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Rapporto sul Mercato del Lavoro Anno 2012 SINTESI Marzo 2013

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Rapporto sul Mercato del Lavoro

Anno 2012

S I N T E S I

Marzo 2013

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La congiuntura di breve periodo segnala la resilienza del nostro mercato del lavoro In Toscana, come in Italia, l’occupazione è stata nel 2012 sostanzialmente stabile. In aumento il tasso di disoccupazione e quello di attività. In termini percentuali la variazione tendenziale degli occupati, come media annua del 2012, ha registrato un incremento di 0,3 punti, mentre l’aumento dei disoccupati e degli attivi si è attestato, rispettivamente al 22% e all’1,7%. In generale, proporzionalmente alla caduta del Pil, i danni sono stati più contenuti che altrove: facendo un confronto con le dinamiche osservate a livello internazionale, il mercato del lavoro ha retto l’impatto di un ciclo economico particolarmente negativo. La Toscana, come l’Italia, non è stata quindi penalizzata da un cattivo funzionamento del mercato del lavoro, ma è stata caratterizzata nel confronto con gli altri paesi da una più pronunciata caduta del prodotto interno lordo. Questo ultimo è diminuito, rispetto al 2008, mediamente di 1,1 punti l’anno, mentre lo stock di occupati di 0,3 punti. In termini complessivi la flessione del Pil è stata pari a 4,5 punti percentuali, mentre quella degli occupati di 1,1 punti. Grafico 1 OCCUPATI E PIL Variazioni trimestrali tendenziali

Fonte: elaborazioni IRPET su dati ISTAT

Tale scarto, al di là delle criticità strutturali che nel frattempo la crisi ha acuito e della asimmetria degli effetti con cui essa si è manifestata, evidenzia come il restringimento della base occupazionale sia stato complessivamente inferiore a quanto sarebbe stato lecito attendersi. La resilienza è confermata dalla dinamica delle posizioni di lavoro dipendente create e/o distrutte Questo è il giudizio che si ricava in sintesi dalla lettura degli stock di occupati, attivi e disoccupati contenuti nelle Rilevazioni Trimestrali sulle Forze Lavoro dell'ISTAT. Accanto a questa fonte di informazione -che resta ovviamente centrale- sono da qualche anno disponibili anche i dati occupazionali di flusso desumibili dalle comunicazioni amministrative inerenti i rapporti di lavoro registrati negli archivi dei centri per l’impiego. La natura censuaria delle informazioni, il loro dettaglio temporale (le informazioni sono

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2005 2006 2007 2008 2009 2010 2011 2012

Occupati Pil

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giornaliere), oltre che settoriale e territoriale, ne fanno una base informativa essenziale per cogliere la dinamica della domanda di lavoro ed il funzionamento del processo di creazione/distruzione dei posti di lavoro. Tali dati, quindi, concorrono in modo strategico a completare il quadro informativo sull’andamento congiunturale del mercato del lavoro. L’analisi dei flussi delle posizioni di lavoro dipendente (saldi fra avviamenti e cessazioni)1 create o distrutte a partire dal 1° gennaio 2008 confermano -almeno fino al primo semestre del 2012- la relativa tenuta del mercato del lavoro, sebbene la capacità di generare nuova occupazione si sia progressivamente ridimensionata. Nei primi dodici mesi del 2008 in Toscana si creano, infatti, 31mila posizioni di lavoro dipendente; a distanza di 24 mesi tale grandezza scende a 14mila unità, per risalire nel 2010 a 16mila e poi successivamente scendere al livello di 7mila posizioni a fine 2011. Nei primi sei mesi del 2012, coerentemente con la stagionalità2 del fenomeno, i posti di lavoro creati risalgono a quota 37mila, sebbene si tratti del valore più basso fra quelli osservati nei primi semestri di ciascuno degli anni considerati.  Grafico 2 POSIZIONI DI LAVORO DIPENDENTE GIORNALIERE Variazioni cumulate dal 1° gennaio 2008 al 30 giugno 2012

Fonte: elaborazioni IRPET su dati SIL, Regione Toscana

Il saldo cumulato tra le posizioni di lavoro dipendente aperte e cessate rimane sempre positivo, nonostante l’altalena di andamenti che riflette la cd. forma a W (picco negativo, ripresa e di nuovo caduta) della recessione. La capacità di tenuta si sta però progressivamente indebolendo Il profilo della congiuntura occupazionale è tuttavia in peggioramento, come si desume dalla variazione tendenziale (anno su anno) delle posizioni di lavoro dipendente giornaliere. 1 L’analisi dei flussi delle posizioni di lavoro si concentra sui rapporti a tempo indeterminato, determinato, apprendistato e somministrazione, in quanto le altre tipologie contrattuali (lavoro intermittente, domestico e tutte le forme di lavoro parasubordinato) sono meno strutturate in termini di orario e giorni di lavoro e la loro inclusione potrebbe indurre a errate interpretazioni dei risultati. 2 Le posizioni di lavoro si creano nel primo semestre e si distruggono nel secondo. Tale dinamica è legata al sovrapporsi del ciclo turistico a quello dell’istruzione, per cui alla fine di giugno il mercato del lavoro raggiunge il picco massimo di posizioni aperte.

