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CURE ~ 2016 240 Articolo Originale/Original Article MALATTIA RENALE E INFEZIONE DA HIV IN ERA HAART Abstract L’introduzione della terapia antiretrovirale altamente attiva (HAART) ha determinato una drastica riduzione della mor- bilità e della mortalità correlate all’infezione da HIV. Tut- tavia, il conseguente miglioramento della sopravvivenza ha comportato l’insorgenza sempre più frequente di patologie non-AIDS associate, come la malattia cardiovascolare, epati- ca e renale. La malattia renale associata all’infezione da HIV rappresenta ancora oggi un’ importante causa di morbilità e sembra essere correlata a progressione verso l’AIDS e la morte. La HAART ha inoltre determinato una modifica dello spettro della malattia renale cronica nei pazienti sieropositi- vi, con una riduzione della più comune malattia renale HIV associata (HIVAN) e un aumento della nefropatia diabetica, ipertensiva e correlata a tossicità farmacologica. Oggi risulta evidente che il danno renale associato all’infezione da HIV debba essere considerato espressione di una complessa inte- razione di fattori di rischio relativi all’ospite, al virus e alla terapia antiretrovirale. Un’attenta valutazione della funzionalità renale nei pazienti HIV positivi, potrebbe aiutare l’identificazione della malat- tia renale nei suoi stadi iniziali oltre che consentire la modi- fica dei dosaggi dei farmaci in caso di necessità. Particolare attenzione alla funzionalità renale dovrebbe inoltre essere effettuata in corso di terapia comprendente i nuovi farmaci antiretrovirali, noti per interagire con i trasportatori della creatinina. L’incremento dell’aspettativa di vita dei pazienti con infe- zione da HIV e malattia renale terminale, ha reso fattibile l’opzione del trapianto d’organo, sebbene il tasso di rigetto acuto e delle interazioni farmacologiche nel contesto HIV sia comunque alto. Parole chiave: malattia renale, HIV, terapia antiretrovirale Introduzione I farmaci antiretrovirali attualmente a disposizione hanno consentito una riduzione della morbilità e della mortalità HIV correlata, oltre che il controllo virologico anche in pazienti multi-experienced in fallimento terapeutico. Tut- KIDNEY DISEASE AND HIV INFECTION IN THE HAART ERA Alessandra Cascavilla Unità Malattie Infettive – Ospedale S.Orsola Malpighi – Bologna [email protected] Abstract The introduction of highly active antiretroviral therapy (HA- ART) has resulted in a dramatic reduction in HIV-related morbidity and mortality. However, the resulting improve- ment in survival has led to the increasingly frequent occur- rence of non-AIDS-related diseases, such as cardiovascular, kidney and liver disease. HIV-associated nephropathy still represents a significant cause of morbidity and appears to be related to the progression towards AIDS and death. HAART has also produced a shift in the spectrum of chronic kidney disease in HIV seropositive patients, with a reduction in the more common HIV-associated nephropathy (HIVAN) and an increase in diabetic and hypertensive nephropathy, and in drug-induced nephrotoxicity. It is now evident that HIV-as- sociated renal damage should be considered the expression of a complex interaction of risk factors related to the host, the virus and antiretroviral therapy. Careful assessment of renal function in HIV-positive pa- tients could help to detect kidney disease in its early stages as well as allowing drug dose adjustments to be made when needed. Particular attention should also be paid to renal function during the course of therapy involving new antire- troviral drugs, which are known to interact with creatinine transporters. The increase in life expectancy of patients with HIV infec- tion and end-stage renal disease has made the option of or- gan transplant feasible, although the rate of acute rejection and drug interactions in the HIV setting is still high. Keywords: kidney disease, HIV, antiretroviral therapy Introduction The antiretroviral drugs currently available have enabled a reduction in HIV-related morbidity and mortality, as well as virological control even in multi-experienced patients with treatment failure. However, we still see premature ageing in the HIV-positive population, expressed in some cases as selective organ damage whose genesis is attributable to a complex interaction between the virus, host and drugs. Kid-

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Articolo Originale/Original Article

mAlAttIA renAle e InFezIOne dA HIV In

erA HAArt

Abstract

L’introduzione della terapia antiretrovirale altamente attiva (HAART) ha determinato una drastica riduzione della mor-bilità e della mortalità correlate all’infezione da HIV. Tut-tavia, il conseguente miglioramento della sopravvivenza ha comportato l’insorgenza sempre più frequente di patologie non-AIDS associate, come la malattia cardiovascolare, epati-ca e renale. La malattia renale associata all’infezione da HIV rappresenta ancora oggi un’ importante causa di morbilità e sembra essere correlata a progressione verso l’AIDS e la morte. La HAART ha inoltre determinato una modifica dello spettro della malattia renale cronica nei pazienti sieropositi-vi, con una riduzione della più comune malattia renale HIV associata (HIVAN) e un aumento della nefropatia diabetica, ipertensiva e correlata a tossicità farmacologica. Oggi risulta evidente che il danno renale associato all’infezione da HIV debba essere considerato espressione di una complessa inte-razione di fattori di rischio relativi all’ospite, al virus e alla terapia antiretrovirale. Un’attenta valutazione della funzionalità renale nei pazienti HIV positivi, potrebbe aiutare l’identificazione della malat-tia renale nei suoi stadi iniziali oltre che consentire la modi-fica dei dosaggi dei farmaci in caso di necessità. Particolare attenzione alla funzionalità renale dovrebbe inoltre essere effettuata in corso di terapia comprendente i nuovi farmaci antiretrovirali, noti per interagire con i trasportatori della creatinina. L’incremento dell’aspettativa di vita dei pazienti con infe-zione da HIV e malattia renale terminale, ha reso fattibile l’opzione del trapianto d’organo, sebbene il tasso di rigetto acuto e delle interazioni farmacologiche nel contesto HIV sia comunque alto.

