protezione artrosi

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Protezione artrosi

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Page 1: Protezione artrosi
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IND

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Page 3: Protezione artrosi

Generalità sull’artrosi pag. 8

Pre-artrosi, artrosi generalizzata, artrosi destruente pag. 14

Terapie mediche, chirurgiche,riabilitative dell’artrosi pag. 20

Terapie con acido ialuronico pag. 35

Terapie con glucosamina pag. 39

Terapie con condroitinsolfato pag. 42

Terapie con collageno pag. 46

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PROTEZIONE ARTICOLARE

La concezione moderna dell’osteoartrosi integra le conoscenzemorfo-funzionali, ultrastrutturali, biochimiche ed immunologi-che del microambiente articolare nel contesto della patologiaglobale dell’articolazione in una visione unitaria che identifical’artrosi non più come un puro processo degenerativo bensìcome l’espressione patologica dell’usura, della flogosi e dellosquilibrio immunologico dell’articolazione (1). Infatti le struttureche compongono l’ambiente articolare presentano una configu-razione anatomica complementare in grado di assicurare unaperfetta integrazione biomeccanica. Tale complementarietà esi-ste anche a livello submicroscopico, molecolare. Quest’ultimolivello di integrazione funzionale prende il nome di microam-biente articolare (2).Il microambiente articolare è dato infatti dall’insieme delle inte-razioni fra cartilagine articolare, membrana sinoviale e liquidosinoviale che condizionano anche in situazioni patologiche ildanno e la sua progressione nell’artrosi.In particolare va individuato il ruolo del condrone quale unitàmorfo-funzionale elementare della cartilagine nella quale intor-no al condrocita esistono elementi strutturali ed ultrastrutturaliche conferiscono plasticità e flessibilità in grado di adattarsi allemodificazioni microbiomeccaniche indotte dalle sollecitazioni dicarico ed al condrocita di ricercare quel cosiddetto valore di posi-zione ottimale in grado di antagonizzare il carico esercitato sullacartilagine stessa.Il sistema condronico funziona infatti come un vero e propriotrasduttore biomeccanico in grado di convertire gli stimoli mec-canici in risposta biologica così da ricercare un continuo equili-brio tra le pressioni esterne e la pressione osmotica intrinseca delsistema condronico. L’efficienza di tale sistema dipende dall’inte-grità delle fibre collagene, dalle macromolecole proteoglicanichee dalla componente cellulare.La flogosi nell’artrosi va interpretata alla luce del concetto dimancato riconoscimento dei prodotti catabolici di disfacimentodella matrice cartilaginea da parte dei macrofagi e dei linfociti:

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essi rappresenterebbero pertanto uno “stimolo antigenico in grado di inne-scare una risposta sinoviale di tipo autoimmune” (3).La complessità del microambiente articolare e dei fenomeni che lo regolano,esclusivi e tipici della cartilagine ialina, differenti da quelli della cartilaginefibrosa riparativa, spiegano come Hunter pur basandosi sulle sole conoscen-ze morfo-funzionali dell’epoca affermò nel 1743 che da Ippocrate in poi nonesiste un solo caso di dimostrazione certa di rigenerazione della cartilagineialina.Oggi la Scienza Medica ha dimostrato la possibilità di una riparazione attra-verso l’espansione dei condrociti ed il loro autotrapianto ma ritengo si siaancora lontani dalla rigenerazione completa della cartilagine ialina nella suaorganizzazione condronica. Resta tuttora aperto un ampio spazio all’ulte-riore sperimentazione clinica in questo campo.Assume perciò grande rilevanza la protezione articolare oggetto della bellaOpera del prof. Guido Rovetta che ha dimostrato con la sua ben nota com-petenza come “il concetto di protezione articolare si è rivelato particolar-mente fecondo per il progresso delle conoscenze sull’artrosi”.

Prof. Francesco Pipino

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Il concetto di protezione articolare - dapprima sviluppatosi neisuoi aspetti chinesiologici di ottimizzazione del gesto e dellapostura e nell'acquisizione delle varie modalità di tutela riassumi-bili nell'economia articolare - è stato ripreso dalla terapia fisiopa-tologica dell'artrosi da quando diverse sostanze accreditate dellacapacità di rallentare il danno artrosico (“SYSADOA”) sono entra-te nella sperimentazione e successivamente nell'impiego terapeu-tico.Mentre l'azione di questi nutraceutici veniva valutata in un gran-de numero di ricerche cliniche che hanno sortito diversi livelli dievidenza e di efficacia, il concetto di protezione articolare si è rive-lato particolarmente fecondo per il progresso delle conoscenze sul-l'artrosi e ne fa oggi fede una letteratura scientifica ormai moltoricca che include, oltre a ricerche cliniche e sperimentali, anchedibattiti, discussioni e nuove ipotesi patogenetiche, sempre in pro-gresso.Un punto importante: non esiste cura dell'artrosi senza progettoriabilitativo. Terapia medica di protezione articolare e chinesitera-pia mirata debbono essere utilizzate in combinazione per unmigliore risultato.Nel presente lavoro sono richiamati importanti studi sull'argo-mento della protezione articolare e diversi spunti interpretativi sul-l'azione dei nutraceutici: ogni Medico può confrontarli con la suaquotidiana esperienza per contribuire nel modo migliore alla curadell'artrosi e delle malattie articolari correlate.

Prof. Guido Rovetta

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L'artrosiL’artrosi rappresenta una delle principali patologie dell’età adulta: essa è caratterizza-ta da alterazioni regressive focali della cartilagine ialina delle articolazioni sinoviali, pre-cedute da diminuzione del contenuto idrico, degradazione delle matrici extracellulari,imperfetta formazione delle catene dei glicosaminoglicani e diminuzione del condroi-tinsolfato rispetto al cheratansolfato, che evolvono inducendo la formazione di nuovotessuto osseo (proliferazioni marginali - osteofiti), osteosclerosi e rarefazioni cistichesubcondrali, e provocando dolore e disfunzione articolare. Non v'è nulla di banale nell'artrosi: semplicemente, non se ne conosce la causa. Tra lemalattie osteo-articolari, è quella che fa soffrire il numero più alto di pazienti. È più fre-quente negli anziani, ma fra l'artrosi e l'invecchiamento della cartilagine sono statedimostrate esistere notevoli differenze. La “somma di dolore” provocata nella colletti-vità da questa malattia la fa collocare ai primi posti fra le sindromi dolorose ad eleva-to costo sociale. In via provvisoria, viene oggi considerata dai più come un gruppo ete-rogeneo di condizioni morbose, che finiscono con l'approdare ad un comune quadroistopatologico e radiografico. È diventato abituale nella prassi medica distinguere l'ar-trosi in primaria e secondaria, ma la distinzione mostra evidenti aree d'incertezza,interferendo in qualche modo anche con la valutazione dei risultati degli interventi diprevenzione e di cura. La definizione di artrosi secondaria è correlata con quella di una condizione pre-artro-sica, nella quale la prevalenza dell’artrosi è significativamente maggiore del normale:artrosi su pre-esistente malattia articolare, artrosi da fattori meccanici locali. La definizione di artrosi primaria rimane più nebulosa, fondata com'é sull'apparentemancanza di un fattore lesivo iniziale. Il riferimento genetico ha ricevuto numerosicontributi ed è attualmente preso in molta considerazione. L'introduzione dei tratta-menti di protezione articolare ha sostanzialmente modificato la visione patogeneticadella malattia, dimostrando l'efficacia protettiva sulla struttura - ma alla fine anche l'a-zione antalgica - di molecole sprovviste di azione antidolorifica diretta; molto signifi-cativo quanto osservabile nell'impiego dell'acido ialuronico con il quale, partiti da unaricerca di azione sintomatica, s'è assistito al profilarsi di un complesso di azioni regola-tive diverse, che meglio spiegano i successi clinici di questa terapia intra-articolare.

Aspetti fisiopatologici La maggior parte degli studiosi ritiene che le alterazioni elettive dell'artrosi prendanoprincipio nella cartilagine come turba metabolica del condrocito o dell'interazionecondrocito/microambiente; solo pochi ricercatori sostengono una responsabilità pri-maria ascrivibile ad una turba dell'osso subcondrale. Un errore nella programmazione

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Terapie

Generalità sull’artrosi

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dell'apoptosi condrocitaria è stato pure supposto. La cartilagine articolare consta diuna matrice extracellulare di fibre di collageno ed elastina, immerse in un idrogel diglicosaminoglicani e proteoglicani. Il reticolo specializzato possiede specifici mezzi distabilizzazione, legami crociati del collageno intramolecolari e intermolecolari che sicombinano con la pressione di rigonfiamento esercitata dall'alta concentrazione degliaggregati carichi negativamente, rendendo conto di circa il 98% del volume della car-tilagine articolare, il rimanente 2% essendo costituito dalla specifica cellularità. Fles-sibilità e resistenza cartilaginea sono condizionate dall'integrità di questa peculiare esofisticata struttura. Essa contiene in sè diversi meccanismi regolativi delle matricimolto incompletamente noti, ai quali è da attribuire gran parte del successo biologi-co e funzionale della cartilagine articolare come tessuto specializzato. Il collageno car-tilagineo, secreto in forma solubile dal condrocito, matura progressivamente nell'ex-tracellulare mediante la formazione dei legami crociati, diventando progressivamentemeno solubile; invece i proteoglicani mantengono un ricambio alquanto rapido.L'unità strutturale fondamentale del collageno è rappresentata dal tropocollageno,proteina che ha un peso molecolare di circa 285 Kda. Esso risulta costituito da tredistinte catene polipeptidiche a conformazione elicoidale. Le tre catene comportanola presenza di un'unità tripeptidica caratteristica del collageno - con formula generale(Gly-X-Y)n - caratterizzata dalla presenza de un residuo glicinico (Gly) ogni tre residuie dove X e Y sono con frequenza rappresentate dagli aminoacidi prolina ed idrossipro-lina. Esse formano una triplice elica destrorsa. In via generale le tre catene sono tenu-te insieme da due tipi di legami: legami a idrogeno, e legami crociati strutturati tra lemolecole di lisina/idrossilisina. Le conoscenze odierne sulla biosintesi del collageno fanno individuare nella reintegra-zione del processo biosintetico (qui a riguardo del collageno II) un passo ovviamenteessenziale nella terapia dell'artrosi, o almeno nell'ostacolo alla sua progressione.Schematicamente tale biosintesi prende il via con la trascrizione del gene o dei geni ela maturazione dell’mRNA. Bisogna notare (perchè interessante nell'interpretazionedella significatività dei marcatori biochimici del metabolismo del collageno propostinell'artrosi) la presenza di sequenze che codificano per peptidi lunghi «in eccesso»rispetto alle molecole di collageno mature. Viene sintetizzato inizialmente il procolla-geno, che possiede - rispetto al collageno - due telomeri, uno N-terminale e uno C-terminale, che hanno struttura globulare. Nel reticolo endoplasmatico granulosopoi la catena nascente di procollageno perde il peptide segnale mentre, ad opera dellaprolilidrossilasi e della lisinidrossilasi, si formano idrossiprolina e idrossilisina. Le idros-silasi hanno fra i diversi cofattori essenziali la vitamina C. Si arriva così alla formazionedi catene alfa di procollageno. Tre di queste catene si avvolgono allora a formare la tri-plice elica, che verrà successivamente stabilizzata da legami tra aminoacidi idrossilati,

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Generalità sull’artrosi

chiamati correntemente legami crociati. L'elica così costituita passa nell'apparato delGolgi, dove viene completata la glicosilazione e da qui, attraverso apposite vescicoledi secrezione la molecola glicosilata viene secreta all’esterno della cellula. In questonuovo ambiente, la molecola subisce l’azione di alcune procollagenopeptidasi, cherimuovono come sopra accennato i telomeri, trasformando il procollageno in tropo-collageno. La solubilità e la rimovibilità del collageno II risultano molto diminuite dopoquesto processo e d'ora in poi il collageno tenderà a depositarsi e ad aggregarsi, diven-tando stabile e resistente a varie azioni enzimatiche e meccaniche, anche energiche.Le molecole di tropocollageno si dispongono in file parallele a formare fibrille. Le fibril-le di collageno II si allineano in fasci ondulati o paralleli per formare fibre e quindi infasci di fibre, dando luogo alla parte essenziale della struttura di resistenza cartilaginea.È interessante osservare che, sebbene tutto il processo di elaborazione, aggregazionee maturazione del collageno sia in qualche modo la conseguenza della sua strutturaprimaria, numerosi sono i passi che debbono venire compiuti per la creazione di unastruttura solida, e parallelamente numerose le possibilità fisiopatologiche di imperfe-zione nella maturazione. D'altro canto, questo apre la strada al possibile impiego diterapie modificatrici della sintesi e della maturazione del collageno rendendola possi-bile a diversi livelli di attacco: molecola-segnale, sostitutiva, regolatoria, come è statoevidenziato nel caso di molecole, quali l'acido jaluronico, dotate di azioni utili alla pro-tezione articolare.I proteoglicani sono formati da multiple catene di glicosaminoglicani ed oligosaccari-di attaccati ad una proteina centrale: queste strutture danno luogo ad una trama peril collageno, ma legano anche acqua e cationi, formando uno strato viscoso-elasticoche lubrifica e protegge la cartilagine. La presenza di tutti questi aggregati - carichinegativamente - impartisce alle matrici cartilaginee articolari la caratteristica, forteidrofilia che media le proprietà biomeccaniche della cartilagine stessa. A cartilaginematura il collageno di tipo II rappresenta il 10-20% del peso netto della cartilagine iali-na integra, a fronte del 65-80% di acqua, 4-7% di proteoglicani , del 1% di lipidi e dacomponenti quantitativamente ma non qualitativamente meno rilevanti come fibro-nectina, tenascina, ed altre proteine. L'armonica composizione delle matrici presuppo-ne poi - accanto alle proporzioni quantitative - l'interazione delle componenti collage-no e non collageno, non meno che la loro fisiologica presenza percentuale.La distruzione enzimatica delle matrici extracellulari è capace di innescare e di incre-mentare le alterazioni regressive cartilaginee, associandosi con una diminuzione dellasintesi dei proteoglicani e del collageno; già in una prima fase del tutto silente dellamalattia soprattutto le alterazioni dei proteoglicani rendono la cartilagine meno resi-stente alle forze compressive. Questa diminuzione della resistenza cartilaginea allacompressione somma i suoi effetti a quelli delle alterazioni del collageno di tipo II:

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importanti alterazioni strutturali delle fibre collageno (indotte meccanicamente e perdisfunzione dei collageni regolativi IX e XI) sovraccaricano le fibre collageno rimanen-ti, fino a determinare il loro collasso. La diminuzione del ritorno elastico e la riduzionedell'area di contatto articolare favoriscono un'ulteriore regressione strutturale cartila-ginea. La risposta biologica dell'osso subcondrale all'aumento del carico è diretta nelsenso di una aumentata vascolarizzazione e cellularità, substrato dell'osteosclerosi edell'eburneazione, ma anche delle formazioni geodiche.Il rimaneggiamento osseo nell’artrosi può essere orientato verso una marcata prolife-razione ossea che origina osteofitosi ed osteo-sclerosi subcondrale nell' artrosi ipertro-fica, o verso un deterioramento per alterazione strutturale dei capi articolari, con cedi-menti, demineralizzazione, osteofitosi modesta o assente, scarsità o mancanza d’ad-densamento osseo reattivo nell' artrosi atrofica. L'artrosi atrofica dimostra un rimaneg-giamento strutturale profondamente differente da quella ipertrofica. Il substrato bio-chimico-metabolico è evidentemente diverso, o in senso qualitativo o in senso quan-titativo. Una interessante prova di questo fatto è data dalla coxartrosi atrofica che ècaratterizzata da una riduzione dell'attività di sintesi del collageno di tipo II. Un taledeficit potrebbe spiegare in parte la mancanza di osteofitosi nelle forma artrosica inquestione. A conferma di ciò è stata dimostrata una stretta correlazione fra C-propep-tide e collagenasi di tipo II nell'artrosi ipertrofica ma non in quella atrofica, riscontroche suggerisce la perdita sostanziale dell'accoppiamento fisiologico fra la formazionedi collageno II e la sua degradazione nell'artrosi atrofica, che è in effetti molto più rapi-damente progressiva. I livelli di C-propeptide sierico sono significativamente più bassinei pazienti con artrosi atrofica. Fra i due tipi di artrosi non vi sarebbero tuttavia diffe-renze significative per diversi altri marcatori (4). Un'osservazione che va fatta è che, ingenerale, gli studi di protezione articolare non tengono esplicitamente conto della dif-ferenza fra le due forme. E in verità nella stragrande maggioranza degli studi clinicipubblicati tali differenze non sono prese in considerazione e questo contribuisce ovvia-mente ad una maggiore variabilità dei risultati. Sul piano pratico dell'impiego nellacura quotidiana del malato artrosico, non potendosi prevedere sempre l'evoluzionedell'artrosi, appare ragionevole la ricerca di un'azione protettiva comprendente le variesostanze dotate di azione di salvaguardia della cartilagine per cercare di interferire coni processi distruttivi più marcati delle forme rapidamente evolutive e di limitare la pro-gressione nelle articolazioni meno colpite.

