riassunto il gioco della cultura di s. piccone stella e l. salmieri

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  • 7/23/2019 riassunto Il Gioco Della Cultura Di s. Piccone Stella e l. Salmieri

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    IL GIOCO DELLA CULTURA di S. Piccone Stella e L. Palmieri

    PARTE PRIMALE PROSPETTIVE

    CAP. 1IL CROCEVIA DELLA CULTURA

    La cultura si presenta inizialmente come la conquista o l'attributo di un singolo individuo. La paroladeriva etimologicamente dal verbo latino coleree alludeva originariamente all'azione di chi coltivavala terra o tuttal pi la mente. Il termine culturale passa poi a designare non pi un solo soggetto mala collettivit. La riflessione storica d origine in questo periodo al termine "civilt" riferita a un'interanazione e a un intero popolo, ragion per cui la cultura non rappresenta pi un fatto individuale benscollettivo. Nel momento in cui si parla di civilt entrano in scena anche l'autoriflessione e il pensierocritico: la civilt occidentale, non appena viene percepita come tale dai pensatori, comincia a vederese stessa come una civilt tra le altre. Da una cultura o dalla civilt di un solo popolo si passa cos

    alle molte culture dei diversi popoli, soprattutto in seguito ad avvenimenti globalizzanti come letraversate transoceaniche, le esplorazioni e l'ingresso di nuovi paesi come l'America, la Cina el'Oriente nella geografia mondiale. A rafforzare l'idea che non esistesse una civilt sola, ma tanteculture e individualit diverse, contribu poi la polemica di alcuni studiosi tedeschi nei confronti deltermine francese civiization, ritenuto troppo astratto e unilineare. Proprio a questi filosofi tedeschi siispira l'antropologo inglese Eward Burnett Tylor, il primo a formulare in maniera sistematica ilconcetto di cultura, alla fine dell'ottocento. A partire da questo momento l'antropologia si apre inoltrea un nuovo capitolo: la cultura non riguarda pi solo il sapere ma lintero modo di vivere. Nellanozione di cultura rientrano dunque, a partire da questo momento, una serie di elementi prima deltutto estranei come gli usi, le abitudini, gli oggetti della vita quotidiana, i prodotti materiali. Intorno

    alla met degli anni 50 del novecento, gli studiosi inglesi di storia e critica letteraria che hannoformato la scuola dei Cultural Studies britannici trassero dallantropologia lespressione a whole wayof life, collegando in questo modo sul piano epistemologico il campo letterario e le scienze sociali.Ci si rese infatti conto che bisognava disfarsi della vocazione elitaria intrinseca alla tradizioneumanistica poich i grandi fatti politici ed economici dell'epoca moderna, la modalit capitalistica diproduzione e l'idea sempre pi estesa di democrazia stavano trasformando il rapporto tra la culturae il suo pubblico.

    I contenuti

    Secondo la definizione di Tylor la cultura composta da conoscenze, credenze, arte, morale, diritto,costume e da qualsiasi altra capacit o abitudine acquisita dall'uomo come membro di una societ.

    Il fatto che gli antropologi siano fermamente intenzionati a separare la cultura in primo luogo dallanatura (cio da ci che viene biologicamente trasmesso agli esseri umani) spiega il motivo per cuiessi tendano a includere nella cultura tutti i prodotti umani, quindi l'intera sfera del sociale. Il mercatoeterogeneo in cui la societ e la cultura sono visti come un tutt'uno nel corso del novecento statosottoposto a un processo di depurazione, frutto principalmente del lavoro teorico di Talcott Parsons.Questo processo ha inoltre fatto s che i contenuti della cultura diventassero pi nitidi e che venisseroriassunti in alcuni elementi quali le norme, i valori, le credenze e i simboli. Le norme in particolareincludono le convenzioni condivise, i criteri di giudizio riguardanti i comportamenti pubblici e privati.Nei valori rientrano diversi ideali come la ricerca della felicit individuale o della giustizia sociale,mete collettive, come l'istruzione, la convivenza pacifica, il rispetto della natura, o qualit positive

    come la solidariet, l'attenzione per le arti, per le scienze e per la bellezza. Le credenzecomprendono invece le convinzioni profonde, ma anche le superstizioni e pregiudizi mentre i simbolidanno a tutti questi elementi un significato. Il simbolo, in un'accezione elementare, rappresenta un

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    segno che evoca la relazione di un oggetto materiale con un'idea astratta. Secondo un'accezionepi allargata, invece, nella sfera dei simboli rientra la comunicazione, con le sue diverse articolazioni,il linguaggio, i rituali e le espressioni corporee. Il termine "simbolico" stato poi esteso ulteriormentee reso pi complesso dall'antropologo Clifford Geertz, il quale vede il simbolo come una chiaved'accesso per interpretare tutti i fenomeni del mondo sociale, in quanto ne indica il significato. Sia i

    simboli che i significati inoltre hanno per Geertz un carattere pubblico dal momento che circolano,comunicano, vengono intesi e scambiati dagli attori sociali. Con "sfera simbolica" si intende dunqueil mondo dei significati, l'intera sfera culturale. In quanto veicolo del significato, il simbolo inoltreubiquo, cos come lo la cultura, che assorbe dentro di s i nostri atti e i nostri pensieri e che anche in grado di influenzarli combinandosi con altri fattori. Tutto l'insieme di significati attribuiti allacultura costituito da dimensioni simboliche, mediate dalle istituzioni, dalla struttura, dalle normesociali, ma non direttamente costituite da esse. Norme e istituzioni fanno parte del sistema sociale;quest'ultimo per, nonostante sia connesso con quello culturale, rimane separato da esso sul pianoanalitico. Ogni articolazione o istituzione, economica, politica o giuridica, diffonde inoltre un suosignificato culturale proprio mentre esercita le proprie funzioni economiche, politiche o giuridiche;

    queste funzioni per agiscono con logiche proprie. La cultura, dunque, non una realt diversaontologicamente da quella delle norme e istituzioni, bens distinta soltanto analiticamente.

    Tutto il percorso teorico portato avanti dallantropologia stato da sempre costellato di culturamateriale, una cultura imprescindibile per gli antropologi poich essa certifica lassunto principaledella antropologia, cio che non vi societ senza cultura. La cultura materiale stata consideratae studiata anche da molti sociologi i quali la intendono come un ventaglio di prodotti oggi molto pidiversificato di quanto non fosse nelle societ primitive, che comprende tutti gli artefatti delle attivitmanuali e intellettuali: le opere di artigianato, le tecniche della cottura dei cibi, la cura del corpo, gliabbigliamenti, l'architettura, i libri, ma anche i prodotti della tecnologia e del consumo.

    Il testo e la praticaIl metodo di analisi dellantropologo americano Geertz ha dato forte impulso al lavoro teorico sullacultura attraverso l'adozione di un concetto, da lui definito semiotico, calibrato sostanzialmente sulsignificato. Dopo la sua proposta, l'approccio interpretativo, semiotico, si imposto per molto tempocome la modalit pi adeguata per esplorare la sfera culturale. Come il simbolo, per, anche iltermine "semiotico" pu dar luogo a fraintendimenti, a seconda se lo si consideri solo segno o anchemetafora, tassello del linguaggio o anche tassello dell'esperienza. possibile individuare deipassaggi critici che hanno portato gradualmente alla definizione di cultura come "sistema di simbolie significati". Verso quest'espressione, in particolare, era stata rivolta l'accusa di suggerire unavisione integrata, troppo coerente della cultura. Se i sistemi culturali si presentano come totalitarmoniose, infatti, scompare l'elemento fondamentale se si vuole avere una visione dinamica della

    societ, vale a dire la contraddizione, il contrasto, il conflitto. La proposta di Geertz inoltre produceun effetto di astrazione quando il termine semiotico combacia con uno strumento formale illinguaggionella sua versione testuale. Il testo per Geertz qualcosa che va al di l del materialescritto, e perfino al di l di quello verbale. La principale obiezione mossa alla proposta di Geertz,comunque, quella che si riferisce alla "descrizione densa" che rivela un carattere contratto estatico. Al termine del libro Interpretazione di culture Geertz conclude affermando che tutto gistato detto, l'interpretazione gi fatta e che basta soltanto trovarla. La cultura si riduce cos a undato implicito, chiuso, mentre le sue cause e i suoi effetti risultano prigionieri in un circolo privo disvolgimento.

    Questo metodo stato tuttavia criticato dallo storico culturale Sewell, il quale ha notato unadebolezza nell'impostazione di Geertz, ossia la mancanza di una dimensione pragmatica e narrativadella cultura. Questo nuovo approccio che vede la cultura come pratica si affermato con successo

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    successivamente, negli anni 80-90, grazie al lavoro congiunto di sociologi, antropologi e storici. Unodei primi a convergere a favore della pratica stato Bourdieu, nell'evidenziare la debolezzadell'approccio testuale alla cultura. Bourdieu infatti convinto che la padronanza di un codicelinguistico non sia sufficiente a conferire anche la padronanza degli usi appropriati.

    L'impegno dei sociologi nel periodo successivo al funzionalismo di Parsons ha cercato di superarel'antinomia fra sistemazione, equilibrio di cambiamento, riproduzione del consenso e trasformazionesociale. A questo proposito, lo studio pi convincente stato quello di Giddens, che verso la finedegli anni 70 ha proposto il suo concetto di "strutturazione": Giddens fa riferimento alla praticasociale e soprattutto allagency, cio all'azione umana. Le strutture della societ, a suo giudizio, sonocaratterizzate da una doppia propriet che le permette di influenzare da un lato l'azione dei soggetti(le pratiche), dall'altro permette invece ai soggetti di reagire a quelle stesse azioni. L'individuodunque non bloccato ma pu anche reagire. L'obiettivo di Giddens in sostanza quello diconsentire il concetto di cambiamento sociale sul piano teorico, indicando i passaggi che permettonodi cogliere non soltanto la durezza della struttura ma anche la sua elasticit. Giddens riprende poi ilconcetto di habitus di Bourdieu, affermando che esso, cio le strutture oggettive, sono esse stesse

    il prodotto di pratiche storiche, da questultime costantemente riprodotte e trasformate. Per Bourdieu,lhabitusrappresenta un insieme di disposizioni acquisite dall'attore attraverso il tempo e il confrontocon i condizionamenti e le pratiche storiche gi sedimentate. Lhabitus inoltre la matrice di ogniroutine e di tutto il sapere tacito e indiscusso che Bourdieu definisce doxa. Il fatto che Bourdieuinsista sulla potenza dellhabituscio sull'introiezione delle pratiche e sulla potenza della doxa,sulla loro trasformazione in una seconda natura sembra impedire ogni cambiamento e limitarsisoltanto alla riproduzione di ci che gi esiste. stato in tal senso accusato di essere il sociologodella riproduzione e non dell'innovazione. Questa accusa non per esatta, dal momento chelhabitus non immobile, al contrario la sua struttura concettuale diacronica, muta nel tempo.

