pratiche rituali e culti eroici in magna grecia

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7/21/2019 Pratiche Rituali e Culti Eroici in Magna Grecia http://slidepdf.com/reader/full/pratiche-rituali-e-culti-eroici-in-magna-grecia 1/52 Ettore Lepore Alfonso Mele Pratiche rituali e culti eroici in Magna Grecia In: Modes de contacts et processus de transformation dans les sociétés anciennes. Actes du colloque de Cortone (24-30 mai 1981) Rome : École Française de Rome, 1983. pp. 847-897. (Publications de l'École française de Rome, 67) Riassunto E. Lepore analizza la leggenda di Epeo in Magna Grecia, mostrando la congruenza tra la vicenda focese dell'eroe e quella precoloniale magno-greca, egualmente legate ad un mondo di boschi e di tecniche di lavorazione del legno. A. Mele riprende la leggenda dell'eroe di Temesa e attraverso una analisi delle tradizioni relative ne rileva i fondamenti economici, storici, religiosi e ne ricostruisce la storia come di un luogo di commercio ausone originariamente sotto controllo ionico, evolutosi attraverso il rapporto con Sibari e Crotone, dissoltosi in seguito alla conquista locrese con la piena assunzione entro un contesto agricolo- cittadino. Citer ce document / Cite this document : Lepore Ettore, Mele Alfonso. Pratiche rituali e culti eroici in Magna Grecia. In: Modes de contacts et processus de transformation dans les sociétés anciennes. Actes du colloque de Cortone (24-30 mai 1981) Rome : École Française de Rome, 1983. pp. 847-897. (Publications de l'École française de Rome, 67) http://www.persee.fr/web/ouvrages/home/prescript/article/efr_0000-0000_1983_act_67_1_2489

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7/21/2019 Pratiche Rituali e Culti Eroici in Magna Grecia

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Ettore LeporeAlfonso Mele

Pratiche rituali e culti eroici in Magna GreciaIn: Modes de contacts et processus de transformation dans les sociétés anciennes. Actes du colloque de Cortone

(24-30 mai 1981) Rome : École Française de Rome, 1983. pp. 847-897. (Publications de l'École française de Rome,

67)

Riassunto

E. Lepore analizza la leggenda di Epeo in Magna Grecia, mostrando la congruenza tra la vicenda focese dell'eroe e quella

precoloniale magno-greca, egualmente legate ad un mondo di boschi e di tecniche di lavorazione del legno. A. Mele riprende la

leggenda dell'eroe di Temesa e attraverso una analisi delle tradizioni relative ne rileva i fondamenti economici, storici, religiosi e

ne ricostruisce la storia come di un luogo di commercio ausone originariamente sotto controllo ionico, evolutosi attraverso il

rapporto con Sibari e Crotone, dissoltosi in seguito alla conquista locrese con la piena assunzione entro un contesto agricolo-

cittadino.

Citer ce document / Cite this document :

Lepore Ettore, Mele Alfonso. Pratiche rituali e culti eroici in Magna Grecia. In: Modes de contacts et processus de

transformation dans les sociétés anciennes. Actes du colloque de Cortone (24-30 mai 1981) Rome : École Française de Rome,

1983. pp. 847-897. (Publications de l'École française de Rome, 67)

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ETTORE

LEPORE - ALFONSO

MELE

PRATICHE

RITUALI

E

CULTI

EROICI

IN

MAGNA GRECIA

Noi ci divideremo il tempo a disposizione

con

una mia rapidissima

introduzione, poi

con

la relazione

Mele,

poi

con

un

mio codicillo, per

ché pratiche

rituali

e

culti

eroici

sono

divisi

in

due

esempi che

noi

vogliamo

fornire.

Dopo

gli 'historical charters'

(ο

unhistorical'

per

l'amico Leveque)

e

i

«miti

di precedenza»,

noi

possiamo passare adesso

al rapporto tra

miti

e riti

in

culti

eroici

e voi vedrete come il rapporto

mito-rito sia

più

chiaro

in

certe

situazioni

e

meno

chiaro nel

caso

che

vi

esporrò io,

anzi problematico. Questi

rapporti si legano nei nostri

esemp

i

oprattutto ad attività economiche e tecniche, ed esse daranno anche

luogo

a

evidenza

di

correnti secondarie che affiancano la

corrente

principale

coloniale, specialmente su

fondamento di genealogie

mitiche

accanto

ai

charters,

cioè

su

una

struttura

molto

composita

del

mito,

che

qui

va

inteso non

solo in

senso

proprio. A

proposito

della

relazione

di

Morel,

Morel

ha messo

in

evidenza della

triade

famosa

di Johannes

Hasebroek, legno, metalli

e

grano, soprattutto i

metalli,

con

un

accenno

al grano, che noi

lasceremo completamente

da parte, anche perché,

come Mele ha dimostrato in quel suo saggio sul commercio arcaico,

esso è un

fenomeno

forse

più

tardivo. Andremo,

invece, a connetterci

alla

emporta dei

metalli

e

del

legno, ma

a

questa emporta vorremo

accompagnare sempre il fenomeno artigianale che la

integra, come noi

vediamo

per

esempio

a Pitecusa. Quindi

Mele

si

soffermerà soprattutto

sui rituali emporici

di

Temesa e

la vicenda

del

suo eroe in rapporto alle

navigazioni, a prekteres

ο emporoi io mi fermerò di

più

sulla

tradizione

artigianale

del

legno

(quella che Tucidide designava

con

i ναυπεγήσιμα

ξύλα) sulla costa

ionica

meridionale,

legata soprattutto alla leggenda

di

Epeo e inscritta

in

un

orizzonte

che va dai

nostoi

alla colonizzazione, e

si potrà

vedere

che il mondo indigeno, in questa griglia, apparirà più

fortemente

nella

relazione

di Mele, molto più problematicamente nella

mia relazione.

E. L.

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848

ETTORE LEPORE-ALFONSO MELE

L'EROE DI TEMESA TRA AUSONI

E GRECI

I - II problema dell'antica

Temesa

è tornato

negli ultimi anni ad

imporsi all'attenzione degli studiosi grazie ad una serie

di

indagini,

di

cui

si

sono

resi

benemeriti Paola Zancani Montuoro1 e G.

Maddoli2.

Si

è

tenuto

infine,

nel

1981

un

apposito

colloquio

tra

Perugia

e

Trevi,

i

cui

atti

sono di

recente

pubblicazione3.

II problema messo

a

fuoco è stato sopra

tutto

quello

della

localizza

zione

i

questo

antico

centro ausone, greco, brettio, che la Zancani

Montuoro vorrebbe collocato nella

zona

dell'altro Esaro,

e il Maddoli

invece, sulla

scorta delle

notizie, non sempre corrette

ma non

tuttavia

trascurabili, degli itinerari

antichi,

vorrebbe collocare più a Sud.

La questione è

lungi da una

soluzione definitiva

è nostra

inten

zione riprenderla. Alcuni punti ci paiono, comunque, acquisiti.

La

loca

lizzazione

nell'alta

valle dell'Esaro

non

sembra troppo convincente.

Essa prescinde

sia dai dati contenuti negli itinerari,

in particolare quelli

della Tabula Peutingeriana, su cui ha richiamato l'attenzione il Maddoli,

sia

da

una

serie di esplicite testimonianze antiche

che

fanno

cadere

Temesa

nell'ambito del golfo

di

Hipponio. Se Mela4 e

Tolomeo5

si limi

tano a connettere Temesa ad Hipponio,

Licofrone

la

colloca

nello

spa

zio delimitato

dall'opposizione di Clampetia

a Hipponio6, e Plinio coe-

rentemente

fa rientrare nel sinus Vibonensis Clampetia appunto, Temes

a la

vicina

Terina7.

1Rend. Line,

ci. se. mor.,

XXIII, 1968, p. 249 ss;

Atti

M. Grecia, 1968-69, p.

7 ss.;

Rend.

Nap., XLIV,

1969, p. 11

ss.

; Almanacco

calabrese, 1970-1971,

p. 75

ss.

2

P.P. CXLVI,

1972, p. 331 ss.

3

Temesa e il suo territorio,

Atti del

Colloquio Perugia-Trevi, 1981, Taranto, 1982. Ques

ti tti ho

potuto

leggere

solo

quando

questo

lavoro era ormai

compiuto.

4 Chor.,

II,

69.

5Geogr.,

Ili, 1, 9.

6 Alex., 1067-1072.

7 N.H.,

III, 72.

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PRATICHE RITUALI E CULTI EROICI IN MAGNA GRECIA 849

Ancor

più

esattamente Licofrone

proietta Temesa verso Crotone;

ne vede

il

territorio in

contrapposizione e

in parallelo

allo

stretto di

Messina8.

Il dato

non

è isolato

se

è vero che

Temesa

è appartenuta

a

Sibari9

prima

che

a Crotone ed

è

rimasta

ancora

strategicamente

legata

a

Crotone,

quando

nel 194 a.C.

10

i Romani si sono assicurati il controllo

della zona con

opportune

dislocazioni

coloniali. Temesa,

dunque, non

può essere collocata troppo in

alto,

ma in rapporto al

golfo

di

Hippo-

nio, ai

limiti dell'area

di

espansione politica

di Sibari

sul

Tirreno, geo

graficamente

piuttosto

proiettata verso Crotone.

Precisare

ulteriormente

non

è

del tutto facile. Certo il fatto che

Temesa insista

su

di

un golfo che

prima si

è detto

a partire dal Lamato

e

dai

Λαμητΐνοι

Lametino/Napetino11,

poi

a

partire da

Terina,

località

che

geograficamente

seguiva

Temesa12,

Terineo13

e,

alla

fine,

Hipponia-

te 14,

lascia suppore

che

Temesa

si trovasse piuttosto

settentrionalmente

decentrata

rispetto

a questo

stesso golfo.

C'è

quindi,

il rapporto

di Temesa con

Cosenza15. Esso è complicato

dal

fatto

che

Temesa

è sulla costa,

mentre

Cosenza

e il

suo

entroterra

con

Pandosia

e

l'Acheronte

è

all'interno: intus

come

dice esplicitamente

Plinio.

Si

sente in

questo rapporto l'esistenza

di

un itinerario, che

la

Tabula

Peutingeriana

documenta16, da

Temesa a Cosenza; ma

proprio

la diversa collocazione costiera ο

interna

delle

due

località, induce a

chiedersi

fino

a

che

punto

i

geografi antichi

potessero

avere

la

perce

zione delle

rispettive

altezze dei due centri

e

fino

a

che

punto,

quindi,

citando Cosenza dopo Temesa

e

Terina,

lo

facessero con chiara coscien

za

i

una loro collocazione più settentrionale rispetto

a Cosenza. Tanto

più,

poi, se l'itinerario che univa Temesa a Cosenza invitava a darne

8

Alex,

1071.

9 Paus., VI, 6, 11. vedi sotto p. 863 ss.; 881

ss.

10 Liv., XXXIV,

45,

4-5.

11

Aristot.,

Poi.

VII,

1329

b,

10

ss.

:

golfo

Lametico,

in

un

passo

che

appare

dedotto

da Antioco. Nei fr.

3 e 5

Jac.

dello stesso il golfo in questione è detto Ναπητΐνος, che è

denominazione evidentemente da connettere a Λαμητΐνος

(Steph.

Byz., s.v.), anche se non

si

vuole

ritenere corruzione di quest ultimo etnico. Cf. S.

Calderone, Messana,

IV, 1956,

p. 85 n. 2; R. Spadea, Klearchos, 1979, p. 5 ss.

12Strabo,

VI,

1, 5,

253 C.

» Thuc, VI, 104;

Plin., N.H., HI, 72.

Cf. Spadea, art. cit., p. 21 ss.

14Cic,

Ad

Ait., XVI, 6;

Strabo,

VI,

1,

4, 255;

Plin.,

N.H., III, 72. Cf. Spadea, art. cit.,

p.

24

s.

15 Strabo, VI,

1, 5,

253 C; Plin., N.H., III, 72-73.

16 Cf. Maddoli, art. cit.,

p.

339

ss.

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850

ETTORE

LEPORE-ALFONSO MELE

conto subito dopo di

aver

raggiunto

sulla costa la zona

in cui Temesa

sorgeva.

Infine

la distanza tra Temesa

e il fiume detto

erroneamente Tanno

nella Tabula non

può essere

immediatamente

utilizzata.

Se

è vero,

infatti,

che, come

vuole

il Maddoli, quel nome si

applica di fatto

al

Savuto17, altrettanto vero è che il

nome Tanno

mal

si spiega

come cor

ruzione

di

Sabutus

e

meglio invece

come

corruzione

di

un

Lama-

tus/Amatus.

Nella

Tabula,

quindi,

abbiamo

una

probabile

confusione

tra Savuto e Amato,

distanti

tra

di

loro circa 20 km la distanza da

cui

partiva

il Maddoli

per collegare

Temesa a

Fiumefreddo, potrebbe, in

altri termini, essersi riferita originariamente all'Amato, col

che la posi

zione

di Temesa

andrebbe allora cercata una

ventina di

chilometri

più

a

sud

di

Fiumefreddo.

Allo stato

attuale della nostra

documentazione bisognerà,

dunque,

accontentarsi di una

generica collocazione sulla costa e nella parte se

ttentrion le del

golfo

di

Hipponio

ο

golfo

di

S.

Eufemia.

C'è

un dato, tuttavia, su

cui

i due filoni

di ricerca ora

ricordati

con

cordano. L'antica

Brettia

nella zona

a ridosso della piana di

Sibari,

a

occidente

e

a

sud,

possedeva risorse minerarie

di

rame

e

queste consen

tono

lle necropoli dell'età

del

ferro

sulle alture

che circondano la pia

na

di

Sibari

e

fiancheggiano la valle

del Crati

di

esibire

una

quantità

rilevante

di

oggetti

enei: segno

evidente

che

quelle

risorse non

solo

es

istevano ma erano già sfruttate in età molto antica (IX-VIII sec. a.C.)18.

D'altro

canto,

gli stretti legami che uniscono Sicilia orientale

e

Calabria

nello XI

sec, lo

sviluppo di una metallurgia locale di

Molino della

Badia-Madonna del Piano in quest'epoca in una con la perdita

dei cont

atti

con

le

zone minerarie dell'Italia

centrale, inducono

a

supporre che

lo sfruttamento

delle

risorse minerarie della Calabria sia

iniziato

già

in

quest'epoca 19.

Questa constatazione

da,

così,

sufficiente certezza che

la

Temesa

omerica,

a

cui si va in cerca

di

rame,

sia appunto la

Temesa

brettia.

L'erudizione

antica,

infatti,

non

era del

tutto

sicura

di

tale

identità.

La

presenza

di una

Τάμασος-Ταμασσός

a

Cipro, con ricche risorse

di

minerale, dava origine ad

una

lezione

Ταμάσην

in Od. I 184 e ad una

17 Art. cit., p. 326

ss.

18 P. Zancani Montuoro,

Rend.

Nap., XLIV (1969), p. 11 ss.

19 A.

M.

BiETTi Sestieri, Kokalos, XXVI-XXVII, 1980-1981, p. 60 ss. Cf.

M.

Guarascio,

in

Atti

Temesa e il suo territorio, (cit.)

p.

125 ss.; J . de La

Genière,

ibid., p. 179.

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PRATICHE

RITUALI E CULTI EROICI IN MAGNA GRECIA

851

identificazione della

località

omerica

con quella cipriota20.

Contro tale

ipotesi sta, però,

la

lezione

Τεμέσην, unica

a noi

restituita

dai manosc

ritti;

e l'osservazione

straboniana che la Temesa cipriota era all'inter

no

non

sul mare,

come il

contesto omerico

richiedeva, e che la Temes

arettia, appunto,

era

in antico in

possesso

di

giacimenti di

rame21.

Contro tale ipotesi, infine, stanno tradizioni

locali

ed

arcaiche,

le

quali la

Temesa

brettia facevano

risalire all'età dei νόστοι

ed esplicit

amentedentificavano

con

la

Temesa

frequentata dal re

dei Tafii per

acquistarvi

rame. Vi sono

per cominciare

tradizioni

relative

ad una

colonizzazione eroica

di Temesa

ad

opera di

Focidesi22 ο

di

Etoli23,

reduci da Troia. Alla prima colonizzazione allude Licofrone,

connetten

dola

l

dominio crotoniate

su Temesa.

Questo

dato, unito all'altro che

vede

un eroe focidese,

Epeo

costruttore

del

cavallo24, fondatore

in

ambito acheo

di Lagaria25 ο

della

stessa

Metaponto26

e un altro

eroe

focidese,

Daulio di Crisa,

fondatore

di Metaponto27, fa capire che

que

sta tradizione

è

da connettere alla

colonizzazione

achea e,

quindi,

al

dominio esercitato

su

Temesa da

Sibari

prima

e

da Crotone

dopo28: è

tradizione,

quindi, risalente

al VI/V

sec.

e sostanzialmente

locale.

Altrettanto

locale ed arcaica

è

la

testimonianza

callimachea.

Calli-

maco negli Aitia,

a

proposito dell'atleta locrese

Euthykles

e

della statua

che i Locresi

gli

avevano eretta, parlava

di

metallo

di Temesa29

e, quind

i

ccettava

la

tradizione

di

una connessione della Temesa

Brettia

con

giacimenti

di rame. Lo stesso Callimaco a Temesa nella

Brettia faceva

pervenire

Odisseo durante il suo νόστος30,

e le

assegnava, così,

un

livel

lo i esistenza adeguato a questa età

eroica. Tutto

ciò

egli

faceva

seguendo tradizioni

locresi,

provenienti

quindi

da zone prossime

a

20Schoi

Od.

I,

184;

Strabo,

VI, 1, 5, 253; Steph. Byz.

s.v. Τάμασος; Eustath.,

ad. Od.

I, 185.

21 Strabo, Le.

22

Lycophr.,

Alex.,

1067

ss.

23 Strabo,

Le.

24 IL,

XXIII,

664 ss.; 838 ss.; Od.,

Vili,

492 s.;

XI, 523.

Cf. Strabo VI

1,

13, 263 e il

rapporto con Panopeus, città focidese.

25 Lycophr., Alex, 948; Ps.

Ar.,

Mir.,

116;

Strabo,

Le; Steph. Byz. s.v. Λαγαρία.

26 Troc-Justin., XX,

2.

27Ephor.,

fr. 141 Jac. = Strabo, VI,

1,

15,

265.

28 Vedi sotto

p.

878 ss. Contro : E. Ciaceri, Storia

della

Magna Grecia, I,

Napoli,

1928,

p. 258

ss.

29 Fr.

85,

10 Pf.

30 Fr. 98 Pf

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7/21/2019 Pratiche Rituali e Culti Eroici in Magna Grecia

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852

ETTORE

LEPORE-ALFONSO MELE

Temesa,

della prima

metà

del

V sec, epoca

cui

appunto

risale

l'attività

dei

due

olimpionici, in

relazione

a Temesa da

lui

citati31.

D'altra

parte sia la dieghesis aéìì'Aition

callimacheo

relativo

ad

Euthymos, 11. 5

ss.,

sia

lo

scolio

a

Pausania

VI,

6, 4

si

riferiscono

alla

storia

di Polites, che fa

violenza

a una fanciulla, viene lapidato dagli

indigeni,

diviene

apportatore

di

morte

e

si vede quindi riconosciuto da

Apollo

un

culto eroico. Se ciò

è

vero qualche altra precisazione si rende

possibile.

La

storia

di Polites presenta infatti

caratteristiche proprie

e

alla storia

di

Palinuro e

a quella

dei

prigionieri focei dopo la battaglia

di

Alalia.

Palinuro viene ucciso dagli

indigeni

di

Velia;

ne

derivano

pestilenza e

prodigi

e, per intervento

di

Apollo,

onori eroici

per il

defunto

compagno

di

Enea32. I prigionieri

focei,

rei

di pirateria

ai dan

ni

ei

περίοικοι,

sono

(come

Polites)

lapidati

ne

derivano invalidità

fis

iche per

bestiame

ed abitanti e il

riconoscimento,

per intervento

di

Apoll

o

elfico, di

onori eroici

ai

defunti33.

Queste

tre storie sembrano, dun

que,

obbedire a

un modello

unico,

i

cui

punti

di

riferimento

sono

la

battaglia

di Alalia

e la

fondazione di

Elea.

Col

che la storia di Polites, in

questa fase

della

sua

elaborazione, risulta

databile almeno alla seconda

metà

del

VI secolo.

In conclusione l'identificazione della

Temesa

brettia

con

quella

omerica, anche

per quest'altro

versante della tradizione, risale ad

età

arcaica,

ad

ambienti

locali, prossimi

alla

stessa

Temesa

e

interessati

al

controllo

di

questa

località34.

A proposito

di

quest'ultima

tradizione,

che fa

risalire

Temesa

all'età

dei νόστοι,

ma

ne

fa solo

una

tappa

del

ritorno

di

Odisseo, qual

che altra

osservazione

è, però possibile. Essa faceva della Temesa eroi

ca na preesistente realtà

indigena e

in

questo

modo da

un

lato rispet

tava l dato

omerico,

secondo cui nell'andare

a Temesa

il re

dei Tafii

si

recava έπ

άλλοθρόους

ανθρώπους, tra gente d'altra lingua35; dall'altro

recuperava la tradizione

di

un'origine ausone

del

centro brettio, quale

Strabone esplicitamente attesta36. D'altra

parte questa

stessa tradizione

se attribuiva

alla

Temesa

brettia

ricchezze

minerarie,

da

Locri

utilizzat

ei mostrava disposta ad accettare il dato omerico

di

una

Temesa

bar-

31

L.

