lo studio della dinamica delle comete -...

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/ I moto di tre o più corpi aventi masse non troppo dissimili tra loro, non tali cioè da far considerare alcune di esse trascurabili o addirittura nulle rispetto alle altre, è un problema per molti versi ancora insoluto dai tempi di Newton, cioè da circa 300 anni. La ra- gione principale di ciò risiede nel com- plicato gioco di interazioni tra i corpi, per il quale l'azione di ogni oggetto mo- difica continuamente la posizione e la velocità di tutti gli altri, essendone a sua volta influenzato. La matematica con cui si descrive - in linea di principio - il moto di un siffatto sistema non è complicata. Essa è già nel bagaglio più o meno con- sapevole di ogni studente alla fine del primo anno di fisica o di matematica. Il problema è che il sistema di equazioni che descrive il moto del sistema non ha soluzione esplicita; in altri termini non si può ottenere una derivazione delle formule che dia, per qualunque istante passato o futuro, lo «stato» del sistema, ossia posizione e velocità di ogni sua componente. Sfortunatamente la situazione presen- tata in natura dal nostro sistema solare o - più in generale - dai grandi sistemi stellari, come ammassi e galassie, rientra proprio in questa categoria. Non posse- diamo cioè equazioni che ci permettano di calcolare con esattezza il cammino fu- turo (o passato) dei pianeti semplice- mente nella forma: posizione = qualche cosa di calcolabile. Il problema, banale in fondo nella sua formulazione, è in realtà formidabile; esso rappresenta in certo qual modo una sfida e una fonte di disappunto per lo scienziato che se ne occupa. Perché mai non siamo in grado di riformulare la que- stione apparentemente semplice e di ri- solverla? Questo interrogativo ha tor- mentato le più brillanti menti matema- tiche e fisiche del XVIII e XIX secolo, provocando - come effetto collaterale - la creazione di una serie di teorie mate- matiche e uno sviluppo enorme della scienza del calcolo. Solo una riformula- zione dei concetti di base su cui la dina- mica (scienza del moto) si poggia, ancor più profonda della relatività einsteinia- na, potrebbe forse in un futuro miglio- rare le cose. Purtroppo nessuno finora ha avuto l'idea «eccellente», né Gauss, né Laplace, né Lagrange, né Poisson, tanto per citare qualche scienziato di non poco conto che ha dato contributi fon- damentali alla meccanica celeste. Riconoscendo l'inutilità della ricerca di soluzioni esplicite al problema ci si è impegnati, con successo, nella ricerca di vie alternative. Esse sono sostanzial- mente due e, per motivi che risulteranno più chiari nel seguito, le chiameremo la «via analitica» e la «via numerica». La prima di esse si basa sulla conoscenza esaustiva del comportamento di un siste- ma composto di due soli corpi massicci (ossia dotati di massa). Già Keplero, nel XVI secolo, aveva formulato le leggi che descrivono il moto di un corpo attorno a un altro e Newton aveva dato poi a esse una completa giustificazione dinamica. Sono le famose tre leggi di Keplero: 1) ogni pianeta (o altro oggetto) descrive attorno al corpo centrale (il primario) un'orbita ellittica, di cui il primario oc- cupa uno dei fuochi; il punto dell'orbita più vicino al Sole si chiama perielio, quello più lontano afelio; 2) un oggetto in orbita ellittica ha una velocità areolare costante, cioè l'area del settore ellittico descritta dal raggio vettore in tempi uguali è uguale; questo significa che l'og- getto si muove più velocemente al perie- lio e più lentamente all'afelio; 3) il tem- po impiegato da un oggetto a descrivere un'orbita (il periodo) è proporzionale al- la potenza 3/2 del semiasse maggiore dell'orbita. Il significato geometrico di queste tre leggi fu stabilito da Keplero per via empirica, basandosi sulle precise osservazioni delle posizioni dei pianeti fatte dal suo maestro, Tycho Brahe. La via analitica ha come principale oggetto un sistema formato da tre corpi, ma con alcune restrizioni: il terzo corpo ha massa nulla, o comunque trascurabile rispetto alle altre; il secondario (il più piccolo dei due corpi massicci) ha orbita circolare; le orbite di tutti i corpi sono complanari. Questo sistema è noto come «sistema di tre corpi ristretto». Esistono estensioni del problema a orbite ellitti- che per il secondario e vi è qualche ten- tativo di esaminare casi inclinati, ma la potenza analitica del metodo, in termini di semplicità di calcolo, ne risulta così disturbata da mettere in dubbio l'utilità reale di questi tentativi. Il problema dei tre corpi ristretto ha dato però notevoli contributi alla comprensione del proble- ma generale e non ha ancora esaurito tutte le sue potenzialità. T i a seconda via, che abbiamo chiamato I numerica, consiste in un procedi- mento affatto differente. Le equazioni che regolano il moto di un sistema di tre corpi (ma il procedimento si può appli- care a un numero qualunque di oggetti) danno - secondo la teoria newtoniana - l'accelerazione alla quale ogni corpo è sottoposto a causa delle forze gravitazio- nali combinate di tutti gli altri come fun- zione esclusiva delle loro posizioni. Co- noscendo queste ultime è possibile cal- colare la forza agente sul nostro oggetto in un dato istante, ma non nei successivi o nei precedenti, poiché ogni corpo si muove e le equazioni non danno le po- sizioni, ma solo le accelerazioni. Si può però pensare che in un inter- vallo di tempo abbastanza piccolo gli og- getti percorrano un cammino pratica- mente rettilineo. Introducendo un pic- colo errore, che può poi venire compen- sato, è possibile quindi prevedere la con- figurazione generale del sistema dopo un piccolo intervallo di tempo e calcolare le accelerazioni - e quindi le velocità - di ogni oggetto. Tutto il trucco sta quindi La cometa Bennett, così chiamata dall'astronomo John C. Bennett fricana, nel dicembre 1969, è stata ripresa nell'aprile 1970 in questa che la scoperse per la prima volta a Pretoria, nella Repubblica Suda- immagine dove è visibile la lunga coda che si estende dal nucleo. Gli arazzi di Bayeux, che commemorano gli eventi del 1066, ricordano riore; la legenda sopra di loro dice: «questi sono meravigliati dalla la comparsa della cometa di Halles nella primavera di quell'anno. A stella». A destra il re Harold II d'Inghilterra, essendogli stato riferito sinistra, una folla di inglesi addita la cometa stilizzata sul bordo supe- il cattivo auspicio, immagina una spettrale invasione di navi (in basso). Lo studio della dinamica delle comete I moderni metodi di indagine numerica consentono di sollevare qualche velo sulla complicata storia di questi oggetti e quindi di comprendere i processi evolutivi che hanno prodotto l'attuale popolazione cometaria di Andrea Carusi e Giovanni Battista Valsecchi 52 53

