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AREA II PIANIFICARE IL GOVERNO DELLE AUTONOMIE LOCALI CAPITOLO 21 EBRON D’ARISTOTILE - MATTEO BARBERO IL PATTO DI STABILITÀ

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AREA IIPIANIFICARE IL GOVERNODELLE AUTONOMIE LOCALI

CAPITOLO 21

EBRON D’ARISTOTILE - MATTEO BARBERO

IL PATTO DI STABILITÀ

Cap. 21 12-12-2011 13:06 Pagina 711

SOMMARIO

1. Il Patto di stabilità in Italia ed in Europa . . . . . . . . . . . . . . pag. 7131.1 Aspetti introduttivi . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » 7131.2 L’applicazione del Patto di Stabilità e Crescita negli Stati eu-

ropei ed in Italia . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » 7151.3 Il Patto di stabilità interno negli anni 1999-2011 . . . . . . . . . » 716

1.3.1 Il modello circolare di riferimento . . . . . . . . . . . . . . . » 7161.3.2 I contenuti e le novità del Patto di Stabilità Interno nel

periodo 1999-2009 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » 718

2. Il Patto di stabilità interno per l’anno 2012 . . . . . . . . . . . . » 7192.1 Le novità per il triennio 2009-2011 e per il triennio 2011-2013 » 7192.2 Le disposizioni di carattere generale . . . . . . . . . . . . . . . . . » 7202.3 Enti assoggettati . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » 7222.4 Le modalità di calcolo dell’obiettivo annuale . . . . . . . . . . . » 723

2.4.1 La manovra applicata al singolo ente . . . . . . . . . . . . . » 724

3. Bilancio e Patto di stabilità interno . . . . . . . . . . . . . . . . . . » 7273.1 Il prospetto da allegare al bilancio . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » 727

4. Il sistema di monitoraggio . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » 7284.1 Le attività di monitoraggio previste . . . . . . . . . . . . . . . . . . » 728

5. Il sistema sanzionatorio e premiante . . . . . . . . . . . . . . . . . » 7295.1 Le sanzioni previste . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » 7295.2 Il sistema premiante . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » 733

6. La “regionalizzazione” del Patto di stabilità interno . . . . . » 7346.1 L’evoluzione normativa . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » 7356.2 La disciplina vigente . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » 7366.3 Le prospettive future . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » 7376.4 Conclusioni . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » 738

7. Conclusioni . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » 740

Bibliografia . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » 741

Normativa, Prassi e Giurisprudenza . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » 742

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1. Il Patto di stabilità in Italia ed in Eu-ropa

1.1 Aspetti introduttivi

Da alcuni anni il Patto di stabilità inter-no (PSI), diretta conseguenza del “Pat-to di stabilità e crescita” (PSC) applicatonell’ambito dei paesi dell’Unione euro-pea, costituisce uno dei più importantie complessi vincoli con cui il bilanciodegli Enti locali si deve confrontare.Al fine di comprendere le dinamichenazionali e le varie modifiche normati-ve intervenute dal 1999, anno della suaintroduzione ad oggi, appare impor-tante fare un breve cenno delle sue ori-gini con particolare riguardo alle dispo-sizioni di carattere europeo. Infatti, lacomprensione delle modifiche legislati-ve che negli ultimi dieci anni hanno in-vestito questo tema non può esserecompreso se non inquadrato all’internodi una più ampia cornice quale appun-to il “Patto di stabilità e crescita” del-l’Unione Europea.Anche quest’ultimo, a sua volta, costi-tuisce parte di un ambizioso progettoavviato già negli anni settanta e poiperfezionatosi negli anni ottanta, perla necessità sentita sia dalla Commissio-ne sia da alcuni membri, di fornire unmaggiore coordinamento alle politichestatali, al fine di assicurare la conver-genza delle politiche economiche emonetarie. La volatilità del cambio va-lutario delle nazioni del vecchio conti-nente, infatti, costituiva una grossapreoccupazione per economisti e politi-ci, principalmente per due ragioni: a) la prima di carattere prettamenteeconomico: le economie europee ave-vano un grado di apertura molto eleva-to e il commercio estero (il cui volumevariava sensibilmente in ragione di ap-prezzamenti o svalutazioni della mone-ta nazionale) era una componente fon-damentale del reddito nazionale;

b) la seconda di carattere socio-politi-co: secondo alcuni politici ed economi-sti europei le ampie fluttuazioni deitassi di cambio negli anni Venti e Tren-ta contribuirono in modo determinantealle crisi delle economie nazionali nelperiodo fra le due guerre ed ebberouna parte non trascurabile nel determi-nare il collasso delle democrazie euro-pee e lo stesso conflitto mondiale.Con la stipula del Trattato di Maastrichtdel 7 febbraio 1992 (entrato in vigore il1 novembre 1993) si inizia a percorrerequella strada che, circa sette anni piùtardi, porterà all’Unione economica emonetaria.Le disposizioni del Trattato concernentila politica economica e monetaria si ba-sano essenzialmente sul contenuto del“Rapporto sull’Unione europea e mo-netaria”. Questo, presentato nel 1989dal Comitato Delors (composto dai go-vernatori delle banche centrali nazio-nali e dallo stesso Jacques Delors, presi-dente della Commissione europea),prevedeva tre fasi per raggiungere l’u-nione economica e monetaria.La prima fase che prese avvio il 1°luglio1990 e culminò con la stipula del trat-tato di Maastricht (1992) aveva qualiobiettivi da raggiungere la libertà tota-le di circolazione dei capitali all’internodell’Unione (abolizione del controllosui cambi) ed il completamento delmercato interno; l’aumento delle risor-se destinate a correggere gli squilibrifra le Regioni europee (Fondi struttura-li); l’avvio delle modifiche legislativenecessarie per assicurare l’indipenden-za delle banche centrali nazionali; l’in-troduzione di norme per ridurre i defi-cit di bilancio.La seconda fase, quella della cosiddetta“convergenza economica”, si propone-va di realizzare quelle condizioni ma-croeconomiche (deficit non superiore al3% del PIL, debito pubblico non supe-riore al 60% del PIL) ed istituzionali ne-

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cessarie per l’avvento della monetaunica. Essa ebbe inizio il 1° gennaio1994 e prevedeva: la creazione dell’Isti-tuto monetario europeo (IME) qualeorgano di rappresentanza delle banchecentrali; l’indipendenza delle banchecentrali nazionali; la convergenza eco-nomica, attraverso il controllo multila-terale delle politiche economiche degliStati membri. In particolare la conver-genza economica si sarebbe realizzataessenzialmente nel momento in cui glistati membri avessero raggiunto ungrado uniforme e duraturo di stabilitàdei prezzi, la stabilità del tasso di cam-bio, l’equilibrio del bilancio pubblico. La terza ed ultima fase ebbe inizio conl’introduzione dell’Euro, prevista per il1° gennaio 1999 ma, poi, effettivamen-te realizzata dal 1° gennaio 2002. Il 1°gennaio 1999 undici paesi adottaronol’euro, che divenne, pertanto, la mone-ta comune di Austria, Belgio, Finlandia,Francia, Germania, Irlanda, Italia, Lus-semburgo, Paesi Bassi, Portogallo eSpagna (seguiti dalla Grecia il 1° gen-naio 2001). La Banca Centrale Europea(BCE) subentrò all’IME e diventò re-sponsabile della politica monetaria del-l’Unione, che è da allora definita e at-tuata in euro.Proprio in prossimità dell’avvio dell’ul-tima fase, nel giugno del 1997, con ri-soluzione del Consiglio europeo di Am-sterdam fu adottato il “Patto di stabili-tà e crescita” che si proponeva di ga-rantire l’equilibrio delle finanze pubbli-che attraverso l’obiettivo di un saldo dibilancio prossimo al pareggio o positi-vo, proteggendo in tal modo la monetaunica da situazioni di instabilità econo-mica che caratterizzavano alcuni statimembri che si apprestavano ad entrarenell’area euro. Per l’ammissione nellaUEM vennero fissate cinque condizioni:1. tasso di inflazione non superiore a

1.5 punti al tasso medio dei tre paesipiù “virtuosi”;

2. tassi di interesse a lungo terminenon superiore di due punti rispettoal paese con l’inflazione più bassa;

3. tasso di cambio che per almeno dueanni non avesse subito oscillazionisuperiori a quelle previste dall’accor-do di cambio dello SME;

4. disavanzo (definito come indebita-mento netto delle AmministrazioniPubbliche) non superiore al 3% delPIL;

5. rapporto Debito Pubblico/PIL nonsuperiore al 60%.

In base al PSC, tutti gli Stati membri chehanno adottato la moneta unica eranoe ancora oggi sono tenuti a presentareprogrammi di stabilità, mentre quelliche non hanno adottato la moneta uni-ca dovevano e devono limitarsi a pre-sentare programmi di convergenza. Sianei programmi di stabilità sia in quellidi convergenza, gli Stati membri illu-strano al Consiglio il percorso di avvici-namento all’obiettivo del pareggio dibilancio. Il Consiglio, avvalendosi dellevalutazioni della Commissione, verifical’attuazione dei programmi e, nel casoriscontri elementi che possano far pre-vedere un disavanzo eccessivo, rivolgeallo Stato interessato una raccomanda-zione, assegnando un tempo per ade-guarsi alle prescrizioni. Nel caso lo Statonon adempia scattano le sanzioni chesono di natura economica e si sostan-ziano in depositi infruttiferi versati al-l’Unione Europea, che successivamentepossono essere trattenuti come ammen-da, qualora lo stato membro continui anon adempiere. È interessante osserva-re come le sanzioni siano composte diuna parte fissa e di una parte variabile,commisurata all’entità del disavanzo. La struttura descritta ha subito unaparziale modifica nel 2005. Le situazio-ni critiche della finanza pubblica di di-versi paesi dell’Unione, hanno suggeri-to in quel anno una revisione del PSC,prevedendo una valutazione più elasti-ca dei suoi parametri ed una relazionetra Commissione e stati membri attentaagli andamenti e alle specificità dellesingole economie. Le principali novitàintrodotte a livello europeo possonoessere riassunte come segue:

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– le riduzioni del disavanzo per rag-giungere l’obiettivo di medio perio-do possono essere più contenute neiperiodi di congiuntura debole. Inmaniera corrispondente, si è inveceprevisto un risanamento acceleratonei periodi di forte crescita;

– viene introdotta maggiore flessibilitànei disavanzi per i paesi che mettonoin atto riforme strutturali che au-mentano la crescita potenziale equindi la sostenibilità nel lungo pe-riodo dei conti pubblici;

– sono attenuati gli automatismi dellaprocedura di disavanzo eccessivo,dando più peso alle valutazioni di ca-rattere economico, come la bassacrescita;

– viene attribuita maggiore rilevanzaad altri fattori qualitativi, tra cui gliinvestimenti pubblici, le spese per ri-cerca e sviluppo, la sostenibilità deldebito, le riforme strutturali, etc.;

– viene attribuita maggiore rilevanzaal debito e alla sostenibilità;

– si introduce la possibilità di tenereconto, nella valutazione dell’esisten-za di un disavanzo eccessivo, delle ri-forme del sistema pensionistico.

In ultimo occorre ricordare le novità in-trodotte in occasione della riunione deiCapi di Stato e di Governo dell’11 mar-zo 2011. In detta riunione, sono stateintrodotte ulteriori disposizioni restrit-tive riepilogate in un apposito docu-mento denominato “Patto Euro plus”.In particolare Il Patto impegna gli Statiaderenti ad adottare misure volte aperseguire: sostenibilità delle finanzepubbliche, competitività, occupazionee stabilità finanziaria, coordinamentodelle politiche fiscali. Ciascun Paese po-trà adottare il proprio strumento giuri-dico nazionale ed anche il caratteredelle misure da vincolare purché ovvia-mente perseguano il risultato. In que-sta ottica In questa ottica sono da leg-gere le iniziative legislative quale quel-la dell’obbligo del pareggio di bilancioin corso di approvazione da parte del

nostro Parlamento con la modifica del-l’art. 81 della Costituzione e le modifi-che previste al Patto di stabilità.