Moretti,

Olympionikai,

Roma, 1957,

n.

180.

32

Virg., Aen., VI, 337 ss. ;

Serv.,

ad

he.

Hdt., I,

166-167.

34 Vedi

sotto

p. 878

ss.

35 Od., I,

183.

36Strabo,

VI, 1, 5,

253.

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PRATICHE RITUALI E CULTI EROICI IN MAGNA GRECIA 853

barica aperta al contatto

con

i Greci ed anzi

lo

ribadiva a chiare

lettere

attraverso il racconto della vicenda

di Polites,

dalla quale, come da

quella

dei

prigionieri di Alalia

ο

di Palinuro, scaturiva la necessità di

un

rapporto col

greco, garantita

da

una ragione

di

culto.

In altri

termini, origine

ausone, possesso di risorse minerarie, culto

dell'eroe greco sono

il

modo con cui queste tradizioni locresi

recepisco

noa tradizione omerica

di una

Temesa,

abitata

da non

parlanti

greco,

luogo

di

πρήξις

di

βασιλείς

interessati

ai

metalli,

costretti alla rinuncia

delle pratiche piratesche

ai

danni delle popolazioni costiere

e tutelati,

nei loro riguardi,

dal rispetto che queste nutrono

per

i

loro

dei37. La

bontà di questa traduzione

brettia dei

modelli omerici di πρήξις può

essere in

vario

modo provata.

Particolarmente

significative

in

proposito

sono

le

caratteristiche

che il

culto

dell'eroe

di Temesa

possiede. Innanzi

tutto

esso si

pone

al

centro

di una

comunità che è fatta

di έπιχώριοι38

ο

εγχώριοι39,

che sono

όμοροι40, περίοικοι41,

πρόσοικοι42:

una

comunità che pare più

un

ci

rcondario che un centro unificato.

All'interno

di

tale circondario si intravedono i segni

di

un

preciso

modo di produzione. Il demone ci viene presentato in

veste

di

lupo43; il

culto

relativo

rimanda, quindi, a una

comunità pastorale minacciata da

tale animale, così come

a

frequentazione

e

prossimità

di

montagne. Il

demone

ci

appare,

inoltre,

entro

un contesto

acquatico,

fatto

di

fiumi e

di fonti44;

il

culto

relativo

rimanda, quindi,

al controllo delle risorse

idriche, una realtà che riappare nella posizione stessa

di

Temesa,

om o

nima, come

dice Stefano Bizantino, di

un

vicino

fiume45. La

prossimità

al mare

di

Temesa

e

del relativo

centro

di

culto46 completa

il quadro,

unitamente al fatto che la fonte

citata,

denominata

Lyka,

si connette

essa stessa al lupo e al

suo

habitat

montano.

È

tutto

un sistema idrico,

quindi, ad essere chiamato in gioco, fonti montane, fiumi, foci,

mare.

37 Cf. A. Mele, // commercio

greco

arcaico. Prexis ed emporte, Napoli, 1979 p. 71

ss.

38 Callim.,

fr.

98 Pf.; Strabo, VI,

1, 5,

253;

Paus.,

VI,

6, 7.

39 Sud., s.v.

Εύθυμος.

40 Callim., fr. 98 Pf

41 Strabo, Le.

42Ael.,

V.H., 8, 18.

43Paus.,

VI, 6, 11.

44 Paus., le.

45

Steph.

Byz., s.v. Τάμασος.

46 Paus.,

VI, 6,

10.

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854

ETTORE LEPORE-ALFONSO MELE

L'impressione che

se

ne ricava è

quella di una

comunità

pastorale,

proiettata tra mare

e

montagna; sviluppantesi lungo determinati itine-

rari e

risorse idriche

e

minerarie;

distribuita,

piuttosto che accentrata,

sul

suo territorio; interessata agli

scambi

con

l'esterno, se

è

appunto

al

culto dell'eroe

di

Temesa viene

affidato il

compito

di assicurare

i rap

porti

col mondo greco.

Ma si può forse

fare

qualche altra

osservazione. Il demone

era

provvisto

di temenos

e

di

un

edificio

sacro47, che Strabone

dichiara

ricoperto

di

olivi selvatici48. Il

fatto

che l'heroon apparteneva

a

un

demone-lupo dalle

abitudini

rupestri

e

montane, lascia supporre che il

particolare notato

dal

geografo non

sia casuale. E

più

fatti

sembrano

confermarlo. L'oracolo

delfico

relativo alla fondazione

di

Regio in

Ausonia

(e

Temesa

era

Αύσόνων κτίσμα)

ne

individua

la

posizione

agli

occhi dei

futuri

coloni

in

riferimento

a una vite unita a

un fico

selvati

co49. ntioco

di Siracusa

conservava ancora il

ricordo di una

trasfo

rmazione

che ad opera

del

mitico

re

Italo si

era realizzata nella

Brettia:

la trasformazione

dei

νομάδες

in γεωργοί e Γ instituzione

dei

συσσίτια50,

forme

di

cameratismo

a

sfondo

militare.

Il quadro, topografico, economico

e

sociale

che

in

tal

modo si deli

nea, trova

corrispondenza per altro

sul piano della

documentazione

archeologica.

La

Calabria

della

prima

età

del ferro, con

la necropoli

di

Torre

Galli,

offre

il

quadro

di

una

comunità

ancora

legata

all'allev

amentoarnesi per scardassare la lana), non interessata

a sottolineare

pratiche di disboscamento (assenza di

scuri), la quale differenzia la

posizione della donna rispetto

a quella

dell'uomo

unicamente

in

base

alla

presenza

ο meno

di

armi

e, a

partire

da

un

certo

momento,

anche

in

base all'uso di

determinate

fibule51.

Un preciso riferimento all 'agr

icoltura

e

alle piantagioni

ο

al ruolo privilegiato che in

un tale

contesto

l'uomo viene

ad

assumere manca.

47

Strabo, VI,

1,

5, 253 (ήρώον);

Paus.,

VI, 6, 8

(τέμενος,

ναός);

Ael., Vu,

8, 18 (ιερόν);

Sud., s.v.

Εύθυμος

(τέμενος).

48 L.c.

49

DiOD., Vili, 23,

2. Cf. Heracl.

Lem.,

Pol., 25; Dion. Hal., ΚΑ, XIX,

2,

Ad Ausoni nelle

regioni dello stretto

di

Messina

allude

anche Lycoph.,

Alex., 44.

50 Aristot., Poi. 1329 b, 14 ss. : da Antioco, come mostrano i confronti con i framment

i

555

FGrH, fr. 2,

3, 5,

7 e comm. del Jacoby ai fr. 3 e 13).

51 B.

D Agostino,

La civiltà del ferro nell Italia meridionale e

nella

Sicilia, in Popoli e

civiltà dell Italia

antica, II,

Roma 1974,

p.

40 ss.;

Id., Preistoria

e protostoria, in Storia della

società italiana, I,

Milano,

1981, p. 153 ss.

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PRATICHE RITUALI E CULTI EROICI IN MAGNA GRECIA

855

Per

i periodi immediatamente precedenti, pur nella scarsità della

documentazione,

due dati restano, comunque, significativi. A partire

dalla media

età

del bronzo,

le regioni tirreniche

meridionali si attarda

noelle

attività

pastorali,

capro-ovine,

di

tipo

transumante, document

atealla frequenza

di

stazioni in grotta52. Un rilievo sempre

maggiore

assumono élites

guerriere,

in tutto l'arco dalla tarda età del bronzo alla

prima

età

del ferro. Rilievo testimoniato

sia

dalla presenza di armi nel

le

epolture (Vibo Valentia,

S.

Domenico

di

Ricadi, Castellace, Serra

Aiello, Torre

Galli), sia

da

sofisticate forme

di

armamento e

combatti

mento

Vibo Valentia,

Castellace)53. Questo

è

evidentemente

il necessar

ioresupposto della importanza assunta, secondo

Antioco,

dai συσσίτ

ια

sfondo militare entro questa area e

di quella dialettica, attestata

dalla

necropoli

di

Torre

Galli,

tra

armati

di

spade

e

armati

di

lancia

con ο senza schinieri54; ma

lo è altrettanto

bene

di

quella realtà che

vede barbari

locali ma

anche i Greci

in

qualche

modo costretti a quel

reciproco rispetto che rende possibile

lo

scambio economico.

Infine la storia degli

insediamenti calabri, sullo sfondo di una con

tinuità

di

vita

degli

abitati

dall'età del

bronzo

finale

alla

prima età del

ferro55, lascia intravedere insediamenti in posizione

dominante, con

controllo degli

assi

naturali di

percorrenza e

delle

vie

d'acqua, inseriti

entro un sistema

di

insediamenti

collegati,

nell'ambito del quale si rea

lizza un

processo

di

accentramento,

caratterizzato

dalla

crescita

di

un

centro

maggiore,

e

da

uno

di decentramento,

caratterizzato

dal

diffon

dersi

i

centri

minori

interessati

a

un migliore

sfruttamento

del

territo

rio56.

In

conclusione, il

quadro offerto

dalla

Temesa

brettia

in

quanto

identificata

con

quella omerica

e

caratterizzata dal culto dell'eroe-

demone, si rivela coerente non solo

con

quanto

le

fonti greche mostra

no

i

sapere sui più antichi insediamenti della Calabria 'ausone', ma

soprattutto

coerente con quanto la documentazione archeologica, in

relazione

all'area

bréttia

verosimilmente

interessata

dallo

sfruttamento

52 Bietti Sestieri, art. cit., p.

26,

36.

53 R. Peroni, La problematica dell insediamento dell età

del

Bronzo e

della

prima età

del

ferro, in Ricerche sulla protostoria della Sibaritide, Napoli, 1982,

p.

11

ss.

Cf. D Agostin

o

iviltà, cit. p. 43;

Preistoria,

cit.

155.

54 D Agostino, Civiltà, cit.,

p.

41 s.; Preistoria, cit., p. 155.

55

Peroni,

Problematica, cit., p. 11.

56 P. Guzzo, ibid.,

p.

30

ss.

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856

ETTORE LEPORE- ALFONSO MELE

delle risorse minerarie

e

dal connesso commercio, lascia intravedere.

La

bontà

e l'arcaicità della tradizione

foceo-locrese ne

esce così piena

mente

confermata.

La

tradizione

sulla Temesa dell'età

dei νόστοι

come

interessata

da

colonizzazione

greca, etolica ο

focidese,

è, dunque,

più

recente

e

con

nessa a

momenti diversi

dalla

storia di questo centro brettio. Si

tratta di

tradizioni

alternative rispetto

a quella foceo-locrese. Esse

attestano un

vero

e

proprio stanziamento

greco a Temesa

nell'età dei

νόστοι,

la stes

san cui Polites

resta vittima dei

barbari locali

e

Mente va a

cercare

rame tra genti di altra lingua. In

questo

caso

il primitivo

stanziamento

ausone, quando non scompare del tutto,

rappresenta

una

fase

anterior

e

n cui ύστερον viene a calarsi

lo stanziamento

degli

eroi

reduci da

Troia57.

Queste

tradizioni,

in

altri

termini,

in

qualche

modo

respingono

ο riducono la

portata

della tradizione ausone

con tutto

quanto vi si con

nette.

Contemporaneamente esse introducono un diverso tipo

di

econo

mia.Toante

etolo,

fondatore di Temesa58

è il

successore di Oineo, al

quale

si collegano tradizioni agricole di

έμφύτευσις, rese evidenti

da

tut

ta

a

sua

genealogia Orestheo,

l'uomo dei

monti; Phytios, il

piantatore;

Oineo,

l'uomo

del

vino.

Egli rappresenta, dunque,

la viticoltura

montan

a uale al Bruttio si

adattava,

e dovette

adattarsi a

Temesa, dal

momento

che

Plinio ricorda

la

bontà del

vino

di Temesa59.

Questa

tra

dizione, dunque, da un lato

conferma quei caratteri

che si

erano

intra

visti

nel

territorio

controllato

da Temesa, dall'altro implica distacco dal

primitivo

orizzonte ausone, pastorale, minerario

e

commerciale, in cui

si inseriva il

culto filelleno

del

daimon-lupo circondato

da ulivi

selvatic

i.n

questo

senso l'insediamento etolico riflette

realtà greche

della

colonizzazione di

età storica, nell'ambito della quale si afferma

in Italia

l'agricoltura

dei

φυτά.

Un

analogo

significato ha anche la tradizione sull'arrivo dei Foci-

desi.

Si

trattò,

come

dice

Licofrone,

dei

compagni

dei

figli

di Naubolo,

Schedio

perito a Troia, ed Epistrofo,

i

quali,

occupando

la

zona

tra

Lampete e

Hipponio, con l'aratro tratto da

buoi

areranno la terra di

Crótone posta

di

fronte allo stretto60. Temesa, dunque, è stata

oggetto

Strabo, VI,

1, 5, 253.

58 Strabo, Le.

59 Plin.,

N.H.,

XIV,

69.

60 Lycophr., Alex., 1067 ss.

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PRATICHE RITUALI E CULTI EROICI IN MAGNA GRECIA 857

di una colonizzazione

greca di tipo

agricolo,

la quale ha investito il ter

ritorio

di

Crotone e

corre

parallela allo

stretto

di

Messina, collocandosi

tra

Clampetia

e

il

promontorio

di

Hipponio:

entro

quello spazio

cioè

che per

Plinio

è il sinus Vibonensis61.

Anche in

questo

caso, dunque, abbiamo una realtà

che

supera quel

la riginaria, ausone

e

pastorale,

e

che si

connette, questa

volta in

maniera

assai esplicita,

alla

colonizzazione greca:

alla

colonizzazione

achea e

a

Crotone. Anche in questo caso è un

nuovo

aspetto

del

paesag

gio

he

si rivela:

la

cerealicoltura

presuppone

spazi pianeggianti ο

declivi,

che si

proiettano

verso l'interno, verso

Crotone

e in parallelo

con

lo

stretto.

Si

può aggiungere che,

come nel

caso della viticoltura v'è

la posteriore testimonianza

dei

vini locali, così

nel

caso degli

arativi e

del

rapporto

con Crotone v'è

una

posteriore ricorrere

di

queste

stesse

realtà, nella colonizzazione romana

del

194 a.C, che

interessa contem

poraneamente Temesa

e

Crotone

quali coloniae

civium

Romanorum62.

Un'ultima

nutazione,

infine,

a

proposito

di Licofrone.

Il dotto poeta

mostra

di

essere ben cosciente

di questa

diversa funzione che

egli

attr

ibuiva

a

Temesa,

fondazione

focidese

di

carattere agrario. Quando,

infatti, parla

delle offerte

di

Menelao ad Atena in

Iapigia

parla

di

un

Ταμάσσιον κρατήρα63,

un cratere

di Tamassos, la

località

cipriota in

concorrenza

con Temesa

nel

rivendicare l'identificazione con

la

Temes

a

merica.

Licofrone, quindi,

come

attribuiva

alla

Temesa

bréttia

una

caratterizzazione eroica ma agraria, così nell'età

dei

νόστοι

voleva

valo

rizzato il rame della Tamaso cipriota: il significato polemico della colo

nizzazione focidese

attribuita

a Temesa appare così in tutta la sua evi

denza.

In conclusione la

storia

di

Temesa attraverso

questo

complesso

di

fonti

relative alla

sua fondazione, ci si

presenta nei

termini di

una

evo

luzione da comunità ausone a comunità

greca;

da comunità di pastori a

comunità

di

piantatori

e

agricoltori; da sistema periecico

a

sistema uni

ficato intorno

a

un centro maggiore; da luogo

di

commercio

a polis.

Una evoluzione nell'ambito della

quale

andrà,

dunque,

collocata e

interpretata

la

storia del

culto

dell'eroe-daimon

che ne rimane la carat

teristica più

appariscente fino alla dissoluzione ad opera dei Locresi.

61 Plin., N.H.,

III,

72.

62 Liv., XXXIV,

45,

3-5.

63 Lycophr., Alex., 854.

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858

ETTORE

LEPORE-ALFONSO MELE

2 -

La leggenda dell'eroe

di Temesa

e il relativo

culto ci

è stato

conservato

da varie

fonti, in

una veste tuttavia abbastanza unitaria, si

da far pensare ad un'unica fonte comune.

Per noi il

testimone più anti

co Callimaco64, che alla vicenda dedicava uno

dei suoi

Aitia.

La

die-

ghesis relativa attesta che il poeta richiamava il

passato

olimpico

dell'atleta

Euthymos di

Locri e, quindi, narrava del

suo

scontro

vitto

rioso con l'eroe di Temesa. Stando a quel

che

la dieghesis

conserva

egli

chiariva che questo

eroe

era stato

un

compagno

di

Odisseo il quale

riceveva

un

tributo dai locali

e

dai

vicini.

Questo prevedeva

l'offerta di

un

letto

e

di una

κόρη

in

età da marito, che all'alba i genitori

riportava

nocasa donna

invece

che vergine. La fine

di

questo tributo fu opera

del pugile Euthymos.

Il

riassunto

proseguiva, ma

delle

successive

linee

14-17

a parte

il

πύκτης

iniziale

niente

altro

si

riesce

con

certezza

a

recu

perare;

delle linee 18-21,

poi, non resta nulla. Qualcos'altro, comunque,

c'era

in Callimaco,

a

parte la conclusione dell'episodio. Un passo

di

Pli-

nio65 ci

permette

di

sapere che Callimaco s'era parecchio interessato

alla storia dell'atleta locrese

e, in particolare, delle vicende

che

gli ave

vano

consentito

di ricevere onori

divini. Il pugile, tre

volte

vincitore ad

Olimpia

e

una sola volta vinto, aveva

avuto

onori divini da vivo per

ordine dell'oracolo di Delfi

e

col

consenso

di Zeus. Fonte della notizia

era Callimaco, che, secondo

Plinio,

aveva espresso la

sua

ammirazione

per

il

fatto

che

le

due

statue

dell'atleta,

erette

una

a

Locri

l'altra

a

Olimpia, erano state entrambe colpite dal

fulmine

nello stesso giorno;

che

era

stato ordinato

di

far sacrifici

a

lui, cosa che si fece tanto durant

e

a vita quanto dopo la morte

di lui ;

e che

tale pratica era

stata

voluta

degli

dei.

Ne

deriva

l'impressione fondata che Callimaco conservasse

una

tradizione sull'atleta,

le

sue gesta

sportive, lo

scontro con

l'eroe,

la

natura

divina che

gli

era stata riconosciuta e il

culto

che

gli

era stato

tributato.

Si trattava

evidentemente di una tradizione locrese, in quanto

legata

a

un atleta locrese

con culto a

Locri, dalle evidenti implicazioni

elee,

data

la sua

caratteristica

di

olimpionico,

e

delfiche, se era

stato

l'oracolo di

Delfi ad imporne il culto.

Questa stessa tradizione si ritrova nelle

fonti

parallele, sia

perché

coincidenti con

Callimaco

per

ciò che attiene alla

vicenda

della vittoria

di Euthymos sull'eroe

di

Temesa;

sia perché

manifestamente

legate,

64 Fr. 98 Pf

65

Plin.,

N.H., VII, 152 = Callim.,

fr.

99 Pf.

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PRATICHE RITUALI E CULTI EROICI IN MAGNA GRECIA

859

quando non si

limitano

a

questo

solo

episodio,

ad

un

analogo

schema,

comprendente

il racconto

delle

sue

gesta

sportive e le forme assunte

dal

suo

culto.

Questo

schema

è

presente

in

Pausania,

Eliano

e

la

Suda.

Pausan

ia66, infatti,

traccia l'intera biografia dell'atleta: la nascita in Italia

a

Locri; la paternità; la discendenza dal

Kaikinos

secondo i locali;

le

vit

torie olimpiche

e

l'unica sconfitta ad opera

di Theagenes;

lo

scontro

con l'eroe

di

Temesa; la morte prodigiosa. Significativo

è

il richiamo

agli

έπιχώριοι

come

fonte della notizia relativa

al Kaikinos, fiume

di

frontiera

tra

Locride e

Reggio

e

connesso

ad una leggenda

di

cicale che

cantano nella Locride

e

tacciono

nel territorio reggino.

Il

riferimento è

a fonti

locali e

nello stesso tempo

alla

natura divina

attribuita

all'atleta,

cui

si

nega

un

padre

mortale nello stesso tempo

in

cui

si

concede

una

morte prodigiosa.

Tratti

questi che trovano riscontro nelle note offerte

locresi alle ninfe che recano l'immagine cultuale di Euthymos nelle

vesti di una divinità fluviale in forme taurine67.

Su

una

linea analoga

è

Eliano68. Di Euthymos pugile

locrese

di

meravigliosa

forza, egli

ricorda che sollevò

e

pose dinnanzi alla porta

una grossa pietra, che i Locresi sono

ancora in

grado

di

indicare;

ricor

da

o

scontro con l'eroe di Temesa

e la morte come

scomparsa nelle

acque del

Kaikinos.

Notevole in

questo

caso,

è l'esplicita

sottolineatura

del

modo

della morte, cui

Pausania

alludeva

solo

implicitamente

e il

preciso

riferimento ai

Locresi come

fonte

delle

notizie.

Sulla

stessa

linea si pone anche la

voce

della Suda69.

La

rievocazio

neello

scontro con l'eroe di Temesa

è preceduta

dal ricordo

dell'atti

vitàtletica

del

pugile, dal ricordo dell'unica

sconfitta

patita da Thea

genes

e

delle

due successive vittorie. La tradizione è

ancora

la

stessa,

ma le affinità anche letterali sono soprattutto

con

Pausania.