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I moto di tre o più corpi aventi massenon troppo dissimili tra loro, nontali cioè da far considerare alcune

di esse trascurabili o addirittura nullerispetto alle altre, è un problema permolti versi ancora insoluto dai tempi diNewton, cioè da circa 300 anni. La ra-gione principale di ciò risiede nel com-plicato gioco di interazioni tra i corpi,per il quale l'azione di ogni oggetto mo-difica continuamente la posizione e lavelocità di tutti gli altri, essendone a suavolta influenzato. La matematica con cuisi descrive - in linea di principio - il motodi un siffatto sistema non è complicata.Essa è già nel bagaglio più o meno con-sapevole di ogni studente alla fine delprimo anno di fisica o di matematica. Ilproblema è che il sistema di equazioniche descrive il moto del sistema non hasoluzione esplicita; in altri termini nonsi può ottenere una derivazione delleformule che dia, per qualunque istantepassato o futuro, lo «stato» del sistema,ossia posizione e velocità di ogni suacomponente.

Sfortunatamente la situazione presen-tata in natura dal nostro sistema solareo - più in generale - dai grandi sistemistellari, come ammassi e galassie, rientraproprio in questa categoria. Non posse-diamo cioè equazioni che ci permettanodi calcolare con esattezza il cammino fu-turo (o passato) dei pianeti semplice-mente nella forma: posizione = qualchecosa di calcolabile.

Il problema, banale in fondo nella suaformulazione, è in realtà formidabile;esso rappresenta in certo qual modo unasfida e una fonte di disappunto per loscienziato che se ne occupa. Perché mainon siamo in grado di riformulare la que-stione apparentemente semplice e di ri-solverla? Questo interrogativo ha tor-mentato le più brillanti menti matema-tiche e fisiche del XVIII e XIX secolo,provocando - come effetto collaterale -la creazione di una serie di teorie mate-

matiche e uno sviluppo enorme dellascienza del calcolo. Solo una riformula-zione dei concetti di base su cui la dina-mica (scienza del moto) si poggia, ancorpiù profonda della relatività einsteinia-na, potrebbe forse in un futuro miglio-rare le cose. Purtroppo nessuno finoraha avuto l'idea «eccellente», né Gauss,né Laplace, né Lagrange, né Poisson,tanto per citare qualche scienziato di nonpoco conto che ha dato contributi fon-damentali alla meccanica celeste.

Riconoscendo l'inutilità della ricercadi soluzioni esplicite al problema ci si èimpegnati, con successo, nella ricerca divie alternative. Esse sono sostanzial-mente due e, per motivi che risulterannopiù chiari nel seguito, le chiameremo la«via analitica» e la «via numerica». Laprima di esse si basa sulla conoscenzaesaustiva del comportamento di un siste-ma composto di due soli corpi massicci(ossia dotati di massa). Già Keplero, nelXVI secolo, aveva formulato le leggi chedescrivono il moto di un corpo attorno aun altro e Newton aveva dato poi a esseuna completa giustificazione dinamica.

Sono le famose tre leggi di Keplero:1) ogni pianeta (o altro oggetto) descriveattorno al corpo centrale (il primario)un'orbita ellittica, di cui il primario oc-cupa uno dei fuochi; il punto dell'orbitapiù vicino al Sole si chiama perielio,quello più lontano afelio; 2) un oggettoin orbita ellittica ha una velocità areolarecostante, cioè l'area del settore ellitticodescritta dal raggio vettore in tempiuguali è uguale; questo significa che l'og-getto si muove più velocemente al perie-lio e più lentamente all'afelio; 3) il tem-po impiegato da un oggetto a descrivereun'orbita (il periodo) è proporzionale al-la potenza 3/2 del semiasse maggioredell'orbita. Il significato geometrico diqueste tre leggi fu stabilito da Kepleroper via empirica, basandosi sulle preciseosservazioni delle posizioni dei pianetifatte dal suo maestro, Tycho Brahe.