1.2 L’applicazione del Patto di Stabi-lità e Crescita negli Stati europeied in Italia

Per raggiungere gli obiettivi previstinei programmi di stabilità, gli statimembri dell’Unione hanno coinvoltogli altri livelli di governo esistenti neirispettivi paesi, attraverso strumentiche permettessero un maggior control-lo della situazione finanziaria delle am-ministrazioni locali le quali, pur non es-sendo chiamate in causa dal PSC, nem-meno in caso di eventuali sanzioni,contribuiscono comunque all’equilibriocomplessivo richiesto per amministra-zioni pubbliche. A riguardo, ma rinviando a testi specifi-ci sull’argomento è interessante notarecome ciascun stato nazionale abbia in-dividuato strumenti e metodi di coin-volgimento diversi. In generale, però,potremmo distinguere due differentiapprocci: paesi quali Austria, Belgio,Germania e Paesi Bassi, seppur con sfu-mature diverse tra loro, hanno ritenutoopportuno introdurre e promuovere unmodello cooperativo; al contrario in al-tri, quali Italia, Francia, Portogallo eSpagna, si è preferito percorrere unametodologia basata su una imposizio-ne dall’alto delle regole tale da intro-durre serie critiche alla stessa definizio-ne di “Patto” che, per sua natura, pre-suppone un accordo tra le parti.Volendo brevemente analizzare i varimodelli nazionali si può notare come leprincipali distinzioni riguardino il livel-lo di approfondimento e di interferen-za nelle scelte degli enti pubblici inter-medi e territoriali da coinvolgere nelprocesso di risanamento, nella durataannuale o pluriennale degli obiettividel PSC, nella definizione di un valoreobiettivo calcolato sui saldi finanziari dibilancio o sui tetti di spesa, nella pre-senza di organismi comuni di monito-raggio e revisione delle regole, nel si-

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stema delle sanzioni in alcuni casi espli-cite in altri implicito.In Italia, come già anticipato, a partiredal 1999, lo Stato ha previsto che le Re-gioni e gli Enti locali partecipassero alconseguimento dell’obiettivo europeo,assegnando specifici obiettivi attraver-so il “Patto di stabilità interno” (PSI).Come già accennato l’impianto del PSI,basato su logiche di controllo macroe-conomico della spesa (Garlatti Pezzani,2000) ha generato fin dal primo announ serrato confronto tra i vari livelliterritoriali coinvolti. Il confronto si èacuito, poi, con la modifica del titolo Vdella Costituzione, divenendo oggettodi un prolungato scontro costituziona-le. A riguardo la Corte Costituzionalecon sentenza n. 169/2007 ha definito“consolidato” l’orientamento per ilquale il legislatore statale, con una “di-sciplina di principio”, può legittima-mente “imporre agli enti autonomi,per ragioni di coordinamento finanzia-rio connesse ad obiettivi nazionali, con-dizionati anche dagli obblighi comuni-tari, vincoli alle politiche di bilancio,anche se questi si traducono, inevitabil-mente, in limitazioni indirette all’auto-nomia di spesa degli enti” (a riguardosi vedano anche le sentenze Corte Cost.n. 417/2005, n. 36/2004, n. 376/2003 en. 4/2004).Detta impostazione “finalistica” del co-ordinamento finanziario trova nel cor-so degli ultimi anni specifico richiamonel primo comma delle disposizioni ri-guardanti il PSI di stabilità previste nel-le leggi finanziarie che annualmente ilParlamento approva, dove si ribadisceche “ai fini della tutela dell’unità eco-nomica della Repubblica, le Province e iComuni … concorrono alla realizzazio-ne degli obiettivi di finanza pubblica …con il rispetto delle disposizioni …, checostituiscono princıpi fondamentali dicoordinamento della finanza pubblicaai sensi degli articoli 117, terzo comma,e 119, secondo comma, della Costitu-zione.”

1.3 Il Patto di stabilità interno neglianni 1999-2011

1.3.1 Il modello circolare di riferi-mento

Riconosciuto ed acclarato il ruolo stata-le nella materia, appare interessanteanalizzare la struttura del Patto e le va-rie modifiche intervenute nel corso deldecennio trascorso. In particolare ci sof-fermeremo sul modello applicato e suicontenuti che lo hanno maggiormentecaratterizzato.Con riferimento al modello si può facil-mente riscontrare come il Patto di sta-bilità interno in tutti questi anni si siarichiamato, nella sua struttura di base,ad un classico schema di programma-zione e controllo, rappresentabile at-traverso un processo circolare (Ciclo diDeming) che si sviluppa in fasi successi-ve a loro volta articolabili. In particola-re potremmo distinguere, nel caso inesame, le fasi :a) della programmazione:

a. individuazione del contributo allamanovra nazionale;

b. ripartizione del contributo di cuial punto a) tra gli enti:i. individuazione del trend stori-

co (base di calcolo);ii. calcolo degli interventi corret-

tivi (manovra correttiva);iii. calcolo degli obiettivi pro-

grammatici (obiettivo da con-seguire);

b) della gestione: c. monitoraggio (periodico);d. definizione di azioni correttive di

gestione;c) del controllo:

e. verifica dei risultati;f. applicazione di un sistema pre-

miante/ sanzionatorio.La prima fase e, cioè, quella preventivadella programmazione può essere di-stinta in una sotto fase finalizzata a de-finire a livello aggregato, secondo logi-che tipiche di un controllo macroeco-

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nomico della spesa, l’apporto di ciascuncomparto e di ciascuna classe di sogget-ti all’interno del comparto (Regioni,Province/Comuni) al conseguimento de-gli obiettivi di miglioramento naziona-le del saldo di bilancio. La successiva sottofase, invece, riguar-da la ripartizione della manovra com-plessiva assegnata tra i vari enti. A talfine il modello proposto in questi anniprevede come primo step l’individua-zione di una base di calcolo secondo ledisposizioni previste nelle varie leggi fi-nanziarie. Si tratta di un momento im-portantissimo in quanto la corretta in-dividuazione del “valore base” costitui-sce certamente uno degli elementi dimaggior peso nella perequazione dellamanovra tra i soggetti coinvolti. Appa-re quindi importante in questa fase:a) individuare dati certi che permetta-

no simulazioni sugli effetti che sipossono produrre a livello microeco-nomico;

b) definire basi storiche di riferimentoannuali/pluriennali il più possibile vi-cini all’anno in cui il Patto dovrà es-sere applicato per evitare effetti dis-torsivi prodotti da norme non piùattuali o dall’inflazione che potreb-bero inficiare un confronto omoge-neo tra i dati anche dello stesso entein esercizi diversi;

c) individuare gli addendi che parteci-pano all’individuazione del “valorebase”. In questa sottofase è impor-tante scegliere se utilizzare metodo-logie di calcolo basate sui saldi di bi-lancio o sui tetti di spesa.

Direttamente correlata alla base di cal-colo è anche il calcolo della manovracorrettiva. Anche questa non modifical’apporto del comparto ai saldi com-plessivi del bilancio dello Stato, ma in-fluenza la ripartizione della manovranazionale nei singoli Comuni.Dall’applicazione della base storica dicalcolo e della manovra correttiva ven-gono determinati uno o più obiettivida conseguire in ciascun ente.La fase successiva, rintracciabile in tutte

le leggi finanziarie fin qui approvate,riguarda la gestione ed, in particolare,il monitoraggio statale sullo stato di at-tuazione della manovra a livello di sin-golo ente.In tale ottica devono essere lette le va-rie disposizioni che annualmente, conlivelli di analiticità differente, richiedo-no agli enti partecipanti al Patto di in-viare trimestralmente o semestralmenteindicazioni in merito allo stato di accer-tamento/riscossione e impegno/paga-mento delle varie voci di entrata e dispesa partecipanti.In alcuni anni è stato anche richiestoche eventuali scostamenti tra il datoperiodico conseguito e quello previstoad inizio esercizio fosse oggetto di re-cupero nel trimestre successivo. È inte-ressante sottolineare come la Corte Co-stituzionale in più occasioni si sia pro-nunciata sulla non lesività dell’autono-mia (in particolare regionale) degli ob-blighi di trasmissione all’amministrazio-ne centrale di dati ed informazioni ascopo di monitoraggio (Si vedano sen-tenze Corte Cost. n. 159/2008 e n.36/2004).L’ultima fase è quella del controllo expost. Anch’essa è rintracciabile in tuttele disposizioni che hanno trattato la ma-teria nel decennio passato. In generaleil controllo finale viene esercitato nelmese di marzo dell’anno successivo at-traverso l’invio di un modello attestanteil risultato finale conseguito e lo scosta-mento rispetto all’obiettivo iniziale. Ilmancato raggiungimento dell’obiettivocomporta l’attivazione di un processosanzionatorio che, bisogna riconoscerlo,è stato uno dei punti deboli di tutto ilmodello. Come vedremo nei paragrafisuccessivi l’aver spesso non dato applica-zione alle sanzioni previste, attraversodisposizioni di legge che, di fatto, leabrogavano, ha determinato un effettodoppiamente distorsivo nel corso deglianni, in quanto gli enti “non virtuosi”non solo non hanno avuto penalizzazio-ni ma, addirittura, si sono trovati avvan-taggiati rispetto a quelli “virtuosi” nel-

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l’anno in cui il saldo obiettivo venivacalcolato avendo quale base quello incui l’ente aveva attivato spese in manie-ra maggiore di quanto possibile.

1.3.2 I contenuti e le novità del Pattodi Stabilità Interno nel periodo1999-2011

Se lo schema-base di funzionamentodel PSI non ha subito sostanziali modi-fiche nel corso degli anni, non altret-tanto si può dire dei contenuti operati-vi di ciascuna fase o sottofase. Più in particolare nelle tabelle che se-guono sono riportate le principali carat-teristiche e novità del Patto di Stabilitàinterno introdotte annualmente in sededi approvazione della legge finanziariadal legislatore nazionale nel periodo in-tercorrente tra il 1999 ed il 2011.Lo scenario che si evidenzia dalla lettu-ra delle disposizioni richiamate è quellodi un sistema instabile, caratterizzatodall’assenza di un ben preciso disegnotecnico contabile, che ha portato all’in-troduzione costante di modifiche lequali, per quanto in alcuni casi margi-nali, hanno modificato l’impianto del-

l’esercizio precedente rimettendo, divolta in volta, in discussione ogni pro-grammazione ed impedendo ogni con-fronto tra i risultati del PSI conseguitianche dallo stesso ente in anni diversi.Volendo evidenziare gli elementi chehanno maggiormente modificato la de-terminazione dell’obiettivo/i da conse-guire avremmo: a) le modalità di calcolo (tetti o saldi);b) gli addendi che partecipano al calco-

lo (bilancio corrente/investimenti);c) il riferimento alla competenza fi-

nanziaria o di cassa nel computo deivari addendi.

Con riferimento al punto a), ripartendodal 1999 anno della sua introduzionenel contesto nazionale con la legge fi-nanziaria per l’anno 1999 (legge n.448/1998) si nota come il legislatore sisia orientato dapprima per una soluzio-ne contraddistinta dai saldi di bilanciodi parte corrente e, poi progressiva-mente abbia spostato la propria atten-zione verso soluzioni contabili che pri-vilegiavano i tetti di spesa.La tabella che segue ripercorre sinteti-camente le varie soluzioni:

L’andamento ondivago tra le due solu-zioni descritte ha trovato un momentochiarificatore negli anni 2004 e 2005con l’intervento della Corte Costituzio-nale. Questa, a più riprese, ha ribaditoche affinché i vincoli imposti da normestatali possano considerarsi rispettosidell’autonomia delle Regioni e degliEnti locali debbono riguardare l’entitàdel disavanzo oppure, ma solo “in viatransitoria ed in vista degli specificiobiettivi di riequilibrio della finanzapubblica perseguiti dal legislatore sta-tale”, la crescita della spesa correntedegli enti autonomi. In altri termini, la

legge statale può stabilire solo un “li-mite complessivo, che lascia agli entistessi ampia libertà di allocazione dellerisorse fra i diversi ambiti e obiettivi dispesa” (sentenze Corte Cost. n. 88/2006,n. 449/2005, n. 417/2005 e n. 36/2004).In sostanza, le norme statali che fissanolimiti alla spesa delle Regioni e degliEnti locali possono qualificarsi principifondamentali di coordinamento dellafinanza pubblica, se (vedi, in tal senso,le sentenze della Corte Costituzionalen. 120/2008, n. 412/2007, n. 169/2007 en. 88/2006):– si limitano a porre obiettivi di riequi-

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1999 2000 2001 2002 2003 2004 2005 2006 2007 2008 2009 2010 2011

Tetto di spesa √ √ √

Saldofinanziario √ √ √ √ √ √ √ √ √ √ √

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librio della finanza pubblica, intesianche nel senso di un transitorio con-tenimento complessivo, sebbene nongenerale, della spesa corrente;

– non prevedano strumenti o modalitàper il perseguimento dei suddettiobiettivi.

Con riferimento al punto b) e cioè agliaddendi che hanno partecipato al PSI,

si noti come il legislatore, dal 2005 inpoi, abbia dapprima cercato e, poi con-seguito, il risultato di considerare qualiaddendi che partecipano al risultato fi-nale non solo le entrate e le spese cor-renti, ma anche quelle del cosiddetto“bilancio investimenti”.La tabella che segue sintetizza quantosopra riportato:

Con la legge 88/2005, di conversionedel D.L. 44/2005, fu evidenziata unaben precisa linea evolutiva verso cui illegislatore nazionale intendeva muo-versi e, cioè, quella dell’introduzione,delle spese in conto capitale nella de-terminazione del valore obiettivo. Ne-gli anni successivi questa soluzione èstata riproposta anche se con modalitàdi calcolo differenti.L’ultimo aspetto previsto al punto c)che si vuole esaminare riguarda, infine,l’applicazione del Patto sulla gestionedi competenza e/o di cassa di un entelocale. Anche su questo tema non èpossibile rintracciare un comportamen-to univoco del legislatore. A partireproprio dal 2003 il Patto è stato calco-lato, innovando rispetto al passato,

non più considerando solo la gestionedi cassa (competenza di cassa) ma pren-dendo in considerazione anche importidi competenza. Si ricorda che le duegestioni presentano dinamiche tra lorocorrelate in una logica pluriennale. L’intera materia subisce un ulteriore mo-mento di revisione con l’introduzionedel cosiddetto “saldo ibrido”. Per la pri-ma volta nel 2008, anche negli anni suc-cessivi, il modello è stato confermato, cisi è orientati su un unico valore obietti-vo che cumulasse aspetti delle gestionedi competenza (con riferimento alla ge-stione corrente) ed altri di cassa (con ri-guardo alla gestione investimenti).La tabella sotto riportata sintetizza levarie soluzioni adottate nel corso deglianni.

