo”, nei sei seguentianni, nello stesso gabinettodell’Hofburg, una bimbadi sei anni dello stessocolore di pelle, regalo diMaria Carolina regina delleDue Sicilie, che fu esposta invetrina, e infine Pietro Michele Angiola,ex guardiano dello zoo di Schönbrunn,che cavalcava un cammello. Nel 1806 ilnuovo direttore del gabinetto di scienzenaturali Carl Schreiber decise che nonera più opportuno esporre esemplariumani e li fece mettere in una sala accan-to, per mostrarli solo a chi lo richiedevaespressamente. Ma, nonostante ogniscrupolo, la collezione si allargò: nel1808 il gabinetto ricevette in regalo lapelle scura dell’ex capoinfermiere del-l’ospedale dei Frati Misericordiosi,Joseph Hammer. Lo scultore Wimmer nepreparò la pelle e la tese su una strutturadi legno. Nel caso di questi ultimi tre nonvi furono proteste, diversamente daSoliman che era un membro noto erispettato della società viennese, o alme-no non ci sono state tramandate.

Le macabre reliquie di Soliman e deisuoi muti compagni di disgrazia rimaseronella collezione imperiale fino ai motirivoluzionari del 1848, allorché una gra-

nata lanciata da un cannone nella biblio-teca dell’Hofburg il 31 ottobre fecedivenire preda delle fiamme le spogliedi Angelo Soliman e degli altri. Di loro

non rimase più traccia. Non c’è niente dunque - parrebbe -

che non possa essere collezionato.Soliman era negro e massone e, alla

morte, ebbe il tragico destino di diven-tare un oggetto da esposizione in unmuseo etnologico.

Ma per quanto sia carente la conoscen-za di maggiori dettagli della vita diAngelo Soliman, la sua scarna biografia,piena di cambiamenti, diventa nel frat-tempo anche “soggetto” di numeroserappresentazioni letterarie e di una com-passione umanitaria molto diffusa. Sonoi tratti caratteristici ed insieme esoticidelle biografie degli africani della primaetà moderna che vissero in Europa: cattu-ra, schiavitù, servizio di corte in alteposizioni, personalità giuridica non chia-ra. Vi potremo aggiungere l’Iniziazionemassonica9. Resta il fatto che in unasocietà tradizionale - cosi com’era nor-male nel mondo greco-romano - vi era lapossibilità di conquistare una posizionesociale, e anche famigliare, degna diattenzione nonostante il colore della

9 Questo vale non solo per Angelo Soliman e John Pine. Altri esempi potrebbero essere fatti,a cominciare dal leggendario Prince Hall, il noto fondatore della Massoneria nera statunitense.

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pelle nera e origini oscure10. Soliman èstato raggiunto solo nella morte dalrazzismo di una societàpiù moderna.

Che il razzismo moder-no iniziasse a prenderpiede allora nella cosiddet-ta buona società, che malin-tesi criteri scientifici lolegittimassero nella comu-nità: questo fu il veroscandalo della vicenda diAngelo Soliman per i suoicontemporanei.

In questa progressiva sovversione con-troiniziatica dei valori tradizionali, iposteri avrebbero veduto, nei secoli avenire, di peggio. E quel peggio del latooscuro sarebbe cresciuto proprio aVienna, ormai una vecchia signora, in

Austria, in una vertigine d’orrore.Nell’olocausto dell’ex imbianchino vien-

nese si sarebbe completato il com-pleto ribaltamento di quella

che era ed è la nozione tradi-zionale della reciprocitàdell’Uomo e del principioche nessuno dell’Umana

famiglia ci è estraneo o nemico11.E’ questo il rischio che corre lavisione eurocentrica, cioè occi-dentale, anche se popoli, radiciculturali diverse, opinioni e fedi

differenti sono sempre più rispettate. Lavicenda di Angelo Soliman e degli svilup-pi del razzismo, malinconicamente, nelconformismo sociale e nel pregiudizioche tuttora domina, riguarda ancora ilnostro presente e guarda al nostro possibi-le futuro12.

⋅ 88 ⋅

10 Si pensi, solo per fare qualche esempio, a Sant’Agostino, cittadino romano per eccellenza,cattolico e apostolico, nero come il carbone, o, in ambito letterario, al leggendario Otello, il Moro tick-lips (“con i labbroni”) al servizio della “liberale” Repubblica di Venezia.11 Non si potrà non scorgere una stretta connessione tra la “vello-mania” di Franz II e l’utiliz-zo dei resti degli ebrei nei campi di concentramento nazisti, la cui pelle umana fu utilizzata per para-lumi e copertine di libri, il grasso come sapone, etc.12 Cfr. in proposito James Hillman, Il piacere di pensare: conversazione con Silvia Ronchey,Rizzoli, Milano, 2001, pp. 101-102: [...] moltissime persone sono ossessionate dall’Olocausto. E’ unmale tanto mostruoso da essere insieme indicibile e inesplicabile. Certo, non dovrà mai essere dimen-ticato. Eppure anche qui c’è un ma. Ci sono orrori commessi sotto il nostro naso dalle nostre forze del-l’ordine, dai nostri governi, dagli affaristi e dai banchieri, dagli scienziati, nelle nostre società. Sonoqueste le nostre sfide etiche, non l’Olocausto. Lo scopo di ricordare l’Olocausto, e persino di «redi-merlo» [...] anche se in modo infinitesimale, è travasare quel senso di orrore nelle nostre risposteimmediate e quotidiane ai peccati di oggi. Questa sì che sarebbe un’offerta ai fantasmi dei morti.

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⋅ 89 ⋅Angelo Soliman. Il primo Venerabile africano, M. Neri

RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI

Bauer, W.A. (1922) Angelo Soliman: der hochfürstliche Mohr. Ein exotisches Kapitel Alt-Wien.Gerlach und Wiedling, Wien.

Bauer, W.A. (1993) Angelo Soliman: der hochfürstliche Mohr. Ein exotisches Kapitel Alt-Wien.Ristampa dell’edizione del 1922 con illustrazioni e introduzione a cura di Monika Firla-Forkl.Edition Ost, Cognoscere, Berlin.

Blom, P. (2002) To have and to hold: an intimate history of collectors and collecting. Allen Lane,London.

Pichler, K. (1808) Der Neger Angelo Soliman. In Morgenblatt für gebildete Stände n. 210 - 1 settem-bre 1808, pp. 837-838; n. 211 - 2 settembre 1808, pp. 842-843.

Sauer, W. (1996) Das afrikanische Wien. Ein Stadtführer zu Bieber, Malangatana und Soliman. W.Sauer, Wien.

Sulzenbacher, H. (2000) Wiener Schnitzlejagd. Literarische und andere Rätsel für Heimische undFremde. Löcker, Wien.

Wolf, R. (2002) Angelo Soliman: der hochfürstliche Mohr. In A Global View of Mozart. Mozart andAfrika 2002. Dokumentation. Mozart 2006, pp. 14-16, Salzburg.

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A CURA DI VALENTINA COLOMBO E GUSTAVO GOZZI

Tradizioni culturali, sistemi giuridici e diritti umani nell’area delMediterraneoSocietà editrice il Mulino, Democrazie, Diritti, Costituzioni, collana del Centro per gli Studi Costituzionali, le Culture, i Dirittie le Democrazie - Europa, Eurasia, Mediterraneo, diretta daGustavo Gozzi.Bologna, 2003. pp. 401 30,00

CARLO GALLI

La guerra globaleEditori Laterza, Saggi Tascabili.Bari, 2002. pp. 107 9,50

Che cosa abbiamo visto l’11 settembre?La prima manifestazione in grande stile di una guerra di tipo nuovo,

che deve essere riconosciuta come una modalità della globalizzazione,dei suoi processi e delle sue contraddizioni. In questo libro, unariflessione originale sul nostro presente e sulla sua complessità.