Lo schema cui queste fonti si attengono

è quello

stesso di

Callima

co:'esaltazione

del

vigore dell'eroe, il

culto

e il rapporto col Kaikinos,

lo

scontro

con

il daimon

di

Temesa. A ciò si aggiunga, in particolare

per

Pausania, la

precisa

attestazione

della congruenza

tra

le

sue

notizie

e quelle

di

Callimaco,

segnalata dallo

scolio

a

Pausania VI,

6 4 (Τα

κατά

66 Paus., VI, 6, 4 ss.

67

P. E. Arias,

Euthymos,

Sicul. Gymn.,

1941,

p.

77

ss.

Cf. A.

De

Franciscis, Stato e

società

in

Locri Epizefirii, Napoli, 1972, p. 102 s.

68Ael.,

V.H.,

Vili,

18.

69

S.v.

Εύθυμος.

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860

ETTORE

LEPORE-ALFONSO MELE

Εύθυμον

τον πύκτην

ού και Καλλίμαχος

μέμνηται) e

la

netta

discrepan

zaolla tradizione timaica, che

il mito

delle cicale

e

il confine col regi-

no

connetteva non

al Kaikinos ma all'Halex70.

Alla

conformità dello

schema

corrisponde d'altro canto

un

richiamo esplicito

alla

tradizione

locrese e locale. La

tradizione, insomma,

è per questo

verso unitaria.

Una prima conclusione ne deriva.

La

vicenda dello scontro

di

Eut-

hymos

coH'eroe-daimon di Temesa nella misura in cui si inserisce in

una

trama più

complessa, si

inserisce in

un contesto la

cui

unità

sta nel

riconoscimento

delle doti

atletiche e

insieme

della natura

fluviale

e

sovrumana

del

pugile locrese.

E

la cosa non è

casuale. Per vincere un

eroe-daimon non

occorrevano

soltanto straordinarie

doti fisiche, ma

una

qualificazione

adeguata sul

piano

mitico-cultuale ed Euthymos ne

viene

in

possesso

per volere di

Zeus

ed Apollo

e

in

forza del suo

legame

col Kaikinos.

Tutto

ciò

permette

qualche

ulteriore precisazione

a

proposito del

momento

in

cui

questa vicenda

dello

scontro

con

l'eroe di Temesa

ven

ne efinita. Le vittorie atletiche

di

Euthymos, che

Callimaco,

Pausania

e

la Suda mostrano

di

considerare

come una premessa

all'episodio,

cadono

rispettivamente

nel 484, 476, 472 a.C.71. La

statua offerta

ad

Olimpia, di

cui

si

conserva l'iscrizione72, venne eretta

a vittorie

ottenut

e:

unque

dopo il 472

a.C.

Sopravvenne poi,

l'episodio del

fulmine, da

cui

prese le mosse il processo

di

divinizzazione

del

pugile, il quale per

altro ebbe,

secondo

Pausania73,

vita

lunghissima.

Le

nostre

fonti

su

Euthymos,

dunque,

hanno perfettamente ragione

a

considerare come

due

blocchi cronologicamente successivi

le

vittorie olimpiche e

lo

scon

tro

on

l'eroe; e lo

scontro

stesso, per le forme che

assume, va datato in

epoca non troppo

vicina

al 472

a.C.

Conclusione

questa

che l'analisi del

la

ocumentazione numismatica

conferma,

facendo

cessare

il

rapporto

di

Temesa

con

Crotone intorno alla metà

del

V

sec.74.

3

-

La leggenda dell'eroe

di Temesa ci

è pervenuta

oltre

che

nelle

fonti

interessate

alla

carriera

di

Euthymos,

anche

in

altre,

come

Stra-

bone ed Eustazio, unicamente interessate alla

storia

di

Temesa

e

alla

70 Tim., fr. 43 Jac.

71 L.

Moretti,

Olympionikai,

Roma,

1957, n. 191, 214,

227.

72

1. Ebert,

Epigramme auf

Sieger an gymnischen

und

hippischen Agonen, Berlino,

1972, p. 69, n.

16.

Cf. L.

Moretti,

Iscrizioni

agonistiche

greche,

Roma,

1953, p. 30 ss.

73 Paus.,

VI,

6, 10.

74 Vedi sotto p. 878 ss.

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PRATICHE

RITUALI E CULTI EROICI IN MAGNA GRECIA 861

vicenda, divenuta proverbiale, dell'eroe relativo. Questo secondo

grup

po

i fonti si caratterizza

sia per

l'interesse

al

proverbio,

sia per

l estr

emaoncisione

con cui

la vicenda è narrata, la quale

contrasta

con il

racconto

particolareggiato

di

Callimaco,

di Pausania

e

della

Suda.

Strabone75

ricorda

l'heroon

presso

Temesa,

ricoperto di

olivi selvat

ici,

i

Polites compagno

di

Odisseo, che ucciso

a tradimento

dai barbar

igli Ausoni

di cui

ha parlato poco

prima), divenne loro esoso persecut

ore,

er cui,

secondo

un oracolo, ricevette

tributi

da loro e

diede

origi

nel

proverbio riguardante

quanti

avanzano pretese eccessive,

ai

quali

in

forma

di ammonimento,

si ricordava che essi si comportavano come

l'eroe di Temesa76.

L'uso dei

tributi cessò ad opera del pugile

Euthy-

mos, che, in occasione della conquista locrese della città,

affrontò e

vin

se

'eroe costringendolo

a smettere.

Le parole

di

Strabone

sono

riprese

da Eustazio77, che però non va oltre la citazione del proverbio

e

la

sua

spiegazione in

riferimento

a

quanti

eccedono

le loro

pretese e vanno,

quindi, incontro alla sorte

patita

dell'eroe

: aspetto, quest'ultimo,

che la

restante

tradizione sul

proverbio

si incarica

di rendere

sempre più

esplicito78. A

parte

il

richiamo

al

proverbio,

che

non sappiamo se Call

imaco

riprendesse,

la tradizione

è

ancora

quella

callimachea, come pro

va l confronto

tra

Strabone e la Dieghesis.

Quel

che manca

nella

dìe-

ghesis è il

nome di

Polites attribuito al

compagno di

Odisseo e la

detta

gliata descrizione

del

modo

della sua

morte.

Tenuto conto, tuttavia,

del

fatto

che

la

dieghesis

è

un

riassunto

più

interessato

ad

Euthymos

che

alla storia precedente dell'eroe, nel quale tuttavia riconosce un

compa

gno

rascurato

di

Odisseo (περίλοιπος

της 'Οδυσσέως

νεώς) tenuto altres

ì

onto del

fatto, già noto, che la vicenda

di

Polites è

in

Pausania, il

cui

racconto si colloca

nello

schema della tradizione locrese-callimachea

e

viene

accostato

dallo scolio a quello stesso di

Callimaco,

l'ipotesi che di

Polites e

della sua

deplorevole morte accennasse anche

Callimaco

pare

giustificata.

Eliano79 ha una

posizione

intermedia tra

tutti

costoro.

Si

inserisce

anche

lui

nello

schema

locrese

callimacheo, come

si

vide, e

quanto

alla

Strabo,

VI, 1, 5, 253.

76 II

luogo straboniano

è

corrotto,

ma

il

senso

ultimo

del proverbio

è

chiaro attraver

so

l

confronto con Eustazio

(ad Od.,

I, 185), che

deriva da

Strabone,

e

con

le

altre

fonti

che

ne

fanno

menzione: Zenob. Ath.,

Ili, 175 (=

Ps.

Plut.,

Prov.

Alex., 131);

Ael.,

V.U.,

Vili,

18;

Sud.,

s.v.

ό

έν Τεμέση

ήρως.

77 Ad Oc?., I,

185.

78 Vedi n. 76.

79

V.H.,

Vili, 18.

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862

ETTORE LEPORE-ALFONSO

MELE

storia

dell'eroe la riduce alle esazioni ai danni dei locali, che l'eroe

compiva,

e alla liberazione operata

da Euthymos affrontando

e

vincen

do

'eroe. Se egli dipenda anche nei

particolari

da Callimaco non può

dirsi

:

in

ogni

caso

non

da

notizie contrastanti

colle sue

ed

è

esplicito,

come si vide,

in

lui il

richiamo

diretto ai

locresi.

Pausania, al contrario, da la

storia

in tutti i suoi dettagli80. Odisseo

nel

corso del suo νόστος

capitò

in Italia e in Sicilia

e

insieme alle

navi

giunse anche

a Temesa.

Qui uno dei suoi compagni ubriaco fece violen

zauna

vergine

e per questa colpa

venne lapidato dai

locali.

Odisseo

non

si

diede

pensiero

della sua perdita

e ripartì. Il daimon dell'uomo

lapidato non trascurò alcuna occasione

per

uccidere quanti erano

ο

capitassero

a

Temesa,

qualunque età avessero,

fino

a

che la

Pizia a

quelli

che

si

accingevano

ad

abbandonare

del

tutto

l'Italia,

non permise

che

partissero

e

ordinò

di

placare

l'eroe, di

ritagliargli

un

temenos,

costruirgli

un sacrario ed offrirgli annualmente la più bella

delle vergi

ni

i Temesa

perché ne facesse

una

donna.

Dopo

che quelli ebbero

ese

guito

gli ordini del

dio,

non ebbero più nulla a temere da

parte

del da

imon Euthymos, giunto

a Temesa

nel

momento in cui veniva

fatta la

consueta offerta, si informò del perché ed espresse il desiderio

di

entrar

nel

tempio

e

vedere la

vergine.

Vistala, ne ebbe prima pietà e poi

se ne innammorò. La

fanciulla gli

giurò che se fosse stata salvata

l'avrebbe

sposato

ed Euthymos, armatosi, attese l'arrivo

del

daimon. Lo

vinse

in

battaglia

e

lo

scacciò dalla

terra;

l'eroe

scomparve

sprofondan

doel

mare,

Euthymos celebrò splendide nozze e i locali per sempre

furono liberati dal daimon.

La Suda sostanzialmente si

attiene a

questo

racconto81

: il

νόστος

di

Odisseo in Italia

e

Sicilia; l'ubriachezza, la violenza e la

lapidazione

del compagno; la

partenza

incurante di Odisseo; la reazione del da

imon la tentata

fuga degli

abitanti, l'intervento

della Pizia,

il temenos,

l'offerta

annuale della più bella

vergine,

perché

il

daimon si unisse a

lei, l'arrivo di Euthymos

che

apprende dell'uso durato

già

molti

anni,

l'entrata

nel

temenos;

la

vista

della fanciulla; la

pietà,

l'amore,

l 'arma

mento, lo

scontro notturno;

la vittoria e la cacciata

del

daimon; la

sua

scomparsa

definitiva, le nozze

con

la vergine. Non

c'è nulla

che

non

sia

in Pausania. Unica differenza

l'accenno

esplicito al fatto che il daimon

80 VI, 6,

7-10.

81 5.

ν.

Εύθυμος.

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PRATICHE

RITUALI E CULTI EROICI IN MAGNA GRECIA

863

veniva fuori di notte : ma

Pausania

aveva

pur detto che il

pugile

entrato

nel tempio dovette poi

attendere

l'uscita

del

daimon e

questo,

ad un

orecchio

accorto,

doveva suonare significativo del

suo

notturno arrivo.

Per

di

più

Pausania

aveva

subito

dopo

descritto

il demone

come

χρόαν

δεινώς μέλας e questo

di nuovo

confermava la

natura

notturna

del

demone. Le

coincidenze

anche verbali con Pausania sono, comunque

troppe per

non ammettere

un

rapporto stretto del

testo

della

Suda

con

quello dato dal Periegeta.

Si deve

però aggiungere

che la sostanza è ancora

quella di Callima-

co, così come dalla parte restante

della dieghesis

si viene

a capire.

L'eroe

di Temesa

è

un compagno

di

Odisseo

e

la

sua

storia

è

conse

guenza della permanenza della sua nave a Temesa; l'eroe riceveva

un

tributo

da

locali

e

vicini,

consistente

in

un

letto

e

una

fanciulla

da

marit

ohe

veniva

lasciata nel

tempio

e ritirata al

mattino

defiorata. Euthy-

mos pose

fine

al tributo. L'accenno al compagno

di

Odisseo restato nel

posto allude alla

storia

di Polites

e

alla noncuranza di Odisseo verso di

lui,

che è poi la causa dell'ira

del demone

e

di tutto quel

che segue.

L'accenno in Pausania e nella Suda al

fatto

che

l'eroe

dovette attendere

lo

arrivo del demone

e

che il combattimento fu

notturno

conferma che

anche per

costoro

il rito si compiva durante la notte. L'accenno al

fatto

che la παρθένος veniva offerta

come

γυναίκα

oppure

ές

γυναίκα

all'eroe

lascia intendere che anche queste fonti concepivano

il

rito

nei

termini

descritti

nella

dieghesis.

Se

a

questo

si

aggiunge

la

già

notata

identità

dello schema, locrese-callimacheo, seguito da queste

fonti

e la

notizia

dello

scolio,

che attribuisce

a Callimaco

un

racconto analogo a

quello

di

Pausania, il cerchio

del

ragionamento si chiude e la conclusione obbli

gata

è

che anche quegli elementi che la dieghesis non

riferisce

detta

gl iatamente , ma solo parte essenziale della storia

del

compagno

di

Odisseo (il nome

Polites,

la

vicenda

della

morte, l'ira, l'intervento

di

Delfi)

rientrano

nella

stessa

tradizione.

Insomma tutto

questo racconto su Euthymos e sull'eroe di

Temesa

nelle sue diverse

articolazioni

rientra

in

una

unitaria

tradizione

elea

e

delfica, ma soprattutto

locrese,

che

in tutto

ο

in

larga parte si

giova

della mediazione callimachea, ma che

deve,

per le ragioni prima accen

nate,

essersi compiutamente

definita

intorno alla metà del

V

secolo

a.C.

4 - Pausania,

tuttavia,

da ancora una notizia

su

Temesa

e il

suo

daimon, riferendoci

di

una γραφή μίμημα

di

un'altra αρχαία che egli

avrebbe

direttamente

vista.

La

fonte ora

è

mutata

e mutate sono anche

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864

ETTORE LEPORE-ALFONSO

MELE

le forme della

tradizione.

Si trattava

di una serie di

personificazioni

tra

le quali

in

ogni

caso mancavano

Polites,

Euthymos, il Kaikinos, la

παρθένος, la cornice

eleo-delfica,

e comparivano invece il νεανίσκος

Sybaris,

il

fiume

Kalabros, la

fonte

Lyca,

Hera,

Temesa,

il

δαίμων

in

veste

di

lupo

e

col nome

di

Alybas. Una serie

di elementi

vengono così

in primo piano. Ma

per

cominciare occorre precisare che

tanto

nell'edi

zioneeubneriana

di

Pausania curata

dallo

Spiro, quanto poi in

quella

della Rocha Pereira, in

questo

contesto Γήρα

dei

codici viene corretto,

col

Clavier,

in ήρωον,

mentre al δαίμων si attribuisce,

correggendo

il

tradito λυβαντα, il nome Λύκαν.

Le

due soluzioni

non

convincono affatt

o.ulle

due

lezioni concordano

i

codici

di miglior

valore,

il

Parisinus

Greecus

1410

(P)

e il Laurentianus 56, 11 (F) e il

codice più

antico,

il

Venetus

graecus

1413

(V):

esse

risalgono,

dunque

all'archetipo82.

La

corruzione di

un

ήρωον in

ήρα è inoltre

assai improbabile in

un

conte

sto

n cui

si parla

di

un ήρως

a più riprese. Anche una

corruzione

di

Λύκαν τα in

Λύβαντα

non pare spiegabile : λύκου si diceva subito prima

a proposito della pelle

indossata

dal

daimon e Λύκα un

pò prima

anco

rai chiamava la fonte connessa

a tutto

l'insieme

delle

figure. Neppure

in questo caso la corruzione pare

spiegabile.

Al contrario la tradizione

indiretta,

rappresentata dalla Suda, che già si

vide ripetere perfino

del

la ettera Pausania, conserva

Άλύβας come

nome

dell'eroe.

Se ciò

è esatto,

una serie di considerazioni si

impongono.

Hera

è

la

grande

divinità

achea,

presente a

Crotone83, Sibari84,

Metaponto85,

Posi-

donia86. Alybas è

Metaponto87 ο

il

padre

di Metabos88, che è

eponimo

82 Cf. Pausanias, Graeciae descriptio,

ed.

M.H. Rocha

Pereira,

I, Lipsia,

1973 p.

VIII-

IX.

83 G. Giannelli, Culti e miti della Magna Grecia, Firenze, 1963,

p.

135

ss.

Cf.

P.

Orsi,

Not.

Se,

1911,

Suppl.,

p. 62 ss.; G. Spadea,

Klearchos,

1974,

p. 5.

84

Giannelli,

cit.,

p.

101

ss.

85

Giannelli,

cit.,

p.

69.

Cf.

Tempio

Β

(D.

Mertens,

Atti

XIII

Conv.

di

studi

sulla

M. Grecia,

Taranto 1973,

Napoli

1974,

p.

201

ss.)

e

quello

extramurario delle Tavole

Pala

tine {ibid.,

p.

212

ss.).

86 Giannelli, cit., p. 125

s.

Cf. P. Zancani

-

U. Zanotti Bianco, Heraion alla

foce del

Sele,

HI, Roma,

1951-54; P. Zancani e altri, Atti M. Grecia, 1964,

p.

57

ss.;

1966, p. 23 ss.

per l Heraion del

Sele;

ad Hera

erano

ancora dedicata la principale area sacra

della

città,

con il

ed.

Tempio di Nettuno e

la

Basilica:

P.

Zancani Montuoro,

EAA, V,

Roma 1963,

p. 833 ss.

87 Ap.

Soph., Lex.,

24,

18; Schol. Od. XXIV, 304; Steph. Byz., s.v. Άλύβας; Hesych., s.v.

Άλύβας; Eustath., ad Od., XXIV,

304.

88 Et. M., s.v. Μέταβος.

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PRATICHE RITUALI E CULTI EROICI IN MAGNA GRECIA

865

della primitiva

Metaponto

ed

ancora eroe italico a

Priverno89. Esso è

quindi figura acheo-italica, la cui presenza accanto al Sybaris

e

ad

Hera neppure

è casuale. La γραφή per questo

aspetto ha, dunque, netto

e

coerente

carattere

acheo.

D'altro canto Σύβαρις qualificato come νεανίσκος, maschile quindi

come il

fiume,

e

non

femminile come

la città,

strettamente unito

a

un

altro

ποταμός, il Kalabros,

e

ad

una

fonte,

Lyca,

è

il fiume omonimo

della città

distrutta nel

510

a.C.

Sarà allora da notare che

esso

non era

rappresentato,

come

di

regola

avveniva

per i fiumi, come

barbuto άνήρ.

Eliano ricorda un'eccezione

a

questa

regola

:

si trattava

del

fiume om o

nimo alla

città

di

Akragas, il quale veniva concepito ed era rappresentat

oome παις ωραίος90. La qualifica indica un

livello di età

assai

vicino a

quello

del

νεανίσκος e

in

qualche

modo

serve

ad

intendere

una

qualifi

cael genere era tutt'altro che

limitativa.

Ma c'è di più in

questo

senso.

Un

νεανίσκος

Σύβαρις

posto

accanto al daimon

di Temesa

ricorda

assai

da

vicino un altro νεανίσκος

ο παις ώραϊος pure messo in

relazione

con

tale

daimon :

Euthymos rappresentato

come toro

dal

volto

umano,

gio

vanile

ed

imberbe91, divinità

fluviale connessa al Kaikinos,

il fiume

che

in questa

veste

delimitava il territorio

locrese92

ed era considerato

προ

της των

Λοκρών

πόλεως93. Il

νεανίσκος Σύβαρις,

dunque, non solo

richiama il caso

agrigentino, del fiume

omonimo della città, ma

richi

amauthymos divinità fluviale

elevato, in

rappresentanza

di

Locri, al

rango

di

antagonista

del

daimon

di

Temesa94.

Se

ne

devono

dedurre più

cose.

La connessione evidente di

questo fiume

con la

città

omonima; la

necessità

di vedere in questo

fiume

l'esaltazione di questa

città e

una

particolare

tradizione iconografica locale; la necessità

di

considerare

questa

figura

non solo

coerente con l'ispirazione

achea della

γραφή,

ma

centrale

nel rapporto

con Temesa

la

necessità,

infine,

di vedere

in que

sta

γραφή

non

un

qualunque prodotto culturale ed

erudito,

ma il

cosciente richiamo a

un

passato acheo-sibarita di Temesa.

Una

realtà

più antica,

quindi, di

pieno VI secolo, che in quanto

escludeva

Euthy-

89

Cato,

fr. 62 P.; Virg., Aen., XI, 535

ss.; Serv.,

Aen., VII, 803; XI,

567.

9<>

Ael.,

V.H.

II, 33.

91 V. sopra n. 67.

Paus., VI, 6,

4.

«Ael.,

V.H.,

Vili, 18.

94

Questo

ruolo del Sybaris nella tradizione confluita

nella γραφή era stato già, in

epo

ca nteriore alla scoperta dell ex-voto fittile di

Locri,

individuato da : G. De Sanctis,

L eroe di

Temesa.

Scritti minori, I, Roma,

1970 p.

28

s.

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7/21/2019 Pratiche Rituali e Culti Eroici in Magna Grecia

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866

ETTORE LEPORE-ALFONSO

MELE

mos, il Kaikinos,

Polites,

la παρθένος, Apollo, ossia

gli

ingredienti tutti

della tradizione

callimacheo-locrese,

era destinata, conservandosi, ad

assumere un valore polemico rispetto

a

questa ultima.

