obsession - invasioni 2014

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Catalogo della mostra Obsession Cosenza 10-20 settembre 2014 Curatore Paolo Aita Illustrazioni e grafica: Stefania Maranzano

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O B S E S S I O N

a cura di Paolo Aita

O B S E S S I O N10<20 settembre 2014

a cura di Paolo Aita

Si r ingraziano, per gl i spazi concessi, l ’Archivio di Stato (sede di Cosenza), la Biblioteca Civica , la Biblioteca Nazionale di Cosenza, i l Convitto Nazionale , la Fondazione Attil io e Elena Giuliani .

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a cura del l ’Amministrazione Comunale di Cosenza

Sindaco Mario OcchiutoAssessore al la cultura Geppino De RoseAssessore al lo spettacolo Rosaria SuccurroDir igente di Settore Luigi BilottoDir igente di Serviz io Mariuccia Sisca

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Arte a Cosenza

Invasioni è una manifestazione ormai consolidata della città di Cosenza, che tuttavia adesso sta vi-vendo un rilancio e un recupero della sua vitalità e del suo significato originari. Così torna a svilupparsi intorno a un tema, a un filo conduttore. E mi fa piacere che quest’anno il trait d’union sia l’arte figu-rativa, e segnatamente la pittura. Sia perché intorno a questa materia il Comune sta sviluppando un discorso di realizzazioni e accoglienze significativo e originale, che si raccoglierà intorno al Lungofiume e che presto darà frutti visibili. Sia perché rappresenta un’opportunità di conoscenza, di confronto e di crescita per gli artisti cittadini e per i giovani.È importante che le mostre previste in Invasioni siano diverse, e in particolare che coinvolgano tante realtà, tante presenze, tante menti della città. Dalle mostre nelle scuole a quelle nei centri che si oc-cupano del disagio, fino alle carceri. E poi a coloro che in città sviluppano, da poco tempo o da molto, un discorso di espressività che concerne varie tecniche di disegno e di fotografia. Fino ad artisti non calabresi, o illustri calabresi emigrati, che in Obsession ci illustrano percorsi mentali che, anche in maniera insolita e insinuante, ci coinvolgono tutti.A tutti pertanto i miei auguri di buon lavoro, e che i loro sguardi ci aiutino a capire sempre meglio e più profondamente noi stessi e il mondo in cui viviamo.

Il SindacoMario Occhiuto

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InvasioniFranco Dionesalvidirettore artistico

Quando ci soffermiamo a guardare i capolavori che grandi artisti del passato ci hanno lasciato, un cumulo di pensieri si addensa nella nostra mente. Compiacimento, certo, ma talvolta anche smarri-mento; gratitudine, ma anche meraviglia. Mentre godiamo dello scarto di coscienza, dell’elevazione emozionale e spirituale che quell’opera ci induce ad ottenere, siamo anche portati a chiederci: ma come è possibile? Come è potuto accadere ad una persona fatta come noi, che ha vissuto alle nostre latitudini e delle nostre miserie, riuscire a cogliere e a manifestare una percezione della Bellezza così intensa? Qualcosa capace di trascendere i confini di una singola mente e partecipare di sentimenti e percezioni universali?E talvolta i filosofi si sono interrogati: queste capacità si sono sviluppate in lui, o non è stato piuttosto un demone che ha preso possesso della sua mente e l’ha portata in una dimensione diversa, gli ha dettato concetti e visioni che altrimenti non avrebbe potuto concepire e manifestare?L’idea del demone è peraltro comune a diversi cultori di “estetica” (ahimè, mi tocca precisare che si parla di un ramo della filosofia e non di cure per il corpo). La stessa idea delle muse ispiratrici, o delle divinità che arrivano in soccorso di poeti e cantori per suggerire le parole “alate”, risente di questa idea di potenze benefiche che verrebbero in nostro soccorso per renderci uomini e donne superiori, per portarci a livelli più alti di espressione.Che si tratti di entità esterne, o che invece il demone siamo noi stessi, comunque poeti e pittori so-vente parlano dei loro momenti di creazione in termini di ispirazione, si dicono rapiti da un livello di coscienza insolito e superiore. C’è dunque un’altra, più intima e più luminosa invasione. Che ci procuriamo da noi stessi, quando riusciamo a provocarci con l’arte un corto circuito che ci rapisce alle incombenze quotidiane e ci eleva ad un livello più rarefatto di percezione. Che ci consente poi, quando torniamo sulla terra, di vedere anche i luoghi e le presenze quotidiane in una luce nuova, capace di tutto avvolgere e tutto santificare.