Parole chiave: malattia renale, HIV, terapia antiretrovirale

Introduzione

I farmaci antiretrovirali attualmente a disposizione hanno consentito una riduzione della morbilità e della mortalità HIV correlata, oltre che il controllo virologico anche in pazienti multi-experienced in fallimento terapeutico. Tut-

KIdneY dIseAse And HIV InFectIOn In tHe

HAArt erA

Alessandra Cascavilla Unità Malattie Infettive – Ospedale S.Orsola Malpighi – Bologna

[email protected]

Abstract

The introduction of highly active antiretroviral therapy (HA-ART) has resulted in a dramatic reduction in HIV-related morbidity and mortality. However, the resulting improve-ment in survival has led to the increasingly frequent occur-rence of non-AIDS-related diseases, such as cardiovascular, kidney and liver disease. HIV-associated nephropathy still represents a significant cause of morbidity and appears to be related to the progression towards AIDS and death. HAART has also produced a shift in the spectrum of chronic kidney disease in HIV seropositive patients, with a reduction in the more common HIV-associated nephropathy (HIVAN) and an increase in diabetic and hypertensive nephropathy, and in drug-induced nephrotoxicity. It is now evident that HIV-as-sociated renal damage should be considered the expression of a complex interaction of risk factors related to the host, the virus and antiretroviral therapy. Careful assessment of renal function in HIV-positive pa-tients could help to detect kidney disease in its early stages as well as allowing drug dose adjustments to be made when needed. Particular attention should also be paid to renal function during the course of therapy involving new antire-troviral drugs, which are known to interact with creatinine transporters. The increase in life expectancy of patients with HIV infec-tion and end-stage renal disease has made the option of or-gan transplant feasible, although the rate of acute rejection and drug interactions in the HIV setting is still high.

Keywords: kidney disease, HIV, antiretroviral therapy

Introduction

The antiretroviral drugs currently available have enabled a reduction in HIV-related morbidity and mortality, as well as virological control even in multi-experienced patients with treatment failure. However, we still see premature ageing in the HIV-positive population, expressed in some cases as selective organ damage whose genesis is attributable to a complex interaction between the virus, host and drugs. Kid-

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tavia, continuiamo ad assistere ad un precoce invecchia-mento della popolazione HIV positiva, espresso in alcuni casi con il danno selettivo d’organo la cui genesi è ricon-ducibile ad una complessa interazione tra virus, ospite e farmaci. Il danno renale appartiene a tale descrizione (1). Anormalità della funzione renale sono presenti in una larga percentuale di pazienti con infezione da HIV, pari a circa il 30%. La malattia renale associata all’ HIV è inoltre diven-tata causa relativamente frequente di end stage renal dise-ase (ESRD) richiedente dialisi e sembra essere associata a progressione verso l’AIDS e la morte. Nella prevenzione e monitoraggio della malattia renale HIV correlata, vanno attentamente considerati i fattori di rischio della stessa, in particolare la razza afro-americana, una bassa conta dei CD4+ (<200 cells/mmc) , elevati livelli di HIV RNA pla-smatico (>4000 cp/ml), storia familiare di malattia renale, presenza di coinfezione con HBV e HCV (2,3). Un’attenta valutazione di tali fattori di rischio alla diagnosi di HIV e in corso di terapia antiretrovirale, aiuterebbe infatti il clinico nell’individuazione precoce della malattia renale oltre che ad effettuare opportune modifiche nel dosaggio e nel tipo di molecola utilizzata nel trattamento dell’infe-zione da HIV.

Epidemiologia e fattori di rischio

In era HAART, la malattia renale rappresenta una delle più importanti cause di morte nel paziente HIV positivo. Nel 2009, da uno studio prospettico comprendente più di 16.000 pazienti europei, argentini e israeliani affetti da infezione da HIV la malattia renale è emersa quale quarta causa di decesso tra le cause non-AIDS correlate, dopo i tumori, cardiopatie ed epatopatie, con un’incidenza complessiva di 1.05/100 anni-persona di follow up (4,5). Dati recenti dalla corte Aquitaine hanno mostrato un tasso di incidenza di insufficienza renale cronica pari a 1.27/100 anni-persona di follow up, mentre i fattori di rischio associati a una più alta incidenza sono risultati il sesso femminile, l’età avan-zata, il diabete, l’iperlipidemia, una bassa conta dei CD4+, l’esposizione a Tenofovir (6). Alterazioni laboratoristiche della funzionalità renale sono frequenti nella popolazione HIV positiva. In uno studio in cui sono state arruolate 2.057 donne sieropositive, il 32% presentava proteinuria che cor-relava con una bassa conta dei CD4+ e un’elevata viremia (2). Dati diffusi dalla coorte ICONA mostrano un 24% di soggetti con filtrazione glomerulare calcolata (eGFR) in-feriore a 90 ml/min/1.73 m2 e un’ associazione con l’età, il sesso femminile, il diabete, l’ipertensione e una bassa conta dei CD4+ al baseline (7). Gli ultimi dati diffusi dalla coorte ICONA sono ancora più allarmanti, soprattutto in relazione alla popolazione dei pazienti oltre i 60 anni dove

ney damage belongs to this category (1). Renal function abnormalities are present in a large percent-age of patients with HIV infection: approximately 30%. HIV-associated nephropathy has also become a relatively frequent cause of end-stage renal disease (ESRD), which requires dialysis and appears to be associated with the pro-gression towards AIDS and death. In the prevention and monitoring of HIV-associated nephropathy, its risk factors should be carefully considered, particularly African-Amer-ican race, low CD4+ count (< 200 cells/mmc), high levels of plasma HIV RNA (> 4000 cp/ml), family history of kid-ney disease, and the presence of co-infection with HBV and HCV (2,3). A careful assessment of these risk factors at the time of the HIV diagnosis and during antiretroviral therapy would in fact help the clinician in the early detection of kid-ney disease as well as helping to make appropriate changes to the dose and type of molecule used in the treatment of the HIV infection.

Epidemiology and risk factors

In the HAART era, kidney disease is one of the leading causes of death in HIV-positive patients. In 2009, from a prospective study including more than 16,000 European, Argentine and Israeli HIV-infected patients, kidney disease emerged as the fourth leading cause of death among non-AIDS-related causes, after cancer, heart disease and liver disease, with an overall incidence of 1.05/100 person-years of follow-up (4,5). Recent data from the Aquitaine cohort showed an incidence rate of 1.27/100 person-years of fol-low-up for chronic kidney disease and the risk factors asso-ciated with higher incidence were female gender, older age, diabetes, hyperlipidemia, a low CD4+ count, and exposure to Tenofovir (6). Laboratory abnormalities in renal function are common in the HIV-positive population. In a study in which 2,057 HIV seropositive women were enrolled, 32% had proteinuria which correlated with a low CD4+ count and a high viral load (2). Figures released from the ICONA cohort showed 24% of subjects with estimated glomerular filtration rate (eGFR) below 90 ml/min/1.73 m2 and an as- sociation with age, female gender, diabetes, hypertension and a low CD4+ count at baseline (7). The latest figures released from the ICONA cohort are even more alarming, especially in relation to the population of patients over 60 years in which the percentage of subjects with eGFR < 60 ml/min is 34% in naive patients and 36.8% in those on antiretroviral treatment. The trend of this phenomenon is also, according to EuroSIDA data, progressively increas-ing over time. The HIV-positive population has shown an increased incidence of acute renal failure in both the pre- and post-HAART era. In the post-HAART era, acute

