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PROPOSTA DI PERIMETRAZIONE DEL PARCO ARCHEOLOGICO DI TYNDARIS RELAZIONE GENERALE Gruppo di lavoro per l'elaborazione del progetto: Gabriella Tigano, Maria Ravesi, Claudio Casamento Indice 1)Premessa 2) Individuazione delle aree ed elenco elaborati 3) RELAZIONE . Il territorio del Parco 3.1. TINDARI 3.2. PATTI (villa romana) 3.3. IL TERRITORIO TRA MILAZZO E GIOIOSA GUARDIA (Milazzo, Terme Vigliatore, Tripi, Gioiosa Guardia) 1)PREMESSA Il Parco Archeologico è istituto ai sensi della L.R. 20/2000 per la salvaguardia, la gestione, la conservazione e la difesa del patrimonio archeologico e per consentire migliori condizioni di fruibilità a scopi scientifici, sociali, economici e turistici. Esso esercita e promuove la ricerca archeologica e la sua conoscenza, nel rispetto dei principi fissati dalla Convenzione europea per la protezione del patrimonio archeologico (Londra, 6 maggio 1969) e degli indirizzi recati dalla Convenzione riguardante la Protezione dei Patrimonio Culturale e Naturale Mondiale (Parigi, 16 Novembre 1972), dalla Convenzione per l'Accesso all'Informazione, per la Partecipazione Pubblica all'assunzione delle Decisioni e all'Accesso in materia di Giustizia e Ambiente (Aarhus, 25 Giugno 1998) c dalla Convenzione europea del Paesaggio (Firenze, 13 novembre 2000) e promuove la valorizzazione delle emergenze di rara bellezza paesaggistica e naturalistica, in piena coerenza con la Riserva Naturale orientata “Laghetti di Marinello”, che comprende oltre agli stagni costieri, tutta la falesia che delimita Capo Tindari e la Grotta di Fata Donnavilla, nonché Capo Milazzo, promontorio proiettato verso le Eolie e il sito di altura di Gioiosa Guardia. La tutela del patrimonio archeologico nei territori di pertinenza del Parco è stata assicurata specificatamente dal regime dei vincoli istituiti in tempi diversi (ex 1089/1939, ex art.2,6,7 del D.M.490/1999 ed ex artl l.12 e 13 e 45 D.L. 42/2004) dai piani regolatori redatti dai vari comuni e dal Piano Territoriale Paesaggistico (Ambito 9 - Area della catena settentrionale (Monti Peloritani), approvato con D.A. n. 6682 del 29 novembre 2016. Con l'istituzione del Parco di Tindari, quale parco diffuso, giusto D.A. 3827 del 30 agosto 2017, si potenzieranno gli ambiti della tutela, della valorizzazione e della fruizione, con la messa in sistema, in unità dialettica, degli ambiti territoriali del Parco, di cui sono parte integrante, le aree archeologiche in regime di proprietà demaniale e gli altri valori storici e ambientali compresenti, che verranno musealizzati e didascalizzati all'aperto attraverso i processi di valorizzazione che costituiscono uno dei primari obiettivi istituzionali del Sistema dei parchi archeologici siciliani ex LR 20/2000. 1

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PROPOSTA DI PERIMETRAZIONE DEL PARCOARCHEOLOGICO DI TYNDARIS

RELAZIONE GENERALE

Gruppo di lavoro per l'elaborazione del progetto:

Gabriella Tigano, Maria Ravesi, Claudio Casamento

Indice

1)Premessa

2) Individuazione delle aree ed elenco elaborati

3) RELAZIONE . Il territorio del Parco

3.1. TINDARI

3.2. PATTI (villa romana)

3.3. IL TERRITORIO TRA MILAZZO E GIOIOSA GUARDIA

(Milazzo, Terme Vigliatore, Tripi, Gioiosa Guardia)

1)PREMESSA

Il Parco Archeologico è istituto ai sensi della L.R. 20/2000 per la salvaguardia, la gestione, laconservazione e la difesa del patrimonio archeologico e per consentire migliori condizioni difruibilità a scopi scientifici, sociali, economici e turistici. Esso esercita e promuove la ricercaarcheologica e la sua conoscenza, nel rispetto dei principi fissati dalla Convenzione europea per laprotezione del patrimonio archeologico (Londra, 6 maggio 1969) e degli indirizzi recati dallaConvenzione riguardante la Protezione dei Patrimonio Culturale e Naturale Mondiale (Parigi, 16Novembre 1972), dalla Convenzione per l'Accesso all'Informazione, per la Partecipazione Pubblicaall'assunzione delle Decisioni e all'Accesso in materia di Giustizia e Ambiente (Aarhus, 25 Giugno1998) c dalla Convenzione europea del Paesaggio (Firenze, 13 novembre 2000) e promuove lavalorizzazione delle emergenze di rara bellezza paesaggistica e naturalistica, in piena coerenza conla Riserva Naturale orientata “Laghetti di Marinello”, che comprende oltre agli stagni costieri, tuttala falesia che delimita Capo Tindari e la Grotta di Fata Donnavilla, nonché Capo Milazzo,promontorio proiettato verso le Eolie e il sito di altura di Gioiosa Guardia.La tutela del patrimonio archeologico nei territori di pertinenza del Parco è stata assicurataspecificatamente dal regime dei vincoli istituiti in tempi diversi (ex 1089/1939, ex art.2,6,7 delD.M.490/1999 ed ex artl l.12 e 13 e 45 D.L. 42/2004) dai piani regolatori redatti dai vari comuni edal Piano Territoriale Paesaggistico (Ambito 9 - Area della catena settentrionale (Monti Peloritani),approvato con D.A. n. 6682 del 29 novembre 2016.Con l'istituzione del Parco di Tindari, quale parco diffuso, giusto D.A. 3827 del 30 agosto 2017,

si potenzieranno gli ambiti della tutela, della valorizzazione e della fruizione, con la messa in

sistema, in unità dialettica, degli ambiti territoriali del Parco, di cui sono parte integrante, le

aree archeologiche in regime di proprietà demaniale e gli altri valori storici e ambientali

compresenti, che verranno musealizzati e didascalizzati all'aperto attraverso i processi di

valorizzazione che costituiscono uno dei primari obiettivi istituzionali del Sistema dei parchi

archeologici siciliani ex LR 20/2000.

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2) INDIVIDUAZIONE DELLE AREE FACENTI PARTE DEL PARCO ED ELENCO ELABORATI

(TAVV. 1-19)Premesso che con D.A. n. 3827 del 10 agosto 2017 è stato istituito il Parco Archeologico di

Tindari, la definizione completa di ciascun nucleo del Parco si avvale dei seguenti elaborati

realizzati a supporto della proposta di perimetrazione che include come zona A (rosso) tutte

le aree del demanio regionale, per una superficie complessiva di mq. 329.852 e come zona

B (verde) le aree contigue alla proprietà demaniale, già gravate da vincoli archeologici

diretti e/o indiretti, inserite come a rischio archeologico nel PTP ambito 9 e nei piani

regolatori dei singoli comuni, per una superficie di mq. 1.265.801. La delimitazione della zona B non segue un modello costante, ma è stata modellata sulla base

di fattori obiettivi quali la geomorfologia del sito, la contiguità con altre emergenze

archeologiche, l'esistenza di vincolo diretto e/o indiretto in funzione della tutela del contesto

paesaggistico, laddove esistente. A tal proposito l'ampiezza minima di circa m. 200 prevista

dall'art. 15 della L.R. 78/76 è stata applicata solo alle aree extra-urbane.

La cartografia prodotta, corrispondente a n. 19 tavole, è stata elaborata sia su cartografia

catastale che su PTP ambito 9 e su PRG del singolo comune.

Per la perimetrazione si è utilizzata la cartografia catastale 1:1000 e in queste tavole, laddove

necessario, sono state evidenziate le aree sottoposte a vincolo archeologico diretto e/o

indiretto.

Per le carte funzionali alla lettura del regime di proprietà è stata utilizzata di base sempre la

cartografia catastale, campita con colori diversi:

rosso = aree del demanio della Regione Siciliana: ramo archeologico, storico-artistico;

azzurro = aree di proprietà privata;

giallo = aree demaniali ( per es ferrovie, consorzi, demanio marittimo, comune);

verde = aree di proprietà Ente Ecclesiastico.

Premesso che sia nella zona A e nella zona B, sono in genere vietate attività edilizie, per il

dettaglio si rimanda agli articoli 6 (attività consentite) e 7 (divieti) e 8 (attività consentite) e

9 (divieti) del Regolamento del Parco.

I comuni che rientreranno nel Parco di Tindari

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2A: Elenco degli elaborati

L'elenco comprende una prima carta generale con la localizzazione dei siti e tavole di dettaglio,ordinate sulla base del comune di appartenenza e numerate da Est verso ovest, da Milazzo a GioiosaMarea.

Tav. 1 – Localizzazione dei siti compresi nel Parco Archeologico di Tyndaris (1:50.000)

Su CTR a 10.000 sono stati evidenziati i siti che ricadono in sette comuni che faranno parte del Parco (Milazzo, Terme Vigliatore, Patti, Tripi, Gioiosa Marea)

COMUNE DI MILAZZO

Tav. 2 – MILAZZO. Area Archeologica di Viale dei Cipressi; Antiquarium archeologico

(Perimetrazione delle zone A e B su cartografia catastale 1:1000)

Tav. 3 - MILAZZO. Area Archeologica di Viale dei Cipressi; Antiquarium archeologico

(Carta con regime di proprietà su base catastale 1:1000).

Tav. 4 - MILAZZO. Area Archeologica di Viale dei Cipressi; Antiquarium archeologico

(Individuazione sul Piano Territoriale Paesaggistico – Ambito 9 e sul Piano Particolareggiato delP.R.G. 1:2000)

COMUNE DI TERME VIGLIATORE

Tav. 5 – TERME VIGLIATORE. Sito Archeologico della Villa Romana di San Biagio

(Perimetrazione delle zone A e B su cartografia catastale 1:1000 e indicazione aree con vincoloarcheologico).

Tav. 6 - TERME VIGLIATORE. Sito Archeologico della Villa Romana di San Biagio (Cartacon regime di proprietà su base catastale 1:1000).

Tav. 7 - TERME VIGLIATORE. Sito Archeologico della Villa Romana di San Biagio

(Individuazione sul Piano Territoriale Paesaggistico – Ambito 9 e sul Piano Regolatore Generale1:2000).

COMUNE DI TRIPI

Tav. 8 – TRIPI. C.da Cardusa. Necropoli Ellenistica (Perimetrazione delle zone A e B sucartografia catastale 1:1000)

Tav. 9 – TRIPI. C.da Cardusa. Necropoli Ellenistica (Carta con regime di proprietà su basecatastale 1:1000).

Tav. 10 - TRIPI. C.da Cardusa. Necropoli Ellenistica. (Individuazione sul Piano TerritorialePaesaggistico – Ambito 9 e sul Piano Regolatore Generale 1:2000).

COMUNE DI PATTI

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Tav. 11 – TINDARI. Sito archeologico (Perimetrazione delle zone A e B su cartografia catastale1:2500 e indicazione aree con vincolo archeologico).

Tav. 12 – TINDARI. Sito archeologico (Carta con regime di proprietà su base catastale 1:2500).

Tav. 13 – TINDARI. Sito archeologico (Individuazione sul Piano Territoriale Paesaggistico –Ambito 9 e sul Piano Regolatore Generale 1:5000).

Tav. 14 – PATTI. Sito Archeologico della Villa Romana di Patti Marina (Perimetrazione dellezone A e B su cartografia catastale 1:1000 e indicazione aree con vincolo archeologico).

Tav. 15 - PATTI. Sito Archeologico della Villa Romana di Patti Marina (Carta con regime diproprietà su base catastale 1:1000).

Tav. 16 – PATTI. Sito Archeologico della Villa Romana di Patti Marina (Individuazione sulPiano Territoriale Paesaggistico – Ambito 9 e sul Piano Regolatore Generale 1:2000)

COMUNE DI GIOIOSA MAREA

Tav. 17 – GIOIOSA MAREA. Sito archeologico di Gioiosa Guardia (Perimetrazione dellezone A e B su cartografia catastale 1:1000)

Tav. 18 - GIOIOSA MAREA. Sito archeologico di Gioiosa Guardia (Carta con regime diproprietà su base catastale 1:1000).