2. Il Patto di stabilità interno per l’an-no 2012

2.1 Le novità per il triennio 2009-2011 e per il triennio 2011-2013

Con l’approvazione della legge n. 183/2011 (legge di stabilità) il governo è

nuovamente intervenuto sulla strutturadel Patto di stabilità interno (di seguitoPSI) degli Enti locali. Si tratta dell’enne-sima revisione di uno strumento che hada tempo abdicato alla sua originariavocazione programmatoria per diven-tare un mero strumento di controllo (se

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1999 2000 2001 2002 2003 2004 2005 2006 2007 2008 2009 2010 2011

Spesa corrente √ √ √ √ √ √ √ √ √ √ √ √ √

Spesa investi-menti √ √ √ √ √ √ √

1999 2000 2001 2002 2003 2004 2005 2006 2007 2008 2009 2010 2011

Cassa √ √ √ √ √ √ √ √ √

Competenza √ √ √ √ √

Competenzamista √ √ √ √

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non di condizionamento) finanziario. Anzi, la quasi paradossale instabilitàdella relativa disciplina si rivela semprepiù spesso un significativo ostacolo allaprogrammazione di medio-periodo, co-stringendo spesso gli enti ad esso sog-getti a ripensare (e talora a rinnegare)scelte gestionali divenute incompatibilicon il mutato quadro dei relativi vincoli.Come nello scorso anno il legislatore èintervenuto però a più riprese, dappri-ma con il D.L. 6 luglio 2011 n. 98 e conil D.L. 138/2011 nei quali ha definito ilpeso della manovra per il comparto de-gli enti locali e, poi, con la legge di sta-bilità (legge 183/2011) con la quale hadeterminato le regole applicative ri-guardanti il singolo ente.In base al “combinato disposto” dei di-versi provvedimenti, richiamati si deli-nea un Patto quantitativamente ancorapiù pesante ma che prevede regole di-verse (anche se in gran parte ancora in-definite) per la ripartizione fra i diversienti del peso delle manovre correttivedei saldi, oltre che un ulteriore raffor-zamento dei meccanismi sanzionatori.Ciò “fino alla entrata in vigore di unnuovo Patto (…) fondato, nel rispettodei principi del federalismo fiscale di cuiall’articolo 17, comma 1, lettera c), dellalegge 5 maggio 2009, n. 42, sui saldi, sul-la virtuosità degli enti e sulla riferibilitàdelle regole a criteri europei con riferi-mento all’individuazione delle entrate edelle spese”, come espressamente dispo-ne il comma 4 del citato articolo 20.In pratica, si tratta di una disciplina “aregime”, che sarà applicabile se e finoa quando entrerà in vigore un rinnova-to Patto di stampo “federalista”.Nei paragrafi seguenti si procederà adanalizzare le ultime novità normative,cercando di chiarirne l’impatto sullostatus quo ante ed i principali adempi-menti richiesti alla luce di tale rinnova-to quadro normativo.A titolo esemplificativo si vuole comun-que far presente che:a) è stata prevista una differenziazione

degli obiettivi che premia gli enti

maggiormente virtuosi;b) è stata ulteriormente enfatizzata

(sia pure con non poche incertezze)la possibilità di rideterminazione deimedesimi obiettivi da parte delleRegioni e delle Province autonome;

c) dal 2013, il Patto sarà esteso anche aipiccoli Comuni, che quindi condivi-deranno con quelli maggiori il pesodella correzione complessivamenteposta a carico del relativo comparto.

Tali elementi di novità si innesterannonel tronco di regole analoghe a quellepreviste dalla stessa legge 220/2010 cit.,che hanno subito solo limitati adatta-menti.

2.2 Le disposizioni di carattere ge-nerale

Le disposizioni che trattano della mate-ria sono contenute nell’articolo 30 e 31della legge 183/2011 e devono esserelette di concerto con l’articolo 20 delD.L. 98/2011 così come convertito nellalegge 111/2011 e negli articoli 1 e 16del decreto 138/2011 così come conver-tito nella legge 148/2011.Con riferimento all’entità della mano-vra prevista per il prossimo triennio idecreti estivi quantificano il tetto com-plessivo a carico del sistema delle auto-nomie, prima del decreto “salva Italia”del Goveno Monti, in 6 miliardi di euronel 2012 e 6,4 miliardi di euro a partiredal 2013. Detto valore è solo parzial-mente compensato dall’attribuzionedei proventi della c.d. “Robin HoodTax” (ovvero l’addizionale Ires per leimprese che operano nel settore ener-getico) limitatamente all’anno 2012,per un importo di circa 1,8 miliardi dieuro. A differenza di quanto previstodalla versione iniziale del D.L. 138/2011,il testo approvato definitivamente dalParlamento destina l’intero gettito ditale tributo a Regioni ed enti locali (inprecedenza metà della somma era de-stinata all’amministrazione centrale). La tabella che segue sintetizza il pesodella manovra sugli enti.

Area II - Pianificare il governo delle autonomie locali

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Si tratta di una manovra particolarmen-te gravosa se si aggiunge che il nuovoirrigidimento previsto dai decreti estivi,si somma a quello della manovra d’e-state 2010 (D.L. 78/2010 convertito dal-la legge 122/2010): l’articolo 20, comma5, del D.L. 98/2011 cit., come modificatodall’art. 1, comma 8, del D.L. 138/2011,infatti, quantifica in questi termini ilconcorso di Province e Comuni alla rea-lizzazione degli obiettivi di finanzapubblica, definendo le misure “ulterio-ri” rispetto a quelle già imposte dallamanovra estiva del 2010 (articolo 14 delD.L. 31 maggio 2010, n. 78, convertitodalla legge 31 luglio 2010, n. 122) e cheil precedente comma 4 espressamente

estende anche agli anni 2014 e succes-sivi. Come noto, queste ultime consistevanoin riduzioni dei trasferimenti erarialiper un importo pari a 1.800 milioni dieuro per il 2011 (300 a carico delle Pro-vince e 1.500 a carico dei Comuni) e a3.000 milioni di euro dal 2012 (500 a ca-rico delle Province e 2.500 a carico deiComuni). Complessivamente, come mostra la ta-bella 2, la stretta per Regioni ed enti lo-cali ammonta quindi a 6,4 miliardi dieuro nel 2012 e a 23,6 miliardi di euronel triennio, sempre al netto della “Ro-bin Hood tax”.

A completamento dell’analisi riguar-dante il peso della manovra occorreprecisare che la legge di stabilità (legge183/2011) ha modificato il secondo pe-riodo del comma 12 dell’articolo 1 delD.L. 138/2011 procedendo alla riparti-

zione degli effetti positivi della RobinTax tra i vari comparti interessati e pro-cedendo alla ripartizione dell’importocomplessivo di 1.800 milioni come ri-portato nella tabella che segue:

Il patto di stabilità - Capitolo 21

721

2012 2013 2014 2012-2014

Regioni ordinarie 1.600 1.600 1.600 4.800

Regioni speciali 2.000 2.000 2.000 6.000

Province 700 800 800 2.300

Comuni 1.700 2.000 2.000 5.700

Totale 6.000 6.400 6.400 18.800

“Robin Hood tax” 1.800 – – –

Totale al netto della “Robin Hood tax” 4.200 6.400 6.400 17.000

TABELLA 1. Il peso delle manovre per Regioni ed enti localiValori in milioni di euro

2012 2013 2014 2012-2014

Regioni ordinarie 2.100 2.100 2.100 6.300

Regioni speciali 2.500 2.500 2.500 7.500

Province 900 1.000 1.000 2.900

Comuni 2.700 3.000 3.000 8.700

Totale 8.200 8.600 8.600 25.400

“Robin Hood tax” 1.800 – – –

Totale al netto della “Robin Hood tax” 6.400 8.600 8.600 23.600

TABELLA 2. Il pese delle manovre 2010-2011 per Regioni ed enti localiValori in milioni di euro

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Si ricorda, inoltre, che le riduzioni deitrasferimenti di cui al D.L. 78/2010,avrebbero dovuto essere ripartite fra isingoli enti con decreto del Ministrodell’interno, secondo criteri e modalitàstabiliti in sede di Conferenza Stato-cit-tà ed autonomie locali tenendo contodei seguenti parametri di virtuosità:adozione di misure idonee ad assicura-re il rispetto del Patto, della minore in-cidenza percentuale della spesa per ilpersonale rispetto alla spesa correntecomplessiva e del conseguimento diadeguati indici di autonomia finanzia-ria. Solo in mancanza di accordo in Confe-renza, il riparto sarebbe dovuto avveni-re in modo proporzionale, come acca-duto nell’anno in corso .1Invero, per i prossimi anni, la questionedovrebbe essere assorbita dall’attuazio-ne del federalismo fiscale, giacché labase di calcolo per procedere alla c.d.fiscalizzazione dei trasferimenti a Pro-vince e Comuni (in via di sostituzionecon entrate proprie da parte dei decretiattuativi della legge n. 42/209 cit.2) èstata determinata incorporandovi i pre-detti tagli (malgrado che l’articolo 14D.L. 78/2010 cit. prevedesse espressa-mente il contrario). Giova ricordare che l’impatto di tali ri-duzioni sugli obiettivi del Patto è statosterilizzato dall’articolo 1, comma 91,della legge n. 220/2010 cit. e riconfer-mato nel comma 4 dell’articolo 31dellalegge 183/2011.

2.3 Enti assoggettati

Per quanto riguarda gli enti interessati,per l’anno 2012 viene confermata l’im-postazione degli anni precedenti cheprevede l’esclusione dei Comuni conpopolazione inferiore ai 5000 abitanti,mentre per quelli successivi l’articolo 16del D.L. 138/2011 cit. amplia notevol-mente la platea dei Comuni soggetti alPatto, che dal 2014 il Patto riguarderà,direttamente o indirettamente, quasi il100% dei Comuni.Pertanto, partecipano al Patto di stabi-lità interno, oltre alle Regioni per lequali il legislatore ha definito specifi-che regole nell’articolo 32 della legge183/2011:– le Province;– i Comuni con popolazione superiore

a 5000 abitanti con alcune eccezionidi seguito specificate;

– i Comuni con popolazione compresinella fascia da 1.000 a 5.000 abitantidal 2013;

– i Comuni con popolazione inferiore a1.000 abitanti dal 2014.

Alcuni fra i primi commentatori3 hannorilevato un possibile paradosso affer-mando che il combinato disposto di talidue disposizioni porterebbe ad esclu-dere dal Patto i Comuni con più di1.000 ma meno di 5.000 abitanti chegestiranno in forma associata medianteunione le proprie funzioni fondamen-tali, come imposto dall’articolo 14,commi 27 e seguenti, del D.L. 78/2010cit. anch’esso modificato dall’art. 16 incommento. Ciò in quanto il citato com-ma 5 estende espressamente il Patto al-le sole “unioni di Comuni di cui al com-ma 1”, ovvero a quelle di cui dovrannoobbligatoriamente far parte i micro Co-muni e solo facoltativamente i Comuniche superano il migliaio di residenti. In-vero, si tratta di una lettura non condi-

Area II - Pianificare il governo delle autonomie locali

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2012

Regioni ordinarie 760

Regioni speciali 370

Province 150

Comuni 520

Totale 1.800

1 Cfr. il Decreto del Ministro dell’interno 9 dicembre 2010.2 In particolare, vengono in considerazione i D.Lgs. 6 maggio 2011, n. 68 per le Province e 14 mar-zo 2011 n. 23 per i Comuni.3 Cfr, ad esempio, G. Trovati, Patto esteso, rischio elusione, in “Il Sole 24 Ore”, 3 settembre 2011.

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visibile, giacché l’appartenenza all’u-nione non pregiudica l’identità dei sin-goli Comuni e, quindi, la loro inclusio-ne nel Patto prevista, come detto, dalcomma 31. Ovviamente, l’allargamento della pla-tea degli enti soggetti avrà un impattodi tipo “redistributivo” sulla correzionecomplessiva, che dovendo essere spal-mata su un numero maggiore di entisarà meno pesante per quelli già inprecedenza vincolati. Secondo le primestime, i Comuni con meno di 1.000 abi-tanti dovrebbero accollarsi un onereannuo complessivo di circa 1 miliardodi euro. Anche in tal caso, tuttavia, il ri-parto puntuale di tale importo fra i sin-goli enti non è al momento neppureapprossimativamente stimabile.Sono esclusi dalle regole e disposizioniriguardanti il patto di stabilità:1) la città di Roma quale capitale;2) gli enti locali istituiti a decorrere dal-

l’anno 2009;3) gli enti locali commissariati.In particolare:a) il comma 22 della l. 183/2011 dispo-

ne che in considerazione della speci-ficità della città di Roma quale capi-tale della Repubblica e fino allacompiuta attuazione di quanto pre-visto dall’articolo 24 della legge 5maggio 2009, n. 42, e successive mo-dificazioni, il Comune di Roma con-corda con il Ministro dell’economiae delle finanze, entro il 31 maggiodi ciascun anno, le modalità del pro-prio concorso alla realizzazione de-gli obiettivi di finanza pubblica; atale fine, entro il 31 marzo di cia-scun anno, il sindaco trasmette laproposta di accordo al Ministro del-l’economia e delle finanze.

b) il comma 23 della stessa legge conriferimento agli enti locali istituiti adecorrere dall’anno 2009 precisa chequesti sono soggetti alle regole delpatto di stabilità interno dal terzoanno successivo a quello della loroistituzione assumendo, quale base di

calcolo su cui applicare le regole, lerisultanze dell’anno successivo all’i-stituzione medesima. Per gli enti lo-cali istituiti negli anni 2007 e 2008 èprevisto che essi adottino come basedi calcolo su cui applicare le regole,rispettivamente, le risultanze mediedel biennio 2008-2009 e le risultanzedell’anno 2009.

c) il comma 24, infine, con riferimentoagli enti locali commissariati ai sensidell’articolo 143 del testo unico dicui al decreto legislativo 18 agosto2000, n. 267, sono soggetti alle re-gole del patto di stabilità internodall’anno successivo a quello dellarielezione degli organi istituzionali.La mancata comunicazione della si-tuazione di commissariamento de-termina per l’ente inadempientel’assoggettamento alle regole delpatto di stabilità interno.

