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CONFERENZA EPISCOPALE LIGURE Migranti, segno di Dio che parla alla Chiesa

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Page 1: Migranti, segno di Dio che parla alla Chiesa · 2017-09-28 · Nel Messaggio del Santo Padre Francesco per la 102a Giornata Mondiale del Migrante e del Rifugiato (17 gennaio 2016)

CONFERENZA EPISCOPALE LIGURE

Migranti,segno di Dio che parla alla Chiesa

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CONFERENZA EPISCOPALE LIGURE

Migranti,segno di Dio che parla alla Chiesa

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Nel Messaggio del Santo Padre Francesco per la 102a1.Giornata Mondiale del Migrante e del Rifugiato (17gennaio 2016) così leggiamo: «La Chiesa affianca tutticoloro che si sforzano per difendere il diritto diciascuno a vivere con dignità, anzitutto esercitando ildiritto a non emigrare per contribuire allo sviluppo delPaese d’origine». Quando questo diritto non vienegarantito, tutti noi abbiamo il dovere dell’accoglienza edella carità concreta.

Le nostre Chiese sono da sempre attente ai più poveri:2.di fronte al dramma dei migranti il ConsiglioPermanente della Conferenza Episcopale Italiana haapprovato un Vademecum con una serie di indicazionipratiche per le Diocesi italiane circa l’accoglienza deirichiedenti asilo e dei rifugiati in Italia e per lasolidarietà con i paesi di provenienza dei migranti. Alpunto 7 del Vademecum la CEI evidenzia che “ildoveroso impegno di accoglienza non deve farcidimenticare le cause del cammino e della fuga deimigranti che arrivano nelle nostre comunità: guerre,fame, disastri ambientali, persecuzioni politiche ereligiose”

Il presente documento vuole offrire alle nostre3.comunità cristiane una riflessione che ci aiuti a leggerele migrazioni come un segno di Dio che parla allaChiesa, non dimenticando le cause del fenomeno.Vuole, inoltre, aprirsi al confronto con tutti coloro chehanno a cuore il bene della famiglia umana.

Introduzione

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Papa Benedetto XVI nella Caritas in veritate così si4.esprime: «Un altro aspetto meritevole di attenzione,trattando dello sviluppo umano integrale, è ilfenomeno delle migrazioni. È fenomeno cheimpressiona per la quantità di persone coinvolte, per leproblematiche sociali, economiche, politiche, culturalie religiose che solleva, per le sfide drammatiche chepone alle comunità nazionali e a quella internazionale.Possiamo dire che siamo di fronte a un fenomenosociale di natura epocale, che richiede una forte elungimirante politica di cooperazione internazionaleper essere adeguatamente affrontato» (n. 62).

Troppo spesso il tema dei profughi e dei loro paesi di5.origine viene trattato superficialmente, sulla base dipregiudizi fondati su una paura dell’altrointenzionalmente costruita, senza un’attenta letturadelle cause di un fenomeno così complesso e di difficilegestione. Non è semplice in tale contesto comprenderequanto sta accadendo: per questo il compito della veritàè quanto mai urgente e necessario, soprattutto volendocreare una comunità capace di accogliere in modoprofondo e tesa alla costruzione di un mondo in pace,dove le differenze sono risorse e non muri.

Il fenomeno delle migrazioni sollecita alcune precise6.consapevolezze.

La fuga delle persone più forti e preparate dai paesia.del Sud del mondo, contribuisce all’impoverimentodelle terre di origine e accresce la miseria di chiresta, per lo più bambini, donne e anziani.

Il Sud del mondo vive gravissimi problemi che sonob.

Per una lettura del fenomeno delle migrazioni

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la conseguenza di politiche economiche e distrategie geopolitiche che altro non sono che giochidi potere, pagati a caro prezzo soprattutto daipoveri. Le testimonianze dei missionari confermanodrammaticamente questa situazione.

L’arrivo dei richiedenti asilo nei nostri paesi sollevac.non solo problemi di ordine sociale ed economico,ma anche ecclesiale, perché fa emergere la profondadifficoltà delle nostre comunità ad essereevangelizzatrici verso queste persone, anche solonella modalità dell’accoglienza. Persino il rapportocon gli immigrati cristiani spesso risultaestremamente faticoso. Nella Evangelii gaudiumPapa Francesco così si esprime: «Dal momento chequesta Esortazione è rivolta ai membri della ChiesaCattolica, desidero affermare con dolore che lapeggior discriminazione di cui soffrono i poveri èla mancanza di attenzione spirituale. L’immensamaggioranza dei poveri possiede una specialeapertura alla fede; hanno bisogno di Dio e nonpossiamo tralasciare di offrire loro la sua amicizia,la sua benedizione, la sua Parola, la celebrazione deiSacramenti e la proposta di un cammino di crescitae di maturazione nella fede. L’opzione preferenzialeper i poveri deve tradursi principalmente inun’attenzione religiosa privilegiata e prioritaria» (n.200).

Tutto questo sollecita le nostre chiese locali alla7.rielaborazione di una missionarietà efficace. Mentreil mandato del Signore ad andare in tutto il mondo eproclamare il Vangelo a ogni creatura (cfr. Mc 16,15)continua a motivarci nel partire per la missione adgentes, il fenomeno delle migrazioni ci chiede di esseremissionari nell’accogliere le genti a casa nostra.

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Nella confusione delle nostre trasmissioni televisive8.urlate sembra non trovare mai spazio una semplicedomanda: che cosa spinge uomini e donne con i lorofigli a lasciare la propria terra rischiando la vita per unaincerta prospettiva di futuro? Il primo passo che siamochiamati a compiere è quello che ci porta dentro leragioni che spingono enormi masse di persone adabbandonare il proprio paese.

Nel caso specifico dei migranti che entrano nei nostri9.territori, si possono indicare le seguenti cause,riguardanti i paesi di provenienza ma nelle quali i paesidel Nord del mondo sono profondamente coinvolti ecorresponsabili.

La quasi totale mancanza – dovuta all’intrecciarsia.ragioni economiche, politiche, ambientali e sociali– prospettive per il futuro per popolazioni incontinua crescita demografica e con una elevatapercentuale di giovani.

Il costante peggioramento delle condizioni dellab.vita, aggravato dal crescente degrado ambientale.

Il persistere di una marcata instabilità politica chec.spesso genera guerre e terrorismo.

La disgregazione della struttura sociale tradizionaled.senza un ricambio culturale alternativo che non sial’importazione dei modelli occidentali.

La diffusa e persistente violazione dei più elementarie.diritti umani, tra i quali la libertà religiosa.

Accanto a queste ragioni interne ai paesi di fuga, vanno10.affiancati i motivi di attrazione che spingonomoltissime persone ad orientarsi verso altri paesi chesembrano rappresentare un nuovo futuro.

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L’aspettativa di una migliore condizione di vita.a.

L’opportunità di avere un lavoro che permetta dib.mantenere la propria famiglia.

Una più diffusa conoscenza dei modelli di vitac.occidentali, mediati attraverso i mezzi dicomunicazione ormai facilmente accessibili inqualunque parte della terra.