Tav. 19 - GIOIOSA MAREA. Sito archeologico di Gioiosa Guardia (Individuazione sul PianoTerritoriale Paesaggistico – Ambito 9 e sul Piano Regolatore Generale 1:5000)

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3. IL TERRITORIO DEL PARCOPREMESSA

Il territorio che farà parte del parco archeologico di Tindari, giusto D.A. n. 3827 del 30/08/2017 chene ha decretato l'istituzione, quale parco diffuso, corrisponde ad un settore della costa settentrionaledella provincia di Messina che conserva un patrimonio architettonico, artistico, etnoantropologicomateriale e immateriale, ma soprattutto archeologico tra i più ricchi e articolati, spia della continuitàdi frequentazione da parte dell'uomo dal Neolitico ad oggi.La storia della ricerca archeologica in questo areale che corrisponde ad un'ampia fascia costiera sulmar Tirreno - qualora si escludano le pioniestiche scoperte avvenute a Tindari tra la seconda metàdel XVIII secolo e i primi decenni del XIX, scoperte che resero questo sito, al pari di Agrigento,Selinunte, Taormina e Siracusa, una tappa del “Grand Tour” - ha avuto continuità dalla metà delsecolo scorso a oggi, ed è stata caratterizzata dall’interazione della tutela e della valorizzazione coiprocessi di qualificazione culturale. Forza attrattiva di un turismo qualificato è stato ed è tuttora certamente il sito di Tindari, conl’annesso spazio espositivo (Antiquarium) e con il plesso di Villa Amato, sito che potrà fungere davolano per un territorio dalle grandi potenzialità non solo in termini di beni culturali. Non v'èdubbio tuttavia che l'idea del parco diffuso rappresenta una possibilità in più per il territorio, inquanto crea un sistema anche con gli altri siti distribuiti lungo il tratto della costa tirrenica che va daMilazzo (l'antica Mylai) a Gioiosa Marea, siti dotati di aree visitabili e di spazi espositivi attrezzatida tempo, che tuttavia stantano a decollare turisticamente.

3.1 TINDARI

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La storia

La città greca di Tyndaris, alla sommità di un promontorio roccioso, sovrastante il golfo di Patti,venne fondata, dal tiranno di Siracusa Dionisio il Vecchio, per insediarvi un nucleo di Messeni, inbuona parte suoi mercenari. Il nome dovrebbe collegarsi al culto messenico dei Tindaridi (iDioscuri, Castore e Polluce, figli di Leda e Tindaro) documentato sulle emissioni monetali.La colonia rivestì un ruolo strategico nella politica espansionistica di Siracusa, per la sua posizioneche consentiva un agevole controllo della costa tirrenica nord orientale e dell’entroterra, dovesorgevano importanti centri indigeni.Divenuta indipendente nel corso del IV sec. a.C., mantenne rapporti di alleanza con Siracusa.Durante la prima guerra punica accolse una base cartaginese, ma nel 254 a.C. si consegnòspontaneamente a Roma, divenendo civitas decumana e godendo di autonomia e libertà .Base militare di Sesto Pompeo, durante la guerra civile fra questi e Ottaviano (42-36 a.C.), fuconquistata da quest’ultimo.Nella nuova organizzazione amministrativa delle città siciliane voluta da Ottaviano Augustodivenne Colonia Augusta Tyndaritanorum.

Alcuni disastri naturali colpirono la città romana: la grande frana della prima età imperiale,tramandataci da Plinio il Vecchio, forse conseguenza di un terremoto, e oltre tre secoli dopo, iltremendo terremoto che nel 365 d.C. devastò la Sicilia e l’Africa settentrionale. Pur decaduta e ridotta nel suo perimetro,Tindari conservò importanza in età tardo-imperiale ebizantina come sede episcopale.Probabilmente nell’836 venne conquistata e distrutta dagli Arabi.

L'abitato antico

La città antica occupò un ampio plateau orientato nord-ovest/sud-est dominante la costasettentrionale, con l’ampia insenatura del golfo di Patti, e un approdo oggi individuato ai piedi delversante est del promontorio. L’altura sud-orientale, oggi dominata dal santuario della Madonna del Tindaro, dovette costituire,probabilmente, l’Acropoli, con i principali complessi sacrali. Si calcola che in età imperiale romana l'abitato coprisse una estensione corrispondente a circa 27 ha,entro una cinta muraria di oltre 3 km costruita in blocchi squadrati di calcarenite nella prima metàdel III sec. a.C. e sottoposta a restauri in età romana e bizantina. La fortificazione, con torri quadratedislocate nei punti di raccordo, si apriva all’esterno con porte posizionate in rapporto alla viabilitàextra urbana: si vedano la monumentale porta a tenaglia lungo il versante meridionale e quella conpropylon del lato occidentale.All’interno dell’abitato, l’impianto urbano si strutturava con una maglia regolare di strade parallelenord-ovest/sud-est (plateiai-decumani), intersecate da vie con carreggiata più stretta (stenopoi-

cardines), che in alcuni punti si trasformavano in scalinate, superando così le differenze di quotaesistenti tra la parte sommitale del plateaux e quella a picco sul mare.

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L’incrocio di decumani e cardines definiva la maglia degli isolati (insulae). Delle insulae, compresefra i decumani, superiore e mediano, è stata integralmente messa in luce l’insula IV, a nord-ovestdella “Basilica”.Il decumano superiore raccordava i principali complessi monumentali: la c.d. Basilica, ad est e ilteatro, ad ovest.La “Basilica” era un grandioso edificio pubblico, con vasta sala centrale voltata, che uniscel’apparato in poderosi blocchi squadrati di calcarenite locale, vivo retaggio della tradizioneellenistica, all’impiego del calcestruzzo, peculiare della tecnica costruttiva romana. Oltre chegrandioso propileo d’ingresso, attraverso le sue arcate centrali, ad una piazza porticata a sud-est,forse la seconda agorà della città ellenistico romana, il complesso era destinato a importantifunzioni ufficiali, come provano le moltissime sculture rinvenute e recentemente oggetto di studio.L’edificio realizzato probabilmente in età augustea, come confermato dai molti ritratti di epocagiulio-claudia, subì danni a causa di un violento terremoto (probabilmente quello del 365 d.C) in etàtardo-imperiale; restaurato, restò in uso almeno per parte del V secolo d.C, se non oltre.

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Il Teatro è dislocato più ad ovest, superati gli isolati V, VI, VII . La cavea, con diametro di circam. 76, si apre con grande effetto scenografico a Nord- Ovest sullo splendido panorama del golfo diPatti. Essa è divisa in undici cunei, ciascuno di ventotto gradini separati da dieci scalette. Si calcolache, in base alle dimensioni, doveva avere una capienza di 3000 spettatori.L’orchestra, a ferro di cavallo aveva un diametro di m. 24 ed era delimitata da un canale per losmaltimento delle acque. Gli ingressi alla cavea e all’orchestra per il pubblico e gli attori, originariedell’impianto greco, erano parallele agli analemmata frontali..La scena era del tipo ad ali laterali, come in altri teatri siciliani (Segesta, Siracusa, Morgantina).Il teatro risale, per impianto alla fine del IV sec.a.C. inizi del III sec.a.C., ma fu utilizzatocontinuativamente fino all’ età imperiale romana.In avanzata età imperiale il teatro, come quello di Taormina, subì sostanziali mutamenti necessariper poter svolgere combattimenti di gladiatori e combattimenti con animali feroci.Dinanzi al Teatro, immediatamente a nord del decumanus superiore, è stata di recente messa in luceparte di un’area a probabile destinazione pubblica (l’agorà?).Il decumanus centrale, carrabile e pavimentato in blocchetti d’arenaria, rappresentava la spinacentrale del settore abitativo. Tra il decumano superiore e quello centrale è stato integralmenteesplorato l’isolato IV, che include due grandi abitazioni (casa B e C) e un edificio termale.

L’Insula IV si impianta nella seconda metà del II sec.a.C. su di un precedente isolato di abitazionidel IV sec.a.C., e fu oggetto di ristrutturazioni in età imperiale romana. Distribuita su tre terrazzi,comprende due domus (case) aristocratiche e un complesso termale.

La casa B, sul terrazzo inferiore, prospiciente il decumanus centrale, si caratterizza per il grandeperistilio con colonne in laterizio. Alla fase tardo-ellenistica appartiene il pavimento a mosaicopolicromo e prospettico di una probabile exedra.

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La casa C, sul terrazzo mediano, conserva un peristilio, in origine, forse, a due ordini di colonnedoriche, mentre una sala a nord-est del peristilio presentava ingresso scandito da due colonne concapitelli corinzio-italici in terracotta.

Le Terme Pubbliche, sul terrazzo superiore, prospiciente il decumanus superiore, furono realizzatenella media età imperiale sull’impianto di una domus più antica. Sui pavimenti dei diversi ambientitermali, si sviluppa un “ciclo” di mosaici in bianco e nero con figurazioni varie (i simboli diTyndaris e della Trinacria, scene dionisiache, creature marine), databili fra la fine del II e l’iniziodel III sec.d.C., pur con segni di rifacimenti e restauri successivi.

All’interno dell’area demaniale è stato oggetto di ricerca anche il settore occidentale della cittàricadente nella c.da Cercadenari. In questa zona è oggi in luce un tratto di oltre 320 m del decumanocentrale, accuratamente pavimentato, che raggiunge la porta monumentale (propylon) del versanteoccidentale. In questo settore è stata parzialmente esplorata una domus nell’insula XVIIb (fine I sec.a.C.-II sec. d.C.), che conserva pregevoli pavimenti musivi in bianco e nero a decorazionegeometrica centrale, e un grande edificio pubblico (I-II sec.d.C.) con scalinata d’accesso ampiaquanto la fronte dell’insula XVIII a.

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L’Antiquarium All’interno dell’area demaniale già negli anni sessanta venne realizzato uno spazio espositivo nelquale dare giusta valorizzazione ai moltissimi reperti frutto delle innumerevoli campagne di scavocondotte, dalla metà del secolo scorso ad oggi.

L’esposizione, rinnovata nel 2005, organizzata in cinque sale fornite di un apparato didattico per l’inquadramento della topografia storico-archeologica di Tindari, offre al visitatore una selezioneragionata di reperti databili dall’età preistorica a quella romana. I materiali ordinati secondo criteri topografici e cronologici, includono iscrizioni, greche e latine, divaria tipologia, ma anche decorazioni architettoniche e sculture in marmo, fra cui due “vittoriealate”(nikai) frammentarie del II sec. a.C. e una famosa testa-ritratto postuma dell’imperatoreAugusto proveniente dall’area della “Basilica”, insieme ad alcune statue onorarie di togati. La collezione vascolare, le terrecotte figurate, insieme all’oggettistica in metallo e in vetro,proveniente, sia da contesti di abitato che di necropoli, documentano ancora la vitalitàdell’artigianato e l’alto livello di vita, sociale, culturale ed economica, raggiunto dalla città.

Particolare di una delle sale

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PATTI - Tindari . Il regime giuridico delle aree inserite nel Parco

ZONA A: 204.669 mq (Villa Amato: 22.627 mq; Mura di fortificazione: 11.341 mq; Arearecintata: 170.701 mq) = sito archeologico antica Tyndaris

- Esproprio Teatro, Basilica e Insula IV appartenenti al Demanio dello Stato FMC 16 – part.lla A – 4810 mq (Teatro) part.lla B – 330 mq part.lla C – 25 mq (Fortificazione Bizantina) part.lla 114 – 1000 mq part.lla 116 – 1160 mq part.lla 117 – 6870 mq (Insula IV) FMC 17 – part.lla A (Basilica) – 400 mq part.lla B – 22 mq part.lla 2 - 43 mq part.lla 4 – 980 mq part.lla C – 53 mq (Mura di fortificazione) part.lla 88 – 3640 mq (Mura di fortificazione) part.lla 89– 920 mq (Mura di fortificazione)

- Esproprio con Decreto Prefettizio di Messina (n. 177. Div. IV del 27.02.1958) – (3090 mq) FMC 17, part.lla 45 – (Mura di fortificazione)

- Esproprio con Decreto Prefettizio di Messina (n. 178. Div. IV del 27.02.1958) – (3638 mq) FMC 17 - part.lle 39, 59 - (Mura di fortificazione)

- Esproprio con Decreto Prefettizio di Messina n. 1039. Div. IV del 25.01.1967 – Rep. 909 – (1.120mq) FMC 17 – part.lle 5, 6, 7, 26 parte (17 mq), 108 (ex 27 parte), 29, 30, 38 parte (172 mq), 40 parte(121 mq).

