libro pompe di calore_1 (1)
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POMPE di CALOREPARTE TEORICA, PARTE APPLICATIVAdi Renato Lazzarin
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UPPORTO S ECNICOT ROGETTISTIP
INDI
CEPREsENtazIoNE ..................................................................................................................................................... 4
CURRICULUM VItaE ............................................................................................................................................... 6
CaP. 1 I PRESUPPOSTI TEORICI ................................................................................................................................. 7
CaP. 2 I COMPONENTI DELLA POMPA DI CALORE .................................................................................................................. 21
2.1 IL COMPRESSORE .......................................................................................................................................................................................... 212.2 CONDENSATORI ED EVAPORATORI ............................................................................................................................................................ 332.2 L'ORGANO DI LAMINAZIONE ...................................................................................................................................................................... 382.4 IL REFRIGERANTE .......................................................................................................................................................................................... 40
CaP. 3 INDICI DI PRESTAZIONE DELLE POMPE DI CALORE .................................................................................................. 47
CaP. 4 APPLICAZIONE DELLE POMPE DI CALORE NEL RISCALDAMENTO RESIDENZIALE E NEL TERZIARIO ....... 67
4.1 CONSIDERAZIONI DI CARATTERE GENERALE ........................................................................................................................................... 674.2 I TERMINALI DI IMPIANTO .......................................................................................................................................................................... 724.3 LA PRODUZIONE DELL’ACQUA CALDA SANITARIA .................................................................................................................................. 764.4 LA POMPA DI CALORE CONDOMINIALE ................................................................................................................................................... 834.5 IL CALCOLO DEI SOFFITTI RADIANTI PER IL RISCALDAMENTO ............................................................................................................ 87 4.5.1 IN ChE COSA DIFFERISCE IL CALCOLO DI UN IMPIANTO DI RISCALDAMENTO A SOFFITTO RADIANTE DA QUELLO DI UN IMPIANTO
TRADIZIONALE ? ............................................................................................................................................................................................................................... 87
4.5.2 COME SI ATTUA IL CALCOLO DEL CARICO TERMICO DI PROGETTO E QUALI SONO LE DIFFERENZE QUANTITATIVE CON I METODI
TRADIZIONALI? .................................................................................................................................................................................................................................. 89
4.5.3 CON QUALI MODALITà SI PROCEDE AL PROGETTO DI MASSIMA DELL'IMPIANTO DI RISCALDAMENTO A SOFFITTO RADIANTE? ............... 100
4.5.4 COSA SI INTENDE PER RESA TERMICA DI UN SOFFITTO RADIANTE E COME LA SI DETERMINA? ......................................................................... 118
CaP. 5 LE SORgENTI DELLA POMPA DI CALORE ................................................................................................ 123
5.1 GENERALITà ................................................................................................................................................................................................. 1235.2 UNA RASSEGNA DELLE SORGENTI ALTERNATIVE ALL'ARIA ................................................................................................................ 1255.3 ACQUE SUPERFICIALI E SOTTERRANEE ................................................................................................................................................... 1265.4 IL TERRENO .................................................................................................................................................................................................. 136 5.4.1 SCAMBIATORI A TERRENO ORIZZONTALI ....................................................................................................................................................................... 137
5.4.2 SCAMBIATORI A TERRENO VERTICALI ............................................................................................................................................................................. 141
CaP. 6 LA POMPA DI CALORE COME fONTE RINNOvAbILE .............................................................................................. 163
6.1 LA POMPA DI CALORE è UNA FONTE RINNOVABILE? .......................................................................................................................... 1636.2 LE SORGENTI DELLA POMPA DI CALORE ............................................................................................................................................... 1656.3 LA POMPA DI CALORE ED IL SOLARE TERMICO ................................................................................................................................... 1706.4 LA POMPA DI CALORE COMPLETAMENTE RINNOVABILE ................................................................................................................... 173
CaP. 7 CONSIDERAZIONI SUL MERCATO DELLE POMPE DI CALORE RISCALDAMENTO RESIDENZIALE E NEL
TERZIARIO ............................................................................................................................................................................. 175
7.1 PANORAMICA DEL MERCATO ATTUALE DELLE POMPE DI CALORE ................................................................................................... 1757.2 LA CUSTOMER SATISFACTION ................................................................................................................................................................. 1777.3 CONCLUSIONI ............................................................................................................................................................................................. 178
NotE ..................................................................................................................................................................... 180
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PREsENtazIoNE
L'evoluzione tecnologica della caldaia è stata sempre tesa a raggiungere i limiti dettati
dal primo principio della termodinamica. Li ha finalmente raggiunti e apparentemente
(solo apparentemente!) superati con la caldaia a condensazione.
L'evoluzione tecnologica della pompa di calore è invece tesa a raggiungere i limiti dettati
dal secondo principio della termodinamica. Sappiamo che non li raggiungerà mai; in
compenso ha fatto molta strada dal lontano 1852, quando lord Kelvin, uno dei padri
della termodinamica, ne ha ufficialmente indicato le grandi potenzialità.
Oggi è senza dubbio il sistema più efficiente nel trasformare l'energia per il riscaldamento.
La diffusione a livello mondiale della pompa di calore è da alcuni anni in grande crescita,
contendendo nei paesi nordici quote di mercato alla tradizionale caldaia. Risulta quindi
sorprendente il ritardo ad una larga diffusione in Italia, tanto più che nei nostri climi
risulta spesso preziosa la sua capacità di fornire un servizio completo, inverno ed
estate.
Probabilmente molti potenziali utenti e non pochi progettisti ed installatori pensano
alla pompa di calore come a un semplice sistema split con valvola di inversione estate/
inverno. Invece è un sistema complesso che può servire l'utenza monofamiliare ma
anche l'edificio condominiale (e nel Nord Europa perfino il teleriscaldamento urbano!).
La pompa di calore si deve interfacciare con una sorgente fredda e questa può essere
l'aria esterna, ma anche acqua di falda, il terreno, il recupero termico fino ad immaginare
un funzionamento con integrazione nei confronti di fonti di energia rinnovabile
come il solare termico o fotovoltaico. Questo aspetto rende il progetto dell'impianto
sistematicamente più impegnativo rispetto a quello di un impianto di riscaldamento
tradizionale. Si devono operare molte scelte importanti, da quella della sorgente a quella
delle temperature e dei corpi scaldanti, delle portate, delle regolazioni senza dimenticare
la contemporanea preparazione dell'acqua calda sanitaria.
Il costruttore di pompe di calore può fare molto per la sua parte per la realizzazione di
un ottimo impianto, ma non basta un'eccellente pompa di calore per ottenere un buon
impianto a pompa di calore. Il progettista deve conoscere bene quali siano i punti di
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forza di queste macchine e al tempo stesso i limiti da non superare o da considerare con
attenzione, ad esempio nei confronti delle temperature operative, o delle caratteristiche
della sorgente fredda, o del dimensionamento dei sistemi di scambio termico. Si può dire
che non esista o quasi un progetto standard da replicare con poche varianti, ma ogni
progetto richieda un impegno diretto dei tecnici per sfruttare al meglio le potenzialità
del riscaldamento termodinamico. Per questi motivi spero che possa essere utile questo
libro che ho realizzato su specifico invito di ferroli, facendo ricorso alle mie personali
esperienze sia in campo didattico che progettativo.
Si può dire che questo libro sia un’ideale prosecuzione del libro “Intervista sulle pompe
di calore” che ho scritto nel lontano 1982. L'universo delle pompe di calore viene qui
esaminato, pur nell’estensione limitata che mi sono imposto per non appesantire
troppo la trattazione, senza timore di passare in rassegna da una parte gli aspetti più
elementari e di base della tecnologia (una sorta di fase di ripasso di conoscenze) per
poi considerare in maniera a volte molto dettagliata aspetti progettuali complessi del
sistema come il dimensionamento dei sistemi radianti a bassa temperatura e delle sonde
geotermiche. Ho cercato di esporre le tematiche, a volte non semplici, nella maniera più
chiara possibile: mi auguro di aver raggiunto almeno in parte questo obiettivo.
La trattazione così organizzata dovrebbe consentire un graduale approfondimento di
tutte le principali tematiche e spero possa costituire un utile ausilio per la realizzazione
di impianti efficienti e confortevoli.
Renato Lazzarin
vicenza, giugno 2010
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CURRICULUM VItaE
Renato Lazzarin (belluno, 1949) è professore ordinario nella facoltà di Ingegneria
dell’Università di Padova, dove insegna gestione dell’energia e Acustica applicata nel
Corso di Laurea in Ingegneria gestionale. Opera presso il Dipartimento di Tecnica e
gestione dei Sistemi industriali a vicenza.
Ha coperto la carica di Presidente per il triennio 2008-2010 dell’Associazione
Italiana del Condizionamento dell’Aria Riscaldamento Refrigerazione - AICARR.
è Direttore Scientifico della rivista AICARR Journal ed è Presidente della Commission E1
(Air Conditioning) dell'International Institute of Refrigeration.
è autore o coautore di oltre 250 pubblicazioni scientifiche, prevalentemente nel settore
delle energie rinnovabili e del risparmio energetico con frequenti contributi anche su
riviste specializzate internazionali.
è autore o coautore dei seguenti libri: Sistemi solari attivi (Padova 1981), Tecnologia
e progettazione del collettore solare (Padova, 1982), La progettazione degli impianti
solari (Padova, 1983), Intervista sulle pompe di calore (Padova, 1982), L’energia solare
e la produzione del freddo (Milano, 1983), Le caldaie a condensazione dalla teoria
agli impianti (Milano, 1986), Introduzione all’analisi exergetica (Padova, 1989), Il
condizionamento dell’aria e il gas naturale (Milano, 1993), Intervista sul riscaldamento
degli ambienti nell’industria (Padova, 1995), Fabbisogno e risorse di energia in Italia e
nel Mondo (Padova, 1997), Il soffitto radiante nella climatizzazione ambientale (Padova,
2000), Elementi di acustica tecnica (Padova, 2001), Il condizionamento dell’aria:
problematiche tecniche e ambientali (Palermo, 2003), Air humidification: technical
health and energy aspects (brugine, 2004 – oltre che in Italiano, tradotto anche in
Cinese, francese, Russo, Spagnolo e Tedesco), La rivoluzione elettrica (Palermo, 2005).
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della termodinamica dal momento che
la quantità di calore che arriva al sistema
a più alta temperatura è fornita a spese
del sistema a più bassa temperatura. Non
contrasta neppure (ovviamente!) con il
secondo principio. È vero che il calore tende
a trasferirsi spontaneamente da un corpo più
caldo ad uno più freddo, così come un liquido
scorre dall’alto vero il basso in un campo
La pompa di calore è un dispositivo che
consente di trasferire calore da un sistema
ad una certa temperatura ad un sistema a
temperatura superiore (fig. 1.1). In questo
modo si rende utile per il riscaldamento
l’energia derivante dal raffreddamento di
qualsiasi sistema più freddo di quello da
riscaldare.
Questo non contrasta con il primo principio
CaP. 1I PRESUPPOSTI TEORICI
FIG. 1.1Rappresentazione a blocchi della funzione svolta dalla
pompa di calore. Il sistema che riceve calore si trova ad
una temperatura superiore a quello che lo cede
FIG. 1.2Dell’acqua può essere portata da un serbatoio
più basso ad uno posto più in alto in un campo
gravitazionale attraverso una pompa
POMPA
DISL
IVEL
LO
POMPA DI CALORE T1 > T0
LAVORO
SISTEMA A TEMPERATURA
T1
SISTEMA A TEMPERATURA
T0
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gravitazionale. È però possibile, fornendo
lavoro, invertire il senso del trasferimento del
calore, dal più freddo verso il più caldo, come
è possibile portare dell’acqua dal basso in alto
attraverso una pompa (fig. 1.2).
Quest’analogia idraulica può essere utile
a comprendere meglio la funzione di una
pompa di calore. Si supponga di avere una
piscina nelle vicinanze di un lago, leggermente
sopraelevata rispetto al livello del lago, diciamo
10 metri al di sopra. Non esista servizio di
acquedotto né rete elettrica e sia necessario
un certo quantitativo d’acqua non solo per
riempirla, ma anche per reintegrare quella
perduta per evaporazione e per ricambio.
L’acqua del lago non può servire, a meno di
non portarla a braccia con secchie. Si abbia,
tuttavia, la possibilità di disporre di un piccolo
bacino, posto su di un’altura al di sopra della
piscina, ad esempio 100 metri sopra il livello
della piscina (fig. 1.3). Il sistema più semplice
per alimentare la piscina è di collegarla con
questo piccolo bacino (fig. 1.4): non è, però,
il sistema più efficiente dal punto di vista
energetico, anche se, fuori di metafora, è
quello quasi universalmente utilizzato. Infatti
l’acqua del bacino sopraelevato possiede
un’energia potenziale superiore a quella della
piscina: nell’operazione prima descritta tale
energia viene sprecata.
Può essere invece trasformata in energia
meccanica mediante una turbinetta, a cui
si può collegare una pompa, la quale porta
l’acqua del lago nella piscina (fig. 1.5):
in questo caso, se il funzionamento delle
macchine è ideale, per ogni litro di acqua
scaricato dal bacino sopraelevato, dieci litri
vengono pompati dal lago ed in totale si
FIG. 1.3Rappresentazione della situazione di fantasia considerata: un lago, una piscina ed
un piccolo bacino sopraelevato su di un’altura
100
m
10 m
LAGO
PISCINA
ALTURA
PICCOLO BACINO
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FIG. 1.4Il bacino sopraelevato può essere collegato alla piscina con una tubazione: alla
fine di questa è posta una valvola, perché fluisca la portata desiderata, riducendo
la pressione
100
m
10 m
LAGO
PISCINA
ALTURA
PICCOLO BACINO
FIG. 1.5L’acqua proveniente dal bacino sopraelevato aziona una turbina cui è collegato un
generatore elettrico: esso mette in azione la pompa
100
m
10 m
LAGO
PISCINA
ALTURA
TURBINA con generatore elettrico
CAVO ELETTRICO
POMPA
PICCOLO BACINO
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hanno a disposizione undici litri per la piscina.
Anche nell’ipotesi di un funzionamento non
ideale di turbina e pompa, per ogni litro che
scende se ne possono avere cinque o sei
pompati dal lago. Se il bacino sopraelevato
può dare una gittata modesta, quest’ultimo
modo di operare può essere l’unico
consentito.
Si osservi che la quantità d’acqua finale
disponibile per la piscina è la somma delle
quantità prelevate dal lago e dal bacino
sopraelevato; l’acqua proveniente dal lago ha
acquistato dell’energia potenziale (si trova 10
m al di sopra del livello del lago), ma l’acqua
proveniente dal bacino sopraelevato ne ha
perduta.
In questa analogia al lago si può fare
corrispondere qualunque sistema il cui
livello termico non sia utile per riscaldare
quanto c’interessa, ad esempio la nostra
casa. Potrebbe essere l’aria esterna, ovvero
del terreno, dell’acqua di pozzo, di mare e,
perché no?, ancora di lago: le temperature di
questi sistemi sono praticamente sempre al di
sotto di un livello sufficiente al riscaldamento,
anche se l’energia termica ottenibile da un
loro raffreddamento è pressoché illimitata.
Ma, come l’acqua del lago non entra
spontaneamente nella piscina che si trova
più in alto, così il calore non si trasferisce
spontaneamente da un sistema esterno
più freddo alla nostra abitazione più calda.
È necessario il bacino sopraelevato, cioè la
presenza di un sistema a più alta temperatura.
Questo sistema potrebbe essere una
caldaia, che da un lato può provvedere
al riscaldamento diretto della casa, ma è
utilizzabile anche per produrre vapore con
cui muovere una turbina e fornire lavoro
meccanico. E questo lavoro meccanico può
muovere una pompa di calore.
A questo punto è bene chiarire che, come
si può considerare più preziosa dal punto
di vista dell’energia potenziale l’acqua del
bacino sopraelevato, così è più pregiata
l’energia posseduta da un sistema a più alta
temperatura rispetto a quella di un sistema
a più bassa. Si abbia infatti un sistema A ad
una certa temperatura, ad esempio 1000°C
e questo sistema ceda una quantità di calore
Q ad un sistema più bassa temperatura, ad
esempio l’esterno a 0°C per il tramite della
nostra casa a 20°C.
Se nulla è interposto fra i due sistemi, l’energia
interna del sistema A diminuisce di Q e di
altrettanto aumenta l’energia interna dell’altro
sistema. È però possibile interporre una
macchina che trasformi una parte dell’energia
termica ceduta dal sistema A in lavoro, sì
che alla fine l’aria esterna riceve, per il primo
principio, solo la frazione di energia di A non
trasformata in lavoro.
Mentre se l’energia è a 1000°C la frazione
di Q che può essere trasformata in lavoro
supera il 78%, se il sistema si trova ad una
temperatura più bassa, ad esempio a 200°C,
la frazione scende al 42% e a 100°C al 27%.
Quanto più grande è la frazione ottenibile,
tanto migliore la situazione in cui ci si trova:
il lavoro è una forma più pregiata di energia,
che può essere trasformata in un’equivalente
quantità di calore senza limitazioni,
mentre solo limitatamente può avvenire la
trasformazione inversa. Ma quel che più conta,
il lavoro può far funzionare una pompa di
calore, rendendo utilizzabili quantità di calore
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ben superiori a quelle ottenibili dalla sua
semplice trasformazione in calore.
Così, ad esempio con l’energia elettrica si
può far funzionare una stufetta, ottenendo 1
kWh termico per ogni kWh elettrico, ma anche
una pompa di calore che, raffreddando l’aria
esterna, consenta di avere un riscaldamento
pari a 2 o anche 3 o 4 kWh termici per ogni
kWh elettrico.
Questo fatto sembra apparentemente in
contrasto con la legge di conservazione
dell’energia. Solo apparentemente.
L’importante è non separare due fatti:
1. la quantità di calore prelevata dal sistema
più freddo è trasferita al più caldo;
2. il lavoro meccanico necessario per attuare
questo trasferimento.
In fondo anche nell’esempio idraulico
facendo scendere 1 litro d’acqua dal bacino
sopraelevato se ne avevano 5,6 fino ad 11
litri nella piscina. Così dei 3 kWh termici
che supponiamo la pompa di calore renda
disponibili, 2 provengono dal raffreddamento
dell’aria esterna: quello rimanente dal kWh
elettrico trasformato integralmente in energia
termica.
L’analogia sembra finire qui. Invece esiste un
parallelo fra l’acqua che scende dal bacino
sopraelevato con la sua energia potenziale
e il kWh elettrico. Quest’ultimo infatti si può
pensare che derivi da una macchina per il cui
funzionamento è necessaria la cessione di
una quantità di calore da un corpo più caldo
ad uno più freddo. È quanto avviene in una
centrale termoelettrica: dalla combustione
di combustibili fossili si ottiene una sorgente
termica con cui viene prodotto il vapore che fa
muovere le turbine e, con esse, gli alternatori
(fig. 1.6).
In fin dei conti per far funzionare la pompa
di calore elettrica è necessaria la cessione
di calore da parte di un sistema a più alta
temperatura, se la produzione dell’elettricità è
termoelettrica.
FIG. 1.6Rappresentazione schematica dei processi che avvengono in una centrale termoelettrica con ciclo a vapore: il vapore
prodotto nel generatore si espande nella turbina compiendo lavoro, viene condensato e riportato alla più alta pressione
del generatore con una pompa
POMPA
CONDENSATORE
TURBINA
CALORE FORNITO
GENERATORE DI VAPORE ALTERNATORE
LAVORO
CALORE CEDUTO
VAPORE
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Questo aspetto si potrebbe descrivere con
precisione mediante il concetto di exergia
od energia utilizzabile. Si tratta della parte
integralmente trasformabile in lavoro
dell’energia posseduta da un sistema. La
pompa di calore riceve tutta energia utilizzabile
od exergia pura. Questo le consente di
trasferire energia dall’ambiente ad exergia
nulla al sistema edificio a più alta temperatura.
La quantità di calore resa disponibile non è
ora più ad exergia nulla: una parte di essa è
energia utilizzabile, nel senso che si potrebbe
ritrasferire calore dall’edificio all’ambiente
esterno attraverso una macchina, ottenendo
del lavoro. Se tutte le macchine impiegate
fossero ideali, tale lavoro sarebbe proprio
pari a quello fornito in partenza alla pompa
di calore. In realtà le macchine non sono
ideali, così che l’exergia resa disponibile dalla
pompa di calore è inferiore a quella fornita
inizialmente. In maniera analoga il litro d’acqua
fatto scendere dal bacino sopraelevato può
pompare dal lago 5 o 6 litri, ma non dieci.
Questo non è un problema, dato che il
riscaldamento di un edificio richiede una
temperatura modesta. Il fatto che l’exergia di
questa quantità di calore sia molto bassa è
del tutto irrilevante: quello che conta è quanti
chilowattora di questa quantità di calore si
possono rendere disponibili con 1 kWh di pura
exergia, quale 1 kWh di energia elettrica.
Si sa che scambiando calore fra sistemi a due
temperature il massimo rendimento si può
ottenere con una macchina di Carnot (fig.
1.7). Per il momento non importa conoscere
come funzioni la macchina di Carnot. Basta
solo sapere che il suo rendimento, vale a
dire il rapporto fra il lavoro utile fornito dalla
macchina e la quantità di calore ceduta dal
sistema a più alta temperatura è funzione
delle sole temperature assolute dei due
sistemi:
Il teorema di Carnot si riferisce ad una
macchina reversibile, intendendo con ciò una
macchina per la quale sia possibile invertire il
senso di tutte le trasformazioni. In altri termini,
se la macchina a ciclo diretto riceve la quantità
di calore Q1 dalla sorgente a temperatura T1
e cede la quantità di calore Q0 alla sorgente
a temperatura T0, trasformando in lavoro la
quantità L=Q1-Q0, la macchina inversa riceve
il lavoro L, sottrae la quantità di calore Q0 dalla
sorgente a temperatura più bassa, trasferendo
la quantità di calore Q1=L+Q0 alla sorgente
FIG. 1.7Rappresentazione a blocchi del funzionamento di
una macchina a ciclo diretto: il sistema a più alta
temperatura fornisce alla macchina una quantità di
calore che viene in parte trasformata in lavoro ed in
parte ceduta al sistema a più bassa temperatura
SISTEMA A TEMPERATURA
T1
SISTEMA A TEMPERATURA
T0
macchinadi carnot
LAVORO L
QUANTITà DI CALORE FORNITA
Q1
QUANTITà DI CALORE CEDUTA
Q0
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temperatura più alta.
Questo funzionamento si può configurare
come quello di un frigorifero; se tuttavia
si fissa l’attenzione alla sorgente a più alta
temperatura, la macchina reversibile diventa
una pompa di calore. Di questa possibilità
teorica e ci rese conto molto più tardi, e cioè
nel 1852 da parte di William Thompson, alias
Lord Kelvin.
Il comportamento di questa pompa di calore
ideale è caratterizzabile semplicemente come
per la macchina a ciclo diretto. La macchina a
ciclo diretto viene qualificata dal rendimento,
inteso come il rapporto fra la quantità utile
che ci interessa, il lavoro, e ciò che dobbiamo
dare per averla, la quantità di calore a più alta
temperatura. Nel caso della pompa di calore
il risultato che interessa è la quantità di calore
ottenuta dalla sorgente a più alta temperatura;
ciò che dobbiamo dare è il lavoro. Il
comportamento della pompa di calore è allora
qualificato dal coefficiente di effetto utile o
COP (Coefficient Of Performance), definito dal
rapporto:
Questo è proprio l’inverso del rendimento del
ciclo diretto, per cui per una pompa di calore
ideale:
è facile rendersi conto con pochi semplici
calcoli che il COP teorico può risultare molto
elevato. Per una pompa di calore che operi
prelevando calore dall’ambiente esterno a 0°C,
portandolo a 40°C, il COP massimo è dato da:
anche se nella realtà i valori ottenibili sono
pari a circa metà, il risultato è sicuramente
apprezzabile.
La pompa di calore più diffusa è quella
cosiddetta a compressione di vapore. Per
capirne il funzionamento bisogna tenere
presente due fenomeni:
1 quando una sostanza passa dalla fase
liquida alla fase vapore richiede una
quantità di calore: il calore di vaporizzazione.
La vaporizzazione avviene dunque con
sottrazione di calore. Di converso, quando
una sostanza passa dalla fase vapore alla
fase liquida, cioè condensa, cede calore: il
calore di condensazione. La condensazione
avviene dunque con concessione di calore.
2 Per ogni sostanza la vaporizzazione o la
condensazione possono avvenire per
una certa pressione soltanto ad una ben
definita temperatura che resta costante per
tutto il tempo durante il quale ha luogo
il fenomeno. Così, ad esempio, finché in
una pentola a pressione c’è acqua allo
stato liquido si è sicuri che la temperatura
all’interno non supera il valore della
temperatura di evaporazione dell’acqua
alla pressione fissata dalla valvola della
pentola. Quanto più alta è la pressione a
cui avvengono i cambiamenti di fase, tanto
più alta è la temperatura alla quale possono
avvenire. Così, alla pressione atmosferica
l’acqua bolle a 100°C, ma nella pentola a
pressione, dove la pressione è superiore,
l’acqua bolle a temperature più alte.
Il circuito elementare di una pompa di calore
a compressione di vapore è dunque costituito
da un evaporatore, dove un fluido frigorifero
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idoneo evapora alla temperatura della
sorgente fredda, da un compressore che porta
il vapore di questo fluido ad una pressione
più alta e da un condensatore dove il vapore
condensa cedendo calore ad una temperatura
più alta. Il condensato ritorna all’evaporatore
attraverso una strozzatura (valvola di
laminazione) che consente il passaggio nella
misura consentita dal compressore (fig. 1.8).
È molto utile riuscire a rappresentare queste
trasformazioni in un diagramma di stato del
fluido frigorifero. Tale diagramma consente
di identificare attraverso due variabili di stato
tutte le altre proprietà che caratterizzano il
fluido in una determinata condizione. Un
diagramma molto diffuso ed utile è basato
sulle due proprietà pressione ed entalpia, p
ed h. Fissato il valore di queste proprietà, si
possono leggere dal diagramma le altre, come,
ad esempio, temperatura, volume specifico,
entropia (fig. 1.9).
È facile a questo punto tracciare su questo
diagramma il ciclo termodinamico visto
prima (fig. 1.10). Si può partire dal liquido
saturo che lascia il condensatore (punto 1):
la laminazione è un processo in cui non si
manifesta variazione di entalpia. Viene quindi
rappresentato dalla linea verticale che dal
FIG. 1.8Schema a blocchi di un ciclo frigorifero o a pompa di
calore: è visibile il senso dei flussi termici
VALVOLA COMPRESSORE
CONDENSATOREtemp. = 30°C press. = 12 atm.
temp. = 10°C press. = 2,5 atm.
EVAPORATORE
Qc
Qe
PQc = Qe + P
FIG. 1.9Diagramma pressione-entalpia per un fluido frigorifero
(ENTALPIA)
(PRE
SSIO
NE)
T =
costa
nte
(tem
pera
tura
)
S = co
stante
(entro
pia)
P
Pc C
h
15
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punto 1 raggiunge la pressione più bassa
dell’evaporatore. Qui a pressione costante
si ha la progressiva evaporazione del fluido
frigorifero fino alle condizioni di vapore saturo
(punto 3). Il processo nel compressore, se
condotto idealmente, è ad entropia costante.
Si segue quindi la curva dell’entropia che
passa per il punto 3 fino a raggiungere la
pressione del condensatore. La condizione
del punto 4 è al di fuori della campana del
vapore umido. È infatti vapore surriscaldato. Si
trova ad una temperatura più alta di quella di
condensazione. Esso viene prima raffreddato
del condensatore (desurriscaldato), poi
condensa a temperatura costante e si ritorna
al punto 1. L’effetto utile è la variazione di
entalpia dal punto 4 al punto 1. Il lavoro
necessario per ottenere questo effetto utile è
la variazione di entalpia dal punto 4 al punto
3. L’energia resa disponibile dalla sorgente
fredda è la variazione di entalpia dal punto 3
al punto 2.
Non si è detto fin qui che cosa sia l’entalpia
e non è importante darne in questa sede
una definizione rigorosa. Basti sapere che
l’entalpia è una proprietà di un sistema dalla
cui variazione si possono valutare le quantità
di calore o lavoro scambiate con l’esterno
del sistema nelle varie trasformazioni. Nel
diagramma considerato la variazione di
entalpia viene data per ogni kg di fluido e
percorre il ciclo.
Le quantità di calore di lavoro scambiate nel
ciclo sono proporzionali, perciò, alle lunghezze
dei segmenti orizzontali del ciclo. Ad esempio
41 può denotare la quantità di calore ceduto
al condensatore per ogni chilogrammo di
fluido che percorre il ciclo, 23 quella sottratta
all’evaporatore, 34' è il lavoro fornito al
compressore.
Si osservi che, nel rispetto del primo principio,
si ha:
FIG. 1.10Ciclo ideale di pompa di calore a compressione su diagramma pressione-entalpia
(PRE
SSIO
NE)
1
2 3 4’
4
P
h1 = h2 h4 = h4’ hh3
16
R I S C A L D A M E N T OR E S I D E N Z I A L E> > >
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UPPORTO S ECNICOT ROGETTISTIP
41 = 23 + 34’
Qc = Qe + L
Si è segnato su diagramma il ciclo più
semplice; mancano, ad esempio le inevitabili
cadute di pressione attraverso condensatore
ed evaporatore ed anche il processo di
compressione è considerato ideale. Pur
trascurando le cadute di pressione, si
dovrebbe tener conto che in un processo reale
di compressione l’entropia aumenta, quindi
il punto finale si trova più a destra di quanto
indicato.
Si desidera quasi sempre avere un leggero
surriscaldamento all’aspirazione del
compressore. Tale surriscaldamento è teso
ad evitare l’eventuale ingresso di goccioline
di liquido al compressore. Dal momento
che il liquido è praticamente incomprimibile,
tale eventualità potrebbe danneggiare il
compressore o comunque abbreviarne la vita.
Il surriscaldamento viene solitamente realizzato
a spese di un sottoraffreddamento del liquido
all’uscita del condensatore: in altre parole alla
pressione di condensazione il liquido viene
raffreddato al di sotto della temperatura di
saturazione (fig. 1.11). Lo schema a blocchi
del ciclo così rappresentato è illustrato dalla fig.
1.12. All’uscita dell’evaporatore (punto 3) si
suppone di avere vapore saturo: questo viene
surriscaldato in uno scambiatore di calore,
sottraendo calore al liquido che esce dal
condensatore. Si arriva al punto 3’; si ha poi la
compressione fino a 4’. Il vapore surriscaldato
viene raffreddato nel condensatore fino a
condizione di vapore saturo e poi condensato
(punto 1).
Il liquido saturo passa nello scambiatore,
dove viene sottoraffreddato fino ad 1’ e di
lì, infine, attraverso l’organo di laminazione,
fino al punto 2’. La quantità di calore
necessaria a surriscaldare il vapore è fornita
dal sottoraffreddamento del liquido: perciò i
segmenti 11' e 33' sono eguali.
Uno dei vantaggi del sottoraffreddamento
FIG. 1.11Rappresentazione su diagramma pressione-entalpia del ciclo a pompa di calore a compressione con sottoraffreddatore-surriscaldatore
(PRE
SSIO
NE)
2
1
2’
1’
33 3’
4’ 4’’4
P
h
17
C L I M A T I Z Z A Z I O N E I N D U S T R I A L E> > >
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UPPORTO S ECNICOT ROGETTISTIP
è la possibilità di sottrarre all’evaporatore
una maggiore quantità di calore per ogni kg
di fluido che circola: si noti infatti come il
segmento 2'3 sia più lungo di 23 .
Le prestazioni del compressore sono
caratterizzate dal suo rendimento isentropico,
così definito (fig. 1.11):
ηis =h4’ - h3’
h4’’ - h3’
Si tratta del rapporto fra il lavoro ideale di
compressione (processo isentropico) e quello
reale.
Un rendimento isentropico inferiore ad 1, e
di solito non superiore a 0,8, non è l’unico
motivo per cui il COP è inferiore a quello
del ciclo di Carnot fra le stesse temperature.
Un effetto molto importante è dovuto alle
differenze di temperatura che si devono avere
fra il fluido operativo, il fluido frigorifero, e le
sorgenti calda e fredda perché avvenga lo
scambio di calore.
Come è noto, la trasmissione del calore da
un sistema ad un altro può avvenire soltanto
se esiste una differenza di temperatura fra i
due sistemi. Tanto più grande la differenza
di temperatura, tanto maggiore è la quantità
di calore trasmessa e quindi la potenza
termica scambiata. Tale potenza termica Q è
proporzionale alla differenza di temperatura T
ed all’area di scambio S:
Q = KSΔT
Quindi se si vuole scambiare una certa
potenza termica con una certa area di
scambio, è necessario prevedere un adatto
salto di temperatura. In tal modo nella
pompa di calore la sorgente fredda deve
trovarsi a temperatura superiore a quella
dell’evaporatore, perché possa cedere
calore ad esso e la sorgente calda deve
trovarsi a temperatura inferiore a quella del
condensatore per riceverne calore.
La fig. 1.13 rappresenta il ciclo che si avrebbe
avuto con differenze di temperatura nulle e
il ciclo che la pompa di calore deve seguire,
date le differenze di temperatura. Si nota
subito un maggior lavoro del compressore
ed una minore quantità di calore sottratta alla
sorgente fredda.
Vi sono altre numerose ragioni per la
riduzione del COP, comunque tutte meno
importanti di quella appena considerata. Una
è il processo irreversibile che avviene nella
valvola di laminazione con una perdita netta
di energia utilizzabile: l’energia di pressione
posseduta dal fluido viene degradata. Il
processo è accompagnato da una certa
produzione di vapore che riduce l’effetto
frigorifero. Generalmente non si considera
conveniente sfruttare il salto di pressione, data
la complessità dell’espansore ed il modesto
FIG. 1.12Schema a blocchi di pompa di calore a compressione
dotata di sottoraffreddatore-surriscaldatore
COMPRESSORE
SCAMBIATORE DI CALORE
CONDENSATORE
EVAPORATORE
1’ 3
3’
2’
1 4’
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UPPORTO S ECNICOT ROGETTISTIP
lavoro ottenibile. Recenti prototipi di macchine
hanno cominciato a farlo.
Un’altra ragione di riduzione può essere
il lavoro necessario a portare a contatto
evaporatore e condensatore con le sorgenti
termiche. Ad esempio, in una pompa di calore
che lavora con l’aria esterna, l’aria esterna
viene fatta passare attraverso la batteria
dell’evaporatore con un ventilatore.
Questo richiede un lavoro che va a sommarsi
a quello del compressore, riducendo il COP.
Oppure, se la sorgente fredda è un’acqua
sotterranea, bisogna azionare una pompa.
Egualmente, all’interno dell’ambiente sarà
necessario mettere in movimento aria o acqua
a contatto con le pareti del condensatore.
Un’ulteriore causa di riduzione deriva
dall’efficienza non unitaria del motore elettrico
che aziona la pompa di calore.
Anche nel funzionamento reale della
macchina vi è una forte dipendenza del COP
dalla temperatura della sorgente fredda e da
quella del calore utile prodotto. Può essere
utile la rappresentazione semplificata di
fig.1.14 In essa, ipotizzata una temperatura
al condensatore di 60°C viene rappresentato
il COP di macchine reali di diversa qualità ed
il valore teorico in funzione della differenza
fra le temperature di condensazione e di
evaporazione. È importante notare come tale
differenza influisca molto fortemente sulle
prestazioni di ogni tipo di macchina. Risulta
quindi di estrema importanza sia la scelta
della sorgente fredda più adatta che della
temperatura di impiego dell’energia termica
prodotta.
(PRE
SSIO
NE)
P
h
Δt CONDENSAZIONE
Δt EVAPORAZIONE
FIG. 1.13Rappresentazione su diagramma pressione-entalpia del ciclo a pompa di calore a compressione con sottoraffreddatore-surriscaldatore
19
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FIG. 1.14COP di pompe di calore di diversa qualità confrontate con il valore teorico per diversi incrementi di temperatura consentiti
(temperatura utile 60°C)
Pom
pe d
i calo
re d
i elev
ate p
resta
zioni
Pom
pe d
i calo
re d
i med
ie pr
estaz
ioni
Pom
pe d
i calo
re d
i vec
chia
conc
ezio
neciclo di Carnot inverso
Tc = 60°C
COP praticamente ottenibili
COP
incremento ditemperatura (°C o K)
20
5
10
15
4030 50 60
20
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21
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UPPORTO S ECNICOT ROGETTISTIP
I primi sono decisamente quelli maggiormente
impiegati. La compressione viene attuata
sostanzialmente intrappolando un certo
volume di gas alla pressione di aspirazione,
riducendo progressivamente lo spazio a
disposizione ed aumentando quindi la
pressione.
Nei compressori centrifughi l’effetto di
compressione è dovuto alla forza centrifuga
esercitata sul gas da un elemento girante a
velocità relativamente elevata. All’effetto di
spinta centrifuga si aggiunge la trasformazione
2.1 IL COMPRESSORE
Il compressore è il cuore pulsante della pompa
di calore come delle macchine frigorifere che
operano con ciclo a compressione di vapore.
È il compressore che provvede ad aspirare il
vapore di refrigerante a bassa pressione e a
portarlo alla pressione più elevata necessaria
alla condensazione a più alta temperatura.
I compressori sono tradizionalmente classificati
secondo due grandi famiglie:
• Compressori volumetrici (positive displacement)
• Compressori centrifughi
CaP. 2I COMPONENTI DELLA POMPA DI CALORE
FIG. 2.1Sezione di un compressore bicilindrico alternativo a
pistoni. Si nota a sinistra la valvola di mandata aperta,
mentre a destra si è in fase di aspirazione
FIG. 2.2Particolari delle valvole automatiche di aspirazione e di
scarico di un compressore alternativo a pistoni
22
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apertura automatica. Si osservi in fig. 2.1
una sezione di un compressore bicilindrico a
pistoni. Si nota nel cilindro di sinistra l’apertura
della valvola di scarico, mentre in quello di
destra la valvola di scarico è chiusa e si è
aperta la valvola di aspirazione. Le valvole
sono realizzate mediante delle lamine flessibili
(più robusta quella sulla mandata e più
“leggera” quella di aspirazione). Sono valvole
a sviluppo circonferenziale (fig. 2.2) in modo
da garantire la maggiore sezione di flusso
possibile con limitate perdite di carico. Si
deve tener conto che l’aria passa attraverso le
valvole ad elevatissima velocità.
Nella corsa dal punto morto superiore (PMS)
verso il punto morto inferiore (PMI) il pistone
crea una depressione che comporta l’apertura
della valvola di aspirazione e il deflusso del
vapore di refrigerante dall’evaporatore, dove
si trova alla pressione più bassa di ciclo (fig.
2.3). La valvola di aspirazione tuttavia può
aprirsi solo dopo che all’interno del cilindro
a valle della girante dell’energia cinetica
acquistata dal gas in energia di pressione
per progressiva riduzione di velocità in un
elemento diffusore (voluta).
Questi ultimi trovano impiego nelle macchine
di grande potenzialità (ordine di grandezza 1
MW). Se è vero che i compressori volumetrici
vengono utilizzati in una gamma di potenzialità
che va da pochi kW (a volte poche centinaia
di W) fino ad alcune centinaia di kW, bisogna
anche ricordare che le tipologie sono molto
diverse e spesso specializzate in certi intervalli
di potenza.
Il compressore del quale è più agevole
illustrare il funzionamento è senza dubbio
il compressore alternativo a pistoni. In un
cilindro si muove un pistone azionato da
biella e manovella o da un sistema ad
eccentrico con una grande somiglianza con
un motore automobilistico. Ovviamente non
c’è la candela di accensione e le valvole di
aspirazione e di mandata sono valvole ad
FIG. 2.3Schema di funzionamento di un compressore alternativo a pistoni con evidenziati il volume nocivo e il volume generato
VOLUMEGENERATO
ANELLI DI TENUTA DEL PISTONE
BIELLA
ALBERO A GOMITI
MANOVELLA
VOLUME NOCIVO
VALVOLE
23
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come al PMS per garantire le dilatazioni e per
lasciare spazio alle valvole resta comunque
uno spazio fra cielo del pistone e testata. In
tale spazio resta un corrispondente volume di
vapore compresso e di cui si è parlato poco
sopra.
Questo volume dovrebbe essere il più ridotto
possibile, tanto che viene indicato come
volume nocivo. Infatti l’espansione del vapore
lì racchiuso limita l’entità di vapore che può
essere aspirato ad ogni corsa del pistone,
per cui il volume aspirato risulta inferiore
al volume generato (per intenderci quello
spazzato effettivamente dal pistone). Viene
definito il rendimento volumetrico ηv come
il rapporto fra volume aspirato Va e volume
generato Vg
Va
Vg ηv =
Non è difficile dimostrare, applicando alle
trasformazioni riportate in fig. 2.5 la legge dei
gas ideali, considerando sia la compressione
la pressione è scesa al valore più basso,
essendosi completata l’espansione del vapore
che era rimasto intrappolato nello spazio
morto (volume nocivo) compreso fra pistone
e testata al PMS. Il diagramma di indicatore
di fig. 2.4 illustra assai bene la situazione:
la corsa del pistone dal PMS al PMI viene
rappresentata in tale diagramma dalle lettere
dab. Da d ad a si ha l’espansione del vapore
intrappolato nel volume nocivo, mentre da a
a b si ha l’effetto di aspirazione e il volume
spazzato dal pistone in quella fase è tutto
volume aspirato di vapore da comprimere.
Nella corsa dal PMI al PMS il pistone riduce
lo spazio a disposizione del vapore: subito
la valvola di aspirazione sottoposta ad una
pressione si chiude e la corsa dalla lettera
b alla lettera c avviene a valvole chiuse. La
pressione aumenta fino al valore di taratura
della valvola di mandata (pressione p2): a quel
punto si apre la valvola di mandata e il vapore
viene inviato verso il condensatore. Si nota
FIG. 2.4Diagramma di indicatore di un ciclo di compressione
per un compressore alternativo: a-b fase di aspirazione,
b-c compressione a valvole chiuse, c-d mandata del
gas compresso, d-a espansione del gas contenuto nel
volume nocivo
FIG. 2.5Diagramma di indicatore di un ciclo di compressione
con evidenziati il volume generato, Vg, il volume
aspirato Va e il volume nocivo Vn
VOLUME GENERATO
VOLUMEASPIRATO
a b
cd
p
p2
p1
V
a
bc
d
p
p2
p1
vn vg
vaV
24
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che l’espansione a valvole chiuse come
processi adiabatici reversibili che il rendimento
volumetrico dipende sia dall’entità relativa del
volume nocivo Vn che dal rapporto ρ delle
pressioni (k è il rapporto caratteristico per il
gas considerato dei calori specifici a pressione
e a volume costante):
Va
Vg
Vn
Vg ηv = = = 1 - (ρ - 1)
Vg + Vn (1 - ρ ) 1k
Vg
1k
Apparentemente un basso rendimento
volumetrico non danneggia le prestazioni del
ciclo. Infatti il lavoro aggiuntivo necessario a
comprimere il vapore che resterà intrappolato
nel volume nocivo viene restituito nella fase
di espansione. Nella realtà per un basso
rendimento volumetrico un compressore
di data cilindrata dovrà compiere più corse
per comprimere un certo volume di gas. Ne
derivano maggiori perdite per attrito ed una
maggiore dimensione della macchina per una
data potenza. In più è facile rendersi conto
che, all’aumentare del rapporto delle pressioni,
si riduce sempre di più il volume aspirato
fino a portarsi a valori davvero molto bassi e
che suggeriscono in quel caso di attuare la
compressione almeno in due stadi (fig. 2.6).
Il compressore alternativo a pistoni è rimasto
per lunghi anni il compressore in assoluto
più diffuso fra i compressori volumetrici
per la sua semplicità costruttiva e per
l’effetto di “primogenitura” con produzioni di
massa ed effetto scala sui costi. Si trattava
quindi del compressore più economico
e che aveva raggiunto per primo la piena
maturità tecnologica. Le sue posizioni hanno
cominciato a perdere quota con l’avvento
dei compressori a vite. Si può dire che
alcune delle motivazioni che hanno portato
ad una progressiva “marginalizzazione” dei
compressori alternativi a pistoni sono state le
seguenti:
• Per potenze dell’ordine di qualche centinaio
di kW le dimensioni delle macchine erano
piuttosto importanti.
FIG. 2.6Ciclo di compressione con due diverse pressioni di
mandata. Alla pressione più alta si nota una forte
riduzione del rendimento volumetrico a causa
dell’espansione del gas contenuto nel volume nocivo
FIG. 2.7Andamento del flusso di gas compresso alla mandata
in un compressore alternativo a semplice effetto. Nel
primo mezzo giro dell’albero si ha l’aspirazione e la
mandata nel secondo mezzo giro. Si nota come il
flusso sia discontinuo
p
V 360180
0
25
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che può prelevare il gas compresso in una
zona a piacere nel percorso longitudinale fra
ingresso e uscita. Il vapore di refrigerante resta
intrappolato nella tasca che si forma fra le due
viti a partire dalla zona di aspirazione e viene
spinto verso la zona assialmente opposta con
volumi via via più ridotti.
Il funzionamento del compressore garantisce
una buona uniformità nel flusso di gas
compresso, dato che nella rotazione si
alternano al tempo stesso momenti di
aspirazione con momenti in cui il gas ha
completato il suo percorso di compressione
(fig. 2.9). Attualmente il compressore a vite
si impiega largamente per la produzione
dell’aria compressa e per macchine frigorifere
di potenza superiore a 50 kW e si può dire
che nelle potenza da 100 kW fino ad alcune
centinaia di kW non ha rivali, sia per la sua
compattezza che per la sua efficacia.
Nel campo di potenza sotto i 50 kW si sono
sviluppate due tecnologie molto diverse:
• Il compressore a pistoni per la sua intrinseca
natura fornisce un flusso di vapore compresso
discontinuo (si veda in fig. 2.7 come ad ogni
giro dell’albero si abbia il flusso tratteggiato
di vapore compresso). L’inconveniente può
essere limitato da compressori pluricilindrici
ovviamente di maggior costo ed impegno
tecnologico.
• Il compressore a pistoni ha un
funzionamento più “ruvido”, moderato dalla
presenza del volano (come nei motori
automobilistici), ma che comunque richiede
una coppia di spunto alla partenza di un certo
rilievo, anche qualora si possa realizzare a
valvole aperte. Un fenomeno molto comune è
l’abbassamento momentaneo della tensione
di rete per l’assorbimento di potenza all’avvio
della macchina.
Va fatto rilevare che lo sviluppo dei
compressori a vite, così come anche delle
altre macchine che si sono via via diffuse è
legato alla crescita tecnologica nel settore
delle macchine utensili che ha consentito di
sviluppare macchine a controllo numerico con
tolleranze realizzative anche su componenti
di grande complessità geometrica di un
ordine di grandezza più basso che non
precedentemente. In effetti il compressore a
vite si basa su un’idea di partenza abbastanza
semplice che in una delle tante versioni che si
sono realizzate prevede due viti (un maschio
e una femmina) che ingranano l’una nell’altra
con spazi definiti nel percorso da ingresso ad
uscita (fig. 2.8). Le due viti sono ospitate in
un frame di contenimento che è dotato dei
collegamenti sia con la zona di aspirazione
nella parte iniziale e di mandata nel terminale
opposto con un cassetto di distribuzione
FIG. 2.9Schema illustrativo compressione in compressore a vite
FIG. 2.8Viti maschio e femmina di un compressore a vite
ASPIRAZIONE MANDATA
26
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FIG. 2.12Schema del meccanismo di trasmissione del movimento
orbitante alla spirale a partire dal movimento rotativo dell’albero
motore
ALBEROMOTORE
DISASSAMENTO
SPIRALE ORBITANTE
CUSCINETTO
SEDE DELCUSCINETTO
Il compressore scroll o a spirali orbitanti,
sempre più impiegato nel campo di potenze
da qualche kW fino ad alcune decine di kW,
merita alcuni approfondimenti, anche per
l’apparente complessità di funzionamento. La
sua ideazione risale ad un inventore francese,
un certo Léon Creux che lo brevettò nel
lontanissimo 1905. La tolleranza necessaria
alle lavorazioni delle complesse figure delle
spirali ne ritardò l’ingresso sul mercato agli
anni ’80.
L’elemento principale del compressore scroll
sono appunto le spirali: una spirale fissa
ed una orbitante che nel suo movimento
rotola sulla fissa (fig. 2.11). La tenuta è
garantita nel senso del diametro dalla qualità
• Il compressore a palette o rotativo;
• Il compressore scroll o a spirali orbitanti.
Il compressore a palette o rotativo è realizzato
in diverse versioni. Una semplice versione è
illustrata in fig. 2.10. Qui si vede un eccentrico
che lavora entro una carcassa sulla cui
superficie può rotolare realizzando in ogni
istante un punto di contatto che intrappola il
gas da comprimere, delimitato dall’altra parte
da una lama tenuta a contatto dell’eccentrico
da una molla. Benché la gittata di refrigerante
garantita dal compressore descritto non sia
regolare, altre tipologie costruttive con un
maggior numero di palette consentono un
deflusso abbastanza regolare e senza ruvidità
del refrigerante compresso.
FIG. 2.10Sezione di un compressore rotativo ad eccentrico
FIG. 2.11Dettagli delle spirali fissa ed orbitante di un
compressore scroll
MANDATA
LAMA
ASPIRAZIONE
27
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FIG. 2.14Sezione schematica delle due spirali del compressore
scroll con evidenziata una fase di compressione
FIG. 2.13Sezione schematica delle due spirali del compressore
scroll con evidenziata una fase di aspirazione
SPIRALE FISSA
ASPIRAZIONE
realizzativa delle superfici a contatto. Ed inoltre
aiuta molto, come anche in gran parte dei
compressori a vite e a palette, la presenza di
un velo di lubrificante che, oltre ad avere la
funzione di ridurre gli attriti, ha proprio quella
di svolgere una funzione di tenuta. Infatti
la prima tendenza del gas compresso è di
indirizzarsi verso la zona a pressione minore,
cioè di tornare nella zona di aspirazione. Si
deve sottolineare che il movimento della
spirale mobile non è affatto rotatorio, ma
orbitante, in questo consentito dalla posizione
eccentrica rispetto all’albero di rotazione
dell’alberino cui è collegata. Si ricorre ad un
giunto di Oldham, la cui funzione è proprio
quella di fornire un movimento orbitante a
partire da un movimento rotatorio (fig. 2.12).
