musica, cultura e società nel sei-settecento 2017-2018... · ah dolente partita, ah fin de la mia...

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Storia della musica Musica, cultura e società nel Sei-Settecento

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Storia della musica

Musica, cultura e società

nel Sei-Settecento

La musica nella cultura e

nella società

Alcuni concetti generali

Ferdinand Khnopff, Ascoltando Schumann, 1883

Ludwig van Beethoven

E. L. Lami, Ascoltando una sinfonia di Beethoven, 1840

Compositore/Creatore

Esecutore

Pubblico

Le Sfere celesti

ARMONIA delle SFERE

Terra

Luna

MercurioVenere

SoleMarte

GioveSaturno

Stelle fisse

Cristallino

Primo mobile

Musica cultura e società

nel Sei-Settecento

Questioni di storia e

storiografia

Segni della PRIMA MODERNITÀ

• Stato moderno

• Invenzione della

stampa

• Uso delle armi da

fuoco

• Scoperte

scientifiche

• Esplorazioni

geografiche

• Riforma luterana e

controriforma

cattolica

Segni della MODERNITÀ

• Rivoluzione

industriale

• Capitalismo

• Massificazione e

Urbanizzazione

• Rivoluzione francese

• Stati Nazionali

• Nuovo tipo di

colonialismo

Segni della MODERNITÀ

• Popoli/Eserciti/

Guerra

• Secolarizzazione

• Conseguenze del

lavoro in fabbrica

• Una società di

individui

Musica cultura e società

nel Sei-Settecento

Dal Cinque al Seicento:

le corti,

il mecenatismo,

il madrigale

Castiglione, Il Cortegiano, I, 47

Rise quivi ognuno; e ricominciando il Conte, - Signori, disse, - avete a sapere ch'io non mi contento del cortegiano e s'egli non è ancor musico e se, oltre allo intendere ed esser sicuro a libro, non sa di varii instrumenti; perché, se ben pensiamo, niuno riposo de fatiche e medicina d'animi infermi ritrovar si po più onesta e laudevole nell'ocio, che questa; e massimamente nelle corti, […] ricordarò quanto sempre appresso gli antichi sia stata celebrata e tenuta per cosa sacra, e sia stato opinione di sapientissimi filosofi il mondo esser composto di musica e i cieli nel moversi far armonia, e l'anima nostra pur con la medesima ragion esser formata, e però destarsi e quasi vivificar le sue virtù per la musica.

La musica nella corte:

due tipi di mecenatismo(Annibaldi)

• Umanistico

più flessibile, personalizzato legato alla musica profana e ai

musicisti di camera.

• Istituzionale

fondato sulla funzione della musica come simbolo sonoro di

un gruppo umano e dei suoi leader. Musica sacra, musicisti

della “cappella musicale”.

La musica nella corte:

due tipi di mecenatismo

• Istituzionale

La musica SACRA che mostra la dignità, l’autorità e la

legittimità del principe e del suo potere

Cappella musicale.

• Umanistico

La musica PROFANA esempio della superiorità morale e

intellettuale del principe, della sua nobiltà e virtù.

Musicisti di camera.

Il madrigale

Particolare di un dipinto del Cinquecento con un libro-parte di

madrigali

Philippe Verdelot (ca. 1480-ca.1530), Ultimi miei

sospiri (testo di Ludovico -?- Martelli)

Ultimi miei sospiri,

che mi lasciate fredd’e senza vita,

contate i miei martiri

a chi morir mi vede e non m’aita.

Dite: «o beltà infinita,

da te ne caccia empio martire».

Et se questo gl’è grato

gitene ratt’in ciel a miglior stato.

Ma se pietà gli porge il vostro dire,

tornate a me ch’io non vorrò morire.

Carlo Gesualdo, Itene miei sospiri, madrigale a 5 voci dal V libro dei madrigali, 1611.