- Esproprio con Decreto Prefettizio di Messina n. 3303. Div. IV del 19.02.1967 – Rep. 921– (60 mq) FMC 17 – part.lla 8

- Esproprio con Decreto Prefettizio di Messina n. 10008. Div. IV dell’ 08.04.1967 – Rep. 955 – (37.534 mq) FMC 16 – part.lle 121 parte (ex 12 parte), 60, 120 (ex 82 parte), 119 parte (ex 14 parte), 15, 16, 61, 26, 63, 87, 88, 92, 101, 86, 89, 90, 112, 113

- Esproprio con Decreto Prefettizio di Messina n. 14645. Div. IV del 10.05.1967 – Rep. 967 – (6.280mq) FMC 16 – part.lle 22, 62, 91

- Esproprio con D.D.G. 5404 del 24.03.2003 - Rep. 1477 dell’08.04.2003 – Trascrizione del 13.05.2003 n. 80 R.G. 13419 – R.P. 10764 (110.067 mq) FMC 16 - part.lla 28, 35, 36, 37, 38, 39, 40, 69, 83, 84, 118; FMC 17 – part.lla 42

TINDARI: Villa Amato

- Esproprio con D.A. 8060 dell’11/12/1997 – Rep. 1210 - Rettifica del D.A. 6706 del 05.06.1996. (22.627 mq)

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FMC 17 - part.lle 58, 84, 85, 93, 96, 94, 95, 97

ZONA B – 1.048.743 mq (per il dettaglio sui decreti di vincolo, vedi l'elenco allegato con gli estremi dei vincoli diretti e indiretti - convalidati con DPRS e completi di notifiche e trascrizioni - ei numeri delle particelle aggiornate al 2018). - Parte della città antica ricadente all’interno delle mura di fortificazione, attualmente occupata dal borgo di Tindari e dal Santuario della Madonna del Tindari (FMC 16 e 17)- TAV. 11 e 12

-Necropoli di Santa Panta (FMC 18)

-Necropoli di c.da Locanda, Vignazza-Carrubba (FMC 16 e 17)

- Necropoli di c.da Scozzo (FMC 16)

- Roccafemmina (FMC 16)

Area intorno alle mura di fortificazione (FMC 16, 17 e 18)

Le aree sopra menzionate sono quasi interamente sottoposte a vincolo archeologico, larestante parte è stata indagata da scavi della Soprintendenza (c.da Locanda 2005-2006).

FMC 16 – Part.lle: 27, 64, 105, 96, 97, 98, 99, 100, 29, 23, 102, 103, 104, 106, 24, 25, 181, 182,183, 184, 11, 12, 13, 14, 65, 204, 202, 219, 220, 223, 221, 222, 205, 72, 20, 95, 225, 226, 227, 34,185, 206, 207, 201 parte (mq 96.182), 47, 48, 45, 71, 33, 17, 85, 49, 67, 70, 73, 229, 230, 41, 42,46, 115, 189, 213, 214, 211, 212, 215, 190, 191, 192, 193, 194, 195, 109, 110, 68, 52, 53, 54, 176,177, 178, 151, 154, 153, 216, 217, 218, 55, 228.

VINCOLI DIRETTI. (art. 1 e 3 della L. 1089 del 1939). Part.lle: 65 parte ( 19.300 mq), 67, 45,201 parte (mq 96.182 - ex 31 parte), 202 (ex 31 parte), 229 (ex 43), 230 (ex 43), 46, 47, 48, 219 (ex60 parte), 220 (ex 60 parte), 204 (ex 60 parte).

VINCOLI INDIRETTI (art. 21 della L. 1089 del 1939). Part.lle: 11, 12, 13, 14, 17, 33, 49, 23, 24,25, 27, 29, 64, 181 (ex 24 parte), 182 (ex 24 parte), 183 (ex 24 parte), 96 (ex 27 parte), 97 (ex 27parte), 98 (ex 27 parte), 99 (ex 27 parte), 100 (ex 27 parte), 102 (ex 29 parte), 103 (ex 29 parte), 104(ex 29 parte), 183 (ex 29 parte), 184 (ex 29 parte), 105 (ex 64 parte), 106 (ex 64 parte), 65 parte(177.500 mq), 85 (ex 17 parte), 213 (ex 50 parte), 215 (ex 50 parte), 211 (ex 56 parte), 212 (ex 56parte).

REGIME DI PROPRIETA’Immobili di proprietà del Comune di Patti. Part.lle: 70, 71, 72, 73, 228, 229.Immobili di proprietà privata. Part.lle: 27, 64, 105, 235, 96, 97, 98, 99, 100, 29, 23, 102, 103, 104,106, 24, 25, 181, 182, 183, 184, 11, 12, 13, 14, 65, 204, 202, 219, 220, 223, 221, 222, 205, 20, 95,225, 226, 227, 34, 185, 206, 207, 201 parte (mq 96.182), 47, 48, 45, 33, 17, 85, 49, 67, 230, 41, 42,46, 115, 189, 213, 214, 211, 212, 215, 190, 191, 192, 193, 194, 195, 109, 110, 68, 52, 53, 54, 176,177, 178, 151, 154, 153, 216, 217, 218, 55.

FMC 17 – part.lle: D, 1, 3, 9, 10, 11, 12, 13, 14, 15, 16, 17, 18, 19, 21, 23, 24, 26, 27, 28, 31, 32,33, 34, 35, 36, 37, 38 (parte), 39, 40 (parte) 41, 43, 262, 263, 264, 270, 273, 274, 275, 276, 299,

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295, 296, 298, 247, 269, 266, 267, 294, 287, 288, 283, 285, 286, 289, 291, 292, 282, 169, 235, 46,47, 48, 50, 51, 52, 53, 54, 56, 71, 87, 90, 205, 181, 182, 107, 104, 207, 208, 92, 184, 55, 57, 60, 72,201, 202, 203, 204, 217, 223, 239, 245, 297, 246, 234, 298, 240, 236, 237, 220, 241, 243, 62, 253,214, 215, 174, 176, 177, 233, 249, 250, 251, 252, 87, 211, 66, 109, 110, 106, 224, 225, 226, 227,228, 165, 278, 279, 280, 281, 162, 163, 164, 248, 99, 178, 179, 230, 231, 232, 257, 300, 101, 102,103, 65, 70.VINCOLI DIRETTI. (art. 1 e 3 della L. 1089 del 1939). Part.lle: 3, 9, 10, 11, 12, 13, 17, 18, 24 (24+ ex 25), 31, 33, 34, 35, 36, 37, 38 parte (188 mq), 39, 205 (ex 44 parte), 207 (ex 44 parte), 208 (ex44 parte), 181 (ex 44 parte), 182 (ex 44 parte), 107 (ex 44 parte), 104 (ex 44 parte), 92 (ex 44 parte),184 (ex 44 parte), 40 parte (119 mq), 41, 282 (ex 42 parte), 283 (ex 42 parte), 285 (ex 42 parte), 266(ex 42 parte), 267 (ex 42 parte), 286 (ex 42 parte), 287 (ex 42 parte), 288 (ex 42 parte), 294 (ex 42parte), 298 (ex 42 parte), 247 (ex 42 parte), 263 (ex 42 parte), 264 (ex 42 parte), 265 (ex 42 parte),284 (ex 42 parte), 169 (ex 42 parte), 262 (ex 42 parte), 289 (ex 42 parte), 291 (ex 42 parte), 292 (ex42 parte), 270 (ex 42 parte), 295 (ex 42 parte), 296 (ex 42 parte), 299 (ex 42 parte), 273 (ex 42parte), 274 (ex 42 parte), 275 (ex 42 parte), 276 (ex 42 parte), 51, 60, 71, 201 (ex 73), 217 (ex 73),245 (ex 73), 246 (ex 73), 234 (ex 73), 220 (ex 61 parte), 236 (ex 61 parte), 237 (ex 61 parte), 239(ex 61 parte), 240 (ex 61 parte), 297 (ex 61 parte), 298 (ex 61 parte), 223 (ex 61 parte).

VINCOLI INDIRETTI. (art. 21 della L. 1089 del 1939). Part.lle: 1, 14, 15, 16, 19 (19 + ex 20), 21,23 (23 + ex 22), 32, 46, 47, 48, 72, 202 (ex 72 parte), 203 (ex 72 parte), 204 (ex 72 parte).

REGIME DI PROPRIETA’Immobili di proprietà ecclesiastica. Part.lle: D, 12, 14, 16, 51, 52, 55, 56, 57, 60, 62, 71, 72, 102,103, 220, 236, 241.Immobili di proprietà demaniali. Comune di Patti. Part.lle: 174, 176, 235.Immobili di proprietà demaniali. Consorzio Intercomunale Tindari - Nebrodi. Part.lla: 253.Immobili di proprietà privata. Part.lle: 1, 3, 9, 10, 11, 13, 15, 17, 18, 19, 21, 23, 24, 26, 27, 28, 31,32, 33, 34, 35, 36, 37, 38 parte (262 mq), 39, 40 parte (110 mq) 41, 43, 262, 263, 264, 270, 273,274, 275, 276, 299, 295, 296, 298, 247, 269, 266, 267, 294, 287, 288, 283, 285, 286, 289, 291, 292,282, 169, 46, 47, 48, 50, 53, 54, 87, 90, 205, 181, 182, 107, 104, 207, 208, 92, 184, 201, 202, 203,204, 217, 223, 239, 245, 297, 246, 234, 298, 240, 237, 243, 253, 214, 215, 177, 233, 249, 250, 251,252, 87, 211, 66, 109, 110, 106, 224, 225, 226, 227, 228, 165, 278, 279, 280, 281, 162, 163, 164,248, 99, 178, 179, 230, 231, 232, 257, 300, 101, 65, 70.

FMC 18 – part.lle: 4, 5, 6, 7, 8, 9, 10, 15, 16, 17, 26, 27, 28, 29, 30, 104.

VINCOLI DIRETTI. (art. 1 e 3 della L. 1089 del 1939). Part.lla: 5VINCOLI INDIRETTI. (art. 21 della L. 1089 del 1939). Part.lle: 9, 15, 16, 17, 81 (ex 17 parte)

REGIME DI PROPRIETA’Immobili di proprietà del Demanio Marittimo. Part.lla 17.Immobili di proprietà dell’Ente ecclesiastico. Part.lle: 10, 26, 27, 28, 29, 81 (la particella noncompare sulla mappa nonostante sia rilevabile da visura catastale).Immobili di proprietà privata. Part.lle: 4, 5, 6, 7, 8, 9, 15, 16, 30, 104.

– Tutte le aree stradali di Tindari sono state dichiarate di interesse archeologico con

provvedimento n. 5737 del 04/07/1959 del Ministero della Pubblica Istruzione.

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3.2 PATTI La villa romana

Planimetria generale con le varie fasi cronologiche

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Veduta dall’alto Ingresso Antiquarium

Costruita agli inizi del IV sec. d.C. dopo la demolizione di un edificio del II-III sec. d.C., impiantatosu strutture del II-I sec. a.C. (blu in planimetria), la villa costituisce un interessante documentodell'assetto del territorio della Sicilia in epoca tardoantica, quando si realizzano, con l'affermazionedel latifondo, vasti complessi architettonici, che associano la funzione abitativa con quellaproduttiva.Distrutta da un violento terremoto, alla fine del IV sec. d.C., la villa continuò ad essere frequentatafin oltre il VI sec. d.C. (giallo e bianco in planimetria), come attestano i molti reperti e alcunesepolture ad inumazione affiorate nel settore più ad E del complesso (senape in planimetria).

L'edificio, scoperto nell'agosto del 1973, durante la costruzione dell'autostrada Messina-Palermo, sitrova a N delle colline su cui sorge la moderna città di Patti, in prossimità della costa e del tracciatodella antica via Valeria. Al complesso si accede attualmente da un ingresso secondario (posticum) situato sul lato O cheimmette direttamente in un grande peristilio quadrangolare, orientato sull'asse N-S, punto focaledella villa, intorno al quale ruotano ambienti privati, di soggiorno/ricevimento, di rappresentanza edi servizio. Il peristilio si presenta elegantemente decorato da un mosaico pavimentale policromo,steso "a tappeto" e costituito da una simmetrica composizione a doppia serie di riquadri, delimitatida festoni di alloro, trecce e meandri spezzati.

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Arricchito da un quadriportico, il peristilio si apre su una corte centrale, giardino (viridarium), conuna serie continua di archi a sesto ribassato, voltati su pilastri, di cui è possibile ammirarne l'alzato,sul lato S, e i crolli perfettamente leggibili, sul lato E. Nell'ampio spazio della corte/giardino, sono oggi visibili lembi dei mosaici policromi articolati damotivi geometrici, ma anche da scene figurate, come nel caso del "mosaico di Bacco" riferibili adambienti del preesistente edificio del I-II sec. d.C. (marrone in planimetria). Un'ampia sala triabsidata, "sala da pranzo" (triclinium), domina il lato S del peristilio, fronteggiatada un maestoso arco, oggi parzialmente ricostruito insieme alla parete portante di destra.L'importanza e la particolare architettura di questa sala sono sottolineate dall'articolazionedecorativa del mosaico pavimentale, ornato con motivi a cerchi e a mandorle che delimitanoottagoni curvilinei campiti con animali domestici e selvatici. Un' altra sala absidata con ingressoscandito da due colonne e con pavimento musivo, domina, in posizione eccentrica, il lato E delperistilio.

La fronte principale della villa doveva prospettare verso il mare, con un ingresso monumentale, eun ampio "portico" , orientato sull'asse E-O del quale è visibile la regolare successione di pilastriquadrangolari rintracciati con le indagini più recenti. L'edificio termale, situato a N-E del plesso residenziale, doveva avere destinazione privata.Parzialmente esplorato e pesantemente danneggiato dalle prime opere di costruzione dell'autostrada, esso conserva l'ambiente per il bagno freddo (frigidarium) e le vasche; l'ambientetiepido/caldo (tepidarium/caldarium) con pavimentazione sorretta da colonnine in mattoni(suspensurae) e il forno (praefurnium), nonché diversi impianti per la canalizzazione dell'acqua.

