prevenzione e protezione dalla corrosione … · costituenti principali: le pitture sono costituite...

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178 PREVENZIONE E PROTEZIONE DALLA CORROSIONE Si può operare in 3 modi: • Controllo della aggressività ambientale (temperatura, concentrazione ossigeno ed anioni particolari, pH, moto del fluido, uso di inibitori) • Scelta opportuna del materiale (variando la composizione e la caratteristica superficiale con formazione di ossidi e rivestimenti vari) Polarizzando anodicamente o catodicamente il materiale (protezione elettrica)

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Page 1: PREVENZIONE E PROTEZIONE DALLA CORROSIONE … · Costituenti principali: le pitture sono costituite da una parte liquida (legante, plastificanti, solventi, addotti e ausiliari) ed

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PREVENZIONE E PROTEZIONE DALLA CORROSIONE

Si può operare in 3 modi: • Controllo della aggressività ambientale (temperatura,

concentrazione ossigeno ed anioni particolari, pH, moto del fluido, uso di inibitori)

• Scelta opportuna del materiale (variando la

composizione e la caratteristica superficiale con formazione di ossidi e rivestimenti vari)

• Polarizzando anodicamente o catodicamente il

materiale (protezione elettrica)

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Controllo della aggressività ambientale È importante controllare che la concentrazione delle specie

aggressive (Cl-, pH, O2 ...) sia al di sotto dei valori di sicurezza ma anche che vi sia buona omogeneità di tali valori. Il controllo del pH si realizza normalmente con aggiunte di ammoniaca (NH3) o di ammine (RNH2). Di norma l'ossigeno viene eliminato in tutti quei casi in cui la sua presenza non è necessaria per il raggiungimento della passività. La concentrazione di O2 tollerabile per evitare l'attacco su di un acciaio è 0.05 ÷ 0.3 ppm. a seconda della temperatura. L'ossigeno viene eliminato con metodi fisici (deaeratori) e chimici.

Na2SO3 12

O2 Na2SO4

N2H4 O2 2H2O N2

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Inibitori di corrosione Sono sostanze che aggiunte in basse concentrazioni nell'ambiente, rallentano le reazioni di corrosione. Spesso il meccanismo non è conosciuto; spesso è molto complicato. In genere vengono adsorbiti sulla superficie del metallo e modificano le sovratensioni del processo corrosivo. Vengono utilizzati per il controllo dell'aggressività negli impianti industriali, ma anche nei processi di decapaggio degli acciai o nelle operazioni di pulitura delle apparecchiature nelle quali si raggiungono valori di pH molto bassi. L'azione inibente può essere anodica, catodica o ossidante.

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Inibitori catodici Aumentano la sovratensione di idrogeno o impediscono l'accesso dell'ossigeno sulla superficie del metallo.

Agiscono in ambiente acido (sali di As, Sb, Bi e molte sostanze organiche) o in ambiente neutro o debolmente alcalino. Questi ultimi sono principalmente delle sostanze che precipitano come idrossidi o come sali (in genere carbonati) sul metallo in particolar modo sulle zone anodiche dove il pH è maggiore (sali di Zn, Mg, Mn, Ni, Ca). Un esempio tipico è la precipitazione di bicarbonato di Ca e Fe sulla superficie degli acciai).

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Inibitori anodici Aumentano la sovratensione del processo anodico, in genere favorendo la formazione di film sulla superficie metallica (cromati, nitriti, fosfati, borati, benzoati).

Possono avere azione ossidante o non ossidante. Gli inibitori ossidanti (cromati e nitriti) producono un processo catodico tale da portare il materiale in condizione di passività. Queste sostanze devono essere ridotte alla tensione di passivazione primaria del materiale con una velocità pari o superiore alla corrente di passivazione primaria.

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A questa categoria appartengono anche i benzoati, il permanganato e l'ossigeno.

Inibitori di questo tipo vanno usati con molta cautela. Se nell'ambiente si crea una variazione locale di aggressività in particolar modo relativa alla concentrazione di cloruri (o di altre specie depassivanti) è possibile che la concentrazione di inibitore scelta non sia adeguata a mantenere le condizioni di passività. Tali condizioni si possono facilmente verificare in presenza di fessure ed in condizioni di acqua stagnante.

