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Giornata di studio “Piccole dighe e bacini di accumulo” Torino 18 dicembre 2000 LE DIGHE MINORI ing. C. Ricciardi, ing. V. Cecere, ing. N. Salvio Servizio Nazionale Dighe 1. CARATTERISTICHE DIMENSIONALI E CLASSIFICAZIONE DELLE DIGHE La distinzione tra piccole e grandi dighe è fissata convenzionalmente sulla base dei valori dell’altezza dello sbarramento e del volume di invaso. I criteri ed i limiti di separazione fra le varie classi possono di conseguenza variare in relazione ai diversi ambiti presi in esame. Secondo la vigente normativa, sono differenti i criteri per individuare gli sbarramenti soggetti al Regolamento dighe, da quelli volti ad individuare gli organi competenti ai fini degli adempimenti regolamentari. Il Regolamento dighe, di cui al D.P.R. 1363/59, aggiornato per la parte delle norme tecniche dal D.M. 24 marzo 1982, è applicabile alle opere con altezza superiore a 10m, riferita al punto più basso della superficie di fondazione, o che determinano un volume, rispetto alla quota di massimo invaso, superiore a 100.000 m 3 . Lo stesso regolamento consente una sua applicazione parziale per i casi di minore importanza. Ai fini della individuazione degli organi competenti, la L. 584/94 fa riferimento all’altezza dello sbarramento calcolata rispetto al punto più depresso dei paramenti ed al volume di invaso alla massima quota di regolazione. Con riferimento a tali grandezze sono di competenza del Servizio Nazionale Dighe (SND) le opere con altezza superiore a 15m o volume di invaso superiore ad 1.000.000 m 3 . Le competenze

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Page 1: LE DIGHE MINORI

Giornata di studio “Piccole dighe e bacini di accumulo” Torino 18 dicembre 2000

LE DIGHE MINORIing. C. Ricciardi, ing. V. Cecere, ing. N. Salvio

Servizio Nazionale Dighe

1. CARATTERISTICHE DIMENSIONALI E CLASSIFICAZIONE DELLE DIGHE

La distinzione tra piccole e grandi dighe è fissata convenzionalmente sulla base dei valori dell’altezza dello sbarramento e del volume di invaso. I criteri ed i limiti di separazione fra le varie classi possono di conseguenza variare in relazione ai diversi ambiti presi in esame. Secondo la vigente normativa, sono differenti i criteri per individuare gli sbarramenti soggetti al Regolamento dighe, da quelli volti ad individuare gli organi competenti ai fini degli adempimenti regolamentari.

Il Regolamento dighe, di cui al D.P.R. 1363/59, aggiornato per la parte delle norme tecniche dal D.M. 24 marzo 1982, è applicabile alle opere con altezza superiore a 10m, riferita al punto più basso della superficie di fondazione, o che determinano un volume, rispetto alla quota di massimo invaso, superiore a 100.000 m3. Lo stesso regolamento consente una sua applicazione parziale per i casi di minore importanza.

Ai fini della individuazione degli organi competenti, la L. 584/94 fa riferimento all’altezza dello sbarramento calcolata rispetto al punto più depresso dei paramenti ed al volume di invaso alla massima quota di regolazione. Con riferimento a tali grandezze sono di competenza del Servizio Nazionale Dighe (SND) le opere con altezza superiore a 15m o volume di invaso superiore ad 1.000.000 m3. Le competenze sulle opere di caratteristiche inferiori sono attribuite alle Regioni o al Ministero dei LL.PP., se a servizio di grandi derivazioni d’acqua di competenza statale. Con riferimento a quest’ultima classe di opere, in adempimento al D. Lvo 112/98, sono in corso di attuazione ulteriori modifiche in relazione alla ripartizione di competenze tra lo Stato e le regioni.

È da osservare che i criteri presi a riferimento dalla L. 584/94 “Misure urgenti in materia di dighe” sono stati fissati sulla base della misurabilità di grandezze rilevabili da un esame diretto, fra riferimenti riconoscibili ad un esame esterno e non subordinati alla conoscenza delle effettive quote di fondazione o del massimo livello di invaso raggiunto in corrispondenza della massima piena di progetto. I limiti convenzionali presi a riferimento, essendo basati su riferimenti esterni, possono anche prescindere da un esame dei documenti di progetto e dei disegni di consistenza, di frequente non

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disponibili in forma completa per le dighe di più piccole dimensioni; né è necessario, salvo rilievi di tipo speditivo, uno specifico piano di indagini, con corrispondenti tempi ed oneri economici. Il provvedimento, infatti, scaturiva dalla necessità di individuare con immediatezza e rapidità le opere soggette al regolamento dighe di competenza del SND e per le quali, in mancanza di approvazioni o in difformità dal progetto approvato, fosse necessario presentare istanza di sanatoria entro il previsto termine di 90 gg.