    L'analisi della cultura come pratica ricava dunque una spinta propulsiva sia dallo sforzo di Giddensdi teorizzare la "strutturazione", concetto mediatore del cambiamento, sia da quello di Bourdieu diteorizzare lhabituscome disposizione volta a garantire la doxa, ma non a bloccarla. La stessa Ortnernon manca di elogiare i meriti della nuova prospettiva analitica sulla cultura che ha riportato l'attorenel processo sociale senza tralasciare le strutture pi ampie che limitano l'azione ma che la rendonoanche possibile. Allo stesso tempo la visione di Geertz, secondo cui la cultura veicola il senso,dominante durante gli anni 70-80, ha segnato un punto di non ritorno: anche la pratica, infatti, diventaportatrice di significati. A cercare di riconciliare i due punti di vista stato lo storico Sewell, il qualeunisce pratica e significato affermando molto sinteticamente che la cultura la dimensionesemiotica dell'azione sociale umana. Il sistema di significati e la pratica sociale sono dunque, a suogiudizio, due concetti complementari e che costituiscono una dicotomia inscindibile. Per spiegare il

    concetto di pratica Sewell fa riferimento a un'esigenza tipica della sociologia, quella cio di spiegaregli eventi, di indicare un rapporto di causa-effetto. Proprio questo interesse a individuare una causatra un evento ed un altro permette di spiegare perch stata soprattutto la sociologia a favorire ilconcetto di pratica. Il percorso seguito da Sewell nel ricostruire una possibile sequenza casuale dellapratica culturale molto utile in quanto fornisce una chiave di lettura applicabile ai cambiamentisociali e rende possibili alcuni esempi. La nuova lettura di un codice simbolico applicata acircostanze concrete ha infatti reso possibile la nascita del movimento femminista in America allamet degli anni 60. In questo caso, attraverso l'interpretazione della vita quotidiana femminile neisobborghi statunitensi stato messo in moto un cambiamento nella soggettivit femminile e nelrapporto tra i due generi. Questo esempio si inserisce anche nella proposta avanzata dalla sociologa

    Ann Swidler nel 1986. Il profilo culturale che Swidler delinea per i periodi storici da lei definiti instabilirisulta in contrasto con la cultura dei periodi detti stabili. Nei primi si verificano i cambiamenti pieclatanti, l'adozione di nuovi stili e di nuove strategie d'azione da parte degli attori, mentre nei periodi

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    stabili si attinge pi passivamente a esperienze culturali gi sperimentate. Nel saggio di Swidler sulla"cultura in azione" (1986) il concetto di pratica applicata alla cultura approda poi ufficialmentenell'analisi sociologica. Anche secondo Swidler la pratica culturale pu modificare un codicesimbolico preesistente unendolo a nuove circostanze e utilizzando per favorire il cambiamento.Swidler scarta per l'ipotesi che gli attori scelgano le loro azioni una per una, allo scopo di conseguire

    un preciso risultato. La cultura viene dunque in sostanza intesa da Swidler come una cassetta degliattrezzi che, a seconda delle congiunture, si trasformano in mezzi per realizzare unazione specifica,non pi vaga e generica come in Parsons.

    Ad essersi interessati al tema della cultura sono stati anche gli studiosi della Scuola di Birmingham,in Inghilterra, il cui lavoro si sviluppato in modo parallelo e indipendente dagli altri approcci. Iricercatori del Centro, di formazione umanistico-letteraria, sono molto vicini alle scienze sociali e neiloro studi si sono ispirati alla teoria marxista.

    Cultura e potere

    L'antropologa Ortner nella sua rivisitazione del concetto di cultura ha polemizzato su uno dei primi

    assunti della teoria antropologica, cio sul fatto che "la cultura un'entit condivisa da tutti i membridella societ": la cultura, al contrario, si presenta ripartita in maniera diseguale tra gli individui e igruppi della societ, in rapporto al loro reddito, al loro status e al loro genere. Anche l'altro assuntoantropologico che vede la cultura come un intero modo di vita opinabile: essa infatti piuttosto unmodo di vita non privo di scissioni interne anche molto evidenti, non solo perch il patrimoniosimbolico (cio la propriet culturale o il capitale culturale) si distribuisce in maniera diversa fra isoggetti e i gruppi, ma anche perch la cultura si tratta di una risorsa utilizzata dal potere per stabiliree amministrare il suo dominio. A questo proposito diventa necessario distinguere tra due facce: ladistribuzione del potere e il suo esercizio. Nel primo caso, infatti, la cultura sembra una proprietdistribuita in maniera disuguale tra individui e gruppi ed a disposizione soltanto di alcuni come

    risorsa competitiva nell'arena sociale. Nel secondo caso si ha invece una concentrazione di culturanei luoghi dove il potere viene gestito su larga scala, nelle strutture istituzionali, in particolare nelleistituzioni economiche e nello Stato. Nel suo lavoro di revisione Ortner presta attenzione a entrambele facce, citando sia la simmetria verticale del potere all'interno della societ, sia l'egemonia sullasociet. Sulla asimmetrie sulla disuguaglianza, che sono due caratteristiche tipiche delle societcontemporanee, si concentrano soprattutto i sociologi. Giddens se ne occupa in termini generalimentre Bourdieu analizza le manifestazioni del potere attraverso il cosiddettocapitale culturale, cioil patrimonio di titoli di studio e competenze accumulato attraverso la socializzazione familiare el'istruzione. Si tratta di un bene sia ereditato che acquisito, anche se la sua eredit e la suaacquisibilit si distribuiscono in maniera molto diseguale tra i gruppi e gli individui. Bourdieu nonhanno soltanto una funzione comunicativa, ma sono anche strumenti del potere, per questo motivo

    conia il terminecapitale simbolico.

    Entrambe le facce del potere vengono considerate anche dagli studiosi dei Cultural studies britannici.Per quanto riguarda il tema della disuguaglianza fra le classi, a suscitare l'interesse dei ricercatori diBirmingham sono i nuovi soggetti o i gruppi nuovi di esclusi, vale a dire le "nuove etnicit", asiatiche,caraibiche, islamiche, approdate nei paesi occidentali in Gran Bretagna negli anni del dopoguerrache modificano le tradizionali divisioni di classe britanniche, introducendovi il flusso della diasporaculturale e razziale. Stuart Hall, a proposito delle conseguenze che ha avuto il trapianto dei CulturalStudiesnelle strutture accademiche americane, ha commentato come l'interesse per il tema "poteresi sia tradotto, in America, in un impegno quasi esclusivamente di tipo testuale. La scuola diBirmingham ha inoltre contribuito a ridefinire il concetto di "egemonia" di Gramsci, riservando aquest'ultimo grande considerazione per via del fatto che egli aveva per primo intuito che il potereeconomico da solo non in grado di esercitare il dominio e che l'egemonia rappresenta il frutto di

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    una pratica politica lungimirante, dove la costruzione del consenso dal basso ottiene altrettantaattenzione quanto il controllo degli interessi economico capitalistici. A ispirare la versione dellapolitica culturale propria dei Cultural Studies in tal senso l'intreccio tra l'interesse che Gramscinutriva per la rifondazione di una politica di cambiamento e il suo interesse per la cultura popolare.

    Cultura-cultureSolitamente si parla di "cultura dei giovani", "cultura urbana", "cultura etnica", cos come di "culturaitaliana", "cultura francese" ecc., per alludere a gruppi sociali categorie di persone contraddistinte daproprie abitudini, modi di esprimersi e stili di vita. Il termine culture al plurale un'espressione cheaffianca lo sviluppo creativo della societ e che si moltiplica man mano che l'esperienza sociale sidifferenzia e si diffonde. La Cultura al singolare, invece, si riferisce sempre in contrasto con qualcosache non cultura, come la politica, l'economia o la finanza. Attraverso questa distinzione possibiletracciare il confine tra una forza sociale pervasiva e impalpabile, la Cultura, e le sue manifestazionisingole. In particolare, l'antropologia studia la cultura come se fosse un tutt'uno con la societ, econcepisce in maniera egualmente globale e con lo stesso termine le culture locali e particolari checostituiscono il suo terreno di ricerca abituale.

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    CAP. 2LO SGUARDO ANTROPOLOGICO, LO SGUARDO SOCIOLOGICO

    Il percorso che l'antropologia e la sociologia hanno seguito nel definire il concetto di cultura caratterizzato sia da alcuni punti di incontro che da alcune divergenze. La definizione di culturaformulata da Edwar Burnett Tylor nel 1871 era stata fatta propria dal lantropologia e si era mantenuta

    identica anche nei cinquant'anni successivi. Gli oggetti di studio dell'antropologia eranosostanzialmente le societ primitive e la loro cultura. La sociologia, anch'essa nata nella secondamet dell'ottocento, aveva a sua volta definito come suo oggetto di studio la moderna societindustriale, con le sue strutture, la sua organizzazione capitalistica, la sua classe borghese e losviluppo dei suoi insediamenti urbani. La sociologia dunque si rivolgeva al mondo nella modernit,con una cultura gi matura, ignorando tutti gli interrogativi che si erano fatti gli antropologi, alle presecon le societ primitive sul rapporto tra cultura e natura, cultura e biologia. Come afferma Geertz, lacultura corrisponde una serie di meccanismi di controllo (come progetti, regole o istruzioni) cheservono a orientare il comportamento dell'uomo. la cultura inoltre a differenziare l'animale uomodagli altri animali. Grazie al linguaggio e al pensiero, infatti, gli uomini possono formulare simboli,

    gesti, disegni, suoni, parole, attraverso i quali assegnare un significato alla propria esperienza. Isimboli stessi, inoltre, permettono agli esseri umani di agire, di accumulare informazioni e diorientarsi. Anche la trasmissione delle tecniche di sopravvivenza che negli animali avvienegeneticamente, per gli esseri umani rappresenta un fatto culturale. La cultura pertanto non si trattadi un'eredit biologica bens di uneredit sociale.

