musica, cultura e società nel sei-settecento 2017-2018... · ah dolente partita, ah fin de la mia...
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ARMONIA delle SFERE
Terra
Luna
MercurioVenere
SoleMarte
GioveSaturno
Stelle fisse
Cristallino
Primo mobile
Segni della PRIMA MODERNITÀ
• Stato moderno
• Invenzione della
stampa
• Uso delle armi da
fuoco
• Scoperte
scientifiche
• Esplorazioni
geografiche
• Riforma luterana e
controriforma
cattolica
Segni della MODERNITÀ
• Rivoluzione
industriale
• Capitalismo
• Massificazione e
Urbanizzazione
• Rivoluzione francese
• Stati Nazionali
• Nuovo tipo di
colonialismo
Segni della MODERNITÀ
• Popoli/Eserciti/
Guerra
• Secolarizzazione
• Conseguenze del
lavoro in fabbrica
• Una società di
individui
Musica cultura e società
nel Sei-Settecento
Dal Cinque al Seicento:
le corti,
il mecenatismo,
il madrigale
Castiglione, Il Cortegiano, I, 47
Rise quivi ognuno; e ricominciando il Conte, - Signori, disse, - avete a sapere ch'io non mi contento del cortegiano e s'egli non è ancor musico e se, oltre allo intendere ed esser sicuro a libro, non sa di varii instrumenti; perché, se ben pensiamo, niuno riposo de fatiche e medicina d'animi infermi ritrovar si po più onesta e laudevole nell'ocio, che questa; e massimamente nelle corti, […] ricordarò quanto sempre appresso gli antichi sia stata celebrata e tenuta per cosa sacra, e sia stato opinione di sapientissimi filosofi il mondo esser composto di musica e i cieli nel moversi far armonia, e l'anima nostra pur con la medesima ragion esser formata, e però destarsi e quasi vivificar le sue virtù per la musica.
La musica nella corte:
due tipi di mecenatismo(Annibaldi)
• Umanistico
più flessibile, personalizzato legato alla musica profana e ai
musicisti di camera.
• Istituzionale
fondato sulla funzione della musica come simbolo sonoro di
un gruppo umano e dei suoi leader. Musica sacra, musicisti
della “cappella musicale”.
La musica nella corte:
due tipi di mecenatismo
• Istituzionale
La musica SACRA che mostra la dignità, l’autorità e la
legittimità del principe e del suo potere
Cappella musicale.
• Umanistico
La musica PROFANA esempio della superiorità morale e
intellettuale del principe, della sua nobiltà e virtù.
Musicisti di camera.
Philippe Verdelot (ca. 1480-ca.1530), Ultimi miei
sospiri (testo di Ludovico -?- Martelli)
Ultimi miei sospiri,
che mi lasciate fredd’e senza vita,
contate i miei martiri
a chi morir mi vede e non m’aita.
Dite: «o beltà infinita,
da te ne caccia empio martire».
Et se questo gl’è grato
gitene ratt’in ciel a miglior stato.
Ma se pietà gli porge il vostro dire,
tornate a me ch’io non vorrò morire.
Storia della musica
Musica cultura e società
nel Sei-Settecento
Musica e spettacolo
tra Cinque e Seicento
Intermedi della Pellegrina, Firenze 1589, Intermedio VI, Emilio de’
Cavalieri, O fortunato giorno
Tutti (a 7 cori) :
O fortunato giorno
Poi ché di gioia e speme
Lieta canta la Terra e ‘l Ciel insieme.
Ma quanto fia più adorno
Quando farà ritorno
Per Ferdinando ogni real costume,
E con eterne piume
Da l’uno a l’altro polo
La Fama andrà col suo gran nome a volo.
Intermedi della Pellegrina, Firenze 1589, Intermedio I, L’armonia delle
sfere, Vittoria Archilei, Dalle più alte sfere
L’Armonia
(discende da una nuvola cantando):Dalle più alte sfere,
di celesti Sirene amica scorta,
son l’Armonia, ch’a voi vengo, o mortali,
poscia che fino al Ciel battendo l’ali
l’alta fiamma n’apporta,
che mai sì nobil coppia il Sol non vide,
qual voi nova Minerva e forte Alcide.
Bernardo
Buontalenti,
Bozzetto per
l’Armonia che
scende dal
cielo nel primo
Intermedio
della Pellegrina
Io, che d’alti sospir vaga e di pianti
spars’or di doglia, or di minacce il voltofei negl’ampi teatri al popol foltoscolorir di pietà volti, e sembianti.
