per angelo - fondazione vassallo · 2015. 5. 17. · lista, autore televisi-vo e radiofonico, è da...
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ARTICOLI
Per Angelo...
p. 2
Una riflessione sulle riforme
costituzionali
p. 4
L’Italia dei beni culturali
p. 6
Uno sguardo trasparente sul
porto
p. 9
Percorsi di legalità e buon
governo
p. 12
Mario, un uomo del Sud
p. 14
Angelo Vassallo, un profeta
assassinato
p. 15
Una lettera da Philadelphia
p. 19
La foto del mese
p. 22
Novembre 2014
“Ogni essere umano, nel corso della propria esistenza, può
adottare due atteggiamenti: costruire o piantare.
I costruttori possono passare anni impegnati nel loro
compito, ma presto o tardi concludono quello che stava-
no facendo. Allora si fermano e restano lì, limitati dalle
loro stesse pareti. Quando la costruzione è finita, la vita
perde di significato.
Quelli che piantano soffrono con le tempeste e le stagio-
ni, raramente riposano. Ma, al contrario di un edificio, il
giardino non cessa mai di crescere. Esso richiede l'atten-
zione del giardiniere, ma, nello stesso tempo, gli permette
di vivere come in una grande avventura.
I giardinieri sapranno sempre riconoscersi l'un l'altro, per-
ché nella storia di ogni pianta c'è la crescita del-
la Terra intera."
[dal libro “Brida” di Paulo Coelho]
Il periodico della Fondazione Vassallo
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Per Angelo... Caro Angelo,
spesso quando sto realizzando un reportage o un servizio giornalisti-
co, mi scopro a chiedermi se ti sarebbe piaciuto o se avresti approva-
to. Non so perché questo accada, ma è così. Da quando la tua storia,
grazie a Dario, si è sovrapposta alla mia vita, il tuo esempio è divenuto
parte integrante del mio agire.
Angelo, oggi voglio regalarti una storia che mi è tornata alla mente
qualche sera fa mentre dialogavo con Simone Cristicchi. Oltre ad es-
sere un cantante, un attore e uno scrittore, Simone è uno che osserva
il mondo partendo dal basso, dai deboli, da chi non ha voce. Il 26
settembre, in occasione della giornata europea della ricerca, l’Univer-
sità Politecnica delle Marche mi ha invitato a chiacchierare con lui su
di un palco. La piazza era gremita e per un istante mi è passato per la
mente che una serata così, nella tua Pollica, ci sarebbe stata da dio.
Nessuna retorica, niente vip, ma solo parole e brezza di mare.
Abbiamo parlato di matti, di poesia, di bellezza, di Alda Merini, di
natura e soprattutto di amore per gli ultimi. Anche tu avevi un amore
viscerale per i disgraziati, quelli che non chiedono, che non sono furbi,
che si accontentano sempre. E adesso arrivo alla storia.
Nel 2004 sono andato per la Rai a fare un reportage in Val Pellice
(Piemonte) tentando di raccogliere la testimonianza di uno degli ulti-
mi partigiani viventi della zona.
Ho parlato a lungo con Aldo, quasi 90 anni e una vita da boscaiolo
spezzata dal dramma della guerra. Mi ha raccontato tante cose Aldo e
la più bella è arrivata per caso, uscita da chissà quale angolo della me-
moria.
Durante un rastrellamento in montagna ci fu uno scontro a fuoco.
Quasi tutte le sere partigiani e tedeschi si sparavano addosso e spesso
i cadaveri erano mostrati come trofei. Quella notte Aldo e un soldato
tedesco rimasero feriti in maniera non grave e il destino li depositò in
due letti dello stesso ospedale, separati da un misero comodino di fer-
ro. Mai il nostro partigiano era stato così vicino al nemico e immagino
Luca Pagliari, giorna-
lista, autore televisi-
vo e radiofonico, è da
sempre accanto alla
Fondazione Vassallo
nel suo cammino.
Grazie alla sua profes-
sionalità e al suo im-
pegno abbiamo potu-
to raccontare la vita e
l’operato di Angelo
Vassallo in Italia e
non solo con il docu-
film “Al di là del ma-
re” e con la formula
del teatro etico che
ha trasferito prima
sul palcoscenico e poi
nel cuore di tanti cit-
tadini l’esempio del
Sindaco Pescatore.
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che la stessa cosa valesse per il tedesco. Entrambi avevano vent’anni o poco più. Il vuoto tra quei due
letti era colmo di odio, di rancore e soprattutto di diffidenza. La prima notte nessuno dei due chiuse
occhio per paura che l’altro potesse ucciderlo nel buio. La mattina successiva il soldato tedesco es-
trasse da chissà dove una sigaretta e se la fumò. Per il partigiano fu una sofferenza, avrebbe dato
chissà cosa per una semplice tirata.
Il ragazzo tedesco fumò altre volte durante il giorno e verso sera, chissà perché, appoggiò una siga-
retta sul comodino. Per Aldo fu una tortura, mai avrebbe ceduto a quella tentazione e sicuramente il
crucco lo stava aspettando al varco per colpirlo. Fu mentre stava pensando ciò, che il soldatino, con
un lieve movimento dell’indice, fece rotolare leggermente la sigaretta verso Aldo. Passarono altri
minuti interminabili ma alla fine Aldo cedette; impaurito e vergognoso prese tra le dita quel mezzo
mozzicone proveniente dal nemico.
Lentamente, nel silenzio più totale, il tedesco porse ad Aldo un fiammifero. Una nube liberatoria di
fumo avvolse il partigiano.
Aldo, dopo la prima avida tirata, piuttosto indeciso si voltò verso il nemico per valutare la situazione.
Inarrestabile, incontenibile, a entrambi scappò di bocca un sorriso.
Fu così che nacque un’amicizia durata oltre cinquant’anni. Durante le tante vacanze trascorse as-
sieme, raccontarono tante volte la loro incredibile vicenda. Prima alle mogli, poi ai figli e quindi ai
nipoti.
È una bella storia d’amore caro Angelo, accetta questo piccolo racconto. Consideralo un modesto
omaggio. Un fiore depositato ai piedi della tua tomba, in questa giornata d’autunno.
Luca Pagliari
Un’immagine dal docu-film “Al di là del mare”
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Una riflessione sulle riforme costituzionali
Lo scorso 6 ottobre a Vicenza si è svolto il nostro convegno dal titolo
“Riforma del Senato e nuova legge elettorale: democrazia autoritaria o
innovazione?”. Francesca Nisticò, referente della Fondazione Vassallo
per la sezione di Vicenza, ha redatto per noi una sintesi del convegno
che riporta i punti salienti dei diversi interventi.
La Costituzione è il patrimonio storico e morale di ogni cittadino italia-
no e quindi dobbiamo capire se chi sta cambiando le regole del nostro
vivere insieme lo sta facendo bene.
