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L’anticlericalismo ‘religioso’ nel socialismo italiano fra Otto e Novecento
di Stefano Pivato
“Il socialismo è una nuova religione; esso raccoglie le aspirazioni di coloro che soffrono, esso convita gli uomini a una mensa comune, dove uguale per tutti, in ragione del proprio merito e del proprio bisogno, sarà il pane ed il vino; esso vuole che l’uguaglianza umana esista di fatto e non soltanto idealmente [...]. La nostra forza, come quella d’una religione sta nella propaganda e non v’è causa più bella e più santa di quella che noi combattiamo: avanti dunque, è l’avvenire che ci chiama [...]. Noi siamo la moltitudine contro i pochi, noi siamo la marea che monta, che sale, noi siamo il mare, essi la piccola isola, accerchiata d’ogni parte dalle onde. Hanno detto: il fango sale. Ma io ricordo il versetto della Bibbia in cui dal fango Dio ha formato l’uomo. E questo fango che sale sarà l’uomo e la luce dell’Avvenire”1.
Così Gustavo Balsamo Crivelli, nel 1897 precisava, sulle pagine dell’“Almanacco popolare socialista” le finalità e gli ideali del socialismo utilizzando schemi, modelli e linguaggio di uno dei filoni più originali della
propaganda e della cultura socialista fra Ottocento e Novecento: quello del cosiddetto evangelismo socialista, o socialismo evangelico o, dal nome di uno dei suoi massimi divulgatori del prampolinismo evangelico.
Che cosa, in realtà, abbia rappresentato un fenomeno così vario e complesso non è ancora stato analizzato in profondità anche se riferimenti in vari contributi non mancano. Diversi sono, ad esempio, gli studi su Camillo Prampolini che può a buon diritto essere considerato il massimo teorizzatore di tale tipo di propaganda2. Né è mancata una prima antologizzazione di quello sterminato materiale che si serviva di uno degli stereotipi più ricorrenti dell’evangelismo socialista, quello del Gesù socialista3.
Vari sono stati anche i tentativi di definizione del termine. Giovanni Zibordi, nel 1907, prendendo le difese del prampolinismo evangelico contro chi lo accusava essere “una semi ecclesiastica predicazione, piagno- na e zuccherosa” lo definiva “una propaganda e una predicazione rigorosamente positiva
1 Gustavo Balsamo-Crivelli, L ’ideale socialista, in “Almanacco popolare socialista”, Torino, Libreria Popolare socialista, 1897, pp. 55-56.2 Si vedano, in particolare i contributi contenuti nei due volumi di AA.VV., Prampolini e il socialismo riformista, Roma, Mondo Operaio, Ed. Avanti, 1979-81 oltre al meno recente ma più specifico S. Morini, La propaganda evangelica di Camillo Prampolini fra i contadini reggiani (1886-1900), in AA.VV., Le campagne emiliane nell’epoca moderna, Milano, Feltrinelli, 1957, pp. 195-207. Per una bibliografia più esauriente si rinvia alla voce di Rolando Cavandoli, Prampolini Camillo, in II movimento operaio italiano. Dizionario biografico, a cura di Franco Andreucci- Tommaso Detti, voi. 4, Roma, Editori Riuniti, 1979, pp. 216-31.3 Arnaldo Nesti, “Gesù socialista”. Una tradizione popolare italiana (1800-1920), Torino, Claudiana, 1974.
Italia contemporanea” , marzo 1984, fase. 154
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fatta per la vita e continuamente vivificata e integrata dagli esempi delle quotidiane opere socialiste”4. Roberto Michels l’ha considerato come una delle caratteristiche, più specifiche del socialismo italiano fra Ottocento e Novecento5. Più recentemente Gianni Bosio ne ha parlato come di “una concezione del socialismo inteso come filosofia delle masse”6. Enrico Deeleva lo ha invece analizzato come una originale variante, anzi una “parziale rettifica se non altro tattica”7 dell’anticlericalismo socialista. Gabriele Turi considerando il fenomeno come la assunzione nell’ambito del socialismo della tematica egualitaria del cristianesimo primitivo, ne ha isolato alcuni caratteri, presentandolo, come uno dei temi più frequenti della propaganda socialista8. Patrizia Audenino, per finire, lo ha indicato come uno dei filoni più specifici di quella morale laica che il
Psi è impegnato a diffondere fra le masse popolari9.
Volendo azzardare una preliminare definizione sulla base degli studi che fino ad ora si sono occupati dell’argomento, si potrebbe affermare che l’evangelismo socialista può essere considerato come il prodotto di quell’indirizzo anticlericale che, almeno in apparenza, non si dichiarava apertamente antireligioso ma, anzi, tendeva a dimostrare alle masse popolari che il socialismo salvaguardava i valori autentici del cristianesimo; che i socialisti erano gli unici, i veri eredi del messaggio di Cristo. A meglio delineare le caratteristiche va spiegato che esso convive e si mescola accanto a forme di propaganda che apertamente non solo irridevano a qualunque espressione religiosa ma non esitavano a considerare ‘perversi’ e ‘immorali’ i valori del cristianesimo primitivo10.
4 Giovanni Zibordi, Il “prampolinismo evangelico” nella propaganda e nelle opere, in “Critica sociale”, 16 settembre 1907, p. 278. All’evangelismo prampoliniano Zibordi avrebbe dedicato anche alcune pagine in Camillo Prampo- lini e i lavoratori reggiani, Bari, Laterza, 1930, pp. 72 sgg.5 Roberto Michels, Proletariato e borghesia nel movimento socialista italiano. Saggio di scienza sociografico-politi- ca, Torino, F.lli Bocca, 1908, p. 278.6 Gianni Bosio, L ’intellettuale rovesciato. Interventi e ricerche sulla convergenza d ’interesse verso le form e di espressione e di organizzazione ‘spontanee’ nel mondo popolare e proletario, Milano, Ed. Bella Ciao, 1975, p. 126.7 Enrico Deeleva, Anticlericalismo e religiosità laica nel socialismo italiano, in AA.VV., Prampolini e il socialismo riformista, vol. I, cit., pp. 259-79.8 Gabriele Turi, Aspetti dell’ideologia del PSI (1890-1910), in “Studi storici” , 1980, n. 1, p. 91.9 Patrizia Audenino, Etica laica e rappresentazione del futuro nella cultura socialista dei primi del Novecento, in “Società e storia”, 1982, n. 18, pp. 877-919. Fra i più recenti contributi sulla cultura socialista che si sono occupati del tema si vedano: Patrizia Audenino, La cultura della classe operaia nell’età del decollo industriale, in “Studi storici” , 1981, n. 4, pp. 877-901: Stefano Pivato, La cultura del movimento operaio, in “Italia contemporanea” , 1981, n. 143, pp. 103-107; Laura Savelli, Un aspetto dell’azione de! Partito socialista italiano nelle campagne. Gli opuscoli di propaganda per i contadini (1892-1914), in “Movimento operaio e socialista” , 1978, n. 4, pp. 393-411; Dania Mazzoni, La fortuna di Tolstoj nel movimento operaio italiano, in “Movimento operaio e socialista” , 1980, n. 2-3, pp. 175- 197. Giorgio Bertone, Parlare ai borghesi: De Amicis il "Primo Maggio” e la propaganda socialista, ivi, pp. 155-197. Riferimenti al tema sono anche in contributi meno recenti come quelli di Alfredo Azzaroni, Socialisti anticlericali, Firenze, Parenti, 1961, pp. 83-95.10 Tali sono, ad esempio, opuscoli come quelli di Lerario su La religione cristiana svelata al popolo, nel quale l’autore invita a non “prestare fede a delle dottrine maligne e immaginarie” come quelle predicate da Cristo. Oppure libelli come quelli di Aristide Tormenti, dietro cui si cela Serrati, volti a dimostrare non solo che la Bibbia è “immorale” ma, in esplicita polemica con il prampolinismo che “la fratellanza predicata da Cristo era la fratellanza in Dio, non in terra, giacché non saprebbesi spiegare come il Cristo potesse affermare concetto tanto rivoluzionario e nello stesso tempo predicare la sottomissione al potere costituito “e che il comuniSmo delle prime comunità cristiane era ‘comuniSmo’ di rinuncia, non di rivendicazione” . T. Lerario, La religione svelata al popolo, Roma, Mongini, 1906 e Aristide Tormenti [G.M. Serrati], La Bibbia è immorale, Ginevra, s.d. Un primo tentativo di sistemazione di questo tipo di letteratura è in P. Audenino, Etica laica e rappresentazione del futuro, cit., pp. 884-887.
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Le critiche all’evangelismo socialista proveranno, per l’arco di tempo considerato, da quell’ala del socialismo di ispirazione sindacalista rivoluzionaria nella quale, per ciò che attiene la questione religiosa, erano confluite non poche suggestioni dell’anarchismo ottocentesco. Per tutte valga il severo giudizio di Arturo Labriola che aveva definito il pram- polinismo evangelico come una forma di “socialismo filantropico e sentimentale” che “fa lattemiele del paradiso collettivista sostituito alla visione del paradiso cattolico”11.
In più di un’occasione, inoltre, anche su “Critica sociale” sarebbero state espresse critiche sull’opportunità, per un partito che si dichiarava apertamente anticlericale di presentarsi alle masse popolari come i veri continuatori di Cristo. “Occorre diffidare — si metteva sull’avviso in un articolo comparso nel 1849 — di scempiaggini come queste intorno al Cristo: il primo socialista, il socialista di Nazareth, il socialista rosso vestito o dal mantello rosso ecc.” poiché “nella parola e nella pratica si spinge talvolta quella che dovrebbe essere indifferenza religiosa, ad una tolleranza sentimentale che veste quasi la forma (la sostanza è sempre atea) di una possibile compatibilità simpatica” 12.
Volendo dunque tentare una prima generica collocazione si può affermare che l’evangelismo socialista germina nell’alveo della cultura socialista di stampo riformista, e, più specificamente, all’interno di quella corrente di cui Michels indicava i maggiori esponenti in Prampolini, De Amicis e Morgari e che — secondo il sociologo tedesco — esercitò nel socialismo italiano “una forte azione moralistica che ricorda i primi tempi del cristianesimo”13.
La presente ricerca ha dunque lo scopo di ripercorrere le origini e lo sviluppo dell’evan
gelismo socialista nell’arco cronologico compreso fra gli anni di fine Ottocento e d’inizio Novecento giacché è in quel periodo che esso nasce, prende forma e si sviluppa.
Nel corso della esposizione si è preferito insistere sulle motivazioni e sulle finalità dell’evangelismo piuttosto che soffermare l’analisi sui singoli testi reperiti nel corso della ricerca. Alcune rapsodiche indicazioni andrebbero inoltre più a fondo indagate, tuttavia si è voluto egualmente richiamarle per fornire un quadro che, pur nella sua provvisorietà, appaia meno lacunoso possibile per la comprensione di quei numerosi canali, spesso sotterranei, che concorrono alla comprensione del fenomeno.
Non sarà inoltre inutile soffermarsi brevemente sul significato che, nel testo, viene attribuito al termine ‘religiosità laica’, il quale in questa sede viene utilizzato unicamente per designare quell’atteggiamento che, in parte della tradizione laica risorgimentale prima e di quella socialista poi, era diretto a far opera di proselitismo non tanto attraverso la spiegazione razionale e scientifica di un progetto politico, ma piuttosto suscitando un’adesione fideistica, emozionale, di natura religiosa appunto. Si tratta peraltro di una religiosità puramente naturalistica depauperata degli elementi trascendenti, ma non priva di una qualche dimensione escatologica. La quale, se nel pensiero cattolico si risolveva in una prospettiva ultraterrena e spirituale, in quello laico era sostituita da una visione immanentistica permeata dagli ideali del ‘secolo dei lumi’ e dell’‘età progressiva’. Ossia da quegli ideali di libertà, eguaglianza e fratellanza che entreranno come elementi costitutivi in queiruniverso simbolico di una nuova religione laica di cui l’evangelismo socialista è, con tutta evidenza, una filiazione.