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Articolo Originale/Original Article

la percentuale di soggetti con eGFR <60 ml/min è del 34% nei naive e del 36.8% in quelli in trattamento antiretrovira-le. La tendenza di questo fenomeno sarebbe, inoltre, secon-do i dati EuroSIDA, in progressivo incremento nel tempo. La popolazione HIV positiva ha mostrato sia in era pre che post-HAART una maggiore incidenza di insufficienza re-nale acuta. In era post-HAART, l’insufficienza renale acuta è risultata associata all’età, diabete, malattia renale cro-nica, insufficienza epatica acuta o cronica ed epatite (8). La nefropatia HIV correlata ha massivamente influenzato l’epidemiologia negli USA e solo marginalmente in Euro-pa: oltre l’ 85% dei casi di HIVAN si manifesta nei pazien-ti afro-americani, rappresentando la terza causa di ESRD in questa popolazione di età tra i 20 e i 64 anni (9). Nei soggetti afro-americani la malattia renale terminale sembra svilupparsi più velocemente rispetto ai pazienti di razza bianca con un più rapido declino del GFR dopo la diagnosi di malattia renale cronica (10).

Malattia renale in HIV

La più frequente alterazione riscontrata nei pazienti con infezione da HIV affetti da malattia renale cronica è rap-presentata dalla nefropatia associata all’HIV (HIVAN), una forma di glomerulosclerosi focale con danno tubulo-interstiziale. Clinicamente rappresenta una manifestazione tardiva dell’infezione da HIV, associata a bassa conta dei CD4+ ed elevati livelli di viremia. La HIVAN si manifesta con una sindrome nefrosica ed evolve verso l’insufficien-za renale progressiva in assenza di terapia antiretrovirale. Ecograficamente i reni appaiono di dimensioni aumenta-ti ed iperecogeni (11). In passato rappresentava la terza causa di morte in assoluto nei pazienti HIV positivi, pre-valentemente nella razza afro-americana. La patogenesi sembra riconducibile all’effetto citopatico diretto di HIV associato allo stato infiammatorio locale determinato dal rilascio di citochine e fattori di crescita che causano glo-merulosclerosi e sviluppo di microcisti tubulari. In con-siderazione del coinvolgimento pressochè esclusivo del-la popolazione afro-americana, e’ stata altresì ipotizzata una certa predisposizione genetica coinvolgente il locus MYH9 sul cromosoma 22 (12). La presenza di tale patolo-gia è indicazione ad iniziare la HAART, la cui introduzione ha determinato la quasi totale scomparsa della stessa. Altre alterazioni renali riscontrabili in corso di infezione da HIV e strettamente correlate all’infezione stessa comprendono la glomerulonefrite da immunocoplessi, la nefropatia da IgA, la microangiopatia trombotica. Per altre glomerulo-patie e nefriti tubulo-interstiziali, l’associazione patoge-netica con l’infezione da HIV risulta invece meno evidente [Tabella 1] (13).

renal failure was associated with age, diabetes, chronic kidney disease, acute or chronic liver failure and hepatitis (8). HIV-associated nephropathy (HIVAN) has massively influenced the epidemiology in the US and only margin-ally in Europe: over 85% of cases of HIVAN occur in Af-rican-American patients, making it the third leading cause of ESRD between 20 and 64 years in this population (9). In African-American individuals, end-stage renal disease seems to develop more rapidly than in Caucasian patients and with a more rapid decline in GFR after diagnosis of chronic kidney disease (10).

Kidney disease and HIV

The most frequent abnormality observed in HIV-positive patients who have chronic kidney disease is HIV-associated nephropathy (HIVAN), a form of focal glomerulosclerosis with tubulointerstitial injury. Clinically, it is a late manifes-tation of HIV infection, associated with a low CD4+ count and high viral load. HIVAN manifests with nephrotic syn-drome and develops into progressive renal failure in the ab-sence of antiretroviral therapy. On ultrasound, the kidneys appear increased in size and hyperechoic (11). In the past, it was the third leading cause of death overall in HIV-positive patients, mainly in the African-American race. The patho-genesis seems to be attributable to the direct cytopathic ef-fect of the HIV virus associated with local inflammation caused by the release of cytokines and growth factors that cause glomerulosclerosis and the development of tubular microcysts. In view of the almost exclusive involvement of the African-American population, a certain genetic pre-disposition involving the MYH9 locus on chromosome 22 has also been suggested (12). The presence of this pathol-ogy is an indication to initiate HAART, the introduction of which has resulted in the almost complete disappearance of the above-mentioned pathology. Other renal abnormalities found in the course of HIV infection and closely related to the infection itself, include immune complex glomerulone-phritis, IgA nephropathy, and thrombotic microangiopathy. For other glomerular diseases and tubulointerstitial nephri-tis, the pathogenetic association with HIV infection is less evident [Table 1] (13).

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L’insufficienza renale acuta (AKI) è in lieve riduzione nell’era HAART, con una frequenza del 5-6% tra i pazienti HIV ambu-latoriali e del 13-15% tra gli ospedalizzati. Ipovolemia e tossicità da farmaci sono le cause più frequenti di AKI. Le infezioni op-portunistiche rimangono un evento causale frequente, con elevata mortalità. L’AKI è tre volte più frequente nei pazienti HIV rispetto alla popolazione generale e i fattori di rischio sono riconducibili alla razza afro-americana, a uno stadio avanzato dell’infezione da HIV, alla coinfezione con HCV, a una precedente nefropatia di qualsiasi natura (14). La malattia renale cronica (CKD) definita come una riduzione del eGFR al di sotto dei 60 ml/min/1.73 m2, si riscontra più fre-

TABELLA / TABLE 1

Classificazione delle nefropatie in HIV. Entità dell’interessamento renale nei pazienti infetti da HIV

Acute renal injury (AKI) has fallen slightly in the HAART era, with a frequency of 5-6% among HIV-positive outpa-tients and 13-15% among those hospitalized. Hypovolaemia and drug toxicity are the most frequent causes of AKI. Op-portunistic infections are still a frequent causal event, with high mortality. AKI is three times more common in HIV patients than in the general population and the risk factors are African-American race, advanced-stage HIV infection, co-infection with HCV, previous kidney disease of any kind (14). Chronic kidney disease (CKD) , defined as a reduction in eGFR below 60 ml/min/1.73 m2, is found more frequently in

Classification of renal diseases in HIV Predominant renal involvement in HIV-infected patients