Questa

realtà

come

si

è

visto

era pervenuta

a

Pausania

sotto

forma

di una

rappresentazione figurata,

che

egli

considerava ripresa da un

dipinto antico. Se ne dovrebbe dedurre che

questo

complesso

e l ' insi

emeei

valori con cui era

costruito

aveva

trovato

ad

un

certo momento

una

sua consacrazione

figurata, che Pausania nel II d.C. riteneva

anti

ca. La Zancani Montuoro pensa che questa consacrazione risalga alla

metà

del

VI

sec.

a.C. e si sia avuta

in Olimpia,

dove Pausania ne

avreb

beitrovata la riproduzione95. L'ipotesi

potrebbe

trovare

sostegno

in

alcuni

fatti.

Pausania

parla

del quadro senza dare indicazioni sul luogo

in

cui

l'ha

ammirato,

ma

ne

parla

entro

un

contesto

eleo.

D'altra

parte

l'interesse

ionico

e

foceo

a

Temesa, denunziato

come

si vide96 dalle ana

logie

tra la storia

di Polites,

quella

dei

Focei

di

Alalia

e

di Palinuro,

giustificherebbe

un

analogo interesse sibarita a

definire lo statuto

acheo di Temesa

e

a

farlo

in

una

sede solenne come Olimpia.

Vi sono,

però,

anche altri momenti della successiva storia

di

Temes

ahe possono giustificare la ripresa figurata di tradizioni sibarite. Si

pensi alla

conquista

locrese

e

alle sue conseguenze97; si pensi all'ascesa

della vicina

Terina, che

si realizza da

un lato

nella opposizione a

Turi98,

dall'altro nell'egemonia

sul

golfo

di

S. Eufemia, che da Lametino

divie

ne

erineo ; si

pensi a Crotone,

come

Terina

ostile a

Turi,

con

l 'appog

gioegli

antichi

esuli

pitagorici100, i quali contavano alleati

tra

i

Lucan

i101, anch'essi coinvolti nelle lotte contro Turi102.

Ve

ne

è

a sufficienza

95

Atti M. Grecia, 1968-69, cit., p. 13.

96 Vedi

sopra

p. 852.

97

Strabo,

VI, 1, 5, 253.

Questa

tradizione

trova

il

suo sostegno

sia nella scomparsa

delle

monete

crotoniate per Temesa intorno

alla

metà

del V

sec.

(vedi

dopo

p.

878 ss.),

sia

nella netta

opposizione tra

la tradizione

locrese

e quella

acheo-sibarita riflessa

nella

γραφή. Contro : De Sanctis, cit., p.

24,

che è seguito dalla Zancani Montuoro Atti M. Grec

ia,

1968-9,

cit., p.

17.

98POLYAEN., II, 10, 1.

99 Vedi

sopra

p. 849 e n.

11-13.

10° Jam., V.P.,

263.

101 1

Lucani aiutano

gli

esuli di Crotone,

consentono loro

di

riorganizzarsi

(Plut., Mor,

583 A)

;

a un Lucano, Aresa, viene affidata la

direzione

del movimento

pitagorico

dopo la

crisi

di metà

V

sec.

(Jam., V.P.,

266) e quest ultimo compare come Oresandros tra Lucani

e lucane aderenti al

Pitagorismo

nel Catalogo di Jamblico (Jam., V.P.,

267).

Cf. A.

Mele,

//

pitagorismo e

le popolazioni

anelleniche d Italia, in

AION,

III, 1981,

p.

64 s.

102

Polyaen., II,

10,

2; II,

10, 4-5.

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7/21/2019 Pratiche Rituali e Culti Eroici in Magna Grecia

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PRATICHE

RITUALI E CULTI EROICI IN MAGNA GRECIA 867

per

immaginare

che tradizioni sibarite, non locresi, né crotoniati ο

teri-

nee, venissero

per

Temesa

polemicamente

richiamate. E il richiamo

non era solo possibile ai

difensori

dell'autonomia di

Temesa,

ma anche

ai

negatori

della

stessa,

almeno nella

misura

in

cui

potevano

presentars

i

ome

legittimi eredi

di Sibari

:

si pensi

in particolare al

tentativo di

Turi

di riprendere

le

posizioni sibarite sul

Tirreno, lottando

con Terina

e

i Lucani, ma anche alle lotte

di

Turi

contro i Brettii all'epoca della

spedizione

di

Alessandro il Molosso 103.

Insomma, le

tradizioni sibarite

su

Temesa

che

risalivano a prima

del 511/10 hanno avuto più

di

un motivo

della metà

del

VI sec. fino alla

conquista

brettia

e oltre per essere tenute

in

vita e costituire

così

l am

biente adatto alla nascita

e/o

conservazione

della γραφή

di

cui

Pausania

constatava

gli

ultimi

effetti.

La

tradizione

neoclassicista

di

II-I

a.C.

di

cui

si è invocato il

ruolo a

proposito

della

γραφή nel recente

convegno

su

Temesa

e

il suo territorio, cronologicamente

parlando

non può

esse

re

ltro,

quindi, che l'ultimo

motivo

atto a spiegare la

conservazione del

quadro.

5 -

L'analisi

della vicenda mitica

e

cultuale dell'eroe di

Temesa

è

cosa su

cui

già si provarono il Maas104, il Pais105, il

De

Sanctis106, il

Giannelli 107,

che ha anche il merito

di

aver

riassunto

e

criticamente

discusso le tesi

dei

suoi predecessori.

Ad

essi tutti, anche

se in

una

misura

diversa,

si

può

obiettare

col

Gernet

108,

che

le

loro

analisi

appaio

noiù interessate

al

sostrato storico della

leggenda che

al tema

mitico

in

sé.

I due aspetti vanno

invece

tenuti costantemente presenti se

rea

lmente

il

sostrato storico del

mito si

intende chiarire ed

è

quanto ora ci

accingiamo

a

fare,

partendo, ovviamente,

dalla

versione

meglio docu

mentata

: quella

locrese ο

callimachea.

103

Cf.

Plut.,

TimoL,

16,

3-4;

19, 2

con

Trog.-Justin.

XII,

2, 15

e

Strabo,

VI,

3, 4,

280.

Per le mire di

Alessandro

il Molosso

su

Temesa, vedi sotto p.

883.

104

Der Kampf um

Temesa,

1dl, XXII,

1907, p. 18

ss.

105

La leggenda di Eutimo di Locri e dell Heroon di Temesa, in Italia

antica,

II,

Bolo

gna, 1922, p. 79 ss.; Nuove osservazioni sulla lotta di Eutimo di Locri a Temesa, ibid.,

p.

93

ss.

106 L eroe di Temesa, in

Atti

Tor., XLV, 1909-10,

p.

164

ss.

=

Scritti

minori, I, Roma,

1970, p. 21 ss.

107 Culti e miti, cit.,

p.

223

ss.

Cf. anche E.

Ciaceri,

Storia, cit.,

p.

258

ss.

108

Anthropologie delà Grèce antique, Parigi, 1968, p. 168 n.

79.

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7/21/2019 Pratiche Rituali e Culti Eroici in Magna Grecia

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868

ETTORE LEPORE-ALFONSO

MELE

II significato

del

rito secondo questo

ambiente

può essere

a

suffi

cienza

chiarito,

se si

tiene

conto

di

una parallela

vicenda mitica,

riferita

da Antonino Liberale

109,

la

cui

affinità

con

la vicenda

di Temesa

è stata

da

tempo

sottolineata110.

Una

belva

carnivora dal nome

di

Lamia

ο

anche Sybaris, la quale abitava

una grotta

del

monte

Kirphys presso

Crisa, rende

impossibile

la vita nei

campi a uomini

e

bestie.

I Delfi si

vedono

costretti

all'emigrazione,

ma

il

dio a loro

che

chiedevano dove

andare, risponde che si

sarebbero

liberati dall'incomoda situazione,

esponendo un

giovane scelto

tra i cittadini nei pressi della grotta. La

sorte

volle che fosse scelto allo scopo il giovane Alcyoneo, figlio unico

di

Diomos e Meganeira, bello d'aspetto e di

carattere.

I sacerdoti

inco

ronano

il giovane

e lo

conducono alla

spelonca,

ma

per fortuna

giunge

dalla

Curetide

Eurybatos

figlio

di

Euphemos,

stirpe

del

fiume

Axios,

giovane

e nobile (νέος και

γενναίος),

che visto il

giovane

e innamoratos

enehiede il

motivo

del

sacrificio

e decide

di

opporsi. Tolte le corone

ad Alcioneo e

postele sul suo capo,

si fa condurre alla

grotta,

vi penet

ra, trappa la belva al suo

covo,

la trascina fuori

e

la fa

precipitare

giù. Quella cade sulle rocce ai piedi

del

monte,

e

ferita svanisce

(αφανής

έγένετο), mentre

dal

luogo

della roccia

dove

era caduta

sgorga

una

font

e, ai locali chiamata Sybaris.

Si

tratta della fonte da cui i

Locresi

trassero

il

nome della

città

italiota da

essi

fondata.

Si

tratta,

come è

evidente dall'ambientazione

e dai personaggi

coinv

olti,

di

una

storia delfico-locrese, che

va

per vari

motivi,

considerata

colla massima attenzione. Intanto

la

fonte cui immediatamente

Antoni

noiberale attinge è il poeta Nicandro

di Colofone,

che col suo omoni

mo

oeta

epico rappresenta una tradizione poetica, familiare

e

locale,

non solo legata al

sacerdozio di Apollo a

Claros

e

al

culto di Apollo a

Delfi, ma anche con particolari interessi etolici111 : dunque una fonte

assai

autorevole per

una

vicenda

delfico-locrese.

Si

aggiunga

che la

storia viene raccontata

con

un occhio rivolto all'Occidente : abbiamo

infatti

il

particolare della fondazione

locrese

di Sybaris.

Si tratta

di

una

notizia

tendenziosa, ma

non

isolata.

Zaleuco

di

Locri

compare

come

legislatore

di

Sibari112.

Sagari,

figlio

di

Aiace locrese, appare fondatore

109 Met., Vili.

110

E.

Rhode, Psyche,

Freiburg,

1890-4,

trad.

ital. Bari, 1970,

p.

197, n. 1.

111 Cf. A. Lesky,

Gesch.

d.

gr.

Literatur3, Berna-Monaco, 1971,

p.

843 ss.

cfr.

F.Gr.

Hist., 271-272.

112 Ps. Scymn., 346

ss.

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7/21/2019 Pratiche Rituali e Culti Eroici in Magna Grecia

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PRATICHE

RITUALI E CULTI EROICI IN MAGNA GRECIA 869

di Sibari

in Solino113, per il quale Sagari

fonda

Sibari assieme ai Treze-

ni : quei

Trezeni

che, secondo

Aristotele,

prima

σύνοικοι

degli

Achei

a

Sibari, poi divennero vittime della loro hybris

e

ne

furono espulsi114. La

notizia

è

particolarmente

interessante,

in

quanto

concede

ai Locresi

il

diritto

di

rivendicare l'eredità

di

Sibari, nell'ambito della quale si

ponev

a ome

vedemmo, anche Temesa.

E che la vicenda

delfica

venga concepita in funzione

delle

pretese

locresi su Temesa

è

più che evidente,

per

la molteplicità analogie tra

le

due

storie di Eurybatos

ed

Euthymos

che

fanno della storia delfica in

un certo modo commento

di quella

temesana e

viceversa.

Il demone

di

Temesa

era

rivestito

di

una

pelle di lupo115 assaliva

chiunque

vivesse ο

venisse in

rapporto

con Temesa116; ebbe

la

sua

dimora definitiva

in

un

ναός

nei

pressi

della

città

ricoperto

di

olivi

selvatici117.

Comportamento,

collocazione, ambiente ed aspetto ricordano da vicino la fiera di Delfi,

che

uccide uomini

e

bestie

e vive

in

un covo rupestre,

in

montagna. La

comunità delfica

vittima

della fiera vuole emigrare

e

così vuoi

fare

la

comunità

di Temesa

vittima

del

demone.

In

entrambi i casi

l'oracolo

interviene ad impedire la partenza e

impone

un'offerta118. In entrambi

i casi si tratta

di una

offerta umana in giovane

età

:

una

κόρη

έπίγα-

μος119,

παρθένος120

e

παις121

nel caso

di Temesa;

un

κούρος

che è un

παις122 nel

caso

di

Delfi.

La ragazza era la più bella

di

Temesa123, il

ragazzo era

bello d'aspetto e per

costumi124. Salvatore

nel

primo caso

era

Euthymos

locrese,

figlio

del

fiume

Καικΐνος,

che

giungeva

al

mo

mento dell'offerta,

s'informava del fatto e entrava

nel tempio,

vedeva la

fanciulla se

ne

innamorava125; nell'altro

il

salvatore era

Eurybatos,

locrese, discendente

del

fiume Axios, che

giungeva

al

momento

dell'of-

113

il,

io.

n*Pol., 1303 a 30 ss.

115

Paus.,

VI,

6, 11.

116

Id.,

VI,

6, 8.

117 Strabo, VI,

1, 5, 253.

118 Ant. Lib., Met.,

Vili,

2-3.

119

Callim., fr. 98

Pf.

(= Diegh., IV, 9).

120Callim. fr. 98 Pf. = Diegh., IV, 11-12; Paus., VI, 6, 8-9;

Sud.

s.v.

Εύθυμος.

121 Paus., VI, 6, 9.

122

Ant. Lib., Met., VIII, 2, 4, 5, 6.

123

Paus.,

VI, 6, 8; Sud., Le.

124

Ant. Lib., Met.,

Vili,

3.

125

Paus.,

VI,

6, 9.

Cf. Sud., le.

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7/21/2019 Pratiche Rituali e Culti Eroici in Magna Grecia

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870

ETTORE LEPORE-ALFONSO

MELE

ferta,

si informava del fatto

e

si innamorava

del

fanciullo126. Quindi,

come

Euthymos penetrato

nel tempio,

veniva a

lotta

col demone che,

scacciato dalla terra, si inabissava

per

sempre

nel

mare 127, così Euryba-

tos

entrato

nella

grotta

ne traeva

fuori

la

fiera,

che, vinta,

si

dissolveva

nelle

acque

di una

fonte128.

Le analogie sono,

come

si

vede,

assai

forti per

essere casuali. È

chiaro che

v'è

un

unico

modello alla

base delle

due storie, che si sono

volute manifestamente agganciare. Si può notare, per altro, che la

vicenda

delfica riecheggia quella di Temesa anche in particolari

che

per noi sono testimoniati dalla γραφή

descritta

da Pausania, piuttosto

che nella tradizione callimachea. Le implicazioni ferine del

daimon

sono,

infatti,

sottolineate

nel

dipinto;

e

ancora

nel dipinto compare

una

Λύκα

πηγή

come

controparte

di

un δαίμων

che

aveva come

veste

un

λύκου δέρμα, particolare che trova riscontro nella

storia

delfica dove

la

fiera

Λάμια ο

Σύβαρις

ha

come

controparte una πηγή Σύβαρις129. Ques

to ndica

un

rapporto tra la

storia

di

Delfi

e

quella

di Temesa

che sca

valca in taluni particolari

la

versione

callimachea per

risalire

piuttosto

a quella

acheo-sibarita

della

γραφή.

La

cosa

è

perfino ovvia in

un

racconto

che

si chiude col richiamo a

Sibari e tende

a far di Locri l'erede di

quest'ultima, ma serve

a chiarire

alcuni punti : serve

di conferma

dell'origine sibarita della tradizione

riflessa

nella

γραφή; e serve

a

capire che il

racconto ripreso

da

Nican-

dro

rispecchia

la

tradizione

locrese

in

una

forma che non

è

in

tutto

e

per

tutto quella poi rielaborata da Callimaco.

Chiarito questo punto,

si

può tentare

di spiegare

anche il

senso del

rituale

cui

la storia

di Delfi

manifestamente allude. Il nome

di

Lamia

attribuito alla fiera

è

particolarmente significativo. I caratteri che essa

possiede,

il

rapporto

con

Delfi, la

vita

in una caverna,

le

abitudini car

nivore la preferenza per i ragazzi, le connessioni

acquatiche

sono tratti

in vario modo comuni alle realtà denominate allo stesso modo. Una

Λάμια, figlia

di Poseidon

è

madre della sibilla delfica130;

la regina

libica

dello

stesso

nome

viveva

in

una

vasta

e

profonda

caverna

e

arrecava la

126 Ant.

Lib., Met., Vili, 7.

127

Paus., VI, 6, 9-10.

128 Ant. Lib.,

Met., VIII,

7.

129

Paus., VI, 6,

11.

130 Paus.,

Χ,

12, 1.

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7/21/2019 Pratiche Rituali e Culti Eroici in Magna Grecia

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PRATICHE RITUALI E CULTI EROICI IN MAGNA GRECIA 871

morte ai bambini131; λάμια si

definivano

le voragini132 e λάμια

era

il

nome

di

uno

squalo133.

Ma la figura mitica più

vicina

per

abitudini

e

funzione

alla fiera

di Delfi

è

la Λάμια di Corinto134,

un

φάσμα

che

rivol

ge

a sua

attenzione

ai

giovani,

li

seduce

e corrompe

con ogni genere

di

piacere, per poi dissanguarli

e

divorarli : simbolo,

quindi,

della

rovino

sanconsistenza

di una

vita

di

piaceri,

cui

naturalmente è

portato

ad

indulgere

il

giovane

che resti

prigioniero dei

suoi impulsi

giovanili.

Il giovane si chiama Alkyoneus

e per

questa via è connesso al m on

do

ell'alcione,

ai

miti

e

personaggi acquatici ad

esso

connessi

:

a

un

uccello

assunto a simbolo della morte

e

rinascita rituale

e

a personaggi

legati

all'idea della transizione

e

del passaggio135.

Diomos è,

secondo

Teofrasto136, il sacerdote ateniese

di Zeus

Po-

lieus

autore del

primo sacrificio

di

un

bove

aratore

:

come

tale

sua

pos

sibile

controparte è Sopatros, il salvator

della

patria, che col

far

assu

mere

dalla

città

intera l'onere

di

un tale sacrificio, ne consente libera

zione dalla siccità

e

dalla carestia. Il sacrificio di cui

egli

si fa, nell'inte

resse

ella

patria,

iniziatore

è particolarmente sofferto e

drammatico,

dato

il

rapporto privilegiato del bove da lavoro con la comunità

agricol

a137.

Meganeira,

sua

moglie, ha anch'essa in ambito attico il

suo

pen

dant

:

è figlia

di Krokon connessa attraverso di

lui

a Triptolemos

e

spo

sa i

Arkàs, colui che

insegnò

agli

Arcadi

cerealicoltura, panificazione e

filatura dei

tessuti138

:

in altri

termini

colui che

diffuse

tra

i

suoi

i

doni

di Triptolemo

e quelli

di Krokon, l'uomo delle κρόκαι

ο

del

filo139;

divi

so

uindi tra cerealicoltura

e allevamento.

131

Eurip. TGF, fr.

922;

Duris, fr.

17 Jac; Diod.

XX,

41; Strabo, I, 2, 19; Schol. Ar.

Pax,

758.

Cf. Schwenn, RE, XII, 1, 1924, col. 545 e Jacoby nel

comm.

a 76 F 17.

132

Choerob.,

in

An. Ox. 2, 239; Et. M.,

s.v.

133

Aristot.,

HA,

540bl8;

Gal.,

6,

727;

Plin., N.H.,

IX,

78.

134

Philostr.,

V.Ap.,

IV,

25;

Vili,

7, 9. Cf.

M.

Delcourt,

SMSR,

37, 1966,

p.

139

s.

135

F.

Vian,

RA,

39,

1952,

p.

143, 152 ss.

136Poph.,

Abst., 2, 10 e 28-30;

da Teofrasto,

cf. W. Burkert, Homo necans, Berlino-

New York, 1972, trad. it.

Torino,

1981, p. 110, η.

6-7.

137 M. Détienne, Archiv, de soc.

des

religions,

29,

1970,

p.

157

ss.

insiste sul carattere

drammatico

del sacrificio, sull equivalenza

che in esso si realizza

tra

sacrificio ed omicid

io,ulla necessità di un tale

atto

ai fini della

salvezza

della città e dell agricoltura.

138 Apd., Ili, 9, 1 ;

Paus., Vili,

4,

1.

139

Bekker, Anecd. I, 273; Phot.,

s.v. Κροκουν.

La cornice atticizzante della vicenda di

Alcioneo

e

la coerenza del

legame di

Meganeira

con Diomos con quelli di

Meganeira

con

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7/21/2019 Pratiche Rituali e Culti Eroici in Magna Grecia

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872

ETTORE LEPORE-ALFONSO

MELE

Eurybatos, infine, connesso all'Axios e

quindi

in

qualche

modo

parificato ad

Euthymos;

proveniente dalla Kouretìs

e

quindi

locrese

in

quanto κουρής140 si trova perciò esso stesso nella

condizione

di

chi

assume

l'onere

dell'iniziazione

dei

κούροι141.

Una

condizione

che

il

lega

me

mosessuale conferma142. D'altro

canto

Euthymos rappresentato in

veste

di

divinità fluviale è

giovane imberbe

e,

dunque, vicino

anche per

questo

ad Eurybatos κουρής in quanto

νέος

και γενναίος143.

La vicenda, per altro, si

svolge

sullo sfondo

della polarità tra

εσχατ

ιά, atta

di

montagne, rocce, grotte, fiere, e αγροί irrigati da fiumi e

fonti,

su

cui vivono uomini

ad animali domestici.