Il progressivo riesame delle caratteristiche dimensionali di varie opere, sia in occasione di presentazione di domande di sanatoria, sia nel corso degli accertamenti di competenza attivati di ufficio, ha messo in evidenza in alcuni casi qualche incertezza nella individuazione dell’altezza e del volume, come definiti dalla L.584/94. È emersa pertanto la opportunità di formulare alcune precisazioni per individuare le altezze di riferimento ed i volumi. Queste, sebbene appaiano ovvie, sono da considerare utili per adottare criteri omogenei nella varietà di condizioni di sito e configurazione geometrica che caratterizzano le varie opere ed in particolare:

Il volume di invaso è quello di progetto, pertanto non si deve tenere conto delle riduzioni dovute ad eventuali interrimenti.

L’altezza è quella di progetto, pertanto non si devono prendere in considerazione eventuali riduzioni delle altezze conseguenti ad assestamenti degli sbarramenti in materiali sciolti.

Nell’individuare il punto più depresso dei paramenti, il riferimento è pure il progetto, eventuali approfondimenti conseguenti a fenomeni di scalzamento al piede, quali quelli riscontrabili a volte per le traverse, sono da considerarsi quale effetto di una carenza di manutenzione dell’opera e non determinano una maggiore altezza della stessa.

L’altezza dello sbarramento, in presenza di una vasca di dissipazione al piede di valle, la cui dimensione trasversale è paragonabile a quella dell’alveo originario, va determinata rispetto alla quota della platea della vasca, che costituisce, nelle condizioni sopra richiamate, il punto più depresso del paramento di valle.

La quota di coronamento deve essere fissata in corrispondenza degli elementi dello sbarramento in grado di far tenuta, pertanto, nel caso delle traverse, per la individuazione dell’altezza si deve far riferimento alla quota degli elementi di collegamento con le zone di imposta e non alla quota di passerelle “sopraelevate” poggianti su pile.

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2. DATI QUANTITATIVI SULLE DIGHE IN ITALIA

In accordo ai criteri sopra richiamati, si possono convenzionalmente definire “piccole dighe” quelle con altezza inferiore o pari a 15m e che determinano un volume di invaso inferiore o pari a 1.000.000 di m3

(L.584/94); le “grandi dighe” sono pertanto quelle di altezza superiore a 15 m o volume di invaso superiore a 1.000.000 m3.

Il numero degli invasi distribuiti sul territorio nazionale è stato oggetto di censimento in differenti contesti in tempi passati ed è oggetto di un continuo aggiornamento. Le maggiori incertezze si hanno nella individuazione delle “piccole dighe”; le difficoltà, oltre che all’elevato numero delle opere classificabili come “piccole dighe” (diverse migliaia), sono riconducibili alle diverse definizioni di invaso (se è determinato o meno da un’opera di sbarramento), ai criteri adottati nel fissare i limiti dimensionali di riferimento, alla destinazione d’uso; la normativa, infatti, distingue gli invasi di accumulo di acqua, anche se temporanei di laminazione, da quelli adibiti esclusivamente a deposito o decantazione o lavaggio di residui industriali. Il numero degli invasi cresce più che linearmente al diminuire delle dimensioni e gli invasi più modesti, di più difficile individuazione, sono quelli che maggiormente incidono sulle differenze che scaturiscono dal confronto dei vari censimenti, in combinazione con le diverse definizioni di riferimento richiamate.

2.1 Le piccole dighe

Per le “piccole dighe”, sia in relazione al loro elevato numero, sia alla pluralità dei soggetti competenti che si sono avvicendati nel tempo, non si dispone di un quadro ancora stabilizzato di dati.

Il censimento dei laghi collinari (Crivellari, 1984), basato su dati a carattere amministrativo aggiornati al 1970, ha consentito di valutare che a tale data essi erano oltre 8400. Di questi circa l’85% erano stati realizzati con incentivi del Ministero Agricoltura e Foreste; il loro volume cumulato di invaso era stimato in circa 225 milioni di m3.

Il Ministero dei LL.PP. ha promosso un censimento degli invasi presenti sul territorio nazionale, conclusosi nel 1994, mediante elaborazioni di immagini da satellite riferite al periodo 1984-87. La risoluzione dell’elaborazione delle immagini ha permesso di censire i potenziali invasi con specchio d’acqua minimo dell’ordine di 30 x 30 m2; circa il 50% degli invasi telerilevati è stato oggetto di specifici sopralluoghi. Da tale operazione sono risultati 8350 “piccoli invasi”, oltre alle grandi dighe.

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Il confronto fra i due tipi di censimento, nelle articolazioni per regione, mostra una sensibile variabilità dei dati, sebbene il numero totale dei “piccoli invasi” rilevati appaia confrontabile come ordine di grandezza. Se ne può dedurre che entrambi i censimenti forniscono una sottostima del reale numero di “piccole dighe” riconducibile, sia ai diversi criteri di ricerca e selezione dei dati, sia alle epoche di riferimento, sia alle modifiche intervenute nel tempo nell’effettivo utilizzo di alcuni piccoli invasi, quali nuove costruzioni e/o dismissioni.