Invero l’art. 2 della Costituzione statuisce che ogni cittadino ha il dove-
re inderogabile di solidarietà politica, vale a dire che ogni cittadino ha
il dovere di rispettare le leggi ma anche di controllare l’operato dei
nostri governanti.
Il nostro convegno è nato proprio dall’esigenza di fare chiarezza dopo
una estate piena di polemiche: riforme sì - riforme no.
È intervenuto il prof. Matteo Conz che ha esordito dicendo che “il DDL
Boschi, approvato in prima lettura l’8.08.2014 alla Camera dei Deputa-
ti, è di difficile comprensione”.
Il cittadino non riesce a comprendere il testo, mentre il tecnico del di-
ritto, riesce ad interpretarlo ma con grande difficoltà.
Il Senato sarà formato da cento senatori non eletti. Sindaci e consiglie-
ri comunali scadranno con le rispettive giunte però godranno l’immu-
nità parlamentare!
Un altro interessante intervento è stato quello del prof. Fabio Corvaja,
che ha parlato della nuova legge elettorale. Quest’ultima di tutte le
leggi è quella che più appartiene ai cittadini e meno ai loro rappresen-
tanti, però i partiti trattano la legge elettorale come se fosse cosa lo-
ro. E invece non è così .
Anche l’Italicum conferma le liste bloccate del Porcellum, solo un po’
più corte.
La nuova legge prevede un mega premio di maggioranza, come nel
Porcellum anticostituzionale, e aggiunge altissime soglie di sbarra-
Francesca Nisticò, av-
vocatessa, è la refe-
rente della Fondazio-
ne Angelo Vassallo
Sindaco Pescatore
per la sezione di Vi-
cenza e provincia.
Lo scorso anno Fran-
cesca ci ha accompa-
gnato nelle scuole
della sua Vicenza per
portare la storia di
Angelo Vassallo tra i
giovani. Quest’anno,
con il convegno a Pa-
lazzo Trissino, abbia-
mo voluto approfon-
dire tematiche più
tecniche come quelle
riguardanti le riforme
costituzionali.
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mento per tenere fuori dalla Camera i partiti medio - piccoli.
Così, in due mosse, un pugno di capi-partito possono piazzare i loro servitori nel Senato non più elet-
ti e nella Camera dei nominati.
E i cittadini? I cittadini hanno meno democrazia e la scelta dei propri rappresentanti coartata, con
grave compromissione del proprio diritto di voto.
Per fortuna che la nostra Carta Costituzionale è rigida, significa cioè che può essere modificata solo
con una procedura aggravata prevista dall’articolo 138 della Costituzione e quindi prima di approvare
definitivamente le modifiche alla nostra prima fonte del diritto si deve fare ancora tanta strada .
Sicuramente i cittadini saranno chiamati con un Referendum costituzionale confermativo, a decidere
se confermare o meno la legge di riforma costituzionale che sarà approvata dal Parlamento.
Io ho sempre pensato che la Costituzione non va cambiata ma semmai va attuata e credetemi non
sono un gufo o un professorone ma credo che la Costituzione non vada travolta nelle strutture por-
tanti dei suoi organi costituzionali.
Come mai nel progetto di riforma non è prevista una minore indennità dei parlamentari? Matteo
Renzi lo aveva promesso: era il 12.09.2012 a Verona. Si era appena candidato alle primarie del Pd per
governare l’Italia: io ero lì ad ascoltarlo, ricordo che aveva promesso la riduzione dell’indennità men-
sile del parlamentare ad euro cinquemila. Forse se ne sarà dimenticato, e noi cosa facciamo?
Sconzamu u juocu!
Foto dal convegno del 6 ottobre a Palazzo Trissino - Vicenza
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L’Italia dei beni culturali L’Italia è un concentrato di storia e di bellezze artistiche e naturali tan-
to da poter essere considerato un grande manuale d’arte.
Secondo l’UNESCO (United Nations Educational Scientific and Cultural
Organization), che finora ha riconosciuto un totale di 1001 siti (777 be-
ni culturali, 194 naturali e 30 misti) presenti in 161 Paesi del mondo, at-
tualmente l'Italia è la nazione che detiene il maggior numero di siti
(che, secondo dati aggiornati al 2014, sono 50) inclusi nella lista dei
patrimoni dell'umanità tutelati, pari al 5% del patrimonio mondiale:
tale dato evidenzia la posizione prioritaria dell’Italia a livello intercon-
tinentale.
D’altra parte la conservazione e la valorizzazione del suddetto patri-
monio è presente nei Principi Fondamentali della Repubblica Italiana:
l’Art. 9 della Costituzione recita: “La Repubblica promuove lo sviluppo
della cultura e la ricerca scientifica e tecnica. Tutela il paesaggio e il pa-
trimonio storico e artistico della Nazione”.
L’importanza della valorizzazione e della conservazione è anche stabi-
lita, nell’ambito dell’attuale quadro normativo, dal Codice dei Beni
Culturali e del Paesaggio del 2004.
Ecco, quindi, la necessità di studi e interventi corretti e completi di tu-
tela e valorizzazione di questo prestigioso Patrimonio Culturale pre-
sente in Italia, peculiarità e unicità nel contesto internazionale.
Tali studi e interventi, data la varianza dei comparti, nell’ambito delle
scienze storico-umanistiche e delle scienze tecnico-sperimentali esige
l’integrazione dei corrispondenti saperi da parte dei tecnici (chimici,
fisici, biologi, restauratori, architetti, ingegneri, geologi) e degli storici
- umanisti (filologi, archeologi, storici dell’arte, bibliologi, archivisti,
storici della musica, demoetnoantropologi).
Tuttavia il settore dei beni culturali presenta diverse criticità che ri-
guardano:
- la difficoltà di trovare un corretto bilanciamento fra azione pubblica
e intervento dei privati;
Salvatore Lorusso,
docente ordinario
pressi il dipartimento
di beni culturali
dell’università di Bo-
logna, è stato nostro
ospite durante il con-
vegno organizzato a
Roma il 28 giugno
2013. In quell’occasio-
ne portò il suo prezio-
so contributo al di-
battito sulla bella po-
litica di Angelo Vas-
sallo. Per il secondo
numero del nostro
periodico condivide
con noi uno scritto
dedicato ai beni cultu-
rali evidenziando cri-
ticità e proposte.
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- le risorse pubbliche limitate;
- la difficoltà di spesa;
- la carenza e la confusione nell’informazione,:
- il personale.
A tal riguardo si ritiene opportuno presentare di seguito alcune proposte che possono contribuire a
risollevare la grave situazione in cui versa il patrimonio culturale italiano.