La via analitica ha come principaleoggetto un sistema formato da tre corpi,ma con alcune restrizioni: il terzo corpoha massa nulla, o comunque trascurabilerispetto alle altre; il secondario (il piùpiccolo dei due corpi massicci) ha orbitacircolare; le orbite di tutti i corpi sonocomplanari. Questo sistema è noto come«sistema di tre corpi ristretto». Esistonoestensioni del problema a orbite ellitti-che per il secondario e vi è qualche ten-tativo di esaminare casi inclinati, ma lapotenza analitica del metodo, in terminidi semplicità di calcolo, ne risulta cosìdisturbata da mettere in dubbio l'utilitàreale di questi tentativi. Il problema deitre corpi ristretto ha dato però notevolicontributi alla comprensione del proble-ma generale e non ha ancora esauritotutte le sue potenzialità.

T ia seconda via, che abbiamo chiamatoI numerica, consiste in un procedi-mento affatto differente. Le equazioniche regolano il moto di un sistema di trecorpi (ma il procedimento si può appli-care a un numero qualunque di oggetti)danno - secondo la teoria newtoniana -l'accelerazione alla quale ogni corpo èsottoposto a causa delle forze gravitazio-nali combinate di tutti gli altri come fun-zione esclusiva delle loro posizioni. Co-noscendo queste ultime è possibile cal-colare la forza agente sul nostro oggettoin un dato istante, ma non nei successivio nei precedenti, poiché ogni corpo simuove e le equazioni non danno le po-sizioni, ma solo le accelerazioni.

Si può però pensare che in un inter-vallo di tempo abbastanza piccolo gli og-getti percorrano un cammino pratica-mente rettilineo. Introducendo un pic-colo errore, che può poi venire compen-sato, è possibile quindi prevedere la con-figurazione generale del sistema dopo unpiccolo intervallo di tempo e calcolare leaccelerazioni - e quindi le velocità - diogni oggetto. Tutto il trucco sta quindi

La cometa Bennett, così chiamata dall'astronomo John C. Bennett fricana, nel dicembre 1969, è stata ripresa nell'aprile 1970 in questache la scoperse per la prima volta a Pretoria, nella Repubblica Suda- immagine dove è visibile la lunga coda che si estende dal nucleo.

Gli arazzi di Bayeux, che commemorano gli eventi del 1066, ricordano riore; la legenda sopra di loro dice: «questi sono meravigliati dallala comparsa della cometa di Halles nella primavera di quell'anno. A stella». A destra il re Harold II d'Inghilterra, essendogli stato riferitosinistra, una folla di inglesi addita la cometa stilizzata sul bordo supe- il cattivo auspicio, immagina una spettrale invasione di navi (in basso).

Lo studiodella dinamica delle comete

I moderni metodi di indagine numerica consentono di sollevare qualchevelo sulla complicata storia di questi oggetti e quindi di comprendere iprocessi evolutivi che hanno prodotto l'attuale popolazione cometaria

di Andrea Carusi e Giovanni Battista Valsecchi

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0,1 1 10 100 1000 10 000 100 000

DISTANZA PERIELIACA (UA)

Nel grafico, che riassume i vari tipi di orbite cometarie, sono riportati in ascissa i perieli e, inordinata, gli afeli delle orbite eliocentriche. (La zona in grigio contiene orbite di afelio minoredel perielio, non esistenti per definizione.) La regione i corrisponde alla nube di Oort, insiemealla sua parte interna (regione 2), contenente orbite di afelio più basso e perciò meno influ-enzate dalle perturbazioni stellari. La regione 3 è occupata dalle comete visibili dalla Terranon periodiche; la regione 4 contiene le comete di tipo Halley, mentre infine la regione 5contiene la grande maggioranza delle comete di corto periodo. I due puntini indicano le orbiteattuali di P/Schwassman-Wachmann I (in basso a sinistra) e dell'asteroide 2060 Chirone.

100 000

10 000

1000

100

10

0,1

PLUTONE •NETTUNO•

URANO*

SATURNO.

• GIOVE

• MARTE

• TERRA• VENERE

• MERCURIO1111111011 1013 1015

SEMIASSE (km312)

o4

io 3

Le tre leggi di Keplero descrivono il moto di un corpo attorno a un altro. La prima legge (asinistra in basso) afferma che ogni oggetto si muove attorno a un altro (per esempio pianetao Sole) lungo un'ellisse, di cui il secondo corpo occupa uno dei fuochi. La metà dell'assemaggiore è detta il semiasse dell'orbita, mentre lo schiacciamento è indicato dall'eccentricità(uguale a zero per il cerchio e a 1 per la parabola: tutti i valori intermedi rappresentano delleellissi). La seconda legge (in alto a sinistra) sostiene che la velocità areolare del pianeta ècostante, cioè che l'area del settore ellittico spazzato dal raggio-vettore in un determinatotempo è sempre la stessa. Quando il pianeta si trova più lontano dal Sole questo implica chela sua velocità sia minore di quella che esso ha quando si trova vicino al Sole. La terza leggeafferma che i periodi orbitali attorno a uno stesso corpo, cioè i tempi impiegati a compiereun'orbita, sono proporzionali alla potenza 3/2 dei semiassi: a destra sono riportati, in scalalogaritmica, i periodi orbitali e i semiassi dei pianeti del sistema solare elevati a 3/2.

nel procedere a piccoli passi o - come sidice - nell'integrare il cammino degli og-getti partendo da una posizione nota.

Questo procedimento è spaventosa-mente lento, ed è stato applicato la pri-ma volta per prevedere il ritorno dellecomete partendo dall'ultima osservazio-ne. All'epoca di Edmund Halley, all'ini-zio del Settecento, un calcolo del genererichiedeva mesi di lavoro con carta ematita (anzi, penna d'oca) e pochi ausilimatematici, soprattutto tabelle. Non de-sti meraviglia quindi che nell'epoca deigrandi calcolatori elettronici esso abbiaricevuto un enorme impulso, al punto dasoppiantare in molte applicazioni l'usodella via analitica, molto più diretta mamolto più imprecisa e spesso del tuttoinefficiente.