Ne deriva

l'immagine

di

un rituale

ben

preciso. Il rituale «alcioneo» dell'iniziazione

di

un

kouros, dove la morte rituale si richiama allo

spazio

marginale

dell'èaxaxia,

gravido

di

pericoli

per

la

comunità

agricola

organizzata,

mentre

la salvezza si

connette,

grazie all'azione del Cureta

e

alla risco

perta della connessione tra εσχατιά

e sorgenti,

al mondo degli αγροί

e

degli

animali domestici; fondamento di

quella

πόλις che Diomos, Megan

eira e

Zeus Polieus così

bene

rappresentano.

Il senso dell'impresa

di Euthymos,

così strettamente legata

a

que

sta

di

Eurybatos,

appare

allora chiaro. Secondo la versione locrese la

vicenda

della κόρη offerta al demone che minacciava la

vita

della

comunità,

l'intervento

di

Euthymos, l'eliminazione

del daimon,

le noz-

Arkas assicurano

l identità

di questa Meganeira con la figlia di Krokon citata da Apollo-

doro

anche

se

collo

Hercher

bisognasse

identificarla

con la Metaneira citata da Paus., I,

14,

2.

ho il riferimento

alla

Locride occidentale,

generico

nell accenno ai

Λοκροί

come fon

datori di Sibari in Italia (Ant. Lib.,

Met., Vili,

7), si fa più preciso

ove

si tiene conto

col

Papathomopoulos

(Antoninus Liberalis, Les Métamorphoses, Parigi, 1968, p.

87,

n. 9) del

fatto che un demiurgo Εύφαμος omonimo

del padre

di

Eurybatos,

torna in

una iscrizione

da

Galaxidi

(IG IX,

I1, 335)

e che ancora alla Locride

occidentale

rimanda la menzione

della

Κουρητίς,

dal

momento

che

i

Cureti erano tradizionalmente localizzati in Etolia

(II.

IX

529,

532,

549, 551,

589;

Daimachos,

F

1

Jac;

Ephoros,

fr.

122

Jac;

Strabo

X,

3, 1,

462/3;

3,

6, 465; 3, 8, 466-467) tra

Pleurone

e Calidone. Infine è proprio

della Locride

occidentale il recupero di

tradizione etoliche (Oldfather, RE XII, 1, col.

1179-81).

141 Questa

funzione è quella dei

Cureti

etolici, zii

materni di

Meleagro

e

suoi collabo

ratori

ella

caccia al cinghiale, tipica prova

iniziatica a

carattere probatorio :

M. Détienn

e

n Problèmes de la terre

en

Grèce ancienne, Parigi, 1973, p.

303.

Cf. in

generale

M. Éliade, Forgerons

et alchimistes, Parigi, 1977,

p.

85 ss.

142 P. Vidal-Naquet, // cacciatore nero e l origine dell efebia

ateniese,

in // mito.

Guida

storica

e critica, a cura di

M.

Détienne, Bari, 1975, p. 66 s. e n. 58.

143 Ant. Lib.,

Met., Vili, 4.

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PRATICHE

RITUALI E CULTI EROICI IN

MAGNA

GRECIA 873

ze, sono

un

rito di transizione da

παρθένος

a

legittima

sposa

che,

in

quanto vissuto

sullo

sfondo

di

un

contrasto tra

l'animalità

del demone,

ferino

e notturno,

e

la tranquillità della

comunità

liberata,

è

contempo

raneamente

un

rito di

rifondazione

della comunità

stessa.

Qualche

altra

osservazione può essere allora fatta

a

proposito

di

questa liberazione ο rifondazione

di

Temesa. Il momento più significa

tivo

i

questo

atto

è il γάμος επιφανής

di Euthymos

con la παρθένος

di

Temesa144. Euthymos in questa

vicenda

è,

come

si vide, controparte

qualificata

del

daimon,

in

quanto

connesso

al

culto del Kaikinos;

è il

pugile che ha

concluso

la

serie delle

sue

imprese

olimpiche ma dal

momento

che, per affrontare il

demone, ένεσκευάσατο ώς πο-

λεμήσων145

è

anche il guerriero rivestito delle sue armi. La cosa non è

priva

di

significato

:

Eurybatos

si

fa

portare

nella

grotta

al

posto

del

παις

e nel

suo

abbigliamento; e

quanto al modo con cui

egli affronta

la

belva,

egli

non fa

altro

che

afferrarla,

trascinarla fuori

e

precipitarla

giù dalle

rocce

: l'inganno

e lo

scontro

corpo

a

corpo

sembrano

le

sue

armi146. L'armamento, quindi,

è

tratto

specifico

di Euthymos.

Esso

rimanda al suo rapporto con

un fiume

di

frontiera,

lungo

il quale

necessariamente

si

esaltano le

virtù

militari

dei

Locresi147 e

all'episodio

stesso della conquista

locrese

di Temesa148; ma

soprattutto rimanda

alla qualificazione atletico-militare dell'aristocrazia locrese,

quale

le ne

cropoli locresi chiaramente evidenziano,

con

la duplice presenza

nei

corredi

dello

striglie

e

delle

armi149.

In

questo senso

Euthymos

è

il

più

puro rappresentante dell'aristocrazia locale, se ai

pregi

atletici

e

militar

inisce anche privilegi

di natura divina.

Si può inoltre

aggiungere

che

egli, come il collega olimpionico Euthykles150, si trova

a

vivere la crisi

di Locri nella prima

metà del V sec.151

: una

crisi

che,

come

Callimaco

decisamente sottolinea nel caso

di

Euthykles, è

opera di

un δήμος

έπ

144

Paus.,

VI,

6,

9-10;

Sud., s.v.

Εύθυμος.

145

Paus.,

VI,

6,

9-10;

Sud.,

Le.

ho ant. Lib., Met.,

Vili,

6.

Anche

questo

particolare ben si addice ad un rito di

inizia

zione giovanile : cf. ViDal-Naquet, art. cit., p. 56

ss.

147 Cf. Thuc,

III,

99.103,

3, 115, 5; F

GR

H 577 fr. 2.

148 Strabo, VI,

1, 5, 253.

149

L.

Cerchiai,

Sesso e

classi

di età

nelle

necropoli greche di Locri Epizefiri,

in

La

mort,

les

morts dans

les sociétés anciennes,

Cambridge,

1982, p.

292 s.

150 Moretti,

Olympionikai,

cit., n. 180.

151 Cf. M. Torelli, /

culti

di Locri, in

Atti del XVI Conv.

di studi sulla

M.

Grecia,

Taranto 1976,

Napoli, 1977,

p. 180 ss.

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874

ETTORE LEPORE-ALFONSO

MELE

άφνειδις

αίέν

άπαγχόμενος152,

e

prevede l'inserimento dell'oracolo delfi

cohe decreta

onori

divini per la

sua

statua. La vicenda

di

Euthykles,

olimpionica,

investito

di

pubbliche

funzioni,

onorato con

statue,

insigni

to

a

Delfi

di

onori

divini,

vissuto

in

anni

vicini a

quelli

di

Euthymos,

ha molti

punti

di

contatto

con quella di

Euthymos e,

sopra

tutto, ha per

noi

il

pregio di sottolineare

il valore

e

filoaristocratico

e polemico

di

vicende

le

quali si concludono con la concessione di onori

divini per

personaggi che si

trovano

proprio

in quel momento a

subire i sospetti

del δήμος.

La

qualificazione

aristocratica e

conservatrice

di

Euthymos

ne risulta così

ancora più

evidenziata.

Ad un tal personaggio,

quindi,

si attribuiscono nozze

con una

παρθένος

di Temesa

e in una tradizione che,

come

si è visto,

è

di

chiara

origine

locrese.

Questo

vuoi dire che

alla

παρθένος

in

questione

si

attr

ibuisce

una

qualificazione adeguata al

suo

partner. Ne derivano

due

ordini di

implicazioni. La

fanciulla

doveva essere ritenuta

di

origine

aristocratica

e parificata alle donne

della

aristocrazia locrese,

cui Eut

hymos

poteva legittimamente aspirare : donne dell'aristocrazia

locrese

da

cui nascevano

i privilegi politici, economici e

sociali del

ceto dirigent

 ella città153. Il senso ultimo della vicenda

di

Euthymos è, dunque,

coerente con la ipotesi dell'annessione

di

Temesa a Locri : si tratta in

altri termini,

di una integrazione dell'aristocrazia locale in quella di

Locri, con tutto ciò che ne

consegue nel

piano politico, economico

e

sociale.

Partendo da questo

dato ci

si può

rendere conto

anche

di

un parti

colare che distingue nettamente la vicenda delfica da quella temesana.

Se

infatti

la sostituzione di una vera

e

propria

belva

al demone

con

indosso una pelle

di

lupo

ο

il ricorso ad

una

iniziazione maschile

invece

che

femminile,

rientrano in uno sforzo di razionalizzazione

e

normaliz

zazione ella

vicenda

temesana,

questo

non

può dirsi

della sostituzione

del

mare alla sorgente come elemento acquatico entro

cui

si

realizza

Γάφανισμός.

Tra

le due

realtà non

vi è

possibile

conciliazione. La

belva·

che

si

trasforma

nella

sorgente viene

in

certo

senso recuperata;

il

demone che si inabissa

nel

mare infecondo scompare

per

sempre.

La

rifondazione di Temesa si presenta dunque in

termini

di

rottura

rispetto al passato;

è

una

liberazione

definitiva

da

un

demone che non

152 Fr.

85,

6.

153 D. Musti, Problemi della storia di Locri Epizefiri, in

Atti del XVI Conv.,

cit.,

p. 37 ss.

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PRATICHE

RITUALI

E

CULTI EROICI IN MAGNA GRECIA 875

è una fiera, ma da una pelle di fiera

è

solo rivestito; che non vive in

una

grotta, ma ricompare

una volta

l'anno

nel

suo tempio

che alla

fine

scompare inabissandosi per sempre nel

mare

come

a

sottolineare che

la

normale

vita

della

comunità

e

dei

suoi

αγροί

passa

attraverso

l ' annu

llamento definitivo

del

demone.

Ora se

noi

rivolgiamo l'attenzione

a

quanto la

storia

di

Polîtes

intende

sottolineare,

il senso

di

questa

correzione appare perfettamente

chiaro.

Le analogie

già

sottolineate con

la vicenda

dei

prigionieri

di

Alalia

e

con quella di

Palinuro

servono a far intendere

che al

fondo del

rito

instaurato

a Temesa in

nome

di Polites, v'è l'esigenza del

rispetto

dei

diritti dello straniero-greco. Nei casi citati

però

questa

l'esigenza

è

valorizzata sotto la

specie del

rispetto

per

i prigionieri

e per

i naufraghi

indifesi.

Nel

caso

di

Polites

c'è

invece

dell'altro.

La

punizione

inflitta

alla comunità indigena si

realizza

nell'offerta annuale entro il ναός

di

una

κλίνη e

di una

παρθένος

all'eroe-daimon, lapidato

per aver,

da

ubriaco,

preso colla

forza

una

παρθένος

locale.

Quel che, dunque, si

vuoi vedere riconosciuto da questa

comunità indigena è il

diritto del

ναύτης

al vino e alla donna

: quel

diritto appunto che nell'ambito

dell'emporio,

antica veniva assicurato

attraverso

καπηλεία

e

πορνεία154,

ma che

in

età

arcaica veniva

realizzato

con

l'opportuna

valorizzazione

di

culti e

riti

nei quali la prostituzione aveva un

suo

posto155.

L'offerta

annuale

di

una παρθένος

e

una κλίνη a colui che in

maniera

privilegiata

rappresentava il

ναύτης

con

le

sue

esigenze ha

da

questo

punto

di

vista

una sua

perfetta giustificazione. La quale si com

prende

ancor

meglio se si tiene presente

che,

compiuta

l'identificazione

della

Temesa

bréttia

con

quella omerica, questa veniva

considerata un

luogo

di

commercio. Né va trascurato, infine, che la cerimonia in que

stione

avveniva nell'ambito di

un

rito di rifondazione

ο

Capodanno, i

quali

di

regola cadevano tra l'epoca del raccolto

e

quello della semin

a156, epoca in cui

appunto

cadeva la cerimonia compiuta da quel

Dio-

mos

che, come

si

è

visto,

viene

richiamato

nel rituale

delfico. Ora

que

sto

è

appunto il

periodo

migliore per

la

navigazione,

secondo

Esiodo157,

154

Pollux IX, 34.

155

Torelli,

/

culti, cit., p. 152

ss.;

Id., Storia degli

Etruschi,

Bari, 1981, p. 148 ss.

156 W. Burkert,

Homo

necans, Berlino-New York, 1972, trad. it. Torino, 1981, p. 113.

157 Hes.,

Op., 663 ss. e

comm.

del

West

(Hesiod, Works and Days,

Oxford,

1978,

p.

313

ss).

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876

ETTORE LEPORE-ALFONSO

MELE

mentre

il

ritorno annuale nella buona stagione è,

come

diceva Piato

ne158, la

caratteristica prima di quella

specie

di uccelli

migratori che

sono i naviganti a fin

di

lucro presso

città straniere.

In

queste condizioni

è

chiaro che l'integrazione

di

Temesa

entro

un

contesto

agrario,

conservatore ed autarchico, come quello locrese159,

impediva il

recupero di

una marginalità

che

si

atteggiasse

alle

forme

dell'eroe-daimon Polites. Essa

comportava,

infatti, l'istituzionalizzazio

nn

forma

di

δασμός del rapporto

di

scambio

con l'esterno

oltre che

la riduzione della

comunità

a

circondario

pastorale controllato dal cul

to el daimon.

Col

che si realizzava

una doppia

negazione

del

modello

locrese :

sia

in quanto

modello

autarchico ed

agricolo di

πόλις,

sia

in

quanto πόλις

e

non circondario. Questo spiega

il

rifiuto di

integrare

dialetticamente

nella comunità il

demone,

e

la

correzione apportata

con

la storia di

Eurybatos :

l'antagonista

in quel caso dialetticamente

recuperato

non

era

un daimon, solo rivestito da

una pelle di

fiera e

vivente in

un tempio,

ma

una

fiera

a

tutti

gli

effetti.

Il senso ultimo

delle

due

vicende, vissute

entro

un'unica matrice locrese,

è

però

identi

cosi può

integrare

una

εσχατιά liberata dalle fiere, ma non

un'èoxa-

τιά

su

cui

è

insediato

un daimon

col suo tempio e i suoi δασμοί

La tradizione locrese, dunque,

è

coerente e, in specie

nella

diretta

interpretazione

della storia

di

Temesa,

particolarmente

polemica con

chi in

precedenza

ha

gestito

questo

centro,

Crotone

e

in particolare

Sibari.

Alla

prima

infatti,

risaliva, attraverso

la

tradizione

della

coloniz

zazione focidese,

la

pretesa di

aver realizzato

a Temesa una

comunità

agricola nel

pieno

senso

del

termine. A Sibari, poi, stando alla γραφή,

risaliva

un tentativo

di

recupero

del

daimon travestito

da

lupo,

se

è

vero che ad esso si affiancava una

πηγή

dal nome

di Lyka

ο fonte

del

lupo,

la quale ripeteva il rapporto tra il θηρίον Σύβαρις

e

la πηγή

Σύβα-

ρις

anch'essa. D'altro canto sempre in quel rito locro-focidese,

interpre

tazione

come

si vide, del rito

temesano,

il ruolo negativo del θηρίον era

affidato

a una

belva

Λάμια ma

appunto

anche

Σύβαρις

: si suggeriva

così

in

qualche

modo che il

δαίμων e

relativo

δασμός

aveva

stretti

rap

porti

con Sibari. Suggerimento, di cui un'altra

traccia

si può

rinvenire

nella confusa notizia dell'esistenza di una

Λάμια

in Italia

160.

158

Plato, Leges, XII, 592 D-Ε.

159

MusTi,

le.

160 Schol. Ar. Pax, 758.

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PRATICHE RITUALI E CULTI EROICI IN MAGNA GRECIA 877

Infine, ed è

l'elemento più

importante, nella tradizione callimachea

v'è una precisa sottolineatura del fatto che Temesa deve

a

Locri

e

solo

ad essa la liberazione

dal

δασμός che è il

modo in cui

si

realizza

il

suo

asservimento

alla

realtà

non

cittadina

dell'allevamento

e

del

rapporto

commerciale

con l'esterno. A Delfi Eurybatos col suo opportuno inter

vento

impedisce

che la comunità

possa

instaurare un rapporto

con

la

fiera fondato sulla ciclica ripetizione dell'offerta, a Temesa

questo

non

accade.

Una

volta che

si

è

manifestata l'ira di

Polites e

l'oracolo

ha pre

scritto

l'offerta

annuale, il δασμός è stato

pagato

per

tutto

il periodo

di

tempo compreso tra

questo

evento

iniziale e

l'arrivo finale di

Euthy-

mos.

Questo dicono chiaramente la

dieghesis161,

Strabone162, Pausania e

la Suda163,

Eliano164.

In

conclusione

per

tutto

il

periodo

anteriore

alla

conquista

locrese

e

fin

dall'età dei nostoi, il rito

di

rifondazione

di Temesa

s'era, per

Locri, fondato sul δασμός conseguenza della colpa dei barbari

locali.

Se c'erano, quindi,

tradizioni, come

quella

focidese

ripresa da Crotone

circa una

colonizzazione

greca ed

agricola di

Temesa, queste tradizioni

ο erano da respingere del tutto

ο piuttosto

erano da ridimensionare,

perché Temesa, fino alla

conquista

locrese,

era

rimasta

una realtà non

cittadina, non agricola

e

neppure interamente greca. Questo valeva

anche a

limitare il valore

della

tradizione su

una colonizzazione

etolica

di Temesa a

proposito

della

quale tuttavia qualche

ulteriore

precisazio

ne

on

è

fuor

di

luogo.

La

tradizione, alternativa

rispetto

a quella di Temesa di Mente

e

di

Polites e più recente165, si ha in

realtà

qualche motivo per

ritenere

che

non fosse del tutto sgradita

a

Locri. Le tradizioni mitiche della Locride

occidentale prevedono l'integrazione

di elementi

etolici e in particolare

di

quel Toante166, al

quale

viene connessa la colonizzazione etolica

di

Temesa. A Locri

e

a all'Etolia viene connessa la

stessa

fondazione di

Locri Epizefirii 167 ed Eurybatos,

come

si vide,

è un

locrese

dell'Etolia-

161 IV, 6 ss.

162VI, 1,

5,253.

163 VI, 6,

8-9 Sud.,

s.v.

Εύθυμος.

164

Vili, 18.

165

Vedi sopra p.

856.

166

Toante

era

connesso alla Kuretis,

in

quanto signore

di Pleurone

e

Calidone (//.,

II,

638; XIII, 216, 216 ss.); Paus., X,

38,

4

ne

ricorda la valorizzazione

presso

i Locresi di

Amfissa. Vedi anche sopra n.

140.

167Conon, fr.

1,

3 Jac.

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7/21/2019 Pratiche Rituali e Culti Eroici in Magna Grecia

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878

ETTORE LEPORE-ALFONSO

MELE

Kuretide che viene ad

agire

entro

un

contesto

delfico-focidese.

Strabo-

ne, infine, ricorda

questa colonizzazione

etolica

di Temesa

subito

dopo

la

fondazione

ausone e conclude il

racconto

con la

notizia della conquis

ta

ocrese

e

della

liberazione

della

città

ad

opera

di

Eythymos168

:

e

come è

l'unico a

citare questa

colonizzazione

etolica

e solo questa,

è

anche l'unico

a connettere l'azione di Euthymos

alla

conquista locrese.

Sembra

logico dedurne che

questa

tradizione etolica

era

l'unica che,

dati i

rapporti tra

Etolia e

Locride occidentale, poteva

essere

recepita

da

una

tradizione locrese, sia

pure

entro i

limiti

di un κτίσμα precedent

ea rifondazione locrese vera

e

propria

e

pur

sempre condizionato

dalla

compresenza dei δασμοί

al demone.

Evidentemente

le

tradizioni

vinicole

di Temesa

non dispiacevano ai Locresi, — sottolineavano tra

l'altro

i limiti

della colonizzazione focidese-cerealicola

ma

non

ba

stavano a

dare

a Temesa

la piena

autonomia

e

dignità di polis :

il vino

poteva anche

servire

ad inebriare qualche

altro Polites

o,

come

a Siba-

ri,

poteva

servire

ad alimentare

le esportazioni169.

6 -

La

possibilità

di verifica

della versione forzosamente tenden

ziosa ella tradizione locrese

è

offerta dalla restante documentazione,

non locrese, relativa al rapporto Crotone-Temesa.

Si

tratta della

serie

delle monete

crotoniati interessanti

Temesa; dalle

notizie, che,

indire

ttamente, la tradizione pitagorica fornisce

circa

la

posizione

di Temesa

nell'ambito

dell'organizzazione pitagorica

dell'impero

crotoniate;

e na

turalmente

dalla

tradizione

sulla

colonizzazione

focidese

da

Licofrone

connessa in

maniera

privilegiata

a

Crotone.

La

documentazione più ricca

e

dettagliata

è quella numismatica 170.

Essa

è

particolarmente significativa

circa

la posizione

di Temesa

rispet

t Crotone. Temesa

è

costantemente

oggetto

di una

monetazione

di

impero,

che

a

partire

dalla vittoria

di Crotone

su Sibari e fino alla metà

del

V

sec, vede la

leggenda

TE ο ΤΕΜ e/o

il tipo dell'elmo

sempre

accompagnati dal simbolo

del

tripode

e, per tutta la

serie degli

incusi,

anche dalla leggenda 9PO. A questo dato se ne aggiungono altri che

vedono

Crotone

particolarmente interessata

al ruolo

di

Temesa

nell'am-

168 VI,

1, 5, 253.