88.000

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2008 2009 2010 2011 2012

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Grafico 3 POSIZIONI DI LAVORO DIPENDENTE GIORNALIERE CREATE O DISTRUTTE DAL 1° GENNAIO 2008 Variazioni tendenziali a 12 mesi

Fonte: elaborazioni IRPET su dati SIL, Regione Toscana

È sufficiente quindi spostare in avanti di un solo semestre il punto di osservazione per cogliere il lento ma progressivo indebolimento del mercato del lavoro: tra il 1° gennaio 2008 e il 31 dicembre 2011 si registrano circa 7mila posizioni di lavoro in più; tra il 1° luglio 2008 e il 30 giugno 2012 invece 51mila in meno. Tabella 4 POSIZIONI DI LAVORO DIPENDENTE CREATE O DISTRUTTE IN OGNI SEMESTRE Saldo 1° Gennaio 2008-31 Dicembre 2011 6.965 Saldo 1° Luglio 2008-30 Giugno 2012 -51.131 Fonte: elaborazioni IRPET su dati SIL, Regione Toscana

Dalla fine del 2011 la domanda di lavoro subisce un ulteriore raffreddamento E in effetti la domanda di lavoro misurata dal flusso degli avviamenti di lavoro dipendente, pur mostrando un arretramento fin dalla seconda parte del 2008, evidenzia una ulteriore frenata nei primi sei mesi del 2012. Tutto ciò si traduce in una riduzione delle opportunità di ingresso sul mercato (visibili già dalla seconda metà del 2011) con in prospettiva il rischio di una perdita di output potenziale e, quindi, di un incremento non transitorio del tasso di disoccupazione. Grafico 5 AVVIAMENTI DI LAVORO DIPENDENTE MENSILI

Fonte: elaborazioni IRPET su dati SIL, Regione Toscana

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50.162 49.454 47.54750.980 49.640 51.369

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Valori mensili Media mobile 12 mesi Media 6 mesi

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Ad attenuare la caduta della domanda, l’aumento delle forme di lavoro meno strutturate Sul versante del lavoro meno strutturato, i dati sugli avviamenti registrano invece un incremento, a testimonianza di un effetto di sostituzione con i contratti di lavoro dipendente. Per queste forme contrattuali, infatti, le attivazioni sono cresciute del 66% tra il primo semestre del 2008 e lo stesso periodo del 2012, confermandosi come strumenti utilizzati dalle aziende per affrontare le incertezze del ciclo economico. Va ricordato, comunque, che all’intermo della macro-categoria del lavoro non strutturato rientrano una molteplicità di forme contrattuali, tutte a termine ma molto differenti tra loro. Vi sono infatti inclusi il lavoro intermittente e quello domestico (formalmente appartenenti all’area del lavoro dipendente), il lavoro parasubordinato, il lavoro occasionale accessorio, le esperienze di lavoro come i tirocini e i lavori socialmente utili. Pur non potendo verificare il contenuto di questi ingressi nel mondo del lavoro, le forme di impiego meno strutturato hanno offerto un contribuito determinante nel contenere le perdite legate allo shock economico. Il rischio, tuttavia, è che le aziende abbiano sostituito l’investimento richiesto dall’attivazione di posizioni dipendenti con l’instaurazione di rapporti lavorativi meno vincolanti, preferendo la via della flessibilità a quella dell’investimento a medio o lungo termine. Grafico 6 AVVIAMENTI MENSILI DI LAVORO NON STRUTTURATO

Fonte: elaborazioni IRPET su dati SIL, Regione Toscana

Gli andamenti non sono peggiori di quelli osservati nelle altre regioni simili alla Toscana per livello di sviluppo Il confronto con Veneto, Emilia-Romagna e Marche, regioni a noi vicine per livelli di sviluppo e caratteristiche della struttura produttiva, ci restituisce un quadro di sostanziale omogeneità nel tenore con cui si sono manifestati i processi di creazione/distruzione delle posizioni di lavoro. Infatti, le variazioni tendenziali mensili hanno un analogo profilo in tutte le quattro regioni e ciò rispecchia la double dip del ciclo economico. Rispetto al Veneto e all’Emilia-Romagna, la Toscana va meglio fino al terzo trimestre del 2011 (avendo la nostra regione una minore connotazione manifatturiera3), mentre la successiva propagazione della crisi al terziario riduce il vantaggio relativo della nostra regione.

3 E la manifattura toscana mostra dinamiche del tutto simili, al netto dei fenomeni di presunta emersione di lavoratori stranieri (in particolare cinesi) già presenti sul territorio regionale, a quelle osservate per il Veneto e l’Emilia-Romagna.

10.83912.097

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14.786 14.98216.365

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Valori mensili Media mobile 12 mesi Media 6 mesi

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Nei confronti delle Marche, infine, gli andamenti sono complessivamente migliori, ma anche in questo caso occorre considerare come il dato di confronto sia viziato per la Toscana da una crescita delle posizioni di lavoro dipendente aperte a favore della comunità cinese che solo in parte corrispondono oggettivamente a nuova creazione di lavoro. Comunque, con tutti gli accorgimenti interpretativi del caso, l’impatto della crisi sul mercato del lavoro non è stato in Toscana peggiore che altrove. Grafico 7 POSIZIONI DI LAVORO DIPENDENTE CREATE O DISTRUTTE DAL 1° LUGLIO 2008 Variazioni tendenziali a 12 mesi. Tutti i settori. Toscana, Veneto, Emilia-Romagna e Marche*

* I saldi del Veneto, Emilia-Romagna e Marche sono stati riproporzionati a quelli della Toscana considerando la diversa dimensione dello stock di occupati dipendenti privati (fonte INPS) Fonte: elaborazioni IRPET su dati SIL, Regione Toscana

Grafico 8 POSIZIONI DI LAVORO DIPENDENTE CREATE O DISTRUTTE DAL 1° LUGLIO 2008. Variazioni tendenziali a 12 mesi. Manifattura. Toscana, Veneto, Emilia-Romagna e Marche*

