le nuove linee guida: percorsi ragionati interdisciplinari
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Le nuove linee guida: percorsi ragionati interdisciplinari su casi clinici adulti e pediatrici
Sabato 21 marzo 2015 – ore 8.30 – 14.00 Sala Girardi – PIME
Via Mosè Bianchi 94 – Milano
n. Evento 1834 - 121332
Crediti n. 5
Gestione del nodulo tiroideo: cos’è cambiato Le nuove linee guida: percorsi ragionati interdisciplinari su casi clinici adulti e pediatrici
Sabato 21 marzo 2015 – ore 8.30 – 14.00
Sala Girardi – PIME Via Mosè Bianchi 94 – Milano
COORDINATORE
Annamaria Masu U.O. di Medicina II – A.O. San Paolo – Polo Universitario – Milano
PROGRAMMA
8.30-9.00 Registrazione Partecipanti
9.00-9.10 Saluto del Presidente dell’Ordine dei Medici Chirurghi e degli Odontoiatri di Milano o di altro Consigliere da lui delegato
9.10-9.20 Presentazione del Corso
MODERATORE
Paolo Fogagnolo Dirigente Medico – U.O. di Oculistica
A.O. San Paolo – Polo Universitario – Milano
9.20-10.00 caso clinico: il nodulo singolo normofunzionante
Giovanni Pompili U.O. di Radiologia Diagnostica ed Interventistica A.O. San Paolo – Polo Universitario – Milano Annamaria Masu
Discussione
10.00-10.40 caso clinico: il nodulo iperfunzionante
Luca Tagliabue U.O. di Medicina Nucleare – A.O. San Paolo – Polo Universitario – Milano Loredana De Pasquale U.O. di Chirurgia II Chirurgia Endocrina e Senologica A.O. San Paolo – Polo Universitario – Milano
Discussione
10.40-11.20 caso clinico: referto citologico. proliferazione follicolare, cosa fare?
Luca Carsana U.O. di Anatomia Patologica – A.O. San Paolo – Polo Universitario – Milano Stefania Rossi U.O. di Anatomia Patologica – A.O. San Paolo – Polo Universitario – Milano Loredana De Pasquale
Discussione
11.20-11.40 Intervallo
MODERATORE
Giorgio Ghilardi U.O. di Chirurgia II Chirurgia Endocrina e Senologica
A.O. San Paolo – Polo Universitario – Milano
11.40-12.20 caso clinico: il nodulo maligno
Luca Carsana Stefania Rossi Loredana De Pasquale Giorgio Ghilardi Silvia Tresoldi U.O. di Radiologia Diagnostica ed Interventistica A.O. San Paolo – Polo Universitario – Milano
Discussione
12.20-13.00 caso clinico: il nodulo nel bambino
Roberta Giacchero U.O. di Pediatria – A.O. San Paolo – Polo Universitario – Milano Loredana De Pasquale
Discussione
13.00-13.30 tavola rotonda con i relatori
13.30-14.00 Compilazione schede di valutazione e di verifica
Caso clinico 1
Alice
Alice, 20 aa, non nota per patologie pregresse, non riferisce alcun sintomo ascrivibile a
distiroidismo, non calo ponderale, non alterazioni di ritmo cardiaco, non alterazione del
sonno.
Tuttavia si è accorta, da circa un mese, di un aumento del volume del collo, progressivo,
senza dolore locale, con lieve predominanza dal lato destro.
Nelle settimane il gonfiore è diventato più evidente, senza alcun disturbo associato, non
disfonia, non disfagia, non tosse, non dispnea.
Per tale motivo si è recata dal medico che ha rilevato una tiroide palpabile, con nodulo sul lato destro di circa 4 cm, di consistenza parenchimatosa Voi che cosa avreste fatto? ………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………….
Si consiglia di eseguire dosaggi ormonali
Dosaggio di TSH FT4, che sono risultati nei limiti di norma
E adesso voi che avreste fatto?
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Si suggerisce di eseguire ecografia tiroidea
Rilievo di nodulo con caratteristiche ecografiche di benignità
Esistono parametri ecografici che permettono di indirizzare verso una diagnosi di
nodulo benigno o maligno.