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Gli inibitori non ossidanti agiscono ampliando il range di passività e diminuendo la corrente di passivazione. Agiscono solo se in presenza di un'altra specie ossidante in grado di portare il materiale nell'intervallo di passività (spesso è sufficiente l'ossigeno).

Inib. anodico non ossidante

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Inibitori misti Esplicano un'azione anodica e catodica contemporaneamente. Fanno parte di questa classe gli inibitori di adsorbimento e quelli in fase vapore. Gli i. di adsorbimento sono in genere composti che contengono elementi del V e VI gruppo (N, P, As, S, O) che presentano delle coppie di elettroni liberi oppure dei composti organici con doppi o tripli legami. Gli i. in fase vapore sono sostanze volatili (ammine organiche) che passano facilmente allo stato vapore per poi adsorbirsi sulla superficie del metallo. Vengono utilizzati negli imballaggi dei pezzi da proteggere per difenderli durante il trasporto o nello stoccaggio.

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La scelta del tipo di inibitore e l'ottimizzazione della sua concentrazione, dipendono del metallo, dall'ambiente e da tutti i parametri che influenzano la velocità di corrosione (agitazione, forma della struttura da proteggere, presenze di fessure). Per ogni inibitore esiste una concentrazione minima che deve essere garantita in ogni parte dell'impianto. Tale concentrazione dipende fortemente dalle condizioni superficiali (superfici rugose o con prodotti di corrosione hanno bisogno di concentrazioni maggiori). L'uso degli inibitori viene esteso a tutta la durata dell'impianto e quindi previsto un reintegro della sua concentrazione. Se l'inibitore è di tipo anodico, bisogna considerare che la concentrazione necessaria per portare il materiale in condizione di passività è maggiore di quella necessaria per il mantenimento. In genere è buona norma aumentare la concentrazione di inibitore nella fase di messa in opera di una apparecchiatura (la superficie metallica contiene sempre impurezze).

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In genere l'efficacia degli inibitori è specifica per un dato materiale. È fondamentale rispettare le condizioni ambientali per cui un inibitore è stato progettato in quanto non solo può diventare inefficace, ma può anche provocare attacchi corrosivi molto intensi. Nel caso di apparecchiature realizzate con più materiali si possono utilizzare miscele di inibitori tenendo conto che un inibitore che ha un effetto di protezione per un materiale, può incrementare l'attacco su di un altro. Esempio: il liquido di raffreddamento dei radiatori contiene glicole etilenico addizionato a fosfati, benzoati, nitriti e borati per proteggere le parti in acciaio ed in alluminio e dei composti organici per proteggere le parti in rame.

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RIVESTIMENTI È un metodo di prevenzione molto diffuso. Il film protettivo può essere metallico, organico o inorganico. In molti casi è necessario utilizzare più strati di rivestimento per garantire la resistenza ad un maggior numero di agenti aggressivi o per permettere una migliore adesione allo strato esterno, oppure per garantire la resistenza meccanica. Le condizioni superficiali del metallo da proteggere hanno una grandissima influenza sulla buona riuscita del film protettivo. È necessario preparare adeguatamente la superficie.

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Rivestimenti metallici Se realizzati correttamente permettono la completa protezione dalla corrosione. È fondamentale l'uniformità del rivestimento e l'assenza di porosità. In caso di presenza di porosità si possono formare delle coppie galvaniche in corto circuito, con conseguente attacco del metallo o del rivestimento a seconda che il rivestimento abbia comportamento anodico o catodico rispetto al metallo. Per questi motivi bisogna sempre tenere in considerazione le nobiltà relative e le sovratensioni dei processi catodici del rivestimento e del metallo base.

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I metodi per ottenere i rivestimenti metallici possono essere meccanici, fisici o chimici. Meccanici:

laminazione a caldo (placcatura) (Cu, ottone, inox) spruzzatura di metallo fuso (Zn, Al) Fisici ad alta temperatura:

immersione nel metallo fuso (Zn, Pb, Sn, Al su acciaio) diffusione di metalli (Zn, Al, Cr, Si, ) sovrasaldatura Fisici a bassa temperatura:

PVD Chimici ad alta temperatura:

CVD Chimici a bassa temperatura:

elettrodeposizione (Au, Ag, Cu, Pb, Sn, Zn, Cr, Ni…) riduzione chimica (Ni, Co, Au, Ag, Pd, Cu)