* I saldi del Veneto, Emilia-Romagna e Marche sono stati riproporzionati a quelli della Toscana considerando la diversa dimensione dello stock di occupati dipendenti privati nel settore dell’industria (fonte INPS) Fonte: elaborazioni IRPET su dati SIL, Regione Toscana

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2009 2010 2011 2012

Veneto Emilia-Romagna Toscana Marche

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2009 2010 2011 2012

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Permane tuttavia la debolezza del mercato del lavoro Tanto la evidenziata resilienza (… poteva andare peggio), quanto la verificata condivisione con le altre realtà economiche di una comune traiettoria di ripiegamento (… il confronto non ci penalizza), non devono tuttavia indurre ad una sottovalutazione della debolezza del mercato del lavoro, il cui miglioramento passa necessariamente per la ripresa del ciclo economico e per l’allentamento delle politiche di austerità, che deprimono la domanda aggregata e la creazione di posti di lavoro: non solo in Toscana, ma in tutta l’Europa. La fase di graduale recupero intervenuta nel 2010 e durata fino ai primi mesi del 2011 è stata infatti troppo debole per controbilanciare gli effetti della recessione osservata nel biennio 2008/09. La crisi dei debiti sovrani, che ha determinato l’avvio di una nuova fase recessiva a partire dalla seconda metà del 2011, è quindi intervenuta su un quadro ancora fragile, amplificandone gli elementi di vulnerabilità. Tornando ai dati di stock, rilevabili dalle indagini trimestrali sulle forze lavoro, rispetto al 2008 sono stati persi 18mila lavoratori, mentre i disoccupati sono aumentati di quasi 50mila unità. Tabella 9 OCCUPATI, DISOCCUPATI, ATTIVI Variazioni tendenziali Occupati Disoccupati Attivi

2009/2008 -7.472 12.467 4.995 2010/2009 -16.095 4.812 -11.283 2011/2010 1.074 6.634 7.708 2012/2011 4.733 24.316 29.049 2012/2008 -17.760 48.229 30.469 Fonte: elaborazioni IRPET su dati ISTAT - RCFL

Nel complesso, quindi, il mercato del lavoro mostra un graduale riposizionamento verso il basso del livello degli occupati e del relativo tasso di occupazione, mentre si assiste ad una più significativa crescita dei disoccupati, che hanno superato quota 131mila. Il gap occupazionale rispetto alla situazione pre-crisi resta non trascurabile… Il gap occupazionale, ovvero la crescita di occupati che servirebbe per tornare al rapporto occupati/popolazione precedente la crisi, è ancora oggi non trascurabile, sebbene inferiore rispetto al punto di massimo (3,0 in punti percentuali) toccato nel 2011. Per tornare al tasso di occupazione del 2008, avremmo oggi bisogno di circa 46mila occupati in più, pari a un incremento di 2,9 punti percentuali. Questi ultimi quindi rappresentano il numero minimo di posizioni di lavoro che il sistema dovrebbe essere in grado di creare per colmare il divario che ancora ci separa in termini di tassi di occupazione dalla situazione precedente l’avvio della fase recessiva.

Tabella 10 GAP OCCUPAZIONALE RISPETTO AL 2008

Anno Variazioni % Variazioni assolute

2008 0,0 0.0002009 1,2 18.2972010 2,7 41.6842011 3,0 47.1662012 2,9 46.007Fonte: elaborazioni IRPET su dati ISTAT - RCFL

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... le previsioni non lasciano presagire miglioramenti nel breve periodo La tendenza del mercato del lavoro a riflettere con ritardo l’evoluzione del ciclo economico fornisce una indicazione di peggioramento per i prossimi mesi, in linea con l’esaurimento della ripresa ed il nuovo ripiegamento. I segni e gli effetti della crisi sono quindi ancora lontani dall’essere rimarginabili. Coerentemente con questa prospettiva, i nostri modelli di previsione non segnalano, nell’ambito di un ragionevole margine di errore che dipende dalle ipotesi sottostanti in termini di ore cassa integrazione, orario medio di lavoro e produttività, un recupero delle posizioni perse. Almeno nel breve periodo. A fronte di una stagnazione della forza lavoro occupata, il tasso di disoccupazione dovrebbe salire nel 2013 fino al 9%; il livello più elevato dal 1990, con un aumento cumulato di quattro punti dal 2008. La disoccupazione rimarrebbe un’emergenza anche nel biennio 2014, per declinare leggermente nel 2015. Tabella 11 PREVISIONI DEL MERCATO DEL LAVORO 2012 2013 2014 2015

Attivi (migliaia) 1.695 1.722 1.726 1.708 scenario 1 1.695 1.722 1.73 1.715 scenario 2

Occupati (migliaia) 1.564 1.561 1.554 1.555 scenario 1 1.564 1.566 1.571 1.582 scenario 2

Disoccupati (migliaia) 132 161 172 153 scenario 1 132 156 159 132 scenario 2

Attivi (variazioni %) 1,6% 0,3% -1,1% scenario 1 1,6% 0,4% -0,9% scenario 2

Occupati (variazioni %) -0,2% -0,4% 0,1% scenario 1 0,2% 0,3% 0,7% scenario 2

Disoccupati (variazioni %) 22,0% 6,9% -11,1% scenario 1 18,2% 2,0% -16,8% scenario 2

Tasso di occupazione (valore %) 47,1% 46,8% 46,4% 46,2% scenario 1 47,1% 46,9% 46,9% 47,0% scenario 2

Tasso di disoccupazione (valore %) 7,8% 9,3% 9,8% 8,9% scenario 1 7,8% 9,0% 9,2% 7,7% scenario 2

Scenario 1: cassa integrazione nel 2013 pari al 2012, nel 2014 pari all’80% del 2013, nel 2015 pari al 75% del 2014; orario di lavoro invariato rispetto al 2012 Scenario 2: cassa Integrazione invariata sui livelli delle ore autorizzate nel 2012; orario di lavoro ridotto dello 0,4% ogni anno.

