matteo ripa

332

Upload: marco-caboara

Post on 22-Oct-2015

343 views

Category:

Documents


21 download

DESCRIPTION

Italian missions to China

TRANSCRIPT

  • Universit degli Studi di NapoliLOrientale

    Regione Campania Fondazione Bancodi Napoli

    Archivio di Statodi Napoli

    Universit degli Studi di Napoli LOrientaleArchivio di Stato di Napoli

    Collana Matteo Ripa n. 19

    Matteo Ripa e il Collegio dei Cinesidi Napoli (1682-1869)

    Percorso documentario e iconografico

    Con lAlto Patronato della Presidenza della Repubblica

    Catalogo della mostraArchivio di Stato di Napoli 18 novembre 2006 - 31 marzo 2007

    Napoli 2006

    a cura di

    MICHELE FATICA

  • A cura di:MICHELE FATICAUniversit degli Studi di Napoli LOrientale

    Impaginazione, grafica e fotoritocco:MARIANO CINQUE

    ISSN:1824-4181

    Stampa:ARTI GRAFICHE ZACCARIA Srl

    copyright 2006Universit degli Studi di Napoli LOrientale

    Finito di stampare nel mese di settembre 2006

  • Indice

    Presentazioni

    Matteo Ripa: luomo di fede, lintellettuale, lartista | PASQUALE CIRIELLO 5

    Un ponte tra Oriente e Occidente:Matteo Ripa e il Collegio dei Cinesi attraverso le carte dArchivio | FELICITA DE NEGRI 7

    Saggi

    I percorsi della mostra | MICHELE FATICA 11

    Vita di relazione e vita quotidiananel Collegio dei Cinesi | GIACOMO DI FIORE MICHELE FATICA 21

    Matteo Ripa e la carta geografica dellImpero Cinesecommissionata da Kangxi | ANDREINA ALBANESE 49

    Sulla toponomastica mancese dellatlantedi Matteo Ripa | GIOVANNI STARY 71

    Ricercato numero uno: la vita avventurosa tra Europa ed Asiadi Pietro Zai (Cai Ruoxiang, 1739-1806),alunno del Collegio dei Cinesi | EUGENIO MENEGON 87

    Arte e storia nella chiesa e collegiodella Sacra Famiglia ai Cinesi | UGO DI FURIA 101

    Le ricerche in Cina sullitaliano Matteo Ripae il Collegio dei Cinesi | WAN MING 133

  • Iconografia

    La famiglia, le aderenze familiari,lascesa sociale, la caduta 149

    Da Roma a Portsmouth a Macao 169

    Ripa alla corte di KangxiLe incisioni su rame 191

    Le polemiche con i GesuitiEchi sulla stampa napoletanaLattivit di interprete 209

    Il problema della fondazione del Collegio dei Cinesi a Napoli:promotori e oppositoriLacquisto della sede e il breve Nuper pro del 7 aprile 1732del Papa Clemente XII Corsini 231

    La sede del Collegio, la chiesa dei Cinesi elarciconfraternita di Santa Maria Assunta 253

    Scritti di Ripa, da Ripa, su Ripa 269

    Dal Collegio dei Cinesi al Real Collegio Asiatico 291I Cinesi a NapoliNapoli in Cina 307

  • Matteo Ripa:luomo di fede, lintellettuale, lartista

    PASQUALE CIRIELLOMagnifico Rettore dellUniversit degli Studi di Napoli LOrientale

    Poche Universit hanno il privilegio, come LOrientale, di essere state fondate da un arti-sta. Certamente nella biografia di Matteo Ripa risaltano anzitutto la sua statura di uomo difede, che lo port appena ventiseienne a partire missionario per la Cina, cos come il profilo diletterato, che gli permise di appropriarsi dei misteri dellidioma mandarino. E tuttavia questaesposizione dimostra, ove mai ve ne fosse bisogno, che Matteo Ripa fu anche e forse soprat-tutto un artista.

    noto che il motivo fondamentale della sua ammissione alla corte dellimperatore cinesefu appunto labilit nelle arti del disegno, della pittura, dellincisione su rame, tanto che ilsovrano del Celeste Impero ebbe a commissionargli una serie di stampe raffiguranti la propriaresidenza di Jehol in Tartaria. Ben conosciuta, e fonte ogni volta di rinnovata ammirazione, la sua Grande Mappa dellImpero di Cina, capolavoro della cartografia del primo Settecento.Ma il materiale iconografico esposto dimostra che Matteo Ripa fu artista in ogni momentodella sua vita, non solo su commissione ma anche quando il disegno e la pittura furono sem-plicemente al servizio della sua curiosit intellettuale unita a una certa sensibilit estetica. Nesono prova i minuziosi disegni di pesci, molluschi e vegetali che il sacerdote traccia a marginedelle pagine del diario redatto nel 1708 durante la navigazione sul vascello inglese Donegal chelo sta portando verso Macao. Squali, calamari, remore, frutti esotici, dei quali annota anche inomi in varie lingue, vi sono tracciati con unaccuratezza che fa apparire Matteo Ripa un epi-gono non disprezzabile del Leonardo osservatore della natura e un notevole anticipatore dellesistematiche raffigurazioni di Linneo (che, ricordiamolo, nel 1708 aveva a malapena un anno).

    Se, da un lato, spiace che non sia rimasto molto della produzione figurativa realizzata interra cinese (ma non detto che da archivi e biblioteche non spuntino altre testimonianze), altrettanto evidente che in Matteo Ripa, da un certo momento in poi, il talento pittorico vienesostanzialmente abbandonato a favore di quella che resta la sua grande impresa, di uomo difede come di intellettuale: la fondazione del Collegio dei cinesi. E daltronde tutte le tracce che

  • PresentazioneMatteo Ripa: luomo di fede, lintellettuale, lartista

    ci restano del suo operato, ben compendiate peraltro nei reperti della mostra, curata dal prof.Fatica, testimoniano di come questi aspetti risultino organicamente integrati in quello che ilsuo grande, utopico, progetto: la conversione al cristianesimo dellImpero cinese. questocarattere complesso della personalit di Matteo Ripa a tracciare quello che sar il compito dellaprima istituzione europea per lo studio delle lingue e delle culture del lontano Oriente. Ancheil disegno di evangelizzazione affidato a un percorso di acculturazione e di formazione, siaper i membri occidentali della Congregazione da lui fondata che per i giovani cinesi disposti aintraprendere limpegnativo cammino verso il sacerdozio. Ecco, dunque, che anche la diffusio-ne di un messaggio concepito come universale si apre alla reciproca (pur se non ancora sim-metrica) assunzione della diversit culturale.

    Questa duplice missione di apertura della societ europea verso i misteri delle civiltorientali e di contemporaneo avvicinamento delle culture dellAsia estrema alle elaborazionidella tradizione europea permette la realizzazione e il progressivo radicamento nel contestonapoletano dellistituzione immaginata da Matteo Ripa, dapprima nel periodo del viceregnoaustriaco e, poi, negli anni della dinastia borbonica. Sar poi questa vocazione intrinsecamen-te destinata, anche al di l delle stesse intenzioni del fondatore, a un arricchimento culturaleoriginale e intenso (e pertanto dagli esiti non sempre prevedibili: si vedano le simpatie libera-li dei convittori a met dellOttocento) a permettere la trasformazione, dopo lunit dItalia,dellantico Collegio dei Cinesi in unistituzione laica e statale, maggiormente attenta alle pro-spettive di proiezione commerciale e politica in Asia degli interessi italiani. Progressivamentesempre pi aperta a prospettive culturali plurali e diversificate, attenta ai mutamenti dellasociet contemporanea, LOrientale si riconosce tuttavia ancora oggi nella capacit di discer-nimento, nella sensibilit artistica, nellincrollabile passione di Matteo Ripa, qui cos evidente-mente esibite.

    6

  • Un ponte tra Oriente e Occidente:Matteo Ripa e il Collegio dei Cinesi attraverso le carte dArchivio

    FELICITA DE NEGRIDirettrice dellArchivio di Stato di Napoli

    Missione istituzionale dellArchivio di Stato di Napoli la conservazione della memoriadocumentaria; ma lArchivio non un mero deposito di atti. La memoria, il ricordo sono pos-sibili solo se il passato viene ripensato nei termini posti dalle domande e dalle necessit delpresente. A tal fine, il documento, che del passato testimonianza, deve essere sottrattoalloblio e al silenzio. lArchivio stesso a rendere possibile la conoscenza del patrimoniodocumentario che custodisce. Potremmo dire, quindi, che lArchivio conserva per comunica-re. Le forme di cui tale attivit di comunicazione si avvale sono le pi diverse: sia va dagli stru-menti pi tradizionali, gli inventari cartacei dei fondi archivistici, ai moderni data-base, checonsentono anche allutente remoto di recuperare linformazione, alle mostre documentarie.

    Molto si scritto, anche in anni recenti, contro le mostre in genere e quelle archivistichein particolare. Alle critiche incentrate sul carattere effimero di tali manifestazioni, si aggiun-ta, nel caso delle mostre documentarie, lobiettiva difficolt di offrire alla vista del pubblico unbene culturale che, a differenza di altri, proprio per le sue peculiarit, si presta, piuttosto, aduna comprensione mediata attraverso la lettura. Sappiamo inoltre che il documento, una voltaestrapolato dal contesto originario il fondo, la serie, lunit archivistica cui appartiene nonriesce a trasmettere tutto intero il suo significato.

    Vero , daltro canto, che fra i compiti dellarchivista vi anche quello di mettere pidirettamente il grande pubblico a contatto coi documenti e collarchivio, del quale per lo piignora lesistenza. Laffermazione di Eugenio Casanova che ha ricoperto, fra laltro, anchela carica di direttore dellIstituto napoletano agli inizi del Novecento e risale agli anni 20 delsecolo scorso. Tuttavia, essa ha mantenuto in gran parte il suo valore, giacch gli Archivi con-tinuano ad avere problemi di visibilit, specie se posti a confronto con altre istituzioni cultu-rali di pi largo richiamo, come musei e scavi archeologici; il nostro Istituto, in particolare, ancora per molti napoletani, non addetti ai lavori, un luogo inesplorato e un po misterioso.Ben vengano, dunque, le occasioni di divulgazione offerte dalle mostre, tanto pi quando esse

  • PresentazioneUn ponte tra Oriente e Occidente: Matteo Ripa...

    concernono temi che hanno connessioni con i problemi e gli eventi dellattualit e che posso-no perci richiamare pi facilmente lattenzione del pubblico non specialistico.

    La mostra su Matteo Ripa e il Collegio dei Cinesi appartiene sicuramente a questulti-ma categoria; la straordinaria avventura umana, religiosa, culturale del sacerdote napoletano ele vicissitudini dellistituzione da lui creata si collegano prepotentemente con le curiosit e leansie del presente; e se non possono offrire risposte ai nostri interrogativi, sono per in gradodi illuminarli di nuova consapevolezza.

    La struttura narrativa della mostra si articola in pi sezioni corrispondenti alle varie fasidella vicenda; quella centrale, che segna il momento cruciale del ritorno a Napoli di MatteoRipa e della laboriosa fondazione del Collegio dei cinesi e degli indiani, attinge al patrimo-nio documentario dellArchivio di Stato di Napoli, le altre si avvalgono, invece, dellapporto dinumerosi istituti fra Archivi e Biblioteche, italiani e stranieri.

    Nata dalla collaborazione fra lIstituto napoletano e lappassionata ricerca del prof.Michele Fatica che a Matteo Ripa e alla storia dellIstituto Orientale ha dedicato anni di stu-dio e numerose pubblicazioni la mostra ha potuto essere realizzata grazie al lavoro pazientee solerte di Carolina Belli, vicedirettore dellArchivio, che stata coadiuvata validamente daBarbara Orciuoli, brillante diplomata della nostra Scuola di Archivistica, Paleografia eDiplomatica.