In realtà un moderno calcolatore conun opportuno programma (e le due cosesono entrambe necessarie) è in grado ditracciare la storia dinamica di un sistemadi 10 corpi, come il nostro sistema sola-re, per un arco di 100 anni in pochi mi-nuti di calcolo, a passi temporali nonsuperiori al giorno. Questo valore puòdivenire anche dieci volte più piccolo sesi usa un supercalcolatore parallelo, co-me il CRAY 1, o un calcolatore dedicato,cioè costruito appositamente ed esclusi-vamente a questo scopo. Si può facil-mente prevedere che in un futuro vicino

un calcolo di questo tipo richiederà soloqualche secondo.

La grande velocità dei calcolatori ci dàquindi la possibilità concreta di studiarel'evoluzione dinamica di un insieme dicorpi su archi di tempo molto lunghi. Èad esempio allo studio il progetto di in-tegrare il moto dell'intero sistema solareper cento milioni di anni nel passato, unperiodo pari a solo un cinquantesimodella vita del sistema.

Il campo di indagine in cui l'integrazio-ne numerica delle orbite ha dato fi-

nora i risultati più diretti e cospicui è lostudio del moto delle comete. Grazie aicalcolatori, esso ha compiuto un grandesalto di qualità negli ultimi venti anni,trasformandosi da un'indagine preva-lentemente statistica e osservazionale inun banco di prova, un vero e propriolaboratorio sperimentale, per le moder-ne idee sull'origine e sulla dinamica deisistemi planetari.

Infatti le orbite degli altri membri delsistema, pianeti, asteroidi, satelliti rego-lari, sono presumibilmente abbastanzasimili a quelle sulle quali essi si sonoformati. E possibile che almeno alcunedi queste orbite abbiano cambiato di-mensioni, per vari motivi, ma è del tuttoimprobabile che l'ordine in cui sono di-sposte sia mai cambiato. In altre parole,

nessuno dubita seriamente che i pianetidi tipo terrestre (Mercurio, Venere, Ter-ra, Marte) abbiano sempre occupato lazona più interna del sistema planetario,che i pianeti giganti (Giove, Saturno,Urano e Nettuno) abbiano sempre oc-cupato quella più esterna, e infine che gliasteroidi abbiano occupato quella inter-media. Pertanto, essendosi questi corpiformati essenzialmente dove si trovanoancora adesso, il problema della loro ori-gine può essere affrontato, in prima ap-prossimazione, anche prescindendo daidettagli del loro moto.

Il caso delle comete è invece comple-tamente diverso. È certo che le orbitesulle quali esse ci appaiono non possonoessere state occupate da loro fin dallanascita del sistema solare, e questo siaperché queste orbite sono dinamica-mente instabili, cioè permettono alle co-mete di incrociare prima o poi il cammi-no di uno o più pianeti, con la conse-guente possibilità di una collisione o diun trasferimento su un'altra orbita, ma-gari non legata al sistema solare, sia per-ché su tali orbite le comete «si consuma-no», cioè perdono parte del materialecontenuto nel loro nucleo solido, a causadella sublimazione (transizione direttadallo stato solido a quello gassoso) dellesostanze volatili, provocata dal caloredel Sole nella parte di orbita più vicina aquest'ultimo. E allora chiaro che o lecomete hanno trascorso altrove i 4,5 mi-liardi di anni che ci separano dalla loronascita, se esse si sono formate insiemecon il resto del sistema solare, oppureche esse hanno un'origine del tutto pe-culiare, dovuta a processi non diretta-mente connessi alla formazione dei pia-neti. In entrambi i casi, lo studio dellaloro dinamica ci può portare, tracciandoa ritroso il loro cammino, al «dove» sisono formate e, forse, anche al «come»e al «quando».

Quanto appena detto non va presoalla lettera, nel senso che non è in praticapossibile ricostruire il cammino che unacerta cometa ha realmente percorso nelpassato, se non per archi di tempo pic-colissimi in confronto all'età del sistemasolare; piuttosto, lo studio della dinami-ca delle comete serve a dedurre che cosapuò e che cosa non può essere accaduto,non tanto alla singola cometa, quantoall'intera popolazione.

Esaminiamo quindi quali sono i prin-cipali fattori in grado di modificare radi-calmente l'orbita di una cometa. La-sciando da parte le forze non gravitazio-nali, che possono alterare con continui-tà, ma in misura comunque molto ridot-ta, la traiettoria di una cometa quandoessa si trova a meno di circa tre unitàastronomiche dal Sole (l'unità astrono-mica - UA - è pari alla distanza Terra--Sole), e che comunque esamineremopiù avanti, il moto può essere influenza-to, entro una trentina di unità astrono-miche dal Sole, dagli incontri con i pia-neti e, a distanze eliocentriche dell'ordi-ne di migliaia o di decine di migliaia di

UA, da incontri con stelle di passaggio.L'effetto di un incontro con un corpo

perturbatore, pianeta o stella che sia,consiste nella maggior parte dei casi inuna riorientazione della direzione delmoto della cometa relativamente al cor-po perturbatore. Come risultato, l'orbitacambia, ma in modo tale che la nuovaorbita ha in comune con la vecchia laproprietà di passare ancora per la zonadello spazio dove è avvenuto l'incontro.Vedremo l'importanza di questo fattoper l'evoluzione delle orbite cometarie.