Genetica e differenze etnicheNell'artrosi nodale delle mani sono in gioco diversi loci testimoni di suscettibilità, chesi combinano a configurare il fenotipo dell'artrosi delle mani - ma probabilmente non

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Generalità sull’artrosi

solo delle mani. Tuttavia il polimorfismo genetico che influenza alcune localizzazionicome l'artrosi del ginocchio varia attraverso le diverse etnie e sessi, nei caucasici restan-do indicato il ruolo di geni come ASPN, COMP, FRZB, e COL2A1 (4-7). I rapporti fra con-drodisplasie di vario grado e artrosi precoce e distruttiva sembrano bene stabiliti. Lamutazione arg 519-a-cys ha definito un nuovo tipo di artrosi geneticamente condizio-nata (8). Per quanto attiene al locus HLA-DRB1, gli aplotipi relativi sembrano associatipiù facilmente all'artrosi della mano che ad altre localizzazioni (9). Studiando l'artrosidella mano e del ginocchio in gemelli monozigoti e dizigoti si è arrivati a definire chela varianza di queste due localizzazioni artrosiche può essere attribuita a fattori gene-tici per il 39-65%. Sono stati anche identificati alleli protettivi.Sul piano epidemiologico, sono note inoltre alla comunità scientifica alcune differen-ze etniche, riguardanti soprattutto la prevalenza: più frequente l'artrosi nei nativi nor-damericani che nella generale popolazione nordamericana, meno frequente la coxar-trosi nei cinesi, più frequente nei bianchi che nei neri sopra i i 65 anni.

Sovraccarico funzionale e artrosiSotto il profilo bio-meccanico, resta valida l’evidenza che il danno artrosico prediligele sedi in sovraccarico e che la perdita di tessuto cartilagineo è il bilancio conclusivo alunga distanza dell’alterazione metabolica e del progressivo deterioramento struttura-le che ne consegue. L'effetto dei vari tipi di sovraccarico è particolarmente evidentenell'osservazione clinica a riguardo dell'artrosi delle articolazioni portanti. Deviazionidell'asse dell'arto inferiore di una certa rilevanza suggeriscono la tendenza all'artrosicompartimentale relativa e sembrano rappresentare un'area interessante per tentareuna terapia precoce di protezione articolare associata al programma di ottimizzazionedel carico, che va dalla chinesiterapia mirata alle ortesi alla chirurgia elettiva.Occorre rammentare che il tessuto cartilagineo articolare maturo è praticamentesprovvisto di vasi sanguigni e linfatici, di fibre nervose e di membrana basale e che lasua nutrizione avviene prevalentemente per diffusione dal liquido sinoviale articolare,e solo in piccola parte mediante il flusso sanguigno dei vasi ossei subcondrali: unasituazione che dev'essere ritenuta responsabile della fisiologica vulnerabilità cartilagi-nea. In effetti il blocco del meccanismo della diffusione porta inevitabilmente alla com-promissione cartilaginea e articolare. Il meccanismo della diffusione dal liquido sino-viale alla cartilagine ha rilievo, oltre che in campo fisiologico, anche nell'interpretazio-ne degli effetti dell'introduzione terapeutica di farmaci - come per esempio l'acido ialu-ronico - nell'articolazione: la penetrazione nella cartilagine di molecole di dimensioneadeguata può rendere conto degli effetti favorevoli che vanno oltre la semplice lubri-ficazione articolare.

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Possiamo poi definire diversi tipi di sovraccarico: quello continuativo intrinseco relati-vo ad una struttura displasica, quello intermittente esogeno, quello ai confini del trau-ma per il quale è già stato ben definito tra gli altri fattori il ruolo delle microfratturecartilaginee, ma che potrebbe ancora riservare la sorpresa di una ben più reale e finedestabilizzazione della matrice, testimoniata da marcatori metabolici cartilaginei, esottolineare energicamente l'interesse dell'intervento di protezione articolare precocee multifattoriale in queste circostanze.La sede dove gli stimoli meccanici diventano stimoli biologici (transduzione) è identi-ficabile nel complesso condrocito-capsula condronica (formata quest'ultima da fibrecollageno disposte in lamine a più strati). Il funzionamento di quest'organulo potreb-be essere avvicinato a quello di altri tipi strutturali presenti in diverse sedi dell'appara-to locomotore, ma l'approdo finale è, nel caso in esame, una produzione di matricicartilaginee normali o patologiche, rispettivamente per la transduzione corretta o erra-ta di stimoli meccanici in stimoli metabolici. Fatto sta che per la normalità funzionaleappare necessaria l'integrità anatomica della capsula del condrocito.

Lo sport può favorire l'artrosi?

Sì, può accadere se l'atleta è portatore di displasie anche lievi per esempio dell'anca edel ginocchio, che possono facilmente sfuggire agli accertamenti, e soprattutto se lasollecitazione dovuta al gesto sportivo si fa su queste articolazioni. L'instabilità artico-lare minore, innocua nella vita normale, inclina all'artrosi quando si somma al sovrac-carico meccanico talora strenuo come si verifica nello sportivo. Ciò è tanto più vero seil tipo di sport prescelto è in conflitto con una vera e propria sindrome da ipermobi-lità articolare benigna, o addirittura sfrutta questa per conseguire risultati atletici dirilievo. Le stesse considerazioni valgono per attività affini allo sport (come determina-te attività artistiche) che estremizzano ripetitivamente la sollecitazione articolare. Nonesistono ancora studi sulla possibilità di prevenzione del danno articolare con i farma-ci modificanti la struttura nelle varie situazioni descritte, ma l'interesse teorico e prati-co è evidente, e l'attuazione della terapia di protezione articolare può già appariredoverosa, sempre correlata con l'ottimizzazione del gesto, alla ricerca di un ripristinodella normale transduzione degli stimoli meccanici per effetto dei due interventi com-binati.Le franche lesioni del menisco e dei legamenti del ginocchio, come pure le frattureintra-articolari di quest'articolazione, facili negli sport di contatto, sono condizioni pre-artrosiche sicure (esempio del tempo di latenza: sei anni). Non abbiamo potuto trova-re studi di prevenzione con gli integratori in questo tipo di situazione. Anche qui l'in-teresse di un tale intervento è evidente ed apre un campo di osservazione che, trat-

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Pre-artrosi, artrosi generalizzata artrosi destruente

tandosi di soggetti giovani, potrebbe portare a miglioramenti clinici evidenziabili. Nontutti i rimaneggiamenti ossei del complesso articolare degli atleti sono però condizio-ni pre-artrosiche: molte di esse sono solo, possibilmente, l'espressione anatomica di unadattamento al carico ottenuto con risultato funzionale favorevole. Le relative morfo-logie negli studi d'immagine sono ben note per la radiografia convenzionale, moltomeno per le tecniche più recenti.

Ruolo dell'osteofitosi nella produzione dei sintomi Insieme con la diminuzione dello spazio articolare radiografico, gli osteofiti sono il reper-to più caratteristico nell'artrosi. Non esiste in generale una correlazione clinico-radiografi-ca fra sintomi e osteofitosi, per esempio a livello vertebrale. Tuttavia una revisione deglistudi più attendibili pubblicati fino al maggio 2006 dà luogo alla conclusione che gliosteofiti possono in qualche modo contribuire ai sintomi ed alla disfunzione delle artico-lazioni artrosiche. La formazione degli osteofiti è strettamente associata con le alterazioniregressive della cartilagine, ma osteofiti possono svilupparsi senza esplicito danno cartila-gineo. La forma d'artrosi ipertrofica li presenta esuberanti, mentre nella forma atroficasono assenti almeno in una prima fase. Essi derivano principalmente da cellule precursorenel periostio e i fattori di crescita della superfamiglia TGF-beta (come anche gli IGF-1 dellafamiglia dei fattori insulino-simili) giocherebbe un ruolo cruciale nella loro induzione (10).

Pre-artrosi, artrosi generalizzata, artrosi destruenteVarianti dell'artrosiLe quattro principali manifestazioni cliniche - dolore, rigidità, limitazioni funzionali, altera-zioni strutturali e anatomiche - che caratterizzano nel loro insieme il quadro anatomo-radiologico dell’artrosi, possono talora essere discordanti. Si parla allora in senso generaledi varianti dell’artrosi. Di queste le più definite sono: artrosi nodale, rizo-artrosi, artrosigeneralizzata, artrosi erosiva delle mani, artrosi coxo-femorale rapidamente progressiva,artrosi disco-somatica iperostosante. Substrati biochimici diversi hanno potuto essere evi-denziati in alcune di queste situazioni. Un dato interessante è fornito ad esempio dal fattoche l'aggrecanolisi ADAMS-5 mediata è fortemente distruttiva mentre l'aggrecanolisiMMP-mediata non è distruttiva (11). Una presenza intra-articolare di cristalli di idrossiapatite è spesso associata alle artrosi atti-vate ed alle artrosi rapidamente evolutive, come pure è osservabile quella di cristalli dipirofosfato di calcio. L’attivazione flogistica da microcristalli, soprattutto cristalli di idrossia-patite, favorirebbe il decorso di un’artrosi verso la forma atrofica. È stato osservato che illiquido sinoviale di questi pazienti è spesso ematico. In laboratorio, la colorazione con ali-

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zarina rosso-S a pH acido identifica i cristalli di idrossiapatite, meglio apprezzabili in lucepolarizzata, in un laboratorio attrezzato.Nel reumatismo condrodisplasico, l'associazione di condrodisplasia e di attacchi microcri-stallini su reperto radiografico di artrosi configura una condizione clinica particolare, chetuttavia è ancora oggetto di discussione.

Servono in pratica i marcatori biologici dell'artrosi?

Intanto va considerato che vi sono marcatori ossei di sintesi (osteocalcina, fosfatasialcalina, propeptide C terminale del procollageno I) e di catabolismo (piridinoline uri-narie, telopeptidi del collageno I); marcatori cartilaginei di sintesi (propeptide C delcollageno di tipo II) e di demolizione (proteina COMP, epitopo del cheratansolfato,epitopo 846 dell’aggrecano). Marcatori dell'attivazione sinoviale (che, ricordiamolo,nell'artrosi è condrogenica) sono la fosfolipasi A2, l'acido ialuronico, il procollageno ditipo II, le citochine). Tutti questi elementi, ed altri marcatori proposti, andrebbero valu-tati nel loro complesso. Da un'attenta disamina della letteratura tre marcatori (YKL-40,COMP e MMPs) sembrano più di altri portati alla ribalta dai diversi Autori interessatiall'argomento (12, 13). La proteina oligomerica della matrice cartilaginea è considerata unmarcatore importante del processo degradativo cartilagineo e aumenterebbe ulterior-mente con il carico nei pazienti con gonartrosi (14). Finora i marcatori sono risultatimolto utili nella ricerca, e in studi sperimentali, mentre in clinica debbono ancora farele loro prove. Attualmente il trovarli molto elevati in un singolo paziente deve piutto-sto consigliare di revisionare la situazione alla luce di possibili altre condizioni patolo-giche capaci di elevare i marcatori. Scartata questa possibilità, una loro interessantecapacità sarebbe poi quella di permettere di distinguere le artrosi «lente» da quellerapidamente evolutive (15). Tuttavia, come sopra detto, più che il singolo marcatoresono attualmente gli eventuali raggruppamenti di essi che possono dare un'idea del-l'orientamento metabolico del complesso articolare. Uno studio ha preso in conside-razione otto marcatori biochimici, che rappresentano il ricambio tessutale di cartilagi-ne, osso, tessuto sinoviale, e l'infiammazione. Sono state esaminate le artrosi delleginocchia, delle anche, delle faccette vertebrali e le discopatie degenerative. Sono statiidentificati tre differenti gruppi di marcatori che rifletterebbero differenti processi fisio-patologici. Il primo componente testimonierebbe il rimaneggiamento strutturaleosseo e cartilagineo specialmente associato con la coxartrosi. Un secondo componen-te rifletterebbe la flogosi specialmente associata con l'artrosi del ginocchio. La terzacomponente include i marcatori del turnover cartilagineo nell'artrosi delle mani, dellacolonna ed è associata anche con l'età (16). Una correlazione positiva è stata rilevata anche fra le alterazioni ultrasonografiche e i

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livelli serici di acido ialuronico e di COMP (17). Secondo alcuni poi una singola determi-nazione sierica dell'acido ialuronico o del CTX-II nell'urina potrebbe identificare ipazienti ad alto rischio di progressione RMN dell'artrosi del ginocchio (18), in analogia aquanto osservato nel sopra citato studio sull'artrosi delle mani.

