luni m.- pisarum riscoperta tra 800 e 900

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341 E la Storia di Pesaro giunge a compimento nella sua globali- tà dopo circa trenta anni dal primo volume, Pesaro nell’an- tichità (1984), voluto dal compianto Scevola Mariotti nell’ambito della progettata collana Historica Pisaurensia, che ora trova compiuta definizione a cura di benemeriti re- dattori e sostenitori. L’ambizioso progetto ha preso avvio sull’onda dell’entusiasmo suscitato dalla scoperta da parte dello scrivente di resti dell’abitato preromano nel 1977 nel centro storico della città, con il ritrovamento di significati- vi materiali piceni, greci e altri di importazione per mare, di fine vi-iv secolo a.C. Il contributo di vari collaboratori e l’incontro fortunato a Pesaro con lo storico Lorenzo Brac- cesi, con amministratori illuminati della locale Cassa di Ri- sparmio e del Comune hanno consentito la pubblicazione della significativa opera storico-archeologica. La ricerca è stata effettuata nell’ambito degli studi in atto dall’Istituto di Archeologia dell’Università di Urbino sul- le antichità di Pisaurum, da allora proseguiti e poi editi in una serie di saggi nella stessa collana: nel i volume di Historica Pisaurensia, (1984; 1995 2 ), nel ii (1989), nel iii, 2 (2001), nel iv, 2 (2009), nella presente opera e in altri scritti citati più avanti 1 . Ed ecco quest’ultimo contributo nel volume finale della collana, che si sviluppa in senso diacronico, fino a giun- gere ora a fare il punto delle conoscenze su Pesaro tra Ottocento, Novecento e nostri giorni. Facendo seguito al mio saggio precedente, del 2009, va osservato che l’eredi- tà che Annibale Olivieri e Giambattista Passeri ci hanno lasciato nel Settecento ha determinato uno sviluppo am- pio degli studi successivi sia in relazione alla città che al territorio, su molteplici temi 2 . Ritrovamenti archeologici significativi negli ultimi due secoli hanno inoltre fatto al- zare il tono del dibattito scientifico su alcune tematiche, che ha superato talvolta l’ambito provinciale e naziona- le. Mi riferisco in particolare alle straordinarie scoperte dei sepolcreti di Novilara, che si sono aggiunte a quel- le dell’Olivieri sul lucus Pisaurensis e che gettano nuova luce sulla storia in età preromana dell’area pesarese. Altri rinvenimenti di materiali romani si sono susseguiti nume- rosi tra Ottocento e Novecento, tali da ampliare il quadro delle conoscenze anche in ambito storico-epigrafico, sul- la statuaria, sull’instrumentum domesticum, su mosaici, in particolare quelli paleocristiani sotto il Duomo di Pesa- ro, sulla forma urbis e sulla viabilità antica. Un capitolo a parte è costituito dal collezionismo archeologico e dalla strutturazione sempre più articolata e funzionale del Mu- seo Oliveriano, attraverso due secoli di nuove acquisizio- ni, di spostamenti e di interventi migliorativi vari. Mario Luni Pisarum riscoperta tra Ottocento e Novecento: antichità, collezionismo, monumenti

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Analisi degli studi svolti tra XIX e XX secolo sull'antica città romana di Pesaro.

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    E la Storia di Pesaro giunge a compimento nella sua globali-t dopo circa trenta anni dal primo volume, Pesaro nellan-tichit (1984), voluto dal compianto Scevola Mariotti nellambito della progettata collana Historica Pisaurensia, che ora trova compiuta definizione a cura di benemeriti re-dattori e sostenitori. Lambizioso progetto ha preso avvio sullonda dellentusiasmo suscitato dalla scoperta da parte dello scrivente di resti dellabitato preromano nel 1977 nel centro storico della citt, con il ritrovamento di significati-vi materiali piceni, greci e altri di importazione per mare, di fine vi-iv secolo a.C. Il contributo di vari collaboratori e lincontro fortunato a Pesaro con lo storico Lorenzo Brac-cesi, con amministratori illuminati della locale Cassa di Ri-sparmio e del Comune hanno consentito la pubblicazione della significativa opera storico-archeologica.La ricerca stata effettuata nellambito degli studi in atto dallIstituto di Archeologia dellUniversit di Urbino sul-le antichit di Pisaurum, da allora proseguiti e poi editi in una serie di saggi nella stessa collana: nel i volume di Historica Pisaurensia, (1984; 19952), nel ii (1989), nel iii, 2 (2001), nel iv, 2 (2009), nella presente opera e in altri scritti citati pi avanti1.Ed ecco questultimo contributo nel volume finale della collana, che si sviluppa in senso diacronico, fino a giun-gere ora a fare il punto delle conoscenze su Pesaro tra Ottocento, Novecento e nostri giorni. Facendo seguito al mio saggio precedente, del 2009, va osservato che leredi-t che Annibale Olivieri e Giambattista Passeri ci hanno lasciato nel Settecento ha determinato uno sviluppo am-pio degli studi successivi sia in relazione alla citt che al territorio, su molteplici temi2. Ritrovamenti archeologici significativi negli ultimi due secoli hanno inoltre fatto al-zare il tono del dibattito scientifico su alcune tematiche, che ha superato talvolta lambito provinciale e naziona-le. Mi riferisco in particolare alle straordinarie scoperte dei sepolcreti di Novilara, che si sono aggiunte a quel-le dellOlivieri sul lucus Pisaurensis e che gettano nuova luce sulla storia in et preromana dellarea pesarese. Altri rinvenimenti di materiali romani si sono susseguiti nume-rosi tra Ottocento e Novecento, tali da ampliare il quadro delle conoscenze anche in ambito storico-epigrafico, sul-la statuaria, sullinstrumentum domesticum, su mosaici, in particolare quelli paleocristiani sotto il Duomo di Pesa-ro, sulla forma urbis e sulla viabilit antica. Un capitolo a parte costituito dal collezionismo archeologico e dalla strutturazione sempre pi articolata e funzionale del Mu-seo Oliveriano, attraverso due secoli di nuove acquisizio-ni, di spostamenti e di interventi migliorativi vari.

    Mario Luni

    Pisarum riscoperta tra Ottocento e Novecento:

    antichit, collezionismo, monumenti

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    mario luni antichit, collezionismo, monumenti

    novilara: sepolcreti e iscrizioni

    Questo piccolo centro abitato a sette chilometri a sud di Pesaro, distante in linea daria appena tre chilometri dal-la costa, noto per alcune stele figurate e iscritte rinve-nute nel territorio circostante e per una necropoli dellet del Ferro, scavata negli anni 1892-1893 da E. Brizio e successivamente, nel 1913, da I. DallOsso3.Gi nel 1860 era stata rinvenuta presso San Nicola in Val-manente, una collina a met strada tra Novilara e Pesaro, una stele anepigrafe con la raffigurazione di un combat-timento navale, oggi conservata al Museo Oliveriano di Pesaro4 (fig. 1); successivamente (1865) a Novilara in

    localit Tomba, denominazione del fondo poi detto Molaroni dal nome dellusufruttuario, si rinvenne unal-tra stele, con incisioni meandriformi su entrambi i lati, anchessa ora al Museo Oliveriano5. La stele pi nota e significativa venne recuperata in circostanze poco chia-re circa tre anni prima dellinizio degli scavi governativi; venne tenuta nascosta e solo nel 1892, dopo lannuncio del rinvenimento di una stele frammentaria iscritta nel sepolcreto Servici, fu mostrata a Brizio, che riusc ad ac-quistarla e che la port a Roma dove ancora oggi si con-serva, nel Museo Pigorini6.Ancora al Museo Pigorini si trova unaltra stele anepigra-fe, figurata, con scene di combattimento e di oltretomba7.

