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PERFEZIONISMO RIMUGINIO
ANSIETA’
PERFEZIONISMO
PATOLOGICO
“Ti sarà difficile fare cose positive
se ti preoccupi di essere sempre il migliore.
Se farai cose positive
allora sarai il migliore”.
(Proverbio Tibetano)
IL PERFEZIONISMO E’ …
Abitudine a pretendere da se stessi e dagli altri prestazioni di qualità superiore
rispetto a quelle richieste dalla situazione, con forte autocritica e intolleranza
rispetto agli errori, che sono vissuti in modo catastrofico.
Tendenza a sottolineare gli errori e le imperfezioni presenti nei compiti
eseguiti piuttosto che i risultati positivi e a temere e prevedere che queste
imperfezioni conducano inevitabilmente a conseguenze negative.
Dott.ssa Caterina Fucili Psicologo Psicoterapeuta
Fano e Pesaro
LE SUE PRINCIPALI CARATTERISTICHE
PRESENZA DI STANDARD INTERNI MOLTO ELEVATI, SPESSO NON REALISTICI, CHE PORTANO AD ESIGERE PERFORMANCE ELEVATE
AUTOCRITICA COSTANTE E INFLESSIBILE
MANCATA TOLLERANZA DELL’INCERTEZZA
TIMORE DELLE VALUTAZIONI E DELLE CRITICHE
PAURA DI COMMETTERE ERRORI, CON TENDENZA ALL’ATTENZIONE SELETTIVA SUI PARTICOLARI NEGATIVI
INTRANSIGENZA RISPETTO AGLI ERRORI COMMESSI
FOCALIZZAZIONE SELETTIVA SUGLI ERRORI DI UNA PERFORMANCE, PIUTTOSTO CHE SUGLI ASPETTI POSITIVI
TENDENZA A CONSIDERARE GLI ERRORI COME FALLIMENTO TOTALE E ASSOLUTO
PENSIERO “TUTTO O NULLA”: TOTALE SUCCESSO O TOTALE FALLIMENTO
TENDENZA ALL’EVITAMENTO DI SITUAZIONI CHE POSSANO COMPORTARE RISCHI DI ERRORE
CONSEGUENTE PERDITA DELLA STIMA DEGLI ALTRI
RIVALUTAZIONE DELI STANDARD SE LA PRESTAZIONE E’ ADEGUATA
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Fano e Pesaro
PERFEZIONISMO E AMBIZIONE
La tendenza a porsi obiettivi elevati è una dimensione che da sola non è
sufficiente a distinguere persone perfezioniste da quelle competenti. Lottare
per obiettivi ambiziosi non è patologico. La dimensione cognitiva che potrebbe
determinare un carattere psicopatologico al perfezionismo è il timore
dell’errore. Il perfezionista “sano” persegue obiettivi ambiziosi ma accetta la
possibilità d’incertezze, e valorizza in termini di soddisfazione personale il
risultato finale anche in caso di successo parziale. Il perfezionista patologico
non ammette incertezze e al momento della valutazione del risultato tenderà
a interpretare ogni minima discrepanza dall’obiettivo finale come segno di
fallimento globale.
Il timore dell’errore delinea tutta la scarsa flessibilità dell’atteggiamento
cognitivo del soggetto perfezionista, la sua tendenza ad aspettarsi che i suoi
scopi, le sue previsioni, i suoi piani, si avverino interamente in ogni dettaglio.
Vi è un pervasivo e allo stesso tempo vago senso di dubbio riguardante la
qualità della performance e un bisogno di ordine ed esattezza. Infine, ciò che
distingue il perfezionista patologico è la tendenza a sopravvalutare le
aspettative e il criticismo dei familiari e degli altri in genere. Lo scopo
terminale del perfezionista patologico non è il successo, ma l’evitamento del
danno. E’ quindi uno scopo protettivo, legato al bisogno di controllo. Ma il
perfezionista tende a vedere un danno finale dietro ogni successo parziale o
imperfetto.