Le proposte si riconducono:
- alla idonea programmazione culturale ed economica;
- alla riforma del Ministero dei Beni e Attività Culturali e per il Turismo;
- alla ridefinizione del rapporto Stato-Regione;
- alla questione morale;
- alla definizione di procedure più snelle;
- al coinvolgimento di supporti economici anche privati;
- all’applicazione della corretta metodologia per la tutela e la valorizzazione dei beni culturali;
- alla considerazione dell’insieme dei valori che caratterizzano i beni culturali;
- alla considerazione dell’importanza della creatività nel settore;
- alla estensione delle responsabilità civili e penali in relazione alla certificazione delle opere d’arte, al
fine di accrescere responsabilità e credibilità nell’ambito degli studi applicati ai beni culturali.
A tali proposte si aggiunge un approccio recente alle problematiche sulla sicurezza dei beni culturali,
che si basa sulla prevenzione dei rischi (risk management) cui i beni culturali sono sottoposti: la pre-
venzione diventa quindi basilare nella programmazione di tutte le operazioni finalizzate alla salva-
guardia del bene stesso. Essa comprende azioni di manutenzione e conservazione, da effettuare sia
sul bene culturale sia sull'ambiente di collocazione/conservazione, nel rispetto di determinate norme
di adeguatezza e parametri definiti, in modo da evitare il più possibile che il bene culturale subisca
danni sia a breve che a lungo termine.
D’altra parte, risulta fondamentale, per l’effettuazione dei suddetti interventi, la disponibilità di
infrastrutture umane, burocratico - amministrative, strumentali, economico - finanziarie.
In definitiva al fine di tutelare e valorizzare il patrimonio culturale e ambientale in Italia, è opportu-
no tracciare e seguire un percorso metodologico corretto e completo relativo al “sistema: manufat-
to di interesse storico-artistico/ambiente di conservazione/biota” e sui beni paesaggistici. Le varie
fasi, corrispondentemente ad ambienti esterni ed interni di conservazione dei beni di interesse stori-
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co, artistico, archeologico, architettonico, monumentale, bibliografico, archivistico, musicale, de-
moetnoantropologico, sono:
- conoscenza del quadro informativo generale;
- cernita delle situazioni più gravi ed urgenti dal punto di vista conservativo verso le quali direzionare
i possibili interventi;
- studio e intervento nei vari comparti su menzionati secondo le fasi di: anamnesi storica, diagnosi,
intervento tecnico, manutenzione, prevenzione;
- monitoraggio dell’ambiente di collocazione-conservazione e conseguente sanificazione;
- studio e intervento di salvaguardia dei beni paesaggistici – come stabilito dal Codice dei Beni Cultu-
rali e del Paesaggio – ovvero di tutti gli immobili e le aree che esprimono i valori culturali, storici,
estetici, sociali, naturali, morfologici e tecnici del territorio;
- in parallelo, salvaguardia del biota (esperto o fruitore presente in tali ambienti) mediante controlli
nel corso del tempo.
In conclusione, una volta definita la grave situazione in cui versa il patrimonio culturale, le suddette
proposte possono contribuire a mettere in pratica quelle attività di tutela e valorizzazione del patri-
monio culturale e ambientale italiano, nel rispetto di quanto stabilito nella Carta Costituzionale.
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Uno sguardo trasparente sul porto
L’Italia è davvero un paese strano. Abbiamo l’intero stivale ricoperto da spiagge, da darsene, da porti, da una “raccontata” accoglienza tipi-camente italiana, ma le navi, in particolare quelle che trasportano merci lungo la rotta che va dall’Oriente verso l’Europa, non ci prendo-no in considerazione. Immaginate cosa fanno: dopo aver oltrepassato il Canale di Suez, si dirigono verso l’isola di Cipro, costeggiano Malta e poi, prese dalla sindrome del “tacco che scalcia”, evitano i nostri porti, a loro parere, disorganizzati, burocraticamente rigidi ed insuperabili, per raggiungere Amburgo o Rotterdam. La merce pur dovendo entra-re nei nostri mercati e pur facendo molti chilometri in più, vola sì sulle onde del mare, ma non sulle nostre onde. Persino una fetta importan-tissima di imprenditoria della nostra attiva Pianura Padana si rivolge ai porti del Nord Europa riuscendo a velocizzare ed economizzare in un mercato obbligatoriamente globalizzato.
Costi di spedizione e di servizi portuali alti, burocrazia da tartaruga (con il massimo del rispetto per la bellezza di questo animale), a fron-te di investimenti importanti per le Autorità Portuali.
Senza voler analizzare gli sprechi, se e dove esistono, e senza voler entrare negli stipendi legati ad alcune presidenze, figlie solo di sparti-zioni di potere e non di bene per la nostra comunità portuale, e prima di una riforma del settore, che sembra oramai alle porte, approfondia-mo una città, ed il suo porto in particolare, che, in controtendenza, sembra avere un percorso di crescita e di attrattiva verso quelle “grandi navi” che da troppo tempo ci snobbano. Spesso parlare di ciò che funziona, può essere il migliore stimolo verso tutte quelle realtà, e sembrano davvero tante, che invece non hanno ancora trovato la qua-dratura del cerchio. Il Porto in questione è quello di Salerno, uno dei motori principi del tessuto strutturale della città. Per riuscire ad inquadrare nel modo migliore il fenomeno, bisogna però storicizzarlo cercando di accennarne, sen-za essere noiosi, qualche passaggio che ha permesso di farlo diventare quello che è oggi.
Come tutti sanno, nella storia di ogni città, che la volontà di qualcuno ha collocato inspiegabilmente fronte mare, esistono dei punti comuni che legano, in modo indissolubile, i caratteri e i comportamenti della gente che vi ci abita; esistono poi altri punti, i più interessanti, che ren-dono, ognuna di queste città marine, un luogo caratteristico, spesso
Umberto Flauto nella
vita si occupa di mar-
keting territoriale e
culturale ed è il refe-
rente della Fondazio-
ne Angelo Vassallo
Sindaco Pescatore
per la sezione di Sa-
lerno e provincia.
In questi anni ha por-
tato la storia del Sin-
daco Pescatore in tan-
tissime scuole, dove
ha conquistato i gio-
vani, intercettando i
loro sogni e renden-
doli protagonisti di
ogni incontro metten-
do in gioco creatività,
passione, conoscenza
e responsabilità.
Il porto di Salerno
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arse dalla passione, con la complicità del loro liquido vitale, che le rende capaci di desiderare e, ahi-mè, di essere desiderate. E’ proprio questo desiderio che spinse verso le coste salernitane il leggen-dario pirata Kahir-Ad-Din, fortuitamente giunto davanti alla città, nel lontano 1544, con le sue pode-rose navi, per poterne saccheggiare ogni bene prezioso. Il pirata fu miracolosamente sorpreso da una improvvisa e violenta tempesta che, non solo lo costrinse alla ritirata, ma che consolidò il rap-porto (nella leggenda e nella mente fervida del popolo) tra i salernitani e il loro santo patrono, consi-derato fautore di questo prodigio, vera salvezza di quel porto che da sempre ha rappresentato quel ponte che lega il territorio locale al Mediterraneo, luogo di scalo, di scambio, di accoglienza, di merci e di persone.