Un significativo termine di riferimento è fornito da quanto rilevato da alcune regioni nel corso delle attività istituzionali intraprese a partire dal 1994, sulle opere di loro competenza come individuate dalla L.584. Alcuni dati, presumibilmente ancora oggetto di aggiornamento e verifica, sono riportati nelle relazioni presentate nel corso del Convegno di Milano del 1997 organizzato dalla Regione Lombardia e dall’ITCOLD.

Regione da dati Min. Agric. For.

1970

da telerilevamento Min.LL.PP

1994

dati regionali 1997

Piemonte 540 547 781

Lombardia 23 42 319

Emilia Romagna 2699 1038 9000

Umbria 489 835 1100

Basilicata 40 136 181

Tab. 1 Censimento piccoli invasi. Confronto fra diverse fonti

Il confronto riportato in tabella 1 mette in luce l’elevata eterogeneità dei dati, che solo in parte può ritenersi riconducibile alle diverse metodologie adottate e alla individuazione del limite inferiore delle classi considerate, come riscontrabile nelle rispettive illustrazioni. È da considerare l’intrinseca difficoltà nel rilevamento di opere così diffuse sul territorio che, al diminuire delle dimensioni, diventano di difficile individuazione. I dati di fonte regionale, sebbene parziali, sono rilevati su una scala territoriale di maggior dettaglio rispetto ai censimenti a carattere nazionale e forniscono una conferma circa i dati riferiti all’intero territorio al momento disponibili, che sono da considerarsi quale stima per difetto della reale situazione.

2.2 Le grandi dighe

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Riguardo le grandi dighe, precedentemente alla L.584/94, vi sono state alcune incertezze sul loro esatto numero e sulle relative caratteristiche di riferimento, che portavano anche far supporre l’esistenza di sbarramenti privi di un qualsiasi atto autorizzativo.

Ad un approfondito esame delle varie posizioni di archivio del SND, resosi possibile a seguito di un sostanziale potenziamento delle condizioni operative, è stato possibile accertare che riguardo le grandi dighe non si avevano incompletezze di dati relativi al loro numero e caratteristiche dimensionali. Il recupero della consapevolezza sulla consistenza delle grandi dighe è stato reso possibile dalla continuità di azione che ha caratterizzato l’evoluzione dell’assetto istituzionale, a partire dalla istituzione della Commissione per il controllo delle dighe di sbarramento per la formazione di serbatoi e laghi artificiali, nominata nel 1923 dal Ministero dei LL.PP. Tale continuità trova riscontro nel buon livello di completezza delle singole posizioni di archivio, che comprendono documenti anche di epoca precedente alla istituzione della Commissione del 1923.

Fig. 1: Caratteristiche dimensionali delle opere di competenza del SND

Attualmente le grandi dighe di competenza del SND sono 552, di cui 514 in esercizio, normale o sperimentale, e 38 in costruzione, anche se talora con lavori non effettivamente in corso. Sono, infatti, presenti situazioni con lavori sospesi per motivazioni di vario genere, spesso non riconducibili a procedimenti di competenza del SND. Nella fig. 1 sono sinteticamente

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rappresentate le caratteristiche dimensionali, altezza e volume di invaso, delle opere di competenza del SND, ovvero delle “grandi dighe”.

2.3 Le dighe minori

Si ritiene utile, al fine di formulare alcune considerazioni sulle problematiche di sicurezza riguardanti l’elevato numero di “piccole dighe”, focalizzare l’attenzione sulle esperienze del SND relative alla classe di opere, di sua competenza, ma con caratteristiche dimensionali contigue a quelle delle “piccole dighe”. Nel presente contesto, nell’ambito delle grandi dighe di competenza SND, possono definirsi convenzionalmente dighe minori quelle con altezza compresa fra 15 e 30m.

Nella tabella 2 sono riportate le dighe di altezza inferiore a 30m, ripartite in classi di intervallo di 5m di altezza ed articolate per diverse tipologie. Esse rappresentano circa il 50% del numero totale degli sbarramenti (552), convenzionalmente classificati come “grandi dighe”, e costituiscono quindi un campione rappresentativo e non marginale nell’ambito del numero totale delle “grandi dighe”.

Tra gli sbarramenti al disotto dei 15m, e con volume di invaso superiore ad 1.000.000 m3, prevalgono le traverse e le dighe di materiali sciolti con manto artificiale di tenuta, queste ultime realizzate per la formazione di bacini di accumulo arginati a superficie estesa ed altezza relativamente contenuta.

