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L’anticlericalismo ‘religioso’ nel socialismo italiano fra Otto e Novecento di Stefano Pivato “Il socialismo è una nuova religione; esso raccoglie le aspirazioni di coloro che soffro- no, esso convita gli uomini a una mensa co- mune, dove uguale per tutti, in ragione del proprio merito e del proprio bisogno, sarà il pane ed il vino; esso vuole che l’uguaglianza umana esista di fatto e non soltanto ideal- mente [...]. La nostra forza, come quella d’una religione sta nella propaganda e non v’è causa più bella e più santa di quella che noi combattiamo: avanti dunque, è l’avveni- re che ci chiama [...]. Noi siamo la moltitudi- ne contro i pochi, noi siamo la marea che monta, che sale, noi siamo il mare, essi la piccola isola, accerchiata d’ogni parte dalle onde. Hanno detto: il fango sale. Ma io ri- cordo il versetto della Bibbia in cui dal fango Dio ha formato l’uomo. E questo fango che sale sarà l’uomo e la luce dell’Avvenire”1. Così Gustavo Balsamo Crivelli, nel 1897 precisava, sulle pagine dell’“Almanacco po- polare socialista” le finalità e gli ideali del so- cialismo utilizzando schemi, modelli e lin- guaggio di uno dei filoni più originali della propaganda e della cultura socialista fra Ot- tocento e Novecento: quello del cosiddetto evangelismo socialista, o socialismo evange- lico o, dal nome di uno dei suoi massimi di- vulgatori del prampolinismo evangelico. Che cosa, in realtà, abbia rappresentato un fenomeno così vario e complesso non è ancora stato analizzato in profondità anche se riferimenti in vari contributi non manca- no. Diversi sono, ad esempio, gli studi su Ca- millo Prampolini che può a buon diritto esse- re considerato il massimo teorizzatore di tale tipo di propaganda2. Né è mancata una pri- ma antologizzazione di quello sterminato materiale che si serviva di uno degli stereotipi più ricorrenti dell’evangelismo socialista, quello del Gesù socialista3. Vari sono stati anche i tentativi di defini- zione del termine. Giovanni Zibordi, nel 1907, prendendo le difese del prampolinismo evangelico contro chi lo accusava essere “una semi ecclesiastica predicazione, piagno- na e zuccherosa” lo definiva “una propagan- da e una predicazione rigorosamente positiva 1 Gustavo Balsamo-Crivelli, L ’ideale socialista, in “Almanacco popolare socialista”, Torino, Libreria Popolare so- cialista, 1897, pp. 55-56. 2 Si vedano, in particolare i contributi contenuti nei due volumi di AA.VV., Prampolini e il socialismo riformista, Roma, Mondo Operaio, Ed. Avanti, 1979-81 oltre al meno recente ma più specifico S. Morini, La propaganda evan- gelica di Camillo Prampolini fra i contadini reggiani (1886-1900), in AA.VV., Le campagne emiliane nell’epoca mo- derna, Milano, Feltrinelli, 1957, pp. 195-207. Per una bibliografia più esauriente si rinvia alla voce di Rolando Ca- vandoli, Prampolini Camillo, in II movimento operaio italiano. Dizionario biografico, a cura di Franco Andreucci- Tommaso Detti, voi. 4, Roma, Editori Riuniti, 1979, pp. 216-31. 3 Arnaldo Nesti, “ Gesù socialista”. Una tradizione popolare italiana (1800-1920), Torino, Claudiana, 1974. Italia contemporanea”, marzo 1984, fase. 154

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L’anticlericalismo ‘religioso’ nel socialismo italiano fra Otto e Novecento

di Stefano Pivato

“Il socialismo è una nuova religione; esso raccoglie le aspirazioni di coloro che soffro­no, esso convita gli uomini a una mensa co­mune, dove uguale per tutti, in ragione del proprio merito e del proprio bisogno, sarà il pane ed il vino; esso vuole che l’uguaglianza umana esista di fatto e non soltanto ideal­mente [...]. La nostra forza, come quella d’una religione sta nella propaganda e non v’è causa più bella e più santa di quella che noi combattiamo: avanti dunque, è l’avveni­re che ci chiama [...]. Noi siamo la moltitudi­ne contro i pochi, noi siamo la marea che monta, che sale, noi siamo il mare, essi la piccola isola, accerchiata d’ogni parte dalle onde. Hanno detto: il fango sale. Ma io ri­cordo il versetto della Bibbia in cui dal fango Dio ha formato l’uomo. E questo fango che sale sarà l’uomo e la luce dell’Avvenire”1.

Così Gustavo Balsamo Crivelli, nel 1897 precisava, sulle pagine dell’“Almanacco po­polare socialista” le finalità e gli ideali del so­cialismo utilizzando schemi, modelli e lin­guaggio di uno dei filoni più originali della

propaganda e della cultura socialista fra Ot­tocento e Novecento: quello del cosiddetto evangelismo socialista, o socialismo evange­lico o, dal nome di uno dei suoi massimi di­vulgatori del prampolinismo evangelico.

Che cosa, in realtà, abbia rappresentato un fenomeno così vario e complesso non è ancora stato analizzato in profondità anche se riferimenti in vari contributi non manca­no. Diversi sono, ad esempio, gli studi su Ca­millo Prampolini che può a buon diritto esse­re considerato il massimo teorizzatore di tale tipo di propaganda2. Né è mancata una pri­ma antologizzazione di quello sterminato materiale che si serviva di uno degli stereotipi più ricorrenti dell’evangelismo socialista, quello del Gesù socialista3.

Vari sono stati anche i tentativi di defini­zione del termine. Giovanni Zibordi, nel 1907, prendendo le difese del prampolinismo evangelico contro chi lo accusava essere “una semi ecclesiastica predicazione, piagno- na e zuccherosa” lo definiva “una propagan­da e una predicazione rigorosamente positiva

1 Gustavo Balsamo-Crivelli, L ’ideale socialista, in “Almanacco popolare socialista”, Torino, Libreria Popolare so­cialista, 1897, pp. 55-56.2 Si vedano, in particolare i contributi contenuti nei due volumi di AA.VV., Prampolini e il socialismo riformista, Roma, Mondo Operaio, Ed. Avanti, 1979-81 oltre al meno recente ma più specifico S. Morini, La propaganda evan­gelica di Camillo Prampolini fra i contadini reggiani (1886-1900), in AA.VV., Le campagne emiliane nell’epoca mo­derna, Milano, Feltrinelli, 1957, pp. 195-207. Per una bibliografia più esauriente si rinvia alla voce di Rolando Ca­vandoli, Prampolini Camillo, in II movimento operaio italiano. Dizionario biografico, a cura di Franco Andreucci- Tommaso Detti, voi. 4, Roma, Editori Riuniti, 1979, pp. 216-31.3 Arnaldo Nesti, “Gesù socialista”. Una tradizione popolare italiana (1800-1920), Torino, Claudiana, 1974.

Italia contemporanea” , marzo 1984, fase. 154

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fatta per la vita e continuamente vivificata e integrata dagli esempi delle quotidiane ope­re socialiste”4. Roberto Michels l’ha consi­derato come una delle caratteristiche, più specifiche del socialismo italiano fra Otto­cento e Novecento5. Più recentemente Gian­ni Bosio ne ha parlato come di “una conce­zione del socialismo inteso come filosofia delle masse”6. Enrico Deeleva lo ha invece analizzato come una originale variante, anzi una “parziale rettifica se non altro tattica”7 dell’anticlericalismo socialista. Gabriele Tu­ri considerando il fenomeno come la assun­zione nell’ambito del socialismo della tema­tica egualitaria del cristianesimo primitivo, ne ha isolato alcuni caratteri, presentando­lo, come uno dei temi più frequenti della propaganda socialista8. Patrizia Audenino, per finire, lo ha indicato come uno dei filo­ni più specifici di quella morale laica che il

Psi è impegnato a diffondere fra le masse popolari9.

Volendo azzardare una preliminare defini­zione sulla base degli studi che fino ad ora si sono occupati dell’argomento, si potrebbe affermare che l’evangelismo socialista può essere considerato come il prodotto di quell’indirizzo anticlericale che, almeno in apparenza, non si dichiarava apertamente antireligioso ma, anzi, tendeva a dimostrare alle masse popolari che il socialismo salva­guardava i valori autentici del cristianesimo; che i socialisti erano gli unici, i veri eredi del messaggio di Cristo. A meglio delineare le caratteristiche va spiegato che esso convive e si mescola accanto a forme di propaganda che apertamente non solo irridevano a qua­lunque espressione religiosa ma non esitava­no a considerare ‘perversi’ e ‘immorali’ i va­lori del cristianesimo primitivo10.

4 Giovanni Zibordi, Il “prampolinismo evangelico” nella propaganda e nelle opere, in “Critica sociale”, 16 settem­bre 1907, p. 278. All’evangelismo prampoliniano Zibordi avrebbe dedicato anche alcune pagine in Camillo Prampo- lini e i lavoratori reggiani, Bari, Laterza, 1930, pp. 72 sgg.5 Roberto Michels, Proletariato e borghesia nel movimento socialista italiano. Saggio di scienza sociografico-politi- ca, Torino, F.lli Bocca, 1908, p. 278.6 Gianni Bosio, L ’intellettuale rovesciato. Interventi e ricerche sulla convergenza d ’interesse verso le form e di espressione e di organizzazione ‘spontanee’ nel mondo popolare e proletario, Milano, Ed. Bella Ciao, 1975, p. 126.7 Enrico Deeleva, Anticlericalismo e religiosità laica nel socialismo italiano, in AA.VV., Prampolini e il socialismo riformista, vol. I, cit., pp. 259-79.8 Gabriele Turi, Aspetti dell’ideologia del PSI (1890-1910), in “Studi storici” , 1980, n. 1, p. 91.9 Patrizia Audenino, Etica laica e rappresentazione del futuro nella cultura socialista dei primi del Novecento, in “Società e storia”, 1982, n. 18, pp. 877-919. Fra i più recenti contributi sulla cultura socialista che si sono occupati del tema si vedano: Patrizia Audenino, La cultura della classe operaia nell’età del decollo industriale, in “Studi stori­ci” , 1981, n. 4, pp. 877-901: Stefano Pivato, La cultura del movimento operaio, in “Italia contemporanea” , 1981, n. 143, pp. 103-107; Laura Savelli, Un aspetto dell’azione de! Partito socialista italiano nelle campagne. Gli opuscoli di propaganda per i contadini (1892-1914), in “Movimento operaio e socialista” , 1978, n. 4, pp. 393-411; Dania Mazzo­ni, La fortuna di Tolstoj nel movimento operaio italiano, in “Movimento operaio e socialista” , 1980, n. 2-3, pp. 175- 197. Giorgio Bertone, Parlare ai borghesi: De Amicis il "Primo Maggio” e la propaganda socialista, ivi, pp. 155-197. Riferimenti al tema sono anche in contributi meno recenti come quelli di Alfredo Azzaroni, Socialisti anticlericali, Firenze, Parenti, 1961, pp. 83-95.10 Tali sono, ad esempio, opuscoli come quelli di Lerario su La religione cristiana svelata al popolo, nel quale l’auto­re invita a non “prestare fede a delle dottrine maligne e immaginarie” come quelle predicate da Cristo. Oppure libelli come quelli di Aristide Tormenti, dietro cui si cela Serrati, volti a dimostrare non solo che la Bibbia è “immorale” ma, in esplicita polemica con il prampolinismo che “la fratellanza predicata da Cristo era la fratellanza in Dio, non in terra, giacché non saprebbesi spiegare come il Cristo potesse affermare concetto tanto rivoluzionario e nello stesso tempo predicare la sottomissione al potere costituito “e che il comuniSmo delle prime comunità cristiane era ‘comu­niSmo’ di rinuncia, non di rivendicazione” . T. Lerario, La religione svelata al popolo, Roma, Mongini, 1906 e Ari­stide Tormenti [G.M. Serrati], La Bibbia è immorale, Ginevra, s.d. Un primo tentativo di sistemazione di questo ti­po di letteratura è in P. Audenino, Etica laica e rappresentazione del futuro, cit., pp. 884-887.

L’anticlericalismo ‘religioso’ 31

Le critiche all’evangelismo socialista pro­veranno, per l’arco di tempo considerato, da quell’ala del socialismo di ispirazione sinda­calista rivoluzionaria nella quale, per ciò che attiene la questione religiosa, erano confluite non poche suggestioni dell’anarchismo otto­centesco. Per tutte valga il severo giudizio di Arturo Labriola che aveva definito il pram- polinismo evangelico come una forma di “socialismo filantropico e sentimentale” che “fa lattemiele del paradiso collettivista sosti­tuito alla visione del paradiso cattolico”11.