11 Arturo Labriola, Riforme e rivoluzione sociale. La crisi pratica del partito socialista, Milano, Società Editoriale Milanese, 1904, p. 231.12 Mercurio, Preti, cristianesimo e socialismo, in “Critica sociale” , 1894, n. 9.13 R. Michels, Proletariato e borghesia, cit., pp. 279-80.
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Fonte privilegiata dell’indagine è quella vasta pubblicistica di carattere popolare (opuscoli, numeri unici, giornali popolari ecc.) che costituisce, per gli anni presi in considerazione, uno degli strumenti più rilevanti di quell’opera propagandistica diretta a formare una nuova ‘coscienza socialista’.
Ma ciò che forse più conta sottolineare preliminarmente è che non si potrebbe cogliere pienamente il significato dell’evangelismo socialista se ci si soffermasse su un’analisi della forma più comune attraverso cui si espresse: ossia la forma scritta. Certo, il documento letterario, l’opuscolo di propaganda, il foglietto volante, l’iconografia rappresentano strumenti primari per la comprensione del fenomeno. Tuttavia le capacità di penetrazione, le potenzialità educative di tali materiali sfuggirebbero se non si tenesse presente, sullo sfondo, quel più generale clima emozionale dai connotati inequivocabilmente religiosi che accompagna la nascita del socialismo italiano14.
Definire le numerose espressioni di quella natura religiosa non è compito agevole. Si tratta di un contesto multiforme composito la cui ricostruzione si rivela quanto mai problematica e di fronte al quale gli strumenti tradizionali dello storico palesano spesso la loro insufficienza a cogliere la varietà dei segni che compongono il fenomeno. Si tratta in effetti di una realtà che, ancora prima che
interpretata va scomposta nelle infinite tracce testimoniali attraverso le quali si manifesta. La ricerca storica molto deve ancora dirci, ad esempio, su quella ritualità del socialismo italiano in cui, a ben guardare, è difficile non scorgere i segni di una complessa religiosità laica intrisa di vago misticismo, di momenti fideistici e devozionali che presiedono l’opera di proselitismo presso le masse popolari. Del resto non aveva forse scritto Ciccotti che gran parte dei motivi emozionali e simbolici della tradizione operaia, dalla bandiera, alla festa del Primo Maggio, al ritratto, avevano “tanti punti di somiglianza con le feste cristiane campestri, quali si vedono ancora nelle nostre borgate di montagna; e nell’origine nel carattere e nelle fasi delle feste cristiane si può trovare molte volte la chiave a ben intendere l’origine e le forme successive delle solennità socialiste”15?
Come non interpretare, ad esempio, in questa direzione la tradizione onomastica, analizzata da Ernesto Ragionieri, secondo la quale l’assegnazione ai neonati di nomi di famosi leaders socialisti non sottintendeva solo il distacco dalla tradizione cattolica, ma anche la diffusa aspirazione a una profonda trasformazione della società e della vita degli uomini16? O come non ascrivere al filone della ‘religione del socialismo’, la venerazione per i capi, per gli ‘apostoli’ del nascente socialismo17?
14 Ha osservato Arfé a proposito della fondazione del Partito socialista italiano: “A Genova [..] non è soltanto un partito politico a costituirsi, ma anche un movimento di natura religiosa a trovare il proprio centro di coagulazione e di organizzazione” . Gaetano Arfé, Storia del socialismo italiano (1892-1926), Torino, Einaudi, 1965, p. 20.15 Ettore Ciccotti, Psicologia de! movimento socialista. Note ed osservazioni, Bari, Laterza, 1903, p. 49. Nello stesso saggio Ciccotti paragona la dottrina cristiana e il socialismo scrivendo che “il punto di contatto tra l’uno e l’altro [...] sta tutto nell’espressione di un alto, infinito amore umano” , p. 64. Più in particolare sul significato del primo maggio come “la Pasqua degli operai di città e di campagna” e come “una festa che non ha riscontro, per la sua importanza mondiale che nella rivoluzione cristiana” cfr. Carlo Monticelli, La nostra festa! (1° maggio), Firenze, Nerbini, 1903.16 Ernesto Ragionieri, Storia di un comune socialista. Sesto Fiorentino, Roma, Editori Riuniti, 1976, p. 182.17 Nota in proposito Michels che i militanti socialisti “avevano nei duci del movimento una quasi soprannaturale fiducia” e “amalgamando, nella loro ingenuità, la questione sociale con gli usi religiosi, essi partivano spesso nei loro cortei, alla rinfusa, il crocifisso accanto alla bandiera rossa o ai cartelli recanti sentenze di Marx [...]. Molti, per salutarli, si gettavano a terra, ebbri di devozione, proprio come nel passato si erano prosternati davanti ai loro
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Anche il linguaggio socialista dovrebbe essere oggetto di un’attenta analisi. Un esame sia pure superficiale mostra tuttavia non poche ascendenze lessicali derivate dalla predicazione cristiana come gli ‘apostoli’ del socialismo, i ‘martiri’ del socialismo, la ‘fede socialista’. Ma probabilmente, la mutuazione più caratteristica è data dal cosiddetto battesimo socialista. Pratica di iniziazione diffusa anche nei paesi d’oltralpe18, il battesimo socialista rappresentava un vera e propria trasposizione in chiave laica della liturgia cattolica, una sorta di rito di iniziazione alla ‘fede socialista’19.
Va detto che a questa ritualità corrisponde sul piano della propaganda scritta, una nutrita produzione letteraria. In effetti, se il richiamo e il confronto esplicito con il cristianesimo primitivo costituisce uno dei temi dominanti dell’evangelismo socialista, esiste però anche un tipo di propaganda che utilizza solo le formule, i simboli della tradizione cristiana e cattolica, parodiandone, però i contenuti e i valori ideali. È la propaganda mediata attraverso quella originale forma dei catechismi operai in cui è più esplicito il tentativo di operare una sostitu
zione della ‘vecchia’ religione, con la ‘nuova’, ossia il socialismo. Le formule, il linguaggio, gli schemi di questo tipo di letteratura sono mutuati da quelli della tradizione cristiana; i contenuti sono invece quelli della tradizione laica e socialista. Così il circolo operaio sostituisce la chiesa come luogo di culto, l’operaio il prete, l’inno dei lavoratori la preghiera come momento di professione e di adesione alla nuova idea.
Sicuramente uno degli esempi più noti di tale propaganda fu quello de / comanda- menti del lavoratore di uno dei promotori de “La Boje” : quel Giuseppe Barbiani la cui predicazione socialista si rifaceva in gran parte al misticismo religioso di matrice protestante20. Acceso anticlericale e assertore dell’avvento delle tre epoche, quella del Padre, del Figliolo e dello Spirito Santo — quest’ultima identificata con l’epoca dei contadini — Barbiani pubblicò i suoi co- mandamenti, per la prima volta a quanto risulta, su “La libera parola” di Mantova nel 1884. Più volte ristampati anche in foglietti volanti i comandamenti del Barbiani furono divulgati anche dai giornali socialisti. Inoltre, particolare non privo di signifi-
vescovi”, Roberto Michels, Storia critica del movimento socialista italiano. Dagli inizi fino al 1911, Firenze, “La Voce” , 1926, p. 197.18 Eric Hobsbawm, I ribelli. Forme primitive di rivolta sociale, Torino, Einaudi, 1980, p. 200.19 Ricerche future dovrebbero testimoniare in quali zone questo rito fosse diffuso. Sicuramente nell’area padana se lo stesso Giovanni Zibordi, all’inizio del secolo, avrebbe stigmatizzato in uno scritto rivolto ai contadini quel rito come “una mezza mascherata dove invece che un prete in cotta e stola ci sarà un compagno con la cravatta rossa e invece dell’acqua benedetta si adopererà il vino e invece del nome di Dio si tirerà in ballo quello di Carlo Marx”, Giovanni Zi- bordi, Contro i battesimi socialisti, in Nuovi dialoghi campagnoli, Reggio Emilia, Coop, fra lavoranti e tipografi, 1908, pp. 51-54. Senz’altro anche nella Romagna se, daparte cattolica, un attento osservatore come Francesco Lanzoni scriveva, nel 1904, che attraverso quel rito i socialisti altro non facevano che “scimmiottare nella maniera più grottesca le nostre più auguste cerimonie” . Francesco Lanzoni, Battesimi socialisti e repubblicani, in “ Il Piccolo ”, 6 marzo 1904, ora in F. Lanzoni, Scritti politici (1899-1929), a cura di Lorenzo Bedeschi, vol. I, Brescia, Morcelliana, 1964, pp. 360-361.20 E ovvio che andrebbe approfondito un aspetto che qui solo si accenna, ossia l’eventuale influenza che ha esercitato la propaganda protestante sull’evangelismo socialista. È stato ad esempio osservato che per certe zone, e segnata- mente per il mantovano e per il reggiano il movimento evangelico si è diffuso, alla fine dell’Ottocento “in simmetria” con l’esperienza socialista. Cfr. A. Nesti, Gesù socialistà, cit., pp. 58-64; Francesco Manzotti, I valdesi a Guastalla e nella Bassa Padana, in “Nuova rivista storica” , 1957, pp. 418-455. Occorrerebbe inoltre analizzare analogie e differenze fra la teologia popolare prampoliniana e il cristianesimo propagandate dai gruppi evangelici in relazione anche al favore che, almeno in certi gruppi evangelici, riscosse l’immagine del Gesù socialista, per una prima analisi sulla presenza e sulla diffusione del movimento evangelico in Italia si veda: Giorgio Spini, L ‘Evangelo e il berretto frigio. Storia della chiesa cristiana libera in Italia, 1870-1904, Torino, Claudiana, 1971.
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cato, anche la prampoliniana “Giustizia” li avrebbe riproposti in uno dei suoi primi numeri21 .
Una circolazione assai ampia ebbero, soprattutto negli anni di inizio secolo, anche I dieci comandamenti del socialismo di Luisa Draghi di cui esistono più versioni, la più nota delle quali era rivolta alle donne operaie22.