Il costo occupazionale della crisi si è distribuito in modo difforme fra la popolazione Al di là di quelle che saranno le tendenze dei prossimi mesi, il costo occupazionale della crisi è andato distribuendosi in modo difforme fra la popolazione: sono stati soprattutto i giovani e i lavoratori meno qualificati a perdere il lavoro. I giovani sono infatti prevalentemente occupati con contratti atipici e questo spiega perché sono anche i primi a perdere il lavoro quando la situazione economica tende al peggioramento. La flessione coinvolge anche la forza lavoro meno scolarizzata, a cui naturalmente è più facile rinunciare -per motivi legati alla loro minore produttività- rispetto al personale con competenze e professionalità più qualificate, che più difficilmente possono essere sostituite.

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Grafico 12 OCCUPATI Variazione % 2012-2008

Fonte: elaborazioni IRPET su dati ISTAT - RCFL

Se l’occupazione è diminuita meno di quanto avremmo potuto attenderci, ciò è avvenuto anche per il contributo demografico della forza lavoro straniera. Il dato tuttavia risente di un difetto di rilevazione della rilevazione trimestrale delle forze lavoro dell’ISTAT. Questa ultima, come noto, conteggia come nuovi occupati tutti gli stranieri che, pur lavorando da tempo, si iscrivono per la prima volta nelle anagrafi comunali proprio nel trimestre in cui è condotta la rilevazione. Questo ritardo nella iscrizione, pertanto, tende a sovrastimare il contributo occupazionale degli immigrati e riduce, in una misura corrispondente ma solo apparente, il costo della crisi. Anche i dati amministrativi confermano il ruolo cruciale dei lavoratori stranieri nel sostenere la tenuta dell’occupazione complessiva. Le posizioni di lavoro coperte dai cittadini stranieri mostrano infatti una progressiva crescita, che si contrappone al graduale declino della componente autoctona. L’incrocio tra le caratteristiche di genere e di cittadinanza consente, inoltre, di evidenziare come la crescita delle posizioni di lavoro dipendente della componente immigrata sia da attribuire equamente agli uomini e alle donne straniere, mentre tra gli italiani si rileva uno scollamento legato alla natura industriale della fase recessiva, che colpisce, dunque, soprattutto il segmento maschile dell’occupazione.

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Uomini Donne Nativi Stanieri Basso Medio Alto 15-24 25-34 35+

Genere Nazionalità Titolo di studio Età

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Grafico 13 POSIZIONI DI LAVORO DIPENDENTE MENSILI CREATE O DISTRUTTE PER GENERE E CITTADINANZA Variazioni cumulate dal 1° gennaio 2008 al 30 giugno 2012

Giugno Dicembre

Fonte: elaborazioni IRPET su dati SIL, Regione Toscana

25.259

11.808

23.930

6.753

20.855

7.163

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2008 2009 2010 2011 2012

Donne italiane

10.683

4.450

12.294

5.249

13.556

8.468

17.079

10.116

15.357

0

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10.000

15.000

20.000

25.000

30.000

35.000

1 2 3 4 5 6 7 8 9 101112 1 2 3 4 5 6 7 8 9 101112 1 2 3 4 5 6 7 8 9 101112 1 2 3 4 5 6 7 8 9 101112 1 2 3 4 5 6

2008 2009 2010 2011 2012

Donne straniere

35.208

6.875

26.046

-5.497

17.618

-10.845

13.609

-18.888

-6.406

-30.000

-20.000

-10.000

0

10.000

20.000

30.000

40.000

1 2 3 4 5 6 7 8 9 101112 1 2 3 4 5 6 7 8 9 101112 1 2 3 4 5 6 7 8 9 101112 1 2 3 4 5 6 7 8 9 101112 1 2 3 4 5 6

2008 2009 2010 2011 2012

Uomini italiani

16.849

7.436

17.645

7.147

19.241

10.950

24.675

11.651

19.890

0

5.000

10.000

15.000

20.000

25.000

30.000

1 2 3 4 5 6 7 8 9 101112 1 2 3 4 5 6 7 8 9 101112 1 2 3 4 5 6 7 8 9 101112 1 2 3 4 5 6 7 8 9 101112 1 2 3 4 5 6

2008 2009 2010 2011 2012

Uomini stranieri

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La crisi ha una evidente connotazione generazionale La crisi mostra, in linea con quanto avviene a livello nazionale ma anche internazionale, una spiccata caratterizzazione generazionale: le perdite occupazionali riguardano, infatti, soprattutto i lavoratori con meno di 29 anni. Da un anno all’altro la dimensione degli occupati varia per effetto di due componenti: la prima legata al numero di persone residenti, la seconda al relativo loro tasso di occupazione. Dall’inizio della crisi ad oggi non è tanto la demografia ad influire negativamente sulla dinamica occupazionale, quanto una marcata flessione della probabilità di trovare lavoro, a causa di una domanda in forte ripiegamento. Grafico 14 OCCUPATI 15-29 Variazioni annuali e contributi delle determinanti

