le vite de' più eccellenti pittori, scultori ed architetti

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Letteratura italiana Einaudi Le vite de’ più eccellenti pittori, scultori ed architetti di Giorgio Vasari

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  • Letteratura italiana Einaudi

    Le vite depi eccellentipittori, scultoried architetti

    di Giorgio Vasari

  • Edizione di riferimento:Le vite de pi eccellenti architetti, pittori, etscultori italiani, da Cimabue insino a tempi nostri.Nelledizione per i tipi di Lorenzo Torrentino,Firenze 1550,a cura di Luciano Bellosi e Aldo Rossi,Einaudi, Torino 1986

    Letteratura italiana Einaudi

  • Letteratura italiana Einaudi

    Proemio 5

    Cap. I 19Cap. II 32Cap. III 33Cap. IIII 40Cap. V 42Cap. VI 44Cap. VII 46

    De la scultura 49Cap. VIII 49Cap. IX 53Cap. X 57Cap. XI 60Cap. XII 65Cap. XIII 67Cap. XIIII 69

    De la pittura 71Cap. XV 71Cap. XVI 74Cap. XVII 78Cap. XVIII 80Cap. XVIIII 83Cap. XX 85Cap. XXI 87Cap. XXII 89Cap. XXIII 90Cap. XXIIII 91

    Sommario

  • Cap. XXV 93Cap. XXVI 95Cap. XXVII 97Cap. XXVIII 99Cap. XXVIIII 101Cap. XXX 104Cap. XXXI 106Cap. XXXII 108Cap. XXXIII 113Cap. XXXIIII 116Cap. XXXV 117

    Proemio delle Vite 119Giovanni Cimabue 134Andrea Taffi 139Gaddo Gaddi 142Margaritone 144Giotto 146Stefano 157Ugolino 161Pietro Laurati 163Andrea Pisano 165Buonamico Buffalmacco 170Ambruogio Lorenzetti 174Pietro Cavallini Romano 177Simon Sanese 179Taddeo Gaddi 184Andrea di Cione Orgagna 191Tommaso Fiorentino 194Giovannino dal Ponte 198

    Sommario

    ivLetteratura italiana Einaudi

  • Agnolo Gaddi 200Il Berna Sanese 203Duccio 205Antonio Veniziano 207Iacopo di Casentino 210Spinello Aretino 212Gherardo Starnina 216Lippo 219Fra Lorenzo de gli Agnoli 221Taddeo Bartoli 223Lorenzo di Bicci 225

    Proemio della Seconda Parte delle Vite 228Iacopo della Quercia Sanese 240Niccol dArezzo 244Dello 247Nanni di Antonio di Banco 250Luca della Robia 253Paulo Uccello 257Lorenzo Ghiberti 262Masolino 281Parri Spinelli 283Masaccio 285Filippo Brunelleschi 292Donato 330Michelozzo Michelozzi 347Giuliano da Maiano 349Antonio Filarete e Simone 352Pietro della Francesca 355Fra Giovanni da Fiesole 362

    Sommario

    vLetteratura italiana Einaudi

  • Lazaro Vasari 367Leonbatista Alberti 370Antonello da Messina 374Alesso Baldovinetti 381Vellano Padovano 385Fra Filippo Lippi 387Paulo Romano e Maestro Mino 397Chimenti Camicia 400Andrea da l Castagno di Mugello 402Gentile di Fabriano e Vittore Pisanello 410Pesello e Francesco Peselli 412Benozzo 414Lorenzo Vecchietto Sanese 418Galasso Ferrarese 420Antonio Rossellino 422Francesco di Giorgio 425Desiderio da Settignano 427Mino 431Ercole Ferrarese 436Iacopo, Giovanni e Gentile Bellini 440Cosimo Rosselli 448Il Cecca 451Andrea Verrocchio 454Lo Abate di San Clemente 461Domenico Ghirlandaio 466Gherardo 480Sandro Botticello 482Antonio EePiero Pollaiuoli 488Benedetto da Maiano 495Andrea Mantegna 499

    Sommario

    viLetteratura italiana Einaudi

  • Filippo Lippi 504Luca Signorelli da Cortona 511Bernardino Punturicchio 516Iacopo detto lIndaco 519Francesco Francia 521Vittore Scarpaccia et altri pittori veniziani 529Pietro Perugino 532

    Proemio della Terza Parte delle Vite 541Lionardo da Vinci 548Giorgione da Castel Franco 562Antonio da Coreggio 566Piero di Cosimo 570Bramante da Urbino 577Fra Bartolomeo di San Marco 584Mariotto Albertinelli 592Rafaellin Del Garbo 596Torrigiano 599Giuliano et Antonio da San Gallo 602Rafael da Urbino 617Guglielmo da Marcilla 654Cronaca 663David e Benedetto Ghirlandai 669Domenico Puligo 671Andrea da Fiesole 674Vincenzio da San Gimignano 678Andrea dal Monte Sansovino 680Benedetto da Rovezzano 686Baccio da Monte Lupo 688Lorenzo di Credi 691

    Sommario

    viiLetteratura italiana Einaudi

  • Boccaccino Cremonese 693Lorenzetto 695Baldassarre Perucci Sanese 698Pellegrino da Modana 704Giovan Francesco, detto il Fattore 707Andrea del Sarto 710Properzia de Rossi 748Alfonso Lombardi 752Michele Agnolo 756Girolamo Santacroce 758Dosso e Batista 761Giovanni Antonio Licinio da Pordenone 764Il Rosso 769Giovanni Antonio Sogliani 780Girolamo da Trevigi 783Polidoro da Caravaggio e Maturino Fiorentino 786Bartolomeo da Bagnacavallo

    et altri romagnuoli pittori 797Marco Calavrese 803|Morto da Feltro 805Francia Bigio 808Francesco Mazzola 815Il Palma 823Francesco Granacci 825Baccio dAgnolo 828Valerio Vicentino 832Antonio da San Gallo 835Giulio Romano 851Sebastiano Veniziano 862Perino del Vaga 873

    Sommario

    viiiLetteratura italiana Einaudi

  • Michelangelo Bonarroti Fiorentino 912

    Conclusione della Opera a gli Artefici et a Lettori 953

    Sommario

    ixLetteratura italiana Einaudi

  • 1Letteratura italiana Einaudi

    ALLO ILLUSTRISSET ECCELLENTISS SIGNORE

    IL SIGNOR COSIMO DE MEDICI

    DUCA DI FIORENZA

    Signore mio osservandissimoPoi che la Eccellenzia Vostra, seguendo in ci lorme

    de gli illustrissimi suoi progenitori e da la naturale ma-gnanimit sua incitata e spinta, non cessa di favorire edesaltare ogni sorte di virt dovunque ella si truovi, etha spezialmente protezzione de larti del disegno, incli-nazione a gli artefici desse, cognizione e diletto dellebelle e rare opere loro, penso che non le sar se non gra-ta questa fatica presa da me di scriver le vite, i lavori, lemaniere e le condizioni di tutti quelli che, essendo gispente, lhanno primieramente risuscitate, di poi di tem-po in tempo accresciute, ornate e condotte finalmente aquel grado di bellezza e di maest dove elle si truovanoa giorni doggi. E percioch questi tali sono stati quasitutti Toscani e la pi parte suoi Fiorentini e molti dessida gli illustrissimi antichi suoi con ogni sorte di premii edi onori incitati et aiutati a mettere in opera, si pu direche nel suo stato, anzi nella sua felicissima casa siano ri-nate, e per benefizio de suoi medesimi, abbia il mondoqueste bellissime arti ricuperate e che per esse nobilitatoe rimbellito si sia. Onde, per lobligo che questo secolo,queste arti e questa sorte dartefici debbono comune-mente a gli suoi et a lei come erede della virt loro e dellor patrocinio verso queste professioni e per quello chele debbo io particularmente per avere imparato da loro,per esserle suddito, per esserle devoto, perch mi sonoallevato sotto Ippolito Cardinale de Medici e sottoAlessandro suo antecessore, e perch sono infinitamente

  • Giorgio Vasari - Le vite de pi eccellenti architetti...

    tenuto alle felici ossa del Mag Ottaviano deMedici, dal quale io fui sostentato, amato e difeso men-tre che e visse, per tutte queste cose dico, e perch da lagrandezza del valore e della fortuna sua verr molto difavore a questopera e da lintelligenza chella tiene delsuo soggetto meglio che da nessuno altro sar considera-ta lutilit di essa e la fatica e la diligenza fatta da me percondurla, mi parso che a lEccellenzia V sola-mente si convenga di dedicarla, e sotto lonoratissimonome suo ho voluto che ella pervenga a le mani degliuomini. Degnisi adunque lEccellenzia V dac-cettarla, di favorirla e, se da laltezza de suoi pensieri lesar concesso, talvolta di leggerla, riguardando a la qua-lit delle cose che vi si trattano et a la pura mia intenzio-ne; la quale stata non di procacciarmi lode come scrit-tore, ma come artefice di lodar lindustria et avvivar lamemoria di quegli che, avendo dato vita et ornamento aqueste professioni, non meritano che i nomi e lopere lo-ro siano in tutto, cos come erano, im preda della mortee della oblivione. Oltra che in un tempo medesimo, conlesempio di tanti valenti uomini e con tante notizie ditante cose che da me sono state raccolte in questo libro,ho pensato di giovar non poco a professori di questiesercizii e di dilettare tutti gli altri che ne hanno gusto evaghezza. Il che mi sono ingegnato di fare con quella ac-curatezza e con quella fede che si ricerca alla verit dellastoria e delle cose che si scrivono. Ma se la scrittura, peressere incolta e cos naturale comio favello, non degnade lo orecchio di V Eccellenzia n de meriti ditanti chiarissimi ingegni, scusimi, quanto a loro, che lapenna dun disegnatore, come furono essi ancora, nonha pi forza di linearli e dombreggiarli e, quanto a lei,mi basti che ella si degni di gradire la mia semplice fati-ca, considerando che la necessit di procacciarmi i biso-gni de la vita non mi ha concesso che io mi eserciti conaltro mai che col pennello. N anche con questo son

    2Letteratura italiana Einaudi

  • giunto a quel termine, a l quale io mi imagino di potereaggiugnere ora che la fortuna mi promette pur tanto difavore, che con pi comodit e con pi lode mia e pisatisfazione altrui potr forse cos col pennello come an-co con la penna spiegare al mondo i concetti miei qua-lunque si siano. Percioch oltra lo aiuto e la protezzioneche io debbo sperar da lEccellenzia V, come damio signore e come da fautore de poveri virtuosi, pia-ciuto alla divina bont deleggere per suo vicario in terrail santissimo e beatissimo Iulio III Pontefice Massimo,amatore e riconoscitore dogni sorte virt e di queste ec-cellentissime e difficilissime arti spezialmente. Da la cuisomma liberalit attendo ristoro di molti anni consumatie di molte fatiche sparte fino a ora senza alcun frutto. Enon pur io, che mi son dedicato per servo perpetuo a laSantit S, ma tutti glingegnosi artefici di questa etne debbono aspettare onore e premio tale et occasionedesercitarsi talmente, che io gi mi rallegro di vederequeste arti arrivate nel suo tempo al supremo grado del-la lor perfezzione e Roma ornata di tanti e s nobili arte-fici, che annoverandoli con quelli di Fiorenza che tuttogiorno fa mettere in opera lEccellenzia V, speroche chi verr doppo noi ar da scrivere la quarta et delmio volume, dotato daltri maestri, daltri magisterii chenon sono i descritti da me, nella compagnia de quali iomi vo preparando con ogni studio di non esser degli ul-timi.