Il presupposto di queste riflessioni è che l’11 settembre 2001 non siastato consumato un “normale” attentato terroristico, che le azioni

militari che ne sono seguite non siano state una “normale” rappresaglia, né una “normale”guerra, e che il fitto intreccio - la confusione - di categorie, di ambiti, di spazi che in questi feno-meni tuttora si manifesta tragga senso dall’orizzonte della globalizzazione, in cui essi si danno.E che quindi la catastrofe americana possa minacciare di cronicizzarsi, e segni se non l’inizioalmeno la prima manifestazione in grande stile di una guerra di tipo nuovo, la guerra globale,che deve essere riconosciuta come una modalità della globalizzazione.Per far emergere quel tanto o quel poco di concetti che il pensiero politico riesce a decifrare della

guerra globale è prematuro, e forse eccessivo o impossibile, esigere uno spirito di sistema - laguerra globale esce infatti sia dalla concettualità liberale, sia da quella marxista sia da quella delpensiero negativo -; bastino per ora queste pennellate che sottolineano e selezionano, in un fortechiaroscuro, ciò che nella realtà si presenta come un ambiguo sfumare di grigio su grigio.

dalla premessa dell’Autore

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Segnalaz ioni ed i tor ia l i

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ALESSANDRO VANOLI

Alle origini della reconquista. Pratiche e immagini della guerra traCristianità e IslamNino Aragno Editore, Speculum Historiale, collana diretta daFranco CardiniTorino, 2003. pp. 463 18,00

Si è tornati a parlare del Cid Campeador, della Reconquista, della“guerra di Granada”: si sono riavviate le discussioni sulla natura cri-stiana dell’identità storica spagnola o sul suo carattere complesso ecomposito nel quale cristiani, ebrei e mori hanno collaborato a creareuna sintesi distinta semmai dal contributo, ma anche dall’intrusione,dei francos scesi dai Pirenei.Ci si è anche molto interrogati, in tempi recenti e meno recenti - e penso ai lavori di Francesco

Gabrieli, di Emanuel Sivan, di Amin Maalouf - sulla ricezione araba del movimento crociato;mentre vere e proprie biblioteche sono ormai dedicate, per evidenti motivi d’attualità, al temadel jihad, se esso sia stato il fatto che ha determinato le crociate, o se invece sia vero il contra-rio, ed esso vada letto essenzialmente come una “controcrociata”.Dal canto suo il libro di Alessandro Vanoli riesce a spiegare, con un’impressionante abbondan-

za di dati e un sempre vigile spirito critico, in quali modi il secolare confronto tra armi cristia-ne ed armi musulmane in terra iberica si andò intrecciando a forme di alleanza e addirittura diamicizia tra principi, guerrieri e popolazioni di diversa fede.

Franco Cardini

⋅ 91 ⋅SEGNALAZIONI EDITORIALI

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Il Mediterraneo è stato il luogo d’origine di civiltà e culture che si sono incontrate e confron-tate attraverso fecondi rapporti di scambio. La realtà odierna dell’area del Mediterraneo è carat-terizzata da estesi rapporti commerciali, vasti processi di immigrazione, zone segnate da aspriconflitti. Gli sviluppi politici dell’Unione Europea e le sue prospettive di allargamento verso Estpongono, al tempo stesso, la necessità di definire un’adeguata politica di intervento verso la rivaSud del Mediterraneo con l’obiettivo di rafforzare il dialogo tra le culture dei paesi dell’Unionee quelli dell’area mediterranea. La nascita di una politica euromediterranea, attraverso forme dicooperazione e di coinvolgimento di diverse aree regionali e locali, ha rappresentato il tentativodi risolvere i molteplici problemi politici, economici e culturali che l’Europa deve affrontare inquest’area geopolitica di cruciale rilievo. Il volume analizza queste complesse problematiche sof-fermandosi in particolare sul confronto interculturale nell’area del Mediterraneo e discutendo itemi della religione e della politica nell’Islam, le differenti concezioni dei diritti e dei sistemi giu-ridici in Occidente e nel mondo islamico, i rapporti politici ed economici nel Mediterraneo. Ilfuturo dell’Europa dipenderà anche dal successo del dialogo interculturale e dalla riuscita dellepolitiche di cooperazione economica con i Paesi mediterranei.

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PAOLO GUALDI

Repubblicanesimo e Cooperazione a RavennaDal Patto di fratellanza operaia alla nascita di Acmar 1871-1951.Longo Editore RavennaRavenna, 2002. pp. 190 12,00

Sulla storia ravennate, della cooperazione e del mondo repubblicano,sono stati pubblicati molti volumi. Ne mancano ancora all’appello perapprofondimenti, puntualizzazioni, ricerche, studi su personaggidimenticati, sintesi interpretative. Non c’era un lavoro di questo tipo.Una rilettura effettuata con puro scopo divulgativo, per offrire un“percorso ideale” rivolto ai soci e ai dipendenti del gruppo Acmar, agli

EUGENIO MANNI

Sicilia paganaFondazione Famiglia Piccolo di Calanovella Capo d’Orlando ePublisicula Editrice, I Quaderni dell’Almagesto III, collana direttada Aurelio Pes.Palermo, 2003. pp. 142 13,00

[...] Sicilia pagana è un forte contributo alla conoscenza dell’isola. Inesso si affrontano problematiche che risentono del tempo e della forma-zione di chi l’ha scritto. Hanno il grande merito di aver iniziato il pro-cesso di superamento, di dare risposte chiare. Ed era questo il veromonito presente in Sicilia pagana.

Ha dimostrato che storia politica, storia religiosa, folklore, migrazioni etc., rappresentano untutt’uno nella ricostruzione di un fatto, perché la storia, quella religiosa, non si frammenta, madeve essere considerata un insieme unico, in cui la mancanza di un singolo elemento non faricostruire il puzzle.Scritto in una estate ericina, è stato questo il libro a lui - e a “Maria Teresa, sua moglie, che

gli ha fatto amare la Sicilia” - più caro. Così è la dedica di Sicilia pagana. Nessuno studioso,dopo il 1963, ha tentato di scrivere un libro intero sulla storia globale della Sicilia antica,affrontando le problematiche manniane nella loro complessità. Molti punti sono stati revisio-nati, ma la struttura continua a resistere, dando ragione a Eugenio Manni, che affermava,monotono, che altre fonti potevano farci scrivere la storia della Sicilia antica.Più che diventare un puro saggio di consultazione, come ad esempio quello di Ciaceri, Sicilia

pagana resta un libro di idee, di spunti, di intuizioni, che saprà dare, come usa dire, filo da tor-cere a chiunque volesse considerarlo un libro datato. Perché, di fatto, partendo dalla storia deglidèi, ha tentato di fare la storia degli uomini della Sicilia antica, pur sapendo di non poterla farein piena scienza. Ma stiamo attenti ai manniani: Eugenio Manni non li avrebbe voluti. Nellascienza voleva il superamento.

dalla prefazione di Giuseppe Martorana

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GIOVANNI MONTANARI

Ravenna: l’iconologia.Saggi di interpretazione culturale e religiosa dei cicli musiviLongo Editore Ravenna, Le Tessere 7.Ravenna, 2002. pp. 366 30,00

Il patrimonio monumentale e figurativo di Ravenna antica e paleocri-stiana è stato ampiamente illustrato nei due campi principali dell’ar-cheologia e della storia dell’arte. Ma l’iconologia, come interpretazionedei messaggi culturali dei cicli musivi ravennati, attende uno studiocompleto che affronti i tempi e i problemi della committenza colta e deiprogrammi dottrinali delle cancellerie imperiali, episcopali, regie chenei tre secoli decisivi (IV-V-VI), promossero la decorazione musiva delle basiliche, degli orato-ri, dei mausolei e quella scultorea dei sarcofagi.L’iniziativa dell’UNESCO di dichiarare otto monumenti ravennati «patrimonio dell’umani-

tà» sollecita l’ampliamento delle ricerche che non possono disgiungersi dai contributi di aggior-namento che sono venuti dalla grande Storia di Ravenna (1990-1996). Questi contributi,dove poterono, arricchirono le due opere sempre fondamentali di Corrado Ricci (1858-1934) edi Friedrich Wilhelm Deichmann (1909-1937) e cioè le Tavole storiche dei mosaici diRavenna (1930-1937) e Ravenna. Haupstadt des spätantiken Abendlandes (1968-1989). In attesa di una monografia sistematica è parso opportuno pubblicare questi scritti che, tema-

ticamente coerenti, ci auguriamo potranno essere considerati nucleo e stimolo per lo studio deltema iconologico in un quadro complessivo e completo.

anziani che hanno svolto un ruolo nella fondazione e nella crescita di questa che oggi è unagrande realtà imprenditoriale, ai giovani che vi opereranno in futuro. E’ significativo che la pro-posta non venga da uno storico di professione, ma da un manager.[...]Gualdi non ha scritto una “nuova” storia. Non ci ha nemmeno pensato. Ha esaminato, letto e

scelto dai lavori che gli storici professionisti hanno compiuto scavando negli archivi, frugandonei libri antichi e nei giornali. Ha attinto da ricerche già svolte, percorrendo, a volo d’uccello,oltre un secolo e mezzo di storia ravennate e romagnola. Ne ha ricavato una sintesi essenziale,agevole e non banale. Sentiero mondato delle asprezze specialistiche e proposto con lo spirito dichi invita ciascuno di noi a scoprire, in libertà, il proprio cammino, in base ad opinioni e conte-sti ovviamente diversi e vari.[...]La sostanziale coerenza del racconto e delle numerose citazioini tratte da saggi scritti soprat-

tutto negli ultimi venti anni, offre poi anche una confortante risposta sulla bontà complessivadi queste ricerche scientifiche che fungono da riferimento, intraprese in varie occasioni e ricon-dotte da questa scelta ragionata su un piano che in qualche maniera ricompensa, con un omag-gio morale, il lavoro degli uomini che, a vario titolo, hanno partecipato a questa epopea.