Fonte: elaborazioni IRPET su dati ISTAT - RCFL

In aumento la quota di disoccupazione giovanile, che raddoppia rispetto alla fase precedente la crisi: se misurata con riferimento alla popolazione in età compresa fra i 15 ed i 24 anni passa dal 15% al 30%, mentre raggiunge la cifra del 20% -aumentando di dieci punti- considerando i residenti con meno di 29 anni. In questa fascia d’età crescono anche i cosiddetti NEET (i giovani che non studiano e non lavorano), che salgono nel 2011 al 17% e appaiono in aumento a partire dal 2009, quando costituivano il 13%. Tra questi prevalgono gli inattivi senza esperienze di lavoro e le donne, con una quota più accentuata delle straniere. Grafico 15 TASSO DI DISOCCUPAZIONE GIOVANILE PER CLASSI DI ETÀ

Fonte: elaborazioni IRPET su dati ISTAT - RCFL

-10%

-8%

-6%

-4%

-2%

0%

2%

2009/2008 2010/2009 2011/2010 2012/2011

Demografia Tasso di occupazione Occupati

0%

5%

10%

15%

20%

25%

30%

35%

1 2 3 4 1 2 3 4 1 2 3 4 1 2 3 4 1 2 3 4 1 2 3

2007 2008 2009 2010 2011 2012

15-24 25-34

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Aspettando la ripresa, aumentano i rischi di una crescita della disoccupazione strutturale e del potenziale di lavoro inutilizzato La debolezza del quadro economico aumenta il rischio che la disoccupazione assuma una natura strutturale. In effetti, la nuova fase recessiva della congiuntura economica si accompagna ad una riduzione delle probabilità di uscita dalla disoccupazione. L’analisi delle matrici di transizione tra stati occupazionali mostra, infatti, che la percentuale di disoccupati che a un anno di distanza è ancora in cerca di impiego, oppure inattivo, è passata dal 62% al 66% negli ultimi cinque anni. Il progressivo irrigidirsi delle posizioni all’interno del mercato del lavoro ha quindi determinato un aumento della permanenza media nello stato di disoccupazione, accentuando il fenomeno della disoccupazione di lungo periodo: questa ultima dal 2008 al 2012 passa dal’1,3% al 2,6%, a causa soprattutto del fenomeno dell’“intrappolamento” dei giovani (+2,3 p.p.) e degli stranieri (+3,2 p.p.). Tabella 16 TASSO DI DISOCCUPAZIONE DI LUNGA DURATA Media primi tre trimestri. Valori %

2008 2012

Uomini 0,6 2,0donne 2,1 3,2Giovani 1,4 3,7Adulti 1,2 2,2Italiani 1,3 2,3Stranieri 1,1 4,3TOTALE 1,3 2,6Fonte: elaborazioni IRPET su dati ISTAT - RCFL

Inoltre, il potenziale di lavoro inutilizzato resta nel complesso elevato. Nel grafico sono descritti gli andamenti di tre differenti grandezze: la disoccupazione ufficiale, la disoccupazione auto percepita e quella che include i lavoratori in cassa integrazione e gli scoraggiati. Non solo il potenziale di lavoro inutilizzato è ancora elevato, ma è in crescita la distanza fra il tasso di disoccupazione ufficiale e quelli misurati dagli indicatori alternativi, segno che la situazione del mercato del lavoro è in progressivo deterioramento. Grafico 17 IL POTENZIALE DI LAVORO INUTILIZZATO

Fonte: elaborazioni IRPET su dati ISTAT - RCFL

2%

4%

6%

8%

10%

12%

14%

1 2 3 4 1 2 3 4 1 2 3 4 1 2 3 4 1 2 3 4 1 2 3 4 1 2 3 4 1 2 3

2005 2006 2007 2008 2009 2010 2011 2012

Tasso disoccupazione ufficiale

Tasso ufficiale CIG inclusa e lavoratori scoraggiati

Tasso di disoccupazione secondo la condizione autopercepita

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Lo dimostra anche l’aumento del numero di inattivi più vicini al mercato del lavoro, la cosiddetta “area grigia”, composta da persone non disponibili a lavorare entro 2 settimane e/o non attivamente in cerca di impiego: +4% la variazione tendenziale 2012 su 2011, ma +20% rispetto al 2008. Tra gli inattivi prevale, inoltre, la componente femminile che registra un incremento del 6% tra il 2008 e il 2012, con un margine più ampio rispetto alle regioni del Nord Italia. La crisi acuisce il già noto “effetto scoraggiamento”, con il rischio di allargarsi a quelle fasce di popolazione femminile fino ad oggi attive nel mercato del lavoro, ossia le donne adulte con livelli di istruzione medio-alti. È evidente, pertanto, la crescente sfiducia della popolazione toscana nelle possibilità di trovare un lavoro in una fase economica ancora carica di incertezze, che induce molti disoccupati a rallentare o interrompere i tentativi di ricerca pur desiderando comunque un nuovo impiego. I cambiamenti settoriali fra congiuntura e struttura La scomposizione settoriale della dinamica delle posizioni lavorative (ovvero dei saldi fra avviamenti e cessazioni) evidenzia come la crisi non abbia coinvolto in uguale misura tutti i settori produttivi. Il settore che ha più risentito della crisi economica è come noto quello manifatturiero, insieme alle costruzioni ma anche al commercio, mentre i servizi mantengono pressoché invariate le posizioni aperte di lavoro dipendente precedenti l’avvio della recessione. Grafico 18 POSIZIONI DI LAVORO DIPENDENTE CREATE O DISTRUTTE

Fonte: elaborazioni IRPET su dati SIL, Regione Toscana

Fra i settori che creano nuove posizioni di lavoro dipendente rientrano quelli a gestione prevalentemente pubblica, quali istruzione e sanità, alcuni servizi qualificati, come la ricerca e sviluppo e l’informatica, mentre appartengono al comparto manifatturiero solo la concia, le macchine elettriche e l’industria alimentare (questa ultima comunque in flessione nel’ultimo periodo). In aumento anche le posizioni di lavoro aperte nelle cd. utilities e nei servizi meno avanzati, connessi ad attività di vigilanza.