    Nel Museo Nazionale di Ancona, oltre alla gi menzio-nata stele iscritta, con la raffigurazione di un cavaliere, si trova una lastra recuperata nella facciata di una casa co-lonica presso Novilara, con motivi decorativi comuni al complesso delle stele e con un tratto di asticella di bronzo infissa su di un lato, interpretata come orologio solare8.Con la prima trincea scavata da Brizio nel 1892 lungo le pendici della collina di Novilara, nel fondo Molaro-ni, si trovarono tracce di un abitato, di cui resta solo la descrizione dei fondi concavi delle capanne; la seconda trincea mise allo scoperto lo spazio libero tra labitato e la necropoli, individuata poi a partire dalla terza trincea. Pi di recente, sebbene non esistano indizi in merito, stata avanzata lipotesi che labitato coevo alla necropoli si trovi sulla sommit dellaltura, mentre i fondi di capan-ne lungo il pendio darebbero testimonianze di un inse-diamento anteriore al sepolcreto stesso, databile allet del Bronzo Finale9.Nella necropoli sono state identificate 142 tombe nel se-polcreto Molaroni e 151 nel contiguo fondo Servici: com-plessivamente 293 tombe che, secondo una ricostruzione della topografia del sito, risulterebbero essere solo una parte di una necropoli pi vasta comprendente 1.500-1.200 tombe. Le sepolture, tranne due cremati, erano a inumazione rannicchiata o distesa in fosse terragne. Al-cune tombe del sepolcreto Servici erano sormontate da cippi e stele: i cippi, tutti anepigrafi, di forma trapezoida-le, erano posti in numero di uno, due o quattro agli an-goli della fossa. Vi erano anche frammenti di grandi stele decorate: la tomba 42 Servici era sormontata dalla parte inferiore di una stele decorata a spirali correnti, oggi al Museo Oliveriano di Pesaro, mentre nellarea circostante si raccolsero tra il terriccio un altro frammento di stele con ornati geometrici e spiraliformi e langolo superiore di stele iscritta (nel Museo Oliveriano), di forma tondeg-giante e con cornici a zig zag e a spirali.I corredi degli scavi Brizio si conservano nella quasi to-talit nello stesso Museo, tranne quelli delle tombe 92 e 2 del sepolcreto Servici, che vennero assegnati rispettiva-mente al Museo Pigorini di Roma e al Museo Nazionale di Ancona, dove si trovano anche i reperti di successivi scavi di DallOsso.Larcheologo Gamurrini, che aveva rimesso in luce al-cune fosse, le ritenne pertinenti a una civilt analoga a quelle di Volterra e Tarquinia, mentre Brizio colleg la necropoli scavata a Novilara con le altre necropoli picene allora note e le rifer a popolazioni indigene probabil-mente di stirpe ligure.

    La datazione proposta per i corredi andava dallviii se-colo a.C. per le tombe pi antiche, nel fondo Molaroni, agli inizi del v secolo a.C. per le sepolture pi recenti nel fondo Servici. La stratificazione delle sepolture appare comunque piuttosto complessa e lo stacco cronologico tra le due necropoli non netto. Lollini restringe i limiti cronologici fissati da Brizio, distinguendo corredi attri-buibili al Piceno ii (viii secolo a.C.) e corredi del Piceno iii (vii secolo a.C.) e riferendo pi di recente alcune se-polture, come la tomba 45 Servici, agli inizi del Piceno iv a (590-525 a.C.)10. Da ultimo Beinhauer applicando allo studio dei corredi un metodo statistico combinatorio delinea una dettagliata cronologia relativa che, sebbene condivisa nelle linee generali, apparsa per taluni aspetti discutibile. Proponendo inoltre una ricostruzione demo-grafica complessiva, lo studioso sottolinea la differenza tra i due settori Molaroni e Servici, arrivando ad attri-buirli a genti diverse da un punto di vista antropologico.Nellviii secolo a.C. i corredi di Novilara testimoniano una vivace attivit metallurgica con prodotti di bronzo fuso analoghi a quelli del resto del Piceno o con alcune peculiarit locali11. Lincensiere della tomba 30 Servici, di produzione vetuloniese, sembra pervenuto attraverso la mediazione di Bologna.Nel vii secolo a.C., allepoca delle ricche necropoli orien-talizzanti della zona subappenninica del Piceno centrale, anche i corredi di Novilara appaiono pi ricchi di tipo-logie vascolari e di manufatti metallici. Ipotizzabile come picena la produzione della cista a cordoni, a corpo ci-lindrico, con decorazioni a borchiette a sbalzo, che, dato lalto numero di esemplari rinvenuti, prende il nome di Novilara12. Varie suppellettili testimoniano contatti consistenti con laltra sponda dellAdriatico13 e con lIta-lia meridionale e settentrionale14.Particolarmente significativi sono quattro vasi dipinti, riferiti al sub-geometrico daunio o ad altra produzio-ne apula, con datazioni che oscillano tra ix e vi secolo a.C.15. Va rilevato che le ceramiche daunie sono attestate in centri costieri (Ancona, Numana, Pesaro), paracostieri (Montedoro), fino alle localit dellinterno (Belmonte Pi-ceno, Fabriano, Moscano di Fabriano), dove sono giunte risalendo la via segnata dalle vallate fluviali; si anche supposto che tramite queste direttrici, attraverso i valichi appenninici, siano arrivati in Etruria i vasi dauni ritrovati a Chiusi e, nel Piceno, materiali e suppellettili etrusche.Alcune statuette egittizzanti, oggetti esotici del Medi-terraneo orientale, denunciano contatti sporadici e for-se mediati con lOriente evidenziati di recente anche

    1. Stele figurata da Novilara, del 600 a.C. circa. Pesaro, Museo Oliveriano

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    per altre aree del Piceno , che trovano riscontro nella diffusione di ceramiche greco-orientali lungo la costa dellAdriatico e nella presenza di fibule di vii secolo a.C., tipiche dellarea medio-adriatica, in santuari della Grecia e nelle isole dellEgeo16. Allepoca della prima colonizza-zione greca in occidente lungo lAdriatico imbarcazioni picene, liburniche, daunie e forse anche navi greche do-vevano risalire la costa e permettere il collegamento tra luna e laltra sponda.Si pu notare che nel repertorio figurativo delle stele di Novilara ricorrente il richiamo alle navi; per la ricchez-za dei dettagli con cui esse sono descritte sembra che la raffigurazione sia dettata dalla diretta esperienza della pratica di navigazione, piuttosto che dallimmaginazione. Come tipologia esse sono riconducibili a navi etrusco-italiche, con scafo curvilineo, a fondo piatto, e sperone a prua con testa di animale. stata notata la vicinanza di queste raffigurazioni a quelle presenti sulle stele istriane, mentre talvolta si sottolinea il nesso tra le navi di Novi-lara e quelle raffigurate negli schinieri di Glasinac, nei Balcani. Esse sono state paragonate inoltre con raffigura-zioni analoghe su stele daunie; si tratterebbe dunque di un tipo adriatico in senso lato di imbarcazione comune a pi genti sullo stesso mare.Anche per gli ornati geometrici e a spirale delle stele novilaresi sono stati sottolineati riscontri istriani e danu-biano-balcanici; pi in generale negli stilemi delle celebri stele di Novilara si palesano motivi di una koin cultura-le adriatica riconducibili a precoci influssi transmarini17. Lo stesso alfabeto non sembra una produzione locale ma una importazione greco-calcidese derivata dallEtruria padana tramite la mediazione di Verrucchio o, data la lo-cale consuetudine marinara, da contatti pi ampi, diretti o mediati, con i mercanti-navigatori greco-orientali.Lo stesso colle di Novilara ubicato in posizione ben visibile dal mare, mentre alla foce del Fosso Seiore, mo-desto corso dacqua che scende dalle alture della stessa Novilara, cera uninsenatura naturale che doveva essere ben pi vasta circa 2500 anni fa; qui esistevano infatti condizioni favorevoli per la presenza di uno scalo-rifugio, un approdo che ancora documentato in alcune carte nautiche e portolani del 1400-1500. Nei dintorni, lungo la valletta che collega la piccola insenatura allaltura di Novilara, sono state inoltre individuate testimonianze ar-cheologiche coeve a quelle della vasta necropoli (Osteria del Fosso)18.Alcuni studiosi, prescindendo dalla necropoli, hanno da-tato le stele nel loro complesso al vi-v secolo a.C., con-

    frontandole ad esempio con quelle daunie e con le stele bolognesi; per quella figurata e iscritta del Museo Pigo-rini stata proposta una datazione che scende fino al v e al iv secolo a.C.19. Altri, soprattutto sulla base del nesso con i sepolcreti, le fanno risalire al vii-vi secolo a.C. La datazione alta delle stele sostenuta perch si fa notare, la fine della necropoli non pu essere posta oltre linizio del vi secolo a.C.20.Lesaurirsi dellutilizzo del sepolcreto stesso non pu co-munque fornire un rigido terminus ante quem per le stele, se si considera che un solo frammento con alcune lettere viene dallarea della necropoli e una sola stele, unicamen-te con ornati, stata trovata ancora in connessione con la tomba 42 Servici. Le stele, pur legandosi al complesso attestato nel sepolcreto Servici, possono essere frutto di una tradizione che si prolunga nel tempo, fino a recepire nelle fasi pi recenti nuovi influssi. Lipotesi, che trova riscontro nellanalisi paleografica delle iscrizioni, non in contrasto con il dato archeologico e topografico, sia per il recente abbassamento della cronologia di alcune tom-be, sia perch, allepoca in cui la necropoli di Novilara sembra non essere pi utilizzata, il territorio circostante restituisce evidenti tracce di una diffusa frequentazione protostorica.