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Zn Le zincature sono molto utilizzate per la protezione degli acciai. Lo zinco ha comportamento anodico rispetto al ferro e questo fa si che le zincature abbiano un buon effetto di protezione sugli acciai anche in presenza di porosità. La resistenza alla corrosione dello zinco è buona per valori di pH 7÷12. La resistenza è funzione dell'ambiente: Un rivestimento di 20 mm può durare: 15-20 anni se interrato 10-15 anni in acqua di mare 3-5 anni in ambiente industriale In genere la zincatura viene effettuata a caldo (immersione in bagni di Zn fuso ≈ 50 mm) o per elettrodeposizione (2 ÷ 5 mm in genere come base per pitture).

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Al A differenza dello Zn, l'alluminio può passivarsi ma non ha nei confronti del ferro l'effetto di protezione catodica. In presenza di difetti o porosità del rivestimento, i prodotti di corrosione del Fe possono riempire i pori del Al e ripristinare le condizioni di protezione. Si stanno progettando dei rivestimenti Al-Zn per ottenere le caratteristiche di entrambi gli elementi. Vengono ottenuti per immersione nell'alluminio fuso.

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Sn È di gran lunga il rivestimento metallico più utilizzato dall'industria alimentare (non è tossico). Negli ambienti in cui viene utilizzato ha comportamento anodico rispetto al Fe (in genere negli stessi ambienti Fe si passiva, altrimenti la nobiltà si inverte). Sn è un elemento anfotero e quindi resiste bene in ambienti neutri, ed in più ha un'elevata sovratensione di idrogeno. In presenza di reagenti catodici lo stagno si corrode con sviluppo di idrogeno che provoca il rigonfiamento dei contenitori. Viene normalmente depositato per elettrodeposizione dal quale lo si ottiene molto poroso e deve essere trattato a 250°C temperatura alla quale fonde (Tm = 232°C) per formare Fe-Sn.

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Fosfatazione Il processo di fosfatazione consiste nel creare sulla superficie del metallo (in genere Fe) uno strato cristallino e poroso di fosfati misti (Fe, Zn, Mn) fortemente aderente e legato chimicamente al metallo base. Il trattamento della superficie metallica con acido fosforico contenente fosfati metallici, permette di ottenere un rivestimento superficiale con un buona resistenza alla corrosione, oppure una buona base per successivi rivestimenti. È normalmente utilizzata per gli acciai, lo zinco e l'alluminio. - Composizione: fosfato di ferro, di manganese, di zinco. - Temperatura: sia a caldo che a freddo - Durata del trattamento: normale, accelerato, rapido - Tipo di processo: per immersione, a spruzzo

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Meccanismo:

2 4 4 3 42

4 3 4 3 42

Me H PO MeHPO H PO Me=Fe, Zn, Mn

3MeHPO Me PO H PO

Nel caso del ferro: Fe 2H3PO4

Fe H2PO4 2 H2

Lo scopo è di ottenere fosfati terziari Me3PO4che sono di norma insolubili. Sulle aree catodiche dove sia ha sviluppo di idrogeno, la conversione del ferro non avviene o avviene in misura minore. Questo porta alla formazione di una certa porosità e quindi alla necessità di trattamenti finale. Con lo stesso meccanismo sono stati realizzati dei prodotti chiamati "convertitori di ruggine" che contengono acido fosforico, degli inibitori, catalizzatori e tensioattivi.

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Permettono di bloccare le reazioni di corrosione e di trasformare la ruggine in uno strato di fosfato di ferro.

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Cromatazione Permette di realizzare un film passivo di stechiometria complessa e non del tutto nota (Cr(OH)3, Cr(OH)CrO4). Il film ha buone caratteristiche anti-corrosive, è un ottimo pre-trattamento per successivi rivestimenti. - Utilizzato su: Zn, Cd, Al, Cu, Mg - Soluzione di cromati o bicromati di potassio - Immersione + riscaldamento (40°C)

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Ossidazione Anodica Con l’ossidazione anodica si crea sulla superficie del metallo un film di ossido di spessore elevato, particolarmente resistenza alla corrosione, all’abrasione, di elevata resistenza elettrica e buone qualità estetiche. - Elementi: Al (Cu, Cd, Ti, Mg, Zn …) - Preparazione della superficie: pulizia e lucidatura meccanica ma anche lucidatura elettrolitica (funzionamento da anodo). - Sigillatura: eliminazione della porosità, acqua bollente in presenza BaCl2, Na2SO4. I pori si riempiono di allumina idrata.