L'Antiquarium

L' antiquarium offre al visitatore un'immagine sintetica ed esemplificativa dei manufatti mobiliemersi dallo scavo archeologico, al fine di contribuire alla conoscenza degli aspetti socio-economici che hanno caratterizzato la vita dalla fastosa residenza, epicentro di un vasto latifondo.Una prima vetrina accoglie reperti ceramici databili tra II sec. a.C. e il VII sec. d.C., con unrepertorio di forme, classi e produzioni, ricco e diversificato: dalla ceramica campana, alla terrasigillata (italica, africana, orientale); dalla ceramica funzionale alla preparazione, cottura econservazione degli alimenti (ad es. i grandi dolia, esposti al centro della sala), alle anfore datrasporto di VI/VII sec. d.C.

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Una seconda vetrina accoglie i corredi delle sepolture, rinvenute nell'area dell'edificio termale. Trecontenitori espositivi accolgono piccoli oggetti in osso e metallo e una selezione ragionata dimonete. All'interno della sala si segnalano poi alcuni reperti in marmo, fra i quali un torso di unastatua maschile, un bassorilievo con scena di sacrificio, iscrizioni ed elementi architettonici, checonfermano la ricchezza e il gusto decorativo del proprietario della villa .

PATTI MARINA. Il regime giuridico delle aree inserite nel Parco (TAV. 14)

ZONA A - 17.603 mq = VILLA ROMANA.

Area archeologica nella disponibilità della Soprintendenza di Siracusa e successivamente dellaSoprintendenza di Messina a partire 23/11/1979, in transito al Demanio Regionale Siciliano – Ramoarcheologico, artistico e storico (giusta delibera del Consorzio Autostradale trasmessa allaSoprintendenza di Siracusa con nota del 19/12/1979 (p. 16441), successiva alla richiesta dicessione delle particelle di proprietà del Consorzio, avanzata dalla Soprintendenza di Siracusa connota n. 7156 del 19/11/1979).

FMC 8 – Part.lle: 35 parte, 366 parte, 470 parte, 471 parte, 472 parte, 367 parte, 38 parte, 33, 37, 867, 45, 821, 822, 868, 44, 365, 820, 363, 865, 364, 846, 68 parte, 423, 819, 823, , 36, 46, 47, 48, 49, 424, 55 parte, 425 parte, 426 parte, 745 parte, 744 parte, 747 parte, 51, 52, 53 parte, 39 parte, 50, 54, 368, 847 parte, 870 parte, 850 parte.

FMC 9 – Part.lle: 133 parte, 134 parte, 135 parte, 136 parte, 178 parte.

ZONA B - 43.284 mq = Area di espansione e di rispetto della villa romana

FMC 8 – Part.lle: 60, 61, 62, 63, 1237, 1110, 1371, 1108, 59, 369, 58, 427, 746, 2004, 869, 1998,895, 896, 897, 898, 899, 900, 848, 68 parte, 847 parte, 35 parte, 34, 643, 834, 833, 642, 735, 24, 31,32, 829, 23, 28, 29, 41, 42, 43, 870 parte, 25, 26, 27, 30, 40, 589, 850 parte, 470 parte, 471 parte,472 parte, 473, 845, 368 parte, 53 parte, 426 parte, 745 parte, 744 parte, 747 parte, 425 parte, 55parte, 366 parte, 367 parte, 24 parte, 38 parte, 39 parte, 870 parte.

VINCOLI DIRETTI. (art. 1 e 3 della L. 1089 del 1939). Part.lle: 60, 61, 62, 63, 1237 (ex 60 parte),1110 (ex 60 parte), 1371 (ex 60 parte), 1108 (ex 60 parte), 59, 369, 58, 427, 746, 2004 (ex 56parte), 869 (ex 56 parte), 1998 (ex 57). D.A. n. 2499 del 01/06/1977.

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REGIME DI PROPRIETA’Immobili di proprietà del Demanio Comunale. Part.lla: 829Immobili di proprietà del Demanio Statale -Ferrovie dello Stato. Part.lla: 895, 896, 897, 898, 899,900.Immobili di proprietà privata. Part.lle: FMC 8 – Part.lle: 60, 61, 62, 63, 1237, 1110, 1371, 1108, 59,369, 58, 427, 746, 2004, 869, 1998, 848, 68 parte, 847 parte, 35 parte, 34, 643, 834, 833, 642, 735,24, 31, 32, 23, 28, 29, 41, 42, 43, 870 parte, 25, 26, 27, 30, 40, 589, 850 parte, 470 parte, 471 parte,472 parte, 473, 845, 368 parte, 53 parte, 426 parte, 745 parte, 744 parte, 747 parte, 425 parte, 55parte, 366 parte, 367 parte, 24 parte, 38 parte, 39 parte, 870 parte.

FMC 9 – Part.lle: 65, 595, 594, 64, 70, 82, 320, 321, 132, 83, 140, 141, 89, 1059, 1365, 1366,1367, 190, 1062, 133 parte, 134 parte, 135 parte, 136 parte, 137, 138, 139, 88, 78 parte, 79, 80, 81,281, 71, 72, 73, 66, 67, 68, 653, 654, 655, 444, 445.

REGIME DI PROPRIETA’Immobili di proprietà del Demanio Statale -Ferrovie dello Stato. Part.lla: 190Immobili di proprietà dell’Ente ecclesiastico. Part.lle: 66, 444, 445, 654, 655.Immobili di proprietà privata. Part.lle: 65, 595, 594, 64, 70, 82, 320, 321, 132, 83, 140, 141, 89,1059, 1365, 1366, 1367, 1062, 133 parte, 134 parte, 135 parte, 136 parte, 137, 138, 139, 88, 78parte, 79, 80, 81, 281, 71, 72, 73, 67, 68, 65

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3.3 IL TERRITORIO TRA MILAZZO E GIOIOSA MAREA

MILAZZO

L’antiquarium archeologico

L’Antiquarium è stato realizzato all’interno di un locale prestigioso: l’ala est del Quartiere degliSpagnoli, attribuito ad Orazio del Nobile, rinomato ingegnere attivo a Milazzo nel XVI secolo.Il plesso costruito tra il 1585 e il 1595, con il contributo del più noto architetto Camillo Camilianiche affiancherà dal 1586 e forse sostituirà Orazio del Nobile nella direzione del cantiere, sorsesull’allineamento e sfruttando il muro duecentesco di Giacomo d’Aragona e comprendevaoriginariamente una porta monumentale, inglobata in una torre, demolita nel 1930 per ampliare lasede stradale, alla quale si affiancavano due corpi di fabbrica a sviluppo rettangolare di 225 metri dilunghezza, chiusi nel XVII secolo, alle estremità, da due torri.Il complesso fu in origine ad una sola elevazione con terrazzo piano, come si evince chiaramentedalla pianta della città redatta tra il 1636- 1638 da Francesco Negro. Nel 1645, su progettodell’architetto monrealese Pietro Novelli particolarmente attivo in quegli anni a Milazzo sulCastello, fu realizzata la seconda elevazione accessibile grazie ad un ballatoio a corridoio scopertoretto da mensole.Nell’ottocento l’edificio subì ancora altri interventi: le originarie e aeree mensole del ballatoiofurono sostituite da una sequenza di archi in muratura sulla cui sommità correva sempre uncamminamento ancora presente agli inizi del 900 su entrambi i corpo di fabbrica e conservato fino aoggi solo nell’ala ovest. Un’altra importante modifica interessò il prospetto sud nel quale furonoaperte numerose finestre in corrispondenza del piano terra.

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I locali, sede stabile dei militari il cui vettovagliamento era a carico della città, in origine pocosalubri, dal momento che il fronte a sud era privo di finestre, furono destinati agli ufficiali nel pianoalto e ai soldati in quello inferiore.Dopo l’unificazione d’Italia il quartiere, divenuto “Caserma XX Luglio”, fu sede del battaglione difanteria a cavallo. Durante il periodo fascista il plesso ospitò la caserma di Milizia fascista e l’opera Nazionale Balillae infine, dopo il 1948, una organizzazione sindacale e l’ associazione combattenti.Risale agli inizi del ‘900 e costituisce quindi una superfetazione recente, il corpo di fabbrica apianta stretta e allungata su asse est- ovest, con porticato al centro dei due segmenti di edificio, oggirifunzionalizzato quale struttura di supporto dello spazio espositivo (uffici, deposito, laboratorio direstauro e servizi igienici, direzione lavori: Arch. Daniela Sparacino).L’ala est dell’edificio storico, restaurata a partire dalla fine del XX secolo dalla Soprintendenza aiMonumenti di Catania prima (direzione lavori: Arch. Gesualdo Campo), e da quella di Messina poi(direzione lavori: Arch. Mirella Vinci), si articola in 10 ambienti comunicanti oggi tramite una seriedi passaggi ad arco che rendono assai suggestivo il susseguirsi delle sale.

L’Antiquarium propone una lettura complessiva dei dati forniti dalla ricerca archeologica avviata aMilazzo nel secondo dopoguerra da Luigi Bernabò Brea, Madeleine Cavalier e Domenico Ryolo,proseguita negli anni settanta da Giuseppe Voza e dalla fine degli anni ottanta ad oggi dallasoprintendenza di Messina.L’Antiquarium rappresenta quindi il giusto coronamento di più di un cinquantennio di indagini, ilpunto di arrivo di un percorso propugnato fin dai primi rinvenimenti archeologici da SaverioMagistri, ispettore onorario negli anni trenta che in più occasioni sostenne, nella stampa locale, lanecessità di istituire un Museo Civico, fortemente voluto da Luigi Bernabò Brea e da DomenicoRyolo negli anni cinquanta.

L’intero percorso, strutturato in tre sezioni storico-culturali (preistorica/protostorica, greca/greco-romana, romana/bizantina), scandito lungo la “linea del tempo”, segue un ordine espositivo chealterna contesti di abitato a contesti di necropoli, in modo che gli uni siano il riflesso degli altri, inreciproca e costante dialettica. In un continuum cronologico, dall’età neolitica a quella bizantina (V millennio a.C.-VII sec. d.C.), ireperti esposti (n. 1267) diventano strumenti per attraversare la “storia antica” della città, una“storia” narrata senza soluzione di continuità e che, come in tutti i centri a continuità di vita, emergedai documenti della cultura materiale, specchio della società che li ha prodotti e utilizzati.

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SEZIONE PREISTORICA/PROTOSTORICA

V millennio - X sec. a.C. SALA 1 - Vetrina 1

Abitato (Penisola/Capo Milazzo; Piana/contrada Ciantro) SALA 2 - Vetrine 2, 3

Abitato (Piana/contrada Ciantro; Istmo)SALA 3 - Vetrine 4, 5

Abitato (Penisola/Viale dei Cipressi)SALA 4 - Vetrine 6, 7, 8

Necropoli (San Papino; Istmo/Via XX Settembre)

SEZIONE GRECA / GRECO-ROMANA

Fine VIII - I sec. a.C. SALA 5 - Vetrine 9, 10, 11

Abitato (San Papino; Istmo/Via XX Settembre)Necropoli “meridionale” (Istmo/Via XX Settembre)

SALA 6 - Vetrine 12, 13 Necropoli “meridionale” (contrada S. Giovanni)

SALA 7 - Vetrine 14, 15, 16

Necropoli “meridionale” (contrada S. Giovanni)SALA 8

Sepolture di età greca e romana, ricostruite “al vero” SALA 9 - Vetrine 17, 18, 19, 20, 21

Necropoli “orientale” (contrade San Paolino, Ciantro)Abitato (contrada Ciantro)

SEZIONE ROMANA/BIZANTINA

Fine I sec. a.C. - VII sec. d.C. SALA 10 - Vetrine 22, 23, 24, 25

Abitato (contrada Vaccarella) Necropoli (Via Cumbo Borgia

Sezione preistorica-protostorica

SALE 1→4(vetrine 1→8)

Sono dedicate ai contesti archeologici di epoca preistorica e protostorica (V millennio a.C. - X sec.a.C.). I reperti selezionati rivestono particolare interesse per la definizione cronologica e tipologicadelle culture pregreche in Sicilia e confermano il ruolo chiave e strategico di questo territoriorispetto ai circuiti di scambio con l’arcipelago eoliano e con l’Italia peninsulare.

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Sala 1. Raccoglie materiali databili dall’età neolitica al bronzo antico (V-II millennio a. C),restituiti da scoperte effettuate nella Penisola e nella Piana (vetrina 1).Sala 2. Raccoglie i reperti dall’Istmo e dalla Piana (vetrine 2-3) che documentano la frequentazionedurante l’età del bronzo antico e medio (XVII-XIII sec. a. C.).Sala 3. I materiali provengono dalla Penisola, da un impianto abitativo/villaggio lungo il Viale deiCipressi (vetrine 4-5), che doveva costituire parte di un più vasto insediamento, in posizionenaturalmente difesa, frequentato per tutta l’età del bronzo (XVIII-X sec. a.C.).Sala 4. Raccoglie i corredi funerari restituiti dalle necropoli individuate ed esplorate nella Penisola(vetrina 6) e nell’Istmo (vetrine 6-8), risalenti all’età del bronzo (XVIII-X sec.a.C.).