Se si osserva la posizione reciproca delle
due spirali, si vede che in un certo momento
lasciano un’apertura nella zona di aspirazione,
tempestivamente riempita dal refrigerante a
bassa pressione aspirato dall’evaporatore (fig.
2.13). Basta poco più di un quarto di giro
perché il movimento della spirale orbitante
chiuda la porta alla spalle del vapore che è
appena entrato. Questo si trova delimitato
in uno spazio che, a mano a mano che la
spirale mobile rotola su quella fissa, si riduce
sempre di più, comprimendo quindi il gas
(fig. 2.14). Alla fine il gas si ritrova nella zona
centrale fra le due spirali, dove è posizionata
la mandata verso il condensatore e dove può
uscire compresso dallo spazio in cui era stato
delimitato. Si osservi che, mentre abbiamo
seguito queste fasi di compressione, le due
spirali intanto hanno elaborato altre fasi quasi
in contemporanea di aspirazione e di mandata
(fig. 2.15).
FIG. 2.15Sezione schematica delle due spirali del compressore scroll
con evidenziata la presenza contemporanea ad un dato
istante di fasi di aspirazione, compressione e mandata
ASPIRAZIONE COMPRESSIONE
MANDATA
28
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si ha nel processo reale (fig. 2.17). Quanto
migliore è il rendimento isentropico tanto
minore è il lavoro di compressione che si deve
fornire alla macchina a parità di servizio:
Lid
Lr
h2’ - h1
h2 - h1is = =
Inoltre il compressore scroll ha un maggiore
rendimento volumetrico, inteso come il
rapporto fra il volume di gas effettivamente
compresso e il volume dello spazio di
compressione rispetto ad un compressore
alternativo a pistoni di pari capacità. Il
vantaggio è tanto più significativo quanto
maggiore è il rapporto delle pressioni (fig.
2.18).
Dall’esterno il compressore scroll si presenta
quasi sempre come una specie di barilotto a
sviluppo verticale (fig. 2.19). In esso la parte
di compressore vero e proprio si limita ad una
zona di ridotte dimensioni nella parte alta,
dove si possono notare le due spirali. Al di
sotto di queste si vede l’albero motore con
il giunto di Oldham, mentre gran parte del
Quali sono i punti delicati del compressore
scroll? Anzitutto l’accuratezza delle lavorazioni
e della lubrificazione che consenta la tenuta
nel senso del diametro. Vi è poi da garantire
la tenuta nel senso dell’altezza con adatte
guarnizioni che devono resistere nel tempo
all’effetto di strisciamento (in ciò aiutate molto
dalla lubrificazione): infatti si deve avere
un minimo gioco nel senso dell’altezza per
consentire il movimento relativo delle spirali
con il gas che presenta la naturale tendenza
di ritornare dal centro, dove la pressione è più
alta, verso la periferia (fig.2.16).
Il compressore scroll presenta molti vantaggi.
Anzitutto un migliore rendimento isentropico
di compressione dal momento che non
presenta le perdite di carico tipiche nei
compressori alternativi a pistoni dovute
alle valvole. Il rendimento isentropico
della compressione ηis è il rapporto fra il
lavoro ideale che si sarebbe avuto con una
compressione adiabatica reversibile (quindi
senza aumenti di entropia) e quella che invece
FIG. 2.16Dettaglio di una sezione di un compressore scroll con
evidenziate le guarnizioni di tenuta ed i giochi necessari
per il movimento
FIG. 2.17Rappresentazione sul piano temperatura-entropia di
una compressione adiabatica reversibile 12’ e di una
compressione reale con aumento di entropia 12
T
S
P2
P12
2'
1
29
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UPPORTO S ECNICOT ROGETTISTIP
rend
imen
to v
olum
etric
io
10
32 4 5 6 7 8
30
50
70
90
100
rapporto delle pressioni
temperatura di condensazione 50°C
alternativo
scroll
FIG. 2.18Confronto del rendimento volumetrico di un compressore alternativo a pistoni e di uno scroll in funzione del rapporto
delle pressioni
barilotto è occupata dal motore elettrico che
aziona il compressore.
Trattando delle problematiche del
compressore, conviene fare cenno anche alla
fondamentale tematica della modulazione di
potenza. Infatti la macchina scelta avrà una
sua potenza nominale, scelta dal progettista
con i criteri che verranno più avanti affrontati
e frequentemente dovrà fornire una potenza
inferiore a quella nominale. La modalità
più semplice per adattare la potenza della
macchina al carico richiesto è la cosiddetta
regolazione in attacca-stacca o in ON-OFF. Il
compressore opera a potenza nominale fino a
che un segnale, ad esempio da un termostato
che rileva il raggiungimento di una certa
temperatura nell’ambiente, lo ferma per un
determinato intervallo di tempo, per poi farlo
ripartire, quando, ad esempio, la temperatura
indicata scende sotto un diverso valore di set
FIG. 2.19Spaccato di un compressore scroll della Copeland: 1,
mandata; 2, spirale orbitante; 3, spirale fissa; 4, giunto
di Oldham; 5, aspirazione; 6, albero; 7, motore elettrico
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inverter, vale a dire un dispositivo elettronico
in grado di modificare la frequenza della
corrente elettrica alternata, sia nel senso di
aumentarla rispetto ai 50 Hz della rete, sia di
ridurla. Si ha così modo di avere una velocità
variabile del compressore in una gamma
abbastanza ampia. Non tutta la gamma delle
velocità è disponibile, dal momento che a
velocità decrescenti tendono a prevalere
i ritorni di gas compresso verso la zona
di aspirazione. Ad esempio la frequenza
potrebbe variare da 30 a 75 Hz. A 75 Hz
si ha la massima capacità della pompa di
calore, mentre a 30 Hz si ha la minima. Per
potenze inferiori alla minima si provvede
anche per i sistemi modulanti in continua al
funzionamento in attacca- stacca. I vantaggi
del funzionamento con inverter si possono
così elencare:
• Maggiore benessere degli occupanti dal
momento che istante per istante si fornisce
esattamente il carico richiesto.
• Maggiore rendimento del sistema con valori
di COP ai carichi parziali addirittura migliori
che a carico nominale. Infatti a carico parziale
in questo caso le portate di refrigerante che
devono trarre calore dall’evaporatore e fornirlo
al compressore sono minori e quindi con le
superfici di scambio messe a disposizione le
differenze di temperatura si riducono e il ciclo
diventa più favorevole.
• La partenza della macchina può essere molto
dolce senza sbalzi di tensione perché viene
attuata alla minima velocità di rotazione e poi
il compressore viene accelerato dall’inverter
alla velocità di rotazione richiesta.
point. Questa modalità operativa presenta una
serie di svantaggi.
• I due set point di temperatura devono essere
abbastanza distanziati per evitare un numero
eccessivo di partenze e fermate soprattutto in
presenza di carichi ridotti.
• Maggiore è la distanza fra il valore di set
point di partenza da quello di fermata,
maggiore è l’oscillazione di temperatura
nell’ambiente riscaldato con possibile disagio
per gli occupanti.
• Il funzionamento in attacca-stacca riduce il
valore del COP per le perdite che si realizzano
nella fasi transitorie di fermata e soprattutto di
ripartenza.
• Ogni ripartenza del compressore è un piccolo
trauma per il motore elettrico del compressore
con relativa microincisione sull’avvolgimento e
rischio di guasto precoce.
• Ogni ripartenza della macchina presenta una
coppia di spunto con possibile momentaneo e
fastidioso abbassamento della tensione.
Va rilevato che molti degli inconvenienti
elencati sono stati progressivamente
minimizzati, ma alcuni non vanno sottovalutati,
per cui da sempre si è cercato di modulare la
potenza delle macchine.
In un primo tempo si è fatto ricorso per
i compressori alternativi pluricilindrici alla
cortocircuitazione delle valvole di aspirazione
e mandata di uno o più cilindri, riducendo così
la potenza del compressore, a prezzo delle
perdite per attrito nel funzionamento a vuoto
del cilindro escluso.
La modalità di parzializzazione considerata più
efficace è stata tuttavia la variazione continua
nella velocità di rotazione del compressore.
Questa può essere ottenuta mediante un
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Gli svantaggi dell’inverter sono da un lato il
maggiore costo e dall’altro un assorbimento
di potenza dovuto alle trasformazioni sulla
corrente elettrica che riduce il rendimento di
qualche punto percentuale al carico nominale
della macchina.
Recentemente si è proposta una versione
ingegnosa di compressore scroll nel quale
è possibile attuare la modulazione con un
sistema brevettato che va sotto il nome di
“digital scroll©” dovuto alla Copeland. In
sostanza il sistema è basato sulla possibilità di
separare di una piccola distanza le due spirali
durante il funzionamento per un intervallo di
tempo prestabilito. Un dispositivo con valvola
a solenoide può scaricare la pressione in una
camera di sovrapressione che tiene a contatto
FIG. 2.20aDettaglio del sistema Digital Scroll© in fase di carico con valvola solenoide chiusa e camera di sovrapressione carica
FIG. 2.21aRappresentazione di un ciclo a vuoto di 18 secondi su
20, capacità del compressore ridotta al 10%
FIG. 2.20BDettaglio del sistema Digital Scroll© a spirali scariche con valvola solenoide aperta e camera di sovrapressione scarica
FIG. 2.21BRappresentazione di un ciclo a vuoto di 10 secondi su
20, capacità del compressore ridotta al 50%
CAMERA DISOVRAPRESSIONE
ALTA PRESSIONE
VALVOLA SOLENOIDE A 2 VIE
FORO CALIBRATO
BASSA PRESSIONE
CAMERA DISOVRAPRESSIONE
ALTA PRESSIONE
VALVOLA SOLENOIDE A 2 VIE
FORO CALIBRATO
BASSA PRESSIONE
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secondi si può far funzionare il compressore a
vuoto per intervalli di 18 secondi, ottenendo
in tal modo una potenza al 10% (fig. 2.21a),
oppure per intervalli di 10 secondi ottenendo
una parzializzazione al 50% (fig. 2.21b).
L’operazione di modulazione in questo modo
non è a costo zero, dal momento che il
compressore anche a vuoto richiede energia
che comunque è dell’ordine del 7% rispetto
al funzionamento a regime e quindi si tratta di
una modalità assai conveniente almeno in un
range ragionevole di parzializzazione.
Infine si deve notare che sia nei compressori a
vite che in alcuni modelli di compressore scroll
è possibile realizzare un’iniezione di liquido o
di vapore di refrigerante a ridotta temperatura
nella fase intermedia di compressione. Questa
iniezione consente tramite la successiva
evaporazione di refrigerante di attuare un
raffreddamento intermedio che riduce in
modo apprezzabile il lavoro di compressione,
in particolare quando il compressore per valori
la spirale fissa con quella orbitante per periodi
di tempo preordinati. Questo produce un
innalzamento di circa 1 mm della spirale fissa
e si arresta il flusso di gas alla mandata (le
spirali girano a vuoto.
Si osservi in fig. 2.20a la posizione delle
spirali nella sezione longitudinale del
compressore mentre lavorano: la stessa
pressione prodotta spinge verso il basso
la spirale fissa e la mantiene a contatto
con la spirale orbitante. La figura illustra la
possibilità tramite un collegamento della
camera di sovrapressione di scaricare la stessa
consentendo un passaggio di gas attraverso la
valvola solenoidale nella zona di aspirazione.
L’attivazione del solenoide riesce così a
scaricare la spirale fissa che viene innalzata
dalla molla di circa 1 mm (fig. 2.20b). Questo
fa sì che il compressore lavori a vuoto fino
a che il solenoide non venga disattivato.
L’operazione può avvenire ad intervalli
prefissati. Ad esempio in un ciclo di 20
FIG. 2.22Ciclo economizzatore per un compressore a vite. Si nota in 6 l’invio di vapore a temperatura più ridotta rispetto a quella del
vapore in corso di compressione
COMPRESSORE
4 3
2
1
6
7
5
EVAP
ORAT
ORE
SEPA
RATO
RECO
NDEN
SATO
RE
LAM. 2
pc
pi
peLAM. 1
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FIG. 2.23Rappresentazione sul piano pressione-entalpia degli stati caratteristici del refrigerante indicati nello schema a blocchi della figura precedente
p
h
pc
pi
pe
1
3
4 5
6
7
2
di funzionamento dell’evaporatore rispetto a
quella del condensatore.
Infine si deve notare che, se è vero che
la grande maggioranza dei compressori
è azionata da motore elettrico, esiste la
possibilità che siano azionati anche da un
motore a combustione interna, tipicamente
un motore alternativo a pistoni, realizzando
una tipologia di pompa di calore con motore
(di solito a gas). Il grande vantaggio di questa
tecnologia è di disporre anche del calore di
recupero del motore (dal raffreddamento della
camicia dei cilindri, dell’olio lubrificante e dei
fumi di scarico) con valori molto elevati del
REP (Rapporto di Energia Primaria). I problemi
sono legati oltre che al costo iniziale molto più
elevato, alle problematiche di manutenzione
e gestione (cambio dell’olio e revisioni
periodiche) e di rumorosità.
2.2 CONDENSATORI ED EVAPORATORI
Condensatori ed evaporatori sono gli elementi
di temperatura di evaporazione molto bassa
deve operare con elevati rapporti di pressione.
La fig. 2.22 mostra quanto avviene in un
compressore a vite: al compressore arriva
del vapore ad una pressione intermedia
la cui temperatura è ridotta rispetto a
quella del vapore compresso fino a quella
pressione dal compressore a vite. Infatti
dal condensatore il refrigerante ha subìto
una prima laminazione con riduzione di
temperatura da 1 a 2 (fig. 2.23). Ne deriva
una temperatura più ridotta per la successiva
compressione fino al valore finale con un
più limitato valore complessivo del lavoro di
compressione. Questa operazione, indicata
come ciclo economizzatore, si può realizzare
facilmente anche nei compressori centrifughi
che presentano sempre almeno due stadi di
compressione. Recentemente si può effettuare
vantaggiosamente anche nei compressori
scroll (fig.2.24) con vantaggi tanto più
significativi quanto più bassa è la temperatura
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FIG. 2.25Schema a blocchi di una pompa di calore aria-aria nel funzionamento estivo
COMPRESSORE
BATTERIA ESTERNA BATTERIA
INTERNA
BOTTIGLIA ANTICOLPO
DI LIQUIDO
FIG. 2.24Ciclo economizzatore per un compressore scroll
VALVOLA DI INVERSIONE
DIREZIONE DEL REFRIGERANTE
FLUSSO DEL REFRIGERANTE
VALVOLA DI INIEZIONE LIQUIDO
COMPRESSORE SCROLL
VALVOLA DI LAMINAZIONE
ENTALPIA
PRES
SION
E
BATT
ERIA
INTE
RNA
BATT
ERIA
EST
ERNA
RISCALDAMENTO
ASPIRAZIONEGs
Gs
Ginj
Ginj + Gs
Ginj INIEZIONE DI LIQUIDO
RAFFREDDAMENTO
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FIG. 2.26Schema a blocchi di una pompa di calore aria-aria nel funzionamento invernale
COMPRESSORE
VAPORE FREDDO
BATTERIA INTERNA
BOTTIGLIA ANTICOLPO
DI LIQUIDO
BATTERIA ESTERNA
LIQUIDOFREDDO
VALVOLA DILAMINAZIONE
FIG. 2.27Andamento delle temperature del refrigerante e dell’aria in fase di riscaldamento nel condensatore
superficie progressiva del condensatore
desurriscaldamento
condensazionesottoraffreddamento
aria
refrigerante
tempe
ratu
ra (°
C)
0,20
45
40
35
55
50
0,60,4 0,8 1,0
di scambio termico vuoi con l’ambiente
interno vuoi con la sorgente o il pozzo termico.
Nelle macchine a ciclo invertibile vengono
scambiati i ruoli fra il funzionamento estivo e
quello invernale.
D’estate la macchina opera come
condizionatore e in una versione molto
diffusa lavora ad espansione diretta su due
batterie ad aria, una interna ed una esterna
(fig. 2.25). Nella figura si nota la valvola a 4
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incentivazioni dello scambio termico consente
da un lato una riduzione di dimensioni e
dall’altro una limitata rumorosità.
Per la batteria esterna invece risultano
essenziali sia una progettazione con
incentivazioni dello scambio termico, ad
esempio ricorrendo ad alette corrugate od
intagliate, dall’altro un’adeguata spaziatura
fra le alette che consenta il drenaggio delle
condense ed un flusso accettabile quando vi
sia brinamento incipiente.
La fig. 2.27 rappresenta l’andamento
dello scambio termico in un condensatore
raffreddato ad aria. Si nota come il refrigerante
prima venga surriscaldato con discesa rilevante
di temperatura, quindi condensi a temperatura
costante e poi venga parzialmente
sottoraffreddato. D’altro lato l’aria subisce un
progressivo riscaldamento nell’attraversare la
batteria.
La pompa di calore appena descritta viene
indicata come pompa di calore aria-aria. Si
possono avere anche pompe di calore aria-
acqua per le quali l’aria è la sorgente fredda
FIG. 2.28Condensatore a fascio tubiero
vie che indirizza il vapore compresso in uscita
dal compressore alla batteria esterna, dove
condensa e poi passa alla batteria interna
per il tramite della valvola di laminazione
per produrre l’effetto frigorifero. D’inverno
la valvola a 4 vie indirizza il flusso dal
compressore verso la batteria interna dove
il refrigerante viene desurriscaldato e poi
condensa con effetto termico utile (fig. 2.26).
Il successivo passaggio attraverso la valvola
di laminazione porta il refrigerante alla più
bassa pressione dove evaporerà nella batteria
esterna, sottraendo calore all’aria esterna.
Nelle figure viene anche rappresentato il
cosiddetto accumulatore o bottiglia anticolpo
di liquido la cui finalità è di fornire al
compressore vapore almeno saturo, evitando
che in ogni caso non gli arrivino gocce di
liquido che, come si sa, è praticamente
incomprimibile e quindi potrebbe
danneggiarlo.
Non vi sono particolari commenti da fare
per la batteria interna, salvo che un’accurata
progettazione che tenga conto delle possibili
VAPORE DI REFRIGERANTE DAL COMPRESSORE
PIASTRA DIDISTRIBUZIONE
TESTATA
VERSO LA VALVOLA DI LAMINAZIONE
ACQUA ALL’INGRESSO
ACQUAALL’USCITA
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FIG. 2.29Evaporatore a fascio tubiero
esterna e la pompa di calore cede calore
al vettore acqua che distribuirà l’energia
termica all’ambiente riscaldato, ad esempio
per il tramite di un pavimento radiante o di
un fan coil. Ovvero si possono avere pompe
di calore acqua-aria dove la sorgente fredda
della pompa di calore è un fluido che deriva
da scambio termico con acque sotterranee
o superficiali ovvero con il terreno, mentre
la pompa di calore riscalda direttamente
l’aria dell’ambiente interno. Infine l’ultima
combinazione è la pompa di calore acqua-
acqua: lo scambio con l’esterno avviene con
acque superficiali o sotterranee o il terreno
e la pompa di calore riscalda acqua che poi
distribuirà energia termica nel riscaldamento
ambientale.
Si incontrano quindi nelle pompe di calore sia
evaporatori che raffreddano un liquido che
condensatori raffreddati a liquido.
Per le taglie più grandi i condensatori o gli
evaporatori a liquido sono del tipo a fascio
tubiero (fig. 2.28). Nei condensatori il vapore
entra nella parte centrale e condensa nel
fasciame tubiero, mentre nei tubi circola
l’acqua. Nel caso in cui si abbia un evaporatore
a fascio tubiero questo di solito lavora, come si
dice, allagato (fig.2.29). Il refrigerante liquido
forma uno strato al fondo dell’evaporatore e
dalla superficie libera per effetto dello scambio
termico con l’acqua che circola nei tubi si
sviluppa il vapore di refrigerante che verrà
aspirato dal compressore. Tale funzionamento
richiede un rilevante quantitativo di
refrigerante nel circuito; in compenso implica
un grado di surriscaldamento ridotto prima
del compressore pur garantendo che il
compressore aspirerà vapore.
RITORNO DELL’OLIO
ASPIRAZIONE DEL COMPRESSORE REFRIGERANTE ChE
EVAPORA NEL FASCIAME
ACQUA RAFFREDDATA NEI TUBI
VALVOLA DI LAMINAZIONE
FIG. 2.30Condensatore o evaporatore a piastre per pompa di
calore con sorgente fredda o scambiatore lato carico a
liquido
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di elaborare, di mantenere il dislivello di
pressione. In altri termini la strozzatura deve
lasciar passare la quantità di refrigerante che
il compressore sta elaborando a fronte della
caduta di pressione fra alta e bassa del ciclo.
In passato si è fatto spesso ricorso ad una
strozzatura vera e propria, del tutto passiva
come un capillare, vale a dire un tubo di
piccolo diametro sufficientemente lungo
da fornire la perdita di carico indicata. Un
sistema del genere non è in grado di adattarsi
a condizioni variabili del carico e da molto
tempo è stato sostituito in tutte le macchine
superiori alle dimensioni di un frigorifero
da una valvola termostatica. Si tratta di un
sistema in cui il passaggio del refrigerante
incontra una valvola che può avere gradi
diversi di apertura in funzione di un segnale
di comando, fornito di solito dal grado di
surriscaldamento all’uscita dell’evaporatore.
Nella fig. 2.31 si vede appunto la valvola che
può muoversi in direzione verticale verso
l’alto o il basso, lasciando passare una minore
o una maggiore quantità di refrigerante a
FIG. 2.31Schema relativo ad una valvola di laminazione termostatica. Il sensore di temperatura avverte la temperatura di surriscaldamento
all’uscita dell’evaporatore
Nelle macchine di minore potenza sia
condensatore ed evaporatore a liquido sono
del tipo a piastre saldo brasate (fig. 2.30).
Delle piastre piane corrugate formano un
sandwich dove passa alternativamente da
una parte il refrigerante e dall’altra il liquido
da riscaldare o da raffreddare. Lo scambio
termico avviene con grande efficienza ed in un
sistema caratterizzato da elevata compattezza.
Di solito l’evaporatore opera, come si dice,
ad espansione secca, dove le regolazioni
richiedono un certo grado di surriscaldamento
(alcuni °C) prima dell’aspirazione del
compressore. Questa regolazione sarà imposta
dalla valvola termostatica.
2.3 L’ORGANO DI LAMINAZIONE
Nel funzionamento della macchina frigorifera
o della pompa di calore a compressione
risulta indispensabile che il collegamento
fra condensatore a più alta pressione e
l’evaporatore a più bassa sia inserita una
strozzatura che consenta, data la portata
volumetrica che il compressore è in grado
VITE DI REGOLAZIONE
VALVOLA E SEDE DELLA VALVOLA
PRESSIONE DERIVANTE DA SURRISCALDAMENTO
PRESSIONE DI EVAPORAZIONE
PRESSIONE DELLA MOLLA
EVAPORATORESENSORE DI
TEMPERATURA
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FIG. 2.32Schema a blocchi della pompa di calore ad aria immaginata da Lord Kelvin
seconda della pressione del gas contenuto
nel soffietto superiore, pressione determinata
dalla temperatura all’uscita dell’evaporatore,
dalla pressione di taratura di una molla di
regolazione e dalla pressione di evaporazione.
Qualora il grado di surriscaldamento tenda
a crescere viene esercitata una maggiore
pressione sul soffietto che fa scendere la
valvola e consente l’ingresso di una maggiore
quantità di refrigerante. Questo fa scendere il
grado di surriscaldamento.
Qualora invece il grado di surriscaldamento
scenda rispetto al valore prefissato, vi sarà
una minore pressione sul soffietto e di
conseguenza la valvola tenderà a chiudere.
In questo modo una minore quantità di
refrigerante passerà nell’evaporatore e il grado
di surriscaldamento risalirà.
La valvola termostatica di laminazione non
è la soluzione ideale dato che riesce ad
adattarsi ad un campo di temperatura al di
fuori del quale le sue prestazioni non sono
ottimali. Questo vale soprattutto quando
i dislivelli di temperatura (e quindi di
pressione) fra condensatore ed evaporatore
diventino piuttosto ridotti. In tal caso la valvola
termostatica non riesce ad operare in modo
soddisfacente e si è costretti a lavorare ad un
dislivello di pressione sufficientemente elevato
anche quando le condizioni ambientali ne
consentano uno più favorevole.
Per ovviare a queste limitazioni si è ricorsi
recentemente alle valvole di laminazione di
tipo elettronico (EEV, Electronic Expansion
Valve) nelle quali la posizione della valvola
è comandata da un microprocessore con
un motorino passo passo. Il deflusso di
refrigerante viene regolato in funzione di una
serie di parametri, il più importante dei quali
potrebbe essere il grado di surriscaldamento
che in questo caso si può fissare a valori molto
ridotti. L’impiego di queste valvole risulta molto
utile negli impianti frigoriferi, consentendo di
migliorare fortemente le prestazioni invernali a
ALL’AMBIENTE RISCALDATO
CILINDRO DI USCITA
AZIONAMENTO CON MACChINA A
VAPORE
CILINDRO DI INGRESSO
ARIA ESTERNA
SCAMBIATORE DI CALORE
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prelevata dall’esterno viene fatta espandere:
così facendo si raffredda ben al di sotto
della temperatura dell’aria esterna. In
tal modo può ricevere spontaneamente
energia termica dall’esterno mediante un
semplice scambiatore di calore. La successiva
compressione porta l’aria ad una temperatura
più alta di quella dell’ambiente da riscaldare.
Qualche tempo dopo aver formulato questa
idea, Lord Kelvin aggiungeva la seguente nota
al suo lavoro: “Il metodo di riscaldare l’aria
descritto nell’articolo non è stato ad oggi
realizzato. Quando le cascate del Niagara
verranno poste al lavoro a beneficio del Nord
America attraverso dei conduttori elettrici,
non c’è dubbio che verranno largamente
impiegate per il riscaldamento abitativo in
una parte rilevante di Canada e Stati Uniti.
Ma è possibile che troveranno applicazione
anche se meno ampia in altri paesi freddi
per moltiplicare il calore del carbone e di
altri combustibili e per utilizzare il vento e le
cadute d’acqua per riscaldare le case”.
La prima pompa di calore in assoluto era
FIG. 2.33Refrigeranti sintetici derivati dalla molecola del metano,
CH4. Per ogni coppia di numeri, identificativa del
refrigerante R, si ritrovano gli atomi di H, Cl e F che
compongono con C la molecola del refrigerante
fronte di temperature di condensazione molto
ridotte. Data la progressiva riduzione di costo
delle EEV è possibile un loro impiego in un
prossimo futuro anche nelle pompe di calore.
2.4 IL REFRIGERANTE
Componente fondamentale della macchina
è il fluido frigorifero o frigorigeno che dir si
voglia.
In effetti proprio la mancanza di adeguati
refrigeranti ha molto ritardato l’impiego
generalizzato sia delle macchine frigorifere che
delle pompe di calore.
La possibilità di realizzare una pompa di
calore era già stata preconizzata da William
Thompson, il famoso Lord Kelvin, che
pubblicò la memoria “On the economy of the
heating and cooling of buildings by means
of currents of air” nei Proceedings of the
Royal Philosophical Society di Glasgow. Lo
scritto è del 1852 e si raccomanda anche
per l’interessante proposta tecnologica di
realizzare una macchina impiegante l’aria
come fluido operativo (fig. 2.32). L’aria
FIG. 2.34Refrigeranti sintetici derivati dalla molecola dell’etano,
C2H6. Per ogni terna di numeri, identificativa del
refrigerante R, si ritrovano gli atomi di H, Cl e F che
compongono con C2 la molecola del refrigerante
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FIG. 2.35Caratteristiche sgradite dei refrigeranti sintetici derivati dal metano
realizzata nel 1855 dall’austriaco Peter Ritter
von Rittinger che la installava presso le miniere
di sale di Ebensee. Si trattava di una pompa
di calore a ciclo aperto a ricompressione
meccanica di vapore d’acqua azionata da una
caduta idrica. Il compressore aspirava il vapore
prodotto nei concentratori della soluzione
acquosa di sale a 117°C e alla pressione di
170 kPa, comprimendolo a 300 kPa, pressione
alla quale la temperatura di condensazione
è di 138°C. In tal modo la condensazione
del vapore permetteva di produrne una
quantità equivalente con un COP superiore
a 10. Il condensato prima di essere scaricato
preriscaldava la soluzione salina diluita in
ingresso ai concentratori. Come si vede, il
problema del fluido operativo era risolto
ricorrendo direttamente al vapor d’acqua.
Nei decenni successivi si ricorreva a sostanze
diverse. Di queste solo l’ammoniaca ha
mantenuto un ruolo importante anche nelle
macchine moderne per le sue eccellenti
proprietà termodinamiche. La tossicità e
l’infiammabilità ne hanno tuttavia limitato l’uso
ad impieghi industriali o con collocazioni in
centrale remota nel terziario. La rivoluzione nel
campo dei refrigeranti si ebbe a partire dagli
anni ’30 del secolo scorso con l’introduzione
da parte della Dupont di refrigeranti
sintetici, che vennero chiamati con il nome
commerciale di freon.
Si tratta di sostanze derivate dai primi
idrocarburi della serie paraffinica satura, vale
a dire da metano CH4 e etano C2H6 per
sostituzione parziale o totale degli atomi di
idrogeno con gli alogeni Cloro e Fluoro. Per
questo vengono indicati come cloro-fluoro-
(idro) carburi.
Nella tecnica vengono identificati da una R
seguita da un numero di 2 cifre per i derivati
da CH4: il primo numero dà H+1, mentre il
secondo dà F (Cl si ricava per differenza) e da
3 cifre per i derivati da C2H6 (la prima cifra dà
C-1). Ad esempio R22 = CHClF2.
+++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++
++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++
+++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++
++++++++++++++++++++++++++
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°°°°°°°°°°°CLORO FLUORO
IDROGENO
INFIAMMABILE
R142b
R141b
R123R22
R12 R113 R114 R11 R115
R134a
R152a
R143a
TOSSICO
LUNGA PERMANENZA IN ATMOSFERA
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R I S C A L D A M E N T OR E S I D E N Z I A L E> > >
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lungo periodo di decadimento (dissociazione)
in atmosfera. Stessa indicazione riporta la
fig. 2.36 nei confronti del triangolo relativo ai
derivati dall’etano.
Com’è noto la distruzione dell’ozono
stratosferico e l’effetto serra antropogenico
hanno indotto a limitare o vietare l’uso di molti
refrigeranti organici. Prima sono stati messi al
bando R-11 e R-12. Successivamente è stato
eliminato anche lo R-22.
Non è stato facile trovare dei fluidi sostitutivi
in particolare per macchine progettate
per funzionare con i fluidi tradizionali. Per
quanto riguarda l’utilizzo degli HFC (Idro-
Fluoro- Carburi, in pratica gli unici consentiti
e caratterizzati dal fatto che non tutti gli
atomi di H sono sostituiti e non risulta
presente il Cl) uno dei problemi è sorto per
la ridottissima solubilità con gli oli minerali
che è una caratteristica gradita per poter far
ritornare al compressore l’olio trascinato dal
refrigerante nel circuito; per questo motivo si
è dovuto ricorrere agli oli poliesteri, limitando
fortemente i possibili retrofitting.
FIG. 2.36Caratteristiche sgradite dei refrigeranti sintetici derivati dall’etano con identificati i fluidi adatti per la sostituzione di CFC e di HCFC
Lo schema di fig. 2.33 mostra chiaramente le
possibili composizioni dei derivati da CH4: ad
esempio il refrigerante in passato più diffuso in
assoluto, lo R12 si trova con nessun atomo di
H e rispettivamente 2 di Cl e 2 di F (CCl2F2).
I derivati dall’etano sono più numerosi e
sono indicate in fig. 2.34 le diverse possibili
composizioni. Ad esempio lo R125, che si
incontrerà fra poco, presenta 2 atomi di C,
1 di H, nessuno di Cl e 5 di F (C2HF5). I
derivati dell’etano e del propano ammettono
isomeri, vale a dire composti con la medesima
composizione chimica ma differenti proprietà
chimico fisiche per la diversa aggregazione
degli atomi nella molecola. Si distingue allora
l’uno dall’altro con l’aggiunta della lettera a
che designa il composto meno simmetrico del
primo, ad esempio R134 e R134a.
Benché tutte le combinazioni siano
fisicamente ottenibili, non tutte si adattano
ad ottenere un buon refrigerante. La fig. 2.35
riporta il triangolo di fig. 2.33 indicando che
alcuni composti sono poco adatti perché
tossici ovvero infiammabili oppure hanno un
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CLORO FLUORO
IDROGENO
INFIAMMABILE
TOSSICO
COMPLETAMENTE ALOGENATI (PRIVI DI h) POTENZIALMENTE DANNOSI PER L’AMBIENTE
FLUIDI ADATTI PER LA SOSTITUZIONE DEI CFC ED hCFC
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FIG. 2.37Linea di bolla e linea di rugiada a due diverse pressioni per una miscela di due refrigeranti A e B
Attualmente i fluidi maggiormente impiegati
nelle pompe di calore sono le miscele
pluricomponente della serie R-400. Si
tratta di miscele zeotropiche (si chiarirà
fra poco il significato del termine) in cui il
numero è caratteristico dei componenti la
miscela, mentre diverse composizioni degli
stessi componenti sono distinte con lettere
maiuscole successive. Ad esempio R-407C
è una miscela zeotropica di R-32, R-125
e R-134a e questo è indicato dal numero
407. La C indica una percentuale di massa
rispettivamente del 23%, 25 e 52%. L'R410A
è una miscela HFC quasi azeotropa. Essa è
composta da R32 e R125, ciascuno al 50% in
peso.
In una miscela non tutti i componenti sono
caratterizzati da eguale volatilità. Si prenda in
esame una miscela di due componenti, uno
meno volatile (A) ed uno più volatile (B). Ad
ogni pressione si può tracciare linea di bolla e
linea di rugiada che caratterizzano il passaggio
da fase liquida a fase vapore della miscela
(fig. 2.37). Si vede che ad ogni pressione può
esistere una zona dove il comportamento
della miscela è azeotropo: in parole povere si
comporta come una sostanza pura. Dalle altre
parti il comportamento è invece zeotropo. Si
analizzi in fig. 2.38 il progressivo riscaldamento
di una miscela zeotropica delle due sostanze
pure C e D con una concentrazione di
partenza ym. Al riscaldamento corrisponde
inizialmente solo un incremento di
temperatura (trasformazione 0-1). In 1 viene
toccata la linea di bolla, dove la miscela
comincia a vaporizzare. La composizione
del vapore è però diversa da quella iniziale,
essendo più ricco nel componente più volatile:
la sua concentrazione è yv1. Di conseguenza si
modifica anche la composizione della miscela
liquida rimasta che si sposta progressivamente
a concentrazioni maggiori nel componente
composizione yB(frazione di massa di B)
1B
0A
tempe
ratu
ra (°
C)
p = p1
p = p2 p2 > p1
Liquido
Composizioni azeotropiche
Liquido a p2Vapore a p1
Tsat d
i A
Tsat d
i b
Vapore
Linea di bolla
Linea di bolla
Linea di rugiada
Linea d
i rugia
da
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di condensazione della miscela. È rilevante
osservare che per una miscela zeotropa il
cambiamento di fase non avviene ad una
certa pressione a temperatura costante,
bensì con una differenza di temperatura
(glide) che può essere di alcuni gradi. Questa
caratteristica può costituire un vantaggio dal
meno volatile. Ad un certo istante della
vaporizzazione ci si trova, ad esempio, con
la concentrazione del liquido yl e del vapore
yv. Arrivati alla temperatura T2 tutta la miscela
sarà passata alla fase vapore e si ritorna alla
concentrazione di partenza. Andamento
analogo si riscontra a ritroso nel processo
FIG. 2.38Processo di vaporizzazione ad una data pressione di una miscela zeotropa di due refrigeranti, C e D, il secondo più volatile del
primo
FIG. 2.39Ciclo di Lorenz consentito da miscele zeotrope con andamento parallelo delle temperature dei fluidi esterni che si riscaldano nel
condensatore e si raffreddano nell’evaporatore
composizione yD(frazione di massa di D)
p = costante
liquido
Vapore3
1
2
yl
yvT2
T1
yl2
yl2
yv1
yv1
1D
0C
tempe
ratu
ra (°
C)
Tsat di D
Tsat di C
Linea di bolla
Bifase
Linea di rugiada
entropia
1
2
2’
54’
4’A
3A
5A
3
tempe
ratu
ra (°
C)
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momento che nello scambio termico sia al
condensatore che all’evaporatore nei confronti
di un fluido monofase (aria od acqua) le due
temperature possono procedere di pari passo.
Gli andamenti dei fluidi esterni sono quelli
tratteggiati in fig. 2.39 e il ciclo termodinamico
(ciclo di Lorenz) consentirebbe delle
prestazioni più elevate.
Lo svantaggio delle miscele zeotrope è dovuto
al fatto che un’eventuale perdita di refrigerante
ha luogo con composizione prevalente nel
componente più volatile e quindi risulta
alterata la proporzione originaria, anche
quando la carica viene ripristinata. Risulta
quindi necessario sostituire l’intera carica.
Questo è uno dei motivi, assieme a un indice
di prestazione energetica eguale o superiore
a quello del R22, che ha portato ad impiegare
largamente nelle pompe di calore lo R410A
che è una miscela HFC, come si è detto,
quasi azeotropa, vale a dire che si comporta
praticamente come una sostanza pura,
mostrando un glide di appena 0,1 °C.
La fig. 2.40 illustra un tipico ciclo di pompa di
calore nel diagramma pressione entalpia dello
R-410A fra le temperature di condensazione
di 40°C e di evaporazione di -2°C. Si noti che
all’uscita del compressore la temperatura del
refrigerante raggiunge gli 80°C.
È il caso infine di ricordare il recente interesse
nei confronti di un fluido frigorifero naturale:
l’anidride carbonica (CO2). I problemi più
cospicui sono quelli legati alla relativamente
elevata pressione critica (circa 74 bar) e alla
bassa temperatura critica (31°C). Queste
caratteristiche impongono il ricorso ad un ciclo
transcritico in cui non vi è condensazione del
vapore, ma si opera sempre al di sopra della
pressione critica tramite un “gas cooler”, uno
scambiatore che raffredda il vapore prima della
laminazione, con problematiche impiantistiche
di non piccola entità.
FIG. 2.40Ciclo di una pompa di calore fra le temperature di 40°C e -2°C sul diagramma pressione-entalpia della miscela R 410A
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di refrigerante. Questo vale generalmente
anche per un aumento della temperatura
di condensazione, dato che il rendimento
volumetrico del compressore tende a
diminuire.
Le prestazioni istantanee possono essere
rappresentate come nel diagramma di fig.
3.1 dove in funzione della temperatura di
evaporazione e per diverse temperature
di condensazione si leggono sulla scala
di sinistra le capacità della macchina e
su quella di destra i COP. La figura non
specifica la tipologia della sorgente fredda
della macchina. Qualora si trattasse di aria
esterna si noterebbero delle riduzioni di
COP e di capacità dovute agli sbrinamenti
della macchina. A questo fenomeno si farà
riferimento nel capitolo 5, relativo alle sorgenti
della pompa di calore.
Il COP, come è stato definito, è un indice
adimensionale, dato che si può interpretare
come il rapporto fra la potenza termica fornita
dalla macchina (espressa in W) e la potenza
elettrica da fornire al compressore (anch’essa
espressa in W).
Negli USA si fa largo impiego dello HPF
(Heating Performance Factor) che è il
rapporto fra la potenza termica espressa in
Btu/h e la potenza fornita al compressore
Le prestazioni di una pompa di calore sono
descritte principalmente dal COP e dalla
sua capacità o potenza termica disponibile.
Del COP si è detto come dipenda dalle
temperature del ciclo per ogni macchina.
È interessante conoscere il suo valore
stagionale che dipende dall’andamento delle
temperature della sorgente fredda e di quelle
del calore prodotto nel corso della stagione
di riscaldamento. Tale valore dipende anche
dal grado di parzializzazione della macchina
e quindi dal suo dimensionamento rispetto
al carico di progetto e, per le pompe di
calore che operano usando l’aria esterna
come sorgente, dall’umidità dell’aria. In
funzione di questa (e della temperatura
che contemporaneamente si manifesta)
si possono avere cicli di sbrinamento con
penalizzazione della macchina. Anche la
capacità della macchina dipende, a parità
di velocità di rotazione del compressore
dalle temperature. Infatti il compressore è
normalmente una macchina volumetrica che,
ad una certa velocità di rotazione, elabora
una portata volumetrica fissata di refrigerante.
Qualora si abbia un abbassamento nella
temperatura di evaporazione, la portata di
massa di conseguenza diminuisce, dato
il maggiore volume specifico del vapore
CaP. 3INDICI DI PRESTAZIONE DELLE POMPE DI CALORE
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grande pratica utilità dal momento che le
temperature di funzionamento della macchina
sono molto diverse in inverno e in estate.
L’EER è il rapporto fra l’effetto frigorifero e
il lavoro necessario a produrlo. Qualora le
due quantità siano espresse nella stessa
unità di misura si tratta di un rapporto
adimensionale. Purtroppo negli USA è
invalsa l’abitudine di esprimerlo ponendo
al numeratore l’effetto frigorifero in Btu/h e
al denominatore la potenza in W. Ne esce
un rapporto dimensionale con dei valori
evidentemente non direttamente confrontabili
con i precedenti. Il rapporto dimensionale va
moltiplicato ancora per 0,293 Wh/Btu per
poter istituire il confronto. Spesso negli USA
si fa riferimento al SEER (valore stagionale
dell’indice).
Per arrivare alla valutazione del coefficiente
stagionale negli USA vengono impiegati gli ARI
Standards 210/240 (ARI = Air-Conditioning
(espressa questa in W). Si tratta quindi di
un rapporto dimensionale (Btu/Wh) che va
moltiplicato per 0,293 Wh/Btu per poter
istituire un confronto con il COP così come
l’abbiamo definito. Viene utilizzato anche
il valore stagionale del rapporto (SHPF -
Seasonal Heating Performance Factor).
Frequentemente la pompa di calore è di tipo
“invertibile” (si possono scambiare i ruoli di
evaporatore e condensatore) e in tal caso
risulta utile conoscere le sue prestazioni nel
funzionamento frigorifero, specificate dall’EER
(Energy Efficiency Ratio) spesso indicato
anche come ε. Per un ciclo di Carnot inverso
vale la relazione:
COP =ε+1 (3.1)
Questo vale in maniera approssimata anche
per le macchine reali, dal momento che
l’energia fornita al compressore si ritrova
in buona parte come energia termica al
condensatore. Di fatto la relazione non è di
FIG. 3.1Prestazioni tipiche di una pompa di calore al variare delle temperature di condensazione e di evaporazione
capa
cità (
kW)
70
60
50
40
30
20
10
temperatura di evaporazione °C
COP
-10 -5 0 5 10
50°C
40°C
30°C
50°C
40°C
30°C
temperat
ura di co
ndensazione
temperatura di condensazione
2
3
4
5
6
7
8
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temperatura fissata per l’ambiente e la
temperatura esterna:
BLj = x C x Qprogetto 18 - Tj
18 - Tprogetto (3.2)
La temperatura di 18°C (per la verità 65°F)
viene scelta anziché di 20°C per tenere
conto degli apporti gratuiti (illuminazione,
elettrodomestici, ecc.). Negli ultimi anni gli
apporti gratuiti sono molto aumentati e si
sono visti dipendere dal numero di gradi
giorno per cui viene usato un coefficiente C
di ulteriore riduzione del carico, valutabile
con il grafico di fig. 3.2. Si nota che il grado di
incertezza del fattore, indicato dalla varianza σ,
è piuttosto rilevante. La temperatura dell’aria
esterna di progetto è ovviamente la Tprogetto e
a questa temperatura corrisponde il carico di
progetto Qprogetto.
Lo HSPF è valutato come la somma
dell’energia termica fornita dall’impianto che
va divisa per il consumo elettrico richiesto.
La relazione considerata è la seguente e
merita alcuni commenti:
and Refrigeration Institute). Questi si
applicano a pompe di calore del tipo aria-aria
con potenzialità in riscaldamento inferiore a
19 kW, arrivando alla determinazione dello
HSPF.
Le prestazioni di una pompa di calore aria-
aria dipendono dalla temperatura ed umidità
dell’aria esterna, dalla temperatura interna
degli ambienti riscaldati e dal carico termico.
Mentre negli standard ARI 210/240 le
condizioni interne sono considerate costanti,
la temperatura esterna ed i carichi vengono
variati. Per quanto riguarda la curva di carico,
essa è basata sulla temperatura esterna
espressa dalla curva di frequenza, vale a dire
dalla durata di ogni intervallo di temperatura
(nj, ad esempio in ore/anno). In altre parole il
campo di temperature dell’aria esterna viene
suddiviso in un certo numero di intervalli (di
1 o 2 °C ciascuno) e si considera per ognuno
di essi la frequenza media (bin method).
Ad ogni temperatura dell’aria esterna Tj si fa
corrispondere un carico BLj (Building Load). Il
carico si considera in prima approssimazione
dipendere solo dalla differenza fra una
FIG. 3.2Fattore di correzione per gli apporti interni gratuiti
fatto
re C
D
gradi giorno
0,2
0,4
0,6
0,8
1,0
1,2
1000 2000 3000 4000
CD
+σ
-σ
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FIG. 3.3Curva cumulativa della temperatura durante la stagione invernale per Venezia
FIG. 3.4Determinazione del tempo per il quale la temperatura risulta inferiore rispettivamente a 0 °C e a 5 °C
T0 (°C)
frequenza per cui T < T0
0-5
25
0
50
75
100%
105 15 20
T0 (°C)
frequenza per cui T < T0
0-5
25
0
50
75
100%
105 15 20
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UPPORTO S ECNICOT ROGETTISTIP
FIG. 3.5Curva cumulativa del fabbisogno di riscaldamento durante la stagione invernale a Venezia
FIG. 3.6Determinazione della quota di fabbisogno per temperatura inferiore a 0 °C
T0 (°C)
frequenza per cui T < T0
0-5
25
0
50
75
100%
105 15 20
T0 (°C)
frequenza per cui T < T0
0-5
25
0
50
75
100%
105 15 20
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è necessario rielaborare la curva di fig. 3.3
in modo che la cumulativa rappresenti il
fabbisogno. La curva cumulativa di fabbisogno
risulta più ripida nella prima parte della
precedente curva cumulativa di temperatura,
dal momento che il fabbisogno si considera
legato alla differenza fra temperatura interna
ed esterna, come si vede dalla fig. 3.5. Nelle
condizioni di progetto tuttavia la quota di
fabbisogno risulta inferiore al 5% del totale
e se si sceglie una temperatura di 0 °C per
il dimensionamento della pompa di calore
si soddisfa più del 75% del fabbisogno
complessivo (fig. 3.6). La quota mancante del
fabbisogno viene soddisfatta da un dispositivo
ausiliario: se c’è l’allacciamento gas da una
caldaia ausiliaria di piccola potenzialità.
Negli USA si ricorre a resistenze elettriche.
La valutazione va fatta caso per caso. Ad
esempio si non si ha l’allacciamento gas
conviene scegliere decisamente una pompa
di calore a giri variabili, la cui capacità al
massimo numero di giri sia prossima al carico
di progetto, tenuto conto che l’elevata inerzia
termica di molti sistemi di riscaldamento
a bassa temperatura (ad esempio un
pavimento radiante) riduce la probabilità di
avere condizioni di disagio anche qualora
il dimensionamento sia un po’ inferiore al
carico di progetto. La temperatura scelta per
la capacità della pompa di calore suddivide il
campo di temperature esterne tramite il punto
di incontro della linea di carico dell’edificio
con quella di capacità della pompa di calore.
Tale punto di incontro prende il nome di
balance point.
Vale la pena insistere ancora su questo
aspetto. Il fabbisogno di riscaldamento
HSPF = ∑BLj (Tj) xj
nj
N
j
( BLj (Tj)
COP (Tj’ Xj)+ RH (Tj) ) x∑( nj
N
(3.3)
Xj è il rapporto fra il carico istantaneo
dell’edificio e la capacità nominale della
pompa di calore. Esso va specificato
dal momento che il COP dipende dalla
temperatura ma anche dal grado di
parzializzazione della macchina. nj è il numero
di ore nell’intervallo di temperatura con Tj al
centro rapportato al numero totale di ore N di
riscaldamento. Infine RH è il contributo delle
resistenze scaldanti di integrazione (nullo per
tutti i valori di temperatura esterna superiori al
balance point).
Di che si tratta? La descrizione del balance
point (punto di equilibrio) consente
importanti precisazioni sul funzionamento
delle pompe di calore ad aria.
Il carico di progetto ha una frequenza
abbastanza limitata. Si consideri la curva
cumulativa delle temperature per Venezia,
rappresentata in fig. 3.3. La temperatura
di progetto è -5°C. Per meno del 20% del
tempo la temperatura è inferiore agli 0°C,
mentre per il 50% del tempo è inferiore a
5°C (fig. 3.4). Se si sceglie di dimensionare
la capacità della pompa di calore sulla
temperatura di progetto, essa lavorerà
sistematicamente parzializzata, con eventuali
penalizzazioni sul COP e con un costo iniziale
legato alla maggiore potenzialità. Si ritiene
quindi spesso conveniente dimensionare
la macchina su di una temperatura più alta
di quella di progetto, ad esempio per 0°C.
Se si vuole allora stimare la percentuale di
fabbisogno soddisfatta dalla pompa di calore,
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momento che il compressore è normalmente
di tipo volumetrico, vale a dire elabora un
definito volume di gas ad una certa velocità di
rotazione, ne consegue che al diminuire della
temperatura diminuisce la portata di massa
di refrigerante, dato che la portata di massa è
il prodotto della portata volumetrica V per il
volume specifico v:
m = Vv (3.4)
Dalla portata di massa di refrigerante
dipende la potenza di riscaldamento della
macchina che deriva dal desurriscaldamento
a valle del compressore e soprattutto dalla
condensazione del refrigerante.
Una curva orientativa della capacità della
macchina in funzione della temperatura
esterna potrebbe essere quella rappresentata
in fig. 3.8.
Il punto di incontro delle due curve è appunto
il balance point (fig. 3.9). Come indicato nella
dell’edificio spesso si considera linearmente
dipendente dalla temperatura dell’aria esterna.
La curva di carico parte da una temperatura
dell’aria esterna al di sopra della quale non vi
è fabbisogno dal momento che le dispersioni
sono compensate dagli apporti gratuiti: la
radiazione solare, l’energia assorbita dagli
elettrodomestici, l’illuminazione. L’altro punto
caratteristico della curva di carico è quello del
fabbisogno in condizioni di progetto (fig. 3.7).