Tabella 2 Tipologia dighe di competenza del SND di altezza inferiore a 30 m

Esaminando le varie tipologie si può notare come quelle più ricorrenti, al diminuire dell’altezza da 30 a 15m, sono rappresentate dagli sbarramenti di terra omogenea tra quelli di materiali sciolti, e dagli sbarramenti a gravità

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ordinaria tra quelli di muratura. Tale constatazione, facilmente riscontrabile nell’esperienza nel campo delle piccole dighe, trova una sua giustificazione sul piano tecnico ed economico. I ridotti volumi di materiale che concorrono alla formazione degli sbarramenti non giustificano l’adozione di schemi più complessi, non tanto sul piano dei metodi di dimensionamento, quanto sul piano delle tecniche realizzative: per piccole opere vengono generalmente adottare tecniche costruttive relativamente semplici. Sul piano della sicurezza schemi semplici meglio si prestano nel predisporre i dimensionamenti di progetto, i controlli in corso d’opera, nonché quelli in esercizio.

3. PROBLEMATICHE DI SICUREZZA RELATIVE ALLE DIGHE MINORI E PICCOLE DIGHE

L’attenzione della normativa relativa alle opere di sbarramento è orientata alle grandi dighe e coinvolge una serie di discipline specialistiche, quali l’idrologia, l’idraulica, la geologia, la geotecnica e l’analisi delle strutture murarie. Pur tralasciando gli aspetti innovativi che caratterizzano l’evoluzione in ciascun ambito specialistico relativo alle dighe, l’applicazione di metodologie di uso consolidato alle piccole dighe comporta un problema di calibrazione dell’approccio ai casi di importanza e dimensioni ridotte rispetto a quelli delle grandi dighe, che può essere affrontato esaminando quelle che sono le condizioni critiche più ricorrenti.

A tal fine è utile richiamare quanto illustrato in uno studio sui casi di rottura che hanno interessato a scala mondiale le grandi dighe, quali quelli riportati nel Registro Mondiale Dighe (ICOLD, 1995). In detto studio, si definisce per rottura il collasso o movimento di una parte della diga o della sua fondazione, con conseguente rilascio di un importante volume di acqua che può comportare conseguenze per persone e beni a valle.

Lo studio è stato condotto nell’ottica di costruire una casistica di incidenti anche per una valutazione di rischio correlato allo svolgimento di attività dell’uomo. La maggior parte degli incidenti censiti su base mondiale si sono verificati prima degli anni ’50. Un esame cronologico dei dati consente di verificare come il numero di incidenti sia progressivamente e rapidamente diminuito nel tempo, grazie anche alle approfondite conoscenze tecniche nella progettazione, costruzione ed esercizio, nonchè alla affidabilità delle tecniche di controllo strumentale. L’analisi di quanto accaduto in passato è quindi da trasferire al presente non tanto come effettiva probabilità di incidente, quanto come riferimento per individuare i fattori potenzialmente più critici nelle valutazioni di sicurezza di una diga.

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La distribuzione dei casi di rottura per classi di altezza (fig.2 e fig.3), mostra che il maggior numero di incidenti, oltre il 60% del totale, riguarda dighe di altezza inferiore a 30m, pur avendo escluso casi relativi a opere con H<15m e volume di invaso inferiore ad 1.000.000 m3. L’incidenza riscontrata è da mettere essenzialmente in relazione all’elevato numero di dighe ricadenti nella classe di altezza inferiore a 30m, anche se non si rileva (fig.3) una differenziazione sostanziale in riferimento al numero totale di dighe esistenti per ciascuna classe di altezza. È da notare (fig.4) che si è rilevata una prevalenza dei casi di rottura per le dighe in materiali sciolti.

Fig. 2 Casi di rottura per classi di altezza di sbarramento (da ICOLD 1995)

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Fig. 3 Casi di rottura e numero totale di sbarramenti per classi di altezza (da ICOLD 1995)

Fig. 4 Casi di rottura e tipologia delle opere di sbarramanto (da ICOLD 1995)

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Nello studio ICOLD, cui si rimanda per maggiori dettagli, si mostra come fra le cause di rottura più ricorrenti per le dighe in materiali sciolti si riconosca la tracimazione del manufatto di sbarramento, quale conseguenza dell’inadeguatezza degli scarichi di superficie; per le dighe a gravità la causa più ricorrente è da ascriversi a carenze in relazione ai terreni di fondazione; nel 50% dei casi le carenze si sono rilevate nei primi anni di esercizio.

Le casistiche di rottura/incidente presentano per loro natura dei limiti sia per omogeneità dei dati rilevati, sia per completezza. Il numero dei casi censiti tende in genere a descrivere per difetto la realtà, specie per le opere di minori dimensioni e per gli episodi più lontani nel tempo.

I dati di rottura di dighe, in ambito internazionale, mostrano con evidenza che al diminuire dell’importanza delle opere non diminuiscono le condizioni di potenziale pericolo. Queste, per condizioni di vulnerabilità diffusa del tipo di quelle esistenti in Italia, lasciano desumere condizioni di rischio potenziale, associato alle piccole dighe, che non possono essere considerate di rango inferiore rispetto a quelle delle grandi dighe.