In più di un’occasione, inoltre, anche su “Critica sociale” sarebbero state espresse cri­tiche sull’opportunità, per un partito che si dichiarava apertamente anticlericale di pre­sentarsi alle masse popolari come i veri conti­nuatori di Cristo. “Occorre diffidare — si metteva sull’avviso in un articolo comparso nel 1849 — di scempiaggini come queste in­torno al Cristo: il primo socialista, il sociali­sta di Nazareth, il socialista rosso vestito o dal mantello rosso ecc.” poiché “nella parola e nella pratica si spinge talvolta quella che dovrebbe essere indifferenza religiosa, ad una tolleranza sentimentale che veste quasi la forma (la sostanza è sempre atea) di una pos­sibile compatibilità simpatica” 12.

Volendo dunque tentare una prima generi­ca collocazione si può affermare che l’evan­gelismo socialista germina nell’alveo della cultura socialista di stampo riformista, e, più specificamente, all’interno di quella corrente di cui Michels indicava i maggiori esponenti in Prampolini, De Amicis e Morgari e che — secondo il sociologo tedesco — esercitò nel socialismo italiano “una forte azione morali­stica che ricorda i primi tempi del cristianesi­mo”13.

La presente ricerca ha dunque lo scopo di ripercorrere le origini e lo sviluppo dell’evan­

gelismo socialista nell’arco cronologico com­preso fra gli anni di fine Ottocento e d’inizio Novecento giacché è in quel periodo che esso nasce, prende forma e si sviluppa.

Nel corso della esposizione si è preferito insistere sulle motivazioni e sulle finalità dell’evangelismo piuttosto che soffermare l’analisi sui singoli testi reperiti nel corso del­la ricerca. Alcune rapsodiche indicazioni an­drebbero inoltre più a fondo indagate, tutta­via si è voluto egualmente richiamarle per fornire un quadro che, pur nella sua provvi­sorietà, appaia meno lacunoso possibile per la comprensione di quei numerosi canali, spesso sotterranei, che concorrono alla com­prensione del fenomeno.

Non sarà inoltre inutile soffermarsi breve­mente sul significato che, nel testo, viene at­tribuito al termine ‘religiosità laica’, il quale in questa sede viene utilizzato unicamente per designare quell’atteggiamento che, in parte della tradizione laica risorgimentale prima e di quella socialista poi, era diretto a far opera di proselitismo non tanto attraver­so la spiegazione razionale e scientifica di un progetto politico, ma piuttosto suscitando un’adesione fideistica, emozionale, di natura religiosa appunto. Si tratta peraltro di una religiosità puramente naturalistica depaupe­rata degli elementi trascendenti, ma non pri­va di una qualche dimensione escatologica. La quale, se nel pensiero cattolico si risolve­va in una prospettiva ultraterrena e spiritua­le, in quello laico era sostituita da una visio­ne immanentistica permeata dagli ideali del ‘secolo dei lumi’ e dell’‘età progressiva’. Os­sia da quegli ideali di libertà, eguaglianza e fratellanza che entreranno come elementi co­stitutivi in queiruniverso simbolico di una nuova religione laica di cui l’evangelismo so­cialista è, con tutta evidenza, una filiazione.

11 Arturo Labriola, Riforme e rivoluzione sociale. La crisi pratica del partito socialista, Milano, Società Editoriale Milanese, 1904, p. 231.12 Mercurio, Preti, cristianesimo e socialismo, in “Critica sociale” , 1894, n. 9.13 R. Michels, Proletariato e borghesia, cit., pp. 279-80.

32 Stefano Pivato

Fonte privilegiata dell’indagine è quella vasta pubblicistica di carattere popolare (opuscoli, numeri unici, giornali popolari ecc.) che costituisce, per gli anni presi in con­siderazione, uno degli strumenti più rilevanti di quell’opera propagandistica diretta a for­mare una nuova ‘coscienza socialista’.

Ma ciò che forse più conta sottolineare preliminarmente è che non si potrebbe co­gliere pienamente il significato dell’evangeli­smo socialista se ci si soffermasse su un’ana­lisi della forma più comune attraverso cui si espresse: ossia la forma scritta. Certo, il do­cumento letterario, l’opuscolo di propagan­da, il foglietto volante, l’iconografia rappre­sentano strumenti primari per la compren­sione del fenomeno. Tuttavia le capacità di penetrazione, le potenzialità educative di tali materiali sfuggirebbero se non si tenesse pre­sente, sullo sfondo, quel più generale clima emozionale dai connotati inequivocabilmen­te religiosi che accompagna la nascita del so­cialismo italiano14.

Definire le numerose espressioni di quella natura religiosa non è compito agevole. Si tratta di un contesto multiforme composito la cui ricostruzione si rivela quanto mai pro­blematica e di fronte al quale gli strumenti tradizionali dello storico palesano spesso la loro insufficienza a cogliere la varietà dei se­gni che compongono il fenomeno. Si tratta in effetti di una realtà che, ancora prima che

interpretata va scomposta nelle infinite trac­ce testimoniali attraverso le quali si manife­sta. La ricerca storica molto deve ancora dir­ci, ad esempio, su quella ritualità del sociali­smo italiano in cui, a ben guardare, è diffici­le non scorgere i segni di una complessa reli­giosità laica intrisa di vago misticismo, di momenti fideistici e devozionali che presie­dono l’opera di proselitismo presso le masse popolari. Del resto non aveva forse scritto Ciccotti che gran parte dei motivi emozionali e simbolici della tradizione operaia, dalla bandiera, alla festa del Primo Maggio, al ri­tratto, avevano “tanti punti di somiglianza con le feste cristiane campestri, quali si vedo­no ancora nelle nostre borgate di montagna; e nell’origine nel carattere e nelle fasi delle feste cristiane si può trovare molte volte la chiave a ben intendere l’origine e le forme successive delle solennità socialiste”15?

Come non interpretare, ad esempio, in questa direzione la tradizione onomastica, analizzata da Ernesto Ragionieri, secondo la quale l’assegnazione ai neonati di nomi di fa­mosi leaders socialisti non sottintendeva solo il distacco dalla tradizione cattolica, ma an­che la diffusa aspirazione a una profonda trasformazione della società e della vita degli uomini16? O come non ascrivere al filone del­la ‘religione del socialismo’, la venerazione per i capi, per gli ‘apostoli’ del nascente socialismo17?

14 Ha osservato Arfé a proposito della fondazione del Partito socialista italiano: “A Genova [..] non è soltanto un partito politico a costituirsi, ma anche un movimento di natura religiosa a trovare il proprio centro di coagulazione e di organizzazione” . Gaetano Arfé, Storia del socialismo italiano (1892-1926), Torino, Einaudi, 1965, p. 20.15 Ettore Ciccotti, Psicologia de! movimento socialista. Note ed osservazioni, Bari, Laterza, 1903, p. 49. Nello stesso saggio Ciccotti paragona la dottrina cristiana e il socialismo scrivendo che “il punto di contatto tra l’uno e l’altro [...] sta tutto nell’espressione di un alto, infinito amore umano” , p. 64. Più in particolare sul significato del primo maggio come “la Pasqua degli operai di città e di campagna” e come “una festa che non ha riscontro, per la sua importanza mondiale che nella rivoluzione cristiana” cfr. Carlo Monticelli, La nostra festa! (1° maggio), Firenze, Nerbini, 1903.16 Ernesto Ragionieri, Storia di un comune socialista. Sesto Fiorentino, Roma, Editori Riuniti, 1976, p. 182.17 Nota in proposito Michels che i militanti socialisti “avevano nei duci del movimento una quasi soprannaturale fiducia” e “amalgamando, nella loro ingenuità, la questione sociale con gli usi religiosi, essi partivano spesso nei loro cortei, alla rinfusa, il crocifisso accanto alla bandiera rossa o ai cartelli recanti sentenze di Marx [...]. Molti, per salutarli, si gettavano a terra, ebbri di devozione, proprio come nel passato si erano prosternati davanti ai loro

L’anticlericalismo ‘religioso’ 33

Anche il linguaggio socialista dovrebbe essere oggetto di un’attenta analisi. Un esa­me sia pure superficiale mostra tuttavia non poche ascendenze lessicali derivate dalla predicazione cristiana come gli ‘apostoli’ del socialismo, i ‘martiri’ del socialismo, la ‘fede socialista’. Ma probabilmente, la mu­tuazione più caratteristica è data dal cosid­detto battesimo socialista. Pratica di inizia­zione diffusa anche nei paesi d’oltralpe18, il battesimo socialista rappresentava un vera e propria trasposizione in chiave laica della li­turgia cattolica, una sorta di rito di inizia­zione alla ‘fede socialista’19.

Va detto che a questa ritualità corrispon­de sul piano della propaganda scritta, una nutrita produzione letteraria. In effetti, se il richiamo e il confronto esplicito con il cri­stianesimo primitivo costituisce uno dei te­mi dominanti dell’evangelismo socialista, esiste però anche un tipo di propaganda che utilizza solo le formule, i simboli della tra­dizione cristiana e cattolica, parodiandone, però i contenuti e i valori ideali. È la propa­ganda mediata attraverso quella originale forma dei catechismi operai in cui è più esplicito il tentativo di operare una sostitu­

zione della ‘vecchia’ religione, con la ‘nuo­va’, ossia il socialismo. Le formule, il lin­guaggio, gli schemi di questo tipo di lettera­tura sono mutuati da quelli della tradizione cristiana; i contenuti sono invece quelli del­la tradizione laica e socialista. Così il circo­lo operaio sostituisce la chiesa come luogo di culto, l’operaio il prete, l’inno dei lavo­ratori la preghiera come momento di pro­fessione e di adesione alla nuova idea.

Sicuramente uno degli esempi più noti di tale propaganda fu quello de / comanda- menti del lavoratore di uno dei promotori de “La Boje” : quel Giuseppe Barbiani la cui predicazione socialista si rifaceva in gran parte al misticismo religioso di matrice protestante20. Acceso anticlericale e asserto­re dell’avvento delle tre epoche, quella del Padre, del Figliolo e dello Spirito Santo — quest’ultima identificata con l’epoca dei contadini — Barbiani pubblicò i suoi co- mandamenti, per la prima volta a quanto risulta, su “La libera parola” di Mantova nel 1884. Più volte ristampati anche in fo­glietti volanti i comandamenti del Barbiani furono divulgati anche dai giornali sociali­sti. Inoltre, particolare non privo di signifi-

vescovi”, Roberto Michels, Storia critica del movimento socialista italiano. Dagli inizi fino al 1911, Firenze, “La Voce” , 1926, p. 197.18 Eric Hobsbawm, I ribelli. Forme primitive di rivolta sociale, Torino, Einaudi, 1980, p. 200.19 Ricerche future dovrebbero testimoniare in quali zone questo rito fosse diffuso. Sicuramente nell’area padana se lo stesso Giovanni Zibordi, all’inizio del secolo, avrebbe stigmatizzato in uno scritto rivolto ai contadini quel rito come “una mezza mascherata dove invece che un prete in cotta e stola ci sarà un compagno con la cravatta rossa e invece dell’acqua benedetta si adopererà il vino e invece del nome di Dio si tirerà in ballo quello di Carlo Marx”, Giovanni Zi- bordi, Contro i battesimi socialisti, in Nuovi dialoghi campagnoli, Reggio Emilia, Coop, fra lavoranti e tipografi, 1908, pp. 51-54. Senz’altro anche nella Romagna se, daparte cattolica, un attento osservatore come Francesco Lanzoni scrive­va, nel 1904, che attraverso quel rito i socialisti altro non facevano che “scimmiottare nella maniera più grottesca le no­stre più auguste cerimonie” . Francesco Lanzoni, Battesimi socialisti e repubblicani, in “ Il Piccolo ”, 6 marzo 1904, ora in F. Lanzoni, Scritti politici (1899-1929), a cura di Lorenzo Bedeschi, vol. I, Brescia, Morcelliana, 1964, pp. 360-361.20 E ovvio che andrebbe approfondito un aspetto che qui solo si accenna, ossia l’eventuale influenza che ha esercita­to la propaganda protestante sull’evangelismo socialista. È stato ad esempio osservato che per certe zone, e segnata- mente per il mantovano e per il reggiano il movimento evangelico si è diffuso, alla fine dell’Ottocento “in simmetria” con l’esperienza socialista. Cfr. A. Nesti, Gesù socialistà, cit., pp. 58-64; Francesco Manzotti, I valdesi a Guastalla e nella Bassa Padana, in “Nuova rivista storica” , 1957, pp. 418-455. Occorrerebbe inoltre analizzare ana­logie e differenze fra la teologia popolare prampoliniana e il cristianesimo propagandate dai gruppi evangelici in re­lazione anche al favore che, almeno in certi gruppi evangelici, riscosse l’immagine del Gesù socialista, per una prima analisi sulla presenza e sulla diffusione del movimento evangelico in Italia si veda: Giorgio Spini, L ‘Evangelo e il ber­retto frigio. Storia della chiesa cristiana libera in Italia, 1870-1904, Torino, Claudiana, 1971.

34 Stefano Pivato

cato, anche la prampoliniana “Giustizia” li avrebbe riproposti in uno dei suoi primi nu­meri21 .