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Fano e Pesaro
MPS
“MPS” è uno strumento di valutazione del costrutto perfezionismo
(Multidimensional Perfectionism Scale, Frost 1990, Hewitt e Flett 1991) che ne
valuta alcune dimensioni utili per comprenderne meglio le caratteristiche.
1.Eccessiva preoccupazione per gli errori: misura le reazioni negative agli
errori. Lo sbaglio è considerato un insuccesso, in seguito al fallimento gli altri
perderanno la stima nei confronti del soggetto.
2.Standard personali: misura la presenza di standard elevati e la loro influenza
3.Aspettative dei familiari: misura la tendenza a credere che gli altri
significativi abbiano elevate aspettative nei confronti del soggetto.
4.Criticismo dei familiari: misura la percezione che gli altri siano o siano stati
eccessivamente critici nei confronti della persona.
5.Dubbio rispetto all’azione: misura la presenza del dubbio sulla propria
capacità di portare a termine il compito in modo perfetto.
6.Importanza attribuita all’ordine e all’organizzazione: misura l’importanza
attribuita all’ordine e all’organizzazione.
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Fano e Pesaro
EFFETTI DEL PERFEZIONISMO
Il perfezionismo determina una tendenza all’evitamento e alla procrastinazione per non incorrere in conseguenze negative, la rinuncia a sperimentarsi in compiti ritenuti difficili, la difficoltà nell’apprendere da critiche, fallimenti ed errori. Spesso porta a solitudine e difficoltà a formare relazioni strette, con rapporti interpersonali insoddisfacenti. Di solito si avverte la necessità di controllare le proprie emozioni.
EVITAMENTO
PROCRASTINAZIONE
DIFFICOLTA’ AD IMPARARE DA ERRORI, CRITICHE, FALLIMENTI
DIFFICOLTA’ A CREARE E MANTENERE RELAZIONI STRETTE
CONTROLLO EMOTIVO
ASPETTI SPECIFICI DI PERSONALITA’ LEGATI AL PERFEZIONISMO
BASSA RICERCA DELLA NOVITA’:
METTERSI IN GIOCO IN POCHE ATTIVITÀ E SOLO IN QUELLE IN CUI SI È SICURI DI RIUSCIRE BENE
DIPENDENZA DALLE RICOMPENSE:
DIPENDENZA DALL’APPROVAZIONE DEGLI ALTRI
ECCESSIVO EVITAMENTO DEL DANNO:
NECESSITÀ DI EVITARE DI APPARIRE IMPERFETTI PER EVITARE CRITICHE
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IL CONTESTO RELAZIONALE DEL PERFEZIONISTA: IL CRITICISMO
Spesso l’eccessiva importanza attribuita al giudizio degli altri e la paura di
commettere errori derivano da esperienze relative alla storia di sviluppo.
Alcuni genitori manifestano ai figli un amore condizionato dalle prestazioni,
altri non li fanno mai sentire soddisfatti perché il comportamento non è mai
abbastanza corretto per ottenerne l’approvazione e li inducono così a uno
sforzo continuo per guadagnarla.
Genitori perfezionisti possono utilizzare il ritiro dell’affetto e la
disapprovazione come punizione e i loro figli tendono a rispondere ai possibili
errori con ansia e paura. Spesso perfezionismo e severità nei genitori possono
indurre anche i figli al perfezionismo. Viene a determinarsi un forte desiderio
di conformarsi a un modello di perfezione che è percepito dalle richieste degli
altri.
Infine alcuni genitori hanno nei confronti dei figli un atteggiamento intrusivo e
poco rispettoso della possibilità di sviluppare credenze e scopi autonomi, sia
dal punto di vista del progetto di vita, sia della lettura dei propri stati interni.
Questi elementi di contesto, assieme ad altre variabili, possono facilitare la
strutturazione di un’aspirazione al “devo essere perfetto/a.”