dalla presentazione di Sauro Mattarelli

⋅ 93 ⋅SEGNALAZIONI EDITORIALI

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⋅ 94 ⋅SEGNALAZIONI EDITORIALI

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GEROLAMO VITALI

LEXICON MATHEMATICVM ASTRONOMICVM GEOMETRICVMRistampa anastatica dell’edizione parigina del 1668. A cura diGiuseppe Bezza con una prefazione di Ornella Pompeo Faracovi.Agorà Edizioni. MEDIVM COELI Testi filosofici e scientifici deisecoli XVI e XVII, a cura di Eugenio Canone e Germana Ernst, II.La Spezia, 2003. pp. 721 80,00

Il Lexicon mathematicvm astronomicvm geometricvm diGerolamo Vitali, edito a Parigi nel 1668 e ristampato a Roma in ver-sione rimaneggiata nel 1960, è il più completo lessico astrologico mai

pubblicato. I suoi 1345 lemmi forniscono un compendio ragionato ed informato degli sviluppirinascimentali degli studi astronomici, e della loro rivisitazione critica dei testi astrologici anti-chi e medievali in lingua greca, latina ed araba. Discepolo di Placido Titi, Vitali affronta nellaforma del lessico tutti i termini dell’astrologia antica, medievale e moderna, fornendo un’espo-sizione limpida e completa della tradizione astrologica, della quale discute anche le implicazio-ni filosofiche e teologiche. Edito due volte alle soglie della lunga crisi, che per duecento anniterrà l’astrologia ai margini del mondo dei dotti, il Lexicon non è mai più stato ristampato. Lariproposta dell’edizione parigina, più completa di quella, ridotta e impoverita, uscita a Roma,mette a disposizione degli studiosi di storia delle idee, e degli appassionati dell’arte di Urania,uno strumento insostituibile e pressoché unico di documentazione sul linguaggio, le tecniche,le procedure dell’astrologia.

ROBERTO FIORINI

L’orizzonte dei re. Spazio, tempo e rito nella Grande Piramide.Schifanoia EditoreFerrara, 2003. pp. 224 20,00

Meditando sugli antichi cerimoniali egizi, ci soffermammo a conside-rare quanto gli arcaici concetti di magia, riferiti al valore della poten-za creativa costruita sulle due componenti: “Idea” (Sia) e “Logos”(Hu), fossero oggettivamente conoscibili nell’antico Egitto. [...]Questa ipotesi ci poneva nella condizione di supporre che la sugge-

stione creata da un evento rituale in un particolare contesto spaziale(ad esempio il Tempio) inteso come scenografia amplificatrice del pen-

siero (“Idea” <Sia>), attraverso la forza evocativa del “Logos” <Hu>, avrebbe condizionato atal punto i parametri percettivi del fruitore da consentirgli di ridefinirne i volumi ed abbatter-ne i confini. [...]Da quella prima idea iniziale, si sviluppò quindi un percorso di ricerca che andò ben oltre gli

aspetti percettivi degli spazi templari: spaziando nei campi dell’architettura, della religione,dell’astronomia e degli antichi cerimoniali nel tentativo di arrivare a comprendere il significa-to più “intimo” delle più importanti evidenze templari che la cultura egiziana dell’AnticoRegno ci ha lasciato: le Grandi Piramidi della IV dinastia. [...]

dalla introduzione dell’Autore

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⋅ 95 ⋅SEGNALAZIONI EDITORIALI

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NEDO FIANO

Il coraggio di vivereEditrice MontiSaronno (VA), 2003. pp. 240 17,50

Leggendo queste pagine di Nedo Fiano, mi ha investito la freschezzadel suo dolore, il suo sguardo ancora di ragazzo sui ricordi, la suapurezza, le lacrime sgorgate come per una ferita appena inferta; la irre-cuperabilità del senso del suo lutto, eppure la decisa volontà di farnequalcosa, di comunicare l’esperienza.

Fiamma Nirenstein

Bisogna essere grati all’Autore di averci richiamato, ancora una volta, all’obbligo supremodella testimonianza della verità, di ciò che è realmente accaduto: obbligo nel quale può bene rav-visarsi il lascito civile e culturale forse più importante della Shoah.

Ernesto Galli della Loggia

IL PENSIERO MAZZINIANO

Anno 58° - Nuova serieOttobre - Dicembre 2003Trimestrale n° 4Periodico dell’Associazione Mazziniana Italiana-Onluswww.associazionemazziniana.it

Democrazia in azione

Editoriale e commentiS . Mattarelli, Le nuove frontiere della politicaIncontri sull’Europa sezione monografica a cura di S. Mattarelli e

T. CasadeiM. Viroli, Dio nella Costituzione europeaG. Montani, La Costituzione europea: una rivoluzione pacificaM. La Torre, La Costituzione europea in tempo di imperoL’arcipelago russo e l’Europa dialogo con Francesco BenvenutiV. Randazzo, Ripartizione delle competenze nell’Unione europea e modelli di federalismoM. Rampazi, Cittadinanza europea e formazione del cittadinoM. Barnabé, Per gli Stati Uniti d’Europa

Incontri e discussioniP. Bagnoli, Il problema della classe dirigente e il rinnovamento della politica italiana

Saggi M. Maistri, Percorsi di filosofia: “Innamorati nel dialogo”: la risposta platonica ad una

società arida e passivaL. Verri, Riforma morale e “spaccio dei vizi”: Giordano Bruno e la necessità dell’oblio

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Ferdinando Martini autore del primo articolo sulla morte di Mazzini. Un documento raroa cura di E. Costa

I. Nappini, Le memorie di Ferdinando MartiniS. Cingari, Carattere degli italiani e liberalismo democratico. Fra Emerson e Gobetti

Cultura e societàLe sfide globali a cura di T. CasadeiE’ possibile una Cosmopoli post-statuale? Un punto di vista critico di Emidio DiodatoG. Tonella, La politica nell’epoca della globalizzazione. Paradigmi teorici, soggetti istitu-

zionali, questione della guerraP. Caruso, Dalle guerre periferiche al disordine globaleS. Bonella, Ugo La Malfa: storia di un testamento idealeG. Moscati, Tommaso Fiore: quando il socialismo si incontra con il meridionalismoLe dimensioni della ricerca storiografica: la storia rurale dialogo con Dante BolognesiP. Permoli, Ordinaria strumentalizzazione della storiaA. Castronuovo, Il motivo del suicidio in Manara ValgimigliA. Barbon, Alessandro Vessella: un divulgatore della musica sinfonica e strumentale

RassegneContro il diritto di veto nella Costituzione europea; L’agenda di Giovanni Lombardi di P.Permoli; Il centenario del Consiglio Nazionale Donne Italiane; L’assenza di Nessuno TocchiCaino alla giornata mondiale contro la pena di morte di C. Giusti; I cinquant’anni dellacooperativa “Pensiero e Azione”

LibriL’opzione di T. Casadei; Scelta ragionata con schede di L. Cecchini, R. Balzani, M.A.

Casciaro, M. Fumini; Fra gli scaffali, a cura si S.M.

Spazio AMIDocumenti: Per una scuola laica e nazionale; Il 60° dell’AMI e la Resistenza; Per la Domus

Mazziniana; Mazzinianesimo integrale ed intransigente di P. Marchi

LettereL’insurrezione friulana nel saggio di Delureanu di Carlo A.R. Porcella; Sulle “radici cristia-ne” dell’Europa di C. Giusti

La viva memoriaLa scomparsa di Alessandro Galante Garrone

Cronache

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Recens ion i

Il saggio di Carlo Galli non è una dellemolte opere di analisi dei fatti dell’11 set-tembre che hanno di recente invaso ilmercato editoriale: l’Autore, infatti, sipone dinanzi a quell’immane attentato persviluppare una rilettura, densa di erudi-zione e di stimoli ermeneutici, che investel’intero problema della postmodernità edella globalizzazione intese come catego-rie culturali, storiche e metastoriche,un’analisi particolarmente intensa perchénon esita a mettere in discussione gli stes-si fondamenti disciplinari della Storia delpensiero politico.