Una circolazione assai ampia ebbero, so­prattutto negli anni di inizio secolo, anche I dieci comandamenti del socialismo di Luisa Draghi di cui esistono più versioni, la più no­ta delle quali era rivolta alle donne operaie22.

Si direbbe tuttavia che nella propaganda socialista esistano forme di decaloghi per ogni categoria di lavoratori. Fra i più singo­lari: I dieci comandamenti del contadino, I dieci comandamenti dell’operaio all’estero, I comandamenti per il socio d ’una lega, I dieci comandamenti civili del buon lavoratore2*. Esemplati sul modello di quelli della tradi­zione cattolica i decaloghi socialisti contene­vano in genere raccomandazioni, indicazioni

e indirizzi volti a improntare l’azione dei la­voratori a quella ‘nuova’ etica che alla sotto- missione sostituiva la ribellione dei poveri per la costruzione della società socialista. Fra l’altro al fanciullo che si suppone “imbevuto della metafisica” del catechismo cattolico si raccomanda di “Venerare il maestro” e di “Amare lo studio che sarà il tuo migliore al­leato nella lotta per l’esistenza” e di “Non la­sciarsi impaurire da racconti straordinari che non arrivi a comprendere”24. Alla donna si raccomanda di “Non amare la gioventù che si prostituisce a denaro e si ubriaca” e di “Non badare a chi ti grida che la donna è na­ta serva”25. All’operaio si prescrive di “Non vendere a prezzo vile la tua merce lavoro” e di “Non credere che la classe operaia sia dannata al servaggio” e si incita ad “aiutare

21 I comandamenti del Barbiani sono stati riprodotti in appendice a La boje! Processo dei contadini mantovani alla corte di assise di Venezia, a cura di R. Salvadori, Milano, Ed. Avanti! 1962, pp. 269-270. Quella dei catechismi è una forma di propaganda adottata anche nei paesi d’oltralpe. Non a caso buona parte dei catechismi operai che figurano nei cataloghi della editoria socialista sono traduzioni dal francese o dall’inglese. Si vedano, fra gli altri: Bax Ernest Belfort, Quelch Elenry, Nuovo catechismo socialista, pref. di A. Schiavi, Firenze, Nerbini, 1904; J.L. Joynes, Il ca­techismo socialista, Milano, Ed. Critica sociale, 1900; Paul Lafargue, La religione del capitale. Catechismo del lavo­ratore, Alessandria, Biblioteca del fascio operaio, 1890.22 Luisa Draghi, I dieci comandamenti del socialismo. Alla donna operaia, in “L’Azione socialista” , 25 maggio 1901. Vedili riprodotti in “La Luce”, Carpi, 29-30 giugno 1901 e nell’“Almanacco socialista per il 1902”, Firenze, Nerbini. Si veda un commento al decalogo in Annarita Buttafuoco, Sprezza chi ride. Politica e cultura nei periodici del movimento di emancipazione in Italia, in “Nuova DWF”, 1982, n. 21, pp. 7-34. Di Luisa Draghi si vedano an­che: Regole elementari dell’operaio socialista. Dieci buoni comandamenti, in “Il garofano rosso”, 1° maggio 1901.23 Vedili pubblicati sui seguenti numeri de “Il Seme” : aprile 1906, n. 7; aprile 1906, n. 8; febbraio 1908, n. 4; agosto 1908, n. 15. Si vedano anche I dieci comandamenti del socialismo all’operaio pubblicati in appendice a C. Monticelli La nostra festa! (1° maggio), cit. Altra forma di propaganda molto simile a quella dei comandamenti sono le pre­ghiere e le orazioni dell’operaio. Fra le più note quelle pubblicate negli anni ottanta dalla “Plebe”. Varie sono poi quelle stampate in fogli volanti. Fra queste la Preghiera dei circoli operai stampata in un foglio della Tipografia Pen- naroli di Fiorenzuola d’Arda nel 1892 e che qui merita di essere per intero riprodotta perché costituisce uno degli esempi più evidenti di quel tentativo di suscitare un’adesione religiosa alla causa socialista attraverso la sostituzione dei simboli della tradizione cristiana con quelli della tradizione operaia: “Circoli Operai, siate benedetti. / Voi siete il pane dell’anima, la luce della vita / la difesa del povero operaio / Noi eravamo scissi e divisi, eravamo servi dei servi / sfruttati da pochi che ci tenevano in tutta schiavitù / I nostri figli e le nostre mogli eran servi, non avevano / né ve­sti, né pane ed erano prostituite dai padroni / Siate benedetti o Circoli Operai / Voi difendete i nostri interessi / Voi combattete tutte le forme, sia del parassitismo / sia del dispotismo / Benedicete, o compagni, i Circoli che lottano per il benessere, la libertà ed il miglioramento delle classi lavoratrici / La benedizione dell’operaio è la vera / Male­detto chi abbandona il proprio Circolo, maledetto chi / non iscrivendosi come socio, tradisce la causa dei lavoratori” . Preghiera, ne I pianeti della fortuna. Canzoni e vignette popolari dell’antica tipografia G. Pennaroli di Fiorenzuola d ’Arda, a cura di E. Carrà e L. Mosconi, presentazione di R. Leydi, Milano, Ed. di V. Scheiwiller, 1973.24 Catechismo socialista per i fanciulli, in “Almanacco socialista per il 1902”, Firenze, Nerbini, p. 29.25 L. Draghi, I dieci comandamenti del socialismo. Alla donna operaia, cit.

L’anticlericalismo ‘religioso’ 35

il trionfo della giustizia e dell’uguaglian­za”26.

Le raccomandazioni della precettistica cat­tolica sono dunque sostituite da imperativi categorici di una morale attivistica rigorosa­mente laica e umanitaristica senza richiami trascendenti e teologali. Alla fede in una vita ultraterrena, considerata segno di fatalismo, di inerzia e di rassegnazione che sacrifica alla vita futura la vita presente, i comandamenti socialisti sostituiscono la fede nel progresso, nella umanità, nella istruzione come condi­zioni ineliminabili di una palingenesi sociale a breve scadenza e realizzabile sulla terra. Il lavoro come fonte di elevazione materiale; l’istruzione come fattore di emancipazione individuale e collettiva; la solidarietà e il reci­proco sostentamento come regole di un vive­re socialmente non più fondato sull’attesa del paradiso, ma nella piena fiducia delle fa­coltà umane sono alcuni di quegli elementi che emergono dalla lettura dei catechismi so­cialisti e in cui, a ben guardare, non è diffici­le scorgere l’impronta di quella sorta di reli­gione laica e filantropica, di quella ‘nuova religione dell’umanità’, fondata sui generali principi di libertà, fraternità, uguaglianza, frutto della elaborazione del pensiero laico risorgimentale27.

Il significato dell’evangelismo socialista sfuggirebbe dunque se non si tenessero pre­senti tali motivi che costituiscono la sostanza di quella religiosità laica che accompagna l’azione di proselitismo presso le masse po­polari. Ossia il tentativo di presentare fin dalle origini il socialismo come una ‘nuova fede’ in sostituzione della ‘vecchia fede’, il cristianesimo. Del resto non aveva forse

scritto Andrea Costa che essendo il “popolo [...] di natura sua idealista [...] non si solle­verà se non quando le idee socialistiche ab­biano per lui il prestigio e la forza di attrazio­ne che ebbe un tempo la fede religiosa”28? E Gnocchi Viani, scrivendo a Mario Pilo, non aveva forse accennato al socialismo come al­la “terra promessa”29?. Infine non aveva lo stesso Turati, dopo il congresso operaio di Milano del 1891, accennato esplicitamente al socialismo come ad una “buona novella”30?

Non sarebbe tuttavia corretto far coincide­re l’utilizzo sistematico dell’evangelismo so­cialista con la nascita del partito socialista. Certo l’espansione e l’organizzazione delle forme di propaganda si perfezionano dopo il congresso di Genova e l’evangelismo sociali­sta diviene una delle forme propagandistiche più diffuse nella stampa di partito. Non po­chi indizi fanno tuttavia ritenere che la pro­paganda socialista facesse propri schemi e modelli presenti da tempo nella tradizione laica risorgimentale italiana. In effetti la co­niugazione fra i simboli della democrazia, del movimento operaio e quelli di un cristia­nesimo che sta dalla parte degli oppressi, dei ribelli, era precedente alla nascita del Partito socialista italiano e non sarà inutile richia­marne, sia pure rapidamente, alcuni antece­denti. Nota è l’esistenza di un anticlericali­smo cattolico e riformatore che si opponeva, sul piano politico, al cattolicesimo tradizio­nalista e controrivoluzionario già nella prima metà dell’Ottocento31. Si tratta di forme di anticlericalismo che attingevano al comune denominatore di un secolare riformismo cri­stiano che richiamava i movimenti ereticali del medioevo, l’eredità giansenista, il cattoli-

26 I dieci comandamenti del socialismo all’operaio, in C. Monticelli, La nostra festa!, cit., pp. 12-13.27 Cfr. in proposito Guido Verucci, L ’Italia laica prima e dopo l ’Unità 1848-1976. Anticlericalismo, libero pensiero e ateismo nella società italiana, Bari, Laterza, 1981.28 Andrea Costa, A i miei amici di Romagna, in “La Plebe” , 3 agosto 1879.29 La lettera che Gnocchi Viani definiva “apostolica” è parzialmente riportata in Rinaldo Salvadori, La repubblica socialista mantovana da Belfiore al fascismo, Milano, Ed. Del Gallo, 1966, p. 326.30 Cfr. G. Arfé, Storia del socialismo italiano, cit., p. 19.31 Sull’argomento vedi le indicazioni di G. Verucci, L ’Italia laica prima e dopo l’Unità, cit., pp. 3-13.

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cesimo illuminato e riformatore del Sette­cento, gli echi savonaroliani e lo stesso cri­stianesimo primitivo nonché la intensificata propaganda protestante nel nostro paese. Un retaggio di sedimentazioni che venivano adattate alle esigenze di una cultura moder­na allo scopo di facilitare l’inserimento del­la Chiesa nella nuova società e nella nuova cultura, offrendone una immagine più ri­spondente alle aspirazioni e alle necessità del tempo. Né è da escludere che proprio tali forme di anticlericalismo cattolico ab­biano agito come “preparazione e avvia­mento”32 a quelle manifestazioni di anticle­ricalismo laico che, proprio facendo leva sulla esigenza di un rinnovato spirito evan­gelico criticavano l’eccessivo tradizionali­smo dell’istituzione ecclesiastica allo scopo di ridurne e di limitarne l’influenza nella politica e nella società civile.

Tuttavia se sono note le posizioni di alcuni gruppi di intellettuali che si fecero portavoce verso la metà dell’Ottocento delle esigenze di un rinnovato spirito evangelico in chiave an­tichiesastica e anticlericale, resta da verifica- re come i motivi dell’evangelismo democrati­co si traducessero in forme di divulgazione popolare. Da analizzare sarebbe, ad esem­pio, l’ampia letteratura su Garibaldi e Maz­zini spesso accostati alla figura di Cristo33. Oppure certi periodici che nella testata ri­chiamavano esplicitamente l’iconografia cri­stiana o che comunque si facevano portavoce di un generico evangelismo democratico34. È infine anche da esaminare la poesia popolare del periodo risorgimentale in cui è frequente l’accostamento fra gli ideali patriottici e le parabole evangeliche35. Certo è che anche a un primo sommario esame di questi materia- lirisulta con evidenza che la figura di un Cri-