Storia della musica

Musica cultura e società

nel Sei-Settecento

Musica e spettacolo

tra Cinque e Seicento

Scena prospettica

Palladio, scena per il teatro Olimpico di Vicenza

Scena da La pellegrina, I intermedio, L’armonia

delle sfere

Scena da La pellegrina, II intermedio, Contesa

tra le Muse e le Pieridi

Scena da La pellegrina, III intermedio, Apollo

uccide il drago di Delfi

B. Buontalenti, bozzetto dal III

intermedio de La pellegrina

B. Buontalenti, bozzetto dal IV intermedio de

La pellegrina, L’annuncio dell’età dell’oro

Scena da La pellegrina, V intermedio, Arione e

il delfino

Scena dal VI intermedio de La pellegrina, Giove dona ai

mortali il ritmo e l’armonia

Intermedi della Pellegrina, Firenze 1589, Intermedio VI, Emilio de’

Cavalieri, O fortunato giorno

Tutti (a 7 cori) :

O fortunato giorno

Poi ché di gioia e speme

Lieta canta la Terra e ‘l Ciel insieme.

Ma quanto fia più adorno

Quando farà ritorno

Per Ferdinando ogni real costume,

E con eterne piume

Da l’uno a l’altro polo

La Fama andrà col suo gran nome a volo.

Intermedi della Pellegrina, Firenze 1589, Intermedio I, L’armonia delle

sfere, Vittoria Archilei, Dalle più alte sfere

L’Armonia

(discende da una nuvola cantando):Dalle più alte sfere,

di celesti Sirene amica scorta,

son l’Armonia, ch’a voi vengo, o mortali,

poscia che fino al Ciel battendo l’ali

l’alta fiamma n’apporta,

che mai sì nobil coppia il Sol non vide,

qual voi nova Minerva e forte Alcide.

Bernardo

Buontalenti,

Bozzetto per

l’Armonia che

scende dal

cielo nel primo

Intermedio

della Pellegrina

“Dalle più

alte sfere”,

una pagina

del libro-parte

del “cantus”,

cioè soprano

“Dalle più

alte sfere”

partitura

moderna

Giulio Caccini,

L’Euridice, Firenze,

Marescotti 1600

Monodia con basso continuo,

Monodia con basso continuo

Madrigale polifonico

J. Peri, L’Euridice, prologo

Io, che d’alti sospir vaga e di pianti

spars’or di doglia, or di minacce il voltofei negl’ampi teatri al popol foltoscolorir di pietà volti, e sembianti.

Non sangue sparso d’innocenti vene

non ciglia spente di tiranno insano,spettacolo infelice al guardo umanocanto su meste, e lagrimose scene.

Lungi via lungi pur da regi tetti

simolacri funesti, ombre d’affanni,ecco i mesti coturni, e i foschi pannicangio, e desto nei cor più dolci affetti. […]

Jacopo Peri (libretto: Ottavio Rinuccini) L’Euridice, prologo

Jacopo Peri (libretto: Ottavio Rinuccini), L’Euridice,

scena II

ARCETRO:

Ahi, morte invida e ria,

così recidi il fior dell’altrui speme?

Così turbi d’amor gl’almi contenti?

Lasso, ma indarno a’ venti

ove morte n’assal volan le strida?

Fia più senno il seguirlo, acciò non vinto

da soverchio dolor sé stesso uccida.

Coro: Al canto, al ballo, all’ombre, al prato adorno

alle bell’onde, e liete

tutti, o pastor, correte

dolce cantando in sì beato giorno.

Ninfa: Selvaggia diva, e boscherecce ninfe,

satiri e voi silvani

reti lasciat’ e cani,

venite al suon delle correnti linfe.

Coro: Al canto, al ballo, all’ombra, al prato adorno

[…]

Jacopo Peri (libretto: Ottavio Rinuccini), L’Euridice,

scena I

Musica cultura e società

nel Sei-Settecento

Claudio Monteverdi

C. Monteverdi, Ah dolente partita, (testo, G. B.

Guarini), in IV Libro dei Madrigali , 1603

Ah dolente partita,

ah fin de la mia vita!

da te parto e non moro? E pur i’ provo

la pena de la morte,

e sento nel partire un vivace morire,

che dà vita al dolore

per far che moia immortalmente il core.

Monteverdi, Ah dolente partita

C. Monteverdi, T’amo, mia vita, (testo G. B. Guarini),

in V libro dei Madrigali, 1605

«T’amo, mia vita» la mia cara vita dolcemente mi dice, e in questa sola sì soave parola par che trasformi lietamente il core, per farmene signore. O voce di dolcezza, e di diletto! Prendila tosto, Amore; stampala nel mio petto. Spiri solo per lei l'anima mia; «T’amo, mia vita» la mia vita sia.

«T’amo, mia vita» (S solo) la mia cara vita (A T B)dolcemente mi dice,

«T’amo, mia vita»

e in questa sola sì soave parola par che trasformi

lietamente il core, per farmene signore.