L’enorme divario tecnologico e la possibilità did.accedere ai servizi più elementari, con particolareriferimento alle cure della denutrizione e di alcunemalattie infettive.

La necessità di affermare la propria dignità. Talee.necessità, che non ammette discriminazioni, è ancheil nucleo centrale che fonda tutti i diritti universalie irrinunciabili.

A queste cause interne ed esterne ai paesi di11.provenienza si associano fenomeni che le rafforzanoquali, ad esempio, l’andamento demografico che vede ipaesi poveri in forte crescita e con una bassa età media,contrariamente ai paesi ricchi in forte calo e con unaalta età media.

La questione dei richiedenti protezione internazionale,12.nel sentire comune e nella modalità con cui èpresentato dai mezzi di comunicazione, appare comeuna sfida che nasce nel momento in cui queste personegiungono a toccare le nostre coste. Il prima sembra nonesistere.

Occorre denunciare il “peccato di smemoratezza”. Nel13.modo con cui il fenomeno delle migrazioni forzateviene affrontato, è contemporaneamente cancellata lastoria: spesso non si riconosce il minimo

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coinvolgimento nelle cause storiche (economiche,politiche, ambientali, sociali, ecc. …) che sono alla basedell’attuale fenomeno delle migrazioni. Questo, dicontro, non è per nulla un fenomeno casuale, ma hasalde e profonde radici che legano tra loro gli enormiflussi migratori degli ultimi secoli. Nessuno può tirarsifuori da questo esame di coscienza.

È sorprendente come certi fenomeni storici sianovolutamente ignorati. Per secoli, milioni di europeisono migrati nel mondo, con chiaro intento colonialistae nella piena convinzione di avere il diritto (teorizzatodal punto di vista politico, economico e financhefilosofico) di poterlo fare. I prezzi di queste migrazionisono stati elevatissimi. Non si comprende come mai un“diritto” ad emigrare, garantito e difeso per secoli, sitrasformi in un “delitto e in un’invasione” quando ilflusso migratorio, per mutate ragioni storiche, prendala direzione opposta.

Nella dichiarazione finale, del III Incontro Mondialedei Movimenti Popolari in dialogo con papa Francescosvoltosi dal 2 al 5 novembre 2016 a Roma, si legge che«siamo creditori di un debito storico, sociale,economico, politico e ambientale che deve esseresaldato». È un’espressione che rovescia la visione delmondo e pone i popoli sfruttati non tra i debitori deiricchi, ma tra i creditori degli stessi e non solo da unpunto di vista economico e finanziario, ma anche da unpunto di vista sociale, ambientale, storico e, pertanto,politico.

Tuttora si avverte una emergente volontà di sovranità14.da parte di alcune nazioni con interventi armati definiti“pacificatori” ma in realtà assolutamente inefficaci nella

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risoluzione delle crisi per le quali si sono impegnati.Anzi, l’unica preoccupazione che coinvolge tuttisembra essere quella di fermare il flusso di chi devefuggire dal proprio paese, senza ammettere il propriocoinvolgimento come causa diretta del fenomeno.

Devono essere sottolineati alcuni aspetti remoti che15.sono alla base della destabilizzazione dei popoli.

Attualmente l’accaparramento delle terre e dellea.materie prime (soprattutto gli idrocarburi ed imateriali per l’elettronica), l’accesso all’acqua el’utilizzo esclusivo delle terre più produttive dalpunto di vista agricolo, sono diventati la normalemodalità con cui il Sud del mondo è aggredito siadalle politiche economiche pubbliche (vedi i trattatieconomici che regolano il rapporto tra gli stati) siadall’intrusività delle multinazionali capaci diassorbire a proprio favore i mercati. Scrive PapaFrancesco: «L’inequità non colpisce solo gliindividui, ma Paesi interi, e obbliga a pensare adun’etica delle relazioni internazionali. C’è infatti unvero “debito ecologico”, soprattutto tra il Nord e ilSud, connesso a squilibri commerciali conconseguenze in ambito ecologico, come pure all’usosproporzionato delle risorse naturali compiutostoricamente da alcuni Paesi. Le esportazioni dialcune materie prime per soddisfare i mercati nelNord industrializzato hanno prodotto danni locali,come l’inquinamento da mercurio nelle miniered’oro o da diossido di zolfo in quelle di rame. […] Ildebito estero dei Paesi poveri si è trasformato in unostrumento di controllo, ma non accade la stessa cosacon il debito ecologico. In diversi modi, i popoli invia di sviluppo, dove si trovano le riserve più

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importanti della biosfera, continuano ad alimentarelo sviluppo dei Paesi più ricchi a prezzo del loropresente e del loro futuro. La terra dei poveri del Sudè ricca e poco inquinata, ma l’accesso alla proprietàdei beni e delle risorse per soddisfare le proprienecessità vitali è loro vietato da un sistema dirapporti commerciali e di proprietà strutturalmenteperverso» (Laudato si’, nn. 51-52).

È sintomatico che, anche solo da una rapida verificab.geografica, tutti i luoghi della terra dove è presenteuna qualche ricchezza di materie prime o si trovanoin collocazioni geopolitiche strategiche (ad es. ilCorno d’Africa) siano anche teatro di una guerradichiarata o strisciante o, comunque, di una qualcheforma di destabilizzazione politica o sociale.

Il meccanismo del debito è una delle cause piùc.acute e dirette nella formazione della povertà.Questo problema, oggi quasi completamentetaciuto, se non sarà affrontato e risolto, resta eresterà una delle cause determinanti dellospostamento dei popoli. Scrive il Card. PeterTurkson, presidente del Pontificio Consiglio dellaGiustizia e della Pace: «La questione del debito deipaesi poveri è un problema ancora irrisolto, ma sulquale l’attenzione pubblica internazionale èfortemente diminuita. La Chiesa cattolica, nella suacostante sollecitudine per i poveri, si occupa da untrentennio del problema del debito internazionalenella consapevolezza di quanto la questionedebitoria e lo sviluppo siano un binomioimprescindibile. … Ancora oggi i paesi povericontinuano a spendere ogni anno risorse maggioriper la remissione dei debiti di quanto ne ricevano

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dagli aiuti ufficiali allo sviluppo» (Messaggio inoccasione del convegno: Dal G8 alla Laudato si’. Il“giubileo” del debito? Genova, 19/07/2016).