Non sangue sparso d’innocenti vene
non ciglia spente di tiranno insano,spettacolo infelice al guardo umanocanto su meste, e lagrimose scene.
Lungi via lungi pur da regi tetti
simolacri funesti, ombre d’affanni,ecco i mesti coturni, e i foschi pannicangio, e desto nei cor più dolci affetti. […]
Jacopo Peri (libretto: Ottavio Rinuccini) L’Euridice, prologo
Jacopo Peri (libretto: Ottavio Rinuccini), L’Euridice,
scena II
ARCETRO:
Ahi, morte invida e ria,
così recidi il fior dell’altrui speme?
Così turbi d’amor gl’almi contenti?
Lasso, ma indarno a’ venti
ove morte n’assal volan le strida?
Fia più senno il seguirlo, acciò non vinto
da soverchio dolor sé stesso uccida.
Coro: Al canto, al ballo, all’ombre, al prato adorno
alle bell’onde, e liete
tutti, o pastor, correte
dolce cantando in sì beato giorno.
Ninfa: Selvaggia diva, e boscherecce ninfe,
satiri e voi silvani
reti lasciat’ e cani,
venite al suon delle correnti linfe.
Coro: Al canto, al ballo, all’ombra, al prato adorno
[…]
Jacopo Peri (libretto: Ottavio Rinuccini), L’Euridice,
scena I
C. Monteverdi, Ah dolente partita, (testo, G. B.
Guarini), in IV Libro dei Madrigali , 1603
Ah dolente partita,
ah fin de la mia vita!
da te parto e non moro? E pur i’ provo
la pena de la morte,
e sento nel partire un vivace morire,
che dà vita al dolore
per far che moia immortalmente il core.
C. Monteverdi, T’amo, mia vita, (testo G. B. Guarini),
in V libro dei Madrigali, 1605
«T’amo, mia vita» la mia cara vita dolcemente mi dice, e in questa sola sì soave parola par che trasformi lietamente il core, per farmene signore. O voce di dolcezza, e di diletto! Prendila tosto, Amore; stampala nel mio petto. Spiri solo per lei l'anima mia; «T’amo, mia vita» la mia vita sia.
«T’amo, mia vita» (S solo) la mia cara vita (A T B)dolcemente mi dice,
«T’amo, mia vita»
e in questa sola sì soave parola par che trasformi
lietamente il core, per farmene signore.
«T’amo, mia vita»
O voce,
«T’amo, mia vita»
voce di dolcezza, e di diletto! Prendila tosto, Amore; stampala nel mio petto. Spiri solo per lei l'anima mia;
(a 5 voci) « T’amo, mia vita» la mia vita sia!
Monteverdi, Lamento della ninfa (O. Rinuccini)
Ottavo libro di madrigali, pubbl. 1638
Non havea Febo ancora
recato al mondo il dì,
ch’una donzella fuora
del proprio albergo uscì.
Sul pallidetto volto
scorgeasi il suo dolor,
spesso gli venia sciolto
un gran sospir dal cor.
Sì calpestando fiori
errava hor qua, hor là
i suoi perduti amori
così piangendo va:
«Amor», dicea, il ciel
mirando, il piè fermò,
«dove, dov’è la fe’
che ‘l traditor giurò?»
Monteverdi, Lamento della ninfa (O. Rinuccini)
«Fa' che ritorni il mio
amor com'ei pur fu,
o tu m'ancidi, ch'io
non mi tormenti più.»
«Non vo' più ch'ei sospiri
se non lontan da me,
no, no che i martiri
più non darammi affè.»
«Perché di lui mi struggo,
tutt'orgoglioso sta,
che si, che si se'l fuggo
ancor mi pregherà?»
«Se ciglio ha più sereno
colei, che'l mio non è,
già non rinchiude in seno,
Amor, sí bella fè.»
Monteverdi, Lamento della ninfa (O. Rinuccini)
«Ne mai sí dolci baci
da quella bocca havrai,
ne più soavi, ah taci,
taci, che troppo il sai.»
Sí tra sdegnosi pianti
spargea le voci al ciel;
cosí ne' cori amanti
mesce amor fiamma, e gel.
[Miserella, ah più no, no,
tanto gel soffrir non può.]
«Ieri fu recitata la comedia nel solito scenico
teatro et con la consueta magnificenza, et
dimani sera il ser.mo signor prencipe ne fa
recitare una nella sala del partimento che
godeva madama ser.ma di Ferrara che sarà
singolare, posciaché tutti li interlocutori
parleranno musicalmente, dicendosi che
riuscirà benissimo […]»
Lettera di C. Magni del 23 febbraio 1607
Monteverdi/Striggio, L’Orfeo, Atto V (conclusione)
APOLLO
Troppo, troppo gioisti
di tua lieta ventura;
or troppo piangi
tua sorte acerba e dura.