    Il riaffacciarsi prepotente della Cina sulla ribalta mondiale, dopo un lungo periodo dieclisse, sollecita una riflessione approfondita sulla storia dei rapporti fra la Cina e lOccidente;il percorso documentario costruito dalla mostra, con il relativo catalogo, ne rappresenta unapagina significativa. Ci auguriamo, quindi, che il pubblico possa trarne stimoli per un con-fronto pi sereno con le affinit e le diversit del presente.

    8

  • Saggi

  • I percorsi della mostra

    MICHELE FATICAUniversit degli Studi di Napoli LOrientale

    PremessaNel 1996, a 250 anni dalla morte di Matteo Ripa (29 marzo 1746), chi scrive propose ai vertici del-

    lallora Istituto Universitario Orientale di ricordare lanniversario con un convegno internazionale econ una mostra documentaria, iconografica e bibliografica. La proposta suscit un forte interesse nelrettore del tempo, prof. Adriano Rossi, in Maurizio Taddei e Adolfo Tamburello, studiosi delDipartimento di Studi Asiatici, che avevano gi compiuto ricerche sul fondatore del Collegio dei Cinesidi Napoli, in Mario Agrimi, allora direttore del Dipartimento di Filosofia e Politica. Grazie alle siner-gie dei due dipartimenti il convegno ebbe luogo il 11 e 12 febbraio 1997 con ladesione della SocietItaliana di Studi del secolo XVIII rappresentata da Alberto Postigliola e vi parteciparono studiosiprovenienti da tutte le parti del mondo, come testimoniato dai loro contributi pubblicati negli atti1. doveroso ricordare che il successo del colloquio internazionale fu merito anche di FrancescoDArelli e di Paola Paderni, che affiancarono efficacemente chi scrive nella fase organizzativa e nellarealizzazione delliniziativa, mentre DArelli dimostr una grande capacit nella composizione degliatti, operazione tuttaltro che facile in presenza dei numerosi contributi degli studiosi cinesi nella lorolingua.

    Lidea ritornata a 260 anni dalla morte di Matteo Ripa ed coincisa con lanno dellItalia inCina. La felice conclusione dovuta a tante persone, a cui dobbiamo esprimere la nostra gratitu-dine: in primo luogo, la direttrice dellArchivio di Stato di Napoli, dott.ssa Felicita De Negri, che,con la finezza del suo tratto distintivo, ha messo a disposizione locali e tesori documentari; il prof.Pasquale Ciriello, rettore dellUniversit degli Studi di Napoli LOrientale, che ha riposto la suafiducia in chi scrive. superfluo ricordare che lesito positivo stato possibile soprattutto graziead un finanziamento generoso erogato dalla Regione Campania, che ci preme ringraziare nellapersona del governatore on. Antonio Bassolino e dei funzionari Pasquale Carrano e RaffaellaFarina. Il prof. Adriano Giannola e il dott. Aldo Pace, rispettivamente presidente e direttore dellaFondazione Banco di Napoli, sono intervenuti con grande sensibilit per coprire, con un contri-buto della benemerita istituzione alcuni buchi che si erano venuti a creare.

    1Michele Fatica, Francesco DArelli (a c. di),Matteo Ripa e il Collegio dei Cinesi, Atti del Colloquio Internazionale, Napoli, 11-12febbraio 1997, Napoli 1999.

  • I percorsi della mostra

    12

    Una citazione riconoscente merita anche lIna Assitalia, Agenzia di Napoli Nord, la quale haofferto gratuitamente lassicurazione dei pezzi provenienti dalla Biblioteca Nazionale di Napoli.

    Accanto alle istituzioni e persone gi ricordate, non possiamo passare sotto silenzio quanti nelDipartimento di Filosofia e Politica si sono prodigati per la buona riuscita delliniziativa: il prof. RiccardoNaldi, direttore; Antonietta Sportiello e Nicola Fabozzi, responsabili della segretaria amministrativa;Daniela Di Donna, assistente alla segretaria. La sinergia delle competenze dirigenziali e amministrativeconcorrono con le competenze culturali. A tal proposito il curatore non poteva trovare collaborazionemigliore di quella offerta dalle dott.sse Carolina Belli e Barbara Orciuoli dellArchivio di Stato di Napoli.La riuscita del catalogo sotto il profilo estetico dovuta al giovane, ma gi esperto Mariano Cinque.Occorre anche ringraziare quanti (AndreinaAlbanese,GiacomoDi Fiore,UgoDi Furia, EugenioMenegon,Giovanni Stary, Wan Ming) hanno scritto i saggi che aiutano a capire la complessa personalit di MatteoRipa, ricostruiscono i tesori di arte oggi in gran parte dispersi o perduti che corredavano la chiesa e ilCollegio dei Cinesi, raccontano le esistenze e le sofferenze dei suoi ospiti, ricordano quanto listituzione diNapoli sia presente sia nella documentazione archivistica, sia nelle ricerche della lontana Cina.

    La raccolta bibliografica, documentaria ed iconografica iniziata da molti anni e chi scrive deveringraziare quanti hanno agevolato le sue ricerche e consentito luso gratuito delle immagini: in modoparticolare padre Leonard Boyle OP, gi prefetto della Biblioteca Apostolica Vaticana; Josef MetzlerOMI, gi responsabile dellArchivio Storico della Congregazione per lEvangelizzazione dei Popoli;monsignor Vittorio Giustiniani, responsabile dellArchivio Storico della Diocesi di Salerno; padre donPedro Gil, responsabile dellarchivio della Curia Generalizia dellOrdine dei Frati Minori; la dott.ssaMaria Luisa Storchi e il sig. Franco Manzione, direttrice luna e impiegato laltro dellArchivio di Statodi Salerno; lavvocato Salvatore Maffei, direttore della Emeroteca Tucci di Napoli. Il sopralluogo nellachiesa dei Cinesi stato autorizzato dal dott. Mario Tursi, direttore dellASL 1 di Napoli e guidato dal-ling. Carmelo Covuccia. La ND Maria Grazia Leonetti Rodin e la dott.ssa Loredana Gazzarra hannogentilmente permesso di pubblicare la foto della tela Visita dei Re Magi al Bambin Ges, un tempopatrimonio della chiesa dei Cinesi ed oggi conservata nella quadreria del Pio Monte della Misericordia.Paziente e vicino mi stato il personale tutto (Paolo Amodeo, Bruno Calabr, Enzo Cipullo, EttoreGriffo) del Torcoliere, Centro di composizione e stampa dellUniversit degli Studi di NapoliLOrientale, in modo particolare il segretario amministratico del Centro, dott. Luigi Squillacciotti, eil responsabile del coordinamento editoriale, dott. Umberto Cinque. Massimo Zaccaria e AntonioScagliola hanno messo a disposizione di chi scrive la loro arte tipografica.

  • Michele Fatica

    13

    Le sezioni della mostra

    I. La famiglia, le aderenze familiari, lascesa sociale, la caduta

    Il numero notevole di documenti esposti, tratti dallArchivio Storico della Diocesi di Salerno, haun solo scopo: quello di dimostrare la reale condizione sociale degli ascendenti paterni e materni diMatteo Ripa e sfatare la diffusissima e mai contestata leggenda circa un preteso titolo nobiliare di GianFilippo Ripa, padre del fondatore del Collegio dei Cinesi. Anche un testo relativamente recente, fruttodi lunghe ricerche archivistiche e scevro di quella pietas che spesso appanna la vista di chi scrive, ripe-te la leggenda relativa ad un sedicente titolo di barone di Planchetella posseduto dal genitore diMatteo Ripa2. Quanti tra cultori di storia e di glorie patrie hanno attribuito negli ultimi 140 anni aGianfilippo Ripa una qualifica baronale inesistente non possono sottrarsi ad un certo biasimo, avendoignorato un testo pubblicato nel 1859 che ricostruisce minutamente la storia del feudo di Chianca eChianchetella in Principato Ulteriore3. Ma quale era allora la condizione sociale della famiglia da cuiproveniva Matteo Ripa? Se volessimo usare gli attuali parametri di classificazione sociale potremmodire che la famiglia di Matteo Ripa apparteneva al ceto medio agiato provinciale. Lagiatezza derivava atale famiglia dallesercizio delle professioni liberali. Il nonno del fondatore del Collegio dei Cinesi,Diego, abitante in Prepezzano, uno dei sei casali di Giffoni, provincia di Salerno ove la gens risiedevain una contrada che da essa prendeva nome la Ripa e che comprendeva una casa palazziata eradoctor utriusque iuris; il padre di Matteo Ripa era doctor physicus, oggi diremmo medico, che aveva spo-sato Antonia Longo/Luongo, sorella di prete e di medico, quindi di famiglia della stessa condizionesociale, che abitava in una contrada denominata casa Longo in Vignale, altro casale di Giffoni.

    Allora quale il legame della famiglia di Matteo Ripa con la baronia di Planchetella o Chianchetella?I fratelli di Matteo Ripa erano medici, avvocati e preti, ma nutrivano tutti una grande ambizione: quel-la di nobilitarsi. La mostra documenta il trasferimento da Prepezzano ad Eboli di Gianfilippo, la con-quista di Napoli dei suoi figli Diego e Lorenzo, lacquisizione del titolo baronale da parte di Lorenzocon lacquisto del feudo di Chianchetella e Balba.

    La morte prematura di Lorenzo nel 1739 e quella successiva di Diego documentano una caduraaltrettanto rapida dellascesa.

    Alle ambizioni di ascesa sociale dei fratelli, alle loro sinergie per favorire la nobilitazione di Loren-zo, Matteo Ripa era rimasto quasi estraneo. Egli aveva carattere troppo forte e determinato per presta-

    2 Cosimo Longobardi, Eboli tra cronaca e storia, vol. IV, Salerno 1998, p. 239.3 Erasmo Ricca, La nobilt del Regno delle Due Sicilie, vol. I, Napoli 1859, pp. 368-373.

  • I percorsi della mostra

    14

    re la sua collaborazione al disegno familiare quasi ossessivo di promozione sociale, n dal fratelloTommaso Andrea, guida spirituale del gruppo, aveva avuto un trattamento uguale o paritetico a quel-lo di Lorenzo. Non poteva dimenticare che il fratello maggiore nel 1704 lo aveva costretto a retrodona-re a favore di Lorenzo la casa palazziata in Eboli gi donatagli nel 17024 e che nel 1711 allo stessoLorenzo gli altri fratelli avevano donato un uliveto con 300 piante, il cui usufrutto annuo di 50 ducatiera stato prima devoluto, vita natural durante, a beneficio di D. Matteo Ripa, attualmente predicato-re e missionario apostolico nel Regno della Cina5.

    Egli prima ancora di essere ordinato sacerdote, il 28 marzo 1705, dallarcivescovo di Salerno, ilfrancescano calabrese Bonaventura Poerio, aveva condotto unesistenza quasi in polemica con quei fra-telli tutti protesi ad arrivare. Si era iscritto alla Congregazione di Santa Maria della Purit, che avevasede nella chiesa di San Giorgio Maggiore e che svolgeva attivit tra i ceti pi poveri di Forcella allo-ra nota come la Vicaria Vecchia e dei Mannesi, proprio per marcare una certa distanza dai fratelli chefrequentavano i ceti alti di Napoli. La sua scelta di accettare linvito di Antonio Torres, preposito dei PiiOperai, a recarsi a Roma per poi essere destinato in Cina, pu essere valutata anche nellambito di que-sto rapporto non sempre disteso coi fratelli.