La logica del massimo profitto che in breve tempod.ha visto uno sviluppo smoderato della finanza cheha di gran lunga superato il valore di interscambiomonetario dell’economia reale (cfr. Francesco,Laudato si’, n. 109). Le ricorrenti crisi finanziarie(che sono la costante della finanziarizzazioneselvaggia) non sono state colte come occasioni perrivedere e riformare l’intero sistema, limitandosi apalesarne un suo meccanismo strutturale che vedei profitti destinati ai privati detentori del poterefinanziario, mentre le eventuali perdite (o fallimenti)a carico del settore pubblico. Ciò si verifica inparticolare per il settore bancario (cfr. Francesco,Laudato si’, n. 189). Dopo le ultime bolle finanziarie,l’economia reale a livello globale è stata colpita inmodo decisivo e non è più riuscita a risalire ai livellidegli anni precedenti. In altre parole, i meccanismifinanziari sono una delle cause fondamentali delladiffusa mancanza di lavoro che si riscontra nelmondo intero. È sintomatico che tutti i correttivisostanziali proposti per contenere gli eccessi dellafinanza non abbiano, fino ad ora, trovato la generalecondivisione e la volontà di renderli operativi. Iltriste fenomeno della corruzione e della persistenzae floridezza dei paradisi fiscali, sempre condannatidalla politica e mai affrontati dalla stessa comeproblema da risolvere, sono la dimostrazione dicome il profitto ad ogni costo resti una aspirazioneche non si intende riportare nei parametri di unavera giustizia sociale ed economica.

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In stretto collegamento con i problemi sopra indicati,16.non si può non denunciare la persistente vergogna delcommercio delle armi, mercato florido per il Nord delmondo, tragedia per i popoli del Sud del mondo. L’Italiafigura tra i primi cinque fornitori di armi in Europaoccidentale. Questi cinque paesi – con noi ci sonoFrancia, Germania, Regno Unito e Spagna – detengonoil 21 per cento delle transazioni militari internazionalinei quattro anni di riferimento, dal 2011 e il 2015,secondo il rapporto SIPRI (Stockholm InternationalPeace Research Institute). Rispetto al quadriennioprecedente, l’Italia ha aumentato le sue esportazioni diarmi del 48 per cento.

Ad uno sguardo attento ed informato, emerge con17.chiarezza che gli attuali percorsi utilizzati da chi fuggedal proprio paese (in modo particolare in Africa) sonogli stessi in cui, a cielo aperto, si intrecciano enormitraffici illegali da e per l’Europa. Basterebbe citare ilsolo problema della droga per sollevare un orizzonte diriflessione impressionante, che permetterebbe di farciverificare come il commercio delle sostanzestupefacenti che raggiunge i nostri paesi, finanzia ilterrorismo che i paesi del Nord proclamano di volercombattere ed è causa diretta del flusso di chi deveforzatamente migrare: il più delle volte, chi traffica conla droga, traffica anche con gli esseri umani.

La fuga della gente dalle proprie terre si è trasformata18.in una vera e propria tratta delle persone. Se, come giàosservato, i mezzi di comunicazione sono solitiprendere in considerazione il problema dei rifugiatisolo nel momento in cui questi chiedono protezionenel nostro territorio, di contro è totalmente ignorato ilpercorso precedente (dal loro paese fino all’imbarco

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dalle coste libiche o greche) già di per sé lungo edrammatico, che risulta essere un vero e propriocommercio delle persone (talvolta dei loro organi),aggravato da incarcerazioni arbitrarie, torture eviolenze di ogni genere.

A tutto questo va aggiunto il fatto che, una volta giunti19.sul territorio nazionale, spesso queste personefiniscono in pasto allo sfruttamento del lavoro nero edella prostituzione, senza dimenticare anche il rischioche diventino “merce” del “mercato dell’accoglienza”. Atale proposito molto lucida è la lettura del fenomenodei richiedenti asilo nei rapporti 2014 – 2016,“Rapporti sulla protezione internazionale in Italia”,redatti da parte di: ANCI, Caritas Italiana, Cittalia,Fondazione Migrantes, Servizio SPRAR, incollaborazione con UNHCR. Particolarmente incisivele raccomandazioni espresse in tali rapporti, purtroppoin larga parte inascoltate.

Certamente grande è il valore dell’enorme ed20.encomiabile opera di soccorso verso quantiattraversano il mare su precarie imbarcazioni: tuttal’opera di accoglienza fino ad ora dispiegata daorganismi pubblici (sostenuti dal Governo italiano), daassociazioni e da organismi ecclesiali merita un fortericonoscimento e un convinto sostegno. Davverosignificativa è l’opera di accoglienza dispiegata dallaChiesa cattolica soprattutto attraverso Caritas eMigrantes a livello nazionale e diocesano, unitamenteall’impegno di altre chiese cristiane. È necessario

Scelte concrete non più rinviabili

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continuare in questa direzione, ma occorre anchecercare di andare oltre.

Anche solo dai pochi accenni sopra delineati – che non21.hanno la pretesa di trattare in modo esaustivo laquestione ma di indicarne i punti salienti – possiamofacilmente comprendere la complessità del fenomenodei richiedenti protezione internazionale, che non è diordine emergenziale (pur mantenendo anche questadimensione) ma di ordine strutturale e, dunque,destinato a durare nel tempo.

A questa realtà complessa occorre dare soluzioni22.complesse, e strutturali, caratterizzate da precisiorientamenti politici e sociali. Ne indichiamo alcuni.

Riconoscere e condividere esplicitamente chea.l’obiettivo che si intende perseguire è quellodell’inserimento dei rifugiati nei nostri paesi,come vere risorse umane e culturali. Non si trattadi uno scontro di civiltà, ma dell’ennesima sfida atrasformare il perenne migrare dei popoli avvenutonei secoli in una opportunità di crescita per tutti.Questa è la scelta di civiltà da compiere.

Gli stessi italiani sono stati e sono migranti, perscelta o perché costretti. L’arrivo in un diverso Paesenon può essere indolore e privo di fatiche ma puòriuscire vincente se vi è la tenacia, la saggezza el’amore per costruire una nuova vita là dove si ègiunti fino ad amare quella terra come propriaPatria, la Patria in cui nasceranno e simoltiplicheranno i propri figli e le proprie capacitàdaranno frutto.

Superare la distinzione di trattamento trab.profughi politici e profughi economici. A questi

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vanno ormai aggiunti anche i profughi climatici,una delle categorie destinate, nell’immediato futuro,a crescere a dismisura. L’enciclica Laudato si’, pertutte queste categorie di migranti, offre unaprospettiva culturale innovativa, perché in tutte lepersone raggiunte da una ecologia squilibrata (nonsolo di ordine naturale) è possibile riconoscere ilrischio dell’esposizione a forme di ingiustizia,qualunque sia la modalità con cui questa venga aconiugarsi.

Superare l’attuale legislazione che trasforma circac.la metà dei migranti arrivati in “clandestini”. Unalegge che, per un verso, chiede di accogliererichiedenti protezione internazionale e migranti, didar loro assistenza, istruzione, mezzi percomunicare con i familiari rimasti in Patria, avviareun percorso di integrazione sociale, ma che, peraltro verso, dopo un tempo medio (nella RegioneLiguria è pari a circa due anni) costringe, di fatto, ametterli in strada, senza più alcuna assistenza, senzauna prospettiva su dove andare e in alcunesituazioni senza un documento, rendendo la lorosituazione peggiore di quella del loro arrivo.

