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Quarant'anni di studi sugli astronauti hanno dimostrato che il volo spaziale mette a dura prova l'organismo umano, provocando malattie come l'osteoporosi e l'anemia e indebolendo la muscolatura di Ronald J. White Q uando Valerij Poljakov scese, in buone condizioni di salute, dalla capsula Soyuz il 22 marzo 1995, dopo aver stabilito il record mondiale di permanenza nello spazio - avendo trascorso 438 giorni sulla stazione spaziale Mir - si ebbe la chiara dimostrazione che l'uomo può vivere e lavorare in orbita per mesi. Che questo fosse possibile era tutt'altro che scontato. Nel 1951, più di 10 anni prima del volo pionieristico di Ju- rij Gagarin (durato solo 108 minuti), «Scientific American» aveva pubblicato un articolo di Heinz Haber della US Air Force School of Aviation Medicine che anticipava molti de- gli effetti del volo spaziale e, in particolare, dell'assenza di gravità sulla salute umana. Alcune delle sue previsioni, come il manifestarsi di chinetosi all'inizio del volo, sono state veri- ficate, mentre altre, come l'idea che gli astronauti dovessero avere la sensazione di venire spinti avanti e indietro o che co- minciassero a ruotare su se stessi durante il moto nello spa- zio, sono risultate infondate. Come qualunque medico può attestare, è difficile prevede- re che cosa può accadere quando il corpo umano viene posto in una situazione mai sperimentata prima. Più di una volta, il volo spaziale ha evidenziato la straordinaria adattabilità del nostro organismo. Ma solo in questi ultimi anni abbiamo co- minciato a comprendere le risposte del corpo umano all'as- senza di gravità grazie all'esperienza di quasi 700 individui che hanno trascorso un totale di 58 anni-persona nello spazio. Questa massa di informazioni si sta ora dimostrando utile non solo agli astronauti: la medicina spaziale ha infatti con- sentito di comprendere meglio il funzionamento del corpo umano sulla Terra. Come viene avvertita la gravità Sebbene i fattori che influiscono sulla salute umana duran- te il volo spaziale siano molti, l'assenza di gravità è quello predominante. I suoi effetti diretti e indiretti danno origine a una cascata di risposte intercorrelate che partono da tre diver- si tipi di tessuto: recettori di gravità, fluidi e strutture che so- stengono il peso. Il risultato finale è una reazione dell'intero organismo, dalle ossa al cervello. Quando gli astronauti si aggrappano alla parete del loro veicolo per spostarsi avanti o indietro, hanno l'impressione di rimanere fermi mentre la navicella si muove. Il motivo di ciò è che dipendiamo dalla gravità per interpretare le informazio- ni percettive. La natura pervasiva e continua della gravità fa sì che ce ne accorgiamo solo di tanto in tanto, per esempio Nell'immagine qui a fianco, l'astronauta Gregory Harbaugh (di spalle) trasporta il collega Mario Runco in una prova di mobilità extraveicolare eseguita durante la missione della na- vicella Endeavour, che si svolse tra il 13 e il 19 gennaio 1993. L'assenza di peso nello spazio ha effetti piuttosto spiacevoli, quali mal di moto, congestione del capo e deterioramento del tessuto osseo. quando soffriamo di vene varicose o di occasionali capogiri; ma il nostro corpo non se ne dimentica mai. Consciamente o no, abbiamo evoluto un numero enorme di reazioni automati- che per fronteggiare lo stress costante di vivere in un mondo in cui l'attrazione è diretta verso il basso. Solo quando la for- za di gravità che agisce effettivamente sull'organismo au- menta o diminuisce riusciamo a percepirla consciamente; al- trimenti la nostra percezione è indiretta. I sensi ci forniscono informazioni precise sulla localizza- zione del nostro baricentro e sulla posizione relativa delle membra. Questa capacità integra segnali provenienti dagli occhi e dalle orecchie con altre informazioni che giungono dagli organi vestibolari dell'orecchio interno, dai muscoli e dalle articolazioni e dal senso del tatto. Molti di questi segna- li dipendono dall'intensità e dalla direzione della forza gravi- tazionale terrestre. L'apparato vestibolare dell'orecchio interno ha due com- ponenti distinte: i canali semicircolari (tre cavità perpendico- lari tra loro ripiene di fluido, che contengono cellule ciliate connesse con le fibre nervose), i quali sono sensibili all'acce- lerazione angolare del capo; e gli otoliti (due sacche conte- nenti cristalli di carbonato di calcio immersi in un gel), che rispondono all'accelerazione lineare. Dato che è il movimen- to dei cristalli negli otoliti a generare il segnale di accelera- zione che va al cervello, e dato che le leggi fisiche correlano questa accelerazione a una forza netta, la gravità è sempre implicita nel segnale. Per questo motivo gli otoliti sono stati denominati recettori di gravità. Tuttavia non sono gli unici: recettori meccanici situati nei muscoli, nei tendini e nelle ar- ticolazioni - oltre che recettori di pressione nella cute, soprat- tutto nella pianta dei piedi - rispondono al peso degli arti e di altre parti del corpo. Eliminare la gravità trasforma questi segnali. Gli otoliti non percepiscono più una preferenza verso il basso nei movi- menti del capo. Gli arti non hanno più peso, e perciò i musco- li non sono costretti a contrarsi e rilassarsi nel modo usuale per mantenere la postura e produrre i movimenti. I recettori del tatto e della pressione situati nei piedi e nelle caviglie non indicano più la direzione verso il basso. Queste e altre altera- zioni contribuiscono alle illusioni dell'orientamento visivo e alla sensazione che il corpo o il veicolo spaziale si riorientino spontaneamente. Nel 1961 il cosmonauta German Titov riferì la vivida sensazione di trovarsi a testa in giù all'inizio di un volo spaziale durato solo un giorno. Nel 1997 uno degli astronauti dello shuttle, Byron K. Lichtenberg, commentando le sue prime esperienze di volo disse: «Quando i motori prin- cipali si sono spenti, ho avuto immediatamente l'impressione di ruotare di 180 gradi». Queste illusioni possono ripresentar- si anche dopo che si è trascorso qualche tempo nello spazio. Anche l'assenza di altri stimoli sensoriali critici disorienta il cervello. Sebbene il volo orbitale sia una caduta libera inin- terrotta - l'unica differenza rispetto al paracadutismo è che la velocità in avanti del veicolo genera una traiettoria curva in- torno al pianeta - gli astronauti non hanno la sensazione di cadere. Quest'ultima percezione dipende probabilmente da LE SCIENZE n. 363, novembre 1998 57