T a teoria attualmente più accettata cir-ca l'origine delle comete prevede

che esse si siano formate nelle regionipiù esterne del sistema planetario, quellein cui, in particolare, si sono formatiUrano e Nettuno. Le comete altro nonsarebbero che i planetesimi della regioneappena detta previsti dalla teoria dell'ac-cumulazione planetaria elaborata in an-ni passati soprattutto da Victor S. Safro-nov dell'Istituto di geofisica applicata diMosca (si veda l'articolo La formazionedella Terra da planetesimi di George W.Wetherill in «Le Scienze» n. 156, agosto1981). I planetesimi, corpi solidi di di-mensioni ridotte, dell'ordine del chilo-metro di raggio, rappresentano i gradiniintermedi del processo di crescita di unpianeta: essi nascono in seguito allaframmentazione del disco di polvere,immerso in un alone di gas, formatosiall'interno della nebulosa primordiale;la loro sorte è poi o quella di partecipareall'accrescimento collidendo con il pro-topianeta, e aumentandone così la mas-sa, o di essere da esso espulsi verso altreregioni del sistema solare.

Quest'ultima sarebbe, in particolare,la sorte toccata a una grande parte deiplanetesimi della zona di Urano e di Net-tuno. A differenza di quelli espulsi dallezone di accrescimento di Giove e di Sa-turno, che sarebbero stati inviati da queipianeti direttamente nello spazio inter-stellare, buona parte dei planetesimi diUrano e di Nettuno sarebbero stati eiet-tati, soprattutto dal secondo, su orbite icui afeli non sono tali da permettere aessi di essere sottratti all'influenza gra-vitazionale del Sole. Queste orbite, co-munque, hanno periodi dello stesso or-dine di grandezza dell'intervallo di tem-po entro il quale può aver luogo il pas-saggio di una stella all'interno di unadistanza dal Sole pari al loro afelio: per-tanto è molto probabile che un tale pas-saggio avvenga, con la conseguenza dimodificare la distanza perieliaca dellecomete incontrate dalla stella. La ragio-ne per la quale è il perielio a essere mo-dificato è quella descritta in precedenza:siccome l'incontro stella-cometa avvienein prossimità dell'afelio di quest'ultimae siccome la nuova orbita deve ancorapassare attraverso la zona in cui è avve-nuto l'incontro, l'eventuale variazione disemiasse maggiore dell'orbita cometariaavverrà soprattutto a spese della distan-za perieliaca. Se questa variazione è ne-

gativa, il perielio finisce nelle regioni piùinterne del sistema planetario, una sorteche deve essere stata comune a moltissi-mi planetesimi di Urano e di Nettuno, eche può aver dato origine a un abbon-dante bombardamento cometario deipianeti terrestri nelle prime fasi dellastoria del sistema solare; nell'altro casoil perielio viene rimosso dalla regioneplanetaria e l'evoluzione orbitale è d'orain avanti determinata solo dalle pertur-bazioni stellari.

Legrandi linee di questo quadro del-l'evoluzione dinamica delle comete

sono state tracciate, sia pure con dettaglidiversi da quelli ora esposti, dall'astro-nomo olandese Jan Hendrik Oort nel1950; l'enorme numero di comete legateal Sole, ma orbitanti a distanze moltograndi da questo, è influenzato così in-tensamente dalle perturbazioni stellariche, dopo un tempo non lungo rispettoalla vita del sistema solare, i piani delleorbite delle comete non hanno più alcu-na relazione con quelli iniziali, presumi-bilmente molto vicini al piano dell'orbitaterrestre (eclittica). In questo modo, lecomete appaiono come una nube sferica,

detta «nube di Oort», che circonda ilsistema solare a grande distanza.

Da quanto abbiamo esposto si può ri-cavare facilmente anche l'evoluzionesuccessiva delle orbite delle comete ap-partenenti alla nube di Oort. Infatti, unacometa continuerà a farne parte fino ache una perturbazione stellare non lastrappi dalla nube, consegnandola cosìallo spazio interstellare, oppure non neriabbassi la distanza perieliaca tanto dapermetterle di attraversare la regioneplanetaria. In questo caso, le perturba-zioni dei pianeti, e specialmente quelledi Giove, sono in grado a loro volta o dieiettarla (ancora!) fuori del sistema so-lare, o di diminuire il periodo dell'orbita,abbassandone la distanza afeliaca.

A questo punto la cometa non appar-tiene più alla nube di Oort e, se la suadistanza perieliaca è abbastanza piccola,può iniziare a perdere materiale volatiledal nucleo a ogni passaggio vicino al So-le. Se ulteriori perturbazioni planetariene accorciano ancora il periodo, fino arenderlo confrontabile con quello deipianeti, la cometa è detta «periodica».

L'orbita di una cometa il cui perielioè stato appena deviato all'interno della

54 55

6

60 6DISTANZA DAL SOLE (UA)

6 o 6

6 o 6

D 1W

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N

cr) 1E

6

D 6W

O

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N

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60 6DISTANZA DAL SOLE (UA)

regione dei pianeti interni da una pertur-bazione stellare è normalmente un'ellis-se estremamente allungata, e il suo se-miasse maggiore è di qualche decina dimigliaia di UA. Se una cometa su un'or-bita come questa non viene osservata perun arco di tempo abbastanza lungo, èpraticamente impossibile distinguere lasua orbita da una parabola, non poten-dosi attribuire a essa un'eccentricità di-versa da 1 con sufficiente sicurezza. Solodi alcune di queste comete, quindi, siconoscono gli elementi orbitali con buo-na precisione.