    pesaro in et preromana

    In seguito allo scavo condotto dallo scrivente nel 1977 nel centro storico di Pesaro, sul limite nord-occidentale delle mura romane, si potuto accertare che la zona su cui sorse nel 184 a.C. Pisaurum era stata almeno in parte occupata circa tre secoli prima da un abitato piceno (fig. 2), per altro gi ipotizzato da Olivieri. Sono stati messi in luce i resti di almeno due abitazioni con le fondazioni e primo spiccato in muratura a secco. Le pareti in origine erano costituite da una intelaiatura in pali di legno e frasche ricoperta da argilla, mentre il tetto era formato da tegoloni e coppi (fig. 3). Si tratta di un raro esempio di abitazione dellet del Ferro finale, che trova alcuni confronti in strutture coeve rinvenute in scavi sia nelle Marche che nella vicina Roma-gna. Oltre a ceramica locale classificabile nellambito del Piceno iv b e v (fine vi-inizi iv secolo a.C.), sono stati rinve-nuti numerosi frammenti di ceramica attica, in gran parte a vernice nera. I rimanenti sono a figure nere e in alcuni casi a figure rosse, riferibili in genere a kylikes, oltre che a skyphoi e lekythoi. Risulta trattarsi di resti di un centro indigeno di foce avamposto costiero dellabitato piceno

    daltura di Novilara ubicato sul tratto terminale del Pi-saurus, allora frequentato come porto-canale da navigan-ti greci lungo la rotta padana. Si aggiunge cos un nuovo scalo, documentato da resti archeologici oggetto di scavo sistematico, alla serie di altri segnalati sulla costa adriatica occidentale, lungo la fondamentale rotta tra foce del Po e Grecia - Magna Grecia.La ceramica attica di Pesaro da porre in relazione con quella analoga rinvenuta nel 1935 presso il vicino pro-montorio di Santa Marina di Focara, dove era gi stata ipotizzata la presenza, almeno dal v secolo a.C., di un in-sediamento indigeno e di un porticciolo rifugio per le navi greche sulla rotta degli empori padani e dove ora stato possibile riconoscere la presenza di una insenatura naturale formata da un antico promontorio, eroso in epo-ca storica dalle mareggiate21. Un altro antico scalo, che risale almeno al periodo romano, stato riconosciuto nel-la vicina insenatura di Vallugola, a nord di Pesaro, dove sono stati rinvenuti numerosi antichi materiali.Nuovi ritrovamenti di ceramica attica hanno permesso di individuare una fitta rete di scali lungo il tratto medio-adriatico occidentale e di tracce di abitati della fine delle-t del Ferro da porre in relazione con essi; quasi in corri-spondenza di ogni antica foce fluviale, la recente ricerca ha potuto riconoscere la presenza di resti di insediamenti protostorici in aree su cui poi sono sorte citt di epo-ca romana. Nella fascia immediatamente a ridosso della costa, agli insediamenti costieri di fine vi-v secolo a.C. fanno riscontro abitati daltura dellet del Ferro coevi o, come nel caso di Novilara, anche antecedenti. il caso di Fano (Fanum Fortunae), cui corrisponde insediamen-to protostorico sullaltura di Monte Giove, di Senigallia (Sena Gallica) e Montedoro, di Ancona (Ankon-Ancona), di Numana (Numana), di Potentia presso la foce del Po-tenza (Flosis), dominata dallaltura di Montarice. Que-sta stessa circostanza era gi stata messa in evidenza per Rimini (Ariminum), avamposto costiero in relazione alle alture retrostanti di Covignano. sullo scorcio del vi secolo a.C., con lattivarsi della fre-quentazione da parte di naviganti greci diretti al delta del Po sulla rotta costiera lungo lAdriatico occidentale, che gli abitati preromani posti sulle alture immediatamente retrostanti la costa iniziano ad affiancarsi o, come sembra suggerire la situazione di Novilara, forse gradatamente a sostituirsi agli insediamenti costieri in connessione con gli scali22.Labitato preromano a Pesaro dunque in qualche modo da riconnettere con la serie di insediamenti di et proto-

    2. Resti di due abitazioni preromane nel centro storico di Pesaro (edifici A-B), pianta. Sono visibili langolo nord-ovest delle mura romane e quattro aree di affioramento di materiali dellet del Ferro finale

    3. Modellino ricostruttivo del tipo di abitazione preromana di Pesaro

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    storica in corrispondenza delle ultime propaggini colli-nari23; nel pesarese si segnalano le alture di Novilara, di Roncosambaccio, forse di San Nicola in Valmanente (da dove provengono le stele pi recenti e significative.

    il lucus pisaurensis

    A Santa Veneranda lOlivieri scopr i resti di un lucus con documentazione databile al massimo allinizio della colonizzazione romana, la cui frequentazione potrebbe risalire anche a qualche secolo prima24. Si tratta di quat-tordici cippi iscritti (fig. 4), di quantit di donarji; e voti di metallo e terra cotta (fig. 5), statue grandi di terra cotta e monete di offerte dai tempi pi antichi fino ai secoli romani. La ricerca continuata anche di recente, specie sulla identificazione del sito della scoperta.

    mosaici sotto il duomo di pesaro

    Questo ritrovamento costituisce uno degli eventi pi significativi nellambito della riscoperta archeologica di Pisaurum. Larchitetto Giambattista Carducci in occa-sione dei lavori nella cattedrale, mise allo scoperto alcu-ne centinaia di metri quadrati del pavimento a mosaico della parte mediana nella navata centrale della basilica cristiana, con numerose parti figurate che hanno susci-tato linteresse di qualificati studiosi del tempo25; vengo-no registrati ad esempio interventi di Giuseppe Marchi

    (1851), Bartolomeo Borghesi (1851), S. Servanzi Collio (1851), G. B. de Rossi (1852) e dello stesso Giosu Car-ducci (1866). Si allora preso atto dellimportanza del litostroto pesa-rese, ma dopo circa quindici anni di discussioni non si trovata altra soluzione che ricoprirlo interamente di terra e ripristinare il moderno pavimento del Duomo. Ci sono rimasti alla fine dellintervento solo due rilievi grafici del Carducci, con la pianta delledificio e con il disegno del mosaico pavimentale di una parte della navata centrale, oltre ad alcuni dettagli relativi alle navate minori. Larchi-tetto riferisce inoltre che la distanza tra i due pavimenti risulta di tre palmi, ossia circa cm 67, e attribuisce quello inferiore a una basilica civile di et antonina e laltro al di sopra alledificio di culto realizzato entro la cinta urbica