Il dolore artrosicoIl dolore è una componente primaria nella presentazione clinica dell'artrosi. ll doloreda carico esprime la prevalenza di fattori meccanici nella sintomatologia presentatadal paziente. Un dolore di avvio indica la difficoltà dell’articolazione a raggiungereprontamente il regime di funzionamento (attrito interno). Un dolore notturno concaratteristiche di dolore spontaneo indica probabilmente un aumento della pressioneendo-midollare epifisaria. Dolore a riposo si trova in tutti i malati artrosici con artrosi attivata, di cui è parte rile-vante una infiammazione articolare o periarticolare marcata. Ma l'eventuale attenua-zione della flogosi con i FANS, che posseggono una preminente azione anti-prosta-glandinica, in molti casi non rimuove il dolore in maniera soddisfacente, indicandocosì in alternativa l'esistenza di un'attivazione leucotrienica, di una neuroflogosi, di unasensibilizzazione nervosa periferica e forse centrale, e di numerose altre evenienzesostanzialmente non flogistiche nella patogenesi del dolore artrosico. Tra queste, il sol-levamento periostale da osteofiti, la congestione vascolare ossea subcondrale, l'ecces-sivo affaticamento muscolare, le contratture di difesa. Nel dolore intenso a riposo è uti-lizzabile in casi selezionati, per coprire maggiormente queste evenienze patogeneti-che, accanto ai FANS il tramadolo. Il dolore lieve in presenza di versamento si osservatalvolta in pazienti con ipermobilità articolare familiare benigna. L'elemento flogisticoin questo caso non è rilevante. Un dolore urente suggerisce invece una possibile cau-salgia da stiramento del tronco nervoso adiacente. Da notare che l'attenuazione dellasintomatologia dolorosa osservata negli studi con l'impiego di acido ialuronico, di con-droitinsolfato, di glucosamina, di collageno II soli o in combinazione riflette prevalen-temente un'interferenza favorevole con il dismetabolismo cartilagineo causa di flogo-si e non un'azione antagonista specifica della flogosi conclamata, come nel caso deiFANS. Un blocco doloroso articolare intermittente dimostra che il danno si è esteso allecartilagini di interposizione, o anche la sopravvenuta o concomitante formazione dicorpi liberi, di un'osteo-condromatosi, di un'osteo-condrite dissecante, tutte condizio-ni atte a provocare insieme al blocco, dolore, e improvviso senso di cedimento. Nellaprassi medica è ben noto che l'artrosi non dà febbre, astenia, calo ponderale, ipotro-fia muscolare diffusa o compromissione dello stato generale. L’attribuzione diretta adartrosi vertebrale di sintomi apparentemente viscerali toracici e addominali deve esse-

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re in un primo tempo scartata nel procedimento diagnostico differenziale. In genera-le quando il dolore non è riproducibile con alcuna manovra semeiologica, non deveessere ritenuto in prima istanza muscolo-scheletrico. Fuorviante può essere tra le altreevenienze anche un dolore ischemico (claudicatio) che riguardi inopinatamente areeartrosiche. In questo caso il paziente, solitamente anziano, con pluripatologie, ha ste-nosi arteriosa critica e artrosi concomitanti.

Reversibilità del rimaneggiamento strutturale artrosicoUn'entusiasmante area di studio, di osservazione e di sperimentazione riguarda la pos-sibilità di una reversibilità del rimaneggiamento strutturale artrosico. Anche se la defi-nizione del gruppo di farmaci modificatori strutturali evoca piuttosto l’intento di unaprevenzione del danno, l’esistenza di un certo numero di fatti che indicano la possibi-le parziale regressione dell’artrosi allarga, e di molto, l’orizzonte del ricercatore e delmedico pratico. La somministrazione protratta di glucosamina e condroitinsolfato si èdimostrata in grado di ostacolare la degenerazione discale iniziale (19). Miglioramentidello spazio articolare radiologico sono stati osservati da molti chirurghi ortopedici inmodo certo dopo osteotomia. Queste osservazioni non più recenti hanno a loro van-taggio il supporto di un protratto periodo di valutazione. L’artrosi atrofica in sé hadimostrato un’evoluzione poco prevedibile, ma con possibili rimarchevoli migliora-menti radiografici. Nell’artrosi erosiva delle mani, un’evoluzione favorevole del rima-neggiamento artrosico è stata documentata in una segnalazione che riteniamo parti-colarmente dimostrativa (20). Tali rilievi - almeno in parte bene stabiliti come nel casodell’osteotomia - suggeriscono la potenziale reversibilità del rimaneggiamento artrosi-co e aprono la strada al tentativo di ottenere una protezione articolare il più possibileprecoce. Un altro esempio di efficacia terapeutica di questo tipo è la ricomparsa dellospazio articolare che era scomparso precedentemente segnalata nelle articolazioniperiferiche in pazienti con spondilartrite trattati con anti-TFN alfa (XI) tanto che èstato proposto nell'artrosi l'uso di farmaci anticitochine.

Come valutare l'effetto dei condroprotettoriDato che un certo numero di composti dimostrano attività condroprotettive sui con-drociti in coltura o nell'animale da esperimento, si pone il problema delle metodichecon le quali questa condroprotezione è stata provata nell'uomo. Infatti per il medicopratico, senza nulla togliere all'aspetto sperimentale della ricerca, solo evidenze basa-te su questi studi clinici hanno diretta rilevanza. Per l'artrosi in generale sono utilizza-bili le VAS (scale analogiche visive) per il dolore spontaneo e provocato, ma anche indi-

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ci algodisfunzionali delle diverse articolazioni, la VAS per il giudizio globale del medi-co e per il giudizio globale del paziente. Scale transizionali si sono rivelate interessan-ti negli studi clinici. Questionari sulla qualità della vita sono sempre utilizzabili, ma appaiono meno giusti-ficati che nelle artropatie flogistiche croniche evolutive. L'enfasi posta sui vari indici emezzi di rilevazione semiquantitativi si dimostra spesso poco adatta allo studio quan-do si ha a che fare con determinati tipi di artrosi (21) e si osserva una divergenza fra idiversi indicatori. Volgendosi all'obbiettività, l'elemento obbiettivo più accettato è lo spessore della car-tilagine rilevato per esempio mediante radiografia digitalizzata. Sono state proposteanche misurazioni ecografiche in via esterna o artroscopica e la RMN, mantenendovivo il concetto che la perdita di cartilagine nell'artrosi abituale è lenta e si devono rite-nere valori medi le perdite di 1/4 di mm al ginocchio e all'anca, per anno e con ampievariabilità (XII). Studi recenti sembrano indicare che il volume cartilagineo quale puòessere valutato con queste metodiche è ereditario.L’esame radiografico convenzionale è metodica più utilizzata per la valutazione e ladiagnosi differenziale delle patologie osteo-articolari. Il nuovo Atlante dell'OARSI pub-blicato nel 2007 può servire da punto di riferimento per la stadiazione delle singolecomponenti del quadro artrosico: osteofiti, pinzatura articolare, osteosclerosi, geodi (22). Nell’artrosi, l'esame radiografico convenzionale permette di evidenziare osteofiti, ridu-zione della rima articolare, erosioni, geodi, calcificazioni dei tessuti molli, presenza dicorpi radio-opachi intra-articolari, osteonecrosi, con morfologie ben note anche alMedico pratico. Più difficile può risultare inquadrare il risultato dell'esame radiograficonel così detto mosaico artritico clinico radiologico di Dilhmann, che tiene contoappunto di elementi radiografici e clinici, di elementi temporali e spaziali. La tumefa-zione delle parti molli sul radiogramma è utile indice di infiammazione in atto. L'utilità della radiologia convenzionale nella diagnosi di artrosi è stata recentementeriesaminata criticamente: mentre l'esame radiografico convenzionale è usato frequen-temente nella ricerca per definire l'artrosi, ed è tradizionalmente discusso come moda-lità diagnostica nella prassi medica, gli studi più recenti effettuati con la risonanzamagnetica nucleare suggeriscono che l'esame radiologico convenzionale ha scarseprobabilità di cogliere i mutamenti artrosici iniziali che possono essere comunementeincontrati dal Medico: l'esame radiografico convenzionale conserva invece nella prati-ca il valore inestimabile di saper escludere molte - ma non tutte - altre possibilità dia-gnostiche. Si attendono ulteriori ricerche per la formulazione di linee guida ed algorit-mi che guidino l'impiego della radiologia convenzionale nei pazienti con dolore cro-nico articolare (23).

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L’esame ecografico nell'artrosiL'ecografia permette di misurare lo spessore della cartilagine articolare e di valutareindirettamente alcune caratteristiche della superficie cartilaginea. Piccole aree di osteo-condrite dissecante possono essere visualizzate come cambiamenti del contorno delmargine osseo. La presenza di villosità, l’inspessimento capsulare (indici di infiamma-zione cronica) e la tumefazione delle parti molli (indice di infiammazione acuta o ria-cutizzata), sono ben dimostrabili all’esame ecografico. A livello del ginocchio, l’esameecografico real-time può evidenziare il corno posteriore dei menischi laterale e media-le, cisti meniscali, i legamenti collaterali e la cisti di Baker. Quest’ultima si evidenziaposteriormente come area ipo-ecogena che si estende nel cavo popliteo. L’utilizzo piùrecente dell’ecocolor-doppler facilita la diagnosi differenziale. Nella gonartrosi è pos-sibile osservare associata la malattia di Pellegrini-Stieda, testimoniata dalla visibilità diun’area iperecogena para-condiloidea del ligamento collaterale mediale.

Artroscopia, TAC, RMN, scintigrafia, mineralometria nell'artrosiL’artroscopia diagnostica identifica molti disordini interni correlati con l’artrosi, fra cuialcuni mal accertabili con mezzi non invasivi: condromatosi ed altre patologie sinovia-li, meniscopatie mediche e chirurgiche, corpi liberi e sindromi della plica sinoviale. Lacartilagine articolare all’artroscopia può apparire integra o mostrare piccole alterazio-ni come malacie o incisure, ovvero erosioni estese. Va rilevato che nell'artrosi vera nonsempre il giudizio artroscopico mostra soddisfacenti concordanze di stadiazione conle tecniche d'immagine più collaudate. La TAC non è esame di prima istanza per l’artrosi. Quando è indicata, permette divisualizzare le strutture articolari in modo dettagliato. Può meglio precisare l’interessa-mento osseo nell’artrosi delle articolazioni più difficili da visualizzare con altre metodi-che: costo-vertebrali, sterno-claveari, temporo-mandibolari e le articolazioni sacro-ilia-che. La TAC vertebrale trova indicazione elettiva nello studio delle discopatie protrusi-ve e della stenosi del canale vertebrale.La RMN è un importante metodo d’immagine per la valutazione delle patologie arti-colari perchè include la valutazione delle parti molli. Permette di visualizzare muscoli,tendini, legamenti, dischi e menischi, e indirettamente anche le ossa. Nelle discopatieprotrusive trova anch’essa indicazione elettiva. Secondo alcuni studi, la perdita di spes-sore/volume della cartilagine del ginocchio nella RMN è correlata con la sintomatolo-gia dolorosa. L'impiego corrente della RMN nell'artrosi richiede un'opportuna sceltadelle indicazioni. L'anca ed il ginocchio sono sedi attualmente molto studiate.La scintigrafia è un esame molto sensibile, fornisce dati non ottenibli con le altre tec-niche d'indagine, ma poco specifico. Nel caso di sospetta infezione (per esempio dopo

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iniezione intra-articolare di cortisone, o in pazienti diabetici o immuno-depressi) è indi-cata l'esecuzione dell’esame con leucociti marcati. Mineralometria: oltre alla valutazio-ne densitometrica le nuove MOC a doppio raggio fotonico (DEXA), permettono unavalutazione morfodensitometrica delle varie articolazioni considerate (colonna, anche,ginocchia, mano) che possono rivestire anche qualche interesse per la terapia. La den-sitometria ad ultrasuoni (soprattutto quella delle mani) può fornire ulteriori informa-zioni riguardo alcuni parametri della struttura ossea.

Terapie mediche, chirurgiche, riabilitative dell’artrosiPre-artrosiCome già accennato gli esiti di frattura osteocondrale, la condromalacia, l’osteocon-dromatosi, l’osteo-necrosi, le lesioni dei menischi articolari, l’iperlassità dei legamentisono condizioni pre-artrosiche sicure. Per poco appropriato che sia il termine, indicaun fatto preciso e confermato: non c'è ancora l'artrosi ma sappiamo che verrà. È poinoto che diverse malattie reumatiche si complicano nel loro decorso con un'artrosi(artrite reumatoide non evolutiva, artrite infettiva allo stadio degli esiti, gotta, condro-calcinosi articolare). Si verifica allora che le due condizioni morbose intrecciano i lorosintomi collaborando alla disfunzione articolare e richiedono al medico uno sforzointerpretativo ed un intervento terapeutico supplementari. Si possono avere anchecondizioni preartrosiche da cause extra-articolari come difetto dell’asse femoro-tibia-le e difetto dell’asse dell’apparato rotuleo. I difetti dell’asse femoro-tibiale si osservanosul piano frontale (ginocchio varo: può essere costituzionale, rachitico o provocato daipoplasia del piatto tibiale interno o da una frattura mal consolidata; ginocchio valgo,più raro; può essere costituzionale o secondario a trauma) e sul piano sagittale; ginoc-chio recurvato (solitamente ben tollerato), è dovuto a paralisi periferiche; ginocchioflesso (mal tollerato) può essere dovuto a rigidità post-traumatica, irrigidimento dell’an-ca in flessione, o ad asimmetria degli arti per cui l’arto più lungo è costretto ad assume-re un atteggiamento di flessione. I difetti dell’asse dell’apparato rotuleo possono esserelegati a processi di attrito, perché l’asse di escursione della rotula non è parallelo a quel-lo della troclea: patologia femoro-rotulea (sublussazione congenita della rotula, displa-sia rotulea); lussazioni traumatiche che hanno lasciato una eccessiva mobilità di un latodella rotula. Mentre l'identificazione delle condizioni preartrosiche focalizza l'attenzionesulle possibilità di una terapia preventiva (per esempio con condroprotettori, collagenoII e vitamina C), non essendo concepibile l'impiego dei FANS o di interventi invasivi inassenza di sintomatologia algico-flogistica, occorrono anche studi d'immagine condot-ti con intenzione speciale, che dimostrino con maggior certezza l'entità delle correla-zioni fra i “danni minimi” - per esempio RMN - e l'evolutività artrosica.

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CoxartrosiL’artrosi coxofemorale è frequentemente secondaria a pre-esistente displasia, a trau-ma, ad epifisiolisi, ad osteonecrosi, ad una malattia di Perthes. Senso di pesantezzae di rigidità muscolare con dolore di avvio appartengono al quadro sintomatologi-co dell’artrosi iniziale. Nella coxartrosi più avanzata prevalgono dolori da carico, che peggiorano con l’af-faticamento, nelle artrosi più gravi dolori a riposo, presenti anche in posizione sedu-ta o distesa. Il dolore compare molto spesso al ginocchio, solo in seguito il pazien-te si lamenta di dolore inguinale. In altri casi il dolore comincia alla radice dell'arto. Diventano limitate dapprima larotazione interna, poi la rotazione esterna e l’estensione. Si costituisce una contrat-tura in flessione e in adduzione. Dolore e rigidità dell’anca producono zoppia conassociato dolore lombare da movimenti di compenso.