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Pitture Il termine pitture indica un insieme di pigmenti dispersi in un composto legante (di natura filmogena) e portati alla viscosità desiderata mediante una quantità adatta di solvente. In assenza di pigmenti si parla di vernici. Costituenti principali: le pitture sono costituite da una parte liquida (legante, plastificanti, solventi, addotti e ausiliari) ed una solida (pigmenti e riempitivi). Legante: è il costituente filmogeno, tradizionalmente a base di oli e resine naturali oggi costituito essenzialmente da polimeri organici. Solventi: deve favorire lo spianamento della pittura ed una volta che la pittura é stata stesa evaporare il più velocemente possibile. In genere si usano delle miscele complesse di solventi. Plastificanti: servono a migliorare le proprietà meccaniche del polimero. Sono a loro volta dei polimeri o dei monomeri che indeboliscono le interazioni tra le catene del polimero.

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Addotti e ausiliari: vengono aggiunti per migliorare particolari caratteristiche del film quali la bagnabilità, la resistenza all’ossidazione, la stabilizzazione della resina. Pigmenti e cariche: rappresentano la parte solida che rimane in sospensione nel veicolo. Normalmente le cariche hanno origine naturale, mentre i pigmenti sono sintetici. I pigmenti possono essere attivi o inerti. I pigmenti attivi (catodici, anodici, passivanti ...) hanno la funzione di bloccare le reazioni di corrosione (polvere di Zn, minio, cromati, fosfati). I pigmenti inerti servono a ridurre la permeabilità del film ed a favorirne l’adesione. L’azione protettiva delle pitture si esplica mediante 2 meccanismi: Il primo effetto è quello di formare strati che non assorbono acqua e che impediscono la diffusione dell’ossigeno (effetto barriera). Il secondo effetto è quello prodotto dai pigmenti che portano il materiale in condizioni di immunità o di passività.

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Spessore: L'efficacia dell'effetto barriera dipende (oltre che dalla composizione), dallo spessore. Lo spessore ideale (teorico) è di ≈ 200 ÷ 300 μm. Lo spessore che si riesce a realizzare con le pitture tradizionali è ≈ 30 μm.

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Corrosione sotto pittura In determinate condizioni, nonostante il rivestimento per pitturazione, si può avere attacco corrosivo detto appunto sotto pittura.

4Fe 3O2 2H2O 2Fe2O3 H2O Questo processo è reso possibile dalla diffusione di O2 e H2O attraverso la pittura. Un altro stadio essenziale per questo tipo di attacco è la migrazione ionica che permette il trasporto di corrente tra zone anodiche e catodiche. Diffusione di O2 e H2O: Anche nelle migliori pitture applicate a norma, la diffusione di acqua è un fenomeno molto comune. Di fatto, in ambiente umido, la diffusione dell'acqua non è mai lo stadio lento della reazione. La diffusione di ossigeno è un processo molto più lento: la quantità di ossigeno che riesce a diffondere in una pittura di 100 μm di spessore è ≈ 4.53 mg/cm

2 anno, molto inferiore

alla quantità necessaria per generare una velocità di corrosione si sia effettivamente dannosa.

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Migrazione ionica: se la conducibilità ionica delle pitture è bassa, la velocità di corrosione può mantenersi entro valori accettabili. È opportuno quindi controllare la conducibilità delle pitture. È quindi importante stendere la pittura su di una superficie pulita dai prodotti di corrosione in quanto potrebbero cortocircuitare la resistenza del film. Deve essere eliminata la presenza di elettroliti nei pigmenti. Deve essere limitata la presenza di acqua e di elettroliti provenienti dall'esterno. Reazione di dissoluzione del metallo: le pitture possono contribuire a limitare questo stadio, mediante pigmenti metallici meno nobili (protezione catodica), o pigmenti alcalinizzanti o, più in generale, passivanti.