Invasioni 2014 vi invita a lasciare che l’arte invada le vostre menti. Se lo faremo davvero, accadrà qualcosa di completamente nuovo.

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Il contemporaneoPaolo AitaCuratore

O BS E S S I O N

Non sapremo mai dove finisce l’ossessione e inizia la ricerca della perfezione. L’arte è fatta anche di lunghi tentativi, che si ripetono perché falliscono, o perché sono gradini intermedi verso un ideale che solo con grande lavoro riusciamo a lambire. L’ossessione in psicologia è caratterizzata fondamental-mente da due aspetti: la fissazione su un oggetto o un atteggiamento che vengono riproposti in modo continuo ed esclusivo. A ciò si aggiunge la scarsa rilevanza concreta di questa patologica considera-zione affettiva o emotiva. Questi comportamenti fanno parte anche dell’universo dell’arte. Gli schizzi o gli studi dello stesso oggetto ripetuto infinite volte, come le nature morte di Morandi, il recupero di qualsiasi piccola variazione su un tema, spesso neanche percepibile dagli estranei, come avviene nei numeri di Opalka, l’uso di materiali degradati o inutili, come gli oggetti di scarto raccolti per anni da Schwitters, rivelano un atteggiamento manierato, ripetitivo, da sempre connesso con la pratica artistica. Uno degli aspetti della contemporaneità consiste nella valorizzazione degli stati os-sessivi. Lungi dal considerarli solo uno scotto da pagare per raggiungere la conoscenza dell’oggetto perturbante, oppure un’esangue e noiosa raccolta di tentativi ripetuti, oggi gli stati ossessivi sono ritenuti interessanti in quanto tali, in quanto atteggiamenti estetici. Le ricerche sull’Art Brut di Dubuffet, sull’arte degli alienati, degli “irregolari”, sono compiute non più sull’aspetto di curiosità medica, scientifica o sociale di queste opere, ma sul loro valore estetico. Tra queste opere si trovano delle sorgenti fondamentali della modernità, perché all’inizio del novecento si spezza la barriera che separava l’estetica dalla creatività, e qualsiasi frutto della ricerca che verta sui linguaggi sarà considerata bella e ospitata nell’arte.Obsession nasce con lo scopo di mostrare quanto gli stati mentali “normali” abbiano bisogno degli arbitri della creatività per realizzare nuove produzioni, anche in ambito sociale e professionale. Se le opere che presentiamo saranno giudicate belle, interessanti o curiose, possiamo essere certi che la nostra mente ha già inaugurato un dialogo con loro, sta già lavorando per metabolizzare i loro dati. Sempre più frequentemente è richiesta la creatività (più della capacità o della forza) per risolvere la crisi in cui l’Occidente si dibatte. L’ossessione è uno dei motori della mente, uno degli strumenti che la creatività adotta per procedere, e rendersi utilizzabile. L’arte ha sempre fatto tesoro di questi particola-ri stati di coscienza; la contemporaneità oggi li celebra per essere uno strumento adatto a raccogliere nuovi frutti, necessari per una propulsione contro tutte le paure, e finalmente cambiare.