    I meriti principali dello studio antropologico sono stati la scoperta dell'esistenza di una cultura dicarattere primitivo e la messa al bando dell'etnocentrismo. In questo modo la cultura ha potutoallargare i suoi confini sul piano e piste o logico fino a comprendere manifestazioni vitali che primanon erano state individuate. Questa accezione pi ricca di cultura ha di fatto determinato ilsuperamento della concezione tradizionale che attestava la superiorit della cultura europea e il

    carattere subordinato degli altri popoli. Nonostante gli oggetti di studio dell'antropologia dellasociologia fossero molto diversi, sia il concetto di cultura che i metodi utilizzati dagli antropologi sonostati assunti anche in campo sociologico. Ad esempio la scuola di Chicago negli anni 20-30 avevaimpostato il suo lavoro empirico relativo alla geografia urbana delle citt, alle sue unit locali e aisuoi vicinati sul modello delle ricerche sui costumi degli indiani d'America settentrionale attuate daglistudiosi antropologi, utilizzando i loro stessi metodi di osservazione. Questo scambio traantropologia e la sociologia e inoltre testimoniato da una ricerca sulla religione di Durkheim del 1912.In questo caso per Durkheim ha trasferito lo sguardo antropologico sul piano sociologico piuttostoche applicare l'antropologia allo studio della religione. Invece di documentare, come gli antropologi,la variet e le differenze tra le abitudini religiose, ha cercato di rintracciare il carattere generale eunitario del sentimento religioso selezionando i suoi tratti caratteristici.

    Intorno agli anni 30, l'impegno teorico e di ricerca della sociologia sul concetto di cultura sembraarrestarsi. Dagli anni 30 fino al 1950, infatti, il lavoro sociologico intorno al concetto di cultura rimanesporadico; al contrario, in campo antropologico questo periodo si rivela fervido di proposte e nuoveelaborazioni. Nel 1951 viene poi pubblicato il testo di Parsons e Schils (a cui ha collaborato anchel'antropologo Clyde Kluckhohn) dove si ha un ricongiungimento di antropologia e sociologia al finedi definirne e precisarne i rispettivi ambiti. Cultura e societ vengono considerati come dei sistemicorrelati ma che non possono essere ridotti l'uno ai termini dell'altro; la cultura in questo senso nonviene pi contrapposta alla biologia ma all'organizzazione sociale. Attraverso questacontrapposizione, le due discipline sono rese indipendenti, inoltre tra gli interessi della sociologia

    viene inclusa anche la sfera della cultura, dando inizio alla sociologia culturale, mentre il campodell'organizzazione sociale viene mantenuto distinto dallantropologia. La svolta pi importante nellastoria delle due discipline rappresentata per soprattutto dalla distinzione tra cultura e societ, che

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    permette di articolare il rapporto fra ci che sociale e ci che culturale. A partire dagli anni 50tuttavia il concetto antropologico di cultura entra in crisi per via di una ragione di ordine storico:l'orientamento di fondo dell'antropologia, infatti, era sempre stato caratterizzato dall'interesse per letrib primitive, ignorando lo studio dei popoli civilizzati; nel secondo dopoguerra e negli annisuccessivi, per, la societ industriale, la decolonizzazione e le nuove tecniche produttive avevano

    determinato a poco a poco la scomparsa delle societ primitive. Agli antropologi non rimanevadunque che seguire il processo di trasformazione delle loro societ in societ che si modernizzano;un processo simile, tuttavia, pu essere compreso in maniera adeguata soltanto ricorrendo a metodidi analisi sociologica, collegando i mutamenti del patrimonio culturale con quelli della strutturasociale. A partire da questo momento, dunque, l'antropologia comincia a rivolgersi a nuovi campi dianalisi, interessandosi al cambiamento culturale delle societ complesse.

    Per quanto riguarda invece le divergenze che hanno caratterizzato i percorsi teorici e di ricercadell'antropologia della sociologia, fra queste vi il cosiddetto "comportamento appreso", dove iltermine "appreso" allude a tutto quanto non ereditato biologicamente, danda pertanto rilevanzaalla cultura rispetto alla natura. La natura trasmette i suoi geni biologicamente, gli essere umani sono

    per capaci di emanciparsene elaborando storie, progetti personali per sopravvivere; in questosenso apprendono e non ereditano. Una seconda divergenza relativa al fatto che il comportamentoappreso sembra delimitare la pratica, lagire umano, all'interno di un'attivit di azione passiva. Losguardo sociologico ha per invertito questa direzione: il fare umano, infatti, diventa un agire, uninnovare e non pi una pura e semplice abitudine trasmessa. Unaltra divergenza, evidenziata daSciolla, che anche la concezione di cultura come tutto integrato e distribuito uniformemente nellacomunit a cui fa capo, non si adatta all'analisi delle societ moderne dal momento che queste ultimenon sono totalit omogenee, organiche come le comunit primitive studiate dagli antropologi, ma alcontrario sono caratterizzate da contrasti, differenze e contraddizioni che minano la loro coesionesociale. Durkheim ha a questo proposito coniato il termine "anomia" proprio per definire il

    disorientamento che un cambiamento sociale non metabolizzato dai soggetti induce nellaconvivenza civile. Gli ambiti di ricerca di sociologia e antropologia infine erano allorigine moltodiversi tra loro: la sociologia, ad esempio, aveva rivolto il suo interesse non soltanto alla religione(campo prediletto dallantropologia), ma anche alle differenze tra gli strati sociali, gli stili di vita, leideologie, il rapporto tra scienza e realt sociale.

    Il relativismo culturale

    Letnocentrismo, ossia la tendenza ad attribuire illegittimamente carattere superiore alla propriacultura, a elevarla a modello ideale e a giudicare in base ai suoi criteri tutte le altre culture, si trattadi una concezione certamente criticabile e tacciabile di razzismo, anche se da alcuni antropologi stata vista come un sentimento naturale che scaturisce dalla familiarit che le persone intrattengono

    con il proprio ambiente di vita. Sul piano storico, l'etnocentrismo si affiancato all'eurocentrismo: lacivilt europea infatti per secoli ha nutrito un atteggiamento di superiorit nei confronti delle altrecivilt, imponendo il modello occidentale come quello ideale. Il relativismo culturale si oppone pera questa concezione, condannando qualsiasi giudizio di superiorit o inferiorit e promuovendo lapari dignit di tutte le culture. A questo proposito, gli esponenti del relativismo culturale sottolineanocome gli uomini possono concepire l'esistenza di altre civilt diverse dalla propria; allo stesso tempo,per, risulta difficile apprezzarne i valori non essendo abituati alla sua influenza. Per riconoscerel'uguaglianza e la pari dignit delle altre culture occorre dunque, a detta di questi esponenti, moltatolleranza. Il relativismo culturale ha in questo senso dato vita a un dibattito lungo e animato, dove isuoi stessi sostenitori hanno precisato che la tolleranza auspicata dovesse comunque essere

    regolata da precisi limiti e criteri. In questa direzione si muove ad esempio Geertz, a proposito delproblema epistemologico ed etico implicito in alcune impostazioni relativiste, come quella di RuthBenedict che, nel suo libro Modelli di cultura, arriva ad affermare che tutto ci che un gruppo incline

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    a fare debba essere considerato degno di rispetto da parte di un altro gruppo. Diventa dunquenecessario distinguere tra relativismo metodologico e relativismo etico. Il primo si tratta di unprincipio guida che permette di osservare e descrivere oggettivamente, senza pregiudizi, culturediverse, in base al quale il comportamento degli individui appartenenti a una determinata comunitva spiegato in rapporto al sistema di valori riconosciuto da questa. Fino a quando la ricerca e

    l'osservazione sono in atto giudizi di valore non vengono ammessi; solo a indagine conclusa possibile analizzare criticamente pratiche culturali ritenute barbare e incivili, che devono essere srespinte, interpretandole per nel contesto storico e sociale in cui hanno avuto luogo.

    La revisione critica della cultura

    Negli ultimi anni si registrato da parte degli antropologi un calo di fiducia e uninsoddisfazionecrescente nei confronti del concetto di cultura, che ha portato alcuni studiosi a chiedersi se non fosseil caso di abbandonare il termine e sostituirlo con un altro. La nozione classica di "cultura", coniatada Tylor, in effetti ha subito nel tempo molte modifiche: innanzitutto si messo in discussionel'approccio configurazionalista di Benedict che vedeva la cultura come un tutto chiuso e integrato.Superata questa posizione, gli antropologi hanno poi orientato le loro ricerche in ambiti pi articolati

    e vasti. Si cos approdati a una visione pi dinamica e fluida della cultura. Dalla seconda met delnovecento la antropologia ha inoltre introdotto nel suo approccio le dimissioni contraddittorie deiprocessi culturali contemporanei. Attraverso questa della concetto chiave revisione della concetto dicultura estesa pi voci, sono state chiarite e superate alcune divergenze tra antropologia e lasociologia, come quelle relative alla creativit individuale il carattere differenziato della cultura.Rimane per irrisolto un aspetto, cio la distinzione analitica tra societ e cultura, l'autonomia dellestrutture sociali da un lato e i processi culturali dall'altro. Proprio il mancato riconoscimento di questadistinzione alla base di molti fraintendimenti che sorgono ancora oggi fra le due discipline. Gigiliolie Ravaioli hanno evidenziato alcuni di questi fraintendimenti e alcune loro riserve, come quella cheha che fare con il concetto di innovazione e creativit, cio con i gradi di libert dell'attore sociale. I

    due autori sottolineano a questo proposito come, nel rivendicare un ampio margine di sceltaall'individuo che partecipa a una cultura, gli antropologi sembrano spingersi oggi verso una visionedell'azione sociale quasi libera da condizionamenti e da vincoli, da habitus e da pressioni del potere.La seconda riserva riguarda invece le condizioni attuali del potere politico centrale dello Stato-nazione che vengono considerate dagli antropologi nella prospettiva del depotenziamento, delladeprivazione delle loro prerogative antiche, in seguito agli effetti della globalizzazione.