Ancor non sai
come nulla quaggiù diletta e dura?
Dunque se goder brami immortal vita
vientene meco al ciel, ch’a sé t’invita. […]
Monteverdi/Striggio, L’Orfeo, Atto V (conclusione)
CORO
[…]
Così va chi non s’arretra
al chiamar di nume eterno,
così gratia in ciel impetra
chi quaggiù provò l’inferno.
E chi semina fra doglie
D’ogni gratia il frutto coglie.
[Fine dell’opera]
Strumenti dell’Orfeo elencati
all’inizio della partitura a stampa
• Duoi gravicembani
• Duoi contrabbassi de
viola
• Dieci viole da brazzo
• Un’arpa doppia
• Duoi violini piccoli
alla francese
• Duoi chitarroni
• Duoi organi di legno
• Tre bassi da gamba
• Quattro tromboni
• Un regale
• Duoi cornetti
• Un flautino alla
vigesima seconda
• Un clarino con tre
trombe sordine
Opera di corte
• Evento unico d’occasione
• Costoso
• Espressione della munificenza del sovrano
• Pubblico selezionato e invitato
• Stampa di partitura e/o scenografie, libretto
Opera impresariale
• Evento ripetibile e consuetudinario
• Molto meno costoso, costi ammortizzabili
• Investimento finanziario
• Pubblico pagante
• Stampa di libretti
Venezia, Teatro
SS. Giovani e Paolo
spaccato longitudinale
della sala e della scena
spaccato verticale
della sala e della scena
Giovanni Faustini, Prologo da Le virtù degli strali
d’Amore, musica di Francesco Cavalli, Venezia 1645.
Il Capriccio son io! Di me vedrete
opra su questa scena,
d’accidenti ripiena
e d’azioni pria meste e poscia liete!
Melpemone e Talia furo mie Muse.
Saran con le mortali,
le divine e infernali
cose in lei miste: sì, ma non confuse! […]
1
FRANCESCO BUSENELLO L’incoronazione di Poppea (La coronattione di Poppea)
Opera regia Musica di CLAUDIO MONTEVERDI, Venezia, Teatro SS. Giovanni e Paolo 1643
PROLOGO Scena aerea con orizzonti bassi. Fortuna, Virtù, Amore in aria sopra nuvole.
FORTUNA
Deh, nasconditi, o Virtù, già caduta in povertà, non creduta deità, nume ch’è senza tempio, diva senza devoti, e senza altari, dissipata, disusata, aborrita, mal gradita, ed in mio paragon sempre avvilita. Già regina, or plebea, che per comprarti gl’alimenti e le vesti i privilegi e i titoli vendesti. Ogni tuo professore, se da me sta diviso rimane un vacuo nulla destituto da numeri, che mai non rileva alcun conto, sembra un foco dipinto che né scalda, né splende, resta un calor sepolto in penuria di luce; né alcun de’ tuoi seguaci speri mai di conseguir ricchezze. Chi professa virtù non speri mai di posseder ricchezza, o gloria alcuna, se protetto non è dalla Fortuna. VIRTÙ
Deh, sommergiti, mal nata,
rea chimera delle genti, fatta dèa dagl’imprudenti. Io son la vera scala, per cui natura al sommo ben ascende. Io son la tramontana, che sola insegno agl’intelletti umani l’arte del navigar verso l’Olimpo. Può dirsi, senza adulazione alcuna, il puro incorruttibil esser mio termine convertibile con dio, che ciò non si può dir di te, Fortuna. AMORE
Che vi credete, o dèe, divider fra di voi del mondo tutto la signoria, e ‘l governo, escludendone Amore, nume, ch’è d’ambe voi tanto maggiore? Io le virtudi insegno, io le fortune domo, questa bambina età vince d’antichità il tempo, e ogn’altro dio: gemelli siam l’eternitade ed io. Riveritemi, adoratemi, e di vostro sovrano il nome datemi. FORTUNA E VIRTÙ
Uman non è, non è celeste core, che contender ardisca con Amore. AMORE
Oggi in un sol certame, l’un e l’altra di voi da me abbattuta, dirà, che ‘l mondo a’ cenni miei si muta.