La sicurezza delle opere minori è caratterizzata da un altro elemento di criticità. In genere al diminuire delle dimensioni delle dighe esistenti si impoveriscono le conoscenze sullo stato di consistenza e sul comportamento in esercizio, mediante attività di monitoraggio, molto spesso del tutto assenti.

Le opere minori sono pertanto potenzialmente più esposte ad incidenti, intesi come eventi che si manifestano improvvisamente ed a rapida evoluzione. Non si è nelle condizioni di disporre di elementi premonitori, quali quelli desumibili da un piano di monitoraggio, seppure dimensionato in relazione alla effettiva importanza dello sbarramento. I dati sul comportamento in esercizio darebbero la possibilità di evidenziare per tempo eventuali anomalie, che consentirebbero di mettere in atto misure di prevenzione, volte ad evitare conseguenze indesiderate.

Quanto evidenziato dalla statistica di incidenti su base internazionale trova conferma, per quanto attiene le tipologie di rottura più ricorrenti, nella documentazione relativa alle opere di minori dimensioni raccolta presso l’archivio del Servizio Nazionale Dighe. Non si dispone al momento di una sintesi organica dei dati, spesso incompleti anche in relazione ai tempi non recenti in cui si sono verificati gli eventi, ma quanto rilevato rappresenta un riferimento significativo circa le problematiche più ricorrenti.

Casi di rottura per opere in materiali sciolti

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Tracimazione di una diga in terra con nucleo di altezza 17m e volume di invaso 260.000 m3 (foto 1). Il caso risale al 1960 e si è manifestato in coincidenza ad un evento meteorico intenso, per insufficienza degli organi di scarico.

Erosione del paramento di valle di una diga in terra omogenea di altezza 17,6m e volume 30.000 m3, riscontrata nel 1966. Dal verbale di sopralluogo:” … il rilevato in terra è stato fortemente danneggiato dall’alluvione del novembre 1966 che lo ha solcato profondamente asportando copioso materiale ed erodendo anche il canale di scarico che è in terra battuta”.

Tracimazione di una diga in terra omogenea di altezza 15,5m e volume 20.000 m3, verificatasi nel 1966. Dal verbale di sopralluogo: ”Il rilevato ... avendo ceduto circa 1m nella sezione di massima altezza, ed essendo stato tagliato quasi completamente dalle acque che hanno tracimato; la rovina dell’opera è stata determinata oltre che dal cedimento del coronamento che ha ridotto il franco esistente, dalla quasi totale assenza di sfioratore essendo la vecchia soglia in terra battuta del tutto rovinata insieme con il tracciato del canale fugatore”.

Foto 1 Tracimazione di una diga in materiali sciolti H = 17 m. Anno 1960

Casi di rottura per opere in muratura

Crollo di uno sbarramento in muratura di altezza 10,6m e volume 63.000 m3, risalente al 1928 (foto 2). Dal verbale di sopralluogo:”… il crollo della diga stessa, avvenuto… mentre il serbatoio era pieno e

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tracimava, nonostante che fosse stato lasciato aperto lo scarico praticato al piede della diga”.

Altro elemento che caratterizza le opere di minori dimensioni e che ha riflessi sulle condizioni di sicurezza dei territori di valle è rappresentato dalla perdita di interesse del proprietario/gestore per le ragioni più varie, sia non direttamente correlate alla efficienza dell’invaso, quali la cessazione dell’attività cui era destinato l’uso delle acque invasate, sia imputabili a problematiche tecniche, quali il progressivo interrimento o l’ammaloramento dell’opera di sbarramento e/o delle opere accessorie.

Foto 2 Crollo di uno sbarramento a gravità. Anno 1928

Di frequente si rinvengono, nel corso di ricerche o accertamenti di ufficio, casi di dismissione che, quando attuati nella forma più spontanea, si configurano come veri e propri abbandoni dell’invaso.

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Quale esempio si riporta uno stralcio di un verbale di sopralluogo relativo ad un accertamento per una diga di altezza 14m e volume 50.000 m3: “…. l’invaso è stato in esercizio per lungo tempo e attualmente è di fatto inutilizzato dai proprietari … privo di qualsiasi sorveglianza, … non è stato possibile verificare lo stato dei paramenti e del coronamento dello sbarramento per la presenza di fitta vegetazione”.

Le dismissioni non improntate a criteri di sicurezza possono dar luogo alla accidentale formazione di invasi non controllati che, in condizioni normali in assenza di acqua invasata, sfuggono a qualsiasi operazione di censimento.

In tale contesto possono verificarsi alcune situazioni singolari, quali quelle relative ad una diga in muratura di altezza 18m (fig.5 e foto 3), realizzata nei primi anni del ‘900, mantenuta in esercizio solo per qualche anno nell’ambito di una coltivazione mineraria e di fatto inutilizzata nei decenni successivi. L’invaso si è riempito accidentalmente in anni recenti, per ostruzione dello scarico di fondo, lasciato aperto e libero in condizioni normali. La formazione dell’invaso ha evidenziato una manifesta situazione di criticità nella stessa tenuta dello sbarramento, interessato da una marcata serie di lesioni, risolta con il ricorso allo svuotamento in emergenza mediante pompe.