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La coxartrosi rapidamente destruenteLa coxartrosi rapidamente destruente colpisce specialmente la testa femorale consintomatologia dolorosa accentuata, cui corrispondono una sinovite spiccata ed unacondrolisi rapida. Talora si rinviene una condro-calcinosi. Ci si trova allora in presen-za della forma destruente della coxopatia da condrocalcinosi articolare. Decisiveacquisizioni sull’identità o meno delle due forme, coxartrosi distruttrice rapida econdro-calcinosi con coxopatia destruente, non sono disponibili. In presenza di condro-calcinosi bisogna automaticamente ricercare le possibilicomuni cause della forma secondaria ossia l’iperparatiroidismo, l’emocromatosi, lagotta, l’ipotiroidismo, l’ipomagnesiemia.

Artrosi del ginocchioTra le artrosi delle articolazioni periferiche, quellache interessa il ginocchio è la più frequente etende ad essere bilaterale. I sintomi inizialmenteconsistono in un leggero dolore d’avvio oppuredolore dopo attività fisica (discesa).Progressivamente si può sviluppare una gonar-trosi in varismo, oppure una gonartrosi in valgi-smo e nel decorso protratto una panartrosi (ossiaun’artrosi di tutto il ginocchio). Nel varismo sof-fre specialmente il compartimento articolaremediale, nel valgismo quello laterale, nella panar-trosi soffrono tutti i compartimenti del ginocchio.Lo spazio articolare radiografico da prendere inconsiderazione è quello minimo. Nell’artrosi del

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ginocchio, le radiografie eseguite con il paziente supino non sono affidabili per valutare lagravità della perdita di rima articolare, e quindi la perdita cartilaginea; per risultare espres-sive, esse debbono essere eseguite sotto carico. Questi pazienti lamentano dolori nel sali-re le scale, nello stare seduti con il ginocchio flesso o nel sollevarsi dalla posizione accuc-ciata. Si possono avere sinovite con versamento e tumefazione del ginocchio. Questatumefazione dovuta al versamento articolare è in parte reversibile. Essa esprime sempreuna sinovite attiva, si accompagna a dolore spontaneo. I pazienti accusano spesso debo-lezza muscolare: questa può essere correlata ad ipotrofia da non uso per il dolore artico-lare, ma è stato trovato che qualche volta la debolezza si trova in pazienti che non hannomai avuto dolore ed è essa stessa un fattore di rischio per la comparsa di gonartrosi. Laconstatazione indica l’importanza della chinesiterapia rinforzante nella gonartrosi. La forzaestensoria del ginocchio è d’altro canto significativamente minore nei soggetti con alte-razioni radiologiche anche iniziali rispetto a soggetti normali. Scendendo ad un’esempli-ficazione quantitativa, pazienti con gonartrosi che non abbiano un’instabilità meccanicapotrebbero tollerare un incremento del loro tempo di marcia fino approssimativamente a30 minuti tre giorni la settimana. Nell’artrosi avanzata, il dolore cronico del ginocchio condisfunzione articolare grave si accompagna ad ipotrofia muscolare, debolezza, decondi-zionamento e contrattura in flessione.

Artrosi della mano Nell’artrosi della mano le articolazioni più colpite sono leinter-falangee distali, inter-falangee prossimali e primacarpo-metacarpale. L’ereditarietà e la comparsa prevalentenel sesso femminile (10:1) dopo la menopausa sono note.Le ripercussioni funzionali sono differenti per l’artrosi delleinter-falangee distali, delle inter-falangee prossimali, dellatrapezio-metacarpale, delle metacarpo-falangee e per l’ar-trosi erosiva di Crain (23). L’osteoartrosi erosiva di Crain è laforma di artrosi rapidamente progressiva che coinvolge le IFDle IFP, più raramente la trapezio-metacarpale. Radiografica-mente si osservano grandi cisti iuxta-articolari, rapida diminuzione della rima articola-re, erosione della limitante sub-condrale, danno epifisario, appiattimento dei profili arti-colari e, talvolta, sviluppo di anchilosi fibrosa od ossea (24, 25).

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Artrosi del polsoL’artrosi primaria radio-carpale del polso è rara e la malattia è solitamente seconda-ria a fratture o alla così detta pseudo-artrosi dello scafoide o a precedente necrosidel semilunare. L'artrosi radio-ulnare distale produce difficoltà di pronosupinazionee di posizionamento della mano.

Artrosi della spallaL’artrosi della spalla (omartrosi) è quasi semprepost-traumatica, o secondaria a displasia, adartrite (omartrite), ad osteo-condromatosi, adosteocondrite dissecante o anche a necrosi dellatesta omerale. Si può sviluppare anche nellevarie forme di instabilità della spalla. Si segnalaper la difficoltà alla rotazione laterale (mancal'aiuto compensatorio della scapola in questomovimento). Una lesione a tutto spessore (quasisempre traumatica, o forse micro-traumatica)della cuffia dei rotatori, determina una forma speciale di artrosi della spalla con risalitadella testa omerale, instabilità, conflitto acromiale e successiva artrosi. Questa sequen-za patogenetica è comunemente indicata come artropatia della cuffia dei rotatori. Nelsoggetto anziano può osservarsi il quadro speciale della spalla emorragica senile, conrottura della cuffia dei rotatori, risalita della testa, artrosi acromio-omerale e versamen-to emorragico. Nella spalla artrosica vera, da artropatia gleno-omerale, si osservanodolore e limitazione ai movimenti, soprattutto di rotazione esterna e di abduzione, ipo-trofia del muscolo deltoide e dei muscoli della cuffia dei rotatori.

Artrosi acromio-clavicolareL’artrosi acromio-clavicolare è per lo più secon-daria ad un trauma o ad una disfunzione dellaspalla, che ha determinato una lesione delleconnessioni dell’articolazione acromio-clavico-lare abbastanza importante da comprometter-ne la stabilità.

Artrosi del gomitoL’artrosi primaria interessa il gomito abbastanza raramente. Si tratta in prevalenza dipazienti che hanno subito un trauma o sono addetti a lavori pesanti o all’uso di stru-menti vibranti (per esempio martello pneumatico), rientrando così nei pazienti con

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Terapie mediche, chirurgiche,riabilitative dell’artrosi

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artrosi secondaria. Nell’artrosi del gomito, il dolore è in genere moderato, accom-pagnato però sempre da un apprezzabile deficit dell’estensione. La funzione delgomito essendo principalmente quella di assistere il posizionamento della manonello spazio, la disfunzione di quest'articolazione può essere compensata da altrearticolazioni, talchè spesso il paziente non si accorge di soffrire di una lieve artrosidel gomito.

Artrosi del piede e della cavigliaArtrosi del piede possono insorgere su varie ano-malie morfologiche congenite o acquisite. Necrosiossee asettiche giovanili vanno considerate defor-mità pre-artrosiche del piede. Nell’artrosi dellacaviglia talvolta nell’anamnesi si ritrova un traumacontusivo o distorsivo - meno spesso l'evento cla-moroso di una frattura bi- o trimalleolare. L’artrositibio-peroneo-astragalica è essa pure frequente-mente post-traumatica. Si ritrovano lesioni deilegamenti o degli esiti di queste. L’artrosi sotto-astragalica causa dolore al piede che simanifesta nella prono-supinazione e compare soprat-tutto nella deambulazione a piedi nudi su superficisconnesse. Il dolore è generalmente accompagnatoda un certo grado di limitazione. Disfunzioni cervicaliassai diverse l’una dall’altra rendono variato il quadrodell’artrosi cervicale: sindromi pseudo-radicolari, sin-drome cervico-cefalica, sindrome cervico-brachiale.

Artrosi lombareNell’artrosi lombare dolorosa (spesso l'artrosi radiologica in questa sede è asintoma-tica) si usa correntemente il termine lombalgia che definisce il dolore lombare spon-taneo o presente solo per certi movimenti, che si attenua col riposo ed è di originedisco-artrosica. È causato dal deterioramento discale o da spondilo-artrosi posterio-re. Ma il problema del dolore lombare investe aspetti molto difficili da spiegare,come è possibile rinvenire nella trattatistica specifica. L'area di sovrapposizione dellalombalgia con l'artrosi deve essere considerata insoddisfacente da chi si attiene alconcetto di artrosi lombare dolorosa. Nella condrosi intervertebrale si hanno discopatia e protrusioni discali. L’iper-lordo-

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si è associata a spondilartrosi posteriore ealla sindrome di Baastrup.

Iperostosi scheletrica diffusaL’iperostosi scheletrica diffusa o artrosi discosomatica iperostosante interessa preva-lentemente il tratto toracico che si presenta rigido ma generalmente poco dolentementre quello lombare, sovra-sollecitato, dà segni di sofferenza. Dolori delle artico-lazioni periferiche concomitano frequentemente e sono espressione della fibroosteo-si in queste sedi, componenti della malattia iperostosante.

Impostazione della terapia generale dell'artrosiGli scopi del trattamento anti-artrosico devono essere individuati con precisione:modificare in senso favorevole l’evoluzione del processo artrosico; attenuare il dolo-re nelle fasi algiche; attenuare l’infiammazione nelle fasi flogistiche; salvaguardare iltrofismo del complesso articolare; salvaguardare la funzione essenzialmente in ter-mini di movimenti finalizzati alle attività quotidiane o lavorative; vicariare la funzio-ne quando questa è perduta; rendere disponibili al paziente le necessarie informa-zioni sul suo problema. Alcuni di questi obbiettivi possono essere raggiunti solo parzialmente: ma è sempreopportuno descriverli al paziente insieme con tutti i mezzi terapeutici che ci si pro-pone d’impiegare. Gli obiettivi da perseguire sono generalmente interdipendenti e dimostrano uncerto grado di sovrapposizione; tuttavia è bene individuarli singolarmente permeglio definire i trattamenti da praticare. La terapia generale dell'artrosi comprende l'impiego di farmaci modificatori dellastruttura, di FANS, di farmaci per via topica, della terapia iniettiva intra-articolare, di

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Terapie mediche, chirurgiche,riabilitative dell’artrosi

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interventi in artroscopia, di interventi di sostituzione protesica, di terapia fisica, orte-si e bendaggi funzionali, chinesiterapia, istruzioni di economia articolare e terapiatermale.

L'impiego dei farmaci modificatori della strutturaIl tentativo più logico è non tanto di combattere esclusivamente il dolore e le espressio-ni flogistiche (o presunte tali), quanto di interferire con il processo patogenetico.Nell'intento di modificare l'evoluzione anatomo-patologica della malattia sono utilizzati i cosidet-ti DMOADs (farmaci modificanti le alterazionistrutturali) detti anche SYSADOA. Fra gli analge-sici puri, il tramadolo viene raccomandato neicasi di dolore notturno e non controllabile.La somministrazione di glicosaminoglicani èstata presa in considerazione in rapporto allealterazioni di queste macromolecole, riscontra-bili già nella fase biochimica dell’artrosi, fase cli-nicamente silente, e attuata quale interventocon finalità sostitutive e regolative. Fra i glicosa-minoglicani solfati sono stati utilizzati il glicosa-minoglican-peptide, l’acido glicosaminoglican-polisolforico, il pentosanpolisolfato, condroitin-solfato, la glucosamina. Fra i glicosaminoglicaninon solfati, è utilizzato soprattutto l’acido ialuro-nico. Il collageno di tipo II, proposto per il trat-tamento dell’artrite reumatoide, è anch’essooggi disponibile in terapia, sulla base di diversistudi sperimentali e opinioni. Gli elementi asostegno dell'impiego del collageno II nell'artro-si sono discussi più avanti.

Azione dei FANS nell'artrosi La terapia fisiopatologica dell'artrosi richiede comunque l’utilizzo simultaneo dimisure sintomatiche adeguate alla condizione clinica del momento (antinfiammato-ri, iniezioni locali, antidolorifici, ortesi, terapia fisica, esercizi). I FANS si sono rivelatida tempo utili nell’attenuare alcuni sintomi dell’artrosi, quali il dolore a riposo, inmisura minore il dolore al movimento, le difficoltà di avviamento. La storia naturaledella malattia artrosica non viene modificata da questi farmaci, tuttavia alcuni studiavrebbero dimostrato un miglioramento della funzione. Questo miglioramento si

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controllo di traslazione

regolazione dellamorte cellulare

citochine pro-infiammazione(IL-1, TNF, IFN)

P

P

P

P

PP

proMMP-9/2

proMMP-9

proMMP-2

proMMP-2

C2-ceramide

TIMP-2

Matrice proteica

Matrice proteica

MT1-MMP

MMP-9MMP-2

PPKR

PACT

CER

TNF-R55

TNFα

elF2α IκBα

IκBα

NFκB

NFκB

AP-1c-FOS c-J

UNaumento di espressionedi enzimadi degradazionedella matrice

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comprende bene pensando alla rimozione delle limitazioni funzionali indotte daldolore. Altri studi ben noti indicano al contrario un peggioramento strutturale sottol'azione dei FANS, peggioramento dimostrato inizialmente per l'indometacina. Ilconcetto attuale è che la terapia integrata cerca di unire allo stimolo fisico (per esem-pio chinesiterapia mirata) un intervento integrativo (per esempio acido ialuronico)che favorisca la transduzione dello stimolo meccanico riservando al FANS un'azionesostanzialmente antidolorifica che non appartiene a questo progetto, perchè la flo-gosi dell'artrosi non è una flogosi primaria, ma è condrogenica e fa parte del pro-cesso di attivazione dell'artrosi che coinvolge globalmente il complesso articolare.Alcuni aspetti del meccanismo d’azione dei farmaci antiflogistici hanno particolarerilevanza clinica nella cura del paziente artrosico. Infatti l’azione dei FANS è comples-sa, e riguarda l’influenza su numerosi meccanismi omeostatici. Sono da tenere presenti principalmente i possibili riflessi clinici delle seguenti azionibiologiche: inibizione sintesi prostaglandine, inibizione sintesi leucotrieni, inibizioneenzimi lisosomiali, inibizione collagenasi e ialuronidasi, inibizione istamina e seroto-nina, inibizione proliferazione cellulare, inibizione migrazione leucocitaria, inibizio-ne trasformazione linfocitaria, neutralizzazione radicali liberi, influsso su sintesi eriparazione DNA. Nell’artrosi il trattamento con questa classe di farmaci pone i bennoti problemi di intolleranza e di reazioni sfavorevoli, che riguardano soprattutto iltratto gastrointestinale, la funzione renale, la regolazione della pressione sanguigna,l’interazione con altri farmaci, la funzionalità epatica, gli effetti sulla cute, sul siste-ma nervoso centrale, e le reazioni allergiche di vario tipo. La dose antiflogistica diciascuna sostanza è bene stabilita, e rappresenta il dosaggio che attenua efficace-mente il dolore, l’aumento di calore locale e la tumefazione. Ma questo risultato èin pratica difficilmente ottenibile nell’artrosi, nella prassi medica il massimo che sipuò ottenere è un certo grado di attenuazione del dolore. I FANS non incrociano levie maestre della fisiopatologia dell'artrosi, ed il loro effetto sintomatico è di tipogenerico. Inoltre, l' ”infiammazione “ dell'artrosi in poussée evolutiva fa parte di unprocesso ben più complesso, definibile come attivazione dell'artrosi, e non può esse-re assimilata ad altre flogosi, possibilmente più sensibili ai FANS. L’indivi-dualizzazione del dosaggio di questi si rende poi necessaria perchè vanno tenute inconto la riserva funzionale dei vari organi, l’età, le malattie note o sospettate. I far-maci antiflogistici non steroidei comprendono diverse classi tra cui quella dell’acidoacetilsalicilico, dei derivati dell’acido acetico e sostanze correlate, oxicam-derivati,derivati dell’acido propionico, fenamati, altri farmaci antinfiammatori/antireumatici,non steroidei COX-2 selettivi. La combinazione di più FANS appare in pratica privadi utilità, e fonte di maggiori effetti collaterali a causa di possibili interazioni. Si puòricercare la scelta individuale del farmaco nei singoli pazienti in rapporto alle con-troindicazioni specificamente note per ciascuna molecola. Molte controindicazioniai FANS possono essere ovviate tenendo conto dei relativi percorsi metabolici eregolativi. Tuttavia negli anziani è facile imbattersi in scompensi cardiorespiratori e