La sensazione di orrore ispirata dal teschio è certamente nota a tutti. Più recente è l’utilizzazione di questa immagine, simbolo a tutti gli effetti, nel marketing e nell’arte. Salvatore Anelli ne ha subito fortemente il fascino, e ne fa ha fatto il suo tema unico per lunghissimi anni. Nella sua opera il teschio subisce metamorfosi formali e materiali, e diventa il segno capitale nel quale tradurre ogni accadimento, e si propone così come un ossessivo memento mortis.

Elvio Chiricozzi raccoglie una sfida lunga quanto l’umanità. Ma i suoi uccellini invece di essere allegri celebratori della leggerezza e del libero volo, diventano pesanti, scultorei, se utilizzati in tale

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scriteriata quantità. La bellezza dell’incontro nella moltitudine, celebrata da tanta cultura etologica, in questa opera mostra un altro aspetto, e la biologica intesa di questi volatili diventa improvvisamente inquieta, minacciosa. Il volo qui è un’entità solida, un’ossessione.

claudioadami raccoglie con pazienza i suoi segni, e da anni li inserisce all’interno di tavole sor-montate da una data. L’intento è un dialogo col tempo, che si vuole fermare nelle pagine di un ipote-tico diario, dove ogni giorno è riempito di segni esattamente come un foglio. L’ossessione risiede nel pluriennale tentativo di tradurre caparbiamente il tempo in segni, unico tema dell’arte di claudioada-mi. Ma come il tempo non è l’orologio, anche la vita non coincide con le sue tracce.

Giulio De Mitri per celebrare adeguatamente il Mediterraneo, realizza solo monocromi in un azzurro acqueo. Lo spettro cromatico delle sue opere è ridotto ossessivamente a questo puro e solo colore, ma si carica di infinite valenze culturali, poiché incorpora forme geometriche, figure simboliche come gli angeli, reperti archeologici. In questo azzurro si può leggere anche la nostalgia di una dimen-sione, di un ambiente, che protegga e renda possibile un’intimità.

Nell’opera di Franco Flaccavento si può notare il desiderio tassonomico di conoscere meglio le figure della devianza. L’uso di una tecnica unitaria conforma questa galleria di figure, in cui il ritratto a disegno (forse per una più spiccata dimensione scientifica) è inserito all’interno di un profilo universa-le. L’ossessione, queste figure, sembra affermare l’artista, è dentro ognuno di noi. È nel nostro destino conviverci e sfruttarla attraverso la creatività.

Uno dei tratti caratteristici della psicosi è l’ansia dell’ordine. La scopriamo anche nell’opera di Giu-seppe Gallo, che cerca di organizzare numeri e pezzetti di legno. Ma il suo è un tentativo di nume-rare l’inutile, poiché questi dati non sono necessari alla conoscenza, così notiamo che dietro questo suo immane lavoro c’è lo spettro dello spreco e una devastante ironia romantica che concerne la ricerca, la progettualità, la possibilità di avere un’immagine del mondo.

L’opera di Paola Gandolfi sfrutta le capacità linguistiche della pittura. In questa tela campeggia un’immagine che potrebbe essere un monte e una coperta. In seguito scopriamo che il foro potrebbe essere un ombelico, addirittura il buco di una tavolozza. Insieme a tutto ciò notiamo che è di pelle, così scopriamo che questa pittura parla di noi, del nostro corpo, e proprio ciò che teniamo nascosto qui è messo in evidenza, con un rovesciamento che questa società non può che definire psicotico.

Nell’opera di Alfredo Pirri l’accumulo mostra il suo viso incomprensibile e minaccioso. La piume invece di essere la metafora della leggiadria, come normalmente accade, sono un inquietante e os-sessivo simbolo della caducità, e non ne risolve la carica negativa il loro essere colorate. Alfredo Pirri ancora una volta elabora delle riflessioni sulla crisi della cultura occidentale, in cui l’insistenza della quantità non ripara la mancanza di riferimenti profondi.