    allepoca di Belisario; riconosce anche vari interventi di restauro successivi.Si pose in tal modo fine al contrasto sorto a Pesaro tra chi voleva abbassare il pavimento del Duomo a livello del mosaico, chi proponeva di smontarlo pezzo per pez-zo per riutilizzarlo nel moderno edificio di culto e infine chi suggeriva di realizzare un nuovo pavimento pensile su pilastri e con apposite aperture con robuste inferriate per rendere visibile il litostroto. I lavori del Duomo furono comunque portati a compimento e, per non impedirne luso, si procedette al reinterro dei mosaici allora messi in luce, nonostante fosse stato da pi parti dichiarato che si sarebbe attuato un grave attentato ai danni della cultura e della conoscenza storico-artistica della citt. A distanza di poco pi di un secolo il problema delle due pavimentazioni musive sovrapposte tornato di attualit, in particolare a seguito della pubblicazione dei primi due volumi di Historica Pisaurensia, rispettivamente nel 1984 e 198926. Continua il dibattito sulla base dei sommari di-segni del Carducci e di altri documenti di archivio. Lilia-na Mercando individua nel litostroto pubblicato nel 1867 due fasi, una paleocristiana e una medievale; in relazione a questultima riconosce infatti vari rimaneggiamenti e rifacimenti che coinvolgono linsieme delle scene figu-rate, mentre le decorazioni a girali e con colombe delle fasce laterali vengono considerate dalla studiosa motivi ancora paleocristiani, unitamente ai due riquadri in basso con un intreccio in grandi foglie dacanto.Poco dopo Raffaella Farioli27 ha affrontato anche il pro-blema delle due fasi edilizie relative ai due antichi pavi-menti musivi distanti tra loro tre palmi (cm 67). Con il mosaico pi in profondit mette in riferimento la prima fase basilicale paleocristiana di Pesaro, che essa data for-se al v secolo d.C.; al pavimento soprastante la studiosa riferisce una fase successiva della basilica, coeva alla ri-strutturazione edilizia della seconda met del vi secolo d.C. Riconosce inoltre in una parte dei mosaici risarci-menti medievali, anteriori alla ristrutturazione della cat-tedrale iniziata dopo la met del xiii secolo.Segue nel 1989 il saggio di Eugenio Russo, che costitui-sce una puntuale rivisitazione dei mosaici pesaresi e un approfondimento ulteriore dei vari temi, tra cui quelli re-lativi alle scene figurate, iscrizioni complete. La rilevanza del litostroto sotto differenti aspetti messa in evidenza con particolare significato, unitamente alle altre antichit cristiane conservate a Pesaro. Nuovi scavi e lacquisizione di ulteriore documentazione a questo punto della ricerca si sarebbero potuti rivelare risolutivi, senza sottovalutare

    il significato del recupero, della tutela e valorizzazione dei resti dellimportante monumento.Nel novembre 1990 hanno avuto inizio i lavori relativi al progetto di riscoperta del grande mosaico sotto il Duomo di Pesaro, diretti da Maria Luisa Polichetti e in collabo-razione con la Soprintendenza Archeologica. Viene dap-prima asportato il moderno pavimento della Cattedrale per navate successive, provvedendo poi a costruirne uno provvisorio in legno, rialzato di alcune decine di centi-metri, per consentire la prosecuzione degli scavi in pro-fondit. Nellarco di alcuni anni stata cos rimessa in luce lintera pavimentazione dellantico edificio cristiano, escluso il presbiterio.Al termine di questa prima fase di lavori stata messa allo scoperto la struttura della basilica cristiana, che in qual-che parte si presentava in modo frammentario a causa degli interventi edilizi successivi. stata cos riconosciuta unaula basilicale a tre navate, determinata da due file di colonne, forse di reimpiego. La pavimentazione della na-vata centrale appare contornata su tutto il perimetro da una cornice a girali e comprende tre serie di tappeti mu-sivi disposti longitudinalmente, separati tra loro da una cornice a treccia.Sullasse della navata centrale e in corrispondenza dellin-gresso della basilica risulta ubicato il clipeo dedicatorio in lettere capitali, inscritto in un quadrato con cornice a treccia e con aquile ad ali spiegate sui quattro angoli (figg. 6-7); allinterno presente uniscrizione su dodi-ci linee con il nome dellillustre personaggio bizantino che ha dedicato e fatto realizzare ledificio di culto: auxi-liante / deo et interceden/te beata maria ioh/annis vir gloriosus / magistro militum / et exconsul provin/ciae mysiae natus / hanc basilicam / cum omni devoti/one et desiderium / a fundam[ent]is / construx[it].Risulta pertanto che Giovanni, illustre uomo darmi di rango consolare (vir gloriosus, magister militum et excon-sul), originario della provincia della Misia, ha fatto co-struire dalle fondamenta la basilica cristiana; essa stata realizzata in forme monumentali allestremit di uno dei due assi viari fondamentali della citt, a ridosso del lato nord-orientale della cinta muraria.Un personaggio con questo nome noto dalle fonti a Pisauros come praesentium portitor, titolo connesso con la guardia palatina dei militi presentali28. Johannis in-fatti menzionato per avere fondato il monasterium di cui papa Pelagio ii nel 578-590 ordina al vescovo Felice di Pesaro la consacrazione. In questo caso la costruzione della basilica sarebbe avvenuta subito dopo la conclu-

    4. Cippi con dediche alle divinit Marica, Feronia, Libero e Mater Matuta, dal lucus Pisaurensis. Pesaro, Museo Oliveriano5. Terrecotte votive dal lucus Pisaurensis. Pesaro, Museo Oliveriano

    corretto?oppure descritto nella pubbli-cazione del 1867

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    mario luni antichit, collezionismo, monumenti

    sione della guerra goto-bizantina, che aveva determina-to ampie distruzioni nel contesto della citt, unitamente allabbandono per alcuni anni. stata segnalata da Procopio anche lattivit di Giovan-ni, attivo nellarea medioadriatica nel corso della stessa guerra goto-bizantina; proprio a Pisauros tra 544 e 545 Giovanni rioccupa la citt, distrutta in grande parte dai Goti allinizio della guerra, e la fortifica nuovamente in grande fretta. Si tratta di un personaggio di rango im-periale, protagonista delle campagne militari che hanno investito le citt adriatiche fino alla fine della guerra (553) e che ha forse determinato anche la costruzione della ba-silica pisaurense dalle fondamenta. Da ultimo R. Farioli approfondisce ulteriormente il profilo di Johannis, attivo in Italia sicuramente a partire dal 537 e almeno fino al 55929.In occasione del Giubileo del 2000 il moderno pavimento del Duomo stato riposizionato, ma con accorgimenti tali da potere consentire in futuro di mettere in luce anche il pavimento di et romana, come auspicato dal Soprinten-dente Archeologo Giuliano de Marinis; si prevederebbe pertanto il distacco del mosaico bizantino e della conte-stuale musealizzazione in ambienti attigui, come proposto anche da pi voci della cultura non solo locale, col sup-porto delle istituzioni. Nellultimo decennio stata orga-nizzata una suggestiva mostra, con gigantografia a colori dei mosaici, e si registrano pubblicazioni di carattere di-vulgativo di vario tipo, anche per tenere vivo il dibattito sul tema che in modo ricorrente riaffiora30.Alcune voci contrarie sono sorte, altre risultano interlo-cutorie, altre ancora sostengono questa necessit per po-ter approfondire la conoscenza, per tutelare e valorizzare sia la struttura pi antica di epoca romana, sia il sopra-stante litostroto bizantino, con rifacimenti di et medie-vale; verrebbe in parte evitata la decontestualizzazione di questultimo, se fosse musealizzato adeguatamente nelle immediate vicinanze. Si auspica in definiva un interven-to rapido e puntuale in relazione a questo palinsesto deccezione.

    pisaurum riscoperta

    Numerosi dagli inizi dellOttocento si sono susseguiti sia nella citt che nel territorio i ritrovamenti di materiale archeologico, spesso nel corso di lavori, tra cui antiche murature, frammenti architettonici, mosaici (fig. 8), se-polture, rilievi e ritratti, tra i quali quello di Augusto, di