«T’amo, mia vita»

O voce,

«T’amo, mia vita»

voce di dolcezza, e di diletto! Prendila tosto, Amore; stampala nel mio petto. Spiri solo per lei l'anima mia;

(a 5 voci) « T’amo, mia vita» la mia vita sia!

Monteverdi, Lamento della ninfa (O. Rinuccini)

Ottavo libro di madrigali, pubbl. 1638

Non havea Febo ancora

recato al mondo il dì,

ch’una donzella fuora

del proprio albergo uscì.

Sul pallidetto volto

scorgeasi il suo dolor,

spesso gli venia sciolto

un gran sospir dal cor.

Sì calpestando fiori

errava hor qua, hor là

i suoi perduti amori

così piangendo va:

«Amor», dicea, il ciel

mirando, il piè fermò,

«dove, dov’è la fe’

che ‘l traditor giurò?»

Monteverdi, Lamento della ninfa (O. Rinuccini)

«Fa' che ritorni il mio

amor com'ei pur fu,

o tu m'ancidi, ch'io

non mi tormenti più.»

«Non vo' più ch'ei sospiri

se non lontan da me,

no, no che i martiri

più non darammi affè.»

«Perché di lui mi struggo,

tutt'orgoglioso sta,

che si, che si se'l fuggo

ancor mi pregherà?»

«Se ciglio ha più sereno

colei, che'l mio non è,

già non rinchiude in seno,

Amor, sí bella fè.»

Monteverdi, Lamento della ninfa (O. Rinuccini)

«Ne mai sí dolci baci

da quella bocca havrai,

ne più soavi, ah taci,

taci, che troppo il sai.»

Sí tra sdegnosi pianti

spargea le voci al ciel;

cosí ne' cori amanti

mesce amor fiamma, e gel.

[Miserella, ah più no, no,

tanto gel soffrir non può.]

Bernini, L’estasi di Santa Teresa

(Roma, Chiesa di Santa Maria della Vittoria)

Musica, cultura e società

nel Sei-Settecento

L’Orfeo di Monteverdi

«Ieri fu recitata la comedia nel solito scenico

teatro et con la consueta magnificenza, et

dimani sera il ser.mo signor prencipe ne fa

recitare una nella sala del partimento che

godeva madama ser.ma di Ferrara che sarà

singolare, posciaché tutti li interlocutori

parleranno musicalmente, dicendosi che

riuscirà benissimo […]»

Lettera di C. Magni del 23 febbraio 1607

Monteverdi/Striggio, L’Orfeo, Atto V (conclusione)

APOLLO

Troppo, troppo gioisti

di tua lieta ventura;

or troppo piangi

tua sorte acerba e dura.

Ancor non sai

come nulla quaggiù diletta e dura?

Dunque se goder brami immortal vita

vientene meco al ciel, ch’a sé t’invita. […]

Monteverdi/Striggio, L’Orfeo, Atto V (conclusione)

CORO

[…]

Così va chi non s’arretra

al chiamar di nume eterno,

così gratia in ciel impetra

chi quaggiù provò l’inferno.

E chi semina fra doglie

D’ogni gratia il frutto coglie.

[Fine dell’opera]

Strumenti dell’Orfeo elencati

all’inizio della partitura a stampa

• Duoi gravicembani

• Duoi contrabbassi de

viola

• Dieci viole da brazzo

• Un’arpa doppia

• Duoi violini piccoli

alla francese

• Duoi chitarroni

• Duoi organi di legno

• Tre bassi da gamba

• Quattro tromboni

• Un regale

• Duoi cornetti

• Un flautino alla

vigesima seconda

• Un clarino con tre

trombe sordine

Duo gravicembani (clavicembali)

Duo contrabbassi de viola (da gamba)

Dieci viole da

brazzo

Un’arpa doppia

Duoi violini piccoli alla

francese

Duo chitarroni

Duoi organi di legno

Tre bassi da gamba

Quattro tromboni

Un regale

Duoi cornetti

Un flautino alla vigesima seconda

Un clarino con tre trombe sordine

Musica, cultura e società

nel Sei-Settecento

L’opera dalla corte

al teatro pubblico

Opera di corte

• Evento unico d’occasione

• Costoso

• Espressione della munificenza del sovrano

• Pubblico selezionato e invitato

• Stampa di partitura e/o scenografie, libretto

Opera impresariale

• Evento ripetibile e consuetudinario

• Molto meno costoso, costi ammortizzabili

• Investimento finanziario

• Pubblico pagante

• Stampa di libretti

Stefano Landi, Sant’Alessio, Roma 1634

Stefano Landi, Sant’Alessio, Roma 1634

Venezia, Teatro

SS. Giovani e Paolo

spaccato longitudinale

della sala e della scena

spaccato verticale

della sala e della scena

palchi

platea

scena

orchestra

Giovanni Faustini, Prologo da Le virtù degli strali

d’Amore, musica di Francesco Cavalli, Venezia 1645.