Le caratteristiche ecografiche più comunemente associate ad una nodularità maligna
sono la struttura solida, ipoecogena, la presenza di microcalcificazioni, un aspetto più
alto che largo (taller than wide) ed una vascolarizzazione prevalentemente
intralesionale.
Altri segni meno comuni di malignità possono essere il riscontro di un alone ipoecogeno
incompleto, di margini irregolari.
Segni frequentemente associati alla benignità sono la presenza un alone anecoico
completo e regolare, una vascolarizzazione a canestro e una struttura a parziale
componente colloido cistica.
(Management of thyroid follicular proliferation Pompili G Tresoldi S et al, Ultrasound Med Biol. 2013
Aug;39(8):1350-5)
Conclusioni
Il nodulo tiroideo rappresenta una delle patologie endocrine più frequenti, con
prevalenza di 3% -7% in base al rilievo del riscontro mediante palpazione che sale al
20%-/70% in base al riscontro mediante US.
Aumentano con l’incremento dell’età, con la ridotta assunzione di iodio e sono più
frequenti nei soggetti femminili, con frequenza quattro volte superiore al sesso maschile.
La rilevanza clinica risiede nella necessità di escludere la presenza di carcinomi tiroidei,
che si presentano nel 5%-15% dei casi in relazione al sesso del soggetto dell’età, della
storia di esposizioni a radiazioni ionizzanti, o familiarità.
L’assenza di sintomi ascrivibile al nodulo e alla potenziale malignità dello stesso
inducono ad una particolare attenzione nella diagnostica dei noduli tiroidei, la cui
incidenza è in progressivo aumento, stimata 2.4 volte maggiore negli ultimi30 anni.
Ciò è dovuto, in parte, anche alle tecniche diagnostiche più accurate ed al miglioramento
della sopravvivenza dei soggetti affetti da tumore.
Il 42-77% dei noduli sono lesioni benigne, di tipo non neoplastiche; mentre tra le forma
neoplastiche il 15-40% è rappresentato da adenomi e solo 8-17% è di natura maligna.
Dalla diffusione della malattia e dalla importanza della diagnostica neoplastica è nata la
necessità di definire linee guida, a carattere internazionale, che definiscano un corretto
approccio diagnostico ed una condivisa metodologia terapeutica.
Dall’analisi delle più recenti linee guida americane, europee ed italiane abbiamo pertanto
definito.
Le linee guida relative alla diagnosi ed al trattamento del nodulo tiroideo che saranno
illustrate in questo nostro incontro, che contengono criteri di raccomandazione di alto
grado di evidenza.
La prima distinzione viene fatta tra i noduli palpabili (rilevati clinicamente) e quelli non
palpabili (definiti anche incidentalomi).
L’approccio clinico prevede la raccolta delle notizie anamnestiche, con particolare
attenzione a fattori di rischio e sintomi presenti o rilevabili, e l’esame obiettivo
A questo segue la diagnostica biochimica e strumentale.
La terapia prevede un trattamento chirurgico o medico , a seconda di quale è la risultante
diagnosi conclusiva.
Per quanto riguarda il nodulo benigno normofunzionante, non è indicata alcuna terapia
medica, ma viene consigliato il follow-up osservazionale con controlli periodici degli
indici biochimici tiroidei e della ecografia, non esiste una uniformità sui tempi di
esecuzione dei controlli, ma si concorda nello sconsigliare controlli ravvicinati
ecografici.
E’ opinione comune di suggerire controlli ad intervalli semestrali o annuali a secondo
del caso.
Caso clinico 2
Carlo
Carlo, 86aa, noto per epatopatia HCV correlata, da alcuni mesi riferisce calo ponderale,
palpitazioni, astenia ingravescente e iniziale decadimento cognitivo.
Che cosa fare?
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Vengono dosati gli ormoni tiroidei che risultano i seguenti:
TSH 0.001 uUI/dl (v.n. >0.2-4.00 uUI/dl
FT3 4,82 pg/dl (v.n. 1.73-3.7 pg/dl)
FT4 7.45ng/dl (0.82- 2.85ng/dl)
Quadro biochimico indicativo di ipertiroidismo, ma di che natura?
che cosa fare?
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Si esegue ecografia tiroidea, che rileva la presenza di nodulo tiroideo singolo in lobo
destro con nodulo che presenta una vascolarizzazione spiccata, intranodulare, con
qualche micro calcificazione; consigliato ago aspirato
A questo punto che cosa fare?