Ad un cenno di Amore il cielo svanisce. ---------------------------------------------------------------------
SCENA I Si muta la scena nel palazzo di Poppea. Ottone, Due Soldati della guardia di Nerone che dormono. Ottone, amante di Poppea al schiarir dell’alba visita l’albergo della sua amata, esagerando le sue passioni amorose, e vedendo addormentate in strada le guardie di Nerone, che in casa di Poppea dimora in contenti, compiange le sue miserie. Ritornello OTTONE E pur io torno qui, qual linea al centro,
Qual foco a sfera e qual ruscello al mare, E se ben luce alcuna non m’appare, Ah’! so ben io, che sta’l mio sol qui dentro. Ritornello Caro tetto amoroso, Albergo di mia vita, e del mio bene, Il passo e’l cor ad inchinarti viene. Ritornello
Apri un balcon, Poppea, Col bel viso in cui son le sorti mie,
2
Previeni, anima mia, precorri il die. Ritornello
Sorgi, e disgombra omai, Da questo ciel caligini, e tenebre Con il beato aprir di tue palpebre. Ritornello
Sogni, portate a volo, Fate sentire in dolce fantasia Questi sospir alla diletta mia. Ma che veggio, infelice ? Non già fantasmi o pur notturne larve, Son questi i servi di Nerone; ahi, ahi dunque Agl’ insensati venti Io diffondo i lamenti. Necessito le pietre a deplorarmi. Adoro questi marmi, Amoreggio con lagrime un balcone, E in grembo di Poppea dorme Nerone. Ha condotti costoro, Per custodir se stesso dalle frodi. O salvezza de’ Prencipi infelice: Dormon profondamente i suoi custodi. Ah’, ah’, perfida Poppea, Son queste le promesse e i giuramenti, Ch’accessero il cor mio ? Questa è la fede, O dio, dio, dio ! Io son quell’ Ottone, Che ti seguì, Che ti bramò, Che ti servì, quell’ Otton Che t’adorò,
Che per piegarti e intenerirti il core Di lagrime imperlò preghi devoti, Gli spirti a te sacrificando in voti. M’assicurasti al fine Ch’abbracciate averei nel tuo bel seno Le mie beatitudini amorose; Io di credula speme il seme sparsi, Ma l’aria e’l cielo a’ danni miei rivolto...
SCENA II Ottone e due Soldati, che si risvegliano. Soldati di Nerone si svegliano, e da’ patimenti sofferti in quella notte malediscono gl’amori di Poppea, e di Nerone, e mormorano della corte. PRIMO SOLDATO Chi parla ? OTTONE ...Tempestò di ruine... PRIMO SOLDATO Chi parla ? OTTONE ...il mio raccolto. PRIMO SOLDATO Chi va lì ? SECONDO SOLDATO Camerata ? […]
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SCENA IV Poppea, Arnalta. Poppea con Arnalta vecchia sua consigliera discorre della speranza sua alle grandezze; Arnalta la documenta, e ammaestra a non fidarsi tanto de’ grandi, ne di confidar tanto nella Fortuna. RITORNELLO POPPEA Speranza, tu mi vai Il cor accarezzando, RITORNELLO POPPEA Speranza, tu mi vai Il genio lusingando, E mi circondi intanto Di regio sì, ma immaginario manto. No, non temo, no, di noia alcuna, Per me guerreggia Amor, e la Fortuna. SINFONIA ARNALTA Ahi figlia, voglia il cielo, Che questi abbracciamenti Non sian un giorno i precipizi tuoi. POPPEA No, non temo, no, di noia alcuna. ARNALTA L’imperatrice Ottavia ha penetrati Di Neron gli amori, Ond’io pavento e temo Ch’ogni giorno, ogni punto Sia di tua vita il giorno, il punto estremo. POPPEA Per me guerreggia Amor, e la Fortuna. ARNALTA La pratica coi regi è perigliosa, L’amor e l’odio non han forza in essi, Sono gli affetti lor puri interessi. RITORNELLO Se Neron t’ama, è mera cortesia, S’ei t’abbandona, non ten puoi dolere. Per minor mal ti converrà tacere. POPPEA No, non temo, no, di noia alcuna. RITORNELLO Con lui tu non puoi mai trattar del pari,
E se le nozze hai per oggetto e fine, Mendicando tu vai le tue ruine. POPPEA No, non temo, no, di noia alcuna. ARNALTA Mira, mira Poppea, Dove il prato è più ameno e dilettoso, Stassi il serpente ascoso. Dei casi le vicende son funeste; La calma è profezia delle tempeste. POPPEA No, non temo, no, di noia alcuna, Per me guerreggia Amor, e la Fortuna. ARNALTA Ben sei pazza, se credi Che ti possano far contenta e salva Un garzon cieco ed una donna calva. Ben sei pazza se credi...