Si direbbe tuttavia che nella propaganda socialista esistano forme di decaloghi per ogni categoria di lavoratori. Fra i più singolari: I dieci comandamenti del contadino, I dieci comandamenti dell’operaio all’estero, I comandamenti per il socio d ’una lega, I dieci comandamenti civili del buon lavoratore2*. Esemplati sul modello di quelli della tradizione cattolica i decaloghi socialisti contenevano in genere raccomandazioni, indicazioni
e indirizzi volti a improntare l’azione dei lavoratori a quella ‘nuova’ etica che alla sotto- missione sostituiva la ribellione dei poveri per la costruzione della società socialista. Fra l’altro al fanciullo che si suppone “imbevuto della metafisica” del catechismo cattolico si raccomanda di “Venerare il maestro” e di “Amare lo studio che sarà il tuo migliore alleato nella lotta per l’esistenza” e di “Non lasciarsi impaurire da racconti straordinari che non arrivi a comprendere”24. Alla donna si raccomanda di “Non amare la gioventù che si prostituisce a denaro e si ubriaca” e di “Non badare a chi ti grida che la donna è nata serva”25. All’operaio si prescrive di “Non vendere a prezzo vile la tua merce lavoro” e di “Non credere che la classe operaia sia dannata al servaggio” e si incita ad “aiutare
21 I comandamenti del Barbiani sono stati riprodotti in appendice a La boje! Processo dei contadini mantovani alla corte di assise di Venezia, a cura di R. Salvadori, Milano, Ed. Avanti! 1962, pp. 269-270. Quella dei catechismi è una forma di propaganda adottata anche nei paesi d’oltralpe. Non a caso buona parte dei catechismi operai che figurano nei cataloghi della editoria socialista sono traduzioni dal francese o dall’inglese. Si vedano, fra gli altri: Bax Ernest Belfort, Quelch Elenry, Nuovo catechismo socialista, pref. di A. Schiavi, Firenze, Nerbini, 1904; J.L. Joynes, Il catechismo socialista, Milano, Ed. Critica sociale, 1900; Paul Lafargue, La religione del capitale. Catechismo del lavoratore, Alessandria, Biblioteca del fascio operaio, 1890.22 Luisa Draghi, I dieci comandamenti del socialismo. Alla donna operaia, in “L’Azione socialista” , 25 maggio 1901. Vedili riprodotti in “La Luce”, Carpi, 29-30 giugno 1901 e nell’“Almanacco socialista per il 1902”, Firenze, Nerbini. Si veda un commento al decalogo in Annarita Buttafuoco, Sprezza chi ride. Politica e cultura nei periodici del movimento di emancipazione in Italia, in “Nuova DWF”, 1982, n. 21, pp. 7-34. Di Luisa Draghi si vedano anche: Regole elementari dell’operaio socialista. Dieci buoni comandamenti, in “Il garofano rosso”, 1° maggio 1901.23 Vedili pubblicati sui seguenti numeri de “Il Seme” : aprile 1906, n. 7; aprile 1906, n. 8; febbraio 1908, n. 4; agosto 1908, n. 15. Si vedano anche I dieci comandamenti del socialismo all’operaio pubblicati in appendice a C. Monticelli La nostra festa! (1° maggio), cit. Altra forma di propaganda molto simile a quella dei comandamenti sono le preghiere e le orazioni dell’operaio. Fra le più note quelle pubblicate negli anni ottanta dalla “Plebe”. Varie sono poi quelle stampate in fogli volanti. Fra queste la Preghiera dei circoli operai stampata in un foglio della Tipografia Pen- naroli di Fiorenzuola d’Arda nel 1892 e che qui merita di essere per intero riprodotta perché costituisce uno degli esempi più evidenti di quel tentativo di suscitare un’adesione religiosa alla causa socialista attraverso la sostituzione dei simboli della tradizione cristiana con quelli della tradizione operaia: “Circoli Operai, siate benedetti. / Voi siete il pane dell’anima, la luce della vita / la difesa del povero operaio / Noi eravamo scissi e divisi, eravamo servi dei servi / sfruttati da pochi che ci tenevano in tutta schiavitù / I nostri figli e le nostre mogli eran servi, non avevano / né vesti, né pane ed erano prostituite dai padroni / Siate benedetti o Circoli Operai / Voi difendete i nostri interessi / Voi combattete tutte le forme, sia del parassitismo / sia del dispotismo / Benedicete, o compagni, i Circoli che lottano per il benessere, la libertà ed il miglioramento delle classi lavoratrici / La benedizione dell’operaio è la vera / Maledetto chi abbandona il proprio Circolo, maledetto chi / non iscrivendosi come socio, tradisce la causa dei lavoratori” . Preghiera, ne I pianeti della fortuna. Canzoni e vignette popolari dell’antica tipografia G. Pennaroli di Fiorenzuola d ’Arda, a cura di E. Carrà e L. Mosconi, presentazione di R. Leydi, Milano, Ed. di V. Scheiwiller, 1973.24 Catechismo socialista per i fanciulli, in “Almanacco socialista per il 1902”, Firenze, Nerbini, p. 29.25 L. Draghi, I dieci comandamenti del socialismo. Alla donna operaia, cit.
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il trionfo della giustizia e dell’uguaglianza”26.
Le raccomandazioni della precettistica cattolica sono dunque sostituite da imperativi categorici di una morale attivistica rigorosamente laica e umanitaristica senza richiami trascendenti e teologali. Alla fede in una vita ultraterrena, considerata segno di fatalismo, di inerzia e di rassegnazione che sacrifica alla vita futura la vita presente, i comandamenti socialisti sostituiscono la fede nel progresso, nella umanità, nella istruzione come condizioni ineliminabili di una palingenesi sociale a breve scadenza e realizzabile sulla terra. Il lavoro come fonte di elevazione materiale; l’istruzione come fattore di emancipazione individuale e collettiva; la solidarietà e il reciproco sostentamento come regole di un vivere socialmente non più fondato sull’attesa del paradiso, ma nella piena fiducia delle facoltà umane sono alcuni di quegli elementi che emergono dalla lettura dei catechismi socialisti e in cui, a ben guardare, non è difficile scorgere l’impronta di quella sorta di religione laica e filantropica, di quella ‘nuova religione dell’umanità’, fondata sui generali principi di libertà, fraternità, uguaglianza, frutto della elaborazione del pensiero laico risorgimentale27.
Il significato dell’evangelismo socialista sfuggirebbe dunque se non si tenessero presenti tali motivi che costituiscono la sostanza di quella religiosità laica che accompagna l’azione di proselitismo presso le masse popolari. Ossia il tentativo di presentare fin dalle origini il socialismo come una ‘nuova fede’ in sostituzione della ‘vecchia fede’, il cristianesimo. Del resto non aveva forse
scritto Andrea Costa che essendo il “popolo [...] di natura sua idealista [...] non si solleverà se non quando le idee socialistiche abbiano per lui il prestigio e la forza di attrazione che ebbe un tempo la fede religiosa”28? E Gnocchi Viani, scrivendo a Mario Pilo, non aveva forse accennato al socialismo come alla “terra promessa”29?. Infine non aveva lo stesso Turati, dopo il congresso operaio di Milano del 1891, accennato esplicitamente al socialismo come ad una “buona novella”30?
Non sarebbe tuttavia corretto far coincidere l’utilizzo sistematico dell’evangelismo socialista con la nascita del partito socialista. Certo l’espansione e l’organizzazione delle forme di propaganda si perfezionano dopo il congresso di Genova e l’evangelismo socialista diviene una delle forme propagandistiche più diffuse nella stampa di partito. Non pochi indizi fanno tuttavia ritenere che la propaganda socialista facesse propri schemi e modelli presenti da tempo nella tradizione laica risorgimentale italiana. In effetti la coniugazione fra i simboli della democrazia, del movimento operaio e quelli di un cristianesimo che sta dalla parte degli oppressi, dei ribelli, era precedente alla nascita del Partito socialista italiano e non sarà inutile richiamarne, sia pure rapidamente, alcuni antecedenti. Nota è l’esistenza di un anticlericalismo cattolico e riformatore che si opponeva, sul piano politico, al cattolicesimo tradizionalista e controrivoluzionario già nella prima metà dell’Ottocento31. Si tratta di forme di anticlericalismo che attingevano al comune denominatore di un secolare riformismo cristiano che richiamava i movimenti ereticali del medioevo, l’eredità giansenista, il cattoli-
26 I dieci comandamenti del socialismo all’operaio, in C. Monticelli, La nostra festa!, cit., pp. 12-13.27 Cfr. in proposito Guido Verucci, L ’Italia laica prima e dopo l ’Unità 1848-1976. Anticlericalismo, libero pensiero e ateismo nella società italiana, Bari, Laterza, 1981.28 Andrea Costa, A i miei amici di Romagna, in “La Plebe” , 3 agosto 1879.29 La lettera che Gnocchi Viani definiva “apostolica” è parzialmente riportata in Rinaldo Salvadori, La repubblica socialista mantovana da Belfiore al fascismo, Milano, Ed. Del Gallo, 1966, p. 326.30 Cfr. G. Arfé, Storia del socialismo italiano, cit., p. 19.31 Sull’argomento vedi le indicazioni di G. Verucci, L ’Italia laica prima e dopo l’Unità, cit., pp. 3-13.
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cesimo illuminato e riformatore del Settecento, gli echi savonaroliani e lo stesso cristianesimo primitivo nonché la intensificata propaganda protestante nel nostro paese. Un retaggio di sedimentazioni che venivano adattate alle esigenze di una cultura moderna allo scopo di facilitare l’inserimento della Chiesa nella nuova società e nella nuova cultura, offrendone una immagine più rispondente alle aspirazioni e alle necessità del tempo. Né è da escludere che proprio tali forme di anticlericalismo cattolico abbiano agito come “preparazione e avviamento”32 a quelle manifestazioni di anticlericalismo laico che, proprio facendo leva sulla esigenza di un rinnovato spirito evangelico criticavano l’eccessivo tradizionalismo dell’istituzione ecclesiastica allo scopo di ridurne e di limitarne l’influenza nella politica e nella società civile.
Tuttavia se sono note le posizioni di alcuni gruppi di intellettuali che si fecero portavoce verso la metà dell’Ottocento delle esigenze di un rinnovato spirito evangelico in chiave antichiesastica e anticlericale, resta da verifica- re come i motivi dell’evangelismo democratico si traducessero in forme di divulgazione popolare. Da analizzare sarebbe, ad esempio, l’ampia letteratura su Garibaldi e Mazzini spesso accostati alla figura di Cristo33. Oppure certi periodici che nella testata richiamavano esplicitamente l’iconografia cristiana o che comunque si facevano portavoce di un generico evangelismo democratico34. È infine anche da esaminare la poesia popolare del periodo risorgimentale in cui è frequente l’accostamento fra gli ideali patriottici e le parabole evangeliche35. Certo è che anche a un primo sommario esame di questi materia- lirisulta con evidenza che la figura di un Cri-
32 Ivi, p. 5.33 Assai vasta è la letteratura sul misticismo garibaldino. Non è stato possibile reperire un opuscolo dal titolo assai indicativo (Cristo e Garibaldi) pubblicato a Torino nel 1883 e di cui la stampa anticlericale fa ampia propaganda. Vedine la notizia in “Gesù Cristo”, 1-8 luglio 1883. Vari accostamenti fra la figura di Cristo, Giovanna d’Arco e Garibaldi sono comunque reperibili in raccolte di poesie popolari del periodo risorgimentale. Per tutte si veda Roberto Leydi, Canti sociali italiani. Vol. 1. Canti giacobini, repubblicani, antirisorgimentali di protesta postunitaria, contro la guerra ed il servizio militare, Milano, Edizioni Avanti!, 1963, passim. Numerosissimi, poi, i riferimenti in vari periodici popolari. Particolare attenzione meriterebbe, poiché viene diffuso nella zona classica del prampolinismo e, forse, non è stato privo di influenza sullo stesso Prampolini, “L’Iride” . Diretto da Pietro Artioli e pubblicato a Scandiano a partire dal 1873 il giornale recava sul frontespizio il versetto di San Giovanni “La verità ci fa liberi” . Assertore di una feroce polemica anticlericale il giornale inneggiava spesso al Cristo “rivoluzionario che voleva mettere tutto sossopra” accostando sovente “il Cristo rivoluzionario di allora [...] e il Mazzini repubblicano di adesso” (Replica, in “L’Iride, 19 dicembre 1873).34 Si vedano, in particolare, le osservazioni di G. Veruccì, L ’Italia laica prima e dopo l ’Unità, cit., pp. 3-8. Particolarmente interessante si rivela ad un primo esame il periodico torinese “Gesù Cristo” che uscì a partire dall’ottobre 1882. Il giornale che aveva come sottotitolo “grido popolare anticlericale” era pervaso dalla polemica antitemporalistica e assertore, sul piano delle alleanze politiche, di un fronte anticlericale di larghe intese. Il periodico si presentava inoltre ai lettori come il banditore del Cristo “filosofo redentore, il martire glorioso dell’umanità, l’uomo che nell’amore tutte compendia le leggi” . Negatore della divinità teologica di Cristo presentava la figura del Nazzareno “nella sua vera condizione di uomo” dichiarando nel contempo di volersi ispirare alla “fonte pura dell’evangelo, la fonte degli apostoli, la fonte dei primi padri della chiesa” (Joannes, Gloria in excelsis Deo, in “Gesù Cristo” , 24-31 dicembre 1882). Dal gennaio del 1884 il periodico si fuse con un altra testata e uscì col titolo di “L’Anticlericale. Grido popolare” .35 Particolarmente significativi fra gli altri sono alcuni versi databili attorno agli anni settanta e contenuti in un foglio volante della stamperia Salani di Firenze. In essi, di fronte a Pio IX che rivendicava la leggittimità del potere temporale si contrappone il primato di una religione vera depositaria del messaggio di Cristo e, di conseguenza, il primato dello spirituale sul temporale: “Che vuole il Papa? vuol essere Re / Ma nel Vangelo questo non c’è / Anzi di Cristo l’alta missione / Fu di disperdere ogni birbone / Fu di difendere color che in terra / Dagli oppressori soffron la guerra / Fu di squarciare dal fai il velo / Colle parabole del suo vangelo / Anzi ai Cesari Ei mosse guerra / Né altri nemici conobbe in terra / Né alzò patiboli, né usò cannone / Come il compare del Re Borbone [...)” , Roma capitale d'Italia, in Ipianeti della fortuna, cit.