32 Ivi, p. 5.33 Assai vasta è la letteratura sul misticismo garibaldino. Non è stato possibile reperire un opuscolo dal titolo assai indicativo (Cristo e Garibaldi) pubblicato a Torino nel 1883 e di cui la stampa anticlericale fa ampia propaganda. Ve­dine la notizia in “Gesù Cristo”, 1-8 luglio 1883. Vari accostamenti fra la figura di Cristo, Giovanna d’Arco e Gari­baldi sono comunque reperibili in raccolte di poesie popolari del periodo risorgimentale. Per tutte si veda Roberto Leydi, Canti sociali italiani. Vol. 1. Canti giacobini, repubblicani, antirisorgimentali di protesta postunitaria, contro la guerra ed il servizio militare, Milano, Edizioni Avanti!, 1963, passim. Numerosissimi, poi, i riferimenti in vari pe­riodici popolari. Particolare attenzione meriterebbe, poiché viene diffuso nella zona classica del prampolinismo e, forse, non è stato privo di influenza sullo stesso Prampolini, “L’Iride” . Diretto da Pietro Artioli e pubblicato a Scandiano a partire dal 1873 il giornale recava sul frontespizio il versetto di San Giovanni “La verità ci fa liberi” . As­sertore di una feroce polemica anticlericale il giornale inneggiava spesso al Cristo “rivoluzionario che voleva mettere tutto sossopra” accostando sovente “il Cristo rivoluzionario di allora [...] e il Mazzini repubblicano di adesso” (Re­plica, in “L’Iride, 19 dicembre 1873).34 Si vedano, in particolare, le osservazioni di G. Veruccì, L ’Italia laica prima e dopo l ’Unità, cit., pp. 3-8. Particolar­mente interessante si rivela ad un primo esame il periodico torinese “Gesù Cristo” che uscì a partire dall’ottobre 1882. Il giornale che aveva come sottotitolo “grido popolare anticlericale” era pervaso dalla polemica antitemporalistica e assertore, sul piano delle alleanze politiche, di un fronte anticlericale di larghe intese. Il periodico si presentava inoltre ai lettori come il banditore del Cristo “filosofo redentore, il martire glorioso dell’umanità, l’uomo che nell’amore tut­te compendia le leggi” . Negatore della divinità teologica di Cristo presentava la figura del Nazzareno “nella sua vera condizione di uomo” dichiarando nel contempo di volersi ispirare alla “fonte pura dell’evangelo, la fonte degli apo­stoli, la fonte dei primi padri della chiesa” (Joannes, Gloria in excelsis Deo, in “Gesù Cristo” , 24-31 dicembre 1882). Dal gennaio del 1884 il periodico si fuse con un altra testata e uscì col titolo di “L’Anticlericale. Grido popolare” .35 Particolarmente significativi fra gli altri sono alcuni versi databili attorno agli anni settanta e contenuti in un fo­glio volante della stamperia Salani di Firenze. In essi, di fronte a Pio IX che rivendicava la leggittimità del potere temporale si contrappone il primato di una religione vera depositaria del messaggio di Cristo e, di conseguenza, il primato dello spirituale sul temporale: “Che vuole il Papa? vuol essere Re / Ma nel Vangelo questo non c’è / Anzi di Cristo l’alta missione / Fu di disperdere ogni birbone / Fu di difendere color che in terra / Dagli oppressori soffron la guerra / Fu di squarciare dal fai il velo / Colle parabole del suo vangelo / Anzi ai Cesari Ei mosse guerra / Né altri nemici conobbe in terra / Né alzò patiboli, né usò cannone / Come il compare del Re Borbone [...)” , Roma capitale d'Italia, in Ipianeti della fortuna, cit.

L’anticlericalismo ‘religioso’ 37

sto vindice, di un Cristo liberatore e di una religione non corrotta, non dalla parte di ric­chi e potenti, ma con i poveri e con gli op­pressori sono immagini ricorrenti nella lette­ratura popolare del periodo risorgimentale.

Non è ancora, per ragioni cronologiche, l’immagine del Cristo socialista, ma quella di un Cristo e di un cristianesimo che stanno dalla parte dei liberatori, contro i Borboni oppressori, contro Pio IX, contro tutti colo­ro che fanno della religione uno strumento di dominio e di oppressione36. La figura del Cristo e l’immagine del cristianesimo primi­tivo erano dunque utilizzate in una chiave prevalentemente antitemporalistica: di qui la lettura del cristianesimo in una chiave so­stanzialmente ‘patriottica’ e il frequente ac­costamento del Cristo agli ideali risorgimen­tali.

È ovvio che una ricerca esaustiva volta a decifrare la filiazione dell’evangelismo socia­lista nell’evangelismo democratico del perio­do risorgimentale dovrà tener conto di una questione più complessiva. Ossia dovrà ana­lizzare il problema all’interno di una più va­sta cornice che consideri la diversità di indi­

rizzi e di accenti fra l’anticlericalismo risorgi­mentale e quello socialista37. In questa sede e in una economia espositiva volta a fornire al­cune prime indicazioni di ricerca sarà suffi­ciente rilevare che il ricorso a un generico evangelismo democratico in chiave politica, antichiesastica e antipapale, è già presente nella cultura anticlericale risorgimentale. Di conseguenza la ‘novità’ dell’evangelismo so­cialista non consiste tanto nel tentativo di co­niugare una moderna dottrina politica — il socialismo — e un modello di cristianesimo ricondotto alla purezza delle origini, ma, semmai, nel suo tentativo di divulgare, di po- polarizzare quei motivi a strati sempre più ampi. In effetti, se l’evangelismo democrati­co era non solo dominio di “gruppi e indiriz­zi indubbiamente minoritari”38 ma anche po­co rappresentativo delle tendenze prevalenti nelle ideologie dell’anticlericalismo, con la nascita e l’affermazione del socialismo esso diviene uno dei motivi dominanti dell’anti­clericalismo. Tende a porsi in definitiva co­me una delle più diffuse categorie di quella morale socialista tesa a “formare un nuovo senso comune”39. E ciò non a caso giacché

36 Va tuttavia precisato che a partire dalla seconda metà degli anni settanta in coincidenza con l’espandersi del movi­mento socialista compaiono, nella letteratura popolare, i primi accostamenti fra i simboli del cristianesimo e quelli del nascente socialismo. E una delle poesie più originali del periodo antecedente la nascita dei Partito socialista è senz’altro quella rinvenuta da Pier Carlo Masini nella quale si rileva uno dei primi accostamenti fra il socialismo e la figura di Cristo. La poesia dedicata a Gesù Nazzareno primo martire del socialismo fu pubblicata nel 1876 ma risulta scritta nel 1871 all’indomani della Comune parigina. In essa compaiono vari riferimenti ai simboli “dell’età progres­siva” in lotta contro le “tenebre e l’oscurantismo” : Gesù è accostato di volta in volta ai filosofi illuministi agli eretici medioevali e al socialismo. Giacinto] S[tiavelli], A Gesù Nazzareno primo martire del socialismo, in “Almanacco socialista per l’anno 1876” , Firenze, Tipografia Italiana Martini, 1875. Ora ripubblicato in Pier Carlo Masini, Poeti della rivolta da Carducci a Lucini. Antologia, Milano, Rizzoli, 1978, pp. 140-43. Nella stessa raccolta si veda anche la poesia di Oreste Fortuna intitolata A Gesù Nazzareno e pubblicata su “ I Malfattori” di Ginevra il 10 luglio 1881 e su “La Favilla” di Mantova il 7 luglio dello stesso anno.37 Per un primo approccio al tema cfr. Enrico Deeleva, Anticlericalismo e lotta politica nel’ltalia giolittiana, I: L ’“esempio della Francia” e i partiti popolari (1901-1904), II: L ’estrema sinistra e la formazione dei blocchi popolari (1905-1909), in “Nuova rivista storica” , 1968, pp. 291-354 e 1969, pp. 541-617, e G. Verucci, L ’Italia laica prima e dopo l ’Unità, cit.38 G. Verucci, L ’Italia laica prima e dopo l ’Unità, cit., p. 5. Valga per tutti le propaganda e l’azione dell’on. Guer­rieri Gonzaga che caldeggiava la bonifica dell’agro mantovano-reggiano, la costruzione di asili a proprie spese, la elezione democratica dei parroci e che giungeva perfino, in nome dei principi evangelico-protestanti a dividere alcune sue terre fra i lavoratori. Cfr. Un modernista nel Risorgimento, “Bilychnis”, aprile 1917, pp. 278-286.39 G. Bosio, L ’intellettuale rovesciato, cit., p. 126.

Stefano Pivato38

l’assunzione, come metodo di propaganda, dell’evangelismo da parte del socialismo ita­liano si situa, cronologicamente, in quella fa­se del processo evolutivo compiuto dal movi­mento operaio all’inizio degli anni ottanta. Il rifiuto della tattica insurrezionalista anarchi­ca che per l’influenza della svolta di Andrea Costa, viene accettata da non pochi esponen­ti socialisti comportò quella che è stata op­portunamente definita una “andata verso il popolo” del socialismo italiano. E uno degli elementi più originali di quella tattica volta ad acquisire un consenso di massa alla scelta elettoralistica del Psi è stata non a caso indi­viduata nella propaganda educativa40.

In effetti l’evangelismo socialista prende forma di compiuta elaborazione propagandi­stica proprio in quei settori che abbandonano gradatamente quei residui di ribellismo anar­chico. Le origini dell’evangelismo socialista, o meglio, la sua assunzione sistematica come strumento di propaganda, vanno dunque spiegate in relazione alla più generale questio­ne dell’educazione delle masse popolari, in rapporto a quel più vasto programma di ‘per­suasione’ volto ad acquisire un sempre mag­gior consenso popolare al nascente sociali­smo italiano41. E la sua formulazione — in polemica, fra l’altro con il pensiero anarchico in materia religiosa42 — veniva esplicitata per la prima volta, a quanto risulta, dalle pagine dello “Scamiciato” , un giornale di Reggio Emilia che gli studiosi considerano uno dei più significativi per comprendere quella fase di transizione dall’anarchismo al socialismo che il movimento operaio italiano inizia sul

principio degli anni ottanta. E a teorizzare l’uso della propaganda evangelica era, dalle pagine di quel giornale, Camillo Prampolini, il cui abbandono della intransigenza dottri­naria che aveva caratterizzato i suoi esordi nelle file del movimento operaio e il conse­guente avvicinamento ad una prassi di socia­lismo riformista coincideva con un netto re­virement in materia di propaganda religio­sa43. Ma un ulteriore elemento che qui appe­na si accenna andrebbe approfondito al fine di una valutazione più complessiva delle mo­tivazioni che possono aver condizionato l’esplicitazione propagandistica dell’evange­lismo socialista proprio in quegli anni. Non può in effetti apparire del tutto casuale il fat­to che l’elaborazione prampoliniana coinci­desse con quelle nuove tendenze che nel mondo cattolico erano affiorate verso la fine del pontificato di Pio IX e che andavano consolidandosi con l’ascesa al soglio pontifi­cio, nel 1878, di Leone XIII. La lenta ma progressiva messa in discussione delle linee dell’intransigentismo, lo sganciamento da vecchie pregiudiziali dinastiche, l’inserimen­to, in definitiva, della Chiesa nella società borghese lasciavano già allora intravvedere le linee di quella politica clerico-moderata che in anni più tardi si sarebbe definitiva­mente affermata come volta a contrastare l’avanzata del socialismo. Del resto, proprio all’inizio degli anni ottanta, la storiografia fa ormai concordemente risalire l’inizio, per il movimento cattolico dell’attivismo associati­vo in funzione antisocialista più concreta­mente sul terreno della organizzazione ope-

40 Cfr. in proposito Carlo G. Lacaita, Politica e istruzione liberale nel movimento socialista in Istruzione popolare nell’Italia liberale. Le alternative delle correnti di opposizione, a cura di G. Genovesi e C.G. Lacaita, Milano, Fran­co Angeli, 1983, pp. 21-77.41 Impossibile qui richiamare l’ormai vastissima bibliografia sulla ‘svolta’ di Andrea Costa. Ci si limita dunque a rinviare alla voce biografica ed alla bibliografia in essa contenuta di Renato Zangheri, Costa Andrea, in II movimen­to operaio italiano. Dizionario biografico, cit., voi. 2, pp. 109-120.42 Cfr. in proposito Adolfo Zavaroni, Le origini del giornalismo socialista reggiano 1882-1890, in AA.VV., Pram­polini e il socialismo riformista, vol. I, cit., p. 94.43 Idem, pp. 93-94.

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raia. Un orientamento questo non discaro, qualche decennio dopo, alla borghesia che poi indurrà il fronte anticlericale a denuncia­re “il laido connubio fra la chiesa e il capita­lismo” . Ebbene una siffatta prospettiva ha probabilmente influito su Prampolini nel- l’utilizzo di quel tipo di propaganda per me­glio contrastare in maniera meno vociante, ma forse più efficace, il tentativo di inseri­mento del mondo cattolico nella società ci­vile44.

In effetti Prampolini, nell’agosto del 1883, nel teorizzare l’utilizzo della propaganda evangelica ripudiava esplicitamente quell’an­ticlericalismo violentemente irreligioso che aveva caratterizzato i primi numeri de “Lo Scamiciato”45, constatando l’improduttività e le scarse capacità di suggestione di una pro­paganda anticlericale fatta “esclusivamente in nome della ragione”46.

Occorreva innanzi tutto — proseguiva Prampolini — utilizzare mezzi di persuasio­ne che tenessero in primo luogo conto “di quella sensitiva delicatissima che è il senti­mento popolare” , ma soprattutto “conoscer­ne bene la natura e le tendenze onde non ci avvenga di risvegliare la diffidenza, il ribrez­zo e l’odio là dove appunto volevamo ispira­re la fede, l’entusiasmo, l’amore”47. Di fron­te alla constatazione che nelle popolazioni contadine “il sentimento cristiano è profon­damente radicato” Prampolini invitava i

propagandisti socialisti a “servirsi dello stes­so Vangelo, della parola di Cristo [...] che è un primo informe abbozzo di codice sociali­stico48 49”.

Prampolini teorizzava dunque la coopta­zione del messaggio evangelico nella propa­ganda socialista già agli inizi degli anni ot­tanta, almeno un quindicennio prima di redi­gere quello che viene considerato come il do­cumento esemplare della propaganda evan­gelica: La predica di Natale*9.