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Quarant'anni di studi sugli astronauti hanno dimostrato che il volospaziale mette a dura prova l'organismo umano, provocando

malattie come l'osteoporosi e l'anemia e indebolendo la muscolatura

di Ronald J. White

Q

uando Valerij Poljakov scese, in buone condizioni disalute, dalla capsula Soyuz il 22 marzo 1995, dopoaver stabilito il record mondiale di permanenza nello

spazio - avendo trascorso 438 giorni sulla stazione spazialeMir - si ebbe la chiara dimostrazione che l'uomo può vivere elavorare in orbita per mesi. Che questo fosse possibile eratutt'altro che scontato.

Nel 1951, più di 10 anni prima del volo pionieristico di Ju-rij Gagarin (durato solo 108 minuti), «Scientific American»aveva pubblicato un articolo di Heinz Haber della US AirForce School of Aviation Medicine che anticipava molti de-gli effetti del volo spaziale e, in particolare, dell'assenza digravità sulla salute umana. Alcune delle sue previsioni, comeil manifestarsi di chinetosi all'inizio del volo, sono state veri-ficate, mentre altre, come l'idea che gli astronauti dovesseroavere la sensazione di venire spinti avanti e indietro o che co-minciassero a ruotare su se stessi durante il moto nello spa-zio, sono risultate infondate.

Come qualunque medico può attestare, è difficile prevede-re che cosa può accadere quando il corpo umano viene postoin una situazione mai sperimentata prima. Più di una volta, ilvolo spaziale ha evidenziato la straordinaria adattabilità delnostro organismo. Ma solo in questi ultimi anni abbiamo co-minciato a comprendere le risposte del corpo umano all'as-senza di gravità grazie all'esperienza di quasi 700 individuiche hanno trascorso un totale di 58 anni-persona nello spazio.Questa massa di informazioni si sta ora dimostrando utilenon solo agli astronauti: la medicina spaziale ha infatti con-sentito di comprendere meglio il funzionamento del corpoumano sulla Terra.

Come viene avvertita la gravitàSebbene i fattori che influiscono sulla salute umana duran-

te il volo spaziale siano molti, l'assenza di gravità è quellopredominante. I suoi effetti diretti e indiretti danno origine auna cascata di risposte intercorrelate che partono da tre diver-si tipi di tessuto: recettori di gravità, fluidi e strutture che so-stengono il peso. Il risultato finale è una reazione dell'interoorganismo, dalle ossa al cervello.