    II. Da Roma a Portsmouth e a Macao

    Prima di accingersi a prendere da Napoli la direzione per Roma il che avverr il 26 novembre1705 Matteo Ripa aveva preso con s stesso due impegni: in primo luogo, mantenere il pi strettosilenzio con il genitore Gianfilippo e con i fratelli. Dati i rapporti che aveva con i congiunti, ai qualiabbiamo accennato, i fratelli avrebbero usato ogni mezzo per impedire a Matteo di mettere in atto quel-la decisione che giudicavano pazzesca di partire missionario per la lontanissima Cina. In secondoluogo, compiere il viaggio a piedi e mendicando il vitto. Riusc ad osservare il primo impegno, per-ch i fratelli non seppero assolutamente nulla della sua partenza. Raggiunse Roma in calesse, il 30novembre 1705, per aiutare lamico Gennaro Amodei, debole di corpo, ma non di spirito. Nella capi-tale della cristianit deve attendere ludienza pontificia dell8 ottobre 1707, per intravedere il segnaledella partenza per la Cina. Intanto, dopo un periodo di grandi patimenti, per mancanza di risorse e diaiuti, si fa largo grazie alle eccezionali doti di cui fornito: contrae amicizie importanti come dimostra-no i documenti esposti nella mostra.

    4ASSa, Protocolli notarili, Notai del distretto di Salerno, Eboli, Atti di Berniero Romano, fascio 2658, ff. 72-74, atto del 18 luglio1704.5ASSa, Protocolli notarili, Notai del distretto di Salerno, Eboli, Atti di Rocco de Antola, fascio 2641, rogito del 1 aprile 1711, f. 74v.

  • Michele Fatica

    15

    III. Ripa alla corte di Kangxi: le incisioni su rame

    In coerenza con la consegna ripiana di non insistere sul suo talento di pittore e di incisore, noi pos-siamo ricostruire solo attraverso i vaghi indizi contenuti nei suoi scritti litinerario che lo port ad esse-re apprezzato ed onorato dallimperatore Kangxi proprio per le sue capacit artistiche e tecniche.Limperatore, del resto, non aveva gusti dozzinali, ma per essere un cultore raffinato delle arti, era notoin Europa come il Luigi XIV dellEstremo Oriente. Per quanto riguarda lapprendistato di pittore aNapoli, sappiamo che, ancora prima di essere prete assecond il suo talento pittorico copiando alcuniaffreschi esistenti nella chiesa di S. Giorgio Maggiore. A Roma sicuramente continu a coltivare la suapassione per la pittura: lo deduciamo dallimmagine della Vergine che egli aveva dipinto e che avevacolpito a tal punto Giovanni Antonio Mezzafalce da indurlo a scriverne al fratello Giovanni Donato alseguito del legato papale in Cina Carlo Tommaso Maillard de Tournon. Questi, pur essendo prigionie-ro a Macao, aveva comunicato allimperatore larrivo del pittore Matteo Ripa, insieme a musicisti comeil prete della Congregazione della Missione Teodorico Pedrini, e a scienziati, come lagostinianoGuglielmo Bonjour Fabre, secondo quanto gli aveva promesso al momento della prima udienza. Erascontato per quanti sedevano sul trono giallo del dragone che lonore di accedere in Cina ed essereammessi a corte era riservato solo a coloro che dallOccidente portavano le novit scientifiche, tecno-logiche, artistiche ignote nel Paese di Mezzo. Ma limperatore non accoglieva come suoi ospiti gli occi-dentali portatori di conoscenze nuove solo sulla base di segnalazioni che gli venivano da personalit siapure importanti come il legato papale. Nel caso di Matteo Ripa Kangxi richiese due condiziono: I. diverificare di persona le sue capacit di pittore; II. di comunicare con il pittore solo nella lingua cinese.Quindi il sacerdote ebolitano dovette inviare allimperatore saggi delle sue capacit e mettersi di buonalena ad imparare il cinese mandarinico o guanhua .

    Quando il 5 novembre 1710 il governatore di Canton riceve lordine di provvedere alla partenzaper Pechino di Ripa, Pedrini e Bonjour Fabre, significa che limperatore ha mostrato il suo gradimen-to per i saggi della pittura di don Matteo.

    Il sacerdote ebolitano, partito da Canton il 27 novembre 1710 raggiunse Pechino il 6 febbraio 1711,ammesso nella reggia come pittore di corte. Della sua produzione pittorica in Cina non pervenuto nulla.Di tutta la sua attivit a corte restano solo due imprese legate alla sua sapienza tecnica di incisore su rame.Dove e quando avesse imparato questa tecnica Matteo Ripa dice, come al solito, molto poco. Scrive sol-tanto che durante il suo soggiorno a Roma tra il dicembre 1705 e lottobre 1707, prima di partire per laCina, aveva appreso da un pittore la tecnica di incisione su rame con lacquaforte6. Il 9 maggio 1711, quin-

    6Matteo Ripa,Giornale, vol. II (1711-1716), testo critico, note ed appendice documentaria di Michele Fatica, Napoli 1996, p. 38.

  • I percorsi della mostra

    16

    di 3 dopo mesi essere stato ammesso a corte, fu richiesto da Kangxi se oltre alla pittura, egli conoscessequalche altra arte o scienza. La sua risposta, come si legge nel suo Giornale, fu, come al solito, ispirata a

    modestia. Ma le sue prove appagarono limperatore7

    a tal punto che questi gli commission nellagosto1712 lincisione delle vedute dellimmenso parco tra i monti per fuggire la calura estiva.

    Dopo lincisione della villa imperiale di Jehol una commissione ancora pi impegnativa egli ebbedallimperatore: riprodurre la carta generale dellImpero. Nel 1914, quando il missionario ebolitanoebbe lincarico, i lavori per la confezione della grande carta non erano completati e, presumibilmente,egli procedette a misura che lquipe di geografi, cartografi e matematici europei inviava a Pechino irisultati dei suoi rilevamenti. Nella romanizzazione dei toponimi sia cinesi, che mancesi egli fu aiutatodai collaboratori delle due nazionalit che imparavano la tecnica nel laboratorio che egli aveva creato8.Sotto la data del 20 ottobre 1716, egli afferma che nellintagliare la carta geografica, gi er[a] giuntoalla gran muraglia, che divide la Cina dalla Tartaria9. Di pi non aggiunge, anche se pi volte ribadi-sce che egli ha delineato a penna, cio, ha disegnato in scala ridotta tutta la carta, che risulta nellin-sieme di 44 tavole di rame10.

    IV. Le polemiche con i Gesuiti, echi sulla stampa napoletana, lattivit di interprete

    La permanenza del Ripa nella corte mancese fu caratterizzata da una continua polemica con i mis-sionari della Compagnia di Ges. I motivi della sua avversione agli accoliti di S. Ignazio era motivata,in primo luogo, dalla sua convinta difesa della purezza della nostra Santa Fede. Nei secoli si sonoscontrate due tendenze nella Chiesa di Roma: quella di chi stato fermo nel pensiero di operare unarivoluzione culturale nel convertito alle verit di Cristo. Questo pensiero comporta la costruzione di unuomo nuovo che faccia tabula rasa di tutta la precedente cultura. La seconda posizione si rende contodella impossibilit del convertito di effettuare un completo sradicamento dalla sua precedente cultura.Matteo Ricci si mosse in questa seconda direzione e riconobbe nel culto degli antenati, dellimperato-re e delluniverso dei santi di cui costellata la religiosit popolare cinese un complesso di credenze, dalui definite civili che non intaccavano la fede in Cristo. Ma i Gesuiti ai primi del XVIII secolo eranodiventati troppo potenti perch la loro prassi missionaria in Cina ma anche in altre regioni del

    7 Ibidem, p. 29.8 ACGOFM, MH, 15-2, p. 348; in sintesi i dati sono confermati in Matteo Ripa, Giornale, vol. II, cit., p. 136.9 Matteo Ripa, Giornale, vol. II, cit., p. 223.10 Ibidem, pp. 27 e 136.

  • Michele Fatica

    17

    mondo fosse condivisa. Furono attaccati dagli zelanti, che parlavano della ipocrisia gesuitica, dimorale immorale, di concessioni al paganesimo, favorendo in Cina la contaminazione del cristianesi-mo con il confucianesimo. Nasceva cos la questione dei riti cinesi, su cui furono versati fiumi din-chiostro. Ripa appartenne al partito degli zelanti, attirandosi nel suo soggiorno a Pechino lavversionedei suoi antagonisti, non solo per questa sua posizione, ma anche per liniziativa di creare un semina-rio per giovani cinesi a Pechino. I Gesuiti, che avevano della Cina unesperienza secolare, ritenevanoche a loro sarebbe spettato il compito della formazione del clero indigeno. Ma quando in passato ave-vano preso in considerazione una ipotesi del genere, sempre lavevano scartata, arretrando di fronte allegrandi difficolt che la realizzazione di un tale progetto avrebbe incontrato. Le culture erano troppodiverse perch si potesse pensare seriamente a cinesi ordinati sacerdoti. Per le famiglie cinesi i giovanimaschi erano destinati a continuare la generazione e solo i pi poveri erano disposti a farsi castrarenella prospettiva di una brillante carriera a corte in qualit di eunuchi. Ora i Gesuiti venivano sfidatidal Ripa con un piano sistematico, e non con una iniziativa sporadica, proprio l dove essi avevanoceduto. La vittoria del Ripa in questo settore fu parziale, perch la sua idea di fondare un collegio per icinesi avr possibilit di realizzarsi solo lasciando Pechino ed eleggendo Napoli come sede del semina-rio per i cinesi. Comunque, anche prima del suo ritorno nella citt, dove si era formato, la sua fama eragrande. Di quel che faceva in Cina abbiamo dettagliate notizie sugli Avvisi di Napoli, Ripa, inoltre,impar cos bene la lingua cinese da essere scelto dallimperatore Kangxi quale interprete della legazio-ne del russo Lev Izmailov e del legato pontificio Carlo Ambrogio Mezzabarba.

    V. Il ritorno a Napoli con 5 cinesi. Promotori ed oppositori del Collegio dei Cinesi

    Stanco di polemizzare con i Gesuiti, Ripa decide, a fine estate del 1723, dopo la morte di Kangxinel dicembre 1722, di tornare a Napoli allo scopo di fondare un seminario per cinesi, da educare conuna metodologia opposta a quella dei Gesuiti, affinch, ritornati nella loro patria, diffondano tra i loroconnazionali un cristianesimo puro, non inquinato dal confucianesimo. Poich i rapporti col nuovoimperatore Yongzheng sono ottimi, questi gli concede il permesso di ritornare in Europa a motivo diun lutto familiare. Essendo uomo di corte, Ripa pu essere accompagnato da servitori di fiducia: sonoi quattro giovani, primo nucleo del Collegio dei Cinesi. Ai quattro si aggiunge un cinese che ha supe-rato i 30 anni: il maestro Gioacchino Wang, il quale deve mantenere in esercizio i giovani allievi nellalingua e nella scrittura della loro patria, che potrebbero dimenticare dopo una lunga permanenza aNapoli. Lidea di fondare il Collegio trova una certa resistenza nel papa Benedetto XIII Orsini, che giu-dica Napoli una citt troppo condizionata dalle teorie di Pietro Giannone. Ripa, per, trova sostenito-ri del suo progetto sia nel presidente del Consiglio Collaterale, Gaetano Argento, sia nellimperatore

  • I percorsi della mostra

    18

    Carlo VI dAsburgo, chegli visita a Vienna nel 1726, e che approva il Collegio, anche perch il sacerdo-te ebolitano gli promette di creare una scuola per interpreti della lingua cinese e della lingua indiana,idea che piace molto allimperatore, che nel 1722 ha fondato sotto legida imperiale la Compagnia diOstenda; che ha scali commerciali in India e a Canton. Dallora in poi listituto napoletano fondato dalRipa prender il nome di Collegio dei Cinesi e degli Indiani, anche se di questi ultimi a Napoli non si mai vista neppure lombra.