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Fano e Pesaro
FATTORI DI RISCHIO
RINFORZI SOCIALI
RITIRO DELL’AFFETTO DA PARTE DELLE FIGURE SIGNIFICATIVE
PUNIZIONI E CRITICHE DA PARTE DI GENITORI E INSEGNANTI MOLTO CRITICISTI
MODELLI DI COMPORTAMENTI PERFEZIONISTICI ALTRUI
PERFEZIONISMO E SCOMPENSI PSICOPATOLOGICI
Molto spesso è possibile uno scompenso quando il perfezionismo si associa a
personalità dai tratti ossessivi o a un sé percepito come vago e indefinito. Sono
frequenti delle uscite psicopatologiche in momenti di valutazione globale del
sé, di fronte a scelte che portano a una maggiore definizione di sé, in
conseguenza di perdite affettive vissute come perdita del riferimento esterno.
Spesso sono precedute da eventi invalidanti che provocano un forte
disorientamento e mettono in crisi precedenti identificazioni e modelli di
solito assolutistici. Ciò determina un aumento delle strategie di evitamento e
controllo.
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Fano e Pesaro
RIMUGINIO
“Il pensiero è come il coltello:
ti ci puoi imburrare il pane
oppure tagliartici la gola.”
(G. C.Giacobbe)
IL PENSIERO
Una delle funzioni del pensiero è di scaricare stati di tensione eccessiva
pianificando strategie di coping e azioni. Per mezzo di tale meccanismo il
pensiero è diventato nell’essere umano una formidabile arma di controllo e
risoluzione dei problemi. Quando le azioni pensate vengono attuate, cioè da
simulate diventano reali, si eliminano le condizioni ambientali negative e si
torna a uno stato interno di equilibrio. Quante volte riesco a tradurre il
pensiero in azione? Quante volte immagino azioni che poi non sono in grado di
compiere? Quando l’azione simulata dal pensiero non può essere attuata, o
quando non è in grado di eliminare le aggressioni ambientali neppure sul
piano dell’immaginazione, allora la tensione e la sofferenza non vengono
scaricate e aumentano. Da sistema di difesa dalla tensione, il pensiero si
trasforma in un sistema di incremento della stessa, in un processo autolesivo.
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COS’E’ IL RIMUGINIO
Il rimuginio è caratterizzato dalla ripetizione mentale persistente dei termini di
un problema che preoccupa la persona, unito a predizioni catastrofiche legate
al problema e a un’ incapacità di scegliere con decisione un piano operativo di
risposta al pericolo e di soluzione del problema, in quanto ogni soluzione è
considerata insufficiente e non risolutiva. Vi è uno scarso livello di concretezza
e mancanza di piani di azione efficaci. Il rimuginio, infatti, è un’autoripetizione
continua e ossessiva astratta con una scarsa rappresentazione di scenari e
dettagli concreti.
Esempio: posso aver paura che le cose vadano male, tenere sotto controllo
tutto per evitarlo, ma non sapere esattamente cosa potrebbe realmente
succedermi se le cose andassero effettivamente male.
AUTORIPETIZIONE CONTINUA E OSSESSIVA DEI TERMINI DI UN PROBLEMA
PREDIZIONI CATASTROFICHE RELATIVE AL PROBLEMA
PENSIERO ASTRATTO PRIVO DI CONCRETEZZA
INCAPACITA’ DI PIANIFICARE E SCEGLIERE UN PIANO D’AZIONE RISOLUTIVO
OGNI SOLUZIONE E’ CONSIDERATA NON RISOLUTIVA
ATTENZIONE FOCALIZZATA SULLE POSSIBILI CONSEGUENZE NEGATIVE DEGLI EVENTI
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FATTORI PREDISPONENTI
Il rimuginio è facilitato da
• stati di eccessiva vigilanza e allerta
• attenzione selettiva verso gli stimoli esterni e interni (percettivi ed emozionali) minacciosi
• maggiore presenza nella memoria a lungo termine di informazioni negative e/o minacciose
• CONVINZIONI CHE IL RIMUGINIO ABBIA UNA FUNZIONE POSITIVA Il rimuginio è stimolato anche dagli scopi positivi a esso consapevolmente attribuiti. La persona che rimugina tende ad attribuire al rimuginare degli scopi vantaggiosi, e in tal modo rafforza il rimuginio e spiega a se stessa la sua tendenza a rimuginare.