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sto vindice, di un Cristo liberatore e di una religione non corrotta, non dalla parte di ricchi e potenti, ma con i poveri e con gli oppressori sono immagini ricorrenti nella letteratura popolare del periodo risorgimentale.
Non è ancora, per ragioni cronologiche, l’immagine del Cristo socialista, ma quella di un Cristo e di un cristianesimo che stanno dalla parte dei liberatori, contro i Borboni oppressori, contro Pio IX, contro tutti coloro che fanno della religione uno strumento di dominio e di oppressione36. La figura del Cristo e l’immagine del cristianesimo primitivo erano dunque utilizzate in una chiave prevalentemente antitemporalistica: di qui la lettura del cristianesimo in una chiave sostanzialmente ‘patriottica’ e il frequente accostamento del Cristo agli ideali risorgimentali.
È ovvio che una ricerca esaustiva volta a decifrare la filiazione dell’evangelismo socialista nell’evangelismo democratico del periodo risorgimentale dovrà tener conto di una questione più complessiva. Ossia dovrà analizzare il problema all’interno di una più vasta cornice che consideri la diversità di indi
rizzi e di accenti fra l’anticlericalismo risorgimentale e quello socialista37. In questa sede e in una economia espositiva volta a fornire alcune prime indicazioni di ricerca sarà sufficiente rilevare che il ricorso a un generico evangelismo democratico in chiave politica, antichiesastica e antipapale, è già presente nella cultura anticlericale risorgimentale. Di conseguenza la ‘novità’ dell’evangelismo socialista non consiste tanto nel tentativo di coniugare una moderna dottrina politica — il socialismo — e un modello di cristianesimo ricondotto alla purezza delle origini, ma, semmai, nel suo tentativo di divulgare, di po- polarizzare quei motivi a strati sempre più ampi. In effetti, se l’evangelismo democratico era non solo dominio di “gruppi e indirizzi indubbiamente minoritari”38 ma anche poco rappresentativo delle tendenze prevalenti nelle ideologie dell’anticlericalismo, con la nascita e l’affermazione del socialismo esso diviene uno dei motivi dominanti dell’anticlericalismo. Tende a porsi in definitiva come una delle più diffuse categorie di quella morale socialista tesa a “formare un nuovo senso comune”39. E ciò non a caso giacché
36 Va tuttavia precisato che a partire dalla seconda metà degli anni settanta in coincidenza con l’espandersi del movimento socialista compaiono, nella letteratura popolare, i primi accostamenti fra i simboli del cristianesimo e quelli del nascente socialismo. E una delle poesie più originali del periodo antecedente la nascita dei Partito socialista è senz’altro quella rinvenuta da Pier Carlo Masini nella quale si rileva uno dei primi accostamenti fra il socialismo e la figura di Cristo. La poesia dedicata a Gesù Nazzareno primo martire del socialismo fu pubblicata nel 1876 ma risulta scritta nel 1871 all’indomani della Comune parigina. In essa compaiono vari riferimenti ai simboli “dell’età progressiva” in lotta contro le “tenebre e l’oscurantismo” : Gesù è accostato di volta in volta ai filosofi illuministi agli eretici medioevali e al socialismo. Giacinto] S[tiavelli], A Gesù Nazzareno primo martire del socialismo, in “Almanacco socialista per l’anno 1876” , Firenze, Tipografia Italiana Martini, 1875. Ora ripubblicato in Pier Carlo Masini, Poeti della rivolta da Carducci a Lucini. Antologia, Milano, Rizzoli, 1978, pp. 140-43. Nella stessa raccolta si veda anche la poesia di Oreste Fortuna intitolata A Gesù Nazzareno e pubblicata su “ I Malfattori” di Ginevra il 10 luglio 1881 e su “La Favilla” di Mantova il 7 luglio dello stesso anno.37 Per un primo approccio al tema cfr. Enrico Deeleva, Anticlericalismo e lotta politica nel’ltalia giolittiana, I: L ’“esempio della Francia” e i partiti popolari (1901-1904), II: L ’estrema sinistra e la formazione dei blocchi popolari (1905-1909), in “Nuova rivista storica” , 1968, pp. 291-354 e 1969, pp. 541-617, e G. Verucci, L ’Italia laica prima e dopo l ’Unità, cit.38 G. Verucci, L ’Italia laica prima e dopo l ’Unità, cit., p. 5. Valga per tutti le propaganda e l’azione dell’on. Guerrieri Gonzaga che caldeggiava la bonifica dell’agro mantovano-reggiano, la costruzione di asili a proprie spese, la elezione democratica dei parroci e che giungeva perfino, in nome dei principi evangelico-protestanti a dividere alcune sue terre fra i lavoratori. Cfr. Un modernista nel Risorgimento, “Bilychnis”, aprile 1917, pp. 278-286.39 G. Bosio, L ’intellettuale rovesciato, cit., p. 126.
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l’assunzione, come metodo di propaganda, dell’evangelismo da parte del socialismo italiano si situa, cronologicamente, in quella fase del processo evolutivo compiuto dal movimento operaio all’inizio degli anni ottanta. Il rifiuto della tattica insurrezionalista anarchica che per l’influenza della svolta di Andrea Costa, viene accettata da non pochi esponenti socialisti comportò quella che è stata opportunamente definita una “andata verso il popolo” del socialismo italiano. E uno degli elementi più originali di quella tattica volta ad acquisire un consenso di massa alla scelta elettoralistica del Psi è stata non a caso individuata nella propaganda educativa40.
In effetti l’evangelismo socialista prende forma di compiuta elaborazione propagandistica proprio in quei settori che abbandonano gradatamente quei residui di ribellismo anarchico. Le origini dell’evangelismo socialista, o meglio, la sua assunzione sistematica come strumento di propaganda, vanno dunque spiegate in relazione alla più generale questione dell’educazione delle masse popolari, in rapporto a quel più vasto programma di ‘persuasione’ volto ad acquisire un sempre maggior consenso popolare al nascente socialismo italiano41. E la sua formulazione — in polemica, fra l’altro con il pensiero anarchico in materia religiosa42 — veniva esplicitata per la prima volta, a quanto risulta, dalle pagine dello “Scamiciato” , un giornale di Reggio Emilia che gli studiosi considerano uno dei più significativi per comprendere quella fase di transizione dall’anarchismo al socialismo che il movimento operaio italiano inizia sul
principio degli anni ottanta. E a teorizzare l’uso della propaganda evangelica era, dalle pagine di quel giornale, Camillo Prampolini, il cui abbandono della intransigenza dottrinaria che aveva caratterizzato i suoi esordi nelle file del movimento operaio e il conseguente avvicinamento ad una prassi di socialismo riformista coincideva con un netto revirement in materia di propaganda religiosa43. Ma un ulteriore elemento che qui appena si accenna andrebbe approfondito al fine di una valutazione più complessiva delle motivazioni che possono aver condizionato l’esplicitazione propagandistica dell’evangelismo socialista proprio in quegli anni. Non può in effetti apparire del tutto casuale il fatto che l’elaborazione prampoliniana coincidesse con quelle nuove tendenze che nel mondo cattolico erano affiorate verso la fine del pontificato di Pio IX e che andavano consolidandosi con l’ascesa al soglio pontificio, nel 1878, di Leone XIII. La lenta ma progressiva messa in discussione delle linee dell’intransigentismo, lo sganciamento da vecchie pregiudiziali dinastiche, l’inserimento, in definitiva, della Chiesa nella società borghese lasciavano già allora intravvedere le linee di quella politica clerico-moderata che in anni più tardi si sarebbe definitivamente affermata come volta a contrastare l’avanzata del socialismo. Del resto, proprio all’inizio degli anni ottanta, la storiografia fa ormai concordemente risalire l’inizio, per il movimento cattolico dell’attivismo associativo in funzione antisocialista più concretamente sul terreno della organizzazione ope-
40 Cfr. in proposito Carlo G. Lacaita, Politica e istruzione liberale nel movimento socialista in Istruzione popolare nell’Italia liberale. Le alternative delle correnti di opposizione, a cura di G. Genovesi e C.G. Lacaita, Milano, Franco Angeli, 1983, pp. 21-77.41 Impossibile qui richiamare l’ormai vastissima bibliografia sulla ‘svolta’ di Andrea Costa. Ci si limita dunque a rinviare alla voce biografica ed alla bibliografia in essa contenuta di Renato Zangheri, Costa Andrea, in II movimento operaio italiano. Dizionario biografico, cit., voi. 2, pp. 109-120.42 Cfr. in proposito Adolfo Zavaroni, Le origini del giornalismo socialista reggiano 1882-1890, in AA.VV., Prampolini e il socialismo riformista, vol. I, cit., p. 94.43 Idem, pp. 93-94.
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raia. Un orientamento questo non discaro, qualche decennio dopo, alla borghesia che poi indurrà il fronte anticlericale a denunciare “il laido connubio fra la chiesa e il capitalismo” . Ebbene una siffatta prospettiva ha probabilmente influito su Prampolini nel- l’utilizzo di quel tipo di propaganda per meglio contrastare in maniera meno vociante, ma forse più efficace, il tentativo di inserimento del mondo cattolico nella società civile44.
In effetti Prampolini, nell’agosto del 1883, nel teorizzare l’utilizzo della propaganda evangelica ripudiava esplicitamente quell’anticlericalismo violentemente irreligioso che aveva caratterizzato i primi numeri de “Lo Scamiciato”45, constatando l’improduttività e le scarse capacità di suggestione di una propaganda anticlericale fatta “esclusivamente in nome della ragione”46.
Occorreva innanzi tutto — proseguiva Prampolini — utilizzare mezzi di persuasione che tenessero in primo luogo conto “di quella sensitiva delicatissima che è il sentimento popolare” , ma soprattutto “conoscerne bene la natura e le tendenze onde non ci avvenga di risvegliare la diffidenza, il ribrezzo e l’odio là dove appunto volevamo ispirare la fede, l’entusiasmo, l’amore”47. Di fronte alla constatazione che nelle popolazioni contadine “il sentimento cristiano è profondamente radicato” Prampolini invitava i
propagandisti socialisti a “servirsi dello stesso Vangelo, della parola di Cristo [...] che è un primo informe abbozzo di codice socialistico48 49”.
Prampolini teorizzava dunque la cooptazione del messaggio evangelico nella propaganda socialista già agli inizi degli anni ottanta, almeno un quindicennio prima di redigere quello che viene considerato come il documento esemplare della propaganda evangelica: La predica di Natale*9.
La quale, se è da considerarsi l’archetipo o comunque il documento più noto di tale tipo di propaganda, aveva dunque lontane radici che affondavano la loro origine nell’evangelismo democratico di stampo risorgimentale e nella prima propaganda dello “Scamiciato” . Ma quale tipo di ideale coniugazione fra il socialismo e le parabole evangeliche Prampolini proponeva? La risposta al quesito chiama in causa il significato complessivo del fenomeno oggetto della ricerca giacché è proprio alle indicazioni prampoliniane che si richiamerà gran parte della propaganda evangelica.
Il nucleo tematico centrale dell’evangelismo prampoliniano è la considerazione del cristianesimo primitivo come “rivoluzione dei poveri” dei diseredati, degli oppressi. “Che il cristianesimo [...] sia stato una rivoluzione dei poveri” — si legge sulle pagine dello “Scamiciato” nel 1883 — “e che Cristo,
44 Sulle origini del clerico-moderatismo e sugli indirizzi storiografici inerenti al tema si rinvia alla bibliografia contenuta in Francesco Traniello, / clerico-moderati, in Dizionario storico del movimento cattolico in Italia, 1860-1880, vol. 1, t. 1, Torino, Marietti, pp. 29-34.45 Sullo “Scamiciato” cfr. Pier Carlo Masini, Camillo Prampolini e i tempi de “Lo Scamiciato" e A. Zavaroni, Le origini del giornalismo socialista reggiano 1882-1890, in AA.VV., Prampolini e il socialismo riformista, vol. I, cit., pp. 43-48 e pp. 85-107.46 Gli Scamiciati [C. Prampolini], Propaganda (agli amici), in “Lo Scamiciato”, 26 agosto 1883.47 Gli Scamiciati [C. Prampolini], ivi, 12 agosto 1883.48 Gli Scamiciati [C. Prampolini], Propaganda (agli amici), ivi, 26 agosto 1883.49 Incredibile fu il successo che riscosse la predica prampoliniana. Pubblicata per la prima volta il 24 dicembre 1897 sulle pagine de “La Giustizia” e stampata successivamente in opuscolo passò all’editore Nerbini e fu tradotta in diverse lingue. Cfr. in proposito La dottrina di Cristo e quella dei preti. Dopo la “Predica di Natale”, Reggio Emilia, Tip. Operaia, 1904. Ulteriori notizie sulla fortuna letteraria del testo vedile in Stefano Caretti, Prampolini tra pacifismo e riformismo, in AA.VV., Camillo Prampolini e il socialismo riformista, vol. II, cit., pp. 137-164.