Quando gli astronauti si aggrappano alla parete del loroveicolo per spostarsi avanti o indietro, hanno l'impressione dirimanere fermi mentre la navicella si muove. Il motivo di ciòè che dipendiamo dalla gravità per interpretare le informazio-ni percettive. La natura pervasiva e continua della gravità fasì che ce ne accorgiamo solo di tanto in tanto, per esempio

Nell'immagine qui a fianco, l'astronauta Gregory Harbaugh(di spalle) trasporta il collega Mario Runco in una prova dimobilità extraveicolare eseguita durante la missione della na-vicella Endeavour, che si svolse tra il 13 e il 19 gennaio 1993.L'assenza di peso nello spazio ha effetti piuttosto spiacevoli,quali mal di moto, congestione del capo e deterioramento deltessuto osseo.

quando soffriamo di vene varicose o di occasionali capogiri;ma il nostro corpo non se ne dimentica mai. Consciamente ono, abbiamo evoluto un numero enorme di reazioni automati-che per fronteggiare lo stress costante di vivere in un mondoin cui l'attrazione è diretta verso il basso. Solo quando la for-za di gravità che agisce effettivamente sull'organismo au-menta o diminuisce riusciamo a percepirla consciamente; al-trimenti la nostra percezione è indiretta.

I sensi ci forniscono informazioni precise sulla localizza-zione del nostro baricentro e sulla posizione relativa dellemembra. Questa capacità integra segnali provenienti dagliocchi e dalle orecchie con altre informazioni che giungonodagli organi vestibolari dell'orecchio interno, dai muscoli edalle articolazioni e dal senso del tatto. Molti di questi segna-li dipendono dall'intensità e dalla direzione della forza gravi-tazionale terrestre.

L'apparato vestibolare dell'orecchio interno ha due com-ponenti distinte: i canali semicircolari (tre cavità perpendico-lari tra loro ripiene di fluido, che contengono cellule ciliateconnesse con le fibre nervose), i quali sono sensibili all'acce-lerazione angolare del capo; e gli otoliti (due sacche conte-nenti cristalli di carbonato di calcio immersi in un gel), cherispondono all'accelerazione lineare. Dato che è il movimen-to dei cristalli negli otoliti a generare il segnale di accelera-zione che va al cervello, e dato che le leggi fisiche correlanoquesta accelerazione a una forza netta, la gravità è sempreimplicita nel segnale. Per questo motivo gli otoliti sono statidenominati recettori di gravità. Tuttavia non sono gli unici:recettori meccanici situati nei muscoli, nei tendini e nelle ar-ticolazioni - oltre che recettori di pressione nella cute, soprat-tutto nella pianta dei piedi - rispondono al peso degli arti e dialtre parti del corpo.

Eliminare la gravità trasforma questi segnali. Gli otolitinon percepiscono più una preferenza verso il basso nei movi-menti del capo. Gli arti non hanno più peso, e perciò i musco-li non sono costretti a contrarsi e rilassarsi nel modo usualeper mantenere la postura e produrre i movimenti. I recettoridel tatto e della pressione situati nei piedi e nelle caviglie nonindicano più la direzione verso il basso. Queste e altre altera-zioni contribuiscono alle illusioni dell'orientamento visivo ealla sensazione che il corpo o il veicolo spaziale si riorientinospontaneamente. Nel 1961 il cosmonauta German Titov riferìla vivida sensazione di trovarsi a testa in giù all'inizio di unvolo spaziale durato solo un giorno. Nel 1997 uno degliastronauti dello shuttle, Byron K. Lichtenberg, commentandole sue prime esperienze di volo disse: «Quando i motori prin-cipali si sono spenti, ho avuto immediatamente l'impressionedi ruotare di 180 gradi». Queste illusioni possono ripresentar-si anche dopo che si è trascorso qualche tempo nello spazio.

Anche l'assenza di altri stimoli sensoriali critici disorientail cervello. Sebbene il volo orbitale sia una caduta libera inin-terrotta - l'unica differenza rispetto al paracadutismo è che lavelocità in avanti del veicolo genera una traiettoria curva in-torno al pianeta - gli astronauti non hanno la sensazione dicadere. Quest'ultima percezione dipende probabilmente da

LE SCIENZE n. 363, novembre 1998 57

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Gli occhi sono gli unici organiche continuano a percepireil movimento

La ridistribuzione dei fluidicausa congestione cranicae fa gonfiare la faccia

Gli otoliti dell'orecchio internorispondono in maniera diversaal movim nto

La diversa stimolazioneesterna confonde il cervellocausando disorientamento

La perdita di plasma ganguignocrea anemia temporaneaal ritorno sulla Terra

Ossa e muscoli si deterioranoper la mancanza di peso

L'ultrafiltrazione renale aumenta;la perdita di tessuto osseopuò causare calcolosi renale

La ridistribuzione dei fluidirende più sottili le gambe

I sensori del tatto e della pressionenon avvertono più la spintaverso il basso

LE SCIENZE n. 363, novembre 1998 59

"g

o

8'

L'eccesso di radiazioni aumentail rischio di cancro

Lo stress compromette la funzionalitàdel sistema immunitario

<0 mmHg

o

100 mmHg

stimoli visivi e dallo scorrimento del-l'aria, oltre che da informazioni forni-te direttamente dai recettori di gravi-tà. Ciò contraddice una previsione fat-ta nel 1950 da Haber e dal suo collegaOtto H. Gauer: «In assenza di gravitànello spazio deve esservi necessaria-mente una sensazione di caduta. Si pre-vede che sia possibile abituarsi a questostato».