Occorre ripensare a fondo la legislazione europeaed italiana sull’accoglienza dei richiedenti asiloperché abbia come reale obiettivo quellodell’integrazione. Oggi lo sbocco concreto per irichiedenti asilo che approdano nel nostro paese èduplice:

ricevere il diniego alla domanda di protezione-internazionale con il conseguente obbligo alrientro nel paese di origine (attuato di fatto,

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raramente e per pura esemplarità, per i soli paesicon cui l’Italia ha stipulato accordi bilaterali cheprevedono il rimpatrio coatto) trasformando difatto quanti chiedono protezione internazionalein “clandestini”, “ombre”, uomini e donne che nonpotendo avere un lavoro regolare, affittare unacasa o accedere ai servizi sociali minimi sonocostretti a vivere ai margini della nostra società,talvolta anche nei peggiori sottofondi;

ricevere una delle forme di protezione-internazionale o il permesso di soggiorno permotivi umanitari. Purtroppo, dovendo terminarel’accoglienza entro pochissimi giorni dallaricezione del documento (tale regola è attuata neicentri di accoglienza straordinari CAS che adoggi costituiscono contrariamente allaprogrammazione iniziale circa il 80% delleaccoglienze sul territorio nazionale), questepersone, pur avendo ricevuto un valido titolo diresidenza, divengono immediatamente parte diuna società in crisi come la nostra, senza alcunstrumento per far fronte al proprio futuro.

Questa impostazione è totalmente inadeguata asostenere una società inter-culturale a cui siamoinevitabilmente orientati. La scelta dell’integrazionenon è più rinviabile se non si vuole trasformare unfenomeno complesso in un conflitto non gestibile.Essendo una prospettiva a lungo respiro, qualsiasilegge che risponda alla sola logica elettorale non puòportare da nessuna parte.

Giungere in tempi certi e brevi ad una legislazioned.che sancisca il diritto di cittadinanza a quanti

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hanno portato a compimento un verificabilepercorso di integrazione (si pensi, ad es., ai minorinati in Italia) e facilitandolo per quanti desideranointraprenderlo. Insieme a questo diritto, deve esseredefinito e ribadito il dovere di collaborare, proprioperché cittadini, allo sviluppo del Paese in cui siviene accolti rispettandone la cultura e le leggi.

A fronte dell’enorme complessità del fenomenoe.migratorio – complessità che, a partire dalla secondaguerra mondiale, è andata crescendo in manieraesponenziale e con caratteristiche sempre nuove(per citarne alcune: il cambiamento climatico; lecrescenti tensioni legate all’accaparramento dellematerie prime; la dirompente espansione finanziariain perenne e ritornante stato di crisi; ecc.) – non sitrova riscontro in una altrettanto proporzionatacrescita della coscienza politica ed economica chesappia farvi fronte. Stante queste condizioni, i flussidi migranti e richiedenti protezione internazionalecontinueranno a crescere di numero ed a rinnovarsinella modalità di spostamento. Si rimane perciòperplessi di fronte alla duplice modalità con cui ipaesi del Nord del mondo stanno progettando diarginare il flusso di queste persone in grave disagio.Essa prevede:

Un enorme investimento in sicurezza che si-traduce in un inutile innalzamento di muri, in unassillante controllo del territorio mediantedispositivi di polizia, in accresciuti investimentiin spese militari, generando, in risposta, semprenuovi percorsi e diversificate modalità di ingressonei paesi di destinazione da parte di quantifuggono per necessità dalla propria casa.

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L’esternalizzazione del controllo delle frontiere,-affidandolo a Paesi terzi attraverso accordibilaterali, soluzione tutt’altro che priva didifficoltà (affidabilità degli interlocutori; duratae prospettive della permanenza ai confini,possibilità di garantire il rispetto deifondamentali diritti umani).

Quello delle migrazioni resterà un fenomenoingestibile finché non si riuscirà a mettere in attouna governance globale che sappia affrontare leragioni di fondo del fenomeno. Al presente, la viadei corridoi umanitari che garantiscano flussicontrollati già dai paesi di origine e capaci di tutelarevite umane, unitamente ad una pianificazionelungimirante di forme di cittadinanza e approccipolitici ed educativi incentrati sull’integrazione delleculture, sembra essere la risposta più efficace. In talsenso va segnalata l’importante iniziativa promossadalla Comunità di Sant’Egidio e sostenuta dalla CEIe da altre chiese cristiane.

Con crescente frequenza è emersa, a livello dellaf.comunità europea, l’intento, di per sé positivo, dicontenere il flusso dei profughi, attraverso uncospicuo aiuto economico per i paesi diprovenienza per favorirne lo sviluppo. È difficilenon essere d’accordo con una prospettiva di questotipo, ma occorre affermare alcune condizioni:

questa scelta deve essere strutturale e non-emergenziale. L’Africa, per decenni, è stata invasada aiuti che hanno spesso favorito il suoimpoverimento e l’arricchimento di chi li hagestiti;

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senza la ridefinizione del debito che lega il Nord-e il Sud del mondo, non c’è possibilità di riuscita.A tal proposito va fatto ogni sforzo perché si avviiun processo che conduca ad una conferenzaglobale sul debito con l’obiettivo di svelare lageografia di poteri che dietro di esso si nasconde;

l’aiuto ai paesi del Sud del mondo non può essere-solo di tipo economico: devono essere scardinatie ridisegnati i meccanismi commerciali che lipenalizzano. Essendo questi meccanismitotalmente in mano al Nord del mondo, è in casanostra che deve avvenire il rinnovamentoiniziale, senza del quale non ci sarà alcunaprospettiva futura;

garantire un corretto rapporto con i governi,-perché non siano più subalterni all’Europa o dalei distaccati, ma anche perché non siano lorostessi gli unici destinatari degli aiuti, escludendoogni beneficio per i loro popoli, fenomeno questotristemente noto.

La dimensione del fenomeno dei migranti forzati,g.soprattutto nella sua dimensione emergenziale, nonpuò essere affrontata prevalentemente dai paesiche si affacciano sul Mar Mediterraneo. E traquesti, in modo speciale, l’Italia e la Grecia. Se questiflussi di migranti sono riusciti a mettere in crisi ilcammino della comunità europea, significa che lastessa deve profondamente ripensarsi. Il futurodell’Europa passa anche attraverso la capacità didiventare una realtà sociale che vive l’accoglienza,favorisce l’integrazione e regola secondo giustizia irapporti politici, economici e sociali tra paesi

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europei e paesi del Sud del mondo. Perché questoaccada occorre riscoprire il fondamento dellavisione cristiana dell’uomo. Ha detto PapaFrancesco nel suo discorso al Parlamento Europeo(Strasburgo, 25/11/2014): «Un’Europa che non è piùcapace di aprirsi alla dimensione trascendente dellavita è un’Europa che lentamente rischia di perderela propria anima e anche quello “spirito umanistico”che pure ama e difende. Proprio a partire dallanecessità di un’apertura al trascendente, intendoaffermare la centralità della persona umana,altrimenti in balia delle mode e dei poteri delmomento. In questo senso ritengo fondamentalenon solo il patrimonio che il cristianesimo halasciato nel passato alla formazione socioculturaledel continente, bensì soprattutto il contributo cheintende dare oggi e nel futuro alla sua crescita».