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PROTEZIONE ELETTRICA

La protezione elettrica comprende la protezione catodica e la protezione anodica. Nella protezione catodica si impone al materiale una corrente in senso catodico che ne abbassa la tensione di lavoro. Può essere realizzata mediante generatori di tensione o alimentatori (protezione con corrente impressa) o mediante accoppiamento galvanico con un materiale a comportamento anodico rispetto al materiale da proteggere (protezione con anodi di sacrificio). Nella protezione anodica si impone ad un materiale a comportamento attivo-passivo una corrente in senso anodico che porta la tensione del materiale in zona di passività. Tale effetto può essere realizzato tramite una sorgente esterna o tramite accoppiamento con un materiale a comportamento catodico.

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PROTEZIONE CATODICA Polarizzando catodicamente un materiale metallico sul quale stiano avvenendo delle reazione di corrosione, si avrà circolazione di una corrente esterna:

Iest = Ic-Ia

In relazione a questa polarizzazione si verifica una snobilitazione della tensione del materiale ed una diminuzione della corrente anodica, ovvero della velocità di corrosione del materiale.

Si definisce corrente di protezione il valore della corrente esterna a cui si ha l’annullamento della Ia → Iprot = Ic. In questo caso la tensione assunta dal materiale è quella di equilibrio. Se Iest > Iprot sul materiale avverranno solo reazioni catodiche. La protezione catodica è di più facile applicazione quando il fenomeno corrosivo è sotto controllo catodico, ovvero bassa sovratensione catodica.

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La protezione catodica è di difficile applicazione sui metalli anfoteri (Al, Pb …) in quanto l’alcalinizzazione della soluzione che si verifica in conseguenza dello sviluppo delle reazioni catodiche, potrebbe portare il materiale fuori dal campo di immunità.

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Un parametro essenziale per il controllo dell’efficacia della protezione è il valore della densità della corrente che deve assumere, in tutte le zone della struttura da proteggere il valore desiderato. La densità di corrente di protezione aumenta con la temperatura, con il pH e se si è in condizioni in cui la reazione catodica è la riduzione di ossigeno, aumenta con la concentrazione di ossigeno disciolto e con tutti i parametri che producono un aumento della corrente limite (Coeff. diff., agitazione dell’ambiente.). In ambienti molto aggressivi l’aumento della corrente richiesta per effettuare la protezione è tale da rendere la tecnica non applicabile.

In questi casi si ricorre all’uso di rivestimenti (pitture, bitume, juta) che hanno l’effetto di ridurre la superficie da proteggere.

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Molto spesso il funzionamento da catodo del metallo provoca un innalzamento del pH che genera delle condizioni di passività. La realizzazione della protezione catodica è tanto più complicata quanto minore è la nobiltà del materiale da proteggere. In più se il processo non è sotto controllo catodico, la quantità di corrente da erogare può essere molto grande e quindi il raggiungimento dello stato di protezione (immunità) diventa molto costoso. Inoltre il massiccio sviluppo di idrogeno che si ha in conseguenza dell’effetto di protezione, può essere pericoloso. In pratica il metodo non si applica per metalli meno nobili del ferro.

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Un altro parametro importante è la geometria dell’apparecchiatura da proteggere. Nel caso di geometrie particolarmente complesse, la corrente di protezione potrebbe non raggiungere tutte le zone. Anche la conducibilità dell’ambiente può influenzare la buona riuscita della protezione, in quanto ambienti ad alta conducibilità permettono di spingere la protezione in modo uniforme anche su superfici estese. Durante il funzionamento, l’alcalinizzazione prodotta dalle reazioni catodiche e la conseguente formazione di precipitati può produrre un certo effetto di protezione.

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PROTEZIONE CATODICA CON CORRENTI IMPRESSE La protezione catodica con correnti impresse è quella di norma più vantaggiosa per strutture di grandi dimensioni. Si può operare sia a corrente costante che a potenziale costante. Il metodo a tensione costante è più sicuro in quanto il metodo a corrente costante non consente una protezione efficace nel caso in cui una variazione dell’aggressività ambientale o dell’invecchiamento di un rivestimento porti all’aumento della corrente necessaria per effettuare la protezione. Tuttavia il metodo a corrente costante è più semplice e lo si adotta nei casi in cui l’aggressività e la resistività ambientale siano costanti (acqua di mare). La struttura da proteggere, l’elettrodo di riferimento (Cu/CuSO4 o Zn in acqua di mare) ed un eventuale anodo vengono collegati alla centralina. Sull’anodo si produrranno le reazioni che hanno luogo sul catodo, in senso opposto (in genere sviluppo di ossigeno).