La quale, se è da considerarsi l’archetipo o comunque il documento più noto di tale tipo di propaganda, aveva dunque lontane radici che affondavano la loro origine nell’evange­lismo democratico di stampo risorgimentale e nella prima propaganda dello “Scamicia­to” . Ma quale tipo di ideale coniugazione fra il socialismo e le parabole evangeliche Pram­polini proponeva? La risposta al quesito chiama in causa il significato complessivo del fenomeno oggetto della ricerca giacché è proprio alle indicazioni prampoliniane che si richiamerà gran parte della propaganda evangelica.

Il nucleo tematico centrale dell’evangeli­smo prampoliniano è la considerazione del cristianesimo primitivo come “rivoluzione dei poveri” dei diseredati, degli oppressi. “Che il cristianesimo [...] sia stato una rivo­luzione dei poveri” — si legge sulle pagine dello “Scamiciato” nel 1883 — “e che Cristo,

44 Sulle origini del clerico-moderatismo e sugli indirizzi storiografici inerenti al tema si rinvia alla bibliografia conte­nuta in Francesco Traniello, / clerico-moderati, in Dizionario storico del movimento cattolico in Italia, 1860-1880, vol. 1, t. 1, Torino, Marietti, pp. 29-34.45 Sullo “Scamiciato” cfr. Pier Carlo Masini, Camillo Prampolini e i tempi de “Lo Scamiciato" e A. Zavaroni, Le origini del giornalismo socialista reggiano 1882-1890, in AA.VV., Prampolini e il socialismo riformista, vol. I, cit., pp. 43-48 e pp. 85-107.46 Gli Scamiciati [C. Prampolini], Propaganda (agli amici), in “Lo Scamiciato”, 26 agosto 1883.47 Gli Scamiciati [C. Prampolini], ivi, 12 agosto 1883.48 Gli Scamiciati [C. Prampolini], Propaganda (agli amici), ivi, 26 agosto 1883.49 Incredibile fu il successo che riscosse la predica prampoliniana. Pubblicata per la prima volta il 24 dicembre 1897 sulle pagine de “La Giustizia” e stampata successivamente in opuscolo passò all’editore Nerbini e fu tradotta in di­verse lingue. Cfr. in proposito La dottrina di Cristo e quella dei preti. Dopo la “Predica di Natale”, Reggio Emilia, Tip. Operaia, 1904. Ulteriori notizie sulla fortuna letteraria del testo vedile in Stefano Caretti, Prampolini tra pacifi­smo e riformismo, in AA.VV., Camillo Prampolini e il socialismo riformista, vol. II, cit., pp. 137-164.

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per quanto lo permettevano i tempi e il suo carattere mite e debole fosse, in ultimo un vero rivoluzionario, è tal cosa su cui la critica moderna non lascia più nessun dubbio e che ormai tutti sanno”50.

E l’evangelismo prampoliniano nell’esal- tare il “Cristo rivoluzionario”, “l’apostolo della fratellanza, della pace e dell’uguaglian­za umana”, il “nemico di tutti i culti e di tut­te le furfanterie sacerdotali” , ne spiegava il martirio proprio per essere stato il “fiero av­versario dei ricchi e dei potenti”51 i quali “sentendosi minacciati dalle sue dottrine e per impedire che egli continuasse a predicarle e la giustizia trionfasse, lo accusarono di aver violato la legge dei padri: dissero che egli corrompeva le moltitudini e sollevava il popolo; lo dipinsero come un eretico, come un essere perverso, come un pericolosissimo delinquente e, fattolo arrestare, dopo un sommario processo lo mandarono a morire come un malfattore sul Golgota”52. La pre­dicazione del messaggio egualitario di Cristo — prosegue l’analisi prampoliniana — non si esaurì con la crocifissione sul Golgota. Anzi, si espanse attraverso la predicazione degli apostoli che non solo “difesero sempre i di­ritti dei poveri” ma “attuarono il comuni­Smo” . Tuttavia, le potenzialità “rivoluziona­rie” della religione cristiana finirono per esaurirsi poiché questa fu inglobata dal pote­re e “gli imperatori riuscirono ad adulterar­

la, a sfigurarla abilmente, a corromperne le sostanze, lasciando intatte le forme e trasfor­mare dunque il cristianesimo primitivo nella forma apocrifa e mostruosa del cattolicesi­mo, di cui il protestantesimo non è che una sfumatura meno stupida”53.

Al socialismo dunque compete di recupe­rare le radici ‘rivoluzionarie’ del primo cri­stianesimo, di ripristinare l’insegnamento di Cristo e dei primi apostoli, giacché proprio “il socialismo è [...] il figlio più puro e legitti­mo della religione stessa, incarna meglio di qualsiasi altra dottrina il pensiero umanita­rio e sociale di Cristo”54. Similmente al cri­stianesimo, che affrancò le plebi diseredate dalla schiavitù, il socialismo — ereditandone diciannove secoli più tardi le idealità, avreb­be redento il proletariato “dall’ultima forma della schiavitù, quella del capitale”55.

Questo dunque il nucleo essenziale della ri­flessione prampoliniana. La quale, propone­va sì un recupero del cristianesimo ma limita­tamente a quella parte ‘umanitaria e sociale’, secolarizzando, in definitiva, il messaggio cristiano. Siffatta lettura conduceva alla non considerazione di quella dimensione trascen­dente del pensiero cristiano considerata esclusivamente come ‘metafisicume’, come un ostacolo alla “spiegazione dalle cose na­turali” giacché — spiegava ancora Trampoli­ni — “dove è il soprannaturale là si nega la scienza”56. È dalle pagine dello “Scamiciato”

50 Evangelista, Gesù Cristo nemico dei preti, in “Lo Scamiciato”, 27 aprile 1883.51 A Cristo, in “La Giustizia” , 25 agosto 1889.52 Pei contadini. La visita ai sepolcri. Perché fu crocefisso? ivi, 10-11 aprile 1887.53 Pei contadini. Perché i preti fanno lega coi signori, ivi, 26 settembre 1886.54 Gesù Cristo rivoluzionario e socialista, ivi, 19 febbraio 1889. In altro articolo, ancora più chiaramente Prampoli- ni spiegava che: “Oggi i socialisti continuano l’opera di lui e predicano che il regno dell’ingiustizia deve finire, che l’uguaglianza sociale deve sorgere, che nessun uomo ha diritto di vivere alle spalle del prossimo e che ad ogni cittadi­no deve essere dalla società garantito il lavoro e l’intero frutto del proprio lavoro” , Pei contadini, ivi, 10-11 aprile 1887.55 Uno, A Cristo, ivi, 25 agosto 1889.56 Che cosa Prampolini intendesse per propaganda ‘cristiana’ lo aveva con chiarezza di intenti espresso fin dal 1883 quando raccomandando ai propagandisti di servirsi del cristianesimo li invitava però a “sorvolare sui così detti prin­cipali problemi della vita (Dio, immortalità ecc.) dove il grosso del popolo non può seguirci” . Gli Scamiciati [C. Prampolini], Propaganda, cit. Costituirebbe motivo di una ricerca interessante, a meglio comprendere il modo in cui

L’anticlericalismo ‘religioso’ 41

prima, e della “Giustizia” poi che Trampoli­ni, propugna la negazione della divinità di Cristo e fissa l’immagine del Cristo “figlio del carpentiere di Nazareth” in termini molto naturalistici alla Renan, o alla Goethe, alla Saint Simon o alla Feuerbach e non già “fi­glio di Dio” giacché “La nascita di Cristo non è punto di miracolo” . Infatti — conclu­de Prampolini in uno dei suoi numerosi arti­coli — “Gesù era un buon giovane d’animo mite, di sentimenti generosi ed umanissimi, tale insomma da simpatizzare naturalmente col popolo di cui era figlio”57. Tuttavia, per meglio comprendere le valenze culturali alla base della ‘teologia popolare’ prampolinia- na, e, in definitiva circoscrivere quel modello di cristianesimo a cui l’evangelismo socialista faceva riferimento, occorre tener presente, sullo sfondo, di quella varietà di apporti cul­turali che, a partire dall’inizio dell’Ottocen­to, contribuiscono a una progressiva messa in discussione della teologia tradizionale, di quel clima culturale pervaso da concezioni immanentistico-evoluzioniste e infine, del­l’affermazione di quelle linee di pensiero che escludevano ogni possibilità di inserzione del soprannaturale nella concezione del mon­

do e che non mancarono di influenzare an­che gli studi storico-esegetici. Il superamento della metafisica da parte delle scienze positi­ve e la critica razionalistica condussero infat­ti a quell’opera di sistematica riconsiderazio­ne dei testi biblici58, e tali acquisizioni, che non mancarono di influenzare i motivi dell’evangelismo democratico della prima metà dell’Ottocento condizionarono anche l’elaborazione della teologia popolare pram- poliniana. Anzi, proprio a Ernest Renan, uno dei massimi divulgatori di un cristianesi­mo interpretato in senso storicistico, e non come religione confessionale e trascendente, si deve far risalire il modello ispiratore della particolare lettura prampoliniana del cristia­nesimo.

In effetti l’opera da cui Prampolini attinge la figura di quel Cristo umanizzato che è alla base della propaganda evangelica deve vero­similmente considerarsi la renaniana Vita di Gesù', il libro dello storico francese, che si basava sulle più recenti acquisizioni della esegesi critica neotestamentaria fu tradotta in Italia nel 1863 ed ebbe un largo successo nell’opinione pubblica di orientamento lai­co59. E che Prampolini traduca e volgarizzi

il socialismo tendeva a farsi promotore di un ‘senso comune’ contrapposto a quello cattolico, analizzare come la pro­paganda e la cultura socialista proponessero la risoluzione di quelli che Prampolini definiva i cosiddetti ‘grandi pro­blemi della vita’. L’impressione — nonostante sulla stampa socialista vengano di tanto in tanto trattati problemi co­me quelli della morte — è che in materia esista una sottovalutazione del problema. Il che va forse interpretato come un elemento di debolezza dell’elaborazione socialista, come una sottovalutazione del problema religioso considerato nella sua complessità. Anche Monticelli nel suo Socialismo popolare spiegava come fosse da utilizzare soltanto la di­mensione sociale del cristianesimo: “Il cristianesimo come tutti i principi religiosi che si fondano sul soprannaturale, non è che un’aberrazione. Di savio e di superiore al paganesimo non contiene che la sanzione morale dell’eguaglian­za e della solidarietà umana [...]. Nel socialismo la ricerca del piacere ritorna sulla terra come nel paganesimo, ma s’informa al concetto della solidarietà e dell’eguaglianza come nella religione di Cristo”. Carlo Monticelli, Sociali­smo popolare, Venezia, Tipografia degli Eredi Tondelli fu Lorenzo, 1897, pp. 103-104.57 Vero, Catechismo naturale. Imiracoli, in “Lo Scamiciato”, 9 aprile 1882. Secondo Prampolini la divinità di Cri­sto “gli fu senza dubbio appiccicata dai suoi rozzi seguaci” , ibid.58 Cfr. in proposito G. Verucci, L ’Italia laica prima e dopo l ’Unità, cit., pp. 3-1355 Sulle reazioni nell’ambiente italiano dell’opera di Renan cfr. Letterio Briguglio, Lo spirito religioso nel Veneto durante la terza dominazione austriaca (fortuna di Ernesto Renan), in “Rassegna storica del risorgimento”, 1955, pp. 27-57 e G. Verucci, L ’Italia laica prima e dopo l ’Unità, cit., pp. 74-75. Vasta fu anche l’eco che suscitò a quel tempo negli ambienti protestanti e cattolici. Si veda in proposito: Ch. E. Freppel, Esame critico delia “Vita di Gesù” scritta da Ernesto Renan in “Rivista cristiana” , 1882, pp. 273-293; A. Leti, La Vita di Gesù di Ernesto Renan in Ita­lia, ibid, pp. 173-178.

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in una sorta di teologia popolare, funzionale alla propaganda socialista, gli orientamenti di Renan sembra poi confermato dal fatto che la legittimità del Cristo umanizzato ven­ga continuamente ribadita sulla base di cita­zioni dell’esegeta francese. Più volte, poi, Prampolini di fronte alle accuse clericali di volere ‘distoreere’ la religione avrebbe posto innanzi l’opera di Renan dichiarando anzi esplicitamente che la Vita di Gesù era stato il modello ispiratore della sua Predica di Natale60.

Questi dunque i nuclei tematici prevalenti del ‘cristianesimo’ prampoliniano, il quale, proprio per il pubblico cui era diretto, era proposto con carattere di essenzialità e di schematicità e reso ancora più comprensibile dalle forme letterarie attraverso le quali si esprimeva: la forma dialogica del bozzetto, le frasi lapidarie estrapolate dalle massime dei Vangeli, l’iconografia della stampa illu­strata ecc.