In primo luogo va detto che per il Gallil’11 settembre è solo il momento piùdrammaticamente percepibile di un pro-cesso iniziato con la fine del bipolarismo:quest’ultima segna l’inizio del postmo-derno, categoria che solo dopo il 1991esce dai contesti artistici e filosofici per

diventare categoria definitiva di unanuova fase storica. Schierandosi con deci-sione nell’alveo di una vivace polemica,Carlo Galli definisce il postmoderno comecesura rispetto alla modernità negandoche esso sia, invece, un’evoluzione iper-trofica di taluni aspetti del moderno. Ilsenso della discontinuità è, infatti, impo-sto dalla coscienza più avvertita della glo-balizzazione: essa annulla quelle coordi-nate, riferite al tempo e soprattutto allospazio, su cui si erano fondati lo Statomoderno e la sua nozione di sovranità.Ritorna, così, il tema, caro all’Autore, delglocalismo che va inteso come la capacitàdi un evento locale di irradiarsi sul tutto ea sua volta di sussumere in sé la tipologiadi una identità globale.

Lo spaesamento diventa allora laprima reazione rispetto ad una nuova real-tà in cui inevitabilmente anche l’ontologia

CARLO GALLI

La guerra globaleEditori Laterza, Saggi Tascabili.Bari, 2002. pp. 107 9,50

di FABIO MARTELLI

(Università di Bologna)

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si relativizza: “l’essere è” ma quasi sem-pre solo a patto di relazionarsi ad unaentità terza. In questa fase anche la guerranon può che essere globale ed anche aquesto proposito Carlo Galli sidistacca dai molti studiosiche hanno inteso l’aggetti-vo globale in senso mera-mente spaziale; perl’Autore la guerra glo-bale è, in primo luogo,postmoderna e perciòespressione della rotturadel monopolio della vio-lenza che lo Stato moderno siera arrogato; cambiano dunque, o meglio,si moltiplicano i soggetti, spesso privati,che esercitano in proprio lo ius ad bellum.

Il campo della guerra si diversificaperché anche l’economia, la tecnologia ela cultura diventano sfere privilegiate delconflitto: si badi bene che non si trattadella vecchia militarizzazione della socie-tà, tema peculiare del concetto di guerratotale, ma piuttosto della capacità di tra-sformare ogni segmento del quotidiano inun’arma autonomamente efficace.

Ciò ci porta immediatamente allavalenza simbolica e tremendamente con-creta dei velivoli civili trasformati da BinLaden in strumenti di attacco “al cuoredell’Impero”.

Proprio, dunque, riflettendo sull’11settembre Carlo Galli perviene a definirel’essenza della guerra globale: tutte leregole tradizionali risultano innovate, acominciare dall’identità stessa degli atto-ri; uno di essi è di certo l’America, spessodefinita, per l’appunto, come l’impero,

ma giustamente, precisa il Galli, che gliStati Uniti sono solo una, anche se fonda-mentale, componente di tale struttura;anzi, neppure l’Occidente rappresenta la

totalità dell’impero che è, invece,anch’esso globale e, dunque,del tutto disgiunto da un’i-dentità spaziale: esso di

fatto coincide con ildisordine della globaliz-zazione, con la sua mobi-

lità, con la sua virtualità econ la sua capacità di rias-

sumere la pluralità senza,però, esprimerne una sintesi.

Ma anche il nemico, l’Altro, ha unaambigua indecifrabilità e non perché atutt’oggi assai poco sappiamo dell’orga-nizzazione di Bin Laden: opportunamenteCarlo Galli cita Hossner per evocare lastrana dicotomia tra “barbari” altamentetecnologizzati e detentori della “civiltà”che per combatterli si barbarizzano; ilnemico si rivela maestro nell’uso bellicodell’informatica o delle reti finanziarie,sfrutta la despazializzazione dell’identitàglobale e rivela sagacia strategica nelbanalizzare, in termini postmoderni, leparole d’ordine di una teologia estrema.L’attacco, allora, non viene dall’Altro, mapiuttosto da un perturbante interno allaglobalizzazione, un Doppio che conducela sua lotta declinandola secondo la formadell’avversario. Ad un impero senza voltosi contrappone allora un controimperoanch’esso privo di una identità concepitain termini moderni.

A ragione, dunque, Carlo Galli esclu-de le molte spiegazioni semplificatorie

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che sono state offerte: una guerra tranuovi guerrieri e stanchi borghesi, unacrociata degli sfruttati contro gli aggres-sori o una ventata di medioevo teocra-tico contro il progresso: tutti que-sti aspetti possono rappresenta-re un singolo segmento delleragioni del conflitto, cosìcome anche la lotta per ilcontrollo delle risorseo gli intrecci dellageopolitica locale. Etuttavia si tratta di fat-tori contingenti, che tro-vano funzionalità efficacesolo se immersi in quel perpetuummobile che è la globalizzazione.

Non a caso le due parti rivolgono lapropria propaganda solo verso l’interno,disinteressandosi di ogni margine dialetti-co con l’antagonista, in un meccanismo diazione-reazione che disvela una sostan-ziale assenza di finalità morfogenetiche.La guerra globale, quella evidenziatadall’11 settembre, ma iniziata dieci anniprima, non è, perciò, lo strumento per rag-giungere un fine politico, ma è piuttostola fine del Politico come categoria; laguerra è un’entità autoreferenziale,espressione fisiologica delle contraddi-zioni di un ordine di cui il disordine, inte-so come mobilità senza limiti del sogget-to, costituisce l’essenza.

Ciò detto, Carlo Galli non mostradubbi in una inevitabile scelta di campo:pur con le sue aporie, l’Occidente globa-lizzato conserva un retaggio della moder-nità cui sono sottese molte delle aspira-zioni che hanno trovato espressione nella

faticosa genesi del mondo westfaliano;con efficacia drammatica l’Autore ricordache l’unico esempio epico, di una guerraposteroica, è rappresentato dalla scelta dei

passeggeri di uno dei voli dirottatil’11 settembre, di bloccare i ter-

roristi: il loro let’s rollnon è però il grido dibattaglia di un pugno di

suicidi contro altri candi-dati al martirio, ma la deci-

sione di un gruppo maturatadopo aver fatto ricorso al vene-

rabile strumento della votazione.Molti altri sono gli stimoli e le

prospettive offerti in questo pur brevesaggio, troppi per essere ripresi in pocherighe. Mi sia concesso, però, di ritornarebrevemente sulle suggestioni offerte alclassicista dalla comparazione chel’Autore istituisce tra l’impero romano eil “nuovo impero”: in primo luogo vi èl’osservazione di Galli sulla assenza didistinzione nell’Impero odierno, traInterno ed Esterno, il che induce ad inter-rogarsi in merito alla reale esistenza diuna tale separatezza nell’evo antico: per-ché se non è vero che il limes rappresental’aspirazione imperiale a reificare talidistinguo, è altrettanto vero che nelTardoantico gran parte del dibattito politi-co verte proprio sulla gestione dei barbarifoederati e dei generalissimi germaniciche guidano le armate romane; e se inOccidente questa “confusione” tra Internoed Esterno si traduce in una sintesi“postromana”, in Oriente il goto Gainasverrà espulso da Costantinopoli, per esse-re poi ucciso però dal germano Frawitta.

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Il Galli ricorda poi che, dopo il primoconflitto mondiale, fu un letterato, Junger,a vaticinare con la massima chiarezza l’ir-rompere dell’età della guerra totale: allo-ra come non pensare a MihailRostovzeff, il grande classicistarusso che, sotto lo shockdella Rivoluzione, rilesse lacrisi del III secolo comeuno scontro tra i “barbariinterni”, gli uomini dellecampagne portatori diuna civiltà preclassica e i cetiurbani di cultura greco-latina,individuando nel processo irrisol-to di omologazione culturaledelle grandi masse la vera causa della finedell’Impero. La sottile provocazione concui il Galli accosta alcuni passidell’Apocalisse giovannea ai proclami diBin Laden, ci ricorda che la metaforababilonese in essa contenuta ricalca unarchetipo veteroscritturale, con parole econ accenti già usati per la caduta diNinive e della capitale caldea; questi temiconosceranno pregnanza storica in tuttoun filone del pensiero cristiano che vadall’Epistola di Barnabar ai testi diIppolito e Commodiano. Ma ad essi siaffianca un profetismo pagano antiroma-no di origine antica (si pensi alla stratifi-cazione degli oracoli contenuti inAntistene) e in esso la polemica politica sifonderà al disagio sociale e a quei proces-si definiti come “ democratizzazione dellacultura” nel Tardoantico.