-30.000 -20.000 -10.000 0 10.000 20.000

Industria

Costruzioni

Commercio

Servizi

Dal 1° luglio 2011 al 30 giugno 2012 Dal 1° luglio 2008 al 30 giugno 2012

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Tabella 19 SETTORI CHE CREANO POSIZIONI DI LAVORO DIPENDENTE

Dal 1° luglio 2008al 30 giugno 2012

Dal 1° luglio 2011 al 30 giugno 2012

Istruzione 8.720 952 Servizi vigilanza 4.296 486 Sanità /servizi sociali 4.009 -591 Concia e pelli 2.421 1.289 Agricoltura, C&P 1.841 -1.544 Attività immobiliari 745 35 Utilities 712 -97 Ricerca & sviluppo 705 316 Ind. alimentari 626 -264 Servizi informatici 582 -376 Credito 525 -190 Macchine elettriche 374 17 Riparazioni e noleggi 281 -237 Fonte: elaborazioni IRPET su dati SIL, Regione Toscana

Quasi tutte le principali attività industriali, dal made in Italy alla metalmeccanica, hanno ridotto i posti di lavoro. Tuttavia il profilo di queste due macro branche evidenzia un andamento differenziato: mentre la metalmeccanica sperimenta una caduta graduale e progressiva, la dinamica del made in Italy mostra una maggiore aderenza al ciclo, con una flessione consistente nella prima fase della crisi a cui segue un più deciso miglioramento, interrotto però dall’incedere della double-dip. Tabella 20 SETTORI CHE DISTRUGGONO POSIZIONI DI LAVORO DIPENDENTE

Dal 1° luglio 2008al 30 giugno 2012

Dal 1° luglio 2011 al 30 giugno 2012

Costruzioni -11.175 -7.889Prod. metallo -7.920 -1.052Legno/mobilio -3.885 -844Servizi turistici -3.598 -5.280Ind. tessile-abb. -2.493 -992Pubblica amm. -2.250 -1.734Comm. ingrosso -2.156 -1.287Oreficeria -1.821 -455Commercio dett. -1.781 -2.614Ind. chimica-plastica -1.776 -571Ind. calzature -1.706 56Apparecchi meccanici -1.679 -225Altri servizi -1.333 -1.245Mezzi di trasporto -1.229 -383Prodotti edilizia -1.155 -240Ind. carta-stampa -1.088 -330Ind. vetro -870 -258Ind. marmo -861 -120Ind. ceramica -804 -90Editoria e cultura -592 -101Comunicazioni e telec. -480 -111Ind. farmaceutica -445 -6Trasporti e magazz. -264 -636Estrattive -246 -60Servizi di pulizia -179 -368Finanza/assicurazioni -91 -135Altro m. Italy -31 8Servizi di noleggio -27 -82Altre industrie -7 15Occhialeria -1 -8Fonte: elaborazioni IRPET su dati SIL, Regione Toscana

Per effetto di queste dinamiche la quota di occupati nel comparto manifatturiero, secondo i dati della Rilevazione Trimestrale delle Forze lavoro, è oggi pari al 17%, mentre era quasi il 30% agli inizi del millennio: rispetto alle regioni del centro nord la nostra regione è sotto di 6-7 punti.

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Affiora quindi l’immagine di una Toscana meno industriale che in passato, senza che nel frattempo la perdita del volume di attività sia stata sufficientemente sostituita da una più elevata qualità delle stesse. È vero che dentro il processo di deindustrializzazione di questi anni non mancano elementi di interesse, come l’emersione di alcuni segmenti avanzati caratterizzati da livelli tecnologici anche elevati e che sono cresciuti negli ultimi tempi più degli stessi comparti delle altre regioni; ma è altrettanto vero che tale crescita è avvenuta in un modo tale da non controbilanciare la minore creazione di valore aggiunto prodotta complessivamente dall’industria. La crisi colpisce tutti i territori Le dimensioni della crisi sono state tali che nessun territorio è stato risparmiato. Tranne che nei sistemi locali di Prato e nel Chianti senese, dove i posti di lavoro sono lievemente cresciuti, il saldo fra avviamenti e cessazioni di rapporti di lavoro dipendente è ovunque negativo. I dati vanno comunque interpretati con cautela, soprattutto nelle realtà a forte incidenza di popolazione straniera, come Prato. Qui, infatti, i valori potrebbero essere fortemente influenzati da fenomeni di emersione di lavoro straniero preesistente, in una misura tale da controbilanciare la riduzione degli autoctoni e rendere solo all’apparenza positivo, o meno gravoso, l’impatto occupazionale complessivo. Quanto al caso del Chianti senese, invece, la tenuta dei posti di lavoro è spiegata dal ruolo che gioca in questa area il settore dell'agricoltura, attività complessivamente in crescita nel quadriennio.  Figura 21 POSIZIONI DILAVORO DIPENDENTE CREATE O DISTRUTTE Variazioni cumulate dal 1° luglio 2008 al 30 giugno 2012. Valori per 1.000 abitanti

Fonte: elaborazioni IRPET su dati SIL, Regione Toscana

Il ruolo dei fenomeni di emersione del lavoro risulta cruciale anche nella lettura dei dati provinciali: al netto del contributo offerto dai lavoratori stranieri, le posizioni di lavoro dipendente si sono ridotte ovunque, anche nella provincia di Prato.  