Tuttavia solo dagli ultimi anni del secolo, in coincidenza con l’espandersi del movi­mento socialista, l’evangelismo prampolinia­no diviene una forma assai diffusa di propa­ganda. In effetti, se si analizza il fenomeno dal punto di vista della sua originaria enu­cleazione, non si può non concordare con Michels il quale ha attribuito alla corrente

‘piemontese-emiliana’ l’iniziale elaborazione dell’evangelismo socialista61. Tuttavia se esa­minato complessivamente e nel suo sviluppo il fenomeno è assai più ampio e non circo­scrivibile esclusivamente all’area classica del prampolinismo: se si assume infatti come punto di riferimento l’opuscolistica e la stampa socialista, tracce dell’evangelismo socialista si scoprono in Sicilia62; romanzi e opuscoli di ispirazione prampoliniana veni­vano stampati in Romagna63 e in Liguria64; i giornali socialisti dell’area lombarda, del­l’area campana o di quella toscana65 conten­gono sovente novelle, bozzetti, apologhi sul Gesù ’socialista’ e sulle potenzialità rivolu­zionarie del primo cristianesimo.

La diffusa presenza dell’evangelismo so­cialista è testimoniata anche da iniziative edi­toriali che andavano ben oltre confini locali- stiri. Esemplare è, in proposito, il catalogo di una delle più prestigiose case editrici socia­liste: la Nerbini, la cui produzione è stata an­che di recente indagata come uno degli indici rivelatori più significativi della cultura socia­lista d’inizio secolo66. La casa editrice socia­lista fiorentina pubblicò, fra l’altro, due pe­riodici in cui predominante fu la tematica dell’evangelismo socialista. Nel novembre del 1906 uscì “Cristo” . Raffigurante nella te­stata il Cristo che scaccia i corvi, che nella

60 Cfr. in proposito La dottrina di Cristo e quella dei preti (dopo la predica di Natale), Reggio Emilia, Tip. Operaia, 1901 pubblicato nella Biblioteca della “Giustizia” . Nell’opuscolo Prampolini scriveva che Renan “sul cristianesimo ha scritto l’opera più geniale e completa che finora ebbe visto la luce” e che “la Predica di Natale descrive Cristo e i primi cristiani precisamente come li descrisse Renan. [..] Noi — proseguiva Prampolini — crediamo che nelle sue li­nee fondamentali la figura di Cristo, quale fu scolpita nelle pagine immortali del grande scrittore francese, ha una precisione storica inconfutabile e meravigliosa e — quantunque non le sia tolta l’aureola della divinità (aureola che nessun uomo moderno e mediocremente colto potrebbe lasciarle) — è infinitamente più bella, buona e gloriosa del Cristo scioccamente o iniquamente falsificato ad uso e consumo dei preti” (pp. 7-8).61 R. Michels, Proletariato e borghesia, cit., p. 27962 L. Franco, La Pasqua dei socialisti, Catania, Tipografia Barbagallo e Scuderi, 1903.63 Vincenzo Vacirca, L ’Apostata, pref. di F. Bonavita, Ravenna, Ed. La Parola dei socialisti, 1906.64 La Predica di Pasqua, Genova, Tipografia Operaia, 1902.65 Cfr. Dio è con noi, in “L’eco del popolo”, Cremona, 18-19 ottobre 1902; Rapsodia natalizia in “La Battaglia” , Milano, 25 dicembre 1896; Un viaggio di Cristo, in “L’Allenza” , Pavia, 9 febbraio 1907; Gesù Cristo allora e ades­so, in “Il Lavoratore comasco”, Como, 23 dicembre 1899.66 Cfr. in proposito G. Turi, Aspetti dell’ideologia del PSI, cit. e, soprattutto, Le Edizioni Nerbini 1897-1921, cata­logo a cura di Gianfranco Tortorelli, Firenze, Giunta Regionale Toscana/La Nuova Italia Editrice, 1983.

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iconografia socialista simboleggiavano il cle­ricalismo, il giornale dichiarava di voler con­durre una lotta senza quartiere al “gesuiti­smo” che “del gran martire è la negazione ed offesa” e di nutrire “il rispetto alla grande personalità del cittadino Gesù”67.

Vita più lunga ebbe invece un altro giorna­le nerbiniano che uscì a partire dal dicembre del 1901: “Quo Vadis” . Richiamante nella testata il romanzo di Sienkiewicz sui primi martiri cristiani, il periodico affrontava si­stematicamente i temi dell’evangelismo so­cialista68.

Indicativa è anche l’attività editoriale di un altro fra i più rappresentativi editori so­cialisti: Mongini69, che diffonde uno dei giornali socialisti sicuramente più popolari d’inizio secolo: “Il Seme”, fondato a Terni nel 1901, e successivamente rilevato dall’edi­tore romano. Redatto in stile semplice e pia­no il giornale si proponeva di “Parlare agli umili, agli indifferenti, a quelli che non han­no istruzione, con un linguaggio che sia da loro compreso, tocchi il loro cuore, giunga al loro cervello, ecciti la loro immaginazio­ne”70. Costante è, nel “Seme”, il riferimento

ai tempi del primo cristianesimo e la riaffer­mazione che “I soli cristiani del mondo mo­derno, anche quando siano atei — siamo noi socialisti. Perché siamo noi i credenti nell’av­venire d’uguaglianza”71.

Fondatore e direttore de “Il Seme” per tut­ta la sua lunga durata fu Francesco Paoloni72 la cui notorietà è fra l’altro legata a due fra i più originali opuscoli sul tema dell’evangeli­smo socialista: Il Messia e II ritorno di Gesù73 74. Entrambi incentrati sulla figura di Cristo che torna sulla terra, gli opuscoli di Paoloni propongono alcune situazioni fra le più originali nella vasta letteratura del Gesù socialista. “Il comando che vi dò io — così recita il Cristo de II Messia —, la parola d’ordine che farà il grande miracolo è que­sta: — lavoratori di tutti i paesi, unitevi e sempre più uniti e sempre più istruiti, cam­minate avanti, avanti sempre!

“Ma tu, chi sei, non sei dunque il Messia? domandò la folla.

“No — rispose il figlio del falegname e della filatrice che era nato in una capanna tra il bue e l’asinelio — io sono un socialista”7*.

Nella Torino deamicisiana opera anche

67 Per intenderci, in “Cristo”, 4 novembre 1906. Del periodico il cui sottotitolo era “Giornale settimanale di propa­ganda anticlericale”, uscirono tre numeri in tutto: n. 1, 4 novembre 1906; n. 2, 11 novembre 1906 e 18 novembre 1906.68 “Quo Vadis?” , periodico letterario, poi periodico di letteratura sociale, uscì dal dicembre 1901 al dicembre 1902. Fu diretto da Alfredo Angiolini. Dal gennaio 1903 si trasformò in “Avanti della domenica”.69 Sulla attività della Mongini cfr. G. Turi, Aspetti dell’ideologia del PSI, passim.70 II programma del “Seme”, in “Il Seme” , marzo 1907, n. 6. Lo stesso Gramsci pochi anni dopo la fondazione del Partito comunista, scrivendo a Togliatti avrebbe ricordato l’immensa fortuna del “Seme” pensando addirittura di ri­suscitarne la testata. “Io non so come i socialisti non abbiano ancora pensato loro a riprendere questo giornaletto — scriveva nel 1924 Gramsci a Togliatti — che aveva un immensa diffusione e che ha procurato tanti voti nel passato [...]. Dovrebbe essere rivolto a popolarizzare la parola d’ordine del governo operaio e contadino, a riprendere un po’ di campagna anticlericale che mi pare necessaria perché penso che quattro anni di reazione devono aver nuovamente gettato le masse della campagna nel misticismo superstizioso”. Lettera di Gramsci a Togliatti in data24 marzo 1924, in Paimiro Togliatti, La formazione del gruppo dirigente del PCI nel 1923-24, Roma. Editori Riuniti, pp. 257-258.71 Un credente socialista, Per la Pasqua cristiana, in “Il Seme” , marzo 1910, n. 6.72 Sul personaggio cfr. la voce di Francesco Bogliari, Paoloni Francesco, in II movimento operaio italiano. Diziona­rio biografico, cit., pp. 45-51.73 II Messia. Leggenda biblico-socialista di Francesco Paoloni, Roma, Federazione giovanile socialista italiana, s.d. Il ritorno di Gesù. Racconto, Roma, Società “La Propaganda” , Editoriale Socialista, 1911. La tematica dei due opu­scoli è un chiaro echeggiamento del grande inquisitore di Dostoevskij.74 II Messia, cit., p. 11.

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Fabio Maffi che nel 1896, con lo pseudoni­mo di Biagio Carlantonio, pubblica Vangelo e socialismo, dialogo fra il canonico don Pa­squale e l’operaio socialista Tommaso, co­struito su argomentazioni opposte volte a di­mostrare la ‘bontà’ del socialismo e la conti­nuità fra cristianesimo e socialismo75.

Tuttavia se i periodici nerbiniani o gli opu­scoli di Paoloni, Carlantonio, Prampolini sono i testi più noti, l’evangelismo socialista si diffonde attraverso numerosi altri canali a stampa. I numeri unici editi in occasione del Primo Maggio76, i numeri speciali dei perio­dici pubblicati in occasione del Natale e della Pasqua e i fogli volanti contenenti riferimen­ti al Gesù rivoluzionario costituiscono altret­tante occasioni di diffusione del tema dell’evangelismo socialista. In particolare è in occasione delle solennità più significative del calendario cristiano che la propaganda diffonde il credo del socialismo evangelico, quasi a voler contrapporre al significato tra­dizionale di quelle feste una sorta di liturgia laica omologa. In questa trasposizione il Na­tale non è la nascita del “figlio di Dio” ma del “figlio del proletariato” e la sua celebra­zione deve ricordare ai cristiani che Cristo “non può volere che la sua casa dia l’esempio del più iniquo egoismo con lo sfarzo di ric­chezze le quali basterebbero a sfamare mi­gliaia di affamati”77.

Ben più carica di trasfigurazioni simboli­

che è la celebrazione della Pasqua. Negato il dogma della resurrezione “nel regno dei cieli” l’evangelismo socialista disegna i con­torni di una Pasqua socialista che festeggia la resurrezione sociale e proletaria nel “regno della giustizia e della fratellanza” . In tale tra­sposizione l’agonia del Cristo sulla croce è identificata con l’agonia “durata diciannove secoli e prossima alla fine” — del proletaria­to e il tradimento che scribi e farisei operaro­no nei confronti di Cristo si perpetua, nel­l’alleanza che preti e capitalisti fanno contro il proletariato. È dunque il socialismo che “dopo diciannove secoli di passione” chiama a resurrezione il Cristo-proletariato78.

Anche l’iconografia dei periodici illustrati socialisti contribuisce a diffondere fra gli strati popolari la tematica dell’evangelismo socialista. Già a partire dal 1888 e per alcuni numeri “La Giustizia” prampoliniana aveva raffigurato nella testata l’ascesa di Cristo al Calvario su cui, al posto della croce, figura­va il sole dell’avvenire79. Nell’“Almanacco socialista” sono frequenti le raffigurazioni del Cristo morente sulla croce con lo sguardo rivolto verso il nascente sole dell’avvenire80. Tuttavia è nei periodici illustrati che l’evan­gelismo socialista ha una rappresentazioni iconografica più sistematica.

Nell’“Asino” di Prodrecca e Galantara vengono infatti tradotti in suggestive tavole colorate i temi più frequenti della letteratura

75 B. Carlantonio, Vangelo e socialismo, Torino, Libreria Editrice socialista del “Grido del Popolo”, 1896. L’opu­scolo in una edizione successiva è parzialmente riprodotto in Tommaso Detti, Il socialismo riformista in Italia, Mila­no, La Pietra, 1980, pp. 281-86.76 Cfr. gli indici dei numeri unici sul Primo Maggio giacenti presso la Biblioteca di Firenze in Primo maggio 1890- 1924. Numeri unici, catalogo a cura di Fabrizio Dolci e Roberto Maini, Firenze, 1978.77 Pensieri del giorno di Natale, in “Il Seme” , dicembre 1907, n. 3.78 “Gesù è risorto, non dopo una settimana di passione, ma dopo secoli durante i quali il suo nome ha servito per co­prire i più turpi delitti che i preti hanno consumato. Nella lotta ingaggiata dai lavoratori socialisti e in quella combat­tuta da Cristo, il fine è comune: portare nel mondo la giustizia” . Lo predica di Pasqua, cit., p. 5., Cfr. altri opuscoli sulla Pasqua socialista e, in particolare, quelli di L. Franco, La Pasqua dei socialisti, cit. e Camillo Prampolini, La predica di Pasqua. Opuscolo di propaganda per le campagne, l’Aquila, Tipografia cooperativa, 1899.79 Cfr. Avanti! A proposito della nuova testata del nostro giornale, in “La Giustizia” , 19 febbraio 1888.80 Si veda “Almanacco socialista per l’anno 1895” , cit., p. 29.