    Intanto mi contento che ella abbia buona speranza dime e migliore opinione di quella che senza alcuna mia col-pa nha forse conceputa; desiderando che ella non mi lasciopprimere nel suo concetto dellaltrui maligne relazioni fi-no a tanto che la vita e lopere mie mostreranno il contra-rio di quello che e dicono.

    Ora con quello animo che io tengo donorarla e di ser-virla sempre dedicandole questa mia rozza fatica, comeogni altra mia cosa, e me medesimo lho dedicato, la sup-

    Giorgio Vasari - Le vite de pi eccellenti architetti...

    3Letteratura italiana Einaudi

  • Giorgio Vasari - Le vite de pi eccellenti architetti...

    plico che non si sdegni di averne la protezzione o di miraralmeno a la devozione di chi gliela porge; et alla sua buo-na grazia raccomandandomi, umilissimamente le bacio lemani.

    D V Eccellenzia umilissimo servitore

    GIORGIO VASARI, Pittore Aretino.

    4Letteratura italiana Einaudi

  • PROEMIO

    Solevano gli spiriti egregii in tutte le azzioni loro, peruno acceso desiderio di gloria, non perdonare ad alcunafatica, quantunche gravissima, per condurre le opere lo-ro a quella perfezzione che le rendesse stupende e mara-vigliose a tutto il mondo; n la bassa fortuna di molti po-teva ritardare i loro sforzi del pervenire a sommi gradi,s per vivere onorati e s per lasciare ne tempi avenireeterna fama dogni rara loro eccellenza. Et ancora che dicos laudabile studio e desiderio fussero in vita altamen-te premiati dalla liberalit de principi e dalla virtuosaambizione delle republiche, e dopo morte ancora perpe-tuati nel conspetto del mondo con le testimonianze dellestatue, delle sepulture, delle medaglie et altre memoriesimili, la voracit del tempo nondimeno si vede manife-stamente che non solo ha scemate le opere proprie e lealtrui onorate testimonanze di una gran parte, ma can-cellato e spento i nomi di tutti quelli che ci sono statiserbati da qualunque altra cosa che dalle sole vivacissi-me e pietosissime penne delli scrittori. La qual cosa pivolte meco stesso considerando e conoscendo, non solocon lesempio degli antichi, ma de moderni ancora, chei nomi di moltissimi vecchi e moderni architetti, scultorie pittori insieme con infinite bellissime opere loro in di-verse parti di Italia si vanno dimenticando e consuman-do a poco a poco e di una maniera, per il vero, che einon se ne pu giudicare altro che una certa morte moltovicina, per difenderli il pi che io posso da questa secon-da morte, e mantenergli pi lungamente che sia possibi-le nelle memorie de vivi, avendo speso moltissimo tem-po in cercar quelle, usato diligenzia grandissima inritrovare la patria, lorigine e le azzioni degli artefici econ fatica grande ritrattole dalle relazioni di molti uomi-ni vecchi e da diversi ricordi e scritti lasciati dagli eredi

    Giorgio Vasari - Le vite de pi eccellenti architetti...

    5Letteratura italiana Einaudi

  • Giorgio Vasari - Le vite de pi eccellenti architetti...

    di quelli in preda della polvere e cibo de tarli, e ricevu-tone finalmente et utile e piacere, ho giudicato conve-niente, anzi debito mio, farne quella memoria che per ilmio debole ingegno e per il poco giudizio si potr fare.Ad onore dunque di coloro che gi sono morti, e benefi-cio di tutti gli studiosi, principalmente di queste tre artieccellentissime architettura, scultura e pittura, scriverrle vite delli artefici di ciascuna, secondo i tempi che eisono stati, di mano in mano da Cimabue insino ad oggi;non toccando altro degli antichi se non quanto facessi alproposito nostro, per non se ne poter dire pi che se neabbino detto quei tanti scrittori che sono pervenuti allaet nostra. Tratter bene di molte cose che si apparten-gono al magistero di qual si luna delle arti dette; maprima che io venga a segreti di quelle o alla istoria delliartefici, mi par giusto toccare in parte una disputa, natae nutrita tra molti senza proposito, del principato e no-bilit, non della architettura, che questa hanno lasciatada parte, ma della scultura e della pittura, essendo perluna e laltra parte addotte, se non tutte almeno molteragioni degne di essere udite e per gli artefici loro consi-derate. Dico dunque che gli scultori, come dotati forsedalla natura e dallo esercizio dellarte di migliore com-plessione, di pi sangue e di pi forze e per questo piarditi et animosi de nostri pittori, cercando di attribuireil pi onorato grado alla arte loro, arguiscono e provanola nobilit della scultura primieramente dalla antichitsua, per aver il grande Iddio fatto lo uomo, che fu la pri-ma scoltura, dicono che la scultura abbraccia molte piarti come congeneri e ne ha molte pi sottoposte che lapittura, come il basso rilievo, il far di terra, di cera o distucco, di legno, davorio, il gettare de metalli, ogni ce-selamento, il lavorare di incavo o di rilievo nelle pietrefini e negli acciai, et altre molte, le quali e di numero e dimaestria avanzano quelle della pittura; et allegando an-cora che quelle cose che si difendono pi e meglio dal

    6Letteratura italiana Einaudi

  • tempo e pi si conservano alluso degli uomini, a benefi-cio e servizio de quali elle son fatte, sono senza dubbiopi utili e pi degne desser tenute care et onorate chenon sono laltre, affermano la scultura essere tanto pinobile della pittura, quanto ella pi atta a conservare es et il nome di chi celebrato da lei ne marmi e nebronzi contro a tutte le ingiurie del tempo e della aria,che non essa pittura, la quale di sua natura pure, nonche per gli accidenti di fuora, perisce nelle pi riposte epi sicure stanze che abbino saputo dar loro gli architet-tori. Vogliano eziandio che il minor numero loro, nonsolo degli artefici eccellenti, ma degli ordinari, rispettoallo infinito numero de pittori, arguisca la loro maggio-re nobilit, dicendo che la scultura vuole una certa mi-gliore disposizione e di animo e di corpo, il che rado sitruova congiunto insieme; dove la pittura si contentadogni debole complessione purch abbia la man sicurase non gagliarda; e che questo intendimento loro sipruova similmente da maggior pregi citati particular-mente da Plinio, da gli amori causati dalla maravigliosabellezza di alcune statue e dal giudizio di colui che fecela statua della scultura di oro e quella della pittura dar-gento e pose quella alla destra e questa alla sinistra. Nlasciano ancora di allegare le difficult: prima dellaverla materia subbietta come i marmi et i metalli e la valutaloro rispetto alla facilit dellavere le tavole, le tele et icolori a piccolissimi pregi et in ogni luogo; di poi leestreme e gravi fatiche del maneggiare i marmi et i bron-zi per la gravezza loro e del lavorargli per quella de glistrumenti, rispetto alla leggerezza de pennegli, degli sti-li e delle penne, disegnatoi e carboni, oltra che di loro siaffatica lo animo con tutte le parti del corpo; et cosagravissima rispetto alla quieta e leggre opera dello ani-mo e della mano sola del dipintore. Fanno appressograndissimo fondamento sopra lo essere le cose tantopi nobili e pi perfette, quanto elle si accostano pi al

    Giorgio Vasari - Le vite de pi eccellenti architetti...

    7Letteratura italiana Einaudi

  • Giorgio Vasari - Le vite de pi eccellenti architetti...

    vero e dicono che la scultura imita la forma vera e mo-stra le sue cose girandole intorno a tutte le vedute, dovela pittura, per essere spianata con semplicissimi linea-menti di pennello e non avere che un lume solo, nonmostra che una apparenza sola. N hanno rispetto a diremolti di loro che la scultura tanto superiore alla pitturaquanto il vero alla bugia. Ma per la ultima e pi forte ra-gione adducono che allo scultore necessario non sola-mente la perfezzione del giudizio ordinaria, come al pit-tore, ma assoluta e subita, di maniera che ella conoscasin dentro a marmi lintero appunto di quella figura cheessi intendono di cavarne, e possa senza altro modelloprima fare molte parti perfette, che e le accompagni etunisca insieme, come ha fatto divinamente gi Michela-gnolo. Avvenga che mancando di questa felicit di giu-dizio, fanno agevolmente e spesso di quelli inconvenien-ti che non hanno rimedio, e che fatti, son sempretestimonii degli errori dello scarpello o del poco giudi-zio dello scultore. La qual cosa non avviene a pittori:percioch ad ogni errore di pennello o mancamento digiudizio che venisse lor fatto, hanno tempo, conoscen-doli da per loro o avertiti da altri possono ricoprirli emedicarli con il medesimo pennello che lo aveva fatto, ilquale, nelle man loro, ha questo vantaggio da gli scar-pelli dello scultore: che egli non solo sana, come facevail ferro della lancia di Achille, ma lascia senza margine lesue ferite.

    Alle quali cose rispondendo i pittori non senza sde-gno, dicono primieramente che, volendo gli scultoriconsiderare la cosa in sagrestia, la prima nobilit la lo-ro, e che gli scultori si ingannano di gran lunga a chia-mare opera loro la statua del primo padre, essendo statafatta di terra, larte della quale operazione mediante ilsuo levare e porre non manco de pittori che di altri, efu chiamata plastice da Greci e fictoria da Latini, e daPrassitele fu giudicata madre della scultura, del getto e

    8Letteratura italiana Einaudi

  • del cesello; cosa che fa la scultura veramente nipote allapittura, con ci sia che la plastice e la pittura naschinoinsieme e subito dal disegno. Et esaminata fuori di sa-grestia, dicono che tante sono e s varie le opinioni detempi, che male si pu credere pi alluna che allaltra, eche considerato finalmente questa nobilit dove e vo-gliono, nelluno de luoghi perdono e nellaltro non vin-cono, s come nel Proemio delle Vite pi chiaramentepotr vedersi. Appresso per riscontro delle arti congene-ri e sottoposte alla scultura, dicono averne molte pi diloro, come che la pittura abbracci la invenzione dellaistoria, la difficilissima arte degli scorti, tutti i corpi dellaarchitettura per poter fare i casamenti e la prospettiva, ilcolorire a tempera, larte del lavorare in fresco, differen-te e vario da tutti gli altri, similmente il lavorare a olio, inlegno, in pietra, in tele et il miniare, arte differente datutte, le finestre di vetro, il musaico de vetri, il commet-ter le tarsie di colori faccendone istorie con i legni tinti,che pittura, lo sgraffire le case con il ferro, il niello e lestampe di rame, membri della pittura, gli smalti de gliorefici, il commetter loro alla damaschina, il dipigner lefigure invetriate e fare ne vasi di terra istorie et altre fi-gure che reggono alla acqua, il tessere i broccati con lefigure e fiori e la bellissima invenzione degli arazzi tes-suti, che fa commodit e grandezza, potendo portar lapittura in ogni luogo e salvatico e domestico, senza chein ogni genere che bisogna essercitarsi, il disegno, che disegno nostro, lo adopra ognuno. S che molti pimembri ha la pittura e pi utili, che non ha la scultura.Non niegano la etternit poi, che cos la chiamano, dellesculture. Ben dicono questo non esser privilegio che fac-cia larte pi nobile che ella si sia di sua natura, per esse-re semplicemente della materia; e che se la lunghezzadella vita desse alle anime nobilit, il pino tra le piante etil cervio tra gli animali arebbon la anima oltramodo pinobile che non ha luomo. Nonostante che ei potessino

    Giorgio Vasari - Le vite de pi eccellenti architetti...