La capacità della pompa di calore ad aria ha
un andamento in controtendenza rispetto
a quello appena esaminato. Infatti la sua
capacità diminuisce con la temperatura. Al
diminuire della temperatura dell’aria esterna
(sorgente fredda in questo caso della pompa
di calore) diminuisce anche la temperatura
di evaporazione del refrigerante. A questa
diminuzione fa riscontro un aumento del
volume specifico del refrigerante. Dal
FIG. 3.7Curva di carico di riscaldamento di un edificio in funzione della temperatura dell’aria esterna
temperatura esterna
fabbisogno dell’edificio
kW
0-5-10 105 15 20
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UPPORTO S ECNICOT ROGETTISTIP
FIG. 3.8Curva di capacità di riscaldamento di una pompa di calore ad aria in funzione della temperatura dell’aria esterna
temperatura esterna
capacità pompa di cal
ore
kW
0-5-10 105 15 20
FIG. 3.9Balance point: punto di incontro della curva di fabbisogno e di quella di capacità di riscaldamento della pompa di calore in funzione della
temperatura dell’aria esterna
temperatura esterna
kW
0-5-10 1053 15 20
capacitàfabbisogno
capacitàinsufficiente
capacitàesuberante
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C L I M A T I Z Z A Z I O N E I N D U S T R I A L E> > >
< < <
UPPORTO S ECNICOT ROGETTISTIP
un’area alla quale è proporzionale l’entità
dell’energia fornita dal sistema ausiliario. Il
problema non si pone d’estate dal momento
che la macchina riesce a soddisfare sempre
il carico frigorifero e lavora parzializzata per
valori inferiori di temperatura dell’aria esterna.
Nel grafico si vedono tratteggiate le curve di
potenza elettrica all’ingresso della macchina. A
fronte di una minore capacità della macchina
si ha anche una minore potenza elettrica
assorbita, salvo che il COP diminuisce al
diminuire della temperatura della sorgente
fredda (o all’aumentare della temperatura
del pozzo termico). Ne consegue che la
capacità offerta dalla macchina aumenta più
rapidamente di quanto aumenti la potenza
assorbita dal compressore: il COP aumenta,
appunto.
Tornando alla relazione (3.3) vanno espresse
le prestazioni delle pompe di calore. Lo
figura, al di sotto del balance point la capacità
è insufficiente e quindi va opportunamente
integrata con un sistema ausiliario, mentre
al di sopra la capacità è esuberante e la
macchina deve funzionare parzializzata.
La situazione viene descritta in modo più
esauriente nella sua complessità dalla
fig. 3.10. Si nota anzitutto la curva di
carico dell’edificio che si annulla per una
temperatura di 18°C dell’aria esterna e che
cresce linearmente fino ad una temperatura di
progetto di -10°C (zona molto fredda). Nella
parte di destra del grafico viene rappresentato
il carico frigorifero estivo che sale da un valore
nullo alla temperatura di 26°C fino al valore
di progetto per una temperatura esterna di
38°C. La curva di prestazione della pompa di
calore incontra la curva di carico dell’edificio
ad una temperatura appena al di sotto di 0
°C (balance point). Viene segnata tratteggiata
FIG. 3.10Curve di potenza termica,
frigorifera ed assorbita, di
COP invernale ed estivo e di
fabbisogno in funzione della
temperatura dell’aria esterna
175
150
125
100
75
50
25
0-15 -10 -5 0 5 10 15 28 33 38
2
3
4
(cop
)
temperatura della sorgente fredda
BALANCE POINT
carico dell’edificio
potenza in ingresso
potenza in ingresso
carico frigorifero
COP (b)COP (a)
td
potenza frigoriferapotenza termica
riscaldamento ausiliario
valu
tazio
ne p
erce
ntua
le de
lla ca
pacit
à dell
a pom
pa d
i calo
re e
delle
pot
enze
all’in
gres
so
temperatura del pozzo termico
condizionamentoestivo
riscaldamento
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< < <
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viene aggiunto fino alla concorrenza del
carico richiesto.
3) La pompa di calore viene fermata a
temperature esterne molto basse e si
opera solo con il riscaldamento ausiliario.
Una variante più evoluta della pompa di
calore a capacità fissa è quella a doppia
velocità. In questo caso si devono rilevare 6
punti di misura per tracciare le due curve alla
velocità minore e maggiore del compressore.
Il punto cruciale qui si ha quando il carico
si trova ad un livello intermedio fra le due
capacità. Alla velocità maggiore la capacità
della pompa è esuberante e si deve
provvedere alla parzializzazione; alla velocità
più bassa si deve intervenire con sorgente
ausiliaria. In entrambi i casi vanno computate
le prestazioni, anche se verosimilmente si
sceglierà la prima delle due possibilità.
Infine le pompe di calore possono essere
dotate di inverter e funzionare a giri variabili.
Alla frequenza minima si eseguono prove solo
a temperature relativamente elevate, 8,3°C
e 13,3°C. Alla frequenza massima le prove si
eseguono alle temperature di -8,3°C e 8,3°C.
La frequenza intermedia viene testata solo a
2,8°C e valutata con la seguente relazione:
Si è fatto cenno prima al problema
dell’intervallo di brinamento.
Com’è noto l’aria può contenere una quantità
più o meno grande di vapore acqueo: la
quantità che può essere contenuta è tanto più
grande, quanto più alta è la temperatura. Ecco
che se l’aria ha un determinato contenuto
di vapore d’acqua ad una certa temperatura,
se questa diminuisce, il contenuto può
standard ARI definisce a questo scopo sei
zone climatiche per gli USA. Il costruttore
deve comunque specificare nei valori
nominali lo HSPF nella zona IV per la quale
la curva di carico dell’edificio è appunto una
relazione lineare che parte da carico nullo ad
una temperatura dell’aria esterna di 18,3 °C
(65 °F).
La misura in laboratorio delle prestazioni della
pompa di calore va svolta nei vari punti di
carico secondo la curva di carico per i diversi
intervalli j di temperatura.
Per una macchina a capacità fissa, al di fuori
dell’intervallo di brinamento (di cui si dirà fra
poco), capacità e potenza assorbita vengono
stimati variare linearmente con la temperatura
dell’aria esterna. I due punti di misura sono
realizzati per temperature esterne di 8,3°C e
-8,3°C. All’interno della zona di brinamento
(da 8,3°C a 2,8°C), capacità e potenza
assorbita sono fatte variare linearmente fra
-8,3 e 2,8 °C. In ultima analisi sono necessari
tre punti di misura.
Si possono trovare tre situazioni diverse:
1) se la capacità della macchina supera il
carico richiesto, l’unità lavora in attacca-
stacca. I costruttori possono realizzare
un test supplementare per misurare la
penalità in questa modalità operativa,
indicando un fattore Cd di penalizzazione
oppure utilizzare un valore di default
di 0,25 che significa che il COP della
macchina risulta ridotto del 25% a carico
nullo mentre non viene modificato a pieno
carico (100%).
2) Il carico termico risulta più elevato della
capacità disponibile dalla pompa di calore.
In questo caso un riscaldamento elettrico
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UPPORTO S ECNICOT ROGETTISTIP
la resistenza termica fra fluido evaporante
ed aria: inoltre il ghiaccio occupa lo spazio
di passaggio dell’aria, che può attraversare la
batteria in minore quantità. È una condizione
di funzionamento molto sfavorevole e che
può condurre alla fermata della pompa
di calore. Contrariamente a quanto si può
credere, le condizioni per il brinamento non si
hanno a temperature molto basse dell’aria, dal
momento che a tali temperature il contenuto
di vapore d’acqua è molto basso. Viceversa
il brinamento può risultare frequente per
temperature dell’aria fra -5 °C e 5 °C quando
l’umidità relativa superi il 60%. Nei nostri
climi è una condizione frequentissima in tutta
la stagione invernale.
Ben prima che si blocchi la batteria esterna è
necessario effettuare lo sbrinamento. L’azione
di sbrinamento deve essere automatica
e lo sbrinamento deve attuarsi in breve
tempo, affinché la pompa di calore possa
riprendere subito il suo funzionamento. La
necessità di sbrinamento viene identificata,
rilevando variazioni di proprietà imputabili
alla presenza di uno strato di ghiaccio. Ad
esempio, si è visto che, quando la batteria
è brinata, lo spazio di passaggio dell’aria si
riduce: ciò significa che aumentano le perdite
di carico attraverso la batteria. Vi è una
maggiore differenza di pressione: un semplice
manometro differenziale può attivare quindi
il ciclo di sbrinamento, quando si raggiunga
un certo valore. Oppure, se la batteria è
brinata, aumenta la resistenza termica:
aumenta così la differenza di temperatura
fra fluido evaporante ed aria. In questo caso
una misura di differenza di temperatura può
attivare il ciclo di sbrinamento. Oppure, più
diventare eccessivo per la nuova temperatura
raggiunta: l’aria non è in grado di contenere
tanto vapore acqueo e la quantità eccedente
tende a separarsi, condensando sulle
superfici più fredde disponibili. Ecco perché
il freezer del nostro frigorifero si ricopre
in tempi abbastanza brevi di una crosta di
ghiaccio: a parte l’essiccazione di eventuali
derrate introdotte, ad ogni apertura chiusura
dello sportello entra l’aria della cucina con
maggiore contenuto di vapore d’acqua. Alla
bassa temperatura interna del frigorifero l’aria
può contenere un quantitativo limitatissimo
di vapore acqueo: allora la parte eccedente
condensa e successivamente solidifica sulle
più fredde pareti del freezer. Si sarà osservato
che lo strato di ghiaccio si ispessisce più
rapidamente d’estate, quando, almeno nel
nostro clima, l’aria è più calda e con un
contenuto di vapore più alto. Lo strato di
ghiaccio aumenta la resistenza termica fra
fluido evaporante nei serpentini del freezer e
l’aria interna del frigorifero. In corrispondenza
il funzionamento è meno favorevole.
Nella batteria esterna della pompa di calore
il processo seguito non è molto diverso. Le
pareti della batteria sono più fredde di alcuni
gradi rispetto all’aria esterna: se la differenza
di temperatura è abbastanza grande (per
la precisione la temperatura della parete
deve essere inferiore alla temperatura di
rugiada dell’aria), parte del vapore condensa
e l’aria esce dalla batteria con un minore
contenuto di vapore, come si dice di solito,
deumidificata. Se le pareti della batteria
hanno una temperatura inferiore a 0° C,
l’acqua condensata solidifica proprio come nel
freezer in strati sempre più spessi. Aumenta
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UPPORTO S ECNICOT ROGETTISTIP
FIG. 3.11Schema di circuito con valvola per iniezione di gas caldo alla batteria esterna
per evitare sgradevoli sensazioni di freddo,
durante il ciclo di sbrinamento viene fornita
all’interno una certa potenza termica.
Secondo un’altra possibilità si provvede
ad effettuare un’iniezione di gas caldo
proveniente dal compressore verso la batteria
esterna (fig. 3.11).
Questa modalità provoca minori disagi nel
locale riscaldato (non vi è effetto frigorifero
nel locale riscaldato, ma manca comunque
una quota della potenza del riscaldamento).
Si hanno tempi più lunghi di sbrinamento e
costi energetici più elevati. Lo sbrinamento
comporta un costo energetico che può
superare anche il 10% di quanto fornito
dalla macchina con un andamento molto
dipendente dalla situazione climatica.
L’operazione risulta penalizzante dal punto
di vista del rendimento della pompa di
calore, tanto che se si rappresenta il COP
in funzione della temperatura esterna si
incontra un tipico punto di flesso della curva
semplicemente, si può attivarlo con una certa
periodicità, ad esempio una volta ogni ora,
quando la temperatura dell’aria esterna e la
sua umidità siano tali da rendere probabile il
brinamento.
Con il ciclo di sbrinamento si scioglie tutto il
ghiaccio che copre la batteria: il sistema più
semplice e di aumentarne la temperatura
delle pareti. Il metodo più comune nelle
pompe di calore cosiddette invertibili è quello
di invertire il ciclo, facendole funzionare
per alcuni minuti nel ciclo estivo. Come
si ricorderà, ciò può essere ottenuto con
l’azionamento della ben nota valvola di
inversione a quattro vie. Lo scambiatore
interno funge da evaporatore e la batteria
esterna da condensatore. La potenza termica
disponibile alla batteria elimina rapidamente
il ghiaccio. L’inconveniente più grave di
questa metodologia è che durante il ciclo
di sbrinamento una certa quantità di calore
viene sottratta all’interno dell’edificio. Talvolta,
VALVOLA DILAMINAZIONE
VALVOLA DISBRINAMENTO
COMP.
EVAP
ORAT
ORE
COND
IZIO
NATO
RE
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< < <
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del 60% e diventa molto grande per una
temperatura di 4 °C ed un’umidità relativa
del 90%. Ecco che risulta fondamentale
l’identificazione precisa del momento
per il quale risulta necessario avviare lo
in corrispondenza delle condizioni per le quali
esiste l’esigenza dello sbrinamento (fig. 3.12).
Il brusco calo di COP dovuto alla necessità di
attuare lo sbrinamento si nota a partire dalla
temperatura di 6 °C con un’umidità relativa
FIG. 3.12Andamento del COP di una pompa di calore ad aria in funzione della temperatura dell’aria esterna per tre diverse umidità relative
COP
(% V
ALOR
E NO
MIN
ALE)
T EMPERATURA (°C)
-5-10
80%
60%
100%
120%
110%
90%
70%
50 10 15
UR = 70%
UR < 50%
UR = 90%
FIG. 3.13Intervallo di tempo in minuti ottimale fra due sbrinamenti in funzione della temperatura dell’aria esterna per umidità
relative variabili fra 60% e 100%
T EMPERATURA DELL’ARIA ESTERNA (°C)
70%
80%90%
100%
TEM
PO O
TTIM
ALE
FRA
2 SB
RINA
MEN
TI (M
INUT
I)
-15
200
400
600
500
300
100
0-10 +5 +10-5
60
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FIG. 3.14Percentuale della complessiva energia elettrica richiesta da pompa di calore a seconda che lo sbrinamento sia realizzato con iniezione
di gas caldi (HG) o con inversione di ciclo (PR) - A2/W35 temperatura dell’aria 2°C e dell’acqua 35°C
ciclo.
Si vede che in media circa il 10% dell’energia
viene richiesta dallo sbrinamento con
prestazioni peggiori con la modalità di
iniezione di gas caldi. Si nota poi come la
temperatura più penalizzante sia quella di 2°C
con punte del 15%.
È interessante a questo punto analizzare
anche il tempo richiesto per lo sbrinamento.
La fig. 3.15 riporta delle valutazioni secondo
le quali ancora una volta il tempo è
funzione delle condizioni dell’aria esterna
e in alcuni casi supera il 10% del tempo di
funzionamento della macchina. Nel caso
del sistema a inversione di ciclo il rettangolo
superiore mostra la quota di tempo necessaria
a rimettere a regime il condensatore,
divenuto freddo per il suo funzionamento da
evaporatore.
La valutazione della penalità dovuta al
brinamento, in assenza di dati specifici del
costruttore, si valuta con diagrammi come
sbrinamento e di quando questo si può
considerare terminato. La problematica è della
massima importanza nel nostro clima della
pianura padana, dal momento che è proprio
nel campo di temperature esterne da 5°C
fino a 0°C che risulta massima la formazione
di brina. Questo fatto risulta confermato dal
diagramma di fig. 3.13 nel quale in funzione
della temperatura dell’aria esterna vengono
indicati i tempi ottimali fra due sbrinamenti
consecutivi per umidità relative variabili dal
60% al 100%.
Oltre alla riduzione del COP l’energia richiesta
per operare lo sbrinamento è tutt’altro che
trascurabile. Il diagramma di fig. 3.14 illustra
la percentuale di energia richiesta dallo
sbrinamento rapportata alla complessiva
energia richiesta dalla pompa di calore per
diverse condizioni operative rispettivamente
dell’aria esterna e dell’acqua calda prodotta.
Lo sbrinamento può avvenire per iniezione di
gas caldi all’evaporatore o per inversione di
% D
I ENE
RGIA
UTI
LIZZ
ATA
PER
SBRI
NAM
ENTO
A-7/W35 A-7/W50 A2/W35 A2/W50 A7/W35 A7/W50
16
14
12
10
8
6
4
2
0
hG PR hG PR hG PR hG PR hG PR hG PR
61
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detrazioni fiscali per spese di riqualificazione
energetica fissa dei limiti inferiori sia per il
COP a regime delle macchine che per l’EER,
fissando i valori di prova e i limiti a seconda
della tipologia delle macchine distinguendo
quello di fig. 3.16 che mostrano l’andamento
di un coefficiente correttivo C1 del COP di
una pompa di calore ad aria in funzione della
temperatura esterna per varie umidità relative.
Il recente decreto 7/4/08 relativo alle
FIG. 3.15Percentuale del tempo complessivamente utilizzato per lo sbrinamento sul totale delle ore di funzionamento della pompa di calore
FIG. 3.16Andamento di un coefficiente correttivo C1 del COP di una pompa di calore ad aria in funzione della temperatura esterna
per varie umidità relative
18
% D
EL T
EMPO
UTI
LIZZ
ATO
PER
SBRI
NAM
ENTO
A-7/W35 A-7/W50 A2/W35 A2/W50 A7/W35 A7/W50
16
14
12
10
8
6
4
2
0hG PR hG PR hG PR hG PR hG PR hG PR
C1 =
(COP
) σ/ (
COP)
σ =
50%
0,6-25 -20 -15 -10 -5 0 5 10 15
0,7
0,8
0,9
1,0σ ≤ 50%
σ = 60%
85%
95%
100%
T0 (°C)
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taBELLa 3.1 vALORI LIMITE DM 7/4/08
i fluidi trattati dalle macchine sia verso la
sorgente esterna che verso l’interno. I valori
limite sono riportati nella Tabella 3.1.
Come si vede la tabella non fa riferimento a
valori stagionali, specificando le temperature a
bulbo secco e a bulbo umido dell’aria esterna.
In prospettiva tuttavia è previsto a
livello europeo che si faccia riferimento
rispettivamente ad uno SCOP (COP
stagionale) e ad uno SEER (Energy Efficiency
Ratio stagionale). Secondo i documenti
preliminari il riferimento sarà al clima di
Strasburgo, che viene considerato freddo per
una pompa di calore aria-aria, soprattutto
rispetto al Sud Europa, ma che si considera
consenta un confronto comune fra i vari
sistemi di riscaldamento. Il costruttore
dovrà fornire la capacità della macchina
per una temperatura di progetto di -10°C
con l’opzione di indicare una capacità di
riscaldamento fra -7 °C e 2 °C. La curva di
carico viene tracciata linearmente a partire
dalle condizioni di progetto con zero carico
alla temperatura di 16 °C. Vanno valutati COP
e rapporti di carico per le temperature esterne
di -7,2,7 e 12 °C per una temperatura interna
di 20 °C. La somma dei prodotti dei carichi
termici ad ogni intervallo di temperatura per il
numero di ore degli intervalli viene divisa per
il prodotto della potenza elettrica assorbita
per le ore dei vari intervalli. In questo modo si
ottiene lo SCOP. Verrà introdotta una funzione
di etichettatura di qualità delle macchine
in funzione dello SCOP. Per fornire dei dati
orientativi, entro i primi due anni dell’entrata
in vigore della Direttiva il valore minimo di
SCOP dovrà essere di almeno 3,2 (e di SEER
di almeno 3,6) mentre entro 4 anni i valori
dovranno salire ad almeno 3,5 (4,3 per lo
SEER).
Per fornire dei valori di confronto i valori
minimi per ottenere la qualificazione energy
star negli USA sono di un HSPF di almeno
2,4 e di SEER di 4,1 con valori simili sia per
sistemi split che per apparecchi centralizzati.
Se si volesse valutare a tavolino la prestazione
stagionale di una pompa di calore ad aria
è indispensabile conoscere da un lato la
distribuzione di temperatura e di umidità
dell’aria esterna nel corso della stagione
invernale e dall’altro la penalizzazione dovuta
al funzionamento ai carichi parziali. In assenza
di dati forniti dal costruttore può valere come
indicazione orientativa una relazione del tipo:
C2 = 0,36 x PAR + 0,64 (3.5)
nella quale C2 è il coefficiente di riduzione
del COP e PAR è il rapporto fra il carico
nell’intervallo di temperatura considerato e
la capacità della pompa di calore a quella
temperatura.
TIPO DI POMPA DI CALORE AMBIENTE ESTERNO[°C]
AMBIENTE INTERNO [°C]
COP AMBIENTE ESTERNO[°C]
AMBIENTE INTERNO[°C]
EER
aria/aria tbsi: 7 tbui: 6 tbsi: 20 tbui: 15 3,9 tbsi: 35 tbui: 24 tbsi: 27 tbui: 19 3,4
aria/acqua tbsi: 7 tbui: 6 ti: 30 tu: 35 4,1 ti: 35 tu: 24 ti: 23 tu: 18 3,8
salamoia/aria ti: 0 tbsi: 20 tbui: 15 4,3 ti: 30 tu: 35 tbsi: 27 tbui: 19 4,4
salamoia/acqua ti: 0 ti: 30 tu: 35 4,3 ti: 30 tu: 35 ti: 23 tu: 18 4,4
acqua/aria ti: 15 tu: 12 tbsi: 20 tbui: 15 4,7 ti: 30 tu: 35 tbsi: 27 tbui: 19 4,4
acqua/acqua ti: 10 ti: 30 tu: 35 5,1 ti: 30 tu: 35 ti: 23 tu: 18 5,1
Tabella 3.1 COP ed EER limite del DM 7/4/08. Significato dei pedici: bs = bulbo secco; bu = bulbo umido; i = ingresso; u = uscita
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Il procedimento di calcolo si articola nelle fasi
seguenti:
1 In base alla macchina prescelta si valuta
per ogni intervallo di temperatura il COP e
la capacità, attraverso diagrammi o tabelle
con le informazioni di Figura 3.1.
2. Nota la trasmittanza dell'edificio si calcolano
le dispersioni medie relative ad ogni
intervallo di temperatura dal prodotto
della trasmittanza per la differenza fra 18°
C e la temperatura media dell'intervallo
considerato. La scelta di 18° C, anziché del
valore di 20° C al quale si vuole mantenere
l'ambiente, cerca di tener conto in maniera
approssimativa degli apporti gratuiti.
3. Quando il rapporto fra le dispersioni
calcolate in (2) e la potenzialità calcolata
in (1) è inferiore all'unità, esso si può
considerare una stima della percentuale di
utilizzo della macchina in quell'intervallo di
temperatura.
4. Si corregge il COP calcolato al punto (1)
con il fattore correttivo CI, dovuto all'umidità
relativa, e con il fattore C2, dovuto al
funzionamento a carico parziale, fattori
desumibili eventualmente da tabelle e
grafici.
5. Le dispersioni medie dell'edificio calcolate
in (2) moltiplicate per il numero di
ore relativo ad un certo intervallo di
temperatura forniscono il fabbisogno
complessivo di energia che compete nel
mese a tale intervallo.
6. La capacità calcolata in (1) moltiplicata per
il numero di ore relativo all'intervallo di
temperatura e, quando il rapporto in (3)
sia inferiore all'unità, per la percentuale
di utilizzo della macchina porge l'energia
disponibile al condensatore della pompa di
calore in quell'intervallo di temperatura.
7. Il rapporto fra l'energia fornita al
condensatore, calcolata in (6), e il COP,
calcolato in (4), dà l'energia meccanica
impiegata al compressore relativa
all'intervallo di temperatura.
8. La differenza fra il fabbisogno energetico
in (5) e l'energia fornita al condensatore
calcolata in (6) dà l'energia ausiliaria
necessaria relativa ad un certo intervallo di
temperatura.
Le somme per tutti gli intervalli di temperatura
delle quantità calcolate in (5), (6), (7), (8)
danno rispettivamente:
1. i fabbisogni energetici complessivi mensili
dell'edificio;
2. l'energia complessivamente fornita dalla
pompa di calore;
3. l'energia meccanica mensile richiesta;
4. l'energia ausiliaria mensile.
Esempio numerico 3.1
Un edificio monofamiliare ubicato a Venezia
viene riscaldato con una pompa di calore
ad aria. L’edificio presenta una trasmittanza
complessiva di 400 W/K. Si impiega una
pompa di calore della potenza nominale di 5
kW.
La sua capacità in funzione della temperatura
dell’aria esterna è rappresentata con la retta:
Qc = 4,2 + kWtE
10
L’andamento del COP si può approssimare
con la retta:
COP = 2,5 + 0,05 x tE
Si devono introdurre al COP due coefficienti
correttivi, uno dovuto al brinamento che va
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INTERVALLO DI TEMPERATURA
VALORE CENTRALE UAΔt (kJ/h) QC (kJ/h) COP PAR C2 COP x C2
17 1440 21240 3,35 0,068 0,664 2,23
15 4320 20520 3,25 0,211 0,716 2,33
13 7200 19800 3,15 0,364 0,771 2,43
11 10080 19080 3,05 0,528 0,830 2,53
9 12960 18360 2,95 0,706 0,894 2,64
7 15840 17640 2,85 0,898 0,963 2,75
5 18720 16920 2,75 1,000 1 2,75
3 21600 16200 2,65 1 1 2,65
1 24480 15480 2,55 1 1 2,55
-1 27360 14760 2,45 1 1 2,45
-3 30240 14040 2,35 1 1 2,35
-5 33120 13320 2,25 1 1 2,25
INTERVALLO DI TEMPERATURA
VALORE CENTRALE n (h) UR (%) COP x C2 C1 COP DISPERSIONI (Mj) QC (Mj) W (Mj) Qaux (Mj)
17 0 2,23
15 0 2,33
13 0 2,43
11 6 88 2,53 1 2,53 60 60 24 0
9 37 72 2,64 0,96 2,53 480 480 189 0
7 110 81 2,75 0,95 2,61 1742 1742 668 0
5 127 84 2,75 0,9 2,48 2377 2377 961 0
3 160 81 2,65 0,91 2,41 3456 3456 1433 0
1 112 88 2,55 0,83 2,12 2742 2742 1295 0
-1 106 90 2,45 0,82 2,01 2900 1565 779 1336
-3 73 92 2,35 0,85 2,00 2208 1025 513 1183
-5 8 63 2,25 0,96 2,16 265 107 49 158
MPF = 2,29 SOMMA 16230 13554 5912 2677
taBELLa 3.3 vALUTAZIONE DEL COP MEDIO MENSILE
Tabella 3.2 Andamento per i diversi intervalli di temperatura (colonna 1) dei carichi termici dell’edificio (colonna 2), della capacità della pompa di calore (colonna 3), del COP
(colonna 4), dell’entità della parzializzazione (colonna 5), della penalità dovuta alla parzializzazione (colonna 6) e del COP così corretto (colonna 7)
Tabella 3.3 Valutazione del COP medio mensile dell’applicazione considerata. Gli intervalli di temperatura e le frequenze sono riportate nelle prime due colonne. La colonna 3 riporta l’umidità relativa media nell’intervallo
di temperatura considerato. La colonna 4 restituisce il COP già valutato nella tabella 3.2. La colonna 5 dà i fattore correttivo per lo sbrinamento. La colonna 6 fornisce il COP corretto. Le dispersioni dell’edificio sono riportate per ogni intervallo di temperatura in
colonna 7, mentre la colonna 8 dà la capacità della pompa di calore. La colonna 9 dà l’energia elettrica richiesta dalla pompa di calore. Al di sotto della temperatura di -1°C questa non riesce a fornire tutta l’energia richiesta e l’ultima colonna dà l’energia ausiliaria necessaria
taBELLa 3.1 vALUTAZIONE DEL COP CORRETTO PER LA PARZIALIZZAZIONE DELLA POMPA DI CALORE
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valutato con il grafico di fig. 3.16, Il secondo
coefficiente è dovuto al funzionamento a
carico parziale ed è valutabile con la relazione
(3.5).
Si costruisce anzitutto una matrice con i valori
degli intervalli di temperatura considerati,
con la stima dei carichi, della capacità della
macchina, del COP e della penalizzazione
dovuta al funzionamento parzializzato, come
in Tabella 3.2.
Si prende poi un mese, ad esempio gennaio
e si riportano le ore e le umidità relative più
probabili, valutando il coefficiente correttivo
per il brinamento della batteria, il COP corretto
per lo sbrinamento e le altre grandezze di
interesse come in tabella 3.3.
Si è così trovato un valore medio mensile del
COP pari a 2,29.
L’operazione va ripetuta mese per mese per
trovare lo SCOP (o SHPF).
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FIG. 4.1COP (scala di destra) ovvero rapporto fra energia e calore trasferito (scala di sinistra) nell’ipotesi di ciclo ideale e per macchine reali in
funzione dell’incremento di temperatura
4.1 CONSIDERAZIONI DI CARATTERE GENERALE
Nel prendere in considerazione il possibile
impiego di una pompa di calore in un
qualsiasi impianto, si dovrebbe sempre
tenere presente la rilevante sensibilità delle
sue prestazioni alle temperature massima
e minima del ciclo o, più sinteticamente,
all'incremento di temperatura che la pompa di
calore garantisce rispetto alla sorgente fredda.
Con prestazioni si intendono sia COP della
macchina che capacità. Per quanto riguarda
il COP è già molto significativo l'andamento
suggerito dal ciclo di Carnot inverso:
COP =Tc
Tc -Te
Si veda l'intervallo entro cui può variare il
COP in fig. 4.1 in funzione dell'incremento
di temperatura consentito dalla pompa di
calore. La fascia più in alto dei valori compete
alle macchine di piccola taglia e di limitata
qualità. I valori intermedi competono a
macchine moderne, mentre i COP più alti
sono quelli relativi alle macchine di grossa
taglia. L'andamento della capacità risulta
CaP. 4APPLICAZIONE DELLE POMPE DI CALORE NEL RISCALDAMENTO RESIDENZIALE E NEL TERZIARIO
Ex/Q
0,6
50100 0 50 150100 200
0,1
0,2
0,3
0,5
incremento di temperatura (K)
2
3
4
5
10
2050
COP
refrigerazione riscaldamento
hP
macchine reali
°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°
°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°
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altrettanto penalizzante al crescere del divario
di temperatura.
Questo dato di partenza fondamentale
fornisce un primo importante suggerimento.
Prima di compiere qualsiasi sforzo per
ricercare sorgenti termiche a livelli di
temperatura più convenienti, è consigliabile
selezionare con cura i sistemi di
riscaldamento, in modo da abbassare la
temperatura di fornitura dell'energia termica.
È privo di senso rivolgersi a sistemi che
utilizzano la massima temperatura consentita
dalla macchina (di solito fra 50 e 60°C),
quando ci si può rivolgere a sistemi che,
adeguatamente dimensionati, consentono di
lavorare a temperature non superiori a 35°C:
basti pensare a pavimenti o soffitti radianti,
ovvero a sistemi ad aria calda.
Questo non preclude il possibile impiego
di terminali di impianto a radiatori, così
diffusi nell’edilizia esistente. È vero che i
radiatori sono di solito dimensionati su di una
temperatura di progetto di arrivo dell’acqua
a 70-80°C che è al di sopra dei valori di
impiego ordinario di una pompa di calore.
Di solito, però, nel retrofitting dell’esistente
si opera anche un intervento di isolamento
termico che riduce il carico di progetto
dell’edificio: rispetto ad un edificio non isolato
non è difficile pervenire ad una riduzione del
50% nel carico di progetto. Come si vedrà,
una simile riduzione consente di mantenere
i radiatori esistenti alle nuove temperature
della pompa di calore, senza dover neppure
maggiorarli.
Altri problemi con cui ci si deve confrontare
nei sistemi con pompa di calore sono dovuti a
diverse temperature richieste dall’impianto sia
per terminali di impianto differenti nel caso
di pompa di calore al servizio di un edificio
con svariate utenze diverse oppure, più
comunemente, per la richiesta di acqua calda
sanitaria con valori attorno a 50-55°C e relativi
scaldasalviette dei bagni.
FIG. 4.2COP di modelli di pompe di calore Ferroli del tipo aria-acqua in funzione della temperatura a bulbo umido dell’aria esterna. Le curve di
sinistra si riferiscono ad una temperatura dell’acqua prodotta di 35°C, quelle di destra di 55°C
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E ancora un’altra questione da affrontare è
quella relativa all’integrazione con sorgenti
termiche diverse, dal solare termico
e fotovoltaico, ovvero alla presenza di
funzionamento estate-inverno con acqua
calda sanitaria.
Conviene essere puntualmente precisi sulla
prestazione delle macchine a seconda della
temperatura dell’energia termica prodotta.
Come si ricorderà dal capitolo precedente,
vi è una forte influenza della temperatura
della sorgente fredda sia su capacità che
COP (entrambi aumentano al crescere
di tale temperatura). Influenza altrettanto
forte è data dalla temperatura lato caldo.
Si consideri anzitutto una pompa di calore
aria-acqua (sorgente fredda aria esterna con
riscaldamento di acqua). La fig. 4.2 mostra gli
andamenti di COP per una temperatura utile
di 35°C (grafico di sinistra) e di 55°C (grafico
di destra) in funzione della temperatura a
bulbo umido dell’aria esterna (sorgente fredda
della pompa di calore) per diversi modelli di
pompa di calore. Si nota in entrambi i casi il
flesso tipico delle curve attorno agli 0°C per i
cicli di sbrinamento.
Le curve si prolungano fino ad una
temperatura esterna di -20°C con un COP
al livello non disprezzabile di 2 (dislivello di
55°C fra caldo prodotto e sorgente fredda)
quando la mandata è a 35°C. Viceversa se la
mandata è a 55°C il precedente valore di COP
si raggiunge a -5°C (sostanzialmente stesso
dislivello di prima).
Si osservi come ad una temperatura della
sorgente fredda di 5°C a bulbo umido (valore
tipico stagionale del Nord Italia) il COP sia
orientativamente fra 4 e 4,5 per la mandata
a bassa temperatura e di 2,5-3,0 per la
temperatura di mandata più alta.
Un comportamento analogo si ritrova in
termini di capacità della macchina (fig. 4.3).
La differenza è molto meno marcata che per
il COP, in parte anche per questo. Il più basso
FIG. 4.3Capacità dei modelli di pompe di calore Ferroli del tipo aria-acqua già considerate nella precedente figura in funzione della temperatura a
bulbo umido dell’aria esterna. Le curve di sinistra si riferiscono ad una temperatura dell’acqua prodotta di 35°C, quelle di destra di 55°C
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COP per temperature di mandata più elevate
implica infatti una maggiore potenza assorbita
al compressore, potenza che si ritrova quasi
tutta al condensatore, in aggiunta all’energia
che la macchina è riuscita a valorizzare
dall’evaporatore.
Un altro elemento da considerare con cura
è il grande incremento di capacità della
macchina al crescere della temperatura della
sorgente fredda: passando da 5°C a 20°C la
capacità della macchina più grande aumenta
da 33 a 45 kW. Si dirà che a 20°C non è
necessario più il riscaldamento. Ma resta
comunque il riscaldamento dell’acqua calda
sanitaria, carico ben più ridotto di quello del
riscaldamento ambientale e che deve essere
in grado di scambiare energia termica con
la macchina a potenzialità confrontabili con
quelle appena viste.
Considerazioni non dissimili e, in qualche
caso, ancora più marcate si possono ritrovare
analizzando le prestazioni di pompe di
calore acqua-acqua. La fig. 4.4 analizza il
campo tipico in cui la sorgente fredda è
acqua superficiale o sotterranea. Per una
temperatura tipica della sorgente fredda di
10°C il COP supera per bassa temperatura
di mandata il valore 5, mentre resta a 3
per 55°C di mandata. Per gli andamenti
di capacità di fig. 4.5 si ripetono le
considerazioni viste prima.
Infine vale la pena esaminare per macchine
reali quanto può avvenire per impianti a
pompa di calore a terreno (fig. 4.6), in
cui, in funzione del dimensionamento
delle termosonde e del tipo di terreno, le
temperature si collocano normalmente fra
-5°C e 5°C: al valore caratteristico di 0°C
il COP è circa 4 per la mandata a 35°C ed
appena 2,4 per 55°C. Vale la pena osservare
che con sorgente aria a parità di temperatura
il COP sarebbe stato di oltre il 10% inferiore
per le peggiori qualità di scambio termico fra
aria e liquido con l’evaporatore della pompa
FIG. 4.4COP di modelli di pompe di calore Ferroli del tipo acqua-acqua in funzione della temperatura dell’acqua in arrivo dalla sorgente fredda
(acqua di falda). Le curve di sinistra si riferiscono ad una temperatura dell’acqua calda prodotta di 35°C, quelle di destra di 55°C
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di calore.
Il quadro si completa in fig. 4.7 dove si
riportano i valori di capacità per pompe di
calore a terreno.
Un ultimo punto che conviene tenere
presente in questo contesto è che nel
riscaldamento dell’acqua sanitaria ci si
confronta con valori prevalenti rappresentati
dai grafici di destra, quindi con COP
mediamente più bassi. Valutando il COP
FIG. 4.6COP di modelli di pompe di calore Ferroli del tipo acqua-acqua in funzione della temperatura dell’acqua in arrivo dalla sorgente fredda
(geotermico). Le curve di sinistra si riferiscono ad una temperatura dell’acqua calda prodotta di 35°C, quelle di destra di 55°C
FIG. 4.5Capacità dei modelli di pompe di calore Ferroli del tipo acqua-acqua già considerate nella precedente figura in funzione della temperatura
a bulbo umido dell’aria esterna. Le curve di sinistra si riferiscono ad una temperatura dell’acqua prodotta di 35°C, quelle di destra di 55°C
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stagionale della pompa di calore non solo vi
è una dipendenza dalla temperatura scelta
per i terminali di riscaldamento, ma anche dal
peso che il riscaldamento dell’acqua sanitaria
ha sul totale. Dal momento che all’aumentare
delle caratteristiche di isolamento degli edifici
i carichi di riscaldamento si riducono in
modo significativo, la tendenza è a un peso
crescente del carico dovuto all’acqua sanitaria
con conseguenze non trascurabili sul COP
stagionale della pompa di calore nell’impianto.
4.2 I TERMINALI DI IMPIANTO
I terminali di impianto sono in Europa
generalmente di tipo idronico: si va dai classici
radiatori ai fan coil (ventilconvettori) per
terminare con i sempre più diffusi sistemi
radianti a pavimento o a soffitto ovvero a
pannello a parete.
Il terminale di impianto più diffuso nel
riscaldamento è un corpo scaldante statico
indicato comunemente come radiatore,
piastra radiante o termosifone.
In realtà l’energia termica scambiata è
prevalentemente per convezione (70-80%):
l’aria ambiente a contatto con la parete calda
dell’elemento si riscalda e sale verso l’alto per
la minore densità attivando un movimento
convettivo più o meno intenso a seconda
della forma del corpo scaldante.
La resa dei corpi scaldanti viene calcolata per
una temperatura media dell’acqua di 70°C
(75-65°C).
Nota l’emissione per un certo Δt calcolato
rispetto alla temperatura dell’ambiente
riscaldato, l’emissione per una differenza di
temperatura diversa Δt’ si calcola da:
PΔt'= PΔt ( )nΔt'
Δt
Il valore dell’esponente n per un radiatore
può variare da 1,28 a 1,33 e si può porre
tipicamente a 1,3 (norma UNI 10347).
La differenza di temperatura si calcola
fra la temperatura media fra ingresso
FIG. 4.7Capacità dei modelli di pompe di calore Ferroli del tipo acqua-acqua già considerate nella precedente figura in funzione della temperatura
a bulbo umido dell’aria esterna. Le curve di sinistra si riferiscono ad una temperatura dell’acqua prodotta di 35°C, quelle di destra di 55°C
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e uscita del radiatore e la temperatura
dell’aria dell’ambiente riscaldato. Un
dimensionamento tipico in condizioni di
progetto è del tipo 80-60 con temperatura di
ingresso al corpo scaldante di 80°C e uscita
a 60°C. Per una pompa di calore operante a
temperatura massima di 55°C, la portata è
tale che il ritorno è a 50°C. Nel primo caso
il Δt è di 50°C e nel secondo è di 32,5°C. È
facile calcolare che rispetto ad un radiatore
normalmente dimensionato, lo stesso
radiatore operante con la pompa di calore è
in grado di scambiare il 57% della potenza.
In realtà si è visto che in condizioni di
progetto assai spesso l’energia è fornita di
un sistema ausiliario (una piccola caldaia) o
coadiuvato da resistenze elettriche. Capita
così che quasi sempre il radiatore è in
grado di scambiare la potenza termica nella
situazione del balance point. A temperature
poco sopra gli 0°C le regolazioni con retta
climatica danno temperature di ingresso
dell’acqua nei radiatori attorno appunto
a 60°C. Se poi si sono fatti interventi di
riduzione delle dispersioni (vetrocamera,
controparete isolante, isolamento a cappotto),
la potenza messa a disposizione dal radiatore
può diventare addirittura esuberante rispetto
alle necessità anche con temperature di
alimentazione di 50°C.
Indubbiamente il terminale di impianto che
più si adatta alla pompa di calore è il sistema
radiante a bassa temperatura. Esso si realizza
comunemente nel residenziale con il sistema
a pavimento radiante, mentre nel terziario si
usa spesso il soffitto radiante.
Il pavimento radiante è un sistema che,
dopo alterne fortune nelle sue prime
applicazioni negli anni ’50 del secolo scorso,
riscuote ora una grande popolarità, avendo
risolto i suoi problemi originari. In origine
le tubazioni erano realizzate in metallo e
si confrontavano con i carichi termici di
edifici per nulla isolati. Di conseguenza le
temperature di alimentazione per riuscire a
fornire la potenza termica necessaria erano
relativamente elevate (dell’ordine di 50°C) e
di conseguenza la superficie del pavimento
risultava sgradevolmente calda. Inoltre
capitava che il metallo soffrisse di effetti
corrosivi che arrivavano anche alla foratura del
sistema con esiti facilmente immaginabili.
Il migliore isolamento degli edifici odierni
ha consentito una drastica riduzione della
temperatura di alimentazione che si può
tranquillamente ridurre a 30-35°C. Di
conseguenza la temperatura superficiale
del pavimento è di poco superiore alla
temperatura ambiente e il riscaldamento
risultante è uniforme e confortevole con
ridottissima movimentazione delle polveri
ed una distribuzione di temperature
nell’ambiente assai più uniforme e gradevole
che in un sistema a radiatore. Si vedano
due esempi di mappatura delle temperature
nel locale riscaldato da un radiatore e dello
stesso locale riscaldato da un pavimento
radiante (fig. 4.8). Si nota che la temperatura
a livello della testa delle persone è
confortevolmente più bassa della temperatura
media dell’ambiente e che le disuniformità
sono molto limitate. Inoltre le temperature
che governano le dispersioni, ad esempio
in corrispondenza della parete esterna con
finestra sono di alcuni gradi più basse che nei
sistemi a radiatori.
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La seconda importante innovazione dei
nuovi pavimenti radianti è il ricorso per le
tubazioni al polietilene reticolato (PE-X)
o al polipropilene (PP). Questi materiali
garantiscono lunghissime durate, valutate
in molte decine di anni di attività. Le
tubazioni vengono annegate nel massetto
su cui poi verrà posato il rivestimento finale
(piastrelle, parquet, marmo). Se le unità
abitative sono diverse si pone uno strato
FIG. 4.9Disposizione del sistema di tubazioni in un pavimento radiante in un ambiente dalla pianta di complessa geometria (doc. Giacomini)
FIG. 4.8Distribuzione delle temperature in un ambiente riscaldato da un radiatore (figura superiore) o da un pavimento radiante (figura inferiore)
(doc. Giacomini)
TEMPERATURA AMBIENTE IN
UN LOCALE RISCALDATO CON
RADIATORI
TEMPERATURA AMBIENTE IN
UN LOCALE RISCALDATO CON
PANNELLI A PAVIMENTO
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isolante fra il massetto ed il solaio. Talvolta si
aumenta lo strato di massetto con l’intento
di incrementare la capacità termica del
sistema riscaldato dal pavimento in modo
da avere un’elevata inerzia nel sistema
di riscaldamento. La posa in opera delle
tubazioni è facilitata da pannelli isolanti
preformati, realizzati con brevetti diversi, che
consentono agevolmente l’installazione anche
su complesse geometrie di pianta (fig. 4.9).
Il pavimento radiante consente anche un
certo grado di raffrescamento nei locali con
scambi termici di qualche decina di W/m2,
facendo circolare acqua fredda nelle tubazioni.
L’avvertenza principale è il controllo della
temperatura superficiale che deve risultare
superiore alla temperatura di rugiada dell’aria
ambiente per evitare condensazioni sul
pavimento.
Benché anche il soffitto radiante si
presti ad una realizzazione con tubazioni
annegate nello strato cementizio al di
sopra dell’intonaco di finitura, realizzando
quindi il soffitto radiante gettato in opera
(fig. 4.10), più frequentemente si ricorre
al controsoffitto. La soluzione risulta infatti
molto conveniente nelle realizzazioni
del terziario, dove il controsoffitto viene
realizzato con pannelli prefabbricati, spesso
di alluminio cui sono aggraffate le tubazioni
in cui si può fare circolare sia acqua calda
(sempre a temperature moderate) che
acqua fredda nel periodo estivo (fig. 4.11).
FIG. 4.10Sezione di un sistema a soffitto radiante annegato nel solaio
°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°laterizio serpentinafondello intonaco
ferro di armatura
FIG. 4.11Vista schematica di un soffitto radiante prefabbricato
elemento di supporto
graffe di fissaggio
FIG. 4.12Ambiente riscaldato da un soffitto radiante (doc. Frenger)
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R I S C A L D A M E N T OR E S I D E N Z I A L E> > >
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UPPORTO S ECNICOT ROGETTISTIP
Oltre al vantaggio di ottenere una soluzione
esteticamente molto valida (fig. 4.12), il
sistema presenta un’inerzia ridotta che può
essere vantaggiosa per occupazione limitata
nel tempo dei locali. È una situazione tipica
del terziario, dove i locali sono occupati per
una frazione della giornata e spesso sono
chiusi nel corso del fine settimana. Il soffitto,
con la bassa capacità termica della struttura
metallica (superiormente isolata), si porta
rapidamente alla temperatura superficiale di
regime, raffreddandosi poi rapidamente allo
spegnimento dell’impianto.
L’inerzia risulta utile nelle applicazioni
residenziali per stabilizzare le temperature
sia nei confronti dei carichi variabili che nei
periodi di preparazione dell’acqua calda
sanitaria. Infatti in quel caso di solito la
pompa di calore si dedica con priorità alla
preparazione dell’acqua calda sanitaria, non
alimentando l’impianto per periodi alcune
decine di minuti.
Questa esigenza non c’è normalmente nelle
applicazioni del terziario, dove la presenza di
apporti termici dovuti alle apparecchiature in
funzione (computer, stampanti, fotocopiatrici,
ecc) e all’illuminazione riduce le esigenze di
riscaldamento e comporta normalmente un
maggiore impegno nel raffrescamento, cui il
soffitto radiante è meglio vocato.
Le potenze termiche che il soffitto radiante
può scambiare in raffrescamento sono infatti
a parità di altre condizioni più significative
rispetto al pavimento radiante. Anche per il
soffitto radiante in raffrescamento è di grande
importanza il controllo della temperatura
superficiale. Il sistema più razionale è
comunque in questo caso un sistema
misto con aria primaria e soffitto radiante,
ovvero con fan coil di deumidificazione
e soffitto radiante. Spesso la circolazione
dell’acqua fredda in uscita dai fan coil di
deumidificazione, in cui può entrare attorno
a 10°C e uscire a 15°C per poi alimentare
in serie il soffitto radiante, è una garanzia
sufficiente per evitare la condensazione a
soffitto.
In ogni caso è possibile un calcolo piuttosto
accurato dei sistemi sia a soffitto che a
pavimento radiante secondo una procedura
sviluppata dall’ASHRAE (American Society of
Heating Refrigerating and Air-conditioning
Engineers inc.) che verrà illustrato
nell’Appendice alla fine del presente capitolo.
Tale metodo non solo consente, a partire dalle
caratteristiche di progetto del sistema radiante
e della sua temperatura di alimentazione, di
stabilire quale sia il flusso termico specifico
sia in riscaldamento che in raffrescamento,
ma consente anche di determinare le
temperature superficiali.
4.3 LA PRODUZIONE DELL’ACQUA CALDA
SANITARIA
Il fabbisogno individuale di acqua sanitaria è
cresciuto di pari passo alla diminuzione della
richiesta di riscaldamento degli ambienti per
i migliori isolamenti adottati. In un edificio
ben isolato l’acqua sanitaria può richiedere
fino ad 1/3 del fabbisogno complessivo di
riscaldamento.
La caratteristica saliente della richiesta di
acqua sanitaria sta nella sua concentrazione.
Si immagini una doccia con una portata
d’acqua di 10 litri/min e della durata di 5
minuti con acqua a 40°C ed acqua di rete a
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UPPORTO S ECNICOT ROGETTISTIP
15°C. L’energia complessiva per riscaldare i 50
litri così consumati è evidentemente di:
Q = 50 (40 - 15) = 1250 kcal (1,45 kWh)
Il dato più interessante è la potenza termica
richiesta nei 5’ nel caso si volesse produrre
istantaneamente l’acqua calda:
60
5q = 50 (40 - 15) = 15000 kcal (17,5 kW)
Se poi si vuole evitare che l’apertura
contemporanea di un rubinetto di un
altro utente non produca altrettanto
istantaneamente uno sgradevole effetto di
abbassamento della temperatura si arriva
facilmente ai classici 24 kW delle caldaie
autonome.
Finalmente da qualche tempo questa scelta,
potenzialmente molto inefficiente, trova la
concorrenza di caldaie di più piccola potenza
(anche meno di 10 kW), risolvendo tramite
un idoneo accumulo le problematiche sopra
presentate. La scelta di installare un accumulo
di acqua calda diventa essenziale quando si
voglia integrare nell’impianto il solare termico.
Un accumulo di idonea capacità diventa
anche la corretta soluzione per gli impianti
a pompa di calore, nei quali la potenza
della macchina va scelta, come si è visto, in
funzione del carico di riscaldamento. L’acqua
calda sanitaria va prodotta, dedicando, quando
necessario, la pompa di calore a questo
servizio. Negli impianti a bassa temperatura
la pompa di calore lavora normalmente alla
temperatura dell’acqua calda prodotta a
35°C, passando a 55°C, nel caso si debba
caricare l’accumulo dell’acqua calda o si
vogliano alimentare i cosiddetti scaldasalviette
(radiatori posizionati nei locali bagno). Il primo
problema che si pone è quale sia la corretta
dimensione di questo accumulo.