2.4 Le modalità di calcolo dell’obiet-tivo annuale

Così come previsto negli scorsi anni glienti interessati, ai fini del concorso alcontenimento dei saldi di finanza pub-blica, per ciascuno degli anni 2012,2013 e successivi, devono conseguire unsaldo finanziario in termini di compe-tenza mista non inferiore al valore in-dividuato ai sensi del comma 2 diminui-to di un importo pari alla riduzione deitrasferimenti di cui al comma 2 dell’ar-ticolo 14 del decreto-legge 31 maggio2010, n. 78, convertito, con modifica-zioni, dalla legge 30 luglio 2010, n.122 e meglio specificato nel paragrafoche segue.Si vede come l’impianto di calcolo restasostanzialmente confermato rispettoallo scorso anno: le regole di determi-nazione degli obiettivi del Patto do-vranno continuare ad essere espressi intermini di saldo di competenza mista,ovvero considerando la competenza(accertamenti ed impegni) per le entra-te e le spese correnti e la cassa (riscos-sioni e pagamenti) per le entrate e lespese in conto capitale.

Il patto di stabilità - Capitolo 21

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Gli enti locali, pertanto, dovranno con-seguire annualmente un saldo di com-petenza mista in linea con i propriobiettivi programmatici, al netto di al-cune voci di entrata e di spesa.Per il 2012 le esclusioni riguardano leseguenti voci (art. 31 legge 183/2011): – entrate derivanti dalla riscossione di

crediti e spese derivanti dalla conces-sione di crediti (comma 3);

– risorse provenienti dallo Stato e rela-tive spese di parte corrente e in con-to capitale sostenute per l’attuazionedelle ordinanze emanate dal Presi-dente del Consiglio dei ministri a se-guito di dichiarazione dello stato diemergenza (comma 7);

– risorse provenienti dallo Stato e rela-tive spese di parte corrente e in con-to capitale sostenute per l’attuazionedelle iniziative afferenti ai c.d. “gran-di eventi” di cui al comma 5 dell’arti-colo 5-bis del D.L. 343/2001, converti-to, con modificazioni, dalla legge401/2001 (comma 9);

– risorse provenienti direttamente o in-direttamente dall’Unione europea erelative spese di parte corrente e inconto capitale, ad eccezione di quelleconnesse ai cofinanziamenti naziona-li e regionali (commi 10-11);

– (per gli Enti locali affidatari di fasidelle rilevazioni censuarie) risorsetrasferite dall’ISTAT e relative speseper la progettazione e l’esecuzionedei censimenti, ivi compreso quellodell’agricoltura (comma 12);

– (per i Comuni della Provincia dell’A-quila in stato di dissesto) gli investi-menti in conto capitale deliberati en-tro il 31 dicembre 2010, anche a vale-re sui contributi già assegnati neglianni precedenti, fino alla concorren-za massima di 2,5 milioni di euro an-nui, secondo il riparto che sarà defi-nito con decreto ministeriale entro il15 settembre (comma 13);

– per il solo Comune di Parma) risorseprovenienti dallo Stato e relative spe-se sostenute per la realizzazione de-

gli interventi di cui al comma 1 del-l’articolo 1 del D.L. 113/2004, conver-tito, con modificazioni, dalla legge164/2004, e per la realizzazione dellaScuola per l’Europa di Parma di cuialla legge 115/2009, nei limiti di 14milioni di euro per ciascuno degli an-ni 2012-2013 (comma 14);

– spese relative ai beni trasferiti ai sensidel decreto legislativo 28 maggio2010, n. 85 (c.d. “federalismo dema-niale”), nei limiti dell’importo corri-spondente alle spese già sostenutedallo Stato per la gestione e la manu-tenzione dei beni stessi, quale deter-minato secondo i criteri e con le mo-dalità individuati con il decreto delPresidente del Consiglio dei Ministri dicui all’articolo 9, comma 3, del mede-simo decreto legislativo (comma 15);

– Per gli anni 2013 e 2014, le spese perinvestimenti infrastrutturali nei limitidefiniti con decreto del Ministro del-le infrastrutture e dei trasporti, diconcerto con il Ministro dell’econo-mia e delle finanze, di cui al comma 1dell’articolo 5 del decreto-legge 13agosto 2011, n. 138, convertito, conmodificazioni, dalla legge 14 settem-bre 2011, n. 148 (comma 16).

Per i prossimi anni dall’elenco potreb-bero scomparire alcune voci minori: sulpunto, però, occorrerà tenere conto deirilievi di Eurostat, secondo cui andreb-bero escluse anche le entrate derivantidalla cessione di partecipazioni societa-rie, da dividendi straordinari e dallavendita del patrimonio immobiliare, almomento incluse.

2.4.1 La manovra applicata al singo-lo ente

Ciascun ente dovrà applicare al saldo fi-nanziario così come chiarito una rettifi-ca il cui calcolo può essere articolato inquattro fasi:

FASE 1: Determinazione del SALDOOBIETTIVO come percentuale della spe-sa media corrente 2006/2008Per ciascuno degli anni 2012, 2013 e

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2014, gli enti soggetti al patto di stabi-lità interno applicano alla media degliimpegni della propria spesa correnteregistrata nel triennio 2006-2008, cosìcome desunta dai certificati ai bilanciconsuntivi, le percentuali previste nellostesso comma e riportate nella tabellasottostante:

Si fa presente che detti valori riportatinon sono stati modificati dal cosiddettodecreto “Salva Italia” (Governo Monti)che, però, ha ulteriormente aggravatoed inasprito il patto con ulteriore taglioai trasferimenti.

FASE 2: Determinazione del SALDOOBIETTIVO al netto dei trasferimentiIl successivo comma 4 dispone che il va-lore annuale, determinato secondo laprocedura della Fase 1, è ridotto, perogni anno di riferimento, di un valorepari alla riduzione dei trasferimentierariali disposta dal comma 2 dell’arti-colo 14 del decreto legge n. 78/2010. Inaltri termini il calcolo dell’obiettivo,sterilizzato degli effetti della riduzionedei trasferimenti previsto dalla mano-vra d’estate dello scorso anno.

FASE 3: Determinazione del SALDOOBIETTIVO FINALE (applicazione delleclassi di virtuosità)La fase successiva per giungere alla de-finizione del saldo obiettivo per l’anno2012 e per quelli successivi è costituitodall’applicazione di parametri migliora-tivi a favore degli enti cosiddetti “vir-tuosi”.Si tratta di una novità di particolare ri-lievo nella gestione del Patto di stabili-tà, in quanto a differenza di quanto av-

venuto nel passato ed in particolarenello scorso anno con la legge 220/2010 il legislatore sposta la sua atten-zione non più sugli enti in difficoltà arispettare il patto con l’introduzione diclausole di salvaguardia ( si pensi a ri-guardo ai contenuti di cui ai commi 92e 93 dell’articolo 1 della legge 220/2010) quanto, piuttosto su quelli chepresentano una situazione contabileparticolarmente positiva.A tal fine la norma ha subito nel corsodell’estate varie modifiche. Dapprimal’articolo 20, comma 2, del D.L. n.98/2011 cit. aveva previsto che, ai finidi ripartire l’ammontare del concorsoalla realizzazione degli obiettivi di fi-nanza pubblica fissati dal comma 5 del-lo stesso articolo 20, nonché dall’artico-lo 14 del D.L. n. 78/2010 cit., gli enti lo-cali (ma analogia misura vale per le Re-gioni) fossero ripartiti in quattro classi,sulla base di una serie parametri di vir-tuosità.Successivamente l’art. 1, comma 8, delD.L. 138/2011 (manovra bis) ne avevaanticipato la decorrenza, facendoloscattare, per tutti gli enti sub-statali,già dal 20124, allungando la lista deiparametri, aggiungendone di ulterioria quelli già previsti.Infine la legge di stabilità ha modifica-to ancora la materia, prevedendo solol’istituzione di due classi sulla base diuna valutazione ponderata di parame-tri di virtuosità che nel primo anno2012 sono stati ridotti rispetto a quan-to previsto nella manovre d’estate. Inparticolare nell’anno 2012 saranno pre-si in considerazione solo:– il rispetto del patto di stabilità interno;– l’autonomia finanziaria;– l’equilibrio di parte corrente;– il rapporto tra le entrate di parte cor-

rente riscosse e accertate;mentre nell’anno 2013 ad essi si ag-giungeranno anche:

Il patto di stabilità - Capitolo 21

725

2012 2013 2014

Province 16,5% 19,7% 19,7%

Comuni 15,6% 15,4% 15,4%

Comuni 1.000 - 5.000abitanti 15,4% 15,4%

4 Prima di tale modifica, per Comuni e Regioni la decorrenza era dal 2013 e solo per le Provincegià dal prossimo anno.

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– la prioritaria considerazione dellaconvergenza tra spesa storica e costie fabbisogni standard;

– l’incidenza della spesa del personalesulla spesa corrente dell’ente in rela-zione al numero dei dipendenti inrapporto alla popolazione residente,alle funzioni svolte anche attraversoesternalizzazioni nonché all’ampiez-za del territorio; la valutazione delpredetto parametro tiene conto delsuo valore all’inizio della legislaturao consiliatura e delle sue variazioninel corso delle stesse ai fini dell’appli-cazione del comma 2-ter;

– il tasso di copertura dei costi dei ser-vizi a domanda individuale per glienti locali;

– il rapporto tra gli introiti derivantidall’effettiva partecipazione all’azio-ne di contrasto all’evasione fiscale e itributi erariali, per le Regioni;

– l’effettiva partecipazione degli entilocali all’azione di contrasto all’eva-sione fiscale;

– l’operazione di dismissione di parteci-pazioni societarie nel rispetto dellanormativa vigente.

Resta confermato che a decorrere dalladeterminazione dei LEP e degli obietti-vi di servizio di cui ai decreti attuatividel federalismo fiscale, dovranno esse-re elaborati anche indicatori qualitativie quantitativi relativi agli output deiservizi resi, anche attraverso tecniche dibenchmarking rispetto alle realtà con ilmiglior rapporto qualità-costi. Al contrario viene cancellata la disposi-zione introdotta inizialmente nella pri-ma manovra d’estate (D.L. 98/2011) cheprevedeva la necessità di dover tenereconto della dinamica di miglioramentoconseguito dalle singole amministrazio-ni rispetto alle precedenti, attraversol’individuazione di un coefficiente dicorrezione da applicare ad ogni singoloparametro. Come risulta evidente dalla loro lettu-ra, si tratta di parametri e criteri assaieterogenei, in alcuni casi già utilizzati

in passato (con esiti non sempre lusin-ghieri) ed in altri nuovi e talora privi diun’adeguata base informativa che con-senta la definizione dei relativi indica-tori. Sarà un decreto del Ministro dell’eco-nomia e delle finanze, di concerto conil Ministro dell’interno e con il Ministroper gli affari regionali e per la coesio-ne territoriale e d’intesa con la Confe-renza unificata, che dovrà riempire dicontenuti concreti le predette previ-sioni.Si tratterà di un passaggio decisivo,poiché da esso dipenderà la quantifica-zione degli obiettivi di Patto dei singolienti locali. In particolare, quelli collocati nella pri-ma classe di merito vedranno migliora-to il proprio contributo alle manovreestive 2011 conseguendo l’obiettivostrutturale con un saldo finanziario pa-ri a zero, ovvero a un valore compatibi-le con gli spazi finanziari derivanti dal-l’applicazione del comma 6 che preve-de ulteriori penalizzazioni in terminipercentuali per gli enti non virtuosi. Es-si, inoltre, beneficeranno di un’ulterio-re bonus di importo pari a 200 milionidi euro, che sono stati ripartiti nell’arti-colo 30 comma 2 della legge 183/2011come segue:

L’azzeramento o miglioramento dellamanovra per gli enti virtuosi, peraltro,non modifica l’obiettivo di ciascuncomparto: ne consegue che agli altrienti collocati sarà richiesta una corre-zione maggiore: essi dovranno quindidividersi, non solo il peso della mano-vra. Ovviamente, molto dipenderà daquanti e quali saranno gli enti “primidella classe”.

Area II - Pianificare il governo delle autonomie locali

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2012

Regioni ordinarie 95

Province 20

Comuni 65

Enti in sperimentazione contabile 20

Totale 200

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La soluzione a queste riflessioni è stataanticipata dalla legge 183/2011 che eli-minando il passaggio al decreto mini-steriale ha previsto nell’articolo 31, chegli enti inseriti nella seconda classe(quella inferiore) di virtuosità dovran-no applicare alla spesa corrente mediasostenuta nel triennio 2006/2008 lepercentuali previste nel comma 2 del-l’articolo 31 della legge 183/2011 maquelli previsti nel successivo comma 6dello stesso articolo. Nella tabella chesegue si riportano le percentuali pre-viste:

FASE 4: Determinazione del SALDOOBIETTIVO rideterminato (Patto regio-nale)Un ulteriore elemento di correzione ècostituito dall’applicazione nelle varieRegioni del cosiddetto Patto Regionale.In particolare l’obiettivo così come cal-colato nella fase 1 e corretta nella fase2 e 3 può essere rimodulato ai sensidelle disposizioni riguardanti l’istituzio-ne e gestione di un Patto regionale.