    9Letteratura italiana Einaudi

  • Giorgio Vasari - Le vite de pi eccellenti architetti...

    addurre una simile etternit e nobilt di materia ne mu-saici loro, per vedersene delli antichissimi quanto le piantiche sculture che siano in Roma, et essendosi usato difarli di gioie e pietre fini. E quanto al piccolo o minornumero loro, affermano che ci non perch la arte ri-cerchi miglior disposizione di corpo et il giudizio mag-giore, ma che ei depende in tutto da la povert delle su-stanzie loro e dal poco favore o avarizia, che vogliamochiamarlo, de gli uomini ricchi, i quali non fanno lorocommodit de marmi o danno occasione di lavorare,come si pu credere e vedesi che si fece ne tempi anti-chi, quando la scultura venne al sommo grado. Et ma-nifesto che chi non pu consumare o gittar via non pic-cola quantit di marmi e pietre forti, le quali costanopure assai, non pu fare quella pratica nella arte che siconviene, chi non vi fa la pratica non la impara e chi nonla impara non pu fare bene. Per la qual cosa doverre-bono escusare pi tosto con queste cagioni la imperfez-zione et il poco numero degli eccellenti che cercare ditrarre da esse sotto uno altro colore la nobilt. Quantoa maggior pregi delle sculture, rispondono che, quandoi loro fussino bene minori, non hanno a compartirli,contentandosi di un putto che macini loro i colori e por-ga i pennelli o le predelle di poca spesa, dove gli sculto-ri, oltre alla valuta grande della materia, vogliono dimolti aiuti e mettono pi tempo in una sola figura, chenon fanno essi in molte e molte; per il che appariscano ipregi loro essere pi della qualit e durazione di essamateria, delli aiuti che ella vuole a condursi e del tempoche vi si mette a lavorarla, che della eccellenzia della artestessa. E quando questa non serva n si truovi prezzomaggiore, come sarebbe facil cosa a chi volessi diligente-mente considerarla, truovino un prezzo maggiore delmaraviglioso, bello e vivo dono, che alla virtuosissima eteccellentissima opera di Apelle fece Alessandro il Ma-gno donandoli non tesori grandissimi o stato, ma la sua

    10Letteratura italiana Einaudi

  • amata e bellissima Campsaspe; et avvertischino di pi,che Alessandro era giovane, innamorato di lei e natural-mente a gli affetti di Venere sottoposto, e re insieme egreco, e poi ne faccino quel giudizio che piace loro. Agliamori di Pigmalione e di quelli altri scelerati non degnipi dessere uomini, citati per pruova della nobilit dellaarte, non sanno che si rispondere se da una grandissimacecit di mente e da una sopra ogni natural modo sfre-nata libidine si pu fare argumento di nobilt. E di quelnon so chi allegato dagli scultori daver fatto la sculturadoro e la pittura di argento, come di sopra, consentonoche, se egli avessi dato tanto segno di giudizioso quantodi ricco, non sarebbe da disputarla. E concludono final-mente che lo antico vello dello oro, per celebrato che esia, non vest per altro che un montone senza intelletto;per il che n il testimonio delle ricchezze n quello dellevoglie disoneste ma delle lettere, dello esercizio, dellabont e del giudizio son quelli a chi si debbe attendere.N rispondono altro alla dificult dello avere i marmi eti metalli, se non che questo nasce da la povert propria edal poco favore de potenti, come si detto, e non dagrado di maggiore nobilit. Alle estreme fatiche del cor-po et a pericoli proprii e delle opere loro, ridendo esenza alcun disagio rispondono che se le fatiche et i pe-ricoli maggiori arguiscono maggiore nobilit, larte delcavare i marmi de le viscere de monti, per adoperare iconii, i pali e le mazze, sar pi nobile della scultura,quella del fabbro avanzer lo orefice e quella del murarela architettura. E dicono appresso che le vere difficultstanno pi nello animo che nel corpo, onde quelle coseche di lor natura hanno bisogno di studio e di saperemaggiore, son pi nobili et eccellenti di quelle che pi siservono della forza del corpo; e che valendosi i pittoridella virt dellanimo pi di loro, questo primo onore siappartiene alla pittura. Agli scultori bastano le seste o lesquadre a ritrovare e riportare tutte le proporzioni e mi-

    Giorgio Vasari - Le vite de pi eccellenti architetti...

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  • Giorgio Vasari - Le vite de pi eccellenti architetti...

    sure che egli hanno di bisogno; a pittori necessario,oltre al sapere bene adoperare i sopradetti strumenti,una accurata cognizione di prospettiva, per avere a por-re mille altre cose che paesi o casamenti; oltra che biso-gna aver maggior giudicio per la quantit delle figure inuna storia dove pu nascer pi errori che in una sola sta-tua. Allo scultore basta aver notizia delle vere forme efattezze de corpi solidi e palpabili e sottoposti in tuttoal tatto e di quei soli ancora che hanno chi gli regge; alpittore necessario non solo conoscere le forme di tuttii corpi retti e non retti, ma di tutti i trasparenti et impal-pabili; et oltra questo bisogna che sappino i colori chesi convengono a detti corpi, la moltitudine e la varietde quali, quanto ella sia universalmente e proceda quasiin infinito, lo dimostrano meglio che altro i fiori et i frut-ti oltre a minerali; cognizione sommamente difficile adacquistarsi et a mantenersi per la infinita variet loro.Dicono ancora che dove la scultura per la inobbedienziaet imperfezzione della materia non rappresenta gli affet-ti dello animo se non con il moto, il quale non si stendeper molto in lei, e con la fazione stessa de membri, nanche tutti i pittori gli dimostrano con tutti i moti, chesono infiniti, con la fazione di tutte le membra per sotti-lissime che elle siano, ma che pi? con il fiato stesso econ gli spiriti della vista. E che a maggiore perfezzionedel dimostrare non solamente le passioni e gli affetti del-lo animo, ma ancora gli accidenti a venire, come fanno inaturali, oltre alla lunga pratica della arte bisogna loroavere una intera cognizione di essa fisionomia, dellaquale basta solo allo scultore la parte che considera laquantit e forma de membri, senza curarsi della qualitde colori, la cognizion de quali, chi giudica dagli occhiconosce quanto ella sia utile e necessaria alla vera imita-zione della natura, alla quale chi pi si accosta pi per-fetto. Appresso soggiungono che dove la scultura, levan-do a poco a poco, in un medesimo tempo d fondo et

    12Letteratura italiana Einaudi

  • acquista rilievo a quelle cose che hanno corpo di lor na-tura, e servesi del tatto e del vedere, i pittori in due tem-pi danno rilievo e fondo al piano con lo aiuto di un sen-so solo; la qual cosa quando ella stata fatta da personaintelligente della arte, con piacevolissimo inganno hafatto rimanere molti grandi uomini, per non dire deglianimali; il che non si mai veduto della scultura, pernon imitare la natura in quella maniera che si possa diretanto perfetta quanto la loro. E finalmente, per rispon-dere a quella intera et assoluta perfezzione di giudizioche si richiede alla scultura, per non aver modo di aggiu-gnere dove ella leva, affermando prima che tali errori so-no, come ei dicano, incorrigibili, n si pu rimediare lo-ro senza le toppe, le quali, cos come ne panni son coseda poveri di roba, nelle sculture e nelle pitture simil-mente son cose da poveri di ingegno e di giudizio. Dipoi che la pazienzia con un tempo conveniente, median-te i modelli, le centine, le squadre, le seste et altri milleingegni e strumenti da riportare, non solamente gli di-fendano dagli errori, ma fanno condur loro il tutto allasua perfezzione, concludono che questa difficult che eimettano per la maggiore, nulla o poco rispetto a quelleche hanno i pittori nel lavorare in fresco; e che la dettaperfezzione di giudizio non punto pi necessaria alliscultori che a pittori, bastando a quelli condurre i mo-delli buoni di cera, di terra o daltro, come a questi i lorodisegni in simili materie pure o ne cartoni; e che final-mente quella parte che riduce a poco a poco loro i mo-delli ne marmi, pi tosto pazienzia che altro. Ma chia-misi giudizio, come vogliono gli scultori, se egli pinecessario a chi lavora in fresco che a chi scarpella nemarmi. Percioch in quello non solamente non ha luogon la pazienzia n il tempo per essere capitalissimi nimi-ci della unione della calcina e de colori, ma perch loc-chio non vede i colori veri insino a che la calcina non ben secca, n la mano vi pu avere giudizio daltro che

    Giorgio Vasari - Le vite de pi eccellenti architetti...

    13Letteratura italiana Einaudi

  • Giorgio Vasari - Le vite de pi eccellenti architetti...

    del molle o secco; di maniera che chi lo dicessi lavorareal buio o con occhiali di colori diversi dal vero, non cre-do che errasse di molto; anzi non dubito punto che talnome non se li convenga pi che al lavoro dincavo, alquale per occhiali, ma giusti e buoni, serve la cera. E di-cono che a questo lavoro necessario avere un giudiziorisoluto, che antivegga la fine nel molle e quale egli ab-bia a tornar poi secco. Oltra che non si pu abbandona-re il lavoro, mentre che la calcina tiene de l fresco, e bi-sogna resolutamente fare in un giorno quello che fa lascultura in un mese. E chi non ha questo giudizio e que-sta eccellenzia, si vede nella fine del lavoro suo o co ltempo le toppe, le macchie, i rimessi et i colori soprap-posti o ritocchi a secco, che cosa vilissima; perch vi siscuoprono poi le muffe e fanno conoscere la insufficien-zia et il poco sapere dello artefice suo, s come fannobruttezza i pezzi rimessi nella scultura. Soggiungono an-cora che dove gli scultori fanno insieme due o tre figureal pi dun marmo solo, essi ne fanno molte in una tavo-la sola, con quelle tante e s varie vedute che coloro di-cono che ha una statua sola, ricompensando con la va-riet delle positure, scorci et attitudini loro il potersivedere intorno intorno quelle degli scultori. Affermanooltra di ci che la pittura non lascia elemento alcuno chenon sia ornato e ripieno di tutte le eccellenzie che la na-tura ha dato loro; dando la sua luce o le sue tenebre allaaria, con tutte le sue variet et impressioni et empiendo-la insieme di tutte le sorti degli ucelli; alle acque la tra-sparenza, i pesci, i muschi, le schiume, il variare delleonde, le navi e laltre sue passioni; alla terra i monti, ipiani, le piante, i frutti, i fiori, gli animali, gli edifizii, contanta moltitudine di cose e variet delle forme loro e deveri colori, che la natura stessa molte volte nha maravi-glia; e dando finalmente al fuoco tanto di caldo e di lu-ce, che e si vede manifestamente ardere le cose e quasitremolando nelle sue fiamme, rendere in parte luminose

    14Letteratura italiana Einaudi

  • le pi oscure tenebre della notte. Per le quali cose parloro potere giustamente conchiudere e dire che, contra-posto le difficult degli scultori alle loro, le fatiche delcorpo alle fatiche dello animo, la imitazione circa la for-ma sola alla imitazione della apparenzia circa la quantite la qualit che viene a lo occhio, il poco numero dellecose dove la scultura pu dimostrare e dimostra la virtsua allo infinito di quelle che la pittura ci rappresenta,oltra il conservarle perfettamente allo intelletto e farneparte in que luoghi che la natura non ha fatto ella, econtrapesato finalmente le cose delluna alle cose dellal-tra, la nobilt della scultura quanto a lo ingegno, a la in-venzione et a l giudizio degli artefici suoi, non corri-sponde a gran pezzo a quella che ha e merita la pittura.E questo quello che per luna e per laltra parte mi venuto a gli orecchi degno di considerazione.