    VI. La sede del Collegio, la chiesa dei Cinesi e larciconfraternita di S. Maria Assunta in Cielo ai Cinesi.

    Dal 1729 al 1894, il Collegio dei Cinesi, anche dopo le trasformazioni avvenute nel 1869 e nel 1888,ebbe la sua sede nel complesso situato extra mnia sul poggio della Montagnola, zona dei Pirozzoli,borgo dei Vergini formato da un grande corpo di fabbrica, da due giardini, da una chiesa con un pic-colo vano laterale, dove Ripa sistem larciconfraternita di S. Maria Assunta in Cielo detta ai Cinesi. Ilsacerdote ebolitano, tutto preso dallorganizzazione dellistituto da lui fondato, non dimentic di esse-re un pittore, disegn lo stemma del Collegio e limmagine della Vergine che ascende in cielo.Trattandosi dellunica documentazione materiale che resta del Collegio, la sezione ricostruisce vecchieepigrafi, legge alcune lapidi incise sopra il sepolcro di Matteo Ripa e di altri importanti congregati, rico-struisce la quadreria ed altri significativi dettagli della Chiesa e di tutto il complesso monumentale.

    VII. Scritti di Ripa, da Ripa e su Ripa

    Gli scritti di Matteo Ripa in gran parte restano manoscritti. In vita egli stamp una sola opera, che una biografia di un collegiale di origine giapponese, ma proveniente dalle Filippine, Belisario degliAngeli, morto giovanissimo a Napoli. Nel 1832 i congregati della Sacra Famiglia assemblarono mala-mente due manoscritti del fondatore, censurando tutte le polemiche con i Gesuiti, manipolando e, inalcuni casi, falsificando il testo del Ripa, il tutto allo scopo di avviare il processo di beatificazione, cheinizier, senza successo, solo nel 1874. Gli stessi manoscritti furono visti, copiati e tradotti in francesea Napoli, dal sacerdote della Congregazione della Missione, Gabriel Perboyre, confluendo poi nei tomiIV-VIII degli anonimi Mmoires de la Congrgation de la Mission (Paris, 1863-1866). Intanto tutte lerelazioni inviate al papa Clemente XI Albani e a Propaganda Fide furono copiate da alcuni scrittoriavversi alla Compagnia di Ges, che daranno il loro contributo alla soppressione dellistituto ignazia-no nel 1773. Al di fuori della letteratura controversistica la fama del Ripa acquistava una dimensionemondiale e di lui si scrisse in libri sia stampati a Londra, sia pubblicati in Cina. I libri sono o fotoco-piati nel frontespizio e esposti nella loro edizione originale.

  • Michele Fatica

    19

    VIII. Le trasformazioni del Collegio dei Cinesi e i benefici concessi dai pontefici

    Limperatore Carlo VI dAsburgo autorizz lapertura di un Collegio formato da una scuola permissionari e interpreti cinesi e indiani, da un convitto aperto, dietro pagamento di una retta, a giovanidisposti a diventare missionari in Oriente, in pi da una congregazione chiamata della Sacra Famigliadi Ges Cristo di sacerdoti, dotati di patrimonio sufficiente ai bisogni della loro esistenza, incaricatidelleducazione sia dei collegiali che dei convittori. Il breve di approvazione Nuper pro, fu emesso il 7aprile 1732 dal papa Clemente XI Albani nella presunzione di unautonomia finanziaria dellistituzio-ne, garantita dallimperatore in 800 ducati annui da ricavare dalle rendite di 3 vescovati di patronatoregio (Reggio, Cassano e Tropea). Il cambiamento dinastico e di governo, con la conquista nel 1734 delRegno di Napoli da parte di Carlo di Borbone, vanific la promessa di Carlo VI dAsburgo, per cui ilCollegio dei Cinesi si trov ad un certo punto privo di risorse finanziarie sicure. Tutto ci fu fatto pre-sente dal Ripa al nuovo papa Benedetto XIV Lambertini, da lui conosciuto in precedenza a Roma. Labolla In Sacro Principis di Benedetto XIV, del 31 agosto 1743, segnava una svolta nella storia delCollegio dei Cinesi, perch papa Lambertini, scrisse nel documento pontificio di avere saputo che lerendite erano cos esigue da non essere sufficienti a nutrire i collegiali ragazzi e adolescenti, nonch ilpersonale addetto ai servizi e al governo dellistituto, e pertanto concedeva al Collegio il beneficio del-labbazia di S. Pietro Apostolo in Eboli, valutato a 1.700 ducati annui, con la riserva si detrarre dallarendita una pensione di 500 ducati da assegnare a persona da nominare. Ma la vera trasformazione siebbe con altra bolla, Misericordia Dei, del 6 ottobre 1747, con la quale, ormai defunto Ripa, papaLambertini rinunciava alla pensione annua di 500 ducati, alla condizione che nel Collegio dei Cinesifossero ammessi immediatamente anche 4 giovani cristiani provenienti da Valacchia, Bulgaria, Serbiaed Albania (regioni soggette al Gran Turco), prevedendo in prosieguo un numero di 16 collegiali: 8provenienti dallIndia e dalla Cina e 8 dallImpero Ottomano, restando le spese per il viaggio e per ilresto a carico del Collegio dei Cinesi. La definitiva trasformazione del Collegio dei Cinesi e degliIndiani, in Collegio dei Cinesi e degli alunni provenienti dallImpero Ottomano si ebbe con le succes-sive bolle di Clemente XIII Rezzonico (Quanta Ecclesia, 1 maggio 1760) e di Pio VI Braschi (Pr cete-ris illa, 22 luglio 1775) con le quali furono attribuiti nuovi benefici (la Petruccia) alla istituzione fon-data da Matteo Ripa in territorio dellattuale Battipaglia, ed il numero dei collegiali fu portato a 32, cuisi aggiunsero le spese del viaggio in Cina per tre missionari designati da Propaganda Fide. La conces-sione dei benefici ecclesiastici attenu lautorevolezza della regia protezione, con la quale il Collegio erasorto, ponendo questultimo alle dipendenze di Propaganda Fide anche sotto il profilo politico. Altratrasformazione durante il decennio francese, quando fu incrementato il convitto, equiparato ad unliceo, e fu introdotto linsegnamento del cinese per i convittori che ne avessero fatto richiesta. In que-sto periodo il Collegio fu posto sotto la sorveglianza del Ministero dellinterno, sorveglianza che cesscon la restaurazione borbonica. La forte attenzione dedicata al convitto si accrebbe nel periodo com-

  • I percorsi della mostra

    20

    preso tra il 1830 e il 1860, quando uno spazio di rilievo fu riservato alla musica e alle rappresentazioniteatrali. Nel periodo precedente lintervento garibaldino nel Mezzogiorno, i congregati della SacraFamiglia manifestarono simpatie liberali, che allarmarono le autorit pontificie e larcivescovo diNapoli Sisto Riario Sforza. Forse fu anche grazie a tali simpatie, allamicizia di alcuni congregati conPasquale Villari e con lorientalista Giacomo Lignana, che il Collegio non fu soppresso e si avvi auto-nomamente a quella riforma realizzata nel 1868, che chiam Collegio Asiatico lantico Collegio deiCinesi, prima ancora dei decreti del ministro della Pubblica Istruzione Angelo Bargoni emessi nel set-tembre 1869. Questa sezione densa dimmagini e di documenti provenienti dallArchivio StoricodellOrientale e dallArchivio di Stato di Napoli.

    IX. Cinesi a Napoli, Napoli in Cina

    Per secoli Napoli ha accolto in forma continua e non sporadica, come altre capitali europee sipensi a Parigi una comunit di cinesi qualificati, che ha lasciato tracce che solo lincuria del XX seco-lo ha cancellato. Se Ripa non fosse stato totalmente assorbito dallidea, diventata ad un certo puntoossessiva, di fondare un seminario dei cinesi per convertire limmenso Impero Celeste alla fede inCristo, Napoli avrebbe avuto stampato gi ai primi degli anni trenta del Settecento un vocabolario sino-latino, per il quale il missionario ebolitano scrisse lintroduzione. Ma a quella fonte di sapere sinico, chefu il Collegio dei Cinesi, attinsero non solo intellettuali napoletani come Domenico Cirillo, ma diplo-matici di grande statura come George Macartney, missionari e poliglotti famosi del XIX secolo comeLudovico de Besi e Giuseppe Mezzofanti, Quando leggiamo il canto funebre in morte di GaetanoArgento e la traduzione dei riti funebri prescritti per i cinesi dal papa Benedetto XIV Lambertini pro-viamo una grande commozione. Del Collegio si seppe in Cina, al di l della ristretta cerchia di missio-nari, solo nel 1861, grazie alla Breve relazione di un viaggio in Occidente, di Pietro Kuo, fratello diGiuseppe Maria. Pi tardi listituzione fu visitata nel giugno del 1870 dalla prima delegazione diplo-matica cinese in visita in Italia, dando luogo ad uno strascico di polemiche. Quindi ne parlarono il fun-zionario imperiale Hong Xun , che ne atttribu la fondazione a Matteo Ricci errore in cui sonoincorsi non solo i cinesi e il diplomatico Xue Fucheng . Per fortuna, come documenta WanMing, la prima accademia sinica europea sta ritornando oggi in auge nella Repubblica Popolare cinese.

  • Vita di relazione e vita quotidiananel Collegio dei Cinesi*

    GIACOMO DI FIORE MICHELE FATICAUniversit degli Studi di Napoli LOrientale

    I. La vita di relazione nel Collegio dei Cinesi agli esordi: Ripa e gli altri

    La viziosa vogliosit, che sul principio io ebbi di radunare soggetti, affine di non lasciare soli i Cinesi,la Casa e la Chiesa ne tempi delle mie lunghe assenze da questa Citt, fece che mi caricassi di alcuniecclesiastici, santi per altro, ma non buoni per questa communit; e perch non sera ancor introdot-to il noviziato, essendo loro rimaste alcune involontarie imperfezioni, disturbavano con esse lanovella pianta del Signore; onde, avendo io colla propria esperienza conosciuto il mal, chaveva fattoin esser stato tanto facile a riceverli, mi posi a pregare instantemente il Signore a volersi degnare disgravarmene, promettendoli desser pi cautelato nella recezione de soggetti per lavvenire. IlSignore si degn esaudirmi, avendo disposto che un dopo laltro se ne andassero, lo che caus nonpoco discredito a questa Santa Opera, per vedersi dal publico, che nessuno vi persisteva1.

    Cos scriveva Matteo Ripa, ricordando i primi passi dellistituzione da lui fondata, la Congregazionedella Sacra Famiglia di Ges Cristo con lannesso Collegio dei Cinesi.

    Tra gli ecclesiastici, santi per altro, ma non buoni per questa communit Matteo Ripa si soffer-ma a lungo sui suoi rapporti con Alfonso Maria de Liguori, che soggiorn per tre anni dal giugno1729 al novembre 1732, in qualit di convittore presso il Collegio dei Cinesi, nella sede ai Pirozzoli,situata alle falde di Capodimonte, acquistata dallo stesso Ripa nellaprile del 1719 dai padri olivetani.

    * Giacomo Di Fiore autore dei capp. I e III di questo saggio; Michele Fatica ne ha scritto il cap. II ed ha curato le citazionidal ms. originale del Ripa intitolato Istoria o sia relazione.1 Istoria o sia relazione dellerezione della Congregazione e Collegio della Sagra Famiglia di Gies Cristo, ms. in ACGOFM, MH,9-2, cap. 28, sotto la data di Napoli, luglio 1732, p. 299. Nel 1832, in previsione del processo di santit del Ripa, che avr ini-zio, senza esito, solo nel 1874, i congregati della Sacra Famiglia di Ges Cristo assemblarono detto manoscritto con 5 tomiscritti dallo stesso Ripa, intitolati Giornale de viaggi , per stampare in 3 tomi una Storia della fondazione della Congregazionedella Congregazione e del Collegio de Cinesi sotto il titolo della Sagra Famiglia di G. C. scritta dallo stesso fondatore Matteo Ripa,Napoli 1832, opera in gran parte rimaneggiata e non priva di vere e proprie falsificazioni. Per la vicenda legata al cattivo usodei manoscritti del Ripa si rinvia a Matteo Ripa,Giornale (1705-1724), vol. I (1705-1712), introduzione, testo critico e note diMichele Fatica, Napoli 1991, intr. passim.