169 Tim., F 50

Jac.

170

La documentazione

relativa

viene esaminata e discussa

nelle relazioni

di A. Stazio

e

N.

Parise negli Atti del

Convegno

Temesa e il

suo

territorio (Atti del

Colloquio

Perugia-

Trevi

1981,

Taranto, 1982,

p.

93-101 e

103-118),

che uniche, grazie

alla

cortesia dei due

relatori, ho potuto consultare ed utilizzare fin dal

momento

della prima stesura di queste

pagine.

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PRATICHE RITUALI E CULTI EROICI IN MAGNA GRECIA

879

bito della propria αρχή. Le monete

crotoniate

relative

a Temesa

si

tr

ovano costantemente

associate a quelle della

stessa

Crotone171,

e le due

serie

di

emissioni sono, per

tutto

il periodo

degli

incusi, strettamente

intrecciate

fra

loro

quanto

a

tipi

e

leggende.

Inoltre,

pur rientrando

Temesa

in precedenza nella

sfera

di influenza sibarita

(si pensi alla

γραφή),

Crotone

la

annette

alla propria

diretta

sfera

di

influenza,

lasciando nella

sfera

sibarita solo

Laos e

Pandosia.

Si

aggiunga

che

almeno fino al 460,

quando

inizia

l'attività

numismatica

di Terina172,

la

presenza numismatica

di Crotone nell'area in

questione è

affidata uni

camente alle

sue emissioni

per Temesa.

Ve

n'è dunque,

a sufficienza

per

intuire

che il ruolo

di Temesa

nell'ambito

delΓάpχή

di Crotone

fu

di

primaria

importanza.

La

tradizione

pitagorica almeno

indirettamente

conferma.

Se

noi

consideriamo la

presenza di eterie

pitagoriche nell'area più direttament

 

oggetta all'àpxf\ pitagorica, talune circostanze immediatamente

emergono.

Sibari riceve monete

di

impero da Crotone, ma ha

una sua

nutrita

eteria pitagorica173 e

si vede

anche,

attraverso

le

monete

croto

niate interessanti Laos e Pandosia, riconosciuta

una sua

sfera

di

inte

ressi. Si noti

in proposito che neanche Laos

e

Pandosia hanno un'eteria

pitagorica

loro

propria.

Nell'ambito

della αρχή crotoniate-pitagorica

avere,

dunque, un'eteria significa avere

una parvenza

di autonomia

Sibari,

che ha questa

eteria,

ha

non solo,

come

si

vide

una sua ricono

sciuta

sfera

di

influenza,

ma

anche

viene

considerata

pitagoricamente

liberata e non conquistata174.

Temesa

non ha

alcuna

eteria pitagorica;

si trova rispetto

a Crotone nello

stesso rapporto

in cui

sono Laos e Pan

dosia rispetto

a

Sibari ο in

cui

si trova

Terina, colonia di

Crotone,

rispetto alla madrepatria, dal momento che neppure

questo centro,

emanazione di Crotone sul

Tirreno,

possiede un'eteria.

La

tradizione

pitagorica,

in

altri termini, documenta la

diretta

dipendenza

di Temesa

dalΓάpχή

di

Crotone.

Quanto alla

funzione

che

Crotone assegnava in questa

area tirreni

ca

Temesa,

qualcosa

attraverso

la documentazione numismatica e,

indirettamente,

attraverso la tradizione pitagorica

affiora.

L'egemonia

crotoniate-pitagorica ebbe una sua dimensione emporica.

La eudaimo-

171

P.

Guzzo, Klearchos, 1976,

p. 39.

172 K. Schefold, M.H.,

22,

1965, p. 25 s. Sulla possibilità di

una

zecca a Hipponio, vedi

le riserve di Stasio, Atti, p.

98.

173

Jam., V.P., 267, p. 144, 20; 145, 2 Deubner.

174

Aristox., fr. 17 W. Cf. Porph., VP 21 = Jam., VP.,

33.

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880

ETTORE LEPORE-ALFONSO

MELE

nia crotoniate dipese, secondo Polibio, dallo

sfruttamento

delle sue

risorse

portuali175;

Pitagora

regolò

pesi

e

misure176 e i

pitagorici

ebbero

un interesse al

χρηματίζειν177.

Agli

stateri

di

impero

a

partire

dagli inizi

del

V

sec. Crotone fece seguire monetine

d'alleanza,

intese

ad agganciar

e

a

moneta di Crotone a

quelle

di

Agrigento, Siracusa, Imera,

Regio,

Atene, Corinto178. In

questo

ambito avevano avuto

una

loro

prima valo

rizzazione i commerci in area tirrenica.

Ad un

primo momento in

cui

Crotone

si muove sulla scia

di

Sibari

e

si riconnette ai mercati punici ed

etruschi179, ne segue un'altro in cui

il rapporto è piuttosto

con

Atene,

Elea,

e le città calcidesi, ed

in cui

iniziano le

coniazioni di Terina in

rapporto

con

quelle della filocrotoniate Elea

di

Parmenide180.

La

stretta dipendenza di Temesa

da

Crotone

e

l'interesse monetario

di

Crotone per

Temesa

si

inquadrano in

tutto

questo

e

dimostrano

come

Temesa

sia

stata il

tramite

privilegiato

di

Crotone

sul Tirreno.

Mancanza

di autonomia

e

funzione commerciale di Temesa appaiono,

da questo punto

di

vista come due facce

di una

stessa

realtà.

Il

giudizio

locrese

sulla

condizione

di Temesa in

mano

achea

era,

almeno fino a

questo punto,

esatto.

Ma la situazione non era rimasta priva

di

sviluppi. A

partire

dal

460 comincia,

come

si è

detto,

la valorizzazione

di

Terina, in una con la

valorizzazione

dei

rapporti con Elea,

Atene,

Siracusa. Temesa

vede

ridotto

il suo ruolo emporico a vantaggio

di

Terina, la

quale

comincia

quella

ascesa

che

nello

spazio

di

un

secolo

la

porterà a diventare

la

potenza egemone

del

vecchio golfo Lametino181. Parallelamente le mo

nete crotoniato-temesane denunciano una crescita

di

Temesa. La

le

ggenda TE fa la

sua

comparsa

sul dritto degli

incusi

a tondello

spesso182;

sul rovescio continua la vecchia

tradizione,

ereditata dagli incusi

a

ton

dello

largo,

che vuole la

leggenda

TE affiancata da

leggenda e

simbolo

di Crotone183.

Ma

poi

mentre cominciano

a comparire

le frazioni,

gli

175Polyb.

X,

1, 6.

176

Aristox., fr.

23 W.

177

Sud., s.v. Τάρας.

178

Cf. A. Mele, La Megale Hellas pitagorica, in Atti XXI

Conv.

M. Grecia Taranto 1981,

Napoli,

1982, p. 76 ss.

179 Ibid., p. 71

ss.

180

Ibid., p. 75 ss.

181

R.

Spadea, Klearchos, 1979, p. 22 ss.

182

Stazio tipo i

=

Parise

tipo f.

183

Cf. Stazio tipi a,

b

= Parise tipi

i,

1.

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PRATICHE RITUALI E CULTI EROICI IN MAGNA GRECIA 881

stateri

a

doppio rilievo,

di

metà V

sec.184, ultima

manifestazione

del

controllo

di Crotone

su Temesa, vedono comparire la

leggenda

TEM sul

dritto

e

sul rovescio 185 ;

vedono

sul dritto

unicamente

presente

il

tripode

di

Crotone,

ma

affiancato

dagli

schinieri,

ai

quali

corrisponde

nel

rove

scio il tipico elmo

di

Temesa186. La leggenda

di Crotone

è

scomparsa

e

Temesa

«straripa»

imponendo

la propria leggenda e i propri

simboli.

Si

rompe l'intreccio stretto con

la monetazione

di Crotone

e

parallelament

 

i sottolineano componenti

di

natura

militare.

Il

significato ultimo

di

un

tale processo ci

pare

chiaro. Declina

la

funzione

emporica

di Temesa;

la comunità utilizza anche

frazioni

e,

quindi,

si articola

al

suo

interno;

si impone

un

ruolo

militare

di Temes

a

he è il modo

attraverso cui

nella polis classica si

manifesta

l aut

onomia

politica

e

il

fondamento

agricolo della

polis.

È il

terreno

adatto

alla

valorizzazione della colonizzazione

focidese,

una

colonizzazione

agricola,

opera

dei

compagni

dei

fratelli Schedios, 'l'uomo del combat

timento

ravvicinato' et

Epistrophos,

'l'uomo

dei

commerci', discendent

i

i Naubolos 'colui

che

spinge

la

nave in

mare';

ma

è anche il terreno

su

cui

si

innesta

l'integrazione nel

suo

seno

di una

aristocrazia agricolo-

militare come

quella di Locri.

Per questo rispetto,

dunque,

la

tradizione

locrese è

tendenziosa, ma non

priva

di

agganci

con quella

che effettiv

amente stata la condizione

finale di Temesa

sotto Crotone.

Quanto al rituale

praticato

nel periodo

della dominazione

crotonia-

te, esso

dovrà

aver

posto

il rapporto

con

Γέσχατιά e

le

sue

attività,

piut

tosto in

termini

di

recupero e

integrazione

che

in

quelli

di totale

rifiu

to; a da

sé naturalmente, dopo

quanto

abbiamo

detto

a

proposito

del

ridimensionamento del ruolo commerciale di Temesa, che l'integrazio

ne

n

questione si

muoveva

piuttosto nel senso

della subordinazione alle

realtà di

tipo politico-militare ed agrario che

andavano

maturando

nell'antico

centro

ausone.

7 - La storia achea

di Temesa

tuttavia non è soltanto crotoniate,

ma ancora sibarita, secondo che ciò che dalla

γραφή

descritta da Pausa-

nia

si

deduce.

I personaggi

di

questo

quadro

si dividevano, secondo la descrizione

di Pausania, in tre gruppi

e

primo era

il gruppo

acquatico, col

Sibari

νεανίσκος, il fiume Kalabros, la

fonte Lyka.

Qualche

parola

sarà

ora

il

184

A.

Mele,

Megale Hellas, cit., p. 76, che

tiene

conto anche dei

rilievi

di N.

Parise.

185

Stazio tipo a

=

Parise

tipo i.

186 Stazio

tipo

b =

Parise tipo

1.

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882

ETTORE LEPORE-ALFONSO

MELE

caso di

spendere

a proposito di questo

fiume

Calabro.

Si

tratta di

fiume

non

altrimenti noto

sul cui esatto nome

grava qualche dubbio.

Il nome

Κάλαβρος viene dato da un gruppo

di

codici tutti

dipendenti

dal codice

Riccardianus

gr.

29

(XV

sec,

R)

che

risale

attraverso

il

Palatinus

gr.

56

(a. 1490, Pt) al

più antico dei

codici

di

Pausania

a

noi pervenuto, il Mar-

cianus

gr. 413 (a. 1450, V) che però

conserva

la lezione

Κάλαυβρος,

lad

dove i

due

codici

migliori, il Laurentianus

56, 11

(a. 1485,

F) e

il

Parisi-

nus

gr. 1410 (a. 1490, P) danno la

lezione

Κάλαυρος.

In questa situazio

nea

Rocha

Pereira, come

lo

Spiro, accetta la lezione Κάλαβρος. In

verità le

lezioni Κάλαυρος-Κάλαβρος

sono

dal

punto

di

vista fonico

equivalenti :

dal

momento

che uno stesso suono danno la pronuncia

semivocalica della υ,

e

quella

aspirata

del ß. La lezione

Κάλαυβρος,

invece,

nasce dalla

manifesta

giustapposizione

del

valore

fonico

e

di

quello grafico della υ :

una

giustapposizione

che si può spiegare solo

pensando

che il copista

abbia prima

trascritto il suono e

poi successiva

mente

bbia

trascritto il segno effettivamente

presente

nel testo. Ne

deriva

che anche nel

codice

più

antico

la lezione doveva

essere

Κάλα-

βρος.

I codici migliori,

tuttavia,

dal punto di

vista

della trascrizione del

testo

sono F

e

Ρ

che

danno Κάλαυρος.

D'altro canto la lezione

Κάλαυρ

ος

quella

tenuta

presente

negli scoli ai vv. 852-54

di Licofrone.

In

questi scoli si

cerca

di

spiegare il valore dell'aggettivo Ταμάσσιον;

lo

si

fa

pensando

che

esso sia

da

riferire

alla

Temesa

omerica,

facendone

però

una πόλις Καλαυρίς nella

Japigia

Καλαυρία,

abitata

da barbari

Καλαυροί.

Tutto

ciò nell'ambito

di

un'interpretazione razionalistica

e

quindi

adriatica

del

viaggio

del re

dei

Tafii, collocati

tradizionalmente

nelle coste dell'Acarnania 187

e strettamente collegati con

Itaca188.

La

cosa non

è isolata

: riappare

negli

scoli all'Odissea (v. 184) e in Eustazio,

nel

commento

al v.

185,

e

comporta

l'identificazione

della Temesa omer

ica con Brindisi, la

quale per

essere nella Japigia Καλαβρία è,

per

effetto del

solito scambio β-υ,

nella

Καλαυρία. Alla

base di

questa tradi

zione

ci

sono, quindi,

due

accostamenti,

quello

di

Temesa

alla

Καλαυρία

e quello

di Temesa ad una particolare

città

della

Καλαυρία come

era

Brindisi. Il

primo

accostamento trova

evidentemente

un

aggancio

nella

presenza

di

un fiume interpretato

come

Κάλαυρος

accanto

a

Temesa;

187 Hes.,

fr. 193, 16-18 M.W.

188

Od., I, 180 ss; 417

ss.;

XIV, 452; XVI

426.

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PRATICHE

RITUALI E CULTI EROICI IN MAGNA GRECIA 883

l'altro trova un aggancio nella comune origine etolica

dei

due centri189.

Si

aggiunga che, nell'ambito della

spedizione

del Molosso, che combatt

èuccessivamente contro

Japigi

e Bruttii,

le

tradizioni etoliche di

Brind

isi

ennero

utilizzate190

e

si

può

supporre che

lo

fossero

anche quelle

di

Temesa, nel cui retroterra191, tra Pandosia e l'Acheronte, il condottie

roreco

morì 192. Una

spia in

questo senso è il

fatto

che Eustazio,

a

pro

posito

di

Odissea, I, 183 richiama appunto una citazione

di

Didimo

rela

tiva

alla

spedizione del

Molosso.

Quel

che

dunque a

proposito

di

Brindisi, come

dice Eustazio τινές

φασι,

è

tradizione che si viene elaborando in

seno

a quella

erudizione

ellenistica

che è alla

base degli

scoli

omerici, del

commento

di Eustazio

e

degli

scoli

a Licofrone.

Ma

c'è

forse

di

più.

Quando

Licofrone, che

rifiuta

l'identificazione

della Temesa

Bréttia

con la Temesa

di

Mente

e

di Polites,

fa

andare Menelao tra gli

Japigi e

gli

fa offrire ad Atena un

Ταμάσσιον

κρατήρα193, senza aver incluso Cipro come tappa del viaggio

di

Menelao, è

probabile che

egli,

da quel poeta doctus che è, volesse

appunto

dire

quel che i suoi esegeti hanno percepito : alludere alla tra

dizione brindisina su Temesa, pur senza farla esplicitamente propria.

La conclusione

in

ogni

modo

è

chiara.

La

tradizione brindisina si

è

andata

formando

già

in

età

ellenistica

e,

se

uno

degli

elementi su

cui

è

basata è la connessione

Κάλαυρος-Καλαυρία bisognerà

allora credere

che la connessione sia

nata

come connessione Κάλαβρος-Καλαβρία,

quest'ultima

essendo la

forma

normale

del

nome

in

età

ellenistica

e

romana.

Chiarito questo punto si può

ora

tentare

l'interpretazione del

comp

lesso di

figure

presenti nella γραφή. Le

figure

appaiono raggruppate

in

tre

gruppi :

il gruppo acquatico

(Sybaris,

Kalabros,

Lyka)

quello

di

Temesa

ed Hera; e tra i due (έν δε

σφισι)

il demone nero e

spaventoso,

rivestito dalla pelle

di

lupo

e

denominato Alybas.

La

dialettica del

rito delfico-focidese

di

Eurybatos è in qualche

modo presente. V'è

un daimon

che

conserva

caratteri ferini : la pelle

del

lupo

e

il

suo aspetto

nero

e

spaventoso.

V'è una

fonte

che stando

al

189

Trog.-Justin, XII, 1, 7.

Cf.

Heracl. Lemb., Pol., 56.

190 Trog.-Justin.,

XII,

2, 5

ss.

191 Strabo, VI,

1, 5,

253;

Plin, N.H.,

III,

72-73.

192 Liv.,

Vili,

24; Trog. Just.,

XII,

2,

3-4

e 14; Strabo VI,

1, 5, 256.

Cf.

anche

A. M.

Biraschi,

Atti

cit.,

p.

34 e 36 s.

193

Lycophr.,

Alex.,

854.

194

P.

Wuilleumier,

Tarente,

Parigi, 1968,

p.

15 s.

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7/21/2019 Pratiche Rituali e Culti Eroici in Magna Grecia

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884

ETTORE LEPORE-ALFONSO

MELE

suo nome

ripete il

rapporto tra

il θηρίον

di Delfi

e

la πηγή

che

scaturi

sceal

suo αφανισμός

e ne prende anche il nome.

V'è un

fiume

νεανίσκος, che ripete nella

sua

qualifica quella

di

Eurybatos

che

è

κουρής

e

νέος,

laddove

Alkyoneus

è

κούρος

e

παις

:

νεα

νίσκος infatti,

nella visione pitagorico-crotoniate

e per questo

verso

achea, è

un

νέος tra i 20

e

i 40 anni, esponente

di

una classe d'età inte

rmedia

tra

παίδες

e

άνδρες 195.

Il κουρής

Eurybatos

è

figlio di Euphemos

e questi

compare

come

figlio di

Poseidon196 e

di Eurota197, del

quale

compare

anche

come

nipote198.

D'altra parte

egli è γένος

del

fiume Axios199. Si

tratta,

quindi,

di

un κουρής

strettamente

connesso al mondo delle

acque,

fiumi

in par

ticolare.

Nella γραφή strettamente

congiunto al

νεανίσκος

Sybaris è

il

fiume

Kalabros

(και

Καλαβρός

τε

ποταμός).

Analogie molto strette esistono anche col rito di Temesa,

come

ev

idenziato

dalla vicenda

di Euthymos. Quel

che nel

rito delfico era solo

un θηρίον,

diviene

nel

rito temesano

un

eroe —

δαίμων e un δαίμων

è

l'Alybas della

γραφή.

Euthymos

passava per

figlio del Kaikinos

e

veniva

rappresentato a

Locri come divinità fluviale

imberbe

e

giovanile

: come

παις ωραίος ο νεανίσκος200. Nella γραφή il Σύβαρις

appariva

come

νεανί

σκος. Non v'è dubbio, quindi,

che

nella γραφή si allude

oltre

che

al

pas

sato acheo-sibarita

di

Temesa, al rito che

lo

caratterizzava.

Non

sarà

allora casuale, se Temesa ή πόλις

è femminile e fa gruppo con

Hera,

la

grande

divinità achea201

quella

nel culto

della

quale

Pitagora faceva

confluire la

sua

predicazione alle matrone

di

Crotone202.

Nel complesso l'impressione che se ne ricava è che attraverso la

intera serie

delle

personificazioni sia possibile recuperare

l'interpreta-

zione

di

un

rito

di

fondazione, dove

Temesa

ha il ruolo della παρθένος,

Sybaris quello di

Euthymos, Alybas

quello di

Polites e

del

θηρίον, la

fonte Lyka

quello

della fonte

Sybaris,

mentre

Hera rappresenta la cor

nice

religiosa entro

cui

il

rito si

compie.

195

Aristox., fr.

35 W.

196 Hes.,

fr. 253 M.W.

197 Schol.

Pind. P.,

IV, 15.

198 Tzetz.,

Lycophr., 886.

199 Ant. Lib.,

Met.,

Vili.

zoo vedi

sopra

p.

865.

201 Vedi sopra

p. 866.

202

Trog.-Justin., XX, 4,

1 1 ; Jam.,

VP, 56.

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7/21/2019 Pratiche Rituali e Culti Eroici in Magna Grecia

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PRATICHE RITUALI E CULTI EROICI IN MAGNA GRECIA

885

Se ciò

è

esatto una serie di

osservazioni

si

impongono,

topografiche

prima, ma soprattutto

politiche.

Da un punto

di

vista

topografico pare

chiaro che

una

volta accettata l'interpretazione rituale prima proposta,

la

fonte

Lyka deve

essere ricercata nella

chora

di

Temesa, ma

non

il

fiume

Kalabros

che, rivestendo rispetto

a

Sybaris la stessa funzione

dell'Axios

ο

del Kaikinos, deve essere ricercato nella zona

di

provenien

zai Sybaris. L'ipotesi

della

Zancani

Montuoro che

Κάλαβρος

sia il

nome più antico dell'Aisaros, ipotesi fondata su precisi riscontri topo

nomastici203, è

abbastanza soddisfacente,

anche

perché, confluendo

l'Esaro

nel Coscile,

l'idea di

un

Kalabros di cui

il

Sybaris

sia γένος

pote

vancor

meglio

prendere corpo.

Da un

punto di vista più specificamente politico,

occorre

chiedersi

che

tipo

di

rapporto

con

Sibari

questo

rituale

ponesse

in

essere.

