premio mascagni, la alfacod
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Intervista a Giorgio SolferiniTRANSCRIPT
••13BOLOGNAECONOMIAMARTEDÌ 11 SETTEMBRE 2012
I NUMERI
25,9 60milioni
E’ il fatturato in euro del 2011Nel 2012 è previsto unaumento col raggiungimentodi quota 28 milioni di euro
dipendenti
Sono divisi tra la sededi San Lazzaro, la filialedi Milano e le business unit,una delle quali a Lugano
di MARCO GIRELLA
TOGLIETEVI subito dalla testa l’ideache il codice a barre sia poco più di un’eti-chetta elettronica, altrimenti vi ritrovere-ste in rotta di collisione con l’argomentodi questo articolo. Per addentrarvi conpiù agio nelle parole che seguono doveterendervi conto che il codice a barre appic-cicato sui prodotti dei supermercati, suipacchi postali, sugli scatoloni di merci va-rie, sulle valigie in transito negli aeropor-ti, non è un semplice adesivo, ma un inte-ro mondo. Dietro a quelle strisce vertica-li e a quegli spazi bianchi e neri, infatti,opera un sistema in grado di leggere le in-formazioni nascoste nel codice, interpre-tarle, e compiere una serie di azioni con-grue come far arrivare le vostre valigiesul nastro trasportatore davanti al qualele aspettate invece di spedirle a Timbuc-tu. E’ lo stupefacente mondo dell’identifi-cazione automatica, cioè il mondo in cuiopera la Alfacod, fondata nel 1986 daGiorgio Solferini, che a 37 anni si convin-se di poter fare da solo e meglio quelloche prima faceva per altri.
Solferini, come è iniziata l’avventu-ra di Alfacod?
«E’ partita in un mondo facile, dove leaziende chiedevano più identificazioneautomatica, cioè identificazione dei pro-dotti senza digitazione manuale, e c’era-no pochi esperti».
La sua era una nicchia promettente.«Sì, tanto è vero che ha continuato a svi-lupparsi fino ad oggi. Allora la grande di-stribuzione pretendeva, dalle aziende chele fornivano prodotti, etichette con codi-ci a barre, soprattutto per automatizzarela lettura dei prezzi».
Ma poi i codici hanno cominciato asfruttarli in tanti.
«Perché le aziende si sono chieste comepotevano usarli per i propri processi indu-striali oltre che per i clienti a cui forniva-no le merci. Pensi solo ai nastri trasporta-tori che indirizzano un pacco da una par-te o da un’altra in base all’identificazioneautomatica».
Nonèchemivengono inmentedeci-ne di esempi…
«Il lavoro dei corrieri non sarebbe nean-che possibile senza identificazione auto-matica. Un’azienda come Bartolini non
potrebbe muovere cinquanta milioni dicolli se invece del codice a barre dovesseusare persone per stabilire dove indirizza-re ogni pacco. Quanto tempo impieghe-rebbe e quanto costerebbe?»
Voi cosa fornite esattamente a uncliente del genere?
«Volendo, tutto quello che gli serve. Daigeneratori ai lettori di codici, fino ai pro-grammi che li gestiscono. In pratica sia-mo fornitori di hardware e software, che
però offrono anche i servizi di cura e ma-nutenzione dell’intero sistema».
Un mestiere da specialisti.«Infatti le aziende come la nostra sono po-che».
E vanno bene?«Noi sì, a dispetto della crisi».
Come fate?«Il nostro lavoro si basa sul know how,sulla conoscenza specialistica. Quindidobbiamo riuscire a trattenere la genteche lavora ed è cresciuta con noi».
Ci riuscite?«Il turn over è quasi a zero».
Quindi siete un’azienda attraente.«Il motivo per cui siamo sempre cresciu-ti, con unica eccezione il 2009, è che sia-mo riusciti a tenerci le competenze cheabbiamo in casa».
Tecnici come i vostri sono ricercatisul mercato. Qual è il segreto pernon farli scappare?
«Credo che alle persone interessi comeprima cosa la sicurezza. Lavorano più vo-lentieri per un’azienda che ha un futuro.E il modo migliore per garantirsene unoè reinvestire in Alfacod il 90 per cento de-gli utili, come facciamo noi».
Insomma,aziendaricca imprendito-re povero.
«Non sono povero. Ma l’Alfacod è pratica-mente casa mia e voglio starci bene comea casa mia. E quelli che ci lavorano resta-no più volentieri se l’ambiente è gradevo-le e sereno».
Nella maggior parte delle aziendevige una logica più utilitaristica.
«Le imprese devono guadagnare, non c’èdubbio. Ma devono anche progettare, in-vestire, credere nel lavoro quotidiano. InItalia ci sono troppe aziende in crisi conimprenditori ricchi. Tutto lecito, ma aiprimi segni di difficoltà gli scricchiolii au-mentano. Perché con questo tipo di azien-de non si lavora volentieri».
Per la videointervista a GiorgioSolferini e le immagini della suaazienda vai all’indirizzo:
Un codice per proteggerevaligie, merci e pacchi postali
Giorgio Solferini e l’Alfacod, nata a San Lazzaro nell’86
VAI SUL PORTALE
www.ilrestodelcarlino.it/bologna
CASA E AZIENDAGiorgio Solferini nel suostudio. In alto, uno degliapparecchi di Alfacod
ALFACOD nasce nel 1986e da oltre 25 anni si occupadi sistemi di identificazio-ne, raccolta e trasmissioneautomatica di dati nel mer-cato italiano. Alfacod svilup-pa sistemi e soluzioni legateal miglioramento dei pro-cessi di business in tutti gliambiti applicativi della pro-duzione, della logistica, deretail, della sanità, della pub-blica amministrazione, ecc.Il gruppo Alfacod opera sulmercato in due modi diffe-renti: con Alfacod, tramiteun canale diretto che comu-nica con le PMI e le grandiaziende; con AlfaDistribu-zione, fondata nel 2005, cheinvece utilizza un canale divendita indiretto rivolto adaziende-reseller, ovvero cheutilizzano i prodottinell’ambito di soluzioni ri-volte a terzi (integratori disistemi, software house, di-stributori informatici).Grazie all’alta qualità deiprodotti utilizzati, al perso-nale altamente qualificato,ad un’organizzazione conso-lidata, ad un rapporto diret-to con i più importanti pro-duttori mondiali, ad un’assi-stenza tecnica pre e postvendita e ad un magazzinotra i più forniti in Europa,Alfacod si presenta sul mer-cato come il miglior partnercon cui affrontare progettidi alta complessità gestiona-le: tutto questo ha reso pos-sibile al gruppo di diventa-re un leader del mercato ita-liano nel settore dei codici abarre e dei sistemi di identi-ficazione automatica a 360gradi e del mobile compu-ting (tra i più di 7.000 clien-ti Bartolini, Coop Adriati-ca, Zanichelli, Ecor, Paul &Shark, Bologna Fiere… ve-di fine documento).Nel 2008, presso la sede diSan Lazzaro, nasce l’Acca-demia Italiana dell’AIDC,una struttura no profit crea-ta per divulgare attraversoseminari e iniziative discambio della conoscenzafra gli addetti ai lavori la cul-tura tecnica in materia diidentificazione automatica.
L’AZIENDA
Ventisei annidi indagini
nel magico mondodella raccolta dati
LE ORIGINI«Nascemmo in un mondo faciledove le aziende chiedevanopiù identificazione automatica»