    Ottavia, di Caracalla e di un giovinetto, forse Gaio Ce-sare31.Un interessante frammento di pittura parietale (fig. 9) e una pregevole iscrizione su lastra di bronzo sono stati recuperati nel 1880 nelle cantine di palazzo Barignani, dove gi nel Cinquecento era stata rinvenuta la statua di bronzo dellIdolino (fig. 10). Iscrizioni sono venute in luce presso palazzo Mamiani (1892), presso porta Fano (1913, con altri materiali), nello scavo delle fondamenta del liceo Mamiani (1919), in piazzale Collenuccio (1943), in via Barignani (1940, 1958, 1994). Resti di strutture murarie, di mosaici, di colonne, di ba-solato stradale in trachite dei colli Euganei, di fognature e di altri materiali archeologici sono segnalati tra Otto-cento e Novecento nel centro storico di Pesaro: nella sede della Cassa di Risparmio (1926, strutture), in via Gramsci nel villino Mauro (1928, pozzo, tomba), nella piazza delle autocorriere (strutture edilizie, 1947, 1958, 1974 e scavo recente reinterrato nel 2010), in via Tebaldi e via Cattaneo (1948, sarcofagi). Rocchi di colonne sono stati recuperati nel corso di lavori edilizi negli anni 50 nella costruzione del nuovo palazzo del Comune (1950), in via San Francesco e presso la porta Curina (1953) e in piazzale Matteotti (1958). Vari tratti di lastricato stradale, talvolta con sottostante fognatura, sono venuti in luce in via del Corso (Cassa di Risparmio, 1926), in via Pedrotti (1948), in via Giordano Bruno (1950), in via S. Francesco (1953), in corso xi Settembre (1993) e in via Almerici/Pedrotti (1953).Materiali antichi e resti di strutture e sono attestati anche nel territorio tra Ottocento e Novecento: a San Tommaso in Foglia, a Campanara (una villa), sul colle San Bartolo (tombe), Santa Maria delle Fabbrecce (urne cinerarie), a Montecchio (tombe), a Rio Salso, presso il passo del-la Siligata (villa) e presso la chiesa di San Cristoforo, a Colombarone (1876); in questultimo caso si tratta di strutture di un edificio ampio, che sono state oggetto di scavo e di musealizzazione in anni recenti. Iscrizioni sono state rinvenute a villa Caprile (1959), a Saiano (1817), a Muraglia (1862), a villa San Martino (1869), a Ginestreto (1840), a Morciola (1862), a Cattolica (1846), sul confine col territorio di Ariminum; lepigrafe, su una tabella in bronzo dorato ora conservata nel Museo del Louvre. Anche Novilara, pagus dellager Pisaurensis, ha restituito iscrizioni funerarie e una lucerna. Anche nelle vicinanze degli attuali abitati di Santa Ve-neranda, Candelara, Ginestreto, Monteciccardo e Far-neto, sono documentati resti archeologici che attestano

    6. Pesaro, mosaici del Duomo: clipeo con il nome Johannis, vir gloriosus magistro militum et exconsul provinciae Mysiae, che ha fatto costruire la Basilica dalle fondamenta nel VI secolo d.C.7. Pesaro, mosaici del Duomo, particolare di anatra che si abbevera

    7. Mosaico policromo da Pesaro con Leda e le stagioni. Ancona, Museo Archeologico8. Frammento di affresco con donna che solleva il velo. Pesaro, Museo Oliveriano

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    mario luni antichit, collezionismo, monumenti

    la coltivazione del territorio e la frequentazione romana almeno dallet repubblicana. Un percorso ancora in uso sulle basse colline a sud della vallata del Foglia collegava Pisaurum ai centri agricoli esistenti presso le localit so-pra menzionate; in localit Trebbio Antico dalla Flaminia si staccava unantica strada per Novilara.

    il museo oliveriano

    Tra il 1885 e il 1892 la raccolta di antichit pesaresi, espo-sta in palazzo Olivieri per volont dellerudito, dal 1793, fu trasferita in palazzo Almerici, in via Mazza, attuale sede32. Fu sconvolto limpianto originario dellesposizio-ne voluta dallOlivieri un secolo prima, perch il palazzo fu riutilizzato come sede del Liceo Musicale, inaugura-to nel 1882 in occasione del centenario della nascita di Gioacchino Rossini. La nuova sede del Museo ha creato allinizio problemi, ma poi si prestata in modo favore-vole per gli ampi spazi al pianterreno e anche per adegua-re lesposizione dei materiali ai nuovi tempi, seguendo esempi di musealizzazione pi attuali rispetto allesposi-zione settecentesca. Furono anche utilizzate le pareti del grande cortile e dellampio scalone, specie per disporre un gran numero di iscrizioni. Ha trovato qui collocazione non solo il patrimonio ar-cheologico dellOlivieri e del Passeri, ma anche la raccol-ta di epigrafi e sculture che il Cassi nel 1834 aveva fatto collocare negli Orti Giuli. In una sala del Museo furono poi collocati in modo affollato i materiali scavati da E. Brizio nel 1892-1893 nella necropoli di Novilara e anche quattro stele rinvenute tra 1860 e 1892 presso la stessa Novilara. Il terremoto del 1916 ha inoltre aggravato la situazione, dovendo procedere a lavori di restauro del palazzo, che si sono protratti nel tempo; le collezioni per-tanto sono state pi volte spostate negli anni 20-30 e anche in quelli dellultima guerra, con conseguenti danni e perdite.Fondamentale per le future vicende del Museo si rive-lato linventario-catalogo redatto da Laura Fabbrini tra 1952 e il 1953 di tutto il materiale esistente, a eccezione delliscrizioni, gi schedate da Carlo Cinelli (1847-1906), e del medagliere (a cura di Giuseppe Castellani, 1858-1938). A Italo Zicari si deve la sistemazione attuale del Museo tra il 1946 e 1967, in modo progressivo, con la-vanzamento dei lavori di sistemazione delle sale33 (figg. 11-14). Lopera benemerita di Antonio Brancati ha da ultimo consentito vari interventi di valorizzazione della

    10. Idolino rinvenuto nel 1530 a Pesaro. Firenze, Museo Archeologico Nazionale

    prestigiosa esposizione museale; vanno pertanto ricono-sciuti allo studioso i rilevanti progressi fatti negli ultimi decenni, anche se lo stesso ammette che non tutti i re-perti in dotazione hanno potuto trovare una definitiva e adeguata sistemazione.Meritevole di particolare considerazione, infatti, ritengo ad esempio che sia la raccolta di marmi antichi lasciati a Pesaro da Carolina di Brunswich. Ho potuto visionare nei magazzini del Museo Oliveriano la serie di iscrizioni greche e di rilievi in marmo che la ex regina dInghilter-ra aveva raccolto nel corso dei suoi viaggi in Grecia e in Italia meridionale. Si tratta di una pregevole collezione, ancora in parte inedita, meritevole di appropriata musea-lizzazione, nel contesto di una ristrutturazione generale del Museo. Esso attualmente in stato di sofferenza sia per la conservazione dei materiali, sia per la urgente ne-cessit di una pi moderna musealizzazione di collezioni altamente significative anche in un contesto nazionale e internazionale.

    la via flaminia

    La Flaminia (fig. 15) lascia Fanum Fortunae procedendo verso nord con un percorso rettilineo sulle creste delle colline prospicienti la costa; dopo avere attraversato il Fosso Seiore, si dirige verso Pisaurum. La via consola-re prosegue poi correndo sul ciglio del colle di Monte Granaro e sempre in parallelo alla costa, fino a raggiun-gere la sommit dellaltura. Nel punto pi elevato del suo percorso sono stati rinvenuti nel Settecento resti di una poderosa costruzione, in parte franata in mare, fra le cui strutture fu scoperta una moneta di Traiano34.La via procede poi verso Pisaurum con lunghi tratti pres-soch rettilinei per circa tre chilometri; percorre la pic-cola valle del torrente Genica, sempre in posizione leg-germente sopraelevata rispetto al corso dacqua. Qui, in localit Muraglia, su una vasta area in connessione con la via consolare sono stati rinvenuti in periodi diversi e in discreto numero resti di monumenti sepolcrali e di anti-che sepolture, con stele e iscrizioni funerarie. Nel luogo doveva essere ubicato uno dei sepolcreti pi importanti di Pisaurum, almeno a giudicare dalla consistenza dei rin-venimenti, paragonabile per importanza allaltro sepol-creto segnalato a nord della citt, sempre in connessione con la Flaminia.Esistono anche segnalazioni circa lesistenza in connes-sione con il monte Ardizio di basolato stradale, relativo

    11. Stele con coppia maritale da San Pietro in Calibano. Pesaro, Museo Oliveriano12. Vetro dorato. Pesaro, Museo Oliveriano