Sezione greca- greco-romana

SALE 5→7 (vetrine 9→16)

Sono dedicate ai contesti di epoca greca (fine dell’VIII - III sec. a.C.), che documentano settori diabitato, “aree sacre”, ma soprattutto la “necropoli meridionale”. I reperti esposti, ingenti per forme, classi e produzioni, sono rappresentati da vasellame ceramico, difabbrica locale, o di importazione coloniale e greco-orientale, variamente decorato a vernice nera, afigure nere, o a figure rosse, nel cosiddetto “stile di Gnathia”, o a bande, a immersione, o acromo,che inseriti nei corredi, accompagnavano il defunto nell’oltretomba,secondo le credenze dell’epoca.Sala 5.I materiali provengono dalla Penisola e dall’Istmo ed attestano frequentazioni a caratteresacro-cultuale e abitativo (vetrina 9), nonché funerario (vetrine 10-11).Sala 6. Raccoglie i corredi più rappresentativi della “necropoli meridionale” (vetrine 12-13), nelmomento della sua massima espansione, tra VI e V sec. a. C..

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Sala 7. I corredi, anche di pregio (vetrina 15), documentano l’ulteriore e decisivo sviluppo della“necropoli meridionale” in aree della contrada San Giovanni (vetrine 14-16), dalla fine del V agliinizi del III sec. a. C.SALA 8

È destinata alla ricostruzione “al vero” delle tipologie sepolcrali più attestate in età greca e romana(VI-I sec. a.C.), offrendo una suggestiva documentazione di come l’edilizia funeraria risponde alleesigenze del rito, sia dell’inumazione, con sepolture “a cassa” di tegole, o mattoni, o di tegole poste“a cappuccina”, sia dell’incinerazione entro vasi di riuso, quali anfore commerciali, hydriai elekanai.

SALA 9 (vetrine 17→21)

Raccoglie i corredi restituiti dalla “necropoli orientale”, che si sviluppò nelle contrade della Piana(San Paolino e Ciantro) a sud-sud/est dell’Istmo (vetrine 17-20) . Si segnala tra tutti il corredo dellasepoltura 5 con i noti modellini fittili di imbarcazioni.Nella stessa sala altri reperti documentano importanti scoperte nel territorio della Piana,intensivamente fruttato a scopo agricolo nell’antichità (vetrina 21).

Sezione romano-bizantina

SALA 10 (vetrine 22→25)

È dedicata alla documentazione di età romana e bizantina, dalla fine del III sec. a.C. al VII sec. d.C.I reperti esposti, provenienti soprattutto da contesti di abitato, legati alla vita del porto (vetrine 22-

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23), valgono a confermare la continuità di urbanizzazione del rione Vaccarella, fino ad età tardo-antica, ma anche l’uso a scopo funerario di determinate zone dell’Istmo in età bizantina, tra V e VIIsec. d.C. (vetrine 24-25).

Sezione subacquea

Ospita alcuni contesti frutto delle scoperte avvenute nel mare di Milazzo, da sempre luogo distoriche battaglie e di tragici naufragi. Per la storia delle rotte del commercio marittimo nell’antichità, particolare rilievo hanno i materialida Punta Mazza (vetrina 1), riferibili al carico e alle attrezzature di bordo di una nave commercialenaufragata in quelle acque e databili tra la fine del II e la prima metà del III sec. d.C..

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Il Sito di Viale dei Cipressi

Il sito archeologico, oggi protetto da una copertura in lamellare ligneo e policarbonato, attrezzato efunzionalizzato alla visita, con percorso didattico e pannellistica illustrativa, è stato individuato nel1992, quando si avviarono, da parte del Comune, i lavori per la realizzazione di un parcheggiopubblico. Da allora, con successive campagne di scavo (1995-1996; 2003-2004), sistematiche e inestensione, è stato possibile definire i distinti livelli di occupazione, diacronicamente articolati,senza soluzione di continuità, all’interno dell’età del bronzo (XVIII-X sec. a.C.).

Viale dei Cipressi. Area archeologica

Esso rappresenta la più completa testimonianza di un vero e proprio complesso di abitazioniprotostoriche sulla Penisola, in una zona del Borgo, e doveva costituire parte di un più vastoinsediamento, in posizione naturalmente difesa, sul versante orientale dell’altura del “Castello”, chedegrada in stretti terrazzi verso il rione Vaccarella, sovrastando l’insenatura del porto.Le evidenze più significative appartengono ai livelli del bronzo antico avanzato (XVIII-XVI sec.a.C.), relativi alla “cultura di Capo Graziano”. Cinque capanne costruite con pietrame, dissimili per l’ovale della planimetria, dimensioni e corredodomestico. Diversamente dislocate sul pendio, per quota e orientamento, esse paiono costituirel’ultima propaggine dell’insediamento, la cui maggiore estensione va ricercata lungo il pendioterrazzato che guarda a Levante. Delle capanne individuate, solo tre sono state compiutamente esplorate. Su tutte emerge la capanna1, sia per le caratteristiche strutturali, sia per i manufatti che ha restituito. Di dimensioni eccezionali(m 11,5x4,5), a pianta ellittica, stretta e allungata, con ampio ingresso sulla fronte a sud-est,provvisto di rampa/scalinata di accesso, la capanna è realizzata con muratura a secco in pietralocale, strutturata a doppio paramento e inzeppatura di piccolo pietrame. La copertura doveva esseredel tipo testudinato, in materiale deperibile, sorretta da pali, i cui fori di alloggiamento sono visibilisul piano interno della struttura. Un muro/tramezzo divide, dal resto dell’ambiente, l’abside di nord-ovest, in cui si apre un ulteriore piccolo ripostiglio, che ha restituito poca ceramica e una certaquantità di carboni. In generale, la struttura sigillava al suo interno, sotto il crollo degli alzati, unagrande quantità di materiale in frammenti, che doveva rappresentare il “corredo domestico”.

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La tipologia dei vasi e la loro distribuzione sul piano d’uso (pavimento) della capanna, hannopermesso di ipotizzare l’esistenza di aree funzionali diversificate: quella destinata a magazzino, perla presenza di due grandi dolia, quella “rituale”, per la concentrazione di numerosi vasiminiaturistici, quella più strettamente connessa agli usi domestici (preparazione, cottura e consumodel cibo), specie nella zona intorno al focolare.

La capanna 2, molto danneggiata da strutture di epoca medievale, si colloca, con orientamentodiverso, poco più a valle della 1. Pare avesse pianta ovale, piuttosto irregolare (m 5x3,5).La capanna 3, in buono stato di conservazione, benché intaccata dai livelli medievali e siadocumentata per un solo filare di muratura, ha forma semicircolare (5,8x4), con un lato quasidiritto, che interferisce con un tratto murario ad andamento curvilineo, più antico, probabile residuodi una supposta capanna 5. Il tetto doveva essere in materiale deperibile, sostenuto da due coppie dipali. L’interno, pare non avesse ulteriori suddivisioni, se non la presenza di un focolare,rappresentato da una grande piastra di argilla. La modesta quantità di materiale restituito, suggerisceche l’abbandono della struttura sia avvenuto con certa gradualità, così la sua distruzione. La capanna 4, pare trovi documentazione in un tratto di muro rettilineo, a sud-ovest della capanna 1,e in un lembo di piano funzionale in concotto, riferibile al focolare.Benché in via del tutto dubitativa, è possibile attribuire un ulteriore tratto di muro residuale, adandamento curvilineo, non lontano dalla canna 3, presso l’angolo di sud-ovest, ad una capanna 6,che evidenzia la stessa tecnica costruttiva a doppio paramento.

All’età del bronzo medio (XV-XIII sec. a.C.), “Cultura di Thapsos-Milazzese”, sono da attribuirelabili elementi strutturali di incerta lettura affiorati sul limite sud dell’area di scavo, comunque infase con reperti ceramici di definita cronotipologia.

Ai livelli superiori, riferibili all’età del bronzo recente e finale (XII-X sec. a.C.), “Culturadell’Ausonio I e II”, appartengono i resti di due edifici, realizzati con materiale deperibile. Delprimo, a nord dell’area, si conserva il tratto di un muro perimetrale, ad andamento curvilineo,costruito al di sopra dei livelli terrosi che sigillavano la capanna 1 e che i materiali ceramici, benchémolto frammentari, pongono in un momento piuttosto antico dell’Ausonio I. Del secondo (capanna

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US 26), leggibile in negativo, è possibile ricostruire la pianta subcircolare (m 3,5-4 di diametro),ma, soprattutto, riconoscere almeno due fasi di occupazione, da collocare, sulla scorta dei materiali,tra Ausonio I e Ausonio II.

MILAZZO. Il regime giuridico delle aree inserite nel Parco (TAVV. 2 e 3)

ZONA A - 1317 mq = Antiquarium archeologico

FMC 25, part.lla 243 Fabbricato denominato Quartiere Vecchio ex Caserma 20 luglio 1860, Via G.B. Impallomeni,

verbale di consegna del 25/10/1999

ZONA A – 3.036 mq = Area archeologica di Viale dei Cipressi. Abitato protostorico (età del

Bronzo)

FMC 4, part.lle 1462, 1464. Cessione volontaria della ditta proprietaria - (3.036 mq)

ZONA B – 2.414 mq = area di rispetto del sito archeologico (tav. 3)

FMC 4 – part.lle: 1.463, 1.465, 1.488 (proprietà privata)

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TERME VIGLIATORE

Villa romana in c.da S. Biagio

Lo scavo della villa di Terme Vigliatore risale agli anni cinquanta del secolo scorso, quando furiportato alla luce il complesso archeologico e quando furono effettuati gli interventi disistemazione del sito quale noi oggi lo conosciamo, con la posa in opera di strutture protettiverealizzate in forme assai vicine a quelle della villa di Piazza Armerina.Il sito, nonostante l’importanza scientifica - si tratta di uno dei pochi esempi di villa di lusso di etàtardo ellenistica continuativemente utilizzata fino al III d.c., ma probabilmente, come gli scavirecenti hanno dimostrato fino alla fine del V inizi del VI sec.d.C., con elementi anche di pregio,quali la grande sala del triclinium con pavimento in marmo e mosaico e le belle pavimentazioni inmosaico biano e nero - non è mai riuscito ad entrare nei circuiti turistici neanche locali, nonostantela favorevole dislocazione (siamo a pochi kilometri dal Parco Augusto, centro termale oggirilanciato nel campo del turismo e poco distanti dal porticciolo turistico di Porto Rosa).

La villa antica si impianta su un deposito alluvionale recente posto alle pendici di un terrazzo marino.

L’area prescelta si presenta alquanto costretta tra i limiti naturali della retrostante collina e i limiti artificiali del percorso viario costituito dalla via Valeria. Il sito, inoltre, già in antico, non doveva offrire eccezionali requisiti da un punto di vista paesaggistico, data la sua posizione relativamente pianeggiante.

Questa stessa collina dovette ospitare durante la media età del bronzo un insediamento umano comedimostrano i numerosi frammenti ceramici rinvenuti durante lo scavo sempre a contatto del livello sterile di base e i resti ben più significativi affiorati nell’area immediatamente a monte dell’attuale linea ferrata.

Allo stato attuale delle indagini non esistono altre tracce di occupazione dell’area fino alla tardaetà repubblicana. E’ possibile che la costruzione della villa abbia completamente asportato le

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testimonianze di età precedente: rimangono solo pochi frammenti residuali databili tra il IV e ilIII secolo a.C..

Il primo sicuro indizio della frequentazione della zona in un periodo antecedente la costruzionedella villa è fornito dal rinvenimento, nell’area dell’aiuola SW del peristilio, dei resti di unafornace che produceva ceramica a vernice rossa interna databile nel primo decennio del I secoloa.C.: la costruzione della villa può essere collocata dopo questa data.L’edificio è ricostruibile come una costruzione di forma pressoché quadrata di m 40.40 x 41.15(superficie mq 1.662,40; 136 x 139 piedi romani), orientata in senso NE-SW ( FIG. 1). E’possibile che, già in quest'epoca, altre strutture connesse alla conduzione e alla vita della villa,potessero disporsi al di fuori del corpo centrale come testimoniano alcuni resti murari rinvenutisul lato ovest. La localizzazione della villa faceva sì che essa non potesse aprirsi sul panoramacircostante, da ciò derivò la necessità di creare un paesaggio interno che, fin da questa prima faseè rappresentato da un vasto peristilio (m 24.05 x 19.15). Sulla base dei resti murari rinvenuti èpossibile ricostruire la presenza di almeno sette vani le cui funzioni non sono precisabili: inparticolare le notevoli dimensioni del vano C potrebbero essere riferibili ad una funzionedi rappresentanza all’interno dell’edificio. L’ingresso della villa già in questa fase dovevaaprirsi sul lato nord. La tecnica edilizia delle murature è l’opera quadrata pseudo-isodomacostituita da blocchi diatoni di calcarenite posti di taglio su assise regolari. I pianipavimentali, dove conservati, sono costituiti da pezzame e frammenti di calcarenitefittamente connessi. Non è chiaro se l’edificio possedesse, già in questa fase, un pianosuperiore: in ogni caso le coperture dovevano essere costituite da capriate e forse, inqualche caso, da terrazze.