Oliviero Rainaldi applica la sua creatività alla resa del corpo umano. Materiali della tradizione, come il gesso, oppure materiali completamente innovativi per la scultura, come il vetro, sono utilizzati dall’artista per dare forma al corpo e, al contempo, all’invisibile. Ma se il corpo è immagine di Dio, allo-ra queste sono anche raffigurazioni dell’assoluto, sono quindi un tentativo di dare forma a un’essenza che solo con una dedizione intransigente si può disporre al linguaggio.

Il mondo di Giuseppe Salvatori è completamente visivo. In questo l’oggetto vive in una con-traddizione: sebbene reso a due dimensioni, i suoi contorni sono riprodotti con tale ossessionato vir-tuosismo che, sembra, non abbiamo bisogno di altre informazioni per identificarlo e conoscerlo. In una specie di furore classificatorio gli oggetti sono stanati e celebrati in quanto essenze. La pittura restituita così a se stessa diventa più pura e più indiscreta, quasi maliziosa, come una mania.

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A n e l l i

C h i r i c o z z i

C l aud ioAdami

D e M i t r i

F l a c c a v e n t o

G a l l o

G a n d o l f i

P i r r i

R a i n a l d i

S a l v a t o r i

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S a l v a t o r eA n e l l i

- Di catrame e di anima -

Nato a Comiso, vive ed opera a Rende. Tra le sue mostre si ricordano: Zoogenesi Università della Ca-labria; Biennale Internazionale d’Arte di Londra; Tornare @ Itaca. Arte per la legalità, Museo dei Brettii e degli Enotri, Cosenza - Fondazione Mudi-ma, Milano; Un’altra storia. Dagli anni ’80 Como; Meccaniche della Meraviglia VIII, Brescia.

Chiesa di San Domenico

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E l v i oC h i r i c o z z i

Chiostro di San Francesco di Paola

- Ciò che non muta -

Nelle opere di Chiricozzi le figure umane si interro-gano sulla loro presenza nell’arte e nel mondo. Nel ciclo rivolto agli storni c’è l’apertura al possibile e alla leggerezza, al momento in cui il segno non è più materia e diventa bellezza. É presente alla Biennale del 2006, alla Quadriennale, a Volu-me!, ad esposizioni a Ostenda, Atene.

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C l a u d i o a d a m i

- Vaghe impressioni di lunghezza -

Adami nasce nel 1951 a Città di Castello (Peru-gia), e compie i suoi studi d’arte a Roma. Nei pri-mi anni ottanta inizia un percorso dove la parola scritta perde il suo aspetto e la sua funzione. Si tramuta così in puro segno nero che accumulan-dosi sulla superficie bianca della carta o della tela diventa stesura pittorica. Vive e lavora a Roma.

Chiostro di Santa Chiara

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G i u l i o D e M i t r i

- Lucis -

(Taranto 1952) insegna nell’Accademia di Catan-zaro. La sua ricerca linguistica si rivolge al segno delle proprie origini. Nelle sue opere materia e spirito si fondono con tecnologia e progetto. Ha partecipato alla XV Quadriennale di Roma, All’Enviromental Art Fe-stival Lakonia, ad Arthumanature a Sparta.

Convitto Liceo Classico

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F r a n c o F l a c c a v e n t o

- Fratelli -

Vive a Cosenza dove ha insegnato presso il Liceo Artistico. La sua produzione rispecchia il nostro pe-riodo storico, e con felice intuizione si colloca tra lo sguardo sul presente e la memoria del passato. La riflessione sull’ambiente come cultura dei luo-ghi e del territorio lo porta ad interventi diretti sui centri storici.

Biblioteca Nazionale

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G i u s e p p eG a l l o

Villa Rendano

- Senza titolo -

Vive e lavora a Roma dal 1976. Inaugura la sua attività con una personale alla galleria Ferro di ca-vallo. Dal 1979 approda a un ambito internazio-nale con la mostra Europa 1979. Fra le principali esposizioni ricordiamo la presenza alla Biennale di Venezia del 1986 e 1990, al MOMA di New York, al Fukuyama Museum of art.