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L’ipertiroidismo in generale e soprattutto nelle persone sopra i 65 anni è associato ad
una maggiore mortalità e morbidità.
Tra i sintomi dell’ipertiroidismo ricordiamo le palpitazioni, il calo ponderale, il tremore,
ma anche, soprattutto nelle persone anziane, cambiamento dell’umore, alterazione del
comportamento e dell’attenzione o memoria, che possono essere facilmente confusi con
problemi relativi all’invecchiamento cerebrale patologico su base degenerativa o meno.
Da un punto di vista diagnostico nel sospetto di ipertiroidismo, dopo un esame obiettivo
generale e locale è necessario prescrivere innanzitutto la valutazione della funzione
tiroidea. Regione Lombardia, in assenza di ulteriori indicazioni da parte del medico
prescrittore, riconosce il dosaggio del TSH reflex come marker della funzione
ghiandolare. La metodologia “reflex” significa che, qualora il TSH fosse alterato in un
senso o nell’altro viene automaticamente dosato anche l’FT4.
Questa metodologia per un primo screening è sufficiente poiché la stragrande
maggioranza delle tiroidi (85%) produce FT4 (levotiroxina).
In questa prima fase NON è giustificata la richiesta di valutazione di titoli anticorpali.
In caso di Paziente con tossicosi tiroidea (incremento dei valori ormonali tiroidei) è
necessario in primo luogo conoscere se ciò è dovuto ad ipertiroidismo (cioè alla
neoproduzione incontrollata di ormoni) oppure alla liberazione di ormoni già formati
(tiroidite), poiché questo ha rilevanti ricadute sul trattamento; l’unica metodica in grado
di rispondere a questa domanda è la scintigrafia della tiroide, che DEVE, in ogni caso
concludersi con una diagnosi clinica. In seconda battuta andrà eseguita una ecografia
(NON il contrario, almeno nel paziente ipertiroideo) per valutare la presenza di noduli
suscettibili eventualmente di approfondimento diagnostico mirato mediante esame
citologico su ago-aspirato.
In caso di tossicosi tiroidea l’iter della diagnostica DEVE essere questo altrimenti ci si
espone a fraintendimenti clinici, come dimostra il caso analizzato.
E’ necessario soprattutto che il dosaggio del TSH non sia anteriore ad una settimana
rispetto alla scintigrafia.
La scintigrafia tiroidea, invece, NON trova indicazione in pazienti eutiroidei od
ipotiroidei.
Per eseguire la scintigrafia tiroidea eventuali terapie anche specifiche (tapazole o beta-
bloccanti) somministrate per controllare una tossicosi periferica particolarmente
impegnativa NON interferiscono con l’esame e non devono essere sospesi; non è inoltre
necessario il digiuno. La gravidanza è invece una controindicazione assoluta mentre
l’allattamento in corso non costituisce una controindicazione assoluta ma richiede alcune
precauzioni per contenere la dose al neonato.
Per quanto concerne la terapia degli ipertiroidismi il radioiodio costituisce un valido
presidio.
In linea del tutto generale si può dire che le linee guida attuali, impongono, soprattutto
nelle persone anziane, la risoluzione alla radice della patologia tiroidea causa di
ipertiroidismo e tossicosi, attraverso chirurgia o radioterapia metabolica.
Per le patologie nodulari iperfunzionanti infatti le terapie antitiroidee farmacologiche
non raggiungono un effetto duraturo e sono gravate di significativi effetti collaterali.
Nel caso di strumi diffusi autonomi (m. di Basedow) è consentito invece un trattamento
con antitiroidei di sintesi anche se la terapia deve durare 12-18 mesi, richiede contini
controlli, è efficace circa nel 50% dei casi, ed è relativamente controindicata la gravidanza
in corso di trattamento (nel senso che andrebbe evitata per il possibile peggioramento
dell’ipertiroidismo nel primo trimestre per la “somiglianza” biochimica tra la beta –HCG
ed il TSH).
La somministrazione del radioiodio in mani esperte ed in pazienti selezionati è una
terapia sicura, relativamente priva d effetti collaterali, non produce un incremento di
neoplasie solide o della serie bianca e/o l’aumento della frequenza delle malformazioni
in bambini nati trattate con radioiodio, anche se devono essere prese in considerazione
particolari precauzioni per queste popolazioni.