    Ma perch a me pare che gli scultori abbino parlatocon troppo ardire et i pittori con troppo sdegno, peravere io assai tempo considerato le cose della scultura etessermi esercitato sempre nella pittura, quantunche pic-colo sia forse il frutto che se ne vede, nondimeno, e perquel tanto che egli e per la impresa di questi scritti giu-dicando mio debito dimostrare il giudizio che nello ani-mo mio ne ho fatto sempre, e vaglia la autorit miaquanto ella pu, dir sopra tal disputa sicuramente ebrevemente il parer mio; persuadendomi di non sotten-trare a carico alcuno di prosunzione o di ignoranzia,non trattando io de larti altrui, come hanno gi fattomolti per apparire nel vulgo intelligenti di tutte le cosemediante le lettere, e come tra gli altri avvenne a For-mione peripatetico in Efeso che, ad ostentazione dellaeloquenzia sua predicando e disputando de le virt eparti dello eccellente capitano, non meno de la prosun-zione che de la ignoranzia sua fece ridere Annibale. Di-co adunque che la scultura e la pittura per il vero sonosorelle, nate di un padre, che il disegno, in un sol parto

    Giorgio Vasari - Le vite de pi eccellenti architetti...

    15Letteratura italiana Einaudi

  • Giorgio Vasari - Le vite de pi eccellenti architetti...

    et ad un tempo; e non precedono luna alla altra se nonquanto la virt e la forza di coloro che le portano addos-so fa passare luno artefice innanzi a laltro, e non perdifferenzia o grado di nobilt che veramente si truovi in-fra di loro. E se bene per la diversit della essenzia lorohanno molte agevolezze, non sono elleno per n tante,n di maniera che elle non venghino giustamente con-trapesate insieme, e non si conosca la passione o la ca-parbiet pi tosto che il giudizio di chi vuole che lunaavanzi laltra. Laonde a ragione si pu dire che una ani-ma medesima regga due corpi; et io per questo conchiu-do che male fanno coloro che si ingegnano di disunirle edi separarle luna da laltra. De la qual cosa volendociforse sgannare il cielo e mostrarci la fratellanza e la unio-ne di queste due nobilissime arti, ha in diversi tempi fat-toci nascere molti scultori che hanno dipinto, e moltipittori che hanno fatto de le sculture; come si vedr nel-la vita di Antonio del Pollaiuolo, di Lionardo da Vinci edi molti altri di gi passati. Ma nella nostra et ci ha pro-dotto la bont divina Michelagnolo Buonarroti, nel qua-le amendue queste arti s perfette rilucono e s simili etunite insieme appariscono, che i pittori de le sue pitturestupiscono e gli scultori le sculture fatte da lui ammira-no e reveriscono sommamente. A costui, perch eglinon avesse forse a cercare da altro maestro dove agiata-mente collocare le figure fatte da lui, ha la natura donatos fattamente la scienzia della architettura che, senzaavere bisogno di altrui, pu e vale da s solo et a questeet a quelle imagini da lui formate dare onorato luogo etad esse conveniente; di maniera che egli meritamentedebbe esser detto scultore unico, pittore sommo et ec-cellentissimo architettore, anzi della architettura veromaestro. E ben possiamo certo affermare che e non er-rano punto coloro che lo chiamano divino, poich divi-namente ha egli in s solo raccolte le tre pi lodevoli artie le pi ingegnose che si truovino tra mortali, e con esse

    16Letteratura italiana Einaudi

  • ad esempio duno Idio infinitamente ci pu giovare. Etanto basti per la disputa fatta dalle parti e per la nostraopinione.

    E tornando oramai a l primo proposito, dico che, vo-lendo per quanto si estendono le forze mie, trarre da lavoracissima bocca del tempo i nomi degli scultori, pitto-ri et architetti che da Cimabue in qua sono stati in Italiadi qualche eccellenzia notabile, e desiderando che que-sta mia fatica sia non meno utile che io me la sia propo-sta piacevole, mi pare necessario, avanti che e si venga ala istoria, fare sotto brevit una introduzzione a quelletre arti nelle quali valsero coloro di chi io debbo scriverele vite; a cagione che ogni gentile spirito intenda primie-ramente le cose pi notabili delle loro professioni, et ap-presso con piacere et utile maggiore possa conoscereapertamente in che e fussero tra s differenti, e di quan-to ornamento e comodit alle patrie loro et a chiunquevolse valersi de la industria e sapere di quelli.

    Comincerommi dunque da larchitettura, come da lapi universale e pi necessaria et utile agli uomini, et alservizio et ornamento della quale sono laltre due; e bre-vemente dimostrerr la diversit delle pietre, le maniereo modi dello edificare con le loro proporzioni, et a che siconoschino le buone fabbriche e bene intese. Appresso,ragionando de la scultura, dir come le statue si lavori-no, la forma e la proporzione che si aspetta loro; e qualisiano le buone sculture, con tutti gli ammaestramentipi segreti e pi necessarii. Ultimamente discorrendo dela pittura, dir de l disegno, de modi del colorire, de lperfettamente condurre le cose, de la qualit di esse pit-ture e di qualunche cosa che da questa dependa, demusaici dogni sorte, de l niello, de gli smalti, de lavoria la damaschina e finalmente poi de le stampe delle pit-ture. E cos mi persuado che queste fatiche mie dilette-ranno coloro che non sono di questi esercizii, e dilette-ranno e gioveranno a chi ne ha fatto professione.

    Giorgio Vasari - Le vite de pi eccellenti architetti...

    17Letteratura italiana Einaudi

  • Giorgio Vasari - Le vite de pi eccellenti architetti...

    Perch, oltra che nella introduzzione rivedranno i modidello operare, e nelle vite di essi artefici imparerannodove siano lopere loro et a conoscere agevolmente laperfezzione o imperfezzione di quelle e discernere tramaniera e maniera, e potranno accorgersi ancora quan-to meriti lode et onore chi con le virt di s nobili arti ac-compagna onesti costumi e bont di vita; et accesi diquelle laudi che hanno conseguite i s fatti, si alzerannoessi ancora a la vera gloria. N si caver poco frutto de lastoria, vera guida e maestra delle nostre azzioni, leggen-do la varia diversit di infiniti casi occorsi a gli artefici,qualche volta per colpa loro e molte altre della fortuna.Resterebbemi a fare scusa de lo avere alle volte usatoqualche voce non ben toscana, de la qual cosa non voparlare, avendo avuto sempre pi cura di usare le voci eti vocaboli particulari e proprii delle nostre arti che i leg-giadri o gli snelli della delicatezza degli scrittori. Siamilecito adunche usare nella propria lingua le proprie vocide nostri artefici, e contentisi ognuno de la buona vo-lont mia, la quale si mossa a fare questo effetto, nonper insegnare ad altri, che non so per me, ma per deside-rio di conservare almanco questa memoria degli arteficipi celebrati, poich in tante decine di anni non ho sa-puto vedere ancora chi nabbia fatto molto ricordo. Conci sia che io ho pi tosto voluto con queste rozze fati-che mie, ombreggiando gli egregii fatti loro, renderli inqualche parte lobligo che io tengo alle opere sue che misono state maestre ad imparare quel tanto che io so, chemalignamente, vivendo in ozio, esser censore delle ope-re altrui, accusandole e riprendendole come i nostrispesso costumano. Ma egli gi tempo di venire a lo ef-fetto.

    F I N E D E L P R O E M I O

    18Letteratura italiana Einaudi

  • CAP. I

    De le diverse pietre che servono a gli architetti per gli orna-menti e per le statue alla scoltura.

    Quanto sia grande lutile, che ne apporta larchitettu-ra, non accade a me raccontarlo, per trovarsi molti scrit-tori i quali diligentissimamente et a lungo nhanno trat-tato. E per questo lasciando da una parte le calcine, learene, i legnami, i ferramenti, e l modo del fondare etutto quello che si adopera alla fabrica, e lacque, le re-gioni et i siti largamente gi descritti da Vitruvio e dalnostro Leon Batista Alberti, ragioner solamente, perservizio de nostri artefici e di qualunque brama sapere,come debbano essere universalmente le fabriche, equanto di proporzione unite e di corpi, per conseguirequella graziata bellezza che si desidera, brevemente rac-corr insieme tutto quello che mi parr necessario aquesto proposito. Et accioch pi manifestamente appa-risca la grandissima difficult del lavorar delle pietre,che son durissime e forti, ragioneremo distintamente,ma con brevit, di ciascuna sorte di quelle che maneg-giano i nostri artefici, e primieramente del porfido. Que-sto una pietra rossa con minutissimi schizzi bianchicondotta nella Italia gi de lo Egitto; dove comunemen-te si crede che nel cavarla ella sia pi tenera che quandoella stata fuori della cava alla pioggia, al ghiaccio et alsole; perch tutte queste cose la fanno pi dura e pidifficile a lavorarla. Di questa se ne veggono infiniteopere lavorate, parte con gli scarpelli, parte segate, eparte con ruote e con gli smerigli consumate a poco apoco; come se ne vede in diversi luoghi diversamentepi cose, ci quadri, tondi et altri pezzi spianati per farpavimenti e cos statue per gli edifici, et ancora grandis-simo numero di colonne e picciole e grandi, e fontane

    Giorgio Vasari - Le vite de pi eccellenti architetti...

    19Letteratura italiana Einaudi

  • Giorgio Vasari - Le vite de pi eccellenti architetti...

    con teste di varie maschere intagliate con grandissimadiligenzia. Veggonsi ancora oggi sepolture con figure dibasso e mezzo rilievo condotte con gran fatica, come alTempio di Bacco fuor di Roma, a Santa Agnesa, la se-poltura che e dicono di Santa Gostanza figliuola di Go-stantino Imperadore, dove son dentro molti fanciullicon pampani et uve, che fanno fede della difficultchebbe chi la lavor nella durezza di quella pietra. Ilmedesimo si vede in un pilo a Santo Ianni Laterano, vi-cino alla Porta Santa, ch storiato; et evvi dentro grannumero di figure. Vedesi ancora sulla piazza della Ri-tonda una bellissima cassa fatta per sepoltura, la quale lavorata con grande industria e fatica; et per la sua for-ma di grandissima grazia e di somma bellezza e moltovaria dallaltre. Et in casa di Egidio e di Fabio Sasso nesoleva essere una figura a sedere di braccia tre e mezzo,condotta a d nostri con il resto delle altre statue in casaFarnese. Nel cortile ancora di casa La Valle sopra una fi-nestra una lupa molto eccellente, e nel lor giardino i dueprigioni legati, del medesimo porfido, i quali son quat-tro braccia daltezza luno, lavorati da gli antichi congrandissimo giudicio, arte e disegno; i quali sono oggilodati straordinariamente da tutte le persone eccellenti,conoscendosi la difficult che hanno avuto a condurliper la durezza della pietra. A d nostri non s mai con-dotto pietre di questa sorte a perfezzione alcuna, peravere gli artefici nostri perduto il modo del temperare iferri e cos gli altri stormenti da condurle. Vero che sene va segando con lo smeriglio rocchi di colonne e moltipezzi, per accomodarli in ispartimenti per piani e cos inaltri varii ornamenti per fabriche, andandolo consuman-do a poco a poco con una sega di rame senza denti tiratadalle braccia di due uomini, la quale con lo smeriglio ri-dotto in polvere e con lacqua che continuamente la ten-ga molle, finalmente pur lo ricide. Ma per volerne fare ocolonne o tavole, cos si lavora: fannosi per questo effet-

    20Letteratura italiana Einaudi

  • to alcune martella gravi e grosse con le punte dacciaiotemperato fortissimamente col sangue di becco e lavora-te a guisa di punte di diamanti, con le quali picchiandominutamente in sul porfido e scantonandolo a poco apoco il meglio che si pu, si riduce pur finalmente o atondo o a piano come pi aggrada allo artefice, con fati-ca e tempo non picciolo, ma non gi a forma di statue,che di questo non abbiamo la maniera; e si gli d il puli-mento con lo smeriglio e col cuoio strofinandolo, cheviene di lustro molto pulitamente lavorato e finito.

