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TECNOLOGIE ALTERNATIVE PER IL TRATTAMENTO DEI RIFIUTI URBANI: IL PROGETTO THOR Paolo Plescia, Rosaria Sottile, Maria Tocino, Giuseppe Paoloni, Andrea Bianco, Luigi De Notaris CNR – ASSING LISA1 Premessa
Il Progetto THOR è un’iniziativa nata nel 1999 come progetto di ricerca finanziata dal MIUR
nell’ambito della Legge 297/99. L’idea progettuale di THOR nasce dall’esperienza che chi scrive ha
realizzato in vent’anni di lavoro nell’industria mineraria, dove vengono applicate tecniche
economiche ma efficaci di separazione e arricchimento delle materie prime. L’idea di base,
utilizzare tecniche mineralurgiche per trattare grandi masse di rifiuti urbani, non è nuova: già questo
tipo di approccio veniva proposto negli USA e in alcuni paesi Europei negli anni ’60 e ’70, ma non
ha mai soppiantato le tecnologie dell’incenerimento anche per l’abbassamento temporaneo dei costi
delle materie prime e l’aumento della richiesta di smaltimento. Solo negli ultimi dieci anni, a
seguito dell’incremento dei costi delle materie prime e dell’aumento della sensibilità sociale sul
problema dei rifiuti e con l’avvento della raccolta differenziata si sono ristabilite le condizioni per
discutere di soluzioni alternative alla messa a dimora e all’incenerimento, e in particolare le
soluzioni che prevedono il riutilizzo delle frazioni secche e il contemporaneo recupero delle frazioni
metalliche e inerti. THOR nasce quindi alla fine del XX secolo, in un nuovo scenario, collocandosi
tra le tecnologie a basso impatto ambientale e ad elevato livello tecnologico. Questo lavoro ne
traccia la storia e lo sviluppo.
Lo sviluppo del progetto Total HOusewaste Recycling “THOR”
THOR è un insieme di tecnologie di trattamento, separazione ed arricchimento che assomiglia
molto ad un’impianto minerario. La logica di questo processo è di separare quante più materie
prime possibili prima di trattare il vero sovvallo, cioè la frazione che non si riesce a trattare in modo
alternativo. La parte più importante ed innovativa di THOR è il mulino di micronizzazione,
realizzato da studi sugli effetti dell’azione meccanica sui materiali, cioè sulla meccanochimica.
1 Laboratorio con l’Industria per la Sicurezza Ambientale CNR ISMN – ASSING SpA - Area della Ricerca Roma 1 Montelibretti (RM)
L I S A LABORATORIO con l’ INDUSTRIA per la SICUREZZA AMBIENTALE
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La meccanochimica è una affascinante branca delle scienze chimiche che studia l’attivazione di
reazioni chimiche utilizzando energia meccanica. Se vogliamo, è ancora una parte poco nota della
chimica, appartiene alla schiera dei metodi “poveri” di preparazione perché non si usano sofisticate
tecniche al plasma e non fa uso di alte temperature ma normali ed economiche macchine di
macinazione per ottenere nanomateriali. I russi hanno usato la meccanochimica per decenni per
produrre leghe e materiali speciali per l’industria aerospaziale con risultati più che ragguardevoli. Il
nostro gruppo di ricerca iniziò a lavorare sull’azione di attrito sui minerali e sulle rocce nel 1997 e
ci si accorse subito che la macinazione effettuata con macchine ad attrito ad elevata energia portava
inevitabilmente alla “amorfizzazione”, cioè alla demolizione progressiva delle strutture cristalline.