Tutto questo insieme di alterazionidei segnali provoca, in oltre metà di co-loro che compiono un volo spaziale, unachinetosi che comprende molti dei sinto-mi delle normali chinetosi che si mani-festano sulla Terra: dolori al capo, diffi-coltà di concentrazione, perdita dell'ap-petito, nausea e mal di stomaco. Nellospazio di solito questi disturbi non per-durano al di là dei primi tre giorni circapassati in assenza di gravità, ma una sin-drome non dissimile è stata riferita dacosmonauti al termine di lunghi voli.

Un tempo gli scienziati attribuivanola chinetosi spaziale a un'insolita atti-vità vestibolare che entrava in conflittocon le aspettative del cervello. Ora èchiaro che una simile spiegazione èsemplicistica. La chinetosi deriva da uninsieme di fattori, fra i quali l'alterazio-ne dei tipi e dei livelli di attività moto-ria necessaria per controllare la posi-zione del capo. Disturbi del tutto analo-ghi possono essere indotti dagli am-bienti virtuali creati col computer, dovemancano le forze e gli stimoli sensoria-li presenti durante un moto reale.

Con il tempo, il cervello si adatta ainuovi segnali, e per alcuni astronauti«verso il basso» diventa semplicemente

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la direzione dei piedi.L'adattamento probabil-mente comporta modifica-zioni fisiologiche, sia neirecettori sia negli sche-mi di attività delle cellu-le nervose. Cambiamentidi questo tipo avvengonosulla Terra durante la cre-scita dell'organismo, non-ché in caso di marcata va-riazione del peso corpo-reo. Il modo in cui con-trolliamo l'equilibrio edevitiamo le cadute è unaspetto importante e nondel tutto conosciuto dellanostra fisiologia. L'espe-rienza dei soggetti per ilresto sani che tornandodallo spazio hanno diffi-coltà a mantenere l'equi-librio, ma recuperano ra-pidamente questa capa-cità, potrebbe dimostrarsiutile per coloro che sof-frono di disturbi dell'e-quilibrio sulla Terra.

Bernard Cohen della Mount SinaiSchool of Medicine e Gilles Clémentdel CNRS di Parigi hanno intrapresouno studio di questo tipo dopo la mis-sione Neurolab sullo shuttle, conclusasiil 3 maggio 1998. Per applicare i risul-tati di questo lavoro a pazienti affetti dadisordini dell'equilibrio, Barry W. Pe-terson della Northwestern University eun gruppo di ricercatori, con il soste-gno della NASA e dei National Institu-tes of Health, stanno creando il primomodello al calcolatore dell'intero corpoumano che permetta di simulare il con-trollo della postura e dell'equilibrio.

Raffreddori spazialiUna seconda serie di effetti dell'as-

senza di peso riguarda i fluidi corporei.Entro pochi minuti dall'ingresso in unambiente a microgravità, le vene delcollo cominciano a inturgidirsi e il visodiventa gonfio e tondeggiante. La mi-grazione di fluidi verso il torace e il ca-po provoca congestione dei seni fronta-li e delle cavità nasali. Questo effetto,molto simile a quello prodotto da unraffreddore, continua per tutto il volo,tranne che nei periodi di intenso eserci-zio fisico, allorché la variazione dellapressione dei fluidi nell'organismo al-levia temporaneamente la congestione.Anche i sensi del gusto e dell'olfattosono alterati; solo il cibo speziato man-tiene la propria appetibilità. Ai primor-di dei voli spaziali i medici temevanoche la congestione toracica potesse es-sere pericolosa, proprio come un edemapolmonare è un rischio per i cardiopatici;