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    CAP. 3I CAPOSTIPITI

    Karl Marx, la cultura tra la classe e il capitale

    Karl Max ha avuto uninfluenza sulle scienze sociali per via della sua vasta opera, in grado diprodurre un forte impatto sulla vita sociale e moderna e di comprendere la forza creatrice e allo

    stesso tempo distruttrice del capitale. Marx non considerato un vero e proprio sociologo in quanto vissuto prima che la sociologia divenisse una disciplina autonoma e perch i suoi scritti sonofondamentalmente di carattere politico. Tuttavia, non esiste sociologo che non abbia dovuto fare iconti con Marx e con il suo pensiero teorico nellanalisi della societ contemporanea. Il lavoro diMarx si colloca infatti lungo un percorso di studi e approfondimenti nel campo filosofico, storico,economico e politico dai quali possibile ricavare elementi utili a rafforzare le teorie sullosfruttamento economico del capitale nei confronti del lavoro, cos come spunti e riflessioni suquestioni culturali e sociali. L'interesse della sociologia nei confronti di Marx si concentra inparticolare sull'analisi tra i rapporti di produzione e le altre sfere della vita sociale, sulle riflessionirelative alle ideologie, comprese quelle di natura religiosa e infine sullo studio delle dinamicheculturali riguardanti il conflitto, la resistenza e il cambiamento. L'opera di Marx pu essere in sostanzaridotta a uno schema di lettura dei rapporti storico-sociale dell'uomo in base al quale tutte le formedi articolazione della societ dipendono dalle modalit di produzione e riproduzione delle condizionimateriali di vita. Questo schema ha origine dalla dicotomia epistemologica tra idealismo ematerialismo sviluppatasi attorno al problema della conoscenza, che a sua volta pu essereconcepito come problema della "ragione pratica" o come problema della "ragione pura". Laconoscenza generata dalla ragione pratica retta sull'idea che la specie umana crei la propriaesperienza all'interno di un mondo precostituito. Il mondo influenza dunque l'azione degli individui,mentre la conoscenza si basa sulla ricezione di informazioni provenienti dall'esterno. La teoria dellapura ragione, invece, si basa sulla centralit della specie umana come forma di consapevolezzaaprioristica: gli individui sono cio in grado di imporsi sul mondo naturale e culturale attraverso la

    loro conoscenza astratta. In tutti i casi il mondo esterno costituito dalla cultura, dal momento chesul piano sociale non pu esistere un ambiente caratterizzato soltanto da elementi naturali. Marx intal senso critica e supera l'idealismo razionale di Hegel e il materialismo di Feuerbach, elaborandoil nocciolo del suo pensiero, il materialismo storico, secondo cui la cultura, cio le idee e le forme diconoscenza, si ricavano dall'esperienza umana e non hanno alcuna autonomia esterna o naturale.

    Il contributo di Marx al dibattito sulla cultura viene normalmente estrapolato proprio in relazione alforte legame con il materialismo storico. Secondo Marx, la sede cognitiva rappresenta una partedell'intero processo di sviluppo ed evoluzione della realt. Per comprendere il suo approccio allacultura inoltre fondamentale la nozione di praxis, ossia la pratica di familiarizzazione con ildisordine delle cose che ci circondano e che implica il bisogno di manipolare e trasformare la realtstessa. Marx cerca di prevedere quali siano le condizioni che permettono all'azione sociale degliuomini di sviluppare spontaneamente una praxis utile per s stessi, teorizzando l'esistenza dellaideologia come sistema di conoscenza imperfetto e mistificatorio. Il concetto di ideologia diventa cosdeterminante nello studio della cultura nelle societ capitaliste e nell'interpretare le dinamicheculturali. I sistemi di pensiero emergono dalle relazioni sociali legate al tipo di divisione del lavororaggiunto. I modi di vita, la cultura di una societ sembrano dunque determinati dalle forzeeconomiche. Secondo Marx i processi di produzione della vita materiale presentano un caratterefondamentale rispetto ad ogni altra dimensione sociale e culturale. Questo non significa per che gliaspetti appartenenti alla cultura non siano a loro volta importanti. Al contrario, proprio per via dellaloro importanza, questi aspetti non possono essere considerati, per Marx, in base al modo in cui

    nelle societ vengono strutturate la produzione e la distribuzione delle risorse materiali. La culturaesercita inoltre una funzione importante nell'analisi del cambiamento, come peraltro dimostra unodei fattori che Marx riteneva fondamentali per la maturazione della classe operaia: la

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    consapevolezza del proprio ruolo. Per raggiungere questultima, infatti, la classe operaia avrebbedovuto acquisire una visione precisa dei limiti della forza della propria cultura. Dunque, dal momentoche la mobilitazione rivoluzionaria dipende da alcune specifiche condizioni, tra le quali lamaturazione di unautocoscienza di classe, le pratiche, le norme, i valori e la solidariet costituisconoun insieme di aspetti che possono oggi definirsi culturali.

    Una cultura pertanto organizzata attorno agli insiemi di interessi interni alla societ, mentre gliinteressi dominanti sono al vertice dell'articolazione del potere. Quest'ultimo, a sua volta, vienenormalmente mediato dal sistema di stratificazione presente nella societ, incentrato sulle classi, lereligioni e le razze. Marx sottolinea dunque l'esistenza di una connessione importante tra le idee e ilsistema di stratificazione sociale. Un esempio costituito dalla religione. Secondo Marx l'influenzache la religione riesce ad esercitare sugli individui deriva dalla sua capacit di arginare il sensod'insoddisfazione e di disagio nei confronti di un'esistenza che non corrisponde mai a quelle chesono le vere aspettative e i veri desideri di un credente. Se per la religione, da un lato, rafforzapositivamente i valori di giustizia, solidariet e coerenza, dall'altro trasferisce la messa in pratica diquesti valori in un aldil immaginario, producendo quindi nella realt sociale immobilismo e

    rassegnazione. Nella moderna cultura capitalistica, la scienza e la razionalit a detta di Marxcontribuiscono a liberare, almeno in parte, la coscienza collettiva dalle credenze illusionistichetipiche della religione. La crescente forza culturale delle nuove forme di sapere, che si sono avutegrazie ai processi di urbanizzazione, alla diffusione della stampa e alla progressiva alfabetizzazione,ha infatti permesso alla popolazione di svincolarsi dalle visioni religiose e superstiziose e difocalizzarsi sulla realt e i comportamenti sociali. I ceti sociali inferiori possono tuttavia essereinfluenzati da nuove mistificazioni e false verit, per mezzo questa volta delle ideologie, cio le ideedelle classi dominanti che legittimano o dissimulano il dominio, facendo leva su unarappresentazione ingannevole della realt. Dal momento che il valore delle credenze che hannonatura ideologica producono una visione distorta del mondo, essi devono essere analizzate

    rapportate alla realt materiale dei rapporti sociali. L'obiettivo di Marx in tal senso quello di svelarela falsit delle rappresentazioni ideologiche della borghesia e del capitalismo che determinano unafalsa coscienza dell'ordine delle cose. L'ideologia non costituisce per soltanto un sistema dirappresentazione della realt governato dagli interessi della classe borghese. Si tratta piuttosto diun sistema culturale compatto, un insieme di idee in grado di integrare anche elementi coerenti conil pensiero di altri gruppi sociali. Le ideologie tendono cos a rendere generali interessi particolari etutte le classi, anche quelle che non dispongono dei mezzi di produzione, sono egualmente capacidi formulare idee e rappresentazioni del mondo e di renderle coerenti a quelle degli altri.

    In seguito allattenzione posta da Marx all'organizzazione dei rapporti di produzione, la sociologia haper molto tempo trascurato il fenomeno del consumo come oggetto di analisi. Per Marx il consumo

    rappresentava un fenomeno culturale e non soltanto un'appendice della produzione. Aveva inoltreintrodotto il concetto di "feticismo delle merci, caratteristico della cultura capitalistica, in riferimentoalla personificazione le cose e alla reificazione delle persone. Nel modo di produzione capitalistico irapporti personali si trasformano dunque in rapporti fra le cose. In questo modo viene nascostal'intima essenza della relazione dal momento che gli agenti sociali hanno conoscenza immediatasolo delle apparenze (per esempio il prezzo delle merci o il salario come equivalente dell'attivitlavorativa) non percependo la realt che si cela dietro di esse.

    Emile Durkheim, il sociale della cultura

    Emile Durkheim stato il primo sociologo a introdurre la sociologia all'interno della comunitaccademica, impegnandosi al tempo stesso a definirla come una disciplina autonoma, distinta dallealtre, in particolare dalla filosofia e dalla psicologia, poich incentrata sui fatti sociali e fondata subasi empiriche. Al centro del lavoro di Durkheim c la societ, egli dunque traccia una linea di

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    separazione netta tra sociologia e psicologia, il cui oggetto di studio primario l'individuo. La societsi tratta infatti di una realt a s, diversa da quella individuale. Essa, per, in Durkheim apparecomunque investita di cultura: le maniere di agire e di pensare si concretizzano infatti in istituzioni.In Durkheim i fatti sociali sono spesso definiti sia come rappresentazioni sia come cose. Non tuttii fatti sociali si trasformano per in istituzioni: esistono infatti correnti sociali che non sorgono

    all'interno delle coscienze individuali ma all'interno della collettivit. Queste correnti sono definite"effervescenze collettive", ossia fenomeni di mobilitazione delle coscienze, di esaltazione degli spiritiche trascinano e trasformano gli individui. Durkheim rifiuta il metodo tipico degli utilitaristi che fannorisalire l'ordine e la convivenza tra gli individui a un contratto, a un insieme di scambi tra interessidiversi. L'accordo tra gli interessi invece possibile, a detta di Durkheim, soltanto se gli individui siimpegnano nella negoziazione con un certo grado di fiducia.Questa premessa da lui definita laqualit "precontrattuale" del contratto, ossia l'incontro tra volont diverse che cercano di trovare unpunto di accordo comune. Anche nel libro Il suicidio(1897), che analizza l'atto di chi si toglie la vitasul piano delle condizioni esistenziali di circostanze ambientali che lo provocano, Durkheimsottolinea l'importanza della rete di relazioni all'interno della quale si collocano le persone. Il concetto

    di unione, cooperazione e solidariet, attorno al quale ruota gran parte del lavoro di Durkheim sievidenzia anche quando l'autore espone le sue considerazioni a favore dei gruppi corporativi. Lecorporazioni quali le associazioni professionali e di mestiere, possono infatti a suo giudizio arginareil pi grave pericolo che mina le societ industriali avanzate, lanomia, cio una societ privata delleleggi. La condizione di anomia minaccia soprattutto l'ambito economico dove la divisione del lavorodiventa sempre pi specializzata. Quando i membri della societ percepiscono la mancanza diregole chiare, essi entrano in uno stato di confusione e indeterminatezza molto pericoloso per gliuomini che non sono pi in grado di assegnare a s stessi dei limiti e dei fini precisi. Questo pericolopotrebbe essere scongiurato se la societ politica e lo Stato funzionassero come istituzioni diaggregazione e di controllo. La distanza tra il mondo del lavoro e queste istituzioni regolatrici pertroppo grande, occorre pertanto un organo intermedio, pi vicino alle persone, che potrebbe essere

    costituito per l'appunto dalle associazioni professionali.