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Diversi materiali vengono utilizzati per gli anodi a seconda delle prestazioni richieste ed in funzione dell’ambiente in cui vengono installati. I criteri con cui vengono scelti sono:

- basso consumo - elevata densità di corrente erogata - piccole dimensioni - bassa resistività

- buona resistenza meccanica

- elevato potenziale di rottura (max sovratensione an.

sopportabile) A seconda del consumo vengono suddivisi in solubili, semi inerti ed insolubili. Quest’ultimi vengono di gran lunga preferiti rispetto agli altri.

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PROTEZIONE CATODICA CON ANODI DI SACRIFICIO

Nei casi in cui la struttura da proteggere sia di piccole dimensioni è più vantaggioso applicare la protezione catodica con anodi di sacrificio. La scelta del materiale anodico è fatta in relazione alla nobiltà del materiale da proteggere: Zn, Al, Mg per strutture ferrose, Fe per proteggere strutture in lega di Cu. Un altro parametro che determina la scelta del materiale anodico è la resistività dell’ambiente. In ambienti ad alta resistività (terreni, acque dolci) è preferibile usare Mg (basso potenziale → maggiore lavoro motore per vincere la caduta ohmica) I parametri che contraddistinguono le proprietà degli anodi sacrifiziali sono:

- Il potenziale a circuito aperto e chiuso - Il rendimento pratico definito come:

teorico%

P100

Pmisurato

Dove teorico

Q MP

96500 n

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Gli effetti di protezione sono tanto maggiori: - quanto maggiore è la differenza di nobiltà termodinamica tra

il metallo protetto e l’anodo sacrifiziale - quanto minore è la resistività dell’ambiente tra anodo

sacrifiziale e materiale protetto - quanto minore è la sovratensione anodica del processo di

dissoluzione del metallo sacrifiziale. Il calcolo del peso del materiale di sacrificio deve essere fatto tenendo conto di tre condizioni: - Il peso degli anodi deve essere tale da fornire la quantità di

carica necessaria per la protezione (il peso necessario si ottiene dividendo la carica necessaria per la capacità pratica del materiale)

- La superficie degli anodi deve essere sufficiente ad erogare

alla densità di corrente a cui possono lavorare gli anodi, la corrente di protezione necessaria.

- La distribuzione degli anodi deve essere tale per cui tutta la

superficie risulti protetta.

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Protezione Anodica

La protezione anodica porta il materiale da proteggere nel campo passivo, facendolo funzionare anodicamente. Polarizzando in senso anodico un materiale metallico a comportamento attivo-passivo a partire da Ecorr, circolerà una corrente esterna Iest = Ia - Ic sempre crescente, fino a che, raggiunto Epp, intervengono le condizioni di passività. Nel caso di ambienti neutri o alcalini lo sviluppo del processo anodico, porterà all’abbassamento del pH in seguito a reazioni di idrolisi e formazioni di idrossidi.

Fe → Fe2+

Fe2+ + 2H2O → Fe(OH)2 + 2H+

Di norma, in conseguenza della polarizzazione anodica, al catodo si avrà sviluppo di idrogeno.

Viene applicata per acciaio al carbonio, inox, ghise … in ambienti fortemente aggressivi (acidi concentrati, soluzioni saline).

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La possibilità di effettuare la protezione anodica, la facilità di realizzazione e la sua efficacia, dipendono dalla caratteristica anodica del materiale. In particolar modo: Icp = corrente che il sistema di protezione deve fornire per raggiungere la passività deve essere più bassa possibile. Ip = velocità di corrosione residua in condizioni di protezione deve essere più bassa possibile Et - Ep = intervallo di tensione entro il quale la struttura deve lavorare deve essere più ampio possibile (difficilmente è > 1 V).

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Il potere penetrante è in genere buono (superiore a quello della prot. catodica) in quanto:

- le corrente in gioco sono modeste - la conducibilità in ambienti aggressivi è elevata

- la resistenza dei film superficiali anodici è alta

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Si riesce ad ottenere l’effetto di protezione anche per geometrie complesse. Nel caso di tubi in cui scorre l’acido solforico, si riesce ad ottenere protezione fino a 9 m dall’imbocco (dipende dal diametro). Non è invece soddisfacente il potere penetrante nella fase iniziale, prima dell’instaurarsi della passività. In particolar modo, la presenza di fessure e per Icp alte, non è assicurata passivazione.