In particolare controindicazioni assolute sono la gravidanza e l’allattamento in atto.
E’ inoltre necessario attendere almeno sei mesi dalla esecuzione della radioterapia per
un eventuale concepimento anche per raggiungere un ottimale omeostasi tiroidea.
Caso clinico 3
Albertina
Albertina , 40aa, si accorge di una piccola tumefazione cervicale anteriore che non prende
in considerazione per qualche mese.
In seguito al persistere di tale tumefazione, decide di rivolgersi al proprio medico, dopo
una visita clinica, consiglia il dosaggio di ormoni tiroidei, con rilievo di TSH 1.6uUI/Dl,
indicativo di normale funzionalità tiroidea.
Albertina esegue anche una ecografia tiroidea che rileva un nodulo di 1.6cm, solido
ipoecogeno, con microcalcificazioni contestuali e vascolarizzazione mista intra e
perilesionale.
a questo punto che cosa fare?
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La citologia per ago aspirato con ago sottile è una metodica altamente affidabile nella
diagnostica delle lesioni nodulari della tiroide principalmente nell'identificazione delle
lesioni sicuramente benigne e in quelle sicuramente maligne. Esistono, tuttavia, delle
situazioni caratterizzate da ridotta o non ottimale specificità diagnostica in cui il reperto
citologico non consente di discriminare tra lesioni iperplastiche, o adenomatose, e tumori
a basso grado di malignità.
In questi casi si ricorre alla definizione diagnostica di "proliferazione follicolare" che
intende descrivere un quadro contrassegnato dalla presenza di abbondante quota di
tireociti monomorfi riuniti in strutture follicolari o microfollicolari con scarsa o assente
sostanza colloide di fondo. Le eventualità diagnostiche che si possono ipotizzare di fronte
ad un reperto citologico di proliferazione follicolare sono il nodulo di iperplasia
follicolare, l'adenoma follicolare, il carcinoma follicolare capsulato minimamente
invasivo e la variante follicolare del carcinoma papillare.
Le linee guida internazionali prevedono che il ricorso alla diagnosi di PF non debba
superare la quota di 20-30%.
L'iter di approfondimento si basa sulla correlazione con il dato clinico, radiologico e
funzionale potendo prevedere a) una sorveglianza clinica con ripetizione del prelievo
citologico a distanza ravvicinata, b) la biopsia escissionale chirurgica.
In casi particolarmente complessi è possibile sottoporre il campione da agoaspirato o da
agobiopsia a dei test immunoistochimici e molecolari atti a identificare in una fase
preoperatoria l'espressione di alcuni marcatori fenotipici o mutazioni indicativi di una
malignità della proliferazione cellulare allo scopo dì aumentare il livello di specificità
diagnostica.
Caso clinico 4
Valentina
Valentina è una donna di 51 anni, nata in Ucraina e giunta in Italia da circa dieci anni.
In anamnesi patologica remota riferiva un’isterectomia per fibroma, ipertensione
arteriosa e sovrappeso. Per questo era stata valutata dal Curante, con riscontro durante
la visita di una tumefazione del collo.
Erano stati prescritti un dosaggio del TSH, risultato nella norma e un’ecografia tiroidea,
che aveva evidenziato la presenza di due noduli, entrambi solidi, uno al lobo sinistro di
3 cm, ipoecogeno, con microcalcificazioni, vascolarizzazione intra-nodulare, margini
regolari ed alone periferico ed uno al lobo destro di 2.5 cm, solido ipoecogeno, con
vascolarizzazione mista e margini regolari.
Il nodulo del lobo sinistro era stato sottoposto a FNA eco-guidato, con esito di TIR1.
Che fare?
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Il carcinoma papillare insieme al follicolare rappresenta i carcinomi differenziati della
tiroide, che originano dalle cellule epiteliali della ghiandola, in grado di captare lo iodio,
sintetizzare ormoni e secernerli, rispondendo allo stimolo del TSH. L’eziologia è
sconosciuta, anche se è stato riconosciuto un fattore di rischio importante, che è
l’esposizione alle radiazioni ionizzanti, soprattutto in giovane età.