    Nella sua ultima opera Le forme elementari della vita religiosa Durkheim afferma che la religione sitratta di un fatto sociale, una proiezione della coscienza collettiva verso il sacro e il trascendente, enon di una cosa intima e personale, racchiusa nella coscienza dellindividuo. Attraverso l'analisi deidiversi elementi che compongono la religione (la distinzione tra sacro e profano, i riti, le credenze, ilculto) Durkheim finisce col mettere in rapporto il rispetto umano per i fenomeni religiosi e il rispettoumano per la societ, osservando come in entrambi i casi il rispetto nasce da un sentimento didipendenza verso un essere superiore. Infatti, come il credente si sente obbligato a partecipare acerimonie a mostrare devozione, allo stesso modo i membri della societ sono spinti a sottomettersialle regole e ai sacrifici, senza i quali la vita sociale non sarebbe possibile. Questa trasformazionedelle due entit, quella sociale quella religiosa, si verificata grazie ad una pressione interna,spirituale, la cui efficacia deriva non da una coercizione ma dalla sua energia psichica, dalla velocitcon la quale si propaga tra i diversi membri della comunit. Esiste inoltre un collegamento tra lalesperienza emotiva che il rispetto genera verso le regole della vita sociale e la sensazione deldivino. L'esperienza emotiva del rispetto fornisce infatti gli uomini l'idea che vi sono potenze al difuori di loro dalle quali essi dipendono. Sentono cio di essere guidati, ma non sanno da chi eproiettano questo sentimento nelle credenze religiose. In questo modo viene completata lacostruzione sociale e culturale della religione. Durkheim passa poi a descrivere l'azione energeticasviluppata dalla religione e dalla societ. In particolare, l'afflusso di energia tipico delle epochestoriche rivoluzionarie e creative corrisponde ad una attivit vitale pi intensa e i sentimenti che i

    cittadini sperimentano in contesti simili sono cos vicini ai sentimenti religiosi al punto da essereconfusi con essi: nell'epoca rivoluzionaria la societ dunque diventata direttamente oggetto di un

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    autentico culto. Allo stesso modo, anche nelle cerimonie religiose la comunit dei credenti agiscecome un impulso allesaltazione e alla energia.

    Il collegamento tra la religione e la societ inoltre testimoniato dal fatto che stata la societ a farnascere nell'animo umano il bisogno di elevarsi al di sopra del mondo dell'esperienza, grazie alla

    sua capacit di trascinarlo nella sua sfera d'azione. A proposito di questo nesso, Durkheim sisofferma inoltre su un altro elemento culturale, i simboli. L'uomo per esprimere a se stesso le sueidee ha bisogno di fissare le sue cose materiali che le simboleggiano. Un sentimento collettivo puinfatti assumere coscienza di s soltanto fissandosi su un oggetto materiale, affinch le coscienzeindividuali possano comunicare tramite i segni che comunicano i loro stati interiori. Il simbolo dunquenon serve soltanto a chiarire un sentimento, ma anche un elemento costitutivo del sentimentostesso. Durkheim si interessa ai simboli anche per il fatto che essi si esprimono solo su un livelloesterno, oggettivo; rappresentano cio la trascendenza dei fatti sociale rispetto ai fatti individuali. Ilsimbolo delineato da Durkheim manca per di una sua componente vitale, il significato. Pi cheindividuare dei significati lautore riconosce piuttosto delle equivalenze, opera delle comparazioni.

    Georg Simmel, leccesso culturaleSimmel ha prodotto diversi scritti, non tutti collocabili sul piano sociologico, ma che hanno comunquerilevanza per la sociologia della cultura. La sua produzione copre molti settori della filosofia e dellecosiddette scienze dello spirito, collegando in una visione unitaria diversi aspetti della cultura,analizzata e interpretata soprattutto attraverso gli aspetti salienti della vita quotidiana. Simmel, adifferenza di altri precursori della sociologia della cultura, non ha avuto un'influenza immediata ericonosciuta universalmente, almeno fino agli anni 60. A differenza di Durkheim Simmel ritiene chela societ non pu essere staccata dalle interazioni sociali. L'intreccio delle merci sociali rappresentainfatti la condizione fondamentale del tessuto sociale della cultura. Quest'ultima a sua volta nonnasce da una identificazione con un insieme unitario di idee e di norme, di costumi e pratiche; bens

    deriva dalla fiducia dei singoli individui nei confronti dei comportamenti e delle idee delle altrepersone. Le relazioni tra gli attori nella societ moderna sono poi garantite dalle istituzioni che hannoil compito di far circolare la fiducia. Queste istituzioni sono il diritto moderno, il denaro, l'economia dimercato e la moda. Simmel, in linea con Weber, afferma che la conoscenza scientifica presupponel'elaborazione la ricomposizione della realt empirica e sostiene che alcune categorie conoscitivepossono facilitare il confronto con la realt. La comprensione non pu per avvenire senza lamediazione di forme simboliche e di costrutti mentali. La cultura viene dunque compresa tra le formedella conoscenza individuale e le forme della conoscenza oggettiva istituzionalizzate nelle relazionisociali. L'idea di cultura si lega cos al concetto di sociazione, un termine che indica il processoattraverso cui un insieme di azioni sociali reciproche si consolida nel tempo, formando quelle che lasociologia definisce "istituzioni". Nella Germania del suo tempo, a cavallo tra ottocento e novecento,le scienze sociali erano considerate alla stregua di scienze minori, in grado di descrivere ma non dispiegare i fenomeni costitutivi della societ culturale. Costretti a muoversi in questo ambienteculturale poco propenso alla nuova scienza della societ, Simmel e lo stesso Weber affrontarono inmaniera analoga la dialettica tra scienze naturali e scienze dello spirito. Il paradigma dominante aquel tempo si basava sulla distinzione tra il metodo d'indagine nomotetico, coerente con le scienzenaturali, volto a definire leggi universali e verificabili, e il metodo dindagine idiografico, adatto allescienze sociali, volto invece a descrivere i fenomeni che, a causa dellazione imprevedibile degliuomini, non posso condurre a formulazioni empiriche. Simmel e Weber accolgono la distinzione trascienze naturali e scienze dello spirito, proponendo per una nuova visione.

    Secondo Simmel possibile procedere attraverso ipotesi che, senza pretendere di essereassolutamente veritiere, risultano comunque valide fino a prova contraria. A suo parere infatti possibile non soltanto descrivere, ma anche comprendere ci che specifico, unico e contestuale.

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    Le forze della modernizzazione non producono, a suo giudizio, un risultato scontato e univoco. Sifocalizza in tal senso sull'ambivalenza dei fenomeni che conducono alla cultura moderna. Egli ritienein sostanza che si debba sviluppare la predisposizione umana verso le relazioni sociali cheprivilegiano l'autonomia dell'individuo ed per questo motivo interessato alla capacit della culturamoderna di favorire questo elemento. Simmel attribuisce inoltre alla natura umana una componente

    universale relativa alle relazioni sociali: lin-sociale socievolezza. Se da un lato, ciascun individuodipende dal complesso insieme di relazioni sociali, dall'altro lato, proprio per via di questadipendenza, tende a mantenere una certa distanza nei confronti degli altri individui, in modo dapreservare la propria autonomia e la propria indipendenza utili a controllare il contenuto, la durata, ilimiti e gli obiettivi della relazione. Il fatto che sia possibile sottrarsi ai vincoli, alle norme e allerestrizioni di spazio concesse alla critica delle conoscenze e delle rappresentazioni dominanti mostrail carattere innovativo delle societ industrializzate. In questo senso, Simmel concepisce la culturamoderna non in un'accezione positivista, razionalista, ma in unaccezione relativista. La modernit dunque legata alla libert individuale. La libert non per intesa come la capacit massima diazione e di espressione del singolo individuo, in quanto nella economia di mercato questa capacit

    vincolata alle disuguaglianze e alle norme che regolano i diritti e doveri dei cittadini. Simmel siriferisce invece alla libert che ciascun individuo pu percepire nei confronti degli obblighi socialiinscritti precedentemente nelle proprie origini familiari, nei mestieri e nelle relazioni sociali. La culturaviene rappresentata in due modi: da un lato, come cultura oggettiva che definisce il mondo delleformazioni culturale e dei loro artefatti indipendenti dall'esperienza del singolo individuo; dall'altrolato, come cultura soggettiva che ingloba allinterno della personalit dellindividuo tali forme eartefatti culturali, come stadio finale del processo di acculturazione.

    Le considerazioni di Simmel sulla cultura moderna derivano dalla distinzione filosofica tra contenutoe forma. Il contenuto tutto ci che negli individui corrisponde ad impulsi, interessi, scopi, tendenzepsicologiche di energie emotive. Rappresenta dunque il nucleo della vita effettiva del singolo. La

    forma invece dovuta alle interazioni sociali e corrisponde per Simmel alla cultura in senso collettivo.La caratteristica principale della cultura moderna il crescente divario tra forme e contenuti di vita.Nella societ moderna la socievolezza determina nuove articolazioni, molto diverse dal passato.Infatti, mentre nelle societ premoderne gli uomini vivevano riuniti in un numero limitato di gruppisociali, poco estesi e le loro interazioni erano organizzate in cerchie concentriche strettamentecollegate tra di loro, nella societ moderna al contrario l'individuo fa parte di pi cerchie sociali,nessuna delle quali riesce a definire la personalit dellindividuo nella sua interezza. Simmelsintetizza gli aspetti dell'epoca moderna nello studio del denaro, della moda e della metropoli. Lamoda rappresenta l'individualismo che spinge a cercare continue forme di distinzione, consentendodi imitare gli stili dei gruppi sociali pi elevati in una maniera che non consentita in passato. Sul pianoculturale, il denaro e l'economia capitalistica generano una rivoluzione negli atteggiamenti degliindividui e nello stile delle relazioni sociali. Simmel aggiunge poi tre considerazioni: 1) l'espansionedell'economia capitalistica procede di pari passo con lo sviluppo di un tipo di fiducia astratta,funzionale alle relazioni sociali; 2) esiste un nesso tra l'economia monetaria e la forma dellademocratizzazione, non tanto politica quanto culturale; 3) i valori non si fondono pi sulriconoscimento etico, collettivo e gerarchico dei rapporti sociali e diventano invece superflui; lacultura individualistica incoraggia infatti a personalizzare i valori di valori, per cui il denaro trasformai valori in una questione di propriet privata.