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quentemente nei pazienti con uno stadio avanzato di infezione da HIV e nei pazienti con eventi avversi metabolici e tossicità renale dovuti alla terapia antiretrovirale. In un’ampia coorte, il 2.4-10% dei pazienti ha sviluppato una malattia renale cronica, correlata all’età avanzata, a una bassa conta dei CD4+ e alla presenza di una patologia AIDS definente. Se nei pazienti di razza afro-americana, l’insorgenza di malattia renale cronica è risultata la progressiva evoluzione dell’ HIVAN, nei soggetti di razza bianca fattori rile-vanti sono risultati l’esposizione a farmaci nefrotossici, come indi-navir e Tenofovir, oltre che la presenza di comorbidità (15,16,17). Inoltre, nei pazienti afro-americani con una lieve alterazione della funzionalità renale, l’utilizzo della HAART ha prodotto un signi-ficativo miglioramento della stessa di circa il 20% dopo due anni di trattamento (18). La malattia renale terminale (ESRD) si manifesta come evoluzio-ne della malattia renale cronica con una velocità di progressione maggiore nei pazienti di razza afro-americana rispetto a quelli di razza bianca (10). HIVAN rimane la terza causa di ESRD tra i pazienti afro-americani di età tra i 25-64 anni, dopo il diabete e l’ipertensione. Ad oggi, la sopravvivenza dei pazienti HIV posi-tivi sottoposti a trattamento dialitico è paragonabile a quella dei pazienti sieronegativi. L’aumento della sopravvivenza dei pazienti con infezione da HIV e malattia renale terminale, ha reso fattibile l’opzione del trapianto d’organo, sebbene il tasso di rigetto acuto e delle interazioni farmacologiche nel contesto HIV sia comunque elevato (11).

Terapia antiretrovirale e tossicità renale

Il rene rappresenta un organo chiave per l’escrezione dei farma-ci e dei loro metaboliti: alcune molecole antiretrovirali hanno dimostrato di determinare un danno a livello renale attraverso meccanismi patogenetici diversi. Il primo farmaco che storicamente ha dimostrato tossicità renale è stato Indinavir, un inibitore delle protesi in grado di determina-re la comparsa di nefrolitiasi, ematuria, cristalluria, necrosi pa-pillare, nefrite interstiziale, insufficienza renale acuta e cronica. Il meccanismo patogenetico alla base di tale fenomeno è lega-to alla cristallizzazione di indinavir a livello renale e vescicale (19). I fattori di rischio associati all’insorgenza di nefrolitiasi sono la presenza di un PH urinario > 6, elevate concentrazioni plasmatiche di indinavir, disidratazione, confezione con HBV e HCV, concomitante assunzione di ritonavir o di altri farmaci nefrotossici (20). La maggior parte delle complicanze renali da indinavir regrediscono dopo settimane dalla sospensione dello stesso, anche se sono stati descritti alcuni casi di effetti tossici irreversibili (19). La comparsa di nefrolitiasi e l’evoluzione verso l’insufficienza renale acuta sono state inoltre descritte con l’utilizzo di Saqui-navir, Ritonavir, Nelfinavir e Lopinavir/Rtv. Anche Atazanavir è in grado di indurre nefrolitiasi attraverso la sua precipitazione a

patients with advanced-stage HIV infection and in patients with metabolic adverse events and renal toxicity due to antiretroviral therapy. In a large cohort, 2.4-10% of patients developed chronic kidney disease which was correlated with older age, low CD4+ count and the presence of an AIDS de-fining illness. Whereas in patients of African-American race, the onset of chronic kidney disease was due to the gradual evolution of HIVAN, in Caucasian individuals, relevant fac-tors were exposure to nephrotoxic drugs such as indinavir and Tenofovir, as well as the presence of comorbidities (15,16,17). Furthermore, in African-American patients with mild renal impairment, the use of HAART has produced a significant improvement in that condition by about 20% af-ter two years of treatment (18). End-stage renal disease (ESRD) manifests as an evolution of chronic kidney disease with a faster rate of progression in patients of African-American race than in Caucasians (10). HIVAN is still the third leading cause of ESRD among African-American patients between the ages of 25-64 years, after diabetes and hypertension. Today, the survival of HIV-positive patients undergoing dialysis is comparable to that of seronegative patients. The increase in survival of patients with HIV infection and end-stage renal disease has made the option of organ transplant feasible, although the rate of acute rejection and drug interactions in the HIV setting is still high (11).

Antiretroviral therapy and renal toxicity

The kidney is a key organ for the excretion of drugs and their metabolites: some antiretroviral molecules have been shown to cause kidney damage through different pathoge-netic mechanisms. The first drug that showed renal toxicity historically was Indinavir, a protease inhibitor that can cause nephrolithi-asis, haematuria, crystalluria, renal papillary necrosis, interstitial nephritis, and acute and chronic renal failure. The pathogenetic mechanism underlying this phenomenon involves the crystallization of indinavir in the kidney and bladder (19). The risk factors associated with the onset of nephrolithiasis are the presence of a urinary pH > 6, el-evated plasma concentrations of indinavir, dehydration, coinfection with HBV and HCV, and concomitant use of ritonavir or other nephrotoxic drugs (20). The majority of indinavir-induced renal complications subside weeks after the drug is discontinued, although some cases of irrevers-ible toxic effects have been described (19). The onset of nephrolithiasis and the progression to acute renal failure have also been described with the use of Saquinavir, Ritonavir, Nelfinavir and Lopinavir/Rtv. Ata-zanavir may also induce nephrolithiasis due to its precipi-