fortunatamente si è visto che non è così.Tutti questi fenomeni si manifestano

perché i fluidi organici hanno perso il lo-ro peso. In media, circa il 60 per centodel peso di una persona è costituito daacqua, contenuta nelle cellule dell'orga-nismo (fluido intracellulare), nelle arte-rie e nelle vene (plasma sanguigno) e ne-gli spazi compresi fra i vasi sanguigni ele cellule (fluido interstiziale). Sulla Ter-ra, quando un individuo si alza in piedi,il peso dell'acqua esercita una pressionein tutto l'organismo. Nel sistema vasco-lare la pressione sanguigna aumentaidrostaticamente, proprio come nell'ac-qua la pressione cresce con la profon-dità. Per un individuo fermo in posizioneeretta questo effetto idrostatico può esse-re rilevante. Nei piedi, la pressione arte-riosa e venosa può aumentare di circa100 millimetri di mercurio, ossia il dop-pio della normale pressione arteriosa emolte volte di più della normale pressio-ne venosa. Nelle regioni del corpo com-prese fra i piedi e il cuore la pressionepassa da zero a 100 millimetri di mercu-rio. Al di sopra del cuore, la pressionearteriosa e quella venosa diventano infe-riori alla pressione atmosferica.

L'effetto idrostatico ha solo una leg-gera influenza sul flusso del sangue at-traverso i tessuti perché la pressione ar-teriosa e quella venosa aumentano dellastessa quantità. Esso influisce però sulladistribuzione dei liquidi nell'organismo,accrescendo la quantità di sangue chefiltra dai capillari allo spazio interstizia-le. Se si passa da una posizione distesa auna eretta, i liquidi si spostano nella par-te inferiore dell'organismo e il riflussodel sangue verso il cuore risulta ridotto.Se mantenuta a lungo, una posizioneeretta può provocare svenimenti, comeaccade a soldati rimasti sull'attenti pertroppo tempo. Due altri effetti idrostaticisono la formazione di varici, che si haquando i vasi sono permanentementedeformati da un eccesso di liquido, e ilgonfiore alle gambe che compare quan-do si è rimasti seduti a lungo.

Nello spazio, la pressione idrostaticascompare, facendo sì che i liquidi si ridi-stribuiscano naturalmente dalla parte in-feriore a quella superiore del corpo. Mi-surazioni dirette del volume degli artiinferiori dimostrano che ogni gambaperde circa un litro di liquido - più o me-no un decimo del suo volume - nel pri-mo giorno. Gli arti inferiori rimangonopiù piccoli del normale per tutto il tem-po trascorso nello spazio. (Anzi, i liquidicominciano a spostarsi verso il capomentre gli astronauti sono ancora sullarampa di lancio, dato che i seggiolini sucui essi siedono per diverse ore li co-stringono a tenere i piedi alzati al di so-pra della testa.) Via via che i liquidi sispostano, l'organismo si adatta ridistri-

buendo ulteriormente acqua fra i suoivari comparii. Il volume del plasma de-cresce rapidamente (di quasi il 20 percento) e rimane basso.

Questi spostamenti di liquidi a lorovolta danno inizio a una cascata di pro-cessi, a livello renale, ormonale e mec-canico, che regolano i livelli di fluido edi elettroliti. Per esempio, la velocità difiltrazione dei reni, normalmente stabile,aumenta quasi del 20 per cento e rimanea questo livello per la prima settimanatrascorsa nello spazio. Oltre a ciò, i volispaziali, anche di breve durata, provoca-no una particolare forma di anemia. Ne-gli ultimi anni, Clarence Alfrey del Bay-lor College of Medicine ha dimostratoche la riduzione del plasma e il conco-mitante decremento dello spazio vasco-lare portano a sovrabbondanza di globu-li rossi. L'organismo reagisce bloccandola produzione di nuovi globuli rossi e di-struggendo quelli appena sintetizzati: si

tratta di un meccanismo che era sfuggitoagli ematologi prima delle ricerche diAlfrey sugli astronauti.

Una terza serie di effetti causati dal-l'assenza di gravità riguarda i muscoli ele ossa. Coloro che trascorrono nellospazio periodi di tempo anche breviperdono massa in entrambi i tessuti. Èun fenomeno preoccupante?

In condizioni di microgravità le forzeche agiscono all'interno degli elementistrutturali del corpo si modificano dra-sticamente. Dato che la colonna verte-brale non è più compressa, la statura au-menta di circa 5 centimetri. Polmoni,cuore e altri organi toracici non hannopeso, e di conseguenza il costato e il to-

race si rilassano e si espandono. Cosìpure, scompare il peso di fegato. milza,reni, stomaco e intestino.