Per taluni minerali, come nel caso dei carbonati, tale azione portava alla “calcinazione” del
minerale, cioè alla perdita praticamente totale della CO2. Questa osservazione è stata la base del
lavoro successivo sugli effetti dei sismi sulle rocce, che ha portato chi scrive alla dimostrazione
della possibile emissione di gas serra dalle aree sismicamente attive (1, 2, 3, 4). Per realizzare
condizioni di lavoro sempre più vicine alla realtà naturale furono progettate le prime macchine di
macinazione ad attrito di dimensioni industriali. Parallelamente, iniziò lo studio degli effetti
meccanochimici sui rifiuti ed in particolare, dopo il primo brevetto sulla distruzione
meccanochimica dell’amianto, furono studiati gli effetti della MC su idrocarburi, suoli contaminati,
PVC e materiali lignei con creosoto (traversine ferroviarie) (5, 6, 7). Nel 1999 venne proposta una
domanda di finanziamento MIUR ex 297/99 denominata THOR. Il progetto prevedeva
essezialmente due obiettivi: la realizzazione di un processo a freddo per la trasformazione dei
Rifiuti Solidi Urbani e la costruzione di un mulino ad attrito di dimensioni adatte ad un uso
industriale. Questo era il vero problema che limitava l’uso della meccanochimica nell’industria:
infatti, al 2001, non esistevano macchine capaci di realizzare processi MC se non a livello di
laboratorio. Furono svolti molti test con macchine prodotte in Australia e in Russia, ma i risultati
che si ottennero nei test non erano adeguati alle aspettative. Per questo motivo fu necessario
progettare un nuovo sistema, che utilizzasse il principio dell’attrito indotto da rotazione eccentrica
ma che superasse le difficoltà intrinseche nei sistemi a nutazione o a eccentrici. Il primo progetto
del mulino, il THOR –1, fu rilasciato nel 2003, a dicembre dello stesso anno un primo impianto
pilota fu montato nell’area di ricerca di Montelibretti (RM) dalla ASSING SpA. Tale sistema era un
interessante esempio di ingegneria applicata alla preparazione di pubblicazioni scientifiche, ma era
scarsamente utilizzabile: la macchina, per stare a terra, era ancorata con una base autolivellante da
60 tonnellate di peso ed era montata su ammortizzatori pneumatici gestiti via computer. Le prove
furono condotte fino al 2004, quando si abbandonò la prima farraginosa soluzione per ridisegnare
completamente il mulino. Nacque così il THOR II, nella versione pilota alla quale seguì la versione
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industriale del 2007 (figura 1). Il mulino THOR II è un mulino a planetario che lavora solo per
attrito e non per urto. La sua costruzione è stata curata in modo particolare per ottimizzare i
problemi di caricamento e di vibrazione. La macchina è stata realizzata con acciai speciali corazzati
con lamine ceramiche, per evitare la contaminazione da ferro del prodotto. THOR II è dotata nella
sua versione da produzione di quattro giare di macinazione caricate e scaricate pneumaticamente,
che ruotano a velocità comprese tra 20 e 50 Hz e che permettono di raggiungere attriti di entità
superiori a 8000 atmosfere. La macchina attuale (THOR II) è installata attualmente presso
l’impianto sperimentale di Torrenova, sito nelle vicinanze di Capo D’Orlando (Messina).
Attualmente è l’unica macchina esistente al mondo che può svolgere un’azione meccanochimica a
livello industriale, con tempi di lavoro ridotti ed elevata produttività.
Figura 1: Il nuovo mulino progettato e realizzato dalla ASSING SpA inserito nell’impianto pilota e schema della movimentazione delle masse macinanti nel mulino a planetario
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Il circuito industriale Il complesso di macchine che viene chiamato per brevità THOR è costituito da vari apparati, che
sono realizzati con lo scopo di ridurre il più possibile la frazione non recuperabile e invece di
concentrare le materie prime (metalli, inerti, combustibili). Per arrivare a questa performance si
utilizzano diverse tecniche (figura 2):
- frantumazione e vagliatura
- separazioni magnetiche dei metalli ferrosi
- separazioni dei metalli non ferrosi mediante correnti parassite
- separazione degli inerti attraverso una divisione balistica
- eventuale separazione e arricchimento di una frazione “compounds” fatta da gomme, PVC e
altre plastiche pesanti
L’ultimo trattamento, effettuato sul sovvallo di questi trattamenti preliminari di separazione e
arricchimento, è realizzato mediante una micronizzazione, effettuata tramite un mulino di nuova
generazione, realizzato sul modello concettuale del mulino a planetario, tale da realizzare una
macinazione per attrito e non per urto e nel quale si ottengono sforzi di attrito superiori alle 8 kbar. I
materiali organici, cellulosa, legno, carta, cartone, polimeri di vario genere, vengono così
“delaminati” in forme sempre più sottili, fino ad arrivare a polveri estremamente ridotte nelle
dimensioni. Queste polveri hanno una caratteristica chimico-fisica estremamente interessante:
- elevata superficie specifica, maggiore di 40 mq/g contro 0.1 – 2 mq/g del tal quale
- elevato potere calorifico, maggiore di 20 MJ/kg contro i 12-15 MJ/kg del tal quale
- inerti, vetro e metalli assenti (tolti prima della micronizzazione)
La polvere però viene ulteriormente raffinata prima di diventare il vero e proprio combustibile. Ciò
viene realizzato mediante ciclonatura. Per ottenere una differenzazione efficace il prodotto della
micronizzazione viene inumidito dallo stesso vapore che deriva dal processo e, nel caso, da una
quantità nota di vapore che viene spinto nel ciclone. Tale vapore tende a far coalescere le particelle
igroscopiche, quali i sali di metalli e alogenati, mentre è ininfluente nei confronti delle particelle
polimeriche. Ci troveremo quindi di fronte a due tipi di particelle, più grossolane e pesanti e più
leggere e piccole, che vengono facilmente selezionate dalla ciclonatura.