3. Bilancio e Patto di stabilità

3.1 Il prospetto da allegare al bilan-cio

Il comma 18 dell’articolo 31 della legge183/2011 ripropone tra gli adempimen-ti correlati al Psi la disposizione conte-nuta per cui il bilancio di previsione de-gli Enti locali soggetti al Patto di stabi-lità interno dovrà essere approvatoiscrivendo le previsioni di entrata e spe-sa di parte corrente in misura tale che,unitamente alle previsioni dei flussi dicassa di entrata e spesa in conto capita-le, al netto delle riscossioni e delle con-cessioni di crediti, sia garantito il rispet-

to delle regole che disciplinano il Pattomedesimo. A tal fine, gli Enti locali so-no tenuti ad allegare al bilancio di pre-visione un apposito prospetto triennalecontenente le previsioni di competenzae di cassa degli aggregati rilevanti ai fi-ni del Patto di stabilità interno.Si tiene a precisare che detto adempi-mento, a parere di chi scrive, costituisceun allegato obbligatorio anche per ipiccoli Comuni i quali, quantunque nonobbligati ad applicare le disposizionigestionali previste per l’anno 2012 de-vono comunque rispettare il dettatoprevisto dal comma 18 con riferimentoalle annualità 2013 e 2014.La disposizione, occorre ricordarlo, erastata introdotta per la prima volta conla legge finanziaria per l’anno 2007 an-che su implicita segnalazione delle se-zioni regionali della Corte dei Conti cheavevano rilevato in più occasioni l’ano-malia esistente negli enti dove il bilan-cio, principale documento di program-mazione di breve e medio termine, ap-pariva non allineato con le disposizionidel Patto di stabilità.La disposizione rivoluzionò pertanto un“modus operandi” consolidatosi nellaprassi ed a più riprese ribadito annual-mente dalle circolari del Ministero del-l’Interno prima e, poi, del Ministero delTesoro. A tal fine è sufficiente ricordarequanto sostenuto nella circolare n. 8del MEF del 17 febbraio 2006 che pre-vedeva “le regole del Patto 2006 nonfanno riferimento alle previsioni di bi-lancio” e sebbene proseguisse soste-nendo che “nella predisposizione delbilancio di previsione dell’esercizio2006 (redatto in termini di competen-za), le regole del Patto di stabilità in-terno non possono che incidere, anchese solo indirettamente, quale principioispiratore nella programmazione dellapolitica di bilancio dell’ente: non appa-re, infatti, realistica un’azione struttu-rale di riduzione delle spese che nonabbia conseguenze sul processo di for-mazione dei bilanci e, quindi, sulle pre-visioni di competenza” concludeva con

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2012 2013 2014

Province 16,9% 20,1% 20,1%

Comuni 16,0% 15,8% 15,8%

Comuni 1000 - 5000abitanti 15,8% 15,8%

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“il bilancio deve esser comunque deli-berato, indipendentemente dai risulta-ti che si prevede di conseguire in ordi-ne al Patto di stabilità interno.”Detta interpretazione aveva permessoin passato agli enti di costruire il bilan-cio con uno squilibrio rispetto all’obiet-tivo atteso che si riteneva potesse esse-re recuperato durante la gestione siacon l’ordinaria dinamica tra accerta-menti ed impegni sia con successive va-riazioni di bilancio.Oggi, al contrario, la manovra finanzia-ria di bilancio deve essere basata sulconfronto tra obiettivo di competenzamista previsto dall’articolo 31 della leg-ge 183/2011 in esame, ed il principiocontabile del pareggio finanziario pre-visto dall’articolo 151 del TUEL.Proprio il prospetto da allegare, alla lu-ce dei nuovi coefficienti approvati, a lo-ro volta diretta conseguenza dell’entitàdella manovra complessiva richiesta alcomparto delle autonomie, potrà de-terminare non pochi problemi nei rap-porti con il collegio dei revisori e con lesezioni regionali di controllo della Cor-te dei Conti. La problematica è particolarmentecomplessa e non trova una univoca estandardizzata soluzione: occorrerà ve-rificare di volta in volta la situazioneesistente ed attivare politiche di bilan-cio praticabili al fine di migliorare i sal-di. A tal fine volendo solo fornire alcu-ni spunti di riflessione potremmo elen-care:a) con riferimento alle entrate:

– il potenziamento dell’accertamen-to delle entrate tributarie (lottaall’evasione);

– la maggiore copertura di servizi adomanda individuale ricorrendoalla leva tariffaria;

– lo sviluppo di entrate anchestraordinarie quali quelle derivan-ti da operazioni di sponsorizza-zione;

– il miglioramento della redditivitàdel proprio patrimonio disponi-bile;

– il miglioramento della redditivitàdelle aziende partecipate con rile-vanza economica;

– il maggior ricorso alle entrate de-rivanti da proventi da edificareper il finanziamento di opereiscritte nel titolo II della spesa;

– il maggiore ricorso alle fonti di fi-nanziamento europee per la co-pertura di spese correnti e di inve-stimento;

b) con riferimento alle spese:– la minore incidenza della spesa di

personale;– la minore incidenza degli oneri ac-

quisto di beni;– la minore incidenza degli oneri

per contratti di servizio dalle pro-prie aziende;

– la minore incidenza dei fitti pas-sivi;

– minore incidenza dei contributi adenti e associazioni;

– la rinegoziazione dei mutui e la ri-modulazione del debito con ridu-zione di interessi passivi;

– l’utilizzo di crediti tributari incompensazione di debiti tributari;

– l’applicazione dell’opzione Irapper i servizi a rilevanza commer-ciale.

4. Il sistema di monitoraggio

4.1 Le attività di monitoraggio pre-viste

La legge 183/2008 ha confermato il si-stema di monitoraggio già previsto nel-la legge di stabilità dello scorso an-no. Analizzando nello specifico i vari adem-pimenti, possiamo riscontrare che tuttigli enti interessati al Patto sono tenutia produrre al Ministero dell’economia edelle finanze - Dipartimento della Ra-gioneria generale dello Stato:a) il prospetto dimostrativo, definito

da un apposito decreto del MEF, del-l’obiettivo di competenza mista an-nuale determinato dall’ente in ap-

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plicazione delle disposizioni conte-nute nell’articolo 31. La mancatatrasmissione del prospetto dimostra-tivo degli obiettivi programmaticicostituisce inadempimento al Pattodi stabilità interno;

b) un prospetto semestrale, entro tren-ta giorni dalla fine di ciascun periododi riferimento, utilizzando il sistemaweb appositamente previsto per ilPatto di stabilità interno nel sito«www.pattostabilita.rgs.tesoro.it», econtenente tutte quelle informazioniriguardanti sia la gestione di compe-tenza che quella di cassa, che saran-no definiti con decreto del predettoMinistero, sentita la Conferenza Sta-to-città ed autonomie locali.

La verifica finale del rispetto degliobiettivi del Patto di stabilità interno èeffettuata da ciascun ente attraversoapposita certificazione da inviare, en-tro il termine perentorio del 31 marzodell’anno successivo a quello di riferi-mento, al Ministero dell’economia edelle finanze - Dipartimento della Ra-gioneria generale dello Stato, sotto-scritta dal rappresentante legale e dalresponsabile del servizio finanziario edall’organo di revisione, secondo unprospetto e con le modalità definite daun apposito decreto. La ritardata tra-smissione, oltre il termine del 31 mar-zo, della certificazione del saldo finan-ziario finale che, nel caso di risultatopositivo comporta solo il divieto di as-sunzione di personale a qualsiasi titolofino alla data di inoltro.

5. Il sistema sanzionatorio e premiante

5.1 Le sanzioni previste

Per quanto riguarda il sistema dellesanzioni, la legge 183/2011 confermaquanto, a parere di molti impropria-mente, era stato previsto con il D.Lgs.149/2011 di attuazione della legge de-lega sul federalismo fiscale. In quellasede nello scorso settembre, anche convalore retroattivo erano state addolcite

le sanzioni previste nel caso di mancatorispetto del patto di stabilità internoprevedendo tra l’altro un effetto re-troattivo sulle risultanze già conclusedell’anno 2010.In realtà il tema delle sanzioni per glienti inadempienti e non rispettosi delPatto è sempre stato uno dei punti do-lenti dell’intero modello. Se ripercorria-mo brevemente le varie disposizioninormative che negli anni si sono susse-guite sull’argomento, ci accorgiamoche il legislatore aveva abbandonato,in occasione della finanziaria del 2003,la soluzione che prevedeva una pena-lizzazione economica da applicare aglienti non rispettosi dei vincoli del Pattoattraverso la riduzione dei trasferimen-ti erariali ed aveva introdotto tre san-zioni che, in caso di mancata certifica-zione dei risultati, vedevano per l’entebloccate le assunzioni con il divieto diutilizzo di eventuali deroghe, impeditol’indebitamento per gli investimenti econfermato il livello di spesa per acqui-sto di beni e servizi dell’ultimo annoapprovato. La finanziaria del 2007, poi, conferma-ta con quella del 2008 ha nuovamentemodificato l’impianto sanzionatorio,introducendo per la prima nel panora-ma degli Enti locali, un sistema che siproponeva di coinvolgere in modo mol-to più vincolante la parte politica ed, inparticolare, il sindaco o il presidentedella Provincia. In caso di mancato ri-spetto del Patto di stabilità interno, in-fatti, il presidente del Consiglio dei Mi-nistri, ai sensi dell’articolo 8, comma 1,della Legge La Loggia, diffidava l’entead adottare, entro il 31 maggio dell’an-no successivo a quello di riferimento, inecessari provvedimenti. I provvedi-menti di rientro dovevano essere comu-nicati al Ministero dell’Economia e del-le Finanze - Dipartimento della Ragio-neria Generale dello Stato, ed, in casodi inadempimento, vi provvedeva il Sin-daco o il Presidente della Provincia, inqualità di commissario ad acta, entro iltermine del 30 giugno. Decorso inutil-

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mente il termine del 30 giugno pre-visto:a) nei Comuni interessati, con riferi-

mento al periodo di imposta in cor-so, i contribuenti tenuti al versa-mento dell’addizionale comunale al-l’imposta sul reddito delle personefisiche calcolavano l’imposta mag-giorando l’aliquota vigente nei Co-muni stessi dello 0,3 per cento;

b) nelle Province interessate, con riferi-mento al periodo di imposta in cor-so, l’imposta provinciale di trascri-zione, per i pagamenti effettuati adecorrere dal 1º luglio, era calcolataapplicando un aumento del 5 percento sulla tariffa vigente nelle Pro-vince stesse.

Alle disposizioni richiamate la legge fi-nanziaria per l’anno 2008 aveva inseri-to un ulteriore elemento che avrebbedovuto, nell’intenzione del legislatore,rafforzare gli effetti deterrenti dell’in-tero modello quale quello contenutonell’articolo 2 comma 25 della legge244/2007 che prevedeva l’impossibilitàdi incrementare l’indennità di funzioneper gli amministratori di quegli entiche non avessero rispettato il Patto distabilità. In realtà i risultati raggiunti non sonostati positivi tanto che il nuovo sistemaprevisto dalla legge 133/2008 è entratoin vigore anche per gli enti che nonhanno rispettato il Patto 2008, man-dando, di fatto, in soffitta il meccani-smo della sanzione fiscale, reo di esseredifficilmente applicabile come è statodimostrato dalle difficoltà emerse in se-de di approvazione dei decreti ministe-riali. Probabilmente era sbagliato, per iComuni, il tributo cui la sanzione eracollegata, mentre un aggancio ai tra-sferimenti erariali, magari commisuran-do i tagli all’entità degli sforamenti,come del resto avviene in sede euro-pea, avrebbe potuto avere maggiorfortuna. Ciò che si perde con l’abban-dono della sanzione fiscale è, infatti, lasimilitudine al sistema sanzionatorioeuropeo nei confronti degli Stati che

non rientrano dal disavanzo eccessivo. Il nuovo sistema, riprevisto al comma20 dell’articolo 77-bis, e di fatto confer-mato fino alla modifica introdotta dal-l’articolo 7 commi 2 e seguenti delD.Lgs. 149/2011 prevedeva che in casodi mancato rispetto del Patto di stabili-tà interno relativo agli anni 2008-2011,la Provincia o il Comune inadempiente:1. vedeva ridotti i contributi ordinari

dovuti dal Ministero dell’interno perl’anno successivo. A riguardo le mo-difiche legislative introdotte dallalegge finanziaria 2009 vedevanol’abbandono di un valore percentua-le fisso ed uguale per tutti, pari al5% dei trasferimenti erariali (comeprevisto dalla legge 133/2008) e lasua sostituzione con un meccanismopiù flessibile ed a nostro parere piùcorretto, che commisurava l’entitàdel taglio al valore dello sforamentoeffettuato, fermo restando, comun-que, il limite massimo del 5%. Il D.L.n. 78/2010 è tornato nuovamentesull’argomento, riproponendo la so-luzione iniziale ed ulteriormenteinasprendo le sanzioni per il manca-to rispetto del PSI fin dall’anno 2010.In particolare, l’art. 14, comma 3, haprevisto per gli enti inadempientiuna riduzione dei trasferimenti era-riali, a valere sulle erogazioni del-l’anno successivo alla violazione, inmisura pari alla differenza tra il risul-tato registrato e l’obiettivo pro-grammatico predeterminato. La ri-duzione era effettuata con decretodel Ministro dell’interno, a valere suitrasferimenti corrisposti dallo stessoMinistero, con esclusione di quellidestinati all’onere di ammortamentodei mutui. A tal fine era previsto cheil Ministero dell’economia comuni-casse al Ministero dell’interno, entroi 60 giorni successivi al termine stabi-lito per la trasmissione della certifi-cazione relativa al PSI, l’importo del-la riduzione da operare per ogni sin-golo ente locale. In caso di mancatatrasmissione della predetta certifica-

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zione, entro il termine perentoriostabilito dalla normativa vigente, siprocedeva all’azzeramento automa-tico dei predetti trasferimenti conl’esclusione sopra indicata. In caso diinsufficienza dei trasferimenti, ovve-ro nel caso in cui fossero stati in par-te o in tutto già erogati, la riduzioneveniva effettuata a valere sui trasfe-rimenti degli anni successivi;

2. non poteva, nell’anno successivo aquello dell’inadempienza, impegna-re spese correnti in misura superioreall’importo annuale minimo dei cor-rispondenti impegni effettuati nel-l’ultimo triennio;

3. non poteva ricorrere all’indebita-mento per gli investimenti. I mutui ei prestiti obbligazionari posti in esse-re con istituzioni creditizie o finan-ziarie per il finanziamento degli in-vestimenti dovevano essere corredatida apposita attestazione, da cui ri-sultava il conseguimento degli obiet-tivi del Patto di stabilità interno perl’anno precedente. Al fine di teneresotto controllo detta casistica gli isti-tuti finanziatori o gli intermediari fi-nanziari non potevano procedere alfinanziamento o al collocamento delprestito in assenza della predetta at-testazione;

4. non poteva procedere ad assunzionidi qualsiasi tipo. Il comma 4 dell’art.76 disponeva, infatti, la reintrodu-zione della sanzione del divieto dieffettuare assunzioni di personale aqualsiasi titolo per gli enti che nonhanno rispettato il Patto nell’eserci-zio precedente. La prescrizione si ap-plicava alle assunzioni a tempo inde-terminato, ivi comprese le stabilizza-zioni del personale precario, come aquelle a tempo determinato, ai con-tratti di formazione e lavoro, di som-ministrazione, alle collaborazioni co-ordinate e continuative e, dal 2009,si estendeva anche ai contratti di ser-vizio con privati se lo stesso costitui-sce una forma di aggiramento delvincolo;

5. doveva ridurre del 30% le indennitàdegli amministratori, così come pre-visto al comma 10 dell’art. 61;

6. non poteva incrementare il fondoper le risorse decentrate così previstodall’art. 8 comma 1 CCNL 11 aprile2008.