Nel contempo, muscoli e ossa co-minciano a essere utilizzati in modi di-versi. I muscoli scheletrici, che sono iltessuto più esteso dell'organismo, si so-no evoluti per mantenere la posizioneeretta e per muovere le varie parti delcorpo. Ma nello spazio i muscoli che aterra hanno la funzione di opporsi allagravità non sono più necessari per que-sto scopo; inoltre i muscoli che si sfrut-tano per muoversi nell'abitacolo di unveicolo spaziale non sono gli stessi chevengono impegnati se si cammina lun-go un corridoio. La conseguenza di ciò

La pressione idrostatica nei vasi sanguigni variadrasticamente quando si assume la posizione eretta.La pressione aumenta progressivamente al di sottodel cuore, raggiungendo i 100 millimetri di mercurio(mmHg) in una persona di statura media; al di so-pra del cuore, la pressione si riduce. Di conseguenza,i liquidi organici tendono a raccogliersi nella parteinferiore del corpo e il riflusso del sangue diminui-sce. Viceversa, in posizione distesa (o in assenza digravità) la pressione si eguaglia in tutto il corpo e iliquidi affluiscono verso il capo.

Effetti dell'assenza di peso sull'organismo

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La posizione distesa imita l'assenza di gravitànei suoi effetti sul corpo umano. Presso l'AmesResearch Center della NASA alcuni volontarigiacciono su lettini con il capo più basso dei pie-di e il corpo che forma un angolo di sei gradi:una posizione che, in capo a qualche settimana,non è comoda quanto si potrebbe pensare. I li-quidi fluiscono dagli arti inferiori verso il capo,i muscoli si atrofizzano e le ossa tendono a inde-bolirsi. I soggetti provano poi vari esercizi, dietee farmaci per il recupero della funzionalità. Se-duto a destra è l'astronauta Charles Brady, cheeseguì test medici durante una missione Space-lab avvenuta nel 1996.

è che alcuni muscoli si atrofizzano ra-pidamente. Nello stesso tempo, si alterala natura del muscolo stesso, che passada fibre a contrazione lenta utili per ilsostegno in opposizione alla gravità afibre a contrazione più veloce, adatte auna reazione rapida. Nessuna di questealterazioni pone problemi agli astro-nauti fino a che si limitano a lavori leg-geri. Si stanno però effettuando intensericerche sperimentali per impedire l'a-trofia dei muscoli impiegati in sforzisostenuti durante le «passeggiate» nellospazio e per salvaguardare l'integritàmuscolare in vista del ritorno a Terra.

Anche il metabolismo osseo cambiasostanzialmente. L'osso, uno dei mate-riali biologici più resistenti che si cono-scano, è un tessuto dinamico. Particolaricellule, gli osteoblasti, hanno il compitodi produrre tessuto osseo, mentre altre,gli osteoclasti, servono a distruggerlo. Idue tipi di cellule di solito cooperanoper far sì che le ossa vengano continua-mente reintegrate nel corso della vita.Questi sistemi cellulari sono sensibili avari ormoni e vitamine presenti nel san-gue e agli stress meccanici che si eserci-tano sull'osso.

Quest'ultimo contiene sia materialiorganici, che contribuiscono alla resi-stenza e alla stabilità, sia materiali inor-ganici che conferiscono rigidità e fun-gono da riserva di minerali per l'orga-nismo. Per esempio, il 99 per cento delcalcio nell'organismo è immagazzinatonello scheletro. Livelli stabili di calcio

nei fluidi organici sono neces-sari per il normale funziona-mento di tutte le cellule.

Studi congiunti russo-ame-ricani hanno dimostrato chenei cosmonauti si è avuta per-dita di tessuto osseo a livellodelle vertebre inferiori, del ba-cino e della parte alta del fe-more nella misura dell'uno percento circa al mese per tutta ladurata della missione. Vi sonotaluni siti dell'organismo, co-me l'osso del tallone, che per-dono calcio ancora più veloce-mente. Studi sugli animali chehanno volato nello spazio indi-cano che anche la sintesi deltessuto osseo è rallentata.

Questi dati appaiono moltopreoccupanti. Durante un volospaziale, la perdita di tessutoosseo alza i livelli di calcio nel-l'organismo, favorendo la for-mazione di calcoli renali e lacalcificazione dei tessuti molli.Quando si torna a terra, il dete-rioramento del tessuto osseocessa entro un mese, ma nonsappiamo se il recupero possaessere completo: la casistica di

individui che hanno compiuto lunghepermanenze nello spazio è ancora trop-po ridotta. Il deterioramento osseo po-trebbe essere in parte irreversibile, il chepredisporrebbe gli ex astronauti a frattu-re. Una missione Spacelab del 1996 fuin parte dedicata a questi problemi: un

Energici esercizi fisici protratti perverse ore costituiscono una parte nor-male del lavoro quotidiano degli astro-nauti. In questa foto ripresa sullo shut-tle Atlantis nel 1991, Terence T. Hen-ricks fa esercizi, mentre Mario Runco,Jr., collegato a sensori medici, attendesul ponte. Sebbene questi accorgimentiriescano a ritardare l'atrofia muscola-re, la loro efficacia non è ancora chia-ramente stabilita.

gruppo di italiani, svedesi, svizzeri e sta-tunitensi compì otto esperimenti sullealterazioni muscolari e ossee.