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    a una antica via, che ci forniscono la prova che la Flami-nia nel tratto Fanum Fortunae - Pisaurum descriveva un percorso interno, anzich costiero, come hanno ritenuto invece in passato alcuni studiosi. Particolarmente signi-ficativa si rivelata la scoperta di un cippo stradale av-venuta nel 1612 a breve distanza da Pesaro, verso Fano, nel cavarsi un fosso su un campo poco distante dalla strada che va verso Saiano castel dirupato [...] era sotto piedi otto. Si tratta di un miliario di marmo, attualmente conservato nel Museo Oliveriano di Pesaro, con la dedica allimperatore Costanzo ii, databile dal novembre 352 al novembre 361; la distanza da Roma, indicata nella faccia a, risulta di 187 miglia. Sulla faccia b stata inserita in un

    secondo tempo, quando il cippo era gi in posto, una de-dica agli imperatori Valentiniano e Valente, databile tra il marzo 364 e lagosto 367.La Flaminia attraversa il torrente Genica mediante un ponte, attualmente non pi conservato, ma ricordato in una iscrizione del 378-379 d.C., rinvenuta nel 1738. La via consolare raggiunge quindi Pisaurum allestremit meri-dionale del cardo maximus, presso lattuale porta Fano, in prossimit della quale stato rinvenuto un tratto di sel-ciato stradale in trachite e recentemente anche un certo numero di tombe di epoca romana ai margini della strada.Procedendo verso nord-ovest la via consolare era fian-cheggiata da tombe, come attestano alcune iscrizioni

    13. Ritratto di Livia. Pesaro, Museo Oliveriano14. Ritratto di Caracalla. Pesaro, Museo Oliveriano

    funerarie rinvenute al di fuori della porta settentriona-le della citt romana. Superato il fiume Pisaurus, la via prosegue con tutta probabilit in piano per circa due-tre chilometri, correndo alla base meridionale del pendio del colle San Bartolo e seguendo un percorso di poco so-praelevato rispetto alla pianura alluvionale. Lungo que-sto tratto stradale sono venute in luce in periodi diversi numerose sepolture, iscrizioni e monumenti funerari anche a seguito dellallargamento della sede stradale , che si riferiscono a un importante sepolcreto della citt.La Flaminia a nord-ovest di Pesaro piega verso linterno, come fa ancora oggi la strada moderna, poich le colline a nord della citt scendono a picco sul mare senza lascia-re spazio alla base per una strada costiera e sono soggette a continua erosione; non esistono finora neppure indizi che permettano in questo caso di ipotizzare la presenza di un percorso sulla sommit della collina litoranea. Lan-tico tracciato, che ha continuato a vivere fino ai nostri giorni almeno in parte nellattuale statale Adriatica, si snoda sul fondo e sul pendio di due piccole valli paral-lele alla costa, di cui luna costituisce la continuazione dellaltra; esse delimitano verso sud-ovest, per circa dieci chilometri, il promontorio del San Bartolo. Lo spartiac-que di queste due vallette costituito dallagevole passo della Siligata (m 122), presso il quale sono stati segnalati anche alcuni rinvenimenti di resti antichi e di basolato di trachite dei colli Euganei. Si tratta di un significativo to-ponimo, riferibile allesistenza nel luogo di un lastricato stradale, del quale alcune parti sono state segnalate.La via consolare, dopo avere superato il passo della Siliga-ta, raggiunge nuovamente la costa nei pressi di Cattolica. I luoghi situati nelle immediate vicinanze di questo tratto stradale sono stati oggetto di frequentazione fin dal pe-riodo preistorico, come dimostrano i numerosi manufatti in selce e frammenti ceramici segnalati sulle alture del San Bartolo. Resti di epoca romana sono venuti in luce a Vallugola, sul monte Castellaro, a Gabicce, a Granarola, a Gradara e soprattutto a Colombarone, dove sono stati messi allo scoperto resti di strutture e di pavimenti a mo-saico di una villa, situata accanto alla Flaminia. In questa ultima localit gi dal Settecento lOlivieri segnal resti e strutture appartenenti a un abitato romano e a una basi-lica cristiana (di cui ci ha lasciato una pianta, di mano del Lazzarini), identificati con probabilit dallerudito nel vicus ad Aquilam. La Flaminia ritorna nuovamente alla costa dopo circa due chilometri, raggiungendo il torrente Tavollo e lat-tiguo fiume Conca (Crustumium), nei pressi di Cattolica;

    questultimo segna anche la linea di confine tra la vi re-gione augustea (Umbria) e lviii (Aemilia). Qui fissata in et imperiale la linea del limite amministrativo tra Pi-saurum e Ariminum. Nella parte alta del centro storico di Cattolica documentata la presenza di un abitato di epo-ca romana (i-iv secolo d.C.), di cui sono state scavate re-centemente strutture, orientate secondo la via consolare.

    la citt di pisaurum

    Esiste unampia bibliografia sulla citt romana, gi a parti-re da et umanistica e poi attraverso i secoli, fino alle mo-derne ricerche e alle contemporanee pubblicazioni (figg. 16-17). Ritrovamenti e studi consentono di tracciare, in estrema sintesi, un profilo delle conoscenze acquisite sui circa mille anni di vita di Pisaurum35. Citt della vi regione augustea, gi sede di un conciliabulum civium Romanorum formatosi in seguito alla lex Flaminia del 232 a.C., la cui espressione religiosa era rappresentata dal santuario rurale del lucus Pisaurensis, situato presso il colle di Santa Vene-randa. Fu colonia romana, dedotta nel 184 a.C. nel territo-rio confiscato in precedenza ai galli senoni. Sub le vicissi-tudini delle guerre civili del i secolo a.C. e fu occupata da Cesare nel 49 a.C.; essa fu rifondata per la prima volta nel 41 a.C. da Antonio, con veterani sistemati anche nellager del municipium di Suasa, e una seconda da Ottaviano, nel 27 a.C., con il nome di Colonia Iulia Felix Pisaurum. Non si hanno notizie su Pisaurum per tutta let imperiale, fino a quasi la ricostruzione delle mura in opera tumultuaria durante la guerra goto-bizantina.

    15. Percorso della Flaminia dagli Appennini ad Ariminum

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    antichit, collezionismo, monumentimario luni

    Il sito della citt romana risulta su un terrazzo tra gli sbocchi a mare del Pisaurus (attuale Foglia) e del torrente Genica, in corrispondenza del centro storico della mo-derna Pesaro. Essa fu ascritta alla trib stellatina ed ebbe come magistrati supremi duumviri iure dicundo; inoltre, sono attestati aediles, quaestores, decuriones e per lepoca tarda, un curator rei publicae e un praepositus muris. Fu sede di collegia professionali (fabri, centonarii, dendro-phori, navicularii) e religiosi (sexviri Augustales e cultores Iovis Latii). Numerose sono le epigrafi con dedica agli imperatori, che lasciano trasparire un particolare legame con la dinastia giulio-claudia.Dal punto di vista monumentale non si conosce molto dellantico assetto urbano, soprattutto a causa della con-tinuit di vita del sito: si pu comunque riconoscere lim-pianto a scacchiera della colonia, da ultimo variamente interpretato, con il decumanus maximus costituito dal tratto urbano della via Flaminia (corso xi Settembre e via San Francesco) e con il cardo maximus dallallineamento via Branca-via Rossini. Notevoli sono i resti conservati o riconosciuti in passato delle mura urbiche, in particolare quelli di via delle Galligarie, allincrocio con via Mazza; esse costituivano langolo nord-ovest della cinta muraria, con torre quadrangolare aggettante verso lesterno, in

    opus quadratum per la fase pi antica di ii secolo a.C. e in opus testaceum per quella successiva, probabilmente di iii secolo d.C.36. Esistono anche resti dellacquedotto romano di Pesaro, ancora in parte in funzione per usi non potabili, che ha la sorgente principale in prossimit di Novilara e il ca-stellum aquae posto allincrocio tra via Michelini Tocci e traversa Monte Ardizio; per la maggior parte esso sot-terraneo, con una serie di pozzetti di aerazione, e presen-ta cunicoli con copertura alla cappuccina, a gradoni, a botte, piatta e trapezoidale.Consistente la documentazione rappresentata dai mo-saici pavimentali relativi alledilizia privata, messi in luce fin dal xvii secolo e solo parzialmente oggi visibili in situ. Si segnala il pavimento musivo policromo rinvenuto sotto gli uffici della Banca delle Marche, quelli conser-vati nel ristorante La Guercia, allinterno del comples-so dellAmministrazione provinciale in viale Gramsci e quello di Leda con le Stagioni, proveniente sempre da viale Gramsci e conservato nel Museo Nazionale delle Marche in Ancona. Recentemente in piazzale Matteotti venuto in luce un tratto di decumano lastricato, parallelo alla via Flaminia. Sul lato ovest della via, senza solchi di usura per il passag-