Si trattava, in definitiva, di un comples-so di misure che incidevano pesante-mente sulla gestione degli Enti locali li-mitandone di molto l’autonomia e lacapacità di spesa per gli anni successivi.Le manovre di quest’estate e la leggedi stabilità successiva, rivedono soloparzialmente l’apparato sanzionatoriodel Patto. In particolare oltre alle nuo-ve sanzioni connesse al territorializza-zione del Patto ai sensi dell’art. 20,comma 1 del D.L. 98/2011, la legge183/2011 all’articolo 26 ribadisce quan-to già statuito all’articolo 2 comma 7del D.Lgs. 149/2011. L’ente che non ri-spetterà il Patto di stabilità 2011 equelli successivi:a) è assoggettato ad una riduzione del

fondo sperimentale di riequilibrio odel fondo perequativo in misura pa-ri alla differenza tra il risultato regi-strato e l’obiettivo programmaticopredeterminato e comunque per unimporto non superiore al 3 per cen-to delle entrate correnti registratenell’ultimo consuntivo. Gli enti localidella Regione siciliana e della Regio-ne Sardegna sono assoggettati allariduzione dei trasferimenti erarialinella misura indicata al primo perio-do. In caso di incapienza dei predet-ti fondi essi sono tenuti a versare al-l’entrata del bilancio dello Stato lesomme residue. La sanzione non siapplica nel caso in cui il superamen-to degli obiettivi del patto di stabili-tà interno sia determinato dallamaggiore spesa per interventi realiz-zati con la quota di finanziamentonazionale e correlati ai finanziamen-ti dell’Unione Europea rispetto allamedia della corrispondente spesadel triennio precedente;

b) non può impegnare spese correnti

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in misura superiore all’importo an-nuale medio dei corrispondenti im-pegni effettuati nell’ultimo triennio;

c) non può ricorrere all’indebitamentoper gli investimenti; i mutui e i pre-stiti obbligazionari posti in esserecon istituzioni creditizie o finanzia-rie per il finanziamento degli inve-stimenti, devono essere corredati daapposita attestazione da cui risulti ilconseguimento degli obiettivi delpatto di stabilità interno per l’annoprecedente. L’istituto finanziatore ol’intermediario finanziario non puòprocedere al finanziamento o al col-locamento del prestito in assenzadella predetta attestazione;

d) non può procedere ad assunzioni dipersonale a qualsiasi titolo, conqualsivoglia tipologia contrattuale,ivi compresi i rapporti di collabora-zione continuata e continuativa e disomministrazione, anche con riferi-mento ai processi di stabilizzazionein atto. È fatto altresì divieto aglienti di stipulare contratti di serviziocon soggetti privati che si configuri-no come elusivi della presente dis-posizione;

e) è tenuto a rideterminare le indenni-tà di funzione ed i gettoni di pre-senza indicati nell’articolo 82 del ci-tato testo unico di cui al decreto le-gislativo n. 267 del 2000, e successi-ve modificazioni, con una riduzionedel 30 per cento rispetto all’ammon-tare risultante alla data del 30 giu-gno 2010.

Ad esse si aggiungono le ulteriori san-zioni introdotte dai commi 10, 11 e 12del D.L. 98/2011 che introduce (novel-lando il testo della legge n. 220/2010cit. con l’aggiunta di un nuovo comma111-ter) una ulteriore sanzione a caricodi amministratori e responsabili del ser-vizio economico-finanziario. A questi ultimi le Sezioni giurisdizionaliregionali della Corte dei conti, laddoveaccertino che il rispetto del Patto è sta-to artificiosamente conseguito median-te una non corretta imputazione delle

entrate o delle uscite ai pertinenti capi-toli di bilancio o altre forme elusive,potranno irrogare una sanzione pecu-niaria, rispettivamente, fino ad un mas-simo di dieci volte l’indennità di caricapercepita al momento di commissionedell’elusione e fino a 3 mensilità deltrattamento retributivo, al netto deglioneri fiscali e previdenziali.Si tratta una forma di responsabilitàamministrativa di tipo sanzionatorio, si-mile a quella che prevista dall’articolo30, comma 15, della legge n. 289/2002per gli amministratori che ricorrano aldebito per finanziare spese non di inve-stimento Ad essa sembrano, quindi, applicabili imedesimi principi fissati in relazione aquest’ultima fattispecie dalle sezioni ri-unite della Corte dei conti nella senten-za n. 12/2007.Ciò significa, fra l’altro, che per la con-danna è necessario che ricorra l’ordina-rio elemento soggettivo del dolo o del-la colpa grave e che il destinatario del-la sanzione è l’ente di appartenenzadei responsabili e non lo Stato. Peraltro, il rispetto artificioso del Pattopare assai più complesso da accertare.La casistica, infatti, è assai ampia ed ilrischio di sanzionare condotte formal-mente corrette è elevato. Come già acutamente evidenziato indottrina, pertanto, occorreranno accer-tamenti complessi per qualificare iprovvedimenti e gli atti elusivi, anchedi tipo omissivo e per individuare i re-sponsabili, l’apporto causale e il profilosoggettivo, tenendo presente il ruoloassunto non tanto nella compagineamministrativa, quanto nell’iter proce-durale che ha originato lo sforamento.Riguardo alle modalità di violazione,inoltre, andrà precisato il giudice com-petente a dichiararne la nullità. Se per icontratti la Cassazione, nell’ordinanza27092/2009, stabilisce la competenzadell’autorità giudiziaria ordinaria (enon della Corte dei conti), nel caso diprovvedimenti e atti amministrativi lemodalità sono ancora da definire. An-

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cor più complesso, infine, è il caso deicomportamenti di fatto (ad esempio:una fattura nel cassetto), per i quali èconcettualmente arduo configurareuna nullità in senso tecnico”5.

5.2 Il sistema premiante

Poche le novità in materia di incentivi. Si ricorda che l’introduzione di un siste-ma premiante era stato da tempo ri-chiesto dalle associazioni rappresentati-ve degli Enti locali. Tra gli aspetti più innovativi presentinel Patto 2009, riproposto anche per il2010 prima delle modifiche di cui alD.L. 78/2010 conv. legge 122/2010, viera proprio il comma 23 dell’articolo77-bis che inseriva, nei meccanismi delPatto di stabilità interno un sistema fi-nalizzato a gratificare economicamen-te gli enti rispettosi delle regole previ-ste. Si tratta di un elemento del tuttonuovo, sicuramente da apprezzare inquanto poteva essere un ulteriore sti-molo verso una programmazione fi-nanziaria rispondente a quegli obiettividi rigore finanziario che, in fondo, leregole del Patto di stabilità cercano didiffondere nel sistema degli Enti locali.Volendo approfondire il contenuto, sinoti come il comma 23 appariva discuti-bile ed incerto nel disegno complessivoche voleva realizzare. Esso prevedevache, nel caso di rispetto del Patto distabilità 2009 da parte del comparto,gli enti virtuosi avessero un “bonus” daripartire ente per ente, pari al 70% del-la differenza registrata nell’anno di ri-ferimento, tra il saldo conseguito daglienti inadempienti al Patto di stabilitàinterno e l’obiettivo programmatico as-segnato.La virtuosità degli enti era determinataattraverso la valutazione della posizio-ne di ciascun ente rispetto a due indica-

tori economico-strutturali relativi algrado autonomia finanziaria e di rigidi-tà dei bilanci degli Enti6. Un appositodecreto misurava annualmente la de-vianza di ciascun Ente rispetto ad unvalore medio dei due indicatori selezio-nati distinto per classi demografiche edin base a tale rilevazione effettuare ilriparto delle premialità. Una prima applicazione della disposi-zione si è avuta con il D.M. 22 dicembre2009 ad oggetto “Applicazione del si-stema di premialità per gli enti localivirtuosi soggetti al Patto di stabilità in-terno, per l’anno 2009”. Il decreto,nonostante le buone intenzioni del le-gislatore ha dato luogo a numerose cri-tiche per la numerosità dei soggettipremiati che, di fatto, ha evidenziato lariproposizione di un criterio di “distri-buzione a pioggia” che non aiuta pro-cessi virtuosi negli enti locali.Per un approfondimento si rinvia negliallegati al presente testo dove è ripor-tato integralmente il decreto con lemodalità di calcolo applicate. In questasede non si può fare a meno di notareche si è trattato di un meccanismo percerti versi paradossale, non solo perchéi criteri di riparto sono stati agganciatiad indicatori che hanno consentito diincludere fra i virtuosi anche enti sul-l’orlo del dissesto, ma perché si fonda-va su due presupposti che, in realtà, ap-paiono come elementi di debolezza: daun lato, il mancato funzionamento deivincoli sui saldi per un certo numero dienti, e dall’altro il risparmio in eccessogenerato da altri enti che in tal modoconsentono di compensare lo sfora-mento degli inadempienti e di rispetta-re così il saldo di comparto7. È singolaresoprattutto il fatto che tale meccani-smo subordini l’erogazione degli incen-tivi all’esistenza di Enti che non rispet-

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5 L. Cimbolini, Sul Patto sanzioni ad personam, in “Il Sole 24 Ore”, 18 luglio 2011.6 Per le Province l’indicatore relativo all’autonomia finanziaria non si applicherà fino all’attuazio-ne del federalismo fiscale.7 Cfr., in tal senso, anche Corte dei conti - Sezioni riunite, Rapporto sul coordinamento della finan-za pubblica (2010).

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tano il PSI, con la conseguenza che, setutti gli Enti fossero “virtuosi”, nessunincentivo verrebbe concesso. Sarebbestato certamente più facile e lineare ri-correre alla facoltà di portare in detra-zione dall’obiettivo dell’anno successi-vo una percentuale del surplus conse-guito nell’anno precedente rispetto al-l’obiettivo programmatico. Proprio allaluce delle distorsioni verificatesi nel-l’anno 2009 il legislatore con l’art. 14,comma 12, della legge n. 122/2010 cit.ha precisato che tale meccanismo pre-miante non si applica per l’anno 2010.Il successivo comma 13 della stessa dis-posizione ha previsto per l’anno in cor-so l’attribuzione ai soli Comuni di uncontributo di 200 milioni di euro da ri-partire secondo modalità definite diconcerto dai Ministeri dell’Interno edell’Economia e delle finanze (previaintesa con la Conferenza Stato-Città eautonomie locali) tenendo conto dellapopolazione e del rispetto del PSI. Eraperò espressamente previsto che talecontributo non rientri fra le entrate va-lide ai fini del PSI stesso.Analizzando la normativa vigente pos-siamo limitarci a segnalare l’art. 7,comma 5, del D.Lgs. 149/2011 cit. cheha sostanzialmente confermato la disci-plina delle premialità connesse al Pattodettata dall’ultima legge di stabilità(art. 1, c. 122, della legge 220/10). Ilmeccanismo prevede che un decretodel Ministro dell’economia e delle fi-nanze (emanato di concerto con il Mi-nistro dell’interno e d’intesa con laConferenza Stato-Città ed autonomielocali), autorizzi la riduzione degliobiettivi annuali degli enti soggetti alPatto, commisurandola agli effetti fi-nanziari determinati dall’applicazionedelle sanzioni pecuniarie previste a ca-rico degli enti inadempienti.

6. La “regionalizzazione” del Patto distabilità interno

Il PSI, a dispetto della sua stessa deno-minazione, ha sempre presentato uncarattere marcatamente unilaterale, es-sendo di fatto imposto dallo Stato aRegioni ed Enti locali. Rispetto a questi ultimi, inoltre, i relati-vi meccanismi (vincoli e connesse pre-mialità ovvero sanzioni per chi li abbiao meno rispettati) hanno perlopiùmantenuto, sin dalle origini, una diret-ta derivazione dalla normativa statale,senza un significativo ruolo regionaledi “intermediazione”. L’unica (ma importante) eccezione èrappresentata dalle Regioni Speciali (edalle Province autonome), alle quali, adecorrere dall’esercizio finanziario2003, è stato consentito di concordareannualmente con lo Stato la misura delrispettivo concorso al perseguimentodegli obiettivi nazionali di finanza pub-blica. Ciò attraverso la definizione con-cordata di obiettivi vincolanti sia per lestesse Regioni che per gli Enti localicompresi nei rispettivi territori, concontestuale assegnazione alle prime,nei confronti dei secondi, di poteri (econnesse responsabilità) di coordina-mento finanziario. Solo in caso di man-cato raggiungimento del predetto ac-cordo Stato-Regione entro il terminefissato dalla legge statale si applica ladisciplina generale del Patto8.Tale impostazione, sotto molti profili, èpreferibile rispetto a quella “stato-cen-trica”, in quanto in grado di contribui-re in misura significativa , se non ad eli-minare, almeno ad attenuare il caratte-re marcatamente dirigistico del Patto,rendendolo, come da più parti auspica-to, più flessibile in funzione delle diver-se caratteristiche degli Enti ad esso sog-getti.La cosiddetta “regionalizzazione” del

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8 Per maggiori dettagli sia consentito un rinvio a M. Barbero, Un Patto di stabilità interno su scalaregionale? L’esperienza delle Regioni a Statuto speciale (e delle Province autonome), in “Federali-smi”, n. 12/2004.