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Tabella 22 POSIZIONI DI LAVORO DIPENDENTE CREATE O DISTRUTTE PER CITTADINANZA E PROVINCIA Valori assoluti per 1.000 abitanti

Posizioni create o distrutte

1° luglio 2008-30 giugno 2012 Posizioni create o distrutte

1° luglio 2011-30 giugno 2012 Italiani Stranieri TOTALE Italiani Stranieri TOTALE Massa-Carrara -14,4 -1,9 -16,3 -6,0 -1,1 -7,1Lucca -5,7 -1,1 -6,8 -5,8 -1,2 -7,0Pistoia -21,7 1,0 -20,8 -6,9 -0,9 -7,8Firenze -14,1 4,4 -9,7 -6,5 0,0 -6,5Livorno -14,5 -1,5 -16,0 -12,3 -2,7 -15,0Pisa -21,9 -1,2 -23,1 -13,6 -3,0 -16,7Arezzo -19,0 -1,4 -20,4 -8,0 -3,2 -11,1Siena -19,9 -1,8 -21,7 -10,0 -3,7 -13,8Grosseto -18,2 -5,4 -23,6 -20,2 -7,2 -27,5Prato -11,5 28,7 17,2 -5,5 1,9 -3,6TOSCANA -15,7 2,1 -13,6 -8,9 -1,7 -10,7Fonte: elaborazioni IRPET su dati Sil, Regione Toscana

Le imprese in crescita: un numero da cui ripartire La crisi non è uguale per tutti. Vi sono infatti, e troppo spesso si rischia di dimenticarlo, un numero non trascurabile di imprese che hanno avuto in questi anni un saldo occupazionale positivo. Da una prima analisi esplorativa risulta che in Toscana esiste un insieme di imprese, circa 127mila sulle 213mila osservate (60%), che non hanno sperimentato perdite occupazionali; di queste, 66mila hanno registrato un saldo positivo delle posizioni di lavoro e le restanti 61mila hanno rilevato una movimentazione di turnover o di stagionalità a saldo finale nullo. In prevalenza queste imprese si collocano nei settori che hanno registrato un aumento dei posti di lavoro (cfr. Tab. 19), ma non solo: circa un quinto delle imprese che hanno creato nuovi posti di lavoro opera in settori a saldo occupazionale negativo (cfr. Tab. 20). Esiste dunque una certa eterogeneità nei comportamenti delle imprese toscane, che va oltre la performance complessiva del settore di appartenenza e che merita di essere approfondita attraverso analisi specifiche. Le politiche contro la crisi In larga misura la ripresa del mercato del lavoro dipende da una maggiore crescita. Questo significa intervenire sui nodi strutturali che limitano la competitività del nostro sistema produttivo (bassa produttività, scarsa innovazione, elevato costo del lavoro, ecc.), senza trascurare di rilanciare i consumi e gli investimenti per sostenere la domanda. L’obiettivo è non facile da realizzare, specie nel breve periodo e in una fase di rigore dei conti pubblici. Ed è un obiettivo, di natura macro, che spetta al governo nazionale, ma soprattutto all’Europa. Le Regioni possono però, con l’esercizio di adeguate politiche attive e passive, fornire un utile contributo nella protezione dell’occupazione e nel contrasto alla disoccupazione ed inattività. In questi anni il modello di intervento contro la crisi adottato da Regione Toscana ha perseguito tre obiettivi di fondo. Il sostegno all’occupazione Il primo obiettivo è stato quello di sostenere l’occupazione, ampliando il ventaglio di interventi messo in campo fin dall’inizio della crisi, tramite un set mirato di incentivi all’assunzione rivolti alle imprese presenti nel territorio regionale. Giovani, donne, lavoratori

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licenziati e in mobilità, atipici, lavoratori in età avanzata, disabili, sono le figure sociali destinatarie degli interventi a favore delle assunzioni e delle stabilizzazioni, che sono finanziati con risorse del Piano Operativo Regionale FSE, assolutamente essenziali per coprire gli interventi di maggior impatto finanziario. Questa misura è stata rafforzata attivando la “dote del lavoratore”, un pacchetto integrato di agevolazioni per favorire il reinserimento sul lavoro. In questo quadro, per la prima volta è stata offerta alle aziende la possibilità di usufruire della deduzione dell’IRAP per le spese sostenute per i lavoratori che nel 2013 saranno assunti a tempo indeterminato. Altri interventi sono stati operati con il fondo che garantisce ai lavoratori l’anticipo della cassa integrazione straordinaria in situazioni aziendali di grave crisi finanziaria e tramite il fondo per gli atipici, che fornisce garanzie per l’accesso al credito dei lavoratori con contratti di lavoro temporaneo. Il Progetto Giovanisì Particolare attenzione è dedicata alla condizione dei giovani attraverso l’implementazione di politiche volte a migliorarne l’occupabilità e le prospettive lavorative e a ridurne la disoccupazione. Nell’ambito del progetto Giovanisì sono previste specifiche misure volte a favorire l’ingresso e la permanenza dei giovani nel mercato del lavoro, in un’ottica più ampia di sostegno all’autonomia delle giovani generazioni. Tra i principali interventi: - la LR 3/2012, che ha innovato e rafforzato lo strumento dei tirocini, regolamentandone i

vari tipi, al fine di evitarne un uso distorto e di renderlo un’opportunità reale di apprendimento e di inserimento dei giovani nel mondo del lavoro;

- la LR 21/2008, con la quale si è puntato a favorire la creazione di nuove imprese di giovani (ma anche di donne e lavoratori destinatari di ammortizzatori sociali), agevolando l’accesso al credito attraverso lo strumento della garanzia;

- gli incentivi alle imprese per l’assunzione di giovani laureati e dottori di ricerca, che mirano da un lato a sostenere l’occupazione di questo target specifico di lavoratori (che maggiormente risente delle implicazioni de mismatch qualitativo tra le caratteristiche dell’offerta di lavoro e quelle richieste dalla domanda di lavoro) dall’altro ad incentivare le imprese a investire in risorse umane qualificate per potenziare le proprie capacità competitive.