    Nel suo saggio La moda (1895) Simmel descrive la velocit dei consumi, il ricambio degli oggetti invoga, le infinite possibilit di combinazione e innovazione e la capacit di scelta e interpretazione da

    parte dell'individuo moderno. La moda non viene analizzata per soltanto nell'abbigliamento, maanche nello stile, nel linguaggio, nell'arte e in tutti gli ambiti della cultura. La moda dipende da duemovimenti simultanei: dallimitazione, attraverso la quale l'individuo cerca di far parte di un modello

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    universale, di un gruppo sociale, e dal bisogno di trovare dei segni distintivi attraverso i qualidifferenziarsi da ci che troppo comune e di rango inferiore. Nelle societ semplici la moda eracaratterizzata da cicli di variazione molto lenti e veniva dettata da una innovazione esterna allasociet stessa, per cui il rituale e la ripetizione avevano la meglio sul cambiamento e sulle modepasseggere. In seguito allo sviluppo industriale e all'affermazione di principi democratici, le classi

    superiori cercano di trovare i segni che le distinguano da quelle inferiori con un ritmo molto piserrato. Il ciclo di maturazione di un prodotto, di un particolare stile di abbigliamento, seguel'andamento di classe della moda. L'innovazione viene prodotta inizialmente in una cerchia ristretta,tra le classi sociali pi elevate; si estende poi progressivamente a quelle intermedie e infine, graziealle capacit produttive dell'industria di massa, giunge alla portata dei ceti inferiori. A questo puntogli strati superiori tendono ad abbandonarla in quanto essa diventata ormai accessibile a tutti.Secondo Simmel la moda svolge una funzione indipendente dal concetto di "utilit": nelle mode infattinon vi alcuna convenienza pratica, poich le sue innovazioni avvengono ad un ritmo superiorerispetto a quello dellinnovazione tecnologica, sviluppata per via di esigenze pratiche. Le classiinferiori rincorrono le nuove mode al fine di trovare una prova valida della loro appartenenza sociale.

    Essere alla moda rappresenta un processo della modernit che consente di annullare le differenzee di raggiungere una condizione paritaria. Si tratta per di un processo illusorio dal momento che siannullano soltanto le differenze estetiche, di stile, e non quelle reali, materiali e di potere.

    Nellopera La metropoli e la vita dello spirito (1903), Simmel riflette sulle condizioni di vita e sullacultura dell'uomo moderno, sullo sfondo di due grandi metropoli, Berlino, che aveva registrato unagrande crescita nel giro di pochi decenni, e Parigi, capitale mondiale, cosmopolita e moderna.Simmel comincia la sua trattazione a partire dallintelletto, una facolt logico-combinatoria orientataal calcolo. Proprio per questo motivo l'intelletto dell'uomo moderno tende a ignorare le differenzequalitative tra fenomeni e a evitare ogni giudizio di valore. Nella vita metropolitana, economiamonetaria e dominio dell'intelletto risultano corrispondenti tra di loro. Il cittadino della metropoli infatti

    non si fa scrupoli nelle sue relazioni con gli altri, dal momento che buona parte di queste relazionisono mediate dal denaro. Per Simmel l'esperienza della modernit rappresenta l'habitatdell'individualismo, il contesto culturale dove vi la massima libert di movimento e di espressione.Nelle metropoli le persone manifestano tendenze ambivalenti: da un lato, la loro necessit diautodifesa li porta ad essere diffidenti nei confronti dellesterno e degli altri e a mostrarsi indifferentialle innovazioni, atteggiamento questo tipico dei blass; dallaltro lato invece l'ansia di cogliere tuttele novit e il sentirsi sempre in dovere di essere al passo con i tempi favoriscono un atteggiamentotipico dei "nevrastenici", ossia consumatori sfrenati, attratti dalle novit e dagli stimoli della metropoli,che cedono facilmente alle seduzioni.

    Nel mondo moderno la cultura oggettiva avanza a un ritmo e a una diffusione insostenibile per quella

    soggettiva. Simmel esprime questa preoccupazione nel saggio Concetto e tragedia della cultura(1918) dove riprende il concetto di eccedenza culturale. I moderni mezzi di comunicazione chehanno reso la societ tedesca un grande palcoscenico culturale contribuiscono a trasmettere unosguardo sempre pi razionale e oggettivo che per non riesce a riassumere la complessit delmondo; essi inoltre annullano gli spazi per l'affermazione soggettiva. I contenuti in base ai qualil'individuo si definisce unit autonoma derivano da fonti esterne alla sua soggettivit. Queste fontifanno parte di un ordine sociale, etico, normativo e tecnologico troppo complesso e astratto percostituire una valida guida l'esperienza soggettiva. Quest'eccedenza culturale pu essere evitatasolo in rari casi, quando cio l'individuo si arricchito tramite i prodotti della cultura oggettiva ma allostesso tempo li ha resi parte integrante della propria soggettivit. Simmel sostiene che nella societ

    moderna i valori d'uso sono stati progressivamente sostituiti dai valori di scambio. A questo proposito impossibile rinvenire dei tratti in comune tra Simmel e l'alienazione e mercificazione dei rapportisociali di Max, anche se vi sono comunque delle differenze. Simmel infatti interessato non tanto al

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    processo di produzione e al sistema industriale, quanto soprattutto alle conseguenze indirettedeterminate da tale processo. Inoltre mentre l'alienazione marxiana riguarda i rapporti di classe,quella di Simmel riguarda i concetti e le idee e si riferisce all'uomo moderno nella sua totalit. PerMarx infine lalienazione si inserisce nei rapporti di produzione, nella logica del capitale, mentreSimmel trasferisce l'alienazione sul piano pi generale delle contraddizioni tra cultura oggettiva e

    cultura soggettiva. A rendere le forme culturali separate dell'esperienza del soggetto il "feticismodel metodo", ossia la tendenza della modernit a scambiare gli strumenti della conoscenza con gliscopi della conoscenza. Secondo Simmel, la produzione di forme di conoscenza e il loro accumularsitormenta l'individuo moderno che non riesce a districarsi in questa eccedenza culturale, sentendosiinadeguato di fronte alla vastit di scelte che gli si presentano.

    Max Weber, come opera la cultura

    Le prime formulazioni di Max Weber sul concetto di cultura riguardano la sua estensione, il suospazio: la cultura viene cio rappresentata come una parte finita del numero infinito dei fenomenidella societ. Vi in questo senso uno scarto tra noi e il tutto: il tutto inconoscibile, infinito e fluisceininterrottamente; e noi possiamo conoscerne solamente una parte, attribuendole un senso. Weber

    considera allo stesso tempo gli uomini "esseri culturali", cio dotati della capacit e della volont diassumere una posizione nei confronti del mondo e di attribuirle un significato. L'uomo attribuisce unsenso soltanto a una sezione finita di realt in quanto essa connessa con lideadi valore. Un valoreche non necessariamente deve essere moralmente positivo: infatti il senso che chi porta a valutarefenomeni della coesistenza umana e ad assumere nei loro confronti una posizione positiva onegativa. Il fatto che il termine valore non implichi di per s un giudizio positivo era stato peraltro gisottolineato da Weber nel definire le tipologie dell'azione sociale, una delle quali era l'azioneorientata appunto al valore e non allo scopo. La cultura inoltre si tratta di un concetto di valore dalpunto di vista soggettivo, umano. E l'uomo infatti ad agire al centro delle diverse reti di significatiall'interno delle quali collocato, a selezionare e ad attribuire un valore culturale. L'oggetto di studio

    proprio della sociologia non la realt in senso astratto ma l'agire sociale. Il termine sociale moltoimportante per Weber in quanto indica una dinamica interindividuale: l'agire del singolo soggettoindividuale infatti opera in rapporto all'agire degli altri. Weber rifiuta inoltre di circoscrivere l'interouniverso dei valori umani all'interno di un quadro unico e definitivo e di organizzare la scienza dellacultura una volta per sempre, perch la cultura al contrario mutevole, protesa verso il futuro, coscome sono mutevoli e sempre nuovi i problemi culturali che si presentano all'uomo. L'attenzione diWeber per le componenti culturali dell'ordinamento sociale si riflette anche nella distinzione tra classie ceti da lui introdotta. La sua definizione di classe si differenzia per da quella di Marx in quantoegli pone in evidenza le forze del mercato rispetto al fattore produzione, messo invece in risalto daMarx. Attorno alle forze di mercato si dispongono poi diversi strati sociali, non solo i capitalisti e ilavoratori, ma anche le classi intermedie. Gli interessi di classe inoltre, per Weber, non sono staticima possono mutare, disperdersi o ricostituirsi.

    Dopo aver definito le classi sociali, Weber introduce i ceti. Inizialmente si occupa dei ceti vicini allecorporazioni, al feudalesimo, ai privilegi delle citt e alle comunit politiche cittadine di primaformazione; successivamente invece passa a interpretarli in un'ottica contemporanea. Acaratterizzare i ceti contemporanei sono lo stile di vita, l'onore, il prestigio, l'educazione e lareputazione. Essi inoltre hanno come denominatore caratterizzante il consumo e non la produzione.Le componenti dinamiche dell'agire sociale emergono anche nel lavoro pi importante di Weber,Letica protestante e lo spirito del capitalismo (1922), che si apre con una serie di statistiche chedimostrano come la produttivit lavorativa degli operai protestanti sia di gran lunga superiore a quella

    dei cattolici e come i genitori protestanti tendano a istruire i propri figli in istituti tecnici che glipreparano a lavori industriali, mentre i genitori cattolici tendono a iscrivere i loro figli presso scuoleumanistiche. A parte questi dati statistici, Weber cerca di spiegare il nesso tra il senso degli affari

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    che risulta altamente sviluppato nei protestanti e la loro religiosit molto intensa, esplorando lecaratteristiche e differenze del modo di pensiero cattolico e protestante. Prima di tutto per chiariscecosa si intenda per "spirito del capitalismo". Weber premette che un oggetto storico pu essereanalizzato da diversi punti di vista e che a seconda del punto di vista adottato la ricerca pu avererisultati diversi. Il suo intento per non quello di incasellare la realt all'interno di un concetto

    astratto; intende piuttosto inserirla in un nesso concreto e analizzarla come un fatto individuale. Aquesto proposito riprende le massime per la vita pratica elaborate da Benjamin Franklin, tra le qualice n una sul dovere che ciascun individuo ha di accrescere il proprio capitale e di non considerarsimai ricco abbastanza: l'uomo d'affari deve dunque rifiutare il consiglio di smettere di lavorare altermine della sua vita perch ha gi guadagnato abbastanza, ma deve continuare a guadagnare finoa quanto possibile. Proprio in questa massima contenuto in nucelo spirito del capitalismo, ossiala dedizione al lavoro vista come dovere e l'idea di guadagno vista come scopo della vita e non comemero mezzo per soddisfare i propri bisogni.