    Succede al porfido il serpentino, il quale pietra dicolor verde scuretta alquanto, con alcune crocette den-tro giallette e lunghe per tutta la pietra, della quale nelmedesimo modo si vagliono gli artefici per far colonne epiani per pavimenti per le fabriche; ma di questa sortenon s mai veduto figure lavorate, ma s bene infinitonumero di base per le colonne e piedi di tavole et altrilavori pi materiali. Perch questa sorte di pietra sischianta, ancor che sia dura pi che l porfido, e riesce alavorarla pi dolce e men faticosa che l porfido, e cava-si in Egitto e nella Grecia, e la sua saldezza ne pezzi non molto grande.

    Pi tenera poi di questa il cipollaccio, pietra che sicava in diversi luoghi; il quale di color verde acerbo egialletto, et ha dentro alcune macchie nere quadre pic-ciole e grandi, e cos bianche alquanto grossette, e siveggono di questa sorte in pi luoghi colonne grosse esottili e porte et altri ornamenti, ma non figure. Questapiglia il pulimento come il porfido et il serpentino et an-cora si sega come laltre sorti di pietra dette di sopra, ese ne trovano in Roma infiniti pezzi sotterrati nelle ruineche giornalmente vengono a luce, e delle cose antiche sene sono fatte opere moderne, porte et altre sorti di orna-menti che fanno, dove elle si mettono, ornamento egrandissima bellezza.

    cci unaltra pietra chiamata mischio dalla mescolan-

    Giorgio Vasari - Le vite de pi eccellenti architetti...

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  • Giorgio Vasari - Le vite de pi eccellenti architetti...

    za di diverse pietre congelate insieme e fatto tuttuna daltempo e dalla crudezza dellacque. E di questa sorte sene trova copiosamente in diversi luoghi, come ne montidi Verona, in quelli di Carrara et in quei di Prato in To-scana, cos nella Grecia e nello Egitto, che son molto piduri che i nostri italiani; e di questa ragion pietra se netrova di tanti colori quanto la natura lor madre s dicontinuo dilettata e diletta di condurre a perfezzione. Diquesti s fatti mischi se ne veggono in Roma ne tempinostri opere antiche e moderne, come colonne, vasi,fontane, ornamenti di porte e diverse incrostature pergli edifici e molti pezzi ne pavimenti. Se ne vede diversesorti di pi colori, chi tira al giallo et al rosso, alcuni albianco et al nero, altri al bigio et al bianco pezzato dirosso e venato di pi colori; cos certi rossi, verdi, neri ebianchi che sono orientali, ch specie pi dura e pibella di colore e pi fine, come ne fanno fede oggi duecolonne di braccia dodici di altezza nella entrata di SanPietro di Roma, le quali reggono le prime navate, et unan da una banda e laltra dallaltra. Di questa sortequella ch ne monti di Verona molto pi tenera chelorientale infinitamente, e ne cavano in questo luogoduna sorte ch rossiccia e tira in color ceciato; e questesorti si lavorano tutte bene a giorni nostri con le tempe-re e co ferri s come le pietre nostrali, e se ne fa e fine-stre e colonne e fontane e pavimenti e stipidi per le por-te e cornici, come ne rende testimonanza la Lombardia etutta la Italia ancora.

    Trovasi unaltra sorte di pietra durissima, molto piruvida e picchiata di neri e bianchi e talvolta di rossi, daltiglio e dalla grana di quella, comunemente detta grani-to. Della quale si truova nello Egitto saldezze grandissi-me e da cavarne altezze incredibili, come oggi si veggo-no in Roma negli obelischi, aguglie, piramidi, colonne etin que grandissimi vasi de bagni che abbiamo a SanPiero in Vincola et a San Salvatore del Lauro et a San

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  • Marco et in colonne quasi infinite, che per la durezza esaldezza loro non hanno temuto fuoco n ferro; et iltempo istesso, che tutte le cose caccia a terra, non sola-mente non le ha distrutte, ma n pur cangiato loro il co-lore. E per questa cagione gli Egizzii se ne servivano peri loro morti, scrivendo in queste aguglie coi caratteri lo-ro strani la vita de grandi per mantener la memoria del-la nobilt e virt di quegli.

    Venivane dEgitto medesimamente duna altra ragio-ne bigio, il quale tra pi in verdiccio i neri et i picchiatibianchi, molto duro certamente, ma non s che i nostriscarpellini per la fabrica di San Pietro non abbiano dellespoglie, che hanno trovato messe in opera, fatto s checon le tempere de ferri che ci sono al presente, hannoridotto le colonne e laltre cose a quella sottigliezzachhanno voluto e datoli bellissimo pulimento simile alporfido. Di questo granito bigio dotata la Italia in mol-te parti, ma le maggiori saldezze che si trovino sononellisola dellElba, dove i Romani tennero di continuouomini a cavare infinito numero di questa pietra. E diquesta sorte ne sono parte le colonne del portico dellaRitonda, le quali son molto belle e di grandezza straor-dinaria; e vedesi che nella cava quando si taglia, pi te-nero assai che quando stato cavato, e che vi si lavoracon pi facilit. Vero che bisogna per la maggior partelavorarlo con quelle martelline che abbiano la punta co-me quelle del porfido e nelle gradine una dentatura ta-gliente dallaltro lato.

    Cavasi del medesimo Egitto e di alcuni luoghi di Gre-cia ancora, certa sorte di pietra nera detta paragone, laquale ha questo nome perch volendo saggiar loro, sar-ruota su quella pietra e si conosce il colore, e per questoparagonandovi su, vien detto paragone; questa di pispecie di grana e di colore, che chi non ha il nero mora-to affatto, e chi non gentile di grana o finezza, dellaquale ne fecero gli antichi alcune di quelle sfingi et altri

    Giorgio Vasari - Le vite de pi eccellenti architetti...

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  • Giorgio Vasari - Le vite de pi eccellenti architetti...

    animali, come in Roma in diversi luoghi, e di maggiorsaldezza una figura in Parione duno ermafrodito ac-compagnata da unaltra statua di porfido bellissima. Laqual pietra dura a intagliarsi, ma bella straordinaria-mente e piglia un lustro molto mirabile. Di questa me-desima sorte se ne trova ancora in Toscana ne monti diPrato, vicino a Fiorenza a X miglia, e cos ne monti diCarrara, della quale alle sepolture moderne se ne veggo-no molte casse e dipositi per i morti, e nella incrostaturadi fuori del tempio di Santa Maria del Fiore di Fiorenza,per tutto lo edificio una sorte di marmo nero e marmorosso, che tutto si lavora in un medesimo modo.

    Cavasi alcuna sorte di marmi in Grecia et in tutte leparti dOriente, che son bianchi e gialleggiano e tra-spaiono molto, i quali erano adoperati da gli antichi perbagni e per stuffe e per tutti que luoghi dove il ventopotesse offendere gli abitatori. Come oggi se ne veggonoancora alcune finestre nella tribuna di San Miniato aMonte, luogo de monaci di Monte Oliveto in su le por-te di Fiorenza, che rendono chiarezza e non vento. Econ questa invenzione riparavano al freddo e facevanolume alle abitazioni loro. In questa cava medesima cava-vano altri marmi senza vene, ma del medesimo colore,del quale eglino facevano le pi nobili statue. Questimarmi di tiglio e di grana erano finissimi e se ne serviva-no ancora tutti quegli che intagliavano capitegli, orna-menti et altre cose di marmo per larchitettura. E vi eransaldezze grandissime di pezzi, come appare ne gigantidi Monte Cavallo di Roma e nel Nilo di Belvedere et intutte le pi degne e celebrate statue. E si conoscono es-ser greche, oltra il marmo, alla maniera delle teste et allaacconciatura del capo et a i nasi delle figure, i quali sonodallappiccatura delle ciglia alquanto quadri fino alle na-re del naso. E questo si lavora coi ferri ordinarii e coitrapani, e si gli d il lustro con la pomice e col gesso diTripoli, col cuoio e struffoli di paglia.

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  • Sono nelle montagne di Carrara, nella Carfagnana vi-cino a i monti di Luni, molte sorti di marmi, come mar-mi neri et alcuni che traggono in bigio, et altri che sonomischiati di rosso et alcuni altri che son con vene bigieche sono crosta sopra a marmi bianchi; perch non sonpurgati, anzi offesi dal tempo, dallacqua e dalla terra,piglian quel colore. Cavansi ancora altre specie di marmiche son chiamati cipollini e saligni e campanini e mi-schiati, e per lo pi una sorte di marmi bianchissimi elattati che sono gentili et in tutta perfezzione per far lefigure. E vi s trovato da cavarsi saldezze grandissime, ese n cavato ancora a giorni nostri pezzi di nove brac-cia per far giganti; e dun medesimo sasso cavatone due,et inoltre colonne della medesima altezza per la facciatadi San Lorenzo condottane una in Fiorenza. Et in que-ste cave sessercitarono tutti gli antichi; et altri marmiche questi non adoperarono per fare que maestri chefuron s eccellenti le loro statue essercitandosi di conti-nuo, mentre si cavavano le lor pietre per far le loro sta-tue, in fare ne sassi medesimi delle cave bozze di figure;come ancora oggi se ne veggono le vestigia di molte inquel luogo. Di questa sorte adunque cavano oggi i mo-derni le loro statue, e non solo per il servizio della Italia,ma se ne manda in Francia, in Inghilterra, in Ispagna etin Portogallo; come appare oggi per la sepoltura fatta inNapoli da Giovan da Nola, scultore eccellente a DonPietro di Toledo Vicer di quel regno, che tutti i marmigli furon donati e condotti in Napoli dallo illustrissimoet eccellentissimo Signore Cosmo de Medici Duca diFiorenza, la quale opra si conduce in Ispagna. Questasorte di marmi ha in s saldezze maggiori e pi pastose emorbide a lavorarle, e se le d bellissimo pulimento pichad altra sorte di marmo. Vero che si viene talvolta ascontrarsi in alcune vene, domandate da gli scultorismerigli, i quali sogliono rompere i ferri. Questi marmisi abbozzano con una sorte di ferri chiamati subbie, che

    Giorgio Vasari - Le vite de pi eccellenti architetti...

    25Letteratura italiana Einaudi

  • Giorgio Vasari - Le vite de pi eccellenti architetti...

    hanno la punta a guisa di pali a facce e pi grossi e sotti-li; e di poi seguitano con scarpelli detti calcagnuoli, iquali nel mezzo del taglio hanno una tacca, e cos conpi sottili di mano in mano, che abbiano pi tacche, egli intaccano quando sono arruotati con uno altro scar-pello. E questa sorte di ferri chiamano gradine, perchcon esse vanno gradinando e riducendo a fine le lor fi-gure; dove poi con lime di ferro diritte e torte vanno le-vando le gradine che son restate nel marmo: e cos poicon la pomice arruotando a poco a poco gli fanno la pel-le che vogliano; e tutti gli strafori che fanno, per non in-tronare il marmo gli fanno con trapani di minore e mag-gior grandezza e di peso di dodici libre luno e qualchevolta venti, che di questi ne hanno di pi sorte, per farmaggiori e minori buche, e gli servon questi per finireogni sorte di lavoro e condurlo a perfezzione. De mar-mi bianchi venati di bigio gli scultori e gli architetti nefanno ornamenti per porte e colonne per diverse case;servonsene per pavimenti e per incrostature nelle lor fa-briche, e gli adoperano a diverse specie di cose; simil-mente fanno di tutti i marmi mischiati.