Allo stato attuale non è stato possibile procedere alla demolizione, neppure parziale, dell’opera per garantire il libero deflusso delle acque. Lo sbarramento riveste infatti un valore intrinseco ai fini della istituzione di un parco di archeologia industriale relativo alla coltivazione mineraria, cui era inizialmente asservita l’opera. Al momento, effettuati i minimi lavori di protezione dello scarico di fondo ed in attesa di dar corso a lavori di adeguamento dello scarico di fondo, è stata richiesta la predisposizione di un piano di emergenza attivabile mediante rilevazione in automatico dell’inizio della formazione di eventuali invasi.

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Figura 5 Diga in muratura H = 18 m realizzata nei primi anni del ‘900. Sezione di progetto

Foto 3 Diga in muratura H = 18 m, realizzata nei primi anni del ‘900. Situazione attuale

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4. VIGILANZA SULL’ESERCIZIO

Il Servizio Nazionale Dighe svolge le attività di vigilanza sul controllo attuato da parte dei concessionari anche mediante le visite periodiche, effettuate almeno due volte l’anno, e l’esame delle misure relative ai sistemi di monitoraggio eventualmente installati. Il complesso delle attività è svolto sulla base del Foglio Condizioni per l’Esercizio e la Manutenzione, in cui si personalizzano in relazione alle effettive condizioni di ciascuna diga le disposizioni riportate nella normativa generale.

L’esperienza del Servizio nelle operazioni di vigilanza attiva sulle dighe minori mostra alcuni elementi che sarebbe opportuno tener presente nel predisporre atti regolamentari e nel pianificare attività di vigilanza per le “piccole dighe”.

La classe di dighe con altezza compresa fra 15 e 30 m è quella per la quale si rilevano maggiori inadempienze da parte dei concessionari. Nel corso delle attività di vigilanza vengono prescritti interventi, rilievi, studi e disposizioni, volti a garantire le condizioni di sicurezza. In casi estremi, pur nella consapevolezza della importanza della fruibilità degli invasi, si procede alla prescrizione di svaso e fuori esercizio del serbatoio. Nel corso del triennio 1997-99 si è registrato un progressivo incremento delle prescrizioni di svaso sull’insieme delle grandi dighe (tab. 3). Per la gran parte (85%) tali casi sono relativi a dighe di altezza inferiore ai 30m.

anno 1997 1998 1999

N° dighe

Fuori esercizio9 13 17

Tab. 3 Incremento del numero di dighe fuori esercizio nel triennio 1997-99

Altro elemento che mette in evidenza problemi sistematici e ricorrenti nel corso della vigilanza ai fini della sicurezza delle dighe di minori dimensioni, può essere desunto dalla regolarità di invio al SND, da parte dei gestori, dei bollettini delle misure, dei diagrammi semestrali e delle asseverazioni, come previsto dalla vigente normativa. L'esame dei bollettini e dei diagrammi delle misure consente al SND di rilevare, nei limiti delle grandezze rilevate, eventuali anomalie nel comportamento delle dighe a fronte delle variazioni dei livelli di invaso e di altri fattori esterni.

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Le irregolarità nell’invio dei bollettini, che sulla base dei dati del 1999, riguardano il 15% delle 515 dighe in esercizio di competenza del SND, seguono una distribuzione non casuale.

Si rilevano, infatti, delle differenze in funzione del tipo di utilizzo delle acque, peraltro di difficile univoca individuazione, e della entità dei volumi d'invaso, nella tabella 4 sono riportati alcuni dati riferiti al triennio 1997-99. In primo luogo si osserva che per gli usi idroelettrici le irregolarità sono sensibilmente inferiori (sempre meno del 10% dei casi), rispetto agli altri utilizzi ed in secondo luogo che al diminuire dei volumi d'invaso, indipendentemente dal tipo di utilizzo, aumentano le irregolarità, soprattutto per invasi inferiori ad 1 milione di m3.

Nell’anno 1999, per le 347 dighe con volume di invaso superiore a 1 milione di m3 si è avuto il regolare invio dei bollettini per il 91 % dei casi; per le 168 dighe con volume inferiore solo nel 70% dei casi si è registrato il periodico ricevimento dei bollettini. E' da rilevare che le dighe con gli invasi più piccoli, spesso gestite con una struttura tecnica non adeguata, possono essere anche senza strumentazione installata.