Il vasto fenomeno della migrazione più o meno23.forzata, se approfondito con serietà, ci permette,paradossalmente, di comprendere non pochi di quelliche sono i meccanismi che creano situazioni didisagio anche per i giovani italiani, in primo luogo lamancanza di lavoro e di abitazione. Secondo ilRapporto 2016 Italiani nel Mondo della FondazioneMigrantes, nel 2015 il numero degli italiani emigratiall’estero aveva superato quota 107mila, con unapercentuale di giovani superiore al 36 per cento.Interessarci alla questione dei richiedenti asilo non vuoldire disinteressarci dei giovani italiani. Le questioninon si pongono in alternativa, come se aiutando gli uni,si penalizzassero gli altri. Infatti, se si va al fondo delleragioni che provocano la diffusa crisi socio-ambientalea livello globale, ci si accorge che le cause che originano

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le migrazioni sono le stesse che mettono in gravedifficoltà i giovani italiani, soprattutto dal punto di vistalavorativo. Rivendicare il diritto inalienabiledell’umanità a migrare significa riconoscere che ogniuomo è cittadino del mondo e ha potestà di muoversiper trovare una migliore condizione di vita per sé e lapropria famiglia.

Papa Francesco nella Laudato si’ ci ricorda: « (137.) Dalmomento che tutto è intimamente relazionato e che gliattuali problemi richiedono uno sguardo che tengaconto di tutti gli aspetti della crisi mondiale, propongodi soffermarci adesso a riflettere sui diversi elementi diuna ecologia integrale, che comprenda chiaramente ledimensioni umane e sociali. … (139.) … Datal’ampiezza dei cambiamenti, non è più possibile trovareuna risposta specifica e indipendente per ogni singolaparte del problema. È fondamentale cercare soluzioniintegrali, che considerino le interazioni dei sisteminaturali tra loro e con i sistemi sociali. Non ci sono duecrisi separate, una ambientale e un’altra sociale, bensìuna sola e complessa crisi socio-ambientale. Ledirettrici per la soluzione richiedono un approcciointegrale per combattere la povertà, per restituire ladignità agli esclusi e nello stesso tempo per prendersicura della natura».

Alla base di questa crisi complessa vi è sicuramente unaprofonda crisi spirituale che interpella il compitoeducativo delle nostre comunità.

Mettere in campo una seria politica economica esociale permetterà di risolvere i problemi sia deiprofughi sia dei nostri giovani. Le contrapposizioni cheoggi si stanno fomentando avvieranno solamente unaguerra tra poveri che non andrà a vantaggio di nessuno.

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Le scelte del cristiano e della Chiesa poggiano sul24.fondamento di quella roccia che è Dio, sulla pienezzadella sua rivelazione nell’incarnazione del Figlio esulla presenza e azione dello Spirito Santo nella storia.L’incarnazione domanda in modo inequivocabile alcristiano e alla Chiesa di vivere la fede – con la graziadello Spirito – proprio dentro i fenomeni storici daiquali non si può prescindere, creandosi alibi oscappatoie di vario tipo. È sempre attuale quanto ciricorda il Concilio Vaticano II: «Le gioie e le speranze,le tristezze e le angosce degli uomini d’oggi, dei poverisoprattutto e di tutti coloro che soffrono, sono pure legioie e le speranze, le tristezze e le angosce dei discepolidi Cristo, e nulla vi è di genuinamente umano che nontrovi eco nel loro cuore. La loro comunità, infatti, ècomposta di uomini i quali, riuniti insieme nel Cristo,sono guidati dallo Spirito Santo nel loro pellegrinaggioverso il regno del Padre, ed hanno ricevuto unmessaggio di salvezza da proporre a tutti. Perciò lacomunità dei cristiani si sente realmente e intimamentesolidale con il genere umano e con la sua storia»(Gaudium et spes n. 1). Sappiamo che saremo capaci divivere tutto questo non in forza di organizzazioni epianificazioni perfette perché astratte: siamo invecechiamati a innestarci e radicarci in Cristo lasciandosicondurre dallo Spirito. Allora tutto sarà possibile congenio e creatività (cfr. Papa Francesco, Discorso al VConvegno Nazionale della Chiesa Italiana, Firenze,10/11/2015).

Di fronte ad un fenomeno di portata globale come25.quello delle migrazioni, la nostra fede ci chiede un

La nostra fede ci impegna

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coinvolgimento profondo secondo lo spirito evangelicodel “provare compassione” come Gesù buonsamaritano (cfr. Lc 10,33): non è un genericosentimento di pietà ma un entrare, a pieno titolo, nelproblema che l’altro vive, condividendolo efacendosene carico. L’altro ha un volto, è un fratello,una sorella. Nello specifico si tratta di comprendere chela migrazione coinvolge la vita di tutti, ci “tocca” tuttiin eguale maniera, riguarda l’uomo al di là dellaprovenienza, della religione, della condizione sociale,delle convinzioni politiche. In quest’ottica il “provarecompassione” è ciò che spinge ciascuno di noi a sentirela difficoltà dell’altro come difficoltà mia. L’obiettivonon è solo risolvere il problema contingentedell’accoglienza ma è la costruzione di una società piùgiusta e accogliente. L’annuncio del messaggioevangelico a tutte le genti, vuole fare del genere umanola famiglia di Dio, nella quale la pienezza della legge èl’amore.

La nostra fede in Dio che si è incarnato ci impegna in26.una lettura attenta, complessiva e critica delfenomeno perché le domande di “questo tempo” nonpossono essere eluse (cfr. Lc 12,54-56): di che cosaquesti tempi sono segno? La dottrina sociale dellaChiesa si è sempre mostrata attenta alla letturadell’attualità sociale. Si tratta di saper cogliere dentro ilfenomeno delle migrazioni segni di realtà divine, valea dire il dispiegarsi nella storia del disegno di Diosull’umanità, del quale la realtà che viviamo è ilmomento attuale, nell’attesa del ritorno del Signore.Tale disegno ci è stato rivelato in Gesù Cristo: perleggere i segni dei tempi occorre aprire il cuoreall’azione dello Spirito Santo che opera nella storia e nel

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cuore degli uomini. È necessario conoscere inprofondità il fenomeno delle migrazioni per poterriconoscere l’agire di Dio nella storia. Conoscere peraccogliere ed annunciare: i segni dei tempi possonosorprenderci, a volte scandalizzarci, ma sono per noiuna chiamata che attende una risposta.

La nostra fede in Dio che si è incarnato ci chiede,27.dunque, di cercare soluzioni: una ricerca aperta allacollaborazione di tutti, che sappia coniugare la capacitàdi accoglienza emergenziale fino al tentativo di incideresulle cause remote (strutturali, culturali, economiche elegislative) che impediscono di mettere in camposoluzioni di ampio respiro e che vadano al cuore delproblema senza fermarsi a interventi di superficie.