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livello urinario, ma con un’incidenza inferiore rispetto a indina-vir. Alcuni casi reversibili di nefrite interstiziale con insufficien-za renale acuta sono stati associati all’utilizzo di atazanavir e atazanavir/rtv. Inibitori non nucleosidici della trascrittasi inversa (NNRTI), inibitori dell’integrasi (Raltegravir), inibitori di fusio-ne (Enfuvirtide), antagonisti del corecettore CCR5 (Maraviroc), mostrano invece un profilo sicuro di tollerabilità a livello renale, come dimostrato in vari trials clinici. Gli analoghi nucleosidici/nucleotidici della trascrittasi inversa (NRTI), in particolare Sta-vudina, Didanosina e zidovudina, sono in grado di determinare danno renale attraverso un meccanismo di tossicità mitocondria-le e iperlattacidemia asintomatica che può evolvere verso una severa acidosi lattica e insufficienza renale acuta. Abacavir può essere causa di nefrite interstiziale attraverso una reazione di ipersensibilità (21,22,23,24,25). Tra gli NRTI, la molecola da sempre maggiormente implicata nel danno renale è il Tenofovir che ha dimostrato di poter determina-re diverse forme di nefropatia: disfunzione del tubulo prossimale (sindrome di Fanconi), diabete insipido nefrogeno, disfunzione glomerulare, insufficienza renale acuta e cronica. Tuttavia l’inci-denza di nefrotossicità correlata al Tenofovir risulta molto bassa nei trial clinici e presenta una certa associazione con condizioni predisponenti la malattia renale come il diabete e l’ipertensione. L’eliminazione renale di Tenofovir prevede una fase di filtrazio-ne glomerulare e una fase tubulare di secrezione attiva (11). Il Tenofovir viene trasportato all’interno delle cellule epiteliali del tubulo contorto prossimale attraverso i trasportatori degli anioni organici (OAT-1 e OAT-3) presenti sulla membrana basolaterale, mentre l’eliminazione extracellulare risulta un processo attivo dipendente da MRP-2 e MRP-4, proteine di trasporto amnioti-che situate sulla membrana apicale delle stesse cellule del tubulo contorto prossimale. Secondo le teorie più accreditate, il mec-canismo di tossicità tubulare sembrerebbe dovuto all’accumu-lo intracellulare di Tenofovir dovuto sia ad un ridotto trasporto extracellulare mediato da MRP-2 che ad un aumentato ingresso intracellulare proporzionale alle più alte concentrazioni sieriche del farmaco. Rimane un dubbio ruolo della tossicità mitocondria-le esercitata da Tenofovir sulle cellule tubulari. Molto discusso è il ruolo degli inibitori delle protesi come cofattori nella pato-genesi del danno renale da Tenofovir attraverso l’inibizione del-la funzionalità dei trasportatori di membrana MRP-2 e MRP-4. Anche l’età avanzata, il basso peso e gli elevati livelli sierici di Tenofovir possono contribuire al manifestarsi di una disfun-zione tubulare in corso di trattamento con Tenofovir. L’utilizzo di Tenofovir è risultato associato alla sindrome di Fanconi, una tubulopatia caratterizzata da ipofosfatemia, proteinuria di grado lieve-moderato e glicosuria normoglicemica che potenzialmente può portare a disregolazione del metabolismo di calcio e fosforo, insufficienza renale acuta, osteomalacia e comparsa di fratture (26,27). Prima di iniziare la terapia con Tenofovir e nei pazienti che assumono regolarmente tale farmaco, è pertanto necessario

tation in the urine, but this has a lower incidence than for indinavir. Some reversible cases of interstitial nephritis with acute renal failure have been associated with the use of atazanavir and atazanavir/rtv. In contrast, non-nucleo-side reverse transcriptase inhibitors (NNRTI), integrase in-hibitors (Raltegravir), fusion inhibitors (Enfuvirtide), and CCR5 receptor antagonists (Maraviroc) exhibit good safe-ty profiles in terms of renal tolerability, as demonstrated in several clinical trials. Nucleoside/nucleotide analogue reverse transcriptase inhibitors (NRTIs), particularly Sta-vudine, Didanosine and zidovudine, can cause renal dam-age through a mechanism of mitochondrial toxicity and asymptomatic hyperlactatemia that may progress to severe lactic acidosis and acute renal failure. Abacavir can cause interstitial nephritis through a hypersensitivity reaction (21,22,23,24,25). Among NRTIs, the molecule which has always been most implicated in kidney damage is Tenofovir, which has been shown to be able to cause different forms of nephropathy: proximal tubular dysfunction (Fanconi syndrome), neph-rogenic diabetes insipidus, glomerular dysfunction, and acute and chronic renal failure. However, the incidence of Tenofovir-related nephrotoxicity is very low in clinical tri-als and is partly related to conditions which predispose to renal disease such as diabetes and hypertension. The renal elimination of Tenofovir involves a glomerular filtration phase and an active tubular secretion phase (11). Tenofovir is transported into the epithelial cells of the proximal con-voluted tubule via the organic anion transporters (OAT-1 and OAT-3) on the basolateral membrane, while its ex-tracellular elimination is an active process dependent on MRP-2 and MRP-4, amniotic transport proteins located on the apical membrane of the same cells of the proximal con-voluted tubule. According to the most accredited theories, the mechanism of tubular toxicity appears to be caused by intracellular accumulation of Tenofovir due to both reduced extracellular transport mediated by MRP-2 and increased intracellular entry in proportion to the higher serum con-centrations of the drug. There is still doubt about the role of Tenofovir-induced mitochondrial toxicity to tubular cells. The role of protease inhibitors as cofactors in the pathogen-esis of Tenofovir-induced renal damage through the inhibi-tion of the activity of membrane transporters MRP-2 and MRP-4 is widely discussed. Advanced age, low weight and high serum levels of Tenofovir may also contribute to the occurrence of tubular dysfunction during treatment with Tenofovir. The use of Tenofovir has proved to be associat-ed with Fanconi syndrome, a tubulopathy characterised by hypophosphatemia, proteinuria of mild to moderate entity and normoglycaemic glucosuria which can potentially lead to dysregulation of the metabolism of calcium and phos-

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FIGURA / FIGURE 1

Trasportatori a livello del tubulo renale e nuovi farmaci antiretrovirali. OAT: organic anion transporter; MRP: multidrug resistance protein; MATE: human multidrug and toxic extrusion;

OCT: organic cation transporter; PGP: P-glycoprotein; DTG: dolutegravir; COB: cobistatTransporters at the level of the renal tubule and new antiretroviral drugs. OAT: organic anion

transporter; MRP: multidrug resistance protein; MATE: human multidrug and toxic extrusion; OCT: organic cation transporter; PGP: P-glycoprotein; DTG: dolutegravir; COB: cobistat

un attento monitoraggio della funzionalità renale e dei markers di disfunzione tubulare, oltre che un’accurata valutazione dei fattori di rischio di danno renale, come l’età avanzata, il basso peso, l’ipertensione arteriosa, il diabete, un pregresso danno re-nale, la confezione con HCV, la contemporanea assunzione di farmaci nefrotossici e degli inibitori della protesi (1).