    16. Pianta della citt di Pisaurum, con piano programmatico regolare, relativo alla fondazione coloniale17. Veduta aerea del centro storico di Pesaro, con limpianto regolare della citt romana ancora riconoscibile

    gio dei carri, e quindi probabilmente pedonale, sono stati scavati gli ambienti di una domus con atrio tetrastilo, sala tricliniare e cubicula laterali, frequentata tra i e iv secolo d.C. Resti di unaltra domus sono stati da ultimo rinve-nuti in via dellAbbondanza e musealizzati, come invece non avvenuto purtroppo per labitazione precedente.Larea archeologica attualmente pi rilevante di Pesaro costituita dal complesso delle strutture conservate sotto il Duomo: si possono ammirare i resti della Basilica pa-leocristiana di Pisaurum con lo splendido pavimento a mosaico policromo figurato, databile al vi secolo d.C. e con parti aggiunte in et medievale, con legami con altri nellarea alto adriatica.

    1 M. Luni, Topografia storica di Pisaurum e del territorio, in aa.vv., Pesaro nellantichit, Venezia 19952, pp. 85-139; Id., La citt di Pisaurum in et tardo antica, in aa.vv., Pesaro tra Medioevo e Rinascimento, Venezia 1989, pp. 57-77; Id., Ipsa ruina docet. Lantico a Pesaro in et roveresca, in aa.vv., Pesaro in et roveresca, Venezia 2001, pp. 101-125; Id., in aa.vv., Bibliografia Topografica sul-la Colonizzazione Greca in Italia, xii, 1993, pp. 417-433 (Novilara); xiii, 1994, pp. 458-477 (Pesaro); Id., Scoperte archeologiche e collezionismo di antichit a Pesaro tra Seicento e Ottocento , in aa.vv., Pesaro dalla devoluzione allillumini-smo, Venezia 2009, pp. 121-137; Id., Archeologia nelle Marche, Firenze 2003, pp. 197-199. 2 Id., A. Olivieri. Egregius studiorum antiquitatis cultor et fautor, in Studia Oliveriana, xvii-xviii, 1997-1998, pp. 29-141; altri interessanti studi sono pre-senti nello stesso volume, in particolare le lettere pubblicate da M. Cardone.3 E. Brizio, Novilara, in Notizie Scavi Antichit, 1892, pp. 224-227, 295-304, 338; G.F. Gamurrini, Novilara. Necropoli italica riconosciuta in contrada le tombe nel territorio pesarese, in prossimit dellabitato di Novilara, luogo? 1892, pp. 14-19; Id., Notizie diverse. Necropoli della prima et del Ferro pres-so Pesaro, in Bull. Paletn. It., xviii, 1892, pp. 97-99; F. Bernabei, Novilara, luogo? 1894, pp. 377-378; E. Brizio, La necropoli di Novilara, in Mon. Acc. Lincei, v, 1895, pp. 85-460; I. DallOsso, Guida illustrata al Museo Nazionale di Ancona, Ancona 1915, pp. xi-xxx, 172; G. Annibaldi, s.v. Novilara, in Enc. Arte Ant., v, 1963, p. 566.4 F. Oderici, Di una pietra figurata a forma di stele discoperta a Pesaro, in Gior-nale di Erudizione Artistica, ii, 1873, pp. 18-24; I. Undset, Zwei grabstelen von Pesaro, in Zeitschrift fr Ethnologie, xv, 1883, pp. 209-219.5 I. Zicari, s.v. Pisaurum, in Real Enc., Suppl. xi, 1968, p. 1092.6 A. Brancati, Origine e sviluppo del Museo Oliveriano di Pesaro, in aa.vv., Pe-saro nellantichit, cit., pp. 309-325; A. Morandi, Le iscrizioni di Novilara, in Studia Oliveriana, n.s., viii-ix, 1988-1989, pp. 105-135. 7 O. Terrosi Zanco, Le rappresentazioni figurate della stele di Novilara, in Stu-dia Oliveriana, vii, 1959, pp. 13-23; E. Martinelli, Novilara e la cultura Picena, in aa.vv., Pesaro nellantichit, cit., pp. 63-90. 8 DallOsso, Guida illustrata al Museo Nazionale di Ancona, cit., p. 172; G. Baldelli, Le stele e la scrittura, in Museo Archeologico delle Marche. Sezione protostorica, a cura di D. Lollini, Roma 1989, pp. 26-28.9 K.W. Beinhauer, Novilara. Eine zusammenfassung, in St. Etr., lv, 1987-1988, pp. 21-66.10 D. Lollini, La civilt Picena, in aa.vv., Popoli e civilt dellItalia Antica, Roma 1976, v, pp. 107-195.11 V. Dumitrescu, Let del Ferro nel piceno fino allinvasione dei Galli Senoni, Bucarest 1929, pp. 13-20. 12 V. Stiernquist, Ciste a cordoni, Lund 1967, p. 78.