  • Vita di relazione e vita quotidiana nel Collegio dei Cinesi

    22

    Dopo aver descritto in molte pagine le travagliate relazioni tra se medesimo e il de Liguori, il fon-datore del Collegio dei Cinesi conclude:

    Voglio per che serva questo fatto [la diserzione di Alfonso Maria de Liguori] per ammaestramentodognun di noi a non voler mai condescendere a dispensare la nostra regola, che proibisce accetta-re alcuno che abbia vestito labito daltro istituto, bench sia dun giorno solo, e indi senza legitimacausa labia deposto, e molto meno andar inquietando le altrui communit, con subbornare i sog-getti a disertare dalla loro vocazione per abbracciare questa nostra vita, mai non benedicendo Dioqueste simili azioni2.

    Che il giudizio su Alfonso Maria de Liguori, presentato come un personaggio che andava inquie-tando le altrui congregazioni e subornava i soggetti per indurli a seguirlo, non fosse lusinghiero, nonsfugg ad Antonio Tannoja, compagno del de Liguori e suo primo biografo, il quale ebbe modo di leg-gerlo, facendo rilevare che quelle espressioni del Ripa suonavano non a gloria di Alfonso, ma a suovituperio3. Tra quanti abbandonarono, insieme al futuro S. Alfonso il sacerdote ebolitano, nellememorie di questultimo troviamo altri due nomi: quello di Vincenzo Mandarini e di Gennaro MariaSarnelli, ai quali egli dedica la seguente nota:

    bench il Mandarini con altri suoi compagni persistesse qualchanno in Tramonte, in questanno1738 chio rileggo questa Relazione per corriggerla, ne sono stati con poco decoro scacciati. S unitoil Mandarini con alcuni ecclesiastici, che convivono in Cajazzo, e con essi si sforza di servire ilSignore. Col Sig. D. Alfonso di Livoro sun il Sig. D. Gennaro Sarnelli. Questo rimase nella casa presain affitto a Scala, assieme con un vecchio sacerdote, attuale canonico di quella citt, per proseguireivi lerezione della loro fondazione, dicendo la regola sudetta da essi mitigata, ed il Sig. D. Alfonsocon un altro buon sacerdote se ne and su dun monticello sei miglia distante dalla citt di Caiazzo,per formar ivi il noviziato. Il Sig. Sarnelli si sciolse dalla radunanza e cos fin la nuova religione4.

    Per ora ci soffermiamo su Gennaro Maria Sarnelli, del quale ci siamo gi occupati parecchi anni fa,trattando della memorabile, forsennata e perdente crociata che egli condusse contro le meretrici di Napoli5.Qui ritorneremo ancora su questo personaggio e su quel breve periodo della sua vita (anchessa peraltro discarsa durata: mor ad appena quarantadue anni) durante il quale fu ospitato nel Collegio dei Cinesi.

    2 Ibidem, cap. XXVIII, p. 307.3 Antonio Maria Tannoja, Vita ed istituto di S. Alfonso Maria de Liguori, Napoli 1798, vol. I, p. 73.4 Istoria o sia relazione dellerezione della Congregazione, cit., p. 306.5 Giacomo Di Fiore, Il pi antico mestiere e uno scrittore napoletano del 700, in Prospettive Settanta, 3-4 (1985), pp. 378-402.

  • Giacomo Di Fiore Michele Fatica

    23

    Secondo Raimondo Giovine, che a met Ottocento scrisse la pi completa biografia del Sarnelli, eche avrebbe curato la ristampa delle sue opere, a d 4 giugno 1729, il Sarnelli entr nel sudetto con-vitto de Cinesi in qualit di semplice convittore, e il suo esempio fu subito seguito da Alfonso deLiguori anche se secondo il Ripa il primo a dare il cattivo esempio fu proprio questultimo il qualevi entr nella stessa qualit verso la met del medesimo mese di giugno6.

    A parte il discorso su chi fosse stato per primo il seminatore di discordie, i due giovani erano, almomento di entrare come convittori nella istituzione del Ripa, gi legati da un saldo rapporto di ami-cizia e di collaborazione, iniziato da qualche anno e che avrebbe visto il suo momento pi fervido nellapratica delle cosiddette cappelle serotine. Partendo dal presupposto che allimbrunir della sera ... lamaggior parte dei plebei libera dalle faccende, un piccolo drappello di volenterosi preti, guidati dalde Liguori e comprendente il Sarnelli, allepoca peraltro non ancora ordinato sacerdote, cominci nelleserate estive a catechizzare la gente in luoghi remoti e solitari, cio nel largo avanti le chiese di S. Teresade Scalzi, di S. Agnello a Caponapoli, e di S. Francesco di Paola sopra la Stella. Ma, poich a queitempi alcuni soldati luterani sparsi per la citt occultamente tenevano cattedra, ponendo ogni loroingegno a togliere ai buoni Napoletani la Fede che avevano ricevuto dal Principe degli Apostoli, e neseguirono alcuni arresti di eretici, si sparse per la citt una generale diffidenza: siccome i napoleta-ni sono menti magnificatrici, cos ogni unione che vedevano in luogo solitario, subito sospettavano chefosse di luterani7. Larcivescovo di Napoli, Francesco Pignatelli, per evitare disordini, proib questegenerose ma incontrollabili adunanze, e cos il de Liguori e i suoi compagni ripiegarono nella cateche-si non pi nelle piazze, ma nelle private case.

    Erano principalmente il de Liguori e il Sarnelli a dedicare le proprie energie allopera:

    Spesso al tramontar del sole ambedue uscivano dal convitto; e girando per quelle case e botteghe ove eranotali sacre adunanze, erudivano quei plebei delle cose necessarie al conseguimento delleterna salute e conbelli e sacri ragionamenti lincuoravano ad essere buoni e costumati cristiani. Compiuto il catechismo, efatte le pratiche di piet, si ritiravano verso il tardi nel convitto carichi di gloriose spoglie rapite allinferno8.

    A seguito del successo che riscosse la nuova iniziativa, si aprirono le pubbliche chiesicciuole cheerano per le vie della citt, e furono addette ad uso della religiosa istruzione della plebe: e cos furonochiamate cappelle serotine9.

    6 Raimondo Giovine, Vita del gran servo di Dio D. Gennaro Maria Sarnelli padre della Congregazione del SS. Redentore, Napoli1858, vol. I, pp. 94-95.7 Ibidem, p. 89-90.8 Ibidem, p. 97.9 Ibidem, p. 92.

  • Vita di relazione e vita quotidiana nel Collegio dei Cinesi

    24

    Non sappiamo quanto queste pie scorribande fossero approvate dal Ripa. Certo che il sacerdoteebolitano sollecitava con insistenza i due convittori, affinch si affiliassero alla sua congregazione (sem-bra anzi, come vedremo, che almeno il Sarnelli si fosse in qualche modo impegnato in tal senso), e fu pro-babilmente proprio per sottrarsi a pressioni sempre pi assillanti che sia il de Liguori, sostenuto daTommaso Falcoia e tentato dallavventura di fondare una propria congregazione, sia il Sarnelli, consiglia-to dai propri direttori spirituali, decisero di lasciare il Collegio a breve distanza temporale luno dallaltro.

    Raimondo Giovine, la cui fonte in questo caso evidentemente proprio lex missionario, per giu-stificare luscita del Sarnelli dal Collegio si serve delle medesime parole del Ripa con la citazione dellequali abbiamo aperto questo lavoro:

    Se non che siccome p. d. Matteo Ripa aveva ammesso nel suo convitto alcuni ecclesiastici santi per altro,ma non buoni per la sua comunit, perch avendo costoro qualche involontaria imperfezione, le recava-no disturbo e confusione; cos Gennaro Maria poco dopo di essere stato iniziato nella chierical tonsurapens di far ritorno alla casa paterna. Infatti a d 8 aprile 1730 usc dal convitto, avendovi dimorato permesi dieci e giorni quattro. Sebbene per in tal riscontro fosse uscito dal convitto, nondimeno proseguad essere amico e confidentissimo del p.Ripa, anzi ad essergli di aiuto per la sua nascente Congregazione10.

    Il Giovine, dunque, attribuiva al disturbo e alla confusione che provocavano questi ecclesiasticisanti per altro ma non buoni per la comunit, la decisione del Sarnelli di lasciare il Collegio, contra-riamente a quanto invece ritiene, pi verosimilmente, lo studioso redentorista Oreste Gregorio, il qualeidentificava proprio nel Sarnelli il pi importante di quegli ecclesiastici, santi per altro, ma non buoniper questa communit, a cui si riferiva Matteo Ripa con una allusione indiretta poco elogiativa11.

    Mentre nella Istoria o sia relazione dellerezione della Congregazione e Collegio della Sagra Famigliadi Gies Cristo il giovane convittore citato in soli due luoghi, in un manoscritto del Ripa (il cosiddet-to Zibaldone, sorta di diario e insieme di brogliaccio, fogli di appunti, minute di lettere) invece men-zionato pi volte.

    Quando ne scrisse la biografia, Raimondo Giovine non era certo alloscuro che il Sarnelli avevaavuto col Ripa un pesante dissidio: lo attesta la superflua precisazione dellautore sui buoni rapportiche si sarebbero mantenuti fra i due dopo labbandono del Collegio da parte del Sarnelli (che sarebbepi preciso definire la sua cacciata a opera del Ripa). Ma seguiamo gli eventi, partendo da alcuniappunti del Ripa nel suo Zibaldone12, in fogli pieni di cancellature e non sempre di facile decifrazione.In uno di questi fogli13 troviamo, su una delle due colonne, in cui diviso il foglio, un appunto intito-

    10 Ibidem, p. 100.11 Oreste Gregorio, Lettera inedita del ven. Gennaro Sarnelli allabate Matteo Ripa, 1730, in Spicilegium historicumCongregationis Ss.mi Redemptoris, XXIII (1975), n. 1, p. 5n.12 Il ms. conservato nellACGOFM, MH, 12-3, e sar dora innanzi cit. come Zibaldone.

  • Giacomo Di Fiore Michele Fatica

    25

    lato: Lettera al sig. Sarnelli. 21 Gennaro 1730. Circa lobedienza da prestarsi al Superiore del luogo. Sieguela risposta. Sullaltra colonna troviamo, invece, quella che doveva essere con ogni probabilit la minu-ta o quanto meno il canovaccio pieno di ripetute cancellature su cui sarebbe poi stata formulata lalettera vera e propria. Questa, come si detto, andata perduta, ma possiamo tuttavia ricostruirne conbuona approssimazione il contenuto, anche tenendo presente la risposta del Sarnelli, che invece adisposizione degli studiosi dopo la sua relativamente recente pubblicazione a opera di OresteGregorio14.