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Figura 2: Schema dell’impianto THOR II; aprisacco, nastro 1. separatore ferrosi 2. cella per ferrosi 3. crusher 4. nastro e separatore balistico 5. secondo separatore ferrosi e (7) cella per ferrosi 6. separatore a correnti parassite per metalli non ferrosi 7. nastro 8. cella per metalli non ferrosi 9. nastro 10. separatore a vento 11. nastro 12. mulino a planetario 13. ciclone 14. insaccamento in big bag
Dal micronizzatore la polvere ottenuta viene aspirata per mezzo di un separatore ad aria e poi
diviso nelle frazioni pesanti e leggere. L’intero impianto, con una capacità nominale di circa 4 metri
cubi ora di rifiuti trattati, può essere inserito in un’area di circa 300 mq, sotto coperture leggere. I
materiali sono manipolati il meno possibile da operatori; tutto l’handling dei materiali è gestita in
modo automatizzato, tranne che all’ingresso del rifiuto. Tutto l’impianto è realizzato su una serie di
vasche separate tra loro, dotate di raccolta liquidi, raccordi e pompe di prelievo e serbatoi per lo
stoccaggio degli eventuali reflui liquidi. Date le dimensioni dell’impianto è facile la sua
collocabilità anche all’interno di ambienti sotterranei. Inoltre, date le caratteristiche delle macchine
di prefrantumazione e dello stesso processo nel suo insieme, è possibile evitare grandi accumuli di
materiale in ingresso, evitando quindi le cosidette “fosse” dove il materiale organico rischia di
permanere e fermentare, provocando odori e favorire la generazione di insetti molesti. Infine i rifiuti
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prodotti dal ciclo THOR: di fatto, le uniche porzioni che vengono generate come rifiuti dal ciclo
THOR sono sali di cloro e solfo, sottratti dalla polvere micronizzata. Tali sali sono in realtà
riutilizzabili industrialmente. Da queste ultime considerazioni risulta evidente come THOR abbia un
basso impatto sull’ambiente.
Figura 3: Il mulino THOR II e la sua colonna di caricamento a tazze presso l’impianto di
Torrenova (ME)
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Prove e risultati ottenuti sui combustibili da rifiuto (microCDR)
Le prove sono effettuate utilizzando rifiuti indifferenziati, dove sono presenti mediamente il 22 %
di carta, il 30 % di plastica, il 38 % di materiali organici vegetali e animali, il 7 % di metalli (metà
ferrosi e metà non ferrosi) e la restante parte di vetro, cemento e ceramici. Il contenuto d’acqua
iniziale è stato valutato pari al 35 %. La tabella 1 mostra i risultati in termini di potere calorifico
ottenuto e di umidità residua, insieme ai dati ottenuti sulle frazioni singole (carta, legno). Si osserva
che l’umidità residua dei prodotti viene abbattuta ad una piccola frazione mentre il potere calorifico
aumenta e, nel caso del rifiuto urbano con il 45 % di acqua, fino al 240 % del suo valore iniziale
Tabella 1: Test di impianto pilota sui RSU (senza frazione inerte e metalli)
Rifiuto
Potere calorifico (MJ/kg)
% acqua residua
Potere calorifico dopo
trattamento
(MJ/kg)
% incremento
del p.c.