    I marmi cipollini sono unaltra specie, di grana e colo-re differente, e di questa sorte n ancora altrove che aCarrara; e questi il pi pendono in verdiccio e son pienidi vene, che servono per diverse cose e non per figure.Quegli che gli scultori chiamano saligni, che tengono dicongelazione di pietra per esservi que lustri chappari-scono nel sale e traspaiono alquanto, fatica assai a far-ne le figure; perch hanno la grana della pietra ruvida egrossa e perch ne tempi umidi gocciano acqua di con-tinuo o vero sudano. Quegli che si dimandano campani-ni son quella sorte di marmi che suonano quando si la-vorano et hanno un certo suono pi acuto degli altri;questi son duri e si schiantano pi facilmente che laltresorti sudette e si cavano a Pietrasanta.

    Cavasi unaltra sorte di pietra chiamato trevertino, il

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  • quale serve molto per edificare e fare ancora intagli didiverse ragioni; che per Italia in molti luoghi se ne va ca-vando, come in quel di Lucca et a Pisa et in quel di Sie-na da diverse bande, ma le maggiori saldezze e le miglio-ri pietre, ci quelle che son pi gentili, si cavano in sulfiume del Teverone a Tigoli, ch tutta specie di conge-lazione dacque e di terra, che per la crudezza e freddez-za sua non solo congela e petrifica la terra, ma i ceppi, irami e le fronde de gli alberi. E per lacqua che rimandentro non si potendo finire di asciugare quando elleson sotto lacqua, vi rimangono i pori della pietra cavati,che pare spugnosa e buccheraticcia egualmente di den-tro e di fuori. Gli antichi di questa sorte pietra fecero lepi mirabili fabriche et edifici che facessero; come appa-re il Coliseo e lErario da San Cosmo e Damiano e moltialtri edifici, e ne mettevano ne fondamenti delle lor fa-briche infinito numero; e lavorandoli non furon moltocuriosi di farli finire, ma se ne servivano rusticamente. Equesto forse facevano perch hanno in s una certagrandezza e superbia. Ma ne giorni nostri s trovatochi gli ha lavorati sottilissimamente, come si vede in queltempio tondo, ch cominciato e non finito, salvo chetutto il basamento, in sulla piazza di San Luigi de Fran-cesi in Roma; il quale fu condotto da un francese chia-mato Maestro Gian che studi larte dello intaglio in Ro-ma e divenne tanto raro che fece il principio di questaopera, la quale pu stare al paragone di quante cose ec-cellenti antiche e moderne che si sian viste dintaglio dital pietra, per avere straforato sfere di astrologi et alcunesalamandre nel fuoco, imprese reali, et in altre libriaperti con le carte lavorati con diligenza, trofei e ma-schere, le quali rendono testimonio della eccellenza ebont da poter lavorarsi quella pietra simile al marmo,ancor che sia rustica; e recasi in s una grazia per tutto,vedendo quella spugnosit de buchi unitamente, che fabel vedere. Questa sorte di pietra bonissima per le mu-

    Giorgio Vasari - Le vite de pi eccellenti architetti...

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  • Giorgio Vasari - Le vite de pi eccellenti architetti...

    raglie, avendo sotto squadratola o scorniciata, perch sipu incrostarla di stucco, con coprirla con esso et inta-gliarvi ci chaltri vuole; come fecero gli antichi nelle en-trate publiche del Culiseo et in molti altri luoghi; e comeha fatto a giorni nostri Antonio da San Gallo nella saladel palazzo del papa dinanzi alla capella, dove ha incro-stato de trevertini con stucco con vari intagli eccellen-tissimamente.

    cci unaltra sorte di pietre che tendono a l nero enon servono a gli architettori se non a lastricare tetti.Queste sono lastre sottili, prodotte a suolo a suolo daltempo e dalla natura per servizio degli uomini, che nefanno ancora pile, murandole talmente insieme che ellecommettino luna ne laltra, e le empiono dolio secondola capacit de corpi di quelle, e sicurissimamente ve loconservano. Nascono queste nella riviera di Genova, et ipittori se ne servono a lavorarvi su le pitture a olio, per-ch elle vi si conservano su molto pi lungamente chenelle altre cose, come al suo luogo si ragioner ne capi-toli della pittura. Adviene questo medesimo de la pietradetta piperno, pietra nericcia e spugnosa come il trever-tino, la quale si cava per la campagna di Roma; e se nefanno stipiti di finestre e porte in diversi luoghi come aNapoli et in Roma; e serve ella ancora a pittori a lavo-rarvi su a olio, come al suo luogo racconteremo.

    Cavasi ancora in Istria una pietra bianca livida, laquale molto agevolmente si schianta; e di questa sopradi ogni altra si serve non solamente la citt di Vinegia,ma tutta la Romagna ancora, facendone tutti i loro lavo-ri, e di quadro e dintaglio. E con sorte di stromenti eferri pi lunghi che gli altri la vanno lavorando, e massi-mamente con certe martelline, e vanno secondo la faldadella pietra, per essere ella tanto frangibile. E di questasorte pietra ne ha messo in opera una gran copia M Iacopo Sansovino, il quale ha fatto in Vinegia loedificio dorico della Panatteria et il toscano alla Zecca in

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  • sulla piazza di San Marco. E cos tutti i lor lavori vannofacendo per quella citt, e porte, finestre, cappelle et al-tri ornamenti che lor vien comodo di fare; nonostanteche da Verona per il fiume dello Adige abbino comoditdi condurvi i mischi et altra sorte di pietre, delle qualipoche cose si veggono, per aver pi in uso questa. Nellaquale spesso vi commettono dentro porfidi, serpentiniet altre sorti di pietre mischie che fanno, accompagnatecon esse, bellissimo ornamento.

    Restaci la pietra serena e la bigia detto macigno e lapietra forte che molto susa per Italia, dove son monti emassime in Toscana, per lo pi in Fiorenza e nel suo do-minio. Quella cheglino chiamano pietra serena quellasorte che trae in azzurrigno o vero tinta di bigio, dellaquale n ad Arezzo cave in pi luoghi, a Cortona, a Vol-terra e per tutti gli Appennini, e ne monti di Fiesole bellissima, per esservisi cavato saldezze grandissime dipietre, come veggiamo in tutti gli edifici che sono in Fio-renza fatti da Filippo di Ser Brunellesco, il quale fece ca-vare tutte le pietre di San Lorenzo e di Santo Spirito etaltre infinite che sono in ogni edificio per quella citt.Questa sorte di pietra bellissima a vedere, ma dove siaumidit e vi piova su o abbia ghiacciati addosso, si logo-ra e si sfalda; ma al coperto ella dura in infinito.

    Ma molto pi durabile di questa e regge pi e moltopi bel colore una sorte di pietra azzurrigna che si di-manda oggi la pietra del Fossato; la quale quando si ca-va il primo filare, ghiaioso e grosso, il secondo menanodi e fessure, il terzo mirabile perch pi fine. Del-la qual pietra Michele Agnolo s servito nella libreria esagrestia di San Lorenzo, per Papa Clemente; la qualpietra gentile di grana, et ha fatto condurre le cornici,le colonne et ogni lavoro con tanta diligenza, che dar-gento non resterebbe s bella. E questa piglia un puli-mento bellissimo e non si pu desiderare in questo ge-nere cosa migliore.

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  • Giorgio Vasari - Le vite de pi eccellenti architetti...

    Fuor di questa n unaltra specie, ch detta pietraserena per tutto il monte, ch pi ruvida e pi dura enon tanto colorita, che tiene di specie di nodi dellapietra; la quale regge allacqua, al ghiaccio, e se ne fa fi-gure et altri ornamenti intagliati. E di questa n la Dovi-zia, figura di man di Donatello in su la colonna di Mer-cato Vecchio in Fiorenza, cos molte altre statue fatte dapersone eccellenti non solo in quella citt, ma per il do-minio.

    Cavasi per diversi luoghi la pietra forte, la qual reggeallacqua, al sole, al ghiaccio et a ogni tormento; e vuoltempo a lavorarla, ma si conduce molto bene; e non vmolte gran saldezze. Della quale se n fatto, e per i Got-ti e per i moderni, i pi belli edifici che siano per la To-scana. Questa ha il colore alquanto gialliccio, con alcunevene di bianco sottilissime che le danno grandissimagrazia; e cos se n usato fare qualche statua ancora, do-ve abbiano a esser fontane, perch reggano allacqua. Edi questa sorte pietra murato il palazzo de Signori, laLoggia, Or San Michele, et il di dentro di tutto il corpodi Santa Maria del Fiore e cos tutti i ponti di quellacitt, il palazzo de Pitti e quello de gli Strozzi. Questavuole esser lavorata con le martelline, perch pi soda;e cos laltre pietre sudette vogliono esser lavorate nelmedesimo modo che s detto del marmo e dellaltresorti di pietre. Imper, nonostante le buone pietre e letempere de ferri, di necessit larte, lintelligenza egiudicio di coloro che le lavorano; perch grandissimadifferenza ne gli artefici, tenendo una misura medesimada mano a mano, in dar grazia e bellezza allopere che silavorano. E questo fa discernere e conoscere la perfez-zione del fare da quegli che sanno a quei che manco san-no. Per consistere adunque tutto il buono e la bellezzadelle cose estremamente lodate ne gli estremi della per-fezzione che si d alle cose, che tali son tenute da coloroche intendono, bisogna con ogni industria ingegnarsi

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  • sempre di farle perfette e belle, anzi bellissime e perfet-tissime.

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  • Giorgio Vasari - Le vite de pi eccellenti architetti...

    CAP. II

    Che cosa sia il lavoro di quadro semplice et il lavoro di quadrointagliato.

    Avendo noi ragionato cos in genere di tutte le pietre,che o per ornamenti o per iscolture servono a gli arteficinostri ne loro bisogni, diciamo ora che quando elle silavorano per la fabrica tutto quello dove si adopera lasquadra e le seste e che ha cantoni, si chiama lavoro diquadro. E questo cognome deriva dalle facce e da glispigoli che son quadri, perch ogni ordine di cornici ocosa che sia diritta o vero risaltata et abbia cantonate, opera che ha il nome di quadro, e per volgarmente sidice fra gli artefici lavoro di quadro. Ma sella non restacos pulita, intagliandosi poi in tai cornici, fregi, foglia-mi, uovoli, fusaruoli, dentelli, guscie et altre sorti dinta-gli, in que membri che sono eletti a intagliarsi da chi lefa, ella si chiama opra di quadro intagliata o vero lavorodintaglio. Di questa sorte opra di quadro e dintaglio sene fanno tutte le sorti ordini: rustico, dorico, ionico, co-rinto e composto, e cos se ne fece al tempo de Gotti illavoro tedesco; e non si pu lavorare nessuna sorte dor-namenti, che prima non si lavori di quadro e poi dinta-glio, cos pietre mischie e marmi e dogni sorte pietra,cos come ancora di mattoni, per avervi a incrostar suopra di stucco intagliata, similmente di legno di noce edalbero e dogni sorte legno. Ma perch molti non san-no conoscere le differenze che sono da ordine a ordine,ragioneremo distintamente nel capitolo che segue di cia-scuna maniera o modo pi brevemente che noi potre-mo.