Queste incertezze riflettono il fattoche le nostre conoscenze sul funziona-mento dell'organismo a Terra sono in-complete. Per esempio, molte donne do-po la menopausa soffrono di osteoporo-si: si sa che in questa patologia possonoessere coinvolti diversi fattori (attivitàfisica, alimentazione, livelli di vitaminee ormoni), ma non è ancora chiaro comeessi agiscano e interagiscano. Questacomplessità rende difficile mettere apunto terapie appropriate. La stessa cosaè vera per la perdita di tessuto osseo chesi ha negli astronauti: finora sono statitentati vari tipi di esercizi fisici (si vedal'articolo Sei mesi sulla Mir di ShannonW. Lucid in «Le Scienze» n. 359, luglio1998), ma con risultati non particolar-mente brillanti.

Firh. cortoDisorientamento, ridistribuzione dei

liquidi e deterioramento muscolare eosseo non sono le uniche conseguenzedell'assenza di gravità. Un esempio de-gli altri organi interessati direttamenteo indirettamente è il polmone.

John B. West e il suo gruppo dell'U-niversità della California a San Diego,insieme con Manuel Paiva della LiberaUniversità di Bruxelles, hanno studiatoil comportamento del polmone nellospazio, ottenendo molti dati che non sisarebbero potuti ottenere in un laborato-rio terrestre. Sulla Terra l'andamento delflusso d'aria e della circolazione sangui-gna nella parte superiore e inferiore delpolmone è differente. Ma questi anda-menti sono dovuti solo alla gravità o an-che alla natura del polmone stesso? Solodi recente gli studi compiuti nello spaziohanno dimostrato che la seconda rispo-sta è quella esatta.

Non tutti i fenomeni fisiologici cheavvengono durante i voli spaziali sonocausati dall'assenza di gravità. Pure col-piti, per esempio, sono il sistema immu-nitario (a causa probabilmente deglistress fisici e psicologici del volo spa-ziale) e i vari sistemi responsabili dellaquantità e qualità del sonno (perturbatidai livelli di illuminazione e dai turni dilavoro nello spazio). Se si guarda fuoridall'oblò appena prima di coricarsi(azione difficile da evitare, data la bel-lezza del panorama), l'occhio può rice-vere luce brillante in quantità sufficienteper indurre una risposta fisiologica erra-ta, che causa insonnia. Con il tempo, ildebito di sonno può accumularsi.

Nei lunghi viaggi gli astronauti de-vono anche far fronte al confinamentoin uno spazio ristretto, da cui è impos-sibile uscire, all'isolamento dalla vita

60 LE SCIENZE n. 363, novembre 1998

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normale e alla coabitazione forzata conun ristretto gruppo di persone. Questecondizioni possono provocare ansia, in-

. sonnia, depressione, tensioni tra i mem-bri dell'equipaggio che possono influi-re sugli astronauti tanto quanto l'assen-za di gravità.

Infine, i voli spaziali comportano e-sposizione a elevati livelli di radiazioni.

John Glenn, ex astronauta oggi senato-re, è ritratto mentre esce da un modellodello shuttle nel 1989. Glenn ha compiu-to nello scorso mese di ottobre un volo abordo dello shuttle Discovery. Alcuni ef-fetti clinici della permanenza nello spa-zio, come la cattiva qualità del sonno,assomigliano ai sintomi dell'invecchia-mento; Glenn, oggi settantasettenne, hapartecipato a esperimenti sul sonno.

Un astronauta che trascorra un anno inun'orbita terrestre bassa moderatamenteinclinata riceverebbe una dose di radia-zioni 10 volte superiore a quella chegiunge mediamente a terra. Una perma-nenza di un anno sulla Luna comporte-rebbe una dose sette volte più elevata, eun viaggio verso Marte sarebbe ancorapiù rischioso. Improvvise «eruzioni» diparticelle dal Sole, come quella dell'a-gosto 1972, possono comportare, in me-no di un giorno, una dose oltre 1000volte superiore a quella media annua-le sulla Terra. Fortunatamente questieventi sono rari e i progettisti possonomunire i veicoli spaziali di speciali zoneschermate nelle quali gli astronauti pos-sano trovare temporaneamente riparo.