Il porto sorgeva, secoli fa, in una larga insenatura, su antichi pontili di legno, scelta come approdo da primi trafficanti navali, veri lupi di mare, per lo più dediti ad un mercato sempre più fiorente di merci che provenivano soprattutto dall'oriente. E così Etruschi, Romani, Greci, Longobardi, Arabi vi appro-davano, sostavano, compravano, vendevano, studiavano e raccontavano, al mondo, il luogo “del Bel Porto e della Buona Medicina”.
E Manfredi di Sicilia non poté fare altro che suggellarne la prima vera fase di costruzione.
Oggi quei pontili, che da sempre “hanno unito”, hanno ceduto il posto a moli attrezzati, in uno stra-tegico piano di rimodulazioni ed ampliamenti, allo scopo di assicurare una completa ed ottimale uti-lizzazione.
Ma cosa è accaduto realmente, per far sì che il porto di Salerno sia oggi proiettato verso una crescita costante, rompendo così quelle catene che attanagliano i porti italiani?
Proviamo a spiegarlo. Oggi è una struttura che finalmente guarda verso il mare, consapevole di esse-re, non solo al centro del Mediterraneo, ma in un territorio ricco di luoghi suggestivi, coste indimen-ticabili e preziosi siti archeologici, facilmente raggiungibili. Questo atteggiamento ha permesso di osservare e capire, offrendo a chi si avvicinava per valutarne le potenzialità, la possibilità di scom-metterci, quasi senza rischio, in un’ottica di impegno e di lavoro di squadra. Ed è proprio questo sen-so di consapevolezza che ha reso quello di Salerno un “porto aperto”, aperto alle novità, alle possibi-
lità che il mercato di volta in volta le offriva, tutto all’interno di una gestione che ha trovato il consenso di tutti.
Turisticamente dal 2007 fa parte del circuito crocieristico delle più importanti e prestigiose compagnie di navigazione di rilievo inter-nazionale a cui, con un terminal passeggeri situato a pochi passi dal centro di Salerno, con il prolungamento del Molo Manfredi e con la realizzazione, a breve, della nuova Stazione Marittima, in-trigante opera di architettura moderna firmata dall’arch. Zaha Ha-did, strizza l’occhio ad un ipotizzabile incremento del numero di
crocieristi e quindi ad una economia per l’indotto.
Commercialmente dal 2001 il porto salernitano fa parte del circuito denominato “Autostrade del Ma-re” con rotte principali “da e per” la Sardegna, per la Sicilia, Malta, il Maghreb e la Spagna e, per il traffico internazionale di merci, “da e per” l’Australia, la Nuova Zelanda, l’Estremo Oriente e il Nord e Sud America.
Dal 2013 è il porto ufficiale per la qualità del servizio del gruppo Ignazio Messina e dallo stesso anno ha un accordo con la compagnia tedesca Hapag-Lloyd per un collegamento diretto per gli Usa, il Mes-sico e l’Egitto.
Non dimentichiamo che nel 2012 è stato approvato il progetto detto Salerno Porta Ovest, grazie al
Salerno, stazione marittima
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quale il porto di Salerno verrà collegato con gallerie agli svincoli del-le autostrade, donando una maggiore competitività a tutto il sistema logistico che ruota intorno al porto stesso ed incentivando lo svilup-po delle aree retro-portuali e limitrofe.
I risultati del lavoro agli occhi del mondo si sono visti.
Nel luglio 2010 a Lisbona, Salerno è stato nominato miglior porto eu-ropeo per movimentazione merci e passeggeri rispetto agli spazi di-sponibili, ottenendo un plauso dalla commissione europea per il gra-do di sicurezza presente all’interno e all’esterno della complesso. E’ stato anche scelto, con altre 13 autorità portuali italiane, per partecipare all'Expo di Shangai 2010, non dimenticando che da anni è presente con un proprio spazio espositivo, al Cruise Shipping di Miami.
Nel 2013 è stato inserito tra i 319 porti europei considerati chiave dall'UE.
Questi ultimi, naturalmente, rappresentano i dati, i tiepidi ma utili dati per rendersi conto di quello che sia stato il cammino.
Ma la cosa importante, che è poi quella linea guida secondo cui questo articolo è nato e si è sviluppa-to, è la ricaduta reale che questo “sistema porto” genera sul territorio e sulla città di Salerno. Qual-cosa di profondo sta cambiando e la vera luce la si percepisce nei cittadini e nel comportamento del-le famiglie. Esiste da qualche anno una forte esplosione delle iscrizioni negli Istituti Alberghieri e in quelli legati al settore Agroalimentare, informatico e tecnologico; c’è un forte fermento verso le arti, l’artigianato ed il turismo, dove, anche se si percepisce qualche affanno di troppo, la strada oramai è intrapresa. Forse ci sarebbe bisogno di maggiore collaborazione e di maggiore coordinamento; pro-babilmente andrebbe elevata la qualità in ogni settore, in modo che il lavoro effettuato in area por-tuale non venga sprecato, forse andrebbero anche individuati ed allevati, con un indirizzo maggior-mente finalizzato, i nostri giovani migliori, innegabili talenti di questa città e di questa provincia; ma sui forse non si è mai creato e non si creerà mai nulla, anzi si distruggono le speranze e non si rag-giungono gli obiettivi.
Fa fede probabilmente una filosofia, una linea di pensiero che sembra unire tutti i discorsi, tutti i con-cetti, tutte le parole, da me rubati durante le brevi interviste ascoltate e rilette del Presidente
dell’Autorità Portuale di Salerno, avv. Andrea Annunziata secondo cui il Porto di Salerno è patrimonio reale di tutti, a cui tutti dovreb-bero, se desiderano essere parte attiva, contribuire con idee ed at-tività utili per la crescita del sistema portuale ed economico, il tut-to visto come punta avanzata di uno sviluppo complessivo e come sentinella di controllo verso un sistema, aggiungerei, regionale ed ultra regionale che, oltre che dichiarare, faccia davvero. A noi che viviamo in questa provincia converrebbe crederci, ma converrebbe prima di tutto
essere partecipativi sia nel ruolo suggerito di sentinelle sia come parte stimo-lante perché è il mare, con tutte le sue attività, con tutte le sue coste da salva-guardare, con i suoi fondali da recuperare e con le sue acque da rendere cri-stalline che potrà assicurare il futuro dei nostri figli oltre ad eliminare tutte le sovrastrutture che ci circondano.
Immagino che Angelo Vassallo, se fosse fisicamente tra di noi, sarebbe piacevolmente critico e forte-mente presente in questo tentativo di trasparenza, lui che ha affidato la sua vita alla pulizia del suo, del nostro mare e al vedere oltre l’apparenza del suo, del nostro fare.