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per quanto lo permettevano i tempi e il suo carattere mite e debole fosse, in ultimo un vero rivoluzionario, è tal cosa su cui la critica moderna non lascia più nessun dubbio e che ormai tutti sanno”50.
E l’evangelismo prampoliniano nell’esal- tare il “Cristo rivoluzionario”, “l’apostolo della fratellanza, della pace e dell’uguaglianza umana”, il “nemico di tutti i culti e di tutte le furfanterie sacerdotali” , ne spiegava il martirio proprio per essere stato il “fiero avversario dei ricchi e dei potenti”51 i quali “sentendosi minacciati dalle sue dottrine e per impedire che egli continuasse a predicarle e la giustizia trionfasse, lo accusarono di aver violato la legge dei padri: dissero che egli corrompeva le moltitudini e sollevava il popolo; lo dipinsero come un eretico, come un essere perverso, come un pericolosissimo delinquente e, fattolo arrestare, dopo un sommario processo lo mandarono a morire come un malfattore sul Golgota”52. La predicazione del messaggio egualitario di Cristo — prosegue l’analisi prampoliniana — non si esaurì con la crocifissione sul Golgota. Anzi, si espanse attraverso la predicazione degli apostoli che non solo “difesero sempre i diritti dei poveri” ma “attuarono il comuniSmo” . Tuttavia, le potenzialità “rivoluzionarie” della religione cristiana finirono per esaurirsi poiché questa fu inglobata dal potere e “gli imperatori riuscirono ad adulterar
la, a sfigurarla abilmente, a corromperne le sostanze, lasciando intatte le forme e trasformare dunque il cristianesimo primitivo nella forma apocrifa e mostruosa del cattolicesimo, di cui il protestantesimo non è che una sfumatura meno stupida”53.
Al socialismo dunque compete di recuperare le radici ‘rivoluzionarie’ del primo cristianesimo, di ripristinare l’insegnamento di Cristo e dei primi apostoli, giacché proprio “il socialismo è [...] il figlio più puro e legittimo della religione stessa, incarna meglio di qualsiasi altra dottrina il pensiero umanitario e sociale di Cristo”54. Similmente al cristianesimo, che affrancò le plebi diseredate dalla schiavitù, il socialismo — ereditandone diciannove secoli più tardi le idealità, avrebbe redento il proletariato “dall’ultima forma della schiavitù, quella del capitale”55.
Questo dunque il nucleo essenziale della riflessione prampoliniana. La quale, proponeva sì un recupero del cristianesimo ma limitatamente a quella parte ‘umanitaria e sociale’, secolarizzando, in definitiva, il messaggio cristiano. Siffatta lettura conduceva alla non considerazione di quella dimensione trascendente del pensiero cristiano considerata esclusivamente come ‘metafisicume’, come un ostacolo alla “spiegazione dalle cose naturali” giacché — spiegava ancora Trampolini — “dove è il soprannaturale là si nega la scienza”56. È dalle pagine dello “Scamiciato”
50 Evangelista, Gesù Cristo nemico dei preti, in “Lo Scamiciato”, 27 aprile 1883.51 A Cristo, in “La Giustizia” , 25 agosto 1889.52 Pei contadini. La visita ai sepolcri. Perché fu crocefisso? ivi, 10-11 aprile 1887.53 Pei contadini. Perché i preti fanno lega coi signori, ivi, 26 settembre 1886.54 Gesù Cristo rivoluzionario e socialista, ivi, 19 febbraio 1889. In altro articolo, ancora più chiaramente Prampoli- ni spiegava che: “Oggi i socialisti continuano l’opera di lui e predicano che il regno dell’ingiustizia deve finire, che l’uguaglianza sociale deve sorgere, che nessun uomo ha diritto di vivere alle spalle del prossimo e che ad ogni cittadino deve essere dalla società garantito il lavoro e l’intero frutto del proprio lavoro” , Pei contadini, ivi, 10-11 aprile 1887.55 Uno, A Cristo, ivi, 25 agosto 1889.56 Che cosa Prampolini intendesse per propaganda ‘cristiana’ lo aveva con chiarezza di intenti espresso fin dal 1883 quando raccomandando ai propagandisti di servirsi del cristianesimo li invitava però a “sorvolare sui così detti principali problemi della vita (Dio, immortalità ecc.) dove il grosso del popolo non può seguirci” . Gli Scamiciati [C. Prampolini], Propaganda, cit. Costituirebbe motivo di una ricerca interessante, a meglio comprendere il modo in cui
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prima, e della “Giustizia” poi che Trampolini, propugna la negazione della divinità di Cristo e fissa l’immagine del Cristo “figlio del carpentiere di Nazareth” in termini molto naturalistici alla Renan, o alla Goethe, alla Saint Simon o alla Feuerbach e non già “figlio di Dio” giacché “La nascita di Cristo non è punto di miracolo” . Infatti — conclude Prampolini in uno dei suoi numerosi articoli — “Gesù era un buon giovane d’animo mite, di sentimenti generosi ed umanissimi, tale insomma da simpatizzare naturalmente col popolo di cui era figlio”57. Tuttavia, per meglio comprendere le valenze culturali alla base della ‘teologia popolare’ prampolinia- na, e, in definitiva circoscrivere quel modello di cristianesimo a cui l’evangelismo socialista faceva riferimento, occorre tener presente, sullo sfondo, di quella varietà di apporti culturali che, a partire dall’inizio dell’Ottocento, contribuiscono a una progressiva messa in discussione della teologia tradizionale, di quel clima culturale pervaso da concezioni immanentistico-evoluzioniste e infine, dell’affermazione di quelle linee di pensiero che escludevano ogni possibilità di inserzione del soprannaturale nella concezione del mon
do e che non mancarono di influenzare anche gli studi storico-esegetici. Il superamento della metafisica da parte delle scienze positive e la critica razionalistica condussero infatti a quell’opera di sistematica riconsiderazione dei testi biblici58, e tali acquisizioni, che non mancarono di influenzare i motivi dell’evangelismo democratico della prima metà dell’Ottocento condizionarono anche l’elaborazione della teologia popolare pram- poliniana. Anzi, proprio a Ernest Renan, uno dei massimi divulgatori di un cristianesimo interpretato in senso storicistico, e non come religione confessionale e trascendente, si deve far risalire il modello ispiratore della particolare lettura prampoliniana del cristianesimo.
In effetti l’opera da cui Prampolini attinge la figura di quel Cristo umanizzato che è alla base della propaganda evangelica deve verosimilmente considerarsi la renaniana Vita di Gesù', il libro dello storico francese, che si basava sulle più recenti acquisizioni della esegesi critica neotestamentaria fu tradotta in Italia nel 1863 ed ebbe un largo successo nell’opinione pubblica di orientamento laico59. E che Prampolini traduca e volgarizzi
il socialismo tendeva a farsi promotore di un ‘senso comune’ contrapposto a quello cattolico, analizzare come la propaganda e la cultura socialista proponessero la risoluzione di quelli che Prampolini definiva i cosiddetti ‘grandi problemi della vita’. L’impressione — nonostante sulla stampa socialista vengano di tanto in tanto trattati problemi come quelli della morte — è che in materia esista una sottovalutazione del problema. Il che va forse interpretato come un elemento di debolezza dell’elaborazione socialista, come una sottovalutazione del problema religioso considerato nella sua complessità. Anche Monticelli nel suo Socialismo popolare spiegava come fosse da utilizzare soltanto la dimensione sociale del cristianesimo: “Il cristianesimo come tutti i principi religiosi che si fondano sul soprannaturale, non è che un’aberrazione. Di savio e di superiore al paganesimo non contiene che la sanzione morale dell’eguaglianza e della solidarietà umana [...]. Nel socialismo la ricerca del piacere ritorna sulla terra come nel paganesimo, ma s’informa al concetto della solidarietà e dell’eguaglianza come nella religione di Cristo”. Carlo Monticelli, Socialismo popolare, Venezia, Tipografia degli Eredi Tondelli fu Lorenzo, 1897, pp. 103-104.57 Vero, Catechismo naturale. Imiracoli, in “Lo Scamiciato”, 9 aprile 1882. Secondo Prampolini la divinità di Cristo “gli fu senza dubbio appiccicata dai suoi rozzi seguaci” , ibid.58 Cfr. in proposito G. Verucci, L ’Italia laica prima e dopo l ’Unità, cit., pp. 3-1355 Sulle reazioni nell’ambiente italiano dell’opera di Renan cfr. Letterio Briguglio, Lo spirito religioso nel Veneto durante la terza dominazione austriaca (fortuna di Ernesto Renan), in “Rassegna storica del risorgimento”, 1955, pp. 27-57 e G. Verucci, L ’Italia laica prima e dopo l ’Unità, cit., pp. 74-75. Vasta fu anche l’eco che suscitò a quel tempo negli ambienti protestanti e cattolici. Si veda in proposito: Ch. E. Freppel, Esame critico delia “Vita di Gesù” scritta da Ernesto Renan in “Rivista cristiana” , 1882, pp. 273-293; A. Leti, La Vita di Gesù di Ernesto Renan in Italia, ibid, pp. 173-178.
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in una sorta di teologia popolare, funzionale alla propaganda socialista, gli orientamenti di Renan sembra poi confermato dal fatto che la legittimità del Cristo umanizzato venga continuamente ribadita sulla base di citazioni dell’esegeta francese. Più volte, poi, Prampolini di fronte alle accuse clericali di volere ‘distoreere’ la religione avrebbe posto innanzi l’opera di Renan dichiarando anzi esplicitamente che la Vita di Gesù era stato il modello ispiratore della sua Predica di Natale60.
Questi dunque i nuclei tematici prevalenti del ‘cristianesimo’ prampoliniano, il quale, proprio per il pubblico cui era diretto, era proposto con carattere di essenzialità e di schematicità e reso ancora più comprensibile dalle forme letterarie attraverso le quali si esprimeva: la forma dialogica del bozzetto, le frasi lapidarie estrapolate dalle massime dei Vangeli, l’iconografia della stampa illustrata ecc.
Tuttavia solo dagli ultimi anni del secolo, in coincidenza con l’espandersi del movimento socialista, l’evangelismo prampoliniano diviene una forma assai diffusa di propaganda. In effetti, se si analizza il fenomeno dal punto di vista della sua originaria enucleazione, non si può non concordare con Michels il quale ha attribuito alla corrente
‘piemontese-emiliana’ l’iniziale elaborazione dell’evangelismo socialista61. Tuttavia se esaminato complessivamente e nel suo sviluppo il fenomeno è assai più ampio e non circoscrivibile esclusivamente all’area classica del prampolinismo: se si assume infatti come punto di riferimento l’opuscolistica e la stampa socialista, tracce dell’evangelismo socialista si scoprono in Sicilia62; romanzi e opuscoli di ispirazione prampoliniana venivano stampati in Romagna63 e in Liguria64; i giornali socialisti dell’area lombarda, dell’area campana o di quella toscana65 contengono sovente novelle, bozzetti, apologhi sul Gesù ’socialista’ e sulle potenzialità rivoluzionarie del primo cristianesimo.