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crisi ipertensive o ancora brusca disfunzione renale precipitati dai FANS. Le moleco-le introdotte più di recente inibiscono selettivamente l’isoforma COX-2 dell’enzimacicloossigenasi. La ricerca di queste nuove molecole è stata incentivata dall’ipotesiche questi farmaci possano ridurre il rischio di ulcere del tratto digerente rispetto aiFANS classici. Si sono però profilate altre difficoltà e in maniera crescente viene oggiraccomandata cautela nei pazienti con ipertensione, scompenso cardiaco, insuffi-cienza renale anche modesta. Queste osservazioni, insieme ad un numero inattesodi segnalazioni di complicanze gastrointestinali, e ad un possibile incremento delrischio di eventi trombotici arteriosi osservati nell’esperienza detta "post-marketing",avevano indotto l’EMEA ad una rivalutazione del profilo rischio/beneficio dei farma-ci a base di inibitori delle COX-2 già nel 2002. È poi comune esperienza medica che i FANS non hanno sempre la stessa efficacianelle diverse persone e nelle diverse sedi e localizzazioni dell'artrosi. Occorre pren-dere atto che gli effetti collaterali dei FANS producono sofferenze e costi molto rile-vanti nell'insieme della popolazione, data l'estensione del loro uso e la tendenzadelle persone sofferenti di artrosi a ricercare un sollievo immediato nel farmaco.

Farmaci per via topicaUna certa efficacia dei prodotti per via topica è riportata in numerosi studi controlla-ti. Molti pazienti riferiscono vantaggio dall’applicazione di unguenti e sistemi trans-dermici contenenti farmaci antiflogistici non cortisonici. È abbastanza sorprendenteche studi randomizzati e di ampio respiro abbiano fornito alcune prove di efficaciainattese, e in molte circostanze poco lontane da quelle ottenibili con medicazioni piùaggressive. Tali studi riguardano soprattutto la capsaicina. Ma la diffusione dei farma-ci antiflogistici non steroidei per uso topico è in continua crescita fors'anche per lapresa di coscienza, sia da parte dei medici che dei pazienti, dei rischi rappresentatidalle cure protratte con FANS per via orale.

Terapia iniettiva intra-articolareTralasciando i tentativi con acido osmico e la radiosinoviortesi, la terapia iniettivaintra-articolare nell’artrosi consiste nell’iniezione intra-sinoviale di farmaci quali i cor-tisonici, gli anestetici locali, gli antiflogistici non cortisonici e l’acido ialuronico.Guardando all'azione immediata sul sintomo, l’iniezione di cortisonici determinaquasi in ogni caso miglioramento immediato della sinovite con diminuzione deldolore e della tumefazione. Il miglioramento ottenuto con i cortisonici concerneesclusivamente l'attivazione flogistica sinoviale, non influisce sulla poussée evolutiva;di fatto, l'iniezione è controindicata nell'artrosi atrofica, nell'artrosi erosiva, nell'artro-si con vasti geodi, e va considerata pericolosa - in quanto possibile causa di osteo-necrosi - nell'artrosi dell'anca. L’attivo rimaneggiamento osseo che si riscontra in

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molte artrosi ha suggerito di prestare attenzione alle microfratture sub-condralicome causa di dolore e in queste il cortisone intra-articolare agisce sfavorevolmente. Ladose di farmaco da iniettare differisce per le diverse articolazioni. In sostanza, la terapiaintra-articolare con cortisonici nelle artrosi viene praticata in fase di acuzie per domare lareazione flogistica sinoviale. Sono in uso corrente i corticosteroidi preparati per iniezioneintra-articolare sotto forma di sospensioni cristalline. Reazioni puriformi asettiche e vam-pata di calore con arrossamento ai pomelli sono di comune osservazione dopo iniezio-ne intrasinoviale di cortisone. Malgrado qualche divergenza in proposito, iniezioni intra-sinoviali corticosteroidee ripetute a modesti intervalli sono certamente causa di deterio-ramento articolare anche in presenza di un miglioramento dei sintomi. Distrofie cutaneee ipodermiche locali sono di osservazione comune. Una vera liponecrosi è più rara.L'aspetto atrofico-teleangiectasico conseguente ad una iniezione di cortisone che ha dif-fuso nel sottocutaneo dura per mesi. La depigmentazione è un'ulteriore componente diquesta sindrome distrofica corticoindotta. L’iniezione intrasinoviale di anestetici localiviene correntemente associata al cortisone. Tuttavia anche utilizzata da sola esercita uncerto effetto antidolorifico diretto nell’artrosi del ginocchio. Per azione riflessa, anesteticisono stati utilizzati nella cosidetta neuralterapia e in altre tecniche infiltrative periartico-lari. Vengono infiltrati punti trigger non sempre coincidenti con l'area dolente, con risul-tati sul dolore talvolta sorprendenti, ma sempre transitori. Va tenuto presente il rischio direazioni avverse anche gravi agli anestetici (shock anafilattico). Farmaci antiflogistici noncortisonici del gruppo dei FANS, iniettati per via intrasinoviale, non possono essere con-siderati, al momento, un trattamento raccomandabile. Invece l’acido ialuronico per viaintrasinoviale quale risorsa di protezione articolare è stato molto studiato e sempre piùadoperato, soprattutto nell’artrosi del ginocchio. I risultati favorevoli di questa terapiasono differenti a seconda delle articolazioni considerate (vedi oltre).

Terapia cortisonica per via sistemicaLa terapia cortisonica per via sistemica non è indicata nell’artrosi. Al contrario perl’infiammazione e per il dolore delle strutture extra-capsulari sono indicate anche leterapie infiltrative cortisoniche peri- e para-articolari. Si tratta essenzialmente di inie-zioni traccianti o a ventaglio di miscele cortisonico-anestetiche. La borsite esige inve-ce una precisa localizzazione dell’iniezione. La guida ecografica può essere utile.L’iniezione anestetica può servire per meglio evidenziare la fonte del dolore. Nellecomplicanze radicolari delle discopatie e dell'artrosi vertebrale l'indicazione alla tera-pia cortisonica è corretta.

Aspetti di chirurgia dell'artrosiInterventi in artroscopia consentono la soluzione di problemi particolari. La chirur-gia dell'artrosi è oggi molto differenziata. Gli ammalati d’artrosi grave possono veni-

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re operati di osteotomia (riallineamento con modifica dei punti di pressione), diartrodesi (irrigidimento di articolazioni troppo dolenti o instabili), o di artroprotesi(sostituzione parziale dei capi articolari). La sostituzione protesica è indicata nelleforme gravi di artrosi (es. anca o ginocchio). L’indicazione precisa di questa sostitu-zione è ricompresa nella presenza di sintomatologia dolorosa debilitante, associataa distruzione articolare e a limitazione notevole del movimento del ginocchio. Lasostituzione protesica mira al sollievo dal dolore, alla stabilizzazione dell’articolazio-ne, ed al ristabilimento di un arco articolare.

Terapia fisicaUn’azione fisica antalgica diretta è data dall’elettroterapia nota come TENS (stimo-lazione nervosa transcutanea). Questa modalità terapeutica è stata molto studiata -e trovata utile - nel dolore miofasciale e neuropatico, mentre nell'artrosi gli studidisponibili sono meno numerosi. La terapia analgesica per mezzo di laser, di intro-duzione relativamente recente nel trattamento dell’artrosi, sembra determinareun’attenuazione della sintomatologia algica. Devono ancora essere stabiliti dosaggispecifici e precise indicazioni. Recente attenzione è stata prestata ai favorevoli risul-tati ottenuti con low power laser (Biolite). L’ultrasuono-terapia in acqua viene pureutilizzata correntemente. L'utilità sembra più manifesta se gli ultrasuoni vengonoutilizzati in associazione agli esercizi isocinetici per il ginocchio.Tra i mezzi fisici solo la crioterapia possiede azione antinfiammatoria e antalgicadiretta sicura anche se spesso transitoria. Il fondamento fisiopatologico di questotrattamento risiede in parte nell'effetto vasocostrittore che limita l'edema ed eserci-ta un'azione antiflogistica abbassando la temperatura articolare, diminuendo l'atti-vità collagenasica e riducendo il numero dei leucociti presenti. Nell’artrosi attivata,si può ottenere un effetto di attenuazione dell’infiammazione con la crioterapiamediante borsa di ghiaccio o con l’utilizzazione di fasciature o impacchi freddi e altrimezzi volti a ridurre la temperatura locale. Massaggi con ghiaccio o correnti laminari di aria fredda possono rappresentaremezzi di applicazione alternativi. L’idroterapia tiepida rappresenta principalmenteun sussidio del procedimento riabilitativo. L’idroterapia fredda rappresenta inveceuna modalità di terapia antiflogistica per azione del freddo. L’applicazione di calorepuò essere ottenuta con metodi diversi, da quelli più semplici di uso domesticoimpacchi caldi, applicazione di termofori, raggi infrarossi e ultravioletti agli impac-chi di fango, alle applicazioni elettriche. L’applicazione di calore è controindicatada flogosi intensa dell’articolazione artrosica oppure da lesione dei tessuti super-ficiali. È invece utile nelle artrosi con retrazioni e fibrosi, e con scarsa attività flogi-stica, ed anche come preparazione agli esercizi. L’applicazione di calore può inol-tre facilitare i primi movimenti del mattino del paziente artrosico. Il riposo articolare semplice o realizzato con l’ausilio di ortesi, docce, altri suppor-

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ti, non deve durare oltre lo stretto necessario. La terapia termale è una risorsa fisi-ca e riabilitativa utilizzabile nell'artrosi in presenza di personale specializzato.

TutoriIn alcune sedi articolari - come nel caso della rizartrosi - l’utilizzo di un tutore-immo-bilizzatore dell’articolazione trapezio-metacarpale porta ad un rapido miglioramen-to della sintomatologia dolorosa. Analogamente un collare per la colonna cervicaleconsente di attenuare il dolore nelle cervicalgie acute senza o con radicolalgia; cor-setti di vario tipo aiutano il paziente in corso di lombalgia; ginocchiere e cavigliere,soprattutto stabilizzanti, sono indicati nell’artrosi del ginocchio e della caviglia. Sideve tuttavia quasi sempre tendere il più rapidamente possibile (salvo casi speciali)al recupero del movimento. Si può attuare una chinesiterapia posturale, statica odinamica.

Terapia del movimentoIl trattamento chinesiterapico dell’artrosi ha lo scopo di scaricare le articolazioniartrosiche, di eliminare le contratture e di rieducare la muscolatura con esercizi iso-metrici e riflessi. Sono importanti a questo fine gli esercizi di rinforzo muscolare cheperseguono un miglioramento della stabilità articolare. Devono essere però condotti con cura particolare, ossia senza indurre un’iper-pres-sione articolare, che può provocare un’accentuazione dei sintomi nei casi di artrosiattivata. Gli esercizi possono essere isometrici, isotonici e isocinetici e il mix di essi,per ciascun paziente, va studiato in rapporto all’articolazione interessata, al grado dievoluzione e all’attività dell’artrosi. La chinesiterapia da utilizzare nelle varie localiz-zazioni e forme evolutive di artrosi è altamente differenziata ed è raccomandabilericorrere al consiglio di uno specialista fisiatra. La chinesiterapia nella gonartrosicostituisce una parte irrinunciabile del programma terapeutico. Deve essere prescrit-ta ginnastica attiva isometrica e, nel caso, chinesiterapia attiva, assistita o contrasta-ta. Spesso si ha debolezza muscolare che può essere correlata ad ipotrofia da non-uso per il dolore articolare. Qualche volta la debolezza si trova in pazienti che nonhanno mai avuto dolore ed è essa stessa un fattore di rischio per la comparsa digonartrosi. È un'area dove è concettualmente interessante l'abbinamento terapia diprotezione-stimolo fisico. Per il rinforzo inizialmente sono raccomandati esercizi iso-metrici perché essi comportano un minor movimento articolare e meno probabilitàdi indurre dolore. Esercizi isometrici seguiti da esercizi contro resistenza si accompa-gneranno a riduzione del dolore e a miglioramento della funzione. Bisogna associa-re sempre qualche forma di esercizio aerobico (nuoto, bicicletta) per migliorare lacapacità di prestazione, ed esercizi mirati ad aumentare la velocità della contrazio-ne. Sono stati progettati diversi tipi di esercizio idonei alle diverse forme di artrosi