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ESEMPIO DI PROGETTAZIONE DI UN SISTEMA DI PROTEZIONE CON ANODI DI SACRIFICIO DI UNA

PIATTAFORMA OFFSHORE

≈ 20 Km dalla costa profondità ≈ 100 m

funzionamento per circa 20 anni

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La superficie esposta all’acqua è 12842 m2 La superficie interrata è 1300 m2 Si suppone inoltre che la piattaforma sia collegata a 9 pozzi di estrazione e che si debba proteggere anche i relativi tratti di tubazione che trasportano il greggio.

1) Si suddivide la struttura in sezioni (due), all’interno dei quali si richiede la stessa densità di corrente di protezione.

2) Si calcola la corrente da fornire a ciascun tratto 3) Una volta scelto il tipo di anodo (materiale e dimensione), si

calcola la resistenza massima, in funzione della resistività massima dell’acqua di mare e delle dimensioni degli anodi.

4) Si calcola l’erogazione di un singolo anodo

5) Si calcola la durata di un singolo anodo

6) Si confronta la durata calcolata con quella prevista; se

inferiore si rifanno i conti utilizzando anodi di dimensioni maggiori.

7) In base all’intensità di corrente erogata da un anodo si calcola

il loro numero per ciascun tronco

8) Si ripartiscono gli anodi in modo da rendere uniforme la distribuzione di corrente

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I dati inerenti alle caratteristiche del tratto marino dove verrà eseguita l’installazione:

Salinità media (espressa come densità): 1028 g/l Profilo contenuto ossigeno: costante con valori massimi di

5 ppm

Temperatura: variazione lineare con la profondità o Media estiva: 22.6°C in superficie, 16°C sul fondo o Media invernale: 16.5°C in superficie, 15°C sul fondo

Correnti marine: molto variabili; la media dei valori massimi annui è 0.7 m/s in superficie e 0 sul fondo con una variazione lineare.

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Si fanno le seguenti semplificazioni, che vanno nel senso di sovrastimare la corrosione:

- contenuto di ossigeno costante - temperatura pari alla media delle temperature estive nelle due

parti

- velocità dell’acqua costante in ciascuna delle due parti ed uguale alla velocità massima riscontrata

Ia sezione (0 ÷ -50 m):

- densità dell’acqua 1027 g/l - tenore di ossigeno 5 ppm - temperatura 21°C - velocità dell’acqua 0.7 m/s

IIa sezione (-50 ÷ -103.5 m)

- densità dell’acqua 1027 g/l - tenore di ossigeno 5 ppm - temperatura 17.5°C - velocità dell’acqua 0.35 m/s

In condizioni di controllo catodico di diffusione di ossigeno, la corrente di protezione è uguale alla corrente limite di riduzione di ossigeno.

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Un modo molto semplice per tenere conto dello spessore dello strato di diffusione δ consiste nel calcolare la corrente limite in condizioni stagnanti (per le quali δ dipende solo dalla temperatura e dalla concentrazione di ossigeno) e quindi moltiplicare per un coefficiente K’ che dipende dalla velocità dell’acqua e dalla temperatura:

3

L O2 L

2.3 5 10 T 0.366

4FDI C i K '

K ' 1 ve

dove v è la velocità del fluido (Km/h) e T la temperatura (°C).

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Per i valori del coefficiente di diffusione e di δ (cm) si utilizzano delle tabelle:

T (°C) D (cm2/s) 10 1.75 10-5 15 1.90 10-5 20 2.05 10-5 25 2.20 10-5 30 2.35 10-5

O2 (ppm) 10°C 15°C 20°C 25°C 3 0.17 0.16 0.15 0.15 5 0.22 0.22 0.21 0.19 7 0.28 0.27 0.25 9 0.30

Dai dati in tabella si ottiene: Ia sezione: D = 2.08 10-5 cm2/s = 2.08 10-9 m2/s δ = 0.21 cm = 2.1 10-3 m CO2 = 5 ppm = 5 mg/l = 0.16 moli/m3 v = 0.7 m/s = 2.52 Km/h da cui iI = 0.061 A/m2 = 61.2 mA/m2