SCOPI DEL RIMUGINIO
1.Attenuazione di uno stato d’animo sgradevole, di emozioni negative; alcuni studi hanno dimostrato una correlazione tra rimuginio e riduzione dell’aurosal neurofisiologico delle emozioni negative.
Raffreddamento dell’ansia somatica
“ci penso tanto, ma almeno sono meno agitato”
2.Può essere scambiato per una strategia efficace di soluzione dei problemi; è comunque un’attività mentale, anche se povera e ripetitiva, e come tale può essere confuso con il pensiero produttivo.
Soluzione di problemi
“ci penso tanto per risolvere la causa delle mie preoccupazioni”
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3.Ipotesi dello scudo emozionale: la persona è consapevole della scarsa concretezza delle sue preoccupazioni per l’effettiva soluzione dei problemi. Tuttavia ritiene che preoccuparsi è comunque giusto perché è pur sempre meglio non farsi sorprendere dai guai soprattutto se considerati inevitabili. Mantenendo in uno stato di semi allerta (appunto lo stato di preoccupazione rimuginante) si soffrirà di meno quando e se l’oggetto delle preoccupazioni si realizzerà.
Scudo emozionale, preparazione al peggio
“i guai non arriveranno senza che me lo aspetti e mi spaventerò e/o soffrirò di meno”
4.Strategia di distrazione da preoccupazioni peggiori. I soggetti rimuginatori, rispetto agli altri, mostrano una rete di associazioni di eventi previsti negativi molto più ricca, vedono molti più possibili guai e disgrazie. Si concentrano sui primi anelli della catena catastrofica anche per distogliere l’attenzione dai timori e preoccupazioni più cariche emotivamente. Consapevolezza: rimugino per distrarmi da preoccupazioni peggiori o ricordi dolorosi.
Distrazione
“mi serve a non pensare a cose peggiori”
5.Rimuginio ascopico: la persona riferisce di non sapere il motivo per cui rimugina. Alla base vi è una teoria naif che considera il rimuginio come un impulso, un fenomeno subito, estraneo e pervasivo e dunque insensato. Frequente in soggetti con una lunga storia di malattia come riflesso di impoverimento cognitivo. Per definizione il soggetto rimuginatore ideale elabora poco o niente le informazioni interne ed esterne. Nessuna meraviglia, quindi, se esistono persone che riferiscono che non conoscono il perché di tale attività.
Rimuginio ascopico
“non serve a niente, ma non riesco a non farlo”
Dott.ssa Caterina Fucili Psicologo Psicoterapeuta
Fano e Pesaro
META-RIMUGINIO E CONVINZIONI NEGATIVE
Si possono avere convinzioni positive o negative sul rimuginio. Le convinzioni
negative sulla funzione e sulla natura del rimuginio possono diventare a loro
volta oggetto di rimuginio. Nel meta-rimuginio la persona si occupa
pervasivamente delle ragioni del suo rimuginare: rimugina sul rimuginio.
Generalmente la persona avverte una perdita di controllo sulla propria attività
mentale, ha paura di impazzire, di perdere efficienza. Inoltre la tendenza a
preoccuparsi in modo esagerato e inappropriato è spesso interpretata come
segno di debolezza, mancanza di carattere. Il rimuginio è vissuto come causa di
eventi negativi, personali e interpersonali.
COME DISTINGUERE UN RIMUGINIO PATOLOGICO DA UN RIMUGINIO
NORMALE
IL RIMUGINATORE PATOLOGICO rimugina su un maggior numero di problemi,
passa più tempo a rimuginare, tende a rimuginare su problemi obiettivamente
meno gravi e pericolosi ed è meno pronto a collegare il rimuginio a un evento
scatenante.
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LA RUMINAZIONE DEPRESSIVA
Il contenuto del rimuginio depressivo (RUMINAZIONE) è più legato al ricordo e
all’interpretazione negativa di fatti passati più che a previsioni di possibili
disgrazie future. Anche nel rimuginio ansioso possono essere revocati fatti
negativi ma non si tratta di lunghe e dolorose ruminazioni. Le informazioni
minacciose depositate nella memoria a lungo termine tenderebbero a
presentarsi alla coscienza sotto forma di pensieri improvvisi e intrusivi
piuttosto che di rievocazione volontaria. Alcuni studi mostrano come nella
ruminazione depressiva il pensiero non è povero e ripetitivo ma vi è una
maggiore argomentazione e articolazione dei contenuti connessi al proprio
pessimismo.