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Patto, in sostanza, comporta una suadisaggregazione su due livelli:– una in prima fase, lo Stato procede

alla definizione degli obiettivi nazio-nali di finanza pubblica ed alla lororipartizione fra i diversi sistemi regio-nali;

– successivamente, ciascuna Regione èchiamata a gestire il perseguimentodel proprio obiettivo specifico, coor-dinando, a tal fine, la propria finanzacon quella degli Enti locali compresinel proprio territorio.

La maggior duttilità di una simile strut-tura è evidente laddove si consideri, adesempio, che essa può consentire accor-di compensativi fra gli Enti locali appar-tenenti alla medesima Regione, fermorestando l’obiettivo regionale comples-sivo.Tale modello consente, quindi, di me-glio calibrare i contenuti del PSI rispet-to alle diverse caratteristiche dei suoimolteplici destinatari ed al variegatotessuto socio-economico delle diversearee del Paese, attenuandone il carat-tere unilaterale ed indifferenziato, pursenza che ciò comporti la rinuncia, daparte dello Stato, al proprio indispensa-bile potere di supervisione dei contipubblici, anche in funzione dei ricorda-ti vincoli comunitari.Del resto, riconoscere anche alle Regio-ni ordinarie un siffatto ruolo è del tut-to coerente con l’attuale disciplina co-stituzionale, che assegna alla potestàlegislativa concorrente la materia “co-ordinamento della finanza pubblica”(art. 117, comma 3, Cost.).

6.1 L’evoluzione normativa

A partire dal 2008 il legislatore si èmosso in questa direzione anche per leRegioni ordinarie9. L’art. 77-ter, comma 11, della legge n.133/2008, in particolare, ha previstoche “Al fine di assicurare il raggiungi-

mento degli obiettivi riferiti ai saldi difinanza pubblica, la Regione, sulla basedi criteri stabiliti in sede di Consigliodelle Autonomie locali, può adattareper gli Enti locali del proprio territoriole regole e i vincoli posti dal legislatorenazionale, in relazione alla diversitàdelle situazioni finanziarie esistentinelle Regioni stesse, fermo restandol’obiettivo complessivamente determi-nato in applicazione dell’articolo 77-bisper gli Enti della Regione e risultantedalla comunicazione effettuata dal Mi-nistero dell’economia e delle finanze -Dipartimento della Ragioneria genera-le dello Stato alla Regione interessata.”Poiché, come anticipato, il precedentecomma 6 si riferisce esplicitamente alleRegioni speciali ed alle Province auto-nome, reiterando per esse il peculiaremeccanismo di attuazione pattizia delPSI sopra descritto, è evidente che de-stinatarie della disposizione in com-mento sono le sole Regioni ordinarie. La disciplina per queste ultime viene,anche se solo in parte, allineata a quel-la delle prime, nel senso che il poteredi disciplinare i contenuti del PSI per gliEnti locali spetta ora ed entrambe, sep-pure con un’ampiezza diversa nell’uncaso e nell’altro. Mentre, infatti, le Regioni speciali e leProvince autonome “provvedono allefinalità correlate al PSI di stabilità in-terno” per gli Enti locali dei rispettiviterritori, le Regioni ordinarie possonosolo “adattare (…) le regole e i vincoliposti dal legislatore nazionale”. Solo le prime, inoltre, possono concor-dare i propri obiettivi con il Governo,mentre per le seconde rimangono fer-mi gli obiettivi stabiliti a livello nazio-nale; ciò vale, ovviamente, anche pergli Enti locali, i quali – laddove compre-si nel territorio di una Regione ordina-ria – devono comunque ovvero anchein presenza di un PSI regionalizzato ri-spettare “l’obiettivo per essi complessi-

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9 Una disposizione pressoché identica è contenuta nell’art. 17, comma 1, lett. c), della legge dele-ga n. 42/2009 in materia di federalismo fiscale.

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vamente determinato”, e cioè, ad oggi,quello quantificato dall’art. 77-bis dellastessa legge n. 133/2008 cit. e successi-ve modifiche ed integrazioni.Il disposto del richiamato art. 77-ter,comma 11, della legge n. 133/2008 èstato successivamente integrato dal-l’art. 7-quater della legge n. 33/2009. Icommi da 1 a 3 di tale disposizionehanno previsto, a valere sul PSI relativoall’anno 2009, l’esclusione dal saldoobiettivo di determinati pagamenti daparte delle Province e dei Comuni cherispettassero alcuni parametri di “vir-tuosità” finanziaria ivi previsti10. Per as-sicurarne la neutralità rispetto agli ag-gregati di finanza pubblica le disposi-zioni richiamate hanno disposto che losblocco dei predetti pagamenti fosseposto a carico delle Regioni attraversoun “peggioramento” degli obiettivi re-lativi al “loro” Patto. Tale meccanismoè stato riproposto anche per il 2010dall’art. 4, comma 4-sexies.Il successivo comma 7 ha, invece, detta-to una disciplina in qualche misura at-tuativa dell’art. 77-ter, comma 11, dellalegge n. 133/2008 cit., prevedendo che,ai fini dell’applicazione di tale ultimadisposizione, ogni Regione definisca ecomunichi agli Enti locali il nuovoobiettivo del Patto, determinato sullabase dei criteri stabiliti in sede di Consi-glio delle autonomie locali, comunican-do altresì al Ministero dell’economia edelle finanze, con riferimento a ciascunente locale, gli elementi informativi oc-correnti per la verifica del manteni-mento dell’equilibrio dei saldi di finan-za pubblica.In tal modo hanno iniziato a delinearsile due possibili declinazioni del PSI re-gionale: da un lato, quella c.d. “oriz-

zontale”, in cui la Regione opera comestanza di compensazione fra i diversiEnti locali, attraverso la rimodulazionedegli obiettivi specifici di Comuni e Pro-vince, garantendo l’invarianza dell’o-biettivo aggregato di comparto; dall’al-tro, quella c.d. “verticale”, che consen-te alla Regione di cedere agli Enti localispazi finanziari ricavanti mediante ilpeggioramento del proprio obiettivo diPatto.

6.2 La disciplina vigente

Tale “doppio binario” è stato confer-mato dalla disciplina dettata dall’art. 1,commi 138 e seguenti, della legge n.220/2010, che ha previsto, per ciascunodei due strumenti, percorsi applicativiparzialmente differenti. Per il PSI regionale verticale, gli Enti lo-cali devono comunicare alla propria Re-gione l’entità dei pagamenti da sbloc-care entro il 15 settembre, anche se al-cune Regioni hanno anticipato la tem-pistica, avvalendosi delle proprie prero-gative normative in materia. In effetti,il comma 138-bis prevede che ciascunaRegione possa disciplinare autonoma-mente i criteri di intervento e le moda-lità operative, previo confronto in sededi Consiglio delle autonomie locali e,ove non istituito, con i rappresentantiregionali delle stesse. Per il PSI regiona-le orizzontale, viceversa, il successivocomma 141 ha previsto che i criteri at-tuativi dovessero essere stabiliti con de-creto del Ministero dell’economia edelle finanze, d’intesa con la Conferen-za unificata. Tale provvedimento è sta-to adottato solo il 6 ottobre 2011 (D.M.n. 0104309) ed è stato pubblicato soloil successivo 18 ottobre, quando il ter-mine da esso stesso previsto per l’invio

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10 In particolare, doveva trattarsi di Enti locali che:– avessero rispettato il Patto nell’anno 2007;– presentassero un rapporto tra numero dei dipendenti e abitanti inferiore alla media nazionale

individuata per classe demografica;– avessero registrato nell’anno 2008 impegni per spesa corrente, al netto delle spese per adegua-

menti contrattuali del personale dipendente, compreso il segretario comunale e provinciale, diammontare non superiore a quello medio corrispondente registrato nel triennio 2005-2007.

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delle segnalazioni da parte degli Entilocali alle Regioni (fissato al 15 otto-bre) era già scaduto. Esso ha disegnato un meccanismo inbase al quale entro il predetto termine(che anche in tal caso alcune Regionihanno posticipato), gli Enti locali pos-sono comunicare la propria disponibili-tà o il proprio fabbisogno di spazi fi-nanziari alle Regioni (oltre che ad Ancie Upi regionali). Tale comunicazione èfacoltativa ma chi omette di farla e afine anno registra una differenza frasaldo e obiettivo superiore ad una so-glia definita a livello regionale sarà pe-nalizzato con l’esclusione dal PSI oriz-zontale nell’anno successivo. Gli entiche, in un determinato anno, abbianobeneficiato di una modifica in sensomigliorativo del proprio obiettivo do-vranno restituire i maggiori spazi finan-ziari ad essi concessi accettando il peg-gioramento degli obiettivi assegnatiper il biennio successivo per un importocomplessivamente pari alla quota loroattribuita nel primo anno. In tal modo,viene garantita agli enti che cedonospazi finanziari la restituzione, entrodue anni, della quota da essi ceduta. Lecomunicazioni degli Enti locali, pertan-to, devono precisare anche le modalitàdi cessione o di recupero degli spazi fi-nanziari nel biennio successivo. Entro il31 ottobre (termine in tal caso perento-rio), le Regioni devono ripartire gli spa-zi finanziari resisi disponibili, concor-dando i relativi criteri in sede di Consi-glio delle autonomie locali o in man-canza con Anci e Upi regionali e privile-giando le spese in conto capitale, quel-le inderogabili e quelle che incidonopositivamente sul sistema economico diriferimento. Esse procedono, quindi, amodificare gli obiettivi degli enti inte-ressati dalle compensazioni, sia perl’anno in corso che per il biennio suc-cessivo, comunicandone la nuova misu-ra a ciascun comune o provincia, ad An-ci e Upi regionali ed al Mef. Per ognianno, comunque, le variazioni miglio-rative e peggiorative devono compen-

sarsi esattamente, garantendo l’inva-rianza dell’obiettivo aggregato di com-parto.Si tratta di un meccanismo alquantocomplesso, che non tiene conto dellapresenza di enti strutturalmente in dif-ficoltà con il PSI e che impone una pro-grammazione triennale difficilmentecompatibile con la continua revisionedelle relative regole. Se per il 2011 lasua applicazione è ulteriormente com-plicata a causa dei ristretti tempi con-cessi dopo la pubblicazione del richia-mato decreto, anche per i prossimi annile prospettive non sono rosee: dal 2012la dead line per gli interventi regionaliè fissata al 30 giugno (anche se il de-creto attuativo non sembra tenerneconto), termine evidentemente irreali-stico considerate le attuali dinamichetemporali della finanza locale e l’ormaiabituale slittamento dei termini perl’approvazione dei bilanci preventivi.Oltre a chiarire le modalità di interven-to regionale, la legge n. 220/2010 haanche precisato i relativi limiti, codifi-cando a livello normativo gli orienta-menti del Mef che si erano formati insede di applicazione della disciplinaprevigente. Le Regioni non possono in-cidere sulla disciplina statale in materiadi sanzioni per gli enti inadempienti edi monitoraggio dei risultati: in relazio-ne a tali aspetti, a livello regionale pos-sono essere adottate solo disposizioniintegrative, ma non sostitutive, di quel-la dettate dallo Stato.Le regioni, inoltre, non possono agiresull’intero esercizio finanziario, ma so-no soggette ad un termine perentoriofissato dal legislatore statale al 31 otto-bre di ogni anno.

6.3 Le prospettive future

Un ulteriore rafforzamento del PSI re-gionale è stato previsto dall’art. 20 deldecreto legge n. 98/2011. A prima lettura, tale disposizione sem-bra orientata generalizzando l’approc-cio di tipo integrato fino ad oggi con-sentito solo alle autonomie speciali

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speciali, delineando uno scenario in cuiciascuna regione o provincia autonoma(previo accordo concluso in sede diConsiglio delle autonomie locali e, ovenon istituito, con i rappresentanti del-l’ANCI e dell’UPI regionali) potrà con-cordare con lo Stato “le modalità diraggiungimento degli obiettivi di fi-nanza pubblica” per sé e per tutti gliEnti locali del proprio territorio”, mo-dalità che dovranno essere coerenti coni criteri europei per quanto concernel’individuazione delle entrate e dellespese da considerare e saranno monito-rate dalla conferenza permanente peril coordinamento della finanza pubbli-ca con il supporto tecnico della COPAFF. Tale approccio inverte la logica preva-lente del Patto, impostandolo su baseterritoriale (anziché atomistica e percomparti) ed almeno in parte “bottomup” (giacchè le relative regole sono og-getto di una sistematica concertazionefra Stato, Regioni ed Enti locali).Va però rilevato che l’art. 20 prevedenon pochi limiti agli interventi regionali.In particolare, esso ribadisce che resta-no ferme le vigenti sanzioni a caricodegli enti responsabili del mancato ri-spetto degli obiettivi del PSI e il moni-toraggio a livello centrale, nonché (no-vità dell’ultima ora) “il termine peren-torio del 31 ottobre per la comunica-zione della rimodulazione degli obietti-vi”. In sostanza, si tratta dei medesimivincoli (di contenuto e temporali) pre-visti per l’attuale PSI regionale. In un simile contesto, non sarà agevolearrivare ad una territorializzazione pie-na del Patto, con la definizione di unobiettivo unico per ciascun sistema re-gionale o provinciale, che possa esserespalmato ex ante sulla platea dei desti-natari (con eventuale, possibile revisio-ne anche di quest’ultima). Più probabilmente assisteremo ancoraalla sola correzione in itinere (in sensoverticale od orizzontale, come oggi maforse con qualche paletto in meno) diobiettivi predefiniti per ciascun ente inbase all’accordo con lo Stato.