    Questo atteggiamento non per il risultato del capitalismo; ha infatti un'origine pi antica, risalenteal concetto di vocazione messo a punto dalla riforma protestante, nel XVI secolo, prima ad opera di

    Lutero e poi di Calvino, il quale ha attribuito al lavoro quotidiano un significato religioso. Lidea dellavoro come scopo a s stesso non qualcosa che esiste gi in natura ma al contrario il risultato diun lungo processo educativo. Non stata la disponibilit e lafflusso di denaro a generare ilcapitalismo, come sosteneva Marx, ma la rinascita di uno spirito che ha trasformato in una vocazionee in un obbligo il lavoro quotidiano. La spinta verso il lavoro ha poi trovato la sua forma pi congenialenell'impresa capitalistica e quest'ultima, a sua volta, ha ricevuto da quella un pi adeguato impulsospirituale. Religione e spirito capitalista sono dunque in rapporto non di causa ed effetto ma in unrapporto di "affinit elettiva". Questo tipo di rapporto allude a un duplice aspetto delle idee: esseinfatti da un lato sono scelte dall'individuo (elettive) e dall'altro sono convenienti ai suoi obiettivi(affini). Nel descrivere i diversi modi di vita dell'imprenditore protestante del XVI e XVII secolo e

    dell'imprenditore tessile pre-capitalistico, caratterizzato da ritmi tranquilli e dalla tolleranza verso iconcorrenti, Weber individua anche due modalit d'azione, due differenti tipologie dell'agire sociale:quella orientata alla tradizione e agli affetti e quella orientata allo scopo. Secondo Weber la fontedell'impulso religioso che ha dato vita alletica del lavoro visto come scopo da rintracciarsi piprecisamente nei fondamenti dogmatici della dottrina calvinista, in particolare nella teoria dellapredestinazione, secondo cui la grazia determinata soltanto dalla scelta di Dio e non pu essereacquisita con nessuna azione umana, questo perch Dio, fin dalla creazione del mondo, ha sceltocome eletti un determinato numero di persone, condannando tutte le altre alla dannazione.Questa teoria cos severa e inappellabile provoca, dice Weber, un profondo tormento nelluomo, ed proprio attraverso l'unione tra questo stato d'animo e lagire pratico, attraverso il controllosistematico di s stesso e la dedizione incessante al lavoro, che il credente pu acquisire la certezzadella grazia. Per provare la sua fede in Dio luomo deve dunque essere attivo nel suo lavoroquotidiano. La concezione calvinista ha inoltre trasformato tutta la sfera relazionale. I rapporti diamicizia dovevano infatti essere scoraggiati e comunque non superare determinati limiti, questoperch Calvino predicava un amore esclusivo verso Dio e in tal senso non era tolleratol'attaccamento verso le creature terrene. Anche la concezione del tempo era cambiata: esso infattiveniva scandito in sequenze a seconda delle diverse occupazioni. A contare inoltre non era ilpassato ma il presente volto al futuro, un presente che doveva essere attivo e laborioso; non eraquindi ammesso perdere e sprecare il proprio tempo in conversazioni oziose o addirittura nel riposo.Veniva poi condannato il piacere, la sensualit e il corpo in quanto tutto ci che era umano nonaveva valore. Il denaro guadagnato attraverso il lavoro doveva inoltre essere utilizzato per cose

    necessarie e non per il consumo fine a se stesso. In questo modo veniva di fatto incoraggiato il

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    risparmio che a sua volta permetteva la formazione del capitale; la limitazione dei consumipermetteva poi limpiegoproduttivo del capitale accumulato in capitale di investimento.

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    CAP. 4LA CULTURA NEL SISTEMA DI PARSONS

    La cooperazione tra sociologia e antropologia nel delineare il concetto di cultura trovatestimonianzadurante gli anni 40 e 50 nella collaborazione di Parsons con gli antropologi Alfred Kroeber e ClydeKluckhohn. Proprio in questi anni, attraverso una riflessione comune, si stabilisce inoltre una linea

    di demarcazione tra il concetto di societ e il concetto di cultura. Parson e Kroeber nel 1958 giungonoentrambi alla conclusione che nella cultura si possano individuare i modelli creati e trasmessi divalori, idee e altri sistemi simbolico-significativi, mentre nella societ si possa individuare il sistemarelazionale di interazione tra individui e collettivit. Societ e cultura appartengono dunque a dueordini analiticamente distinti di componenti degli stessi fenomeni concreti, per cui nessuno dei duepu essere ridotto ai termini dell'altro.

    A partire da questi anni, l'obiettivo di Parsons quello di costruire un quadro concettuale dellasociologia articolato e sistematico, tale da legittimarla come una scienza sociale autonoma ed acollocarla all'interno di un insieme di discipline scientifiche riconosciute. Strutturalmente la sociologiasegue la suddivisione in tre sistemi (societ, cultura personalit), a cui corrispondono le disciplinesociali fondamentali (sociologia, antropologia e psicologia), e il cui legame posto in evidenzaattraverso la sua "teoria generale dell'azione". Parsons cerca dunque di dimostrare in che modo lateoria generale dell'azione si articola nel funzionamento dei tre sistemi della societ e in che modopu avvenire il suo equilibrio strutturale attraverso l'integrazione tra le parti. Parsons, in particolare,d molta importanza alla sfera della cultura. Una delle sue caratteristiche pi rilevanti la suatrasferibilit: la cultura, infatti, intrinsecamente trasmissibile da un sistema d'azione ad un altropoich costituita da modalit di orientamento e di azione. Viene dunque sottolineata la grandecapacit di diffusione della cultura, cio la sua capacit di transitare da una personalit all'altra,attraverso la socializzazione, ed espandersi da un sistema all'altro mediante il passaggio dei flussidi informazione, dei contatti, dei processi di imitazione e competizione. Oltre alla trasmissibilit,

    Parsons sottolinea un altro punto: assicurare cio che l'orientamento dei valori sia designato comemotore trainante della cultura. Tra tutti gli elementi che formano la cultura (idee, convinzioni, norme,simboli espressivi), quello che riesce a plasmare il comportamento umano con maggior vigore e conconseguenze pi significative infatti proprio l'insieme dei valori. Come peraltro afferma Kluckhohnin un passaggio dello stesso testo del 1951, il valore viene visto come la concezione del desiderabile,implicita o esplicita, di un individuo o di un gruppo, in grado di condizionare la selezione tra i modi, imezzi e fini disponibili dell'azione. Il valore non indica dunque l'oggetto dell'interesse, bens il criteriodella valutazione del desiderato e del desiderabile. Per Parsons il primato dei valori rappresenta inquesto senso un presupposto vincolante della teoria dell'azione dal momento che essi costituisconoil punto cruciale di articolazione tra la cultura e la struttura della personalit e dei sistemi sociali.

    Il comportamento umano, interagendo con i valori, incontra per alcuni problemi di fondo. In ognideterminata situazione, infatti, l'attore deve fare i conti con una serie di dilemmi fondamentali, unaserie di scelte che deve fare prima che la situazione acquisti per lui un significato preciso. L'attoredeve in particolare compiere cinque specifiche scelte dicotomiche che Parsons definisce "variabilistrutturali". Le coppie di variabili strutturali formano insieme un cerchio a 360, all'interno del qualesi posizionano tutte le altre scelte alternative davanti alle quali gli essere umani sono tenuti aprendere posizione. La prima coppia presenta una biforcazione tra la gratificazionedegli impulsi elautodisciplina. Nei casi in cui un attore si trovi in una situazione in cui pu sia assecondare i propriimpulsi che disciplinarli, egli deve scegliere una delle due alternative: permettere la gratificazioneimmediata oppure ragionare e dominare gli impulsi. La seconda coppia o dilemma riguarda invece

    lorientamento verso il s o verso lacollettivit. La situazione molto simile alla precedente, a parteil fatto che in questo caso ad essere in gioco non il rapporto dell'attore con se stesso, bens con ipropri interessi personali o con quelli della collettivit. Gli altri tre dilemmi riguardano invece

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    rispettivamente i valori diuniversalismooparticolarismo, diascrizioneoprestazione, dispecificitodiffusione. Se si tratta di societ moderne, queste si sviluppano nella direzione di opzioni precise(ovvero l'universalismo, la prestazione, la specificit) rispetto a quei dilemmi, questo perch i valoriopposti, quali il particolarismo, lascrizione e la diffusione, traevanoapprovazione da configurazionisociali meno avanzate e differenziate. Per questo motivo importante per Parsons affermare il ruolo

    cruciale che le variabili strutturali svolgono nel sistema sociale: in quanto portatrici di valoriessenziali, esse stabiliscono tipi alternativi di relazioni sociali, tipi diversi di organizzazione, coscome ethos sociali diversi.

    Nella lettura e interpretazione del concetto di cultura di Parsons rimangono per irrisolti due nodi. Ilprimo consiste nell'accusa riguarda l'eccesso di coerenza: Parsons proietterebbe cio a torto unasfera culturale integrata e armoniosa nello stesso modo in cui proietta un sistema sociale nel suocomplesso integrato. A questo proposito in pi occasioni nel saggio fondativo Values, Motives, adSystems of Action (in Parsons, Shils, 1951) la cultura viene definita come una costellazione dielementi molto complessa e frammentaria. Secondo Parsons, infatti, non esiste una culturaperfettamente integrata; inoltre aggiunge come la natura e le origini della non integrazione dei

    modelli culturali possano rivestire altrettanta importanza per la teoria dell'azione quanto la stessaintegrazione. Egli consapevole che il dilemma dei sistemi sociali consiste nel fatto che i sistemipossono esistere soltanto con dei valori istituzionalizzati, ma che d'altro canto sono tenuti anche adaccettare compromessi e a tollerare molte azioni scorrette dal punto di vista dei valori dominanti:proprio in questo paradosso si trova la fonte principale di tensione e instabilit dei sistemi sociali.Tensione e instabilit sono pertanto previste nel processo sociale ed proprio questa situazione,dal punto di vista teorico, a costituire la ragione principale che spinge a non considerare uguali iproblemi dell'integrazione dei sistemi di valore e quelli dei sistemi sociali.Il secondo nodo da sciogliere riguarda invece il rapporto tra cultura e azione. Parsons nella sua teoriadell'azione non riconosce alla cultura un ruolo attivo, bens un ruolo di complemento: infatti afferma

    come, nonostante esista come corpo di artefatti e come sistema di simboli, la cultura non siaorganizzata come un sistema di azione e pertanto si trovi su un piano diverso da quello dellapersonalit e dei sistemi sociali. La riprova di questa affermazione si ha nello statuto previsto per lacultura dei quattro sottosistemi dell'azione sociale, ciascuno dei quali offre al funzionamentodell'insieme l'adattamento, il conseguimento degli scopi o l'integrazione, mentre il funzionamentodella cultura costituito dalla latenza. Il termine "latenza", di per s, indica proprio una collocazionedi sottofondo, di secondo piano, dove la cultura tende a conservare i modelli, a orientare ma non adagire. In base a quanto affermato da Parsons, dunque, i modelli culturali operano nel retroterradell'azione rimanendo esterni ad essa. L'impressione, per, che rimangano piuttosto sottintesi,considerando l'equiparazione che Parsons opera tra culture sui prodotti, gli oggetti, gli artefatti, isimboli i quali presuppongono la pratica, il "fare", ma vengono tenuti separati dal sistema dell'azione.