    Il Ripa esordiva comunicando al carissimo Sig. D. Gennaro di avergli inviato lattestato chedesiderava, e che presumibilmente doveva riferirsi alla sua buona condotta nel Collegio dove era con-vittore. Egli aggiungeva poi di avere:

    aggiatamente considerato avanti Dio questaffare, stante che nellultima parlata che V. S. fece meco lanotte della mia partenza [per Roma] non solo si dimostr tanto restivo alla volont del suo Superiore,ma di pi si espresse di non essere ancor fermo e determinato di persistere in cotesta Congregazione,dandomi cos giusto motivo di negarle il detto attestato, e di pi venire ad altre risoluzioni, pure aven-do maturamente considerato laffare avanti il Crocifisso, e fatto riflessione, che il male non pervienedalla sua volont, che risoluta di amare e servire Dio, ma che perviene dal comune inimico del gene-re umano, che invidiando il bene che si puol fare, lha confuso la mente, e sotto pretesto di bene lhagi illuso. E mi creda caro D. Gennaro, che in Ges Cristo le parlo, mi creda dissi, che in questo V. S.gi illuso; e di pi essendo io entrato in speranza che col svelarle io apertamente il suo male, sia ellaper ravvedersi ed emendarsi, pertanto per questa volta non solo desisto dal prendere qualunque riso-luzione, ma anche le invio il desiderato attestato. Intanto Le faccio sapere come se in ogni ben rego-lata communit si esigge una perfetta ubedienza al Superiore, in cotesta per che ora nasce, si esiggeperfettissima. E non si supporter in essa soggetto alcuno, per qualunque altra buona parte che egliabbia, se non ha un animo risoluto e pronto di totalmente esser morto nel volere del Superiore; e que-sta o carissimo fratello, la sola perfezione, e non gi loprare di propria testa: obbedire praepositisvestris, e vivere nel volere del proprio Superiore, quando non apertamente peccaminoso, questo ilvolere di Dio, e tutto quello che nelle comunit si fa contro il volere del Superiore non solo tutto perduto, ma tutto inganno aperto e manifesto del demonio. Sicch dunque, acci ella resti illumi-nata e venga ad intendere in che consista la vera perfezione di chiunque vive in comunit, con questala priego, ed acci ne abbia anche il merito della virt dellubbedienza, fortemente la incarico a vole-re ogni giorno far parte della sua quotidiana lettura spirituale nel trattato dellubbedienza che fa quel

    13 Zibaldone, f. 169.14 Oreste Gregorio, Il Ven. p. Sarnelli e labate Ripa, in Spicilegium historicum Congregationis Ss.mi Redemptoris, XI (1963),n. 1, pp. 245-51.

  • Vita di relazione e vita quotidiana nel Collegio dei Cinesi

    26

    gran maestro di spirito D. Rodriguez15. Legga con attenzione, legga con animo disposto di volereintendere e fare la volont di Dio, e caldamente raccomandandosi al Signore rester senza dubbio illu-minata, e spero che mai pi sar per resistere al volere del suo Superiore.E per toglierla da un altro errore, ben che le faccia parimente sapere, come presentemente che siamopochi, bench si permette il potersi far guidare nelle cose di spirito da altri che non sono di codesta comu-nit, non per questo il Superiore non resta Superiore, potendo egli non ostante dimandare conto dicoscienza, e modificare come meglio stimer egli nel Signore anche nel caso istesso che ella facesse il votoche disse voler fare di ubbidire al suo Direttore. Confido in Dio e nella sua buona volont di voler incon-trare in tutte le cose il divino volere, che sar per fare quanto qui le ho scritto, come ne la priego 16.

    Questo dunque dovette esser il tenore della lettera perduta piuttosto ripetitiva, e tutta impernia-ta sullubbidienza dovutagli che il Ripa scrisse al Sarnelli, il quale a sua volta il 6 febbraio 1730 rispon-deva al Superiore senza negarsi a una franca discussione:

    In quanto poi alli lamenti che V. S. fa di me, per gloria di Dio benedetto e per sua soddisfazione con-viene che io risponda []. In quanto a quello che V. S. dice esser illuso, spero nella Misericordia diDio di no, secondo il parere di tanti Santi, e savii uomini di questa citt17.

    Il Sarnelli precisava poi che dalla parlata che ebbimo in quella notte ricordata dal Ripa nellasua lettera non si poteva inferire che egli volesse abbandonare il Collegio, ma solo che io in questoCollegio desiderava vivere da Convittore e non esser del Corpo, cio non aderire alla Congregazionedella Sacra Famiglia di Ges Cristo, e ne precisava le ragioni:

    I motivi poi che mi hanno mosso a vivere da Convittore, e come tale desidero esser riputato in que-sto Collegio, sono moltissimi. Tra gli altri essendo io sempre per lo pi infermo e di non troppa com-plessione non posso addossarmi molti pesi, ma mi conviene vivere con minor peso che sia possibi-le, essendo debole e spesso infermo, e vivendo come del corpo, ogni momento avrei dovuto farmidispensare mille cose e mi sarebbono facilmente venuti mille scrupoli.

    15 Il Rodriguez, cui fa riferimento il Rip, senza dubbio il gesuita spagnolo Alonso Rodriguez (1537-1612), autore di un pon-deroso trattato di morale dal titolo Exercicio de perfecion y virtudes christianas, edito per la prima volta a Siviglia nel 1609, tra-dotto in varie lingue (tra cui larmena, laraba e la cinese) e pi volte ristampato tra Seicento e Ottocento. V. A. e A. De Backer,Bibliothque de la Compagnie de Jsus, (nuova ed. a c. di Carlos Sommervogel, Bruxelles-Paris 1895, ad vocem). Nellultimasezione di questo best seller, il Trattato V, dedicato alla virt dellubbidienza, si legge che necessario confermar il giudicio elintelletto nostro al giudicio del Superiore, avendo non solamento unistesso volere, ma anche unistesso sentire colSuperiore: cito dalled. veneziana del 1726 di A. Poletti, p. 286 della III parte (lintero volume supera pagine 1700).16 Zibaldone, ff. 169-170.17 Le citazioni che seguono sono tratte da Oreste Gregorio, Il Ven. p. Sarnelli e labate Ripa, cit., pp. 246-249 e passim.

  • Giacomo Di Fiore Michele Fatica

    27

    Suona davvero strana questinsistenza sulla gracilit della propria salute che effettivamente nonera per niente florida, se ricordiamo che il Sarnelli, come si gi detto, mor a soli quarantadue anni da parte del sodale di Alfonso Maria de Liguori, che nella congregazione fondata poi da questultimonon si sarebbe risparmiato afflizioni, tormenti e macerazioni, a detta di tutti i suoi biografi. Molto pro-babilmente le motivazioni che egli accampava per giustificare il proprio rifiuto erano solo di facciata:la verit era semplicemente che il Sarnelli non voleva legarsi al Ripa, del quale aveva avuto modo di spe-rimentare linflessibile autoritarismo.

    Agli appartenenti alla congregazione, scriveva poi il Sarnelli, erano preclusi benefici o cappellanie,e questa limitazione lo scoraggiava. Non sappiamo quanto il giovane fosse sincero in proposito, consi-derando il suo assoluto disinteresse e la vita di stenti che volontariamente conduceva:

    Di pi da qui a cento anni dopo morto mio padre non sar molto ampia la mia posizione, e Diobenedetto vuole che ognuno pensi (bench senza sollecitudine) a procurarsi con mezzi leciti il suomantenimento onesto.

    Il Sarnelli era perplesso anche sulla proibizione, imposta dalle regole del Ripa, di iscriversi in futu-ro ad altre congregazioni. E allex missionario che lo aveva definito un illuso, egli replicava ricordan-dogli che uomini deccezione, come Tommaso Falcoja, vescovo di Castellammare e suo primo padrespirituale, cos come il suo attuale direttore di spirito, il gesuita Domenico Manulio, gli avevano consi-gliato di restare nel Collegio come semplice convittore, senza far parte della congregazione della SacraFamiglia:

    Veda dunque che non cos facile lesser illuso, essendomi posto nelle mani, e regolandomi col con-siglio di s grandi uomini.

    Laccenno a s grandi uomini indirettamente, ma di fatto, sminuiva il Ripa, quasi che lui nonappartenesse a questa schiera eletta. Dal contesto della lettera si comprende, poi, che il Sarnelli fossestato invitato, o piuttosto obbligato dallex missionario a collaborare alla sua istituzione impartendolezioni ai collegiali col tacito accordo di pagare in cambio una retta pi modica, come vedremo mail giovane, che pure si era adattato a far da maestro a uno degli ospiti, il ginevrino Pitard, e qualchevolta anche agli alunni cinesi, non voleva accollarsi questaltro onere in via permanente:

    gli Cinesi possono aver assai miglior sodisfazione e accudimento essendo insegnati da altri; io nonho prattica di dar lezione, n lho fatto mai; mindussi a farlo al Genevrino, conoscendone la grannecessit e che era meglio quel poco che poteva che niente.

  • Vita di relazione e vita quotidiana nel Collegio dei Cinesi

    28

    Lesigenza del Ripa di gravare di incombenze il giovane convittore contrastavano col desiderio diquesti di dedicarsi ad altre attivit di edificazione spirituale. Il Sarnelli, che stava per ascendere al sacer-dozio, avvertiva la necessit di prepararsi per il suo ministero, e temeva che ladesione alla congregazio-ne ripiana gli avrebbe tarpato le ali, assorbendo tutto il suo tempo libero; se ne ha una conferma inalcuni passi rivelatori di questa lettera:

    Io ho studiato sino allaltro giorno scienze del mondo inutili: ho preso questo santo stato non piche un anno e mesi .... ho necessit positivissima di studiare qualche cosa del mio stato, ho da pas-sare per ignem et aquam per tanti esami. Veda perci V. S. che se voglio applicarmi con tanti pesi, ein tante cose non mi resta tempo di studio. Per questi, e per altri motivi mi convien esser Convittore.

    In definitiva, il Sarnelli ribadiva che voleva rimanere nel Collegio, senza per affiliarsi alla congre-gazione. Ma la lettera del Sarnelli importante perch vi troviamo espressa, sia pure en passant, laprima testimonianza giovanile di quella che sarebbe stata lossessione di tutta la sua vita, e cio labo-minazione delle donne pubbliche, contro le quali egli avrebbe in seguito ingaggiato una feroce, e, comesi detto, perdente battaglia. In una lettera che si riferisce al Carnevale del 1730 se ne trova una fugge-vole traccia; sia pure sotto forma di un rapido flash quasi una foto scattata in un interno, o un qua-dretto dambiente del tempo attraverso cui emergono confusamente non solo i volti sbiaditi dei gio-vani cinesi ospitati a Napoli fra le mura di quel Collegio che da loro prese il nome, ma anche i loro desi-deri e le loro frustrazioni:

    Filippo [Huang ] sta infermo con tosse e dolor di petto, e da molti giorni non fa lezione. Lucio[Wu ] la fa quando sta bene. Filippo sta molto attaccato e vuole andare a vedere i carri di Bacco;Don Vincenzo [Mandarini] saviamente non li diede licenza, s perch queste scene non convengonosempre a Missionarii, s anche perch le strade del mondo sono in questi tempi specialmente pienedi schifezze, e di scandali, cio di donne pubbliche e di donne vestite da uomini, di parole sporche,di risse, ecc. Insomma trionfa per ogni via satanasso, e trionfa il gentilesimo in questi giorni anchein mezzo ai Cristiani. Esso volea domandar licenza a V.S. Io che glielo vedo cos attaccato, non ostan-te che glielo avessi dissuaso, anche ho voluto scriverne a V. S.; se le pare non gliela dia.

    Gennaro Maria Sarnelli aveva allora ventotto anni, e solo quattordici da viverne ancora, nel corsodei quali avrebbe scritto diverse migliaia di pagine contro la piaga della prostituzione, non tanto perabolirla la disponibilit sessuale di queste peccatrici contribuiva in fin dei conti a tenere sotto con-trollo la libido di soggetti che altrimenti lavrebbero sfogata ai danni di onorate vergini o di rispettabi-li matrone quanto piuttosto perch questa attivit si esercitasse in appositi quartieri periferici, o,come si diceva allora, extra moenia.

  • Giacomo Di Fiore Michele Fatica

    29

    Ma proseguiamo nella lettura del carteggio tra Ripa e Sarnelli, davvero emblematico del sistema direlazioni in vigore nel Collegio dei Cinesi ancor vivo il fondatore. In una Risposta al sig. Sarnelli, datata 11febbraio 173018, il Ripa ribadiva lubbidienza pi assoluta dovuta al superiore, rifiutando di condividere lapropria autorit con chiunque altro, fosse anche il pi santo dei direttori spirituali, attenendosi alle indi-cazioni dei quali un giovane inesperto come Gennaro Maria Sarnelli poteva facilmente cadere in errore:

    n questa la mente del suo direttore [e cio che il Sarnelli abbandonasse la congregazione del Ripa],perci non bisogna lusingarsi, ma intendendo che questo secondare il proprio giudizio e parere,cio a dire secondare la tentazione, e perci dissi e dico che in questo ella illuso.