L’anticlericalismo ‘religioso 45

evangelico-socialista81. Ora è il Gesù, somi­gliante a Carlo Marx, che chiama a resurre­zione Lazzaro, il proletariato, sullo sfondo delle ciminiere delle fabbriche. Ora è il Gesù rossovestito che guida gli scioperanti contro i simboli del potere statale e clericale. Più spesso la figura del Cristo è disegnata in at­teggiamento di rimprovero nei confronti di uno dei bersagli preferiti dell’anticlericali­smo podrecchiano: Pio X (‘Bepi’)82. Galan- tara trasferisce poi le soluzioni dei bozzetti di Paoloni nelle sue tavole: il Cristo che parteci­pa al comizio socialista e viene segnalato dal prete al carabiniere affinché lo arresti perché “sovversivo”83; il Cristo che chiede di entrare in Vaticano ma viene messo alla porta dalle guardie papali perché “sconosciuto”84; op­pure sono gli apostoli che, dentro una gabbia dell’aula del tribunale vengono processati per aver predicato nei secoli la giustizia sociale85; o è il Cristo che ritorna sulla terra e constata che dopo 1900 anni dalla sua croci- fissione poco cammino è stato percorso per la realizzazione di quel regno di giustizia che aveva vaticinato86.

Se al prampolinismo come forma di com­piuta elaborazione va fatto risalire il modello ispiratore di gran parte della propaganda dell’evangelismo socialista, non va però tra­scurato che nella cultura socialista italiana i motivi dell’evangelismo penetrano anche at­traverso altri canali letterari, la cui analisi va

correttamente disgiunta dai materiali esami­nati in precedenza giacché si tratta di una let­teratura non concepita con scopi propagan­distici, ma che tuttavia l’organizzazione edi­toriale socialista piega alle esigenze del pro­selitismo.

Se, come è stato anche di recente ricono­sciuto, il romanzo naturalistico francesè è stato in Italia il genere di lettura di gran lun­ga più popolare presso il pubblico dei lettori delle biblioteche popolari socialiste87 è rima­sta ancora in ombra l’influenza che quella tradizione ha esercitato per la diffusione dei motivi evangelici nella cultura socialista ita­liana. Come non ricordare, ad esempio, il fa­scino che la Vita di Gesù del Renan esercitò su uno scrittore come Victor Hugo’?88. E che10 stesso Eugène Sue fu autore di una Vita di Gesù tradotta per i tipi della Nerbini89?

La considerazione del cristianesimo delle catacombe come ‘rivoluzionario’ è inoltre diffusa anche da certa letteratura che non propone direttamente la coniugazione fra so­cialismo e cristianesimo primitivo, ma esalta le virtù, le lotte dei martiri cristiani contro la corruzione del potere pagano. Esemplare in proposito fu la fortuna di un romanzo come11 Quo Vadis di Sienkiewicz che presso la Nerbini ebbe ben quattro edizioni fra il 1906 e il 191390. Ma ancor più paradigmatico è il caso della fortuna letteraria di Tolstoj. L’editrice socialista fiorentina pubblicò ben

81 Cfr. in particolare i seguenti numeri de “L’Asino” : 7 aprile 1907, 14 aprile 1907, 15 novembre 1908, 19 apri­le 1908.82 Cfr. Crocefissione, in “Avanti della Domenica”, 22-29 agosto 1912.83 Cristo tra la folta, in “L’Asino”, 28 aprile 1907.84 II Signore in Vaticano, ivi, 12 luglio 1908.85 I nuovi dogmi, ivi 10 gennaio 1904.86 Cristo verso Roma, ivi, 24 marzo 1907.87 Cfr. in proposito G. Turi, Aspetti dell’ideologia del PSI, cit., e Gianfranco Tortorelli, I libri più letti dal popolo italiano: un’inchiesta del 1906, in “Prospettive Settanta” , 1983, n. 1. pp; 92-108.88 Cfr. la Prefazione di Bruno Revel a Ernest Renan, Vita di Gesù, Milano, Feltrinelli, 1972, pp. 5-11.89 Eugène Sue, La vita di Gesù narrata al popolo, Firenze, Nerbini, 1907.90 Cfr. Le edizioni Nerbini (1897-1921), cit., ad vocem. Va peraltro detto che anche i cattolici esaltarono il romanzo di Sinkiewicz dopo averne fatta le traduzione. Per tutti si veda. G. Semeria, L ’arte e l ’apologetica cristiana nel Quo Vadis di E. Sienkiewicz, Genova, 1900.

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dieci opuscoli del romanziere russo, alcuni dei quali superarono le dieci edizioni. Non a caso — è stato di recente sottolineato — la popolarità tolstoiana dipese in gran parte da quel “richiamo a una concezione del cristia­nesimo che fosse, come alle origini, più vici­no alle esigenze e all’animo popolare”91.

Ma ancor più emblematico è il caso, peral­tro ampiamente studiato92 di De Amicis nei cui racconti abbondano i riferimenti alla fi­gura del Cristo socialista. Nell’evangelismo deamicisiano risultano capovolte alcune del­le situazioni letterarie più frequenti di quella letteratura popolare cattolica di intonazione antisocialista nella quale la partecipazione allo sciopero, l’adesione alla causa del socia­lismo era letterariamente descritta come ‘peccato’, come deviazione dalla religione naturale dei padri. Di qui il finale da nemesi che si risolveva, non di rado, con la ‘punizio­ne’ di chi aveva aderito al socialismo93. In De Amicis questi schemi risultano capovolti. In Madre credente e figliolo socialista di fronte al figlio che si professa socialista la madre piange, si dispera, poi quando il figlio argo­menta sulla bontà del socialismo, sul suo senso di giustizia, di eguaglianza, di fratel­lanza, la madre si rasserena e lo benedice. In Socialismo in famiglia De Amicis suppone invece il Cristo che discende dalla croce e be­nedice non la madre che rimprovera il figlio, ma quest’ultimo che ha abbracciato la causa del socialismo94.

A cosa dunque far risalire la caratterizza­zione ‘evangelica’ della propaganda sociali­sta? Perché un’immagine così ricorrente co­me quella del Gesù socialista? Fino a che punto il presentarsi alle masse popolari come i “veri continuatori della religione di Cristo” contraddiceva l’immagine di un partito che faceva dello scardinamento dell’influenza morale e ideale del cattolicesimo uno dei principali obiettivi da conseguire?

La risposta a tali interrogativi chiama in causa motivazioni molteplici e complesse che in questa sede è possibile fornire in chiave problematica e provvisoria per rinviarne una più puntuale definizione. Indubbiamente, come già osservato, il tentativo di presentare alle masse popolari il socialismo come una ‘nuova fede’, come una ‘nuova religione’ ri­sponde, perlomeno in parte, al quesito. Il fe­nomeno dell’evangelismo, peraltro, sembra riguardare non solo il socialismo italiano, ma gran parte dei partiti socialisti dell’area europea di fine Ottocento95. Lo sforzo di so­stituire nella mentalità popolare i dogmi del­la religione socialista a quelli della religione tradizionale, il tentativo di conferire un am­bito morale all’ideologia del movimento ope­raio e, infine, le oggettive difficoltà che l’ideologia marxista incontrava nell’affer- marsi presso gli strati popolari sono state fra le motivazioni avanzate dalla storiografia in­glese per spiegare il fenomeno96. Solo ricer­che comparate sulla cultura dei socialismi nei

91 Dania Mazzoni, La fortuna di Tolstoij nel movimento operaio italiano, cit., pp. 175-177. Indicativi, in proposito, gli opuscoli La vita e la dottrina di Gesù. Come bisogna leggere L ’Evangelio, Napoli, Bideri, 1906 e II Vangelo falsa­to. Isacramenti, Firenze, Nerbini, 1901. Di quest’ultimo opuscolo la Nerbini stampò ben tre edizioni.92 Sul socialismo deamicisiano inteso come ‘buona novella’ cfr. G. Bertone, Parlare ai borghesi. De Amicis, il Pri­mo Maggio e la propaganda socialista, cit. Sull’ambiente socialista torinese cfr. Ettore Passerin d ’Entrèves, Il so­cialismo alla De Amicis nella Torino di fine Ottocento, in “Il Mulino”, 1975, n. 237.93 Sull’argomento mi permetto di rinviare a Stefano Pivato, Letteratura popolare e teatro educativo, in Dizionario storico del movimento cattolico in Italia 1860-1880, vol. I, t. 1, Torino, Marietti, 1981, pp. 296-303.94 Entrambi i bozzetti più volte pubblicati nei periodici socialisti si trovano in Edmondo De Amicis, Lotte civili, Fi­renze, Nerbini, 1900.95 S. Yeo, A new life: the religion o f socialism in Britain 1883-1896, in “History workshop” , 1977, n. 4, pp. 5-56.96 Ibid.

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singoli paesi europei potranno stabilire la frequenza e l’incidenza di un tema come quello dell’evangelismo nella cultura del mo­vimento operaio europeo.

Anche la ricostruzione della fortuna lette­raria di un testo come La predica di Natale può, a tal fine, fornire precisi indizi. La pre­dica prampoliniana fu in effetti tradotta in varie lingue straniere e la ricostruzione delle varie edizioni potrebbe fornire una carta geografica del percorso dell’evangelismo so­cialista a livello internazionale97.

Allo stato attuale degli studi però tutto fa supporre che l’evangelismo socialista risul­tasse una componente essenziale e particolar­mente presente nel socialismo italiano. Que­sta perlomeno l’ipotesi di Michels che nella sua analisi sulle specificità dei singoli partiti socialisti dei paesi europei individuava nell’Italia la “terra promessa della così detta propaganda evangelica”98. E il sociologo te­desco collegava tale caratterizzazione da una parte a motivi di particolare indole psicologi­ca presenti nella società italiana ma anche al contesto prevalentemente rurale in cui si tro­vò ed agire il socialismo italiano99. Un conte­sto contrassegnato da un profondo stato di analfabetismo e sul quale l’opera di proseliti­smo si rilevava assai ardua per i propagandi­sti. Si trattava dunque di far breccia nel sen­timento popolare attraverso adeguati stru­menti.

Non c’è dubbio che una prima motivazio­ne va ricercata nelle difficoltà di penetrazio­ne presso le masse popolari del severo lin­guaggio della scienza economica e sociale, fosse essa derivazione del marxismo o della

cultura positivistica di cui il socialismo italia­no era intriso. Cercare di far aderire le masse popolari al socialismo attraverso il “campo astratto delle disquisizioni teoriche” e “spe­rare di sottrarle all’infame dominio del prete colla predicazione pura e semplice delle veri­tà scientifiche avrebbe significato” — scrive­va Prampolini — “sperare di farsi amica una persona pigliandola a schiaffi100 101. E che la propaganda socialista sia stata indotta a uti­lizzare motivi di carattere evangelico per la difficoltà di far aderire le masse popolari al socialismo attraverso il socialismo scientifico ci viene confermato, in maniera palese, da una polemica che lo stesso Prampolini soste­neva nel 1897 dalle pagine della “Giustizia” . Infatti a chi contestava la legittimità di tale propaganda, Prampolini opponeva le ogget­tive difficoltà di diffondere ‘il socialismo scientifico’ nelle campagne. E a chi gli rim­proverava di non farsi portavoce di una cul­tura marxista presso le masse popolari così rispondeva: “Ora noi siamo ben lontani dal voler far credere che i nostri compagni dei villaggi emiliani e mantovani siano altrettan­ti professori di sociologia. Se anzi il Boselli ritenesse, come sembra, che possono chia­marsi socialisti soltanto coloro che sanno da­re la definizione marxista del capitale, del plusvalore, dello Stato e così via, saremmo noi i primi a riconoscere che nella nostra re­gione i socialisti di questa specie si contano sulle dita fra gli stessi nostri propagandisti. Ma per essere socialisti non c’è bisogno di sa­pere a memoria II Capitale. I nostri compa­gni contadini che non hanno mai letto il Marx e che, se anche lo leggessero, non po-

97 Lo stesso Prampolini dava notizia che la Predica di Natale era stata tradotta in fiammingo e diffusa nelle Ameri­che cfr. La dottrina di Cristo e quella dei preti (Dopo la predica di Natale), cit., p. 7.98 R. Michels, Proletariato e borghesia, cit., p. 278.99 Michels osserva che “Si può affermare senza esagerazione che degli opuscoli di propaganda spicciola circa i due terzi sono scritti per le campagne” , Proletariato e borghesia, cit., p. 115.100 Propaganda. Agli amici, cit.101 Un socialista [C. Prampolini], Il socialismo fra i contadini, in “La Giustizia” , 25 aprile 1897. La polemica era stata sollevata da G. Boselli redattore capo de “L’idea liberale” .

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trebbero intenderlo, sono tuttavia e devono chiamarsi socialisti, perché hanno compreso ugualmente le principali verità che egli ha di­mostrato”101.