Viene allora da chiedersi, se alla lucedelle riflessioni del Galli sull’oggi, nonvada ripensata anche la dialettica antago-nista tra Roma e le province orientali.

Infine vi è da rimarcare il ritorno delconcetto di Impero in un lessico politi-co da cui sembrava scomparso: Galli

apre le sue riflessioni con l’anonimodel De rebus bellicis e con la suasoluzione di un’utopia tecnologi-

ca atta a frenare i barbari; ma que-sto autore è anche un severo criticodell’apparato imperiale, della sua

politica monetaria e fiscale. Le suemacchine dovrebbero sostituire lelegioni soprattutto per alleviare l’op-

pressione che grava sui ceti produttivi delmondo romano. Vediamo, dunque, che lacritica alla politica dell’impero può fon-dersi con il più autentico lealismo romanoe ci viene fatto, allora, di chiederci se ilriapparire del concetto di impero, sia nellapubblicistica popolare, sia nel pensieroerudito, non celi un inconscio desiderio diricomposizione della diversità in un’otti-ca utopicamente plurale, se cioè anchecoloro che, da tempo, preconizzano conallarme l’ipotesi dell’affermarsi di unaideologia imperiale, non vadano rilettinell’ottica del Galli, cioè come espressio-ni di una globalizzazione in cui “nulla èciò che sembra” e se dunque anch’essinon ricerchino un Impero come unico fat-tore legittimante di un controimpero cheriunisca il perturbante antagonista, ato-mizzato dopo il crollo del bipolarismo.

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“La visione biblica del mondo e l’ideagreca del kovsmo~ sono visione e idea diuno spazio universale ordinato secundumrationem, kata; lovgon spazio che contie-ne la costruzione gerarchica degli esseri:costruzione edificata (secondo laScrittura) dalla Sapienza (Lovgo~) divina:edificio nel quale risplende la gloria diDio; in una parola, il mondo è il Tempiodi Dio; per questo gli autori cristiani, insenso ancora più fabbrile, hanno parlatodi Fabrica Mundi. Ché, anzi, neppurepossedeva la lingua dei Padri (si dice oijpatevre~ nel senso paolino di Rm 9, 5 eparalleli) il termine di mondo = kovsmo~;per cui la Genesi dice, appunto, dellacreazione di cielo e terra (cfr. Gn 1,1).

Il poema dell’universo (carmen uni-versitatis, che è immagine musicale ago-stiniana, non so quanto consciamente riaf-fiorata in Montanari: de musica VI, XII34: «a Deo procedunt aeterni numeri»,«coelestibus terrena subiecta, orbes tem-porum suorum numerosa successionequasi carmini universitatis associant»[VI, xi, 29]: «le cose terrene sono subor-

dinate a quelle celesti e attraverso lasequela armoniosa associano i cicli deiloro tempi per così dire al poema dell’universo») è, insieme, così il luogo ecu-menico dell’esistenza umana intera, comeil Tempio della Gloria di Dio: ‘La gloriadi Colui che tutto muove’”.

Con queste parole, che credo risalganoal 1965 (pp. 313-314) e che il Montanaririconduce alla memoria di MarioMazzotti, Giovanni Fallani e SalvatoreBaldassarri, suoi maestri e mentori; attra-verso la loro prospettiva dantesca, credoche meglio si possa cogliere la visioneteocosmica del Montanari, su cui si fondal’operare artistico umano, come camminodi conoscenza del vero attraverso il bello,un itinerario plotiniano che è agli antipo-di della visione antropocosmica dellevisioni antiche, egiziane, vicino-orientalie classiche. L’iconologia del Montanarinasce a mio avviso da questa unitarietàprofonda di percezione della realtà edesprime la aspirazione dell’autore a ricon-durre la realtà, anche artistica, ad unaricomposizione di significato.

GIOVANNI MONTANARI

Ravenna: l’iconologia.Saggi di interpretazione culturale e religiosa dei cicli musiviLongo Editore Ravenna, Le Tessere 7.Ravenna, 2002. pp. 366 30,00

Riflessioni sulla simbologia e l’iconologia A proposito di un recente libro di G. Montanari.

di ANTONIO CARILE

(Università di Bologna)

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Sedotti da sempre dalla natura enig-matica della immagine, gli uomini nehanno colto la visualità pura, la seduzionedella bellezza e al tempo stesso il sensodel messaggio, laparola che essa tra-smette. In certiperiodi della lorostoria hanno credutonella natura magicadi capacità di anima-zione, positiva onegativa, insita nel-l’immagine, fino a giungere a praticheche nel Tardoantico noi definiamo teurgi-che, cioè di animazione degli dei, ancorvive oggi nei poveri fattucchieri che ope-rano su fotografie o rappresentazioni.L’iconoclastia di ogni tempo – “non tifarai un dio di metallo fuso” Ex 34, 17;“Non ti farai idolo né immagine alcuna diciò che è lassù nel cielo né di ciò che èquaggiù sulla terra. Non ti prostreraidavanti a loro, e non li servirai. Perchéio, il Signore, sono il tuo Dio, un Diogeloso, che punisce la colpa dei padri neifigli fino alla terza e alla quarta genera-zione, per coloro che mi odiano” Ex 20, 2– nasce da questo dramma psichico dellaimmagine nell’uomo: rappresentazione ocosa in sé? Opera d’arte di mano umana oidolo vivente?

L’ideogramma scaturisce da questasingolare simbiosi di immagine e senso, esegna nella storia umana il punto di tra-sformazione della immagine in suono e inparola, la sua incarnazione logica neldiscorso: alcune delle più grandi culturedel mondo, l’egiziana, la cinese, la giap-

ponese, si esprimono ancora oggi perideogrammi, (le lettere sacre i geroglifi-ci), e le lettere stesse del nostro alfabetosono derivazione di antiche immagini. I

calligrafi antichi e igrafici moderni hannoil dono di compiere ilcammino inverso, cioèdi animare le lettere infigure: le lettere dellagematria ebraica,accanto all’alfabeto diErté, i tessuti orna-

mentali di lettere dei calligrafi arabi,bizantini, ottomani, in cui enigmaticità eseduzione si inseguono e si intrecciano,come un mistico uroboros, e catturano inrapimento l’incauto che guarda – quantinostri pittori del Trecento e Quattrocentohanno compiuto questo miracolo suibordi delle vesti delle nostre Madri diDio, introducendolo alla iniziazione indi-cibile e quasi inconscia ad un altromondo, più completo, più significativodella quotidianità, in cui per lo più disper-diamo il senso del nostro esserci.

Frettolosi passeggeri all’inseguimentodelle nostre vite, pungolati dal senso diinadeguatezza e dal senso di irrealizzabi-lità del nostro progetto, che vede la suaaffermazione fatta e disfatta dalla risaccadella vita, non abbiamo cuore di captare ilvolto intemporale delle nostre città, che ciinsegnano la inanità della soggettività e lafunzione della fusione nel collettivo; intri-stiamo perciò nell’appiattimento di unpresente atono, in disfacimento, senzaprospettiva di stratificazione di pensiero edi azioni, serrati in una egoistica chiusura.

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Difesa che pure sappiamo destinata alladissoluzione, quanto meno del tessutocorporeo, e alla finale plotiniana libera-zione dell’anima dalcorpo. Intanto viviamonel presente, il nostrofutile, noioso presente,irto di pensieri fuor-vianti e dispersivi, pol-vere molto più polveredi quella cui siamodestinati.

Capita talvolta diimbattersi in persone come il sovrinten-dente Bernardo Corsi, che nel 1956 miaccompagnò in visita alla Ravenna in cuivivo io, quella bizantina e quella venezia-na, onore che ebbi a condividere – midisse il Sovrintendente con una sorta disegreto messaggio, che ora mi pare dicogliere – con uno zio della reginaElisabetta, – che posa adesso la sua rega-lità in una tomba –, onore che allora toccòin sorte ad un oscuro ragazzetto pesaresein visita allo zio, capo di gabinetto delquestore di Ravenna: gente da niente, magli uomini sono tutti anonimi, re o fanti, etutti destinati alla polvere da cui proven-gono: i tesori che sanno dispensare, nelbene o nel male, sono destinati alla anoni-mità della grande fabbrica sociale e soloin essa trovano finalità e senso.

Oggi abbiamo tra noi un altro perso-naggio come Bernardo Corsi, GiovanniMontanari, che novello mystes orfico, cisa schiudere il cammino sapienziale diiniziazione alla conoscenza, che dà pace,che libera dalla dispersione della quoti-dianità, in cui la nostra identità sembra

dissolversi, nel frastuono e nella casualitàdi accadimenti, che peraltro sono invececompattamente necessari e significativi,

secondo un disegno tra-scendente la nostracapacità intellettiva.