RIMUGINIO E ATTENZIONE
Il pensiero crea sofferenza. Il problema è che spesso il nostro cervello decide
che non vi è alcun pericolo in cose pericolosissime e vede pericoli mortali in
cose assolutamente innocue. I pericoli “inventati” dal nostro cervello sono
infiniti! Per evitare di entrare nei circoli viziosi inutili di un pensiero ripetitivo e
inefficace può essere utile spostare i termini di una questione dal PERCHE’ al
COME, cioè dall’astratto al concreto, rivolgere l’attenzione al proprio corpo e al
respiro, alla propria mente. Concentrando l’attenzione su un fatto o un
oggetto, questo diventa reale, assume importanza: si vede in tutta la sua
unicità e bellezza.
Dott.ssa Caterina Fucili Psicologo Psicoterapeuta
Fano e Pesaro
Si noteranno cose mai notate prima, diventeremo una presenza attiva,
partecipe della propria realtà e oggetto della propria osservazione. Quando si
osserva con attenzione si smette di pensare: l’attenzione è come un faro:
rivolgere l’attenzione significa spostare volontariamente il fascio luminoso su
qualcosa.
ANSIETA’
“Guardando il mare ed il cielo
abbiamo una chiara concezione di cosa sia lo spazio;
dobbiamo imparare a vederlo
anche nella nostra mente”.
(Proverbio Tibetano)
Perfezionismo e rimuginio rappresentano aspetti riscontrabili nei disturbi
ansiosi e in molte altre patologie. Ad esempio, insieme ad altri costrutti, sono
utili per definire cosa si intenda per ANSIA. Molto spesso questa viene
descritta da chi la sperimenta in termini somatici, ovvero attraverso la
descrizione dei correlati fisiologici tipici dell’attivazione ansiosa. Osservando
come la persona che soffre di ansia organizza ed elabora gli eventi ed il senso
di sé possiamo notare alcuni aspetti tipici.
Dott.ssa Caterina Fucili Psicologo Psicoterapeuta
Fano e Pesaro
I COSTRUTTI DELL’ANSIA
1.PENSIERO CATASTROFICO
Tendenza a prevedere sempre conseguenze negative e pericolose.
2.INTOLLERANZA DELL’INCERTEZZA
Tendenza a pensare di non poter sopportare emozionalmente il fatto di non conoscere perfettamente tutti i possibili scenari ed eventi futuri.
3.NECESSITA’ DI CONTROLLO
Ricerca di certezza assoluta che possa impedire che si avverino tutte le possibilità negative continuamente temute e previste nel rimuginio attraverso il monitoraggio e la manipolazione continua di alcuni aspetti della realtà esterna e/o interna (ad esempio il peso nei DCA; i pensieri intrusivi o l’ordine esterno nel DOC; l’evitamento nelle fobie; etc..).
4.AUTOVALUTAZIONE NEGATIVA
Tendenza a prevedere scenari catastrofici derivanti direttamente da una valutazione negativa sia delle proprie capacità pratiche (autovalutazione negativa prestazionale) che delle proprie capacità di autocontrollo emotivo e di recupero nelle situazioni di difficoltà e di stress (autovalutazione negativa di debolezza, di fragilità, di indegnità…).
5.BASSA AUTOEFFICACIA
Convinzione di non essere in grado di produrre risposte comportamentali efficaci di fronte ai problemi, di non poter affrontare le emozioni negative stimolate da una situazione, di non poter affrontare e gestire un fallimento.
Dott.ssa Caterina Fucili Psicologo Psicoterapeuta
Fano e Pesaro
«L'ansia è come una sedia a dondolo:
sei sempre in movimento,
ma non avanzi di un passo».
(Jodi Picoult)
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