In questi casi, si può ricostruire l'orbi-ta «originale» della cometa, cioè l'orbitaellittica intorno al baricentro del sistemasolare (già a distanze dell'ordine dellepoche centinaia di UA, infatti, il motodella cometa si svolge essenzialmente in-torno al baricentro del sistema Sole-pia-neti) acquisita appena dopo la perturba-zione stellare.

Oort formulò la sua teoria sulla pro-venienza delle comete quasi parabolichesulla base delle sole 19 orbite originalidisponibili alla fine degli anni quaranta,colpito dalla concentrazione delle loroenergie orbitali entro un intervallo piùpiccolo di quello entro il quale avrebbe-ro dovuto essere dopo anche un solopassaggio attraverso la regione planeta-ria. Questo implicava che il passaggioosservato di ciascuna di quelle cometeera molto probabilmente il primo; ma,essendo i loro periodi dell'ordine dei mi-lioni d'anni, questo voleva dire secondoOort che esse erano state deviate nelcorso della rivoluzione osservata e cheavevano trascorso i miliardi di anni pre-cedenti su orbite di perielio notevolmen-te maggiore.

1 o 1DISTANZA DA GIOVE (UA)

T o studio della dinamica delle cometeperiodiche è cominciato con la felice

intuizione di Edmund Halley, che ipo-tizzò l'identità della cometa da lui osser-vata nel 1682 con quelle passate nel1607 e nel 1531. I dati sui quali egli sibasava erano costituiti dal catalogo con-tenente gli elementi orbitali di 24 come-te da lui stesso calcolati. (È notevolecome le idee basilari sulla dinamica dellecomete siano state formulate a partire dainsiemi di dati piuttosto ristretti: 19 or-bite nel caso di Oort, 24 in quello diHalley.) La possibilità che le tre orbitecorrispondessero a tre ritorni dello stes-so oggetto implicava che esso si muoves-se lungo un'ellisse di periodo costante;Halley attribuì correttamente alle per-turbazioni planetarie la leggera differen-za di intervallo temporale fra le appari-zioni da lui studiate.

Questa cometa, attualmente nota ap-punto come «cometa di Halley», oP/Halley (P/ sta per «periodica»), è l'u-nica di cui si hanno notizie risalenti nelpassato per più di duemila anni. Essa èstata infatti identificata con certezza inapparizioni citate negli antichi annali fi-no al 240 a.C. ed è stata osservata a ogniritorno successivo eccetto quello del 163a.C. Il prossimo passaggio al perielio diP/Halley, che è già stata riscoperta nel1982 ed è sotto continua osservazione,avrà luogo il 9 febbraio 1986.

Le osservazioni di P/Halley ci mostra-no che una cometa può sopravvivere al-l'azione distruttiva del calore solare perun tempo relativamente lungo. Bisognaperò dire che P/Halley è una cometa par-ticolare, prototipo di una classe di come-te con periodo tra 20 e 200 anni noteappunto come comete di «tipo Halley».

La sua orbita è retrograda, cioè la come-ta gira attorno al Sole in senso orario,contrariamente alla maggior parte deicorpi del sistema solare che ruotano insenso antiorario (o diretto). Questa par-ticolarità fa sì che gli eventuali incontricon i pianeti (P/Halley attraversa le or-bite di tutti i pianeti tranne quella diMercurio) avvengano sempre a velocitàrelativa notevolmente alta e che sianopertanto brevi e poco efficienti nel di-sturbare il moto della cometa. Inoltre, acausa dell'alta eccentricità delle orbite edella seconda legge di Keplero, questecomete passano la maggior parte del lorotempo nelle zone esterne del sistema, alsicuro dall'influenza dei pianeti e del ca-lore solare.

Le comete di tipo Halley conosciutenon superano la ventina su un campionetotale di 132 comete periodiche note allafine del 1984. Come abbiamo appenadetto esse «sentono» in misura ridottal'influenza gravitazionale dei pianeti el'azione del calore solare. Le altre come-te del campione, invece, si trovano perla maggior parte in una situazione dina-mica tale da rendere priva di significatola definizione di un'orbita che non variin misura apprezzabile per un piccolonumero di rivoluzioni. Edgar Everhart,direttore del Chamberlin Observatorynel Colorado, ha coniato per questo tipodi orbite il termine «caotiche»: un'orbitacaotica è caratterizzata da una pronun-ciata variabilità, al punto che una stessacometa si trova a viaggiare, a distanza dipochi anni, su orbite che non si assomi-gliano neppure lontanamente. Normal-mente la causa della variazione orbitaledelle comete di corto periodo è da ricer-care nell'azione gravitazionale di qual-che pianeta, principalmente i quattropianeti maggiori, da Giove a Nettuno.Durante un «incontro ravvicinato» lacometa si trova a passare molto vicino aun pianeta, scambiando con esso energiae momento angolare. Il risultato di que-sto scambio dipende in larga misura dal-la geometria dell'incontro, cioè dallamutua disposizione e velocità del Sole,del pianeta e della cometa. In certi casila cometa perde, o acquista, energia suf-ficiente a modificare drasticamente lasua orbita, e può essere spostata in re-gioni del sistema solare anche molto lon-tane dalla precedente.

È chiaro quindi che una cometa puòessere trasportata, mediante una succes-sione di incontri con vari pianeti, dallezone più esterne del sistema planetarioa orbite di semiasse simile o minore diquello di Giove, nella regione delle co-mete di corto periodo non di tipo Halley(si veda l'illustrazione a pagina 55). Nelgrafico sono anche indicate le attuali po-sizioni di P/Schwassmann-Wachmann 1e 2060 Chirone (formalmente classifica-to, quest'ultimo, come asteroide, mapresumibilmente un oggetto di tipo co-metario), che si trovano ancora «in cam-mino» verso la regione suddetta e chesono stati scoperti solo grazie alle loro

dimensioni, eccezionalmente grandi ri-spetto a quelle delle altre comete.