Il Capriccio son io! Di me vedrete

opra su questa scena,

d’accidenti ripiena

e d’azioni pria meste e poscia liete!

Melpemone e Talia furo mie Muse.

Saran con le mortali,

le divine e infernali

cose in lei miste: sì, ma non confuse! […]

1

FRANCESCO BUSENELLO L’incoronazione di Poppea (La coronattione di Poppea)

Opera regia Musica di CLAUDIO MONTEVERDI, Venezia, Teatro SS. Giovanni e Paolo 1643

PROLOGO Scena aerea con orizzonti bassi. Fortuna, Virtù, Amore in aria sopra nuvole.

FORTUNA

Deh, nasconditi, o Virtù, già caduta in povertà, non creduta deità, nume ch’è senza tempio, diva senza devoti, e senza altari, dissipata, disusata, aborrita, mal gradita, ed in mio paragon sempre avvilita. Già regina, or plebea, che per comprarti gl’alimenti e le vesti i privilegi e i titoli vendesti. Ogni tuo professore, se da me sta diviso rimane un vacuo nulla destituto da numeri, che mai non rileva alcun conto, sembra un foco dipinto che né scalda, né splende, resta un calor sepolto in penuria di luce; né alcun de’ tuoi seguaci speri mai di conseguir ricchezze. Chi professa virtù non speri mai di posseder ricchezza, o gloria alcuna, se protetto non è dalla Fortuna. VIRTÙ

Deh, sommergiti, mal nata,

rea chimera delle genti, fatta dèa dagl’imprudenti. Io son la vera scala, per cui natura al sommo ben ascende. Io son la tramontana, che sola insegno agl’intelletti umani l’arte del navigar verso l’Olimpo. Può dirsi, senza adulazione alcuna, il puro incorruttibil esser mio termine convertibile con dio, che ciò non si può dir di te, Fortuna. AMORE

Che vi credete, o dèe, divider fra di voi del mondo tutto la signoria, e ‘l governo, escludendone Amore, nume, ch’è d’ambe voi tanto maggiore? Io le virtudi insegno, io le fortune domo, questa bambina età vince d’antichità il tempo, e ogn’altro dio: gemelli siam l’eternitade ed io. Riveritemi, adoratemi, e di vostro sovrano il nome datemi. FORTUNA E VIRTÙ

Uman non è, non è celeste core, che contender ardisca con Amore. AMORE

Oggi in un sol certame, l’un e l’altra di voi da me abbattuta, dirà, che ‘l mondo a’ cenni miei si muta.

Ad un cenno di Amore il cielo svanisce. ---------------------------------------------------------------------

SCENA I Si muta la scena nel palazzo di Poppea. Ottone, Due Soldati della guardia di Nerone che dormono. Ottone, amante di Poppea al schiarir dell’alba visita l’albergo della sua amata, esagerando le sue passioni amorose, e vedendo addormentate in strada le guardie di Nerone, che in casa di Poppea dimora in contenti, compiange le sue miserie. Ritornello OTTONE E pur io torno qui, qual linea al centro,

Qual foco a sfera e qual ruscello al mare, E se ben luce alcuna non m’appare, Ah’! so ben io, che sta’l mio sol qui dentro. Ritornello Caro tetto amoroso, Albergo di mia vita, e del mio bene, Il passo e’l cor ad inchinarti viene. Ritornello

Apri un balcon, Poppea, Col bel viso in cui son le sorti mie,

2

Previeni, anima mia, precorri il die. Ritornello

Sorgi, e disgombra omai, Da questo ciel caligini, e tenebre Con il beato aprir di tue palpebre. Ritornello