Nuovi farmaci antiretrovirali

L’introduzione dei nuovi farmaci antiretrovirali ha portato al-cune preoccupazioni sul monitoraggio della funzionalità renale dovute alla nota interazione che essi presentano con la secre-zione renale della creatinina [Figura 1]. Rilpivirina, inibitore non nucleosidico della trascrittasi inver-sa, ha un’alta capacità di legame proteico ed è escreta solo in minima parte dal rene. Agisce come inibitore del renal organic cationic transporter (OCT2), recettore presente sul versante basolaterale del tubulo renale prossimale diminuendo la se-crezione di creatinina a tale livello. In due ampi trial clinici è stato registrato un incremento della creatinina sierica di circa 0.1 mg/dl in pazienti che presentano normale funzione renale. Questo incremento, stabile nel tempo e non associato ad altri segni laboratoristici di danno renale, a sua volta influenzava la stima del GFR basata sulla creatinina (eGFRcreat). Il GFR stimato con formule basate sulla cistatina C sierica (eGFRcys) non mostra riduzioni in corso di trattamento con rilpivirina. Tuttavia è opportuna una certa prudenza nell’usare questa for-mula a causa di possibili variazioni nella secrezione di cistatina C, in relazione allo stato virologico del paziente.

phorus, acute renal failure, osteomalacia and occurrence of fractures (26,27). Therefore, before initiating therapy with Tenofovir and for patients taking this medication regularly, close monitoring of renal function and markers of tubular dysfunction is needed, as well as an accurate assessment of the risk factors for kidney damage, such as advanced age, low weight, hypertension, diabetes, previous kidney damage, co-infection with HCV, and concomitant use of nephrotoxic drugs and protease inhibitors (1).

New antiretroviral drugs

The introduction of new antiretroviral drugs has led to some concerns regarding renal function monitoring due to the known interactions which they have with the renal se-cretion of creatinine [Figure 1]. Rilpivirine, a non-nucleoside reverse transcriptase inhibi-tor, has a high protein-binding capacity and is only mini-mally excreted by the kidney. It acts as an inhibitor of the renal organic cationic transporter (OCT2) receptor on the basolateral side of the proximal renal tubule, decreasing the secretion of creatinine at that level. In two large clini-cal trials, an increase in serum creatinine of about 0.1 mg/dl was recorded in patients with normal renal function. This increase, stable over time and not associated with oth-er laboratory signs of renal damage, in turn influenced the creatinine-based estimated GFR (eGFRcreat). The cysta-tin C serum-based GFR estimates (eGFRcys) showed no reductions during rilpivirine treatment. However, caution

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Dolutegravir è un nuovo inibitore dell’integrasi metabo-lizzato dall’UGT1A1 epatico e dal CYP3A, sebbene con un ruolo minore di quest’ultimo. L’eliminazione renale di dolutegravir immodificato è <1%. Pertanto anche in condi-zioni di grave insufficienza renale (CrCl <30 ml/min) non è necessario effettuare modifiche nel dosaggio di dolutegra-vir. In uno studio comparativo con Raltegravir (SPRING), è emerso un modico incremento di creatininemia nel braccio dolutegravir. Anche in questo caso si trattava di un incre-mento lieve e non progressivo, nel range di 0.1 – 0.15 mg/dL, senza effetti sul reale filtrato glomerulare (a-GFR), mi-surato con la clearance dello iohexolo. Anche in questo caso, i dati clinici e in vitro sono coerenti con un’inibizione di OCT2. Cobicistat è un nuovo enhancer farmacocinetico, metaboliz-zato dal CYP3A, che non ha alcuna proprietà antiretrovirale di per sé e che non richiede aggiustamenti posologici in caso di insufficienza renale. Precedenti studi hanno dimostrato che cobicistat è un potente inibitore di MATE1 (Human Multidrug and Toxic Extrusion 1), recettore presente a livel-lo del polo apicale della cellula tubulare renale, ed è respon-sabile dell’efflusso della creatinina dalle cellule tubulari. Di conseguenza, cobicistat inibisce la quota di secrezione tubulare di creatinina causando un lieve (< 10%) incremento della creatinina sierica, con conseguente riduzione dell’eG-FRcreat senza altre evidenze di danno renale. Queste alte-razioni laboratoristiche sono prontamente reversibili dopo sospensione del farmaco. Dati recenti hanno evidenziato un incremento dell’ AUC e della Cmax di Tenofovir di circa il 25-30% se cosomministrato con Cobicistat, verosimilmente correlato con un’inibizione del trasporto di Tenofovir media-to dalla glicoproteina p a livello intestinale. La più elevata esposizione a Tenofovir, potrebbe quindi innescare un danno renale progressivo in caso di condizioni predisponenti. E’ pertanto consigliato di evitare la contemporanea assunzione di Cobicistat e Tenofovir nella coformulazione con Emtrici-tabina ed Elvitegravir nei pazienti con una clearance della creatina minore di 70 ml/min/1.73 m2. Tenofovir alafenamide fumarato (TAF) è un inibitore nu-cleosidico della trascrittasi inversa e un nuovo profarmaco di Tenofovir, che utilizzato a dosaggi complessivi inferiori, ha dimostrato la proprietà di ridurre al minimo le concen-trazioni plasmatiche di Tenofovir (TFV) aumentando nello stesso tempo l’esposizione farmacocinetica del metabolita attivo fosforilato all’interno delle cellule bersaglio. In con-siderazione del riscontro della non-inferiorità sperimentale e del migliore profilo di tossicità renale e ossea rispetto a Tenofovir disoproxil fumarato (TDF), l’introduzione di TAF va senz’altro nella direzione di un alleggerimento del peso attribuibile alla terapia antiretrovirale in termini di po-tenziali effetti collaterali (28,29).

should be exercised in using this formula because of pos-sible changes in the secretion of cystatin C, in relation to the virologic status of the patient. Dolutegravir is a new integrase inhibitor metabolized by liver UGT1A1 and CYP3A, albeit with a minor role of the latter. The renal elimination of unchanged Dolutegravir is < 1%. Therefore, even in conditions of severe renal insuf-ficiency (CrCl < 30 ml/min), it is not necessary to make changes to the dolutegravir dose. A study comparing Ralte-gravir (SPRING) found a modest increase in creatinine in the dolutegravir arm. In this case, too, it was a slight in-crease and not progressive, in the range of 0.1 - 0.15mg/dl, with no effects on the actual glomerular filtration rate (a-GFR), measured using the iohexol clearance. In this case too, the clinical and in vitro data was consistent with OCT2 inhibition. Cobicistat is a new pharmacokinetic enhancer, metabolized by CYP3A, which has no antiretroviral properties per se and does not require dose adjustments in the event of renal failure. Previous studies have shown that cobicistat is a potent inhibitor of MATE1 (Human Multidrug and Toxic Extrusion 1), a receptor at the apical pole of the renal tu-bular cell which is responsible for the efflux of creatinine by the tubular cells. Consequently, cobicistat inhibits the portion of tubular secretion of creatinine, causing a slight (< 10%) increase in serum creatinine with consequent re-duction in the eGFRcreat and no other evidence of kidney damage. These laboratory abnormalities are readily revers-ible on discontinuation of the drug. Recent data has shown an increase in the AUC and Cmax of Tenofovir of about 25-30% when coadministered with Cobicistat, probably cor-related with inhibition of glycoprotein p-mediated trans-port of Tenofovir in the gut. The higher level of exposure to Tenofovir could thus trigger progressive renal damage in the presence of predisposing conditions. It is therefore recommended that concomitant consumption of Cobicistat and Tenofovir in co-formulations with Emtricitabine and Elvitegravir be avoided in patients with creatinine clear-ance less than 70 ml/min/1.73 m2. Tenofovir alafenamide fumarate (TAF) is a nucleoside re-verse transcriptase and a new prodrug of Tenofovir which, when used at lower total dosages, showed the potential to reduce the plasma concentrations of Tenofovir (TFV) to a minimum while at the same time increasing the pharma-cokinetic exposure of the active phosphorylated metabolite inside the target cells. Given the finding of non-inferiority in trials and the superior renal and bone toxicity profile compared with Tenofovir disoproxil fumarate (TDF), the introduction of TAF is certain to lead to a reduction in the contribution attributable to antiretroviral therapy in terms of potential side effects (28,29).