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P a o l aG a n d o l f i

- La prima casa - Particolare

È nata a Roma e ha studiato all’Accademia di Bo-logna. Ha indagato il tema femminile, la psiche e il corpo della donna, con mezzi diversi, dalle istalla-zioni ai dipinti. Fra le principali esposizioni si ricor-dano la Biennale di Venezia del 1995, il Macro, il Palazzo delle Papesse di Siena e a numerosi altri eventi da Roma a Tokio.

Casa delle Culture

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A l f r e d oP i r r i

Museo dei Brettii e degli Enotri

- Arie -

(Cosenza 1957) vive e lavora a Roma. Ha esposto in Italia e all’estero: Biennale di Venezia , PS1 New York, Palazzo Papesse Siena, Walter Gropius Bau Berlino, Villa Medici Roma, Bunkier Stzuki Kra-kov, Museo d’arte contemporanea Rjieka, Galle-ria Nazionale d’Arte Moderna Roma, dove la sua installazione Passi è esposta in permanenza.

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O l i v i e r oR a i n a l d i

- Conversazioni -

L’opera di Rainaldi è incentrata sulla figura umana, analizzata attraverso i diversi linguaggi del dise-gno, della pittura e della scultura. Importanti per-sonali gli sono state dedicate dalla Galleria D’Arte Moderna, Bologna, a Palazzo Venezia, Roma, al Museo Nazionale di Villa Pisani, Venezia, e alla Venice International University, Venezia.

Teatro Rendano

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G i u s e p p eS a l v a t o r i

Teatro Morelli

- Ognissanti -

Nasce a Roma nel 1955 dove vive e lavora. Espo-nente del ritorno alla pittura figurativa, nel 1980 è a Bologna con I Nuovi Nuovi di Barilli e a Ferrara in Italiana: la nuova immagine, di Bonito Oliva. Partecipa alla Biennale nel 1990. È presente nella Mostra Anni ’70 al Palazzo delle Esposizioni nel 2013 per la cura di Daniela Lancioni.

CHIESA E CHIOSTRO DI SAN DOMENICO Chiesa eretta per volere della famiglia Sanseverino di Bisignano verso la metà del ‘400, la sua con-sacrazione risale al 1468 e sorge sul sito di un edificio sacro preesistente. Sulla facciata spicca un bellissimo rosone espressione del gotico flamboyant in Calabria, costituito da sedici colonnine in tufo. Il portale ligneo presenta intagli con motivi floreali, figure di santi e stemmi dei Domenicani e della famiglia Cavalcanti. L’interno, di impostazione gotica, ha una sovrastruttura barocca in stucco. Di par-ticolare rilievo la Cappella del Rosario e la Madonna con Bambino, statua in marmo, pregevole opera del XVI sec. A sinistra della chiesa è posto l’antico convento dei Domenicani col notevole chiostro che reca arcate, pilastri e portali in stile catalano-durazzesco; al centro, un pozzo con stemmi della fami-glia Ruffo e Ferrari d’Epaminonda. Il Convento fu sede di uno Studium Generale dei Domenicani delle due Province di Calabria Citra e Ultra, dove fu ospitato anche Tommaso Campanella. Soppresso nel 1809, dopo vari usi, fu adibito a Distretto Militare e ora, acquisito dall’Amministrazione Comunale di Cosenza, è sede di eventi culturali.

CASA DELLE CULTUREEdificata agli inizi del ‘600 dalla Confraternita di S. Maria del Popolo, dopo una sua utilizzazione come Conservatorio, fu soppresso nel 1816 e destinato a sede del Decurionato cittadino e poi sede del Muni-cipio dal 1831 fino al 1959. L’ex sala del Consiglio, l’attuale sala Gullo, è l’ambiente più interessante dal punto di vista artistico, dove sono ancora evidenti le pitture murali realizzate da Rocco Ferrari nel 1889 e raffiguranti gli uomini illustri della città. Oggi la Casa delle Culture è luogo di attività ed eventi culturali.