Armato della suaerudizione esigente ea volte stizzosa,Montanari ci fustiga,come si usava con gliantichi iniziati, e cicostringe a guardare

con gli occhi dell’intelletto alla oggettua-lità turisticamente esaurita e scontata deimonumenti, che proprio perché taliabbiamo di fatto resecato dal senso dellanostra vita e dalla coscienza del nostroessere in un luogo e in un tempo.Montanari evoca dall’oblio delle nostrecoscienze la totalità simbolica del lascitodel passato, accanto a cui frettolosamentepassiamo, forse soddisfatti solo dellaattrattiva che i monumenti esercitano suituristi, portatori di curiosità, di denaro edi lavoro, in caccia della visibilitàmomentanea che questi oggetti peculiaricon il loro richiamo turistico conferisco-no a questo o a quel personaggio – desti-nato alla eternità dell’oblio.

Montanari, giudice di carte e di stu-diosi, compie il miracolo di far risorgeread esempio Santa Maria Maggiore nellacommittenza di Ecclesio (523-532), ilcui ritratto nell’abside di San Vitale cirestituisce, nel cliché dell’evergete conmodello di chiesa in mano, un comples-so ritratto di insospettabile prospezionepsicologica e di ancor leggibile angustia

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quotidiana, l’angustia operativa in cuiagiamo e siamo immersi noi.

Montanari ne fa risorgere la funzionedi committente, cioè la manifestazioneconsapevole di un pro-gramma esplicabile sol-tanto nella totalità diuna cultura e di unapolitica, temi chemodellano ancora oggila nostra quotidianità,nel tessuto inestricabiledei significati. A tal fineil Montanari si immergein anatomie sottili, come la indagine suimosaici in quanto tessere compiute daFiori e dalla équipe della Soprintendenzadi Ravenna, anatomie sottili e sconcertan-ti, indecifrabili per il turista o anche soloper il lettore colto. Ed ecco la iscrizioneperduta di Santa Maria Maggiore, in cuila mariologia del VI secolo ci pervieneattraverso la mediazione aulica diCostantinopoli Nuova Roma:

Virginis aula micat, Christi quae cepitab astrisNuncius caelestis angelus ante fuitMysterium Verbi genitrix et virgoperennis.

Splende la sala della Vergine cherapì Cristo dagli astriPrima vi fu il messaggero del cieloMistero della madre del Verbo evergine perenne.

Ecco risuonare nella perduta epigrafe,ai piedi della immagine musiva dellaMadre di Dio a Ravenna, le auliche into-

nazioni del poeta di corte FlavioCresconio Corippo (In laudem Iustiniaugusti minoris II, 47-56) che nel 565, in

occasione della assun-zione al trono diGiustino II, rappre-senta la imperatrice

Sofia, nipote diTeodora, – i pettegolimalvagi dicevano suafiglia – , in atto dicandida orante amani distese: oranteexpansis candida

palmis, che si rivolge alla Madre di Dionel virginis et matris templum sublimecon queste parole:

Virgo, creatoris genetrix sanctissimamundiExcelsi regina poli, specialiter unaVera parens et virgo manens, sinesemine patrisQuam deus elegit matrem sibi, credulaverbumConcipiens nostram genuisti feta salutem.

Vergine, madre santissima del crea-tore del mondoregina del cielo eccelso – era il titolodi Giunone e di Era nel mondo classico– che in modo inspiegabile altempo stesso sei vera genitrice e rimani vergine,senza seme di padreche Dio si scelse per madre, prontaa prestar fede al Verbo,con la concezione generasti, con ilparto, la nostra salvezza.

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Il fatto che la vergine madre diCorippo fosse credula, pronta a prestarfede al Verbo, sembra allusione puntualeal nuncius/angelus la reduplicazione occi-dentale-orientale di Ecclesio, fatto che lainduce ad essere colei Christumquae cepit ab astris veraparens et virgo manens, ladantesca “Vergine madre,figlia del tuo figlio” chetrascorre per un preziosotramite di immaginipatristiche che incatena-no con l’oro della fedel’Oriente all’Occidente,la classicità al medioevo,un intertesto che navigaper luoghi e tempi senzaconfine e senza limite.

La mariologia costantinopo-litana e cortese di Flavio CresconioCorippo riecheggia puntuale nel myste-rium della incarnazione di Ecclesio raven-nate, conferendo alla scomparsa immagi-ne, risorta dalle pagine del ravennateRubeus, la potenzialità di un tramite cul-turale che lega sponde dell’Adriatico esponde del Bosforo, in una unità di inten-ti politici oltre che religiosi, dichiarata-mente antiariani, anche se nel decenniodella potenza di Sofia e Giustino II (565-572) il problema sono gli ariani longobar-di, contro cui cadrà in battaglia il generodi Giustino II, Baduario consorte diArabia, mentre il problema di Ecclesioerano stati gli ariani goti.

Il tema dei Magi, a Ravenna riaffioradal bordo del manto purpureo di Teodoraa San Vitale, ai tempi di Massimiano

(546-556), dalla teoria dei magi dellaBasilica Salvatoris (Sant’ApollinareNuovo), dalla stessa epigrafe di Ecclesioin cui Magi vera fatentur, “i Magi sonotestimoni della verità”, sino alla capsella

marmorea con il ciclo dei Magi e alsarcofago dell’esarco Isaacio, –

l’antenato armeno di Fozio, chemorì nel 643, piamente sepoltoin San Vitale, dopo aver sac-cheggiato il tesoro di papaSeverino nel 634 –, teoria incui umanità e divinità diCristo si confondono con iltema della regalità divina dicui l’imperatore è terrenodepositario, per diretta inve-

stitura divina, Magi portatori diuna sapienza persiana, che anco-

ra una volta dilata i confini cultura-li della regia civitas ravennate.Montanari ci accompagna nella deci-

frazione del geroglifico monumentaleravennate di San Vitale, in cui spaziobasilicale, movimenti liturgici, orienta-menti spaziali, cicli iconologici, si fondo-no nella totalità di un simbolo prezioso,che ammalia l’ignaro visitatore ma che èinfine la lezione superba ed esigente dellaessenza dell’impero e del sacerdotium.“La congiunzione del globo di Cristo colmonogramma cristologico stilizzatosostenuto dalle aquile coniugate con icorni dell’abbondanza sull’arco dell’absi-de” di San Vitale è l’emblema della circo-larità dei linguaggi simbolici e della lorofusione, coagulatasi nel VI secolo: le cor-nucopie, cioè i pagani corni della capraAmaltea, nutrice di Giove/Zeus poppante

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sull’Ida a Creta, pegno di abbondanza,sono associati al trionfo militare del redegli uccelli, l’aquila imperiale: vittoriamilitare e abbondanza, dun-que, mutuate dal linguaggiodella storia romana, mariconvertite e ricondotte allavera fonte della vittoria edella abbondanza spirituale,la theodoretos nike, “la vit-toria donata da Dio”, dellacroce costantiniana, trascen-dentalmente costellata digemme, ciascuna delle qualiha il magico potere di capta-re e trasmettere una virtù,nella forza magica del nometeoforo del Chrismòn, di persé facitore di pace, trionfo, abbondanza.Questa croce veniva venerata in una ceri-monia imperiale che si teneva il 25 mag-gio di ogni anno nel palazzo di Bono(CONST. PORPHYR. de caer., II, 6, inPG 112, cc. 997-1001) sul foro diCostantino, il foro che prende il nomedalla colonna profiretica con l’immaginedi Costantino Helios (A Costantino chesplende come il Sole, rivelava la anticaepigrafe), che ancora campeggia comeideogramma sulla Tabula Peutingeriana.

Il chrismòn che apotropaicamentecampeggia sugli scudi dei protìctores, ilcorpo palatino privilegiato che scortaGiustiniano, nella sua epifania imperiale enel suo atto al tempo stesso euergetico, dilargizione imperiale alla basilica di SanVitale, secondo il tema dell’evergetismo,tema importante se per ventuno volteviene citato nei settantadue capitoli

dell’“Esposizione di capitoli parenetici”il testo firmato nell’acrostico (Al divinis-simo e piissimo imperatore nostro

Giustiniano Agapeto l’ul-timo dei diaconi) il diaco-no Agapeto, il maestro diGiustiniano, che probabil-mente nel 527 recitòall’incoronazione imperia-le del discepolo, il famosospeculum destinato a lar-ghissima fortuna nell’as-solutismo occidentale eorientale: Carlo Stuart lorilesse, nella traduzione infrancese di suo cognato, ilre di Francia, la sera primadella decapitazione, come

ricapitolazione e senso della sua vita edella sua morte.