Salerno, costruzione Porta Ovest
L’avvocato Andrea Annunziata
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Percorsi di legalità e buon governo
Nessuno più nel Nord del Paese può permettersi di negare né tanto-
meno sottovalutare la presenza delle mafie. Non è più un fatto che
riguardi solo le regioni meridionali. In Lombardia, in Liguria, in Pie-
monte, in Valle d’Aosta, nel Veneto e anche nella nostra Emilia-
Romagna si registrano attività di famiglie di Cosa nostra, della
‘Ndrangheta, di clan della Camorra e della Sacra Corona Unita. È ne-
cessario ammettere tale presenza, parlarne pubblicamente, coinvolge-
re i nostri concittadini e le nostre istituzioni in un’opera di conoscenza
e di allarme democratico, affiancare le forze dell’ordine e la magistra-
tura, applicare comportamenti e scelte in grado di isolarla e contra-
starla.
Non sottovalutare tale presenza, contribuire a tenere alta la tensione,
approfondirne la conoscenza, non vuole dire ammettere che il Nord
sia mafioso o che i nostri territori siano predisposti alle mafie. Vuol
dire, invece, provare a capire perché le mafie scelgono i nostri luoghi
per insediare le loro attività legali e illegali, cosa fare in concreto per
rintuzzare questo tentativo di radicamento e di inserimento nella vita
economica, sociale e politica. Se le mafie vengono al Nord e risalgono
il Paese non è perché trovino qui affinità con il loro modo di intendere
la vita e le relazioni economiche e politiche: vengono qui perché è
nell’essenza delle mafie spingersi laddove c’è una economia più ricca e
più possibilità di “buoni” investimenti. Ma sappiamo benissimo che il
tentativo di radicarsi passa dalla forza e dall’estensione delle relazioni
con il mondo imprenditoriale, finanziario e istituzionale. Ed è qui che
dobbiamo far valere tutto il valore della nostra tradizione democrati-
ca: rendere le nostre istituzioni impermeabili a qualsiasi “relazione”
con i mafiosi e aiutare gli imprenditori e i commercianti a non lasciarsi
coinvolgere in affari con essi.
È pur vero che molte volte si è fatto finta di non vedere quello che sta-
va succedendo qui al Nord, c’è un capitolo nell’Atlante delle Mafie (di
Sales, Ciconte, Forgione - ed. Rubbettino) il cui titolo è esplicativo, che
recita: “Al nord dove la mafia c’è, ma la vedono in pochi”.
Se è vero che le mafie sono anche nei nostri territori, noi possiamo
contare su “anticorpi” sociali, culturali, economici e politici tali da
Paolo Rizzo, oltre ad
essere il presidente
dell’Associazione Pa-
ce & Solidarietà a No-
nantola, è il referente
della Fondazione An-
gelo Vassallo Sindaco
Pescatore per la se-
zione di Nonatola e
Unione dei Comuni
del Sorbara.
Gli amici di Nonantola
hanno dedicato ad
Angelo un Parco:
“giardinieri di legali-
tà” di ogni età, nel
mese di novembre
2013, hanno piantato i
primi 130 alberi in
quell’area che diven-
terà presto un percor-
so di legalità dedicato
al Sindaco Pescatore.
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affrontare la questione mafiosa con possibilità concrete di arrestarne l’espansione e il radicamento,
e dobbiamo farlo approfondendo studiando il fenomeno in ogni sua dinamica. Mettendo in atto azio-
ni politiche, e soprattutto da parte dei Comuni, atti in grado di arginare il fenomeno delle Mafie an-
che qui al Nord.
Negli ultimi tre anni, le amministrazioni locali con il contributo di associazioni nonantolane come Pa-
ce e Solidarietà, i ragazzi Scout Agesci, la Fondazione Angelo Vassallo Sindaco Pescatore, Libera Mo-
dena, abbiamo costruito un percorso che parlasse di legalità e affrontasse il tema delle mafie su que-
sti territori. In questa zona c’è una presenza preoccupante della camorra casalese, che è riuscita ad
insediarsi nel tessuto economico e sociale di questa realtà. La gestione della ricostruzione del dopo
terremoto ha accentuato elementi di criticità in questo senso, sono diverse le aziende di costruzione
colluse con le mafie. La risposta a questi eventi non può essere solo quella di un maggior controllo
del territorio da parte delle forze dell’ordine o la costituzione di consulte per la sicurezza, ma è ne-
cessario fare un fronte comune, in maniera indistinta, per rimettere al centro dell’attenzione il tema
della legalità.
Questo è il senso dell’iniziativa di novembre che si terrà a Nonantola, promossa dal Comune di No-
nantola, insieme alla Fondazione Angelo Vassallo e all’associazione Pace e Solidarietà. Un approfon-
dimento per la conoscenza e la prevenzione delle infiltrazioni mafiose sui nostri territori e la possibi-
lità di dare vita sempre più ad una fitta rete di scambio di informazioni tra i diversi Comuni della no-
stra provincia e della nostra regione. Una rete che crediamo debba essere allargata anche ad altri Co-
muni del Nord Italia che saranno invitati all’iniziativa, non dimenticando soggetti come intellettuali,
associazioni culturali di volontariato e quelle di categoria. Il programma dell’ iniziativa che si terrà a
Nonantola il 14 e 15 novembre, è abbastanza corposo e diversificato.
Venerdì 14 novembre dalle ore 15.00 alle ore 18.30 presso il Teatro Troisi si svolgerà un seminario con i sindaci della provincia di Modena, quelli della regione e alcuni del Nord Italia sulla legalità e infiltra-zioni mafiose. Insieme si cercherà di individuare strumenti e azioni, attraverso le esperienze che i di-versi Comuni hanno messo in campo. Tra i relatori del seminario, ci sa-ranno: Franco Roberti, Procuratore Nazionale Antimafia; Dario Vassallo, presidente della Fondazione Vassallo; Isaia Sales, docente di “Storia delle Mafie” presso l’Università Suor Orsola Benincasa di Napoli; Giulia Di Giro-lamo, autrice del libro “Non diamoci pace"; Maria Ferrucci, sindaca di Cor-sico (MI). Alle ore 21.00 ci sarà un incontro pubblico sul tema delle Mafie al Nord (rivolto alla cittadinanza e soprattutto ai giovani) con uno sguar-do dall’analisi generale al quadro locale. Sabato 15 novembre alle ore 10.30 ci sarà l'inaugurazione, con la parteci-pazione delle scuole del territorio, del “Percorso di legalità” nel Parco di Angelo (parco della legalità dedicato al Sindaco Pescatore). Alle ore 18.00 presso il Teatro Troisi assi-steremo a "I Cravattari", un'opera teatrale messa in scena dai ragazzi del NEST teatro di Napoli, sul tema dell’usura.
Vi aspettiamo!
Dario e l’ex sindaco Borsari
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Mario, un uomo del Sud Qualche sera fa in Lussemburgo sono stato a cena insieme a Marina
Cinque, moglie di Mario Notaroberto, ristoratore italiano trasferitosi
nel Granducato trent’anni fa.