In età augustea la villa subisce profonde modifiche. I vani individuati in precedenza subiscono dei radicali cambiamenti: molti muri vengonoabbattuti, altri mantenuti solo come fondazione. Con la realizzazione di nuove strutture lasuddivisione interna degli spazi si arricchisce di altri ambienti, di dimensioni inferiori ediversamente dislocati rispetto alla rigida simmetria che caratterizzava il periodoprecedente. Gli ambienti continuano a gravitare sul peristilio le cui dimensioni vengonoperò notevolmente ampliate (m 24 x 24). Nel peristilio l’aiuola interna (m 18 x 18) vienedelimitata da un porticato provvisto di sei colonne su ciascun lato e pilastri cuoriformi agliangoli. Lungo il lato nord del corpo centrale si apre l’ingresso della villa affiancato da

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ambienti relativi alla “portineria” o funzionali all’accoglienza degli ospiti: sui lati est eovest delle fauces (ambiente 53) si dispongono rispettivamente la cella ostiaria (ambiente51), accessibile direttamente dall’esterno e munita di cubicolo (ambiente 50) e un ampiasala rettangolare (ambiente 52) che può essere interpretata come triclinio o semplice salariservata agli ospiti. Anche sul lato ovest sono disposte stanze (triclini, sale, cubicoli)dedicate all’accoglienza, i cd. hospitalia. Sul lato sud l’ambiente 2 sembra costituire unavasta sala tricliniare di particolare rilevanza. Ai lati dell’ambiente, collegato ad esso permezzo di aperture, sono collocati due coppie di vani che possono essere interpretati comeappartamenti rispettivamente della domina (ambienti 4-7, ad est) e del dominus (ambienti3-6, ad ovest) .

Il rinvenimento di alcune strutture all’esterno del corpo centrale della villa,permette di definire le dimensioni di due ali laterali che dovevano ospitare, a est, ilquartiere servile, ad ovest un balneum ovvero un ambiente termale. La tecnica costruttivautilizzata in questa fase è l’opera cementizia, che comporta l’uso di pietrame legato conmalta di calce o malta di terra . Per quanto è possibile osservare sono utilizzati quattro tipidi pavimentazioni: in terra battuta, in tegoloni (ambiente 13), in cocciopesto (ambiente 7),a lithostroton (ambiente 11). Si può ipotizzare che in questo periodo il corpo centrale della villa fosse provvisto di unpiano superiore, come testimoniato nell’ambiente 30 da un pilastro avente la funzione disostegno delle travi maestre del soffitto.

Nella seconda metà del I secolo d.C. l’impianto termale viene provvisto di tutti glielementi tipici di questo tipo di struttura: apodytherium, tepidarium, calidarium,

laconicum, frigidarium, natatio . La villa nel suo insieme non subisce modifiche sostanzialinell’assetto architettonico e anche se non si può escludere qualche rifacimentonell’apparato decorativo, gli ambienti delineati nel periodo precedente rimangono invariatinella forma e nelle dimensioni. Soltanto nel peristilio e nell’ ambiente 30 sonoriconoscibili dei cambiamenti apprezzabili: nel peristilio gli intercolumni vengono richiusicon dei plutei in muratura, nell’ambiente 30 viene realizzato un nuovo pilastro, anchequesto, con ogni probabilità, con funzioni di sostegno delle travi maestre del soffitto.

Agli inizi del II secolo d.C. le terme del settore ovest subiscono un notevoleampliamento con l’obliterazione dei vani precedenti e la costruzione di nuovi ambienti. Il peristilio si arricchisce di nuovi elementi decorativi costituiti da sostegni per statue.L’elemento che più caratterizza questa fase di vita è però costituito dalla comparsa diricchi pavimenti musivi in tessellato bianco e nero .

Mosaico con scena di pesca

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Alla fine del II secolo d.C. la villa subisce delle modifiche strutturali e nell’apparatodecorativo: è possibile che queste ristrutturazioni, forse determinate dallo stato di usura dialcuni ambienti, abbiano risentito l’influenza di nuovi indirizzi stilistici che sembranoriflettersi nelle pavimentazioni degli ambienti 2, 8, 9 e 23 . Tra questi spicca lapavimentazione in opus sectile dell’ambiente 2, senza dubbio anche per le dimensioni

Particolari delle pavimentazioni

Nel peristilio, arricchito sul lato est da un nuovo elemento decorativo rappresentato da unbasamento, lungo i bordi esterni del viridarium vengono realizzati degli stretti ambulacriche delimitano un’aiuola centrale di dimensioni inferiori alla precedente. Nelle termealcuni ambienti subiscono modifiche che ne indicano la diversa funzionalità . Nell’alalaterale est vengono distrutti gli ambienti servili e l’area viene occupata da un edificio(ambiente 18) di notevoli dimensioni: probabilmente un magazzino o un ambiente dilavorazione, come sembrano indicare i resti di un sistema di canalizzazione collegato conla struttura.Nel IV secolo d.C. numerosi avvenimenti caratterizzano la vita e le strutture della villa.Nell’ala laterale est viene realizzato un nuovo quartiere abitativo caratterizzato da unaforma molto allungata (lunghezza m 16.30, larghezza m 6) e con il lato lungo orientatosecondo l’asse EW a differenza di quello originario dell'impianto. Il complesso è formatoda tre ambienti (14, 15, 16) collegati tra loro e aperti all'esterno attraverso un’aperturaposta sul lato nord dell'ambiente centrale 15. All’esterno degli ambienti, sul lato sud-ovest, doveva essere presente un vano porticato (ambiente 13), pavimentato a mattoni ecoperto con un tetto a spiovente. Lungo il portico correva una canaletta che raccoglieva leacque meteoriche provenienti dalla copertura convogliandole in un bacino di raccolta(ambiente 46). Sul lato est degli ambienti 14, 15, 16, si dispongono un’altra serie di vani(ambienti 43, 44, 45) con andamento NS, che delimitano con l’ambiente 18, ancora in uso,un vasto cortile trapezoidale. Nel corpo centrale della villa viene realizzata, all’interno della vasca del periodoprecedente, una fontana a piedistallo. L’ingresso dell’ambiente 2 è arricchito da una fasciain opus sectile (v. pannello 4). Negli ambienti termali la vasca del frigidarium è sostituita da una nuova vasca di formaabsidata che verrà successivamente sostituita da una di dimensioni più ridotte (v. pannello3).La datazione offerta dai reperti e la conformazione delle stratigrafie sembrano indicare chela villa abbia subito una distruzione violenta tra la fine del V e gli inizi del VI secolod.C.. A questa fase dovette seguire un periodo di abbandono e successivamente una nuovafase di occupazione rappresentata da alcune strutture murarie rinvenute nell’area degliambienti rustici.

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TERME VIGLIATORE : il regime giuridico delle aree inserite nel Parco

ZONA A - 5.102 mq = Villa romana di età imperiale (I sec.a.C. - V sec.d.C.).

- Demanio dello Stato: FMC 3, part.lla 635 - (2180 mq) Decreto prefettizio n. 72004, div. II del 01/03/1958

- Acquisto rep. 107514 del 13/07/1988 - (2.360 mq) FMC 3 - part.lle 1089, 1256, 486, 1072, 1258, 1076- Esproprio D.D.S. n. 5137 del 19/01/2009 - (562 mq) FMC 3 - part.lle 1756, 1758, 1760

ZONA B – 13.630 mq = Area di espansione e di rispetto della villa romana (TAVV. 5 e 6)

FMC 3 – part.lle: 344, 345, 445, 446, 435, 1759, 1661, 1660, 1615, 584, 350, 351, 1082, 440, 488,605, 604, 378, 1092, 1090, 1085, 1084, 1083, 1107, 1106, 1077, 487, 1257, 353.

VINCOLO DIRETTO (art. 1 e 3 della L. 1089 del 1939). Part.lle: 344, 345 (D.M. 11/06/1955 convalidato con D.P.R.S. n. 4983 del 03/09/1966).Part.lle: 1615 parte (ex 349), 1660 parte (ex 395 e 348), 1661 parte (ex 347), 1759 parte (ex 346)(D.P.R.S. n. 26 del 09/12/1975).

VINCOLO INDIRETTO (art. 21 della L. 1089 del 1939).Part.lle: 1615 parte (ex 349), 1660 parte (ex 395 e 348), 1661 parte (ex 347), 1759 parte (ex 346),584 parte (ex 350 parte), 350 parte, 1082 parte (ex 352 parte), 1257 parte (ex 353 parte), 353 parte.(D.P.R.S. n. 26 del 09/12/1975).

REGIME DI PROPRIETA’Immobili di proprietà del Demanio Statale. Ferrovie dello Stato. Part.lla: 1257.Immobili di proprietà privata. Part.lle: 344, 345, 445, 446, 435, 1759, 1661, 1660, 1615, 584, 350,351, 1082, 440, 488, 605, 604, 378, 1092, 1090, 1085, 1084, 1083, 1107, 1106, 1077, 487, 353.

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TRIPI Necropoli monumentale in c.da Cardusa

Nel corso di successive campagne di scavo effettuate a partire dal 1994 a cura del ServizioArcheologico, della Soprintendenza B.C.A. di Messina è stata messa in luce una porzione di unaestesa necropoli di età tardo classica ed ellenistica riferibile al centro “siculo greco” di Abakainon,ricadente sul versante nord est della catena dei Monti Nebrodi in territorio dell’odierno comune diTripi.Il sito antico, noto in prevalenza attraverso passi di fonti storiche ed emissioni monetali del V e delIV secolo a. C.. Da Diodoro Siculo sappiamo che Dionigi nel 396 fonda Tindari sul territorio diAbaceno. Nel 393 è alleata di Magone contro Dionigi; nel 315 parteggia per Amilcare controAgatocle repressore di fazione cittadina a lui avversa; nel 263 combatte a finaco di Ierone II controMamertini. Fu municipium in età imperiale come documenta l’ iscrizione di un duumviro.Il sito dell’abitato antico riconoscibile nella contrada Piano, non è adeguatamente esplorato, qualorasi esclude la campagna di scavi promossa da Luigi Bernabò Brea e condotta da François Villard nel1952, che consentì l’individuazione delle aree a destinazione pubblica dell’abitato ellenistico-romano.La necropoli di contrada Cardusa, una estesa area collinare situata a nord dell’abitato antico, erastata riconosciuta per la prima volta da Antonino Salinas nel 1886, ed era già stata oggetto di unalimitata esplorazione nel 1952, che aveva rinvenuto modeste sepolture riferibili al IV-I secolo a. C.

Il settore di necropoli messo in luce (campagne di scavo dal 1994 al 1998 con fondidell’Amministrazione di Tripi;, con fondi ordinari dell’Assessorato Regionale BB.CC.AA. e P.I., econ fondi della comunità europea P.O.P. 1994-2000, POR 2000-2006) presenta caratteri di notevoleinteresse soprattutto nella tipologia degli epitymbia, talvolta spiccatamente monumentali, realizzatinell’arenaria grigia locale a grana fine estratta in loco, e spesso ben conservati sotto gli spessi stratidi detrito derivanti dallo scivolamento superficiale del pendio.

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Complessivamente sono state individuate ed esplorate 158 sepolture e l’area è stata acquisita aldemanio regionale.

Le sepolture interessano un declivio collinare con pendenza all’incirca da est verso ovest, dandoorigine con la loro disposizione ad una serie di stretti e bassi terrazzamenti che interessavano unasorta di conca naturale limitata ad est e a nord dall’affiorare di ripide pareti rocciose dove sonoancora visibili gli antichi segni di cava per cavare i blocchi. Poco dopo l’abbandono della necropoliin età antica (da collocarsi probabilmente intorno al II a.C.) tutta l’area per effetto del dilavamentodall’alto del colle è stata ricoperta dagli spessi livelli di detriti provenienti dalla collina soprastante,comprendenti le schegge di lavorazione delle lastre e dei blocchi di arenaria cavati in loco,commiste a frammenti di laterizi e scarsa ceramica, probabilmente residui di tombe superficialidistrutte dallo scivolamento del pendio. Non vi sono tracce di vita per tutta l’età medievale emoderna. La vita riprende in età contemporanea con lo sfruttamento agricolo della zona al qualesono soprattutto da imputare i danneggiamenti subiti dai monumenti, asportazione di blocchi, tagliodi alcune sepolture. Non compaiono tombe violate ad eccezione di quelle tagliate qualche decenniofa dalla stradella comunale.