BIBLIOTECA NAZIONALENei sotterranei della Biblioteca è possibile visitare gli scavi archeologici relativi alla cultura brettia e romana della città di Cosenza.La Biblioteca Nazionale dispone di ampi locali e di un patrimonio librario consistente. Inoltre è colle-gata in rete con le altre biblioteche nazionali, per cui l’utente può richiedere tutte le opere delle altre biblioteche.Nelle sale dell’ultimo pian o, inoltre, si realizzano mostre bibliografiche pittoriche, presentazioni di libri, dibattiti e concerti.

TEATRO RENDANOIl Teatro Comunale è dedicato al pianista Alfonso Rendano. Nel 1877, su progetto dell’architetto Nico-la Zumpano, fu iniziata la costruzione dell’edificio subito interrotta per mancanza di finanziamenti. Nel 1905, a lavori completati, un improvviso crollo lo rese nuovamente inagibile. Fu necessario attendere altri quattro anni quando, il 20 ottobre del 1909, tre grandi opere: l’Aida, il Mefistole ed il Rigoletto, inaugurarono uno splendido teatro a cinque ordini di palchi rivestiti in velluto rosso. Non solo, il tutto fu arricchito delle decorazioni della sala del napoletano Giovanni Diana e di quelle del soffitto di Enrico Salfi. Il sipario è un’opera d’arte a se stante: dipinto nei primi del Novecento da Paolo Vetri su disegno di Domenico Morelli, ritrae le nozze di Luigi III d’Angiò con Margherita di Savoia.Nel 2002-2003 venne nuovamente restaurato e oggi può vantare un’eccezionale attività artistica.

L’nvasione dei monumenti storiciLuigi Bilotto

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MUSEO DEI BRETTII E DEGLI ENOTRILa nascita del Museo è legata alla formazione del nucleo originario della sua collezione, proveniente dagli scavi effettuati nel 1888 e intesi originariamente alla ricerca dell’antica colonia di Sybaris. In quell’occasione fu ritrovata la necropoli enotra di Torre del Mordillo (Spezzano Albanese), l’area sacra greca di Cozzo Michelicchio e la necropoli thurina di contrada Caccia di Favella (Corigliano Calabro). Da allora la collezione del Museo si arricchì a più riprese, sia per l’acquisto di materiale sporadico, sia in virtù di nuove scoperte. Nel 1911 fu acquistato il primo nucleo del monetiere; nel 1916 furono inse-rite nella collezione le lucerne di età romana, provenienti da Cerchiara, e nel 1932 si unirono a questo materiale i reperti rinvenuti nella località Mojo di Cosenza, in occasione della costruzione dell’Ospeda-le Civile, dove fu scoperta una necropoli brettia.Dopo varie vicissitudini, solo nel 1970 il Museo fu allestito negli ambienti del Palazzo della Biblioteca Civica, dove rimase fino al 2003, anno in cui fu chiuso per destinarlo al Complesso monumentale di S. Agostino. Qui la collezione, che intanto ha acquisito altri reperti provenienti dagli scavi recenti nel centro storico di Cosenza, è stata sistemata con un nuovo allestimento, inaugurato nel 2009.

VILLA RENDANOVilla “Rendano”, che fu dimora del musicista Alfonso Rendano, è uno dei luoghi simbolo del patrimo-nio artistico e culturale di Cosenza, ultimato nel 1891, come confermato dalla data apposta al cancello d’ingresso. I recenti lavori di restauro sono stati animati dalla necessità di conservare tutti gli elementi originari presenti, cercando di recuperarne l’aspetto e la ricchezza decorativa e di trasformare gli ele-menti esistenti, rimaneggiati negli anni dai diversi proprietari, riconducendoli al loro aspetto originario attraverso fonti storiche. La Villa, che sorge alle spalle di Palazzo Arnone, è un elegantissimo palazzo ottocentesco, un meraviglioso gioiello di architettura civile dell’era moderna della Città di Cosenza al di là dei fiumi Crati e Busento.