Da non trascurare infine, il rischio diinasprimento delle sanzioni: a quelleapplicabili ai singoli enti inadempientipotrebbero aggiungersi, in caso di sfo-ramento dell’obiettivo territoriale ag-gregato, quelle a carico delle Regionie, alle quali, nell’anno successivo, saràchiesta una correzione aggiuntiva parialla differenza tra tale obiettivo e il ri-sultato complessivo conseguito. Il nuovo PSI regionale integrato, cheinizialmente avrebbe dovuto partirenel 2012, è stato rinviato al 2013 dal-l’art. 32, comma 17, della legge n.183/2011: sarà un decreto del Mef,chiamato a disciplinare nel dettaglio ilnuovo meccanismo, a chiarirne i conte-nuti e la portata. Tale percorso, inevita-bilmente, si intreccerà con quello relati-vo alla virtuosità dei diversi enti, ancheperché ovviamente Ia “forza contrat-tuale” di ogni regione o provincia au-tonoma nei confronti dello Stato ai finidella quantificazione del proprio obiet-tivo di territorio dipenderà dal numerodi enti virtuosi che ciascuna ospita.

6.4 Conclusioni

La territorializzazione del PSI rappre-senta una delle possibili soluzioni perconciliare l’esigenza di garantire il ne-cessario controllo su Regioni ed Enti lo-cali in funzione del perseguimento de-gli obiettivi di finanza pubblica concor-dati a livello europeo con quella di con-sentire la altrettanto necessaria flessibi-lità nella gestione dei rispettivi bilanci,anche in una prospettiva pluriennale esoprattutto in funzione degli investi-menti. Introdotta dapprima per le sole Regionispeciali e le Province autonome, dal2008 è consentita anche alla Regioniordinarie, che hanno iniziato a speri-mentarla nel 2009 e nel 2010, sulla sciadi alcune esperienze pilota, fra cuiquella della Regione Piemonte.Per le Regioni speciali e le Province au-tonome la territorializzazione è ormaicompiuta, potendo le stesse, da un lato,concordare i propri obiettivi con lo Sta-

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to e, dall’altro, gestirli autonomamenteinsieme agli Enti locali del proprio terri-torio. Ciò ha consentito differenziazionianche profonde della struttura del PSI,in relazione a tutte le sue componentistrutturali (obiettivi, incentivi e sanzio-ni, monitoraggio e destinatari).Nelle Regioni ordinarie, invece, è am-messa una territorializzazione solo par-ziale, che non contempla la definizioneconcordata degli obiettivi e che non neconsente la piena gestione a livello ter-ritoriale. In tali contesti, infatti, gli in-terventi regionali sono circoscritti allasola modifica in corso di gestione degliobiettivi, attraverso il gioco delle com-pensazioni orizzontali e verticali, senzapossibilità di derogare (ma solo di inte-grare) la disciplina statale in materia diincentivi, sanzioni e monitoraggio e ri-spettando una tempistica scandita datermini perentori e assai restrittivi.In sostanza, nelle Regioni ordinarie laterritorializzazione del PSI, che di persé dovrebbe condurre ad una differen-ziazione dei relativi vincoli, si sta svi-luppando secondo criteri uniformi estandardizzati.Le prime esperienze avviate nello scor-so biennio, per quanto complessiva-mente positive , hanno scontato gli ef-fetti di tale contraddizione, che ne hafortemente limitato la potenzialità.Esse, in effetti, dimostrano che un ec-cesso di vincoli rischia di ridurre il ruolodella territorializzazione a quello di uncorrettivo di modesto impatto, incapa-ce di consentire quel cambio di passoche richiederebbe di trasformare il PSIda semplice strumento di coordinamen-to/controllo in strumento (anche) diprogrammazione.In tal senso, le critiche autorevolmentemosse da chi mette in dubbio l’oppor-tunità di soggetti terzi incaricati di ge-stire il coordinamento di un’eventualescambio compensativo colgono almenoin parte nel segno11.

La strada da percorrere, tuttavia nonsembra essere quella (perseguita da ul-timo dal legislatore statale) di una mag-giore uniformità dei vincoli che riduca“i casi estremi da compensare”12, giac-chè in tal modo le evidenziate criticitàconnesse alla eccessiva rigidità del PSIverrebbero ulteriormente accentuate. A parere di chi scrive il modello da as-sumere come riferimento dovrebbe es-sere quello delle Regioni speciali e del-le Province autonome, che andrebbeesteso anche alle Regioni ordinarie. Ciò sarebbe coerente, oltre che, in ter-mini generali, con il principio di sussi-diarietà, anche con l’art. 117, comma 3,Cost., che inquadra il coordinamentodella finanza pubblica fra le materia dicompetenza legislativa concorrente, ol-tre che con la legge n. 42/2009 (in ma-teria di federalismo fiscale), che, da unlato, prevede espressamente la territo-rializzazione del PSI , dall’altro ritagliaun ruolo regionale di rilievo in materiadi finanza locale . Eventualmente, sipotrebbe anche procedere attraverso ilc.d. “federalismo differenziato” ex art.116, comma 2, Cost., consentendo aiterritori più dinamici di sperimentarebuone pratiche che potrebbero poi es-sere estese alle altre realtà territoriali.In un simile contesto di territorializza-zione compiuta si potrebbero aprirescenari assai promettenti ma finoraquasi inesplorati, quali la creazione dimeccanismi di mercato (o quasi merca-to) per la gestione del PSI .Un consolidamento degli attuali stru-menti di declinazione a livello territo-riale dei vincoli di finanza pubblica, delresto, pare imposto dalla loro previstaestensione alla generalità dei Comuni.A tal fine, però, occorre valorizzareadeguatamente il ruolo dei diversi si-stemi regionali, eliminando o almenoattenuando i forti limiti attualmenteprevisti dalla normativa statale.

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11 IFEL, Economia e finanza locale (Rapporto 2010), 2011.12 Ibidem.

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7. Conclusioni

A conclusione della presente illustrazio-ne è opportuno effettuare alcune ri-flessioni.Come già anticipato da alcuni anni conuno spirito nuovo, che cerca di supera-re quell’approccio centralistico al con-trollo macroeconomico della spesa, go-verno e mondo della autonomie hannoavviato una nuova e proficua stagionedel confronto che si riflette in aggiusta-menti continui e sufficientemente con-divisi al modello di Patto di stabilità in-terno.In particolare, l’approdo al metodo del-la competenza mista, oltre a renderenon soggetto ad alcun vincolo il paga-mento delle spese correnti, ha stimola-to il contenimento delle stesse per crea-re un avanzo economico in grado di li-berare risorse da utilizzare per il paga-mento delle spese di investimento.Ciò che ancora va migliorato è certa-mente il respiro da dare alla manovra,cercando per quanto possibile di nonapportare continue modifiche sia alleregole, sia ai saldi da raggiungere, inmodo da rendere credibile la plurien-nalità della manovra stessa.In quest’ottica la definizione e la diffu-sione di banche dati condivise costitui-sce una ottima base di partenza chepuò dar spunto ad indagini ed appro-fondimenti da parte del mondo delleautonomie ma, anche di quello univer-sitario.Certamente restano ancora alcuni pro-blemi da risolvere. Si pensi alla necessi-

tà di definire degli strumenti che per-mettano agli enti di superare il limiteai pagamenti in conto capitale anche inpresenza di somme disponibili presso ilproprio tesoriere. Più in generale, i tempi sembrano ma-turi per una evoluzione della strutturadel PSI nella direzione di un strumentomeno centralista e più attento alla di-mensione territoriale degli interessi edelle politiche. In tal senso, le primeesperienze di regionalizzazione dellarelativa disciplina meritano di essereprese in seria considerazione ed ulte-riormente incentivate dal legislatorestatale, specialmente in vista dellaprossima definizione, nel nostro Paese,di un compiuto federalismo fiscale. In tale contesto, potrebbe essere intro-dotto un vero e proprio Patto regiona-lizzato, che preveda l’assegnazione alloStato di un ruolo di coordinamento fi-nanziario di tipo “macro”, attraverso ladefinizione della manovra complessivadi finanza pubblica e la sua ripartizionein obiettivi assegnati alle diverse Regio-ni; queste ultime, dal canto loro, do-vrebbero svolgere un ruolo di coordi-namento finanziario di tipo “micro”,che possa garantire il pieno coinvolgi-mento delle autonomie locali. Si avreb-be così un Patto più autentico, più fles-sibile e certamente più efficace.Una riflessione finale però si pone:sa-ranno tutte le Regioni capaci di effet-tuare presto nuovo ruolo? È una do-manda a cui in questo momento nonsiamo in grado di dare risposta.

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Bibliografia

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Disposizioni normative

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– Legge 14 settembre 2011, n. 148 - Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 13agosto 2011, n. 138, recante ulteriori misure urgenti per la stabilizzazione finanziaria e per losviluppo. Delega al Governo per la riorganizzazione della distribuzione sul territorio degli ufficigiudiziari

– D.M. 7 settembre 2011 - Ministero dell’Economia, concernente il monitoraggio semestrale delPatto di stabilità interno per l’anno 2011 per le Province e i Comuni con popolazione superiore a5.000 abitanti e i prospetti di rilevazione

– Legge 15 luglio 2011, n. 111 - Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 6 lu-glio 2011, n. 98 recante disposizioni urgenti per la stabilizzazione finanziaria

– D.M. 7 giugno 2011 - Ministero dell’Economia - Obiettivi programmatici del Patto di stabilità in-terno per il triennio 2011-2013 per le Province e i Comuni con popolazione superiore a 5.000abitanti

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– Legge 30 luglio 2010, n. 122 - Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 31maggio 2010, n. 78, recante misure urgenti in materia di stabilizzazione finanziaria e di compe-titività economica

– D.M. 14 luglio 2010 - Ministero dell’Economia - Obiettivi programmatici del Patto di stabilità in-terno per il triennio 2010-2012 per le Province e i Comuni con popolazione superiore a 5.000abitanti

– D.M. 14 luglio 2010 - Ministero dell’Economia - Monitoraggio semestrale del patto di stabilitàinterno per l'anno 2010 per le Province e i Comuni con popolazione superiore a 5.000 abitanti

– Legge 22 dicembre 2008, n. 203 - Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e plurien-nale dello Stato (legge finanziaria 2009)

– D.M. 24 novembre 2008 - Ministero Economia - Monitoraggio trimestrale del “Patto di stabilitàinterno”: delle Regioni e delle Province autonome di Trento e di Bolzano

– D.L. 25 giugno 2008, n. 112, convertito dalla legge 6 agosto 2008, n.133 - Disposizioni urgentiper lo sviluppo economico, la semplificazione, la competitività, la stabilizzazione della finanzapubblica e la perequazione tributaria

– D.L. 27 maggio 2008, n. 93, convertito dalla legge 24 luglio 2008, n. 126 - Disposizioni urgentiper salvaguardare il potere di acquisto delle famiglie

– D.M. 5 maggio 2008 - Ministero Economia - Determinazione obiettivi programmatici Patto distabilità interno 2008-2010

– D.M. 7 aprile 2008 - Ministero Economia - Certificazione rispetto obiettivi Patto di stabilità inter-no 2007

– Legge 24 dicembre 2007, n. 244 - Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e plurien-nale dello Stato (legge finanziaria 2008)

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– Legge 30 dicembre 2004, n. 311 - Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e plurien-nale dello Stato (legge finanziaria 2005)

– Legge 5 giugno 2003, n. 131 - Disposizioni per l’adeguamento dell’ordinamento della Repubbli-ca alla Legge Cost. 18 ottobre 2001, n. 3

– D.Lgs. 18 agosto 2000, n. 267 - Testo unico delle leggi sull’ordinamento degli Enti locali– Legge 23 dicembre 1998, n. 448 - Misure di finanza pubblica per la stabilizzazione e lo sviluppo – Legge Regione Lombardia 6 novembre 2009, n. 23– Legge Regione Liguria 15 febbraio 2010, n. 2– Regolamento Regione Piemonte 8 febbraio 2010, n. 3/R

Prassi

– Circolare 6 aprile 2011, n. 11 - Circolare concernente il “patto di stabilità interno” per il triennio2011-2013 per le Province e i Comuni con popolazione superiore a 5.000 abitanti (commi 87 eseguenti dell’articolo 1 della legge 13 dicembre 2010, n. 220)

– Circolare n. 15 del 30 marzo 2010: “Il Patto di stabilità interno per l’anno 2010 per le Province e iComuni con popolazione superiore a 5.000 abitanti”

– Circolare del 28 febbraio 2008, n. 8 - Il “Patto di stabilità interno” per gli anni 2008-2010 per leProvince e i Comuni con popolazione superiore a 5.000 abitanti.

– Circolare 8 marzo 2007, n. F.L. 5/2007 - Legge 27 dicembre 2006, n. 296 (legge finanziaria 2007).Disposizioni di interesse per gli Enti locali

– Circolare 17 febbraio 2006, n. 8 - Patto di stabilità interno per gli anni 2006-2008 per le Province, iComuni e le Comunità montane. Art. 1, commi da 138 a 150, della legge 23 dicembre 2005, n. 266

– Comunicato del Ministero dell’Economia - Modalità e tempi per l’adozione delle disposizioni le-gislative previste dal comma 691 dell’art. 1 della legge n. 296/2006

Giurisprudenza

– Corte Costituzionale - Sent. n. 159 del 2008– Corte Costituzionale - Sent. n. 120 del 2008– Corte Costituzionale - Sent. n. 412 del 2007– Corte Costituzionale - Sent. n. 169 del 2007– Corte Costituzionale - Sent. n. 88 del 2006– Corte Costituzionale - Sent. n. 449 del 2005– Corte Costituzionale - Sent. n. 417 del 2005– Corte Costituzionale - Sent. n. 36 del 2004– Corte Costituzionale - Sent. n. 4 del 2004– Corte Costituzionale - Sent. n. 376 del 2003

Il patto di stabilità - Capitolo 21

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