I monumentini sepolcrali in pietra arenaria cavata sul posto, o epitymbia, che sormontano le vere eproprie deposizioni, costituiscono la caratteristica più rilevante di quest’area: si dispongono sulpendio in fitti raggruppamenti probabilmente pertinenti a gruppi familari, in un paio di casi distintitra loro da muretti semicircolari. Tutti gli epitymbia si presentano fra loro allineati con fronte versoovest, in direzione della vallata, con leggera disposizione quasi a ventaglio, a seguire l’andamentodel terreno. Negli spazi talora assai esigui tra di essi e spesso in parte sormontandoli si dispongonoapparentemente senza soluzione di continuità numerose tombe terragne apparentemente prive dimonumento o segnacolo, che costituiscono la fase più recente almeno in questo tratto di necropoli.

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I tipi più comuni di epitymbia presentano basamento a pianta quadrangolare costituito da filari diblocchi disposti a piramide, generalmente tre, e sormontato da un plinto portastele con cornicimodanate, talvolta al posto della stele una colonnina priva di capitello.La necropoli ha restituito anche tombe di maggiore impegno, come il monumentale naiskos

(elementi di trabeazione, ante con semicolonnine, fusti di colonna di moduli diversi, elementibasamentali, ecc.) ancora in situ a livello del crollo.La necropoli di Cardusa costituisce in Sicilia l’esempio più conservato di sepolcreto monumentale di età tardo classica – ellenistica, ed è a tutt’oggi l’unico contesto a offrire la suggestione del paesaggio funerario dell’epoca. Se alcuni epitymbia presentano confronti tipologici diffusi sia in ambito siciliano che piùgenericamente in area mediterranea, dalla Grecia ad Alessandria, sembrano qui riscontrarsi anchetipi peculiari come quello a piramide nella versione con due blocchi portastele, spesso di grandidimensioni, e quello “a balaustra” (che riecheggia peraltro tipologie presenti nella grandearchitettura).Altri aspetti caratteristici sono costituiti dalla grande prevalenza del rito dell’incinerazione, siaprimaria che secondaria, rispetto all’inumazione e dalla frequente associazione di monete al

corredo .Un ulteriore aspetto, ancora tutto da approfondire e che confermerebbe l’attribuzione dellanecropoli ad un ceto particolare di elevata posizione sociale, è rappresentato dalla frequente

associazione con l’elemento bellico, presente sia nell’onomastica, che nella presenza sia pur

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limitata di armi nelle tombe, che nella raffigurazione di una lancia a rilievo in una colonnina dicrollo, unico elemento figurato di tutto il complesso.

I corredi, assai danneggiati dalla forte acidità del terreno, possono comprendere pezzi di oreficeriaed altri oggetti metallici in bronzo e ferro, fra cui specchi circolari, strigili, una situla usata comecinerario, lame di coltello ed elementi relativi ad armi in ferro. Il vasellame ceramico, in prevalenza a vernice nera od acromo, comprende forme e tipi largamentediffusi nei centri della Sicilia nord orientale nel corso dell’età tardo classica ed ellenistica, conqualche richiamo anche alla produzione centuripina, mentre la ceramica a figure rosse è finoralimitata a pochissimi esemplari mal leggibili.

Le monete ricuperate in connessione od in prossimità delle sepolture contribuiscono a collocare lamaggior parte dei corredi tra la seconda metà-fine del IV secolo a. C. e la fine del III secolo a. C.:prevalgono le emissioni di Siracusa, quasi tutte riferibili ad Agatocle e Ierone II, ve ne sono diAbakainon, di Tauromenion, ed inoltre di Rhegion, compaiono singoli esemplari di Neapolis e deiCartaginesi in Sicilia.

Si sono infine rinvenute più di dieci iscrizioni onomastiche, per lo più riferibili sia a stele che acippi portastele riferibili al tipo con due cippi su unico basamento.

Il numero delle sepolture esplorate fino ad oggi è ancora basso per trarne considerazioni di caratteregenerale su base statistica, tuttavia la necropoli presenta già molteplici motivi di interesse. Questosettore può essere infatti attribuito ad una classe sociale piuttosto omogenea, che possiamo definiremedia o medio alta, all’interno della quale è spesso possibile distinguere gruppi familiari e talvoltaindividui di rango particolarmente elevato. Si riscontra un altissimo numero di sepolturecaratterizzate da epitymbia in pietra realizzati in maniera accurata se non raffinata, qualche voltaspiccatamente monumentali, a fronte di rare tombe a cappuccina di tegoloni, ad enchytrismos inanfora, o indicate da segnacoli di pietre appena sbozzate. Alcuni corredi, più ricchi o caratterizzati dalla presenza di oggetti particolari, contribuiscono adefinire la posizione sociale dei singoli individui o, con maggiore cautela, ad aprire uno spiragliorelativamente alle credenze di tipo religioso ed escatologico del defunto.

Particolare del crollo deò naiskos

La tomba monumentale n. 9, forse sormontata da un naiskos, si caratterizza per la presenza di unfodero di spada in ferro rinvenuto sui gradini del basamento e per una lancia scolpita a rilievo nellascanalatura di una colonnina di crollo suggerendo che almeno una delle deposizioni (una tomba adinumazione nella posizione consueta sotto il basamento ed una incinerazione entro il primo filare di

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blocchi) si riferisse ad un guerriero di alto rango: in contrasto con la sostanziale rarità della presenzadi armi nelle necropoli siceliote, sembra inevitabile il richiamo alle panoplie raffigurate in rapportoa naiskoi, frequenti sui vasi italioti di soggetto funerario. Tra le sepolture con oreficerie, prevalentemente anche se non esclusivamente in lamina (una delle iscrizioni rinvenute da Salinas in contrada Cardusa, già di epoca romana, si riferisce ad un orefice), confrontabili con esemplari già noti da Tindari, Lipari, Naxos, si distinguono le tombe 20 e60 che contengono pezzi di maggiore complessità e valore: il manifestarsi di credenze di tipo escatologico può essere visto nella presenza nella tomba n. 20 di una corona a foglie di mirto in

lamina aurea, forse alludente alla eroizzazione del defunto.Al simbolismo legato alle nozze ed al mondo di Afrodite, in quella particolare accezione del dionisismo che ha trovato a Lipari la sua espressione più completa, si riferiscono probabilmente il lebes gamikòs presente nella tomba n. 50, una delle più antiche, e nella tomba n. 42 della prima metà del III sec. a.C., e più genericamente le lekanai, pissidi, e le diverse forme di unguentari presenti in queste ed in altre sepolture.

TRIPI. Il regime giuridico delle aree inserite nel Parco

ZONA A - 39.435 mq. = Necropoli monumentale di epoca tardo classica- ellenistica. Contrada

Cardusa.

- Cessione volontaria – Rep. 1882 del 08/07/2008 - ( 2.950 mq) FMC 12 – part.lla 51- Cessione volontaria – Rep. 1907 del 14/11/2008 - (730 mq) FMC 12 – part.lle 57, 58, 251- Cessione volontaria – Rep. 1917 del 05/12/2008 – (810 mq) FMC 12 – part.lla 274 - Cessione volontaria – Rep. 1918 del 05/12/2008 – (970 mq) FMC 12 – part.lla 275 - Cessione volontaria – Rep. 1919 del 09/12/2008– (1.390 mq) FMC 12 – part.lla 37 - Cessione volontaria – Rep. 1926 del 26/02/2009 – (8.010 mq) FMC 12 – part.lle 32, 554 (ex 343), 23, 25, 33- Cessione volontaria – Rep. 1940 del 18/05/2009 – (2.710 mq) FMC 12 – part.lle 29, 30, 31- Cessione volontaria – Rep. 1991 del 10/11/2010 - (3.782 mq) FMC 12 – part.lle 52, 556 - Cessione volontaria – Rep. 1992 del 11/11/2010 - (1.370 mq) FMC 12 – part.lle 55, 54, 280, 281- Cessione volontaria – Rep. 1993 del 11/11/2010 – (590 mq) FMC 12 – part.lla 53- Esproprio con D.D.G. 1548 del 21/07/2010 – (16.123 mq) FMC 12 - part.lle 48, 49, 272, 273, 46, 555, 24, 26, 50, 56, 44, 283; FMC 9 - part.lla 283 ZONA B – 6.060 mq : area di rispetto della necropoli ellenistica(TAVV. 8 e 9)

FMC 12 – Part.lle: 45, 47 (proprietà privata)

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GIOIOSA GUARDIA

Il sito archeologico

Il sito di Gioiosa Guardia occupa un’altura dominante un ampio tratto della costa settentrionaledella provincia di Messina, geograficamente definito tra il Capo Calavà ad ovest e la penisola diMilazzo ad est. Si tratta di una porzione di territorio geograficamente articolata con areepianeggianti lungo la costa sovrastate dalle elevazioni che costituiscono gli estremi contraffortioccidentali dei Monti Peloritani e quelli orientali dei Nebrodi: un territorio disseminato di presenzearcheologiche che si scaglionano dall’età preistorica al tardo antico, ma anche una zonaintensivamente abitata dall’uomo nel corso dei secoli.Un’area inospitale per mancanza di sorgenti d’acqua, abitata dall’uomo nel corso dei secoli permotivi difensivi, strategici, ma anche per le possibilità legate allo sfruttamento dell’economia dellamontagna (legname, allevamento).

L’abitato antico sorse su un terrazzo naturalmente fortificato del versante orientale del Monte diGuardia (m. 825 s.l.m.), dominante l’ampia insenatura del Golfo di Patti: un punto di osservazioneeccezionale per il controllo della costa e delle vie di penetrazione verso l’entroterra della Sicilia inuna zona di spartiacque tra i Monti Peloritani e i Nebrodi.

Il sito archeologico, individuato e parzialmente esplorato all’inizio degli anni ottanta da parte dellaSoprintendenza di Siracusa (1981/82; 1984; 1985 - settore A) è stato oggetto di indagini anche da

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parte della Soprintendenza di Messina, subentrata nella tutela del territorio (1987; 1996 scavo erestauro), e, recentemente, grazie ai finanziamenti di Agenda 2000 (2003, 2004 e 2005). Le ricerche finora condotte hanno consentito di riportare alla luce un lembo di un abitato greco chesi sovrappone e in parecchi punti ha intaccato strutture e depositi archeologici riferibili ad almenodue insediamenti più antichi. L’indagine stratigrafica eseguita e la revisione complessiva dei reperti ceramici restituiti dai vecchiscavi, consentono oggi di isolare diverse fasi di vita del sito, tutte stratigraficamente sovrapposte e,data l’esiguità dei depositi e il forte pendio naturale, in reciproca interferenza l’una con l’altra.Benché i dati acquisiti siano ancora lacunosi, soprattutto in rapporto alla definizione delle forme dioccupazione nei vari periodi, in sintesi la storia del sito può essere così delineata.

1) Abitato protostorico (Bronzo finale XII-X sec.a.C.)La fase più antica è documentata limitatamente a lembi di crolli e soprattutto dai reperti ceramicirinvenuti classificabili nella Cultura dell’Ausonio II, tutti inseriti negli elenchi dettagliati che fannoparte della presente relazione. La nascita del nostro sito si inquadra pertanto all’interno diquell’ampio fenomeno storicamente collegabile alla migrazione sulla costa settentrionale dellaSicilia di comunità di origine peninsulare, gli Ausoni delle fonti letterarie.

2) Abitato indigeno (Età del Ferro IX - prima metà del VII sec.a.C.)Il sito è abitato durante l’età del Ferro. Lo documentano: un edificio a pianta ovale esplorato nel 2005, pochi tratti di strutture adandamento curvilineo e i reperti provenienti dalla quota più profonda dei vecchi scavi. Dai datiacquisiti, ancorché parziali, è ipotizzabile che l’abitato indigeno si strutturasse con case a piantaovale, orientate lungo un asse N/S coerente con l’andamento del pendio - dalla conformazione aschiena d’asino, stretta e allungata - con lato a monte incassato nel fianco della collina. Tra leceramiche rinvenute (per le quali si rinvia all’elenco allegato) e riferibili a questo periodoprevalgono le produzioni ad impasto grigio con decorazione incisa classificabili in quella faciesdell’Ausonio III o di Rodì - Pozzo di Gotto, tipica della costa tirrenica siciliana in cui perduranomodelli di tipo peninsulare e che trova puntuali riscontri nella cultura materiale dei centri indigenidella costa tirrenica calabrese. A queste ceramiche si associano, da un certo momento in poi, le piùantiche produzioni coloniali, spia dei primi contatti tra l’anonimo centro indigeno e i colonicalcidesi della costa.

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3) Abitato greco (fine VII/VI - V sec.a.C.)E’ questo il momento meglio documentato.

L’abitato si organizza con case a più vani dislocate lungo il pendio secondo un asse E/W in mododa superare i dislivelli. Nel settore esplorato la maglia urbana è scandita da stradine monte/mare cheformano un reticolo con quelle orientate N/S. Rispetto al periodo precedente e’ significativo ilcambiamento di impianto che, benché non possa essere definito rigorosamente ortogonale, sembradenunciare una influenza greca. Questo settore dell’abitato subisce una violenta distruzione alla finedel V sec. a.C., non sappiamo se per cause naturali (terremoto) o militari, in coincidenza con leguerre che interessano la zona alla fine del V sec.a.C. e che determineranno la fondazione diTyndaris nel 396 a.C. da parte di Dionisio I di Siracusa..