Se si esaminano i dati di regolarità adottando quale discriminante il tipo di utilizzo delle acque, si può rilevare, che i concessionari delle 318 dighe ad uso idroelettrico hanno inviato i bollettini in oltre il 96% dei casi, senza nessuna sostanziale differenza in relazione al volume di invaso. I concessionari delle 197 dighe asservite ad altri usi hanno trasmesso i bollettini con regolarità progressivamente decrescente in relazione sia all'uso, da potabile ad industriale, ad irriguo, sia alla classe dei volumi d'invaso. Il minimo, pari al 40% di regolarità, è stato registrato per le dighe ad uso prevalentemente irriguo di volume inferiore ad 1 milione di m3.

Le considerazioni sopra esposte confermano la diversa consapevolezza dei gestori in rapporto al grado di organizzazione tecnica ed economica, a prescindere dalle reali condizioni di sicurezza delle dighe. La mancanza dei bollettini delle misure, infatti, di per sé non equivale ad un giudizio di non sicurezza nell'esercizio della diga, ma è da osservare che indipendentemente dai contenuti tecnici di detti bollettini, la regolarità nel loro ricevimento costituisce di per sé un significativo indice della consapevolezza con cui i concessionari svolgono le attività di controllo sulla sicurezza previste a loro carico.

L'analisi dei dati di regolarità dei bollettini consente di dedurre alcune significative considerazioni su base quantitativa, riscontrando quanto spesso affermato solo su base qualitativa. Per le dighe cui è connesso un riferimento economico e finanziario più consolidato, quale per quelle ad uso idroelettrico, si ha un più elevato livello di consapevolezza e di responsabilità da parte dei

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gestori. Quando le dighe presentano modesti volumi di invaso e l'uso è prevalentemente irriguo, i gestori spesso non riescono ad attuare quanto richiesto dalla normativa vigente, spesso per condizionamenti di carattere economico.

Tab. 4 Regolarità ricevimento bollettini misure per le dighe in esercizio nel triennio 1997-99

5. NORMATIVA DI RIFERIMENTO

Il vigente regolamento per le grandi dighe, D.P.R. 1363/59 prevede la possibilità di una applicazione parziale per i casi di minore importanza. Inoltre, per gli sbarramenti non soggetti al regolamento, gli organi competenti possono decidere caso per caso, quali delle norme siano da applicare. Quest’ultimo aspetto, con riferimento alle piccole dighe, è stato ribadito dal Consiglio Superiore dei LL.PP. (1998).

L’applicazione parziale del regolamento da parte del SND è preceduta da un accurato esame delle singole situazioni, con particolare attenzione al

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quadro di insieme dello sbarramento e delle condizioni di sito, nonché dei carichi indotti da eventi naturali, quali fenomeni di piena e sismi.

Molto spesso le istanze relative a progetti e condizioni di esercizio non sono sufficientemente motivate al fine di poter procedere ad una consapevole applicazione parziale del regolamento. Le istanze di applicazione parziale sembrano improntate ad una lettura delle norme come fossero una lista di riscontro, perdendo di vista l’approccio unitario nella valutazione della sicurezza delle opere che concorrono alla formazione dell’invaso.

Anche per le dighe minori emergono quelle stesse difficoltà che intervengono nelle applicazioni della normativa vigente alle piccole dighe adottando il criterio del caso per caso.

Il vigente regolamento è stato infatti predisposto per le grandi dighe, per le quali è necessario procedere, come giustificato dall’importanza delle opere, ad un esame di dettaglio dei vari aspetti specialistici. In vista di evoluzioni future, è da tener presente che la normativa tecnica in generale presenta una tendenza ad evolvere verso formulazioni più complesse ed estese che recepiscono lo stato dell’arte. Le aspettative non sembrano essere per una normativa per le grandi dighe che distingua principi e criteri minimi inderogabili, da applicarsi a tutte le opere di qualunque dimensione ed importanza, da linee guida riferite ai casi più complessi e di maggiore rilevanza.

L’estensione, mediante applicazioni parziali, di una normativa predisposta per grandi sbarramenti ad una classe di opere di un ordine di grandezza più numerosa, comporta inevitabili problemi di uniformità. Tanto più se cresce il numero dei soggetti cui è demandata l’applicazione parziale: art. 90 D.Lvo 112/98… si stabilisce la classificazione delle opere di sbarramento … per le quali l’approvazione tecnica può essere sostituita da una dichiarazione del progettista.

Estendendo alle “piccole dighe” quanto riscontrato per le dighe di minori dimensioni, è da considerare che le “piccole dighe” non sono delle grandi dighe in miniatura, quanto piuttosto una classe di opere con specifiche caratteristiche, la cui trattazione deve ispirarsi ai principi di base recepiti dalla normativa delle “grandi dighe”, avendo però presenti:

la semplicità degli schemi compositivi, le tipologie prevalenti sono in terra omogenea per le dighe in materiali sciolti, a gravità ordinaria per quelle murarie;

la trattazione unitaria nella valutazione del franco, del dimensionamento degli scarichi, dei tempi di svuotamento, degli eventi di piena, tenuto conto che i bacini sottesi sono piccoli, quindi più critica risulta la stima degli eventi di piena;

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le condizioni di stabilità globale del sito di insediamento, sulla base di criteri geomorfologici e non solo geometrici;

le effettive condizioni presenti a valle; i problemi di interrimento; la maggiore praticabilità, rispetto a grandi serbatoi, della ispezionabilità

ad invaso vuoto.Una mancata adeguata considerazione della effettiva realtà tecnica può

avere ricadute sul quadro economico sotteso dalla gestione delle piccole dighe.L’esperienza maturata per le dighe minori mostra che la ricerca delle

necessarie condizioni di sicurezza, se non opportunamente dosata in relazione alla effettiva rilevanza delle opere, può condurre a ritenere non economica la realizzazione di nuove opere e la gestione delle esistenti.