La nostra fede in Dio che si è incarnato ci chiede una28.corretta attenzione al dialogo interreligioso e aldialogo ecumenico. Le migrazioni rendono concretol’incontro con altre fedi e con altre confessioni cristiane.In occasione della 88a Giornata Mondiale dei Migrantie Rifugiati (2002) il Pontificio Consiglio della Pastoraleper i Migranti e gli Itineranti così si esprimeva: «Ildialogo inter-religioso non è opposto alla missione adgentes (Redemptoris Missio n. 55) e “… il dialogointerreligioso suppone da parte del cristiano ildesiderio di far meglio conoscere, riconoscere e amareGesù Cristo …” (Dialogo e Proclamazione n. 77). Lecomunità cristiane possono invitare gli immigrati e irifugiati che appartengono a tradizioni religiose diversedalla loro a scoprire Cristo, Signore e Salvatore di tutti».

Più direttamente al cuore del compito ecclesiale e29.battesimale dell’evangelizzazione, il fenomeno dellemigrazioni sollecita le nostre diocesi ad un profondo

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ripensamento delle modalità con cui offriamo laproposta evangelica. La missionarietà, vissuta in modoprevalente nella dimensione ad gentes, ha impoveritola comprensione del suo essere realtà tipica di ognicristiano in forza del battesimo. Ora che l’annuncio adgentes non è più solo ai confini della terra, ma è entratoprepotentemente nella nostra vita sociale, le comunitàcristiane devono usare parole e porre gesti capaci didire il Vangelo anche agli stessi migranti che vengonoda una formazione cristiana. Ancor più difficile è direuna parola evangelica decisiva per chi viene da mondireligiosi differenti da quello cristiano. Papa Francescocosì si esprime: «Sogno una scelta missionaria capacedi trasformare ogni cosa, perché le consuetudini, glistili, gli orari, il linguaggio e ogni struttura ecclesialediventino un canale adeguato per l’evangelizzazione delmondo attuale, più che per l’autopreservazione. Lariforma delle strutture, che esige la conversionepastorale, si può intendere solo in questo senso: fare inmodo che esse diventino tutte più missionarie, che lapastorale ordinaria in tutte le sue istanze sia piùespansiva e aperta, che ponga gli agenti pastorali incostante atteggiamento di “uscita” e favorisca così larisposta positiva di tutti coloro ai quali Gesù offre lasua amicizia» (Evangelii gaudium n. 27). Questo nonsignifica certamente dimenticare, quanto, piuttosto,rilanciare la dimensione dell’annuncio ad gentes.

Il fenomeno delle migrazioni forzate domanda30.pertanto un rinnovamento del linguaggio e dellaprassi dell’evangelizzazione a cui, come Chiesa, nonpossiamo sottrarci. È ancora Papa Francesco adesortarci: «Infine, rimarchiamo che l’evangelizzazioneè essenzialmente connessa con la proclamazione del

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Vangelo a coloro che non conoscono Gesù Cristo o lohanno sempre rifiutato. Molti di loro cercano Diosegretamente, mossi dalla nostalgia del suo volto, anchein paesi di antica tradizione cristiana. Tutti hanno ildiritto di ricevere il Vangelo. I cristiani hanno il doveredi annunciarlo senza escludere nessuno, non come chiimpone un nuovo obbligo, bensì come chi condivideuna gioia, segnala un orizzonte bello, offre unbanchetto desiderabile. La Chiesa non cresce perproselitismo ma “per attrazione” (Benedetto XVI,Omelia 13 maggio 2007, AAS 99, p. 437)» (Evangeliigaudium n.14).

Il primo passo da cui partire è quello di un profondo31.cambio di prospettiva: fino ad ora la missio ad gentesha prevalentemente favorito l’atteggiamento di chi èchiamato a portare ad altri il Vangelo, la cultura, gliaiuti. Ora il mondo, le culture, le religioni interpellanole nostre chiese. Occorre anzitutto ascoltare: i profughisono portatori di culture altre, di stili di vita differenti,di sensibilità alternative alle nostre e, quando cristiani,di un patrimonio di esperienza di fede e vita ecclesialeda cui abbiamo molto da imparare, soprattutto in uncontesto così secolarizzato come il nostro. Solo dopoaver ascoltato, come il Risorto lungo la via di Emmaus(cfr. Lc 24,13-35), possiamo e dobbiamo annunciare ilVangelo perché tutti gli uomini siano salvati e giunganoalla conoscenza della verità (cfr. 1Tm 2,4).

Dobbiamo continuare a sostenere la scelta di32.misurarsi, in modo compromettente, nell’accoglienzadei richiedenti asilo come degli altri immigrati, comegià abbiamo fatto. Vogliamo vivere un’attenta dinamicaevangelica che sappia leggere a fondo i “segni deitempi” dando adeguate risposte e sollecitare un

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profondo ripensamento del modo di fare culturaall’interno della Chiesa. Scegliere di accogliere e farlonel modo opportuno non è solo una urgenza morale,ma cambia la prospettiva del nostro modo di pensarcicome Chiesa. Come cristiani siamo chiamati ad unradicale atteggiamento di disponibilitàall’accoglienza. Il Vangelo ci interpella: «Allora i giustigli risponderanno: “Signore, quando ti abbiamo vistoaffamato e ti abbiamo dato da mangiare, o assetato e tiabbiamo dato da bere? Quando mai ti abbiamo vistostraniero e ti abbiamo accolto, o nudo e ti abbiamovestito? Quando mai ti abbiamo visto malato o incarcere e siamo venuti a visitarti?”. E il re risponderàloro: “In verità io vi dico: tutto quello che avete fatto auno solo di questi miei fratelli più piccoli, l’avete fattoa me”» (Mt 25,37-40). La scelta a favore degli ultimi èper identità scelta cristiana; l’accoglienza o il rifiuto delpovero è accoglienza o rifiuto di Cristo. Siamo chiamatia un vero e proprio percorso di conversione al qualenon vogliamo sottrarci e che ci spinge ad entrare nelprofondo delle analisi e delle scelte sopra delineate permetterci in gioco in prospettive di soluzioni ispirateall’unica Parola che salva.

Auspichiamo che questa riflessione possa servire a33.stimolare un confronto attento e sereno su unatematica così rilevante e complessa sia all’interno dellenostre comunità cristiane sia nel dialogo con tutti.

23 aprile 2017Domenica della Divina Misericordianell’Ottava di Pasqua

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Card. Angelo BagnascoPresidente della Conferenza Episcopale Ligure

Arcivescovo di Genova

+ Alberto TanasiniVescovo di Chiavari

+ Luigi Ernesto PallettiVescovo di La Spezia-Sarzana-Brugnato

+ Guglielmo BorghettiVescovo di Albenga-Imperia

+ Antonio SuettaVescovo di Ventimiglia-San Remo

+ Vittorio Francesco ViolaVescovo di Tortona

+ Calogero MarinoVescovo di Savona-Noli

+ Nicolò AnselmiVescovo ausiliare di Genova

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MESSAGGIO DEL SANTO PADRE FRANCESCO PER LA GIORNATA MONDIALE

DEL MIGRANTE E DEL RIFUGIATO 201814 gennaio 2018

“Accogliere, proteggere, promuovere e integrarei migranti e i rifugiati”

Cari fratelli e sorelle!