Mario l'ho conosciuto questa estate ad Acciaroli, dove ero in vacanza
con la mia famiglia. Lì ci siamo incontrati per la prima volta e ho subito
avvertito la sensazione di averlo sempre
conosciuto, forse perché, guardandolo
attentamente, mi ricorda in un solo col-
po persone a me care.
Per la sua saggezza ricorda mio padre,
per la sua solitudine mi ricorda Giuseppe
Spagnuolo, l'ultimo abitante di Roscigno Vecchia, per la sua caparbie-
tà mi ricorda Gerardo Spira e per la sua intelligenza, Pantaleo De Mar-
co. Tutti cilentani.
Il suo ristorante è arredato in modo semplice, dove ogni cosa è al suo
posto, senza osare, senza fronzoli, quasi con pudore. Anche le foto
che ritraggono Mario con star come Zucchero, Charlie Aznavour, o po-
litici lussemburghesi o lo stesso Granduca non sono in bellavista ma
sono ben nascoste, dietro, dove solo pochi possono accedere.
Cenando insieme a Marina ho riflettuto molto sulla figura di quest'uo-
mo e della sua famiglia composta dalla stessa Marina, moglie, madre,
lavoratrice (non nel ristorante) e due figli, laureati, ma che continuano
il mestiere del padre, che fu del nonno.
Cenando ho capito cosa c'è dietro ad un ottimo piatto di carne, dietro
a delle verdure che arrivano direttamente dalla campagna di famiglia,
dal Cilento, precisamente da Palinuro.
C’è la storia di una famiglia, che con il lavoro, la
cultura, il sudore, fa conoscere la bella Italia
che non è seconda a nessuno quando a rappre-
sentarla ci sono uomini di questo spessore.
Ho bevuto un vino eccezionale, io che non sono un conoscitore dei vi-
ni, e ho scoperto che questo ristorante ha una carta dei vini che è un
Dario Vassallo, fratel-
lo di Angelo Vassallo,
è il presidente della
Fondazione Angelo
Vassallo Sindaco Pe-
scatore. Medico nella
vita, da 49 mesi rac-
conta il Sindaco Pe-
scatore a chiunque è
desideroso di cono-
scerne la vicenda
umana e politica.
A metà ottobre 2014 è
stato a Lussemburgo,
ha presentato il suo
libro “Il Sindaco Pe-
scatore” e ha potuto
apprezzare il lavoro
di Mario Notarober-
to, ristoratore di ori-
gini cilentane che ha
conosciuto la sua for-
tuna nel Granducato.
Mario Notaroberto
La cantina
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tomo tutto rilegato in pelle rossa, dove i vini sono suddivisi per regione.
La carta dei vini, composta da 1100 vini italiani, ha permesso a Mario di vincere, nel 2005, il primo pre-
mio per la selezione dei vini italiani in Europa.
Il premio non è esposto all'ingresso del ristorante ma è ubicato in uno scaffale della cantina sotto-
stante, scavata nella roccia, dove ti perdi tra migliaia di bottiglie di vino e di spumanti.
La bellezza di questo luogo si arricchisce dalla presenza di decine di ragazzi , tutti italiani e tutti pro-
venienti dal sud: Capaccio, Paestum, Agropoli. Essi lavorano alle dipen-
denze di Mario ed egli pensa a loro come un padre pensa ai propri figli.
Che bella esperienza: ho assimilato una lezione di vita, sperando che un
giorno anche i miei figli possano trascorrere, da camerieri, una settima-
na con Mario per apprezzare la forza di un uomo che, quando va bene,
dorme tre ore. Non è una forza fisica, è una forza che proviene dalla
cultura e dalla "rabbia consapevole" che per realizzare i propri sogni molte volte questi uomini di cul-
tura devono emigrare per dare il meglio di se stessi.
Io e Marina abbiamo cenato da soli, serviti con professionalità dal figlio Dario, mentre attorno a me
avvertivo il frastuono educato che proveniva da altri tavoli e apprezzavo il suono di diverse lingue:
francese, tedesco, italiano, spagnolo, lussemburghese. Che strana e bella sensazione!
Mario non era con noi, lavorava insieme al figlio Livio nell' altro locale "Culturando - vino e cultura”,
dove fino a pochi minuti primi avevamo parlato di Angelo e della sua bella politica, alla presenza di
tanti italiani, molti dei quali in Lussemburgo hanno un lavoro di prestigio, ad esempio presso le sedi
dell'Unione Europea.
Durante la presentazione si è acceso un dibattito molto animato attraverso il quale ho percepito la
rabbia dei nostri connazionali che con il corpo stanno lì, ma con il cuore sono rimasti in Italia.
Il giorno dopo non ho rivisto il mio amico perché mentre la mia sveglia suonava alle otto, la sua non è
mai suonata: quando ha chiuso "Culturando" erano le tre del mattino ed è ripartito in macchina per
Bruxelles, dove doveva prendere un aereo per raggiungere Foggia alla ricerca di altri sapori e saperi
del nostro Sud da portare nel suo ristorante “au Luxembourg”.
Notaro Resaturant
11 ottobre 2014: a Lussemburgo un incontro per raccontare Angelo Vassallo.
Da sinistra: Piero De Luca, Dario Vassallo e Marina Cinque
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Angelo Vassallo, un profeta assassinato
Cari amici, in questo secondo numero vogliamo riproporvi l’articolo di
Alain Faure, direttore di ricerca presso il dipartimento di scienze politi-
che dell’università di Grenoble, scritto e pubblicato sul quotidiano “Le
Monde” il 17 settembre 2010. Un’analisi psicologica profonda, nata da
un lungo incontro tra i due, racconta con lucidità la figura e l’operato
del Sindaco Pescatore, cogliendone i tratti principali ma anche le delu-
sioni di un contorno troppo ambiguo per un uomo così deciso e lungimi-
rante.
Il sindaco di Pollica è stato ucciso il 6 settembre 2010 con sette pallot-
tole alla testa e al cuore. Tutti quelli che, in Campania, in Italia e nelle
reti ambientaliste internazionali, hanno avuto la fortuna di incontrarlo
o lavorare al suo fianco, sono rimasti sconcertati, devastati, sbalorditi
quando hanno appreso la notizia.
Angelo Vassallo sembrava toccato dalla grazia in tutto ciò che faceva.
A vent’anni sognava la rivolta dei piccoli pescatori della sua comunità,
a trenta aveva ridato vita al porto locale, a quaranta aveva rilanciato la
filiera dell’oliva nel Cilento, a cinquanta aveva inventato l’ecologia in-
tegrata in Campania e promuoveva delle idee geniali a livello europeo
arrivando fino in Cina (il suo ultimo viaggio in rappresentanza di Cit-
taSlow) per conciliare l’urbanizzazione, la protezione dell’ambiente e
lo sviluppo locale. La sua forza vitale era semplicemente sensazionale,
un percorso non convenzionale per un uomo con un’intelligenza bril-
lante, generoso e lungimirante, ossessionato per la sorte dei suoi cit-
tadini più fragili e promotore della costruzione di una comunità più
rispettosa dell’ambiente.