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del ginocchio. Nell’artrosi femoro-tibiale su ginocchio varo o ginocchio valgo sideve ricorrere a speciali posture prolungate con un’ortesi di scarico compartimen-tale che si oppone alla deformazione. Nell’artrosi femoro-patellare con iper-pressio-ne esterna bisogna curare la rotazione interna femoro-tibiale. Il dolore cronico delginocchio si accompagna ad ipotrofia muscolare, debolezza, decondizionamento econtrattura in flessione. Posture preventive e potenziamento degli estensori con sti-ramento dei flessori associati a diverse modalità di terapia fisica sono indicate. È notal’efficacia del potenziamento del quadricipite nel migliorare la stabilità articolare deipazienti con gonartrosi, specie in associazione con il taping della patella. A tutti ipazienti deve essere prescritta come primo punto una mobilizzazione attiva inassenza di carico. L’intervento del terapista nell’artrosi dell’anca riguarda prima ditutto la postura: la postura prona protratta durante il giorno è un importante coa-diuvante nel mantenimento dell’articolarità perché ostacola la contrattura in flessio-ne. Esercizi in piedi che aiutano a mantenere la forza negli estensori dell’anca mira-no allo stesso scopo. Nel combattere il dolore sono spesso necessarie misure di sca-rico. Gli esercizi, sempre aiutati da cure mediche antalgiche, devono essere a pro-gressione lenta e non mirare ad un recupero “troppo ambizioso” dei movimenti arti-colari. Ci si prefigge piuttosto di mantenere l’arco articolare, almeno parzialmente iltrofismo muscolare, l’elasticità dei tessuti articolari e peri-articolari. Vanno verificatii movimenti di flesso-estensione, di abduzione, di adduzione e di intra-rotazione. Iltipo di squilibrio muscolare che può essere opportuno correggere nei vari pazientivaria secondo il morfotipo e la tendenza dell’artrosi a destabilizzare l’articolazione inmaniera differenziata. Si può tentare in alcuni casi di ottenere un miglioramento del-l’arco articolare. Sono realizzabili esercizi attivi in scarico, esercizi attivi con carico oresistenza, esercizi passivi mediante chinesiterapia assistita o facilitata. Esercizi diallungamento e di facilitazione propriocettiva sono indicati in casi selezionati. Inmolti pazienti una “contrattura” muscolare ostacola i movimenti: essa può essereantalgica, riflessa anche al di là dell’allarme doloroso, oppure essere - più che con-trazione - retrazione muscolare con fibrosi. Le contratture riflesse si giovano dimanovre riflesse come alcuni tipi di massaggio o anche di blanda termoterapia, pre-paratoria all’esercizio. Le contratture da dolore debbono fondamentalmente esseremigliorate con le cure antalgiche. Le retrazioni muscolari possono essere miglioratecon esercizi di allungamento; si possono usare tecniche di facilitazione propriocetti-va. Nell’artrosi della spalla esercizi mobilizzanti possono essere eseguiti precocemen-te per esempio secondo lo schema di Codman. Tentativi di riabilitazione nell’artrosi delgomito mediante esercizi attivi e chinesiterapia passiva vanno sempre eseguiti con cau-tela, perché possono comportare sofferenza del nervo ulnare. Per l’artrosi del rachide,esistono esercizi specifici globali o segmentari, con tecniche differenziate che privilegia-no di volta in volta il potenziamento della stabilità, il ripristino della postura e della armo-nia del movimento. La mobilizzazione delle piccole articolazioni è indispensabile per pre-venire la rigidità articolare. Si preferiranno di volta in volta mezzi passivi e mezzi attivi o

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attivo-assistiti. La chinesiterapia è analitica e globale. Una pallina di gomma non gradua-ta va generalmente proscritta nelle artrosi dolorose perché produce resistenza non gra-duabile. La trapezio-metacarpale non va, in linea di principio, mobilizzata. Una parzialerigidità articolare in posizione di funzione è preferibile alla sintomatologia dolorosa.

Chi deve prendere in carico il paziente artrosico?

Il trattamento dell’artrosi è in gran parte affidato al Medico di famiglia. Alla sua compe-tenza è anche delegata la valutazione globale delle cure praticate dal paziente, vero giu-dizio critico fondato sulle priorità terapeutiche e sul rapporto costi-benefici di ogni sin-gola terapia. In effetti la frequenza dell’artrosi negli anziani fa si che l’artrosico avanti conl'età soffra simultaneamente di parecchie malattie. Di volta in volta possono ovviamente rendersi necessari una valutazione specialistica reu-matologica o, nei casi più complessi, una collaborazione fra diverse competenze medi-che (reumatologiche, ortopediche, fisiatriche). La cura dell'artrosi deve sempre include-re interventi (ri)abilitativi e una cura di fondo.

ll Medico di famiglia e la valutazione dell’impiego dei FANS nel lungo termineUn punto di rilevante interesse pratico riguarda la valutazione dell'utilità e del rischio del-l'impiego dei FANS. Nel paziente artrosico, il trattamento con questi farmaci deve dun-que essere attentamente sorvegliato - svolgendosi nell’arco di anni - per sorprendereogni intolleranza o reazione sfavorevole, che possono riguardare soprattutto il trattogastro-intestinale, la funzione renale, la regolazione della pressione sanguigna, l’intera-zione con altri farmaci, la funzionalità epatica, gli effetti sulla cute, sul sistema nervosocentrale, e le reazioni allergiche di vario tipo. Dobbiamo tuttavia ammettere che questasorveglianza è ben lungi dal risultare soddisfacente in tutti i casi, perchè effetti avversi sipresentano anche se si usa ogni attenzione. Il miglioramento del meccanismo di segna-lazione degli effetti avversi ha portato in giusta luce le conseguenze negative dell'impie-go diffuso dei FANS, favorendo l'attenzione agli studi eseguiti con farmaci di fondo e por-tando in giusta luce il valore della terapia di protezione articolare nella speranza che l'im-piego di questi porti ad una diminuzione globale dell'impiego dei FANS, come alcunistudi hanno potuto effettivamente dimostrare per certe localizzazioni artrosiche.

Somministrare i FANS per via topicaUna certa efficacia dei prodotti per via topica è riportata in numerosi studi control-lati. Molti pazienti riferiscono vantaggio dall’applicazione di unguenti e sistemi tran-sdermici contenenti farmaci antiflogistici non cortisonici. Occorre considerare la pre-senza di possibili azioni riflesse e di effetto placebo, nonché la migliore complianceper trattamenti ritenuti innocui dal paziente; infatti non è pensabile che con questa

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metodica di applicazione vengano raggiunte concentrazioni farmacologicamenteefficaci nel complesso articolare. Reazioni e intolleranze locali sono legate sia al far-maco sia alle sostanze aggiunte per favorirne la penetrazione.

Terapie con acido ialuronicoAcido ialuronico pervia intrasinovialeL’acido ialuronico per via intrasino-viale è stato molto studiato e vienelargamente utilizzato soprattuttonell’artrosi del ginocchio. I fondamenti di questo tipo di trat-tamento sono sufficientementenoti. Le funzioni dell'acido ialuroni-co sono di contribuire a stabilizzarela funzione articolare, di barrierameccanica, di ostacolo alla penetra-zione di macromolecole e di leuco-citi nell'articolazione, di svolgereazione antinfiammatoria e antidolo-rifica per interferenza con recettorialgogeni, di modulare l'attività deisinoviociti, e l'attività biologica deicondrociti. È ben noto che il coeffi-ciente di attrito, che nelle cartilagininormalmente lubrificate dal liquido sinoviale fisiologico è molto basso, nell’artrosi siritrova aumentato: lo ialuronato interagirebbe con la lubricina ripristinando un norma-le potere di lubrificazione. L’iniezione intra-articolare dell’acido ialuronico è spesso rife-rita come viscosupplementazione, per indicare la primaria intenzione di ovviare all'au-mentato attrito articolare: tuttavia al farmaco spettano importanti azioni regolatorieampiamente studiate e dimostrate. Esso è risultato diversamente attivo nelle diversesedi articolari per cui gli studi clinici in merito vanno esaminati partitamente.

Studi clinici sull'acido ialuronico intra-articolareSul piano clinico, una grande meta-analisi che include 76 studi clinici controllati èstata recentemente pubblicata e aggiornata dalla Cochrane Collaboration. Questaclasse di farmaci è stata considerata per ampio consenso efficace e sicura quandoimpiegata nella gonartrosi. È disponibile una revisione sistematica del dicembre2006 di cinque meta-analisi pubblicate sulla viscosupplementazione nell’artrosi del

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ginocchio (26). Le differenze metodologiche presenti nei vari studi non impedisconoa questa valutazione di concludere per evidenza di efficacia di livello I nel produrremiglioramento su parametri consolidati nella gonartrosi. Da considerare il peso deci-sivo dell'artrosi del ginocchio nell'incapacità locomotoria dell'anziano e la fragilità diquesti di fronte a terapie considerate abituali (cortisonici intrasinoviali, FANS) e cor-rispettivamente il valore di un miglioramento ottenuto con un farmaco biologico,quali quelli adoperati per la terapia di fondo per la protezione articolare. La nume-rosità e l'ampiezza degli studi sull'efficacia dell'acido ialuronico intrasinoviale incorso di gonartrosi hanno consentito diverse osservazioni clinicamente rilevanti,come ad esempio una maggior efficacia nei pazienti con indice di severità di 10 opiù in pazienti più anziani di 60 anni. Per l’artrosi dell’anca, una revisione della let-teratura disponibile ed una prova su 60 pazienti con coxartrosi, oltre ad orientareverso una minor efficacia che per il ginocchio, porta gli autori a segnalare due pro-blemi riguardanti la terapia iniettiva di quest'articolazione: uno, che l’iniezione nel-l’anca è piu’ difficile che nel ginocchio; due, che il danno anatomico della coxartro-si che dà sintomi è spesso già avanzato e quindi poco suscettibile di miglioramentoclinico (27). Al primo problema si può ovviare con l'esperienza, l'addestramento e neicasi opportuni con l'iniezione ecoguidata, al secondo valutando l'opportunità dianticipare l'intervento terapeutico iniettivo ai primi sintomi che, vogliamo qui ricor-darlo, consistono spesso in una semplice dolorabilità dopo uno sforzo precedente-mente ben tollerato dal paziente, senza che si debba attendere un reperto clinicoobbiettivo.

Reazione infiammatoria asettica dopo iniezione intrasinovialeNon esistono nella prassi reumatologica farmaci attivi del tutto sprovvisti di possibili rea-zioni avverse. L'iniezione di preparati cortisonici deposito può essere seguita da reazioneinfiammatoria immediata (24 ore), reazione apparentemente più frequente nei gottosi enei pazienti con condrocalcinosi, ma possibile in realtà con ogni tipo di paziente. Gli ele-menti diagnostico-differenziali di questa sgradevole evenienza con l'artrite settica sonodi solito facilmente dirimenti (28). Di gran lunga minori i problemi che si presentano conl'iniezione intrasinoviale dell'acido ialuronico, anche ripetuta, dove pure è descritta unareazione infiammatoria che si è voluto denominare Severe Acute Inflammatory Reaction[SAIR] o intra-articular HA-associated pseudosepsis, in analogia alla reazione puriformeasettica determinata dall'iniezione di cortisone. Mentre la reazione puriforme asettica èun'artrite microcristallina iatrogena, la reazione all'acido ialuronico sarebbe di tipo immu-nologico e limitata all'iniezione di cross-linked hylan G-F 20. Ambedue queste reazioninon sembrano d'altronde inficiare l'azione terapeutica. Non conviene praticare iniezioniintrasinoviali di nessun tipo in pazienti già trattati di cui non si conosca da documento

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scritto la storia clinica articolare e generale e in particolare la natura di un pregresso trat-tamento intra-articolare. L'anamnesi di precedenti flogosi post-iniettive è evidentemen-te molto importante. Articolazioni eccessivamente infiammate o traumatizzate sono piùproclivi a flogosi post-iniettive. Un aiuto pratico nell'attenuare gli inconvenienti può esse-re dato da una previa crioterapia. In generale, l’iniezione intrasinoviale di acido ialuroni-co non deve essere praticata con l'intenzione di ottenere un' azione rapida e diretta suldolore e sulla flogosi, ma deve far parte di un progetto di cura organizzato e protratto.

Quali sono le azioni fondamentali dell’acido ialuronico?

Sebbene i meccanismi completi non siano noti, si conoscono il legame diretto con i recet-tori soprattutto dei CD44 che dà luogo nella sinoviale e nella cartilagine a diverse attivazio-ni biologiche. I meccanismi conseguenti includono un’aumentata produzione endogenadi ialuronato e aggrecano nell’articolazione, la formazione di una barriera meccanica con-tro l’attivazione dei nocicettori, l’inibizione di mediatori del dolore quali PGE, bradichinine.Un effetto antinfiammatorio osservabile nel medio periodo con questo farmaco deriva dallapossibile inibizione dell’attività di citochine pro-infiammatorie, e dall’inibizione dell’attivitàdi cellule infiammatorie e da un effetto favorevole sull’attività degli immunociti. Un effettoantiossidante - e quindi protettivo della struttura - è pure stato dimostrato (29). L’acido ialu-ronico e due suoi subcomponenti, l’acido D-glicuronico e l’N-acetil-D-glucosamina hannodimostrato con tecnica di chemiluminescenza di esercitare azione protettiva sui fattori ossi-danti. Il ripristino di una migliorata viscosità dovrebbe quindi essere l’effetto di numerosemodificazioni funzionali, più che un effetto diretto dell’introduzione articolare del farmaco.In questo senso il termine di viscosupplementazione appare riduttivo. L’acido ialuronicointra-articolare avrebbe un effetto condroprotettivo se utilizzato precocemente (30). Certo lavia di somministrazione intra-articolare poco si presta per alcune articolazioni a sommini-strazioni ripetute e prolungate e questo spiega come l'indicazione riguardi soprattutto ilginocchio e l'anca (ma anche la spalla). Questo fatto suggerisce l'uso di altre vie di sommi-nistrazione (31).

Altre conoscenze sugli effetti della terapia con acido ialuronicoSi tratta in realtà di un componente ubiquitario delle matrici che ha già trovato impieghidiversi, come nella correzione di alterazioni senili della cute, lipodistrofia facciale e preven-zione di cicatrici e di cheloidi (32). L'acido ialuronico ha diverse funzioni strutturali e regola-tive dimostrate e può intervenire anche nelle fibrosi articolari come dimostrato dagli studisulla capsulite adesiva (33-36). L'acido ialuronico non è un semplice lubrificante, ma unasostanza regolatrice del trofismo.

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Sodio ialuronatoLe cellule della sinoviale, tessuto connettivo altamente vascolarizzato, e in particolare ifibroblasti, sono responsabili della sintesi di acido ialuronico, che conferisce al liquido sino-viale speciali proprietà reologiche, che dipendono strettamente sia dalla concentrazioneche dal peso molecolare di questa importante componente. Nell’artrosi, come in altreartropatie, di norma la concentrazione e le dimensioni molecolari dell’acido ialuronicodiminuiscono: il peso molecolare dell’acido ialuronico nelle articolazioni di pazienti affettida artrite reumatoide tende a scendere di circa il 30%, anche se negli studi in merito alme-no il 30% dell’acido ialuronico presente era ancora di peso molecolare elevato (37) . Il pro-blema del peso molecolare dell’acido ialuronico esogeno utilizzato in terapia è notoria-mente oggetto di discussione, ma un modello proposto sembra chiarire alcuni aspetti chepotrebbero utilmente orientare l’approccio terapeutico (38) . In particolare, l’acido ialuroni-co con peso molecolare compreso tra 500,000 e 4000,000 dalton, sembra essere il piùidoneo a stimolare il maggior numero di recettori a livello dei fibroblasti, aumentando inmodo ottimale la biosintesi di acido ialuronico endogeno. L’acido ialuronico di peso mole-colare diverso da quello descritto (<500,000 o maggiore di 4000,000 dalton), non sareb-be in grado di indurre una stimolazione adeguata della biosintesi di acido ialuronico daparte dei fibroblasti.