Le due teorie imperiali, che a SanVitale riprendevano le teorie imperiali diAureliano nel tempio del Sole di Roma, –di cui otto colonne furono donate aGiustiniano per la riedificazione di SantaSofia a Costantinopoli Nuova Roma –,nell’atto di evidenziare l’offerta imperialedel pane e del vino – l’essenza più anticadella mediterranea civiltà agricola, cheattingeva alla quotidianità più indispensa-bile dal 25.000 a.C., giungendo alla trasfi-gurazione religiosa della cultualità classi-ca nei culti di Cerere e di Dioniso, non acaso fatta trasmigrare da Cristo ad ele-mento centrale della transustanziazione –nell’atto di evidenziare la preziosità deidue contenitori, del pane e del vino, trasfi-gura la regalità bizantina e l’evergetismoimperiale nell’ordine trascendente della

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salvezza divina e sublima l’offerta deiMagi, sul bordo del manto imperiale,nella rappresentazione dellatransustanziazione eucari-stica, di cui i prototipiimperiali divengono tramitisacrali della società.

L’arco che unisce esovrasta le due teorie, conla figura del Cristo verboincarnato, che fa discenderela sua parola di salvezza,per il tramite degli apostoli,portatori della parola rivela-ta, nella struttura stessa del-l’impero, realizza la sintesidi regnum e sacerdotium. Ifedeli partecipano alla tran-sustanziazione nel luogo della epifaniaimperiale e sacerdotale, la cui diacronici-tà è evidenziata dall’offerta di Abele e diMelchisedec da una parte e dal sacrificiodi Isacco dall’altra, sacrificio prefigura-zione della offerta del primogenito ariscatto del mondo nel sacrificio di Cristoe nella eucaristia, che il celebrante evocaall’atto della celebrazione.

Il fedele viene immesso cioè nellatotalità di un simbolo in cui presenza dellacultualità ecclesiastica è tutt’uno confede, salvezza e forza dell’impero, fasi diun destino apocalitticamente evidenziatonei sette sigilli del rotolo del Cristo pan-tocratore e nella croce apocalittica, mala-mente restaurata con due Omega, a sini-stra dell’area del sacrificio, luogo marca-to dalla porfirota imperiale, il grandetondo di porfido davanti all’altare, cheevidenzia la presenza/assenza della figura

imperiale. “Tibi offerent reges munera”sonava l’epigrafe di San Giovanni

Evangelista, la fondazio-ne placidiana, che con-nette Ravenna alla virtùmagica della manna diSan Giovanni di Efeso:polvere che gettata trevolte sul mare in tempe-sta, aveva il potere disedare il tumulto delleacque e che fu probabil-mente all’origine del-l’ex-voto della imperatri-ce: Ravenna ed Efeso,una seconda connessionedi rotte e di idee su per leacque – “infeconde”,

come teme Omero? – del Mediterraneo. Montanari evoca il senso coniugando

immagini e testi, immagini visuali edimmagini intellettive. Il rimando ai testidi san Pier Crisologo nella lettera adEutiche, e nel sermo 146, e ad AmbrogioDe fide I, 4, 33:

Quid igitur voluerunt sibi mysticamunera nisi ut itelligeremus inChristo differentiam divinitatis et car-nis? Ut homo cernitur, ut Dominusadoratur iacet in lanis sed fulget instellis.

Che dunque si pretesero i donimistici, se non che capissimo inCristo la differenza della divinitàdalla carne? Come uomo si vede,come Signore si adora; sta coricatoavvolto nelle fasce ma splende frale stelle.

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La stella del sarcofago di Isaacio e ilChristum quae cepit ab astris di Ecclesio,ci aprono una cassa armonica di risonan-ze che da Oriente ad Occidente fannovibrare l’anima cristiana dei popoli delMediterraneo: ora cheil cristianesimo è statoespunto dalle radicidell’Europa, ricono-sceremo almeno launità di sistemi produt-tivi, fino al secolo XI:gli oggetti della quoti-dinianità non sembra-no riservarci misteri inquietanti, non cipongono interrogativi, li usiamo e basta.Ma è proprio così? Non parliamo forseattraverso le immagini dell’operare quoti-diano: che significa manager, se non stal-liere? E perché è tanto importante “esserea cavallo” se i conquistatori dell’Europadel IV-VII secolo d.C. non fossero statidei cavalieri? La storia è misteriosamentenascosta nelle parole che usiamo: possia-mo ignorarla, ma ci modella comunque,cari archeologi adoratori di oggetti e spre-giatori della “storia” scritta.

In piena crisi tricapitolina (543-546)Massimiano – originario di Pola, verarocca di tricapitolinismo – intesse undiscorso antimonofisita, che per oltre unsecolo rimbalza sulla iconologia ravenna-te. Ma che la Andaloro, ricorrendo allemoderne tecniche di ricostruzione virtua-le, ha rievocato dalle ombre sul murodella basilica giustinianea di SanGiovanni Evangelista ad Efeso, in unascena di adorazione del verbo incarnato edella Madre di Dio, ad opera dei Magi,

che fa risuonare da un capo all’altro delMediterraneo la lezione di Cristo veroDio e vero uomo, di Cristo dominus, cioèimperatore. Ancora Ravenna ed Efeso:come è stretto questo Mediterraneo.

D’altra parte nonera stato Socrate, unafrequentazione cultu-rale del Montanari, adichiarare dall’altez-za senza illusioni delpunto della morte,che il mondo medi-terraneo era molto

piccolo, uno stagno abitato da formiche orane, in una terra molto grande: Plat.Phaedr. 109B:

Noi che abitiamo dal Fasi sino allecolonne d’Ercole, ne occupiamo soltan-to una piccola parte, abitando intornoal mare, come formiche o rane intornoad uno stagno, e altrove ci sono moltialtri uomini che abitano e molti luoghidi questo genere.

Dunque Montanari, nella sua riottosa“ravennitudine”, infrange la orgogliosa estolida chiusura ravennate sotto il magliodella sua erudizione teologica ed iconolo-gica e mostra dall’interno della culturaravennate, dalla centralità unica di quellefigure, patrimonio dell’umanità, la circo-larità culturale che le ha prodotte e che lefa vivere; ci restituisce pertanto al sensodi una vita mediterranea, che la immagineparadisiaca dei troni imperiali del battiste-ro neoniano, del trono del battistero degliAriani, dei troni e dei cibori dellaRotonda di Tessalonica, del giardino

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paradisiaco e dei palazzi della moscheadegli Omayyadi a Damasco, i palazzi nel-l’affresco del giardino della chiesa di S.Julian dos Prados a Oviedo, ci richiamanoalla circolarità interreligiosa della imma-gine del paradiso. Taleimmagine trascorre daipalazzi celesti delmisticismo Merkavahebraico, le cui lettereiscritte in un procedi-mento gematrico splen-dono ancora, nella lorofunzione creatrice,sulle vesti degli aposto-li nel battistero degli Ariani; al palazzoceleste della Visio Dorothei della metà delIV secolo; ai palazzi celesti della vita disanta Marta madre di san Simeone ilGiovane nel VI secolo; alla visione delmonaco Cosma del 913; alla strutturainfernale e celeste del Mira∆ di Maometto,fra VII e IX secolo, fino alla visione del-l’inferno e del paradiso di Ibn Arabi, lospagnolo che una generazione prima diDante ci fornisce una struttura analoga aquella della Divina Commedia e cheDante aveva potuto utilizzare nella SchalaMachumeti, un codice del tredicesimosecolo esistente a Santa Croce di Firenze,scoperto dopo la divinazione di MiguelAsin Palacios, (L’escatologia islamicanella Divina Commedia, Introduzione diC. Ossola, traduzione di R. Rossi Testa eYounis Tawfik, Parma 1994, ma il libro èdel 1919).

La severa lezione iconologica delnostro Montanari infrange il mito dellacentralità ravennate che diviene solo un

polo, quanto prezioso, quanto ricco diechi, della cultura cristiana nell’atto dellatrasmigrazione dei simboli e dei linguag-gi dalla classicità al cristianesimo e al cri-stianesimo nella sua unitarietà, – già allo-

ra peraltro parziale– anteriore allo sci-sma di Fozio e aquello di Cerulario.