Si deve anzitutto stimare quale sia il consumo
giornaliero di acqua calda e quale sia il suo
grado di concentrazione. Tanto maggiori
questi due valori, tanto più grande dovrà
essere selezionato l’accumulo. Si dovrà poi
scegliere un set point compatibile con il
funzionamento della pompa di calore. Se
la pompa di calore ha una mandata alla
massima temperatura di 55°C, fissare il set
point dell’accumulo in un intorno di tale
temperatura rischia di far lavorare la macchina
per delle ore con funzionamento brutalmente
parzializzato, dato che lo scambio termico
dipende dalla differenza di temperatura.
Atteso un valore minimo di almeno 5°C nella
differenza di temperatura, sarà importante
la dimensione e la qualità della superficie di
scambio termico. Una soluzione largamente
adottata è un boiler con uno scambiatore
incorporato a serpentino immerso (fig. 4.13).
Questo sistema è stato molto migliorato nel
corso degli anni, con il ricorso a superfici
alettate nella parte esterna del serpentino,
FIG. 4.13Serbatoio di accumulo con scambiatore a serpentino
immerso incorporato
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UPPORTO S ECNICOT ROGETTISTIP
caratterizzata da bassi coefficienti di scambio
termico, ampliando al tempo stesso la
lunghezza del serpentino rispetto alla capacità
di accumulo. Va valutata con attenzione la
possibilità di ricorrere ad uno scambiatore di
calore esterno a piastre (fig. 4.14): questa
soluzione, oltre a consentire ampie superfici di
scambio con eccellenti coefficienti di scambio
termico, consente la periodica pulizia delle
piastre nei confronti dei depositi calcarei.
Questi depositi, in presenza di acque dure
non trattate, incrementano progressivamente
la resistenza termica dei serpentini immersi
fino ad arrivare in alcuni casi al fuori servizio.
Il funzionamento più critico nella produzione
di acqua calda sanitaria non è, come si
potrebbe credere, quando la temperatura
della sorgente fredda, ad esempio l’aria
esterna, è più bassa, ma quando è più alta.
Infatti in questo caso la capacità della pompa
di calore diventa massima.
Se si prende in considerazione un modello
FIG. 4.14Accumulo con scambiatore esterno a piastre
FIG. 4.15Andamento del rendimento volumetrico di un compressore scroll al variare del rapporto delle pressioni per diverse velocità di rotazione
rend
imen
to v
olum
etric
io
65%
70%
60%32 4 5 6 7
75%
80%
85%
90%
95%
100%
rapporto delle pressioni
90 Hz 100% numero di giri60 Hz 66% numero di giri
50 Hz 55% numero di giri
40 Hz 44% numero di giri
30 Hz 33% numero di giri
AF
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UPPORTO S ECNICOT ROGETTISTIP
di pompa di calore come la HXA 18.1 che
alla temperatura di riferimento di 7°C alla
sorgente fredda rende 18 kW, quando l’aria
esterna è di 35°C rende ben 28 kW. Se si
usa un boiler normale da accoppiare ad una
caldaia autonoma di pari potenza dovrebbe
essere in grado di scambiare in continua fra
20 e 30 kW con una temperatura in ingresso
di 80°C e una differenza di temperatura di
20°C. La pompa di calore lo dovrà fare con la
differenza di temperatura di 5°C: ciò significa
che la sua capacità di scambio si riduce di
almeno 4 volte. Se la pompa di calore rende
28 kW ed è in grado scambiarne, diciamo
6, la macchina dovrà lavorare fortemente
parzializzata con frequente ricorso ad attacca
stacca. Anche l’inverter in questo caso
può essere una soluzione non del tutto
soddisfacente, sia perché la riduzione del
numero dei giri del compressore non va
sotto 1/3 del valore massimo (tipicamente
la frequenza da 90 Hz passa a 30Hz), sia
perché la riduzione di potenza non va di pari
passo con il numero di giri del compressore.
Infatti la riduzione di portata di refrigerante
riduce anche le perdite di carico all’ingresso
e all’uscita del compressore e gli attriti. Di
conseguenza la densità del refrigerante risulta
più alta del previsto sì che una riduzione
della portata del 50% può comportare una
riduzione della potenza non del 50%, come
ci si potrebbe aspettare, ma del 30%. Questo
effetto è in parte temperato da una riduzione
di rendimento volumetrico che si riduce
con la velocità di rotazione del compressore
(e con il rapporto delle pressioni) come si
vede dalla fig. 4.15. Nel contempo, tuttavia,
si nota che all’aumentare della temperatura
di evaporazione il rapporto delle pressioni
diminuisce, stabilizzando alla fin fine il
rendimento volumetrico.
Un accoppiamento del genere andrebbe
assai male anche d’inverno. Infatti a fronte
della capacità della macchina di un 15 kW,
FIG. 4.16Integrazione in un accumulo di una pompa di calore per il riscaldamento e un sistema solare termico
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R I S C A L D A M E N T OR E S I D E N Z I A L E> > >
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UPPORTO S ECNICOT ROGETTISTIP
una capacità di scambio di 6 kW costringe
la macchina a dedicarsi al riscaldamento del
sanitario per un tempo 2,5 volte superiore
a quello che la sua potenza renderebbe
necessario.
Qual è allora la soluzione? Uno scambiatore
ampiamente dimensionato su di un accumulo
corrispondentemente ampio. Se ad esempio
si sceglie un sistema di accumulo in grado di
scambiare 100 kW con la classica differenza
FIG. 4.18Crescita delle colonie di legionella in funzione delle temperature dell’acqua
FIG. 4.17Integrazione di pompa di calore per il riscaldamento, solare termico e caldaia a biomasse
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UPPORTO S ECNICOT ROGETTISTIP
di temperatura di caldaia di 20 °C, ecco che
riesce a scambiare in continua 25 kW con
un Δt di 5°C, risolvendo i problemi prima
considerati.
La scelta di un accumulo di ampie dimensioni
risulta favorevole anche nei confronti di un
sistema integrato pompa di calore-solare
termico, come rappresentato in fig. 4.16.
Un sistema del genere può trovare ulteriori
integrazioni oltre che con il solare termico con
una caldaia a biomasse o con entrambe le
soluzioni (fig. 4.17).
La produzione dell’acqua calda sanitaria
merita ancora alcune osservazioni e
considerazioni.
La prima riguarda il problema della legionella
che, come si sa, è un batterio ubiquitario
che si sviluppa con grande rapidità in caso di
condizioni ambientali favorevoli. Il campo di
crescita ottimale è proprio ad una temperatura
fra i 30 e i 50°C (fig. 4.18). Per cautelarsi
da questo sgraditissimo ospite un sistema
molto impiegato è di portare l’accumulo
periodicamente (di solito una volta alla
settimana) ad una temperatura di almeno
70°C per un intervallo di tempo prefissato.
In assenza di sistema ausiliario a gas, che
potrebbe farsi carico senza problemi di queste
temperature si ricorre di solito ad una batteria
di resistenze elettriche.
Esiste tuttavia un’alternativa più interessante
sul piano operativo, vale a dire di inserire
un serpentino o uno scambiatore di
calore istantaneo in modo da preparare
direttamente l’acqua sanitaria di consumo a
partire da un accumulo in circuito chiuso (fig.
4.19). Questo sistema risulta interessante
anche nei confronti di impianti solari termici.
Infatti la presenza di legionella è praticamente
assente dall’acqua di rete e l’impiego
sufficientemente continuativo della stessa ne
impedisce la proliferazione.
Una seconda osservazione riguarda il
possibile impiego del desurriscaldamento
nella preparazione dell’acqua sanitaria. Se
si considera un ciclo a pompa di calore
con R-410 A con una temperatura di
condensazione di 50°C e di evaporazione di
0°C è facile rendersi conto (fig. 4.20) che la
temperatura di fine compressione è di circa
80°C e il desurriscaldamento fino a 50°C
mette a disposizione circa 45 kJ/kg rispetto
FIG. 4.19Schema di una pompa di calore per il riscaldamento ambientale e dell’acqua sanitaria con integrazione del solare termico e scambiatore
istantaneo fra acqua sanitaria e acqua calda accumulata a circuito chiuso
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UPPORTO S ECNICOT ROGETTISTIP
FIG. 4.20Rappresentazione del ciclo di una pompa di calore fra le temperature di 0°C e 50°C sul diagramma pressione-entalpia dello R410A
ai 200 kJ/kg complessivamente ceduti al
condensatore, quindi circa 1/5 della potenza
della pompa di calore può essere dedicata
alla preparazione dell’acqua sanitaria senza
penalizzare eccessivamente il funzionamento
a bassa temperatura della macchina.
Infine un’ultimissima osservazione in
proposito. L’acqua di rete viene reintegrata
ad una temperatura relativamente
bassa, orientativamente a 15°C. Un
impiego intelligente è di sfruttarla in un
sottoraffreddatore che sfrutta il refrigerante
FIG. 4.21Possibile preriscaldamento dell’acqua di rete in un sottoraffreddatore posto fra condensatore ed evaporatore di una pompa di calore. Il
riscaldamento finale dell’acqua sanitaria è ottenuto tramite un desurriscaldatore fra uscita del compressore e condensatore
CONDENSATORE
EVAPORATORE
COMPRESSORE
TERMOSTATICA VAPORE 0°C
VAPORE 80°C
VAPORE 55°C
40°C
40°C
15°C
MISCELA 0°C
60°C
LIQUIDO 20°C
SCAMBIATORE
DESSURISCALDATORE
LIQUIDO 50°C
ACQUA DI RETE
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UPPORTO S ECNICOT ROGETTISTIP
liquido proveniente dal condensatore ed
aumenta la produttività dell’evaporatore. In
questo modo l’acqua può ricevere circa 60
kJ/kg, come si può constatare dalla lettura
sul ciclo dello R-410A di fig. 4.20. L’acqua
può poi completare la sua preparazione nel
desurriscaldatore, come visto prima, arrivando
con ottimi valori di COP complessivi della
pompa di calore a temperature relativamente
elevate (fig. 4.21).
4.4 LA POMPA DI CALORE CONDOMINIALE
Gran parte delle applicazioni delle pompe
di calore nel residenziale si rivolgono ad
applicazioni unifamiliari, sia perché negli
edifici di tipo condominiale il costruttore di
solito sceglie la soluzione di più basso costo
disponibile sul mercato per la centrale termica
che per problematiche non del tutto risolte
dal punto di vista tariffario.
Tuttavia vale la pena svolgere alcune
considerazioni sul possibile ricorso ad una
pompa di calore nella ristrutturazione di
un edificio condominiale (fig. 4.22). Infatti
disporre di una pompa di calore centralizzata
dà già in partenza una serie di vantaggi non
trascurabili:
• Importanti economie di scala. Il costo
unitario del kW installato diminuisce con la
taglia della macchina.
• Data l’improbabile contemporaneità dei
carichi sull’acqua sanitaria, le possibili
problematiche relative alla preparazione
dell’acqua sanitaria si risolvono con un
accumulo centrale di generose dimensioni,
dotato magari di un temporizzatore per
caricarlo nelle ore notturne, con temperature
magari meno favorevoli della sorgente
fredda aria, ma con tariffe molto più basse.
• L’impianto può fornire anche il servizio
estivo di condizionamento.
• Le macchine di taglia maggiore guadagnano
qualche punto percentuale nel COP (cfr. fig.
4.2).
• La potenza complessivamente impegnata
è inferiore a quella che si otterrebbe dalla
somma delle potenze di tante pompe di
calore individuali per ogni appartamento.
Il sistema converrà sia dotato di
contabilizzazione del calore per ogni singola
unità abitativa. Ovviamente il possibile
distacco o parzializzazione di un’utenza non
consentirà il collegamento diretto fra il circuito
dell’acqua calda che attraversa il condensatore
e il carico, dal momento che verso il carico ci
si aspetta una portata variabile.
Sarà necessario inserire un disgiuntore o
separatore idraulico dal momento che il
condensatore deve ricevere una portata
d’acqua costante.
FIG. 4.22Applicazione di una pompa di calore per riscaldamento
centralizzato di un edificio condominiale
RMA RgA RLA
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UPPORTO S ECNICOT ROGETTISTIP
Si dovrà provvedere quindi ad una pompa sul
circuito primario che interessa il condensatore
ed una sul circuito secondario che serve i
carichi. È fondamentale in questa scelta fare
in modo che la portata sviluppata nel circuito
secondario risulti inferiore in ogni condizione
a quella del circuito primario. In caso contrario
si avrebbe una miscelazione dell’acqua
di ritorno dall’impianto di riscaldamento a
temperatura più bassa di quella che arriva dal
condensatore della pompa di calore.
Non è difficile dimostrarlo. Supponiamo che
la pompa del primario porti 2 m3/h a 50°C e
quella del secondario 3 m3/h con un ritorno
a 40°C. Evidentemente il disgiuntore di fig.
4.23 verrà attraversato dal basso verso l’alto
dalla portata di 1 m3/h di acqua a 40°C che,
miscelandosi con quella in arrivo dalla pompa
di calore, fornirà una temperatura verso il
carico non di 50°C, ma di meno di 47°C. Se
invece le proporzioni delle portate si invertono
si avrà che il disgiuntore viene attraversato
dall’alto verso il basso con l’effetto di
aumentare di un po’ la temperatura di ritorno
dell’acqua verso il condensatore (che sarà
di circa 43°C anziché di 40°C) ma senza la
perdita exergetica vista prima: di fatto se si
volesse acqua verso il carico effettivamente
a 50°C si dovrebbe far lavorare la pompa
di calore a 55°C. Un fenomeno simile
avverrebbe anche nel funzionamento estivo:
se la temperatura prodotta all’evaporatore
della pompa di calore è di 7°C e il ritorno
dall’impianto è a 12°C, l’impostazione errata
del disgiuntore fornirebbe all’impianto
acqua fredda non a 7°C ma a quasi 9°C.
Per avere acqua fredda a 7°C l’evaporatore
dovrebbe prepararla a 4,5°C. Per questi
motivi il progettista dovrà prestare la massima
attenzione quando voglia fare del disgiuntore
un volano termico, aumentando la capacità
termica del circuito e stabilizzandone quindi
la temperatura. Al di là del fatto che anche in
questo caso il primario dovrà avere sempre
la maggiore delle due portate, il rischio è
che nell’accumulo si abbia comunque una
miscelazione fra acqua di mandata del
primario e di ritorno del secondario, con effetti
indesiderati simili a quelli prima considerati. Si
possono limitare solo realizzando serbatoi di
disgiunzione caratterizzati da forte verticalità
che rendono più difficoltosa la miscelazione.
Per suffragare l’ipotesi di buona convenienza
di un sistema condominiale di pompa di
calore si può considerare pur in modo rapido
ed approssimativo una possibile situazione
applicativa, valutando le grandezze in gioco.
Si consideri un edificio con 10 appartamenti
situato nel Nord Italia con fabbisogno
complessivo nella stagione invernale di
150.000 kWht. Considerando unità abitative
di circa 100 m2 ciascuna, si vede che
verosimilmente l’edificio non è isolato in
maniera particolarmente spinta (diciamo a
livello legge 10). Con una normale caldaia e
una discreta regolazione il consumo di gas
naturale si può stimare in circa 20.000 m3/
anno con una spesa valutabile in 12.000 €/
anno.
Qualora la pompa di calore abbia un COP
stagionale di 3 (valore piuttosto cautelativo
alla luce di quanto fin qui visto), il consumo
di energia elettrica sarebbe di 50.000 kWh/
anno. Si tratta ora di valutare il costo di questa
energia elettrica, dipendente in maniera
assolutamente stringente dal sistema tariffario.
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Si deve ipotizzare anzitutto la potenza
impegnata. Questa dipende, oltre che dalla
pompa di calore, dall’entità del carico di punta
e dalle scelte progettuali. Un valore sensato
potrebbe essere 14 kW. Si potrebbe ricadere
nella BTA5 (10 kW < x < 15 kW) - tariffa per
usi diversi in bassa tensione. Questa tariffa
comprende un corrispettivo di potenza di 30
€/kW impegnato/anno + 69 € di quota fissa.
È possibile disporre in questa tariffa di una
rilevazione per fasce orarie come anche non
disporne. Per semplicità in questo caso si
suppone una tariffa invariata che, ad oggi,
è di 10,251 c€/kWh. Risultato: la spesa
complessiva nella stagione di riscaldamento
è meno di 6000 €/anno. Il risparmio
annuo, valutabile quindi in circa 6000 €,
può consentire un tempo di ritorno rapido
dell’investimento. Anche nell’eventualità di
confrontarsi con una caldaia a condensazione
ottimamente installata il risparmio sarebbe di
circa 4000 €/anno, senza considerare che il
COP stagionale sopra considerato è davvero
piuttosto cautelativo. Inoltre si dispone ora
anche del servizio di condizionamento estivo.
A fronte di questi dati di fatto ci si può
domandare quali siano i motivi che non
consentono una rapida diffusione di un
sistema così conveniente. Al di là della difficile
convergenza nelle scelte di un condominio,
soprattutto quando riguardino un esborso
immediato di un certo rilievo, il problema più
grosso è oggi la certezza tariffaria. Proprio
il recente andamento ondivago delle tariffe
scoraggia scelte che non poco tempo fa sono
state pesantemente penalizzate da decisioni
tariffarie del tutto slegate dall’andamento
economico del mercato energetico. Sarebbe
necessario disporre di contratti pluriennali,
eventualmente ancorati a parametri oggettivi
del mercato energetico che diano all’utente
delle sicurezze nei confronti del suo
investimento.
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4.5.1 IN ChE COSA DIFFERISCE IL CALCOLO DI
UN IMPIANTO DI RISCALDAMENTO A SOFFITTO
RADIANTE DA QUELLO DI UN IMPIANTO
TRADIZIONALE?
Bisogna ricordare per sommi capi la
procedura di dimensionamento di un
impianto tradizionale almeno per quel che
riguarda la valutazione dei carichi
termici. L'ipotesi di partenza è che la variabile
da controllare sia la temperatura dell'aria
all'interno dell'ambiente riscaldato. Si tratta dei
famosi 20°C, divenuti ormai quasi ovunque
nell'edilizia abitativa 21°C.
Si impone nelle condizioni di progetto
il mantenimento di quella temperatura:
l'impianto di riscaldamento deve sopperire,
con una serie di più complesse limitazioni
dettate dalla legge 10, al carico termico
risultante dalle dispersioni termiche e dal
ricambio d'aria. Si tratta di valutare lo scambio
termico che globalmente interviene attraverso
le pareti perimetrali verso l'esterno o verso
ambienti a temperatura sistematicamente
diversa. Qualora il ricambio d'aria sia
forzato, si deve stimare il carico dovuto al
riscaldamento dell'aria esterna, eventualmente
ridotto per la presenza di dispositivi di
recupero termico. Quando invece non vi
sia una ventilazione forzata, è necessario
stimare l'entità delle infiltrazioni e dei
ricambi indotti dall'apertura delle finestre,
arrivando per questa via alla valutazione
dell'energia necessaria per riscaldare l'aria.
Concettualmente il procedimento è molto
semplice.
Sia te la temperatura di progetto esterna e Kj il
coefficiente globale di scambio termico per il
singolo elemento dell'involucro. Le dispersioni
termiche attraverso le pareti sono valutate da:
∑ ki Si (21- te) (4.1)
Indicato con n il numero di ricambi orari
in volumi dell'ambiente per ora e con V
il volume dell'ambiente, il carico termico
imputabile al ricambio è dato da:
n V ρ cp (21- te) (4.2)
dove ρ è la densità dell'aria, assunta pari a 1,2
kg/m3 e cp il suo calore specifico (1005 J/kg
K).
Spesso si trova la (4.2) espressa in potenza
per unità di volume e per grado di differenza
di temperatura (W/m3K):
(21- te)
3600n x 1,22 x 1005 x = 0,34 n (21- te) [W/m3K]
Per fissare le idee, il numero di ricambi orari
per edifici di abitazione viene spesso fissato
in 0,5, cioè si ipotizza un ricambio completo
d'aria ogni 2 ore.
Il calcolo completo richiede, come si ricordava,
aLLEGato 4.5IL CALCOLO DEI SOffITTI RADIANTI PER IL RISCALDAMENTO
88
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UPPORTO S ECNICOT ROGETTISTIP
ta (°
C)
21
0,4 0,6 0,8 1 1,2 1,4 1,6 1,8 2
22
23
24
25
Km (W/m2 K)
più dettagli, ad esempio la valutazione dei
ponti termici, ma sostanzialmente la parte
principale del calcolo è quella esposta.
Le dispersioni termiche complessive sono
valutabili grosso modo da:
qD = ∑ ki Si (21- te) + n V ρ cp (21- te) =
(21- te) (∑ ki Si + 0,34 n V) [W] (4.3)
avendo indicato con qD le dispersioni
calcolate con il procedimento standard. La
scelta dei 21°C discende indirettamente da
valutazioni di teoria del benessere. Come
tale, essa dovrebbe essere più correttamente
una temperatura operante e quindi il
procedimento pone implicitamente delle
ipotesi sulla temperatura media radiante
che dovrebbe essere molto prossima alla
temperatura dell'aria. Questo non è possibile
quando l'ambiente presenti molte pareti
perimetrali, in particolare di ridotta resistenza
termica, come è il caso delle superfici vetrate.
In questo caso la temperatura media radiante
tmr può differire anche sensibilmente dalla
temperatura dell'aria. Non è difficile valutare
di quanto.
Si indichi con Km il coefficiente globale medio
di scambio termico dell'ambiente:
∑ ki Si
∑ Si
∑ ki Si
StKm = =
(4.4)
Le dispersioni si possono calcolare dalla
conoscenza della temperatura superficiale
delle pareti tri:
q = ∑αin Si (ta- tri) = αin St (ta- tr) (4.5)
dove tr è la media ponderale delle
temperature superficiali interne delle pareti
e αin è il coefficiente di convezione all'interno:
q
αin Sttr = ta -
Valutando q da (4.1) e (4.4):
Km
αintr = ta - (ta - te)
(4.6)
Se si identifica la tr con la temperatura media
radiante (grossolana approssimazione,
ma spesso accettabile) e si definisce la
temperatura operante come la media
FIG. 4.24Temperatura dell'aria necessaria ad ottenere in un ambiente una temperatura operante di 21°C in funzione del coefficiente globale
medio di scambio termico dell'ambiente Km
89
C L I M A T I Z Z A Z I O N E I N D U S T R I A L E> > >
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UPPORTO S ECNICOT ROGETTISTIP
aritmetica della temperatura dell'aria e della
temperatura media radiante, si ha che:
ta +tmr
2
Km (ta - te)
2αinto = = ta -
Se ora si vuole che la temperatura operante
assuma il valore di 21°C che dovrebbe
effettivamente consentire condizioni di
benessere, la temperatura dell'aria deve
essere più alta di 21°C, precisamente:
Km
2αin1 -
Km te
2αinta =
21 -
Fissando per αin un valore medio di 8 W/
m2K e per la temperatura di progetto te un
valore di -5°C, si consideri nella fig. 4.24
l'andamento di ta in funzione di Km.
È facile verificare che soltanto in locali con
un buon isolamento termico (e con poche
superfici vetrate) il valore di temperatura
di benessere dell'aria si avvicina ai 21°C
scelti. Non appena si abbiano trasmittanze
medie superiori a 0,6-0,7 W/m2K, andrebbe
innalzata la temperatura dell'aria ambiente ed
il calcolo dei carichi termici dovrebbe trovare
adeguata maggiorazione.
Si dovrebbe poi tener conto anche della
probabile stratificazione dell'aria, soprattutto in
locali di altezza superiore ai 3 metri. L'entità
di questa stratificazione dipende molto
dal sistema di riscaldamento scelto e può
assumere tipicamente valori compresi fra 1
e 4 K/m. Ne deriva un aumento significativo
delle dispersioni in locali di grande altezza,
quando il soffitto confini con l'esterno.
È importante rilevare la necessità di stimare
la temperatura media radiante e di lì la
temperatura operante anche negli impianti
tradizionali per pervenire ad effettive
condizioni di benessere. Questo avvicina
molto le modalità di calcolo di un impianto di
riscaldamento a soffitto radiante con quelle di
un impianto tradizionale. Vi è infatti l'esigenza
di pervenire a condizioni di benessere,
scegliendo che una zona del soffitto si porti
a temperature sensibilmente più alte di
quelle dell'aria ambiente. Così facendo, come
si ricorderà dalla teoria del benessere, è
possibile mantenere una temperatura dell'aria
più ridotta che con un impianto tradizionale.
Questa riduzione di temperatura può influire
positivamente sulle dispersioni termiche,
riducendole per la minore differenza di
temperatura interno-esterno. La riduzione
può essere temperata dalla radiazione diretta
dal soffitto verso le pareti perimetrali fino
ad annullare il potenziale vantaggio. Una
minore temperatura dell'aria interna limita
anche il carico termico dovuto al ricambio
d'aria, in maniera tanto più incisiva quanto più
abbondante è il ricambio stesso.
4.5.2 COME SI ATTUA IL CALCOLO DEL CARICO
TERMICO DI PROGETTO E QUALI SONO LE
DIFFERENZE QUANTITATIVE CON I METODI
TRADIZIONALI?
In linea di principio i metodi tradizionali di
calcolo non si possono utilizzare.
La temperatura dell'aria all'interno del locale
è verosimilmente più bassa che non in un
ambiente riscaldato con sistemi tradizionali.
Esiste un rilevante scambio termico per
radiazione fra il soffitto e tutte le superfici
dell'ambiente.
Si tratta di verificare che, nelle condizioni di
progetto, i pannelli radianti assicurino
90
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il benessere, soddisfacendo ai carichi termici
dovuti alle dispersioni attraverso l'involucro ed
al ricambio d'aria.
Ogni superficie dell'ambiente presenta uno
scambio per radiazione con le altre ed uno
per convezione con l'aria. Per ogni superficie
si può imporre un bilancio del tipo:
qr + qcv + qcd = 0 (4.7)
dove qr è lo scambio netto per radiazione,
qcv è quello per convezione e qcd quello
per conduzione. Per quanto riguarda gli
scambi per radiazione si può tener conto che
l'emissività delle superfici è generalmente
elevata e superiore a 0,9, per cui si può
trascurare in prima approssimazione l'effetto
della riflessione.
Lo scambio netto per radiazione è valutabile da:
qri = εi Si σ Ti4- ∑ εj σ Tj4 Fji Sj (4.8)
Le temperature non sono note: si devono
ipotizzare dei valori di partenza che andranno
modificati fino a rispettare i vari bilanci termici.
Lo scambio convettivo avviene come di
consueto con l'appropriato coefficiente di
convezione
qcvi = αin Si ( Ti - Ta) (4.9)
La valutazione dello scambio conduttivo
parte dalla conoscenza della temperatura
superficiale, della temperatura esterna e
della trasmittanza Kj della superficie. Questa,
depurata del coefficiente di convezione dal
lato interno, fornisce la conduttanza fra la
superficie interna e la temperatura dell'aria
esterna:
1
Ci
1
Ki
1
αin= -
(4.10)
per cui:
qcdi = Ci Si ( Ti - Te) (4.11)
Il rispetto delle i equazioni di bilancio (4.7)
in numero di i (quante le superfici che
costituiscono l'involucro dell'ambiente)
lascerebbe indeterminata la temperatura
dell'aria che discende da un bilancio globale
dell'ambiente secondo il quale a regime si ha
l'eguaglianza fra gli ingressi termici e le uscite.
Gli ingressi sono dovuti allo scambio termico
del pannello radiante, cui andrebbero aggiunti
gli apporti gratuiti, dovuti ad esempio alle
persone o all'impianto di illuminazione.
Data l'aleatorietà di questi apporti, essi
vengono trascurati nel calcolo di progetto. Le
uscite termiche sono dovute alle dispersioni
per conduzione attraverso l'involucro ed al
ricambio d'aria. Esistono infinite disposizioni,
estensioni e temperature dei pannelli in
grado di soddisfare i bilanci indicati. Per
selezionare una condizione accettabile
bisogna verificare l'esistenza di condizioni
di benessere. Selezionata una disposizione
ed estensione del pannello radiante, si fissa
una temperatura media del pannello, da
cui discende una condizione di equilibrio
che fornisce temperature superficiali delle
pareti e temperatura dell'aria. A questo
punto si analizza quale possa essere il
voto medio previsto nelle posizioni più
significative della stanza. Esso, com'è noto,
dipende, oltre che dai parametri soggettivi
delle persone presenti, quali livello di attività
e tipo di vestiario, che bisognerà essere
in grado di ipotizzare, dalla temperatura
dell'aria e dalla temperatura media radiante.
Un altro parametro potrebbe essere la
velocità dell'aria, che può assumere valori
significativi solo in presenza di un impianto di
ventilazione forzata.
Altrimenti la velocità dell'aria si può porre a
91
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UPPORTO S ECNICOT ROGETTISTIP
valori inferiori a 0,1 m/s.
L'influenza dell'umidità relativa è
generalmente abbastanza ridotta ed è un
parametro che si può controllare solo con
sistemi appropriati di umidificazione.
Qualora il voto medio previsto (PMV) non
risulti soddisfacente, è necessario modificare
temperatura, disposizione e/o estensione
dei pannelli radianti, ottenendo delle
dispersioni generalmente diverse da quelle
precedentemente calcolate.
Appropriati codici di calcolo consentono una
rapida verifica di differenti scelte progettuali.
È in ogni caso utile cercare di apprezzare
le differenze quantitative che si possono
incontrare rispetto alle valutazioni dei carichi
eseguite con i metodi tradizionali. Questo
permette di rimarcare le differenze dei
parametri più significativi.
A questo proposito vale la pena riassumere
gli esiti di un'analisi accurata proposta da
due studiosi americani (R.H. Howell, S.
Suryanarayana, Sizing of radiant heating
systems: Part I Ceilings Panels, ASHRAE
Trans., 96 (I), 652-665, 1990).
Il punto di partenza dell'analisi è stato
un piccolo locale di pianta quadrata delle
dimensioni 9x9 m2 con un'altezza di 2,7 m.
Le pareti si sono ipotizzate tutte confinanti con
l'esterno, così come soffitto e pavimento. Tre
pareti sono state ipotizzate completamente
in muratura con una trasmittanza media pari
a 0,6 W/m2K, la rimanente si è considerata
parzialmente vetrata, per metà con un vetro
di trasmittanza 3,3 W/m2K e per metà in
muratura come le precedenti.
Infine soffitto e pavimento sono stati
considerati con trasmittanza pari a 0,4 W/
m2K. L'emissività di tutte le pareti è stata
posta al valore di 0,9. Il ricambio d'aria è stato
fissato in 0,5 vol/h.
Alcune successive ipotesi riflettono
caratteristiche di progetto assai diverse da
quelle europee ed in particolare italiane.
La temperatura di progetto esterna è stata
posta a ben -16°C, coerentemente con i rigidi
inverni del Nord America.
Mentre l'attività metabolica di 1,5 met è ad un
livello ragionevole, il grado di vestiario di solo
0,75 clo è decisamente al di sotto di quanto
ci si potrebbe aspettare d'inverno in Europa.
Ulteriori ipotesi concernono la velocità relativa
dell'aria di 0,15 m/s e l'umidità relativa del
30%.
Il sistema di riscaldamento tradizionale
selezionato è un sistema a sola aria con una
portata specifica d'aria di 13,7 m3/h per m2 di
pavimento (circa 5 vol/h).
La prima analisi è stata sviluppata sul sistema
tradizionale, anzitutto con una valutazione dei
carichi basata sul classico metodo ASHRAE,
descritto precedentemente, a fronte di una
temperatura di progetto interna di circa 24°C,
ben più alta dei 21°C prima suggeriti, ma
coerente con il limitato grado di vestiario
ipotizzato.
Il carico così calcolato è risultato pari a 7,8
kW. Tuttavia, come si è fatto rilevare, la
presenza di superfici disperdenti implica una
temperatura media radiante più bassa dei
24°C fissati per l'aria. Si è trovata infatti una
temperatura di 17°C, sì che per raggiungere
condizioni di benessere si è dovuta
aumentare la temperatura dell'aria a 25,5°C.
Questo porterebbe a prevedere secondo la
(4.3) delle dispersioni più alte di circa il 4%,
92
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vale a dire incrementate di un fattore pari
al rapporto fra il nuovo salto di temperatura
interno-esterno (25,5 + 16) ed il precedente
(24 + 16). La nuova valutazione porge infatti
8,1 kW. Il calcolo più accurato degli scambi
per radiazione fra le varie superfici, degli
scambi per convezione e per conduzione
attraverso l'involucro, oltre che a quelli dovuti
al ricambio d'aria, fornisce un dato diverso e
minore di quello derivato con la procedura
canonica di progetto. Si ottiene infatti il valore
di 7,2 kW che suggerisce che la procedura
standard sovrastima i carichi reali del 7%
circa.
I due studiosi si sono proposti di valutare
come varia la diversa stima in funzione dei
possibili parametri sia su impianti tradizionali
che su sistemi di riscaldamento per radiazione.
La prima analisi parametrica è stata condotta
su di un sistema tradizionale al variare
dell'altezza del locale. L'altezza del locale
interviene in primo luogo sulle dispersioni che
risultano accresciute, perchè aumenta l'area
delle superfici disperdenti ed in particolare
della zona vetrata. In secondo luogo si
accentua un fenomeno di stratificazione che
accresce le dispersioni sia per conduzione
che per infiltrazione, perchè l'aria tende ad
uscire nella parte alta del locale, dove si
trova a temperatura più alta. La Tabella 4-1,
nell'ipotesi di una stratificazione pari a 1,4
K/m, riporta i seguenti valori significativi:
- altezza del locale;
- dispersioni valutate alla temperatura
dell'aria;
- dispersioni valutate con il bilancio di tutte le
superfici;
- idem in presenza di stratificazione;
- differenza percentuale fra quest'ultimo
termine ed il valore standard;
- temperatura superficiale del pavimento;
- temperatura dell'aria;
- temperatura media radiante;
- temperatura operante.
La Tabella mostra come l'aumento delle
superfici disperdenti, oltre ad aumentare
com'è ovvio, il carico termico del locale, riduca
la temperatura media radiante, obbligando
ad un aumento della temperatura dell'aria
per pervenire egualmente a condizioni di
benessere. La procedura standard, che non
tiene conto di questi effetti, fornisce una
sovrastima via via decrescente con l'altezza
del locale rispetto ai valori valutati con
procedimenti più accurati. La sovrastima,
passa da circa il 7% al 3% per il locale di
altezza pari a 7,5 m.
VOCI
1 Altezza del locale (m) 2,4 2,7 3 3,7 4,6 6,1 7,6
2 Dispersioni secondo ASHRAE (W) 7266 7842 8418 9570 11298 14178 17057
3 Dispersioni con il bilancio (W) 6680 7222 7749 8802 10373 13007 15617
4 Dispersioni con stratificazione (W) 6723 7286 7838 8951 10640 13541 16507
5 Differ. % fra 2 e 4 -7,5 -7,1 -6,9 -6,5 -5,8 -4,5 -3,2
6 Temperatura superf. del pavimento (°C) 16,4 16,3 16,2 16,1 15,7 15,4 15,1
7 Temperatura dell'aria (°C) 25,3 25,4 25,5 25,7 25,9 26,3 26,6
8 Temperatura media radiante (°C) 17 16,8 16,6 16,4 16,1 15,6 15,2
9 Temperatura operante (°C) 20,7 20,6 20,8 20,6 20,4 20,3 20,2
taBELLa 4.1 ANALISI DI UN LOCALE RISCALDATO CON SISTEMA AD ARIA
Analisi di un locale riscaldato da un sistema di riscaldamento ad aria in funzione dell'altezza del locale. Viene evidenziato il caso base utilizzato nei confronti successivi
93
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UPPORTO S ECNICOT ROGETTISTIP
È interessante a questo punto analizzare
il comportamento dell'impianto a soffitto
radiante nei confronti del caso base con
altezza del locale di 2,7 m (Tabella 4-2).
Il parametro di partenza è la temperatura
superficiale del pannello radiante che viene
considerata variabile da un valore minimo
di 49°C fino ad un valore massimo di 82°C.
In corrispondenza varia l'area di soffitto
interessata dal pannello radiante da un valore
massimo di 41 m2 (si ricorda che il locale
presenta una pianta di 81 m2) ad un valore
minimo di 16 m2 (a rigore per l'altezza del
soffitto indicata la temperatura del pannello
non dovrebbe superare i 55°C). Il pannello
viene disposto nella zona centrale del soffitto.
La scelta congiunta di temperatura ed area del
pannello è tesa ad ottenere una temperatura
operante di 22,5°C, derivante da una
temperatura media radiante di 25°C e da una
temperatura dell'aria di poco più di 19°C. La
temperatura dell'aria, decisamente più bassa
rispetto al caso di un impianto tradizionale,
potrebbe suggerire una drastica riduzione
delle dispersioni. Quest'effetto è temperato
dall'incremento di scambio radiante con le
superfici disperdenti, com'è confermato dalla
temperatura del pavimento, che passa dal
precedente valore di circa 16°C al valore nel
caso di soffitto radiante di quasi 24°C. Questo
vale anche per le pareti, pur se in forma
meno marcata.
Ne risultano nel complesso dispersioni molto
vicine a quelle prima calcolate: nel caso il
valore di 7,5 kW differisce meno del 4%
rispetto al valore precedente.
L'indicazione interessante è che la
semplicissima procedura standard dà una
sovrastima dei carichi di un sistema di
riscaldamento a soffitto radiante di appena
il 4% e quindi sembrerebbe appropriata per
una valutazione di prima approssimazione.
Gran parte dell'analisi degli studiosi americani
qui riassunta per sommi capi è tesa ad
identificare sotto quali condizioni si possa
considerare accettabile tale stima di massima.
Un primo approfondimento è stato condotto
nei confronti delle proprietà ottiche
dell'involucro dell'ambiente. In primo luogo
si è considerata l'emissività del pannello
radiante. Essa è generalmente su valori
piuttosto elevati ed i costruttori indicano
frequentemente un valore di 0,9.
Per questo motivo il campo analizzato è stato
VOCI
1 Temperatura del pannello (°C) 48,9 54,4 60 65,6 71,1 76,7 82,2
2 Area richiesta (m2) 41 33 28 24 21 18 16
3 Dispersioni secondo ASHRAE (W) 7842 7842 7842 7842 7842 7842 7842
4 Dispersioni con il bilancio (W) 7520 7517 7516 7515 7515 7515 7514
5 Differ. % fra 4 e 5 -4,1 -4,1 -4,2 -4,2 -4,2 -4,2 -4,2
6 % di soffitto coperto da pannello 48,8 40 33,6 28,7 25 22 19,5
7 Emissione specifica del pannello (W/m2) 170 210,4 253,3 298,4 345,7 394,3 446,3
8 Tempo superf. del pavimento (°C) 23,6 23,6 23,6 23,6 23,6 23,6 23,6
9 Temperatura dell'aria (°C) 19,3 19,3 19,3 19,3 19,3 19,3 19,3
10 Temperatura media radiante (°C) 25,0 25,0 25,0 25,0 25,0 25,0 25,0
11 Temperatura operante (°C) 22,4 22,4 22,4 22,4 22,4 22,4 22,4
taBELLa 4.2 ANALISI DEL CASO bASE CON SOffITTO RADIANTE
Analisi del caso base del locale riscaldato con un soffitto radiante in funzione della temperatura superficiale del pannello
94
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fra 0,88 e 0,94.
Al crescere dell'emissività si è rilevata
un'apprezzabile riduzione dell'area radiante
richiesta, maggiore percentualmente che non
l'aumento di emissività.
Ad un aumento dell'emissività del 7% ha
corrisposto una variazione dell'area interessata
dai pannelli radianti da 29,4 m2 a 25,6 m2,
vale a dire quasi del 15% (la temperatura
superficiale del pannello è stata fissata a
60°C). Ne è derivato un aumento degli
scambi con tutte le superfici del locale.
Si veda in Tabella 4-3 l'incremento della
temperatura del pavimento. Questo effetto
ha comportato un leggero aumento delle
dispersioni che sono passate da 7,5 a 7,6
kW. È stato modificato quindi di molto poco
l'errore di sovrastima del metodo canonico
(dal 4,1 al 3,4%). Risultati non molto diversi
si ottengono variando le emissività anche
della rimanente parte dell'involucro, pur con
variazioni significative da 0,80 a 0,95 (Tabella
4-4). Risulta aumentato con l'emissività lo
scambio termico per radiazione delle diverse
superfici. La temperatura superficiale del
pavimento passa da 22,2°C per un'emissività
media di 0,80 a 24,4°C per 0,94.
A pari temperatura operante si ha un leggero
incremento della temperatura media radiante
ed un corrispondente leggero decremento
della temperatura dell'aria. Il risultato
complessivo è una piccola riduzione dei
VOCI
1 Emissività del pannello 0,88 0,9 0,92 0,94
2 Area richiesta (m2) 29 28 27 26
3 Dispersioni secondo ASHRAE (W) 7842 7842 7842 7842
4 Dispersioni con il bilancio (W) 7517 7539 7559 7577
5 Differ. % fra 4 e 5 -4,1 -3,9 -3,6 -3,4
6 % di soffitto coperto da pannello 35,2 33,5 32 30,6
7 Emissione specifica del pannello (W/m2) 241 254,2 267,8 281
8 Tempo superf. del pavimento (°C) 23,5 23,6 23,7 23,8
9 Temperatura dell'aria (°C) 19,2 19,3 19,4 19,4
10 Temperatura media radiante (°C) 25,1 25 24,9 24,8
11 Temperatura operante (°C) 22,5 22,4 22,4 22,4
VOCI
1 Emissività dell'involucro 0,8 0,85 0,9 0,95
2 Area richiesta (m2) 27 28 28 28
3 Dispersioni secondo ASHRAE (W) 7842 7842 7842 7842
4 Dispersioni con il bilancio (W) 7707 7614 7516 7419
5 Differ. % fra 4 e 5 -1,7 -2,9 -4,2 -5,4
6 % di soffitto coperto da pannello 32,9 33,3 33,6 33,9
7 Emissione specifica del pannello (W/m2) 266,8 259,6 253,3 247,3
8 Tempo superf. del pavimento (°C) 22,2 23,0 23,8 24,4
9 Temperatura dell'aria (°C) 19,3 19,3 19,3 19,3
10 Temperatura media radiante (°C) 24,9 25 25 25
11 Temperatura operante (°C) 22,4 22,4 22,4 22,4
taBELLa 4.3 ANALISI DEL CASO bASE PER DIvERSE EMISSIvITà DEL PANNELLO RADIANTE
taBELLa 4.4 ANALISI DEL CASO bASE PER DIvERSE EMISSIvITà DELL'INvOLUCRO
Analisi del caso base per una temperatura superficiale del pannello di 60°C infunzione dell'emissività del pannello
Analisi del caso base per una temperatura superficiale del pannello di 60°C alvariare dell'emissività di tutto l'involucro
95
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carichi termici all'aumentare dell'emissività.
La sovrastima del metodo canonico resta pur
sempre entro margini modestissimi
(dall'1,7 al 5,4%).
Un altro elemento di incertezza nelle
valutazioni, oltre all'emissività delle superfici,
è la valutazione del coefficiente di convezione
del pannello radiante.
È stato considerato l'effetto di un incremento
del coefficiente di convezione del pannello
di ben 5 volte. I risultati sono presentati al
variare della temperatura superficiale del
pannello nella Tabella 4-5. Un confronto
utile è quello con i valori di Tabella 4-2 a
pari temperatura superficiale del pannello.
L'ingente aumento del coefficiente di
convezione modifica apprezzabilmente l'area
di pannello necessaria. Per la temperatura
superficiale di 49°C si scende da un'area
di 41 a 34 m2, dal momento che il pannello
scambia una maggiore potenza termica. La
temperatura operante varia di pochissimo,
ma differiscono i valori della temperatura
media radiante e della temperatura dell'aria.
In compenso non si assiste ad alcun
apprezzabile variazione dei carichi termici. In
altri termini, anche a fronte di un improbabile
aumento di ben 5 volte nel coefficiente di
convezione, non si hanno effetti sui carichi.
Un raddoppio del coefficiente non darebbe
luogo ad alcuna significativa variazione.
Un'altra variabile presa in esame è stata
l'entità dei ricambi d'aria con una variazione
da 0,5 vol/h fino a 4 vol/h. Si tenga conto
che, in presenza di ventilazione forzata e per
esigenze particolari dei locali (presenza di
persone, fumo, ecc.), non è raro trovare livelli
di ventilazione prossimi se non superiori ai
valori più alti considerati.
I ricambi d'aria influiscono in maniera rilevante
sul carico termico, sia esso computato con
il metodo tradizionale che con le valutazioni
degli scambi radianti.
Questo comporta, a parità di temperatura
superficiale dei pannelli, un aumento
considerevole della superficie di scambio.
Nell'ipotesi di una temperatura superficiale
del pannello di 54°C, si passa da un'area di
33 m2 per 0,5 vol/h a 74 m2 per 4 vol/h. La
prima conseguenza è un aumento consistente
della temperatura media radiante che passa
da 25°C a 32,5°C, come si può rilevare in
Tabella 4-6. In corrispondenza si riduce la
temperatura dell'aria da 19°C ad
VOCI
1 Temperatura del pannello (°C) 48,9 54,4 60 65,6 71,1 76,7 82,2
2 Area richiesta (m2) 34 28 24 20 18 16 14
3 Dispersioni secondo ASHRAE (W) 7842 7842 7842 7842 7842 7842 7842
4 Dispersioni con il bilancio (W) 7491 7517 7490 7490 7491 7491 7491
5 Differ. % fra 4 e 5 -4,5 -4,5 -4,5 -4,5 -4,5 -4,5 -4,5
6 % di soffitto coperto da pannello 41,1 33,7 28,3 24,2 21,1 18,5 16,5
7 Emissione specifica del pannello (W/m2) 203,4 251,7 302,5 355,5 410,3 468,7 529,6
8 Tempo superf. del pavimento (°C) 22,9 23,0 23,1 23,1 23,1 23,1 23,1
9 Temperatura dell'aria (°C) 20,1 20,1 20,1 20,1 20,1 20,1 20,1
10 Temperatura media radiante (°C) 23,9 23,9 23,9 23,9 23,9 23,9 23,9
11 Temperatura operante (°C) 22,2 22,2 22,2 22,2 22,2 22,2 22,2
taBELLa 4.5 ANALISI PARAMETRICA TAb. 4.2 PER COEffICIENTE DI CONvEZIONE 5 vOLTE MAggIORE
Analisi parametrica della Tabella 4-2 condotta per un coefficiente di convezionedel pannello 5 volte più alto
96
R I S C A L D A M E N T OR E S I D E N Z I A L E> > >
< < <
UPPORTO S ECNICOT ROGETTISTIP
appena 13°C con un'apprezzabile limitazione
dei carichi termici legati alla temperatura
dell'aria interna, in particolare quello di
ventilazione che non risente, come invece
quello delle perdite per conduzione, del
maggiore effetto radiante.
Il risultato è una ragguardevole riduzione delle
dispersioni complessive rispetto al valore
stimato con i metodi canonici.
La sovrastima passa da qualche percento
per piccole infiltrazioni, come visto
precedentemente, ad oltre il 15% per i
maggiori ricambi d'aria considerati. È l'effetto
più tangibile fra quelli dei vari parametri presi
in esame, tanto da suggerire una riduzione
percentuale dei valori di carico stimati con il
metodo canonico secondo quanto suggerito
dal diagramma di fig. 4.25, nel quale si
rappresenta l'entità della riduzione consigliata
in funzione dei ricambi d'aria. La figura
mostra come questo effetto sia abbastanza
indipendente dal sistema radiante selezionato,
VOCI
1 Ricambio d'aria (vol/h) 0,5 0,75 1 1,50 2 3 4
2 Area richiesta (m2) 33 37 40 46 52 64 74
3 Dispersioni secondo ASHRAE (W) 7842 8611 9380 10918 12456 15532 18608
4 Dispersioni con il bilancio (W) 7565 8256 8932 10223 11444 13686 15692
5 Differ. % fra 4 e 5 -3,5 -4,1 -4,8 -6,4 -8,1 -11,9 -157
6 % di soffitto coperto da pannello 39,9 43,8 47,7 55,3 62,7 76,4 88,8
7 Emissione specifica del pannello (W/m2) 212,6 211 209,1 206,3 203,8 199,3 196,2
8 Temperatura superf. del pavimento (°C) 23,4 23,8 24,2 24,9 25,6 26,7 27,5
9 Temperatura dell'aria (°C) 19,3 18,8 18,2 17,2 16,3 14,6 13,1
10 Temperatura media radiante (°C) 24,9 25,6 26,3 27,6 28,7 30,8 32,5
11 Temperatura operante (°C) 22,4 22,6 22,7 23,0 23,2 23,6 23,9
taBELLa 4.6 ANALISI DELL'EffETTO DI RICAMbI D'ARIA CRESCENTI
Analisi degli effetti della variazione dell'entità del ricambio d'aria (temperaturasuperficiale del pannello 54°C)
% d
i rid
uzio
ne ri
spet
to a
l met
odo
stan
dard
2
1 2 3 4
6
10
14
ricambi d'aria (vol/h)
FIG. 4.25Riduzione percentuale consigliata nella valutazione del carico termico con sistemi di riscaldamento radiante rispetto al metodo di
calcolo standard ad in funzione del numero di ricambi d'aria orari
0
4
8
12
18
16
20
sistemi radianti ad alta temperatura
tubi radianti a gas
pannello radiante a 55-65-75°C
97
C L I M A T I Z Z A Z I O N E I N D U S T R I A L E> > >
< < <
UPPORTO S ECNICOT ROGETTISTIP
quand'anche si trattasse di sistemi a media ed
alta intensità.
Può nascere il sospetto che i risultati
siano legati alla temperatura molto rigida
selezionata per le condizioni esterne. Certo
questo si riflette sul rapido incremento
delle dispersioni. Tuttavia un pari effetto si
riscontra nei confronti delle perdite termiche
per conduzione che si manifestano con
temperature altrettanto basse. L'effetto
complessivo dovrebbe essere lo stesso in
termini relativi nel caso di temperature esterne
di progetto più moderate. Un'altra possibilità
da valutare è che i risultati siano collegati
alle caratteristiche (forma, dimensioni,
isolamento) dell'ambiente analizzato. Per
questo motivo sono state studiate significative
variazioni nelle caratteristiche stesse. In primo
luogo si è studiata una diversa presenza di
superfici vetrate. I risultati sono presentati
in Tabella 4-7 con valori di vetrata crescenti
da zero (nessuna vetrata, caso 1), al valore
selezionato per il caso tipo (caso 2), ad
un'intera parete vetrata (caso 3), ad una
parete vetrata e mezzo (caso 4) fino ad
arrivare a due pareti in vetro (caso 5). Dato
l'elevato valore della trasmittanza del vetro, le
dispersioni vanno aumentando di pari passo
con le superfici vetrate.