La diffusa presenza dell’evangelismo socialista è testimoniata anche da iniziative editoriali che andavano ben oltre confini locali- stiri. Esemplare è, in proposito, il catalogo di una delle più prestigiose case editrici socialiste: la Nerbini, la cui produzione è stata anche di recente indagata come uno degli indici rivelatori più significativi della cultura socialista d’inizio secolo66. La casa editrice socialista fiorentina pubblicò, fra l’altro, due periodici in cui predominante fu la tematica dell’evangelismo socialista. Nel novembre del 1906 uscì “Cristo” . Raffigurante nella testata il Cristo che scaccia i corvi, che nella
60 Cfr. in proposito La dottrina di Cristo e quella dei preti (dopo la predica di Natale), Reggio Emilia, Tip. Operaia, 1901 pubblicato nella Biblioteca della “Giustizia” . Nell’opuscolo Prampolini scriveva che Renan “sul cristianesimo ha scritto l’opera più geniale e completa che finora ebbe visto la luce” e che “la Predica di Natale descrive Cristo e i primi cristiani precisamente come li descrisse Renan. [..] Noi — proseguiva Prampolini — crediamo che nelle sue linee fondamentali la figura di Cristo, quale fu scolpita nelle pagine immortali del grande scrittore francese, ha una precisione storica inconfutabile e meravigliosa e — quantunque non le sia tolta l’aureola della divinità (aureola che nessun uomo moderno e mediocremente colto potrebbe lasciarle) — è infinitamente più bella, buona e gloriosa del Cristo scioccamente o iniquamente falsificato ad uso e consumo dei preti” (pp. 7-8).61 R. Michels, Proletariato e borghesia, cit., p. 27962 L. Franco, La Pasqua dei socialisti, Catania, Tipografia Barbagallo e Scuderi, 1903.63 Vincenzo Vacirca, L ’Apostata, pref. di F. Bonavita, Ravenna, Ed. La Parola dei socialisti, 1906.64 La Predica di Pasqua, Genova, Tipografia Operaia, 1902.65 Cfr. Dio è con noi, in “L’eco del popolo”, Cremona, 18-19 ottobre 1902; Rapsodia natalizia in “La Battaglia” , Milano, 25 dicembre 1896; Un viaggio di Cristo, in “L’Allenza” , Pavia, 9 febbraio 1907; Gesù Cristo allora e adesso, in “Il Lavoratore comasco”, Como, 23 dicembre 1899.66 Cfr. in proposito G. Turi, Aspetti dell’ideologia del PSI, cit. e, soprattutto, Le Edizioni Nerbini 1897-1921, catalogo a cura di Gianfranco Tortorelli, Firenze, Giunta Regionale Toscana/La Nuova Italia Editrice, 1983.
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iconografia socialista simboleggiavano il clericalismo, il giornale dichiarava di voler condurre una lotta senza quartiere al “gesuitismo” che “del gran martire è la negazione ed offesa” e di nutrire “il rispetto alla grande personalità del cittadino Gesù”67.
Vita più lunga ebbe invece un altro giornale nerbiniano che uscì a partire dal dicembre del 1901: “Quo Vadis” . Richiamante nella testata il romanzo di Sienkiewicz sui primi martiri cristiani, il periodico affrontava sistematicamente i temi dell’evangelismo socialista68.
Indicativa è anche l’attività editoriale di un altro fra i più rappresentativi editori socialisti: Mongini69, che diffonde uno dei giornali socialisti sicuramente più popolari d’inizio secolo: “Il Seme”, fondato a Terni nel 1901, e successivamente rilevato dall’editore romano. Redatto in stile semplice e piano il giornale si proponeva di “Parlare agli umili, agli indifferenti, a quelli che non hanno istruzione, con un linguaggio che sia da loro compreso, tocchi il loro cuore, giunga al loro cervello, ecciti la loro immaginazione”70. Costante è, nel “Seme”, il riferimento
ai tempi del primo cristianesimo e la riaffermazione che “I soli cristiani del mondo moderno, anche quando siano atei — siamo noi socialisti. Perché siamo noi i credenti nell’avvenire d’uguaglianza”71.
Fondatore e direttore de “Il Seme” per tutta la sua lunga durata fu Francesco Paoloni72 la cui notorietà è fra l’altro legata a due fra i più originali opuscoli sul tema dell’evangelismo socialista: Il Messia e II ritorno di Gesù73 74. Entrambi incentrati sulla figura di Cristo che torna sulla terra, gli opuscoli di Paoloni propongono alcune situazioni fra le più originali nella vasta letteratura del Gesù socialista. “Il comando che vi dò io — così recita il Cristo de II Messia —, la parola d’ordine che farà il grande miracolo è questa: — lavoratori di tutti i paesi, unitevi e sempre più uniti e sempre più istruiti, camminate avanti, avanti sempre!
“Ma tu, chi sei, non sei dunque il Messia? domandò la folla.
“No — rispose il figlio del falegname e della filatrice che era nato in una capanna tra il bue e l’asinelio — io sono un socialista”7*.
Nella Torino deamicisiana opera anche
67 Per intenderci, in “Cristo”, 4 novembre 1906. Del periodico il cui sottotitolo era “Giornale settimanale di propaganda anticlericale”, uscirono tre numeri in tutto: n. 1, 4 novembre 1906; n. 2, 11 novembre 1906 e 18 novembre 1906.68 “Quo Vadis?” , periodico letterario, poi periodico di letteratura sociale, uscì dal dicembre 1901 al dicembre 1902. Fu diretto da Alfredo Angiolini. Dal gennaio 1903 si trasformò in “Avanti della domenica”.69 Sulla attività della Mongini cfr. G. Turi, Aspetti dell’ideologia del PSI, passim.70 II programma del “Seme”, in “Il Seme” , marzo 1907, n. 6. Lo stesso Gramsci pochi anni dopo la fondazione del Partito comunista, scrivendo a Togliatti avrebbe ricordato l’immensa fortuna del “Seme” pensando addirittura di risuscitarne la testata. “Io non so come i socialisti non abbiano ancora pensato loro a riprendere questo giornaletto — scriveva nel 1924 Gramsci a Togliatti — che aveva un immensa diffusione e che ha procurato tanti voti nel passato [...]. Dovrebbe essere rivolto a popolarizzare la parola d’ordine del governo operaio e contadino, a riprendere un po’ di campagna anticlericale che mi pare necessaria perché penso che quattro anni di reazione devono aver nuovamente gettato le masse della campagna nel misticismo superstizioso”. Lettera di Gramsci a Togliatti in data24 marzo 1924, in Paimiro Togliatti, La formazione del gruppo dirigente del PCI nel 1923-24, Roma. Editori Riuniti, pp. 257-258.71 Un credente socialista, Per la Pasqua cristiana, in “Il Seme” , marzo 1910, n. 6.72 Sul personaggio cfr. la voce di Francesco Bogliari, Paoloni Francesco, in II movimento operaio italiano. Dizionario biografico, cit., pp. 45-51.73 II Messia. Leggenda biblico-socialista di Francesco Paoloni, Roma, Federazione giovanile socialista italiana, s.d. Il ritorno di Gesù. Racconto, Roma, Società “La Propaganda” , Editoriale Socialista, 1911. La tematica dei due opuscoli è un chiaro echeggiamento del grande inquisitore di Dostoevskij.74 II Messia, cit., p. 11.
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Fabio Maffi che nel 1896, con lo pseudonimo di Biagio Carlantonio, pubblica Vangelo e socialismo, dialogo fra il canonico don Pasquale e l’operaio socialista Tommaso, costruito su argomentazioni opposte volte a dimostrare la ‘bontà’ del socialismo e la continuità fra cristianesimo e socialismo75.
Tuttavia se i periodici nerbiniani o gli opuscoli di Paoloni, Carlantonio, Prampolini sono i testi più noti, l’evangelismo socialista si diffonde attraverso numerosi altri canali a stampa. I numeri unici editi in occasione del Primo Maggio76, i numeri speciali dei periodici pubblicati in occasione del Natale e della Pasqua e i fogli volanti contenenti riferimenti al Gesù rivoluzionario costituiscono altrettante occasioni di diffusione del tema dell’evangelismo socialista. In particolare è in occasione delle solennità più significative del calendario cristiano che la propaganda diffonde il credo del socialismo evangelico, quasi a voler contrapporre al significato tradizionale di quelle feste una sorta di liturgia laica omologa. In questa trasposizione il Natale non è la nascita del “figlio di Dio” ma del “figlio del proletariato” e la sua celebrazione deve ricordare ai cristiani che Cristo “non può volere che la sua casa dia l’esempio del più iniquo egoismo con lo sfarzo di ricchezze le quali basterebbero a sfamare migliaia di affamati”77.
Ben più carica di trasfigurazioni simboli
che è la celebrazione della Pasqua. Negato il dogma della resurrezione “nel regno dei cieli” l’evangelismo socialista disegna i contorni di una Pasqua socialista che festeggia la resurrezione sociale e proletaria nel “regno della giustizia e della fratellanza” . In tale trasposizione l’agonia del Cristo sulla croce è identificata con l’agonia “durata diciannove secoli e prossima alla fine” — del proletariato e il tradimento che scribi e farisei operarono nei confronti di Cristo si perpetua, nell’alleanza che preti e capitalisti fanno contro il proletariato. È dunque il socialismo che “dopo diciannove secoli di passione” chiama a resurrezione il Cristo-proletariato78.
Anche l’iconografia dei periodici illustrati socialisti contribuisce a diffondere fra gli strati popolari la tematica dell’evangelismo socialista. Già a partire dal 1888 e per alcuni numeri “La Giustizia” prampoliniana aveva raffigurato nella testata l’ascesa di Cristo al Calvario su cui, al posto della croce, figurava il sole dell’avvenire79. Nell’“Almanacco socialista” sono frequenti le raffigurazioni del Cristo morente sulla croce con lo sguardo rivolto verso il nascente sole dell’avvenire80. Tuttavia è nei periodici illustrati che l’evangelismo socialista ha una rappresentazioni iconografica più sistematica.
Nell’“Asino” di Prodrecca e Galantara vengono infatti tradotti in suggestive tavole colorate i temi più frequenti della letteratura
75 B. Carlantonio, Vangelo e socialismo, Torino, Libreria Editrice socialista del “Grido del Popolo”, 1896. L’opuscolo in una edizione successiva è parzialmente riprodotto in Tommaso Detti, Il socialismo riformista in Italia, Milano, La Pietra, 1980, pp. 281-86.76 Cfr. gli indici dei numeri unici sul Primo Maggio giacenti presso la Biblioteca di Firenze in Primo maggio 1890- 1924. Numeri unici, catalogo a cura di Fabrizio Dolci e Roberto Maini, Firenze, 1978.77 Pensieri del giorno di Natale, in “Il Seme” , dicembre 1907, n. 3.78 “Gesù è risorto, non dopo una settimana di passione, ma dopo secoli durante i quali il suo nome ha servito per coprire i più turpi delitti che i preti hanno consumato. Nella lotta ingaggiata dai lavoratori socialisti e in quella combattuta da Cristo, il fine è comune: portare nel mondo la giustizia” . Lo predica di Pasqua, cit., p. 5., Cfr. altri opuscoli sulla Pasqua socialista e, in particolare, quelli di L. Franco, La Pasqua dei socialisti, cit. e Camillo Prampolini, La predica di Pasqua. Opuscolo di propaganda per le campagne, l’Aquila, Tipografia cooperativa, 1899.79 Cfr. Avanti! A proposito della nuova testata del nostro giornale, in “La Giustizia” , 19 febbraio 1888.80 Si veda “Almanacco socialista per l’anno 1895” , cit., p. 29.
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evangelico-socialista81. Ora è il Gesù, somigliante a Carlo Marx, che chiama a resurrezione Lazzaro, il proletariato, sullo sfondo delle ciminiere delle fabbriche. Ora è il Gesù rossovestito che guida gli scioperanti contro i simboli del potere statale e clericale. Più spesso la figura del Cristo è disegnata in atteggiamento di rimprovero nei confronti di uno dei bersagli preferiti dell’anticlericalismo podrecchiano: Pio X (‘Bepi’)82. Galan- tara trasferisce poi le soluzioni dei bozzetti di Paoloni nelle sue tavole: il Cristo che partecipa al comizio socialista e viene segnalato dal prete al carabiniere affinché lo arresti perché “sovversivo”83; il Cristo che chiede di entrare in Vaticano ma viene messo alla porta dalle guardie papali perché “sconosciuto”84; oppure sono gli apostoli che, dentro una gabbia dell’aula del tribunale vengono processati per aver predicato nei secoli la giustizia sociale85; o è il Cristo che ritorna sulla terra e constata che dopo 1900 anni dalla sua croci- fissione poco cammino è stato percorso per la realizzazione di quel regno di giustizia che aveva vaticinato86.