«Il forestiero dimorante fra voi lo tratterete come colui cheè nato fra voi; tu l’amerai come te stesso perché anche voisiete stati forestieri in terra d’Egitto. Io sono il Signore,vostro Dio» (Lv 19,34).

Durante i miei primi anni di pontificato ho ripetutamenteespresso speciale preoccupazione per la triste situazione ditanti migranti e rifugiati che fuggono dalle guerre, dallepersecuzioni, dai disastri naturali e dalla povertà. Si trattaindubbiamente di un “segno dei tempi” che ho cercato dileggere, invocando la luce dello Spirito Santo sin dalla miavisita a Lampedusa l’8 luglio 2013. Nell’istituire il nuovoDicastero per il Servizio dello Sviluppo Umano Integrale,ho voluto che una sezione speciale, posta ad tempus sottola mia diretta guida, esprimesse la sollecitudine della Chiesaverso i migranti, gli sfollati, i rifugiati e le vittime della tratta.

Ogni forestiero che bussa alla nostra porta è un’occasionedi incontro con Gesù Cristo, il quale si identifica con lostraniero accolto o rifiutato di ogni epoca (cfr Mt 25,35.43).Il Signore affida all’amore materno della Chiesa ogni essereumano costretto a lasciare la propria patria alla ricerca diun futuro migliore.[1] Tale sollecitudine deve esprimersiconcretamente in ogni tappa dell’esperienza migratoria:dalla partenza al viaggio, dall’arrivo al ritorno. E’ una grande

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responsabilità che la Chiesa intende condividere con tutti icredenti e gli uomini e le donne di buona volontà, i qualisono chiamati a rispondere alle numerose sfide poste dallemigrazioni contemporanee con generosità, alacrità,saggezza e lungimiranza, ciascuno secondo le propriepossibilità.

Al riguardo, desidero riaffermare che «la nostra comunerisposta si potrebbe articolare attorno a quattro verbi fondatisui principi della dottrina della Chiesa: accogliere,proteggere, promuovere e integrare».[2]

Considerando lo scenario attuale, accogliere significainnanzitutto offrire a migranti e rifugiati possibilità piùampie di ingresso sicuro e legale nei paesi di destinazione.In tal senso, è desiderabile un impegno concreto affinché siaincrementata e semplificata la concessione di visti umanitarie per il ricongiungimento familiare. Allo stesso tempo,auspico che un numero maggiore di paesi adottinoprogrammi di sponsorship privata e comunitaria e apranocorridoi umanitari per i rifugiati più vulnerabili. Sarebbeopportuno, inoltre, prevedere visti temporanei speciali perle persone che scappano dai conflitti nei paesi confinanti.Non sono una idonea soluzione le espulsioni collettive earbitrarie di migranti e rifugiati, soprattutto quando essevengono eseguite verso paesi che non possono garantire ilrispetto della dignità e dei diritti fondamentali.[3] Torno asottolineare l’importanza di offrire a migranti e rifugiati unaprima sistemazione adeguata e decorosa. «I programmi diaccoglienza diffusa, già avviati in diverse località, sembranoinvece facilitare l’incontro personale, permettere unamigliore qualità dei servizi e offrire maggiori garanzie disuccesso».[4] Il principio della centralità della personaumana, fermamente affermato dal mio amato predecessoreBenedetto XVI,[5] ci obbliga ad anteporre sempre la

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sicurezza personale a quella nazionale. Di conseguenza, ènecessario formare adeguatamente il personale preposto aicontrolli di frontiera. Le condizioni di migranti, richiedentiasilo e rifugiati, postulano che vengano loro garantiti lasicurezza personale e l’accesso ai servizi di base. In nomedella dignità fondamentale di ogni persona, occorresforzarsi di preferire soluzioni alternative alla detenzioneper coloro che entrano nel territorio nazionale senza essereautorizzati.[6]

Il secondo verbo, proteggere, si declina in tutta una seriedi azioni in difesa dei diritti e della dignità dei migranti edei rifugiati, indipendentemente dal loro statusmigratorio.[7] Tale protezione comincia in patria e consistenell’offerta di informazioni certe e certificate prima dellapartenza e nella loro salvaguardia dalle pratiche direclutamento illegale.[8] Essa andrebbe continuata, perquanto possibile, in terra d’immigrazione, assicurando aimigranti un’adeguata assistenza consolare, il diritto diconservare sempre con sé i documenti di identità personale,un equo accesso alla giustizia, la possibilità di aprire contibancari personali e la garanzia di una minima sussistenzavitale. Se opportunamente riconosciute e valorizzate, lecapacità e le competenze dei migranti, richiedenti asilo erifugiati, rappresentano una vera risorsa per le comunità cheli accolgono.[9] Per questo auspico che, nel rispetto dellaloro dignità, vengano loro concessi la libertà di movimentonel paese d’accoglienza, la possibilità di lavorare e l’accessoai mezzi di telecomunicazione. Per coloro che decidono ditornare in patria, sottolineo l’opportunità di sviluppareprogrammi di reintegrazione lavorativa e sociale. LaConvenzione internazionale sui diritti del fanciullo offre unabase giuridica universale per la protezione dei minorimigranti. Ad essi occorre evitare ogni forma di detenzione

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in ragione del loro status migratorio, mentre va assicuratol’accesso regolare all’istruzione primaria e secondaria.Parimenti è necessario garantire la permanenza regolare alcompimento della maggiore età e la possibilità dicontinuare degli studi. Per i minori non accompagnati oseparati dalla loro famiglia è importante prevedereprogrammi di custodia temporanea o affidamento.[10] Nelrispetto del diritto universale ad una nazionalità, questa variconosciuta e opportunamente certificata a tutti i bambinie le bambine al momento della nascita. La apolidia in cuitalvolta vengono a trovarsi migranti e rifugiati può esserefacilmente evitata attraverso «una legislazione sullacittadinanza conforme ai principi fondamentali del dirittointernazionale».[11] Lo status migratorio non dovrebbelimitare l’accesso all’assistenza sanitaria nazionale e aisistemi pensionistici, come pure al trasferimento dei lorocontributi nel caso di rimpatrio.