Di qui sorge l'esigenza di aumentare l'area
di pannello radiante. Questo a sua volta fa
aumentare la temperatura media radiante
con una corrispondente riduzione nella
temperatura dell'aria.
Le minori dispersioni dovute a questo effetto
sono più che bilanciate da un maggiore
scambio per radiazione, in particolare
attraverso le superfici vetrate.
Ciò è suggerito dall'incremento di temperatura
superficiale del pavimento riportato nella
Tabella.
Il risultato complessivo è che la sovrastima
del metodo di calcolo tradizionale si riduce da
un valore attorno al 4% a poco più del 2%
all'aumentare delle superfici vetrate.
Un'altra variazione considerata nell'ambiente
studiato è stata una rilevante variazione nelle
trasmittanze delle pareti dell'ambiente con un
raddoppio dei valori per le pareti laterali (da
0,6 a 1,2 W/m2K) con un quasi raddoppio
per le superfici vetrate (da 3,3 a 5,7 W/m2K)
e con un incremento più modesto per soffitto e
pavimento, per i quali è maggiore il valore delle
resistenze liminari (da 0,4 a 0,6 W/m2K).
VOCI
1 Superfici vetrate caso numero 1 2 3 4 5
2 Area di pannello richiesta (m2) 23 28 33 38 43
3 Dispersioni secondo ASHRAE (W) 6475 7842 9209 10576 11943
4 Dispersioni con il bilancio (W) 6186 7516 8928 10240 11661
5 Differ. % fra 4 e 5 -4,5 -4,2 -3,1 -3,2 -2,4
6 % di soffitto coperto da pannello 27,7 33,6 39,9 45,7 51,8
7 Emissione specifica del pannello (W/m2) 252,9 253,3 253,3 254,2 255,2
8 Temperatura superf. del pavimento (°C) 23,2 23,8 24,3 24,8 25,2
9 Temperatura dell'aria (°C) 19,6 19,3 18,8 18,4 18
10 Temperatura media radiante (°C) 24,6 25 25,6 26 26,6
11 Temperatura operante (°C) 22,4 22,4 22,6 22,7 22,8
taBELLa 4.7 ANALISI DELL'EffETTO DI SUPERfICI vETRATE CRESCENTI
Analisi dell'effetto della presenza di superfici vetrate: caso l nessun vetro; caso 2 base; caso 3 un'intera parete vetrata; caso 4 una parete vetrata e mezzo; caso 5 due pareti vetrate
98
R I S C A L D A M E N T OR E S I D E N Z I A L E> > >
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UPPORTO S ECNICOT ROGETTISTIP
I risultati sono riportati in Tabella 4-8 per
una temperatura superficiale del pannello
di 54°C, di 66°C e 77°C. La prima colonna
riporta i valori precedentemente calcolati per
le trasmittanze selezionate, mentre la seconda
colonna si riferisce ai valori meno favorevoli
di isolamento termico appena elencati. L'esito
è abbastanza simile a quello visto prima per
le superfici vetrate. La maggiore trasmittanza
influisce sulle dispersioni che, a loro volta,
impongono una maggiore superficie di
pannelli radianti. Questo influisce sulla
temperatura media radiante che aumenta.
La minore temperatura dell'aria non riesce
a bilanciare l'effetto radiante sulle superfici
disperdenti, per cui il grado di sovrastima del
metodo di calcolo del metodo tradizionale
si riduce leggermente all'aumentare delle
dispersioni dal 4% a poco più del 2%.
L'ultima serie di parametri variati nello
studio è stata quella relativa alla geometria
dell'ambiente.
La Tabella 4-9 riporta gli esiti relativi
a variazioni nelle dimensioni lineari
dell'ambiente con pianta quadrata via via più
ampia e due forme rettangolari.
Le dispersioni crescono al crescere delle
dimensioni del locale, perchè aumenta l'area
delle superfici disperdenti. L'aumento della
superficie richiesta di pannello radiante non si
riflette, però, in questo caso in un incremento
della temperatura media radiante. Infatti
l'aumento di superficie di pannello è meno
che proporzionale rispetto all'aumento di
area dell'ambiente. Ne derivano più limitati
fattori di vista con le pareti perimetrali. Di
conseguenza all'aumentare delle dimensioni
dell'ambiente il grado di sovrastima tende
leggermente ad aumentare con un'influenza
limitata della forma (si considerino le due
piante rettangolari).
La Tabella 4.10 si riferisce ad un'altezza del
locale via via crescente da un valore minimo
di 2,4 a 7,6 m. L'incremento di altezza
comporta un aumento delle superfici laterali
disperdenti e quindi delle dispersioni. Ne
deriva la richiesta di una maggiore area di
pannelli radianti. Questo dovrebbe condurre
VOCI
1 Caso trattato delle dispersioni preced nuovo preced nuovo preced. nuovo
2 Temperarura del pannello 54,4 54,4 65,6 65,6 76,7 76,7
3 Area di pannello richiesta (m2) 33 51 24 37 18 28
4 Dispersioni secondo ASHRAE (W) 7842 12171 7842 12171 7842 12171
5 Dispersioni con il bilancio (W) 7491 11880 7515 11839 7515 11831
6 Differ. % fra 4 e 5 -4,1 -2,4 -4,2 -2,7 -4,2 -28
7 % di soffitto coperto da pannello 40 60,7 28,7 44,1 22 33,9
8 Emissione specifica del pannello (W/m2) 210,4 214,2 298,4 300,9 394,3 397,1
9 Temperatura superf. del pavimento (°C) 23,7 24,2 23,8 24,7 23,8 24,8
10 Temperarura dell'aria (°C) 19,3 18,2 19,3 18,2 19,3 18,2
11 Temperatura media radiante (°C) 25 26,4 25 26,3 25 264
12 Temperarura operante (°C) 22,4 22,7 22,4 22,7 22,4 227
13 Superficie muro l muro 2 muro 3 muro 4 pavimento soffitto
14 Trasmittanza precedente (W/m2K) 1,93 0,57 0,57 0,57 0,4 0,4
15 Trasmittanza nuova (W/m2K) 3,41 1,14 1,14 1,14 0,57 0,57
taBELLa 4.8 ANALISI COMPARATIvA DEL CASO bASE E DEL CASO bASE CON TRASMITTANZA DOPPIA
Analisi comparativa del caso base e del caso con trasmittanza doppia di tuttol'involucro per tre temperature superficiali del pannello
99
C L I M A T I Z Z A Z I O N E I N D U S T R I A L E> > >
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UPPORTO S ECNICOT ROGETTISTIP
ad un incremento corrispondente della
temperatura media radiante, senonchè la
maggiore altezza porta ad un aumento dei
fattori di vista fra pannello radiante e pareti
verticali con un conseguente aumento delle
dispersioni.
Quest'effetto è indirettamente confermato da
un incremento solo leggero della temperatura
superficiale del pavimento, benchè l'area
dei pannelli aumenti più del doppio: il
fattore di vista del pavimento va riducendosi
all'aumentare dell'altezza del locale. Le
conseguenze complessive di questi effetti
non sono particolarmente drammatiche. La
crescita nelle dispersioni del sistema
radiante all'aumentare dell'altezza del locale si
riflette in una sempre minore sovrastima del
metodo tradizionale di calcolo che passa dal
5,1 allo 0,4%, restando sempre entro margini
ampiamente al di sotto di altri probabili errori
di valutazione (ad esempio sui coefficienti
liminari esterni).
Le conclusioni di questo studio, presentato
non a caso con tanta ampiezza, sono di
grande importanza pratica. La semplice
procedura di valutazione dei carichi termici
adottata sulla base di una temperatura di
progetto dell'aria fornisce una stima molto
vicina e leggermente in eccesso dei carichi
termici che ci si deve aspettare da
sistemi di riscaldamento a soffitto radiante.
Questo avviene in una gamma assai ampia
VOCI
1 Lunghezza x Larghezza dell'ambiente (m x m) 6x6 9x9 12x12 12x6 9x4,5
2 Area di pannello richiesta (m2) 15,1 28,1 43,6 28 18,3
3 Dispersioni secondo ASHRAE (W) 4295 7842 12321 7831 5174
4 Dispersioni con il bilancio (W) 4138 7516 11636 7568 5034
5 Differ. % fra 4 e 5 -3,7 -4,2 -5,6 -3,4 -2,7
6 % di soffitto coperto da pannello 40,7 33,6 29,3 37,6 43,8
7 Emissione specifica del pannello (W/m2) 259,6 253,3 252,6 256,4 260,5
8 Temperatura superf. del pavimento (°C) 23,2 23,8 23,3 23,7 23,5
9 Temperatura dell'aria (°C) 19,1 193 18,9 19,2 19,2
10 Temperatura media radiante (°C) 25,2 25 25,4 25,1 25,1
11 Temperatura operante (°C) 22,5 22,4 22,6 22,5 22,5
VOCI
1 Altezza dell'ambiente (m) 2,4 2,7 3 3,7 4,6 6,1 7,6
2 Area di pannello richiesta (m2) 25,5 28 30,1 34,2 40,1 51,7 63
3 Dispersioni secondo ASHRAE (W) 7266 7842 8418 9570 11298 14178 17057
4 Dispersioni con il bilancio (W) 6894 7539 8100 9239 10921 13979 16981
5 Differ. % fra 4 e 5 -5,1 -3,9 -3,8 -3,5 -3,3 -1,4 -0,4
6 % di soffitto coperto da pannello 30,5 33,5 36 40,9 48 61,8 75,3
7 Emissione specifica del pannello (W/m2) 256,1 254,2 254,8 255,8 257,7 256,1 255,2
8 Temperatura superf. del pavimento (°C) 23,1 23,6 23,7 23,7 23,6 23,8 23,7
9 Temperatura dell'aria (°C) 19 19,3 19,2 19 18,7 19 19,1
10 Temperatura media radiante (°C) 25,3 25 25,1 25,3 25,7 25,3 25,2
11 Temperatura operante (°C) 22,6 22,4 22,5 22,6 22,6 22,5 22,5
taBELLa 4.9 ANALISI DELL'EffETTO DI DIMENSIONI E fORMA DIvERSA DELL'AMbIENTE CONSIDERATO
taBELLa 4.10 ANALISI DELL'EffETTO DI UNA vARIAZIONE DI ALTEZZA DEL LOCALE
6-IX Analisi degli effetti di dimensioni e forme diverse nella pianta dell'ambienteconsiderato
Analisi degli effetti di una variazione di altezza del locale (temperatura superficiale del pannello 60°C)
100
R I S C A L D A M E N T OR E S I D E N Z I A L E> > >
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UPPORTO S ECNICOT ROGETTISTIP
di tutti i possibili valori dei diversi parametri.
Viene da dire che il metodo è impiegabile in
ogni circostanza, fatto salvo il caso in cui si
abbia un rilevante ricambio d'aria: in questo
caso la sovrastima dei carichi condurrebbe ad
un sovradimensionamento non accettabile
dell'impianto, per cui è opportuno applicare
la riduzione percentuale dei carichi calcolati
con i metodi tradizionali suggerita
dalla fig. 4.25.
La conoscenza del carico termico
dell'ambiente da riscaldare, cioè della
potenza che i pannelli radianti devono
cedere all'ambiente, è il punto di partenza
del progetto dell'impianto di riscaldamento
radiante, che richiede di precisare l'entità
dell'area di pannello radiante, la temperatura
e la portata d'acqua calda che alimenta i
pannelli e di verificare l'esistenza di condizioni
di benessere.
4.5.3 CON QUALI MODALITà SI PROCEDE AL
PROGETTO DI MASSIMA DELL'IMPIANTO DI
RISCALDAMENTO A SOFFITTO RADIANTE?
Come si ricordava prima, il dimensionamento
dell'impianto di riscaldamento a soffitto
radiante richiede la determinazione
dell'estensione dei pannelli radianti e della
temperatura e della portata dell'acqua calda
ai pannelli. I due elementi, estensione dei
pannelli e temperatura dell'acqua, sono
collegati, nel senso che, a parità di carico
termico, quanto più estesi saranno i pannelli,
tanto minore potrà essere la temperatura
dell'acqua. Ovvero, tanto maggiore sarà la
temperatura dell'acqua, tanto più ridotta potrà
essere la superficie dei pannelli.
Nel progetto di massima si può adottare
a questo punto una prima scelta. Dal
momento che il costo dei pannelli radianti
presenta una componente importante
proporzionale alla loro estensione, si può
scegliere una temperatura elevata dell'acqua
alte
zza
rispe
tto a
l pav
imen
to (m
)
3
020 40 60 80 100 120 140 160 180
6
9
12
15
temperatura superficiale del pannello (°C)
FIG. 4.26Temperatura superficiale massima suggerita per il soffitto radiante in funzione dell'altezza di montaggio (riprodotto per gentile
concessione dell'American Society of Heating Refrigerating and Air Conditioning Engineers inc. da 1996 ASHRAE Handbook)
101
C L I M A T I Z Z A Z I O N E I N D U S T R I A L E> > >
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UPPORTO S ECNICOT ROGETTISTIP
di alimentazione con il vincolo di poter
realizzare condizioni di benessere. La fig. 4.26
si può utilizzare come guida, dal momento
che indica i valori massimi consentiti per
la temperatura superficiale del pannello in
funzione dell'altezza di montaggio. Com'era
intuitivo, una maggiore altezza di montaggio
è compatibile con più alte temperature per la
riduzione del fattore di vista. Si vedrà tra poco
che la temperatura superficiale del pannello
è correlabile con la temperatura dell'acqua in
funzione delle caratteristiche del pannello.
Ecco che un primo criterio di partenza
potrebbe essere quello di selezionare una
temperatura un po' al di sotto del valore
limite, pervenendo successivamente al
dimensionamento del soffitto radiante. Ad
esempio, per un montaggio a 3 m di altezza
si può selezionare una temperatura di 45°C
come punto di partenza.
Questa procedura dà per scontato che
l'acqua calda è prodotta per il tramite di
un processo di combustione, per cui la
scelta di una temperatura più o meno alta è
pressochè in influente sulla resa del processo.
Non è sempre così: esistono apparecchi di
combustione che sfruttano parte del calore
latente dei fumi di combustione (caldaie a
condensazione), per i quali una temperatura
più bassa scelta per l'acqua calda implica più
elevate rese. Ovvero
l'impianto può essere alimentato, come
considerato in questo libro, con una pompa
di calore, anch'essa più efficiente a minori
temperature di riscaldamento ed addirittura
incompatibile con temperature troppo alte,
dove troppo alto può voler dire anche 60°C.
Ed ancora si potrebbe pensare ad un impianto
di riscaldamento alimentato da energia solare,
impianto anch'esso molto sensibile nelle
rese alla temperatura di funzionamento, o
alimentato da recuperi termici a temperatura
moderata.
In quei casi conviene selezionare una
temperatura appropriata al sistema di
produzione del calore prescelto, procedendo
poi alla valutazione della temperatura
superficiale del pannello e quindi
dell'estensione dello stesso. I procedimenti
accennati di dimensionamento devono
necessariamente fare ricorso a codici di
calcolo. Tuttavia spesso si presenta il bisogno
di effettuare delle valutazioni di massima,
ricorrendo al calcolo manuale o a grafici
realizzati per questo scopo.
Nell'ottica di un calcolo di massima si muove
il metodo MTR (Mean Radiant Temperature).
In tale metodo lo scambio per radiazione in
un locale è valutato come se ogni superficie
irradiasse verso una superficie fittizia di area,
emissività e temperatura che diano come
esito lo stesso scambio termico del caso reale.
In altri termini è come se si avessero due
superfici, quella Ap del pannello e
quella fittizia Ar, di emissività rispettivamente
εp e εr. Lo scambio termico specifico
è valutabile da:
qr = σ Fr ( Tp4 - Tr4) (4.12)
dove:
σ = costante di Stefan-Boltzmann
(5,67x1O-8 W/m2K4);
Fr = fattore di scambio termico per radiazione;
Tp = temperatura superficiale media del pannello
(K);
Tr = temperatura della superficie fittizia (K).
Quest'ultima temperatura viene valutata come:
102
R I S C A L D A M E N T OR E S I D E N Z I A L E> > >
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UPPORTO S ECNICOT ROGETTISTIP
tem
pera
tura
supe
rfici
ale
del l
ato
inte
rno
delle
par
eti
este
rne
(°C)
-10
-25 -20 -15 -10 -5 0 5
10
0
20
temperatura dell'aria esterna (°C)
FIG. 4.28Temperatura superficiale del lato interno delle pareti esterne in funzione della temperatura dell'aria esterna per diversi valori della
trasmittanza della parete (riprodotto per gentile concessione dell'American Society of Heating Refrigerating and Air Conditioning
Engineers inc. da 1996 ASHRAE Handbook)
U=0
1 (W/m2K)
temperatura ambiente = 21°C
2
3
4
5
6
FIG. 4.27Scambio termico specifico per radiazione da un soffitto radiante in funzione della temperatura media delle superfici non riscaldate
(AUST) per diverse temperature superficiali del pannello (riprodotto per gentile concessione dell'American Society of Heating
Refrigerating and Air Conditioning Engineers inc. da 1996 ASHRAE Handbook)
tem
pera
tura
med
ia d
elle
supe
rfici
non
risc
alda
te (°
C)
10
0100 200 300 400 500 600
20
60
10
30
50
70
90
temperatura superficiale del pannello tp = 100
110
13090
30
70
100
40
50
80
scambio termico per radiazione (W/m2)
700
103
C L I M A T I Z Z A Z I O N E I N D U S T R I A L E> > >
< < <
UPPORTO S ECNICOT ROGETTISTIP
∑ Sj εj Tj
∑ Sj εj Tr =
(4.13)
dove le Sj sono tutte le superfici del locale, fatta
eccezione del pannello radiante, con le loro
emissività.
Se l'emissività delle varie superfici si può
considerare eguale, la (4.13) fornisce quella stima
grossolana della temperatura media radiante
precedentemente ricordata:
∑ Sj Tj
∑ Sj Tr =
(4.14)
La Tr calcolata con la (4.14) viene indicata
come la temperatura media delle superfici non
riscaldate (AUST - Average Unheated Surfaces
Temperature).
Il fattore Fr di scambio termico per radiazione
andrebbe calcolato da:
1
Fp-r
1
εp
1
εr
Ap
Ar
Fr =
+( (+-1) -1)
1
(4.15)
dove Fp-r è il fattore di vista dal pannello alla
superficie fittizia che per soffitti radianti si può
porre eguale a 1.
L'emissività di tutte le superfici si può porre
eguale a 0,9 senza commettere gravi errori. La
valutazione del fattore Fr per un'ampia gamma di
locali dà per lo più il valore di 0,87. Ne consegue
che lo scambio termico specifico per radiazione
è calcolabile da:
qr = 5 x 10-8[ ( Tp + 273)4 - (AUST + 273)4] (4.16)
ed è determinabile a partire dalla conoscenza
della temperatura superficiale dei pannelli e della
temperatura media delle superfici non riscaldate.
La fig. 4.27 illustra tale relazione: si può partire
dalla temperatura superficiale del pannello e
dalla AUST, identificando il flusso specifico per
radiazione.
La AUST può essere valutata dalla temperatura
ta dell'aria per il tramite del coefficiente di
convezione lato interno αin e dalla trasmittanza Km
della parete, così come realizzato in (4.6):
ta - te
αints = ta - Km
dove te è la temperatura esterna di progetto.
Ipotizzando che le pareti non perimetrali
abbiano la stessa temperatura dell'aria, è facile,
conoscendo l'area di ogni parete, calcolare
la AUST. La fig. 4.5 collega la temperatura
superficiale cercata con la temperatura dell'aria
esterna per diverse trasmittanze della parete
nell'ipotesi di una temperatura interna di 21°C.
Per temperature interne diverse da 21°C è
possibile la correzione con la fig. 4.29 che, a
seconda del divario di temperatura rispetto
a 21°C, in funzione della trasmittanza della
superficie fornisce l'entità della correzione di
temperatura rispetto al valore calcolato con la fig.
4.28.
Allo scambio termico per radiazione del pannello
si deve sommare quello per convezione,
collegato, come visto più volte, alla differenza
di temperatura fra superficie dei pannello e
ambiente.
La fig. 4.30 rappresenta lo scambio termico per
convezione di un soffitto radiante in funzione
della differenza di temperatura fra superficie
del pannello ed aria. Con degli accorgimenti si
possono ottenere dei valori più alti, ad esempio
lasciando strisce fredde fra i pannelli radianti. Il
valore di figura va considerato come cautelativo.
Lo scambio termico specifico complessivo del
pannello radiante consente di determinarne
l'estensione. Valutato infatti il carico termico
con il procedimento tradizionale riferito ad una
temperatura ambiente di 21°C, con le eventuali
correzioni da apportare per rilevanti entità di
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UPPORTO S ECNICOT ROGETTISTIP
ricambio d'aria, si ha l'input termico complessivo
che il sistema radiante deve apportare. Questo
valore, diviso per lo scambio termico specifico
fornisce l'area di pannelli radianti necessaria.
ESEMPIO NUMERICO 4.1
Dato l'ambiente di fig. 4.31, con due pareti
rivolte verso l'esterno con trasmittanza
pari a 0,57 W/(m2K) per le parti in muratura
e a 2,86 W/(m2K) per la vetrata,
calcolare l'area di pannelli radianti necessaria
Corre
zione
del
la te
mpe
ratu
ra+ -
[K]
0,5
10 2 3 4 5 6
2
1,5
1
2,5
3
Trasmittanza U della parete [W/(m2-K)])
FIG. 4.29Correzione da apportare alla temperatura superficiale fornita dalla fig. 4.28 per temperature ambientali diverse da 21°C in funzione
della trasmittanza della parete (riprodotto per gentile concessione dell'American Society of Heating Refrigerating and Air Conditioning
Engineers inc. da 1996 ASHRAE Handbook)
∆t ± 3
∆t ± 2,5
∆t ± 2
∆t ± 1,5
∆t ± 1
∆t ± 0,5
correzione = ∆t(1-U/9,09)
∆t = 21°C-ta
scam
bio
term
ico
per c
onve
nzio
ne
natu
rale
del
soffi
tto ri
scal
dant
e (W
7m2 )
50 10 15 20 25 30 35 40
100
50
differenza di temperatura alla superficie del pannello (°C)
FIG. 4.30Scambio termico per convezione di un soffitto radiante in funzione della differenza di temperatura con l'aria. I valori della curva
superiore sono ottenibili con particolari accorgimenti (riprodotto per gentile concessione dell'American Society of Heating Refrigerating
and Air Conditioning Engineers inc. da 1996 ASHRAE Handbook)
convezione intensificata
convezione del soffitto
105
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per una temperatura superficiale del
pannello di 40°C.
Il locale sottostante non è riscaldato e ad una
temperatura di 12°C; la trasmittanza
del pavimento è pari a 0,85 W/(m2K).
Eseguire il calcolo per una temperatura
dell'aria di 20°C.
Il calcolo approssimato secondo il metodo
MRT può essere suddiviso in tre passi
logici:
a) determinazione del carico termico (che alla
luce di quanto esposto nel paragrafo 4.5.2
non si discosta dal metodo tradizionale)
b) determinazione della AUST e dello
scambio termico specifico complessivo tra
pannello e ambiente
c) calcolo della superficie di pannello
necessaria per far fronte al carico.
a) Determinazione del carico termico
Il calcolo delle dispersioni procede nel modo
seguente.
Parete sud:
q = A K (ta - te) = 15.6 x 0.57 x (20-(-5)) = 220 W
Finestra sud:
q = A K (ta - te) = 2.4 x 2.86 x (20-(-5)) = 171 W
Parete ovest:
q = A K (ta - te) = 12 x 0.57 x (20-( -5)) = 170 W
Pavimento:
q = A K (ta - 12) = 24 x 0.85 x (20-12) = 163 W
Assumendo presenza di isolamento interno, e
dunque assenza di ponti termici, le dispersioni
totali per conduzione ammontano a 724 W.
Ad esse si aggiunge il carico termico dovuto a
infiltrazioni, che data la presenza di una sola
vetrata possono essere assunte pari a 0.5
volumi/ora. Trascurando il calore latente si
scrive:
n
3600q = ρ Vcp (ta - te)=
FIG. 4.31Schema della ambiente considerato nell'esempio numerico 4.1
6 mN
1 m0,9 m
2,1 m
2,2 m
2 m0,8 m
3 m
te = -5°C
1,2 m
1 m
106
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0,5
36001.225 x 72 x 1006 x (20-(-5)) = 308 W
nella quale ρ è la densità dell'aria, cp il suo
calore specifico ed n il numero di volumi/ora
di aria in ingresso per infiltrazioni.
Il carico termico totale risulta pari a 1032 W.
b) Determinazione dello scambio termico
specifico tra pannello e ambiente
Per determinare lo scambio termico specifico
del pannello radiante a partire dalIa
(4.16) si deve valutare la AUST, secondo
quanto esposto in precedenza.
La temperatura superficiale delle pareti
perimetrali per una temperatura dell'aria
esterna di -5°C ed una trasmittanza K = 0,57
W/(m2K) si determina dalla fig. 4.28, ed è
pari a circa 19,3°C. Tale valore si riferisce però
ad una temperatura dell'aria interna di 21°C;
la correzione da applicare si legge dalla fig.
4.29 in corrispondenza di K = 0,57 W/(m2K)
e ∆t = 1°C, e risulta di circa 0,9°C. Ne segue
una temperatura superficiale delle pareti
perimetrali di 19,3 - 0,9 =18,4°C.
La temperatura superficiale della vetrata si
determina analogamente. Dalla figura 4.28 si
ricava, per una temperatura dell'aria esterna
di -5°C ed una trasmittanza K = 2,86 W/
(m2 K), un valore di 12,2°C che va poi
corretto, secondo la fig. 4.29, di circa 0,7°C,
per arrivare ad una temperatura superficiale
interna della vetrata di 12,2 - 0,7 = 11,5°C.
La stima della temperatura superficiale del
pavimento, in assenza di diagrammi, va
calcolata a partire dal coefficiente superficiale
di trasmissione del calore dal lato interno αin
che da normativa risulta pari a 9,3 W/(m2K):
tpav = ta - Kpav = 20 - 0,85
= 20 - 0,7 = 19,3°C
(ta - 12)
αin
(20-12)
9,3
Ipotizzato che le pareti non perimetrali ed il
soffitto abbiano la stessa temperatura dell'aria,
si può calcolare la AUST mediante la (4.14):
∑ Sj Tj
∑ SjAUST = Tr =
15,6 x 18,4 + 12 x 18,4 + 2,4 x 11,5 + 24 x 19,3 + (12+18) x 20
(12+18) x 2 + 24=
1599
84= = 19,0°C
Va osservato che nel calcolo precedente non
si è considerata la porzione di soffitto non
riscaldata, in quanto il fattore di vista tra essa
ed il pannello è nullo. A questo punto si legge
dalla fig. 4.27 lo scambio termico specifico
del pannello per radiazione; la curva tp =
40°C interseca l'ordinata AUST = 19°C per un
valore dell'ascissa qr pari a 120 W/m2.
Lo scambio termico specifico convettivo
per una differenza | tp - ta | di 20°C si ricava
dalla fig. 4.30, e risulta pari a circa 6 W/m2.
Qualora si abbia l'accortezza di lasciare alcune
sezioni del soffitto non riscaldate in modo
da incrementare lo scambio per convezione,
quest'ultimo si evince dalla curva (b) in fig.
6.7, e risulta di circa 36 W/m2.
Se ci si pone in quest'ultimo caso, il pannello
cede complessivamente all'ambiente
156 W/m2.
c) Calcolo della superficie necessaria per
far fronte al carico termico.
La superficie di pannelli radianti necessaria
risulta:
1032
156Ap = = 6,6 m2
107
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UPPORTO S ECNICOT ROGETTISTIP
Per realizzare la temperatura superficiale
del pannello si deve inviare l'acqua calda ad
un'adatta temperatura e con un'adeguata
portata, legate alla resistenza termica
opposta dal pannello. Questa è data da una
serie di resistenze che, a partire dall'acqua,
annoverano:
ri = resistenza convettiva fra acqua e parete
del tubo (per metro di tubo, mk/W);
rt = resistenza conduttiva opposta dalla parete
del tubo (per metro di tubo, mk/W);
rs = resistenza termica fra tubo e pannello
(per metro di tubo, mk/W);
rp = resistenza termica del pannello, (m2k/W);
rk = resistenza opposta da eventuali coperture
del pannello stesso, (m2k/W).
La resistenza totale del pannello ru deve
tener conto che le resistenze che coinvolgono
la tubazione e cioè ri, rt ed rs vanno riferite
ad un'area di pannello definita dal passo
delle tubazioni: infatti la potenza termica che
dall'acqua arriva alla superficie di contatto fra
tubo e pannello viene distribuita su di una
larghezza di pannello pari al passo M delle
tubazioni. Pertanto la resistenza totale va
valutata da:
ru = (rj + rt + rs) M + rp + rk (4.17)
La resistenza convettiva fra acqua e parete del
tubo è facilmente valutabile da:
1
π αf Diri =
(4.18)
dove Di è il diametro interno del tubo e αf
è il coefficiente di convezione lato acqua.
Dato che la velocità dell'acqua è maggiore
di 0,2 - 0,3 m/s nei tubi impiegati nei
pannelli radianti, il moto va da regime di
transizione a turbolento, per cui la resistenza
corrispondente è generalmente trascurabile
rispetto alle altre.
La resistenza conduttiva opposta dalla parete
del tubo è legata a spessore e a materiale
costituente il tubo. Si calcola con la relazione:
2π λt
Do
Dirt =
ln ( )
(4.18')
dove λt è la conduttività del materiale con cui
è realizzato il tubo, di diametro
esterno Do. La resistenza è trascurabile per
tubi metallici e va considerata solo per quelli
realizzati in materiali sintetici.
La resistenza termica rS tra tubo e pannello
dipende dalla struttura del pannello stesso.
Alcune valutazioni per pannelli piuttosto
diffusi sono offerti dalla fig. 4.32.
Più problematica risulta la valutazione
della resistenza rp del pannello. Infatti, dal
momento che i tubi dell'acqua sono spaziati
di un passo M fra gli assi di due tubi paralleli,
si avrà un andamento variabile di temperatura
superficiale del pannello, con un massimo in
corrispondenza all'asse dei tubi ed un valore
minimo nella mezzeria. Tale andamento
risulterà accentuato quanto più piccolo e
meno conduttivo sarà lo spessore dello strato
di pannello al di sotto del tubo.
Senza scomodare uno studio alle differenze
finite, è stata proposta una soluzione di
massima che tratta il pannello alla stregua
di un aletta che dissipa l'energia termica
dalla parete del tubo verso la superficie del
pannello. La semplificazione fornisce risultati
non molto diversi da quelli di uno studio
accurato (Kilkis, ì. B., Radiant ceiling cooling
with solar energy: fundamentals, modelling
108
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UPPORTO S ECNICOT ROGETTISTIP
and a case design, ASHRAE Trans. 99 (2),
521-533,1993).
Il punto di partenza è lo scambio termico
specifico per radiazione e convezione qr e
qc del pannello radiante. Di lì si calcolano
i due coefficienti αr e αc di radiazione e di
convezione:
qr
tr - AUSTαr =
qc
tp - taαc =
Il coefficiente complessivo è αt:
αt = αr + αc (4.19)
Se il pannello presenta una conduttività λp ed
uno spessore L, l'aletta di estensione W dalla
superficie esterna del tubo alla mezzeria fra i
due tubi
Do
2
M
2( < x < )
è caratterizzata da un modulo m:
αt
λp Lm = [ ] 1/2
(4.20)
L'efficienza di aletta η è pari a:
tgh (mW)
mWη =
(4.21)
sia per lo scambio termico radiativo che
convettivo:
ηr = ηc = η
Ipotizzando una temperatura pari a
quella massima del pannello (tp)max in
corrispondenza al diametro Do del tubo,
attraverso le due efficienze di aletta si può
valutare lo scambio termico radiativo che
compete all'unità di lunghezza di pannello
relativo ad ogni tubo (1 m di lunghezza ed M
m di larghezza) da:
qr M = (2 W ηr + Do) αr [(tp)max - AUST] (4.22)
Similmente per lo scambio termico convettivo
si ha:
qc M = (2 W ηc + Do) αc [(tp)max - ta] (4.23)
Si è in grado ora di correlare il valore massimo
di temperatura superficiale del pannello con
la temperatura dell'aria e l'AUST, noto lo
scambio termico totale del pannello. Infatti:
qp = qr + qc
[qp M + (2 W η + Do) (αr AUST + αc ta)]
(2 W η + Do) αt(tp)max =
(4.24)
Il profIlo di temperatura si può calcolare,
usando sempre la teoria dell'aletta da:
cosh (mW)tp(x) = [(tp)max - ta + ( ta - AUST )]
M
2 αr
αt
cosh [ m ( - x)]
αr
αt+ ta - ( ta - AUST )
(4.25)
FIG. 4.32Resistenza termica rp del pannello e resistenza termica
rs, fra tubo e pannello per alcune tipologie di pannelli
(riprodotto per gentile concessione dell'American Society
of Heating Refrigerating and Air Conditioning Engineers
inc. da 1996 ASHRAE Handbook)
109
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UPPORTO S ECNICOT ROGETTISTIP
La relazione (4.25) per x = M/2 consente
di stimare la temperatura minima del
pannello:
cosh (mW)(tp)min = + ta - ( ta - AUST )
αr
αt αr
αt
[(tp)max - ta + ( ta - AUST)]
(4.26)
Qualora esistano delle coperture del pannello
stesso vi è un'ulteriore resistenza
variabile, valutabile da:
xc
λcrc =
con xc spessore della copertura e λc sua
conduttività che riduce eventualmente la
temperatura del pannello da un valore tp ad
un valore t'p, tale che:
tp - t’p
rcqp =
Calcolato con questa avvertenza il valore di
(tp)max, si può ipotizzare che la temperatura
esterna del tubo sia pari a:
λptd = (tp)max + qp M
Do
2 L -
(4.27)
Di qui a calcolare la temperatura media
tw dell'acqua il passo è breve; basta far
intervenire le resistenze ri e rt prima
considerate:
π αf Ditw = qp M [ + ] + td
1
2π λt
Do
Diln( )
(4.28)
La temperatura di ingresso dell'acqua si
calcola fissando il salto di temperatura ∆tw per
la stessa, generalmente posto fra 6 e 10°C,
avendo valutato oltre alla potenza scambiata
dal pannello verso la zona sottostante, anche
le eventuali dispersioni verso l'alto (che
andranno tenute presente nel calcolo dei
carichi termici del locale soprastante):
∆tw
2twi = tw +
Si tratta di confrontare la resistenza incontrata
dall'energia termica fra acqua e pannello
sottostante con quella relativa alla parte
superiore. A questo scopo si deve conoscere
la conformazione del solaio, calcolandone
la resistenza termica rsolaio sempre a partire
dall'acqua che scorre nei tubi e quindi
incontrando nuovamente le resistenze comuni
ri e rt. A questo punto la quota di potenza
verso l'alto rapportata a quella verso il basso è
pari all'inverso delle rispettive resistenze:
ru
rsolaio
qsoff
q =
La potenza termica da fornire
complessivamente è pari allora a:
qtot = q (1 + ) qsoff
q
e la portata d'acqua necessaria per tubo
risulta pari a:
m = qtot M
ρ cp ∆tw (4.29)
Sarà necessario verificare, dato il diametro del
tubo che la velocità dell'acqua risulti entro un
range accettabile e non superiore a 0,6 m/s.
ESEMPIO NUMERICO 4.2
Con riferimento all'esempio numerico 4.1,
determinare la temperatura dell'acqua e la
portata d'acqua necessaria.
Eseguire il calcolo per le due tipologie di
pannello seguenti.
1) Pannello a serpentino annegato in un
solaio in calcestruzzo di conduttività pari a
1,05 W/(mK). Si utilizzano tubazioni di rame
110
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UPPORTO S ECNICOT ROGETTISTIP
del diametro interno di 16 mm con un passo
di 30 cm. Il centro della tubazione si trova
35 mm al di sopra del bordo inferiore del
solaio, al di sotto del quale vi è uno strato di
intonaco di 15 mm di conduttività pari a 0,93
W/(mK). Superiormente alle tubazioni si trova
uno strato di isolante di 20 mm, di
conduttività pari a 0,04 W/(mK). Lo spessore
totale del solaio è di 22,5 cm. La sezione di
tale pannello è rappresentata in fig. 4.33.
2) Pannello prefabbricato costituito da
tubazioni in polietilene reticolato 14x1
(diametro esterno di 14 mm e spessore
1 mm) fissate mediante clips a pannelli in
alluminio dello spessore di 0,75 mm. La
struttura del circuito idraulico è a griglia,
con interasse tra le tubazioni di 0,15 m.
Superiormente alle tubazioni si trova uno
strato di isolante di 20 mm, di conduttività
pari a 0,04 W/(mK). Il solaio sovrastante è
in calcestruzzo, dello spessore di 20 cm. La
sezione di tale pannello è rappresentata in fig.
4.34.
La conduttività del polietilene reticolato è di
0,38 W/(mK).
1) Pannello annegato nella struttura del solaio
a) Calcolo dell'efficienza d'aletta
Si inizia il calcolo determinando i coefficienti
di scambio termico specifico per radiazione
e convezione αr e αc . Riprendendo i risultati
dell'esempio numerico 4.1, si ricava:
αr = = = 5,7 W/(m2K)qr
tp - AUST
120
40-19
αc = = = 1,8 W/(m2K)qc
tp - ta
36
40-20
da cui il coefficiente complessivo αt = αr + αc
= 7,5 W/(m2K).
Con riferimento alla figura 4.33, è possibile
trattare la struttura del solaio come un'aletta
composta. Le relazioni da (4.20) a (4.28)
rimangono valide, a patto di sostituire ad
L lo spessore totale dell'aletta Stot e alla
conduttività termica del pannello λp la
conduttività termica equivalente λeq dell'aletta
composta:
Lλ + ∑siλi
Stot
nk
i=lλc = = = 1,01 W/(mK)0,035 x 1,05 + 0,015 x 0,93
0,050
il modulo m vale:
m = [ ]1/2 = [ ] 1/2 = 12,20αt
λeq Stot
7,51
1,01 x 0,050
L'efficienza di aletta η, sia per lo scambio
FIG. 4.33Sezione del soffitto radiante annegato nella struttura
considerato nell'esempio numerzco
FIG. 4.34Sezione del soffitto radiante prefabbricato considerato
nell'esempio numerico
111
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< < <
UPPORTO S ECNICOT ROGETTISTIP
termico radiativo che per quello convettivo,
è pari a:
tgh (mW)
mW
tgh (12,20 x 0,141)
12,20 x 0,141η = = = 0,545
b) calcolo della temperatura esterna della
tubazione
È ora possibile calcolare la temperatura
superficiale massima del pannello, applicando
la (4.24) dopo aver ricordato che lo scambio
termico specifico complessivo
qp è pari a 156 W/m2:
156 x 0,30 + (2 x 0,141 x 0,545 + 0,018) (5,71 x 19 + 1,8 x 20)
( 2 x 0,141 x 0,545 0 + 0,018 ) x 7,51=
(tp)max = [qp M + (2 Wη + Do) (αr AUST + αc ta)]
(2 Wη + Do) αt
= = 55,5°C71,63
1,29
La temperatura esterna del tubo si calcola con
la (4.27):
156 x 0,3 ( 0,05 - 0,009)
1,01= 55,5 + = 55,5 + 1,9 = 57,4°C
ta = (tp)max +λeq
qp M (Stot - )Do
2
c) Calcolo della temperatura media dell'acqua
Per determinare la temperatura media tw
dell'acqua basta tener conto, secondo la
(4.28), della resistenza convettiva tra acqua
e parete del tubo ri e di quella conduttiva
della parete del tubo rt. Considerato che la
tubazione è in rame, quest'ultima si può
trascurare:
1
π αf Di
1
π αf x 0,016
tw = qp M [ + ] + ta
= 156 x 0,30 [ + 0 ] + 57,4
2π λt
Do
Diln
Si deve stimare il coefficiente di convezione
αf per acqua a circa 60°C. Se si assume
che il regime di moto sia turbolento, si può
utilizzare la relazione di Dittus-Boelter che
porge:
Nu = 0,023 ReO,8 Pr1/3
Il numero di Reynolds si può calcolare
solo ipotizzando la velocità (o la portata)
dell'acqua nella tubazione. Assumendo una
velocità u pari a 0,3 m/s si ottiene:
ρud
μ
1000 x 0,3 x 0,016
467 x 10 -6Re = = = 10278
μcp
λPr = = 3,00
Nu = 0,023 ReO,8 Pr1/3 = 53,74
λ
d
53,74 x 0,651
0,016αf = Nu = = 2187 W/m2K
Ne segue
1
π x 2187x0,016tw=156x0,30 ( + 0)+57,4=0,5+57,4=57,9°C
La temperatura di ingresso dell'acqua si
calcola una volta fissato il salto di temperatura
∆tw che viene qui imposto pari a 6°C:
twi = tw + = 57,9 +3 = 60,9°C∆tw
2
d) Stima delle dispersioni verso l'alto e
calcolo della portata d'acqua necessaria
FIG. 4.35Analisi del pannello annegato come fosse un
sistema alettato
112
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< < <
UPPORTO S ECNICOT ROGETTISTIP
Per determinare infine la portata d'acqua
necessaria, si deve determinare la potenza
termica ceduta complessivamente, tenendo
conto anche delle dispersioni verso il locale
sovrastante. È necessario dunque stimare il
rapporto tra la potenza termica verso l'alto
qsolaio e verso il basso qp owero tra le due
resistenze complessive, verso l'ambiente
riscaldato ru e verso il locale sovrastante rsolaio.
Dalla (4.17) si ricava ru;
ru = (rj + rt + rs) M + rp + rk
nella quale:
ri = = 0,00910 mK/W1
π x 2187 x 0,016 (da 4.18)
rt è trascurabile
rs secondo ASHRAE è trascurabile per
tubazioni annegate nel solaio
0,05 - 0,008
1,01rp = = = 0,042 m2K/W
λeq
Do
2Stot -
(da fig. 4.32)
rk è nulla
dunque
ru = 0,009 x 0,3 + 0,042 = 0,045 m2K/W
La resistenza rsolaio tiene conto anche
dell'isolamento superiore ed è pari a:
rsolaio = (ri + rt ) M + ris + rsoff
dove:
ri = = 0,00910 mK/W1
π x 2187 x 0,016
rt è trascurabile
ris = = = 0,5 mK/Wsis
λis
0,02
0,04
rsoff = = = 0,154 m2K/Wssoff
λsoff
0,162
1,05
dunque
rsolaio = 0,009 x 0,3 + 0,5 + 0,154 = 0,657 m2K/W
A questo punto, la potenza termica da fornire
FIG. 4.36Sezione della clip di alluminio per il pannello prefabbricato
impiegato nell 'esempio numerico 4.2
complessivamente è
Qtot = qp (1+ ) = qp (1+ ) qsolaio
qp
ru
rsolaio
= 1032 ( 1+ ) = 1032 x 1,067 = 1101 W0,045
0,657
La portata d'acqua necessaria si ricava di
conseguenza;
m = = = 4,38 x 10-5 m3/s qtot
ρ cp ∆tw
1101
1000 x 4187 x 6
pari a 158 I/h.
La velocità dell'acqua all'interno del
serpentino è pari a
π d2
4
3,14 x 0,0162
4
u = = = 0,22 m/s m 4,38 x 10-5
e risulta quindi accettabile.
2) Pannello prefabbricato
a) Calcolo dell'efficienza d'aletta
I coefficienti di scambio termico specifico per
radiazione e convezione αr e αc sono gli stessi
calcolati in precedenza:
αr = = = 5,7 W/(m2K)qr
tp - AUST
120
40-19
αc = = = 1,8 W/(m2K)qc
tp - ta
36
40-20
da cui il coefficiente complessivo è αt = αr +
αc = 7,5 W/(m2K).
Il modulo m dell'aletta vale, per una
conduttività termica dell'alluminio λp pari a
113
C L I M A T I Z Z A Z I O N E I N D U S T R I A L E> > >
< < <
UPPORTO S ECNICOT ROGETTISTIP
210 W/(mK):
m = [ ]1/2 = [ ] 1/2 = 2,18αt
λp L
7,51
210 x 0,0075
Prima di proseguire, si osservi che come
esposto nella fig. 4.36, la dimensione Do
dell'aletta è pari alla larghezza trasversale della
clip di alluminio. In questo caso; se
Do è pari a 1,5 mm, si ottiene
W = 0,15/2 - 0,0015/2 = 0,074 m
L'efficienza di aletta η, sia per lo scambio
termico radiativo che per quello convettivo, è
pari a:
tgh (mW)
mW
tgh (2,18 x 0,074)
2,18 x 0,074η = = = 0,99
b) Calcolo della temperatura esterna della
tubazione
È ora possibile calcolare la temperatura
superficiale massima del pannello, applicando
la (4.24) dopo aver ricordato che lo scambio
termico specifico complessivo qp è pari a 156
W/m2:
156 x 0,15 + (2 x 0,074 x 0,99 + 0,015) (5,71 x 19 + 1,8 x 20)
( 2 x 0,074 x 0,99 + 0,015 ) x 7,51=
(tp)max = [qp M + (2 Wη + Do) (αr AUST + αr ta)]
(2 Wη + Do) αt
= = 40,2°C44,90
1,12
Data l'elevata conduttività termica
dell'alluminio, la temperatura esterna del
tubo td si può considerare con buona
approssimazione coincidente con (tp)max
c) Calcolo della temperatura media dell'acqua
Per determinare la temperatura media tw
dell'acqua si tiene conto, secondo la (4.28),
della resistenza convettiva tra acqua e parete
del tubo ri e di quella conduttiva della parete
del tubo rt. Ad esse si va ad aggiungere la non
trascurabile resistenza di contatto tra tubo e
pannello rs pari a 0.32 mK/W secondo la fig.
4.32:
1
π αf Ditw = qp M [ + ] + ta
2π λt
Do
Diln
= 156 x 0,15 [ + ] + 40,31
π αf x 0,016 2π x 0,38
0,014
0,012ln
Si deve stimare il coefficiente di convezione αf
per acqua a circa 40°C; tale calcolo richiede
un'attenzione maggiore che nel caso 1. Infatti,
data la disposizione a griglia del circuito
idraulico, la velocità del fluido nella tubazione
può essere molto inferiore rispetto a quella
che si otterrebbe in un circuito a serpentino,
e il moto di conseguenza può risultare in
regime di transizione, o laminare.
Per stimare la velocità dell'acqua nella
tubazione, si può utilizzare la (4.29) dopo
aver ipotizzato la quota di dispersioni verso
l'alto. Supponendo quest'ultima pari al 10%
della potenza termica ceduta all'ambiente, si
ottiene:
qtot = qp (1 + ) = 156 x (1+0,1) = 172 W/m2qsoff
qp
La portata d'acqua per ciascuna tubazione si
ricava dalla (4.29) una volta imposto il salto
termico del fluido, anche in questo caso, a
6°C. Ipotizzando tubazioni di una lunghezza
pari a 3 m, si può assumere con buona
approssimazione un salto termico ∆tw,tubo di
2°C per metro lineare:
m = = = 3,07 x 10-6 m3/s qtot M
ρ cp ∆tw
172 x 0,15
1000 x 4187 x 2
La velocità nella tubazione si calcola
immediatamente dividendo la portata per la
114
R I S C A L D A M E N T OR E S I D E N Z I A L E> > >
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UPPORTO S ECNICOT ROGETTISTIP
sezione:
π Di2
4
3,14 x 0,0122
4
u = = = 0,027 m/s m 3,07 x 10-6
Il numero di Reynolds risulta, valutando le
proprietà dell'acqua a 40°C:
ρud
μ
1000 x 0,014 x 0,012
653 x 10 -6Re = = = 597
Dunque il regime di moto è laminare; per
individuare l'espressione da utilizzare è
necessario calcolare il numero di Graetz:
Gz = Re Pr + d
l
Il numero di Prandtl per acqua a 50°C vale:
Pr = = 4,34μ cp
λ Ne segue, ipotizzando come in precedenza
una lunghezza dei condotti di 3m:
Gz = Re Pr + = = 8,51 d
l
597 x 4,34 x 0,012
3
Per valori di Gz < 10, per l'intero tratto della
tubazione si ha, assumendo flusso termico
specifico ceduto alla parete costante,
Nu = 4,364. Quindi:
λ
d
4,364 x 0,629
0,012αf = Nu = = 229 W/(m2K)
Riprendendo l'espressione per il calcolo della
temperatura media del fluido, si ottiene
tw = 156 x 0,15 [ + ] + 40,31
π x 229 x 0,016 2π x 0,38
0,014
0,012ln
= 23,4 x [0,087 + 0,0646 + 0,32] + 40,3 = 51,3°C *
La temperatura di ingresso dell'acqua si
calcola a partire dal salto di temperatura
∆tw che è già stato fissato a 6°C:
twi = tw + = 51,3 +3 = 54,3°C∆tw
2
d) Stima delle dispersioni verso l'alto e
calcolo della portata d'acqua necessaria
Per determinare infine la portata d'acqua
necessaria, si deve determinare la potenza
termica ceduta complessivamente, tenendo
conto anche delle dispersioni verso il locale
sovrastante. È necessario dunque stimare il
rapporto tra la potenza termica verso I'alto
qsolaio e verso il basso qp ovvero tra le due
resistenze complessive, verso l'ambiente
riscaldato ru e verso il locale sovrastante rsolaio.
Dalla (4.17) si ricava ru:
ru = (ri + rt + rs) M + rp + rk
nella quale:
ri = = 0,087 mk/W1
π x 229 x 0,016
da (4.17)
rt = = 0,0646 mK/W2π x 0,38
0,014
0,012ln
da (4.18')
rs = 0,32 mK/W da fig. 4.32
rp è trascurabile data la conduttività elevata
dell'alluminio
rk è nulla
dunque
ru = (0,087+0,0646+0,32) x 0,15 + 0 = 0,071 m2K/W
La resistenza rsolaio tiene conto anche
dell'isolamento superiore ed è pari a:
rsolaio = (ri + rt ) M + ris + rsoff
dove:
ri = = 0,087 mK/W1
π x 229 x 0,016 da (4.18)
rt = = 0,0646 mK/W2π x 0,38
0,014
0,012ln
da (4.18')
ris = = = 0,5 m2K/Wsis
λis
0,02
0,04
rsoff = = = 0,190 m2K/Wssoff
λsoff
0,2
1,05
* Tale temperatura si discosta da quella utilizzata per il calcolo di αf; d'altra parte, ricalcolando il numero di Graetz per acqua a 50°C si ottiene Gz~~8,34; dunque il valore di Nu non cambia, e αf passa da 229 a 233 Wlm2K, con effetti trascurabili.