Due anni fa, nell’ambito di una ricerca sociologica sulle passioni politi-
che a Napoli e in Campania, io ho avuto il privilegio di raccogliere la
sua testimonianza sul senso che egli dava al suo operato e sulle con-
vinzioni che lo animavano. Egli ci ha ricevuto in un vecchio edificio,
offerto al comune da un residente del posto e trasformato in Casa del
Mare, poi abbiamo percorso il paese perché egli ci ha voluto assoluta-
mente mostrare l’essenza sul territorio del suo progetto sociale. Alla
mia domanda insistente (che l’obbligava a sfidare la sua naturale mo-
Alain Faure, ricercar-
tore presso l’Istituto
di studi politici di Gre-
noble, ha dedicato
interessanti studi al
funzionamento della
macchina burocratica
e ai sistemi di coope-
razione tra enti locali.
In occasione di una
ricerca sul sistema
politico in Campania,
ha incontrato Angelo
Vassallo che lo ospitò
a Pollica, facendogli
toccare con mano i
frutti del suo opera-
to. Faure ha racconta-
to Angelo Vassallo, il
“profeta planetario”,
su uno dei quotidiani
francesi più impor-
tanti.
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destia), ci ha raccontato delle sue prime emozioni in politica, del suo paese, dei suoi genitori, dei
suoi amici, facendo riferimento alle ragioni profonde che lo avevano spinto a consacrare tutta la sua
vita alla difesa di una concezione risolutamente altruista e combattiva dell’impegno pubblico.
UNA PERSPICACIA VISIONARIA E UN CORAGGIO ECCEZIONALE - Ascoltandolo, si percepiva subito un
messaggio forte, un modo molto particolare di fare politica. Questo messaggio partiva dall’idea ri-
voluzionaria (nel senso storico del termine) che il ruolo dell’eletto consiste innanzitutto nel lottare
senza sosta contro tutti i privilegi e gli ordini prestabiliti. Questa lotta passa attraverso delle decisio-
ni molto concrete, dai gradini dei servizi pubblici comunali e intercomunali, per ridurre le disugua-
glianze iscritte nel lungo corso delle storie individuali e comunitarie. Il suo percorso professionale,
dalla piccola barca paterna fino alla flotta moderna di Pollica, aveva colpito frontalmente l’antico
scoglio della proprietà terriera e dei poteri stabiliti, “l’abisso incolmabile che separava nella mia gio-
ventù i pescatori che possedevano tutto: la terra, i beni, i commerci, il potere politico…”.
Eletto sindaco (con sorpresa di tutti visto che aveva preferito le riunioni pubbliche al “porta a por-
ta”), designato presidente intercomunale tra i suoi colleghi (di tutti gli schieramenti politici), eletto
consigliere provinciale tra le file dei Verdi, il piccolo “sindaco ambientalista” aveva accettato delle
responsabilità crescenti per il solo motivo che era suo dovere colmare questo abisso, renderlo me-
no ineluttabile. Egli spiegava instancabilmente ai suoi interlocutori, ai suoi compagni e ai suoi avver-
sari che i suoi progetti miravano innanzitutto a ridare dignità agli umili, ai dominati, agli esclusi, ai
senza voce. A questo proposito, egli era visceralmente ottimista rispetto alle reali possibilità delle
autorità pubbliche, compreso il livello regionale, di stimolare orientamenti virtuosi in materia di so-
lidarietà e sviluppo.
Tuttavia, l’intervista si era conclusa con toni molto più pessimisti, quando egli aveva citato il cambia-
mento di mentalità così lento, il peso della tradizione, il muro del silenzio circa il retaggio clientelare
e classista in modo che nulla si muova e affinché la politica resti una questione di clientela. Mille vol-
te, gli era stato proposto del denaro, dei vantaggi o dei beni affinché egli mettesse provvisoriamen-
te un “fazzoletto” sulla sua sensibilità accresciuta in stile Robin Hood. Mille volte egli ha risposto
“no”, serenamente e fermamente, convinto che la sua linea di condotta era giusta e necessaria.
Prendeva garbatamente in giro la cecità dogmatica e a volte elitaria dei suoi amici ecologisti, si la-
mentava dei compromessi bizantini dei suoi colleghi socialisti e ex-comunisti, ammirava i sindaci dei
piccoli comuni che lo sostenevano quotidianamente, compativa le campagne elettorali in cui i pro-
grammi si limitavano a delle promesse individualizzate, credeva alle politiche regionali ambiziose
incentrate sull’educazione e l’educazione civica.
Durante il suo primo mandato, aveva assunto un segretario comunale umanista e atipico che difen-
deva i valori fiammeggianti dell’attivismo sociale. Questa collaborazione lo aveva a lungo segnato
nella convinzione che la politica potesse rendere le persone più grandi, più consapevoli e orgogliose
del loro appartenere alla comunità umana.
In termini di scienza politica, si può dire che la sua lotta era parte di una sensibilità esasperata nel
denunciare i pericoli che minacciano la coesione sociale, e non solo in Italia meridionale: le disugua-
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glianze sociali, il “dio denaro”, il rifiuto del cambiamento, i disequilibri ambientali, le segregazioni
spaziali, il nepotismo, l’isolazionismo, la criminalità organizzata.
Uccidendo Angelo Vassallo, i “cani rabbiosi” della mafia non hanno solo difeso i piccoli o i grandi
interessi legati ai traffici criminali della droga e della speculazione edilizia. Hanno anche assassinato
un profeta. Un profeta locale e mondiale. Un eletto dal popolo che affrontava con acume visionario
e coraggio eccezionale le più chiare e lampanti disfunzioni della società contemporanea.
Angelo Vassallo - Sindaco Pescatore
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Una lettera da Philadelphia Bell phone 61-63 Walnut Keyston phone 44-23 D. Main
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Succursale 919 So. Llth. St. Philadelphia 09 settembre 1908
Mio carissimo Diego,
Dopo sì lungo silenzio, eccomi a scriverti ed a chiederti scusa se venni
meno ai dettami della morale e non adempii prima al mio dovere. Par-
tii senza rendertene nemmeno consapevole, e solo a mezzo d’altri ti
fu dato sapere la mia venuta in America. Qui giunto a tutti sorrisi, me-
no che a te. E perché questa spoderata ingratitudine? Quale ingiustizia
avevi commessa a mio danno? Nessuna, ma io sempre vile, sempre ab-
bietto, sempre immorale, ciò feci in ossequio ai benefici da te ricevuti,
giacché, troppo onesto, non sapeste mai abusare della tua maggiore
età e spesso metteste in pericolo il tuo per salvare il mio. Quando ri-
fletto sul mio agire a tuo riguardo arrossisco e fo orrore a me stesso.