    Senza tanti giri di parole, lex missionario comunicava seccamente al Sarnelli che alla sua comunitnon conveniva tenere come convittore un soggetto come lui, che, tra laltro, aveva quanto meno gi for-malmente promesso, se non addirittura assunto limpegno solenne, di affiliarsi alla congregazione. Infatti,lex missionario faceva esplicito riferimento alla cassazione del giovane dal numero dei congregati, il chepresupponeva che un formale impegno fosse stato preso dal Sarnelli, anche se in verit questi non avevamai usato nella sua lettera il termine cos impegnativo che gli attribuiva con qualche forzatura il Ripa:

    Al punto di voler esser cassato dal numero de Congregati e restar cost per Convittore, le dico checotesta minima nascente Congregazione fondata colla porta aperta, e perci uno puole uscirseneognora che vuole. E chi non volesse sottomettersi alle sue regole, fundamento delle quali lubbi-dienza, ne sar licenziato.

    Dobbiamo osservare che sia la prima, che la seconda affermazione del Ripa sarebbero state smen-tite dalla sua successiva condotta: un alunno insofferente della disciplina come Lucio Wu non trov maile porte aperte per andarsene, ma dovette fuggire, e per questa fuga venne perseguitato vita naturaldurante dalla vendetta del Ripa e dei congregati19.

    Anche da altre frasi dello Zibaldone (e da una successiva lettera dello stesso Sarnelli) abbiamo laconferma che questi si fosse tirato indietro dopo avere promesso di affiliarsi allistituzione del Ripa,come sottolineava lex missionario:

    Se ella sul principio fosse venuto per Convittore, sarebbe stato il Padrone, avendole io proposto luno

    18 Zibaldone, f. 179.19 Giacomo Di Fiore,Un cinese a Castel SantAngelo. La vicenda di un alunno del Collegio di Matteo Ripa fra trasgressione e reclu-sione, in Aldo Gallotta, Ugo Marazzi (a c. di), La conoscenza dellAsia e dellAfrica in Italia nei secoli XVIII e XIX, vol. II, t. I,Napoli 1989, pp. 381-432.

  • Vita di relazione e vita quotidiana nel Collegio dei Cinesi

    30

    o laltro partito, ma dopo essersi ascritto alla Congregazione e dopo averlo detto anche alli signoricanonici [] non par che ora convenga tenerla per convittore20.

    Ma il Ripa contestava anche le scusanti come la precaria salute che adduceva il Sarnelli perrecedere dal suo proposito iniziale di far parte della congregazione:

    Essendo io (sono sue parole) sempre per lo pi infermo e di non troppa complessione non possoaddossarmi molti pesi, ma mi conviene vivere con minor peso che sia possibile, essendo debole espesso infermo, e vivendo come del corpo, ogni momento avrei dovuto farmi dispensare mille cosee mi sarebbono facilmente venuti mille scrupoli.Rispondo: La regola, comella sa, delezione, non obliga a verun peccato, e linfermi sono dispen-sati dallo stesso jus.

    Dunque, perch tanto zelo indiscreto? Nessuno gli aveva ordinato tutte quelle mortificazioni:

    Se ella infermo, e non puol fare unora di orazione che quanto prescrive la regola, perch vuolfarne quattro in tempo dinfermit, e che positivamente lammazza? Perch vuol andare a dimorareper pi ore .... nellIncurabili, in tempo che ella appena puol reggersi in piedi? Perch vuol fare tanteastinenze e digiuni... e tante altre cose che non solo non sono prescritte dalla Regola, ma proibiteledal Superiore in tempo dinfermit per essere positivamente nocive alla sua salute?

    Il Ripa aveva buon gioco nel rilevare le incongruenze della posizione del Sarnelli, il quale accam-pava la propria cattiva salute per esimersi dallentrare nella Congregazione, ma nello stesso tempo sisottoponeva a tali mortificazioni che la peggioravano ancor pi:

    Caro don Gennaro, di grazia, non crede che col fatto stesso ella si contradice? Quali sono state tuttele doglianze del Superiore e di tutta la comunit se non questa di non voler essere ella discreto?21.

    Quanto tormentata e meditata fosse stata questa lettera che il Ripa indirizz al Sarnelli lo testimo-niano le numerosissime cancellature dello Zibaldone, e la presenza nel testo dei passi pi importantidella lettera del Sarnelli che il Ripa aveva trascritto per meglio confutarli. Per esempio, come abbiamogi rilevato, il giovane convittore aveva osservato che quelli del corpo non possono aver cappellanie ebenefici, il che costituiva per lui un ulteriore impedimento a aderire alla Congregazione. Possiamoimmaginare con quanta irritazione il Ripa scrivesse nel suo Zibaldone: la priego a volermi significare

    20 Zibaldone, cit., f. 180.21 Ibidem, ff. 180-181.

  • Giacomo Di Fiore Michele Fatica

    31

    dove sta questo punto di regola che proibisce tal cosa? Io ho scritto la regola, e questo punto non lhoscritto mai!.

    Ci sia consentita ora una breve digressione a proposito delle regole della Congregazione redatte dalRipa. Quale secondo lui fosse il ruolo sacrale del superiore lo comprendiamo nella sezione intitolataDellubbidienza e maniera che dobbiamo portarci co Superiori, che costituisce il capitolo VII:

    Lubbidienza quella virt, per cui principalmente le Comunit sono ordinate adunanze, imperoc-ch allora lordine in tutte le cose e la pace fra tutti e lo spirito di veri Congregati in Gies fiorisco-no nelle Comunit, quando tutti, spogliati del proprio parere e volont, che sono lorigine e la sor-giva copiosa dogni disordine e disturbo, unicamente seguitano i comandi e il parere del Superiore,e in tutto ci che ordina e prescrive, si persuadono di sentir Gies che comandi, e senza altro scru-tinio lubbidiscono pienamente, e seguitano a chiusi occhi le ordinanze da lui prescritte con esecu-zione sollecita e pronta22.

    Il Ripa era pienamente convinto e non poteva essere diversamente al suo tempo del supremovalore della gerarchia, nel senso etimologico di sacro comando: infatti, sempre in questo capitolo sul-lubbidienza, si legge:

    Chi opera senza la guida dellubbidienza, ma secondo il proprio parere e piacimento, et inclinazio-ne, ancorch metta mano allopera di cose grandi, si espone a pericolo di non secondare in quelleopere il divino volere, e di essere illuso23.

    Dunque secondo il Ripa solo il superiore ha un filo diretto col Signore ed linterprete del suodivino volere, o, per dirla in altro modo, il volere del superiore quello del Signore. Come se non fosseancora chiara lassoluta importanza che il Fondatore attribuiva allindiscussa autorit del superiore,questa veniva ribadita nello stesso capitolo, con una terminologia che ricorda il perinde ac cadaver degliodiati gesuiti:

    Tutti coloro che si ascriveranno in questa adunanza della Sagra Famiglia devono prima dogni altracosa lasciare la propria volont fuori della porta di questa Casa, e vivamente immaginarsi di essermorti [si noti lossimoro] ad ogni proprio lor parere e volont, e perci dover in ogni cosa esser pie-namente regolati e mossi dalla pura volont del Superiore e dovranno interamente abbandonarsi allapura ubbidienza senza replica e mormorazione.

    22, MH, 1-1, Regole e costituzioni della Congregazione e Collegio della Sagra Famiglia di Gies Cristo, (dora innanzi: Regole ecostituzioni), f. 19.23 Ibidem, f. 20.

  • Vita di relazione e vita quotidiana nel Collegio dei Cinesi

    32

    Ci fermiamo qui per non tediare il lettore con lesaltazione, da parte dellex missionario, dellub-bidienza, fondamentale virt che ora veniva messa in discussione dal riottoso Sarnelli. Questi risposealla lettera del Ripa il 19 febbraio 1730, ribadendo in sostanza ancora una volta la propria intenzionedi restare nel Collegio come semplice convittore al pari di Alfonso Maria de Liguori.

    Nella lettera, tuttavia, il Sarnelli era piuttosto vago, per non dire ambiguo, circa leffettiva promes-sa che avrebbe fatto di iscriversi alla Sacra Famiglia:

    Vostra Signoria dice che io entrai sotto titolo della Congregazione, e perci conviene che tale io resti.Rispondo che io nel venire in questo Collegio ebbi intenzione di ritirarmi dalli tumulti del mondoper darmi maggiormente al servizio di Dio, ed agli studii, non sapendo n lobbligazioni di quellidella Congregazione, n le sue regole.

    Il giovane ricordava che quelle offerte che V. S. fece a me, anzi molto maggiori, venne il baroneRipa, suo fratello, in casa e le fece a detto mio padre, e detti miei fratelli, e che egli non aveva esclusodi affiliarsi in seguito alla congregazione del Ripa, e cos dunque non entrai con animo fermamenterisoluto di esser specialmente del corpo, anzi da primi giorni andava tra me ruminando voler esserconvittore.

    Dal punto di vista del Sarnelli sembra, dunque, che egli avesse pi che altro subto la sollecitazio-ne a entrare in qualche modo nella nascente istituzione del Ripa, e che, pur non avendo scartato la pro-spettiva di farne parte, neanche aveva per formalizzato la propria adesione, tanto pi che questacomunit non pu dirsi veramente comunit, n gi finora stabilita Congregazione. Come potevadunque dirsi che egli fosse stato del numero dei congregati, se listituzione non aveva ancora alcun rico-noscimento ufficiale?

    Eppure in qualche modo egli ammetteva di essersi compromesso:

    E poi V. S. ben sa che cosa delluomo prudente il mutar consiglio, col consiglio degli direttori dotti,santi e discreti non cosa pregiudiziale che i Signori Canonici avessero inteso dire sei o sette mesifa voler essere io del corpo, ed ora per ottime, sante e ben fondate ragioni col parere de savi ho riso-luto altrimenti .

    In fin dei conti, concludeva il giovane, egli poteva benissimo restare nel Collegio senza dar fastidioa nessuno, e anzi aiutando con qualche lezione i collegiali. Bisognava badare al sodo: poco si curi V. S.del resto, e dei titoli Congregazione e di Convittore.

    A indispettire il Ripa fu sicuramente proprio questa ostentata non-chalance, oltre ai riferimenti pipropriamente giuridici (il Sarnelli prima di farsi prete era stato avvocato). Poich la lettera di rispostadel Ripa andata perduta, vale la pena, per ricostruirne approssimativamente il contenuto, di soffer-

  • Giacomo Di Fiore Michele Fatica

    33

    marsi sugli appunti, anche se purtroppo scarni, che ci rimangono dellex missionario. In detti appuntiil Ripa annotava al f. 186 dello Zibaldone:

    Tre punti contiene questultima lunghissima di V. S. de 19 febbraio osservava il Ripa con una evi-dente punta di fastidio, trascurando evidentemente che anchegli era stato a sua volta prolisso e ripe-titivo quando vantava insistentemente la virt dellubbidienza - e sono gli stessi che anche a lungodescrisse nellaltra sua antecedente...Nel primo mi fa sapere come i suoi Padri Spirituali Gesuiti avendo considerato le sue ragioni, lehanno consigliato ad uscire da cotesta Congregazione; nel secondo poi dice che i medesimi Padri lehanno consigliato a restarsene cost da semplice Convittore; e nel terzo, che vorrebbe V. S. servirecotesta Casa da Maestro di scuola per cos non pagar pi che 30 carlini il mese24.