(in condizioni stagnanti) K’ = 1.87 II = iIK’ = 114.5 mA/m2

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IIa sezione: D = 1.975 10-5 cm2/s = 1.975 10-9 m2/s δ = 0.22 cm = 2.2 10-3 m CO2 = 5 ppm = 5 mg/l = 0.16 moli/m3 v = 0.35 m/s = 1.26 Km/h da cui iII = 0.0555 A/m2 = 55.5 mA/m2

(in condizioni stagnanti) K’ = 1.59

III = 88.24 mA/m2 Per la densità di corrente di protezione dei pali infissi (I*) si assume un valore pari a 10 mA/m2. Per la corrente di protezione dei condotti dei pozzi (normalmente interrati) si prende un valore medio pari a ip = 5A/condotta. Si usa un fattore di correzione α = 1.1 per tenere conto delle eventuali perdite di corrente. Le correnti per ciascun tronco della piattaforma sono quindi: i1 = αI1S1 = αIIS1 = 1.1 x 0.114 x 1121 = 141 A i2 = αI2S2 = αIIS2 = 1.1 x 0.114 x 1495 = 188 A i3 = αI3S3 = αIIS3 = 1.1 x 0.114 x 1798 = 226 A i4 = αI4S4 = αIIIS4 = 1.1 x 0.088 x 2326 = 226 A i5 = αI5S5 = αIIIS5 = 1.1 x 0.088 x 3955 = 384 A i6 = αI6S6 + I*S* + Nip = = 1.1 x 0.088 x 2147 + 0.01 x 1300 + 9 x 5 = 266 A

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Mediante un’analisi preliminare sono stati scelti anodi di Al (Al-Zn-In) con le seguenti caratteristiche:

- dimensioni: 2337 x 216 x 191 mm - massa: 230 Kg - consumo teorico: 3 Kg/A anno - η = 0.85 - potenziale di lavoro: 1.1 V (Ag/AgCl)

La resistenza anodica viene calcolata con la formula di Dwight:

a

4LR ln 1

2 L r

dove: ρ = resistenza dell’elettrolita (Ω cm) L = lunghezza dell’anodo

r = raggio equivalente = sezione 216 191

114.6mm

Da grafici sulla conducibilità dell’acqua di mare si trova un valore pari a 23 Ω cm. Tenendo conto della diminuzione del 60% del raggio equivalente per consumo dal valore iniziale:

a

23 4 233.7R ln 1 0.061

2 233.7 0.6 11.46

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L’erogazione anodica vale pertanto:

aa

EI 4A

R

dove è stato posto ΔE = 0.250 mV

Il potenziale di corrosione dell’acciaio in acqua di mare è normalmente -850 mV (Ag/AgCl). Il ΔE prevedibile tra acciaio e anodi di alluminio è ΔE = -850 + 1100 = 250 mV. La durata degli anodi è data da:

ua

Md

mI

dove m = consumo teorico (3 Kg/A anno) M = massa dell’anodo (230 Kg) ηu = coefficiente di utilizzazione = 0.9 Sostituendo i valori si ottiene; d = 14.6 anni Il risultato è nettamente inferiore alle richieste.

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Si scelgono allora anodi più pesanti:

- dimensioni: 2440 x 252 x 244 mm

- raggio equivalente: 252 244

r 140mm

- massa: 330 Kg La resistenza anodica:

a

23 4 244R ln 1 0.056

2 244 0.6 14

e quindi l’erogazione anodica diventa:

aa

EI 4.4A

R

e la durata arriva a 19.1 anni.

Il numero teorico di anodi per ciascun tronco della struttura è dato

da i

ia

In

I dove Ii e la corrente di protezione del generico i-esimo

tronco della piattaforma.

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1

1

1

1

1

1

141n 32

4.4188

n 434.4226

n 514.4226

n 514.4384

n 874.4266

n 604.4

Ntot = 324 (pari a 107 ton) Per la distribuzione degli anodi si seguono i seguenti criteri: - Gli anodi devono esse raggruppati nei punti critici, vale a dire vicino ai nodi. - La disposizione deve essere la più simmetrica possibile al fine di evitare zone in ombra o sovrapposizioni troppo estese. - Gli anodi installati sul tronco superiore devono essere posti al di sotto della zona delle onde - Gli anodi installati sul tronco inferiore (zone del fango) devono essere raggruppati nella parte più bassa possibile (la corrente viene drenata dai pali del terreno) - È necessario prevedere l’eventuale installazione di anodi supplementari.