Come studiare l'effetto dei farmaci modificanti la struttura Per la valutazione dell'efficacia di questi farmaci, in un primo tempo era stato asserito chesi dovesse prescindere dalla ricerca di un possibile effetto antalgico, per polarizzarsi inte-ramente sugli studi d'immagine. Successivamente ci si è resi conto che la verifica del dolo-re resta un passo importante anche in questo tipo di studi. Nelle cure con farmaci modi-

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ficanti la struttura, un controllo clinico va effettuato ogni tre mesi. La radiografia studia laprogressione dell'artrosi nell'anca e nel ginocchio valutando lo spazio minimo articolareradiologico, perchè questa misura rimane più sensibile degli scores globali radiografici del-l'artrosi. Pertanto molti studi sul condroitinsolfato e sulla glucosamina fissano l'attenzionesu questo parametro essenziale negli studi d'immagine, e solo secondariamente sulla pre-senza di osteofitosi e d'altre alterazioni, che è logico considerare meno significative comeindicatori della perdita della cartilagine. Solo negli studi di prevenzione la valutazione degliosteofiti riprende invece valore come indicatore di morfologia correlata questa volta aldolore del ginocchio. Gli studi che dimostrano l'influenza favorevole della glucosaminasulla rima articolare del ginocchio sono più numerosi di quelli effettuati sul condroitinsol-fato, al quale tuttavia è stato dato di recente un importante supporto di conoscenza (39).Studi proposti con l'impiego della risonanza magnetica nucleare non hanno sinora datorisultati utilizzabili nella pratica corrente.

Terapie con glucosaminaGlucosaminaLa glucosamina è un aminomonosaccaride presente in moltitessuti, inclusa la cartilagine. La glucosamina può essere otte-nuta dalla chitina - il secondo polimero per diffusione sullaterra - oppure può venire sintetizzata in laboratorio.L'aminogruppo viene aggiunto al glucosio che viene successi-vamente acetilato; questa acetil glucosamina è un componen-te strutturale dell'acido ialuronico, dell'eparansolfato e del che-ratansolfato. In commercio la glucosamina è proposta comesupplemento dietetico «nutraceutico» da solo oppure in asso-ciazione con magnesio, rame, zinco, selenio, vitamina A e C.Viene anche comunemente formulata in associazione al con-droitinsolfato. Oltre il 50 per cento della glucosamina ingeritanon è ionizzato nell'intestino e va incontro a rapido assorbimento. Una certa quota è poitrattenuta nell'organismo, incluse le cartilagini. Per queste ha anzi uno speciale tropismoed ivi viene captata dai condrociti che la incorporano nei proteoglicani, i quali vengonopoi secreti come componenti della matrice extracellulare. Il condroitinsolfato ha unamolecola più grande, e viene assorbito anche se meno prontamente della glucosamina.

La glucosamina come farmaco modificatore della strutturaLa glucosamina è stata caratterizzata come farmaco ad azione lenta per il trattamen-to di base dell'artrosi. Vi sono diversi fondamenti sperimentali a sostegno di questo

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trattamento, come per esempio l'incremento della sintesi dei proteoglicani peraggiunta di glucosamina a colture condrocitarie e l'influenza sull'espressione genicariguardante l'aggrecano e il perlecano. Nel condrocito fetale umano, la glucosami-na incrementa la sintesi del collageno di tipo II, fatto non osservabile nei condroci-ti adulti. La glucosamina agendo sul condrocito adulto di cartilagine artrosica incre-menta però la sintesi dei proteoglicani (40). Sul versante del contrasto alle azioni flo-gistiche sta il riscontro di una inibizione dell'azione dell'interleuchina 1 nell'indurreattività aggrecanasica e quindi il catabolismo dell'aggrecano (41, 42).

Studi clinici sulla glucosaminaStudi clinici sistematici sull'azione della glucosamina sono iniziati intorno al 1969 esono ad oggi numerosissimi. La ricerca su Medline su “glucosamine and osteoarth-ritis” restituisce al momento 415 voci di cui 47 relative all'anno 2000, 72 al 2001,57 all'anno 2002, 65 nel 2003, 149 nel 2004, 130 nel 2005, 202 nel 2006 e fino-ra 27 nel 2007. La ricerca su EMBASE, come pure qualla su altri database, dà risul-tati simili. Il ginocchio è di gran lunga la sede articolare più studiata. Studi non piùrecenti trovarono già la sostanza efficace e ben tollerata nella gonartrosi, ed ancheefficace come antalgico nella stessa sede con un vantaggio clinico perdurante piùdell'ibuprofene. Uno studio di poco successivo la trovava efficace sui sintomi - sem-pre nella gonartrosi - quanto l'ibuprofene, comparatore ritenuto elettivo per effica-cia e tollerabilità (43, 44). In una revisione di interesse pratico comprendente studi sul-l'artrosi di qualsiasi localizzazione, la glucosamina è stata nuovamente confermata

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efficace quanto l'ibuprofene (45). Più complessa appare l'interpretazione dei datidello studio GUIDE, di dimensioni relativamente ridotte, ma di lunga durata, stu-dio che ha inteso valutare l'effetto antalgico della glucosamina nei confronti delparacetamolo e rispettivamente del placebo, in 318 pazienti con gonartrosi. Lo stu-dio è durato sei mesi, un tempo da ritenersi adatto per la valutazione dell'azioneantalgica - non sufficiente naturalmente per studi di struttura. La glucosamina haridotto il dolore meglio del placebo, ed anche del paracetamolo (46). La glucosami-na sembra più efficace nel migliorare i sintomi dell'artrosi del ginocchio nei pazien-ti con bassa massa corporea, che presentano osteofiti patello-femorali e non osteo-fiti tibio-femorali laterali (47). A fianco dei numerosi studi che testimoniano l'azione favorevole della terapia diprotezione articolare non mancano controversie sull'efficacia della glucosamina edel condroitinsolfato nella gonartrosi (48). Per spiegarsi almeno in parte questediscrepanze vanno presi in considerazione a nostro giudizio non solo una disomo-geneità delle tecniche di valutazione, ma anche un problema nel problema costi-tuito dall'esistenza di differenti sottotipi di artrosi del ginocchio, non solo morfolo-gici, ma anche metabolici. Come già sottolineato, l'artrosi rapidamente progressi-va non viene menzionata negli studi nemmeno come fattore di esclusione. Un con-tributo a questo tipo di difficoltà, in particolare all'effetto che il dolore può produr-re sullo studio radiografico del ginocchio, è stato dato da una ricerca che dimostracome dolore lieve e moderato non alterino il dato in corso di trials con farmacimodificanti la struttura (49). Sebbene in questo caso lo studio dimostri l'assenza dibias nella sperimentazione, indica tuttavia che il complesso di questi problemi esi-ste. Malgrado ciò, in uno studio della lunghezza di tre anni, randomizzato, control-lato col placebo, e in doppio cieco, l'efficacia antalgica e ritardante del danno arti-colare dei condroprotettori viene confermata ulteriormente (50). Un tentativo di indi-viduazione di sottotipi o varianti ha potuto evidenziare come i livelli urinari di C-telo-peptide del collageno di tipo II facilita l'identificazione di turnover cartilagineo piùalto che potrebbe essere indicativo di maggior suscettibilità alla terapia con gluco-samina (51) che facilita la formazione di collageno di tipo II e, probabilmente, alla stes-sa somministrazione di collageno di tipo II.

Tollerabilità dei condroprotettori Trattandosi di cure pluriennali, ha poi rilevanza la tollerabilità. Infatti ogni vantag-gio strutturale o sintomatico va confrontato, soppesandolo, con gli effetti sfavore-voli il "costo biologico" della terapia. La glucosamina, come il condroitinsolfato,può essere somministrata a pazienti con diabete di tipo 2 senza ripercussione sultasso di emoglobina glicosilata (52). Tuttavia l'Arthritis Foundation suggerisce ugual-mente cautela nei paziente con diabete. E ciò malgrado che uno studio assai recen-te (53) abbia concluso che la glucosamina orale alle dosi abituali per sei settimane

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non causa significativo peggioramento della resistenza all'insulina o disfunzioneendoteliale. Prudenza nel diabete è raccomandata ciononostante anche da altrevoci (54). Trattandosi però sempre di un aminozucchero, non ne sembrerebbe piùche altro indicato - sotto il profilo metabolico - l'utilizzo nella DISH, specialmentein dosi elevate: appare qui ragionevole l'associazione con altri integratori protetti-vi, quali ad esempio il collageno. La peculiare forma d'artrosi ipertrofica in questio-ne dimostra infatti accertati legami con la disfunzione di fattori di crescita, in partesicuramente correlati al dismetabolismo glicidico. Mentre mancano precisi studi inproposito, si conferma l'interesse - sotto questo profilo - per le terapie di combina-zione con più farmaci protettori di struttura diversa, piuttosto che di uno solo indosi elevate: condroitinsolfato, collageno II e glucosamina. C'è poi da chiedersi se pazienti affetti da DISH sono stati inclusi senza particolareattenzione negli studi clinici sull'artrosi sinora pubblicati. Interessante è anche ildato sperimentale (recentissimo) che evidenzia come l'esposizione in vitro prolun-gata di condrociti primari a concentrazioni ottimali di glucosamina incrementa laproduzione di matrice con concomitante inibizione della proliferazione condroci-taria (che è evento sfavorevole). I risultati dello studio in questione suggerisconoche la fascia di concentrazione di glucosamina ottimale, entro la quale si osservaun effetto favorevole sulla produzione del collageno II e di aggrecani, è ristretta.Concentrazioni diverse inducono effetti sfavorevoli (55).

Terapie con condroitinsolfatoCondroitinsolfatoSia il condroitinsolfato che la glucosamina sono ad oggi sostanze largamente utiliz-zate nel trattamento di lungo termine dell'artrosi, con lo scopo di rallentare il dannocartilagineo ed eventualmente di favorire la riparazione del tessuto: farmaci condro-protettori. La via preferenziale resta quella orale, dopo qualche tentativo rimasto iso-lato di terapia parenterale ed intra-articolare, peraltro seguiti da risultati molto favo-revoli. Una diminuzione del dolore articolare per azione del condroitinsolfato è notada molti anni, sia come fatto diretto, che come effetto misurabile dalla riduzione delconsumo dei FANS (56). Molti studi sono stati effettuati sulla gonartrosi, utilizzandometodi d'osservazione e tecniche diverse; molto minori di numero gli studi condot-ti sull'artrosi delle mani: questa scarsità di studi clinici colpisce se si pensa all'alta pre-valenza dell'artrosi delle mani sintomatica. I risultati condotti da questi pochi studisono favorevoli (57). Studi sull'artrosi erosiva delle mani disponibili in letteratura sonostati condotti con il condroitinsolfato in monoterapia e mediante la valutazione delleerosioni, degli osteofiti, dell'indice di Dreiser, dei noduli di Heberden, di Bouchard, dellavalutazione del Medico e della valutazione del paziente. È stata dimostrata una parzia-le efficacia del condroitinsolfato in questa difficile variante dell'artrosi, in una durata ditempo d'osservazione di due anni, efficacia testimoniata dal miglior decorso della com-

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ponente erosiva nel gruppo trattato con il condroitinsolfato, ed anche dalla migliorevalutazione data dal paziente dell'evoluzione della sintomatologia (58, 59). Lo studio piùrecente su quest'argomento conclude poi che il condroitinsolfato assunto per os è effi-cace nell'artrosi delle mani ed agisce interferendo con lo sviluppo della fase erosiva edistruttiva e conseguentemente previene la formazione dei noduli di Heberden, checaratterizzano l'artrosi delle dita (60). La maggior parte degli studi con il condroitinsol-fato riguardano la gonartrosi. In questa localizzazione dell'artrosi, il vantaggio siosserva quando la durata della cura con condroitinsolfato è di 3-6 mesi (61). La puntadi massima efficacia di glucosamina e condroitinsolfato si collocherebbe più precisa-mente a poco più di quattro mesi (62). Però i vantaggi dell'assunzione di condroitinsol-fato nella gonartrosi e coxartrosi dell'anziano sarebbero apprezzabili essenzialmentenei primi due stadi della scala di Kellgren e Lawrence (63). Questo rilievo suggeriscel'interesse di un utilizzo precoce della terapia di condroprotezione per un migliorrisultato. Le condizioni preartrosiche costituiscono un campo prezioso di interventoprecoce. Il concetto si allarga all'intervento preventivo a salvaguardia di articolazio-ni non ancora colpite dall'artrosi in un paziente artrosico (ginocchio controlaterale).Anche la somministrazione intermittente di condroitinsolfato è risultata efficace siasul dolore, sia nel rallentare la progressione radiografica dell'artrosi (64). Questo sta asostegno dell’impiego nella pratica quotidiana di cicli terapeutici con intervalli pro-porzionalmente calcolati sul ciclo terapeutico attivo. Una revisione sull'argomentocondotta nel 2005 sottolineava come i risultati degli studi su glucosamina e con-droitinsolfato fossero quanto mai interessanti e necessitassero di ampi studi adeguati eprotratti date le apparenti potenzialità terapeutiche dei nutraceutici nell'artrosi (65). Unodei problemi proposti per la glucosamina (ma indirettamente oggetto di dibattitoanche per il condroitinsolfato) sarebbe il basso livello ematico osservabile alle dositerapeutiche dopo assunzione orale (66). Tuttavia è disponibile uno studio che trovala glucosamina adeguatamente biodisponibile dopo somministrazione orale. Lo stu-dio dimostra che essa persiste in circolo, e che la sua farmacocinetica consente unasomministrazione monoquotidiana (67). I livelli raggiunti per somministrazione oralesono congruenti con gli effetti dimostrati in vitro da studi selezionati. Naturalmentepoi questa valutazione quantitativa non può applicarsi direttamente alle combina-zioni di farmaci, che perseguono un'azione sinergica possibile anche a dosi minori,piuttosto che un effetto legato all'azione massimale di una monosostanza. La com-plessità della struttura cartilaginea associata alla sostanziale non conoscenza del pri-mum movens dell'artrosi rende pur sempre conto della necessità di un interventopolifattoriale, come ad esempio glucosamina, condroitinsolfato, collageno e vitami-na C. Al momento, l'intervento combinato di nutraceutici appare come opzionepreferibile. A questo proposito uno studio che rivisita criticamente l'azione del con-droitinsolfato nell'artrosi richiama l'attenzione sul lento ma graduale declino dei sin-tomi clinici dell'artrosi conseguente al trattamento e sul permanere del beneficiodopo la cessazione di questo. Inoltre richiama diversi dati della letteratura congruen-ti con un'azione anti-flogistica e modificatrice della struttura cartilaginea. Sul piano

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interpretativo suggerisce che l'efficacia condroprotettiva sia legata alle proprietàdella molecola di grande peso molecolare munita di gruppi solfati ravvicinati ed altadensità di carica (68, 69). La persistenza dei miglioramenti ottenuti dopo sospensionedella terapia conferma la possibilità di cure intermittenti e soprattutto differenzianettamente gli effetti antalgici di questa terapia da quelli, pronti ma fugaci, deiFANS. Anche negli studi ove un effetto sintomatico non raggiunge un livello signi-ficativo, viene comunque segnalata la capacità del condroitinsolfato di ritardare laprogressione radiografica del danno. Lo studio Zurich ha avuto come obbiettivo pri-mario l'esame della progressione dello spazio articolare minimo del ginocchio artro-sico valutato per mezzo di un sistema automatico radiografico digitale di analisi vali-dato e associato all'impiego dell'indice WOMAC. Il gruppo trattato con condroitin-solfato ha dimostrato nei confronti del placebo una conservazione statisticamentesignificativa dello spazio articolare minimo. La differenza fra i due gruppi era stati-sticamente significativa anche nei pazienti ad alto rischio: età oltre i 60 anni, donneobese (70). Confrontando poi il monomero glucosamina con il polimero condroitin-solfato, viene posto in rilievo il tropismo di quest'ultimo per la cartilagine, nellaquale è preferenzialmente incorporato. Il condroitinsolfato non possiede le classicheazioni antiflogistiche dei FANS, ma non ha effetti collaterali sfavorevoli. La glucosa-mina d'altra parte è un precursore multifunzionale della sintesi dei glicosaminogli-cani in generale, manca però del tropismo cartilagineo (71). Se la diversità delle azioniesplicate dai diversi nutraceutici esaminati rappresenta un elemento a favore di unaterapia integrata dell'artrosi (72), tentativi effettuati con formulazioni ancora più com-plesse hanno messo in campo la glucosamina associata a condroitinsolfato di bassopeso molecolare, e ascorbato di manganese, vagliandone la capacità di modificare l'i-stopatologia artrosica condilare. I risultati per l'inibizione della attivazione enzimaticasono positivi per il condroitilsolfato e per l'ascorbato, negativi per la glucosamina.