Scavo anni ottanta

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Lo scavo dopo il POR 2000-2009

Lo scavo delle “unità abitative” ha restituito una messe ricca ed eterogenea di materiali, tuttiriconducibili alle attività e allo svolgersi della vita quotidiana: un campione straordinario di formefunzionali, classi e produzioni, che permettono di definire la cultura e la società che le ha prodotteed utilizzate, entro l’ampio arco cronologico compreso tra VII e V sec. a.C..Per la maggior parte frammentari, solo in pochi casi i materiali si sono conservati integri oparzialmente ricomponibili e sono stati tutti riportati nell’elenco allegato.I prodotti circolanti tra la fine del VI e la fine del V sec. a. C., periodo di massima floridezza edestensione dell’abitato, trovano partiti formali e tecnologici in quella sorta di koinè mediterranea,tipica delle città coloniali d’Occidente, che ha in genere trasformato la cultura materiale dellatradizione indigena.Il vasellame ceramico, variamente decorato a vernice nera, perlopiù fabbricato in officine magno-greche e siceliote se non addirittura locali, permette di ricostruire gli arredi più raffinati all’internodelle abitazioni. In particolare il “servizio” destinato alla mensa o, più in generale, al convivio convasi per bere: kylikes (coppe) (Inv. 20673) e skyphoi (tazze profonde) (Inv. 20683); per versare:oinochoai e olpai (brocche/boccali) (Inv. 20692; Inv. 20651); per mescere: dinoi e crateri (Inv.20670); per contenere il cibo: patere (piatti profondi) e piatti da pesce (Inv. 20615); paterette (Inv.20657) e coppette (Inv.20686), per servire salse o condimenti.Un impiego ancora più vasto dovevano avere i contenitori in ceramica comune inornata, produzionimeno competitive e seriali, di cui lo scavo ha restituito ampie attestazioni. Alcuni di questimanufatti completano, insieme al vasellame a vernice nera, il “servizio” da mensa, con formedestinate a contenere liquidi e a servire il cibo in tavola, come gli askoi, vasi conformati ad otre

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(Inv. 20656); le brocchette (Inv. 20658); le anforette; le hydriae, spesso decorate a bande di vernice,comunemente provviste di tre anse (Inv. 20560); le ciotole e i bacili, veri e propri “portavivande”.Alla preparazione dei cibi erano riservati manufatti dalle forme ampie e resistenti, quali i mortai,muniti di beccuccio-versatoio (Inv. 20562; Inv.20696,20697), gli scodelloni e i catini (Inv. 20567). Alla cottura era destinata una particolare produzione di ceramica comune, cosiddetta “da fuoco”perché realizzata con un tipo d’impasto refrattario, più adatto al contatto diretto con la fiamma, piùsolido e resistente. L’esame dei frammenti documenta l’esistenza di una “batteria” da cucina cheprevedeva: la pentola e l’olla (Inv. 20749), per bolliti e cotture prolungate di carni e zuppe; lacasseruola (Vtr. B, n. 6) provvista di coperchio (Inv. 20632), per cotture in umido, sughi e salse; itegami, per friggere; le padelle, per abbrustolire.

Antiquarium comunale (Gioiosa Marea)

Un posto a parte occupano i contenitori per la conservazione delle derrate alimentari, in generegranaglie, ma anche olive e frutta secca, ossia i grandi pithoi (Fig. 1), giarroni “da dispensa”, spessoprovvisti di coperchio, le olle (Inv. 20653, 20654, 20655), le situle (Inv. 20669) e gli stamnoi (Inv.20677).Gli scavi condotti hanno poi restituito una vasta gamma di manufatti, legati soprattutto alla toelettafemminile o all’igiene personale in genere, destinati a contenere monili o unguenti, come le pissidi(Inv. 20681) e le lekanai, veri e propri cofanetti con coperchio (Inv. 20688Inv. 20652), spessodecorati a figure; le lekithoi (Inv. 20699) e gli aryballoi, sorta di piccole bottiglie, con e senza ansa.Tra le attività praticate dalle donne all’interno della casa, un posto di rilievo avevano la filatura e latessitura, documentate da un elevato numero di fuseruole (Inv. 20571; 20643, Inv. 20644) e di pesida telaio (Invv. da 20852 a 20642), rinvenuti sui battuti di calpestio di taluni ambienti in gruppiomogenei.Lo scavo dell’abitato ha inoltre restituito una serie di manufatti in bronzo e in ferro, ancora connessialla sfera del quotidiano, quali gli aghi crinali, gli strigili (lunghi “cucchiai” ricurvi per detergere ilcorpo) (Inv. 20649), le grattugie (Inv. 20572), le fibule (Inv. 20555, Inv. 20554, Inv. 20558 , Inv.20702; inv. 20704), i ganci di cinturoni, i chiodi (Inv. 20555), le borchie (Inv. 20557), le catenelle(Inv. 20704), gli anelli (Inv. 20704), e vari strumenti da lavoro (Inv. 20750, Inv. 20703, Inv.20753).Rilievo straordinario, non solo per l’ottimo stato di conservazione, assume infine la cuspide digiavellotto, con finissima decorazione a meandro sopradipinta (Inv. 20650), utilizzata per attivitàvenatorie se non per la difesa personale, stando anche al ritrovamento di cuspidi di lancia (Inv.20751) e di punte di freccia (Inv. 20756).

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Si ha motivo di ritenere che l’anonimo centro abbia avuto un’economia a carattere agro-pastorale evocazione agli scambi se non al commercio. Il dato si ricava dalla presenza di un’ampia quantità evarietà tipologica di anfore commerciali, nonché dai rinvenimenti monetali che, seppur modesti nelnumero, indicano una circolazione ad ampio raggio di valuta (Inv. 6281, Inv. 6282, Inv. 6284). In particolare le anfore, utilizzate per il trasporto di olio, olive, vino, miele e pesce in salamoia,testimoniano dei traffici che intercorsero con la Grecia continentale e dell’Est insulare, masoprattutto con l’Occidente coloniale. Allo stato attuale della ricerca non si è in grado di stabilire con certezza quale fosse l’esattasistemazione dei manufatti, ognuno secondo la propria funzione, all’interno delle abitazioni, ovverose gli ambienti avessero una loro specializzazione, com’è evidente in altri contesti di abitato dellaSicilia (Himera) e della Magna Grecia (Locri Epizefiri). Per alcuni ambienti è, comunque, possibileproporre delle identificazioni sulla base dei reperti recuperati. Così il “magazzino”, per la presenza di una serie omogenea di manufatti da dispensa (Fig. 2), e la“cucina”, per la presenza di focolari a piastra di argilla e di griglie mobili a rebbi incrociati, o disostegni di foculo e residui di pasto.

4) Sepolture (IV sec.a.C.)Sui livelli di crollo e distruzione dell’abitato greco si impiantano nel IV sec. a.C. alcune sepoltureche sembrerebbero testimoniare un processo di drastica riduzione della parte abitata, legato più allarovina di un “settore” dell’insediamento che alla totale distruzione dello stesso.Le tombe rintracciate dall’indagine archeologica (scavi: 1981; 1985; 1987) , complessivamente 7,sono databili nel corso del IV sec. a.C. e costituiscono un nucleo assai omogeneo per sistemi rituali(inumazione, incinerazione primaria), caratteristiche tipologiche e materiali di corredo.

Si tratta di tre inumazione entro cassa alla cappuccina (sepolture: 1, 2, 3), realizzata con granditegoli piatti a bordi rilevati, due per le fiancate, uno per le testate, due per la copertura “a doppiospiovente” , con defunto deposto, in posizione supina, su lastra fittile (sepolture: 1, 2), o(sepoltura: 3) su uno strato di terra compatta all’interno di un ferculum ligneo del quale sono statirinvenuti i grossi chiodi in ferro .Al seppellimento di individui morti in tenera età, era riservata, come di consueto, la praticadell’inumazione entro anfora da trasporto. Le sepolture 4 e 5 , riutilizzano rispettivamente un’anfora greco-occidentale di forma pseudo-chiota(Inv. 20726) e un’anfora di Mende (Inv. 20721) entrambe della seconda metà del V sec.a.C.Nel caso dell’incinerazione primaria (sepolture: 6, 7), il corpo del defunto era stato crematoall’interno di una fossa scavata nella terra e poi coperta con una lastra fittile .

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Tutte le sepolture, ad eccezione di una (sepoltura: 7), che ne appare priva, presentano all’interno e/oall’esterno il corredo la cui composizione morfologica, oltre a garantire precisi termini diinquadramento cronologico, offre qualche spunto di riflessione sulla società che lo ha prodotto edutilizzato. In questo senso, i materiali, sia quelli di probabile produzione coloniale che quelli diproduzione locale, indicano una aperta recettività nei confronti dei prodotti della cultura e dellareligione greca tipici dell’ Età Ellenistica.I corredi includono forme chiuse e aperte, a vernice nera o acrome.

Antiquarium comunale Gioiosa Marea

Una eccezione, non soltanto per lo stato di conservazione, ma soprattutto per la valenza scientificache ricopre, è rappresentata dalla lekane a figure rosse (Inv. 20711) della sepoltura 2, attribuita alcosiddetto “Pittore di Adrasto”, o comunque alla sua cerchia, attivo a Lipari durante la prima metàdel IV sec. a.C. (SPIGO 2002, pp. 284-285).

Antiquarium comunale Gioiosa Marea

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Tra i materiali di corredo si segnala anche la moneta in bronzo (Inv. 6337) della sepoltura 3,tradizionalmente interpretata come “obolo” che il defunto doveva a Caronte per trapassarenell’aldilà.

5) Convento

Nell’XI secolo, dopo secoli di abbandono, il terrazzo occupato dall’insediamento antico divennefeudo del Convento dei Benedettini di Patti. Il feudo, che dipendeva dalla Diocesi di Patti, ebbe unruolo molto importante per il popolamento di questa zona e per la nascita del centro di GioiosaVecchia che si sviluppò, a partire dal 1364, intorno alla fortezza costruita da Vinciguerra diAragona, gran giustiziere del Regno di Sicilia, nello stretto pianoro arroccato del Monte Meliuso,dislocato lungo le direttrici che mettevano all’epoca in comunicazione la costa tirrenica, tra Patti eCapo d’Orlando, col territorio interno, sicuramente fino a Randazzo.Sorto alla fine del XV secolo come “ospizio” gestito da quattro frati, due sacerdoti e due terziari, ilconvento fu elevato a tale grazie alla munificenza del teologo Don Cono Pisano che per testamento,reso operativo nel 1696, disponeva la fondazione e una rendita annua di 240 onze. L’assunzione ufficiale da parte dei Frati Minori Francescani avvenne nel Luglio del 1726, con unasolenne processione e la consacrazione celebrata da Don Pietro Galletti, allora vescovo di Patti, chedispensò anche quaranta giorni d’indulgenzaLa Chiesa è stata oggetto recentemente di parziali lavori di messa in sicurezza dei muri perimetraliprospicienti l’area archeologica, lavori che sono stati l’occasione per apprezzare più in dettaglio losviluppo planimetrico ed architettonico dell’edificio. Un saggio di scavo condotto all’internodell’aula ha consentito di intercettare la pavimentazione originaria in mattoni a spina di pesce cheresta ad una quota assai più profonda ( - m. 2,30) rispetto all’attuale livello di fruizione.

GIOIOSA MAREA . Il regime giuridico delle aree inserite nel Parco

ZONA A – 58.690 mq= Sito archeologico di Gioiosa Guardia.

- Cessione volontaria – Rep. 1670 del 19/05/2005 - (5.000 mq) FMC 31 – part.lle 301, 452, 454, 455- Cessione volontaria – Rep. 1671 del 19/05/2005 - (2.770 mq) FMC 31 – part.lle 288, 576- Cessione volontaria – Rep. 1916 del 05/12/2008 - (5.020mq) FMC 31 – part.lle 328, 332, 646, 647- Cessione volontaria – Rep. 1920 del 09/12/2008 - (3.200 mq) FMC 31 – part.lle 279, 291, 648- Esproprio Rep. 1961 del 29/03/2010 - (42.730 mq) FMC 31 - part.lle 382, 409, 406, 407, 408, 13, 290, 221, 400, 410, 411, 342, 307, 577, 397, 453, 456

ZONA B – 151.670 mq= sito di età medievale e moderna di Gioiosa Vecchia (TAV. 17)

FMC 31 - part.lle: 373, 374, 375, 376, 377, 378, 379, 380, 381, 387, 388, 389, 390, 391, 392,402, 403, 404, 405 (proprietà privata, livello di tutela 3 nel PTP- ambito 9).

File: Relazione parco patti tindari 10 settembre 2018

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