Se al prampolinismo come forma di compiuta elaborazione va fatto risalire il modello ispiratore di gran parte della propaganda dell’evangelismo socialista, non va però trascurato che nella cultura socialista italiana i motivi dell’evangelismo penetrano anche attraverso altri canali letterari, la cui analisi va
correttamente disgiunta dai materiali esaminati in precedenza giacché si tratta di una letteratura non concepita con scopi propagandistici, ma che tuttavia l’organizzazione editoriale socialista piega alle esigenze del proselitismo.
Se, come è stato anche di recente riconosciuto, il romanzo naturalistico francesè è stato in Italia il genere di lettura di gran lunga più popolare presso il pubblico dei lettori delle biblioteche popolari socialiste87 è rimasta ancora in ombra l’influenza che quella tradizione ha esercitato per la diffusione dei motivi evangelici nella cultura socialista italiana. Come non ricordare, ad esempio, il fascino che la Vita di Gesù del Renan esercitò su uno scrittore come Victor Hugo’?88. E che10 stesso Eugène Sue fu autore di una Vita di Gesù tradotta per i tipi della Nerbini89?
La considerazione del cristianesimo delle catacombe come ‘rivoluzionario’ è inoltre diffusa anche da certa letteratura che non propone direttamente la coniugazione fra socialismo e cristianesimo primitivo, ma esalta le virtù, le lotte dei martiri cristiani contro la corruzione del potere pagano. Esemplare in proposito fu la fortuna di un romanzo come11 Quo Vadis di Sienkiewicz che presso la Nerbini ebbe ben quattro edizioni fra il 1906 e il 191390. Ma ancor più paradigmatico è il caso della fortuna letteraria di Tolstoj. L’editrice socialista fiorentina pubblicò ben
81 Cfr. in particolare i seguenti numeri de “L’Asino” : 7 aprile 1907, 14 aprile 1907, 15 novembre 1908, 19 aprile 1908.82 Cfr. Crocefissione, in “Avanti della Domenica”, 22-29 agosto 1912.83 Cristo tra la folta, in “L’Asino”, 28 aprile 1907.84 II Signore in Vaticano, ivi, 12 luglio 1908.85 I nuovi dogmi, ivi 10 gennaio 1904.86 Cristo verso Roma, ivi, 24 marzo 1907.87 Cfr. in proposito G. Turi, Aspetti dell’ideologia del PSI, cit., e Gianfranco Tortorelli, I libri più letti dal popolo italiano: un’inchiesta del 1906, in “Prospettive Settanta” , 1983, n. 1. pp; 92-108.88 Cfr. la Prefazione di Bruno Revel a Ernest Renan, Vita di Gesù, Milano, Feltrinelli, 1972, pp. 5-11.89 Eugène Sue, La vita di Gesù narrata al popolo, Firenze, Nerbini, 1907.90 Cfr. Le edizioni Nerbini (1897-1921), cit., ad vocem. Va peraltro detto che anche i cattolici esaltarono il romanzo di Sinkiewicz dopo averne fatta le traduzione. Per tutti si veda. G. Semeria, L ’arte e l ’apologetica cristiana nel Quo Vadis di E. Sienkiewicz, Genova, 1900.
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dieci opuscoli del romanziere russo, alcuni dei quali superarono le dieci edizioni. Non a caso — è stato di recente sottolineato — la popolarità tolstoiana dipese in gran parte da quel “richiamo a una concezione del cristianesimo che fosse, come alle origini, più vicino alle esigenze e all’animo popolare”91.
Ma ancor più emblematico è il caso, peraltro ampiamente studiato92 di De Amicis nei cui racconti abbondano i riferimenti alla figura del Cristo socialista. Nell’evangelismo deamicisiano risultano capovolte alcune delle situazioni letterarie più frequenti di quella letteratura popolare cattolica di intonazione antisocialista nella quale la partecipazione allo sciopero, l’adesione alla causa del socialismo era letterariamente descritta come ‘peccato’, come deviazione dalla religione naturale dei padri. Di qui il finale da nemesi che si risolveva, non di rado, con la ‘punizione’ di chi aveva aderito al socialismo93. In De Amicis questi schemi risultano capovolti. In Madre credente e figliolo socialista di fronte al figlio che si professa socialista la madre piange, si dispera, poi quando il figlio argomenta sulla bontà del socialismo, sul suo senso di giustizia, di eguaglianza, di fratellanza, la madre si rasserena e lo benedice. In Socialismo in famiglia De Amicis suppone invece il Cristo che discende dalla croce e benedice non la madre che rimprovera il figlio, ma quest’ultimo che ha abbracciato la causa del socialismo94.
A cosa dunque far risalire la caratterizzazione ‘evangelica’ della propaganda socialista? Perché un’immagine così ricorrente come quella del Gesù socialista? Fino a che punto il presentarsi alle masse popolari come i “veri continuatori della religione di Cristo” contraddiceva l’immagine di un partito che faceva dello scardinamento dell’influenza morale e ideale del cattolicesimo uno dei principali obiettivi da conseguire?
La risposta a tali interrogativi chiama in causa motivazioni molteplici e complesse che in questa sede è possibile fornire in chiave problematica e provvisoria per rinviarne una più puntuale definizione. Indubbiamente, come già osservato, il tentativo di presentare alle masse popolari il socialismo come una ‘nuova fede’, come una ‘nuova religione’ risponde, perlomeno in parte, al quesito. Il fenomeno dell’evangelismo, peraltro, sembra riguardare non solo il socialismo italiano, ma gran parte dei partiti socialisti dell’area europea di fine Ottocento95. Lo sforzo di sostituire nella mentalità popolare i dogmi della religione socialista a quelli della religione tradizionale, il tentativo di conferire un ambito morale all’ideologia del movimento operaio e, infine, le oggettive difficoltà che l’ideologia marxista incontrava nell’affer- marsi presso gli strati popolari sono state fra le motivazioni avanzate dalla storiografia inglese per spiegare il fenomeno96. Solo ricerche comparate sulla cultura dei socialismi nei
91 Dania Mazzoni, La fortuna di Tolstoij nel movimento operaio italiano, cit., pp. 175-177. Indicativi, in proposito, gli opuscoli La vita e la dottrina di Gesù. Come bisogna leggere L ’Evangelio, Napoli, Bideri, 1906 e II Vangelo falsato. Isacramenti, Firenze, Nerbini, 1901. Di quest’ultimo opuscolo la Nerbini stampò ben tre edizioni.92 Sul socialismo deamicisiano inteso come ‘buona novella’ cfr. G. Bertone, Parlare ai borghesi. De Amicis, il Primo Maggio e la propaganda socialista, cit. Sull’ambiente socialista torinese cfr. Ettore Passerin d ’Entrèves, Il socialismo alla De Amicis nella Torino di fine Ottocento, in “Il Mulino”, 1975, n. 237.93 Sull’argomento mi permetto di rinviare a Stefano Pivato, Letteratura popolare e teatro educativo, in Dizionario storico del movimento cattolico in Italia 1860-1880, vol. I, t. 1, Torino, Marietti, 1981, pp. 296-303.94 Entrambi i bozzetti più volte pubblicati nei periodici socialisti si trovano in Edmondo De Amicis, Lotte civili, Firenze, Nerbini, 1900.95 S. Yeo, A new life: the religion o f socialism in Britain 1883-1896, in “History workshop” , 1977, n. 4, pp. 5-56.96 Ibid.
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singoli paesi europei potranno stabilire la frequenza e l’incidenza di un tema come quello dell’evangelismo nella cultura del movimento operaio europeo.
Anche la ricostruzione della fortuna letteraria di un testo come La predica di Natale può, a tal fine, fornire precisi indizi. La predica prampoliniana fu in effetti tradotta in varie lingue straniere e la ricostruzione delle varie edizioni potrebbe fornire una carta geografica del percorso dell’evangelismo socialista a livello internazionale97.
Allo stato attuale degli studi però tutto fa supporre che l’evangelismo socialista risultasse una componente essenziale e particolarmente presente nel socialismo italiano. Questa perlomeno l’ipotesi di Michels che nella sua analisi sulle specificità dei singoli partiti socialisti dei paesi europei individuava nell’Italia la “terra promessa della così detta propaganda evangelica”98. E il sociologo tedesco collegava tale caratterizzazione da una parte a motivi di particolare indole psicologica presenti nella società italiana ma anche al contesto prevalentemente rurale in cui si trovò ed agire il socialismo italiano99. Un contesto contrassegnato da un profondo stato di analfabetismo e sul quale l’opera di proselitismo si rilevava assai ardua per i propagandisti. Si trattava dunque di far breccia nel sentimento popolare attraverso adeguati strumenti.
Non c’è dubbio che una prima motivazione va ricercata nelle difficoltà di penetrazione presso le masse popolari del severo linguaggio della scienza economica e sociale, fosse essa derivazione del marxismo o della
cultura positivistica di cui il socialismo italiano era intriso. Cercare di far aderire le masse popolari al socialismo attraverso il “campo astratto delle disquisizioni teoriche” e “sperare di sottrarle all’infame dominio del prete colla predicazione pura e semplice delle verità scientifiche avrebbe significato” — scriveva Prampolini — “sperare di farsi amica una persona pigliandola a schiaffi100 101. E che la propaganda socialista sia stata indotta a utilizzare motivi di carattere evangelico per la difficoltà di far aderire le masse popolari al socialismo attraverso il socialismo scientifico ci viene confermato, in maniera palese, da una polemica che lo stesso Prampolini sosteneva nel 1897 dalle pagine della “Giustizia” . Infatti a chi contestava la legittimità di tale propaganda, Prampolini opponeva le oggettive difficoltà di diffondere ‘il socialismo scientifico’ nelle campagne. E a chi gli rimproverava di non farsi portavoce di una cultura marxista presso le masse popolari così rispondeva: “Ora noi siamo ben lontani dal voler far credere che i nostri compagni dei villaggi emiliani e mantovani siano altrettanti professori di sociologia. Se anzi il Boselli ritenesse, come sembra, che possono chiamarsi socialisti soltanto coloro che sanno dare la definizione marxista del capitale, del plusvalore, dello Stato e così via, saremmo noi i primi a riconoscere che nella nostra regione i socialisti di questa specie si contano sulle dita fra gli stessi nostri propagandisti. Ma per essere socialisti non c’è bisogno di sapere a memoria II Capitale. I nostri compagni contadini che non hanno mai letto il Marx e che, se anche lo leggessero, non po-
97 Lo stesso Prampolini dava notizia che la Predica di Natale era stata tradotta in fiammingo e diffusa nelle Americhe cfr. La dottrina di Cristo e quella dei preti (Dopo la predica di Natale), cit., p. 7.98 R. Michels, Proletariato e borghesia, cit., p. 278.99 Michels osserva che “Si può affermare senza esagerazione che degli opuscoli di propaganda spicciola circa i due terzi sono scritti per le campagne” , Proletariato e borghesia, cit., p. 115.100 Propaganda. Agli amici, cit.101 Un socialista [C. Prampolini], Il socialismo fra i contadini, in “La Giustizia” , 25 aprile 1897. La polemica era stata sollevata da G. Boselli redattore capo de “L’idea liberale” .
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trebbero intenderlo, sono tuttavia e devono chiamarsi socialisti, perché hanno compreso ugualmente le principali verità che egli ha dimostrato”101.
Più o meno negli stessi anni anche “Critica sociale” prendendo le difese della propaganda di tipo evangelico ne aveva spiegato l’utilità con il fatto che “le citazioni di certe massime del Vangelo o d’altri libri sacri fu adoperata da quasi tutti i socialisti che dovettero iniziare la propaganda fra popolazioni primitive a cui, di primo acchito, il linguaggio severo della scienza economica sarebbe riuscito incomprensibile”102.