115
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dunque rsolaio =
(0,087+0,0646+0,32) x 0,15+0,50+0,19 = 0,76 m2K/W
La potenza termica da fornire
complessivamente per metro di tubo risulta:
qtot = qp (1 + ) = qp (1 + ) qsolaio
qp
ru
rsolaio
= 156 (1 + ) = 156 x 1,093 = 171 W0,071
0,76
FIG. 4.37Diagramma per il calcolo dei soffitti e pavimenti radianti annegati (riprodotto per gentile concessione dell'American Society of Heating
Refrigerating and Air Conditioning Engineers inc. da 1996 ASHRAE Handbook)
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che in questo caso risulta praticamente
coincidere con quella stimata al punto c)
Ciò permette di considerare validi i calcoli
effettuati in tale sede; in particolare la
portata d'acqua necessaria risulta in ciascuna
tubazione
m = = = 1,03 x 10-6 m3/s x tuboqtot M
ρ cp ∆tw
171 x 0,15
1000 x 4187 x 6
pari a circa 3,7 l/(h tubo).
Se non vi è una grande differenza fra la
temperatura ambiente e l'AUST ci si può
servire per il calcolo di diagrammi come
quello di fig. 4.37. Il grafico richiede il
calcolo preliminare della resistenza totale del
pannello data da:
ru = (rt + rs) M + rp + rc
dove stavolta rp è valutato semplicemente dal
rapporto fra lo spessore del pannello
e la sua conduttività:
rp = xp
λp
Dalla conoscenza della differenza fra l'AUST e
la temperatura dell'aria e della differenza fra
la temperatura del pannello e la temperatura
FIG. 4.38Diagramma per il calcolo dei soffitti radianti prefabbricati (riprodotto per gentile concessione dell'American Society of Heating
Refrigerating and Air Conditioning Engineers inc. da 1996 ASHRAE Handbook)
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dell'aria si trova (lato destro del diagramma)
la potenza specifica scambiata. Si usano le
linee tratteggiate solo se il rapporto fra le
resistenze rc e rp è maggiore di 4: questo
è inusuale per i soffitti radianti per i quali
rc è molto piccolo o nullo. Si usano quindi
generalmente le linee a tratto continuo.
Nota la potenza totale scambiata dal pannello,
dal punto di incontro dell'orizzontale con la
retta di resistenza totale si porta la verticale
fino ad incontrare in alto le rette parametriche
della temperatura media dell'acqua (espressa
come incremento della temperatura dell'aria),
una volta prescelto il passo M fra le tubazioni.
Alcuni esempi numerici chiariranno meglio la
procedura.
Per i pannelli prefabbricati è stato realizzato
un altro diagramma di impiego simile (fig.
4.38).
ESEMPIO NUMERICO 4.3
Con riferimento agli esempi numerici 4.1
e 4.2, eseguire il dimensionamento ed il
calcolo della temperatura media dell'acqua
circolante per il pannello a soffitto annegato
nella struttura del solaio (caso 1), utilizzando
il diagramma di fig. 4.37.
a) Superficie del pannello radiante
Il punto di partenza è ancora la temperatura
superficiale del pannello, pari a 40°C, ovvero
a ta +20°C. Si ricordi che la AUST è già stata
calcolata nell'esempio 4.1, e risulta pari a
19°C.
Sul lato destro del diagramma, si individuano
le due rette tratteggiate relative al
riscaldamento mediante soffitti radianti per
una temperatura superficiale pari a ta +19°C
ed a ta +22°C. Esse vanno percorse fino ad
intersecare la verticale corrispondente ad
(AUST - ta) = -1. In corrispondenza, sull'asse
sinistro delle ordinate si legge il flusso termico
specifico ceduto dal pannello:
ta +19°C 150 W/m2
ta +22°C 170 W/m2
Interpolando si ottiene il flusso termico
specifico per una temperatura pari a
ta +20°C, che risulta essere di circa 156 W/
m2, in accordo con i risultati dell'esempio
numerico 4.1.
La superficie di pannello radiante necessaria
risulta quindi la stessa, ovvero:
1032
156Ap = = 6,6 m2
b) Temperatura dell'acqua
Il calcolo richiede preliminarmente la
valutazione della resistenza totale del
pannello ru:
ru = (rt + rs) M + rp + rc
essa è già stata calcolata nel corso
dell'esempio numerico 4.2, e risulta pari a
0,045 m2K/W.
Si tracci la retta orizzontale corrispondente
a qp = 156 W/m2 fino ad intersecare le due
curve ru = 0,03 m2K/W e ru = 0,05 m2K/W.
A partire dai punti di intersezione, si traccino
le rette verticali fino ad intersecare, nella parte
alta del diagramma, la retta corrispondente a
M = 30 cm.
I due punti di intersezione trovati corrispondono
ad una temperatura media dell'acqua pari a:
ru = 0,03 m2K/W ta +34°C
ru = 0,05 m2K/W ta +37,5°C
Interpolando si ottiene la temperatura media
dell'acqua per ru = 0,045 m2K/W;
118
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UPPORTO S ECNICOT ROGETTISTIP
essa risulta pari a ta +36,5°C = 56,5°C.
Tale risultato si discosta di circa 2°C da quanto
ottenuto mediante il calcolo per via analitica nel
corso dell'esempio numerico 4.2, confermando
la validità del ricorso al metodo grafico.
ESEMPIO NUMERICO 4.4
Con riferimento all'ambiente presentato
nell'esempio numerico 4.1, eseguire il
dimensionamento ed il calcolo della temperatura
media dell'acqua circolante per un pannello a
soffitto in alluminio realizzato per estrusione
con tubazioni in rame (si veda la fig. 4.32), che
presenta le seguenti caratteristiche:
spessore del pannello s: 0,127 mm
resistenza del pannello ru: 0,035 m2K/W
interasse tra le tubazioni M: 150 mm
temperatura dell'acqua di alimentazione tin: 65°C
salto termico imposto ∆t: 10°C
Per tale tipologia di pannello è possibile utilizzare
il diagramma di fig. 4.38.
La procedura di dimensionamento differisce
necessariamente da quella utilizzata negli
esempi numerici precedenti: in questo caso
infatti non si parte più dalla temperatura
media superficiale del pannello, ma dalla
temperatura dell'acqua a disposizione. Si dovrà
determinare il flusso termico specifico fornito
dal pannello a partire dalla temperatura media
dell'acqua, per poi procedere al calcolo della
superficie di pannello radiante necessaria.
Si inizia il calcolo determinando la temperatura
media dell'acqua circolante nel pannello, che
risulta:
tw = tin - = 65 - 5 = 60°C∆t
2
Per determinare lo scambio termico specifico
tra pannello e ambiente, si utilizza la fig.
4.38, accettando di trascurare la differenza
di 1°C tra la temperatura dell'aria interna
(20°C) e la AUST (19°C) che è stata calcolata
nell'esempio numerico 4.1.
Nella parte superiore del diagramma si
individua, tra le rette parametriche per soffitti
riscaldati, quella corrispondente ad una
temperatura media dell'acqua di 60°C, e si
procede fino ad incontrare la retta M = 150
mm.
Da tale punto si traccia la verticale, fino ad
incontrare la curva corrispondente a ta = 20°C.
L'ascissa del punto di intersezione rappresenta
la temperatura media superficiale del pannello
a soffitto, che risulta di circa 49°C.
L'ordinata dello stesso punto, Ietta sull'asse
sinistro, rappresenta il flusso termico specifico
cercato, ed è pari a circa 210 W/m2.
La determinazione della superficie di
pannello necessaria a far fronte al carico
termico ambientale di 1032 W (già calcolato
nell'esempio numerico 4.1) è immediata:
1032
210Ap = = 4,9 m2
4.5.4 COSA SI INTENDE PER RESA TERMICA DI
UN SOFFITTO RADIANTE E COME LA SI
DETERMINA?
La resa termica di un pannello radiante
a soffitto non è altro che il flusso termico
specifico scambiato, ovvero la potenza
termica scambiata dal pannello per unità
di superficie. Ad esempio, per un pannello
alimentato con acqua calda, si tratta di
quantificare il flusso termico che viene
ceduto all'ambiente da 1 m2 di superficie. La
conoscenza di tale grandezza è fondamentale
119
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UPPORTO S ECNICOT ROGETTISTIP
nel dimensionamento.
La determinazione analitica della resa termica
di un pannello a soffitto non è semplice. Da
un lato, si deve tener conto della conduzione
termica attraverso la struttura del pannello,
nella quale si instaura un campo termico che
non è monodimensionale (figura 4.39); quindi
il calcolo di una resistenza termica equivalente
tra fluido termovettore e superficie del
pannello, che permetta di esprimere il flusso
termico specifico come
qp = tm - tp
R
non è immediato.
In linea generale, la resa termica dipende da:
- parametri legati alla struttura del pannello
quali la geometria della struttura e l'interasse
delle tubazioni, e le caratteristiche termiche
dei materiali costitutivi;
- temperatura media del fluido
- temperatura dell'aria e AUST nel locale
sottostante
- come parametro, dalla temperatura dell'aria
nel locale sovrastante.
Come si è visto nel paragrafo precedente,
il metodo MTR e i diagrammi di fig. 4.37
e 4.38 sono strumenti utilizzabili per la
determinazione del flusso termico specifico
scambiato dal pannello. Oltre ad essi, ed
alle espressioni della resa termica fornite dai
costruttori all'interno della loro manualistica,
sono reperibili nella letteratura tecnica
vari procedimenti di diversa complessità e
attendibilità.
Nessuno di essi ha però conosciuto una
diffusione così ampia da poterIo considerare
quale metodologia di riferimento. Si tratta
in generale di metodi semplificati, utilizzabili
anche nel calcolo manuale; essi presentano,
se non altro, almeno il pregio di non doversi
affidare a quanto dichiarato dai costruttori.
Un'ulteriore possibilità consiste nell'analizzare
il campo termico all'interno del pannello con
metodi numerici, quale quelli delle differenze
e degli elementi finiti. Uno dei vantaggi di
tali metodi è l'accuratezza dei risultati a cui si
perviene.
Tra gli svantaggi vi è certamente il fatto
che ogni singola struttura rappresenta un
caso a sé, che va analizzato singolarmente.
Relazioni di validità più generale si ottengono
solo analizzando più casi al variare di alcuni
parametri, e risalendo a delle correlazioni.
FIG. 4.39Isoterme all'interno di un pannello annegato in un solaio in calcestruzzo armato isolato superiormente (raffrescamento, tfm = 15°C).
Si può notare l'infittirsi delle isoterme nello strato di isolante
120
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UPPORTO S ECNICOT ROGETTISTIP
Diagrammi o espressioni fornite
dai costruttori: la documentazione
tecnica necessaria al dimensionamento
comprende una procedura semplificata
per il dimensionamento dell'impianto ed
evidentemente un'espressione della resa
termica del sistema a pannelli, sia essa
analitica oppure tabulata in funzione di diversi
parametri.
Nel caso di pannelli metallici, l'espressione
della resa termica fornita dal costruttore può
ad esempio essere conforme alla norma DIN
4715-1:
q = C (∆tml )n (4.30)
dove q è il flusso termico specifico fornito in
inverno ed asportato d'estate, C ed n sono
costanti caratteristiche del pannello, mentre
∆tml è la differenza di temperatura media
logaritmica tra il fluido termovettore e l'aria
ambiente la cui espressione è (nel caso di
raffrescamento):
tu - ti∆tml =
tamb - ti
tamb - tuln
(4.31)
In alternativa, il costruttore può fornire delle
resistenze al flusso termico verso il basso
e verso l'alto, che permettono il calcolo
immediato della resa termica; più spesso la
resa termica è fornita mediante diagrammi.
Possono essere disponibili programmi
per il dimensionamento al calcolatore,
che però presentano lo svantaggio di
essere poco trasparenti relativamente alle
procedure mediante le quali si perviene al
dimensionamento. Di conseguenza, spesso
manca la possibilità di esprimere un giudizio
critico sui risultati che da tali software si
ottengono.
Uso di metodi numerici: metodi numerici
quali differenze finite ed elementi finiti
permettono di analizzare in dettaglio il
campo termico che si instaura in domini
non monodimensionali. Dal punto di vista
applicativo, esistono diversi programmi al
calcolatore con i quali risulta relativamente
semplice definire il dominio da analizzare.
Definite tutte le caratteristiche termiche dei
materiali che compongono la struttura e le
condizioni al contorno, è possibile integrare
l'equazione della conduzione termica sia in
regime stazionario che variabile.
Per chiarire le idee, mediante i metodi
numerici è possibile risalire al flusso termico
specifico ceduto verso l'alto e verso il
basso dalla struttura in figura 4.39 una
volta definite: la geometria della struttura
(tutte le dimensioni) e le caratteristiche
termofisiche di interesse di tutti i materiali
che la compongono; la temperatura del fluido
all'interno della tubazione (condizione a
contorno); la temperatura dell'aria a contatto
con le superfici sovrastante e sottostante e i
rispettivi coefficienti liminari di trasmissione
del calore (condizioni a contorno).
Tuttavia, poiché si ottiene una soluzione
numerica e non analitica, non si ha alcuna
informazione su ciò che accade quando alcuni
dei parametri variano, ad esempio quando
la temperatura del fluido aumenta di 1°C. È
necessario far variare i parametri di interesse,
e ottenere delle correlazioni tra risultati e
parametri.
Per alcune tipologie di pannello sono state
determinate delle conduttanze equivalenti tra
tubazione e superficie di soffitto e pavimento;
mediante tali conduttanze C1 e C2, se la
121
C L I M A T I Z Z A Z I O N E I N D U S T R I A L E> > >
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UPPORTO S ECNICOT ROGETTISTIP
temperatura del tubo e quella tfm del fluido
si possono assumere coincidenti, il flusso
termico si può esprimere semplicemente
come:
1qpav = C1 (tfm - tpav) = (tfm - taria,1)
1
C1
1
αpav+
1qsoff = C2 (tfm - tsoff) = (tfm - taria,2)
1
C2
1
αsoff+
(4.32)
nelle quali:
- α indica il coefficiente di adduzione tra la
superficie e l'ambiente, comprendente
quindi sia lo scambio termico per
convezione che quello per radiazione;
- taria,1 e taria,1 sono rispettivamente la
temperature dell'aria del locale sovrastante
e quella dell'ambiente riscaldato con il
soffitto radiante;
- tpav e tsoff sono rispettivamente le
temperature superficiali del pavimento
soprastante e del soffitto.
Si verifica che C1 e C2 sono indipendenti dalla
temperatura del fluido, e dipendono invece
dai coefficienti liminari di trasmissione del
calore per soffitto e pavimento sovrastante a
αpav e αsoff:
C1 = A1 + D1 αpav + E1 αsoff
C2 = A2 + D2 αpav + E2 αsoff (4.33)
I valori dei coefficienti A, D ed E sono riportati
nella tabella seguente per alcune tipologie di
pannello.
Le conduttanze qui presentate non possono
però in alcun modo essere utilizzate per altre
tipologie di pannelli.
ESEMPIO NUMERICO 4.5
Calcolare per le tre tipologie di pannello
descritte nella Tabella 4-11 il flusso termico
scambiato rispettivamente a soffitto e al
pavimento soprastante per una temperatura
media del fluido di 50°C assumendo una
temperatura media dell'aria nei due ambienti
di 20°C. Le dimensioni di pianta degli
ambienti siano di 5 x 6 m2, la superficie utile
del pannello sia di 4 x 5 m2
Si applicano innanzi tutto le relazioni (4.33)
per determinare le conduttanze equivalenti
C1 e C2 rispettivamente verso il pavimento
soprastante e verso il soffitto.
Ai fini del calcolo si possono utilizzare con
buona approssimazione i valori dei coefficienti
superficiali di trasmissione del calore fissati
dalla normativa, e pari a 5,8 W/m2K per
soffitto più caldo dell'aria sottostante e a 9,3
W/m2K per pavimento più caldo dell'aria
sovrastante
Pannello in laterizio e calcestruzzo,
passo = 33 cm, Ø = ½''
C1 = A1 + D1 αpav + E1 αsoff
PANNELLO(solaio isolato verso l'alto) A1 D1 E1 A2 D2 E2
Laterizio e calcestruzzo,passo = 33 cm, Ø = ½'' Risc. 0,951 0,003 -0,020 5,161 -0,010 0,109
Calcestruzzo armatopasso = 30 cm, Ø = ½''
Risc.Raffr.
1,1661,096
0,0060,007
-0,033-0,028
6,6666,904
-0,023-0,016
0,1650,064
Alluminio, tubo in PB14x1O, passo = 12,5 cm
Risc.Raffr.
0,4000,399
0,0003 0,0003
-0,005-0,005
59,9360,37
-0,029-0,024
0,5480,405
taBELLa 4.11 vALORI DEI COEffICIENTI
Valori dei coefficienti da utilizzare nelle relazioni (4.33) per tre diffuse tipologie di pannello radiante
122
R I S C A L D A M E N T OR E S I D E N Z I A L E> > >
< < <
UPPORTO S ECNICOT ROGETTISTIP
= 0.951 + 0,003 x 9,3 - 0,020 x 5,8 = 0,863 W/(m2K)
C2 = A2 + D2 αpav + E2 αsoff
= 5,161 - 0,010 x 9,3 + 0,109 x 5,8 = 5,507 W/(m2K)
Pannello in calcestruzzo armato,
passo = 30 cm, Ø = ½''
C1 = A1 + D1 αpav + E1 αsoff
= 1,166 + 0,006 x 9,3 - 0,033 x 5.8 = 1,030 W/(m2K)
C2 = A2 + D2 αpav + E2 αsoff
= 6,666 - 0,023 x 9,3 + 0,165 x 5,8 = 7,117 W/(m2K)
Pannello in alluminio con tubazioni in
polibutilene (PB) 14x10, passo 12,5 cm:
C1 = A1 + D1 αpav + E1 αsoff
= 0,400 + 0,0003 x 9,3 - 0,005 x 5,8 = 0,252 W/(m2K)
C2 = A2 + D2 αpav + E2 αsoff
= 59,93-0,029 x 9,3 + 0,548 x 5,8 = 61,868 W/(m2K)
Determinate le conduttanze equivalenti per
ciascuna tipologia di pannello, si calcola il
flusso termico specifico scambiato utilizzando
le (4.32).
Pannello in laterizio e calcestruzzo,
passo = 33 cm, Ø = ½''
1qpav = C1 (tfm - tpav) = (tfm - taria,1)
1
C1
1
αpav+
1= (50-20) = 23,7 W/m2
1
0,572
1
9,3+
1qsoff = C2 (tfm - tsoff) = (tfm - taria,2)
1
C2
1
αsoff+
1= (50-20) = 84,7 W/m2
1
5,507
1
5,8+
Il flusso termico complessivo ceduto si ricava
moltiplicando la superficie utile del pannello
per il flusso termico specifico appena
calcolato:
Qpav = (5 x 4) x 23,7 = 474 W
Qsoff = (5 x 4) x 84,7 = 1695 W
Pannello in laterizio e calcestruzzo,
passo = 30 cm, Ø = ½''
1qpav = (50-20) = 27,8 W/m2
1
1,030
1
9,3+
1qsoff = (50-20) = 95,9 W/m2
1
7,117
1
5,8+
Qpav = (5 x 4) x 27,8 = 557 W
Qsoff = (5 x 4) x 95,9 = 1917 W
Pannello in alluminio con tubazioni in
polibutilene (PB) 14x10, passo 12,5 cm:
1qpav = (50-20) = 7,4 W/m2
1
0,252
1
9,3+
1qsoff = (50-20) = 159 W/m2
1
61,868
1
5,8+
Qpav = (5 x 4) x 7,4 = 147 W
Qsoff = (5 x 4) x 159 = 3182 W
123
C L I M A T I Z Z A Z I O N E I N D U S T R I A L E> > >
< < <
UPPORTO S ECNICOT ROGETTISTIP
le potenze termiche. Si ipotizza un sistema
di regolazione a temperatura variabile
secondo la retta di regolazione indicata, con
una differenza di temperatura fra mandata
e ritorno che si riduce al ridursi del carico.
Fra 15 e 18°C esterni può essere previsto
lo spegnimento della macchina. Il carico
dell'edificio si considera, per semplicità, ad
andamento lineare dal valore di progetto
di 70 kW al valore nullo a 20°C esterni. La
retta crescente rappresenta la capacità di
5.1 GENERALITà
L'aria esterna, sorgente termica cui si fa
abitualmente ricorso per la pompa di calore,
è probabilmente la più sfavorevole dal punto
di vista termodinamico, dal momento che al
suo diminuire aumenta il fabbisogno, mentre
la pompa di calore presenta capacità e COP
decrescenti.
Si consideri la fig. 5.1, dove in ascissa
viene rappresentata la temperatura dell'aria
esterna, mentre in ordinata si rappresentano
CaP. 5LE SORgENTI DELLA POMPA DI CALORE
FIG. 5.1Carico termico dell’edificio e capacità della pompa di calore ad aria in funzione della temperatura dell’aria esterna. E è il balance point
al di sotto del quale si deve fornire energia ausiliaria. A confronto la capacità di una pompa di calore a terreno a due velocità
0-5 10 15
10
0
20
30
40
50
60
pompa di calore ad aria
TEMPERATURA DELL’ARIA ESTERNA
POTE
NZA
TERM
ICA
(kW
)
E
CARICO DELL’EDIFICIO
CAPACITà DI UNA POMPA DI CALORE A
TERRENO A 2 VELOCITà
ausiliario
80
90
70
124
R I S C A L D A M E N T OR E S I D E N Z I A L E> > >
< < <
UPPORTO S ECNICOT ROGETTISTIP
dell’aria esterna ed un COP più alto. La
retta di capacità si potrebbe pensare traslata
verso l'alto con un punto di equilibrio più a
sinistra con una maggiore utilizzazione della
macchina rispetto ad un sistema che richieda
una temperatura più alta (ad esempio 50°C),
pur con la stessa macchina. In secondo luogo
benefici simili e cumulabili si sarebbero
potuti ottenere con una sorgente fredda a
temperatura costante, così come indicato
in figura dai due gradini di potenza di una
pompa di calore a terreno a doppia velocità
che consente di portare il punto di equilibrio
a livelli più bassi di temperatura esterna, pur
mantenendo un elevato valore del COP.
A conclusione di queste considerazioni,
vale la pena senz'altro prendere in esame
sorgenti fredde diverse dall'aria per la pompa
di calore. Alle motivazioni fin qui descritte se
ne aggiungono altre di non minore rilevanza
che si vogliono qui nuovamente riportare. La
batteria operante sull'aria esterna è soggetta
allo sfavorevole fenomeno del brinamento,
con problematiche non sempre perfettamente
risolte per quanto attiene al rilievo automatico
della brina, ai cicli di sbrinamento ed al
possibile disagio all'interno dell'edificio nel
corso di tali cicli. La movimentazione dell'aria
è sovente una sorgente di rumore di non
semplice riduzione. Le batterie non sono
sempre agevolmente collocabili all'esterno,
se non con soluzioni talvolta esteticamente
discutibili. Un'adeguata movimentazione
dell'aria può avere costi energetici non
trascurabili.
Benché le sorgenti alternative non possano
risolvere contemporaneamente in modo
positivo le problematiche appena incontrate
riscaldamento della pompa di calore. Un
punto importante nel dimensionamento
dell'impianto è, come si ricorderà, l'incrocio
E fra le due rette: in quel punto si equilibra
la capacità di riscaldamento della macchina
con il carico dell'edificio che così è
integralmente soddisfatto dalla pompa di
calore. Per temperature dell'aria esterna
più alte la pompa di calore soddisfa ancora
integralmente il carico, lavorando parzializzata.
Per temperature più basse non è più in grado
di soddisfare integralmente il carico e bisogna
disporre di una sorgente ausiliaria.
Dati gli elevati costi contrattuali dell'energia
elettrica, è improbabile che si faccia ricorso
come negli USA a resistenze elettriche
riscaldanti, ma è più verosimile il ricorso ad
una caldaia ausiliaria a gas. La posizione del
punto di equilibrio è importante nell'economia
dell'impianto. Se lo si sceglie troppo "a
destra", la macchina avrà un costo iniziale
più basso perchè di potenzialità minore, ma
darà un contributo limitato su base annuale al
fabbisogno di riscaldamento. Se lo si sceglie
troppo "a sinistra", il costo iniziale sarà elevato
per la maggiore potenzialità, con il rischio di
lavorare molte ore in regime parzializzato. Per
una scelta corretta sarà importante conoscere
la curva di frequenza della temperatura
dell'aria esterna, come si è già analizzato nel
capitolo 3.
Questo esempio permette di sottolineare
alcuni punti importanti. Anzitutto un sistema
di riscaldamento a bassa temperatura, ad
esempio un sistema a pannelli radianti con
temperature di progetto 30-40°C consente
una maggiore capacità della pompa di calore
in corrispondenza di una data temperatura
125
C L I M A T I Z Z A Z I O N E I N D U S T R I A L E> > >
< < <
UPPORTO S ECNICOT ROGETTISTIP
favorevoli, con oscillazioni di rado superiori
ad una decina di gradi attorno a valori medi
dell'ordine di 10-15°C. Esistono, però, dei
vincoli, spesso sopravvalutati, nell'impiego di
tali acque, sia a livello di convogliamento che
di salto di temperatura consentito all'acqua
prima dello scarico.
Per quanto riguarda le acque sotterranee, la
temperatura è ancora più stabile nel corso
dell'anno rispetto alle acque superficiali, con
valori di rado inferiori ai 10-12°C e spesso
superiori, in concomitanza anche marginale
di fenomeni di termalismo e per pozzi
particolarmente profondi. Anche in questo
caso in Italia gli ostacoli sono più di carattere
burocratico-amministrativo che di natura
tecnica.
A differenza dell'acqua il terreno si può dire
che sia universalmente disponibile e, se la
tecnica dei tubi orizzontali può richiedere
ampie estensioni di terreno libero da
costruzioni, quella dei tubi verticali si può
adottare pressoché in qualsiasi situazione.
I problemi tecnici connessi alla sorgente
terreno sono stati via via risolti e il terreno
è attualmente una sorgente fredda per la
pompa di calore largamente utilizzata in tutti
i paesi europei di lingua tedesca (Germania,
Austria, Svizzera) e negli USA. I livelli di
temperatura variano secondo la tecnica
impiegata, la località ed il tipo di terreno.
In ogni caso si tratta di temperature quasi
sempre favorevoli ed abbastanza stabili nel
tempo. L'argomento, non semplice, merita un
successivo opportuno approfondimento.
Il recupero termico può essere una sorgente
con eccellenti caratteristiche, a patto che
lo scarico di energia da recuperare sia
per l'aria, la scarsa considerazione (e
soprattutto frequenza) con cui sono valutate
fa pensare che dell'aria si apprezzi altamente
l'unico vero vantaggio: la libera ed immediata
disponibilità. Tuttavia i vantaggi delle sorgenti
alternative possono essere così importanti
da far sì che sia doveroso per il progettista
prenderle almeno in esame: è indubbio che
le utilizzazioni, così limitate nel nostro Paese,
non potrebbero che aumentare, come da
alcuni anni avviene negli USA ed in molti
paesi europei.
5.2 UNA RASSEGNA DELLE SORGENTI
ALTERNATIVE ALL'ARIA
Come orecchiando gli elementi fondamentali
di Empedocle, dopo aver considerato l'aria,
le sorgenti fredde più importanti per la
pompa di calore sono l'acqua e la terra. Ad
esse vanno aggiunti il recupero termico e
l'energia atmosferica, in particolare l'energia
solare. È indispensabile dire qualcosa di
più su ciascuna di queste sorgenti per una
valutazione di confronto generale, prima di
passarle in rassegna dettagliatamente.
Per quanto riguarda l'acqua bisogna
distinguere fra acque superficiali (corsi
d'acqua, laghi, mare) ed acque sotterranee.
Non risultano disponibili ovunque e sono
soggette a tutta una serie di limitazioni e
divieti.
Per quanto riguarda le acque superficiali l'Italia
è caratterizzata da un esteso sviluppo costiero
che potrebbe consentire un frequente
ricorso all'acqua di mare ed in molte zone,
in particolare nella pianura padana, vi è
un'ampia presenza di corsi d'acqua e di
laghi. Le temperature sono generalmente
126
R I S C A L D A M E N T OR E S I D E N Z I A L E> > >
< < <
UPPORTO S ECNICOT ROGETTISTIP
Si consideri per ora la Tabella 5-I, riassuntiva,
che fornisce alcune valutazioni sulle
caratteristiche principali delle possibili sorgenti
fredde per la pompa di calore.
Spesso ci si riferisce alle sorgenti fredde
come a sorgenti gratuite. Dalla Tabella si vede
che vi sono voci come costo iniziale e costo
operativo che dimostrano come in pratica le
sorgenti non siano affatto gratuite. Da questo
punto di vista non va dimenticata la diversa
domanda di energia a basso livello termico
per le varie famiglie di pompe di calore. Tale
domanda è tanto più forte, quanto più alto è
il COP, per cui risulta maggiore per le pompe
di calore elettriche e minore per le pompe
di calore termiche. Per fissare le idee una
pompa di calore elettrica, con COP pari a 4,
per fornire 100 unità termiche ne domanda
75 dalla sorgente fredda. Una pompa di
calore termica con COP di 1,5 domanda per
lo stesso servizio dalla sorgente fredda 33
unità, cioè meno della metà.
5.3 ACQUE SUPERFICIALI E SOTTERRANEE
A parità di temperatura con l'aria, l'acqua
presenta caratteristiche di scambio termico di
gran lunga migliori ed una capacità termica
decisamente maggiore non solo, ed è ovvio,
a parità di volume, ma anche a parità di
massa: una riduzione di temperatura di 10°C
canalizzato, sufficientemente in fase con il
carico e di adeguata entità. Questi requisiti
si manifestano nella ventilazione forzata
degli edifici con scarico canalizzato. Un'altra
possibilità, quasi mai sfruttata, è lo scarico
delle acque bianche nei confronti del
riscaldamento dell'acqua calda per usi sanitari,
soprattutto dove il fabbisogno sia rilevante,
come negli alberghi.
Con il termine suggestivo di energia
atmosferica si intendono quelle soluzioni
tecniche dove, oltre a trarre energia dall'aria,
si utilizza anche la radiazione solare, ovvero
l'energia termica derivante dal raffreddamento
dell'acqua piovana: il sistema più caratteristico
è il cosiddetto tetto energetico che quasi
sempre assolve anche alla funzione
di copertura dell'edificio. Può risultare
interessante talvolta il ricorso a soluzioni
miste: ad esempio un tetto energetico
accoppiato ad un sistema a terreno a tubi
verticali consente l'accumulo di energia dalla
stagione estiva verso quella invernale. Oppure
un tetto energetico può costituire una valida
integrazione del recupero termico, assumendo
eventualmente la funzione di dispersore
termico nel funzionamento estivo, quando si
ricorra ad un'opportuna esposizione.
Gran parte dei sistemi considerati verranno
trattati con maggiore estensione nel seguito.
SORgENTE ACCESSIBILITà DISPONIBILITà NEL TEMPO
COSTOINIzIALE
COSTO OPERATIVO
LIVELLOTERMICO
VARIAzIONI NELLATEMPERATURA
gRADO DISTANDARDIzzABILITà
Aria **** **** **** * ** * ****
Acque sotterranee ** **** ** ** **** **** ****
Acque superficiali ** *** *** *** *** ** ***
Terreno *** **** ** ** *** *** ***
Solare ** ** * *** *** * **
Recupero ** ** ** ** **** *** **
taBELLa 5.1 CARATTERISTICHE vARIE SORgENTI fREDDE POMPA DI CALORE
Caratteristiche delle varie sorgenti fredde della pompa di calore rispetto ad alcuni parametri di valutazione. Il numero crescente di asterischi è indice di un migliore comportamento rispetto alla caratteristica considerata
127
C L I M A T I Z Z A Z I O N E I N D U S T R I A L E> > >
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UPPORTO S ECNICOT ROGETTISTIP
e muschi. Fra i costi operativi bisogna
preventivare la periodica pulizia delle bocche
di presa e di scarico e la frequente pulizia
dei filtri, ovvero il ricorso, ove possibile, a filtri
autopulenti.
Tuttavia l'ostacolo più rilevante non è
di carattere tecnico, quanto piuttosto
burocratico-amministrativo. Sarebbe di aiuto
una procedura codificata per l'utilizzo delle
acque superficiali per puri scopi termici. Da
un lato ci si deve confrontare con il Magistrato
delle Acque del Genio Civile per le necessarie
autorizzazioni, dall'altro con la legge Merli per
lo scarico dell'acqua, essendo da tale legge
fissato il salto termico massimo consentito
per l'acqua prelevata dal mare, da laghi,
da corsi d'acqua come fiumi o canali. La
variazione massima fra temperature medie
di qualsiasi sezione del corso d’acqua a
monte e a valle del corpo recipiente non
deve superare in nessun caso i 3°C oltre 50
m di distanza dal punto di immissione. Per il
mare e per le zone di foce dei corsi d’acqua
non significativi, la temperatura dello scarico
non deve superare i 35°C e l’incremento di
temperatura del corpo recipiente non deve
superare in nessun caso i 3°C oltre 1000 m
di distanza dal punto di immissione (art. 39
Piano di Tutela delle Acque. Norme Tecniche
di Attuazione - Regione Veneto, dicembre
2004). Difficilmente questi diventano gravi
limiti in presenza di disponibilità d'acqua,
dal momento che, anche ai fini di migliori
prestazioni della pompa di calore, conviene
limitare il raffreddamento dell'acqua a pochi
gradi, anche se bisogna prestare molta
attenzione ai consumi delle pompe di prelievo
e reimmissione, utilizzando sistemi a portata
può comportare una variazione di entalpia
per l'aria di 10 kJ/kg e per l'acqua di 42 kJ/
kg. L'aria può riacquistare la parità solo se
varia il suo contenuto in vapore d'acqua. La
movimentazione dell'acqua è generalmente
meno costosa dal punto di vista energetico,
con minori problemi di rumore e di ingombro.
La temperatura delle acque superficiali
segue con rilevanti smorzamenti quella
dell'aria esterna. Nel nostro Paese raramente
i corsi d'acqua ghiacciano anche a fronte di
prolungati periodi con temperatura dell'aria
al di sotto dello zero. Nel Nord Europa
non è la stessa cosa, tanto che il massimo
ostacolo allo sfruttamento dei corsi d'acqua
per le pompe di calore è proprio il rischio di
indisponibilità per gelo invernale (si tenga
conto che tale rischio si presenta già a
partire da una temperatura dell'ordine di 4°C
nel raffreddamento dell'evaporatore della
macchina).
Un primo ostacolo per quanto riguarda i
corsi d'acqua anche limitrofi ad eventuali
utilizzazioni di pompe di calore è la variazione
stagionale di portata d'acqua che può essere
molto rilevante, con riduzioni cospicue di
livello in particolare nel periodo estivo. In tale
periodo l'acqua è utile nel funzionamento
della macchina come chiller. Spesso l'acqua
potrebbe consentire anche il free-cooling,
cioè il suo impiego diretto nell'impianto di
condizionamento per il raffreddamento o per
il pre-raffreddamento dell'aria.
Oltre all'andamento erratico del deflusso, un
altro ostacolo tecnico è quello legato ad un
adeguato filtraggio dell'acqua normalmente
ricca di impurità e di solidi in sospensione,
con possibili crescite di piante acquatiche
128
R I S C A L D A M E N T OR E S I D E N Z I A L E> > >
< < <
UPPORTO S ECNICOT ROGETTISTIP
dimensioni, si può considerare oramai una
tecnica matura.
Il Paese leader in questo campo è senza
dubbio l'Olanda, dove è risultato decisivo
l'attivo intervento del NOVEM (Agenzia
Olandese per l'Energia e l'Ambiente) per
promuovere questa tecnologia ad elevato
risparmio energetico.
L'acqua sotterranea (acqua di pozzo) è
tuttora largamente impiegata in Italia nei
raffreddamenti nell'ambito industriale con
limitazioni via via più severe sia nei confronti
dello scarico in rete fognaria che del prelievo.
La limitazione nel prelievo è spesso legata
al progressivo abbassamento della falda. I
moderni sistemi di utilizzazione termica delle
acque sotterranee prevedono la reiniezione
dell'acqua nella falda, sia per limitare o
annullare il fenomeno prima considerato
dell'abbassamento che per sfruttare la falda
con funzioni di accumulo stagionale.
Purtroppo in Italia è proprio questa
operazione di reiniezione quella
maggiormente controversa. Va detto anzitutto
che la perforazione del terreno e la possibilità
di estrarre acqua dalle falde sotterranee
richiede l'autorizzazione alle Autorità
Provinciali e Regionali. Se la trivellazione
supera i 30 metri di profondità deve essere
comunicata al Servizio Geologico Nazionale.
Se si intende prelevare fino ad un modulo
d'acqua (100 litri/s) le autorizzazioni
vengono concesse dalle Regioni. Se durante
la trivellazione si trova un acquifero si deve
fare la denuncia di scoprimento d'acqua con
i dati tecnici (livello statico e dinamico, ecc.)
al Magistrato delle Acque, facendo domanda
di sfruttamento. La domanda viene accolta
variabile in presenza di carico decrescente e
tubazioni di diametro ragionevolmente ampio.
Per quanto riguarda l'acqua di mare in Italia,
dal punto di vista termico si è in condizioni
molto favorevoli. D'inverno ben difficilmente
la temperatura scende sotto i 10°C, mentre
d'estate non supera quasi mai i 25°C nelle
acque costiere. Sono valori adatti sia per
sorgente fredda della pompa di calore
che di pozzo termico per il chiller, anche
tenendo conto del salto di temperatura
dovuto agli scambiatori di calore che si
devono confrontare con la corrosiva acqua
di mare. In questa applicazione può apparire
indispensabile il ricorso a scambiatori realizzati
in materiale pregiato e costoso come leghe
di nickel o titanio. Un'altra possibilità è quella
di prendere in considerazione scambiatori
a piastre in acciaio inox, prevedendo la
periodica sostituzione delle piastre.
L'acqua di mare potrebbe essere
un'eccellente soluzione per la climatizzazione
degli alberghi nelle località rivierasche, dove
ormai la climatizzazione dell'aria è una scelta
obbligata. Un primo sottoprodotto della
climatizzazione estiva potrebbe essere la
preparazione dell'acqua calda, mentre l'acqua
di mare potrebbe essere usata sia per un pre-
raffreddamento dell'aria di rinnovo che come
pozzo termico per il chiller.
I vantaggi potenziali di questa utilizzazione
meriterebbero un'analisi più accurata di tutti
i possibili problemi pratici (prese d'acqua in
mare, corrosioni, filtraggi, ecc.).
L'impiego delle acque sotterranee, tutt’altro
che scevro di problemi tecnici, è confortato
da una vastissima sperimentazione che,
per la numerosità di realizzazioni di grandi
129
C L I M A T I Z Z A Z I O N E I N D U S T R I A L E> > >
< < <
UPPORTO S ECNICOT ROGETTISTIP
calda? Da colloqui con funzionari del
Dipartimento per la Geologia e le Attività
Estrattive della Regione Veneto sembra che
la forzatura possa essere accettata. In tal
caso per acque geotermiche a profondità
non superiore a 400 metri e con potenze
termiche complessive inferiori a 2000 kW,
l'interlocutore è proprio l'autorità regionale
appena citata che concede l'autorizzazione
previa domanda corredata di relazione tecnica
in cui si forniscano tutti i dati necessari
alla valutazione (finalità dell'operazione,
composizione chimica dell'acqua prima e
dopo, portate, pressioni, sistemi impiegati,
apparecchiature di sicurezza, ecc.).
Attualmente in una situazione di grande
incertezza da una regione, ma spesso anche
da una provincia all’altra forse il problema più
rilevante è proprio quello della reiniezione.
Capita che si pretenda che la qualità
dell’acqua reiniettata nella falda da cui è stata
tratta non sia, come ragionevolmente ci si
potrebbe attendere, non peggiore di quella
dell’acqua prelevata, ma con parametri di
tipo assoluto, quindi magari migliore. Ben si
capisce che la richiesta è assurda. L’alternativa
spesso è lo scarico nella rete fognaria con
costi quasi sempre improponibili.
Può essere di qualche utilità la traccia di
iter autorizzativo seguito in Lombardia
per l’escavazione dei pozzi di prelievo
della Residenza Socio Sanitaria di Melzo
e presentata da Cefla Group alla Mostra
Convegno del 2008. L’elenco delle varie
fasi è riportato in Tabella 5-II. Non meno
complesso è l’iter autorizzativo relativo allo
scarico delle acque nei pozzi disperdenti
(Tabella 5-III). Urge una semplificazione nei
solo dopo aver interpellato tutti gli enti
eventualmente interessati (comuni, aziende
d'acquedotto, ecc.), dando la precedenza agli
usi potabili ed irrigui della risorsa idrica..
Mentre lo scarico dell'acqua nella rete fognaria
è regolamentato dalla legge Merli, la possibile
reiniezione in falda per scopi geotermici è
difficile da reperire nella legislazione italiana.
Se ne fa cenno nel DL 132/92, dove all'art.
8 si afferma che "lo scarico consistente
nella reiniezione nella stessa falda per scopi
geotermici [...] è soggetto a preventiva
autorizzazione [...] ai sensi della legge
319/76 [legge Merli]". Tuttavia in tale legge
non si parla mai di utilizzazioni geotermiche.
L'aggiornamento previsto dal DL 245/96
modifica l'articolo summenzionato come
segue: "lo scarico diretto consistente nella
reiniezione nella stessa falda o iniezione
in altre falde, che uno studio idrogeologico
dimostri confinate e costantemente inadatte
a qualsiasi altro uso, in particolare ad usi
domestici o agricoli, di acque utilizzate a
scopi geotermici [...] è consentito in deroga ai
divieti stabiliti dall'art. 6 [del DL132/92]".
Si tratta di capire se l'utilizzo dell'acqua come
sorgente fredda di una pompa di calore possa
essere considerato geotermico, atteso che le
leggi 896/86 e DPR 395/91 forniscono le
seguenti definizioni di risorsa geotermica:
a) "l'energia termica derivante dal calore
terrestre estraibile mediante fluidi
geotermici";
b) "fluidi da processi naturali di accumulo e
riscaldamento che vengono estratti sotto
forma di vapore, acqua calda, salamoia o
gas caldi".
L'acqua a 10-12°C si può considerare
130
R I S C A L D A M E N T OR E S I D E N Z I A L E> > >
< < <
UPPORTO S ECNICOT ROGETTISTIP
taBELLa 5.2Possibile iter autorizzativo per escavazione pozzi di prelievo di acqua di falda
taBELLa 5.3Possibile iter autorizzativo per scarico delle acque di cui alla tabella 5-II
131
C L I M A T I Z Z A Z I O N E I N D U S T R I A L E> > >
< < <
UPPORTO S ECNICOT ROGETTISTIP
inversamente proporzionale allo spessore
dell'acquifero. Per fissare le idee si consideri
un acquifero delle spessore di 25 metri con
una porosità del 30%. Se il prelievo stagionale
è di 50.000 m3 che potrebbe corrispondere
ad una potenza termica installata di circa 150
kW, la distanza minima fra i pozzi potrebbe
essere di:
50000
0,3 π 25dmin = 2,25 ( ) 0,5
= 2,25 ( ) 0,5= 104 m
V
nπD
(5.1)
Qualora vi sia invece un movimento rilevante
dell'acqua sotterranea che, comunque,
difficilmente è superiore a qualche centinaio
di metri all'anno, la soluzione più corretta
è il ricorso a quattro pozzi sulla linea di
flusso naturale (fig. 5.2). Nel funzionamento
estivo si opera con l'acqua fredda derivante
dall'immissione invernale nel terreno
nel pozzo più a monte del flusso. Nel
funzionamento invernale si preleva l'acqua
riscaldata nel funzionamento estivo, traendola
confronti di un sistema che, più che garantire
la corretta utilizzazione delle acque, sembra
teso a ripartire le responsabilità fra il numero
maggiore possibile di soggetti e a scoraggiare
l’impiego energetico dell’acqua, come invece
avviene in tutta Europa.
Dal punto di vista tecnico, una volta
accertate la disponibilità e le caratteristiche
dell'acquifero, si tratta di stabilire in funzione
delle esigenze dell'edificio la portata d'acqua
necessaria e quindi il numero e la dimensione
dei pozzi. Spesso sono sufficienti due pozzi:
uno di prelievo invernale ed immissione estiva
e l'altro di prelievo estivo e di immissione
invernale. Per evitare il cortocircuito dell'acqua
è opportuno che i due pozzi siano distanziati
sufficientemente in funzione dell'entità della
velocità dell'acqua nella falda.
Nel caso di velocità trascurabile dell'acqua
di falda, la spaziatura minima fra i pozzi
è proporzionale alla radice quadrata del
volume d'acqua trattata stagionalmente ed
FIG. 5.2Disposizione di quattro punti di prelievo/immissione dell’acquifero in presenza di movimento di falda
FUNZIONAMENTO ESTIVO
FUNZIONAMENTO INVERNALE
pozzo C2
pozzo C2
flusso naturale
flusso naturale
pozzo W2
pozzo W2
flusso naturale
flusso naturale
C1: pozzo freddo
C1: pozzo freddo
W1 pozzo caldo
W1 pozzo caldo
Lc
Lc
LW
LW
L
L
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tendenza alla stratificazione dell'acqua in
funzione dei livelli termici. La disposizione
è illustrata nella fig. 5.3: nel funzionamento
estivo si opera su di un solo pozzo a due
dal pozzo più a valle del flusso. Qualora si
voglia evitare il raddoppio dei pozzi, un'altra
soluzione è quella di sfalsarli in profondità,
cercando di trarre partito dalla naturale
FIG. 5.3Disposizione a due pozzi a diversa profondità
FIG. 5.4Schema di massima dell’impianto di riscaldamento e raffrescamento del centro SAS di Stoccolma basato su di un acquifero
FUNZIONAMENTO ESTIVO
FUNZIONAMENTO INVERNALE
flusso naturale
flusso naturale
flusso naturale
flusso naturale
C1: pozzo freddo
C1: pozzo freddo
W1 pozzo caldo
W1 pozzo caldo
LW
LW
133
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UPPORTO S ECNICOT ROGETTISTIP
indicata come UTES (Underground Thermal
Energy Storage), intendendo che l'acquifero
può diventare parzialmente una sorta di
accumulo stagionale che riceve energia
termica nella stagione estiva per cederla in
quella invernale.
Un ottimo esempio di sistemi come questo
è stato realizzato in Svezia per il Centro
Direzionale della SAS nelle vicinanze di
Stoccolma nel 1987. Si tratta di un edificio
con una superficie utile di 64.000 m2.
Lo schema di massima dell'impianto è
rappresentato in fig. 5.4, dove si vedono
le pompe di calore collegate tramite uno
scambiatore di potenza nominale di 2.2
MW alla sorgente termica con successiva
reimmissione nel pozzo freddo: la
sorgente fredda realizza in parte anche un
preriscaldamento dell'aria. D'estate il ritorno
dell'acqua dal pozzo freddo permette di
diverse profondità, traendo l'acqua dalla zona
più profonda e restituendola in quella più
superficiale. L'acqua così riscaldata si ritrova
poi nel pozzo posto a valle del flusso naturale
da cui si trae l'acqua nella stagione del
riscaldamento che viene restituita nel pozzo
precedente alla maggiore profondità.
Le prestazioni della pompa di calore
dipendono fortemente dalle caratteristiche
dell'acquifero e da come è stato impostato
l'impianto. Solo indicativamente si può
dire che, per una caratteristica temperatura
dell'acquifero di circa 12°C, ci si può attendere
un COP della pompa di calore elettrica fra 4
e 6. La nota applicazione di pompe di calore
nel riscaldamento del Castello Sforzesco di
Milano ha portato a valori di COP maggiori di
7. Si possono ipotizzare cospicui vantaggi nel
funzionamento estivo con periodi prolungati
di free-cooling. L'applicazione viene spesso
FIG. 5.5Schema per il possibile impiego di acque superficiali come sorgente di una pompa di calore. Nel caso lo scambiatore principale
produce l’anello per la sorgente fredda cui sono collegate le pompe di calore dell’edificio
134
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UPPORTO S ECNICOT ROGETTISTIP
pari a 3, la portata specifica si può valutare in:
750 x 3600
4187 x 3 x 1000Q = = 0,215 m3/(kWh) in riscaldamento
1333 x 3600
4187 x 3 x 1000Q = = 0,382 m3/(kWh) in raffreddamento
(5.2)
Nel caso di acque superficiali sufficientemente
profonde si possono sfruttare i gradienti
di temperatura con prelievo alle quote più
basse che garantiscono acqua a temperatura
più alta nel riscaldamento e più bassa nel
raffreddamento a meno che non vi siano
rimescolamenti. Il ritorno dell’acqua va
realizzato ad una certa distanza dalla bocca di
presa e in prossimità della superficie.
Un elemento importante di questi impianti è
la pompa che presenta una prevalenza tanto
maggiore quanto più alto è il dislivello fra
l’acqua superficiale e l’utilizzazione. A questo
vanno aggiunte le consuete perdite di carico,
scambiare fino a 1.3 MW per il raffrescamento
diretto con pannelli radianti. I dati raccolti
nel 1990 danno una fornitura dall'acquifero
di 3,41 GWh nel riscaldamento e di 2,96
GWh nel raffrescamento con un impiego
complessivo di energia elettrica da parte del
sistema di 1,02 GWh.
Per quanto riguarda l’impiego delle acque
superficiali, nel caso di impiego diretto si deve
prevedere un circuito aperto nei confronti
delle acque di prelievo chiuso su di uno
scambiatore di calore che a sua volta sarà
collegato agli evaporatori o ai condensatori
delle pompe di calore (fig. 5.5.).
Il calcolo delle portate d’acqua necessarie
è elementare una volta fissato il salto di
temperatura fra ingresso e uscita dell’acqua
allo scambiatore e il COP delle macchine.
Fissato un salto di 3 K e un COP in
riscaldamento pari a 4 e in raffreddamento
FIG. 5.6Schema per il possibile impiego di acque superficiali come sorgente di una pompa di calore tramite scambiatori a contatto indiretto
realizzati con rotoli di HDPE immersi nell’acqua
135
C L I M A T I Z Z A Z I O N E I N D U S T R I A L E> > >
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UPPORTO S ECNICOT ROGETTISTIP
condizioni operative.