CHIOSTRO SANTA CHIARAAdiacente la Biblioteca Civica, ha degli spaziosi corridoi coperti e sostenuti da possenti colonne; al centro invece rimane all’aperto, consentendo una temperatura fresca d’estate e temperata d’inverno. Ciò favorisce la realizzazione di iniziative culturali, dibattiti, piccoli concerti, anche rassegne cinema-tografiche. Inoltre è luogo di sosta, di passeggio e di rilassante conversazione, per le persone che passano ore di studio nella sala della biblioteca.Nell’edificio poggia anche l’Accademia Cosentina, elegante edificio in stile neoclassico fatto costruire dal Comune di Cosenza agli inizi degli anni trenta del Novecento per ospitare quell’Accademia fon-

data all’inizio del ‘500 da Aulo Giano Parrasio (nato a Cosenza e maestro di retorica a Roma, Milano, Venezia) e resa illustre da Bernardino Telesio. Vero tempio culturale cittadino, consentì a Cosenza di acquisire il titolo di Atene della Calabria.

CHIOSTRO SAN FRANCESCO DI PAOLALa Confluenza dei fiumi Crati e Busento è un luogo leggendario per Cosenza. E’ qui che, secondo la tradizione, nel 410 d.C. sarebbe stato sepolto con tutto il suo tesoro Alarico, re dei Visigoti, che, di ritorno da Roma dopo averla saccheggiata, si vuole trovasse la morte proprio a Cosenza. Un magnifi-co punto di vista di questo luogo, dall’alto, è piazza Plebiscito. Lì sorge la chiesa di San Francesco di Paola, il santo più amato in città. A fianco della chiesa si trova il Chiostro, che da qualche tempo è stato acquisito dall’Archivio di Stato. Sia nel chiostro che nella sala al primo piano si svolgono dibattiti, esposizioni, manifestazioni culturali.

CONVITTO NAZIONALEAl centro di piazza XV Marzo è posta la statua di Bernardino Telesio, in bronzo, opera di Achille D’Orsi realizzata nel 1914. Raffigura il filosofo cosentino in atteggiamento meditativo con in mano un libro e una penna. Il basamento su cui poggia la statua, in granito, presenta sulle facce laterali due basso-rilievi in bronzo raffiguranti storie della vita del filosofo, tra cui una spiegazione della sua dottrina e l’arresto durante il Sacco di Roma del 1527. Risalendo, si trova il Liceo Classico Telesio. A lato, occu-pando parte della struttura che fu il Liceo nel secolo scorso, sorge il Convitto Nazionale. Qui si svolge una normale attività didattica destinata ai più giovani, ma anche iniziative culturali ed esposizioni pittoriche.

TEATRO MORELLICorso Telesio è la principale arteria dell’antica città di Cosenza, che affonda le sue radici nella cinque-centesca Via dei Mercanti perché luogo dei commerci. Infatti sul suo percorso ogni piazza e ogni via desume il proprio nome dall’attività che un tempo vi si svolgeva (Piazza Piccola, Piazza delle Uova, Via degli Orefici, Piazza degli Speziali e Piazza dei Mercanti, solo per citarne alcune). In seguito assunse il nome attuale per celebrare la figura di Bernardino Telesio, filosofo cosentino del XVI secolo e autore del celebre De rerum natura iuxta propria principia. Dall’altro lato di piazza dei Valdesi si trova il Teatro Morelli, un teatro privato che da diversi anni viene gestito dall’Amministrazione Comunale; e che, dopo essere stato a lungo uno dei cinema più rinomati e frequentati della città, è ora destinato a stagioni di prosa seguite e che stimolano vivaci discussioni negli ambienti culturali.

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STAMPATO IN ITALIAnel mese di settembre 2014

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