Sybaris

gioca in

relazione

a Temesa

il

ruolo di Euthymos;

un

ruolo che riman

da

lla conquista e all'integrazione; un

ruolo

che

risulta ancora più sot

tolineato nel caso

di

Sybaris, fiume che dava il nome alla città.

fa

difficoltà

l'ipotesi di

un

eventuale matrimonio Sybaris-Temesa,

tenuto

conto

del

fatto

che per Sibari

esiste

preciso

ricordo di

liberalità in

fatto

di

concessione

di

cittadinanza204 e che l'intervento

di Hera

suggerisce

anch'esso

uno

sbocco matrimoniale

per il rapporto

Sybaris-Temesa.

Il

legame

d'altro

canto,

Alybas-Lyka

e

relativo

recupero dell'èa%a-

τιά come connessa

alla

sorgente d'acqua,

lascia

intravedere,

come nel

caso

di

Delfi,

una valorizzazione

degli

αγροί

di

Temesa;

tanto più,

poi,

se Alybas

con

la

sua pelle di

lupo e il

suo

aspetto

appare

la figura più

vicina

al θηρίον

di

Delfi.

Questo

recupero

ripropone

il legame con le

attività pastorali dialetticamente

legate

al lupo e, nella

misura

in

cui

si

esprime

non

con

un

vero

e

proprio

θηρίον,

ma

con

un δαίμων

travestito

da

θηρίον,

ripropone

il legame con le

attività

che

la

locale

cultura

pastorale

collegava

aH'èa%aTia

:

le attività, per intenderci,

di natura

commerciale

ed emporica. Anche

il

nome

Alybas,

sembra scelto

appos

taer

suggerire tale

legame. Da un lato

infatti

per il legame con Meta-

bos,

richiamava

realtà

acheo-italiche

di

Metaponto

e

Priverno205,

bene

adatte a rendere l'incontro

di

tradizioni achee ed ausoni a Temesa;

dall'altro richiamava un toponimo omerico occidentale, che si voleva in

203

P.

Zancani Montuoro, PP 154-155, 1974, p. 70; cf.

Atti

M.G.

1968-69, p.

15 s.

204Diod., XII,

9,

2.

Ma cf. A. Mele, in Storia della

società

italiana, I,

1,

Milano, 1981,

p. 277.

205

vedi

sopra

p.

864 s.

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886

ETTORE LEPORE-ALFONSO

MELE

qualche

modo connettere col

νόστος di

Odisseo206,

ben

adatto

quindi

ad

alludere al rapporto

Temesa-Odisseo

e

a quello stesso di

Mente con

Odisseo,

Itaca

e Temesa.

In

altri

termini

il

rapporto

Temesa-Sibari,

come

il

confronto con

le

tradizioni

rituali

focidesi suggerisce, si poneva in termini di assunzione

nell'ambito dello sviluppo

di

un'economia agricola, delle

antiche

tradi

zioni

emporiche e

pastorali, giustificando così la

posizione critica

della

tradizione locrese

d'Italia.

A

ben

intendere, tuttavia, il senso della tradizione

sibarita

soccorre

la

sottolineatura di tutto

quanto lo

divide

dalla

successiva

tradizione

locrese, rispetto alla quale la differenza non sta solo nel riconosciment

o

i

un

positivo rapporto

con

la più antica realtà

di

Temesa, ma anche

nel

rifiuto

della

storia

di

Polîtes.

Alybas non

è

Polites

è

una

personalit

à

itica del tutto

autonoma.

Un rapporto

di

esso

con

Polites

potrebbe

recuperarsi solo se si pensasse

che Άλύβας e Άλίβας

siano realtà analo

ghe.

Άλίβας è,

infatti,

il morto,

in

quanto

inaridito, lo

scheletro207 e,

quindi, ove l'equivalenza

di

cui sopra reggesse, un daimon denominato

Άλύβας

perciò stesso

alluderebbe

al

morto

: allusione che a Temesa

vor

rebbe dire

immediatamente Polites. Ma

questa equivalenza

viene rifiu

tata. Il nome

tradito è Άλύβας e

non

Άλίβας, sia

nella Suda, sia

nei

codici, dove

il nome,

pur

corrompendosi, è rimasto pur

sempre λύβαν-

τα.

D'altro

canto

la

tradizione

riflessa

nella

γραφή

è

acheo-sibarita; la

tradizione riflessa da Polites è focea e

in ultima

analisi ionica. Polites è

il compagno

di

Odisseo che nell'isola

di

Circe, sedotto dalla voce e dal

risonar del

telaio

della

maga,

spinge

i compagni

verso

colei che

non

sa

se donna ο dea, accetta

con

loro il

vino

di

Pramno offerto dalla

maga

e

finisce

con i

compagni

mutato in porco, laddove ad altri era capitato di

esserlo

in

lupi

ο leoni208 :

succube,

dunque, del

vino e

di una

donna e

ridottosi,

perciò, a

livello animalesco, come poi nell'episodio

di

Temesa.

Il comportamento noncurante di

Odisseo

verso

il

compagno

morto e la

reazione

del

morto trovano invece, riscontro

nella vicenda

di

Elpenore,

altro

compagno

di

Odisseo

morto

nell'isola

di

Circe in conseguenza del

la ua ubbriachezza, lasciato insepolto da Odisseo

che,

incontratolo

206

Od.,

XXIV,

304.

Cf.

Schol. ad he. e

Apoll.,

Lex., 24, 18.

207

C. Lawson, C/. R., 1926, 52

ss.;

G. Pugliese Carratelli, Archiv. Glott. ital, XXXIX,

1954,

p.

78 ss.; G.

Roux,

REA, 1960

p.

5

ss.

208

Od.,

X, 135 ss.; 203

ss.

251

ss.

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PRATICHE RITUALI E CULTI EROICI IN MAGNA GRECIA

887

nell'Ade,

si

vede

richiesto da lui

di sepoltura,

affinchè non

divenga

per

lui motivo d'ira

divina209 : episodio in cui si

trovano, come nell'episodio

temesano, associati ubriachezza,

morte,

trascuratezza da parte di

Odis-

seo,

ira per un tale

comportamento.

Punto

di

partenza della vicenda

di Temesa

è, dunque, il racconto

omerico, una

volta

però

che l'isola

di Circe

e il viaggio

nell'Ade sono

come

Temesa

collocati sul Tirreno

:

condizione che Pausania

e

la Suda

sottolineano esplicitamente.

Si presuppone,

cioè, compiutamente defi

nito

l'orizzonte calcidese

del

viaggio di Odisseo, dallo

Stretto

alle Eolie,

alla Campania, al Circeo,

in

zone tutte

di influenza calcidese.

Orizzonte

che

si conferma ove si guardi più da vicino

alla

dislocazione

dei culti

connessi

ai compagni

di

Odisseo : oltre allo heroon

di

Polites

a

Temesa,

Yheroon

di

Drakon

a

Laos210,

il

culto

di

Baio

in

Campania211,

quello

di

Elpenore al Circeo212.

Si

tratta di una rotta tirrenica

e

costiera che ha

il

suo

fulcro

nella localizzazione dell'Averno nell'agro cumano

e

di

Circe

al Circeo.

La storia

di Temesa in quanto

storia

di

Polites

si colloca

quind

i

n quest'ottica

ionico-calcidese.

Su

questo filone

si innesta

il

rapporto della storia

di

Temesa con

quello dei prigionieri

di Alalia

e

di Palinuro,

dove, come

a Temesa l'ira

divina

si rivolge

sui

locali,

mentre

nel caso

di Elpenore minacciava di

rivolgersi verso

lo

stesso

Odisseo,

reo

di

trascuratezza verso il

compa

gnoorto. Si tratta

di

un innesto che è possibile

ancora

verificare

sul

terreno,

se

all'insediamento zancleo-calcidese

a

Metauros213,

corrispond

e

settentrione e

lungo la

stessa

rotta, prima

il

Portus Parthenius

Phocensium, tra

Laos e Clampetia214, e

quindi,

Elea.

Temesa stessa,

d'altra parte, secondo

una

confusa

notizia

di

Solino, era

stata fondazio

neonica215.

In queste

condizioni,

la sostituzione

di

Alybas

a

Polites non è affat

to

asuale ma

è

coerente

con

l'ispirazione

della γραφή. Ne scaturisce la

possibilità

di una

ulteriore precisazione dell'interpretazione achea

di

Temesa.

Essa

costituisce negazione della

primitiva

funzione emporico-

209

Od., X

555;

XI, 51 ss.

210Strabo, VI, 1, 1,

253.

211 Strabo,

V,

4, 6,

245.

212

Theophr., H.P., 5, 83 ; Scylax, 6.

213

Solin., II, 11.

214

Plin.,

N.H., III,

72.

215

Solin., II, 10.

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7/21/2019 Pratiche Rituali e Culti Eroici in Magna Grecia

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888

ETTORE LEPORE-ALFONSO

MELE

pastorale

di

matrice

ionico-focea,

in quanto achea e in quanto valoriz-

zatrice

anche della funzione

degli

αγροί.

8 -

La

conclusione

cui

siamo ora pervenuti è, quindi, quella di

una

Temesa

legata

all'eroe-daimon Polîtes

e

quindi

ad

una

sua condizione

emporico-pastorale in ambito ionico,

calcidese

e

foceo.

Su questo punto

qualche

ulteriore osservazione è

però possibile.

La funzione

e

l'organizzazione di Temesa

in rapporto 3ΐΓέμπορία

deve essere stata precedente all'epoca in cui cominciano ad organizzars

i

così detti emporii

:

l'ultimo

quarto

del

VII e

gli

inizi

del

VI

sec.216.

Tutto

ciò

per un motivo

preciso, che quando in tali empori si sviluppa

no

ulti e rituali

connessi

alla

prostituzione,

questo avvenne

di

regola

nel nome

di Afrodite217.

A Temesa, invece,

ì'aition

del

rito si riporta

a

un

eroe-daimon

locale.

Questo

sarà

un altro

modo

per dire

che

Temesa

non

fu

vera polis,

perché tutta incentrata nella sua storia

sul

culto

di

un

eroe

e

non

di una

divinità.

Ma questo vorrà anche

dire

che la prati

ca

il

rito in

questione non

poterono

qui

organizzarsi ex-novo, liber

amente,

ma vennero condizionati da

una

preesistente realtà locale

che

già prevedeva qualcosa del genere. Insomma

le

pratiche documentate

tra fine

VI e inizi V

sec. a Temesa

rappresentavano una

realtà più anti

cad

era

quanto la

tradizione, fin dall'età

arcaica,

voleva,

come si vide,

sottolineare

connettendole al mondo

dei

νόστοι, ai barbari Ausoni e ad

una

comunità

di tipo pastorale-commerciale, la cui esistenza ed attività

risaliva

ad

epoca

anteriore

alla

colonizzazione

greca

dell'Italia

meridio

nale

irrenica. E

se poi si riflette al ruolo

che il lupo ha

in ambito itali

co,mitico,

culturale,

pastorale;

se

si riflette

all'importanza

che dovette

avere il ambito

enotrio,

se Oinotros

era

tra

l'altro

connesso

a

Lykaon218,

questa

conclusione si rafforza e

con

essa la conclusione che, considerat

 n tutte le sue implicazioni, la storia dell'eroe

di Temesa

è un pò la

storia

di

questo centro

dall'età precoloniale alla classica ο in altri

ter

mini la lunga storia

dell'ellenizzazione di

un centro

indigeno.

A.M.

216 A. Mele, // commercio greco

arcaico.

Prexis ed emporte, Napoli, 1979

p.

97 ss.;

M.

Torelli, / commercio greco

in

Etruria

tra

Vili e il

VI sec.

a.C,

in

Atti del seminario «II

commercio greco nel Tirreno in età arcaica», Salerno

1977,

Salerno, 1981,

p.

77 s.

217 M.

Torelli,

Storia degli Etruschi, Bari, 1981,

p.

148

s.

218

Paus. Vili, 3, 5.

Per la trasformazione in lupi

dei figli

di

Lycaon

cf. G. Piccaluga,

Lykaon, Roma, 1968

p. 55.

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7/21/2019 Pratiche Rituali e Culti Eroici in Magna Grecia

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PRATICHE RITUALI E CULTI EROICI IN MAGNA GRECIA

889

EPEO E LO STATUTO ARTIGIANO NELL'OCCIDENTE GRECO

II mio caso non può

formar

sistema così coerente

come

la ricerca

e

la lucida esposizione di

Mele ha

fatto

e

soprattutto non dispone di una

evidenza così ricca come

quella di cui

disponeva Mele. Io mi son posto

il

problema della

leggenda

di

Epeo e

me

lo son posto

prima di tutto a

partire

da

testimonianze

archeologiche

che

la

hanno già richiamata.

Son mosso, cioè,

dal cosiddetto «cerchio reale»

di

Paola Zancani Mon-

tuoro,

a Francavilla,

nel quale

ella non ha

trovato un

cadavere ma ha

trovato

degli

strumenti

di

lavoro

:

un'ascia

di

ferro

del

tipo

skeparnon

e

non pelekys, ossia

con

la penna perpendicolare al manico

e

non paralle

lal

manico, cioè un'ascia da falegname, da mastro d'ascia,

che serve

a

pulire

il legno, come le sgorbie; e poi uno scalpello,

più una serie di

elementi

metallici di

ferro

e

di

bronzo, dei quali uno, che ella chiama

«un pugnale di ferro

con

attacco eneo alla

impugnatura», con

una

lama

di

25-30

cm.,

è

della

stessa

lunghezza

dello

scalpello.

La

Signora

Zancani

lo

paragona ad una spada della tomba

Τ

87 219. Anche se

vorrei

sentire il

parere degli

archeologi,

a me

il

paragone non sembra calzare

perfettamente e ho un dubbio che si tratti anche in questo caso

di

un

terzo

strumento

per

il lavoro ligneo,

una specie di

punteruolo, non

saprei come chiamarlo

altrimenti;

probabilmente un

suo restauro

po

trebbe portare a

un

tipo

di

restauro simile

a

quello che

è

stato eseguito

per lo

scalpello

e che è fotografato

nella

stessa

pubblicazione220. Se allo

strumento si

applica

un manico

di legno

come allo

scalpello, diventa

un

altro

arnese da falegname,

e forse

crea una maggiore coerenza

del

cor-

21 9

Cfr.

P. Zancani

Montuoro,

La leggenda di Epeo, in Atti e memorie

della

Società

Magna

Grecia,

NS

XV-XVII (1974-75), p.

93-106,

spec.

p. 99-102,

102-104.

22 0 Cfr. fig. 21 a p. 101 e tav. XLI.

La

Zancani ha

dubitato

anch essa inizialmente trat

tarsi di altro

strumento;

e ritiene anche ora che

«nell esemplare

della T. 87

sia da

ricono

scere n arma simile con qualche variante». Per quell esemplare,

P.

Zancani

Montuoro,

Necropoli.

I Tre notabili

enotrii

dell VIII sec. a.C,

ibidem, p.

69-71 con fig. 17 e

tav. XXVIII, a XXXIII, e XXXI, a-b.

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7/21/2019 Pratiche Rituali e Culti Eroici in Magna Grecia

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890

ETTORE LEPORE-ALFONSO MELE

redo,

perché sembra

strana

quest'arma, proprio se

paragonata

alla

tomba

Τ

87, che ha

un

puro

corredo da guerriero.

Il

ritrovamento

di

questa tomba ha

creato

alla

Zancani Montuoro

l'immediato

richiamo

alla

leggenda

di

Epeo

e

noi non

possiamo

dubita

re

he

siamo di

fronte

a una

tomba

indigena, quindi la Zancani

ha

dovuto

pensare che i Greci, vedendo un

cenotafio

o,

in

altri

casi, tombe

mi

pare difficile

che

fossero

sparsi

cenotafi

per

tutta la

costa —

son

stati

richiamati

al

ricordo di Epeo,

immaginando la sua

venuta

nell'area. La spiegazione

lascia

naturalmente un pò

perplessi,

benché

anche a

detta

di

colleghi archeologi che

ho

consultato, la datazione può

forse

scendere

alla

metà

dell'VIII

a.C,

rispetto

a quella della Zancani

che la vede quasi anteriore all'inizio

del

secolo in rapporto agli altri

tumuli

che

sono

accanto.

Credo che il

contesto

resti

un contesto

indige

no,ino

a

una prova

contraria,

che anzi

sarei

lieto mi si

venisse a dare.

Perché l'analogia

di

rituale, essendo pur quello

di

una tomba vuota,

a

me

è

venuto di farla immediatamente con

le

tombe piene, di

quelle

pitecussane,

rare

ma

esistenti,

che presentano l'eccezione nel tardo geo

metrico 1 e

nel

tardo geometrico 2 : inumazione

di

individui non adulti

con arnesi di lavoro

e ceramica

di impasto,

e di individui cremati

adult

i a sempre solo con ceramica

di

impasto. Nei

due

casi in cui la

cera

mica è

di importazione,

la

ceramica di impasto

è

di livello

migliore e

non

esistono arnesi221. Io mi trovo intanto

di

fronte al parallelismo

di

rituale funebre

ο

«para-funebre»,

tra

il

«cerchio

reale»

di

Francavilla

e

queste

attestazioni, attestazioni

che giustamente già Mele ha ricondotto

ad un ambiente sia dell'Odissea che

di

libri

dell'Iliade stessa,

e ad

Esio-

do222,

dove

noi

assistiamo a questa stretta associazione tra i ceramisti e

i tektones, i

carpentieri.

A

Ischia

essa è

attestata nella

ceramica

di

impas

to ella tomba, sul luogo di Francavilla

è

addirittura attestata dal

dub-

221

Per

tutto

questo

cfr.

G.

Büchner,

in

Contribution

à

l étude

de la

société

et

de la

colonisation eubéennes (Cahiers du

Centre

Jean Bérard, II), Napoli 1975, p. 72-73; D. Rid-

GEWAY,

in

La

céramique

grecque

ou de tradition

grecque au VIIIe siècle en Italie

centrale et

méridionale {Centre Jean Bérard,

Napoli,

1982, imminente) : dell estr. anticipato, p. 3,

e

7

con tav.

2.

22 2 Cfr. A. Mele, // commercio greco

arcaico.

Prexis ed emporte

(Cahiers

du

Centre

Jean

Bérard,

IV),

Napoli, 1979,

p.

69-71 che contiene già la menzione di Epeo, e

la giusta osser

vazione del progressivo colmarsi del distacco

tra

classe guerriera e ceti artigiani

attraver

soemergenza

del

ricco proprietario contadino,

dall Iliade

omerica

ad Esiodo.

Page 46: Pratiche Rituali e Culti Eroici in Magna Grecia

7/21/2019 Pratiche Rituali e Culti Eroici in Magna Grecia

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PRATICHE

RITUALI E CULTI EROICI IN MAGNA GRECIA 891

bio stratigrafico, se quel «cerchio

reale»

è

coevo

della

fornace

che ha

demolito,

sorgendo, ο immediatamente

posteriore

alla

fornace esistent

e

ino

al

punto

che grossi

lastroni di argilla della fornace

hanno

servi

to

i

copertura

al

tumulo del

«cerchio

reale»223.

Ecco

allora,

se

noi

pensiamo adesso, in

un

contesto rituale funebre

ο

quasi,

al problema che

ci pone

la tradizione su

Epeo,

esso

ci

si pre

senta

immediatamente

come quello dello statuto dell'artigiano

greco

ο

indigeno,

nelle

correnti

coloniali

che approdano

a

Pitecusa come sulla

costa ionica. Per Pitecusa

abbiamo

già detto abbastanza perché

io

ci

torni

ulteriormente, e

si sono sottolineate

sia

clientele artigiane greche,

sia legami con

clientele artigiane non

greche,

ma non

necessariamente

indigene, e

talvolta addirittura semitiche.

Si

tratta

di

valutare il rapport

o

he

ci

può

essere

tra

queste

strutture

che

assegnano

uno

statuto

intermedio

tra l'aristocratico guerriero (o

il ricco proprietario

contadi

no)il mendicante

(ptochos)

al tekton

e

di

domandarsi quale tradizione

ha alle spalle un

tale

statuto

emergente, sia dalla

realtà della testimo

nianza archeologica, sia poi dall'intera leggenda su

Epeo.

Se esaminiamo infatti

la leggenda

di

Epeo — e

non

sto

a

leggervi le

fonti

una per

una

egli

è

Yhippotekton,

il costruttore del cavallo

di

Troia,

ed è il tekton, è anche l'ingegnere idraulico

della spedizione

tro

iana,

il

tecnico

per eccellenza, e

con polivalenza

il costruttore

di

daida-

la,

quali che siano, come il

bel libro

di Françoise

Frontisi-Ducroux224

ci

ha

mostrato.

Questo

lavoro

ci

ha

fornito

anche

tutta

la

serie

lessicale

di

termini tecnici greci che

non

indicano la

serie di operazioni a

ciclo,

legate più in particolare appunto ai tektones

e

ai tektonon daidala :

abbattere l'albero, con l'ascia di bronzo

(pelekys

chalkeos),

raffinare

questo

legno

con lo skerpanon

euxoon,

lo strumento che già

abbiamo

nominato, e

poi tagliarlo in tavole,

e

piallarlo,

infine

l'aggiustaggio vero

e proprio

con

l'aiuto

di

altri elementi e strumenti, i cavicchi per i

buchi

di succhiello,

la colla e così via.

Non

sto

a

dettagliare

tutto

quanto que

sto

ciclo produttivo che tra l'altro viene

a

legarsi poi anche,

come

223 Cfr.

P. Zancani

Montuoro,

La leggenda di Epeo, cit., p. 95.