Un caso notevole di perturbazioneplanetaria dovuta a un incontro ravvici-nato riguarda la cometa P/Gehrels 3,scoperta da Tom Gehrels nel 1975. L'in-tegrazione numerica della sua orbitaprecedente alla scoperta ha rivelato cheP/Gehrels 3, prima del 1963, si muovevalungo un'orbita con perielio vicino aquella di Giove e afelio tra Giove e Sa-turno. L'eccentricità orbitale non eraelevata e l'inclinazione dell'orbita ri-spetto al piano dell'eclittica era moltobassa. Queste sono condizioni ideali per-ché un incontro ravvicinato con Giovesia catastrofico per l'orbita della cometa.Un incontro di questo tipo avvenne ef-fettivamente tra il 1963 e il 1976; lacometa, dopo una complicata serie dievoluzioni attorno a Giove, lasciò il pia-neta su un'orbita completamente diver-sa, l'orbita su cui venne scoperta nel1975. Durante i sette anni centrali del-l'incontro P/Gehrels 3 risultò essere unsatellite temporaneo di Giove, un feno-meno già noto in precedenza, anche secon durate molto inferiori.

Vi sono molti casi noti di questo ge-nere tra le comete di corto periodo, mala cosa interessante è che tutti sono statiricostruiti al calcolatore. Questo è inparte dovuto alla bassa potenza dei tele-scopi, che non sono in grado di osservareuna cometa nelle vicinanze di un pianetacome Giove e solo raramente sono ca-paci di rilevare una cometa brillante cheorbiti al di là di Giove. Inoltre, è proba-bile che quasi tutte le comete di cortoperiodo abbastanza brillanti che si tro-vino attualmente nella possibilità di es-sere osservate da terra siano già statescoperte; quelle che vengono viste ognianno per la prima volta sarebbero dun-que o comete intrinsecamente deboli(visibili ora per l'accresciuta capacità deisistemi di rilevamento) o comete che en-trano nella parte più interna del sistemasolare per la prima volta da quando l'uo-mo le può osservare. È quindi abbastan-za probabile che queste ultime abbianoappena avuto un incontro ravvicinatoche le abbia trasferite verso l'interno.

Negli ultimi anni, insieme a LuborKresA ed Ettore Perozzi, abbiamo

condotto un'estesa ricerca sul moto or-bitale delle comete di corto periodo.L'orbita attuale di ognuna di esse è stataintegrata nel passato e nel futuro per unarco totale di 821 anni, dal 1585 al 2406.Lo scopo principale del lavoro era quellodi realizzare un campione omogeneo distorie evolutive su un esteso periodo ditempo, paragonabile al periodo di vita diquesti oggetti come corpi attivi. Non èla prima volta che le orbite delle cometevengono integrate su tempi così lunghi,e molte comete sono già state analizzatein dettaglio nel passato, ma l'atlante or-bitale da noi realizzato rappresenta ilprimo tentativo di produrre un insiemedi integrazioni altamente omogeneo.

L'analisi preliminare dei dati ottenutiha permesso di scoprire un interessantecaso di separazione di una cometa in dueparti; anche questo è un fenomeno benconosciuto, osservato in molte comete.Si pensa che i nuclei delle comete sianocostituiti da ghiacci di varia natura (prin-cipalmente ghiaccio d'acqua) e da parti-celle di polvere e roccia, secondo un mo-dello dovuto a Fred Whipple e detto del-la «palla di neve sporca». A causa delcalore solare il ghiaccio evapora, libe-rando particelle di polvere che dannoorigine alla caratteristica coda; talvoltaaccade anche che il nucleo si spezzi in piùframmenti. Normalmente soltanto uno

dei pezzi, quello più grande, continua aessere visibile; gli altri frammenti, tal-volta poco più grandi di un grosso sasso,sono troppo poco brillanti per essere ri-levati nelle successive rivoluzioni dellacometa. Orbene, l'integrazione delle or-bite delle comete P/Van Biesbroeck eP/Neujmin 3 ha mostrato che esse, at-tualmente su orbite ben conosciute mapiuttosto diverse l'una dall'altra, hannoavuto ambedue un incontro ravvicinatocon Giove nel 1849-1850 (si veda l'illu-strazione a pagina 58 in basso). Le duecomete risultano però aver avuto orbitepraticamente coincidenti prima dell'in-contro. È molto probabile dunque che

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La cometa P/Gehrels 3 ha avuto un lungo incontro ravvicinato con Giove dal 1963 al 1976.Durante l'incontro il suo cammino relativo al pianeta (a destra) è stato notevolmente com-plesso, e la cometa si è comportata per sette anni come un satellite, anche se temporaneo. Ilgrafico riproduce in pianta il cammino di P/Gehrels 3 nei dintorni di Giove, indicato al centroda una croce. La traiettoria appare come vista da un osservatore che si muova attorno al Solecon il pianeta, cosicché il Sole si trova sempre verso sinistra, lungo l'ascissa. L'orbita precedentee quella successiva all'incontro non si assomigliano affatto: la cometa è potuta passare dall'unaall'altra grazie all'intervento del campo gravitazionale di Giove (a sinistra), che ha sottrattoalla cometa la necessaria quantità di energia orbitale. In questa figura l'orbita precedente èindicata, in grigio, con un I e quella successiva con un 2. L'orbita di Giove è in colore chiaro,mentre il tratto in colore pieno è la traiettoria di trasferimento di P/Gehrels 3 tra le due orbitee corrisponde alla traccia disegnata nell'altro grafico, pur se in un diverso sistema di riferimento.