Un’altra possibilità per l’utilizzo delle acque
superficiali è quella di attuare uno scambio
intermedio entro l’acqua. Benché questo
introduca una maggiore caduta di temperatura
complessiva fra acqua disponibile e pompa di
calore elimina il grosso problema del filtraggio,
oltre che della possibilità di gelo. Anche le
limitazioni di tipo amministrativo possono
essere meno stringenti. Gli scambiatori di calore
sono realizzati in polietilene ad alta densità
(HDPE), più raramente in rame o in PVC.
Lo scambiatore può essere semplicemente
realizzato con dei coils di tubazione, lasciati
liberi di aprirsi e immersi tramite dei pesi (fig.
5.6).
Le lunghezze richieste sono fornite da
grafici che tengono conto delle resistenze
conduttive della parete del tubo e convettive
per il serpentino sommerso, validi per
in particolare dello scambiatore di calore e del
sistema di filtraggio.
La pompa può essere del tipo sommerso,
ovvero del tipo ad albero verticale con il
motore sopra il livello dell’acqua e la girante
sommersa. Si possono avere anche pompe in
superficie ma con le limitazioni tipiche dovute
all’altezza minima di aspirazione (NPSH - Net
Positive Suction Head).
Un impianto del genere può consentire il
free-cooling per buona parte della stagione
estiva a spese solo dell’energia richiesta dalla
pompa di circolazione.
Per avere degli ordini di grandezza una perdita
di carico di 20 m c.a. con un rendimento
della pompa del 25% comporta una richiesta
specifica di energia di 0,2 kWh/m3, a fronte
di un raffreddamento di 3,5 kWh. Benchè
questa situazione sia molto conveniente si
deve limitare la perdita di carico per le altre
FIG. 5.7Valutazione della lunghezza di coil richiesta in funzione della temperatura di approach per portate specifiche di almeno 0,19 m3/kWh
(funzionamento in riscaldamento) - doc. ASHRAE
lung
hezz
a di
coi
l ric
hies
ta (f
t/ton
)
SDR 11 HDPE e 3 GPM/Ton portata di liquido
coils liberiarrotolati
1-1/2”
1-1/4”
1” hDPE
250
200
150
100-4-3 -5 -7-6 -8 -9
300
350
400
450
500
temperatura di approach(temperatura all’uscita del coil - temperatura dell’acqua)
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5.4 IL TERRENO
Alle nostre latitudini un sistema molto
impiegato per evitare il congelamento
dell'acqua nelle tubazioni di distribuzione è
quello di interrarle ad una certa profondità
nel terreno, contando nello smorzamento
delle oscillazioni di temperatura, non solo
su base giornaliera, ma anche stagionale.
Già a qualche metro di profondità la
temperatura del terreno si stabilizza ad un
valore prossimo alla media annuale della
temperatura dell’aria (fig. 5.8). Si nota infatti
un progressivo smorzamento dell’ampiezza
delle oscillazioni di temperatura rispetto a
quella superficiale ed uno sfasamento per
cui le più basse temperature si notano nel
periodo primaverile e le più alte nel periodo
autunnale. A profondità maggiori entra in
gioco anche l'energia termica endogena: oltre
i 30 metri di profondità si riscontra in media
portate specifiche in raffreddamento o in
riscaldamento pari ad almeno 0,19 m3/
kWh. La lunghezza, espressa in ft/ton
si può trasformare in m/kW dividendo
(sostanzialmente) l’ordinata per 10. Il grafico
di fig. 5.7 vale per scambiatore “arrotolato”
ed è espresso in funzione della differenza di
temperatura fra l’uscita del serpentino e la
temperatura dell’acqua.
Esempio di calcolo: potenza di riscaldamento
10 kW, temperatura dell’acqua superficiale
10°C, temperatura dell’impianto 6°C. Portata
prevista 0,215x10 = 2,15 m3/h.
Disposizione dei tubi da 1” in parallelo per
complessivi 2 tubi. Approach: (6-10) x 1,8 =
7,2 °F . Viene prevista una lunghezza di 26 m/
kW; quindi complessivamente sono necessari
260 m di tubo*.
* Il lettore interessato a maggiori dettagli può rivolgersi a queste due pubblicazioni ASHRAE:Bose, J.E., Parker, J.D., McQuiston, F.C., 1985. Design/Data Manual for Closed-Loop Ground-Coupled Heat Pump Systems. American Society of Heating, Refrigerating and Air Conditioning Engineers, Atlanta, GA.Kavanaugh, S.P., Rafferty, K., 1997. Ground-Source Heat Pumps: Design of Geothermal Systems for Commercial and Institutional Buildings. American Society of Heating, Refrigerating and Air Conditioning Engineers, Atlanta, GA.
FIG. 5.8Temperatura del terreno indisturbato a diverse profondità per alcuni mesi dell’anno: solo nei primi metri di profondità la temperatura
del terreno risente delle condizioni che si sono avute in superficie (terreno tipico roccioso del Nord Europa
151413
16-5
121110987
56
32
4
1
prof
ondi
tà (m
)
0 5 10 15 20 25temperatura °C
aprilegennaio
luglioottobre
137
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UPPORTO S ECNICOT ROGETTISTIP
I sistemi a tubi verticali utilizzano una o
più perforazioni con profondità variabili da
valori minimi di 10 m a valori che ormai
possono facilmente superare i 100 m. Le
temperature del terreno non risentono quasi
più degli effetti superficiali e spesso risultano
molto favorevoli. Inoltre la superficie di
pianta richiesta è molto più ridotta del caso
precedente e si sono utilizzati gli stessi pali di
fondazione dell'edificio.
Va rilevato che il raffreddamento indotto
nel terreno dal suo impiego come sorgente
fredda, a volte, in funzione del tipo di terreno
e del dimensionamento del sistema, può non
essere bilanciato dal calore proveniente dagli
strati limitrofi. In questo modo la sorgente
terreno si raffredda progressivamente fino a
raggiungere una condizione di equilibrio ad
una temperatura più bassa rispetto al terreno
indisturbato. Ecco che allora si preferisce
considerare il terreno come un accumulo
di grandi dimensioni che può trovare valida
utilizzazione nell'impiego annuale come
sorgente fredda della pompa di calore o come
pozzo termico della macchina frigorifera con
ampie possibilità all'inizio della stagione calda
di lavorare in free-cooling.
5.4.1 SCAMBIATORI A TERRENO ORIZZONTALI
L'interesse della tecnica della disposizione
dei tubi interrati orizzontali risale negli USA
al 1946: articoli pubblicati su Heating Piping
and Air Conditioning descrivono la teoria e
le possibilità applicative. Entro pochi anni da
allora esiste una letteratura ricca di descrizioni
di impianti realizzati. Un esempio per tutti è
l'impianto a tubi orizzontali realizzato per il
riscaldamento della foresteria dell'Università
un incremento di temperatura di circa 1°C
ogni 30 m. Questa media deriva da situazioni
molto differenziate: in alcuni casi l'incremento
può essere anche solo di mezzo grado ogni
100 m, mentre capita di avere incrementi per
la stessa profondità di 30°C.
L'utilizzazione del terreno come sorgente
fredda per la pompa di calore si realizza
interrando un tubo o più tubi di adeguata
lunghezza, vuoi con uno scambio termico
indiretto con l'evaporatore della macchina
mediante la circolazione di un liquido, vuoi
anche con la tecnica dell'espansione diretta,
realizzando l'evaporatore entro i tubi interrati.
Le tecniche dei tubi a terreno si dividono in
due diverse categorie: a tubi orizzontali e a
tubi verticali.
I sistemi a tubi orizzontali vengono interrati
generalmente a piccola profondità, entro
0,8-1,5 m e coinvolgono di solito un'ampia
superficie sgombra da edifici, al di sotto della
quale trovano posto. La pompa di calore si
confronta con una temperatura più stabile
di quella dell'aria esterna: non si risente
delle oscillazioni giornaliere, le variazioni di
temperatura sono smorzate e ritardate di
fase. Questo ritardo di fase può essere, in
funzione della profondità e della natura del
terreno, dell'ordine di qualche mese, sì che
la temperatura più bassa si può verificare
alla fine della stagione del riscaldamento.
Benché il terreno risenta del prelievo termico
della pompa di calore e quindi si vada
raffreddando, esso per lo più ritorna dopo
pochi mesi alla temperatura originaria per gli
scambi termici con l'atmosfera. Da questo
punto di vista il terreno è una vera e propria
sorgente fredda.
138
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UPPORTO S ECNICOT ROGETTISTIP
FIG. 5.11Schema di scambiatore orizzontale a terreno a spirale o
slinky
FIG. 5.9Schemi di scambiatori orizzontali a terreno a trincea
FIG. 5.10Schema di scambiatore orizzontale a terreno a
sbancamento
con tubo singolo o plurimo. Alla profondità di
circa 1 m vengono interrati uno o più tubi in
circuito (fig. 5.9). Per molti anni la soluzione
più diffusa in Europa è stata invece lo
sbancamento di un'adeguata superficie nella
quale trovano posto le tubazioni disposte in
serie o in parallelo (fig. 5.10).
Esistono altre soluzioni tecniche più
recentemente proposte ed utilizzate. Una
possibilità è uno scambiatore a terreno a
sviluppo spiraliforme (slinky), interrato a
profondità di 1-2 m con un'ampia estensione
di tubo con una superficie occupata più
limitata (fig. 5.11). Un altro sistema è quello
cosiddetto monopettine o bipettine (fig.
5.12a e b). Infine un’altra possibile soluzione
è quella impropriamente indicata come a
capillare: in realtà si tratta di una molteplicità
di tubi di piccolo diametro posti in parallelo
a formare un’ampia superficie di scambio
termico (fig. 5.13). Queste soluzioni si sono
poi molto diffuse in Europa per la possibilità
di realizzare uno scavo a trincea con un
piccolo escavatore riducendo di molto i costi
di realizzazione.
In un primo tempo per i tubi si impiegavano
di Toronto, descritto nel 1952 sulla rivista
Heating Piping and Air-Conditioning: a fronte
di un compressore da 2,2 kW elettrici si
avevano circa 91 m di tubazione in rame,
interrata alla profondità di 1,5 m.
L'interesse per la tecnica cresce fortemente
negli anni '80. In Europa il ricorso a questa
tecnica si riscontra molto più tardi, a partire
dal 1968, con descrizioni in letteratura dal
1972. Gli sviluppi negli USA e nei paesi di
lingua tedesca procedono in parallelo, quasi
ignorandosi, fino ai nostri giorni.
La disposizione prevalentemente impiegata
nel Nord America è quella a sviluppo lineare
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UPPORTO S ECNICOT ROGETTISTIP
lineare di tubo. Per i diametri consueti di
tubo il diametro non influisce difatti sulla
potenza che si può estrarre, dal momento che
fattori limitanti sono per lo più la conduttività
termica nel terreno e la resistenza di contatto
con il tubo. La potenza specifica scambiata
dipende dalla temperatura alla quale l'energia
termica viene estratta e dunque può anche
incrementarsi, facendo lavorare l'evaporatore
della macchina a più basse temperature. Un
terreno umido risulta più favorevole di un
terreno asciutto.
Il dimensionamento dello scambiatore
interrato nella trincea è legato al carico
FIG. 5.12aSchema di scambiatore orizzontale a terreno del tipo a
monopettine
FIG. 5.12BSchema di scambiatore orizzontale a terreno del tipo a
bipettine
FIG. 5.13Schema di scambiatore orizzontale a terreno a capillare
metalli cui si è progressivamente rinunciato
per ragioni di corrosione e di costo. Si usa
ancora il rame rivestito di plastica per sistemi
ad espansione diretta.
Ora si utilizza prevalentemente il Polietilene
ad alta densità ed il Polibutilene, ovvero
il PVC rinforzato, ritenendo di minore
importanza, rispetto alla resistenza alla
corrosione ed al costo, la scarsa conduttività
termica. Quest'ultima non è particolarmente
penalizzante, considerati i limitati flussi termici
in gioco.
Nel dimensionamento il parametro più
importante è la potenza estraibile per metro
140
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FIG. 5.14Nomogramma per il calcolo della lunghezza di tubo necessaria a partire dalla potenza di progetto di riscaldamento suggerito dalla
normativa svizzera SIA D0136
nomogramma proposto dalla normativa
svizzera SIA D0136.
Esso viene riportato in fig. 5.14. Si divide in
3 quadranti. Il primo a destra determina a
partire dalla potenza nominale della pompa di
calore, la potenza richiesta all’evaporatore in
funzione del COP.
Il quadrante a fianco determina in funzione
della tipologia di terreno, le cui caratteristiche
di conduttività possono essere più o meno
buone, l’area di terreno da impiegare. Infine il
quadrante in basso, sempre a partire dal tipo
di terreno fornisce infine la lunghezza di tubo
da impiegare.
Tale lunghezza si può considerare quella
necessaria per tubo singolo per una
temperatura del fluido che dal terreno arriva
all’evaporatore a valori compatibili con il COP
e con un sistema di riscaldamento a bassa
temperatura (sistemi radianti a pavimento o a
soffitto).
Qualora si scelga una delle soluzioni indicate
massimo e all’andamento del carico
annuale, alle caratteristiche del terreno ed
alle prestazioni che si intendono avere dalla
pompa di calore (maggiore la lunghezza della
tubazione, più elevata la temperatura media
all’evaporatore della pompa di calore). Un
dimensionamento accurato richiede l’impiego
di software di simulazione dinamica. Tuttavia
per impianti di piccole-medie dimensioni ci si
può rifare a grafici e a valutazioni orientative
abbastanza attendibili.
Per quanto riguarda la conducibilità termica
del terreno, si considerino i seguenti tre tipi di
terreno abbastanza rappresentativi di frequenti
situazioni:
• Terreno favorevole: argilloso umido
(conduttività termica 1.6 W/mK);
• Terreno medio: sabbioso secco (conduttività
termica 1 W/mK);
• Terreno sfavorevole: argilloso secco
(conduttività termica 0.4 W/mK).
Per piccoli impianti risulta utile un
5 10 15 20
[1] Terreno con elevata conduttività
[2] Terreno con buona conduttività ed esposizione
[3] Terreno con discreta conduttività ed esposizione
[4] Terreno asciutto con bassa conduttività2000
1500
1000
500
[3] 20 W/m2
[1] 40 W/m2
[4] 10 W/m2
area in m2
[2] 30 W/m2
1000 750 500 250
[4] 8 W/m
[3] 10 W/m
[2] 12 W/m [1] 15 W/m
lunghezza di tubo (m)
capacità di riscaldamento (kW)
5
10
15potenza evaporatore (kW)
COP = 3,5COP = 3,0COP = 2,5
20
141
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5 10 15 20
[1] Terreno con elevata conduttività
[2] Terreno con buona conduttività ed esposizione
[3] Terreno con discreta conduttività ed esposizione
[4] Terreno asciutto con bassa conduttività2000
1500
1000
500
[3] 20 W/m2
[1] 40 W/m2
[4] 10 W/m2
area in m2
[2] 30 W/m2
1000 750 500 250
[4] 8 W/m
[3] 10 W/m
[2] 12 W/m [1] 15 W/m
lunghezza di tubo (m)
5
10
15potenza evaporatore (kW)
COP = 3,5COP = 3,0COP = 2,5
20
capacità di riscaldamento (kW)
il terreno non particolarmente favorevole a
disposizione (tipo 3) un’area di circa 400 m2
ed una lughezza di tubo singolo di 800 m
(circa 10 W/m). Si osservi che un terreno con
ottima conduttività ed esposizione (tipo 1)
avrebbe comportato una lunghezza di tubo
meno della metà.
Tuttavia se si sceglie, ad esempio la
distribuzione bipettine, la lunghezza di trincea
necessaria anche nella situazione poco
favorevole incontrata è di 800/2,7=296 m.
L’andamento del COP durante la stagione di
riscaldamento non è costante ma va via via
riducendosi dal momento che il terreno si
raffredda e non fa in tempo a ricaricarsi (fig.
5.16). La ricarica avverrà fra primavera ed
estate, agevolata dal fatto che la pompa di
calore lavori a ciclo invertito cedendo il calore
del condensatore al terreno.
5.4.2 SCAMBIATORI A TERRENO VERTICALI
La tecnica dei tubi verticali si è sviluppata in
FIG. 5.15Esempio di impiego del nomogramma di fig. 5.14
sopra, in alternativa al tubo singolo si possono
realizzare delle interessanti riduzioni nello
scavo della trincea. Infatti inserendo un tubo
quadruplo, benché la lunghezza di trincea non
si riduca di 4 volte data l’interferenza termica
di un tubo con l’altro, risultati sperimentali
hanno mostrato che si riduce di 1,9 volte. La
riduzione delle diverse tipologie è di seguito
indicata:
• Monopettine: 2,1;
• Bipettine: 2,7;
• 4 tubi: 1,9;
• 6 tubi: 2,5;
• 8 tubi: 2,8.
Un esempio di calcolo può chiarire come si
possa procedere.
Si abbia un piccolo edificio con un carico di
progetto di 12 kW in una zona con terreno
di discreta conduttività ed esposizione.
Il nomogramma suggerisce una potenza
richiesta dall’evaporatore di 8,5 kW per un
COP di 3,5 (fig. 5.15). Questo comporta per
142
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UPPORTO S ECNICOT ROGETTISTIP
FIG. 5.16Andamento tipico del COP medio giornaliero di una pompa di calore a terreno a tubi orizzontali durante la stagione di riscaldamento
tubi verticali per 600 km. Le realizzazioni si
sono moltiplicate nei Paesi di lingua tedesca
(Germania ed Austria) e negli ultimi anni vi è
stato uno sviluppo anche negli USA.
In linea di principio la tecnica è semplice ed è
rappresentata in fig. 5.17. La pompa di calore
che alimenta generalmente un sistema di
riscaldamento a bassa temperatura è collegata
anche ad un solo scambiatore a terreno a
tubo verticale di adeguata lunghezza. Lo
scambiatore è realizzato con varie modalità.
Due sono prevalenti (fig. 5.18): il tubo ad U
o a doppio U ed il tubo coassiale semplice o
complesso. Il tubo coassiale è di più semplice
inserimento nella perforazione, tuttavia mette
a disposizione solo la superficie esterna
per lo scambio termico, con il rischio di un
cortocircuito termico fra l'acqua fredda che
entra nello scambiatore e quella che ritorna
alla pompa di calore. Tale cortocircuito è
limitato dallo spessore della tubazione interna
o da soluzioni come quella prevista dalla
modo molto rapido negli ultimi dieci anni. Le
temperature disponibili sono generalmente
più favorevoli che per i tubi orizzontali a
parità di altre circostanze. Non viene richiesta
area di pianta per la disposizione dei tubi se
non in maniera limitatissima. Le perforazioni,
che inizialmente di rado superavano i 15 m,
sono ormai normalmente superiori ai 50 m,
superando a volte i 150 m di profondità.
Le moderne tecniche di perforazione
hanno consentito di ridurre i costi, tanto
più che alcune ditte si sono specializzate
proprio nella realizzazione di trivellazioni e
nell'inserzione di scambiatori a terreno a
tubi verticali per pompe di calore. Il Paese
che più rapidamente ha sviluppato questa
tecnologia è la Svizzera, dove si stima siano
installate 30.000 pompe di calore (dato
2004) a terreno a tubi verticali per una
lunghezza complessiva valutata in oltre
4.000 km. Nel solo anno 2002 sono state
realizzate perforazioni per pompe di calore a
COP
med
io g
iorn
alie
ro
2
1
09 nov20 ott 29 nov 19 dic 28 gen8 gen 17 feb 8 mar 28 mar
3
4
5
6
143
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Si effettua poi un riempimento con una
miscela di acqua, cemento e bentonite che ha
lo scopo di garantire un buon contatto termico
fra terreno e parete del tubo, riducendo
la resistenza di contatto e portando allo
scambiatore con efficacia energia termica dal
FIG. 5.19Effetto del raffreddamento indotto dallo scambiatore nel terreno in funzione della distanza radiale dal tubo in diversi periodi dell’anno
FIG. 5.17Schema di massima di sistema a pompa di calore a terreno
a tubi verticali per un’utenza monofamiliare
FIG. 5.18Tipologie di sonde a terreno a tubi verticali
sonda coassiale complessa, dove la sezione
centrale così ampia impone basse velocità al
liquido con resistenze convettive molto forti.
Si preferisce sempre più spesso la soluzione
con tubo ad U. In una perforazione di 10-15
cm di diametro viene inserito lo scambiatore.
ACCUMULOACQUACALDA
SONDA SEMPLICE A U
SONDA COASSIALE SEMPLICE
SONDA A DOPPIA U
SONDA COASSIALE COMPLESSA
SCAMBIATORE A TERRENO A TUBI VERTICALI
POMPADI CALORE
RISCALDAMENTO A PAVIMENTO RADIANTE
tem
pera
tura
terr
eno
rocc
ioso
(°C)
Distanza radiale (m)
2
00 2 4 6 8
4
6
8
10
febbraio
dicembre
aprile
agosto
144
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FIG. 5.20Andamento della temperatura di alimentazione alla pompa di calore nel corso dell’anno per 5 stagioni consecutive di riscaldamento a
fronte della domanda termica
m su di un terreno di formazione rocciosa
per una perforazione di 105 m realizzata
in Svizzera. Il rilievo in agosto mostra
l'uniforme temperatura del terreno ad un
valore di circa 8,5°C. Nel mese di dicembre
il prelievo di energia termica ha già prodotto
un raffreddamento tangibile fino a 2 m
di distanza radiale dal tubo. Nel mese di
febbraio si ha il massimo abbassamento
di temperatura che arriva ad appena 3°C
al livello del tubo. Questo abbassamento
di temperatura richiama energia termica
dalle zone circostanti, per cui, quando il
fabbisogno della pompa di calore diminuisce,
la temperatura torna ad aumentare anche
in vicinanza del tubo, come è evidenziato
dall'osservazione relativa al mese di aprile.
È evidente come questi andamenti siano
fortemente dipendenti dalla natura del
terreno e dall'intensità del prelievo. Il
rischio è una progressiva riduzione nella
temperatura disponibile per la sorgente
terreno circostante.
Esiste anche la possibilità di inserire le
termosonde nei pali di fondazione dell’edificio
in fase di costruzione con un significativo
vantaggio economico. I tubi in HDPE
(polietilene ad alta densità) sono ancorati alle
armature per palificazioni realizzate in getto,
mentre se i pali sono in cemento centrifugato
i tubi sono introdotti nella cavità che poi
andrà riempita di cemento. L’inserimento
nella palificazione dà un buon contatto
termico fra terreno e tubi con l’avvertenza di
non scendere assolutamente a temperature
inferiori a 0°C nel funzionamento a pompa
di calore per evitare problemi statici alle
palificazioni. Viceversa in presenza di falda
acquifera la situazione è normalmente molto
favorevole.
In funzione dell'entità dell'energia termica
tratta dallo scambiatore il terreno circostante
si raffredda. Si consideri in fig. 5.19
l'andamento rilevato alla profondità di 50
145
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1°C, l'andamento tende a stabilizzarsi a tutte
le profondità. Il caso considerato è piuttosto
sfavorevole, sia per la conformazione rocciosa
del terreno di modesta conduttività termica
e priva del vantaggio della presenza di forte
umidità, sia per il carico termico assegnato,
piuttosto elevato, dell'ordine di 110 kWh/m
anno. Per di più nel clima temperato o
mediterraneo l’impiego del terreno avviene
nella duplice funzione di sorgente termica
per il riscaldamento invernale e di pozzo
termico per la climatizzazione estiva. Questo
implica che viene ridotta la tendenza al
progressivo abbassamento della temperatura
del terreno che verosimilmente si stabilizza
ad una temperatura assai vicina a quella
del terreno indisturbato, a meno che il
carico estivo non sia così elevato (edifici del
terziario) da comportare addirittura un leggero
innalzamento.
Infatti il sistema a terreno a tubi verticali non
è in realtà una sorgente termica vera e propria
FIG. 5.21Profilo di temperatura nel terreno in funzione della profondità nel corso degli anni rilevato a piccola distanza da uno scambiatore a tubi
verticali
fredda che andrebbe diminuendo anno dopo
anno fino a trovare un punto di equilibrio
anche a parecchi gradi più in basso che
nella fase iniziale. È quindi importante nella
progettazione essere in grado di effettuare
previsioni attendibili sul funzionamento del
sistema, previsioni consentite da programmi
di calcolo spesso di grande complessità.
Si consideri l'andamento delle temperature
di alimentazione della pompa di calore in 5
stagioni di riscaldamento consecutive in un
impianto per villetta unifamiliare realizzato in
Svizzera con scambiatore profondo 105 m su
terreno roccioso (fig. 5.20). La temperatura
di ritorno dal terreno risente fortemente del
fabbisogno, fornendo la potenza aggiuntiva a
prezzo di un abbassamento di temperatura. La
riduzione di temperatura nel procedere delle
stagioni di riscaldamento è meno accentuato.
L'osservazione del profilo di temperatura nel
terreno conferma (fig. 5.21) che, dopo un
abbassamento di temperatura dell'ordine di
andamenti da dicembre 1986a settembre 1991
prof
ondi
tà (m
)
temperatura (°C)
80
100
8 109 1211 14 1513 16
60
40
20
0
146
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FIG. 5.22Campo sonde a maglia quadrata regolare di piccola
profondità con collegamenti in parallelo
dal flusso termico dalle regioni adiacenti
al campo sonde. Questo flusso termico
dipende fortemente dalla natura del terreno
e dalla sua conduttività. Da esso deriva la
temperatura finale di stabilizzazione che sarà
tale da bilanciare i flussi termici prelevati
con quelli dalle regioni limitrofe. L’entità di
questi, oltre che dalla conduttività termica del
terreno dipende appunto dalla differenza di
temperatura fra terreno nella zona del campo
sonde e da quella del terreno indisturbato.
È evidente a questo punto che in un campo
sonde realizzato con una disposizione delle
sonde in linea o a maglia (fig. 5.22) si
dovrà evitare una distanza troppo ravvicinata
fra le sonde per evitare di penalizzare la
temperatura per interferenza termica. La fig.
5.23 illustra bene la situazione.
Essa mostra infatti l’abbassamento di
temperatura del fluido di ritorno dal campo
sonde nella sua evoluzione temporale per
diverse distanze fra le varie sonde. Per una
come il sistema a tubi orizzontali. In questo
infatti il terreno si raffredda progressivamente
nella stagione del riscaldamento per poi
ripristinare nei mesi estivi la sua temperatura
originaria per effetto della maggiore
temperatura dell’aria e della radiazione
solare. Nel sistema a tubi verticali, a meno
di una presenza di una falda acquifera in
movimento la sottrazione di calore comporta
un graduale raffreddamento, temperato
FIG. 5.23Interferenza termica fra sonde diversamente distanziate in funzione del tempo di funzionamento dell’impianto
tem
pera
tura
med
ia s
orge
nte
fredd
a (°
C)
tempo (anni)
-3
-4
-50 1 2 3 4
-2
-1
0
1distanza fra le sonde
∞15 m
5 m
3 m
1 m
147
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Un problema che si pone a questo punto è
come si possa correttamente dimensionare
un campo sonde per un sistema di pompa
di calore a terreno. Apparentemente esiste
una grande libertà di scelta nel rapporto
capacità termica della pompa di calore/
lunghezza di tubo nel campo sonde. Infatti
ad una maggiore lunghezza corrisponde
una temperatura di ingresso all’evaporatore
della pompa di calore più vicina a quella
del terreno con un migliore COP della
macchina e viceversa ad una lunghezza
più ridotta si hanno temperature più basse
e riduzione di COP. Apparentemente si
ha quindi un possibile trade off fra un
maggiore costo iniziale (maggiore lunghezza
delle termosonde, anche se parzialmente
separazione di 15 m non vi è apprezzabile
interferenza e si assiste solo ad una
progressiva riduzione nella temperatura
dovuta alla stabilizzazione dei flussi termici
di cui si è parlato poco sopra. Tuttavia per
una distanza di 3 m fra le sonde della maglia
si ha una riduzione significativa già dopo il
primo anno di funzionamento (oltre 0,5°C)
per arrivare dopo 3 anni a quasi 1°C. Si noti la
grave penalizzazione che sarebbe indotta da
una distanza di un solo metro fra una sonda
e l’altra.
Va sottolineato che questi effetti presentano
intensità diverse in funzione dei carichi
che il terreno deve sopportare e quindi del
dimensionamento del campo sonde, oltre che
dal tipo ed entità del funzionamento estivo.
CONDUTTIVITà TERMICA MEDIAW/Mk
RESA ORIENTATIVA LINEARE W/M
Rocce eruttive
Graniti 3,5 80 - 90
Granodioriti 2,5 60 - 70
Gabbri 1,8 40 - 50
Basalti 1,7 40 - 50
Porfidi 1,9 40 - 50
Ossidiane 1,3 30 - 40
Pomici 0,4 20 - 30
Rocce sedimentarie
Calcari 2,8 60 - 70
Arenarie 2,2 50 - 60
Travertini 2,4 50 - 60
Gesso 2,5 50 - 60
Ghiaia asciutta 0,4 20 - 40
Ghiaia bagnata 1,6 40 - 50
Sabbia asciutta 0,5 30 - 50
Sabbia bagnata 2,3 50 - 60
Limi e argille asciutti 0,6 30 - 50
Limi e argille bagnate 1,8 40 - 50
Rocce metamorfiche
Gneiss 2,9 60 - 70
Marmo 2,2 50 - 60
Ardesia 2,4 50 - 60
Altri materiali
Bentonite 0,7
Cemento 1,6
taBELLa 5.4 CONDUTTIvITà TERMICA ORIENTATIvA
Conduttività termica orientativa (W/mK) e potenza lineare specifica (W/m) per terreni diversi.I sottosuoli di tipo sedimentario hanno conduttività termiche inferiori a 1,5 W/mK, i terreni rocciosi normali fra 1,5 e 3,0 W/mK, mentre le rocce consolidate conduttive sono oltre i 3 W/mK
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FIG. 5.24Disposizione schematica per il Ground Response Test
infatti il rischio è un congelamento locale
del terreno attorno alla termosonda (ice-
lencing) che può comportare un crollo
del possibile scambio termico e quindi la
fermata della pompa di calore. Inoltre non
sono generalmente accettabili temperature
di funzionamento della pompa di calore che
non siano significativamente migliori rispetto
alla sorgente aria esterna. Oltre che il carico
stagionale cui il terreno è sottoposto, assume
grande importanza il carico di picco dal
momento che entra in gioco la criticità negli
strati di terreno immediatamente prossimi alla
termosonda che sono quelli che partecipano
allo scambio termico nel breve periodo.
Per impianti sotto i 30 kW ci si può rifare a
tabelle per il dimensionamento. In queste
entra in gioco anzitutto la conducibilità
termica del terreno. Valori orientativi sono
riportati nella Tabella 5-4.
La Tabella riporta anche dei valori orientativi
di resa lineare delle termosonde.Questi valori
possono essere fortemente alterati per tutti i
suoli porosi dalla presenza di acqua. Qualora
temperato da una maggiore capacità
termica di una stessa pompa di calore per
le migliori condizioni di funzionamento)
ed un minore costo di esercizio (COP
stagionale più elevato). In realtà esistono
dei vincoli da rispettare. Anzitutto si deve
evitare una temperatura media nel terreno
inferiore a -3°C quando il terreno sia umido:
FIG. 5.25Andamento delle temperature nel Ground Response Test in assenza di input termico per il rilievo della temperatura indisturbata del
terreno (doc. ENEREN Srl)
(°C)
Ore
13,6
13,4
13,20:00 0:14 0:28 0:43 0:58 1:12 1:27 1:42 1:50
13,8
14
14,2
14,4
14,6
T in
T out
149
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quantità di calore nota in una loop pilota che
poi farà parte del campo sonde finale. Una
prima fase di misurazione viene condotta
senza resistenze elettriche inserite e serve a
conoscere la temperatura media del terreno
indisturbato. Dopo un intervallo di tempo
variabile con la diffusività* termica del terreno
le temperature di ingresso e di uscita nella
loop si stabilizzano ed indicano la temperatura
non si conosca la conducibilità termica del
terreno, questa può essere determinata dal
Ground Response Test (test di risposta del
terreno) che viene ormai realizzato di routine
da aziende specializzate nelle perforazioni
per tutti gli impianti a terreno di una certa
importanza.
L’installazione per il test è rappresentata in
forma schematica in fig. 5.24. Si immette una
FIG. 5.27Determinazione del coefficiente specifico lineare di scambio termico fra terreno e termosonda (W/mK) (doc. ENEREN Srl)
FIG. 5.26Andamento delle temperature del Ground Response Test con alimentazione della loop a temperatura prefissata (doc. ENEREN Srl)
(°C)
Ore
20
15
100 16 32 48 63 79 95 111
25
30
35
40
45T in
T out
W/(m
k)
Ore
4
2
00 8 23 41 58 75 93 110
6
8
10
12
16
14
* La diffusività termica è una proprietà che indica con quale velocità si diffonda in un materiale l’energia termica. È il rapporto fra la conducibilità termica λ (W/mK) del materiale e il prodotto fra la densità e il calore specifico ρcp (J/m3K). Quest’ultimo indica quale sia la capacità termica del materiale e quanto più elevato tanto viene ridotta la rapidità della diffusione dell’onda termica. In unità SI la diffusività termica si esprime in m2/s.
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progetto di 60-70 W/m.
Per impianti di una certa importanza ci si deve
rifare a modelli di calcolo di tipo numerico
che possano realizzare una simulazione
dinamica di edificio, pompa di calore e
sistema di scambio termico a terreno. Al di
là di codici specifici di calcolo realizzati sia in
Europa (in particolare in Svezia e Stati uniti
da John W. Lund e Göran Hellström) e di
Types realizzate nella cornice del più ampio
codice TRNSYS, sono stati proposti anche dei
metodi numerici praticabili con qualche fatica
in calcolo manuale. In particolare un metodo
cui si fa spesso riferimento è quello elaborato
in tempi diversi prima da Ingersoll nel 1954
e poi perfezionato da Kavanough e Rafferty e
pubblicato su di una guida ASHRAE**.
Il metodo si basa sull’apparentemente
semplice relazione di scambio termico
in regime stazionario nel terreno per una
certa lunghezza L della sonda, sulla base
della differenza di temperatura fra terreno
del terreno indisturbato o della falda (fig.
5.25). Si alimenta poi il terreno per almeno
50 ore alla temperatura prefissata. Una volta a
regime le temperature di ingresso e di uscita
(fig. 5.26) si può valutare dalla conoscenza
della potenza termica immessa quale sia il
coefficiente specifico di scambio termico (fig.
5.27).
Prima di considerare dei possibili metodi di
dimensionamento, vale la pena prendere in
considerazione la fig. 5.28, dove sono riportati
i valori di capacità termica installata e di
corrispondente lunghezza delle termosonde
per una molteplicità di impianti realizzati ed
indicati con cerchietti o triangolini a seconda
se realizzati in Europa o in Nord America.
L’interpolazione lineare dei dati suggerisce in
media 10 m di termosonda per kW termico
installato. In funzione del COP della pompa di
calore si può quindi evincere quale sia la resa
lineare mediamente considerata. Il diagramma
suggerisce una resa specifica in condizioni di
FIG. 5.28Interpolazione fra lunghezza dei tubi a terreno e potenza termica installata in una molteplicità di impianti a pompa di calore realizzati sia in
Europa che in Nord America
lung
hezz
a de
i tub
i a te
rren
o (m
)
1e+0,5
105 100 50050 50001000 1E+0410
100
1000
1E+04
EuropaNord Americay = 10,4 xy = 9,6 x
potenza termica installata (kW)
** Kavanaugh S. P., Rafferty K. Ground-source Heat Pumps, Design of Geothermal Systems for Commercial and Institutional Buildings. Atlanta: ASHRAE. 1997
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qlc, qlh = carichi di progetto (di picco)
necessari per raffrescare (qlc < 0) e riscaldare
(qlh > 0) l’edificio, W;
Wc, Wh = potenze elettriche assorbite dal
compressore della pompa di calore in
corrispondenza dei carichi di progetto, W;
PLFm = “fattore di carico/parzializzazione”
mensile;
Fsc = fattore di perdita legato al cortocircuito
termico in sonda tra tubo di mandata e di
ritorno;
tg = temperatura del sottosuolo non
influenzato dalla presenza della sonda, °C;
tp = temperatura di penalizzazione (> 0 in
inverno (pedice h) e < 0 in estate (pedice
c)), che indica la reciproca influenza termica
tra le sonde attraverso il terreno, °C;
twi, two = temperature del fluido entrante nella
ed uscente dalla pompa di calore nei due casi
estivo (pedice c) ed invernale (pedice h), °C;
Rb = resistenza equivalente della sonda, tra
fluido e bordo sonda (superficie esterna della
sonda), per unità di lunghezza della sonda,
(m∙K)/W;
Rga = resistenza termica efficace del terreno
per unità di lunghezza di sonda riferita
all’impulso annuale, (m∙K)/W;
Rgm = resistenza termica efficace del terreno
per unità di lunghezza di sonda riferita
all’impulso mensile, (m∙K)/W;
Rgd = resistenza termica efficace del terreno
per unità di lunghezza di sonda riferita
all’impulso giornaliero, (m∙K)/W.
I numerosi termini che consentono il calcolo
meritano un commento separato uno ad uno.
Lc, Lh = si tratta delle lunghezze cercate con
valori che generalmente sono diversi l’uno
dall’altro. Si sceglierà il maggiore dei due
indisturbato e temperatura media del fluido.
Il calcolo è consentito dalla conoscenza della
resistenza termica del terreno per unità di
lunghezza della sonda:
q = L ·
(tg - tw)
R (5.3)
dove:
q = flusso termico tra fluido che scorre nella
singola sonda e terreno, W,
L = lunghezza totale della sonda, m,
Tg = temperatura media del terreno
indisturato, K,
Tw = temperatura media del fluido in sonda,
K;
R = resistenza termica del terreno per unità di
lunghezza della sonda, (m∙K)/W.
La semplicità è solo apparente perché la
resistenza termica è tutta da determinare e il
processo non è stazionario, bensì dinamico.
Il dato che la relazione (5.3) permette di
calcolare è la lunghezza complessiva delle
termosonde in funzione del raffrescamento
(c = cooling) o del riscaldamento
(h = heating) dell’edificio.
Le relazioni di calcolo sono le seguenti:
qa ∙Rga+(qlc -Wc) ∙(Rb + PLFm ∙Rgm+Rgd ∙Fsc)
twi+two
2)c - tptg - (
Lc=
(5.4)
qa ∙Rga+(qlh -Wh) ∙(Rb + PLFm ∙Rgm+Rgd ∙Fsc)
twi+two
2)h - tptg - (
Lh=
(5.5)
dove:
Lc, Lh = lunghezze totali di perforazione
necessarie rispettivamente per raffrescare
(cooling) e riscaldare (heating) l’edificio, m;
qa = flusso termico netto scambiato
mediamente con il sottosuolo nell’arco di un
intero anno, W;
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riscaldamento sulla base del valore di energia
rispettivamente richiesta per il raffrescamento
o il riscaldamento espresso in ore mensili
equivalenti a pieno carico di raffreddamento
(τcm) o di riscaldamento (τhm):
τcm
31 x 24PLFcm =
(5.9)
τhm
31 x 24PLFhm =
(5.10)
Fsc = viene valutato con valori orientativi come
quelli indicati in Tabella 5-5.
tg = temperatura determinata ad esempio dal
Ground Response Test o dalla conoscenza
della temperatura della falda.
tp = può essere suggerita da una figura come
la 5.23 oppure da una tabella come la 5-6.
twi, two = sono le temperature desiderate
sia per l’estate (pedice c) che per l’inverno
(pedice h). Sulla base di queste temperature
si calcolano i valori di COP stagionale e da
queste deriveranno le lunghezze del campo
sonde. Si devono in ogni caso selezionare
dei valori ragionevoli in funzione delle
caratteristiche del terreno e della disposizione
delle sonde. La differenza fra le due
temperature è il salto termico fra ingresso ed
uscita del fluido termovettore nel terreno e da
esso dipenderà anche la portata dello stesso.
Orientativamente per le condizioni medie
italiane il valore di ingresso nella stagione
invernale potrebbe essere da 0°C a 6°C
(controllando che per il valore più basso l’aria
non risulti una sorgente migliore) e da 25 a
30°C per l’estate.
Rb = si tratta di una resistenza termica
derivante dalla resistenza termica convettiva
fra fluido e parete interna della termosonda
cui si somma in serie la resistenza conduttiva
qualora l’esigenza sia il soddisfacimento
totale dei carichi. Qualora sia prevalente
la lunghezza estiva, situazione abbastanza
caratteristica di un edificio del terziario,
si avranno migliori prestazioni invernali
e viceversa. Si può anche scegliere una
lunghezza minore di termosonde, dato il
loro costo elevato, integrando mediante
riscaldamento ausiliario o torre evaporativa
le esigenze in condizioni di criticità nel
funzionamento dell’impianto.
qa = per valutare il flusso termico netto
scambiato mediamente si devono prima
calcolare le potenze termiche di picco per
raffrescare e riscaldare. Dal calcolo del
fabbisogno totale di energia per raffrescare
e riscaldare si calcolano le ore equivalenti
annuali a pieno carico di raffrescamento (τc)
e di riscaldamento (τh) e si stimano i valori
medi stagionali dei COP in raffrescamento
(COPc) e in riscaldamento (COPc). A questo
punto il flusso termico medio netto è dato da:
qa =
8760
1
COPh
1
COPcqh (1- qc (1+)τh + )τc
(5.6)
qlc, qlh = le potenze di progetto necessarie
si calcolano mediando i valori nelle 6 ore
attorno al picco di raffreddamento o di
riscaldamento.
Wc, Wh = sono calcolate in corrispondenza ai
carichi appena definiti in funzione del COP
previsto in tali condizioni:
1
COPc Wc = qc (1 + )
(5.7)
1
COPh Wh = qh (1 - )
(5.8)
PLFm = viene calcolato mese per mese
nel periodo di raffrescamento o di
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SONDE PER CIRCUITO
FATTORE DI CORTO CIRCUITO TERMICO FSC
0,036 (L/S)/kW – ∆T = 6,6°C 0,054 (L/S)/kW – ∆T = 4,4°C
1 1,06 1,04
2 1,03 1,02
3 1,02 1,01
ORE EQUIVALENTI DI PIENO CARICORISCALDAMENTO / RAFFREDDAMENTO[h/anno]
PASSO TRA LE SONDE
[m]
PENALIzzAzIONE INTEMPERATURA
tP [k]
LUNghEzzA SPECIFICASONDA[m/kW]
1000 / 500 4,6 Trascurabile 16,6
1000 / 1000 4,6 2,6 19,5
6,1 1,3 17,8
500 / 1000 4,6 4,2 22,5
6,1 2,2 19,7
500 / 1500 4,6 7,1 29,9
6,1 3,7 22,0
7,6 1,9 19,4
0 / 2000 4,6 Sconsigliato
6,1 5,8 27,4
7,6 3,1 21,8
FATTORI CORRETTIVI PER ALTRE DISPOSIzIONI DI gRIgLIA
GRIGLIA 1 X 10Cf = 0,36
GRIGLIA 2 X 10Cf = 0,45
GRIGLIA 5 X 5Cf = 0,75
GRIGLIA 20 X 20Cf = 1,14
DIAMETRO INTERNO TUBO/SPESSORE [mm]DIAMETRO PERFORAzIONE 100 mm DIAMETRO PERFORAzIONE 150 mm
CONDUCIBILITà TERMICA DEL RIEMPIMENTO [W/(m∙k)]
0,86 1,73 2,60 0,86 1,73 2,60
20/2,4 0,33 0,16 0,10 0,40 0,19 0,14
25/3 0,29 0,14 0,10 0,35 0,17 0,12
30/3,5 0,26 0,14 0,08 0,31 0,16 0,10
taBELLa 5.5 fATTORE DI PENALIZZAZIONE
taBELLa 5.6 PENALIZZAZIONE IN TEMPERATURA A LUNgO TERMINE
taBELLa 5.7 RESISTENZA TERMICA DELLA SONDA
Valori del Fattore di penalizzazione per corto circuito termico interno alle sonde Fsc
Penalizzazione in temperatura a lungo termine per una griglia di 10 x 10 sonde verticali e carico termico nel periodo di picco di 350 kW.
Resistenza termica della sonda Rb [(m∙K)/W] con tubo a semplice U di HDPE.I dati di tabella si riferiscono a moto turbolento dell’acqua nei tubi (Numero di Reynolds Re > 10000). Per Re = 4000 aggiungere +0,014 (m∙K)/W; per Re = 1500 aggiungere +0,040 (m∙K)/W.
154
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τ1 = 3650 · 86400 [s]
τ2 = (3650 + 30) · 86400 = 3680 · 86400 [s]
τf = (3650 + 30 + 0,25) · 86400 = 3680,25 ·
86400 [s]
Ad ogni Fo corrisponde un fattore G che
si può determinare, quando Fo > 2 con la
seguente relazione:
G = 0,0758 ln (Fo) + 0,1009 (5.13)
Si è ora praticamente giunti a destinazione,
perché, dopo aver calcolato i tre fattori G
(Gf, G1 e G2) per i tre numeri di Fo, si è in
grado di calcolare le tre resistenze per unità di
lunghezza, date rispettivamente da:
Gf - G1
λg
Rga =
G1 - G2
λg
Rgm = (5.14)
G2
λg
Rgd =
Naturalmente λg è la conduttività termica del
terreno.
Al di là della complessità del calcolo che
comunque consente di essere abbastanza
agevolmente automatizzato, spesso mancano
i dati relativi alle proprietà del terreno che
risultano fondamentali per ogni valutazione.
Va ricordato che un dato che influenza
enormemente tali proprietà è il
contenuto d’acqua. Si sono fornite
precedentemente delle indicazioni
relativamente alla conduttività termica con
la Tabella 5-4. Relativamente alla densità
dello HDPE e dalla resistenza di contatto fra
parete esterna della termosonda e materiale
di riempimento della perforazione. Per moto
turbolento nei tubi (Re > 10000) si hanno i
valori di riferimento della Tabella 5-7 in cui
il peso della resistenza convettiva è molto
ridotto. Per valori di Re più bassi la resistenza
aumenta in modo non trascurabile ed indicato
in tabella.
Rga, Rgm, Rgd = con queste tre resistenze
si va al cuore del metodo di calcolo. Infatti
si ipotizza che il sistema sia sottoposto
a tre impulsi di flusso termico con una
periodizzazione di 10 anni (pedice a), di un
mese (pedice m) e di 6 ore (pedice d). Per
ciascuna di queste periodizzazioni va calcolato
il numero adimensionale di Fourier (Fo):
4 ατ
db2Fo =
(5.11)
dove α (m2/s) è la diffusività termica
del terreno, τ (s) è l’intervallo di tempo
selezionato nei tre casi e db (m) è il diametro
della perforazione.
Si calcolano quindi tre numeri di Fo per i tre
intervalli di tempo indicati:
4 ∙ α ∙ τf
db2Fof =
4 ∙ α ∙ (τf - τ1)
db2Fo1 =
(5.12)
4 ∙ α ∙ (τf - τ2)
db2Fo2 =
dove:
TIPO DI TERRENO DENSITà A SECCO ρ (kg/m3)
sabbia 1520
Sabbia a grana grossa 1440
limo 1280
argilla 1240
cemento 2400
taBELLa 5.8 vALORI CARATTERISTICI DENSITà A SECCO
Valori caratteristici della densità a secco di vari tipi di terreno e cemento. Gran parte dei terreni oscilla fra 1100 e 1600 kg/m3
155
C L I M A T I Z Z A Z I O N E I N D U S T R I A L E> > >
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UPPORTO S ECNICOT ROGETTISTIP
FIG. 5.29a-B-CConduttività termica per tre diverse densità del terreno in funzione del contenuto volumetrico d’acqua. L’argilla ha presenza variabili da 0% a
30% e a 60%
cond
uttiv
ità te
rmic
a (W
m-1
K-1)
3
2
0,10,0 0,2 0,3 0,50,4 0,6
0,5
1
1,5
2,5
contenuto volumetrico acqua (m3 m-3)
densità complessiva 1200 kg/m3
presenza di argilla O%
3O%
6O%
cond
uttiv
ità te
rmic
a (W
m-1
K-1)
3
2
0,10,0 0,2 0,3 0,50,4
0,5
1
1,5
2,5
contenuto volumetrico acqua (m3 m-3)
densità complessiva 1500 kg/m3
presenza di argilla O%
3O%
6O%
cond
uttiv
ità te
rmic
a (W
m-1
K-1)
3
2
0,10,0 0,2 0,3 0,4
0,5
1
1,5
2,5
contenuto volumetrico acqua (m3 m-3)
densità complessiva 1800 kg/m3
presenza di argilla O%
3O%
6O%
156
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UPPORTO S ECNICOT ROGETTISTIP
FIG. 5.30a-B-CDiffusività termica per tre diverse densità del terreno in funzione del contenuto volumetrico d’acqua. L’argilla ha presenza variabili da 0% a
30% e a 60%
diffu
sivi
tà te
rmic
a (W
m-1
K-1)
1,4
1,2
0,8
0,10,0 0,2 0,3 0,50,4 0,6
0,2
0,0
0,4
0,6
1,0
contenuto volumetrico acqua (m3 m-3)
densità complessiva 1200 kg/m3
presenza di argilla O%
3O%
6O%
diffu
sivi
tà te
rmic
a (W
m-1
K-1)
1,4
1,2
0,8
0,10,0 0,2 0,3 0,4 0,5
0,2
0,0
0,4
0,6
1,0
contenuto volumetrico acqua (m3 m-3)
densità complessiva 1500 kg/m3
presenza di argilla O%
3O%
6O%
diffu
sivi
tà te
rmic
a (W
m-1
K-1)
1,4
1,2
0,8
0,10,0 0,2 0,3 0,4
0,2
0,0
0,4
0,6
1,0
contenuto volumetrico acqua (m3 m-3)
densità complessiva 1800 kg/m3
presenza di argilla O%
3O%
6O%
157
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UPPORTO S ECNICOT ROGETTISTIP
Conduttività termica del terreno 2,0 W/mK
Diffusività termica media 0,6x10-6 m2/s
Temperatura indisturbata del terreno 14,0°C.