L’incidente nucleare di Chernobyl ha supportato questa ipotesi, facendo registrare un
drammatico incremento di nuovi casi di carcinoma papillare soprattutto fra i bambini
esposti.
Il carcinoma papillare rappresenta l’85-90% dei tumori maligni tiroidei ed è l’istotipo
con la prognosi migliore, avendo una sopravvivenza a 10 anni del 93%. Nonostante la
buona prognosi, in termini di sopravvivenza, rimane elevata la percentuale di recidive di
malattia. In una delle casistiche più ampie riportate in letteratura (Mazzaferri), ad un
follow-up di 45 anni, la mortalità per questo tipo di tumore è bassa (intorno all’8%),
mentre la percentuale di recidiva è del 47%. Sia gli eventi letali, che le recidive, in genere
si verificano entro 10 anni dal trattamento, ma possono riscontrarsi anche molti anni
dopo (fra i 35 e i 45 anni dal trattamento iniziale). L’andamento della malattia è
influenzato da diversi fattori legati al paziente, considerati sfavorevoli: l’età alla diagnosi,
inferiore ai 15 anni e superiore ai 45, il sesso maschile, una storia familiare positiva per
ca. papillare. Circa il 5% di questi tumori è in forme familiari a trasmissione autosomica
dominante, come la sindrome di Gardner o di Cowden, condizioni in cui risulta più
aggressivo. Anche fattori legati al tumore influenzano la prognosi: alcune varianti
istologiche di carcinoma papillare sono più aggressive, quali quella a cellule alte (“tall
cell”), con sclerosi diffusa (“diffuse sclerosing”) e a struttura solida o trabecolare.
La presenza di metastasi linfonodali al momento della diagnosi è un argomento
dibattuto, riguardo alla prognosi in termini di sopravvivenza e di recidiva e non c’è
accordo nel definire se questa sia un fattore sfavorevole o meno. La positività per
metastasi a distanza, che si ha nel 10% dei carcinomi papillari, sembra peggiorarne la
prognosi, anche se la sopravvivenza è comunque di d decenni, grazie alla possibilità di
aggredire con terapia radio metabolica le eventuali localizzazioni secondarie. Il
trattamento dei carcinomi papillari, senza metastasi linfonodali evidenti, è la
tiroidectomia totale. In letteratura è dibattuto e non chiaro il ruolo della
linfoadenectomia profilattica del VI livello.
E’ invece acquisito che la linfoadenectomia latero-cervicale mono-o bi-laterale, è indicata,
solo in caso di presenza di metastasi linfonodali. A completamento della chirurgia c’è la
terapia radio metabolica, che sfrutta la capacità di captare lo iodio da parte delle cellule
tiroidee e quindi di eventuali residui post-chirurgici e metastasi a distanza.
Altra misura terapeutica da adottare è la terapia con levo-tiroxina a dosaggio TSH-
soppressivo. Per il follow-up è fondamentale il monitoraggio della tireoglobulina e degli
anticorpi anti-tireoglobulina. Il primo marker è molto utile, perché essendo presente solo
nel tessuto tiroideo, un suo rialzo può essere indice di ripresa di malattia o locale o a
distanza. Il dosaggio degli anticorpi anti-tireoglobulina è indispensabile perché, in caso
questi siano elevati, possono inficiare il risultato della tireoglobulina.
Nel sospetto di recidiva di malattia, è importante la rivalutazione clinica del paziente e
poi un’ecografia cervicale, per rivalutare la loggia tiroidea e i linfonodi. In seguito a
questa si definirà l’opportunità di eseguire una scintigrafia total body.
Per questo motivo, il follow-up del paziente operato per carcinoma differenziato della
tiroide è in genere del Medico nucleare e dell’Endocrinologo.
Caso clinico 5
Sabrine
Paziente di 12 anni con linfonodo laterocervicale destro: trattata in precedenza dal
Curante con antiinfiammatori e terapia antibiotica per os senza alcun miglioramento.
Viene richiesta un'ecografia che evidenzia un nodulo di morfologia ovoidale ad
ecostruttura solida disomogenea iporiflettente irregolarmente vascolarizzata al color
Doppler, compatibile con tumefazione linfonodale; sono presenti altre 2 immagini
linfonodali con analoghe caratteristiche cografiche in regione sottomandibolare...
un'altra analoga in regione sovraclaveare destra.