Come P/Gehrels 3, altre comete che hanno subito profondi mutamenti orbitali a causa diincontri ravvicinati con Giove sono P/Oterma (in alto e al centro) nei due incontri specularidel 1937 e del 1963, e P/Smirnova-Chernvkh (in basso) fra il 1953 e il 1965. Ambedue questecomete sono state trasferite da fuori a d'entro l'orbita di Giove e successivamente scopertesulla nuova orbita. In seguito P/Oterma ha avuto un secondo incontro con Giove, sostanzial-mente l'inverso del primo, che l'ha nuovamente relegata al di fuori dell'orbita di Giove.

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Talvolta la variazione orbitale delle comete, causata principalmente dai pianeti giganti esoprattutto da Giove, è assai spettacolare. Nell'immagine sono riportati gli incontri con Giovedi P/Kearns-Kwee (in alto) tra il 1960 e il 1963 e di P/Wild 2 (in basso) tra il 1973 e il 1976.

P/Van Biesbroeck e P/Neujmin 3 costi-tuissero un'unica cometa; essa si sarebbedivisa in due pezzi di dimensioni simili(è il primo caso noto di questo genere),probabilmente durante la rivoluzioneprecedente il 1849. Nel processo di di-visione i due frammenti, ora comete se-parate, anche se spazialmente molto vi-cine, avrebbero assunto velocità legger-

mente diverse. Esse si sarebbero quindipresentate all'incontro con Giove su or-bite leggermente diverse e in tempi suc-cessivi (a distanza di poco più di un gior-no l'una dall'altra). Questo piccolo sfa-samento deve essere stato però suffi-ciente a produrre effetti divergenti dopol'incontro. Le due comete sono state de-viate da Giove su orbite molto differenti

1 o 1DISTANZA DA GIOVE (UA)

e, da allora, hanno avuto storie proprie.Ambedue le comete sono state scopertesuccessivamente, dopo che altri incontricon Giove avevano ulteriormente allar-gato il divario tra le loro orbite, che oranon si assomigliano più di quanto asso-miglino a orbite di altre comete.

Questo caso dimostra quanto sensibilile comete siano all'influenza gravitazio-nale dei pianeti: talvolta basta uno scartotemporale di pochi minuti all'appunta-mento con un pianeta perché l'evoluzio-ne orbitale futura sia completamente di-versa. È sintomatico a questo propositoun altro caso da noi calcolato, relativoalla cometa P/Lexell. Questo oggetto,scoperto nel 1770 da Charles Messier,incontrò Giove nel 1779, venendo daesso immesso in un'orbita di alto semias-se (con periodo di più di 200 anni). Alloscopo di indagare il comportamento diun possibile sciame meteorico associatoa P/Lexell, abbiamo simulato l'emissio-ne di particelle di polvere al passaggio alperielio del 1770. Tali particelle sonopoi state seguite fino all'incontro conGiove del 1779. Si è osservato che par-ticelle emesse con velocità, relativa alnucleo cometario, di un solo metro alsecondo, e che incontravano Giove abrevissima distanza dalla cometa vera epropria, venivano immesse su orbitecompletamente diverse, alcune addirit-tura iperboliche! Questa enorme insta-bilità, oltre che di natura dinamica, èanche di natura numerica; basta che iparametri di una cometa siano conosciu-ti con poca precisione («poca» alle voltepuò voler dire una parte su cento miliar-di!) perché l'integrazione dell'orbita nonrispecchi il vero cammino della cometa.È questo, forse, il principale limite di talianalisi, che diventano altamente inaffi-dabili specialmente nei casi di incontriestremamente ravvicinati con i pianeti.

Si è detto che lo studio della dinamica delle comete ha subito un notevole

salto di qualità negli ultimi anni. Un saltoancor maggiore può essere ragionevol-mente atteso nei prossimi anni per duemotivi; da una parte si cominciano a pro-gettare missioni spaziali verso le comete(e la missione europea Giotto versoP/Halley occupa un posto di rilievo traqueste), da cui ci si può aspettare unamigliore comprensione delle forze nongravitazionali (principalmente l'«effet-to-razzo», dovuto al degassamento) a-genti sui nuclei cometari. Tutte le inte-grazioni numeriche, infatti, tengono inpoco conto, o non tengono conto affatto,di questi effetti che, ancorché piccoli epoco conosciuti, rivestono una notevoleimportanza per l'evoluzione a lungo ter-mine delle orbite cometarie. In secondoluogo, la potenza dei sistemi di osserva-zione verrà notevolmente accresciuta inun prossimo futuro, sia per il migliora-mento qualitativo dei sistemi ottici (spe-cie per telescopi in orbita) sia per la rea-lizzazione di metodi sempre più elabo-rati per il trattamento delle immagini.

1 o 1DISTANZA DA GIOVE (UA)

Le comete P/Van Biesbroeck e P/Neujmin 3, attualmente su orbite piuttosto diverse l'una dal-l'altra, sono forse due frammenti di un comune progenitore che si divise poco prima del 1849.I due frammenti ebbero nel 1849-1850 un incontro ravvicinato con Giove che aumentò moltola loro differenza orbitale. A sinistra sono rappresentate l'orbita iniziale comune (1) e le dueorbite finali (N3, P/Neujmin 3; VB, P/Van Biesbroeck); a destra sono tracciate le traiettoriedurante l'incontro: P/Neujmin 3 parte più in alto, ma finisce più in basso della compagna.

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