SCENA V Si muta la scena nella città di Roma. Ottavia, Nutrice. Ottavia imperatrice esagera gl’affanni suoi con la nutrice, detestando i mancamenti di Nerone suo consorte. La Nutrice scherza seco sopra novelli amori per traviarla da’ cupi pensieri; Ottavia resistendo constantemente persevera nell’afflizioni.
[…]
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SCENA VIII Si muta la scena nella reggia di Nerone. Nerone, Poppea, Consoli, Tribuni, Amore, Venere in Cielo e Coro d’Amori Nerone sollennemente assiste alla Coronazione di Poppea, la quale a nome del popolo, del senato romano viene indiademata da Consoli e Tribuni, Amor parimenti cala dal Cielo con Venere, Grazie ed Amori, e medesimamente incorona Poppea come dea delle bellezze in terra, e fornisse l’opera.
[…]
RITORNELLO POPPEA e POPPEA Pur ti miro, Pur ti godo, Pur ti stringo, Pur t’annodo, Più non peno, Più non moro, O mia vita, o mi tesoro. Io son tua... Tuo son io... Speme mia, dillo, dì, Tu sei pur, speme mia L’idol mio, dillo, dì, Tu sei pur, Sì, mio ben, Sì, mio cor, mia vita, sì. Pur ti miro, Pur ti godo, Pur ti stringo, Pur t’annodo, Più non peno, Più non moro, O mia vita, o mi tesoro.
[fine dell’opera]
I movimento: Allegro
Giunt’è la Primavera e festosetti
La salutan gl’augei con lieto canto,
E i fonti allo spirar de’ zeffiretti
Con dolce mormorio scorrono intanto.
Vengon coprendo l’aer di nero manto
E lampi, e tuoni ad annuntiarla eletti
Indi tacendo questi, gl’augelletti
Tornan di nuovo al lor canoro incanto.
II movimento: Largo
E quindi sul fiorito ameno prato
Al caro mormorio di fronde e piante
Dorme ‘l caprar col fido can à lato.
III movimento: Allegro
Di pastoral zampogna al suon festante
Danzan ninfe e pastor nel tetto amato
Di primavera all’apparir brillante.
La Primavera, sonetto (anon.) per il concerto di A. Vivaldi
J. S. Bach: le città dei suoi impieghi
• Lüneburg (1699)
• Arnstadt (1703)
• Mühlhausen (1707)
• Weimar (1708)
• Köthen (1718)
• Lipsia (1723)
G. F. Handel: le città dei suoi impieghi
• Amburgo (1703)
• Firenze-Roma-Napoli-Venezia (1706-9)
• Hannover (1710)
• Londra (1711-59) [viaggi in Italia e in Germania]
L’oratorio handeliano
- “Oratorio, a musical Drama, whose Subject
must be Scriptural, and in which the
Solemnity of Church-Musick is agreeably
united with the most pleasing Airs of the
Stage.”
- “Mrs Delany noted that her husband, the
Rev. Patrick Delany, did not ‘think it
proper’ to go to Semele, ‘it being a profane
story’.”
Chorus of Israelites, men and women, lamenting the
death of Mattathias, the father of Judas Maccabaeus.
2. Chorus of Israelites
Mourn, ye afflicted children, the remains
Of captive Judah, mourn in solemn strains;
Your sanguine hopes of liberty give o’er,
Your hero, friend and father is no more.
G. F. Handel, Judas Maccabaeus (1747)
Libretto: Thomas Morrel
10. Air
Simon
Arm, arm, ye brave! A noble cause,
The cause of Heav’n your zeal demands.
In defence of your nation, religion, and laws,
The Almighty Jehovah will strengthen your hands.
Arm, arm. . . da capo
11. Chorus of Israelites
We come, we come, in bright array,
Judah, thy sceptre to obey.
Youths
See, the conqu’ring hero comes!
Sound the trumpets, beat the drums.
Sports prepare, the laurel bring,
Songs of triumph to him sing.
Virgins
See the godlike youth advance!
Breathe the flutes, and lead the dance;
Myrtle wreaths, and roses twine,
To deck the hero’s brow divine.
Israelites
See, the conqu’ring hero comes!
Sound the trumpets, beat the drums.
Sports prepare, the laurel bring,
Songs of triumph to him sing.
See, the conqu’ring hero comes!
Sound the trumpets, beat the drums.
59. March
60. Soli (alto, tenor) & Chorus of Israelites
Sing unto God, and high affections raise,
To crown this conquest with unmeasur’d praise.