Carta (5 % umidità)
9.94 1.7 21.49 216
Legno (10 % umidità)
14.66 1.4 19.59 133
RSU tal quale (35 % umidità)
11.51 2.5 22.42 194
RSU tal quale (45 % umidità)
8.92
2.9
21.44
240
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La raffinazione del combustibile
Il microCDR prodotto non è un buon combustibile se contiene ancora frazioni non bruciabili o
dannose. Per questo motivo si pone particolare cura alla raffinazione del prodotto finale. In
particolare, sfruttando un processo messo a punto alcuni anni fa dagli AA di questo lavoro e ripreso
anche da altri ricercatori (8, 9, 10) si separano i sali di cloro e solfo, precipitandoli come sali
solubili dal combustibile. La formazione e la separazione di questi sali avviene trattando il materiale
clorurato nel mulino di micronizzazione in presenza di idrossido di calcio (CaOH2) o di soda
(NaOH). Il cloro che si forma per dereticolazione del PVC, evoluto sotto forma di acido cloridrico,
viene catturato dall’idrossido alcalino e riprecipita sotto forma di sale di cloro. La reazione invocata
per utilizzare l’idrossido di calcio come scavenger per il cloro è schematizzata come segue
(schematizzazione non bilanciata, solo indicativa):
- C – Cl – C + Ca++ + OH- - C –OH + CaCl2
In definitiva il legame cloro-carbonio viene rotto durante l’azione meccanochimica e il cloro
disponibile come radicale si aggrega immediatamente con tutto il calcio disponibile per formare
cloruro di calcio. Lo stesso meccanismo viene invocato per lo solfo, presente nelle gomme
(elastomeri):
- C – S - C + Ca++ + OH- + O - C – OH + CaSO4
Formando anidrite – solfato di calcio anidro – o solfato di calcio idrato, lo solfo viene precipitato
come sale stabile. Per sottrarre tali sali dal combustibile si effettua un lavaggio della polvere in
corrente di vapore d’acqua, una ciclonatura della polvere e quindi la precipitazione delle particelle
aggregate come frazione pesante. Dato che la frazione salina risulta fortemente igroscopica le
particelle così ottenute diventano grosse e pesanti e vengono facilmente precipitate, mentre la
frazione carboniosa e idrofoba viene separata e collezionata per il successivo utilizzo come
combustibile. Nella figura 4 realizzata al microscopio elettronico si osserva la morfologia dei
materiali salini e la loro composizione chimica.
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Figura 4: Foto in microscopia elettronica a scansione dei sali derivanti dalla sottrazione del cloro
e solfo dal microCDR e analisi relativa
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Analisi del microCDR
Le analisi del prodotto solido (tabella 2) indicano una composizione che rientra perfettamente nella
definizione di combustibile da rifiuto di qualità (CDR-Q, UNI 9903)
Parametro Unità di misura CDR
normale
CDR - Q UNI 9903
CDR – Q THOR
Dimensioni mm 80% < 20 μm Superficie specifica m2/g 42
Potere calorifico sup. MJ/kg > 15.000 >20.000 22400 Umidità % % < 25 % < 18 % 2.9 %
Cl % < 0.9 % < 0.7 % < 0.2 % S % < 0.6 % < 0.3 % < 0.1 %
Ceneri % < 20 % < 15 % 3 – 10 %* Cr mg/kg < 100 < 70 < 10 Cu mg/kg < 300 < 50 < 10 Mn mg/kg < 400 < 200 < 50 Ni mg/kg < 40 < 30 < 10 As mg/kg < 9 < 5 < l.l.d. Cd mg/kg < 7 < 3 < l.l.d. Hg mg/kg < 7 < 1 < l.l.d. Pb mg/kg < 200 < 100 < 50
Tabella 2: Composizione e calori di combustione del CDR-Q THOR in confronto con i valori indicati dalla norma UNI 9903
Conclusioni
Il processo qui descritto, nato da un’attività di ricerca condotta dalla ASSING Spa insieme al CNR,
è un bell’esempio di ricerca applicata che ha portato ad un prodotto di notevole impatto e interesse.
Il processo THOR permette di ottenere un materiale combustibile di qualità partendo da un rifiuto
solido urbano indifferenziato o differenziato. Le potenzialità del sistema THOR sono notevoli,
rendendo di fatto attuabile una politica di gestione dei rifiuti molto più agevole, eliminando gli
effetti deleteri dell’accumulo dei rifiuti , quali gli odori, gli inquinamenti provocati dalle emissioni
di ceneri pericolose e di composti organici inquinanti e nello stesso tempo mantenendo i costi di
gestione tra i più bassi in assoluto.
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