Se si esaminano i vari manuali di proselitismo socialista o gli inviti che la stampa di partito rivolgeva ai propagandisti sui modi più efficaci per far penetrare il ‘verbo socialista’ fra le masse popolari si trae una ulteriore conferma del fatto che la propaganda di tipo evangelico corrispondeva primariamente alla necessità di coniare un linguaggio accessibile alle masse popolari, un linguaggio che più che sulle ‘verità scientifiche’ del socialismo facesse leva sul ‘sentimento’103.
Tale motivazione spiegherebbe dunque almeno in parte, le osservazioni di quanti analizzando la cultura socialista fra Ottocento e
Novecento hanno messo in rilievo come il marxismo, mutuato dalla socialdemocrazia tedesca, costituisca l’ideologia prevalentente dei quadri e degli intellettuali, mentre a livello popolare la cultura socialista sia prevalentemente informata dal cosidetto ‘socialismo sentimentale’104, a cui non sembra improprio ascrivere la propaganda di tipo evangelico che ne costituisce spesso uno dei motivi predominanti.
La rilevanza dell’evangelismo si spiega anche con quello sforzo che il socialismo italiano compie in favore della ‘riforma morale e intellettuale’ delle masse popolari105. Il tentativo di creare una “nuova coscienza”, un nuovo “senso comune” improntato al socialismo comportava ovviamente lo scardinamento dell’ideologia prevalente presso le masse popolari, ossia il cattolicesimo. Tuttavia, per un partito socialista prevalentemente “agrario”106 come quello italiano presentarsi nelle campagne come “i nemici” della religione avrebbe probabilmente compromesso non poco l’opera del proselitismo alla nuova idea socialista.107.
Occorreva dunque, almeno inizialmente, non prendere di petto quella atavica e naturale predisposizione religiosa delle masse po-
102 Mercurio, Preti, cristianesimo e socialismo, cit.103 Fra i numerosi inviti rivolti ai propagandisti socialisti si veda anche quello di Angiolo Cabrini che dalle pagine di “Lotta di classe” esortava sulla importanza di far presa sul sentimento dei contadini parlando ad essi “con un linguaggio semplice, chiaro, immaginoso, dichiarando loro che siamo i soli veri continuatori di quel grande amico dei poveri che fu Gesù Cristo crocifisso dai signori di quel tempo perché sollevava gli umili e parlava contro i prepotenti” A. Cabrini, A i campi. Note rusticane, in “Lotta di classe”, 29-30 aprile 1893.104 G. Turi, Aspetti dell’ideologia del PSI, cit., p. 85.105 Cfr. in proposito Giorgio Candeloro, I temi, le battaglie e gli smarrimenti di una rivista "popolare", in “L ’Asino” di Podrecca e Galantara (1892-1925), Milano, Feltrinelli, 1970.106 Osserva Michels che “L’anima del campagnuolo è facilmente accessibile al sentimento religioso. L’azione decisiva che nella sua vita quotidiana hanno le forze che a lui paiono soprannaturali e che in ogni caso sono affatto indi- pendenti dai suoi desideri, lo rende naturalmente rispettoso verso tutto ciò che è forza mistica. Questa sua disposizione d’animo che diremmo professionale non soltanto lo fa osservante delle pratiche religiose e superstizioso, ma rimane in lui anche quando alla fede nel soprannaturale egli ha sostituito la fede sociale nella palingenesi umana sulla terra. Così anche nelle sue aspirazioni socialiste i moventi metafisico-morali hanno più salde radici che non nel proletariato urbano” , R. Michels, Proletariato e borghesia, cit., p. 283.107 Anche Andrea Costa in un articolo scritto nel 1872 per “La Favilla” di Mantova consigliava i propagandisti nella loro opera di proselitismo presso i contadini di “non toccare sul bel principio il loro Dio”. Cfr. Renato Zangheri, Agricoltura e contadini nella storia d ’Italia. Discussioni e ricerche, Torino, Einaudi, 1977, p. 248.
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polari fino allora identificatasi con il cattolicesimo, ma, semmai, incanalarla in un altro tipo di religiosità che conservasse la forma di quella tradizionale, ma ne svuotasse la sostanza. Bisognava, queste erano le dichiarazioni dei dirigenti socialisti, far sì che venissero messe a nudo le contraddizioni del cattolicesimo, che venisse posto in luce come la religione fosse una sorta di ‘copertura’, di ‘paraocchi’. Ed è certo che per questa operazione si prestava molto bene la tematica dell’evangelismo socialista laddove metteva in evidenza le contraddizioni della Chiesa istituzionale nell’aver tradito il messaggio originale del Vangelo. Lo stesso Turati sarebbe intervenuto sulle pagine di “Critica sociale” a fugare ogni dubbio e a rassicurare i detrattori dell’evangelismo socialista che i socialisti “figli primogeniti del diavolo” ricorrevano a tale tipo di propaganda solo per uno scopo prevalentemente tatticistico: “Le masse [...] sono in ritardo — spiegava il leader socialista — Noi dobbiamo spesso sostare e ripiegare per non perdere i contatti, per attrarle a noi. La vecchia anfora può spesso servire per custodirvi il vin nuovo. Tutto vero. La stessa propaganda socialista — negli ambienti primitivi e vergini — si serve delle formule e delle parole degli evangeli. Ma co- testo mimetismo, cotesto plagio del passato non può andare, non deve andare al di là della scorza. L’anfora può essere quella: altro è il liquore, la vecchia consuetudine mentale è evocata bensì, ma per modificarla. Perciò si ritorna ai principi. La parabola o il precetto dell’evangelo è il nucleo profondo nel quale, al di sotto della veste, permane ciò che vi è di nuovo e di eternamente vero nel fatto religioso: noi ce ne serviamo non per rinfor
zare quest’ultima, ma per distruggerlo”108.Da un punto di vista teologico il ‘Cristo’
della propaganda socialista non opera una conciliazione fra socialismo e cristianesimo ma viene fatto agire esclusivamente come un’autorità confirmatoria della dottrina e della prassi socialista. In questo senso, dunque, Gesù appartiene a quel filone letterario sui padri fondatori del socialismo tendente ad accreditare una genealogia antica del socialismo risalente a Platone, a Campanella, a Giordano Bruno, a Garibaldi e che considerava il socialismo come il punto di approdo di tutte quelle dottrine che nei secoli precedenti avevano invocato un mondo migliore, più giustizia, più libertà, più uguaglianza109.
Il fenomeno non va dunque confuso con quello del socialismo cristiano né tantomeno considerato come una estrinsecazione popolare di quella esperienza110 111. È doveroso sottolinearlo giacché la propaganda socialista di carattere ‘evangelico’ non aveva, almeno in gran parte, l’intenzione di conciliare l’esperienza cristiana con quella socialista. In effetti non sembra scorretto interpretare l’evangelismo della propaganda socialista diretto unicamente a utilizzare il motivo religioso per far breccia sul sentimento delle masse popolari. In questo senso non sembra improprio considerarlo come una delle estrinsecazioni dell’anticlericalismo socialista. All’interno del quale riveste, peraltro, una posizione del tutto originale. Sicuramente esso si differenzia dall’anticlericalismo irreligioso di matrice anarchica che confluisce nel socialismo italiano e che, come si è visto, prende spesso posizione contro la propaganda dell’evangelismo socialista. Ma si differenzia anche da quell’indirizzo che, almeno
108 La critica, in “Critica sociale” , 1905, n. 19, p. 313. Da vedere anche Socialismo e religione in “Lotta di classe”, 24-25 novembre 1894.109 Su tale tipo letteratura cfr. G. Turi, Aspetti della ideologia del PSI, rit., pp. 75 sgg.110 Per una prima analisi sul fenomeno del socialismo cristiano all’inizio del ’900 cfr. Lorenzo Bedeschi, Cattolici e comunisti. Da! socialismo cristiano ai cristiani marxisti, Milano, Feltrinelli, 1974, pp. 11-29.111 Pier Giorgio Zunino, La questione cattolica nella sinistra italiana (1919-1939), Bologna, Il Mulino, 1975, p. 13.
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sul piano delle dichiarazioni ufficiali, sembra prevalere nel socialismo italiano e che si identifica con la formula erfurtiana della religione intesa come affare ‘privato’. Come è stato posto in rilievo la dichiarazione della religione intesa come affare privato comportava il “rifiuto della violenta irreligiosità di origine anarchica” 111. Alla base di quella formulazione c’era tuttavia non solo la convinzione della priorità della risoluzione del problema economico rispetto a quello religioso ma anche la certezza, mutuata dallo scientismo di matrice evoluzionista, che la risoluzione del problema economico e il progresso della scienza avrebbero fugato nelle masse popolari il “pregiudizio religioso” . Non sembra scorretto, in tale posizione, ravvisare una concezione del tutto deterministica, sulla ‘ineluttabile’ e “fatale” scomparsa del problema religioso. Rispetto a queste due posizioni l’evangelismo socialista differisce non tanto nel fine, ma nei mezzi. In effetti se nell’anticlericalismo più violento e irreligioso è predominante un atteggiamento che apertamente osteggia la religione, se è preminente la volontà di “prendere a schiaffi” — secondo l’efficace immagine prampoliniana — il problema religioso, nella seconda prevale invece la deterministica convinzione di una ineluttabile e graduale scomparsa del problema religioso. Si tratta, per quest’ultimo, di una posizione non priva di infingimenti tattici e volta, almeno in apparenza, a offrire un’immagine del partito socialista più ‘rispettoso’ nei confronti della religione al fine di agevolare una sua penetrazione, particolarmente nelle campagne112.
Rispetto alla formulazione erfurtiana l’evangelismo socialista costituisce una posizione più dinamica, decisa a non relegare la religione nella sfera del ‘privato’ ma, anzi ad accelerare il suo processo di dissoluzione introducendovi elementi di contraddizione.
Se in queste tre posizioni dell’anticlericalismo socialista c’è la convinzione che la civiltà cristiana stia “per volgere all’occaso”113 esiste però un diverso modo di affrontare il problema. La divergenza dunque non era tanto sui tempi quanto sui modi di interpretare la battaglia anticlericale. La ‘nuova religione’, quella del socialismo, sarebbe inevitabilmente sorta sulle ceneri della ‘vecchia religione’, quella cristiana. Si trattava di una evoluzione che molto efficacemente Carlo Monticelli trasponeva in chiave letteraria in II primo giorno del socialismo: “La rivoluzione è durata cento anni prima di trasformare tutte le condizioni della vita nel mondo civile. Ma ormai è venuto il primo giorno del socialismo almeno per la maggior parte dei paesi della terra. E a festeggiare questo giorno un grande convegno internazionale è stato indetto a Roma [...]. La grande riunione delle migliaia di delegati ha luogo nella ex-chiesa di S. Pietro. Il Vaticano e le sue undicimila stanze è messo a disposizione degli ospiti: come ben si capisce il papa non esiste più. La scienza ha fugata la fede. Nessuno più crede al patriottismo, questa specie di religione laica [...]. Non vi è più una religione sola quella del cuore [...]. L’amore del prossimo quale era stato vaticinato da Cristo ha trovato al fine la sua grande e nobile applicazione”114.
Stefano Pivato
112 Come non interpretare in questo senso, ad esempio, le dichiarazioni di chi sulla stampa ufficiale del Partito socialista scriveva che nel dichiarare “ufficialmente di non occuparsi di religione [...] il socialismo obbedisce ad un opportunismo che può aumentargli i proseliti e agevolargli la propaganda specialmente fra le plebi ignoranti della campagna, ma che è in contrasto con la sincerità” . Per cui proseguiva l’articolo la dichiarazione della religione intesa come affare privato era da ritenersi “un mal consigliato opportunismo”giacché opera vana ed assurda “veniva considerato il ten- tantivo di conciliare socialismo e religione e solo la sconfitta della religione avrebbe segnato” il principio di una nuova fede, di un’altra religione: il socialismo” . Il socialismo e la chiesa, in “Sempre Avanti” , 20 settembre 1904.113 L’espressione è di C. Monticelli, Socialismo popolare, cit., p. 103.114 Carlo Monticelli, Il primo giorno del socialismo, Frascati, Stab. Tip. Italiano, 1904, PP. 45-47.