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Monitoraggio clinico della funzionalità renale nel paziente HIV positivo

Al fine di prevenire il danno renale, è di fondamentale im-portanza per il clinico individuare nel paziente HIV posi-tivo i potenziali fattori di rischio predittivi di disfunzio-ne d’organo come la presenza di ipertensione arteriosa, il diabete, l’età avanzata, l’etnia africana, un ridotto BMI, una bassa conta di CD4+, un’elevata replicazione virale, la coinfezione con HCV, la familiarità per nefropatia, una pregressa infezione opportunistica. E’ altresì essenziale ef-fettuare e monitorare nel tempo la funzionalità renale at-traverso due valutazioni che andrebbero introdotte di rou-tine nella pratica clinica: la stima del filtrato glomerulare e la determinazione della proteinuria. La valutazione della funzione glomerulare non può essere fatta con la sola de-terminazione della creatinina sierica, poiché essa dipende da vari fattori extra-renali. E’ quindi opportuno utilizzare algoritmi di predizioni che calcolino il filtrato consideran-do il livello di creatina sierica, l’età, il sesso, l’etnia e le misure antropometriche. La formula di Cockcroft e Gault tende a sovrastimare il filtrato glomerulare e pertanto non è raccomandata nel paziente HIV positivo. Le linee guida suggeriscono di utilizzare l’equazione MDRD (Modification of Diet in Renal Disease) o la CKD-EPI (Chronic Kidney Disease Epidemiology Collaboration). Inoltre, un algorit-mo HIV specifico di predizione del rischio di sviluppare malattia renale cronica a cinque anni, è stato validati nella coorte D:A:D (30). La raccolta delle urine delle 24 ore, per quanto indaginosa, è più accurata e da preferire all’utilizzo delle formule. La presenza di albumina nelle urine è un in-dice di danno glomerulare. Il rapporto albumina/creatinina svela pertanto una patologia del glomerulo. Perdite di al-bumina anche di piccole quantità (30-300 mg/24 ore), nel range che definisce la microalbuminuria, sono indicative di un aumentato rischio cardiovascolare. Un altro marker di funzionalità glomerulare è la cistatina che viene filtrata dal glomerulo e quindi riassorbita dalle cellule tubulari renali. Tuttavia tale marker, essendo influenzato da una serie di fattori quali l’età, la razza, il sesso e lo stato infiammato-rio del paziente, non è considerato il marcatore ideale nella valutazione della funzionalità glomerulare nel setting HIV. Oltre alla valutazione del filtrato glomerulare, la funzione tubulare dovrebbe essere attentamente monitorata con test di screening semplici quali la proteinuria all’esame delle urine. Una proteinuria patologica al test di screening, aven-do un alto valore predittivo negativo, ma un basso positivo, andrebbe confermata con lo studio della proteinuria quantitativa su urine spot del mattino (proteinuria totale/creatinuria=PCR e albuminuria/creatinuria=ACR). Il rapporto tra ACR e PCR può discriminare tra una proteinuria glomerulare e tubulare. Un rap-

Clinical monitoring of renal function in HIV-positive patients

In order to prevent kidney damage, it is of fundamental importance for the clinician to identify in the HIV-positive patient the potential risk factors predictive of organ dysfunc-tion such as the presence of high blood pressure, diabetes, advanced age, African ethnicity, low BMI, low CD4+ count, high levels of viral replication, co-infection with HCV, a family history of kidney disease, and previous opportunis-tic infection. It is also essential to carry out and monitor kidney function over time through two assessments which should be introduced routinely in clinical practice: the esti-mated glomerular filtration rate and calculation of proteinu-ria. Glomerular function assessment cannot be done solely by serum creatinine measurement as it depends on various extra-renal factors. It is therefore best to use predictive algo-rithms which calculate the glomerular filtration rate by con-sidering the level of serum creatinine, age, gender, ethnicity, and anthropometric measurements. The Cockcroft and Gault formula tends to overestimate the glomerular filtration rate and is therefore not recommended for patients with HIV in-fection. The guidelines suggest using theMDRD (Modifica-tion of Diet in Renal Disease) or CKD-EPI (Chronic Kidney Disease Epidemiology Collaboration) equations. In addi-tion, an HIV-specific algorithm for predicting the risk of developing chronic kidney disease in the next five years has been validated in the D:A:D cohort (30). The collection of 24-hour urine, albeit complicated, is more accurate and pref-erable to the use of formulas. The presence of albumin in the urine is a sign of glomerular injury. The albumin/creatinine ratio thus reveals glomerular pathology. Albumin losses of even small quantities (30-300 mg/24 hours), in the range defining microalbuminuria, are indicative of increased car-diovascular risk. Another marker of glomerular function is cystatin which is filtered by the glomerulus and then reab-sorbed by the renal tubular cells. However, since this marker is affected by a number of factors such as age, race, sex and the patient’s inflammatory status, it is not considered ideal for evaluating glomerular function in the HIV setting. Be-sides the assessment of the glomerular filtration rate, tubular function should be closely monitored using simple screening tests such as urine protein testing. Detection of proteinuria on screening, which has a high negative predictive value but a low positive one, should be confirmed via a quantita-tive proteinuria test on a morning urine spot sample (total proteinuria/creatinuria = PCR and albuminuria/creatinuria = ACR). The ACR to PCR ratio can be used to discriminate between glomerular and tubular proteinuria. A ratio of > 0.4 suggests glomerular proteinuria, while a ratio of < 0.4 ratio suggests tubular proteinuria. Tubular proteinuria may also