Il ruolo anticiclico degli ammortizzatori sociali La Regione ha infine operato per rafforzare le tutele per i lavoratori a rischio di licenziamento o che hanno terminato la possibilità di accedere agli ammortizzatori sociali previsti dalla normativa a regime, consentendo alle imprese in crisi di gestire con maggiore flessibilità il bacino di lavoratori occupati. Il fulcro di questo intervento è stato assicurare il ricorso alla cassa integrazione in deroga -e la mobilità in deroga per alcune categorie di lavoratori licenziati privi di sostegno al reddito- secondo i termini delle intese tra Stato e Regioni che si sono susseguite dal 2009, e le conseguenti linee guida approvate annualmente a seguito degli accordi quadro tra Regione e parti sociali e istituzionali. Alla complessa gestione del sistema di autorizzazione agli aa.ss. in deroga (oltre 7.000 unità aziendali e circa 38.000 lavoratori coinvolti nel solo 2012) si sono aggiunte anche altre misure, che hanno concorso a contenere l’impatto occupazionale della crisi: la presenza della Regione in un’azione di mediazione, coordinamento e assistenza tecnica ai tavoli di crisi di particolare rilevanza e il supporto alla stipula dei contratti di solidarietà, integrando il reddito dei lavoratori sottoposti a riduzione d’orario. In questo caso i lavoratori per i quali sono state erogate integrazioni al reddito sono stati circa 2.500, per circa 4,2 milioni erogati per periodi del 2012.

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Senza un forte ed esteso ricorso agli ammortizzatori sociali le conseguenze della crisi sarebbero state ben più drammatiche di quelle che occorre fronteggiare oggi, all’inizio del 2013. Nell’ultimo triennio 2010-2012 le gestioni straordinarie e in deroga hanno dominato la scena, a fronte di una tendenziale discesa di quella ordinaria. Nell’ultimo anno la CIG straordinaria (CIGS) diviene la prima tipologia, con il 41,1% delle ore, mentre di poco inferiore risulta la CIGD con una quota del 38,5%. Nettamente inferiore il peso della gestione ordinaria, che scende al 20,4%. L’integrazione delle politiche attive e passive La gestione degli ammortizzatori sociali in deroga nel corso degli ultimi quattro anni ha portato ad una concreta e innovativa applicazione del principio della condizionalità tra politiche attive e passive. La sottoscrizione dei patti di servizio è stata resa condizione vincolante per l’ottenimento del sostegno al reddito e ha assunto un valore giuridico importante, aumentando il grado di responsabilizzazione sia degli attori coinvolti nella programmazione e erogazione delle politiche sia dei destinatari delle politiche attive. Da maggio 2009 si sono presentati ai Centri per l’impiego toscani circa 60mila lavoratori beneficiari di ammortizzatori sociali in deroga che hanno effettuato circa 385mila azioni di politica attiva, ovvero in media 6,4 azioni a lavoratore. L’indagine su due campioni di destinatari di ammortizzatori sociali in deroga (nel 2010 e nel 2011) ha evidenziato un giudizio sostanzialmente positivo rispetto agli interventi di politica attiva ricevuti presso i CPI: circa l’80% è risultato abbastanza o molto soddisfatto. Le politiche per il riposizionamento competitivo delle imprese e una nuova domanda di lavoro La ripresa della domanda di lavoro da parte delle imprese e il ritorno alla crescita dell’occupazione necessitano di un più forte sostegno ai processi di innovazione e al riposizionamento del sistema d’impresa toscano. A tal fine la Regione ha sviluppato nuove iniziative secondo alcune direttrici fondamentali: - interventi di supporto alle piccole e medie imprese per favorirne l’accesso al credito,

tramite fondi rotativi e altri strumenti finanziari: in particolare l’intervento denominato “Emergenza Economia”, tramite due fondi di garanzia, dal 2009 al 2012 ha consentito un flusso di credito pari a circa 1 miliardo 400 milioni di euro;

- il sostegno a ricerca e sviluppo: con la graduatoria del Bando unico 2012 sono stati ammessi a valutazione 231 progetti, di cui 169 finanziati. Nel complesso sono state finora ammesse 404 piccole e medie imprese, 38 grandi imprese e 96 organismi di ricerca; l’investimento complessivo attivato è pari a oltre 130 milioni di euro;

- la creazione dei Distretti tecnologici per favorire il trasferimento di tecnologia: i Distretti, con i Poli di innovazione, concorrono all’integrazione dei soggetti di eccellenza per potenziare qualità e innovazione dell’apparato produttivo;

- interventi per il rafforzamento aziendale tramite la creazione di reti d’impresa, l’accesso a servizi qualificati (laboratori di ricerca industriale ecc.), l’internazionalizzazione;

- il sostegno a nuovi insediamenti d’impresa nel nostro territorio; a tal fine è stato istituito l’Ufficio attrazione d’investimenti presso la Presidenza e promossa una stretta collaborazione tra i Settori regionali, come da direttiva fondamentale del PRSE e della recente Legge sulla competitività (modifiche alla LR 35/2000), che disciplina gli interventi regionali in materia di attività produttive e razionalizza le azioni e la gestione delle risorse volte a favorire la reindustrializzazione dei territori;

- l’avvio della riforma del sistema regionale della formazione professionale, per elevare la qualità dei processi formativi e favorire una maggiore aderenza ai fabbisogni del sistema produttivo.