Sant’Apollinarein Classe è l’altropolo della presenzaculturale diMassimiano nellacivitas regia, secon-

do Montanari. Contenuti dogmatici e teo-logici sostanziano le immagini musive. IlCristo nella gloria del cielo increato simostra al popolo salvato attraverso lafigura temporale e temporanea del suopastore, ideogrammaticamente raffiguratonel suo protovescovo Apollinare, maesplicato nella sua ideogrammaticità dallateoria dei suoi successori, che attorno alui si addensano in immagini musive e insarcofagi. Segno materiale e segno sim-bolico della unità della tradizione episco-pale, tramite della parola di salvezza e delmistero della transustanziazione, che alcospetto della memoria figurativa emonumentale degli arcivescovi passati,l’arcivescovo presente celebra al cospettodel popolo cristiano: che tutti possanodunque capire, quelli abituati a guardarealle cose da un altro punto di vista (paro-le di Alexandra Fiodorovna al maritoNicola II nel 1915) e quelli abituati aguardare alle cose nella loro concretezza.

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Nell’abside della Trasfigurazione ilmessaggio evangelico della visibilità conocchi umani dell’invisibile e dell’in-circoscrivibile, viene comunicato alpopolo cristiano attraverso lacentralità dell’altare, sucui l’officiante, accredita-to dalla tradizione episco-pale, rende attuale il sacri-ficio salvifico. Una grandelezione di contemporanei-tà e storia, trascendenzae presente, una riunifi-cazione del singolo allatotalità del gregge sal-vato nel presidio stori-camente ininterrottodel magistero cristiano ed episcopale,derivato direttamente dal Cristo.

Una lezione trascendente perfettamen-te afferrabile con occhi umani come conocchi umani gli apostoli avevano assistitoalla trasfigurazione divina del Cristo. Unasintesi di storia e di metastoria, di mito edi rito, che rappresenta un vertice dellacapacità umana di evocare il tempo irra-presentabile congiunto alla atemporalitàinvisibile. Ancora una volta nella unitàculturale di Palestina, Siria (palestinese ilCristo uomo, antiochenus vir il protove-scovo Apollinare) con la regia civitas perla mediazione del Porto di Classe. Viedell’intelletto e vie dei traffici trasfigura-te in una unità sapiente, una virtualitàespressiva che rappresenta un culminedell’operare artistico ed intellettuale del-l’uomo.

In questa salda tessitura teologicaMontanari pone l’immagine, con severa

recensione degli studiosi amanti delle par-tizioni specialistiche, che impediscono lacomprensione della unitarietà profonda

della rappresentazione e dello spazio edel popolo cioè delle diverse

realtà che si muovono e inte-ragiscono nel manufatto, inuna presenza intemporale, cheè forse il dono più alto cheRavenna faccia alla umanità.Ridarle il senso della sua

durata, del suo rinnovarsi,del suo continuare, del suoappartenere ad ambiti nonlocali, non regionali, quan-to meno mediterranei, maSocrate parlava di apparte-

nenza al mondo intero e di identità degliuomini tutti, conosciuti e sconosciuti.

Montanari, come Fafnir nella epopeanibelungica, custodisce una caverna pienadi tesori di sapienza, un vaglio sessagena-rio, io credo, di bibliografia, una perlu-strazione ferocemente amorosa del lascitomonumentale e testimoniale della storiadi questa città, crocevia del mondo.

Impossibile tentare di percorrere tutti isuoi temi e le sue intuizioni, nello spaziodi una recensione: questo libro va medita-to come un Baedeker del senso. Tempo,spazio, cosmo. Il tempo liturgico anzitut-to, “palinsesto” di eventi naturali, culturadei campi, culto di dei e di acque; il temposacro come sussunzione di ritualità arcai-che trasfigurate e risignificate, il tempoumano scandito dalle campane dei cam-panili ottoniani di Ravenna. Lo spaziocentrato sull’Oriente di sant’Ambrogio(ad Orientem converteris, illum directo

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cernit obtutu) ma anche di san GiovanniDamasceno (†749), figlio di un funziona-rio del califfo di Damasco.

Bisogna che i presbiteri prendanoposto nella parte orientale della casa[…] poiché è verso l’Oriente chenoi dobbiamo pregare – PsalliteDeo, qui ascendit super caelumcaeli ad Orientem -

(Didascalia siriana degli apostoli; Siria,

prima metà del III secolo)

Mentre l’imperatore siede amezzogiorno “midi le just” delCimetière marin di Valéry e dellaNaissance d’une capitale. Constantinopleet ses institutions de 330 à 451 (Paris1974, p. 334) di Dagron.

Nel Battistero ortodosso Cristo guardaad Occidente, poiché il percorso dellaresurrezione, dalla morte alla vita, correda occidente fino al Cristo/Oriente; men-tre nel Battistero Ariano Cristo è adOriente. Quanta eco storica vi è del per-corso notturno del sole, il percorso osiria-co del sole che risorge dopo aver percor-so il cammino notturno da Occidente adOriente? Quale rapporto vi è fra percorsoosiriaco della resurrezione del sole e lacroce di Galla Placidia, che corre daMezzanotte a Mezzogiorno?

Il globo su cui siede il Cristo Eterno diSan Vitale o l’agnello apocalittico –immagine vietata dal concilio in Trullo –elevato al sommo del cielo dai quattroangeli poggianti sui quattro globi, sem-brano raffigurazioni non tanto delle quat-tro parti del mondo, quanto più ambiziosa

raffigurazione del dominio del globo tra-scendente dello spazio/tempo, raffi-

gurazione della totalità delcreato, salvato daCristo. Il cosmo è sinte-tizzato nelle epigrafiesistenti o tramandatecome aut lux hic nataest aut capta hic liberaregnat a Sant’Andrea,forse la cappella piùantica della cristianitàoccidentale, che pure

ci reca la raffigura-zione della regalità

divina del Cristo-imperatore che calpestail drago e il leone (super leonem et draco-nem deambulabis) presentando la primaimmagine imperiale cristomimetica diimperatore soldato e di guerra come rista-bilimento dell’ordine cosmico. La luce ènella Genesi l’elemento ordinatore pereccellenza del cosmo. Spazio e immaginivisive ravennati hanno dunque la ambi-zione di rendere visibile l’invisibile, par-tito che realizzano con una forza figurati-va di ordine astratto, di singolare inciden-za sulla sensibilità postfigurativa degliultimi due secoli.

Attenzione dunque, storici e storicidell’arte. Giovanni Montanari parla som-messamente, burberamente, coglie però ilsenso e si accende per noi tutti come unalucerna insostituibile. Peccato che unostudioso di questa sensibilità per il fattoteologico e il contenuto ideativi dell’im-magine nel quadro della committenza,non sia stato ammesso nell’accademia ita-liana nel 1996, come avevo auspicato.

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Non importa. Montanari è una memorianella sinagoga del nostro cuore, per dirlacon Bassani, ci aiuta a ricomporre iltempo della nostra vita nella atemporalitàdella storia delsimbolo, inuna geografiae in una cro-nologia cheinfrange ognip a r t i z i o n es c o l a s t i c a .Offrendoci lariflessione egli studi diuna vita, nelle più ampie sfaccettature, dalMassimiano committente al Tricliniumneonianum, da culto e liturgia a Ravenna,a Giuseppe l’Ebreo, prototipo del buongoverno e della funzione alimentare urbi-ca della chiesa episcopale, dalla trasfigu-razione di Sant’Apollinare in Classe allaiconologia di Mosé a San Vitale, dallericerche sull’arianesimo ravennate allatraditio legis e alla collegialità apostolica,dalla lettera dell’arcivescovo Agnello Deratione fidei, alla historia salutis diPomposa, dalla escatologia e la dogmati-ca cristiana, al messale di di Ranchio, allospeculum medievale, note di filologiaspeculativa.

Sarebbe un errore imperdonabile chie-dergli la mummificazione della sua intui-zione in un manuale: in questo libro pulsala sua vita di studioso e si trasmette a noi

come per magia.Il saggio finale in

appendice, La dottri-na teologica neimonumenti ravennati,come ho detto inapertura, costituisce ilfondamento specula-tivo dell’opera delMontanari, che consi-ste nella offerta di un

paradigma metodologico di coniugazionefra immagine, significato teologico ecommittenza episcopale, il cui unico tortoè di essere stato pubblicato, fra il 1965 e il1993, per lo più in italiano, lingua ingiu-stamente abbandonata dalla storiografiaanglicizzante dei nostri giorni.Quest’opera andrebbe dunque tradotta ininglese perché Giovanni Montanari, se miè consentita la citazione di una immaginecara a Gina Fasoli (1905-1992), grandemaestra e grande amica, vola alto e ha unbel suono, “fra cielo e terra”, come lecampane dei suoi campanili di Ravenna.