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porto > 0.4 è indicativo di proteinuria glomerulare, mentre un rapporto < 0.4 indica una proteinuria tubolare. La proteinuria tubulare può essere altresì individuata attraverso il dosaggio uri-nario del retinol binding protein, della beta2-microglobulina e della neutrophil gelatinase-associated lipocalin (NGAL), tutta-via di non pronta disponibilità in tutti i laboratori. Una disfunzione tubulare può essere sospettata in presenza di ipofosfatemia, iperfosfaturia di un’aumentata escrezione frazio-nale di acido urico. Una glicosuria normoglicemica è un segno avanzato di disfunzione tubulare. Gli effetti sui parametri renali dei nuovi farmaci antiretrovirali possono essere considerati un “reset” della filtrazione glomeru-lare stimata sul calcolo della creatinina (eGFRcreat). Tuttavia i clinici dovranno monitorare attentamente la funzione renale al fine di identificare prontamente alterazioni suggestive di una vera alterazione. L’introduzione di questi nuovi farmaci richie-derà pertanto l’utilizzo di parametri di disfunzione renale sem-plici e affidabili che esplorino sia la filtrazione glomerulare che il danno tubulare. Data l’interferenza di questi farmaci con la secrezione tubulare della creatinina, una metodica alternativa di stima del GFR sarebbe desiderabile, sebbene al momento non sia disponibile. L’eGFR stimato con formule affidabili come il CKD-EPIcreat è ancora raccomandato anche nei pazienti trattati con questi farmaci, pur considerando che regimi includenti rilpi-virina, dolutegravir o cobicistat produrranno un’apparente ridu-zione dell’eGFRcreat che, in condizioni normali non dovrebbe eccedere il 25% rispetto al livello basale. Una riduzione maggio-re dell’eGFRcreat dovrà essere, quindi, valutata con attenzione perché potrebbe rappresentare il segno di una reale alterazione della funzione renale.Secondo Linee Guida Italiane, i pazienti HIV positivi in tratta-mento con farmaci potenzialmente nefrotossici come il Tenofo-vir, in particolare se in associazione con i nuovi farmaci antire-trovirali andranno monitorati mensilmente per i primi tre mesi e, successivamente, ogni quattro mesi. Un calo dell’eGFRcreat maggiore del 25% o l’insorgenza de novo di segni di disfunzio-ne tubulare necessiteranno di una valutazione nefrologica. Per i pazienti che ricevono rilpivirina invece non è necessario un mo-nitoraggio specifico. La possibilità di sostituire il Tenofovir può essere presa in considerazione in caso di ipofosfatemia senza altre apparenti concause, progressivo declino della eGFR fino a valori <60 ml/min e in caso di confermata tubulopatia prossima-le o sindrome di Fanconi (1,28,30).

Conclusioni

L’introduzione della HAART ha indotto lo specialista infettivo-logo che si occupa di infezione da HIV, a spostare l’attenzione dal controllo immunovirologico, alla individuazione e al moni-toraggio delle comorbidità. L’invecchiamento progressivo della popolazione HIV positiva, l’azione diretta del virus non control-

be detected through the dosage of urinary retinol binding protein, beta2-microglobulin and neutrophil gelatinase-as-sociated lipocalin (NGAL) which are, however, not readily available in all laboratories. Tubular dysfunction may be suspected in the presence of hy-pophosphatemia, hyperphosphaturia of increased fractional excretion of uric acid. Normoglycaemic glycosuria is an ad-vanced sign of tubular dysfunction. The effects of new antiretroviral drugs on renal parameters can be considered a “reset” of the creatinine-based estimated glomerular filtration rate (eGFRcreat). However, clinicians should monitor kidney function carefully in order to prompt-ly identify abnormalities suggestive of a true alteration. The introduction of these new drugs will therefore require the use of simple and reliable renal dysfunction parameters that examine both glomerular filtration and tubular damage. Due to the interference of these drugs with the tubular secretion of creatinine, an alternative method to estimate the glomeru-lar filtration rate would be desirable, although one is not currently available. The eGFR estimated using reliable formulas such as the CKD-EPIcreat is still recommended also for patients treated with these drugs, even considering that regimes including rilpivirine, dolutegravir or cobicistat will produce an apparent reduction in the eGFRcreat which, under normal conditions should not exceed 25% compared to the baseline level. A greater reduction in the eGFRcreat must therefore be considered carefully because it could be a sign of a true change in renal function.According to Italian guidelines, HIV-positive patients being treated with potentially nephrotoxic drugs such as Tenofo-vir, particularly when combined with the new antiretrovi-ral drugs, should be monitored monthly for the first three months and then every four months. A decline in eGFRcreat greater than 25% or de novo onset of signs of tubular dys-function require a nephrology evaluation. However, for pa-tients receiving rilpivirine, no specific monitoring is needed. The option of replacing Tenofovir may be considered in the event of hypophosphatemia without other apparent causes, progressive decline in eGFR values to < 60 ml/min and in the case of confirmed proximal tubulopathy or Fanconi syn-drome (1,28,30).

Conclusions

The introduction of HAART has led infectious disease specialists who deal with HIV infection, to shift their fo-cus from immunovirologic control, to the detection and monitoring of comorbidities. The progressive aging of the HIV-positive population, the direct action of the virus un-controlled by therapy, and the use of potentially nephrotoxic drugs and new antiretroviral ones, have resulted in an in-

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lato dalla terapia, l’utilizzo di farmaci potenzialmente nefrotos-sici e dei nuovi antirterovirali, ha determinato un aumento della frequenza e una modifica delle complicanze renali nei pazienti HIV positivi. La malattia renale costituisce in era HAART una delle più frequenti cause di mortalità e morbidità per compli-canze non correlate all’HIV. In considerazione dell’aumentato rischio di malattia renale nel setting HIV, è necessario effettuare un precoce e attento screening individuando e trattando specifi-ci fattori di rischio come l’ipertensione e il diabete, oltre che il monitoraggio di parametri laboratoristici come la creatina sierica e le proteine urinarie. L’utilizzo di farmaci potenzialmente nefro-tossici e dei nuovi farmaci antiretrovirali, rappresenta ulteriore motivo di attento controllo della funzionalità renale poiché con-sente quando necessario un’opportuna modifica della molecola o del dosaggio del farmaco utilizzato. Secondo le linee guida italiane tutti i pazienti HIV positivi andrebbero valutati per ma-lattia renale almeno una volta all’anno e se necessario indirizzati allo specialista nefrologo.

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