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  • CAP. III

    De cinque ordini darchitettura: rustico, dorico, ionico, corin-to, composto, e del lavoro tedesco.

    Il lavoro chiamato rustico pi nano di tutti gli altri edi pi grossezza che tutti gli altri, per essere il principioe fondamento di tutti gli altri ordini; e si fa nelle moda-nature delle cornici pi semplici, cos ne capitelli o baseet in ogni suo membro. I suoi zoccoli o piedistalli che glivogliam chiamare, dove posano le colonne, sono quadridi proporzione, con lavere da pi la sua fascia soda ecos unaltra di sopra, che lo ricinga in cambio di corni-ce. Laltezza della sua colonna si fa di sei teste, a imita-zione di persone nane et atte a regger peso; e di questasorte se ne vede in Toscana molte logge pulite et alla ru-stica, con bozze e nicchie fra le colonne e senza, e cosmolti portichi che gli costumarono gli antichi nelle lorville; et in Campagna se ne vede ancora molte sepolture,come a Tigoli, et a Pozzuolo. Servironsi di questo ordinegli antichi per porte, finestre, ponti, acquidotti, erarii daconservar tesori, castelli, torri e rocche da conservarmunizione, artiglieria, e porti di mare, prigioni e fortez-ze, dove si fa cantonate a punte di diamanti et a pi fac-ce bellissime. E di questa opera n molto per le ville deFiorentini, portoni, entrate e case e palazzi dove e vil-leggiono; che non solo recano bellezza et ornamento in-finito a quel contado, ma utilit e comodo grandissimo ai cittadini. Ma molto pi dotata la citt di fabriche stu-pendissime fatte di bozze, come quella di casa Medici, lafacciata del palazzo de Pitti, quello de gli Strozzi et altriinfiniti. Questa sorte di edificii tanto quanto pi sodi esemplici si fanno e con buon disegno, tanto pi maestriae bellezza vi si conosce dentro; et necessario che que-sta sorte di fabrica sia pi eterna e durabile di tutte lal-tre, avvenga che sono i pezzi delle pietre maggiori, e

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  • Giorgio Vasari - Le vite de pi eccellenti architetti...

    molto miglior commettiture, dove si va collegando tuttala fabrica con una pietra che lega laltra pietra. E perchelle son pulite e sode di membri, non hanno possanza icasi di fortuna o del tempo nuocergli tanto rigidamentequanto fanno alle altre pietre intagliate e traforate o, co-me dicono i nostri, campate in aria dalla diligenza degliintagliatori.

    Lordine dorico fu il pi massiccio che avessero iGreci e pi robusto di fortezza e di corpo, e molto pide gli altri loro ordini collegato insieme, e non solo iGreci ma i Romani ancora dedicarono questa sorte diedificii a quelle persone cherano armigeri come impera-tori de gli esserciti, consoli e pretori; ma a gli dei loromolto maggiormente, come a Giove, Marte, Ercole et al-tri, avendo sempre avvertenza di distinguere, secondo illor genere, la differenza della fabrica o pulita o intagliatao pi semplice o pi ricca, acci che si potesse conosce-re da gli altri il grado e la differenza fra glimperatori odi chi faceva fabricare. Diremo adunque che questa sor-te di lavoro si pu usare solo da s et ancora metterlo nelsecondo ordine da basso sopra il rustico, et alzandomettervi sopra uno altro ordine variato, come ionico ocorinto o composto, nella maniera che mostrarono gliantichi nel Culiseo di Roma, nel quale ordinatamenteusarono arte e giudicio. Perch, avendo i Romani trion-fato non solo de Greci ma di tutto il mondo, miserolopra composta in cima, per averla i Toscani compostadi pi maniere, e la misero sopra tutte, come superiore edi forza e di bellezza, e come pi apparente de le altre,avendo a far corona allo edificio; che per essere ornatadi be membri, fa nellopra un finimento onoratissimo eda non desiderarlo altrimenti. E per tornare al lavorodorico, dico che la colonna si fa di sette teste di altezza;et il suo zoccolo ha da essere poco manco dun quadro emezzo daltezza e larghezza un quadro, facendoli poi so-pra le sue cornici e di sotto la sua fascia col bastone e

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  • duo piani, secondo che tratta Vitruvio; e la sua base ecapitello tanto daltezza una quanto laltra, computandodel capitello dal collarino in su, la cornice sua col fregioet architrave appiccata, risaltando a ogni dirittura di co-lonna con que canali, che gli chiamano tigrifi ordinaria-mente, che vengono partiti fra un risalto e laltro unquadro, dentrovi o teste di buoi secche o trofei o ma-schere o targhe o altre fantasie. Serra larchitrave risal-tando con una lista i risalti e da pi fa un pianetto sottiletanto quanto tiene il risalto, a pi del quale fanno seicampanelle per ciascuno, chiamate gocce da gli antichi.E se si ha da vedere la colonna accanalata nel dorico, vo-gliono essere venti facce in cambio de canali e non ri-manere fra canale e canale altro che il canto vivo. Diquesta ragione opera n in Roma al Foro Boario chricchissima, e dunaltra sorte le cornici e gli altri mem-bri al Teatro di Marcello, dove oggi la Piazza Monta-nara, nella quale opera non si vede base, e quelle che siveggono son corinte. Et openione che gli antichi nonle facessero, et in quello scambio vi mettessero un dadotanto grande quanto teneva la base. E di questo n il ri-scontro a Roma al Carcere Tulliano, dove son capitelliricchi di membri pi che gli altri che si sian visti nel do-rico. Di questo ordine medesimo nha fatto Antonio daSan Gallo il cortile di casa Farnese in Campo di Fiore aRoma, il quale molto ornato e bello; bench continua-mente si vede di questa maniera tempii antichi e moder-ni, cos palazzi, i quali per la sodezza e collegazione del-le pietre son durati e mantenuti pi che non hanno fattitutti gli altri edificii.

    Lordine ionico, per essere pi svelto del dorico, fufatto da gli antichi a imitazione delle persone che sonofra il tenero et il robusto; e di questo rende testimonio loaverlo essi adoperato e messo in opera ad Apolline, aDiana et a Bacco, e qualche volta a Venere. Il zoccoloche regge la sua colonna lo fanno alto un quadro e mez-

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  • Giorgio Vasari - Le vite de pi eccellenti architetti...

    zo e largo un quadro; e le cornici sue di sopra e di sottosecondo questo ordine. La sua colonna alta otto teste ela sua base doppia con due bastoni, come la descriveVitruvio al terzo libro al terzo capo, et il suo capitello siaben girato con le sue volute o cartocci o viticci cheognun se gli chiami, come si vede al Teatro di Marcelloin Roma sopra lordine dorico; cos la sua cornice ador-na di mensole e di dentelli, et il suo fregio con un pocodi corpo tondo. E volendo accanalare le colonne, voglio-no essere il numero di canali ventiquatro, ma spartiti tal-mente che ci resti fra lun canale e laltro la quarta partedel canale, che serva per piano. Questo ordine ha in sbellissima grazia e leggiadria, e se ne costuma molto fragli architetti moderni.

    Il lavoro corinto piacque universalmente molto a Ro-mani, e se ne dilettarono tanto che fecero di questo or-dine le pi ornate et onorate fabriche, per lasciar memo-ria di loro, come appare nel tempio di Tigoli in sulTeverone, e le spoglie di Templum Pacis, e larco di Po-la, e quel del porto dAncona. Ma molto pi bello ilPantheon, cio la Ritonda di Roma, il quale il pi riccoe l pi ornato di tutti gli ordini detti di sopra. Fassi ilzoccolo, che regge la colonna, di questa maniera: largoun quadro e due terzi, e la cornice di sopra e di sotto aproporzione, secondo Vitruio; fassi laltezza dellacolonna nove teste con la sua basa e capitello, il qualesar daltezza tutta la grossezza della colonna da pi; e lasua base sar la met di detta grossezza, la quale usarongli antichi intagliare in diversi modi. E lornamento delcapitello sia fatto co suoi vilucchi e le sue foglie, secon-do che scrive Vitruio nel quarto libro, dove egli faricordo essere stato tolto questo capitello da la sepolturaduna fanciulla corinta. Seguitisi il suo architrave, fregioe cornice con le misure descritte da lui, tutte intagliatecon le mensole et uovoli et altre sorti dintagli sotto ilgocciolatoio. Et i fregi di questa opera si possono fare

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  • intagliati tutti con fogliami et ancora farne de puliti overo con lettere dentro, come erano quelle al porticodella Ritonda di bronzo commesse nel marmo. Sono icanali nelle colonne di questa sorte a numero ventisei,bench n di manco ancora; et la quarta parte del ca-nale fra luno e laltro che resta piano, come benissimoappare in molte opere antiche e moderne misurate daquelle.

    Lordine composto, se ben Vitruio non ne ha fat-to menzione, non facendo egli conto daltro chedellopera dorica, ionica, corinzia e toscana, tenendotroppo licenziosi coloro che, pigliando di tutte quattroquegli ordini, ne facessero corpi che gli rappresentasse-ro pi tosto mostri che uomini, per averlo costumatomolto i Romani et a loro imitazione i moderni, non man-cher di questo ancora, acci se nabbia notizia, dichia-rare e formare il corpo di questa proporzione di fabrica.Credendo questo, che se i Greci et i Romani formaronoque primi quattro ordini e gli ridussero a misura e rego-la generale, che ci possino essere stati di quegli che abbi-no fin qui fatto nellordine composto e componendo das, delle cose che apportino molto pi grazia che nonfanno le antiche. E per questo scorso luso che gi nominato questo ordine da alcuni composto, da altri la-tino e per alcuni altri italico. La misura dellaltezza diquesta colonna vuole essere dieci teste; la base sia per lamet della grossezza della colonna e misurata simile allacorinta, come ne appare in Roma allarco di Tito Vespa-siano. E chi vorr far canali in questa colonna, pu farglisimili alla ionica o come la corinta, o come sar lanimodi chi far larchitettura di questo corpo ch misto contutti gli ordini. I capitelli si posson fare simili a i corinzi,salvo che vogliono essere pi la cimasa del capitello, e levolute o viticci alquanto pi grandi, come si vede allar-co suddetto. Larchitrave sia tre quarti della grossezzadella colonna et il fregio abbia il resto pien di mensole e

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    la cornice quanto larchitrave, che lagetto la fa diventarmaggiore, come si vede nellordine ultimo del Culiseo diRoma; et in dette mensole si posson far canali a uso di ti-grifi et altri intagli secondo il parere dellarchitetto; et ilzoccolo, dove posa su la colonna ha da essere alto duequadri, e cos le sue cornici a sua fantasia o come gliverr danimo di farle.