Sogni, portate a volo, Fate sentire in dolce fantasia Questi sospir alla diletta mia. Ma che veggio, infelice ? Non già fantasmi o pur notturne larve, Son questi i servi di Nerone; ahi, ahi dunque Agl’ insensati venti Io diffondo i lamenti. Necessito le pietre a deplorarmi. Adoro questi marmi, Amoreggio con lagrime un balcone, E in grembo di Poppea dorme Nerone. Ha condotti costoro, Per custodir se stesso dalle frodi. O salvezza de’ Prencipi infelice: Dormon profondamente i suoi custodi. Ah’, ah’, perfida Poppea, Son queste le promesse e i giuramenti, Ch’accessero il cor mio ? Questa è la fede, O dio, dio, dio ! Io son quell’ Ottone, Che ti seguì, Che ti bramò, Che ti servì, quell’ Otton Che t’adorò,

Che per piegarti e intenerirti il core Di lagrime imperlò preghi devoti, Gli spirti a te sacrificando in voti. M’assicurasti al fine Ch’abbracciate averei nel tuo bel seno Le mie beatitudini amorose; Io di credula speme il seme sparsi, Ma l’aria e’l cielo a’ danni miei rivolto...

SCENA II Ottone e due Soldati, che si risvegliano. Soldati di Nerone si svegliano, e da’ patimenti sofferti in quella notte malediscono gl’amori di Poppea, e di Nerone, e mormorano della corte. PRIMO SOLDATO Chi parla ? OTTONE ...Tempestò di ruine... PRIMO SOLDATO Chi parla ? OTTONE ...il mio raccolto. PRIMO SOLDATO Chi va lì ? SECONDO SOLDATO Camerata ? […]

3

SCENA IV Poppea, Arnalta. Poppea con Arnalta vecchia sua consigliera discorre della speranza sua alle grandezze; Arnalta la documenta, e ammaestra a non fidarsi tanto de’ grandi, ne di confidar tanto nella Fortuna. RITORNELLO POPPEA Speranza, tu mi vai Il cor accarezzando, RITORNELLO POPPEA Speranza, tu mi vai Il genio lusingando, E mi circondi intanto Di regio sì, ma immaginario manto. No, non temo, no, di noia alcuna, Per me guerreggia Amor, e la Fortuna. SINFONIA ARNALTA Ahi figlia, voglia il cielo, Che questi abbracciamenti Non sian un giorno i precipizi tuoi. POPPEA No, non temo, no, di noia alcuna. ARNALTA L’imperatrice Ottavia ha penetrati Di Neron gli amori, Ond’io pavento e temo Ch’ogni giorno, ogni punto Sia di tua vita il giorno, il punto estremo. POPPEA Per me guerreggia Amor, e la Fortuna. ARNALTA La pratica coi regi è perigliosa, L’amor e l’odio non han forza in essi, Sono gli affetti lor puri interessi. RITORNELLO Se Neron t’ama, è mera cortesia, S’ei t’abbandona, non ten puoi dolere. Per minor mal ti converrà tacere. POPPEA No, non temo, no, di noia alcuna. RITORNELLO Con lui tu non puoi mai trattar del pari,

E se le nozze hai per oggetto e fine, Mendicando tu vai le tue ruine. POPPEA No, non temo, no, di noia alcuna. ARNALTA Mira, mira Poppea, Dove il prato è più ameno e dilettoso, Stassi il serpente ascoso. Dei casi le vicende son funeste; La calma è profezia delle tempeste. POPPEA No, non temo, no, di noia alcuna, Per me guerreggia Amor, e la Fortuna. ARNALTA Ben sei pazza, se credi Che ti possano far contenta e salva Un garzon cieco ed una donna calva. Ben sei pazza se credi...

SCENA V Si muta la scena nella città di Roma. Ottavia, Nutrice. Ottavia imperatrice esagera gl’affanni suoi con la nutrice, detestando i mancamenti di Nerone suo consorte. La Nutrice scherza seco sopra novelli amori per traviarla da’ cupi pensieri; Ottavia resistendo constantemente persevera nell’afflizioni.

[…]

4

SCENA VIII Si muta la scena nella reggia di Nerone. Nerone, Poppea, Consoli, Tribuni, Amore, Venere in Cielo e Coro d’Amori Nerone sollennemente assiste alla Coronazione di Poppea, la quale a nome del popolo, del senato romano viene indiademata da Consoli e Tribuni, Amor parimenti cala dal Cielo con Venere, Grazie ed Amori, e medesimamente incorona Poppea come dea delle bellezze in terra, e fornisse l’opera.