    Si pu ben immaginare quale concetto avesse il Ripa di questi invadenti gesuiti napoletani, dopoessersi scontrato per tanti anni coi loro confratelli in Cina. Non sfugge dunque lironia con cui si rife-riva a loro nella risposta che scrisse al Sarnelli, improntata del resto tutta a malcelato sarcasmo, cheriversava anche sulle contraddizioni del giovane, il quale chiedeva ora di essere utilizzato come mae-stro di scuola, mentre nella precedente lettera aveva dichiarato di essere troppo occupato a studiare perimpartire lezioni:

    Or in risposta de detti tre punti, io dico che aderendo al savio consiglio de suoi direttori, e secon-dando il volere di V. S., in vigor di questa io la dichiaro cassato da cotesta Congregazione; e perch nonconverrebbe che uno che stato cassato resti per Convittore, nonostante per riguardo della sua perso-na e di sua casa, io lammetto per Convittore. Ma circa il voler servire cotesta Casa per maestro di scuo-la, dico che non rende conto a cotesta Communit di servirsi di V. S. per maestro. Primo, perch V. S. continuamente infermo, e la Casa vuole maestri sani. Secondo, perch V. S. non vuole ubbidire alSuperiore, e la comunit vuole maestri docili e che lubbidiscono alla cieca; e cos s per questi, comeper varii altri giustissimi motivi io non posso servirmi di V. S. per maestro di scuola.

    Un altro appunto, cancellato ma leggibile, probabilmente non fu inserito nella lettera che poi ilRipa scrisse al Sarnelli:

    Secondo, perch sinora che V. S. stato congregato s sempre scusato con dire che non sa insegna-re: or se da congregato dice di non sapere per sua stessa confessione insegnare, certo che ne puresapr insegnare da Convittore. E cos si per questi, come per vari altri giusti motivi, io non voglioservirmi di V. S. per maestro di scuola.

    24 Zibaldone, f. 186: Risposta alla lettera del Sig. Sarnelli colla quale viene escluso da Perrozzo [o Pirozzoli: un altro nome dellazona di Napoli in cui sorgeva il Collegio]. 10 marzo 1730.

  • Vita di relazione e vita quotidiana nel Collegio dei Cinesi

    34

    Dopo questa cancellatura, il testo riprende con tono duro, sarcastico e, a tratti, poco riguardoso:

    Ma perch non voglio servirmi di V. S. come maestro di scuola, per tanto dal punto che ricever que-sta lettera cominciar a pagare li soliti sei ducati al mese che pagano li Convittori di cotesta Casa.Che se poi non li potesse o non li volesse pagare i detti sei ducati al mese, in tal caso si compiacerconsegnare la chiave della sua stanza al sig. don Vincenzo Mandarini. Al motivo di risparmio che poiadduce allegando che V. S. magna una volta il giorno, poco o niente beve vino, ed io aggiungo che dipi spesso digiuna, dico che questi sono motivi da addursi alloste, non ad una Casa Religiosa, laquale allora appunto gode, quando vede che tutti egualmente magnano e bevono quello che loro dla communit, senza spirito di singularit, che peste delle congregazioni25.

    Cos veniva liquidato il Sarnelli. Ma la sgradevole vicenda avrebbe avuto qualche altro strascico,anche se non col diretto interessato. Nello Zibaldone del Ripa si riscontrano infatti un paio di ulterioririferimenti al suo ex convittore. Il primo lo troviamo nella minuta di una lettera diretta a VincenzoMandarini, che fungeva da economo della congregazione: il Ripa si lascia andare a un tono confiden-ziale che si sarebbe ben guardato dalladoperare, se avesse saputo che lo stesso Mandarini di l a pocoavrebbe a sua volta abbandonato listituzione da lui fondata per seguire Alfonso Maria de Liguori e lostesso Sarnelli nella concorrente congregazione prima del Santissimo Salvatore e poi del SantissimoRedentore.

    Fo sapere a V. S. il Ripa come il sig. Sarnelli con due lunghissime mi ha fatto sapere che i suoi PP.spirituali Gesuiti lo hanno consigliato a volere uscire da cotesta nostra Congregazione, e restarseneda semplice Convittore, ed io aderendo al consiglio di detti Direttori ed eludere esso sig. Sarnellinella risposta che li ho dato, lho dichiarato cassato dal numero de Congregati, e lo lascio per sem-plice Convittore.V. S. dunque da oggi in avanti lo consideri come Convittore, senza mai imporli cosaalcuna di servizio della Casa, dal di che ricever quanto esigo da lui un tar al giorno, cio sei duca-ti al mese per tutto il tempo che seguir a vivere in cotesta Casa. In tutte le sue lettere mi ha fattoistanza di voler servire cotesta Casa da maestro di scuola, per cos pagare sol 30 carlini il mese, maconsiderando io la continua sua infermit e sopratutto il non volere ubbidire che al suo confessore,vedendo che non rende conto a cotesta casa di tenere per maestri cotesti soggetti infermi, indocili eniente ubbidienti, non ho voluto accettarlo per maestro di scuola. Quindi egli che non ha pi che 5ducati il mese assegnatili da suo Padre, non potendo pagare li ducati sei, sar costretto andarsene incasa sua, ed io incarico V. S. a non volerlo distogliere, ma lasciarlo andare via, e listesso dica in con-fidenza a tutti gli altri nostri signori, essendo di servizio di cotesta Casa che se ne vada, tanto pi chese ne va per suo puro volere, sotto un mal titolo per, cio per non ubbidire al Superiore. Il povero

    25 Ibidem, f. 187.

  • Giacomo Di Fiore Michele Fatica

    35

    per resta burlato, perch credeva che colluscire dalla Congregazione uscisse dallubbidienza, erestando in casa da Convittore restasse collintiera sua volont da poter fare tutto quello che le piace,senza obbligo di ubbidire al Superiore, e non avendo io voluto accettarlo per maestro, non potendopertanto egli pagare li sei ducati, resta astretto andarsene in casa sua, ch quanto io desidero per ilbene di cotesta Casa che non vuole disubbidienti e uomini di proprio parere26.

    Non sappiamo immaginare come avrebbe reagito lastioso e vendicativo superiore pensiamosolo a quel malcelato trionfalismo del povero resta burlato se il Sarnelli avesse accettato di restare,pagando la retta che gli veniva richiesta: con tutta probabilit il fondatore avrebbe escogitato qualchealtra scusa per liberarsi del suo riottoso convittore, sia pure salvando ipocritamente la forma e senzaricorrere a gesti traumatici o eclatanti.

    Laltro accenno al Sarnelli si trova ancora nello Zibaldone: lex missionario non voleva che percausa sua si guastassero i buoni rapporti che intercorrevano tra la famiglia dei baroni Sarnelli e quelladi suo fratello, il barone Lorenzo Ripa, al cui interessamento, come si visto, si dovette lingresso delgiovane Sarnelli nel Collegio.

    Del resto, nella gi menzionata lettera del 6 febbraio 1730, Gennaro Sarnelli aveva fatto un preci-so riferimento al fratello dellex missionario per rafforzare la legittimit della propria intenzione direstare nel Collegio solo come convittore:

    tanto pi che mi ricordo che tanto V. S. quanto il barone Ripa suo fratello, prima che io venissi inquesto Collegio, dissero chiaramente a miei parenti che io fossi qui vivuto come pi mi piaceva, epareva da Convittore o in altro modo; e tali promesse e favore anche mi diedero la spinta a venirvipi volentieri, e senza molta riflessione e molto studio27.

    Ecco quello che il Ripa scriveva in quella che con ogni probabilit doveva essere, salvo ripensamen-ti, la minuta della lettera diretta al fratello per giustificare lallontanamento del Sarnelli dalla suaFondazione:

    Scrivo la presente a V. S per giustificare le mie operazioni avanti V. S. e la S.ra Baronessa, quantoavanti il Sig. Barone e Baronessa Sarnelli. Le fo pertanto sapere, come, dopo di avere inutilmente pro-curato in varii modi di ridurre a discrezione la indiscreta vita del Sig. D. Gennaro Sarnelli che li faperdere la salute, e poco prima di partire per Roma avendolo veduto in pessimo stato di salute, sti-mai esser proprio ufficio del mio dovere di dare un passo pi efficace per ridurre il sig. D. Gennaro

    26 Ibidem, ff. 188-189: Al Sig. Mandarini circa il S. Sarnelli uscito dalla Congregazione.27 Oreste Gregorio, Il Ven. p. Sarnelli e labate Ripa, cit., p. 248.

  • Vita di relazione e vita quotidiana nel Collegio dei Cinesi

    36

    dentro i limiti della discretezza, quindi lultima sera della mia partenza qui avanti tutti li altri mieiCompagni e come Superiore del luogo fortemente imposi al Sig. D. Gennaro che durante la sua graveinfermit sotto la quale penava, non volesse abbassare [sic] in chiesa, che era fredda, e di gennaiofarsi due ore in circa dorazione in genocchioni, ma che se ne stesse sopra nelloratorietto segretoseduto, e col foco avanti sentendo intra dal fenestrino la S. Messa. Di pi limposi che non facessepi di mezzora dorazione mentale il giorno, potendo poi di quando in quando alzare dolcementela mente a Dio. Di pi che non andasse pi allospedale. E per finire, che non facesse nessun digiu-no, o altra mortificazione, sin a tanto che non avesse ricuperata la sanit. Ad ordini s discreti per ilbene della sua salute il sig. Sarnelli non volle ubbidire, sotto pretesto di volere ubbidire al suo PadreSpirituale Gesuita, asserendo che tanto le veniva consigliato da esso Padre. Belle massime di spirito!Sarebbero rovinate tutte le comunit, se i sudditi negassero lubbidienza a loro Superiori, sotto ilpretesto di volere ubbidire alli loro Padri Spirituali. A tal resistenza allora per allora io averei dovu-to licenziarlo, e mandarlo in sua casa, ma la considerazione desser figlio delli Signori Baroni eBaronessa Sarnelli mi fece dissimulare, e gionto qui in Roma, da qui li scrissi una lettera, acci si rav-vedesse, ma la risposta fu di scrivermi che li suoi Padri Spirituali Gesuiti lo consigliavano a volereuscire dalla Congregazione della Sagra Famiglia (per cos uscire dallobligo dubbidire al Superiore),e restare in Casa per puro Convittore, i quali non sono obbligati allubidienza del Superiore. Almenoa questa lettera io subito averei dovuto licenziarlo, e per i detti riguardi de signori Barone e BaronessaSarnelli anche mi trattenni, e le risposi facendole vedere il male che faceva, e che averei pregato Diocirca quello che dovevo fare.A detta mia il sig. D. Gennaro ha risposto, ed ha replicato listesso, cio di volere uscire dallaCongregazione e restare per Convittore, allegando il consiglio delli suoi Direttori Gesuiti. Or a que-sta seconda sua io non posso pi tener sospesa la risoluzione, onde in questo ordinario le ho rispo-sto che, aderendo al consiglio de suoi Direttori, e secondando il suo volere, lo dichiaro cassato dalnumero de Congregati; e bench affatto non converrebbe lasciarlo nel numero de Convittori, purelo lascio a riguardo de suoi degni Genitori.Perch il sig. Sarnelli sa, che volendo vivere da Convittore, deve pagare sei docati il mese, e non 30carlini come ha fatto sinora, ch vissuto da Congregato, ed egli non puole pagare sei docati il mese,stante che il Sig. suo Padre non glie ne somministra pi di cinque, perci si offerto di servire lacomunit da Maestro di scuola, e cos pagare soli 30 carlini il mese. Ma sopra questo considerandoio la continua infermit di esso sig. Gennaro e soprattutto la sua durezza in ubbidire al Superiore,perci affatto non posso servirmi di lui per Maestro di scuola, volendo io un Maestro di scuola chemi ubbidisca, che sia docile e pieghevole, e di salute sano, e non lui, infermo e che si dichiarato dinon volere ubbidire. Or non servendomi di lui da Maestro di scuola, e restando da Convittore comeegli ha voluto, non potendo pagare sei docati il mese, perci sar costretto andarsene in casa sua,restando cos burlato, perch egli si credeva che io laccettassi per maestro di scuola, ma una voltache egli ha voluto uscire dalla Congregazione, ancorch stasse sano, io n