    Vi infine un'altra ambiguit che compare proprio a partire dalla comunicazione introduttiva del testodel 1951, dove viene presentato in nuceil legame pi elementare del sistema sociale, quello tra egoe alter. Il messaggio che quindi ad altra pu ricevere una risposta di consenso di dissenso. Quandogli invii e le risposte si ripetono utilizzando gli stessi simboli, sia ego che alter sono consapevoli delfatto che stanno entrambi assentendo o dissentendo da un sistema simbolico condiviso. Poich unsistema simbolico del tutto ingranato nel cuore dell'azione stessa, sia di ego che di alter, i simbolidella comunicazione indirizzano lo stesso modello d'orientamento per tutti e due. Ergo e alter,dunque, si sono messi d'accordo su uno specifico modo di comunicare, hanno cos gettato un pontedi tipo culturale. Un altro indizio si ha nel termine astratto col quale gli autori del testo indicano una

    prestazione allargata dell'interpersonalizzazione; in realt per il processo sottostante che vienedescritto attraverso questo termine si tratta di un processo molto concreto. Uno stesso orientamento

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    all'azione pu infatti presentarsi non solo nella stessa personalit in differenti momenti ma anche insistemi di personalit differenti.

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    CAP. 5LA SVOLTA CULTURALE

    La proposta teorica di Parsons e la sua opera hanno goduto per molto tempo di ampio prestigio sullascena accademica americana e in generale in tutto il panorama delle scienze sociali. Negli anni 40e 50 l'egemonia di Parsons sulla sociologia americana si poi rafforzata ulteriormente, grazie a una

    produzione teorica che si mantenuta costante anche negli anni successivi. Nel frattempo, per, loscenario sociale era mutato profondamente. Infatti, dopo la seconda guerra mondiale e l'immediatodopoguerra, caratterizzato dall'atmosfera della guerra fredda, dall'espansione dei sobborghi urbanie dal boom economico, negli anni 60 si hanno fenomeni politico-culturali che, attraversomanifestazioni aperte di dissenso e attraverso i nuovi movimenti sociali, finiscono col turbare loschema strutturale-funzionalista. La nascita dei nuovi movimenti traccia in particolare unospartiacque nel modo di fare e di concepire la politica non solo nella societ americana di questianni, ma in tutte quelle occidentali. Questi movimenti si sono caratterizzati per il fatto di mettere inmoto forme di azione collettiva non istituzionali. Essi infatti non si richiamano a partiti politici ereclutano i loro simpatizzanti al di fuori dei canali convenzionali della rappresentanza. Il loro scopo

    quello di attirare l'attenzione pubblica sulle questioni irrisolte della giustizia sociale e promuovereun fronte di rivendicazioni autonomo e indipendente. In questo nuovo contesto sociale e culturale sidistinguono due importanti aspetti: il primo relativo alla comparsa sulla scena di nuovi attori e nuovitemi e alla circolazione di iniziative collettive e orientamenti politici inediti. Come diretta conseguenzala cultura politica cambia e le istituzioni si modificano. Un secondo aspetto riguarda invece la ricadutasulla cultura come comunit scientifica, sulle sue pratiche, sul suo linguaggio e sulla cultura comesenso comune. A partire da questo momento si forma infatti un nuovo universo concettuale.Movimenti e gruppi di protesta si caratterizzano per mezzo della rottura con il codice culturaledominante, mentre i codici culturali tradizionali vengono riformulati e capovolti nei loro significati.

    Oggetto di studio della sociologia diventano ora le risorse culturali con cui o gruppi mettono in

    circolazione i loro nuovi contenuti, ovvero: l'interazione faccia a faccia, la presa di coscienza, latrasgressione, la comunicazione persuasiva, l'ironia, l'invenzione di nuovi simboli e di nuovi slogan.E invece attraverso la mobilitazione e all'interazione condivisa che le azioni collettive giungono allaformazione di un sentimento collettivo, il sentimento della "noi". Questo sentimento, come criterio diidentificazione, permette di comprendere anche l'importanza che il tema dell'identit rivestenell'evoluzione temporale dei movimenti: gli attori entrano infatti in contrasto con l'ambiente socialeper affermare una identit che rivendicano come propria e che viene negata dai loro oppositori. Inuovi movimenti hanno inoltre contribuito a rimescolare il senso comune. Hanno infatti messo indiscussione fatti e nozioni precedentemente considerati naturali, come la subordinazione dei giovaniagli adulti, la superiorit della razza bianca, l'inferiorit delle donne, polemizzando su tutto ci cheveniva considerato ovvio. Essi inoltre hanno anche favorito l'articolazione di nuovi pensieri, frasi eparole. Ad esempio il movimento femminista ha oggi messo in uso nuove frasi e nuovi vocaboli(come molestia sessuale o sessismo) che sono entrati a far parte del senso comune accanto aitermini gi esistenti. A cambiare sono inoltre stati i valori. Da una parte, si sono presentati i valoricardine della sociologia, quali la solidariet e l'individualismo; si sono inoltre conservati i valorireligiosi, anche se si sono trasformati, ma allo stesso tempo sono emersi anche valori nuovi comelantiautoritarismo, l'amore per la natura e il rispetto per l'ambiente, cos come le pari opportunit,frutto dei movimenti femministi e dei diritti civili, e la libert degli orientamenti sessuali. Si affermainoltre ora un'attenzione maggiore ai soggetti concreti, gli attori come persone, in quanto sonoproprio essi ad aver manifestato la loro volont e i loro desideri. Si assiste cos alla caduta dei tab,delle inibizioni, mentre si assiste alla circolazione di pensieri prima mai espressi che determinano

    una vera e propria svolta culturale in campo sociologico, introducendo nuove domande, nuoveformule e nuove ipotesi. Una volta cessate le tensioni politiche e stabilizzato ormai il cambiamento

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    delle istituzioni nella vita quotidiana, si avvertono nuovi stimoli che producono inevitabili mutamentinei modelli culturali. Nelle societ occidentali inoltre l'allargamento degli orizzonti politici geograficisi intreccia con un allargamento dell'orizzonte esistenziale. Si registra cos un pluralismo dei valoriche genera per anche un effetto di disorientamento, derivato proprio dalla sovrabbondanza delleopzioni culturali disponibili, delle chances e delle prospettive vitali.

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    CAP. 6I CULTURAL STUDIESBRITANNICI, I CULTURAL STUDIESAMERICANI

    In Gran Bretagna

    Il Centro per gli studi culturali contemporanei stato fondato nel 1964 presso l'universit diBirmingham da Richard Hoggart e da un piccolo gruppo di collaboratori. Negli anni successivi si

    sono poi aggregati altri studiosi e ricercatori che condividevano tutti la finalit principale del centro:quella cio di trasmettere una visione della cultura come un insieme delle pratiche attraverso le qualigli essere umani rispondono alle condizioni della loro esistenza. Hoggart fond inizialmente questocentro per dare un seguito al suo lavoro intrapreso con il libro The Uses of Literacy nel 1957, doveanalizzava in maniera molto originale la classe operaia inglese tra le due guerre mondiali, e perpromuovere nuove ricerche orientate verso tematiche analoghe. Attraverso lindagine di Hoggart eraemerso come la cultura fosse qualcosa di interno al vissuto, all'esperienza, che si sedimentavagiorno dopo giorno nella produzione e nella riproduzione del ciclo vitale. L'esperienza vissuta hacostituito pertanto la fonte di alimentazione per le analisi e le ricerche del Centro, mentre la "strutturadei sentimenti" concentrava il polo della soggettivit individuale collettiva all'interno diquell'esperienza. All'inizio i Cultural Studies britannici hanno ricavato concetti metodi di ricercasoprattutto dagli studi letterari e dalle scienze sociali, mentre successivamente hanno tratto spuntoanche da alcune correnti francesi quali lo strutturalismo di Lvi-Strauss, il post strutturalismo diFoucault e il decostruzionismo di Derrida. Negli anni 70 la maggior parte degli studi effettuati dallascuola di Birmingham verteva sulle inchieste e le analisi delle subculture giovanili. Il processo diamericanizzazione aveva nel frattempo turbato il mondo inizialmente coeso dei ceti proletari inglesifino al punto da trasformare perfino il loro habitat, i loro quartieri e luoghi di ritrovo. Si verific cosuna perdita di valori e radici a favore della propensione al divertimento, agli spettacoli e alleffimero.A partire da questo momento la popular culture diventa uno dei principali campi di analisi deiricercatori inglesi. Stuart Hall afferma in particolare che non esiste una cultura popolare pura eautentica da proteggere a tutti i costi, bens esiste uno scambio tra le proposte dell'industria culturale

    e le risposte che il pubblico elabora come feedback. Il pubblico non dunque uno schermo biancosul quale possibile esprimere qualsiasi messaggio. Secondo Hall, inoltre, quando il pubblico, lamassa, accetta la trivialit del giornalismo tipico dei tabloid perch evidentemente lacomunicazione da essi mediata evoca una sensibilit popolare verso le tragedie della vita, i suoimisteri, le sue congiunture comiche o drammatiche.

    La cultura popolare, nellallargarsi e imporsi come forma dominante nel mondo che la circonda, sicostituisce per come lo scenario della mercificazione ed entra pericolosamente nei circuiti dellatecnologia dominante, del potere e del capitale. Infine si estrinseca determinando un movimento dicontenimento e di resistenza. La resistenza, in particolare, una delle nozioni maggiormentericorrenti nei Cultural Studies. Sul piano astratto per resistenza si intende una non accettazionepacifica delle pressioni culturali e sociali, un rifiuto delle forme consuete. Sul piano empirico, invece,la resistenza comprende diverse pratiche come la disobbedienza faccia a faccia con le forzedell'ordine, la difesa fisica di un territorio di residenza, la segnalazione di protesta attraverso gestirituali simbolici e l'ostentazione della propria diversit per mezzo degli oggetti usati, del gergo o delcomportamento adoperati. Una ricerca condotta da Paul Willis ha rappresentato ad esempio lavicenda di una scuola secondaria nel centro dell'Inghilterra, dov