Per quelle in esercizio, si possono verificare casi di dismissione che, dal disuso, tendono all’abbandono. Tale eventualità è tanto meno auspicabile se si considera che spesso, in passato, molte delle opere di minori dimensioni sono state realizzate con l’incentivo di risorse pubbliche. Quando la dismissione/abbandono risale a tempi non recenti, è spesso difficile individuare, sul piano amministrativo, i referenti responsabili dell’invaso nel complesso quadro di riferimento che si può determinare in caso di decadenza delle iniziali concessioni.

Si dovrebbe tenere maggiormente conto delle realistiche condizioni in cui sono state e vengono realizzate le dighe minori e piccole, individuando dei criteri che incidano sui fattori discriminanti ai fini della sicurezza, rapportati alla effettiva importanza dell’opera. Meritano inoltre particolare attenzione le valutazioni di sicurezza delle opere esistenti che, oltre a svolgere una loro funzione nell’utilizzo della risorsa acqua, in numerosi casi hanno assunto caratteri di interesse (ambientale ed a volte storico) che vanno oltre la loro iniziale e specifica funzione di accumulo di acqua.

6. CONCLUSIONI

Il problema delle “piccole dighe” non è piccolo, si hanno, infatti, incertezze già nella definizione quantitativa del problema. I vari censimenti disponibili forniscono risultati che approssimano per difetto la reale situazione.

I fattori critici ai fini della sicurezza presentano caratteri comuni in relazione alla tipologia delle opere, tracimazione per le dighe in terra, inadeguatezza delle fondazioni per quelle murarie. Le tipologie più ricorrenti sono riconducibili a schemi semplici: opere in terra omogenea o a gravità ordinaria.

Le notizie su anomalie presentate dai piccoli invasi, sebbene non disponibili in forma completa e sistematica, confermano che possono

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determinarsi situazioni di pericolo da valutare con attenzione in relazione agli insediamenti presenti a valle.

Allo stato attuale la rispondenza alla normativa vigente per le dighe minori si realizza mediante applicazioni parziali, che comportano un accurato esame caso per caso, di frequente con documentazione tecnica di supporto carente. Si evidenzia la difficoltà di applicare ad opere minori, che hanno peraltro caratteri costruttivi specifici e ricorrenti, una normativa predisposta per opere di grandi dimensioni e di importante rilevanza economica.

La predisposizione di una specifica normativa sarebbe opportuno fosse impostata stabilendo requisiti minimi inderogabili, con la possibilità di richiedere valutazioni più approfondite, attingendo alle metodologie adottate per le “grandi dighe”, per singole situazioni da valutare secondo l’importanza.

Per le piccole opere esistenti, visto l’elevato numero a scala nazionale, andrebbero studiate soluzioni tipo per interventi di adeguamento, da adottare quando riconosciuti necessari.

È da segnalare la crescente attenzione della collettività, non solo degli organi competenti per la sicurezza, ma anche degli stessi proprietari, che manifestano la volontà volta a regolarizzare sul piano tecnico ed amministrativo le opere che gestiscono.

A fronte delle problematiche relative alle piccole dighe, che si presentano in termini abbastanza ben identificabili, la ridefinizione e ripartizione di competenze fra organi differenti comporta un potenziale beneficio in termini di incremento di risorse tecniche che possono essere dedicate ai vari problemi. Tali benefici sarebbe opportuno fossero ottimizzati mediante forme di collaborazione fra i vari soggetti, per valorizzare il comune patrimonio di esperienze nel campo della sicurezza e perseguire condizioni di uniformità per l’intero territorio nazionale.

Bibliografia

Consiglio Superiore LL.PP (1998) – Sbarramenti fluviali e bacini di accumulo idrico di competenza regionale LL.RR. 58/95 e 49/96 Regione Piemonte. Consiglio Superiore LL.PP. IV Sezione, Adunanza del 5 febbraio 1998 - Voto n° 614/97

Crivellari (1984) – Laghetti collinari. Edagricole

ICOLD (1995) – Dam Failures Statistical Analysis, Bulletin n°99

Regione Lombardia e ITCOLD (1997) – Atti del convegno: Le piccole dighe in Italia: problematiche attuali e prospettive future. Milano 2-3 ottobre 1997.

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