Si ricorra ad un campo sonde U verticali
profondità 50 m con tubo in HDPE da 30
mm, spessore 3,5. Diametro della sonda db
= 150 mm. Dato il tipo di riempimento la
resistenza termica della sonda si calcola in
0,15 (mK)/W che viene maggiorato a 0,20
dato che per limitare le perdite di carico si
realizzeranno bassi valori del numero di Re,
dell’ordine di 1500.
Valori medi stagionali del coefficiente di
prestazione
COPc = 4,2
COPh = 4,9
Valori di picco del coefficiente di prestazione
COPc = 3,5
COPh = 4,0
Fattori di carico parziale mensili nei mesi di
progetto:
180
31 x 24PLFc = = 0,242
255
31 x 24PLFh = = 0,343
Valori di ingresso nella pompa di calore e salti
di temperatura
Estate twi = 25°C Δt = 5°C (entra a 25 ed
esce a 30°C)
Inverno twi =7°C Δt = 4°C (entra a 7°C ed
esce a 3°C)
Penalizzazione di temperatura orientativa
1,5°C
Fattore di cortocircuito 1,05
Come ordine di grandezza si ha un
fabbisogno annuale di riscaldamento
di 52.000 (1300 x 40) kWh/anno e di
raffrescamento di 24.900 (830 x 30) kWh/
del terreno (dato necessario per valutare la
diffusività termica risulta utile la semplice
tabella 5-8.
Per la valutazione della conduttività termica
del terreno possono risultare utili i grafici di
fig. 5.29 a,b,c che forniscono la conduttività
termica per terreni con diversa presenza di
argilla in funzione del contenuto d’acqua a
seconda delle tre densità di 1200, 1500 e
1800 kg/m3.
Per quanto riguarda la diffusività termica in
maniera simile viene fornita dai grafici di fig.
5.30 a,b,c*.
Data la complessità della procedura, si
propone di seguito un esempio di calcolo.
ESEMPIO DI CALCOLO
Si valuti la lunghezza delle termosonde per la
climatizzazione annuale con pompa di calore
di un edificio con le seguenti caratteristiche:
• Potenza termica richiesta dall’edificio in
condizioni di progetto invernale 40 kW
•Potenza termica richiesta dall’edificio in
condizioni di progetto estive 30 kW
Fabbisogno totale di energia nelle due
stagioni:
• Ore equivalenti annuali a pieno carico di
raffreddamento 830 h/anno
• Ore equivalenti annuali a pieno carico di
riscaldamento 1300 h/anno
• Ore equivalenti annuali a pieno carico di
raffreddamento nel mese di progetto 180 h/
mese
• Ore equivalenti annuali a pieno carico di
riscaldamento nel mese di progetto 255 h/
mese
Per quanto riguarda il terreno le sue
caratteristiche sono le seguenti:
Nofziger, D.L., Soil temperature changes with time and depth: theory,http://soilphysics.okstate.edu/software/SoilTemperature/document.pdf
158
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UPPORTO S ECNICOT ROGETTISTIP
1206x0,1816-30000x(1+0,285)x(0,20+0,242x0,1818+0,082x1,05)
14-27,5+1,5
= 1524 m
La portata d’acqua nel circuito si calcola a
partire dalle potenze di picco, dai salti di
temperatura previsti e dal calore specifico del
fluido termovettore. Quest'ultimo per evitare
problemi di congelamento potrebbe essere
una miscela di acqua e glicole propilenico
al 20%. Il calore specifico a 0°C è di 3980
J/kgK. La potenza di picco da scambiare
d’estate è di:
qc (1 + ) = 30000 · (1 + ) = 38571 W1
COPc
1
3,5
La portata complessiva richiesta è data da:
38571
3980 x 5mc = = 1,94 kg/s·
Si è mantenuto il calore specifico a 0°C dato
che non cambia in modo significativo con la
temperatura.
Per quanto riguarda la portata invernale si ha:
qh (1 - ) = 40000 · (1 - ) = 30000 W1
COPh
1
4,0
La portata complessiva richiesta è data da:
30000
3980 x 4mh = = 1,88 kg/s·
Si possono quindi calcolare le perdite di
carico su di una portata di 1,9 kg/s valida
sostanzialmente sia d’inverno che d’estate.
Dato un diametro interno delle tubazioni di
26 mm e considerato di utilizzarne 30 da
50 m poste a due a due in serie e con un
parallelo di 15, si ha che ad ogni sonda spetta
la portata di:
· 1,9
15msingolasonda = = 0,1267 kg/s
La velocità è data allora da:
anno. Si calcola anzitutto il flusso termico
medio annuale:
qa = 8760
1
COPh
1
COPcqh (1- qc (1+)τh + )τc
40000 x 0,796 x 1300 - 30000 x 1,238 x 830
8760= = 1206 W
Calcolo di Fo:
4 ∙ α ∙ τf
db2Fof =
4 x 0,6 x10 -6 x 86400 x 3680, 25
0,152= = 33917
4 ∙ α ∙ (τf - τ1)
db2Fo1 =
4 x 0,6 x10 -6 x 86400 x (3680, 25 - 3650)
0,152= = 278,78
4 ∙ α ∙ (τf - τ2)
db2Fo2 =
4 x 0,6 x10 -6 x 86400 x (3680, 25 - 3680)
0,152= = 2,304
Il passo successivo è il calcolo dei fattori G:
Gf = 0,0758ln(Fof)+0,1009 =
0,0758ln(33917) + 0,1009 = 0,8916
G1 = 0,5277
G2 = 0,1642
Si è ora in grado di calcolare le resistenze per
unità di lunghezza:
Gf - G1
λg
Rga = 0,8916 - 0,5277
2,0= = 0,1820 mK/W
0,5277 - 0,1642
2,0= = 0,1818
G1 - G2
λg
Rgm =
0,1642
2,0= = 0,082
G2
λg
Rgd =
Si determina la seguente lunghezza necessaria
per il funzionamento estivo:
qa ∙Rga+(qlc -Wc) ∙(Rb + PLFm ∙Rgm+Rgd ∙Fsc)
twi+two
2)c - tptg - (
Lc=
159
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UPPORTO S ECNICOT ROGETTISTIP
5.5 IL RECUPERO
Nel settore residenziale gli effluenti sui cui
operare il recupero sono sostanzialmente
due: le acque di scarico e l'aria espulsa.
Le acque di scarico, data l'entità media,
possono essere una sorgente termica per
una pompa di calore che riscaldi l'acqua
per usi sanitari. Il problema è lo sfasamento
eventuale, cui si può ovviare con un accumulo
sul lato caldo o sul lato freddo. Il sistema
sarebbe certamente più valido di quello
realizzato da alcune pompe di calore che per
lo stesso scopo sfruttano l'aria interna dei
locali, in particolare del bagno, inducendo un
raffreddamento che per più di metà dell'anno
deve essere bilanciato dall'impianto di
riscaldamento.
Per quanto riguarda il recupero sull'aria
espulsa, è necessario che ricambio ed
espulsione dell'aria siano canalizzati,
situazione non frequente nell'edilizia
residenziale europea, dove sono prevalenti
gli impianti di riscaldamento ad acqua e non
viene previsto se non di rado un sistema di
ventilazione controllata.
Nel terziario si trova più spesso una situazione
più favorevole.
Prima di utilizzare una pompa di calore che
recuperi energia sull'aria espulsa per riscaldare
l'aria di rinnovo, è corretto dare la precedenza
ad un recupero mediante scambiatore di
calore ogniqualvolta l'entalpia (o almeno la
temperatura) dell'aria espulsa sia maggiore di
quella di rinnovo, il che avviene quasi sempre.
Tale recupero ha luogo solo a spese delle
perdite di carico attraverso lo scambiatore
e si può pensarlo quindi con un COP molto
elevato. Solo dopo questo recupero può
v= = = 0,234 m/smsingolasonda
ρS
0,1267
1020 x x 0,0262
·
π
4
Si può subito calcolare, data la viscosità
dinamica di 0,0045 Pa s il numero di
Reynolds:
Re = = = 13794msingolasonda
π diμ
· 4 x 0,167
π x 0,026 x 0,0045
Il moto del fluido è laminare e le perdite di
carico sono ridotte. La prevalenza richiesta per
ogni tronco di termosonda della lunghezza
complessiva di 50 x 2 x 2 = 200 m si può
valutare dalla relazione
(∆pf )d =f ρ1
d
w2
2
Per il moto laminare il fattore di attrito si può
valutare con:
f =64
Re
Numericamente si ottiene:
64
1379f = = 0,464
Su una lunghezza di 200 m il dato relativo
alla perdite distribuite nelle sole termosonde
(senza conteggiare le curve a U, le derivazioni,
gli organi di intercettazione, le T, ecc. si
possono valutare ad appena:
(∆pf )d =f ρ1
d
w2
2
=0,464 x = 9969 Pax 1020 x200
0,026
0,234 2
2
Anche maggiorando per la parte mancante del
30%, si vede che avendo scelto una bassa
velocità le perdite di carico sono inferiori a 2
m c.a. e verosimilmente dello stesso ordine di
grandezza delle perdite di carico sulla pompa
di calore.
160
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UPPORTO S ECNICOT ROGETTISTIP
FIG. 5.31Schema a blocchi di una pompa di calore che utilizza l’aria espulsa come sorgente fredda
Il condensatore deve fornire la quota del
carico restante dopo il preriscaldamento
dell'aria di rinnovo, vale a dire:
Qcond = Qt + (1- η)Qv (5.15)
Per definizione il COP è dato da:
Qcond
PCOP =
(5.16)
ma per il primo principio in termini di
potenza:
Qcond = P + Qev (5.17)
ovvero:
P = Qt (5.18)
ed infine:
Qt + (1-η) Qv
Qt
(1-η) Qv
QtCOP = = 1+
(5.19)
Le relazioni appena identificate mettono un
limite o al COP o, più ragionevolmente, alla
quota di carico per dispersioni cui la pompa di
calore può soddisfare.
Infatti la relazione (5.19) si può leggere:
Qt
Qv=
1-η
COP - 1 (5.20)
intervenire l'evaporatore della pompa di
calore che generalmente effettua, a meno
dell'impiego di scambiatori di calore entalpici,
un recupero importante sulla quota latente
dell'aria espulsa.
Non è difficile, attraverso un bilancio
energetico, fissare dei limiti per una pompa
di calore che operi sull'aria espulsa, dati dalla
relazione che intercorre fra l'energia messa a
disposizione al condensatore della pompa di
calore e quella recuperata all'evaporatore.
Si ipotizzi un carico dell'edificio dovuto alle
dispersioni verso l'esterno pari a Qt ed un
carico di ventilazione pari a Qv (portata
d'aria di ricambio per il salto di entalpia fra
ambiente ed esterno). Sia interposto uno
scambiatore di recupero sull'aria espulsa di
efficienza pari a η (fig. 5.31).
All'evaporatore della pompa di calore resta
disponibile l'energia da recuperare (1 - η)Qv.
Un recupero superiore implicherebbe
scendere al di sotto dei livelli termici dell'aria
esterna.
CONDENSATORE
COMPRESSORE
ARIA ESPULSA
ARIA DI RINNOVO
ARIA AGLI AMBIENTI
ARIA ESPULSA
EVAP
ORAT
ORE
SCAMBIATORE
(1-η)Qv
Qt +(1-η)Qv ηQv
161
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UPPORTO S ECNICOT ROGETTISTIP
FIG. 5.32Schema a blocchi di un impianto a 4 tubi con pompa di calore acqua-acqua e contemporaneo fabbisogno di riscaldamento e raffrescamento
anche invernale per le zone di edificio non
dotate di pareti perimetrali, ovvero con
pareti soggette ad insolazione. In questi casi,
che vanno via via aumentando, una prima
soluzione intelligente è quella di sfruttare
la pompa di calore sia per il riscaldamento
che per il raffrescamento, utilizzando
contemporaneamente entrambi gli effetti
della macchina (fig. 5.32). Il problema è il
bilanciamento fra i vari carichi, il cui rapporto
può essere molto diverso da quello consentito
dalla macchina. Una prima soluzione è quella
di selezionare il carico più piccolo, spesso
quello di raffrescamento, soddisfacendo in
modo convenzionale il carico più elevato.
Ovvero i carichi vengono bilanciati con una
dissipazione aggiuntiva nel caso sia prevalente
il carico di raffrescamento (ad esempio
mediante una torre evaporativa) o con una
fornitura aggiuntiva di energia (possibilmente
tramite uso di fonte rinnovabile) nel
caso prevalga il fabbisogno dovuto al
riscaldamento.
È semplice attribuire dei valori numerici a
quest'ultima relazione. Nella pratica corrente
l'efficienza dello scambiatore di recupero
è dell'ordine del 50%. Con un COP pari
a 3, il rapporto che si può soddisfare del
carico per dispersioni è appena il 25%
del carico di ventilazione. È un valore
parecchio discosto per difetto dai valori che
si riscontrano normalmente, dove il carico
dovuto alle dispersioni è ben più forte di
quello di ventilazione. Va detto, tuttavia,
che la tendenza è quella di una progressiva
riduzione di tale rapporto per riduzione del
numeratore, dovuta al migliore isolamento
ed agli apporti interni, e per incremento del
denominatore per aumento delle portate
di ricambio, suggerito dagli standard più
moderni.
La presenza nel terziario di numerose
apparecchiature ad alimentazione elettrica
(computer, stampanti, fotocopiatrici, ecc.)
ha aumentato in modo rilevante gli apporti
interni fino a richiedere il raffrescamento
RISCALDAMENTO
REFFRESCAMENTO
POMPADI CALORE
CALORE DA SMALTIRE SECONDO RIChIESTA
CALORE DA FORNIRE SECONDO RIChIESTA** non entrambi allo stesso tempo
ENERGIA PERAZIONARE LA
MACChINA
162
R I S C A L D A M E N T OR E S I D E N Z I A L E> > >
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UPPORTO S ECNICOT ROGETTISTIP
di funzionamento della pompa di calore.
Qualora risulti prevalente un carico sull'altro,
l'anello liquido tenderà a riscaldarsi o a
raffreddarsi eccessivamente. È necessario
allora predisporre un sistema di smaltimento
del calore (una batteria sull'aria esterna) o di
fornitura del calore (una caldaia ausiliaria).
In questo modo si riesce a raggiungere
un'ottima indipendenza fra i vari locali,
particolarmente gradita quando gli utenti
siano diversi. Le prestazioni delle macchine
raggiungono valori molto elevati, tanto più
se nel raffrescamento ci si limita al carico
sensibile, assegnando all'aria primaria la quota
latente.
Una strada diversa, meno valida dal punto
di vista dell'efficienza energetica, per il
soddisfacimento contemporaneo di carichi di
riscaldamento e raffrescamento è il ricorso
al cosiddetto anello liquido. È una tecnica
particolarmente consigliabile quando ci si
confronti con carichi frequentemente variabili
di segno nelle varie zone dell'edificio. Ogni
zona dell'edificio, al limite ogni locale, è
equipaggiata con una pompa di calore
di tipo reversibile che, a seconda delle
circostanze, può riscaldare o raffrescare,
interfacciandosi, oltre che con l'ambiente
interno, con un circuito d'acqua che, cedendo
o ricevendo calore, viene mantenuto ad una
temperatura mediamente fra i 10 e i 20°C,
molto favorevole ad entrambe le modalità
163
C L I M A T I Z Z A Z I O N E I N D U S T R I A L E> > >
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UPPORTO S ECNICOT ROGETTISTIP
elettrica L richiesta per il funzionamento della
macchina:
SPF = Qc
L
La quantità di energia rinnovabile che la
macchina mette a disposizione è data,
secondo la Direttiva, da:
Qren = Qc ( 1- )1
SPF
Entro il 1° gennaio 2013 la Commissione
dovrebbe stabilire orientamenti sul valore
che gli Stati membri possono conferire ai
valori Qren e SPF per le varie tecnologie e
6.1 LA POMPA DI CALORE è UNA FONTE
RINNOVABILE?
La pompa di calore è un dispositivo che
innalza il livello termico di energia altrimenti
non utilizzabile. Risulta suggestiva l’immagine
di fig. 6.1 secondo la quale la pompa di
calore muove il calore e lo porta ad un
livello termico utile. Questa energia termica
è tratta generalmente dall’ambiente esterno
o da effluenti considerati non più idonei ad
ulteriore recupero termico. Per fare questa
operazione, nel pieno rispetto del secondo
principio, deve ricorrere ad energia “nobile”:
energia meccanica od elettrica, o energia
termica a più alta temperatura. Quindi una
quota dell’energia termica resa disponibile
dalla pompa di calore si può considerare di
fonte rinnovabile, mentre la quota rimanente
non lo è (anche se, come si vedrà alla fine,
potrebbe esserlo).
La Direttiva 2009/28/CE dà a questo
proposito una prima indicazione per pompe
di calore che utilizzino come sorgente termica
una fonte naturale. Il punto di partenza
è il coefficiente di prestazione stagionale
(SPF - Seasonal Performance Factor), che
è definito come il rapporto fra l’energia utile
Qc resa disponibile nel corso della stagione
di riscaldamento e l’energia meccanica od
FIG. 6.1La funzione della pompa di calore (doc. Carrier)
la pompa di calore muove calore
CALORE ASSORBITO+
CALORE DI COMPRESSIONE
CaP. 6LA POMPA DI CALORE COME fONTE RINNOvAbILE
164
R I S C A L D A M E N T OR E S I D E N Z I A L E> > >
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UPPORTO S ECNICOT ROGETTISTIP
FIG. 6.2Schema a blocchi di appoggio logico di una
pompa di calore
POMPA DI CALOREIDEALE
LAVORO
SISTEMA A TEMPERATURA
T1
QC
Qren
SISTEMA A TEMPERATURA
T0
applicazioni delle pompe di calore, prendendo
in considerazione le differenze nelle
condizioni climatiche, particolarmente per
quanto concerne i climi molto freddi.
È immediato rendersi conto, applicando il
primo principio della termodinamica alla
macchina, che l’ammontare di energia
rinnovabile è data semplicemente dalla
differenza fra l’energia resa utile e il lavoro
necessario per il funzionamento della
macchina (fig. 6.2):
Qren = Qc - L
L’indicazione è piuttosto discutibile, dal
momento che non presta attenzione alla
diversa qualità dell’energia necessaria ad
azionare la macchina rispetto a quella resa
disponibile. Un calcolo più appropriato
dovrebbe rifarsi al concetto di energia
primaria, almeno ogniqualvolta che l’energia
elettrica venga prodotta mediante combustibili
che potrebbero essere utilizzati in loco. Se,
come nella recente contabilità nazionale, si
introduce un fattore di trasformazione di 1870
kcal/kWh, questo implica un rendimento di
trasformazione del 46% da combustibile
ad energia elettrica. Se si presume che il
combustibile impiegato sia prevalentemente
il gas naturale, considerando che una caldaia
a condensazione può avere un rendimento
stagionale del 100%, si è portati a concludere
che l’energia rinnovabile messa a disposizione
si può valutare approssimativamente in:
Qren Qc - 2L
e quindi si comincia ad avere energia
rinnovabile da una pompa di calore solo
a partire da un SPF minimo superiore a 2.
La conclusione vale ovviamente solo per le
pompe di calore elettriche. Per altre tipologie
di pompe di calore la valutazione è diversa.
Questo risultato poteva essere limitativo un
tempo, quando le pompe di calore non erano
TIPO DI POMPA DI CALORE AMBIENTE ESTERNO [°C] AMBIENTE INTERNO [°C] COP
ARIA/ARIA tbsi: 7 tbui: 6 tbsi: 20 tbui: 15 3,9
ARIA/ACQUA tbsi: 7 tbui: 6 ti: 30 tu: 35 4,1
SALAMOIA/ARIA ti: 0 tbsi: 20 tbui: 15 4,3
SALAMOIA/ACQUA ti: 0 ti: 30 tu: 35 4,3
ACQUA/ARIA ti: 15 tu: 12 tbsi: 20 tbui: 15 4,7
ACQUA/ACQUA ti: 10 ti: 30 tu: 35 5,1
taBELLa 6.1 vALORI DI RIfERIMENTO PER USUfRUIRE DEgLI INCENTIvI
165
C L I M A T I Z Z A Z I O N E I N D U S T R I A L E> > >
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FIG. 6.3Andamento nel corso degli ultimi 25 anni di SPF e di EER di pompe di calore e di macchine frigorifere
particolarmente efficienti ed era normale
avere degli SPF dell’ordine di 2, quando non
inferiori. Attualmente i valori di riferimento per
usufruire degli incentivi al risparmio energetico
sono ricordati dalla tabella 6.1 dove, benché
i valori delle sorgenti fredde siano piuttosto
elevati, si può presumere che su base
stagionale non ci si allontani di molto dai
valori indicati, con macchine correttamente
dimensionate e con un adeguato sistema
di regolazione. Questo è tanto più vero se
si passa dalla tradizionale sorgente aria a
sorgenti fredde diverse e più favorevoli. Molto
significativo risulta l’andamento, rappresentato
in fig. 6.3, dei valori medi di prestazione
stagionale sia di pompe di calore che di
macchine frigorifere nel corso degli ultimi 25
anni.
6.2 LE SORGENTI DELLA POMPA DI CALORE
L’aria esterna, sorgente termica cui si fa
abitualmente ricorso per la pompa di calore,
è probabilmente la più sfavorevole dal punto
di vista termodinamico, dal momento che al
suo diminuire aumenta il fabbisogno, mentre
la pompa di calore presenta capacità e COP
decrescenti.
La movimentazione dell’aria può risultare
onerosa dal punto di vista energetico e
produrre problemi di rumorosità.
Quando la temperatura dell’aria esterna
scende al di sotto del punto di rugiada si ha
separazione di liquido. Qualora la temperatura
scenda sotto gli 0°C e la presenza di
condensa sia rilevante si ha formazione di
brina in quantità crescente sulla batteria di
scambio termico, come già precedentemente
fatto rilevare in dettaglio. Il ghiaccio formato
non solo risulta una sorta di isolamento
termico nei confronti della superficie di
scambio, ma tende progressivamente ad
ispessirsi fino ad ostacolare, se non a bloccare
il passaggio dell’aria. Risulta quindi essenziale
identificare la condizione per la quale si deve
mettere in atto il processo di sbrinamento con
problematiche sia operative che prestazionali.
Si può ricorrere a sorgenti termiche diverse
dall’aria. Vanno ricordate ad esempio le
POMPE DI CALORE
CONDIZIONATORI D’ARIA
166
R I S C A L D A M E N T OR E S I D E N Z I A L E> > >
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seguenti possibilità:
• sistemi operanti su acque superficiali o
sotterranee;
• sistemi a terreno (pompe di calore
geotermiche);
• sistemi collegati a superfici captanti di
energia solare o atmosferica;
• recupero sull’aria espulsa per sistemi a
ventilazione controllata;
• sistemi ad anello liquido.
I sistemi operanti su acque superficiali o
sotterranee sono un’eccellente opportunità
sia dal punto di vista della stabilità durante
l’anno dei livelli di temperatura che del loro
valore in assoluto oltre che per le ottime
caratteristiche di scambio termico dell’acqua.
Si tratta di una grossa occasione perduta
visto che tali sorgenti sono molto disponibili
ed abbondanti in varie parti d’Italia (per
tacere della possibilità di utilizzare l’acqua
di mare), mentre l’utilizzazione è assai rara.
Il problema più grosso è di tipo normativo-
amministrativo: le procedure da seguire per
le autorizzazioni non sono state finora definite
o definite con precisione e le disposizioni
(quando vi siano) differiscono, si può dire,
da una Provincia all’altra. Va ricordato che
nel caso di utilizzazione di acque superficiali
non è sempre necessario l’impiego diretto
con prelievo dell’acqua, ma esistono tecniche
indirette che sfruttano la disposizione di
lunghi e poco costosi rotoli di tubazione
plastica che consentono lo scambio termico.
Data l’elevata e stabile temperatura di questa
sorgente fredda è possibile ottenere degli
SPF anche dell’ordine di 5-6. Questo significa
che, anche nell’ipotesi restrittiva posta prima,
una frazione pari a circa i 2/3 dell’energia
resa disponibile dalla pompa di calore si può
considerare rinnovabile.
Le pompe di calore cosiddette geotermiche,
vale a dire le pompe di calore a terreno,
godono di una popolarità crescente, dopo
aver visto un’ampia diffusione negli ultimi
15 anni nei paesi di lingua tedesca dalla
Germania all’Austria fino alla Svizzera tedesca.
Per la verità le primissime realizzazioni a tubi
orizzontali con sbancamento erano realizzate
già a partire dagli anni ’50 del secolo scorso,
in particolare nel Nord America. Si è passati
più recentemente a disposizioni di minor
costo a trincea (fig. 6.4).
Viceversa la soluzione preferita in Europa
è del tipo a tubi verticali, con profondità
crescenti e che superano in qualche caso i
200 m. La stabilità di temperatura nel terreno
FIG. 6.4Disposizione di scambiatore a terreno orizzontale del
tipo a spirale allungata (slinky)
167
C L I M A T I Z Z A Z I O N E I N D U S T R I A L E> > >
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FIG. 6.5Scambiatore di calore a terreno del tipo verticale a
tubo di calore
alle maggiori profondità e la possibilità
di impiegare il sistema come una sorta
di accumulo stagionale ha fatto crescere
fortemente l’interesse nei confronti di questi
sistemi. Infatti in questa soluzione, mentre
d’inverno il terreno viene raffreddato per
alimentare la pompa di calore, d’estate riceve
il calore del condensatore della macchina
frigorifera per il condizionamento. Con
un’installazione ben concepita che preveda
un’estrazione termica di circa 50 W/m di
termosonda, si può pensare di avere un COP
stagionale di circa 4,5 che è decisamente
interessante e che può ulteriormente
migliorare qualora si riducano i salti termici
dal terreno alla pompa di calore. Molti
sistemi fanno ricorso ad un fluido secondario
che circoli dal terreno verso la pompa di
calore. Altri arrivano ad utilizzare sistemi ad
espansione diretta (assai diffusi in Austria).
Una recente proposta appare assai innovativa,
dal momento che elimina sia i costi energetici
non sempre irrilevanti della circolazione
dell’acqua nelle loop a terreno che i rischi di
perdite nei sistemi ad espansione diretta. Si
tratta dell’impiego di tubi di calore verticali
nei quali il fluido impiegato è l’anidride
carbonica (fig. 6.5). Il difetto principale di
questa soluzione è la sua non possibile
utilizzazione nella stagione estiva come
dissipatore. Un’ulteriore possibilità fin qui
poco esplorata è il collegamento a superfici di
captazione di energia solare od atmosferica.
Oltre a collettori solari termici, si può ricorrere
ai cosiddetti tetti energetici nei quali delle
tegole metalliche, opportunamente collegate
a tubazioni riescono a raccogliere energia
sia dal sole che dall’aria esterna che dalle
precipitazioni piovose (fig. 6.6). Quest’ultima
soluzione presenta il vantaggio di mettere a
disposizione grandi superfici di captazione
come un’intera falda di copertura.
Nel caso invece dei collettori solari termici
si può far ricorso in funzione dei livelli di
radiazione e di temperatura sia al loro impiego
diretto nel riscaldamento che come sorgente
fredda della pompa di calore. Ciò consente di
valorizzare anche livelli modesti di radiazione.
Infatti nel momento in cui la temperatura
del fluido operativo scende al di sotto della
temperatura ambiente, praticamente tutta la
radiazione incidente sui collettori (a meno
delle perdite per trasparenza) diventa utile
come sorgente della pompa di calore.
Nei confronti del tetto energetico lo
SEZIONEADIABATICA
PARETE DEL CONDOTTO
LIVELLODEL LIQUIDO
VAPORE
Q0
g
Q0
168
R I S C A L D A M E N T OR E S I D E N Z I A L E> > >
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svantaggio deriva dalla scarsa attitudine a
raccogliere energia in assenza di radiazione
proprio per la presenza della copertura in
vetro.
Un’eccellente sorgente per la pompa di
calore sono gli effluenti liquidi o aeriformi,
siano questi le acque scaricate o l’aria di
ventilazione espulsa dall’edificio. Mentre
risultano molto limitate le applicazioni che
si riferiscono agli effluenti liquidi, perlopiù
realizzate a livello di applicazioni industriali,
diventa molto significativo il recupero nella
ventilazione meccanica controllata.
Per preriscaldare l’aria di rinnovo a spese
dell’aria espulsa si può ricorrere a semplici
scambiatori di calore, i quali però recuperano
solo una quota dell’entalpia disponibile,
in particolare se sono scambiatori di
tipo sensibile. La sorgente termica è ad
ottimo livello di temperatura e si adatta
perfettamente nella fasatura con il carico
di riscaldamento dell’aria di rinnovo. La
pompa di calore permette il recupero anche
del calore latente, sfruttando ampiamente
l’entalpia dell’aria espulsa che viene portata
a livelli prossimi a quelli dell’aria esterna (fig.
6.7). In questo caso la valutazione di un
eventuale contributo di energia rinnovabile si
fa problematico: infatti, se è semplice valutare
il risparmio di energia primaria rispetto alla
soluzione priva di qualsiasi recupero termico,
FIG. 6.6Particolare di un tetto energetico
FIG. 6.7Vista schematica di un sistema di recupero sull’aria espulsa per riscaldare l’aria di rinnovo con scambiatore di calore e pompa di calore
ESPULSIONE MANDATA
BATTERIA CALDO/FREDDO
ESTERNA RIPRESACOMPRESSORE
POMPA DI CALORE/CONDIZIONATORE
VALVOLA DI LAMINAZIONE
ESTERNO INTERNO
TE, XE
T0, X0
TC, XC TX, XX
TA, XA
TM, XM
RECUPERATORECOND (inv)EVAP (est)COND (inv)EVAP (est)
EVAP(inv)COND (est)EVAP(inv)
COND (est)
169
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refrigerazione, più frequenti di quanto si creda
in edifici del terziario con un buon isolamento
termico e/o con ampie aperture vetrate
dal lato soleggiato. Ci si può trovare nella
condizione nella quale la pompa di calore
produce sia un effetto utile di riscaldamento
che di raffreddamento (fig. 6.8). Il problema
è il bilanciamento fra i due carichi che ben
difficilmente si realizza e comunque resta
invariato in funzione del tempo. Si deve
prevedere sia un sistema dissipativo per il
calore in eccesso che una sorgente fredda
esterna per la pompa di calore.
In alternativa esiste la soluzione ad anello
liquido (fig. 6.9). Un anello liquido mette
a disposizione delle diverse macchine ad
inversione di ciclo sistemate nelle varie zone
dell’edificio dell’acqua “tiepida” che risulta
un’ottima sorgente per la pompa di calore,
ma anche un pozzo termico molto valido,
quando la stessa macchina operi in modalità
frigorifera. Questo sistema si raccomanda
per la maggiore flessibilità e per il possibile
affidamento ai singoli utenti dell’apparecchio
non è univoco il riferimento per la soluzione
pompa di calore. Potrebbe essere il caso del
recupero solo sensibile con efficienza del
50%, ma l’efficienza così scelta è del tutto
arbitraria e si ispira alle prescrizioni della
legge 10/91. In realtà il recupero sensibile
può spingersi anche oltre l’80%. Inoltre
l’inserimento di un recuperatore non ostacola
l’impiego anche della pompa di calore, il cui
COP viene solo leggermente ridotto dalla
presenza del recuperatore sensibile, dato che
la pompa di calore opera in modo prevalente
in quel caso sul contenuto entalpico latente.
L’analisi andrebbe condotta caso per caso
con risultati che variano da una località
all’altra anche in funzione dei tempi di utilizzo
dell’impianto. In linea di massima si può
arrivare facilmente ad uno SPF superiore a
4-5 con valori molto favorevoli anche nel
periodo estivo, soprattutto se si provvede ad
umidificare l’aria espulsa.
Molto interessante è la presenza
contemporanea nello stesso edificio di
fabbisogni sia di riscaldamento che di
FIG. 6.8Schema di un impianto a 4 tubi con pompa di calore ed esigenze contemporanee di riscaldamento e di raffreddamento
RAFFREDDAMENTO
RISCALDAMENTO
POMPADI CALORE
CALORE DA DISSIPARE SECONDO ESIGENZE
CALORE DI INTEGRAZIONE
SECONDO ESIGENZE
ENERGIA PERAZIONARE LA
MACChINA
SISTEMA A 4 TUBI CON POMPA DI CALORE ACQUA/ACQUA
170
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per il caldo e per il freddo. Essi possono
gestirlo a piacere, pagando direttamente
l’onere in bolletta elettrica in funzione del
consumo. D’altra parte è evidente che nel
mescolamento nell’anello liquido di acqua
calda e fredda si ha una perdita di exergia
che si traduce in una peggiore prestazione
energetica potenziale. Anche in questo caso
nessuno garantisce che i fabbisogni di caldo
e di freddo siano bilanciati fra di loro nel
tempo e complessivamente per cui l’anello
di liquido si troverà talvolta nelle condizioni di
dover disperdere l’eccesso termico disponibile
(ovviamente nella stagione estiva), altre
volte si troverà in deficit termico: ecco che
sarà necessario interfacciarlo, possibilmente
con una fonte gratuita e rinnovabile come il
terreno o il solare termico.
In entrambi i casi, pompa di calore con uso
di entrambi gli effetti o anello liquido, non si
vede alcun impiego di energia rinnovabile,
anche se il sistema è evidentemente molto
efficiente rispetto a sistemi separati di
riscaldamento e raffreddamento. Forse la
sola via di uscita è tornare al concetto di
fonte assimilata alle rinnovabili, intendendo
con questo il risparmio di energia primaria
rispetto al sistema tradizionalmente impiegato.
La valutazione andrebbe condotta su base
annuale con programmi di simulazione
dinamica sia nei confronti della pompa di
calore “pura” che dell’anello liquido.
6.3 LA POMPA DI CALORE ED IL SOLARE
TERMICO
Il contributo del solare termico al
riscaldamento invernale è assai scarso a
causa della minore insolazione e delle più
basse temperature dell’aria esterna. Vi è il
rischio che per molti giorni i collettori solari
non diano alcun contributo energetico al
riscaldamento. Potrebbero egualmente
fungere da sorgente fredda alla pompa di
calore.
FIG. 6.9Schema di un impianto a pompa di calore ad anello liquido
171
C L I M A T I Z Z A Z I O N E I N D U S T R I A L E> > >
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FIG. 6.10Riscaldamento diretto da collettori solari con il
contributo della pompa di calore con sorgente
fredda terreno
PAVIMENTO RADIANTE
POMPA DI CALORE
condensatoreassorbitore
COLLETTORISOLARI
evaporatore
SCAMBIATORIA TERRENO
aria esterna (una batteria) o il terreno. In
altri termini in questi sistemi dual-source, la
parte solare termico è finalizzata a sfruttare
l’impianto solare anche in condizioni di
insufficiente insolazione per un impiego
Credo risulti utile un’esemplificazione. Dei
parametri caratteristici di un collettore solare
piano potrebbero essere un FR(τα)=0,85 e un
FRUc=7,5 Wm-2K-1. A fronte di un insolazione
di 300 Wm-2 ad una temperatura operativa di
35°C e per una temperatura esterna di 0°C
questo collettore potrebbe dare:
Q = 300 x 0,85 - (35 - 0) x 7,5 0
Lo stesso collettore, fatto funzionare a 5°C
come sorgente fredda di una pompa di calore,
potrebbe dare invece:
Q = 300 x 0,85 - (5 - 0) x 7,5 200 Wm-2
Se invece il collettore fosse di tipo selettivo i
suoi parametri potrebbero essere FR(τα)=0,85
e un FRUc=4,5 Wm-2K-1 e nel caso di una
radiazione solare di 200 W/m2 si avrebbe
rispettivamente:
Q = 200 x 0,85 - (35 - 0) x 4,5 0 Wm-2
Q = 200 x 0,85 - (5 - 0) x 4,5 150 Wm-2
Appare quindi vantaggioso collegare
l’impianto solare termico alla pompa
di calore con la possibilità di sfruttare
tutta la radiazione solare al di sotto di
una certa soglia che potrebbe invece
consentire l’impiego diretto dell’energia
raccolta. Questa soglia dipende dal tipo di
collettore, dalla temperatura minima utile
per l’impianto e dalla temperatura dell’aria
esterna. Per fissare le idee potrebbe essere
fra i 200 e i 300 Wm-2 incidenti sulla
superficie del collettore.
Dov’è il problema? Nel fatto che in assenza
di radiazione il collettore solare non è un
buon captatore di energia atmosferica,
risultando isolato rispetto all’aria esterna.
Risulta quindi essenziale una seconda
sorgente per la pompa di calore, che poi
dovrebbe essere la principale, sia questa
FIG. 6.11 I collettori solari alimentano l’evaporatore della
pompa di calore
PAVIMENTO RADIANTE
POMPA DI CALORE
condensatoreassorbitoreCOLLETTORI
SOLARI
evaporatore
SCAMBIATORIA TERRENO
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diretto, con minime riduzioni nelle normali
prestazioni dell’impianto solare termico.
In una recente realizzazione in un polo
scolastico in una località di montagna
(Agordo) si è realizzato un impianto del
tipo dual-source, in cui alla sorgente fredda
terreno si sono affiancati 50 m2 di collettori
solari termici. La dimensione della sezione
solare non è stata dettata da considerazioni
di ottimizzazione, quanto dai vincoli di
budget.
I collettori solari possono con livelli
sufficienti di radiazione alimentare
direttamente l’impianto di riscaldamento a
pavimento radiante (fig. 6.10), coadiuvati
dalla pompa di calore a terreno, ovvero
alimentare l’evaporatore della pompa di
calore (fig. 6.11).
Durante l’estate i collettori solari forniscono
energia termica per “ricaricare” il terreno
(fig. 6.12).
FIG. 6.12Fase estiva: i collettori solari ricaricano il terreno
PAVIMENTO RADIANTE
POMPA DI CALORE
condensatoreassorbitore
COLLETTORISOLARI
evaporatore
SCAMBIATORIA TERRENO
FIG. 6.13Moduli fotovoltaici alimentano una pompa di calore elettrica
GENER
ATORE F
OTOVOLTA
ICO
POMPA DI CALORE
L
SISTEMA A TEMPERATURA
T1
SISTEMA A TEMPERATURA
T0
173
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La simulazione su base annua mostra
che, nonostante la ridotta superficie di
captazione ed il clima piuttosto rigido
(attorno ai 4000 GG/anno), il contributo
solare diretto è dell’ordine del 15% del
totale carico di riscaldamento (circa 50.000
kWh - l’edificio è molto ben isolato), mentre
la pompa di calore lavora per il 75% del
tempo con il terreno e per il rimanente
25% in collegamento con la sezione solare.
6.4 LA POMPA DI CALORE COMPLETAMENTE
RINNOVABILE
Un sistema a pompa di calore può essere
una fonte completamente rinnovabile?
Sì, basta che la macchina sia alimentata
anche per la parte “nobile” dell’energia da
fonte rinnovabile. Escludendo il minidro e
il minieolico, più improbabili in un impiego
dedicato alla pompa di calore, il candidato
ideale appare il fotovoltaico. Esso va
collegato con pompe di calore elettriche
(fig. 6.13).
Il possibile interfacciamento con la rete
elettrica è un importante vantaggio. Infatti
permette un rapporto di scambio e quindi
la valorizzazione d’inverno di energia
raccolta in altre stagioni. In altri termini il
bilancio energetico si può realizzare su base
annuale, atteso che nei mesi invernali i
moduli fotovoltaici potranno dare un esiguo
ammontare di energia. Nei mesi estivi il
sistema fotovoltaico può fornire quote
importanti per la climatizzazione, a patto
che i carichi dell’edificio non presentino una
variabilità molto importante.
In questa sede vale la pena proporre
solo qualche valutazione numerica di
larga massima per rendersi conto delle
potenzialità e dei limiti di questi sistemi
decentrati a sola energia rinnovabile.
Per un sistema fotovoltaico si immagini di
disporre di 3 kWp dedicati solo alla pompa
di calore. Si tratta per il clima di Milano
indicativamente di una superficie di 24 m2
con un costo iniziale fra i 12.000 e i 15.000
€ che potrebbe mettere a disposizione
circa 3.500 kWhe/anno, sufficienti tramite
la pompa di calore a riscaldare una villetta,
purché in classe B o C in funzione delle sue
dimensioni.
È evidente che queste sono solo delle
esercitazioni numeriche. Sarebbero
necessari dei dispositivi dedicati e delle
valutazioni economiche più precise.
Mostrano che dal punto di vista tecnico la
pompa di calore potrebbe operare come
sistema su base annua completamente di
fonte rinnovabile.
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energetico di 20 TWh/anno. La tabella 7.1
dà conto dei paesi in cui questi impianti
sono più diffusi con dati relativi al numero
di installazioni e a potenza installata e ad
energia annua coinvolta. Essendo un mercato
in forte crescita, valutata al 10% annuo, le
stime al 2009 indicano le pompe di calore
geotermiche a livello europeo al 44% del
mercato, contro il 37% delle pompe di calore
aria-acqua, 11% per le pompe di calore che
operano sull’aria espulsa e 4% per la sola
produzione di acqua calda sanitaria.
Attualmente il mercato delle pompe di calore
arriva al 4% del complessivo mercato del
riscaldamento abitativo.
Il primo elemento trainante del riscaldamento
termodinamico, come viene talvolta definito
il riscaldamento mediante pompa di calore,
è stata la macchina reversibile. Si tratta del
climatizzatore estivo con valvola di inversione
che permette di passare dal funzionamento
7.1 PANORAMICA DEL MERCATO ATTUALE
DELLE POMPE DI CALORE
Negli ultimi dieci anni la pompa di calore ha
conosciuto una diffusione senza precedenti.
Proseguendo una linea di sviluppo già
consolidata negli USA e in Giappone, ha
conquistato nuovi ed inaspettati mercati, in
particolare quello cinese.
Recenti valutazioni indicano l’esistenza di un
numero compreso fra 130 e 140 milioni di
apparecchi nel mondo con una produzione
termica stimata per il 2001 in 1300 TWh/
anno. L’energia prodotta è utilizzata per il 57%
nel riscaldamento residenziale, per il 27% in
applicazioni commerciali e per il rimanente
16% in applicazioni industriali.
Un sottoinsieme in netta crescita di
queste pompe di calore sono le pompe di
calore geotermiche. Il numero di impianti
valutati al 2004 era di 1.100.000 con una
capacità installata di 12 GWt ed un impiego
CaP. 7CONSIDERAZIONI SUL MERCATO DELLE POMPE DI CALORE NEL RISCALDAMENTO RESIDENZIALE E NEL TERZIARIO
PAESE MWt gWh/ANNO INSTALLAzIONI
Austria 275 370 23000
Canada 435 600 36000
Germania 640 930 46400
Svezia 2300 9200 230000
Svizzera 525 780 30000
USA 6300 6300 600000
taBELLa 7.1 INSTALLAZIONI POMPE DI CALORE
Installazioni di pompe di calore a terreno, potenza installata ed energia prodotta annua in diversi paesi del mondo al 2004
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FIG. 7.1COP stagionale (SPF- Seasonal Performance Factor) per pompe di calore ad aria in funzione dell’anno a seconda se nuove,
revisionate o tutte
Altri settori significativi di sviluppo della
pompa di calore sono quelli legati al recupero
nella ventilazione meccanica degli edifici ed
alla produzione di acqua calda sanitaria. Né
si deve dimenticare la presenza sempre più
importante nel mercato di pompe di calore
del tipo non elettrico, alimentate direttamente
dal combustibile, sia tramite un motore a
combustione interna (ma recentemente
anche a combustione esterna) che ad
assorbimento.
La crescita di mercato risulta di particolare
interesse in Europa, dove in alcuni paesi,
come la Germania, l’Austria, la Svizzera o la
Svezia si ha da qualche anno un incremento
annuale a due cifre. Valga un esempio per
tutti: nel 2004 la Germania ha avuto un
tasso di incremento del 30% nelle vendite
di pompe di calore. Altrettanto è cresciuto
nel 2007 il mercato delle pompe di calore in
Francia.
La capacità di queste macchine è la più
con l’evaporatore interno a quello invernale
con il condensatore interno.
Questo fu il primo veicolo di promozione
delle pompe di calore negli anni ’70 negli
USA (vennero superate le 100.000 unità
installate nel 1972).
Fu poi successivamente l’elemento trainante
della pompa di calore in Giappone, quando
agli inizi degli anni ’90 si vendevano anche
un milione di apparecchi all’anno. Il leggero
sovracosto per avere la pompa di calore,
anziché il semplice condizionatore, era
generalmente accettato dall’acquirente,
quando ancora in Italia la pompa di calore
era una specie di oggetto misterioso e
considerato probabilmente di scarsa utilità.
Oggigiorno si ha ancora una netta prevalenza
di installazioni residenziali in climi temperati
e abbastanza miti da richiedere da un
lato il raffrescamento estivo e dall’altro da
permettere un impiego favorevole dell’aria
come sorgente fredda della macchina.
3,5
nSPF
2 [-
]
anno1994/95 1996 19981997 1999 2000 20022001
3
2,5
2
1,5
1
0,5
0
REvISIONATENUOvE TUTTI
177
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impianti sono pompe di calore aria-acqua,
mentre il rimanente sono pompe di calore
acqua-acqua o soluzione antigelo-acqua del
tipo a terreno. Il COP medio stagionale è
risultato pari a 3,4 per le pompe di calore
acqua-acqua e a 2,6 per quelle aria-acqua.
Per le prime questo dato medio è derivato
da una larga dispersione di valori attribuita al
diverso dimensionamento delle termosonde
a terreno. L’osservazione degli impianti
realizzati nel corso del periodo di analisi ha
dimostrato un progressivo perfezionamento
degli apparecchi e degli impianti con un
miglioramento fra il 1995 e il 2003 di circa il
20% nelle prestazioni sia per gli impianti con
sorgente aria (fig. 7.1) che per gli impianti a
terreno o ad acqua di falda (fig.7.2).
Come si sa nelle analisi di mercato risulta di
grande importanza oggi la soddisfazione del
cliente, la customer satisfaction
(fig. 7.3): lo studio ha rivelato un 78% di
utenti molto soddisfatti, 17% di abbastanza
diversa: si va dai pochi kW di una pompa di
calore per il riscaldamento dell’acqua sanitaria
agli oltre 10 MW di pompe di calore installate
in Svezia per impianti di teleriscaldamento.
Interessante osservare che mentre gran parte
delle installazioni nel Sud Europa si rivolgono
al nuovo, nel Nord Europa molte pompe di
calore sono impiegate nel retrofitting degli
edifici esistente con un mercato potenziale
enorme.
7.2 LA CUSTOMER SATISFACTION
Si vuole concludere con un’interessante
rassegna relativa a dati raccolti su 237
impianti di taglia inferiore ai 20 kW
(tipicamente riscaldamento di villette
unifamiliari) nell’ambito di un progetto
finanziato dall’Ufficio Federale Svizzero
per l’Energia*. Per questi impianti si sono
registrati i guasti, le lamentale degli utenti e
le prestazioni stagionali nel corso degli anni
che vanno dal 1995 al 2002. Il 45% degli
* Hubacher, P., Field Analysis of Heat Pump Installations - the FAWA Project, IEA Heat Pump Centre Newsletter, 15-18, vol. 22, 2, 2004
FIG. 7.2COP stagionale (SPF- Seasonal Performance Factor) per pompe di calore a terreno o ad acqua di falda in funzione dell’anno a
seconda se nuove, revisionate o tutte
4,5
nSPF
2 [-
]
anno1994/95 1996 19981997 1999 2000 20022001
4
2,5
2
1,5
1
0,5
0
REvISIONATENUOvE TUTTI
3,5
3
178
R I S C A L D A M E N T OR E S I D E N Z I A L E> > >
< < <
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FIG. 7.3Customer satisfaction fra utenti di pompe di calore - osservazione 1997
relazione qui presentata molti impianti sono
risultati ampiamente sovradimensionati con
intervento praticamente nullo dei sistemi di
riscaldamento ausiliari.
7.3 CONCLUSIONI
Il riscaldamento termodinamico sta
espandendosi rapidamente a tutti i mercati
del Nord Europa e del Nord America con tassi
di crescita a due cifre per tutte le tecnologie.
Le tecnologie hanno avuto tutte nel
corso degli ultimi vent’anni un’importante
evoluzione che consente oggi di disporre di
macchine di grande affidabilità con prestazioni
di gran lunga superiori a tutti i sistemi
tradizionali di riscaldamento.
Desta sorpresa (ma fino a un certo punto)
il ritardo italiano, dove, rispetto ai paesi del
Nord Europa, il clima può sfruttare le pompe
di calore anche nella climatizzazione estiva.
Sembra un ritardo legato alla scarsa
conoscenza delle grandi potenzialità di queste
soddisfatti e infine un 5% di poco o per
nulla soddisfatti (percentuale che sembra
fisiologica, essendo anche la minima
ottenibile dall’analisi del benessere). Il tempo
di funzionamento analizzato nell’indagine è
stato complessivamente di 1.300.000 ore
nelle quali il tempo di guasto è risultato pari a
8500 ore con una disponibilità dell’impianto
del 99,5%. La durata media del fuori servizio
(dalla segnalazione alla riparazione) è risultata
di appena 6 ore (!) con valori minimi di 2 ore
e massimi di 3 giorni.
Il rilievo delle prestazioni nel corso degli anni
degli impianti non ha mostrato nel corso di 8
anni significative variazioni (fig. 7.4) indicando
un’ottima stabilità prestazionale.
Infine un dato interessante riguarda le
pompe di calore a terreno per le quali la
temperatura media del fluido circolante è
risultata di 5°C, valore più alto di quanto
atteso, ma derivante da una grande
dispersione di dati. In effetti secondo la
INSODDISFATTI2%
MOLTO SODDISFATTI78%
QUALChE RISERVA3%
ABBASTANZASODDISFATTI
17%
179
C L I M A T I Z Z A Z I O N E I N D U S T R I A L E> > >
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macchine e alla poca attenzione della politica
alle problematiche dell’energia e del risparmio
energetico. È probabile che, di fronte alle
stringenti esigenze legate al mancato rispetto
degli accordi internazionali e delle direttive
europee, il mercato si svegli pur in ritardo,
giovandosi del grande potenziale delle
pompe di calore nei confronti del risparmio
energetico.
FIG. 7.4Variazione relativa del COP stagionale a partire dal primo anno di operazioni della pompa di calore
1,20
SPF
year
n /
year
1 [-
]
anno2 3 54 6 7 98
1,05
1,00
0,95
0,90
0,85
0,80
1,15
1,10
180
R I S C A L D A M E N T OR E S I D E N Z I A L E> > >
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NotE
181
C L I M A T I Z Z A Z I O N E I N D U S T R I A L E> > >
< < <
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NotE
182
R I S C A L D A M E N T OR E S I D E N Z I A L E> > >
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NotE
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