Il lobo tiroideo appare ingrandito ad ecostruttura disomogenea con grossolana
nodularità di 15 mm di diametro a profili sfumati variamente vascolarizzata al color
Doppler.
Che cosa fare?
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Esami ematochimici: nella norma
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che fare?
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IL NODULO TIROIDEO IN ETÀ PEDIATRICA
I noduli tiroidei rappresentano una delle patologie endocrine più comuni.
In età pediatrica hanno una prevalenza inferiore rispetto all'età adulta, ma con un grado
di malignità maggiore. La prevalenza in età pediatrica varia dall'1% al 5% dei soggetti,
anche se i dati disponibili sono piuttosto scarsi e la prevalenza nel sesso femminile è
meno marcata di quella dell'età adulta.
I tumori della tiroide rappresentano comunque la neoplasia endocrina più frequente in
età pediatrica e il loro grado di malignità è decisamente maggiore rispetto all'età adulta
(Corrias et Al, 2010; Dinauer et Al, 2008). La percentuale di malignità è più elevata nel
sesso maschile, nei noduli isolati (20-40%) e diminuisce nel gozzo multinodulare (1%).
Devono essere valutati attentamente i soggetti con familiarità per neoplasie tiroidee o
per tireopatie in genere, i soggetti con MEN (malattie endocrine multiple) di tipo 2, in
presenza di condizioni geneticamente determinate (anche se rare) che si associano ad una
maggiore frequenza di noduli e tumori tiroidei (sindrome amartoma-tumore PTEN,
poliposi familiare intestinale, sindrome di Peutz-Jeghers, complesso Carney, sindrome
di McCune-Albright) (Corrias e Mussa, 2013).
Nell'anamnesi personale è importante valutare la residenza in zone a carenza iodica,
pregresse radioterapia o chemioterapia, esposizione a radiazioni ionizzanti soprattutto
nella regione del capo/collo.
L'esame clinico locale è importante per rilevare eventuali tumefazioni linfonodali che
spesso costituiscono il primo segno di carcinoma tiroideo in età pediatrica (valutare le
caratteristiche della tumefazione cervicale e le caratteristiche palpatorie dei noduli).
Gli esami della funzionalità tiroidea in presenza di un nodulo nel 90% dei casi sono nella
norma. Come negli adulti, anche in età pediatrica valori di TSH ai limiti superiori del
range di normalità potrebbero costituire un fattore di rischio per l'insorgenza del
carcinoma tiroideo (Mussa et Al., 2013). È utile il dosaggio degli anticorpi anti-
tireoperossidasi e anti-tireoglobulina ed eventualmente anti-tireorecettore.
La valutazione della calcitonina è un indice diagnostico importante nel sospetto di un
carcinoma midollare ma non è consigliata come routine poiché influenzata spesso da
fattori esogeni, endogeni e per mancata standardizzazione dei range di normalità per
l'età , ma eseguita in casi selezionati.
L'ecografia tiroidea ricopre un ruolo fondamentale nel definire le caratteristiche
morfologiche e strutturali dei noduli e dei linfonodi, per valutare il rischio neoplastico e
stabilire il percorso diagnostico-terapeutico.
L'agobiopsia con ago sottile fornisce un'accuratezza diagnostica dell'80-90% ed è
considerato il gold-standard diagnostico. L'esame citologico consente di definire le
caratteristiche delle cellule esaminate e informazioni sulle caratteristiche biologiche del
nodulo (Classificazione di Bethesda, 2012)
Il trattamento chirurgico è indicato per:
il carcinoma tiroideo
le lesioni citologicamente follicolari
l'adenoma tossico
le forme di MEN2 (da eseguire a diverse età a seconda del tipo di mutazione)
L'intervento chirurgico deve essere seguito da un adeguato follow-up. Con la terapia
sostitutiva con l-tiroxina il TSH deve essere mantenuto ai limiti inferiori e si utilizza la
tireoglobulina sierica come marker di recidiva.
I bambini con carcinoma tiroideo, adeguatamente trattati, hanno un buon indice di
sopravvivenza, maggiore di quello degli adulti, arrivando al 91% a 30 anni (Hogan et Al,
2009)
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