È ovvio che il pericolo delle radiazio-ni nei viaggi spaziali di lunga durata - eil conseguente rischio di cancro - sia al-larmante. Il problema dell'esposizione aradiazioni è difficile da studiare perché èquasi impossibile replicare sulla Terral'ambiente spaziale, con il suo non in-gente ma costante flusso di raggi cosmi-ci di alta energia. Nonostante ciò, gliscienziati generalmente ritengono checon opportune schermature e farmaciprotettivi i rischi possano essere ridotti alivelli accettabili.

Tornando a TerraQuando gli astronauti tornano in un

ambiente a gravità normale, avvengonoalterazioni complementari a quelle veri-ficatesi durante il volo. Se gli effetti del-l'assenza di gravità fossero completa-mente reversibili, tutti i parametri fisio-logici dovrebbero riportarsi alla norma-lità una volta tornati a terra. Oggi sap-piamo che la maggior parte dei sistemidell'organismo funziona reversibilmen-te, almeno negli intervalli di tempo suiquali possediamo dati; non è certo, però,che questa sia una regola generale.

Gli astronauti certamente provano di-sagio nell'avvertire gli effetti della gra-vità durante e subito dopo la discesa.Molti di essi riferiscono di provare stra-ne illusioni - per esempio, se muovonola testa hanno l'impressione che sia il lo-ro ambiente a muoversi - e tendono aondeggiare quando cercano di stare eret-ti, con gli occhi sia aperti sia chiusi.

La maggior parte dei sistemi dell'or-ganismo ritorna alla normalità entro po-chi giorni o settimane dall'atterraggio,con la possibile eccezione del sistemamuscolo-scheletrico. Finora niente indi-ca che l'uomo non possa vivere e lavo-rare nello spazio per lunghi periodi e poitornare sulla Terra conducendovi un'esi-stenza normale. Questa è evidentementeuna buona notizia per l'equipaggio dellafutura International Space Station e dieventuali missioni interplanetarie. In ef-fetti la stazione, il cui assemblaggio do-vrebbe iniziare alla fine del 1998 o all'i-nizio del 1999, fornirà ai ricercatori unanuova opportunità per indagare gli effet-ti sull'uomo della permanenza nello spa-zio. Al suo completamento, previsto fracinque anni, la stazione avrà un volumeabitabile cinque volte maggiore di quel-lo delle stazioni Mir e Skylab e recherà abordo sofisticati strumenti di laboratorioper studi medici. Riconoscendo la ne-cessità di un'analisi esauriente di tutti i

potenziali rischi associati a lunghe per-manenze nello spazio, la NASA ha isti-tuito e finanziato uno speciale ente di ri-cerca, il National Space Biomedical Re-search Institute, allo scopo di definire edi prevenire questi rischi.

Molti dei cambiamenti «normali» cheavvengono in individui sani durante osubito dopo un volo spaziale sono este-riormente simili a eventi «anomali» chesi manifestano sulla Terra in chi soffredi alcune patologie. Per esempio la mag-gior parte degli astronauti, subito dopol'atterraggio, presenta intolleranza orto-statica: ossia non è in grado di rimanerein piedi immobile per 10 minuti senzasentirsi svenire. Questo problema è co-mune anche a coloro che hanno dovutorestare coricati per lungo tempo e ad al-cuni anziani. Una prolungata degenza aletto provoca anche deterioramento mu-scolare e osseo: il parallelo è così strettoche una lunga permanenza a letto vieneusata per simulare gli effetti del volospaziale.

Altre alterazioni funzionali dell'etàavanzata sembrano corrispondere acambiamenti provocati dai voli spazia-li. L'ondeggiamento caratteristico chesegue l'atterraggio ricorda da vicino lafacilità alle cadute degli anziani; la per-dita di tessuto osseo nello spazio è ana-loga all'osteoporosi legata all'età; im-munodeficienza, cattiva qualità delsonno e perdita di coordinazione moto-ria affliggono sia gli astronauti sia glianziani. Sebbene il parallelismo deisintomi non implichi quello delle cau-se, i dati sono così eloquenti che nel1989 la NASA e il National Institute onAging hanno iniziato una collaborazio-ne di ricerca. Il volo, avvenuto nelloscorso ottobre, del senatore dell'OhioJohn Glenn, l'astronauta più anzianonella storia dell'esplorazione dello spa-zio, dovrebbe attrarre maggiormentel'attenzione sulle ricerche in corso inquesto settore.

RONALD J. WHITE è direttore associato del National Space Biomedical Re-search Institute, un consorzio universitario coordinato dal Baylor College of Medi-cine di Houston. Specializzato in ricerche biologiche e biomediche nello spazio, èstato uno dei responsabili scientifici delle missioni Spacelab nel giugno 1991 e nelgennaio 1992.

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