Più o meno negli stessi anni anche “Critica sociale” prendendo le difese della propagan­da di tipo evangelico ne aveva spiegato l’uti­lità con il fatto che “le citazioni di certe mas­sime del Vangelo o d’altri libri sacri fu ado­perata da quasi tutti i socialisti che dovettero iniziare la propaganda fra popolazioni pri­mitive a cui, di primo acchito, il linguaggio severo della scienza economica sarebbe riu­scito incomprensibile”102.

Se si esaminano i vari manuali di proseliti­smo socialista o gli inviti che la stampa di partito rivolgeva ai propagandisti sui modi più efficaci per far penetrare il ‘verbo sociali­sta’ fra le masse popolari si trae una ulteriore conferma del fatto che la propaganda di tipo evangelico corrispondeva primariamente alla necessità di coniare un linguaggio accessibile alle masse popolari, un linguaggio che più che sulle ‘verità scientifiche’ del socialismo facesse leva sul ‘sentimento’103.

Tale motivazione spiegherebbe dunque al­meno in parte, le osservazioni di quanti ana­lizzando la cultura socialista fra Ottocento e

Novecento hanno messo in rilievo come il marxismo, mutuato dalla socialdemocrazia tedesca, costituisca l’ideologia prevalentente dei quadri e degli intellettuali, mentre a livel­lo popolare la cultura socialista sia prevalen­temente informata dal cosidetto ‘socialismo sentimentale’104, a cui non sembra improprio ascrivere la propaganda di tipo evangelico che ne costituisce spesso uno dei motivi pre­dominanti.

La rilevanza dell’evangelismo si spiega an­che con quello sforzo che il socialismo italia­no compie in favore della ‘riforma morale e intellettuale’ delle masse popolari105. Il tenta­tivo di creare una “nuova coscienza”, un nuovo “senso comune” improntato al socia­lismo comportava ovviamente lo scardina­mento dell’ideologia prevalente presso le masse popolari, ossia il cattolicesimo. Tutta­via, per un partito socialista prevalentemente “agrario”106 come quello italiano presentarsi nelle campagne come “i nemici” della reli­gione avrebbe probabilmente compromesso non poco l’opera del proselitismo alla nuova idea socialista.107.

Occorreva dunque, almeno inizialmente, non prendere di petto quella atavica e natu­rale predisposizione religiosa delle masse po-

102 Mercurio, Preti, cristianesimo e socialismo, cit.103 Fra i numerosi inviti rivolti ai propagandisti socialisti si veda anche quello di Angiolo Cabrini che dalle pagine di “Lotta di classe” esortava sulla importanza di far presa sul sentimento dei contadini parlando ad essi “con un lin­guaggio semplice, chiaro, immaginoso, dichiarando loro che siamo i soli veri continuatori di quel grande amico dei poveri che fu Gesù Cristo crocifisso dai signori di quel tempo perché sollevava gli umili e parlava contro i prepotenti” A. Cabrini, A i campi. Note rusticane, in “Lotta di classe”, 29-30 aprile 1893.104 G. Turi, Aspetti dell’ideologia del PSI, cit., p. 85.105 Cfr. in proposito Giorgio Candeloro, I temi, le battaglie e gli smarrimenti di una rivista "popolare", in “L ’Asi­no” di Podrecca e Galantara (1892-1925), Milano, Feltrinelli, 1970.106 Osserva Michels che “L’anima del campagnuolo è facilmente accessibile al sentimento religioso. L’azione decisi­va che nella sua vita quotidiana hanno le forze che a lui paiono soprannaturali e che in ogni caso sono affatto indi- pendenti dai suoi desideri, lo rende naturalmente rispettoso verso tutto ciò che è forza mistica. Questa sua disposizio­ne d’animo che diremmo professionale non soltanto lo fa osservante delle pratiche religiose e superstizioso, ma rima­ne in lui anche quando alla fede nel soprannaturale egli ha sostituito la fede sociale nella palingenesi umana sulla ter­ra. Così anche nelle sue aspirazioni socialiste i moventi metafisico-morali hanno più salde radici che non nel proleta­riato urbano” , R. Michels, Proletariato e borghesia, cit., p. 283.107 Anche Andrea Costa in un articolo scritto nel 1872 per “La Favilla” di Mantova consigliava i propagandisti nella loro opera di proselitismo presso i contadini di “non toccare sul bel principio il loro Dio”. Cfr. Renato Zangheri, Agricoltura e contadini nella storia d ’Italia. Discussioni e ricerche, Torino, Einaudi, 1977, p. 248.

L’anticlericalismo ‘religioso’ 49

polari fino allora identificatasi con il cattoli­cesimo, ma, semmai, incanalarla in un altro tipo di religiosità che conservasse la forma di quella tradizionale, ma ne svuotasse la so­stanza. Bisognava, queste erano le dichiara­zioni dei dirigenti socialisti, far sì che venis­sero messe a nudo le contraddizioni del cat­tolicesimo, che venisse posto in luce come la religione fosse una sorta di ‘copertura’, di ‘paraocchi’. Ed è certo che per questa opera­zione si prestava molto bene la tematica dell’evangelismo socialista laddove metteva in evidenza le contraddizioni della Chiesa istituzionale nell’aver tradito il messaggio originale del Vangelo. Lo stesso Turati sa­rebbe intervenuto sulle pagine di “Critica so­ciale” a fugare ogni dubbio e a rassicurare i detrattori dell’evangelismo socialista che i socialisti “figli primogeniti del diavolo” ri­correvano a tale tipo di propaganda solo per uno scopo prevalentemente tatticistico: “Le masse [...] sono in ritardo — spiegava il lea­der socialista — Noi dobbiamo spesso sosta­re e ripiegare per non perdere i contatti, per attrarle a noi. La vecchia anfora può spesso servire per custodirvi il vin nuovo. Tutto ve­ro. La stessa propaganda socialista — negli ambienti primitivi e vergini — si serve delle formule e delle parole degli evangeli. Ma co- testo mimetismo, cotesto plagio del passato non può andare, non deve andare al di là del­la scorza. L’anfora può essere quella: altro è il liquore, la vecchia consuetudine mentale è evocata bensì, ma per modificarla. Perciò si ritorna ai principi. La parabola o il precetto dell’evangelo è il nucleo profondo nel quale, al di sotto della veste, permane ciò che vi è di nuovo e di eternamente vero nel fatto reli­gioso: noi ce ne serviamo non per rinfor­

zare quest’ultima, ma per distruggerlo”108.Da un punto di vista teologico il ‘Cristo’

della propaganda socialista non opera una conciliazione fra socialismo e cristianesimo ma viene fatto agire esclusivamente come un’autorità confirmatoria della dottrina e della prassi socialista. In questo senso, dun­que, Gesù appartiene a quel filone letterario sui padri fondatori del socialismo tendente ad accreditare una genealogia antica del so­cialismo risalente a Platone, a Campanella, a Giordano Bruno, a Garibaldi e che conside­rava il socialismo come il punto di approdo di tutte quelle dottrine che nei secoli prece­denti avevano invocato un mondo migliore, più giustizia, più libertà, più uguaglianza109.

Il fenomeno non va dunque confuso con quello del socialismo cristiano né tantomeno considerato come una estrinsecazione popo­lare di quella esperienza110 111. È doveroso sot­tolinearlo giacché la propaganda socialista di carattere ‘evangelico’ non aveva, almeno in gran parte, l’intenzione di conciliare l’espe­rienza cristiana con quella socialista. In ef­fetti non sembra scorretto interpretare l’evangelismo della propaganda socialista di­retto unicamente a utilizzare il motivo reli­gioso per far breccia sul sentimento delle masse popolari. In questo senso non sembra improprio considerarlo come una delle estrinsecazioni dell’anticlericalismo sociali­sta. All’interno del quale riveste, peraltro, una posizione del tutto originale. Sicuramen­te esso si differenzia dall’anticlericalismo ir­religioso di matrice anarchica che confluisce nel socialismo italiano e che, come si è visto, prende spesso posizione contro la propagan­da dell’evangelismo socialista. Ma si diffe­renzia anche da quell’indirizzo che, almeno

108 La critica, in “Critica sociale” , 1905, n. 19, p. 313. Da vedere anche Socialismo e religione in “Lotta di classe”, 24-25 novembre 1894.109 Su tale tipo letteratura cfr. G. Turi, Aspetti della ideologia del PSI, rit., pp. 75 sgg.110 Per una prima analisi sul fenomeno del socialismo cristiano all’inizio del ’900 cfr. Lorenzo Bedeschi, Cattolici e comunisti. Da! socialismo cristiano ai cristiani marxisti, Milano, Feltrinelli, 1974, pp. 11-29.111 Pier Giorgio Zunino, La questione cattolica nella sinistra italiana (1919-1939), Bologna, Il Mulino, 1975, p. 13.

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sul piano delle dichiarazioni ufficiali, sembra prevalere nel socialismo italiano e che si identifica con la formula erfurtiana della re­ligione intesa come affare ‘privato’. Come è stato posto in rilievo la dichiarazione della religione intesa come affare privato compor­tava il “rifiuto della violenta irreligiosità di origine anarchica” 111. Alla base di quella for­mulazione c’era tuttavia non solo la convin­zione della priorità della risoluzione del pro­blema economico rispetto a quello religioso ma anche la certezza, mutuata dallo scienti­smo di matrice evoluzionista, che la risolu­zione del problema economico e il progresso della scienza avrebbero fugato nelle masse popolari il “pregiudizio religioso” . Non sem­bra scorretto, in tale posizione, ravvisare una concezione del tutto deterministica, sulla ‘ineluttabile’ e “fatale” scomparsa del pro­blema religioso. Rispetto a queste due posi­zioni l’evangelismo socialista differisce non tanto nel fine, ma nei mezzi. In effetti se nell’anticlericalismo più violento e irreligioso è predominante un atteggiamento che aper­tamente osteggia la religione, se è preminente la volontà di “prendere a schiaffi” — secon­do l’efficace immagine prampoliniana — il problema religioso, nella seconda prevale in­vece la deterministica convinzione di una ine­luttabile e graduale scomparsa del problema religioso. Si tratta, per quest’ultimo, di una posizione non priva di infingimenti tattici e volta, almeno in apparenza, a offrire un’im­magine del partito socialista più ‘rispettoso’ nei confronti della religione al fine di agevo­lare una sua penetrazione, particolarmente nelle campagne112.

Rispetto alla formulazione erfurtiana l’evangelismo socialista costituisce una posi­zione più dinamica, decisa a non relegare la religione nella sfera del ‘privato’ ma, anzi ad accelerare il suo processo di dissoluzione in­troducendovi elementi di contraddizione.

Se in queste tre posizioni dell’anticlericali­smo socialista c’è la convinzione che la civiltà cristiana stia “per volgere all’occaso”113 esi­ste però un diverso modo di affrontare il pro­blema. La divergenza dunque non era tanto sui tempi quanto sui modi di interpretare la battaglia anticlericale. La ‘nuova religione’, quella del socialismo, sarebbe inevitabilmen­te sorta sulle ceneri della ‘vecchia religione’, quella cristiana. Si trattava di una evoluzione che molto efficacemente Carlo Monticelli trasponeva in chiave letteraria in II primo giorno del socialismo: “La rivoluzione è du­rata cento anni prima di trasformare tutte le condizioni della vita nel mondo civile. Ma or­mai è venuto il primo giorno del socialismo almeno per la maggior parte dei paesi della terra. E a festeggiare questo giorno un grande convegno internazionale è stato indetto a Ro­ma [...]. La grande riunione delle migliaia di delegati ha luogo nella ex-chiesa di S. Pietro. Il Vaticano e le sue undicimila stanze è messo a disposizione degli ospiti: come ben si capi­sce il papa non esiste più. La scienza ha fuga­ta la fede. Nessuno più crede al patriottismo, questa specie di religione laica [...]. Non vi è più una religione sola quella del cuore [...]. L’amore del prossimo quale era stato vatici­nato da Cristo ha trovato al fine la sua grande e nobile applicazione”114.

Stefano Pivato

112 Come non interpretare in questo senso, ad esempio, le dichiarazioni di chi sulla stampa ufficiale del Partito sociali­sta scriveva che nel dichiarare “ufficialmente di non occuparsi di religione [...] il socialismo obbedisce ad un opportu­nismo che può aumentargli i proseliti e agevolargli la propaganda specialmente fra le plebi ignoranti della campagna, ma che è in contrasto con la sincerità” . Per cui proseguiva l’articolo la dichiarazione della religione intesa come affare privato era da ritenersi “un mal consigliato opportunismo”giacché opera vana ed assurda “veniva considerato il ten- tantivo di conciliare socialismo e religione e solo la sconfitta della religione avrebbe segnato” il principio di una nuova fede, di un’altra religione: il socialismo” . Il socialismo e la chiesa, in “Sempre Avanti” , 20 settembre 1904.113 L’espressione è di C. Monticelli, Socialismo popolare, cit., p. 103.114 Carlo Monticelli, Il primo giorno del socialismo, Frascati, Stab. Tip. Italiano, 1904, PP. 45-47.