    13 S. Gabrovec, Panzergrab von Novo Mesto, Situla, i, 1960, pp. 58-80; H. Hencken, The Earliest European Elmets, Cambridge 1971, p. 163.14 R. Peroni, La koin adriatica e il suo processo di formazione, in Studi di Cronologia Halstattiana, Roma 1973, pp. 67-78; E. Percossi Serenelli, Le vie di penetrazione commerciale nel Piceno in et protostorica, in Picus, i, 1981, pp. 135-144; M. Luni, Viabilit antica dalla costa medio adriatica allUmbria, in aa.vv., Assisi e gli Umbri nellantichit, Assisi 1996, pp. 341-358.15 J. Loicq, Les vaises peints de la necropole de Novilara et les origines du go-mtrisme apulien, in Hommage Marcel Renard, Bruxelles 1969, iii, pp. 360-378; E.M. De Juliis, La ceramica geometrica daunia, Firenze 1977, p. 84.16 P.G. Guzzo, Importazioni fittili greco-orientali sulla costa ionica dItalia, in Les cramiques de la Grce de lEst et leur diffusion en Occident, Parigi-Napoli 1978, pp. 107-130; M. Landolfi, I traffici con la Grecia e la ceramica attica come elemento del processo di maturazione urbana della civilt picena, in aa.vv., La formazione della citt in Emilia Romagna, Bologna 1987, i, pp. 187-199; M. Luni, I kouroi di Osimo e i Greci in Adriatico, in I Greci in Adriatico nellet dei kouroi, a cura di M. Luni, Urbino 2007, pp. 15-64; M. Martelli, Appunti per i rapporti tra Piceno e Grecia, ivi, pp. 239-297.17 L. Braccesi, Lineamenti di storia pesarese in et antica, in aa.vv., Pesaro nellantichit, cit., pp. 8-38; M. Luni, Rapporti tra le coste dellAdriatico in et classica ed i traffici con Grecia e Magna Grecia, in aa.vv., Problemi di Archeolo-gia adriatica, Firenze 1999, pp. 13-40.18 D. Lollini, Due spade di bronzo rinvenute presso Fano, in St. Etr., xxviii, 1970, pp. 337-343; M. Luni, Linsediamento romano nel suburbio, in C. Alle-gretti, Le stanze di Novilara, Pesaro 1994, pp. 13-15.19 H. Von Duhn-F.Messerschmidt, Italische Grberkunde, Heidelberg 1939, ii, p. 178; M. Durante, Nord Piceno: la lingua delle iscrizioni di Novilara, in aa.vv., Popoli e civilt dellItalia antica, Roma 1978, vi, pp. 393-400. 20 D. Randall Mc Iver, The Iron Age in Italy, Oxford 1927, pp. 117-119, 145; G. Camporeale, G. Giacomelli, Problemi delle stele di Novilara, in I Piceni e la civilt etrusco-italica, in St.Et., xxvi, 1959, suppl., pp. 93-104.21 M. Luni, Nuove tracce della frequentazione greca dellAdriatico occidentale e riconoscimenti dello scalo marittimo di S. Marina di Focara, in Rend. Acc. Lincei, xxxiv, 1981, pp. 45-75 (con bibliografia precedente): Id., Forme e strutture dellinsediamento, aspetti della produzione, in aa.vv., I Piceni, Roma 1999, pp. 143-147, 163-170, 272-274.22 M. Luni, Modelli di insediamento della romanizzazione nellager Gallicus e Picenus, in aa.vv., Oxbow Monograph, 41, Oxford 1995, pp. 483-492; Id., I Greci nel kolpos adriatico, Ankon e Numana, in I Greci in Adriatico, a cura di M. Luni, ii, Roma 2003, pp. 11-56.23 M. Luni, Fase protourbana nella regione medio adriatica nel V-IV secolo a.C. e frequentazione commerciale greca, in aa.vv., Rimini antica, Faenza 1995, pp. 184-225.24 E. Peruzzi, I Romani di Pesaro e i Sabini di Roma, Firenze 1990; F. Coarelli, Il lucus Pisaurensis e la romanizzazione dellager Gallicus, in The Roman Middle Republic. Politics, Religion and Historiography C 400-133 b.C., a cura di C. Bruun, Roma 2000, pp. 195-205; Luni, Archeologia nelle Marche, cit., pp. 79-84 (M. Montanari), 197-199, 232-235.25 G. Carducci, Sul grande mosaico recentemente scoperto in Pesaro e sullantico edifizio al quale serv da pavimento, Pesaro 1867.26 L. Mercando, I mosaici romani, in aa.vv., Pesaro nellantichit, Venezia 1984, pp. 204-211 (rist. Venezia 1995, pp. 158-162); E. Russo, Testimonianze monu-mentali di Pesaro dal secolo VI allepoca romanica, in aa.vv., Pesaro tra Medioe-vo e Rinascimento, Venezia 1989, pp. 80-99.27 R. Farioli Campanati, Sulla Cattedrale di Pesaro: dalle testimonianze antiqua-rie alle evidenze archeologiche, in Atti del vi Convegno di Archeologia Cristia-na, Ancona, 19-23 settembre 1983, Ancona 1985, pp. 489-502; Id., Il Duomo di Pesaro tra tarda antichit e Medioevo, in Studia Oliveriana, ii-iii, 1982-1983 (1986), pp. 80-99.28 A. Carile, Pesaro nel Medioevo, in aa.vv., Pesaro tra Medioevo e Rinascimen-to, cit., pp. 25-27.29 R. Farioli Campanati, La datazione del mosaico pavimentale della seconda fase della Cattedrale di Pesaro: lidentificazione del committente, in Atti del iii Col-

    per esteso il titolo delle riviste

    rivista o libro?

    rivista o libro?

    possibile avere il titolo? Novilara? Pesaro?

    a cura di M. Luni?

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    mario luni

    loquio dell Associazione Italiana per lo Studio e la Conservazione del Mosaico, Bordighera, 6-10 Dicembre 1995, a cura di F. Guidobaldi e A. Guiglia, Bordi-ghera 1996, pp. 457-466; M. Luni, La Basilica cristiana di Johannis riscoperta a Pesaro, in aa.vv., Domum tuam dilexi. Miscellanea in onore di A. Nestori, Citt del Vaticano 1999, pp. 529-542.30 Il progetto risolutivo potrebbe prendere forma in tempi relativamente brevi, vista la disponibilit della Curia, degli Enti territoriali, del presidente Sabbatini della locale Fondazione bancaria e in particolare del Soprintendente archeo-logo G. De Marinis.31 E. Martinelli, M. Luni, Cronistoria degli scavi e delle scoperte, in aa.vv., Pe-saro nellantichit, cit., pp. 231-240; M. Luni, Storia della ricerca archeologica a Pesaro, ivi, pp. 257-267; Luni, Archeologia nelle Marche, cit., passim. 32 Brancati, Origine e sviluppo del Museo Oliveriano di Pesaro, cit., pp. 241-254.33 I. Zicari, Guida del Museo Oliveriano di Pesaro, Pesaro 1969; I. Zicari, A. Brancati, Memorie archeologiche dal 1947 al 1995 (Ms. Oliv.).34 Luni, Archeologia nelle Marche, cit., pp. 122-125 (con bibliografia prece-dente).35 In merito a notizie di sintesi e documentazione su Pisaurum, si veda: Luni, Pesaro nellantichit, cit., passim (con bibliografia fino al 2003, oltre a quella pi recente, citata nel corso di questo contributo).36 M. Luni, Monumentalizzazione di citt dellItalia medio adriatica tra Repub-blica e Impero, in aa.vv., Italia e Hispania en la crisis de la Republica, Atti del Convegno, Toledo, 20-24 settembre 2003, Madrid 1998, pp. 209-232; M. Luni, C. Cardinali, Le citt romane nella regione medio adriatica, in G. De Marinis, G. Paci, Omaggio a Nereo Alfieri, Macerata 2009, pp. 345-380.

    Marco Salvarani

    La citt di Rossini Non fu lazzardo che mi dette i natali a Pesaro, bens Iddio1

    Nel dicembre 1815 lAccademia pesarese, con lettera a firma del vice-presidente conte Giulio Perticari, comu-nica al celebre maestro di cappella Gioachino Rossini la nomina a socio onorario, per riconoscenza della ce-lebrit del Vostro Nome e le insigni doti dellAnimo Vo-stro2. A quella data, il compositore ventitreenne aveva prodotto 15 melodrammi, tra cui alcuni intramontabili capolavori. Proprio in quegli anni la vita musicale pesa-rese scontava il deterioramento dellantico teatro del Sole (aperto nel 1637) che nonostante gli ultimi restauri del 1790 era ormai in condizioni assai precarie. Nellautunno dello stesso 1815 tuttavia vi fu inscenato il melodramma eroico Tancredi, primo titolo rossiniano mai ascoltato in citt3, circolato gi in almeno una decina di teatri italiani4. A Pesaro, come in diverse altre riprese dellopera, Tan-credi venne interpretato dalla celebre Adelaide Malanot-te, creatrice del ruolo (Venezia 1813, dove cant anche il bravissimo baritono pesarese Luciano Bianchi)5. Pri-ma di essere definitivamente chiuso, il fatiscente teatro ospit nel carnevale del 1816 nonostante la proibizione prefettizia Linganno felice e Litaliana in Algeri. Nella primavera 1818 ancora Rossini, con Il turco in Italia, fu rappresentato nel piccolo teatro provvisorio della Palla-corda a palazzo Zongo, grazie alliniziativa dalcuni citta-dini e ad una speciale sovvenzione dellesule principessa di Galles, allora residente a Pesaro, con un apprezzabile cast non nuovo alle note rossiniane6.Sandava nel frattempo completando la costruzione del nuovo teatro progettato dallarchitetto senigalliese Pietro Ghinelli, noto per i lavori al teatro di Fano e successi-vamente ricercato da Fermo, Ancona, Senigallia, e altre citt marchigiane. Fin dal 1813 il dibattito sulla necessit di un luogo di spettacoli adeguato alle esigenze e al de-coro della citt e non inferiore ai limitrofi (specie quel-lo di Fano)7, come sottolineava il conte Giulio Perticari, ardente promotore e curatore del progetto8 aveva ri-solto di avviarne la costruzione, tuttavia rinviata in quei difficili anni di occupazione straniera (prima napoletana poi austriaca). Solo tre anni pi tardi, alla fine del marzo 1816, il vecchio edificio venne demolito; la prima pietra del nuovo fu posata il 25 aprile. La cifra stimata da Ghi-nelli (10.500 scudi) si rivel inadeguata e si dovettero apportare sostanziosi aggiustamenti di bilancio al fine di realizzare, tra laltro, il sipario e le decorazioni di platea, palchi, soffitto, e i macchinari. Il teatro Nuovo si presen-