[…]

RITORNELLO POPPEA e POPPEA Pur ti miro, Pur ti godo, Pur ti stringo, Pur t’annodo, Più non peno, Più non moro, O mia vita, o mi tesoro. Io son tua... Tuo son io... Speme mia, dillo, dì, Tu sei pur, speme mia L’idol mio, dillo, dì, Tu sei pur, Sì, mio ben, Sì, mio cor, mia vita, sì. Pur ti miro, Pur ti godo, Pur ti stringo, Pur t’annodo, Più non peno, Più non moro, O mia vita, o mi tesoro.

[fine dell’opera]

Musica, cultura e società

nel Sei-Settecento

Il Settecento: la musica strumentale

Tutti Soli

Antonio Vivaldi

I movimento: Allegro

Giunt’è la Primavera e festosetti

La salutan gl’augei con lieto canto,

E i fonti allo spirar de’ zeffiretti

Con dolce mormorio scorrono intanto.

Vengon coprendo l’aer di nero manto

E lampi, e tuoni ad annuntiarla eletti

Indi tacendo questi, gl’augelletti

Tornan di nuovo al lor canoro incanto.

II movimento: Largo

E quindi sul fiorito ameno prato

Al caro mormorio di fronde e piante

Dorme ‘l caprar col fido can à lato.

III movimento: Allegro

Di pastoral zampogna al suon festante

Danzan ninfe e pastor nel tetto amato

Di primavera all’apparir brillante.

La Primavera, sonetto (anon.) per il concerto di A. Vivaldi

Vivaldi, La Primavera, inizio

Storia della musica

Musica cultura e società

nel Sei-Settecento

Bach e Händel

Johann Sebastian

Bach

(1685 – 1750)

J. S. Bach: le città dei suoi impieghi

• Lüneburg (1699)

• Arnstadt (1703)

• Mühlhausen (1707)

• Weimar (1708)

• Köthen (1718)

• Lipsia (1723)

Corale (Kirchenlied):

Ein feste Burg ist unser Gott

Georg Friedrich

Händel

ovvero

George Friderick

Handel

(1685 – 1759)

G. F. Handel: le città dei suoi impieghi

• Amburgo (1703)

• Firenze-Roma-Napoli-Venezia (1706-9)

• Hannover (1710)

• Londra (1711-59) [viaggi in Italia e in Germania]

Louis François

Roubiliac

Statua di Handel per

i Vauxall Gardens

1738

L’oratorio handeliano

- “Oratorio, a musical Drama, whose Subject

must be Scriptural, and in which the

Solemnity of Church-Musick is agreeably

united with the most pleasing Airs of the

Stage.”

- “Mrs Delany noted that her husband, the

Rev. Patrick Delany, did not ‘think it

proper’ to go to Semele, ‘it being a profane

story’.”

Chorus of Israelites, men and women, lamenting the

death of Mattathias, the father of Judas Maccabaeus.

2. Chorus of Israelites

Mourn, ye afflicted children, the remains

Of captive Judah, mourn in solemn strains;

Your sanguine hopes of liberty give o’er,

Your hero, friend and father is no more.

G. F. Handel, Judas Maccabaeus (1747)

Libretto: Thomas Morrel

10. Air

Simon

Arm, arm, ye brave! A noble cause,

The cause of Heav’n your zeal demands.

In defence of your nation, religion, and laws,

The Almighty Jehovah will strengthen your hands.

Arm, arm. . . da capo

11. Chorus of Israelites

We come, we come, in bright array,

Judah, thy sceptre to obey.

Youths

See, the conqu’ring hero comes!

Sound the trumpets, beat the drums.

Sports prepare, the laurel bring,

Songs of triumph to him sing.

Virgins

See the godlike youth advance!

Breathe the flutes, and lead the dance;

Myrtle wreaths, and roses twine,

To deck the hero’s brow divine.

Israelites

See, the conqu’ring hero comes!

Sound the trumpets, beat the drums.

Sports prepare, the laurel bring,

Songs of triumph to him sing.

See, the conqu’ring hero comes!

Sound the trumpets, beat the drums.

59. March

60. Soli (alto, tenor) & Chorus of Israelites

Sing unto God, and high affections raise,

To crown this conquest with unmeasur’d praise.

Musica cultura e società

nel Sei-Settecento

Lo “stile classico”