Da molto tempo avrei voluto scriverti, ma mi credei sempre indegno
elevare il mio pensiero sino a te. Credetti che certamente avresti ac-
colti i miei scritti con disprezzo, ma adesso mi sono avveduto che an-
che in questo avevo il massimo torto poiché le anime buone nobili co-
me te senza esitare perdonano e spesso dimenticano un triste passa-
to. Scriviamoci dunque senza riserva, amiamoci da fratelli se non per
altro per la sacra memoria del Padre nostro e per l’amore e l’affetto
verso la pari mamma che di tante cure ci colmò.
Da bando, caro Diego, le idee fallaci, da bando le fanciullaggine, e pen-
Correva l’anno 1908,
Peppino, emigrato in
America da qualche
tempo, scrive una let-
tera al fratello Diego.
Tra aneddoti e confi-
denze di famiglia, si
fanno spazio le im-
pressioni sulla nuova
città da scoprire e
l’orgoglio di un nuo-
vo lavoro e anche del
riscatto morale, di
una raggiunta posi-
zione sociale rispetta-
bile e rispettata, di
impegni, sogni e spe-
ranze. Un documento
eccezionale, che testi-
monia il coraggio di
scegliere ieri come
oggi: non bisogna
avere paura di cerca-
re nuove opportunità
altrove, dove essere
giovani e qualificati è
un valore aggiunto
che ci permette di
crescere e costruire il
futuro, senza dover
prima raccattare i
cocci di chi ci ha pre-
ceduti.
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siamo a formarci un florido avvenire che sarà di onore al nostro nome e alla nostra famiglia.
Scacciamo dalla nostra troppo giovane mente ogni progetto che coll’eseguirlo ci umilierebbe e ci de-
graderebbe e pensiamo che, acquistandoci un nome, procacciandoci un avvenire il nostro merito è
maggiore di quello di qualunque altro giacché crescemmo, ci educammo senza un padre, senza una
guida. Guardiamoci, fratello caro, da innalzare persone che giacciono nel fango fino a noi imperochè
questa leggerezza andrebbe a nostro discapito. Siamo fermi nell’altra idea del bene e non ci lasciamo
trascinare da illusione sbagliata e così non andiamo incontro a pentirci del mal fatto, cosa a cui in
nessun modo si potrebbe a dar riparo.
Io sono qui lungi dalla patria mia, lungi dalla mia famiglia, lungi da ogni affetto, lungi da ogni inco-
raggiamento esclusivamente per soffrire, eppure accolgo con soddisfazione con gioia ogni sofferen-
za, e questo perché mi p dato vedere nel dolore un roseo avvenire in seno alla mia amata famiglia.
Lasciami adesso parlarti un poco intorno a questa industre e popolosa città che conta circa due milio-
ni di abitanti tra i quali 150 mila italiani. Essa fa meno di New York oltre un milione di anime eppure è
molto più vasta di quella città. In questa città regna la quiete e d’altro canto offre molti divertimenti.
A me però, perché inconsapevole della lingua, non è dato goderli ma del resto ci fa poco conto giac-
ché l’unica mia tendenza è il lavoro.
Non per vantarmi ho fatto conoscenza con le più autorevoli personalità e godo la fiducia e la stima di
tutti. Occupo un posto in una banca ove tutta la responsabilità è mia, sono agente generale di parec-
chie case di New York che importano prodotti italiani di ogni sorta e fra un anno, oltre ad avere un
nome, ciò una discreta posizione tanto da impiparmene di qualche pollichese.
Eccoti il pazzo di Pollica. In mezzo a quella gentaglia ero pazzo e qui, tra persone di affari godo la fi-
ducia di tutti tanto che mi pesa sullo stomaco la responsabilità di parecchie decine di migliaia di scu-
di. Scrivessero i signori di Pollica al Credito italiano (sede Napoli) e vedono quanti vaglia di migliaia di
lire portano la mia firma. Si informassero quante centinaia di operai ho collocati al lavoro in questi
difficili tempi di crisi. Sappi che nei conto di tutti gli affari uso la regola che si usa negli uffici del regi-
stro in modo che, nessun centesimo sfugge. Oltre a questo parecchi notai incaricati di stipulare atti
ricorrono a me per sapere la tassa di registro da pagarsi in Italia. Rispondo con spropositi quando si
tratta con atti difficili ma intanto quei spropositi mi fanno per un vecchio ricevitore del registro.
Questa è la terra delle imbroglie tanto che c è il detto comune “spoglio a te e vesto a me”. Basta dirti
che con l’aiuto di un mio amico che gode fame per la letteratura ho pubblicato degli articoli impor-
tantissimi tanto che spesso mi pregano scrivere. Adesso stiamo preparando un bellissimo articolo
dal titolo “La scuola laica ed il pensiero di Giordano Bruno” del quale articolo te ne farò tenere un
numero.
Qui non ci vuole molto per acquistarsi un nome e scrivendo si raggiunge subito lo scopo. Qui anche
chi scrive tacciando l’operabilità di tutti non solo acquista meriti ma fa pure denaro poiché il suo si-
lenzio di fronte ad una persona di affari viene ben pagato.
So che sei stato a casa e t’invidio. Forse hai letta qualche lettera diretta allo zio Andrea riguardo alla
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squaldrina ********. Non impensierirtene poiché ciò ho fatto e continuo a fare solo per avere la sod-
disfazione di scriverle ancora una volta e dirle (mentre si aspetta parole di amore) quanto è piccola di
fronte a me.
Io non mi ammoglierò mai e se tu ci hai questa intenzione ammogliati fa qualunque calcolo su di me
ma scegli se non la donna ricca la donna che puoi andar superbo d’averle dato il tuo nome.
Di questo ne parleremo più ampiamente in altra occasione.
Ti dico solo di sistemare la pendenza in famiglia ed al denaro ci penso io. Scrivi subito.
Ti abbraccio
Tuo aff. imo fratello
Peppino
No, 836 Christian Street
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La foto del mese
Bellezza è… CULTURA
Chiudiamo il secondo numero del nostro periodico “Sconzajuoco” con una
bella fotografia di Matera, la città che pochi giorni fa è stata designata
“Capitale Europea della Cultura” per il 2019.
Auguri al comitato che ha lavorato all’importante progetto di candidatura
ed ai cittadini che lo hanno sostenuto con entusiasmo ed orgoglio.
Complimenti alle altre città e a tutte le città che operano con la cultura e
per la cultura intesa come elemento fondamentale per la costituzione di
una libera identità civile e sociale.
«Delle città dove sono stato, Matera è quella che mi sorride di più, quella che
vedo meglio ancora, attraverso un velo di poesia e di malinconia.»
[Giovanni Pascoli]
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