    Usavano gli antichi o per porte o sepolture o altrespecie dornamenti, in cambio di colonne, termini di va-rie sorti: chi una figura chabbia una cesta in capo percapitello, altri una figura fino a mezzo et il resto verso labase piramide o vero bronconi dalberi, e di questa sortefacevano vergini, satiri, putti et altre sorti di mostri oche bizzarrie gli veniva lor comodo, secondo che nasce-va loro nella fantasia le mettevano in opera.

    cci unaltra specie di lavori, che si chiamano tede-schi, i quali sono di ornamenti e di proporzione moltodifferenti da gli antichi e da moderni; n oggi susanoper gli eccellenti, ma son fuggiti da loro come mostruosie barbari, dimenticando ogni lor cosa di ordine, che pitosto confusione o disordine si pu chiamare; avendofatto nelle lor fabriche, che son tante chhanno ammor-bato il mondo, le porte ornate di colonne sottili et attor-te a uso di vite, le quali non possono aver forza a reggereil peso di che leggerezza si sia; e cos per tutte le facce etaltri loro ornamenti facevano una maledizzione di taber-nacolini lun sopra laltro, con tante piramidi e punte efoglie, che non chelle possano stare, pare impossibilechelle si possino reggere; et hanno pi il modo da parerfatte di carta, che di pietre o di marmi. Et in queste ope-re facevano tanti risalti, rotture, mensoline e viticci, chesproporzionavano quelle opere che facevano, e spessocon mettere cosa sopra cosa, andavano in tanta altezzache la fine duna porta toccava loro il tetto. Questa ma-niera fu trovata da i Goti, che per aver ruinate le fabri-che antiche e morti gli architetti per le guerre, fecero do-

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  • po, chi rimase, le fabriche di questa maniera, le quali gi-rarono le volte con quarti acuti e riempierono tutta Ita-lia di questa maledizzione di fabriche, che per non aver-ne a far pi, s dismesso ogni modo loro. E Iddioscampi ogni paese da venir tal pensiero et ordine di la-vori, che per essere eglino talmente difformi alla bellez-za delle fabriche nostre, meritano che non se ne favellipi che questo. E per passiamo a dire delle volte.

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    CAP. IIII

    Del fare le volte di getto, che vengano intagliate; quando si di-sarmino, e dimpastar lo stucco.

    Quando le mura sono arrivate al termine che le voltesabbino a voltare di mattoni o di tufi o di spugna, biso-gna voltare di tavole in cerchio serrato, che commettinoin crociera o a schifo larmadura della volta in quel mo-do che si vuole con bonissimi puntelli fermarle, che lamateria di sopra del peso non la sforzi, e da poi saldissi-mamente turare ogni pertugio nel mezzo, ne cantoni eper tutto con terra, accioch la mistura non coli sottoquando si getta. E cos armata, sopra quel piano di tavo-le si fanno casse di legno, che in contrario siano lavorate,dove un cavo rilievo, e cos le cornici et i membri che farci vogliamo siano in contrario, acci quando la materiasi getta, venga dov cavo di rilievo, e cos similmentevogliono essere tutti i membri delle cornici al contrarioscorniciati. Se si vuol fare pulita et intagliata, medesima-mente necessario avere forme di legno che formino diterra le cose intagliate in cavo, e si faccin dessa terra lepiastre quadre di tali intagli, e quelle si commettinoluna allaltra su piani o gola o fregi che far si voglieno,diritto per quella armadura. E finita di coprir tutta deglintagli di terra formati in cavo e commessi gi di sopradetti, si debbe poi pigliare la calce con pozzolana o renavagliata sottile, stemperata liquida et alquanto grassa, edi quella fare egualmente una incrostatura per tutte, fin-ch tutte le forme sian piene. Et appresso sopra coi mat-toni far la volta alzando quegli et abbassando secondoche la volta gira, e di continuo si conduca con essi cre-scendo sino chella sia serrata. E finita tal cosa si debbepoi lasciare far presa et assodare, finch tale opra sia fer-ma e secca. E da poi quando i puntelli si levano e la vol-ta si disarma, facilmente la terra si leva, e tutta lopra re-

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  • sta intagliata e lavorata come se di stucco fosse condot-ta, e quelle parti che non son venute, si vanno con lostucco ristaurando, tanto che si riducano a fine. E cos sisono condotte ne gli edifici antichi tutte lopre, le qualihanno poi di stucco lavorate sopra a quelle. Cos hannoancora oggi fatto i moderni nelle volte di San Pietro, emolti altri maestri per tutta Italia.

    Ora volendo mostrare come lo stucco simpasti, si facon uno edificio in un mortaio di pietra pestare la sca-glia di marmo, n si toglie per quello altro che la calceche sia bianca, fatta o di scaglia di marmo o di treverti-no; et in cambio di rena si piglia il marmo pesto e si stac-cia sottilmente et impastasi con la calce, mettendo dueterzi calce et un terzo marmo pesto, e se ne fa del pigrosso e sottile, secondo che si vuol lavorare grossamen-te o sottilmente. E de gli stucchi ci basti or questo, per-ch il restante si dir poi, dove si tratter del mettergli inopra tra le cose della scultura. A la quale prima che noipassiamo, diremo brevemente de le fontane che si fannoper le mura e de gli ornamenti varii di quelle.

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    CAP. V

    Come di tartari e di colature di acque si conducono le fontanerustiche e come nello stucco si murano le telline e le colature del-le pietre cotte.

    Le fontane, che nelle mura gettano acque, furono dagli antichi in varie specie acconce e situate, stando nellemetafore delle cose dellacqua, non adoprando se nonquelle che da esse sono generate. Fecero delle pulite e li-sce e delle rustiche ancora, e ne bagni e stufe loro servi-vano e per le mura e per lo piano, dove si posano i piedidi varii musaici, e molto si dilettavano stranamente va-riarle, e di cose maritime le adornarono; le quali a imita-zione loro hanno poi i moderni operato in varii luoghidItalia, e di tali opere hanno cerco abbellire, e con di-verse cose rustiche murate et imitate gli antichi, e da essiritruovate di nuovo hanno aggiuntovi assai, e massimecomponimenti di opera toscana, coperti di colature diacque petrificate, che pendono a guisa di radicioni fatticol tempo di alcune congelazioni di esse acque ne luo-ghi dove elle sono crude e grosse; come a Tigoli et al la-go di Pi di Lupo et in molti altri luoghi dItalia. Si pi-gliano quelle, e sinnestano nelle pietre con perni dirame o di ferro, e luno sopra laltro simpiombano, chesospesi pendino; e murano quelli addosso allopera to-scana, facendola in qualche parte vedere; e fra essi sac-comodano canne di piombo ascose, spartiti per quelle ibuchi che versono le acque quando si volta una chiavech nel principio di detta cannella, e cos fanno condot-ti dacque e diversi zampilli, dove poi lacqua piove perle colature di questi tartari, e colando fa dolcezzanelludire e bellezza nel vedere.

    Se ne fa ancora di unaltra specie di grotte pi rustica-mente composte, contrafacendo le fonti alla salvatica inquesta maniera: pigliansi sassi spugnosi e si commettono

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  • con far nascervi erbe sopra, le quali pi con ordine chepaia disordine e salvatico si rendono pi naturali e pivere. Altri ne fa di stucco pi pulite e lisce, nelle qualimescolano luno e laltro; e quando quello fresco, met-te fra esso, per fregi e spartimenti, gongole, telline,chiocciole maritime, tartarughe e nicchi grandi e piccoli,chi a ritto e chi a rovescio. E di questi se ne fanno vasi efestoni che tali telline figurano le foglie, et altre chioc-ciole et i nicchi fanno le frutte, et a scorze di testugginedacqua vi si pone.

    Cos si fa ancora di diversi colori un musaico rustico,che alle fornaci de vetri le padelle talora scoppiano; et aquelle dove si cuocono i mattoni e chaddosso alle pietreet altre colature fanno varii colori invetriati, bianchi, ne-ri, verdicci, rossi, secondo la violenzia del fuoco; e quellisi murano e con istucchi si fermano, e si fa nascere traessi coralli et altri ceppi maritimi, i quali recano in sgrazia e bellezza grandissima. Cos si fanno animali e fi-gure, le quali si cuoprono di smalti in varii pezzi posti al-la grossa, e con le nicchie sudette, le quali sono bizzarracosa a vederle. E di questa specie n a Roma fatte mo-derne di molte fontane, le quali hanno desto lanimodinfiniti a essere per tal diletto vaghi di tal lavoro. E lostucco con che si mura e lavora, il medesimo che inan-zi abbiamo ragionato, e per la presa fatta con essa ri-mangono murate. A queste tali fontane di frombole, ci sassi di fiumi tondi e stiacciati, si fanno pavimenti mu-rando quelli per coltello et a onde, a uso dacque, chefanno benissimo. Altri fanno alle pi gentili pavimentidi terra cotta a mattoncini con varii spartimenti et inve-triati a fuoco, come in vasi di terra dipinti di varii colorie con fregi e fogliami dipinti; e questa sorte di pavimentipi convengono alle stufe et a bagni che alle fonti.

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    CAP. VI

    Del modo di fare i pavimenti di commesso.

    Tutte le cose che truovar si poterono, gli antichi, an-cora che con difficult in ogni genere o le ritrovarono odi ritrovarle cercarono, quelle dico, challa vista degliuomini vaghezza e variet indurre potessero, acci che iposteri scorgessero laltezza dellingegno loro. Trovaro-no fra laltre cose belle i pavimenti di pietre ispartiti convarii misti di porfidi, serpentini e graniti, con tondi equadri et altri spartimenti, onde simaginarono che faresi potessero fregi, fogliami et altri andari di disegni e fi-gure. Onde per poter meglio ricevere lopera tal lavoro,tritavano i marmi, acci che essendo quegli minori, po-tessero per lo campo e piano con essi rigirare in tondo ediritto et a torto, secondo che veniva lor meglio; e dalcommettere insieme questi pezzi lo dimandarono musai-co, e ne i pavimenti di molte loro fabriche se ne serviro-no; come ancora veggiamo allAntoniana di Roma et inaltri luoghi, dove si vede il musaico lavorato con qua-dretti di marmo piccioli, conducendo fogliami, masche-re et altre bizzarrie, e con quadri di marmo bianchi et al-tri quadretti di marmo nero fecero il campo di quegli.Questi si lavoravano in tal modo: facevasi sotto un pianodi stucco fresco di calce e di marmo, tanto grosso chebastasse per tenere in s i pezzi commessi fermamentesin che fatto presa si potessero spianar di sopra; perchfacevano nel seccarsi una presa mirabile et uno smaltomaraviglioso, che n luso del caminare n lacqua nongli offendeva. Onde essendo questa opera in grandissi-ma considerazione venuta, glingegni loro si misero aspeculare pi alto, sendo facile a una invenzione trovataaggiugner sempre qualcosa di bont. Perch fecero poi imusaici di marmi pi fini; e per bagni e per stufe i pavi-

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  • menti di quelli, e con pi sottile magistero e diligenzaquei lavoravano sottilissimamente, facendoci pesci va-riati et imitando la pittura con varie sorti di colori atti aci con pi specie di marmi, mescolando fra quegli alcu-ni pezzi triti di quadretti di musaico di ossa di pescechhanno la pelle lustra. E cos vivamente gli facevano,che nel mettervi lacqua di sopra, velando quegli, purche chiara fosse, parevano vivissimi ne i pavimenti, co-me se ne vede in Parione in Roma in casa di MEgidio e Fabio Sasso. Perch parendo loro questa unapittura da poter reggere allacque et a i venti et al soleper leternit sua, e pensando che tale opra molto me-glio di lontano che dappresso ritornerebbe, perch cosnon si scorgerebbono i pezzi che l musaico dappressofa vedere, ordinarono ornar le volte e le pareti de i muri,dove tai cose si avevano a veder di lontano. E perch lu-strassero e da gli umidi et acque si difendessero, pensa-rono tal cosa doversi fare di vetri, e cos gli misero inopra; e facendo ci bellissimo vedere, ne ornarono itempii loro et altri luoghi; come veggiamo oggi ancora aRoma il Tempio di Bacco et altri. Talch da quegli dimarmo derivano questi che si chiamano oggi musaico divetri. E da quel di vetri s passato al musaico di gusciduovo, e da questi al musaico del far le figure e le storiedi chiaro scuro pur di commessi, che paiono dipinte, co-me tratteremo al suo luogo nella pittura.

    Giorgio Vasari - Le vit