224 Cfr.

F.

Frontisi-Ducroux,

Dédale. Mythologie de l artisan

en

Grèce ancienne (Parigi

1975), con due accenni

ad

Epeo (p. 24 e 140), come «primo inventore», carpentiere, archi

tetto e scultore di xoana

(che

richiedono,

dunque, gli

stessi

strumenti

per il lavoro

sul

legno). Per il ciclo produttivo

dall hylotomos al costruttore polivalente,

con pluralità di

materie

prime,

citato di seguito nel testo, v. p. 56-57, 60-62.

Page 47: Pratiche Rituali e Culti Eroici in Magna Grecia

7/21/2019 Pratiche Rituali e Culti Eroici in Magna Grecia

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892

ETTORE LEPORE-ALFONSO MELE

mostra

bene la Frontisi,

con

altre

risorse

e materie

prime,

che non

sono

solamente il

legno,

ma predominantemente il

legno.

Ora, se

noi

continuiamo ad esaminare la tradizione su Epeo, ci tr

oviamo

immediatamente

di

fronte

al

brano

di

Licofrone

(Alex.

vv.

930-

50), a quello dello Pseudo-Aristotele (Mir. ause, 108) su una

città

in

Ita

lia

chiamata

Gargaria

(= Lagaria)

presso Metaponto, in cui

egli ha

dedicato nel santuario

di

Atena

Eilenia (ovvero Ellenia

dove la lezione

dei

codici

è facilior)

gli arnesi di lavoro,

con un mito che qui

non ci

interessa,

per

l'epiteto.

E Epeo, oltre che

in

questi due

passi fondament

alioi

torna,

come

tutti

voi sapete, sia nella tradizione sulla fondazio

nei Lagaria,

sia

in un'altra più tarda ancora su Metaponto, che è

pro

babilmente da porsi in rapporto

con

la conquista

di

Lagaria da parte

di

Metaponto

e

con

l'ascrizione

di

tradizioni

mitiche

e cultuali

originarie

di

Lagaria

a

Metaponto225.

Chi

è Epeo quando noi

lo

andiamo

a

considerare,

a prescindere

dallo

statuto

artigiano

che

si

è delineato?

Epeo

è soprattutto

l'eroe

foci-

dese

per eccellenza, il tekton focidese che è appartenuto alla spedizione

troiana

(anche

se i

tardi

libri

dell'Iliade

lo

dipingono,

come tutti

sanno,

vigliacco, non atleta e non aristocratico, e

quindi

sono già segnati dal

deterioramento dello statuto dell'artigiano),

ma

egli è direttamente il

figlio

di

Panopeo, che noi

troviamo

appunto connesso alla città

di

Panopea e alle altre nel Catalogo delle

navi

dell'Iliade, alle altre — dico

dei

Focidesi

a Troia,

e

quindi va

a

inquadrarsi

nel

quadro della

Foci-

de,

il

cui

nome risalirebbe

appunto

a

Foco,

padre

di

Panopeo e

di

Criso,

e

quindi

indicherebbe la vecchia zona che andava

collocata

tra il Par

naso

e la costa, ad

un

certo stadio. Come ci dicono le fonti, «della terra

focidese, quanta di questa è

intorno

a Titorea

e

a Delfi, è

noto che

prese

nome da un uomo

di

Corinto, Foco

figlio di

Ornitio», e

quindi

c'è tutta

una genealogia

che

ci

riconduce

da

Epeo

al blocco focidese226.

In

Occidente questo blocco focidese lo

troviamo

poi allargato fino

alla Sicilia,

a

Segesta

con

Aigesto il Troiano delle

fonti di

Strabone227,

225 Cfr. Trogo in

Giust., Hist,

phil,

XX, 2, 1 con Strab. VI,

1,

14 C 263 su Lagaria; e

Vell.

Pat. I, 1

su

Epeo a Metaponto.

22 6 Tutta

la genealogia

mitica di Epeo

mette l accento

sulla

Focide,

nei

suoi

diversi

stadi

di estensione. Hom. //. XXIII, 665; Asio fr.

5

Kinkel

(= Paus. Π,

29, 3-4); ν. anche

HoM. //. II, 517

ss.

spec. 520 con Schol. gr.

ad

Hom. IL, II, 520;

Eusth.,

Comm.

ad Hom. Il,

520; e

Paus. II,

4, 3; X,

1,

1.

227 Cfr. Apollod. 244 fr. 167 Jacoby e Timeo in Strab. VI,

1,

3 C 254 (cfr. anche

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PRATICHE RITUALI E CULTI EROICI IN MAGNA GRECIA

893

ma

forse

già

nel

brano di

Tucidide

(VI, 2, 3) su Troiani

e

alcuni Focide-

si all'origine degli Elimi di

Erice e

Segesta,

che

si

è

spesso letto in

un

altro

modo,

ma che è stato anche letto e si può leggere in quest'altra

maniera.

Tutta

questa

tradizione focidese,

che

a

Metaponto

noi

trovi

amon

età tardiva, come è attestato

attraverso la

leggenda

di Epeo,

noi

la ritroviamo

nella

stessa

Metaponto in

un'età forse

meno

tardiva,

quando andiamo a leggere

il

brano di

Strabone

sulla sua

ne 228

Dopo le

varie

proposte

di

Timeo e

di

Antioco,

noi troviamo

l att

estazione

di

Eforo che non

è necessariamente

troppo

tarda,

se si

tien

conto anche

di

certe filiazioni

di fonti

che potrebbero in

Eforo stesso

portarci addirittura

attraverso

Filisto,

fino

a Ellanico

delle

«Sacerdot

esse

i Era»

e

quindi

alla

tradizione del

santuario

di

Hera

Argiva.

Non

dimentichiamo che

con

i Sibariti ci sono i Trezeni dell'Argolide che

vengono in Occidente,

e

quindi possono

essersi radicate nell'ambito

acheo tradizioni

argoliche

note.

Noi

troviamo in Eforo

che il

fondatore

di Metaponto

fu Daulio, il

tiranno di Crisa

presso

Delfi229.

Ora,

questa

tradizione è guasta,

in

un certo

senso,

che ha

subito

un

processo omeo-

Lycophr.

Alex.,

911

ss.;

Ps.

Arist.

Mir.

ause,

107)

che,

accanto alle

tradizioni

su

Filottete

in Italia

meridionale, contengono la notizia

sulla

spedizione da lui inviata

in

Sicilia con

Aigestos.

Non è

escluso

che la

tradizione

tucididea (da

Antioco?,

il quale

potrebbe

essere

la fonte

di Timeo : cfr.

F. Lasserre,

in

Strabon, Géographie,

t. Ill,

Paris

1967,

p. 128 η. 4)

che ha Φωκέων τινές των άπο Τροίας (molto vicina all omerico Φωκήων del Catalogo) che

potrebbe far

scartare

l identificazione

con

i

Focei, più comune presso

i moderni (cfr.

L. Braccesi, in Storia

della

Sicilia I (Napoli, 1979), pp. 78

ss.

e note a p. 84

ss.

spec. n.

74,

che

seguendo I interpretazione di

Tucidide che

lega ai

Troiani

i Focei ne svaluta la

test

imonianza come

atticizzante

e tardiva, eliminando ogni relazione con Antioco, ex silen-

tio).

228 Cfr. Strab, VI,

1,

15 C

264-265.

229

La tradizione sui Pilii a Metaponto è probabilmente

timaica

(cfr. F. Lasserre, cit.,

p. 227,

n.

7

ad

1.)

e non

risale

affatto

ad

Antioco,

come

non

risale

a

costui

la

notizia

su

una distruzione

ύπο Σαυνιτών (così

vorrebbe, ma

a

torto,

G.

F.

Maddoli, / Sanniti a Meta-

ponto. Un capitolo di

storia

lucana

arcaica, in

La parola del

passato,

XXIX, 1974, p. 237-

243 v.

contra E.

Lepore, Problemi

di

storia

metapontina,

in

Metaponto. Atti del

XIII Conv.

di St. sulla Magna Grecia (Napoli, 1974), p.

307-308

: buona analogia Strab. VI,

1,

6 C 258

sull etimo di

Reggio, che risale a Timeo). Ad

Antioco invece chiaramente

tutto

il resto,

fino

alla

citazione

di

Eforo

: 555 F 12 Jacoby. Per Eforo, 70 F 41 Jacoby. Per

la

linea

storiografica Eforo-Filisto-Ellanico,

cfr.

J. A. De Waele, Acragas Graeca I.

Historischer

Teil

( s-Gravenhage,

1971),

p. 69 ss., 85 ss.

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7/21/2019 Pratiche Rituali e Culti Eroici in Magna Grecia

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894

ETTORE LEPORE-ALFONSO

MELE

statico di

incomprensione e

trasformazione

sfociata nella interpretazio-

ne facile

di

Daulios

(o

Daulieus, come

abbiamo

in altre tradizioni),

come tiranno

di

Crisa. In realtà c'è una genealogia che

lo

fa figlio

di

Tiranno,

accanto

a Criso

anch'egli

figlio

di

Tiranno,

genealogia

concor

rente

on quella

di

Foco,

Panopeo e Criso. E

questo

Daulio, che secon

do

na

tradizione avrebbe

appunto

fondato Metaponto,

come

Panopeo

per Panopea, come

Criso

per Crisa, è l'eponimo

della

città Daulide230.

Ora, la cosa interessante

è

che la

Volksetymologie

che

noi

troviamo

in

uno scolio ad Omero dell'Iliade231 e che quindi

non interessa in

quanto realtà ma in quanto

struttura

mentale dell'etimologia stessa, e

del

mito

etimologico ad essa legato, ci dice: «Crisa, pianura della

Locride,

ο come

dicono

i

più nella

zona

di Delfi

chiamata così da Criso,

figlio

di

Tiranno

e

di

Asterodea,

figlia

di

Dioneo. Daulide

invece

è

città

della Focide

e fu chiamata

così da

Daulieo,

figlio di

Tiranno e

di Cre-

stone, ο perché piena di alberi,

infatti gli antichi chiamavano

daulon,

folto,

un

paese boscoso».

È

singolare

che ai due poli

di

queste genealogie

della

tradizione

mitica

di

fondazione,

noi troviamo

i boschi.

I

boschi

di

Daulide focide-

si, i boschi

della

Sila (p.es.

in

Dionigi

di

Alicarnasso, nei Dialoghi

di

Seneca, addirittura nella Volksetymologie

dei

Lucani nella tradizione

antica, dai

boschi e

dalla creta)232. E siamo arrivati alla cultura mater

iale che sottende

tutto

questo

e

alla esportazione

di

tecnologie : p.es. la

tecnologia del legno

che

i

nostri

maestri,

storici

dell'architettura,

Or

landos, Roland Martin ed

altri, ci insegnano poggiare

su due elementi

fortemente compenetrati, e che nel rituale funebre

abbiamo

già visti

23 0 Già

così

J. Bérard, La

colonisation

greque de l Italie méridionale et de la Sicile (Par

igi,

1957),

v. trad. ital. La Magna Grecia (Torino,

1963),

p. 174-175,

332.

Il

processo omeo-

statico

tuttavia

che

ha

trasformato il

figlio

di Tiranno e fratello di Criso

in

tiranno di

Crisa,

deve appartenere

ad

una

società ormai

familiarizzata

con

le tirannidi

(p.

es.

argoli-

che?),

anteriore alla prima guerra sacra e dunque

almeno

di VII secolo a.C, se può

richiamarsi a

Crisa

(e

alla zona

di Delfi) senza alcun timore di disonore ed empietà;

non

va confuso con un errore di

Eforo

ο di Strabone,

ma

attesta

piuttosto

tradizione antica

(di

Argolide,

via

Ellanico?).

Per

i

processi

omeostatici

in

relazione alla

società e

le geneal

ogie

n

tradizioni

orali cfr. Literacy

in

traditional societies, ed. by J. Goody,

Cambridge,

1968, p. 27-67.

231 Cfr.

Schol. gr. Horn. II. II, 520.

232 Cfr.

Dion.

Hal., XX, 15; Sen.

Dial. IX,

2, 13; Paul, ex

Fest.

106, 18

Lindsay.

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PRATICHE

RITUALI E CULTI EROICI IN

MAGNA

GRECIA 895

compenetrati : legno

e

argilla, legno

e

creta233.

Credo

di aver

descritto il

materiale

letterario

sul

quale

io

non avvento se non delle proposte,

che

intanto

segnalano

uno

stretto

nesso

tra la colonizzazione achea

e il

gol

fo

i

Crisa,

che

mi

sembra

molto importante

perché

ci

dice

anche

qual

cosa sui

«prelievi»

connessi al movimento acheo.

È

stato

detto

da

Dun-

babin

che la

colonizzazione

sulla costa ionica è

una

colonizzazione da

avventura

e

non pianificata

e

diretta, politicamente, ο per

lo

meno con

strutture

organizzate, perché

le città

achee della

costa

settentrionale

del Peloponneso non erano

Calcide, Eretria,

Corinto234.

Forse

si

è

dimenticato troppo

che

fra

le

genti

greche

dei

due lati

del

golfo

Corin

zioi

erano

centri come Crisa

con

un

importante

retroterra. Da Strabo-

ne e da altre

fonti sappiamo

che i Crisei e i Cirrei

erano

pirati (e

sap

piamo

adesso

il

significato

della

pirateria, per

il mondo

aristocratico

e

per quello

mercantile),

e che si erano

fatti

ricchi con τα

έκ της

Σικελίας

και τής Ιταλίας

τέλη

(Strab. IX, 3, 4

C 418). Quindi

di nuovo, questa

tradizione

artigiana

va

a

slittare

sul piano

dei

prelievi

fiscali

sull'empo-

ria,

e

sull'emporio, stessa. Il livello

è

certamente quello di

uno statuto

ancora privilegiato

del

tekton

e

quindi uno

statuto

di

tradizione mice

nea, che ci porta giù fino alla vigilia235 delle fondazioni coloniali.

Quale

il rapporto

con gli

indigeni?

Qui

si apre un interrogativo

cui

non so rispondere, ma

al quale

attendo

forse

una risposta dalla

discus

sione. Certo

in

questo caso potremmo pensare

a interpenetrazioni con

mondi non

strutturati,

con

gerarchle

sociali

simili

a

quelle

greche,

e

quindi a

un

incontro tra

uno statuto

privilegiato del tekton di tradizione

greca,

quando

i Greci arrivano sulla costa

italiana

e uno statuto che

ancora ignoriamo del tekton

nel

mondo enotrio236. Come sul Tirreno

l'incontro

insiste sulla

tecnologia dei

metalli,

sullo

Ionio (ma forse

233 Cfr.

A. K. Orlandos, 7α Υλικά

Αόμης

των αρχαίων Ελλήνων. Ι. Το ξυλόν

και

ό

πηλός,

1955;

R.

Martin,

Manuel

d architecture

grecque,

I

(Parigi,

1965),

p. 2

ss.,

46

ss.,

65

ss.

234 Cfr.

T. J. Dunbabin, The

Western

Greeks (Oxford, 1968), p. 23-24.

235 Cfr.

anche

P.

De Fidio, Le

categorie

sociali e professionali

nel

mondo omerico,

in

Ann. Ist. It. di

studi storici,

Napoli, II, 1969, p. 45 ss.

236

Mentre

si stampa questo

contributo la risposta è forse

già

venuta

dall importante

relazione tenuta al XXII

Convegno

di Studi sulla Magna Grecia

(Taranto,

7-11 ottobre

1982) da

Renato Peroni su «Presenze micenee e forme socio-economiche nell Italia proto

storica» che vale anche per l eredità di quelle

«presenze»

e la «ripresa» dei rapporti con

il mondo ellenico.

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896

ETTORE LEPORE-ALFONSO MELE

anche nelle zone interne) sembra legato alla tecnologia

del

legno

per

ché i vecchi

abitanti come

i nuovi

arrivati

avevano bisogno

e

si serviva

no

i materiali

lignei. Certo il

legno

non aveva la rilevanza che poi

ebbe

nella

polis

greca,

anche coloniale,

perché legato

alla

tektosyne,

perché

legato alla

espansione

edilizia e

urbana, alle grandi costruzioni

archi

tettoniche

ma indubbiamente c'è,

se non

altro, un parallelismo

tra

i

due

mondi

che

andrà discusso

e

stretto più da

vicino,

anche sulla base

del

rapporto

tra

emporta,

colonizzazione

e

clientele artigiane.

E. L.

Università

di

Napoli Ettore

Lepore

Alfonso

Mele

INTERVENTIONS

Pier

Giovanni

Guzzo

:

Le

relazioni

Lepore

e

Mele

riaprono

il

problema

del modo

di

rapporto

tra

Grecia ed Italia nel

periodo

intermedio

tra

la

fine

dell'età del Bronzo e la colo

nizzazione storica : in quest'ultima farei rientrare, come segni

archeologici,

i

ritrovamenti più antichi delle date tramandate per le diverse ktiseis.

Per questo periodo «oscuro» per

definizione,

vedrei due generi di proble

mi.l primo è quello, già ampiamente dibattuto

e

sul quale non mi

fermerò

oltre, dell effettivo rapporto tra tradizione e realtà dei

fatti.

Il secondo

genere

di problemi è quello

archeologico. Dato

per scontato che nei secoli bui si ebbe

una continuità, pur se allentata, di

rapporti

tra Grecia ed

Italia

l'identificazione

di

questi

nella

particolare

classe

della

lavorazione del

legno

e dell'approvvigi

onamento

i

metalli

è

la

logica

conseguenza. Tanto

più che

all'assenza, necessar

ia

rcheologica fa

riscontro

la

critica,

e la collocazione cronologica,

dei

miti e

delle tradizioni.

Da quanto conosco dell'evidenza

archeologica

italiana, il repertorio di

attrezzi da

lavoro

per

il legno, ο altro, non è

affatto

ampio. Oltre

a

quelli di

Francavilla,

citati da

Lepore,

ci

sono

probabilmente

scalpelli,

in bronzo e

ferro,

a Sala Consilina e a Roggiano-Prunetta, in contesto

della

prima età del Ferro

avanzata.

Costruzioni

in

legno,

cioè

in

assi

ο

simili, non sono conosciute. L'uso di

pali, a sezione circolare, è

attestato

in

capanne

a

Torre

Mordillo (scavi america-

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7/21/2019 Pratiche Rituali e Culti Eroici in Magna Grecia

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PRATICHE RITUALI E CULTI EROICI IN MAGNA GRECIA 897

ni) : ma

non sembra

particolarmente diffuso,

mancandone tracce

nelle più

recenti (VII-VI

sec.)

capanne di

Scalea-Petrosa. Non sembra

quindi che

l ev

idenza archeologica

faccia trasparire una

caratterizzazione

costante e diffusa

post

mortem

dello

stato

di

falegname.

Esistono,

tuttavia, falcetti

in

ferro deposti in tombe, sia

a

Francavilla

sia

a

Torre Mordillo segni, quindi, che la

società

enotria

della

prima età del Ferro

dava significati specifici

a determinate attività,

forse non esclusive

in

vita, ric

onoscendone

l'importanza economica.

Come al solito, l'evidenza

archeologica

appare piatta e deludente. Tuttavia

esiste, secondo

me,

una possibilità di aggancio

tra

quanto proposto da Lepore e

la presenza di strumenti da lavoro

in

tombe

della

prima età del

Ferro.

Taccio

su quanto detto da Mele,

perché non abbiamo evidenze archeologiche al

riguar

do.arei, cioè,

propenso

a riportare

alla

fase

cronologica

dell'VIII

sec,

in

parallelo all'attestata presenza di importazioni, l'identificazione e la

differen

ziazione

di

individui

artigiani,

segnati

post

mortem dai

loro

strumenti

da

car

pentieri

e

da agricoltori. La sistemazione tipologica

del

materiale

è

favorevole a

questa delimitazione cronologica.

Lo stimolo, e lo

sbocco,

a

tale

specializzazio

neel lavoro indigeno viene

dalla

riapertura,

ο

dall intensificarsi, dei rapporti,

e

delle relative

domande,

dei

Greci. Infatti il

mondo indigeno

conosce

embrioni

di differenziazioni,

a

livello di individui,

in

connessione

con la fine del periodo

di

contatto

miceneo (armamenti di

Oppido

Mamertina), e

dal

secondo quarto

dell'VIII

sec, cioè,

se

è

giusto

quanto

dico,

una

generazione

più

tardi

della

ri

apertura dei contatti con i

Greci.

Tale restrizione cronologica mi pare,

a

quanto

so, anche favorita

per

la

più

stretta connessione al periodo nel

quale si

elabora

la

maggior

parte

del

patrimonio

mitico

ed

epico

dei

Greci.

Ettore Lepore :

Io

ringrazio

Guzzo perché mi permette di

aggiungere una

notizia

che nel

mio discorso rapido avevo

taciuto

e che

invece

mi sembra abbastanza import

ante. La aggiungo nonostante ch'essa non

vuole

avere nessuna aspirazione a

meccanismi

combinatori, verso i quali io sono terribilmente

diffidente.

Ma è

la

testimonianza aristotelica (Arist.,

Pol.,

1329 b 1

s.)

che le classi

occupazionali,

in età precedente a Minosse,

sono

state istituite

anche presso

gli Enotri. E che

gli

Enotri

— per i quali si

cita solo

una

classe occupazionale,

gli agricoltori

conoscevano

i

syssitia,

ed

cioè

erano

anche

un'aristocrazia

guerriera.

In

genere,

quando

esiste una

aristocrazia

guerriera e degli agricoltori esiste una gerarchia

di classi occupazionali e

in

queste classi occupazionali esistono

certamente

del

le echnai.