Promuovere vuol dire essenzialmente adoperarsi affinchétutti i migranti e i rifugiati così come le comunità che liaccolgono siano messi in condizione di realizzarsi comepersone in tutte le dimensioni che compongono l’umanitàvoluta dal Creatore.[12] Tra queste dimensioni variconosciuto il giusto valore alla dimensione religiosa,garantendo a tutti gli stranieri presenti sul territorio lalibertà di professione e pratica religiosa. Molti migranti erifugiati hanno competenze che vanno adeguatamentecertificate e valorizzate. Siccome «il lavoro umano per suanatura è destinato ad unire i popoli»,[13] incoraggio aprodigarsi affinché venga promosso l’inserimento socio-lavorativo dei migranti e rifugiati, garantendo a tutti –compresi i richiedenti asilo – la possibilità di lavorare,percorsi formativi linguistici e di cittadinanza attiva eun’informazione adeguata nelle loro lingue originali. Nel

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caso di minori migranti, il loro coinvolgimento in attivitàlavorative richiede di essere regolamentato in modo daprevenire abusi e minacce alla loro normale crescita. Nel2006 Benedetto XVI sottolineava come nel contestomigratorio la famiglia sia «luogo e risorsa della cultura dellavita e fattore di integrazione di valori».[14] La sua integritàva sempre promossa, favorendo il ricongiungimentofamiliare – con l’inclusione di nonni, fratelli e nipoti –, senzamai farlo dipendere da requisiti economici. Nei confronti dimigranti, richiedenti asilo e rifugiati in situazioni didisabilità, vanno assicurate maggiori attenzioni e supporti.Pur considerando encomiabili gli sforzi fin qui profusi damolti paesi in termini di cooperazione internazionale eassistenza umanitaria, auspico che nella distribuzione di taliaiuti si considerino i bisogni (ad esempio l’assistenza medicae sociale e l’educazione) dei paesi in via di sviluppo chericevono ingenti flussi di rifugiati e migranti e, parimenti,si includano tra i destinatari le comunità locali in situazionedi deprivazione materiale e vulnerabilità.[15]

L’ultimo verbo, integrare, si pone sul piano delleopportunità di arricchimento interculturale generate dallapresenza di migranti e rifugiati. L’integrazione non è«un’assimilazione, che induce a sopprimere o a dimenticarela propria identità culturale. Il contatto con l’altro portapiuttosto a scoprirne il “segreto”, ad aprirsi a lui peraccoglierne gli aspetti validi e contribuire così ad unamaggior conoscenza reciproca. È un processo prolungatoche mira a formare società e culture, rendendole sempre piùriflesso dei multiformi doni di Dio agli uomini».[16] Taleprocesso può essere accelerato attraverso l’offerta dicittadinanza slegata da requisiti economici e linguistici e dipercorsi di regolarizzazione straordinaria per migranti chepossano vantare una lunga permanenza nel paese. Insisto

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ancora sulla necessità di favorire in ogni modo la culturadell’incontro, moltiplicando le opportunità di scambiointerculturale, documentando e diffondendo le buonepratiche di integrazione e sviluppando programmi tesi apreparare le comunità locali ai processi integrativi. Mipreme sottolineare il caso speciale degli stranieri costrettiad abbandonare il paese di immigrazione a causa di crisiumanitarie. Queste persone richiedono che venga loroassicurata un’assistenza adeguata per il rimpatrio eprogrammi di reintegrazione lavorativa in patria.

In conformità con la sua tradizione pastorale, la Chiesa èdisponibile ad impegnarsi in prima persona per realizzaretutte le iniziative sopra proposte, ma per ottenere i risultatisperati è indispensabile il contributo della comunitàpolitica e della società civile, ciascuno secondo leresponsabilità proprie.

Durante il Vertice delle Nazioni Unite, celebrato a NewYork il 19 settembre 2016, i leader mondiali hannochiaramente espresso la loro volontà di prodigarsi a favoredei migranti e dei rifugiati per salvare le loro vite eproteggere i loro diritti, condividendo tale responsabilità alivello globale. A tal fine, gli Stati si sono impegnati aredigere ed approvare entro la fine del 2018 due pattiglobali (Global Compacts), uno dedicato ai rifugiati e unoriguardante i migranti.

Cari fratelli e sorelle, alla luce di questi processi avviati, iprossimi mesi rappresentano un’opportunità privilegiataper presentare e sostenere le azioni concrete nelle quali hovoluto declinare i quattro verbi. Vi invito, quindi, adapprofittare di ogni occasione per condividere questomessaggio con tutti gli attori politici e sociali che sonocoinvolti – o interessati a partecipare – al processo che

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porterà all’approvazione dei due patti globali.

Oggi, 15 agosto, celebriamo la solennità dell’Assunzionedi Maria Santissima in Cielo. La Madre di Dio sperimentòsu di sé la durezza dell’esilio (cfr Mt 2,13-15), accompagnòamorosamente l’itineranza del Figlio fino al Calvario e orane condivide eternamente la gloria. Alla sua maternaintercessione affidiamo le speranze di tutti i migranti e irifugiati del mondo e gli aneliti delle comunità che liaccolgono, affinché, in conformità al sommocomandamento divino, impariamo tutti ad amare l’altro, lostraniero, come noi stessi.

Dal Vaticano, 15 agosto 2017

Solennità dell’Assunzione della B.V. Maria

FRANCESCO

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[1] Cfr Pio XII, Cost. Ap.Exsul Familia, Tit. I, I.[2] Discorso ai partecipanti al Forum Internazionale“Migrazioni e pace”, 21 febbraio 2017.[3] Cfr Intervento dell’Osservatore permanente della SantaSede alla 103ª Sessione del Consiglio dell’OIM, 26 novembre2013.

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[4] Discorso ai partecipanti al Forum Internazionale“Migrazioni e pace”.[5] Cfr Benedetto XVI, Lett. Enc. Caritas in veritate, 47.[6] Cfr Intervento dell’Osservatore Permanente della SantaSede alla XX Sessione del Consiglio dei Diritti Umani, 22giugno 2012.[7] Cfr Benedetto XVI, Lett. Enc. Caritas in veritate, 62.[8] Cfr Pontificio Consiglio per la Pastorale dei Migranti edegli Itineranti, Istr. Erga migrantes caritas Christi, 6.[9] Cfr Benedetto XVI, Discorso ai partecipanti al VICongresso Mondiale per la pastorale dei Migranti e deiRifugiati, 9 novembre 2009.[10] Cfr Id., Messaggio per la Giornata Mondiale delMigrante e Rifugiato (2010); Osservatore Permanente dellaSanta Sede, Intervento alla XXVI Sessione Ordinaria delConsiglio per i Diritti dell’Uomo sui diritti umani deimigranti, 13 giugno 2014.[11] Pontificio Consiglio per la Pastorale dei Migranti e gliItineranti e Pontificio Consiglio Cor Unum, AccogliereCristo nei rifugiati e nelle persone forzosamente sradicate,2013, 70.[12] Cfr Paolo VI, Lett. Enc. Populorum progressio, 14.[13] Giovanni Paolo II, Lett. Enc. Centesimus annus, 27.[14] Benedetto XVI, Messaggio per la Giornata Mondialedel Migrante e del Rifugiato 2007.[15] Cfr Pontificio Consiglio per la Pastorale dei Migranti egli Itineranti e Pontificio Consiglio Cor Unum, AccogliereCristo nei rifugiati e nelle persone forzosamente sradicate,2013, 30-31.[16] Giovanni Paolo II, Messaggio per la Giornata Mondialedel Migrante e del Rifugiato 2005, 24 novembre 2004.

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Introduzione.............................................................................4

Per una lettura del fenomeno delle migrazioni...................5

Scelte concrete non più rinviabili........................................14

La nostra fede ci impegna.....................................................23

Messaggio del Santo Padre Francesco per la Giornatamondiale del Migrante e del Rifugiato 2018.......................30

Indice

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