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Interessante è il rilievo che l'associazione delle tre sostanze è più efficace di ciascuna diesse nel ritardare il danno istologico artrosico (73). Lo studio sperimentale disponibile inmerito ha esaminato quattro gruppi, uno trattato con dieta standard, uno con gluco-samina e condroitinsolfato, uno con condroitinsolfato soltanto e uno con sola gluco-samina, nei quali era stato prodotto lo stesso grado di instabilità articolare.L'associazione condroitinsolfato-glucosamina è risultata associata ad un minor dannocartilagineo, fatto riferibile, secondo gli autori della ricerca, ad una risposta riparativacondrocitaria indotta dalle due sostanze. Per quanto riguarda l'acido ascorbico e lavitamina E, resta acquisita fin dagli anni '90 la nozione che la deficienza di queste duevitamine è correlata con un maggior rischio di gonartrosi, senza dubbio a causa dellaloro influenza trofica sulla matrice.Non manca ovviamente qualche voce discordante che - dopo meta-analisi di studiselezionati nella letteratura - non sembra in grado di confermare l'efficacia del con-droitinsolfato nell'artrosi dell'anca e del ginocchio (74). Tuttavia il risultato di questameta-analisi è stato vivacemente contestato (75, 76) e l'utilità del condroitinsolfato riba-dita nella stessa localizzazione artrosica; un altro studio recentissimo sull'artrosi delginocchio condotto in doppio cieco indica inoltre per il condroitinsolfato una mag-gior efficacia sul dolore, sull' OMERACT-OARSI responder rate, sulla valutazione del-l'investigatore e sulla qualità della vita misurata con il SF-12 rispetto al placebo,anche se non sono risultati migliorati significativamente i due criteri primari costitui-ti dall'indice algo-disfunzionale di Lequesne ed il dolore nelle attività quotidiane (77).Peraltro lo studio più recente in merito trova il condroitinsolfato altamente efficacenei pazienti con artrosi dell'anca conclamata, nei quali esso modifica i sintomi,dimostra effetto condroprotettivo ed ottima tolleranza (78).

Tollerabilità di glucosamina e condroitinsolfatoLa tollerabilità dei due condroprotettori, glucosamina e condroitinsolfato, sembrabene stabilita Se ne è già fatto cenno speciale per quanto concerne glucosamina ediabete (79). L'OSL risk assessment method (Observed Safe Levels) indica che l'evidenzaconforta fortemente la sicurezza dell'assunzione di dosaggi fino a 2000 mg/die diglucosamina e 1200mg/die di condroitinsolfato. Questi dosaggi risultano i più ele-vati nella letteratura degli studi clinici. Gli autori di questo studio hanno utilizzato ilmetodo di valutazione di sicurezza descritto nel CRN’s Vitamin and Mineral Safety,seconda edizione, che contiene i dati essenziali dell' US Food and Nutrition Board’srisk assessment method, e le modificazioni dell'OSL adottate come il più alto livellodi assunzione osservato (HOI) nel FAO/WHO 2006 report. L'assenza di ogni effettocritico definisce il limite della mancanza di effetti avversi (NOAEL). Nessuno deglistudi clinici sulla glucosamina e sul condroitinsolfato riporta effetti avversi. Tuttavia gli autori ricordano doverosamente l'importanza di possibili effetti allergiz-zanti della glucosamina estrattiva.

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Revisioni degli studi sulla glucosamina e sul condroitinsolfatoUna revisione degli studirandomizzati sull'efficaciadella glucosamina e delcondroitinsolfato per il trat-tamento dell'artrosi è stataricavata da un esteso riesa-me di quattro meta-analisie da una revisione dellostudio recentemente pub-blicato sull'azione della glu-cosamina e del condroitin-solfato (GAIT).Quest'ultimo studio è con-siderato più probante peril suo disegno, e dimostrache i farmaci consideratisono efficaci in combina-zione per pazienti condolore forte o moderatodel ginocchio, piuttostoche nel gruppo globale deipazienti. L'impiego nell'ar-trosi della glucosamina edel condroitinsolfato (80) neldolore lieve del ginocchioartrosico non risulterebberaccomandato dallo stu-dio. Questo risultato lasciaovviamente spazio alla discussione. Infatti, dato il silenzio della fase biochimica dell'ar-trosi, il così detto "dolore lieve" rappresenta in realtà il momento più adatto all'interven-to condroprotettore. Per altri ricercatori permangono dubbi sulle prove di efficacia diqueste sostanze (81). Lo studio GAIT sopra citato (Glucosamine/chondroitin ArthritisIntervention Trial), è uno studio multicentrico volto a saggiare l'efficacia di glucosa-mina e condroitinsolfato, della durata di 24 settimane a cinque bracci paralleli con-trollato in doppio cieco contro placebo, concepito per dare una valutazione “defi-nitiva “ dell'effetto anti-dolorifico dei due integratori nell'artrosi. Lo studio ha riguar-dato oltre 1500 pazienti che sono stati trattati nei diversi gruppi con glucosamina o

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condroitinsolfato, con i due integratori in combinazione, con celecoxib e con place-bo. In questo studio, glucosamina, e il condroitinsolfato da soli o associati riduconoil dolore più del placebo. La riduzione del dolore con la scala WOMAC è stata otte-nuta nel 60,1% dei casi trattati con il placebo; nel 64% per la glucosamina (500 mil-ligrammi tre volte al giorno); nel 65,4% per il condroitinsolfato (400 milligrammi trevolte al giorno) e nel 66,6% per l'associazione delle due sostanze. Nel gruppo cele-coxib, invece, l'efficacia antalgica è netta, come poteva attendersi dall'impiego di unFANS dotato di azione antalgica diretta. Nei pazienti con dolore da moderato agrave, lo studio ha evidenziato un vantaggio dell'associazione rispetto al placebo,con risposte rispettivamente del 79,2% e del 54,3% (82). Fra gli studi importanti ilpiù recente è stato condotto con lo scopo di valutare l'efficacia e la tollerabilità delcondroitinsolfato orale nella gonartrosi (83). Il condroitinsolfato si è dimostrato alquantosuperiore al placebo sul dolore, sui criteri OMERACT-OARSI, sul giudizio del Medico e sullaqualità della vita. La tolleranza è stata giudicata soddisfacente. Di particolare interesse ilrilievo che tra i soggetti migliorati e quelli non migliorati durante le 24 settimane di curaesisteva una differenza significativa nei livelli ematici dei metaboliti del collageno CTX-I eCTX-II. Questo è importante perchè l'indubbio beneficio dei condroprotettori richiede tut-tavia una più precisa identificazione dei soggetti che possono avere vantaggio dalla tera-pia(84). I pazienti artrosici in cura con condroitinsolfato utilizzano una quantità minore diFANS (85).

Terapie con collagenoCollageno II e derivati del collagenoI frammenti molecolari derivanti dal catabolismo cartilagineo sono antigenici e possonostimolare una risposta autoimmune. Questa sarebbe parte dell'attivazione flogistica nel-l'artrosi. La somministrazione orale di collageno nativo di tipo II previene l'esordio dell'ar-trite sperimentale da collageno negli animali. Glicosaminoglicanpolipeptidi sono efficaciin questo senso, anche in modelli sperimentali in cui la glucosamina e i condroitinsolfatida soli furono trovati inattivi. Dunque artrite da collageno nell'animale e induzione oraledi tolleranza con inibizione dell'artrite sono fatti sperimentali ben stabiliti. La severità del-l'artrite è significativamente minore nel ratto reso tollerante. Durante l'induzione della tol-leranza orale al collageno II, le cellule dendritiche CD11c+,CD11b+ DCs, erano numero-se nelle placche di Peyer, e sembrano efficienti nel sopprimere l'artrite (86). Numerose ricer-che hanno confermato che le alterazioni della configurazione tridimensionale delle glico-proteine sono responsabili della ricognizione e della risposta che catalizza l’attacco dellecellule T. La somministrazione orale di autoantigeni si è dimostrata capace di sopprimerediverse patologie autoimmuni sperimentalmente indotte. L’interazione fra il tessuto linfoi-de associato al tratto digerente nel duodeno e gli epitopi di collageno nativo assunto peros facilita la tolleranza orale all’antigene e taglia alla base l’attacco delle cellule T alla car-tilagine articolare. Studi precedenti hanno confermato che piccole dosi orali ripetute dicollageno non denaturato disattivano efficacemente l’attacco delle cellule T killer.

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L’assunzione orale di collageno II glicosilato presenta epitopi attivi, con la struttura tridi-mensionale giusta, alle placche di Peyer, innescando il segnale che ammette l’immuno-tolleranza. Il fatto sperimentale trova una corrispondenza clinica. Nei pazienti di artritereumatoide è stata dimostrata riduzione del dolore e della tumefazione articolare dopoassunzione orale del collageno. Uno studio pilota condotto su cinque soggetti di sessofemminile con artrite attiva somministrando per 42 giorni il collageno orale alla dose di10 mg al giorno ha dimostrato efficacia sul dolore articolare, sulla rigidità mattutina, sullarigidità dopo riposo protratto, sul dolore da carico. Il collageno II orale è efficace sia nel-l’infiammazione articolare reumatoide che in quella artrosica (87). Per quanto attiene alledosi, è probabile che quando si tratta di indurre tolleranza, dosi elevate e dosi piccole siequivalgano.

Idrolisati di collagenoRicerche non più recenti avevano evidenziato la possibile efficacia della gelatina sommini-strata oralmente nelle patologie articolari cosidette degenerative, fra le quali l'artrosi. Imeccanismi non sembrarono chiari. Nell'animale da esperimento, la gelatina assunta peros, quando marcata, induce un considerevole aumento della radioattività cartilaginea,maggiore anche di quella indotta dalla prolina marcata. L'assorbimento della gelatina èpressochè completo e abbastanza rapido (12 ore) e la radioattività cartilaginea è persisten-te (88). Studi clinici suggeriscono che l'ingestione di 10 g di idrolisato di collageno al gior-no riduce il dolore in pazienti con artrosi dell'anca e del ginocchio; contemporaneamen-te è stato osservato un incremento dell'idrossiprolina ematica. Uno studio multicentrico,randomizzato e in doppio cieco ha dimostrato miglioramenti rispetto al placebo presen-te nell'area germanica, non in altre aree. Vi sarebbe anche un effetto sull'osteoporosi equesto effetto sarebbe incrementato dalla calcitonina (89). Una recente ricognizione dellaletteratura effettuata fino al maggio 2006 riguarda le ricerche precliniche e cliniche sull'i-drolisato di collageno. Gli articoli sono stati ricercati sul data base di PubMed utilizzandole parole chiave collagen hydrolysate and osteoarthritis; collagen hydrolysate and cartila-ge; collagen hydrolysate and chondrocytes; collagen hydrolysate and clinical trial senzalimiti di data. Altre fonti di informazione come abstracts presentati a Congressi scientificie articoli della letteratura medica germanica non riportati sul database di PubMed. Glistudi esaminati confermano che l'idrolisato di collageno assunto oralmente si assorbe neltenue e si accumula nelle cartilagini. L'assunzione di idrolisato di collageno stimola unaumento statisticamente significativo della sintesi delle molecole delle matrici extracellu-lari da parte dei condrociti rispetto ai controlli. Quattro studi aperti e tre in doppio ciecodimostrano efficacia e sicurezza dell'idrolisato di collageno, sebbene siano giudicatialquanto manchevoli sul piano della valutazione statistica (90). Le azioni favorevoli dell'idrolisato di collageno possono naturalmente essere attribuiteanche al collageno nativo assunto per via orale in dosi sufficienti. Interessante anche, nel-l'animale da esperimento, l'azione favorevole dell'introduzione intra-articolare di unamiscela di glucosio, aminoacidi e acido ascorbico sull'evoluzione istologica dell'artrosi spe-

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rimentale(91). Nelle linee guida 2006 dell'OARSI per la cura dell'artrosi dell'anca e del ginoc-chio, oltre alle raccomandazioni di intervento informativo, vengono presi in considerazio-ne gli esercizi, la riduzione di peso, l'impiego di appoggi per la deambulazione, il tapingpatellare, le modificazioni dell'appoggio del piede, le ginocchiere e l'uso dell'agopunturae delle TENS in pazienti selezionati. I trattamenti farmacologici presi in considerazionesono il paracetamolo (fino a 4 g/die, dose non consentita in Italia), poi gli antiflogistici nonsteroidei alla dose minima efficace, la capsaicina topica, le iniezioni intrasinoviali di corti-sone e quelle di acido ialuronico e l'utilizzo dei COX-2 oppure l'aggiunta di un inibitoredella pompa protonica nei soggetti con rischio gastroenterico. La glucosamina e/o il con-droitinsolfato possono essere utili nel diminuire il dolore al ginocchio. L'uso degli oppiaceiva considerato in casi eccezionali (92). Da notare che per la glucosamina e il condroitinsolfato le linee guida del 2003 riportanoevidenza di grado 1A nella cura dell'artrosi del ginocchio e la forza della raccomandazio-ne è giudicata di livello A.Fare il punto della situazione sui trattamenti di protezione articolare oggi significa pren-dere atto di un incessante susseguirsi di studi e ricerche, che malgrado alcune diversità dirisultati confermano sostanzialmente il valore clinico di queste cure. Particolare interesseva prestato attualmente all’associazione dei diversi condroprotettori, glucosamina, con-droitinsolfato e collageno II, che anche in un recente studio sperimentale si sono dimo-strati efficaci in combinazione nel ridurre il dolore senza produrre effetti collaterali (93).

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